Relazione Accompagnatoria
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Comune di Marcaria Provincia di Mantova Ufficio Tecnico Il Comune di Marcaria che comprende le frazioni di Cesole, Canicossa, Campitello, Gabbiana, S. Michele in Bosco,Ospitaletto, Casatico e Marcaria, risulta essere per estensione il secondo Comune della provincia di Mantova. Il suo territorio è posto in un bassopiano situato alla sinistra del fiume Oglio, fino alla sua confluenza nel Po, nel quale anche il Chiese (a Ovest) e il Mincio (a Est) hanno fatto sentire la loro influenza per mezzo delle divagazioni dei loro alvei avvenute nei secoli passati. Anche l’Oglio ha modificato spesso il suo corso e, sia le scarpate prospicenti gli abitati di Canicossa e Campitello, sia le lanche di boschina Mostizza e S. Alberto a Cesole testimoniano ancora questi antichi percorsi. Un territorio dunque quello di Marcaria molto ostico per gli uomini primitivi che dovevano lottare con gli agenti naturali utilizzando i loro miseri mezzi, ma anche molto ricco di risorse; si comprende dunque l’insediamento dell’uomo già nel neolitico nelle zone più alte dell’area quali quelle di Casatico e di S. Michele in Bosco. L’analisi dei ritrovamenti documenta un’area ancora molto verde e boscosa (ossa di cervo e capriolo) ma anche allevamento di suini e capre e primi tentativi di attività agricola (semi di orzo, frumento e pisello). E’ però con la colonizzazione romana ( I e II secolo d.c.) che il territorio sviluppa tutte le sue potenzialità economiche agricole. Ancora Oggi la topografia del Comune risente della centuriazione romana specialmente nelle zone di S. Michele e di Ospitaletto dove la suddivisione dei campi, l’orientamento dei sentieri e delle strade secondarie e dei fossi di scolo è ancora correlabile con quella della Via Postumia che più a Ovest collega Gazoldo con Mosio. Frequenti sono pure i ritrovamenti di sepolture di origine romana sparsi per il comune che testimoniano la densità e l’ìmportanza di questi insediamenti. Con le invasioni barbariche vaste aree colonizzate dell’impero si spopolarono; le strade, i ponti, gli argini caddero nell’incuria più assoluta e la natura nelle campagne abbandonate prese il sopravvento sull’opera dell’uomo, impaludando le terre limitrofe ai corsi d’acqua e ricoprendo di selve e brughiere i terreni prima dissodati. L’arrivo dei Longobardi favorì la rinascita agricola grazie al risanamento delle terre incolte che si protrasse per tutto il Medioevo attraverso l’economia curtense. Le terre alte sono dissodate e coltivate a cereali e vigna, le bassure risanate dalle acque stagnanti vengono destinate a prato. Nascono nuovi centri abitativi e ancora oggi toponimi locali quali Vegro, Boschina, Rassega, Cesole, Agretto, Gazzo, risentono del passaggio e della lingua di questi popoli. Per quanto attiene la superficie del Comune di Marcaria bisogna ricordare come l’attuale territorio sia frutto dell’unificazione di due entità distinte: la “curtis” medioevale di Marcaria e quella di Campitello. Intorno al mille la corte di Marcaria compare fra le proprietà della famiglia degli Obertenghi che la donano nel 1033 al monastero di S. Maria di Castiglione di Parma. Quella di Campitello è in possesso dei Canossa e Matilde alcuni anni prima della sua morte, la dona al vescovo di Mantova. La loro entità pare abbastanza chiara: Campitello comprendeva S. Michele, Gabbiana, Cesole, Canicossa, Ospitaletto; a Marcaria era annesso Casatico. Proprio in età comunale si creano i presupposti per l’unificazione di Marcaria e Campitello, località entrambe mantovane. I due centri posti sul confine del territorio mantovano (fiume Oglio) permettevano il controllo sui ponti e sui guadi delle due rive del fiume e avevano acquisito una notevole importanza strategico-militare. (1) MARCARIA: terra natale di ARLECCHINO ( Tristano Martinelli ) E’ parso doveroso ricordare proprio presso la sede municipale il figlio forse più famoso di Marcaria, Tristano Martinelli . N ato nei pressi del capoluogo, in località ignota, il 7 aprile 1557, divulgò, impersonandolo, Arlecchino, la famosissima maschera della Commedia dell’Arte. Tristano impersonava l’antica maschera per divertire i Gonzaga , e col fratello Drusiano la portò in Inghilterra, in Francia, in Spagna, a Firenze e a Torino, ospite di altre corti cui lo prestavano i Signori di Mantova. Visse a Castelbelforte, poi a Mantova in vicolo Santa Maria . Fu padre di sette figli avuti dalla seconda moglie Paola Avanzi. Una lapide, ora al museo di S. Sebastiano, ricorda con arguzia il mulino in Bigarello da lui acquistato da Alessandro Gonzaga nel 1616:” io son quel bel molin di Bigarello, acquistato da Arlecchino, comico famoso, perché i suoi figlioli non mi mandino in rovina , egli ha fatto un ben pensiero da giudizioso ..”. Morì a Mantova in contrada del Mastino “ di febbre e cataro in due giorni ”, il 1 marzo 1630. L’ antica tradizione orale, che vuole che una compagnia di teatranti giungesse in S. Michele in Bosco, dividendosi poi per volgersi al di là di Mantova , pare bene adattarsi alle vicende che l’hanno coinvolto. (2) Chiesa di S. Giovanni Battista (sec. XI - riedificata nel 1493) Riedificata nel 1493 su un preesistente edificio medioevale, di cui oggi sopravvive solo l’abside centrale , è citata già in un documento del 1033. All’interno , gli affreschi votivi per lo più di fine ‘400 sono di gusto “Madonnaro”,altri di recente scoperta rievocano suggestioni mantegnesche. Un capitello scolpito in pietra con colonna ascrivibile al sec.IX sorregge l’acquasantiera. Durante lavori di scavo , sono emerse sulla destra dell’edificio le fondamenta dell’antico campanile medioevale insistente su una tomba alla cappuccina. Chiamata in antico “S. Giovanni del Campo”, fu santuario, lazzaretto e infine chiesa cimiteriale dalla fine del ‘700, allorché il Governo austriaco, in ossequio a criteri di salute pubblica, allontanò i cimiteri dagli abitati. (3) Parrocchiale di S. Giovanni Battista (1708-1722) L’edificio attuale ,eretto in stile barocco dal 1708 al 1722 sul preesistente già citato nel 1544, sorse a fianco dell’antico cimitero, spostato poi extra moenia dall’ autorità austriaca dopo il 1778. La chiesa di Marcaria risulta pieve nel diploma del 1037 di Corrado il Salico. Forse fu edificata appena dopo la donazione della chiesa battesimale antica di S. Maria, divenuta conventuale col nome di Priorato a seguito della donazione ai monaci di Castiglione di Parma operata nel 1033 dal Marchese Adalberto degli Obertenghi . Nel 1793 un primo restauro salvò l’edificio dalla rovina causata da gravi problemi statici che, ripresentatisi negli anni ‘70, adombrarono la necessità di una riedificazione in luogo diverso. Nel 1979 il Parroco don Franco Mambrini, i parrocchiani e gli extra muros , le maestranze locali, la perizia e l’intervento disinteressato del prof. Bruno Dall’aglio, Preside della Facoltà di Ingegneria di Padova restituirono l’edificio alla sua comunità nello stato originario. All’interno sono visibili: la pala d’altar maggiore col Battesimo di Cristo attribuita a Ippolito Costa ( 1554-1561), una tela settecentesca (1767) con l’Immacolata Concezione e S. Antonio del veronese Felice Cignaroli, la cantorìa lignea con stemmi gonzagheschi e l’affresco secentesco della Madonnina, provenienti entrambi dall’omonimo santuario un tempo nei pressi di S. Martino dall’Argine. (4) Marcaria: Località Castello (Castello e Priorato di S. Maria, mille anni di storia)Marcaria, nell’ alto medioevo già possesso del monastero longobardo delle monache di S. Giulia di Brescia, nella seconda metà del sec. X pervenne agli Obertenghi, che nel 1033 con Adalberto Marchese ne donarono il castello e il territorio al monastero di Castiglione di Parma (Castione dè Marchesi). Per gestire quei beni, sorse , annesso all’antica chiesa di S. Maria, il cosiddetto Priorato (un tempo qui a destra), che nel ‘500 fu giuspatronato dei Conti Castiglioni. Marcaria, in antico ai confini di tre stati, col suo castello (sull’area qui a sinistra fino al 1726) in forza prima ai Conti rurali omonimi, poi ai Bonacolsi, infine ai Gonzaga, fu nei secoli gelosa e indomita custode del ponte sull’Oglio sul limine occidentale del mantovano. Patrono: S. Giovanni Battista; Sagra: seconda domenica d’ottobre; Mercato: Sabato mattina. (5) Marcaria: i “murales” nell’antica prigione L‘edificio cui ci troviamo di fronte è quanto resta dei fabbricati appartenuti al castello di Marcaria , precisamnte la ex casa del pretore e il satellizio (il corpo di guardia e le prigioni). Per uno stretto corridoio arcuato si accede ancora alle antiche celle semi interrate, oggi cantine, sui cui muri imbiancati di calce ancora si leggono le curiose scritte dei carcerati ( seconda metà del ‘700). Vi compaiono anche disparati disegni di tema religioso ( croci e oranti), simboli esoterici e cabalistici con riferimenti forse massonici (belzebù), figure umane dal tratto caricaturale e perfino un paesaggio (una torre con rocca) Le scritte gridano l’innocenza e il lamento dei detenuti . A titolo di curiosità, ne riportiamo due , presumibilmente di pugno del medesimo individuo: “ 1785 A’ 24 FEBB.IO/ CARLO CALETTI/ DE CAMPEDELLO/ FU’ CARCERATO/ E PER FAR ORAZIONE DAL VESPRO AL MATUTINO/ FU CONDANĀTO PER LADRO AL BERGANTINO (evidentemente trattasi di un tale ritrovato a mattino in una chiesa. Il bergantino o brigantino cui fu condannato era un’imbarcazione su Po, ai cui remi stavano i galeotti, che era adibita al controllo del confine lo stato di Modena .)” –“1785/ SE VI VOLETE FAR FRUSTARE,/ FATEVI PUR QUI CARCERARE ,/CHE PER TORTO Ó PER RAGIONE/ VI FRUSTERAN PER OPINIONE/ E' PER FAR ONORE AL PAESE /VI FRUSTERAN SENZA DIF˜ESE. (6) Municipio ex Villa Bulgarina La Municipalità di Marcaria dal suo nascere (sec.XII) sempre ospitata in Castello dove nel 1785 risultava proprietaria della casa per uso del pretore e sattellizio (prigioni), solamente nel 1913 si trasferì nella sede attuale. Villa Bulgarina come si chiamava un tempo fu acquistata per 35.000 lire dal Dr. Provvido Siliprandi con parte del parco annesso allo scopo di erigervi le scuole elementari (divenute poi Asilo e oggi sede della Biblioteca Comunale).