La Razza Nel Nazionalsocialismo.Rtf
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La razza nel nazionalsocialismo Di Gianantonio Valli - l'Uomo libero Numero 50 del 01/10/2000 Teoria antropologica - Prassi giuridica La razza nel nazionalsocialismo Teoria antropologica, prassi giuridica Il processo dell'unione dell'anima col corpo – la discesa dell'anima nella materia – è, a voler vedere, la profonda tragedia dell'anima. Ma l'anima si assume tale terribile rischio come parte della necessità di discendere per poter poi ascendere ad altezze sconosciute [...] La stessa Creazione, e la creazione dell'uomo, è precisamente tale rischio, una discesa per ascendere. Rabbi Adin Steinsaltz, in A. Kurzweil, 1996 La forza della visione del mondo dell'ebraismo riposa nella fondamentale concezione ebraica delle anime ebraiche del popolo ebraico, le quali sono contenute nel serbatoio delle anime della comunità ebraica. I nostri saggi hanno detto: "Una pianta non cresce dal basso senza l'intervento di un angelo dall'alto". il Capo Rabbino askenazita israeliano Abraham Schapiro, in Hila Tov, 1992 Una nazione dispersa che ricorda il proprio passato e lo mantiene in relazione col presente avrà certamente un futuro come popolo e forse anche un'esistenza più gloriosa di quella passata. Lev Levanda, in A. Kurzweil, 1996 Il popolo d'Israele è assolutamente refrattario all'idea di Stato, considerato come collettività giuridicamente organizzata sopra in determinato territorio. Gli ebrei hanno viva in loro, per tradizione millenaria, la coscienza di popolo e di razza: una solidarietà settaria li riunisce in un nesso unico in qualunque parte del globo essi si trovino. L'ebreo potrà vivere l'intera esistenza della Nazione dove è nato, ma la sua struttura, i suoi sentimenti si manterranno sempre ebraici e mai nazionalizzati. La storia d'Israele prova e documenta questa innegabile verità. Subirono infatti le più grandi sconfitte morali, essendo banditi da una successione interminabile di Stati; e sempre si mantennero compatti, gelosissimi della omogeneità della loro razza. Tutti quei signori che condannano con violenti apostrofi le teorie razziste e le misure precauzionali antisemite dovrebbero leggere, nella vera storia sociale, che gli ebrei furono i primi a praticare l'endogamia: a impedire cioè con il controllo e l'applicazione di sanzioni severissime che un appartenente alla loro razza si unisse in matrimonio con un individuo di razza diversa. Cesare Bonacossa, Il vecchio mondo in congedo assoluto, 1941 Es ist heute aber ebenso wichtig, den Mut zur Schönheit zu finden wie den zur Wahrheit, Oggi è però importante trovare il coraggio per la bellezza altrettanto come per la verità. Il nemico mondiale contro cui siamo in lotta ha scritto sulle sue bandiere la distruzione del vero e del bello. È riuscito a far passare l'apprezzamento dei sentimenti più naturali in parte come stupido, in parte come risibile, in parte persino come infame. Tutti i grandi sentimenti e le grandi virtù caratteriali sono state da lui schernite, derise o infangate. È riuscito a far perdere a molti il coraggio di riconoscersi apertamente nella propria razza, o addirittura di prenderne le difese. Adolf Hitler, discorso alla sessione culturale al Reichsparteitag, 5 settembre 1938 C'è forse al mondo cosa più bella / di questa che ho avuto dagli avi? / Io monto a cavallo nell'alba nebbiosa / la mia mano scansa i beni di strada / splende un aratro in terra turingia / e solca la mia terra! Börries von Münchausen (suicida nel marzo 1945, di fronte all'imminente perdita del suo bene più prezioso), Eigen Land (La mia terra), in L.L. Rimbotti Un mito antico, destato da uomini moderni, si rianimava impadronendosi della coscienza, della fantasia, del sangue di milioni di uomini, risvegliati nella loro volontà e nel loro istinto d'impadronirsi della vita. Tutto questo era un corpo estraneo rispetto alla società occidentale del Novecento, portava i segni inconfondibili di una rivolta pensata e attuata contro la modernità e in nome di valori ritenuti eterni, non immolabili sull'altare del progresso, per sfamare l'insaziabile moloch consumista costruito dal capitalismo calvinista [...] Tornare non al sistema di vita della società preindustriale e precristiana, ma al suo sistema di valori (comunità, ordine, gerarchia, senso della consanguineità della stirpe, amore per la terra, culto per la natura...) e disporre questi valori in qualità di fondamenta sulle quali erigere una civiltà padrona della tecnica: questo l'intendimento finale, la meta ultima del nazionalsocialismo. Il che significò nulla di meno che invertire la rotta della storia, spezzare il giogo di una rappresentazione temporale rettilinea, e disporsi invece a pensare la storia come costante emergere, inabissarsi e riaffermarsi di forze e valori in perenne pòlemos tra di loro [...] Il Terzo Reich appare come un edificio che si leva dal caos della prima metà del secolo XX in virtù delle ascendenze storiche e culturali da un lato e popolari dall'altro. La "strana coppia" che in esso viene fatto marciare allo stesso ritmo – la tradizione e la modernità – è la sintesi evidente di un procedimento più interno, costruito sulla concessione di attributi sacri a nozioni eterne: il sangue e la terra innanzi a tutte [...] La creazione di una nuova religiosità eroica fondata sull'etica comunitaria fu la conciliazione dell'eredità legata alla Prussia e agli Ordini cavallereschi con quella proveniente dagli strati più interni della cultura popolare: in questo senso veramente il nazionalsocialismo può essere visto come il riassunto moderno di tutte le esperienze del germanesimo storico. Il significato messianico dell'andare incontro al destino, sacrificando a questo compito la propria volontà, che Hitler pose all'inizio del suo cammino di rivoluzionario, ci rivela che con il nazionalsocialismo non si è soltanto sul terreno della politica, e nemmeno solo su quello dell'ideologia. Luca Leonello Rimbotti, Il mito al potere - Le origini pagane del nazionalsocialismo, 1992 Teoria antropologica Per quanto da millenni gli adepti del Popolo Eletto si siano interrogati, ed ancora instancabilmente s'interroghino, sul loro essere esistenziale, la definizione di «ebrei» ha trovato formulazione non solo al loro interno, bensì anche nell'elaborazione scientifica, antropologica, religiosa e politica degli studiosi, degli ideologi e degli statisti nazionalsocialisti. In questo saggio non ci proponiamo di trattare dei predecessori e dell'azione politica del nazionalsocialismo né di illustrare i provvedimenti adottati per dare soluzione alla «questione ebraica» in Germania e allontanare dall'Europa milioni di individui considerati inassimilabili e irriducibilmente nemici, ma di esporre le definizioni da esso date, attraverso gli studi di antropologia e le disposizioni legislative, dei gruppi appartenenti all'ebraismo. Preliminare ad ogni discorso è la definizione del concetto di «razza». Mentre i concetti di «specie» e «sottospecie» vedono, soprattutto il primo, obiettivi criteri per la loro definizione, quello di razza è invece sempre rimasto privo di parametri inequivoci e scientificamente codificati (cosa che, per inciso, non comporta certo l'inesistenza delle razze, ma unicamente l'impotenza della scienza a stabilirne una precisa demarcazione). Una specie non è solo un raggruppamento di individui morfologicamente simili, ma una comunità riproduttiva i cui membri si riconoscono e ricercano come potenziali compagni sessuali, con nascita di prole fertile dalla loro unione. La specie risulta perciò essere un'unità ecologica che interferisce come tale con le altre unità insieme alle quali vive, ed un'unità genetica consistente in un patrimonio genico intercomunicante, del quale l'individuo è un temporaneo e limitato recipiente. Divisione tassonomica successiva alla specie è la sottospecie, popolazione regionale di una specie politipica che si distingue dalle popolazioni sorelle per il fatto di occupare un territorio geografico distinto e pressoché isolato, e che pur essendo legata alle altre dal criterio della riproduttività fertile è tuttavia dotata di differenze morfologiche e fisiologiche considerevoli. In persistenza di un isolamento territoriale completo la sottospecie assume i caratteri di una specie in potenza, può cioè col tempo dare origine a nuove specie, alla fine anche molto diverse da quella originaria. Nell'àmbito di tali popolazioni inoltre, a causa di meccanismi di varia natura, possono instaurarsi singoli complessi di geni per cui determinati sottogruppi vengono a differenziarsi da altri della medesima sottospecie. A tali sottogruppi, e solo ad essi, è scientificamente corretto attribuire il termine di razza, o meglio «razza primaria», vocabolo che in passato è impropriamente servito e tuttora impropriamente serve per designare le sottospecie umane (razza «bianca», «nera» o «gialla»: i «ceppi primari» di Kroeber) o al contrario etnie (gruppi determinati da un complesso di caratteri includente sì un aspetto fisico comune, ma anche lingua, religione, costumi e mentalità comuni), aggregati nazionali e perfino gruppi linguistici e comunità religiose. Definizione di tipo storico-biologico, la razza si basa, per quanto concerne la specie umana, su particolari caratteri morfologici, anatomici, genetici, nonché psicologici e spirituali presenti, ad espressività più o meno elevata, negli individui del gruppo (sostenendo l'inscindibilità di corpo e spirito, ben aveva fustigato nel 1940 Paul Bruchhagen: «Da rigettare è la tesi che la razza sia solo e soltanto un aspetto corporeo, ma da rigettare è anche la tesi di Spengler ed altri che vi