La Pala Di Anton Domenico Gabbiani
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CHIESA DEI SANTI APOSTOLI di FIRENZE La pala di Anton Domenico Gabbiani s i l l a b e ISBN 978-88-8347-624-2 © 2011 Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza Speciale per il Una finestra sul cielo Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Il dipinto di Anton Domenico Gabbiani ora restau- Museale della città di Firenze rato e restituito alla comunità parrocchiale di Santi Riscattata dalle condizioni in cui l’aveva lasciata l’al- Apostoli raffigura uno dei grandi santi della Contro- luvione del 1966, la grande pala di Anton Domenico riforma cattolica, Francesco di Sales, nobile savoiardo Gabbiani della chiesa dei Santi Apostoli mostra l’ef- © 2011 s i l l a b e s.r.l. morto nel 1622 e canonizzato appena 33 anni dopo, fetto di un sapiente e accurato recupero, attraverso Livorno nel 1655. Con la sua predicazione Francesco aveva il restauro compiuto da Andrea e Giacomo Granchi www.sillabe.it riportato all’antica fede intere popolazioni attratte dal (i discendenti di Vittorio Granchi) sotto la direzione calvinismo e, ordinato vescovo nel 1602, aveva messo di Maria Matilde Simari, funzionario di zona della in pratica le riforme tridentine nella difficile diocesi nostra Soprintendenza. direzione editoriale: affidatagli, Ginevra, la città stessa di Calvino. Col santo vescovo che trionfa su un pilastro di nubi Maddalena Paola Winspeare Il Gabbiani, pittore della corte medicea, investe la popolato e sorretto da angeli atletici, oltre il quale si progetto grafico: Laura Belforte figura del santo di eleganza aristocratica, mettendo apre la veduta di Ginevra fra la montagna e il lago, un dipinto del pieno Seicento fiorentino torna a far redazione: Nicola Bianchini in evidenza le insegne gerarchiche: l’abito violaceo, la croce pettorale e la mitria. L’autore di testi sulla intendere il suo linguaggio compositivo e le sue ste- Vita devota e su L’amore di Dio viene poi raffigurato sure cromatiche rispondenti ai canoni di un’arte sacra misurata e insieme fervida. al momento della sua elevazione alla gloria, secondo L’antica e veneranda chiesa dei Santi Apostoli, pro- il gusto del barocco cattolico per questa condizione spiciente la quieta piazzetta presso il Lungarno, è di di apoteosi. Il Gabbiani in effetti apre una finestra sul Il restauro della pala di Anton Domenico Gabbiani per sé un’arca colma di testimonianze di fede e d’arte. cielo, illustrando l’ideale devozionale descritto da un La rinnovata presenza della pala del Gabbiani, che ne nella basilica dei Santi Apostoli di Firenze predicatore del periodo, il Canonico Cesare Nicolao mancava quasi da mezzo secolo, dà ai Fiorentini e ai Bambacari, che in un volume del 1742 auspica che visitatori della città un valido motivo per ritornarvi. a cura di Maria Matilde Simari gli interni delle chiese diventino “ritratti del paradiso Per il lavoro compiuto con competenza e dedizione, in terra”. Davanti all’altare, dice, i fedeli devono stare sono grata alla collega Simari e a tutti coloro che, con testi di: come i serafini veduti da Isaia, “quasi per il devoto entusiasmo, hanno contribuito all’eccellente risultato. Maria Matilde Simari orrore tremanti, e gli occhi bendati, come al riflesso dell’adorata maestà timorosi”. Un altro scrittore set- Cristina Acidini Marco Betti tecentesco, il frate bergamasco Alessandro Terzi, svi- Soprintendente per il Patrimonio Storico, Artistico Andrea e Giacomo Granchi luppando questa idea in un suo testo del 1765, dirà ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della che “non sì tosto che entra in chiesa, l’uomo cristiano Città di Firenze Restauro eseguito dallo Studio Granchi, Firenze dovrebbe subito vestirsi di tale spirito di pietà, che lo Andrea e Giacomo Granchi con la collaborazione di Maria Bisi rapisce a tutte le cose profane e alle celesti il movesse e innalzasse”. Direzione dei lavori: Maria Matilde Simari Il dipinto del Gabbiani è poi una pala d’altare, un’o- Il mio cordiale ringraziamento all’Autorità e a quan- pera cioè vista durante le celebrazione della Messa. Fu ti hanno voluto e realizzato il pregevole recupero e Finanziamento: soprattutto nel contesto della liturgia eucaristica in- restauro di questo eccezionale dipinto di Anton Do- Ministero Beni e Attività Culturali fatti che i credenti di allora sentivano la vicinanza del menico Gabbiani e della splendida cornice che lo cu- Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il cielo e della la fraternità dei personaggi esemplari già stodisce. entrati nella gloria, la Communio sanctorum. Polo Museale della città di Firenze Siamo tutti ben lieti che, nel quarantacinquesimo anno dall’alluvione del 1966, questo capolavoro torni Foto: Studio Granchi, Lorenzo Giotti; Mons. Timothy Verdon ad arricchire ulteriormente il prezioso, unico scrigno Direttore dell’Ufficio Arte Sacra d’arte di questa nostra basilica e chiesa parrocchiale Gabinetto fotografico-Soprintendenza PSAE-PMF e Beni Culturali Ecclesiastici, dei Santi Apostoli. Arcidiocesi di Firenze e Si ringraziano per la preziosa collaborazione Marilena Tamassia e il Personale del Direttore del Museo dell’Opera di Santa Maria del Mons. Elio Morozzi Gabinetto Fotografico della Soprintendenza e Luciano Becattini Fiore Parroco della basilica dei Santi Apostoli La pala del Gabbiani per la chiesa dei Santi Apostoli a quarantacinque anni dall’alluvione Maria Matilde Simari “Anche la chiesa dei SS. Apostoli à subito danni gravissimi, causa l’alluvione del 4-11-1966. L’acqua ha raggiunto l’altezza di circa quattro metri, immer- gendo e travolgendo tutto al suo rovinoso passaggio. Quindi le sue opere d’arte e il mobilio con quello che conteneva nei cassettoni, è andato quasi completa- mente perduto. Gli altari sono stati pressoché spo- gliati delle loro opere d’arte… Tutti i quadri lesionati dal fango e dalla nafta, sono stati ritirati dalla nostra Soprintendenza”1. Questa la parte iniziale di una breve relazione dattiloscritta stesa pochi giorni dopo l’inondazione dell’Arno del 1966 quando la situazio- ne disastrosa della chiesa, situata a pochi passi dal fiume, venne descritta con sintetica ma drammatica concisione; di poco successiva è la nota redatta dal funzionario della Soprintendenza Marco Chiarini che registrava come già il 18 novembre tutti i dipinti La chiesa dei Santi Apostoli nei giorni successivi all’alluvio- fossero stati ritirati2. ne del 4 novembre 1966 Quarantacinque anni sono passati e finalmente alla fine del 2011 è rientrato nella chiesa, nella sua antica cappella di sinistra, anche l’ultimo di quei dipinti aggrediti dall’acqua fangosa e densa di nafta dell’alluvione. Progressivamente nel corso dei tra- scorsi decenni sia i dipinti, sia gli arredi sono stati re- staurati e restituiti alla chiesa3, negli ultimi anni – tra il 2005 e il 2007 – sono tornati a occupare il loro po- sto nelle cappelle laterali due grandi pale, quella del Pomarancio con San Pietro che risana lo storpio, da- tabile al 1582-1583 e quella di Cosimo Gamberucci con San Martino che fa l’elemosina degli ultimi anni del Cinquecento, quindi un’interessante derivazione da Guido Reni con un mezzo busto di San Petronio e una tela della metà del XVIII secolo con un Sant’An- tonio. Ancora rimaneva da affrontare il restauro della grande pala di Anton Domenico Gabbiani con la raffigurazione di San Francesco di Sales in gloria, un ‘grandioso dipinto’ (come viene ricordato nella sche- da di GuidoCarocci del 18924) di cm 360 × 254, commissionato per la seconda cappella di sinistra dalla Centuria di San Francesco di Sales tra il 1685 e il 16865. L’intervento è stato finalmente iniziato con i fondi ordinari della Soprintendenza per il Patrimo- nio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Ginevra, dove Francesco, nobile savoiardo nato nel castello di Sales presso Thorens, svolse la sua predicazione di fervente cattolico all’interno della comunità protestante. Il suo misticismo e la sua spiritualità insieme alla caritatevole apertura verso i laici lo portarono a essere nominato nel 1602 vescovo di Ginevra. Sono dunque la raffigurazione di questa città e la mitria sorretta da un putto ai suoi piedi gli elementi iconografici che contrad- distinguono la figura del Santo che nel dipinto del Gabbiani viene innalzato verso il cielo da una ‘macchina barocca’ formata da nuvole, angeli e putti che si affollano nella zona inferiore della pala. L’insieme del dipinto può apparire enfatico e rigidamente costruito9 ma la qualità pittorica ben si coglie nella luce diffusa che lo permea e nella libertà della pennellata che definisce in pochi tocchi alcuni elementi quali la croce che poggia sulla mantellina del Santo, il pastorale illuminato da una luce radente, o ancora il merletto che orna la cotta. Gli apporti culturali e stilistici – fiorentini, veneti e romani – presenti nella nostra opera vengono illustrati in questa pubblicazione da Marco Betti che sottolinea come il San Francesco di Sales segni una tappa di rilievo nell’attività dell’artista che fu assai apprezzato e ricercato al suo tempo. La pala del Gabbiani può così, dal novembre 2011, essere nuovamente ammirata nella cappella della Centuria di San Francesco di Sales, attor- niata dagli stucchi di Bartolomeo Portogalli, là dove venne posta circa venti anni dopo la canonizzazione del Santo, avvenuta nel 1665, in un arco di anni in cui vi fu la massima diffusione del culto del santo savoiardo. 1 Archivio Storico Ufficio Catalogo della Soprintendenza per colonna tra due stelle – ancora è posta sull’arcone della cap- il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per pella stessa. La notizia è riportata G. Richa, Notizie istoriche Polo Museale della città di Firenze nel 2010 per poi proseguire nel 2011 con il restauro della coeva cornice il Polo museale della città di Firenze (da ora in poi ASUC- delle chiese fiorentine divise ne’ suoi quartieri, t. IV, parte II, intagliata e dorata. SPSAEPMF), filza ‘Firenze, SS.