L'archivio Di Pietro Ingrao
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L’Archivio di Pietro Ingrao La pubblicazione del volume L’Archivio di Pietro Ingrao è frutto della collaborazione tra Ediesse e l’Associazione CRS, Centro di studi e inizia- tive per la Riforma dello Stato, che si realizza in modo sistematico an- che con la collana Citoyens. Fondato da Umberto Terracini nel 1972, con la presidenza di Pietro In- grao il Centro ha assunto una forma associativa volta a promuovere un processo di aggregazione di forze intellettuali e rispondere all’esigenza di autonomia della riflessione culturale e dell’attività di ricerca. Il Centro per la Riforma dello Stato intende infatti proseguire e svilup- pare la tradizione di studio e di ricerca delle forze democratiche e pro- gressiste sui processi di trasformazione degli ordinamenti giuridici con- temporanei, dei sistemi politico-istituzionali, degli apparati amministra- tivi, dei meccanismi di rappresentanza e di intermediazione degli inte- ressi, promuovendo il confronto con studiosi, operatori, istituzioni di ricerca espressione di diversi orientamenti ideali, politici e culturali. Associazione CRS Centro di studi e iniziative per la Riforma dello Stato Via Nazionale 87 - 00184 Roma Tel. 06 48901277/8 - Fax 06 48901279 www.centroriformastato.it - [email protected] L’Archivio di Pietro Ingrao Guida alle carte del Centro di studi e iniziative per la Riforma dello Stato a cura di Lorenzo Benadusi e Giovanni Cerchia MARIO TRONTI (1931) è stato docente di Filosofia politica all’Università di Siena e senatore della Repubblica. Attualmente è presidente del Centro di studi e iniziative per la Riforma dello Stato. LORENZO BENADUSI (1973), dottore e assegnista di ricerca in Storia con- temporanea all’Università di Roma «La Sapienza», è responsabile dell’Ar- chivio Ingrao. Ha pubblicato: Il nemico dell’uomo nuovo. L’omosessualità nell’e- sperimento totalitario fascista (Feltrinelli, 2005) GIOVANNI CERCHIA (1965), docente di Storia contemporanea all’Uni- versità degli Studi del Molise, è responsabile dell’Archivio Ingrao. Ha pubblicato: Giorgio Amendola: un comunista nazionale (Rubbettino, 2004) Tutte le foto sono tratte dall’Archivio Ingrao e sono pubblicate con gentile concessione di Pietro Ingrao, tranne quelle riguardanti il XII e il XIII con- gresso che sono invece tratte da Eva Paola Amendola (a cura di), Storia fo- tografica del Partito comunista italiano, Editori Riuniti, Roma 1981; la foto con Antonio Bassolino ci è stata concessa dal fotografo Antonio Manno. La presente pubblicazione è stata realizzata con il contributo della Compagnia Assicuratrice UNIPOL S.p.a. © Ediesse 2006 Casa editrice Ediesse s.r.l. Via dei Frentani 4/A - 00185 Roma Tel. 06/44870325 Fax 06/44870335 In Internet: Catalogo: http:// www.ediesseonline.it E-mail: [email protected] Progetto grafico: Antonella Lupi In copertina: Ritratto fotografico, inviato ad Ingrao dal PCI di Genova, anni novanta Indice Introduzione di Mario Tronti 9 «Le riforme sono belle ma quando vengono?» Ingrao e la storia del CRS di Lorenzo Benadusi 13 Ingrao, dal CRS alla Presidenza della Camera dei Deputati, andata e ritorno di Giovanni Cerchia 41 Inventario Breve guida all’inventario 61 Regolamento per la consultazione dei fondi archivistici conservati presso la Fondazione CRS - Archivio Ingrao 65 Corrispondenze 69 Scritti e discorsi 91 Atti e materiali 169 Foto 189 Appendice 191 Testo integrale del discorso inedito di Ingrao del 16 marzo 1978 193 L’Archivio di Pietro Ingrao Introduzione di Mario Tronti Non dimenticare viene prima del ricordare. È una mossa intel- lettuale, che solo in apparenza ha un segno negativo. In realtà im- pone, in via preliminare, un atteggiamento che porta a costruire poi il ricordo. Viviamo in un’età della smemoratezza. Siccome ciò che è stato non doveva essere, allora va cancellato dalla memoria. Noi siamo portatori di un’altra idea, opposta. Ciò che è stato doveva es- sere altrimenti. Dunque conoscerlo significa non ripeterlo. Quello della memoria è oggi un campo di battaglia. Più che sui contenuti del passato, la disputa è su come dobbiamo atteggiarci di fronte ad esso. L’età della tecnica è l’età del dominio della tecnica. La rapida obsolescenza del prodotto è essenziale per l’efficiente produzione del profitto. La parola magica è: innovazione. Chi non innova, muore. Chi non dice di voler innovare, non ha ragioni per esistere. Il «nuovo inizio» è la narrazione ideologica post-novecen- tesca. Una truffa. Come azzerare il contachilometri prima di vende- re un’automobile usata. La storia diventa un ferrovecchio. E questo mondo di plastica non sopporta la ruggine del tempo. Il grande concetto di eredità storica scompare dall’orizzonte. E si capisce perché. Il patrimonio di lotte e di organizzazione del movimento operaio fa più paura di tutti i nuovi partiti che si possono inventare. Ma l’accumulo di esperienze è indispensabile per ricomporre un «che fare». Riappropriarsene diventa un compito culturale e una ne- cessità politica. Sapere ciò che siamo stati fa capire molto su ciò che siamo oggi e su ciò che possiamo diventare. Verrebbe da dire: la memoria prima di tutto. Prima dei programmi e del progetto. Cioè 9 prima della tattica e della strategia. Non è una legge generale. È una decisione imposta dalla contingenza. Purtroppo, sul qui e ora pesa molto oggi ciò che era, pesa poco ciò che sarà. «Salvare il passato», diceva Walter Benjamin. Anzi, in quel testo mirabile che sono le Tesi sulla storia, ci invita a queste altre due mos- se intellettuali: lottare «per il passato oppresso» e liberarci «dal fasci- no del futuro». Tesi XII: «Il soggetto della conoscenza storica è la classe oppressa che combatte. In Marx essa appare come l’ultima classe schiava, come la classe vendicatrice, che porta a termine l’opera di liberazione in nome di generazioni di vinti». Questa co- scienza è sempre stata ostica alla socialdemocrazia. «Essa si compia- ceva di assegnare alla classe operaia la parte di redentrice delle gene- razioni future. E così le spezzava il nerbo migliore della sua forza. La classe disapprese a questa scuola sia l’odio che la volontà di sa- crificio. Poiché entrambi si alimentano all’immagine degli avi asser- viti, e non all’ideale dei liberi nipoti». Quando diciamo Archivio Ingrao, non riusciamo che a metterlo a questa altezza. O così, o non ne varrebbe la pena. È la personalità stessa di Pietro Ingrao a spingerci a pensare le sue Carte come il de- posito di un’esperienza politica carica di storia. E che questa storia tenga insieme il passato della classe e la gestione della democrazia fa di queste Carte un unicum nel panorama dei fondi archivistici, per- ché si tratta di un patrimonio di parte che appartiene a tutto il Pae- se. Il direttore de «l’Unità» sta insieme al presidente della Camera dei Deputati, il membro della segreteria del partito insieme al presi- dente del Centro per la Riforma dello Stato. Masse e potere non vuol dire semplicemente cittadini e governo, ma, più in grande, po- polo e Stato. È in questo senso che pensiamo l’Archivio Ingrao come il nucleo fondante di una Fondazione di studi, che del CRS raccolga la tradizione di ricerche e iniziative, per aggiornarla e svi- lupparla ai compiti di pensiero e di azione che l’età presente ci im- pone. Questo progetto che punta a riaprire una stagione di analisi e di riflessione, capace di riprendere il passo di una battaglia delle idee, ha come condizione indispensabile un ritorno della memoria. Le forme di lotta e le esperienze di organizzazione del movimento ope- raio, che hanno attraversato il Novecento, meritano di sopravvivere 10 oltre se stesse, come figure soggettive che hanno segnato la storia di un’epoca. Perdere questa parte di sé sarebbe una perdita per l’uma- nità tutta. Sappiamo chi ha interesse a dimenticare: sono quelli che vogliono seppellire ogni istanza di un possibile futuro riscatto di chi sta in basso nella società, con sopra di sé privilegi e poteri, ricchezze e culture. Salvare il passato del movimento operaio: ecco un lavoro intellettuale che vale la pena oggi di affrontare. Un’archeologia in- dustriale dovrebbe ormai riguardare non solo gli spazi della produ- zione di capitale, ma anche i tempi dei soggetti produttori. Ora, se sono in molti a fare storia dell’impresa, ben pochi sono quelli che fanno storia del lavoro, che è poi storia dei lavoratori. Tra questi pochi sarebbe intanto importante stabilire un collegamento, per di- vidersi i compiti e mirare a un unico scopo. Il sogno è quello di una Mnemosyne alternativa, più che un Archivio, un Atlante della memo- ria operaia. Aby Warburg apriva, con queste parole, l’Introduzione al suo Atlante: «Introdurre consapevolmente una distanza tra l’io e il mondo esterno è ciò che possiamo senza dubbio designare come l’atto fondatore della civilizzazione umana». L’«uso mnemico del patrimonio ereditario inalienabile» è l’atto civilizzatore che bisogna riproporre ora da quest’altra parte. L’Archivio Ingrao parte, senza modestia, avendo in mente questo quasi impossibile obiettivo. 11 «Le riforme sono belle ma quando vengono?» Ingrao e la storia del CRS di Lorenzo Benadusi La storia degli istituti e dei centri studi di matrice politica è appe- na agli inizi, così come poche sono le ricerche sulle attività culturali sviluppate dai partiti, i cui legami con gli intellettuali sono complessi e differenziati a seconda dell’organizzazione politica che si intende esaminare. Nell’ampia bibliografia sul PCI non mancano studi sulla cultura politica comunista, ma resta comunque marginale la storia degli istituti che fanno da laboratorio e da centri di promozione culturale del partito 1. Merita quindi un approfondimento la vicenda del Centro di studi e iniziative per la Riforma dello Stato, insieme all’Istituto Gramsci, al Cespi e al Cespe, uno dei principali luoghi di riflessione politica legato all’area comunista e alla sinistra in generale.