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itinerArio 17 ffizi in italiano antico significa «uffici». allievo di Bartolomeo Ammannati, verso il UFu infatti a tal fine, e cioè per accogliere 1580. In seguito sarà l’architetto Bernardo le tredici principali magistrature del Ducato Buontalenti ❚ a concluderla definitivamente di Firenze, che ne cominciò quando, per volontà del granduca di Tosca- La Galleria la costruzione, a partire dal 23 marzo 1560, na Francesco I de’ Medici (1574-1587) e, secondo la precisa volontà del duca Cosimo soprattutto, del suo successore Ferdinando I degli Uffizi I de’ Medici (1537-1574). La progettazione (1587-1609), gli Uffizi cominciarono a essere di Firenze. e soprattutto l’esecuzione dei lavori furono trasformati in Galleria d’Arte. talmente impegnative che il Vasari stesso La fondazione vera e propria della Galle- Quattrocento confessava al riguardo «di non aver fatto mai ria degli Uffizi risale pertanto al 1581, il che murare cosa né più difficile né più perico- la rende sicuramente una delle più antiche e primo losa per essere fondata in sul fiume e quasi d’Europa. Nei secoli successivi anche tutti gli in aria». Il complesso, che come una sceno- altri membri della famiglia granducale fece- Cinquecento grafia teatrale si spinge fino al vicino Arno, ro a gara, ciascuno secondo la propria cultu- sorge al lato di Palazzo Vecchio, al posto di ra e i propri interessi, a dotarla di collezioni un quartiere medioevale appositamente raso sempre più rare, raffinate e preziose. al suolo, quasi a dimostrare come la potenza Alla morte di Gian Gastone (1723-1731), dei Medici fosse talmente forte da non arre- ultimo discendente maschio della casa medi- starsi di fronte a nessuna difficoltà. cea, il Granducato passò al duca Francesco Ste- La grandiosa fabbrica degli Uffizi ven- fano di Lorena (1737-1765), consorte dell’im- ne ultimata dall’architetto Alfonso Parigi ❚, peratrice Maria Teresa d’Austria (1740-1780)

56 79 10 16 Pianta. 4 12 11 13 24 1. Stanza Archeologica 28 15 17 18 19 20 21 22 23 1 3 14 2. Giotto e il Xiii secolo 3. Pittura senese del XiV secolo Piazzale degli Uffizi 4. Pittura fiorentina del XiV secolo Firenze 43 45 44 34 24 5-6. Gotico 42 41 35 internazionale 26 7. Primo rinascimento 36 - 40 33 27

8. Filippo Lippi 32 9. Antonio del 28 31 30 Pollaiolo 29 10-14. Botticelli 24. Stanza delle 31. Veronese 41. rubens 15. Leonardo miniature 32. tintoretto 42. niobe 16. Stanza delle carte 25. Michelangelo e 33. Pittura del XVi 43. Caravaggio geografiche artisti fiorentini secolo 44. rembrandt 17. ermafrodito 26. raffaello Sanzio e 34. Scuola lombarda 45. Pittura del XViii 18. La tribuna Andrea del Sarto 35. Barocci secolo 19. Perugino e Signorelli 27. Pontormo e 20. Dürer e artisti rosso Fiorentino ❚ germanici 28. tiziano e Alfonso Parigi 21. Giambellino e Sebastiano del (Firenze, ?-1590). Appartenente a una nota famiglia Giorgione Piombo di architetti e scenografi fiorentini, fu allievo dell’Am- 22. Fiammighi e 29. Parmigianino e mannati e come tale lavorò, oltre che agli Uffizi, an- tedeschi Dosso Dossi che ai chiostri delle chiese fiorentine di Santo Spirito 23. Correggio 30. Pittori emiliani e di Santa trìnita. 17 La Galleria degli Uffizi di Firenze A83

e a sua volta imperatore. Nel 1737 l’Elettrice Palatina ❚ Anna Maria Ludovica de’ Medici (1667-1743), ultima sorella di Gian Gastone, si batté affinché dopo la sua morte la Galleria venisse destinata alla città di Firenze e non su- bisse la triste sorte dello smembramento. Con l’adesione della Toscana al Regno d’Italia (1860) anche gli Uffizi passarono al nuovo Stato nazionale che, nel 1872, ne di- spose subito un radicale riordinamento sia per quel che riguardava le collezioni sia dal punto di vista architettonico. L’assetto attuale della Galleria è frutto di numerosi altri riordinamenti successivi, in attesa di portare a compimento l’ambizioso 17.1 l dipinto, forse il più celebre dell’artista, rap- progetto dei Nuovi Uffizi. In questa ipotesi, ipresenta una Madonna in trono con il Bam- entro i prossimi anni, dovrebbero essere ac- bino sotto le campate ancora leggermente quisiti all’area espositiva ulteriori spazi anco- goticheggianti di un’architettura già restituita (ca 1400-1461) ra inutilizzati e si dovrebbe procedere al rior- secondo le precise regole della prospettiva. Al- la destra della Vergine, in primo piano, sono dinamento cronologico definitivo, rendendo Pala di Santa Lucia i Santi Giovanni Battista (forse un autoritratto la struttura museale una delle più ricche, dei Magnoli dello stesso maestro) e Francesco. Alla sua si- moderne e attrezzate del mondo. nistra, invece, troviamo i Santi Zanòbi, in abiti La Galleria, pur essendo fondamental- Circa 1445. tempera su tavola, 209×216 cm vescovili, e Lucia. A quest’ultima era dedicata la chiesetta fiorentina dei Màgnoli (Magnòlie), mente una pinacoteca, ospita comunque an- Poco o nulla sappiamo della formazione di Do- alla quale questa Sacra conversazione era ini- che una nutrita serie di sculture ellenistiche menico Veneziano (nato a Venezia) la cui origine zialmente destinata. e romane. lascia comunque supporre l’esistenza di un suo La precisa collocazione spaziale dei quattro In parte del cosiddetto Corridoio vasa- contatto con la pittura veneta degli inizi del XV santi risulta geometricamente esaltata dal dise- secolo. Quando nel 1439 arrivò a Firenze, però, gno prospettico del pavimento, come se i per- riano, il collegamento che univa gli Uffizi a egli dimostrò di essere già perfettamente a cono- sonaggi fossero pedine su una scacchiera va- Palazzo Pitti, è poi allestita la Collezione degli scenza dell’ambiente artistico della città. Questo riopinta. La concezione, ereditata da Masaccio, autoritratti, attualmente la più importante induce a ipotizzare, pur in assenza di documen- di uno spazio misurabile con una semplice oc- ti certi, anche la possibilità di un suo precedente del mondo, ricca di oltre 1200 autoritratti dei chiata ha evidentemente già fatto scuola. soggiorno nel capoluogo toscano. tra il 1441 e il Se la volumetria dei personaggi e la preva- principali artisti italiani e stranieri dal XV se- 1445 lavorò a un ciclo di affreschi (oggi perduti) lenza del disegno appartengono a pieno tito- nel coro della chiesa fiorentina di Sant’egidio. Lo colo ai giorni nostri. lo alla tradizione fiorentina, l’uso del colore ri- aiutò l’allora giovanissimo Piero della Francesca, vela anche in quest’occasione l’origine veneta Alla Galleria degli Uffizi, infine, fa capo che ebbe così modo di studiare le novità della lu- anche il prestigioso Gabinetto Disegni e ce e dei colori del più maturo maestro. infatti, pur di Domenico. tutta la scena è infatti pervasa Stampe. Esso raccoglie oltre 104 000 pezzi dal essendosi subito adeguato al disegno e ai volumi da una luce chiara e uniforme, che crea colori tenui e del tutto privi di forti effetti di chiaro- XV secolo all’epoca contemporanea, anche dei Fiorentini, Domenico non rinuncia all’uso dei teneri colori della tradizione veneta, dei quali è scuro. se i secoli maggiormente rappresentati sono considerato – in quel tempo – uno dei pochi e in- in questo modo, quel che la rigorosa pro- senza dubbio il XVI e il XVII. vidiati conoscitori. spettiva matematica contribuisce a suddividere in una serie di piani successivi (scuola fiorenti- na) viene poi riunificato dal colore (scuola ve- neziana), in un insieme di grande equilibrio e Bernardo Buontalenti Elettrice Palatina (1531-1608). Uno dei personaggi più versatili e fan- titolo nobiliare spettante per antichissimo privilegio armonia. Completava originariamente la pala tasiosi del Manierismo. Formatosi alla scuola dell’Am- alla consorte dell’elettore Palatino, uno dei quattro una sottostante predella lignea dipinta di ugua- mannati, ne seguì gli insegnamenti riproponendo for- principi ai quali era concesso di esercitare il diritto, le lunghezza, oggi purtroppo smembrata in va- me di gusto classicheggiante e, alla morte del Vasari, dal 1257 al 1806, di eleggere l’imperatore del Sacro ri pezzi e dispersa fra tre musei di Washington, ne ereditò il prestigioso ruolo presso i Medici. romano impero. Cambridge e Berlino. A84 Itinerario 17 17 La Galleria degli Uffizi di Firenze A85

17.3

antonio del pollaiolo (ca 1431-1498) Ercole e l’Idra

Circa 1475. tempera su tavola, 17×12 cm

Antonio di Jacopo Benci, nato a Firenze e morto a roma, deriva il soprannome dall’attività del padre. Antonio iniziò la propria carriera come orafo e ciò spiega il gusto per il particolare minuto e raffina- 17.2 to. Come pittore concentrò la propria attenzio- ne soprattutto sullo studio dell’anatomia umana, indagando in particolare i corpi sotto sforzo e in andrea movimento, riservando grande attenzione ai temi del castagno del nudo e della lotta. (ca 1421-1457) a piccola tavola rappresenta ercole, il leggen- Sibilla cumana Ldario eroe mitologico, nella seconda delle do- dici fatiche impostegli dagli dei per espiare l’uc- Circa 1450. Affresco strappato e cisione, in una crisi di follia, della moglie e dei riportato su tela, 250×154 cm figli. egli è intento a combattere contro l’idra di Lèrna (in Argòlide), un mostruoso serpente le originario forse di Castagno, in Mu- cui molte teste, una volta mozzate, ricrescevano gello, Andrea di Bartolo di Bargilla, per incanto. La ripresa degli studi umanistici, del detto si formò resto, e in particolar modo della filosofia e del- come pittore nella Firenze del pri- la letteratura classiche, aveva progressivamente mo rinascimento, mettendo a pun- condotto gli artisti del Quattrocento a rivendica- to uno stile molto incisivo, basato su una modellazione potente e qua- re per la propria ispirazione anche tutto il fanta- si scultorea. Disegnatore raffinato e sioso repertorio della mitologia greca e romana. capace, seppe fondere le massicce il figlio di Zeus è colto in un momento di forte volumetrie masaccesche con il ri- tensione, mentre tiene con la mano sinistra uno gore prospettico di Piero della Fran- dei lunghi colli sinuosi dell’idra e porta in alto cesca, delineando le proprie figure la destra, che impugna la clava, accingendosi a con contorni netti e vibranti, precur- colpire. il suo corpo è spinto in avanti: le gambe sori delle esperienze di Antonio del sono divaricate, la destra è distesa e la sinistra è Pollaiolo e del Verrocchio. Morì a Fi- piegata. il busto si protende verso l’animale mi- renze nel 1457. tologico espandendosi potentemente, accom- pagnato dalla pelle di leone che si gonfia come a raffinata Sibilla cumana fa una vela spinta dal vento, ed è come se non solo 17.2 Lparte della serie dei nove ritratti ercole, ma anche il feroce leone nemeo, da lui di Uomini e donne illustri che l’artista aveva af- precedentemente combattuto e ucciso, si sca- frescato intorno al 1450 nella loggia della Villa gliassero assieme contro l’idra. Carducci-Pandolfini a Legnaia, presso Firenze. in questo dipinto la tensione muscolare del- Strappati e riportati su tela intorno alla metà del la furibonda lotta è evidenziata mediante una XiX secolo, dal 1969 sono stati riuniti in una sala sinuosa linea di contorno il cui spessore aumen- degli Uffizi ricavata nel luogo in cui sorgeva la ta simbolicamente in corrispondenza dei punti 17.3 chiesa medioevale di San Pier Scheraggio. nei quali i muscoli sono sottoposti a uno sforzo il personaggio, di grandezza maggiore del vero, maggiore. La sensazione di potente saldezza del- è raffigurato stante, all’interno di una poco pro- la figura die rcole, dunque, deriva in modo quasi fonda nicchia rettangolare delimitata da due snel- assoluto dal disegno netto e preciso, rispetto al le paraste dipinte. La postura, con il braccio destro quale colore e chiaroscuro non appaiono che ac- parzialmente sollevato, pur essendo alquanto tea- cessori di secondaria importanza. La grande va- trale, mette in luce un chiaro riferimento al chia- stità del paesaggio retrostante, infine, costituisce smo policleteo (braccia e gambe cariche si cor- un ulteriore artificio tendente a isolare il soggetto rispondono specularmente) e, al tempo stesso, in primo piano e a evidenziarne per contrapposi- anche una profonda conoscenza anatomica. zione la grande forza espressiva. La fisicità tridimensionale del corpo, tipica del- la pittura di Andrea, è ulteriormente accresciuta dallo sporgere dei piedi al di là della stessa nic- chia, quasi a protendersi fuori dello spazio dipin- 17.4 to. Allo stesso modo anche la punta del diade- ma della Sibilla si sovrappone all’architrave della piero del pollaiolo nicchia, il che ribadisce un’indipendenza quasi ribelle della figura dall’architettura dipinta che (ca 1441-1496) dovrebbe contenerla. La Carità i riflessi metallici del complesso panneggio, così come il forte contrasto tra il velo bianco portato Circa 1469. tempera su tavola, 167×88 cm sulle spalle e le tonalità scure dell’abito, suggeri- scono il ruvido modellato di una scultura in legno Piero di Jacopo Benci, nato a Firenze e morto a dipinto. La severa intensità del volto, infine, riman- roma, fu esclusivamente pittore e collaborò spes- da all’ideale donatelliano di compostezza e rigore, so con il fratello maggiore Antonio. nelle sue ope- addolcito dalla grazia pensosa dei lineamenti. re l’utilizzo della linea di contorno si fa più fiac- A84 Itinerario 17 17 La Galleria degli Uffizi di Firenze A85

co e meno espressivo, denotando una personalità di vista all’altezza del Bambino, poco sopra al 17.4 artistica che, anche se ricca e sostenuta da gran- centro geometrico del dipinto. di capacità tecniche, si dimostra comunque poco i vari personaggi vengono indagati con re- versatile e innovativa. alismo e tutti i particolari sono messi in evi- denza in ogni aspetto. esemplari, in questo l dipinto fa parte del ciclo delle Sette Virtù, senso, sono il tappeto posto sui gradini iuna serie di tavole commissionate per fare da ai piedi del trono e il vaso di fiori colloca- nobile spalliera agli scranni della Sala del Con- to tra San Giusto e San Zanobi. Si tratta siglio della Mercanzia, la più alta magistratura di un vero e proprio virtuosismo pittorico, mercantile di Firenze. Piero ne realizza sei, es- nel quale trionfa il gusto fiammingo per sendosene aggiudicato il diritto fin dal 1469, l’osservazione minuta e quasi scientifica quando stupì tutti i rappresentanti del Consiglio della realtà. presentando il disegno della Carità a grandezza L’atmosfera complessiva che ne deri- naturale. La settima tavola con La Fortezza, in- va, però, non può certo dirsi realistica. Al vece, fu eseguita da Botticelli. Ghirlandaio, infatti, interessano più la raf- il dipinto, al quale il restauro del 2003 ha ri- finata compostezza della narrazione e la donato l’iniziale brillantezza dei colori, è stato rasserenante uniformità della luce piutto- eseguito sul retro della tavola recante il disegno sto che le sperimentazioni estreme di un preparatorio. La raffinata figura allegorica della Leonardo o di un Michelangelo. in altre Carità è seduta su un trono prospetticamente parole, l’artista, pur essendo aggiornatis- assai scorciato, in quanto la collocazione in alto, simo sul continuo evolversi delle tecniche sopra i seggi dei Consiglieri, imponeva un punto prospettiche e coloristiche, preferisce non di vista forzatamente dal basso. La robusta vo- avventurarsi lontano dal gusto corrente lumetria del personaggio è costruita attraverso dell’epoca e, proprio per questo, diven- il pesante panneggio della veste, di un rosso ec- ta uno degli artefici più ricercati dall’ari- cezionalmente vivido, che contrasta fortemente stocrazia fiorentina. Domenico, infatti, con l’ornatissimo mantello damascato. A fron- dipinge ciò che i committenti si aspetta- te di una grande attenzione per i particolari e no, riuscendo a miscelare sapientemente i gioielli, frutto dell’esperienza orafa nella bot- gli schemi della tradizione (nel caso spe- tega del fratello, le figure appaiono innatural- cifico il tema della Sacra conversazione) mente allungate, mentre la linea di contorno con quel tanto di nuovo che era ormai non risente del tormentato espressionismo di indispensabile per apparire al passo con Antonio. i tempi.

17.5

17.5 (1449-1494) Madonna con il Bambino, angeli e santi

Circa 1484. tempera su tavola, 190×200 cm Stando al Vasari, Domenico Bigordi (nato a Firen- ze e qui morto) deve il suo soprannome all’attività del padre, un orafo specializzato nella realizzazio- ne di ghirlande per le acconciature delle gentil- donne fiorentine. Domenico iniziò l’attività arti- stica proprio nella bottega paterna e si avvicinò al disegno e alla pittura forse passando anche per quella del Verrocchio. intorno agli anni Settanta del secolo fu a sua volta a capo di una propria, ben avviata bottega. Le sue esperienze come ore- fice e il successo che, sul finire del XV secolo, sta- va ottenendo a Firenze la pittura fiamminga sono due degli elementi che più di ogni altro influen- zarono la produzione pittorica del Ghirlandaio, in gran parte commissionatagli dai Medici e da altre ricche famiglie fiorentine.

a pala, originariamente destinata alla chiesa Lfiorentina – ora scomparsa – di San Giusto degli ingesuati, rappresenta una Sacra conver- sazione con i Santi Michele, raffaele, Giusto e Zanòbi. il tema è tipicamente quattrocentesco, anche se l’ambientazione all’aperto, sullo sfon- do di un rigoglioso giardino, appare abbastanza insolita, più vicina alla sensibilità dei coloristi ve- neti che a quella dei disegnatori fiorentini. Gli spazi sono definiti grazie a un disegno pro- spetticamente impeccabile che colloca il punto A86 Itinerario 17 17 La Galleria degli Uffizi di Firenze A87

17.6

lorenzo monaco (1370/1375-1425/1430) Incoronazione della Vergine

1414. tempera e oro su tavola, 450×350 cm Lorenzo Monaco, nato a Siena, fu uno dei princi- pali protagonisti della pittura fiorentina a cavallo tra il XiV e il XV secolo, e certo uno degli espo- nenti più significativi dell’età tardogotica.e ntrato nell’ordine dei Camaldolesi presso il Convento di Santa Maria degli Angeli a Firenze, si dedicò an- che alla miniatura. Formatosi prevalentemente a Firenze, nel corso degli anni Lorenzo maturò uno stile caratterizzato da linee angolose e da un ac- ceso senso del colore; soltanto nelle ultime opere si riscontra un ammorbidimento delle forme, do- vuto al contatto con il Gotico internazionale. Lo- renzo morì a Firenze.

a preziosa pala venne eseguita per il Con- Lvento di Santa Maria degli Angeli e, a causa di molte vicissitudini, fu rinvenuta solo nel XiX secolo presso l’antica Abbazia di San Pietro a Cerreto. L’imponente composizione è inserita in una complessa cornice dorata, che ne accentua la maestosità e la forza rappresentativa. La tri- partizione della tavola è superata dal ricorso a uno spazio unitario, all’interno del quale si rag- gruppano ordinatamente le schiere celesti di angeli, santi e beati. Al centro, al di sotto di un leggero ciborio cuspidato, ha luogo l’incorona- zione di Maria, avvolta in un mantello candido, il cui effetto abbagliante è bilanciato dal saio dei Santi Bernardo e Benedetto, posti ai lati estremi della prima fila di personaggi. L’opera si carat- terizza per l’estrema raffinatezza compositiva, ottenuta attraverso le linee sottili e sinuose che disegnano corpi e panneggi, il prezioso decora- tivismo e il gusto per i colori brillanti. 17.6 17.7 17.7 sponendo i due protagonisti al di sotto di due volte a crociera, separati idealmente dalle esili colonne poste al centro della composizione. La alesso baldovinetti leggerezza estrema, quasi irreale, degli elementi (1425-1499) architettonici e degli arredi (riscontrabile soprat- tutto nel leggio, all’estrema destra della tavola, Annunciazione e nella sedia dalla quale Maria sembra essersi alzata all’improvviso) trova riscontro anche nella Circa 1457. tempera su tavola, scarsa volumetria delle figure e conferisce all’in- 167×137 cm tera rappresentazione un aspetto quasi fiabesco. Figlio di un mercante, il fiorentino Sorprendente è la continua ricerca di soluzioni Alesso Baldovinetti fu un grande decorative originali, come il pavimento in marmi sperimentatore, praticando svaria- variopinti e, soprattutto, il ricco repertorio bota- te tecniche artistiche, quali la tar- nico illustrato sullo sfondo, nell’aiuola fiorita e, sia, la pittura su vetro e il mosaico. oltre il parapetto marmoreo, nella fila ordinata di Fondamentale fu, nella sua forma- cipressi e melograni. il dialogo gestuale tra i due zione pittorica, la collaborazione personaggi si svolge silenziosamente, contrap- con Andrea del Castagno per la ponendo l’avanzare dell’angelo, con la gamba decorazione ad affresco della Cap- sinistra già ferma e la destra ancora in movimen- pella Maggiore della chiesa fioren- to, e la posa composta di Maria. il primo, infatti, tina di Sant’egidio, già avviata dal sembra colto subito dopo la discesa dal cielo, Veneziano e da Piero della Fran- cesca, poi irrimediabilmente per- nel momento in cui, nonostante le ali spiegate duta. Fu proprio il contatto con e il panneggio ancora scomposto, raccoglie le Andrea a trasmettergli una predi- braccia conserte e appare già pronto a rende- lezione per linee rigide, quasi me- re omaggio alla Vergine. Quest’ultima, da parte talliche. Alesso morì a Firenze. sua, controlla il senso di stupore raccogliendo il mantello con la mano sinistra e indirizzando de- l dipinto sfrutta gli esiti della licatamente, con la destra, un segno di saluto al iprospettiva rinascimentale di- messaggero divino. A86 Itinerario 17 17 La Galleria degli Uffizi di Firenze A87

17.8 Signorelli, nel complesso, dà prova di grande varietà stilisti- ca, attingendo a fonti e tradi- luca signorelli zioni diverse e non a caso il di- (ca 1445/1450-1523) pinto rappresentò un modello per il successivo Tondo Doni di Madonna Michelangelo. con il Bambino,

figure e profeti 17.9 Circa 1485/1490. olio su tavola, 170×117,5 cm franciabigio Luca Signorelli nacque a Cortona ed ebbe un per- corso formativo particolarmente ricco e articolato. (1484-1525) Allievo di Piero della Francesca ad Arezzo, si tra- sferì a Firenze, dove venne in contatto con la pit- Ritratto tura del Pollaiolo e dove conobbe l’arte di Pietro di giovane Perugino. Decisiva fu la partecipazione alla deco- razione della Cappella Sistina. A partire dal 1499 1514. olio su tavola, l’artista realizzò quello che viene considerato il 59,4×46,3 cm suo capolavoro: la decorazione ad affresco della Cappella di San Brizio nel Duomo di orvieto. Morì Francesco di Cristofano Giudicis, nella natia Cortona. noto come il Franciabigio, nac- que a Firenze e si formò nella opera venne eseguita da Signorelli per Lo- bottega di Mariotto Albertinel- L’ renzo il Magnifico. La Madonna, in primo li (1474-1515). Presto l’artista si piano e in posa torsionale, è adagiata a terra su avvicinò alla maniera elaborata un prato fiorito intenta a occuparsi del Cristo da raffaello a Firenze. Francia- bambino, pronto a salirle giocosamente in grem- bigio mostrò sempre una predi- bo. Sullo sfondo, in un paesaggio roccioso, si lezione per atmosfere mistiche distinguono alcune figure nude. il giovane visto ed evocative, senza rinunciare da dietro, in particolare, rinvia allo stesso tem- ad accogliere gli esiti più signifi- po all’ignudo dalla simile postura nella Morte di cativi dei propri contemporanei. Adamo di Piero della Francesca e al tipo tardo- Fondamentale fu, nella matura- classico del Pothos di Scopas. La dolcezza della zione del pittore, il rapporto con Vergine, che disegna morbide curve in una po- Andrea del Sarto, che si concre- stura che esprime femminilità e protezione ma- tizzò in una vera e propria colla- borazione nel periodo intercor- 17.8 terna, contrasta con i corpi asciutti e muscolosi so tra il 1506 e il 1509. infine, dei nudi sullo sfondo. l’utilizzo di forme sempre più il paesaggio è caratterizzato da una rovina volumetriche ed espressive sug- classica, sulla sinistra, e da un arco naturale che gerisce un contatto diretto con inquadra un edificio a pianta circolare che, lon- l’ambiente artistico romano, in tano, si profila contro le pendici di una monta- particolare con l’opera matu- gna scoscesa. innumerevoli sono state le inter- ra di Michelangelo e raffaello. 17.9 pretazioni elaborate in merito al significato del Francabigio morì nella natia Fi- dipinto. Se l’impostazione complessiva sembra renze. alludere al passaggio dal’Antico al nuovo testa- mento, come suggeriscono i due profeti rappre- l dipinto, memore della ritrat- sentati in alto sulla finta cornice resa a chiaro- itistica raffaellesca, mostra un scuro, ancora incerta rimane l’identificazione dei giovane uomo con il busto ap- personaggi sullo sfondo. pena ruotato e lo sguardo in- in queste figure nude, assorte in pacifica con- tenso che si staglia contro un versazione, si è voluto riconoscere il richiamo a dolce paesaggio. una mitica età dell’oro, tema ricorrente nell’am- Le mani sono articolate in biente culturale fiorentino dell’epoca. Gli enig- modo tale da stabilire un dia- matici personaggi sono anche stati messi in re- logo con lo spettatore: la de- lazione a quel regno di Pan cui spesso l’epoca stra stringe con forza un paio di del Magnifico venne associata e a cui si richia- guanti, segno di nobiltà, l’altra mava esplicitamente un altro dipinto, purtroppo si apre articolando le dita in una perduto, eseguito dall’artista per il Magnifico. posa espressiva come se, duran- Un ulteriore ipotesi suggerisce che i nudi sul- te una conversazione, si chie- lo sfondo siano un riferimento alla vita asceti- desse un momento di pausa. ca come percorso privilegiato per avvicinarsi a L’uso dello sfumato, derivato da Dio. D’altra parte la tavola è caratterizzata da Leonardo, conferisce all’opera numerosi richiami alla passione di Gesù: è evi- un’atmosfera sospesa; gli occhi dente la corrispondenza del busto del reden- tristi, contornati da ombre pro- tore, in monocromo, con il tondo sottostante, fonde, esprimono malinconia. il mentre la scritta «ecce agnus dei» (ecco l’Agnello paesaggio sullo sfondo, immer- di Dio) richiama l’attenzione proprio sull’aspetto so in una luce dorata, è del tutto sacrificale della venuta di Cristo. inoltre, il pra- immaginario. Verosimilmente il to fiorito dove sono posti Maria e il Bambino contrasto tra l’albero rinsecchi- definisce uno spazio sacro ed esclusivo, che si to all’estrema destra e le altre arricchisce di richiami alla purezza della Vergine fronde rigogliose nasconde un e alla Passione di Cristo nei fiori distinguibili in significato simbolico ancora in- primo piano. decifrato.