Detective Schiaffi Potenza Estrema, Vetri Rotti Dappertutto!
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DETECTIVE SCHIAFFI POTENZA ESTREMA, VETRI ROTTI DAPPERTUTTO! Di Marco 'Joe Schiaffi' Della Casa Santunione 1 2 Capitolo 1 – Note e botte in una tipica metropoli orientale Sapete? Non è affatto facile inquadrare la storia che state per leggere. Certo, il protagonista asserirebbe, senza timore d'esser smentito, che questo scritto rappresenti, indubbiamente, l'illustre, il sontuoso, il potentissimo, estremissimo, vetrirottissimo, esponente per eccellenza della corrente letteraria del 'Vetrirottismo', che esiste ufficialmente da questo momento. Non fateci troppo caso a questi proclami, però: il nostro protagonista è stupido e ignorante ed anzi, sarà proprio lui a ricordarvelo ogni qualvolta qualcuno rischierà di crearsi illusioni o aspettative nei suoi confronti. Ciò che state per leggere è una storia stupida e ignorante, appunto, ma scritta con amore, passione ed un po' di adorabile frivolezza adolescenziale, ma non solo. É una storia creata dopo aver maturato e condiviso tante esperienze diverse: alcune intense, struggenti e altre dolorose, fatte di delusioni cocenti, rammarico e tante lacrime. Una storia autentica, dedicata a coloro che non si sono mai arresi, a coloro che hanno sacrificato tutto per un ideale, per qualcosa in cui hanno creduto veramente, un ideale al quale hanno consacrato la propria vita. A tutti coloro che sono sempre rimasti coerenti, anche quando ciò andava contro il loro interesse. É una storia che racconta di quanto può essere duro, a volte, andare dritti per la propria strada ma che dimostra, a conti fatti, che solo le cose vere e autentiche, in fin dei conti, resistono all'implacabile giudizio del tempo e chissà, forse... ...Già, forse anche questa storia ha resistito all'inesorabile scorrere delle lancette ed è forse proprio per questo motivo che ancora oggi, se andate a Tokyo e chiedete in giro, cercando attentamente nei vicoli, nei posti più malfamati e underground, potrete sentire anche voi di quelle voci, quelle dicerie, quegli aneddoti su ciò che accadde in città durante quell'estate, l'estate del 1999 per la precisione. Ancora oggi, infatti, si tramanda quella che è diventata una vera e propria leggenda. Era Maggio, per la precisione, quando tutto ebbe inizio. Era uno dei soliti, frenetici, venerdì notte a Shinjuku e come ogni sera, le vie del più importante dei quartieri speciali di Tokyo, vero centro amministrativo e commerciale della città, pullulavano di migliaia e migliaia di persone. C'era però qualcosa di diverso dal solito nell'aria, lo si poteva percepire avvicinandosi a quel piccolo localino noto come Birdland Club, quel delizioso aroma, un po' romantico, un po' retro', dal fascino irresistibile. Che cos'era? Era il profumo sprigionato dall'esibizione che il Kurenai Quintet stava tenendo nel locale, incantando i presenti con una magia ed un'atmosfera, assolutamente 3 uniche. Il Birdland era un locale storico di Shinjuku, un posto per veri intenditori. Solo i migliori jazzisti del paese potevano ambire ad esibirsi all'interno di quelle preziose mura, davanti a quel pubblico così ristretto ed esigente. Birdland, appunto. Bisognava essere degni di portarlo quel nome e Akasaka-San1, il proprietario, lo sapeva bene. Il suo locale, infatti, portava il medesimo nome del suo omonimo di New York, che si trovava in origine sulla cinquantaduesima strada, e che fu un punto nevralgico fondamentale per l'affermazione e l'evoluzione della musica jazz nel XX secolo, tanto da portare a sua volta il nome del celeberrimo sassofonista Charlie Parker2, detto 'Bird', appunto, pioniere del Be-Bop ed autore di alcuni dei più grandi capolavori discografici del '900. All'interno dello Shinjuku Birdland, il tempo pareva essersi fermato agli anni '30 e '40; gli ospiti, infatti, venivano accolti dal tepore di una tenue illuminazione, diffusa dalle lampade fissate alle pareti, ricoperte da una carta da parati d'altri tempi, logora ed incollata con alcune irresistibili irregolarità a quelle mura così impregnate delle note suonate dai grandi musicisti che in passato avevano calcato il palco del locale e decorate dalle fotografie di quegli storici eventi, incorniciate ed appese un po' per tutto il locale, alle volte complete persino di autografi. É proprio in questo piccolo scorcio di Tokyo, apparentemente sfuggito all'inesorabile incedere del tempo e dei decenni, che si stava esibendo Shinji Kurenai, classe 1934, uno dei pianisti più attivi, in ambito jazz, che si conoscessero a Tokyo. Era un ometto vispo, energico, di media statura, dal sorriso sempre pronto e dai capelli brizzolati. Chiunque avesse un minimo di interesse per la musica, in città, conosceva Kurenai, il talentuoso pianista. Aveva, tra l'altro, collaborato con innumerevoli musicisti di fama internazionale e, in passato, ebbe persino l'opportunità di suonare insieme a vere e proprie stelle del firmamento jazz mondiale, come quella volta, nel 1953, quando a soli 19 anni, sostituì il pianista di Louis Armstrong nello storico concerto di Yokohama, del 31 dicembre. Quella sera, il suo quintetto stava allietando ed intrattenendo l'intimo pubblico del Birdland Club, con una musica avvolgente, calda: era impossibile non chiudere gli occhi e sognare. 1 -San: nella lingua giapponese, a differenza dell'italiano, esistono vari appellativi che si usano dopo il nominativo di una persona. In questo caso il San, dopo il nome, indica profondo rispetto e si utilizza, solitamente, verso persone più adulte, mature, per le quali, appunto, si nutre grande considerazione. 2 Charlie Parker (1920 – 1955) è stato uno dei più grandi musicisti jazz del '900. Uno dei padri del bebop e vero innovatore del proprio strumento, il sassofono, padroneggiando una tecnica estremamente singolare, che contribuì a renderlo celebre. Ebbe una vita controversa, segnata dalla sregolatezza e dalla sofferenza. «La musica è la tua esperienza, i tuoi pensieri, la tua saggezza. Se non fa parte della tua vita, non potrà uscire dal tuo strumento» Queste parole di Charlie Parker, forse, riassumono nel modo migliore la sua vita. 4 C'era tuttavia qualcosa di strano, di diverso dal solito, qualcosa di strambo, bizzarro, di fuori posto. In mezzo a quei signori di mezz'età, distinti e per bene, che stavano facendo vibrare i loro strumenti con classe e maestria, c'era infatti qualcuno di assolutamente inappropriato, inopportuno. Sì, proprio lui, quel tizio sul palco, un po' nascosto, dietro la batteria, vestito diversamente da chiunque altro. A guardarlo bene, sembrava uscito da un poliziesco anni '70, con quella giacchetta striata color ruggine, i capelli lunghi e ricci, color biondo scuro, meticolosamente raccolti, i jeans a campana e le scarpe clark. Ecco, quel gentil-rockettaro, che con inaspettata maestria stava dolcemente solleticando le pelli dei tamburi con le sue spazzole, altri non era che il bizzarro protagonista di questa storia: il cosiddetto 'Drago di Shinjuku', noto ai più come Joe Schiaffi! Joe era un fallito, un musicista fallito. Uno di quelli dai quali non ti saresti mai aspettato nulla. Eppure, era lì. Stava suonando nel Jazz Club più importante del Giappone e si stava esibendo con alcuni dei più grandi musicisti nipponici di quel periodo. Sì, insomma, tanto stronzo non doveva poi esserlo, questo Joe. In realtà non era così scontato trovarlo impegnato in qualche session nei locali di Tokyo: Joe si esibiva di rado in pubblico, dato che gli interessava unicamente di suonare la musica di suo gradimento, quella nella quale si riconosceva e poco gli importava che questo equivalesse a suonare raramente e, spesso, in posti insulsi in cambio di una paga che il più delle volte nemmeno arrivava nelle sue tasche, a lui andava bene così e alla fine una piccola soddisfazione se l'era comunque levata: stava suonando nel tempio della musica jazz in Giappone, insieme a Kurenai e ai suoi musicisti, e non gli importava minimamente il fatto che fosse solo per quella sera, per una sostituzione: a lui andava bene così. Eppure a vederlo, non sembrava affatto un jazzista, anzi, sembrava piuttosto uno di quei rocker che negli anni settanta distruggevano le stanze degli alberghi e si calavano di tutto durante i concerti, dando vita ad esibizioni rimaste impresse nella storia. Un po' come alcuni concerti dei Led Zeppelin, insomma: a Joe, infatti, non sarebbe affatto dispiaciuto di morire soffocato nel suo stesso vomito, dopo un live grandioso. I Led Zeppelin... in effetti Jimmy Page3 e compagni ebbero tantissima influenza su Joe 3 Jimmy Page (1944) è uno dei più grandi chitarristi di sempre. Ha composto alcuni dei soli di chitarra più evocativi e memorabili in assoluto ed ha scritto alcuni dei brani più importanti della storia della musica. Ha iniziato come session man negli anni '60, in studi di registrazione, registrando le chitarre per tantissimi album, successivamente ha raggiunto la notorietà a livello mondiale con gli Yardbirds. Solo dopo, lasciati gli Yardbirds, formò i Led Zeppelin. 5 e fu proprio il batterista di Page, quel John Bonham4 sul quale tante leggende si raccontano tutt'ora, ad aver fatto avvicinare per la prima volta il ragazzo alla musica e forse era proprio per questo motivo che, inconsciamente, aveva sempre quel look così anni '70. L'incontro con Kurenai avvenne quasi per caso. Si videro per la prima volta in un piccolo negozio di dischi, nascosto in uno dei tanti vicoli di Shinjuku. Si trattava del Dixieland Record Store, il negozio nel quale Joe, quando poteva permetterselo, andava per ascoltare ed acquistare i suoi vinili. Un buco, il Dixieland. Arrivarci era un vero casino, ma dentro ci si poteva trovare di tutto: edizioni impossibili e alle volte anche dischi mai rilasciati ufficialmente. In fatto di Jazz era un vero e proprio punto di riferimento. Izumi-San, il proprietario, infatti, così come molti altri negozianti giapponesi, ogni anno si recava in Inghilterra per fare incetta di dischi rari, introvabili o mai distribuiti in oriente, nei piccoli negozi o nelle bancarelle in strada.