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5° Convegno Internazionale Di Micotossicologia

5° Convegno Internazionale Di Micotossicologia

PAGINE DI MICOLOGIA

5° Convegno Internazionale di Micotossicologia

Funghi e salute: problematiche cliniche, igienico-sanitarie, ecosistemiche, normative e ispettive, legate alla globalizzazione commerciale

Associazione Micologica Bresadola “Fondazione Centro Studi Micologici” Commissione Micotossicologia

In collaborazione con:

Centro Antiveleni di Milano Provincia di Milano

Con il Patrocinio di: Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - ISPRA Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare - MATTM

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PdM 37.pmd 1 14/01/17, 11.45 A.M.B. Centro Studi Micologici 5° Convegno Internazionale di Micotossicologia 3-4 dicembre 2012 Centro Congressi Provincia di Milano Via Corridoni, 16 - Milano

SEGRETERIA SCIENTIFICA L. Cocchi - Gruppo Franchi - AMB di Reggio Emilia E-mail: [email protected] C. Siniscalco - ISPRA/GMEM-AMB E-mail: [email protected]

SEGRETERIA ORGANIZZATIVA G. Visentin - Segretario AMB E-mail: [email protected] P. Follesa - Comitato scientifico AMB E-mail: [email protected] C. Converso - Provincia di Milano E-mail: [email protected]

COMMISSIONE MICOTOSSICOLOGIA CSM-AMB O. Tani - E-mail: [email protected] E. Borghi - E-mail: [email protected] E. Brunelli - E-mail:[email protected] L. Cocchi - E-mail: [email protected] P. Follesa - E-mail: [email protected] A. Granziero - E-mail: [email protected] K. Kob - E-mail: [email protected] C. Siniscalco - E-mail: [email protected] G. Visentin - E-mail: [email protected]

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PdM 37.pmd 2 14/01/17, 11.45 PAGINE DI MICOLOGIA 5° Convegno Internazionale di Micotossicologia

PROGRAMMA SCIENTIFICO

3 dicembre 2012 8.30 Registrazione dei partecipanti 9.00 Apertura dei lavori - saluto delle Autorità: N.U. MAERNA (Vicepresidente della Provincia di Milano); M. LARGHI (Regione Lombardia); F. D AVANZO (CAV Milano); C. PAPETTI (Direttore Centro Studi Micologici dell’A.M.B.). 1a Sessione - Temi di tossicologia clinica Chairmen: F. DAVANZO, C. PAPETTI Comitato scientifico di Sessione: F. ASSISI, A. GRANZIERO, C. PAPETTI 9.40 Rapporto di collaborazione tra tossicologo, micologo e laboratorista nella diagnosi di intossicazione da funghi (P. M ORO, Milano) 10.00 Il dosaggio dell’amanitina urinaria: luci e ombre per il laboratorio (A. MASARIN, Milano) 10.20 Il dosaggio dell’amanitina urinaria: luci e ombre per il clinico (F. A SSISI, Milano) 10.40 Intossicazioni da funghi: dati dell’ASL di Milano e problematiche micologiche (G. GENTILI & M. VERZOLLA, Milano) 11.00-11.20 Pausa caffè 11.20 Il fegato e l’intossicazione da amatossine (M. LANGER, Milano) 11.40 Nefrite interstiziale acuta reversibile provocata da ingestione di boudieri - caso clinico e analisi tossicologica (P. C ARRILHO, Setubal - Portogallo & M. KIRCHMAIR, Innsbruck - Austria) 12.00 Biosintesi di tossine ciclopeptidiche di funghi mortali del Genere Amanita (J.D. WALTON, East Lansing - USA) 12.20 Applicazione di metodi di biologia molecolare per la ricerca di a-amanitina in macromi- ceti del Genere Amanita (C. MATINATO & S. EPIS, Milano) 12.40 Discussione e attività ECM 9.00-13.00 Sessione Poster - Temi di Tossicologia clinica 13.00-14.20 Pausa pranzo 2a Sessione - Micotossicologia: nuove prospettive Chairmen: L. COCCHI, O. PETRINI Comitato scientifico di sessione: L. COCCHI, G. CONSIGLIO, O. PETRINI

14.20 Micoterapia tra fantasia e realtà: problemi e opportunità (O. PETRINI, Bellinzona - Svizze- ra) 14.40 Micoterapia: le procedure per la sperimentazione clinica (G. CALAPAI, Messina) 15.00 I funghi come bioindicatori della presenza di sostanze xenobiotiche in ambiente (C. SINISCALCO, Roma; L. COCCHI, Reggio Emilia; C. JACOMINI, Roma & A. BENEDETTI, Roma) 15.20 Funghi e biorisanamento: un’esperienza in campo (M. GIRLANDA, Torino) 15.40 Speciografia dei funghi considerati nella 1a e 2a Sessione e considerazioni sulle specie aliene - Prima Parte (G. CONSIGLIO, Bologna) 16.00-16.20 Pausa caffè 16.20 Speciografia dei funghi considerati nella 1a e 2a Sessione e considerazioni sulle specie aliene - Secon-da Parte (G. CONSIGLIO, Bologna) 16,40-17,40 Relazioni libere della 1a Sessione

Neurotossicità da macromiceti dichiarati commestibili F. ASSISI Gli Ispettorati Micologici nella Regione Veneto P. DI PIAZZA Prima esperienza di consulenza micologica ospedaliera in ambito di vasta area nella provincia di Pesaro Urbino M. FALASCONI

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Intossicazioni fungine: nuove o recenti sindromi segnalate dalla letteratura interna- zionale P. F RANCHINA Il mistero dell’Amanita ovoidea C. PERINI La formazione: strumento utile per la riduzione del rischio da intossicazione da funghi R. RIZZI Nuove segnalazioni di amoenolens (, ) per l’Italia e note sulla sua distribuzione A. VIZZINI 17,50-18,20 Relazioni libere della 2a Sessione Epidemiologia ed utilizzo dei funghi epigei con proprietà medicinali in campo oncologico: ruolo e funzioni degli Ispettorati Micologici M. BAGNATO Utilizzo di Pleurotus ostreatus nella degradazione di sostanze xenobiotiche E. GALLI I principi attivi nei funghi medicinali M. LORENZI 18.20-19.00 Discussione e attività ECM 14.20-19.00 Sessione Poster - Micotossicologia: nuove prospettive Chiusura dei lavori della prima giornata

4 dicembre 2012 8.30 Registrazione dei partecipanti 3a Sessione - Funghi e alimentazione umana Chairmen: S. BORRELLO, C. SINISCALCO Comitato scientifico di Sessione: C. PAPETTI, C. SINISCALCO, O. TANI 9.00 Sicurezza alimentare dei funghi nell’ambito del commercio, della trasformazione e del consumo (S. BORRELLO, Roma) 9.20 Le larve dei ditteri micetofilidi sono un pericolo e un rischio per la salute dei consu- matori? (A.M. FERRINI, Roma; B. BIANCA, Roma; G. DI FELICE, Roma; R. BIANCHI, Roma; C. KHOURY, Roma; V. MANNONI, Roma & P. AURELI, Roma) 9.40 Gli Artropodi fungicoli: presenza, frequenza e im-patto nei funghi spontanei freschi, sec- chi e conservati destinati all’alimentazione umana (L. SÜSS, Milano & N. SITTA, Bologna) 10.00 Scenario epidemiologico delle patologie potenzial-mente correlate alle micotossine 10.20-10.40 Pausa caffè 10.40 Molecole bioattive nei funghi in rapporto a fattori ambientali e condizioni di conser- vazione (M.E. GUERZONI, Bologna) 11.00 La conservazione dei funghi: problemi igienico-sanitari (botulino e contaminazione batteriologica) (P. D AMINELLI, Brescia) 11.20 La presenza di nicotina nei funghi. Una rapida determinazione mediante il metodo QuEChERS con LC/MS/MS (A. SANTILIO, Roma) 11.40-12.30 Relazioni libere della 3a Sessione

La contaminazione da nicotina nei funghi spontanei P. DAVOLI 12.30-13.00 Discussione e attività ECM 9.00-13.00 Sessione Poster - Funghi e Alimentazione umana 13,00-14,20 Pausa pranzo 4a Sessione - Controlli e legislazione correlata Chairmen: D. MONTELEONE, O. TANI Comitato scientifico di Sessione: E. BORGHI, K. KOB, D. MONTELEONE 14.20 Protocollo Operativo C.F.S. inerente la vigilanza nel settore della disciplina della raccolta

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e commer-cializzazione dei funghi epigei ed ipogei nella Regio-ne Campania (N. OTTAVIANO, Avellino & G. TREZZA, Avellino) 14.40 Controlli ufficiali in frontiera sugli alimenti di origine non animale(D. MONTELEONE, Roma) 15.00 Problematiche scaturite nella verifica delle fasi di produzione, commercializzazione e vendita dei funghi (Rappresentante NAS Carabinieri, Roma) 15.20 Controlli effettuati lungo la rete viaria nazionale sui prodotti alimentari trasportati su mezzi gommati (Rappresentante Polizia Stradale, Roma) 15.40-16.10 Relazioni libere della 4a Sessione 16.10-16.30 Pausa caffè 16.30 Tavola rotonda: Metodiche da seguire per ricavare dati e reports maggiormente attendi- bili e completi, che permettano di ottenere valutazioni più attente sulle intossicazioni da funghi, attraverso procedure anche diverse tra loro. Introduzione e Presidenza di un Rappresentante della Direzione Generale della Pre- venzione Sani-taria del Ministero della Salute, coadiuvato da P. Follesa. 17.30-18.00 Discussione e attività ECM 14.20-18.00 Sessione Poster - Controlli e Legislazione correlata 18.00 Verifica apprendimento (ECM) Chiusura dei lavori

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PdM 37.pmd 5 14/01/17, 11.45 A.M.B. Centro Studi Micologici 5° Convegno Internazionale di Micotossicologia Di seguito sono riportati i nominativi dei Relatori, Tutor e Chairmen con la relativa qualifica e l’ente di appartenenza.

F. Assisi - Medico Tossicologo, Dirigente Medico di 1° Livello - Centro Antiveleni Ospedale Niguarda Cà Granda, Milano; P. Aureli - già Direttore Laboratorio Alimenti - Istituto Superiore di Sanità, Roma; P. Belgi - Capitano, Comandante NAS Carabinieri, Milano; A. Benedetti - Direttore della Sezione di Nutrizione Azotata e Microbiologia del Terreno presso l’Istituto Sperimentale per la Nutrizione delle Piante di Roma (CRA) - Presidente della IV Commissione “Fertilità del suolo e Nutrizione delle Piante” della Società Italiana di Scienza del Suolo; E. Borghi - Direttore Laboratorio Analytical, Borgo Taro (Parma); S. Borrello - Direttore Laboratorio Alimenti - Istituto Superiore di Sanità, Roma; C. Brera - Direttore Sez. OGM e Micotossine - Dipartimento Sanità Pubblica Veterinaria e Sicu- rezza Alimentare - Istituto Superiore di Sanità - Roma; G. Calapai - Professore Associato Università di Messina - Dipartimento Clinico Sperimentale di Medicina e Farmacologia Azienda Ospedaliera Universitaria di Messina. Membro del “Committee on Herbal Medicinal Products (HMPC)” e della Società Italiana di Tossicologia; C. Converso - Assessorato alla Sanità della Provincia di Milano; L. Cocchi - Responsabile Scientifico Commissione Micotossicologia del Centro Studi Micologi- ci dell’AMB; P. Carrilho - Ricercatore Medico - Ospedale di Setubal, Portogallo; G. Consiglio - Direttore di Rivista di Micologia dell’Associazione Micologica Bresadola, Trento; P. Daminelli - Biologo - Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna “Bruno Ubertini”, Brescia; F. Davanzo - Medico, Dirigente Centro Antiveleni Ospedale Niguarda Cà Granda, Milano; S. Epis - Ricercatrice Dipartimento di Medicina Veterinaria - Università degli Studi di Milano; P. Follesa - già Ispettore Micologo - Dipartimento di Prevenzione S.S. Igiene Alimenti e Nutrizio- ne - ASL Milano; M. Girlanda - Ricercatrice Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi - Università di Torino; A. Granziero - Ispettore Micologico AUSSL 13, Dolo; M.E. Guerzoni - Professore Alma Mater Microbiologia Agraria - Dipartimento di Scienze e Tec- nologie Agroalimentari - Università di Bologna; M. Kirchmair - Micologo, Institute of Microbiology - Leopold-Franzens University Innsbruck, Au- stria; M. Langer - Direttore Dipartimento di Anestesia, Rianimazione e Terapia del Dolore e Cure Palliative - Istituto Nazionale Tumori, Milano; M. Larghi - Regione Lombardia; N.U. Maerna - Vicepresidente della Provincia di Milano; D. Monteleone - Dipartimento per la Sanità Pubblica Veterinaria, la Nutrizione e la Sicurezza degli Alimenti - Ministero della Salute, Roma; P.A. Moro - Medico Tossicologo, Dirigente Medico di 1° Livello - Centro Antiveleni Ospedale Niguarda Cà Granda, Milano; A. Masarin - Dirigente Biologo, Responsabile Settore Tossicologia Laboratorio Analisi Chimico Cliniche - Ospedale Niguarda Cà Granda, Milano; C. Matinato - Dirigente Biologo - UOC Laboratorio Centrale di Analisi, Fondazione IRCCS Ca’ Granda - Ospedale Maggiore Policlinico, Milano; N. Ottaviano - Assistente c/o Comando Provinciale del Corpo Forestale dello Stato, Avellino; C. Papetti - Direttore Centro Studi Micologici dell’AMB, Brescia; O. Petrini - Direttore Istituto di Microbiologia - Bellinzona, Svizzera; A. Santilio - Ricercatrice presso il Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria - Reparto Antiparassitari - Istituto Superiore di Sanità, Roma;

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PdM 37.pmd 6 14/01/17, 11.45 PAGINE DI MICOLOGIA

C. Siniscalco - Ricercatore - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) Dipartimento Difesa della Natura - Responsabile del “Progetto Speciale Funghi”, Roma; N. Sitta - Ispettore Micologo Libero professionista, Bologna; L. Süss - Ordinario di Entomologia Agraria e Professore incaricato di Entomologia urbana - Dipartimento di Protezione dei Sistemi agroalimentare e urbano e Valorizzazione delle Bio- diversità (DiPSA) - Università degli Studi di Milano; O. Tani - Presidente Commissione di Micotossicologia del Centro Studi Micologici dell’AMB; G. Trezza - Assistente c/o Comando Provinciale del Corpo Forestale dello Stato, Avellino; M. Verzolla - Ispettore Micologo - Dipartimento di Prevenzione S.S. Igiene Alimenti e Nutrizione - ASL Milano; L. Villa - Presidente dell’Associazione Micologica Bresadola, Trento; G. Visentin - Segretario Nazionale dell’Associazione Micologica Bresadola, Trento; J.D. Walton - Michigan State University - Plant Biology Laboratories - MSU/DOE Plant Research Laboratory - East Lansing, USA.

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PdM 37.pmd 7 14/01/17, 11.45 A.M.B. Centro Studi Micologici 5° Convegno Internazionale di Micotossicologia ELENCO DEI PARTECIPANTI Albanese Antonio Giffone (RC) Filippone Silvana Castellanza (VA) Aliardi Giuseppe Montabone (AT) Fior Daniele Ovaro (UD) Aloise Franco Arcore (MB) Fracalossi Luciano Bolzano Altavilla Giovanni San Marzano di S.G. (TA) Franchina Pietro Verona Altobelli Elisa San Genesio ed Uniti (PV) Galli Emanuela Roma Ambrosio Elia Monteriggioni (SI) Galli Filippo Borgo Val di Taro (PR) Andreuzzi Liubi Trieste Gazziero Adriano Caprino Veronese (VR) Antonelli Carlo Pescara Gelsomini Gianfranco Acquapendente (VT) Arcangeli Andrea Perugia Giana Gianni Tavernerio (CO) Attili Giacomo Coppito (AQ) Ginanneschi Leonardo Grosseto Balestreri Stefano Desio (MB) Gioffi Dimitri Ornavasso (VB) Balma Marino Forno Canavese (TO) Golzio Francesco Front (TO) Bergamini Walter Amaro (UD) Iori Alessandro Palestrina (RM) Bermani Giuseppe Novara Jerzynska G. Polonia Berna Claudio Alvito (FR) Kojta A. Polonia Bianchi Giuseppe Urbania (PU) Landi Olga Rotondi (AV) Bigoni Pierino Villa D’ogna (BG) Leonardi Pamela Cusanomutri (BN) Bisulli Giorgio Cesena (FC) Lorenzi Mauro Pergine Valsugana (TN) Buda Andrea Siracusa Lucioli Luana Roma Callegari Luca Vimodrone (MI) Malva Silvano Benevento Canargiu Mauro San Gavino Monreale (VS) Manavella Mauro Bagnolo Piemonte (CN) Cantori Silvio Novafeltria (PN) Marangon Ermanno Porto Viro (RO) Castagnini Paolo Bovolone (VR) Margutti Sergio Trezzo d’Adda (MI) Civita Carmela Clusone (BG) Marini Anna Maria Monticello Conte Otto (VI) Cocciante Benedetto Rocca di Mezzo (AQ) Martelli Lisa Siena Colucci Ennio Milano Mattioli Giovanni Ancona Convertini Giuseppe San Giuliano Milanese (MI) Mattucilli Massimiliano Roma Coppola Rocco Asti Mauri Fausto Seregno (MB) Corradini Silvia Tirano (SO) Maziero Rosana Segrate (MI) De Faveri Gino Mario Venezia Mazza Riccardo Milano De Lucia Leonardo Mortegliano (UD) Mazzarolo Giulio Crocetta del Montello (TV) De Paulis Micaela Bologna Menegazzo Riccardo Camponogara (VE) Deiana Ernesto San Gavino Monreale (VS) Milanesi Italo Paderno d’Adda (LC) Dell’Università Antonio Aprilia (LT) Montanari Romano Recanati (MC) Di Garbo Francesco Castelbuono (PA) Monti Antonio Misinto (MB) Di Pasquale Simona Roma Mosca Guido Roseto degli Abruzzi (TE) Di Piazza Paolo Padova Pagliai Elisabetta Arezzo Di Pompeo Marina L’Aquila Panata Marisa Montiglio M.to (AT) Di Vittorio Giuseppe Ruvo di Puglia (BA) Pasini Monica Patrizia Garlasco (PV) Drewnowska M. Polonia Passaro Paola Malnate (VA) Dryzaowska A. Polonia Patanè Franco Pescara Elizalde Fernande Josè Maria Pamplona (E) Pennisi Leonardo San Marco in Lamis (FG) Fabrizi Gianfranco Roma Piazzi Elisa Predazzo (TN) Falandysz Jerzy Polonia Pietribiasi Massimo Zanè (VI) Falasconi Marta Urbania (PU) Pietrobon Silvano Crespano del Grappa (TV)

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Ponzi Enrico Parma Savino Elena Pavia Presi Maria Silvia Porretta Terme (BO) Scarpa Antonio Treviso Priolo Gabriella Pinerolo (TO) Schiantarelli Camillo Mortara (PV) Quarti Alessandro Cogliate (MB) Schifone Cosimo Torricella (TA) Restocchi Stefano Casalpusterlengo (LO) Simeoni Giovanni Cave (RM) Righetto Norberto Valdagno (VI) Spinelli Caterina Bari Rinaldi Luigi Borgo Val di Taro (PR) Uboldi Daniele Compiano (PR) Riva Lodovico Angelo Varese Valcanover Franca Pergine Valsugana (TN) Rizzi Roberto Taranto Vecchio Sarah Pavia Rosati Luigi Roma Visalli Vincenzo Messina Rossi Flavio Dalmine (BG) Vivarelli Stefano Villasanta (MB) Rota Roberta Alessandria Vizzini Alfredo Bussoleno (TO) Sandri Giovanni Verona Zuccato Massimo Torrebelvicino (VI)

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PdM 37.pmd 9 14/01/17, 11.45 A.M.B. Centro Studi Micologici

Il Genere Crepidotus in Europa di GIOVANNI CONSIGLIO e LEDO SETTI con la collaborazione di ALFREDO VIZZINI, ANTONIO ORTEGA e GIOVANNI ROBICH 344 pagine (lingua italiana con traduzione in inglese di Edmondo Grilli) - Premessa storica - Caratteri macro- e microscopici del Genere - Moderno inquadramento sistematico del Genere (a cura di Alfredo Vizzini) - Chiave sistematica delle specie - Ecologia (a cura di Alfredo Vizzini) - Bibliografia generale - Descrizioni macro- e micro- scopiche delle specie corredate da numerose fotografie a colori in habitat e da micrografie a colori dei caratteri microscopici - Tavole sinottiche al tratto dei caratteri microscopici (a cura di Giovanni Robich) - Analisi sporologica mediante il microscopio elettronico a scansione (a cura di Antonio Ortega). Prezzi di cessione Soci A.M.B. Italia 50 ¤ + spese di spedizione Non Soci Italia 65 ¤ + spese di spedizione 344 pages (in Italian with translation into English by Edmondo Grilli) - Historical introduction. Macro- and microscopical characters of the genus - Modern systematic arrangement of the genus (by Alfredo Vizzini) - Systematic key to the species - Ecology (by Alfredo Vizzini) - General bibliography. Macro- and microscopical descriptions of the species illustrated by numerous colour photographs in habitat as well as colour micrographs - Synoptic line drawing tables of microanatomical features (by Giovanni Robich) - Spore analysis by the scanning electron microscope (by Antonio Ortega). Prices of the book (in foreign countries) A.M.B. members 50 ¤ + 25 ¤ for mailing charges Non-A.M.B. members 65 ¤ + 25 ¤ for mailing charges The payments have to be made exclusively by international money orders made payable to the “Associazione Micologica Bresadola, via A. Volta, 46 - 38123 Trento”.

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PdM 37.pmd 10 14/01/17, 11.45 PAGINE DI MICOLOGIA 5° Convegno Internazionale di Micotossicologia Apertura dei lavori

L’importanza di una corretta cultura micologica È con soddisfazione ed orgoglio che la Provincia di Milano ha ospitato e promosso, in col- laborazione con l’Associazione Micologica Bresadola, la Fondazione Centro Studi Micologici e il Centro Antiveleni Niguarda Cà Granda, il 5° Convegno Internazionale di Micotossicologia sul tema Funghi e Salute. È importante e significativo che le Istituzioni apprezzino e sostengano l’impegno profuso dal mondo medico e scientifico volto a diffondere informazioni serie ed autorevoli ma nel contempo anche chiare e di facile comprensione. Medici ed esperti micologi provenienti da diverse nazioni hanno portato il loro contributo a favore della ricerca scientifica in ambito micotossicologico e collaborato ad accrescere l’attivi- tà d’informazione e prevenzione dai potenziali rischi arrecati alla popolazione dai funghi tossi- ci. Una corretta cultura micologica rappresenta infatti il presupposto per una maggiore sicu- rezza del cittadino e del consumatore, sia nel caso in cui i funghi vengano acquistati dal circui- to commerciale che raccolti dal consumatore finale. La minaccia alla salute non viene solo dai funghi velenosi ma anche da funghi commestibi- li raccolti in luoghi non idonei, cucinati o conservati male. Analogamente possiamo rilevare quanto i funghi siano importanti sia per la salute dell’ambiente in cui viviamo sia per la sua conservazione. La Provincia di Milano e l’attuale Amministrazione promuovono da anni, assieme alle As- sociazioni che operano sul territorio, numerose iniziative svolte grazie ad una preziosa sinergia che ha consentito di accrescere notevolmente la percezione dell’importanza di conoscere le diverse specie fungine al fine di prevenire i numerosi casi di intossicazione che colpiscono la popolazione disinformata. Una corretta cultura micologica significa anche tutela e rispetto del paesaggio agricolo e naturale che caratterizza fortemente il territorio lombardo; cultura che diviene anche comple- mento determinante per la formazione di ogni cittadino appartenente alla nostra comunità. Novo Umberto Maerna Vice Presidente e Assessore alla Cultura della Provincia di Milano

The importance of a correct information on fungi and their properties The Milano Province Administration is very proud and honoured to have hosted on its premises the 5th International Congress of Mycotoxicology, having Fungi and Health as the main theme, organised in collaboration with the Associazione Micologica Bresadola, the Fon- dazione Centro Studi Micologici and the Centro Antiveleni Niguarda Cà Granda. We believe it is crucial and very important that the state institutions support and foster the efforts by medical and scientific researchers aiming at providing the public with serious and reliable, yet clear and understandable information. During this congress, physicians and mycologists from all over the world have given an important contribution to mycotoxicology research, thus increasing the scientific knowledge and information on the potential risks that toxic fungi may represent for the population and contributing to the prevention of poisoning. A correct scientific information on and their properties is crucial to protect consumers, be it when collecting or when buying and eventually consuming mushrooms. Health hazards are not linked only to toxic fungi: edible mushrooms may also cause health problems if they are collected in contaminated sites, are not properly conserved or cooked inadequately. Fungi, on the other hand, are extremely important also for the ecosystem and its conservation. The Milano Province Administration, in a synergic collaboration with local associations, is

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fostering since several years projects aiming at increasing the knowledge of mushroom taxono- my and ecology, in an effort to prevent through a targeted information of the population. A good knowledge of mycological issues is of paramount importance, however, also to protect and conserve the natural and agricultural environment that is so characteristic of the Lombardy; this knowledge should be a part of the general culture that is due to our population. Novo Umberto Maerna Vice-president and Culture assessor Provincia di Milano

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PdM 37.pmd 12 14/01/17, 11.45 PAGINE DI MICOLOGIA Il CAV di Milano e le intossicazioni da funghi

1 1 1 1 1 1 1 1 ASSISI F., DAVANZO F., BISSOLI M., BORGHINI R., DELLA PUPPA T., DIMASI V., FERRUZZI M., GEORGATOS 1 1 2 1 1 1 J., REBUTTI I., TRAVAGLIA A., SEVERGNINI P., SESANA F. , MILANESI G., MORO P.A. 1Centro Antiveleni di Milano; 2Univ. Degli studi dell’Insubria- Dip.Scienza e Alta Tecnologia

The Poison Control Centre (PCC) of Milan and mushrooms intoxication 1 1 1 1 1 1 1 1 ASSISI F., DAVANZO F., BISSOLI M., BORGHINI R., DELLA PUPPA T., DIMASI V., FERRUZZI M., GEORGATOS 1 1 2 1 1 1 J., REBUTTI I., TRAVAGLIA A., SEVERGNINI P., SESANA F. , MILANESI G., MORO P.A. 1Poison Control Centre Milan; 2Department of Science and High Technology, University of Insubria RIASSUNTO Dal 2000 al 2011 al Centro Antiveleni di Milano sono pervenute 9.429 richieste di consulen- za per intossicazione da funghi, 7.772 sono stati casi clinici, spesso, la singola consulenza sottendeva la presenza di più commensali, non conteggiati. In 2.048 casi i pazienti hanno presentato manifestazioni cliniche gastrointestinali con una latenza superiore alle 6 ore dall’ingestione (vomito, diarrea e grave disidratazione), il che ha fatto sospettare un’intossicazione da funghi contenenti amatossine. Questi pazienti sono stati trattati con l’attuale protocollo che prevede: decontaminazione (gastrolusi, carbone ripetuto) e diuresi forzata, fino all’accertamento della diagnosi. 4.794 richieste di consulenza si riferivano a brevi latenze (<6 ore), in questi casi c’è stata la dimissione dopo circa 2 giorni di ricovero ospedaliero. Dal 2000 al 2011, la diagnosi certa d’intossicazioni da amatossine, o per riconoscimento micologico e/o amanitina urinaria positiva, o per comparsa di epatite, è stata posta in 356 pazienti: 26 sono deceduti; 11 sono stati trapiantati (di questi, 3 sono deceduti e conteggiati nei decessi). ABSTRACT From 2000 to 2011, the Poison Control Centre (PCC) of Milan, received 9.429 calls for patients affected by mushroom intoxication: 2.048 of them complained of gastrointestinal clinical symptoms with a latent period of 6 or more hours post ingestion, which led to suspect intoxication with mushrooms containing . This patients were treated using the current protocol that includes: decontamination (gastric lavage, repeated doses of charcoal) and forced diuresis. In this group, 26 deaths were recorded, 11 patients received a liver transplant; the other patients were discharged on average 7 days after hospitalisation, their hepatic functionality recovered. 4.794 of them complained of gastrointestinal clinical symptoms with a latent period of < 6 hours post ingestion, this patients were discharged on average 2 days after hospitalisation. From 2006 to 2011, the confirmed diagnosis of amatoxins poisoning, due to mycological identification and/or amanitin urinary positive test or appearance of hepatitis, was placed in 219 patients: 26 died; 11 had a liver transplant, anyhow 3 of these deceased.

Al CAV di Milano, ogni anno nella stagione autunnale, pervengono circa 1.000 richieste di consulenze telefoniche, riguardanti intossicazioni da funghi che coinvolgono più commensali, questo dato non rispecchia la reale entità del problema, che resta per la maggior parte som- mersa. Dal 2000 al 2011 al Centro Antiveleni di Milano sono pervenute 9.429 richieste di consulen- za per intossicazione da funghi, 7.772 sono stati casi clinici, spesso, la singola consulenza sottendeva la presenza di più commensali, non conteggiati. Tutti hanno presentato sintomatologia gastroenterica tale da richiedere l’intervento di un sanitario (Tab. 1). Le manifestazioni cliniche, associate all’ingestione di funghi velenosi o non commestibili, sono varie e in rapporto con la specie fungina implicata; anche l’ingestione di funghi conside- rati eduli (Chiodino, Porcino, ecc.), di solito consumati crudi o in quantità elevate, può determi- nare gastroenteriti che richiedono l’intervento medico. Lo schema del periodo di latenza dei sintomi, in caso d’ingestione di funghi non controllati,

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PdM 37.pmd 13 14/01/17, 11.45 A.M.B. Centro Studi Micologici

Tab. 1- Casistica CAV di Milano (2000- 2011) e specie fungine riconosciute responsabili di intossicazioni fungine Statistica Centro Antiveleni di Milano

INTOSSICAZIONI FUNGINE 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

TOTALE 768 695 1053 585 884 1072 866 643 709 835 843 477 9.429 CHIAMATE

Casi clinici 684 609 865 495 750 853 710 504 591 697 646 364 7.772

Lunghe latenze 235 168 257 113 205 233 204 145 116 172 138 64 2.048

Brevi latenze 370 366 508 304 487 534 444 288 376 465 403 249 4.794

Altro (*) 79 77 100 78 58 86 62 71 99 60 109 51 930 Informazioni 84 86 188 90 134 219 156 139 118 137 192 113 1.657 richiami

AGENTI n° pazienti coinvolti

A. muscaria/ Funghi allucinogeni 772414341642063

A. pantherina 201054168145046

A. phalloides/ 14 22 18 27 17 28 36 14 45 82 15 356 38 amatossine C. nebularis 11 5 3 2 0 0 0 4 3 3 3 034

Inocybe spp. 3 5 4 3 6 26 7 41 19 68 23 2 207

Cortinarius spp. 00002047751?026

E. sinuatum 14 3 10 1 1 4 6 2 6 12 4 366

Chiodini 23 3 36 11 16 26 12 51 60 27 21 15 323

Porcini 36 49 54 12 24 41 40 34 28 51 30 35 434

O. olearius 10 4 7 0 0 11 0 12 24 17 15 13 113 Funghi controllati NN NN NN 99 125 93 112 98 78 89 88 62 844 (NN) Funghi non NN NN NN 275 540 637 459 310 345 468 378 231 3.643 controllati Funghi non NN NN NN 71 49 30 24 28 26 18 41 24 311 noti EVOLUZIONE

Decessi 22312143116026 Insufficienza 00002047751026 renale grave

Trapianti 20301 020021011

(*) In questa casella sono inseriti pazienti con sintomi aspecifici (ponfi, eritema, ecc.) o da altre patologie

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può aiutare a inquadrare il problema, si presume che una latenza da 30 minuti a 6 ore dall’ingestione non comporti danni d’organo di particolare gravità; una latenza maggiore alle 6 ore è da considerare potenzialmente pericolosa e può determinare un’alta incidenza di mor- talità. La contemporanea ingestione di specie fungine diverse, comporta la presenza di manife- stazioni cliniche miste e una breve latenza può mascherarne una più lunga. In 2.048 casi i pazienti hanno presentato manifestazioni cliniche gastrointestinali con una latenza superiore alle 6 ore dall’ingestione (vomito, diarrea e grave disidratazione), il che ha fatto sospettare un’intossicazione da funghi contenenti amatossine, questi pazienti sono stati trattati con l’attuale protocollo che prevede: decontaminazione (gastrolusi, carbone ripetuto) e diuresi forzata, fino all’accertamento della diagnosi. La diagnosi certa d’intossicazioni da amatossine, o per riconoscimento micologico e/o ama- nitina urinaria positiva, o per quadro clinico sviluppato, sono stati 356, i decessi registrati in questo gruppo sono stati 26 (7%); sono stati eseguiti 11 trapianti (però 3 pazienti sono decedu- ti), questi erano pazienti anziani e/o trattati tardivamente, mentre tutti gli altri sono stati dimes- si dopo, circa 7 giorni dall’ingresso in ospedale (Ta. 1). 4.794 richieste di consulenza si riferiva- no a brevi latenze (<6 ore), in questi casi c’è stata la dimissione dopo circa 2 giorni di ricovero ospedaliero. La dicitura altro si riferisce a 930 casi clinici, in cui la sintomatologia, comparsa dopo l’ingestione di funghi, era attribuibile ad altri fattori (intolleranze alimentari, tossinfezioni o botulino), oppure a ingestione accidentale da parte dei bambini, senza conseguenze cliniche. Purtroppo, non sempre la rilevazione delle specie fungine coinvolte è documentata e/o documentabile (spesso non è disponibile un micologo per la valutazione dei campioni biologici e dei residui freschi di funghi). In uno studio del CAV di Milano nel 2006 è stato possibile determinare con esattezza la specie coinvolta nelle intossicazioni, ma l’esame micologico è stato eseguito solo nel 35,5% dei casi. Dalla statistica del Centro Antiveleni di Milano, s’intuisce quanto importante sia il proble- ma delle intossicazioni fungine, resta ancora un potenziale rischio, soprattutto per le persone anziane e i bambini, anche se negli ultimi anni la percentuale di decessi è scesa da 15 al 7%. È di fondamentale importanza che il clinico riconosca con tempestività i diversi quadri sintomatici (ancor prima del riconoscimento micologico e degli esiti degli esami bio-umorali): la tempestività del trattamento è il reale “salvavita” in caso di intossicazioni da amatossine. Per questo motivo, è necessario sensibilizzare i medici sulla problematica in tal modo sarà possibile una corretta diagnosi e una tempestiva impostazione terapeutica, oltre alla maggior presenza, sul territorio nazionale, di micologi esperti che possano coadiuvare l’intervento me- dico. A questo scopo, il CAV di Milano, in collaborazione di diversi enti istituzionali (Ministero della Salute, Regione Lombardia, ecc.) ha promosso una campagna d’informazione con la pubblicazione di locandine e opuscoli da distribuire su tutto il territorio nazionale, anche al cittadino nella speranza che si evitino i rischi per la salute determinati dall’ingestione di funghi non controllati. La difficile quantificazione dell’entità del problema rende ardua ogni statistica epidemiologica, infatti i casi segnalati al Centro Antiveleni di Milano, sono solo una minima parte dei casi reali, per cui è auspicabile una rilevazione epidemiologica più capillare.

BIBLIOGRAFIA ASSISI F, D ELLA PUPPA T, D AVANZO F, C ERNUSCHI A, CHIESA G, MOROSINI C M, BESTETTI F, M ORO P: Le intossicazioni da funghi in Italia: problematiche diagnostiche e terapeutiche. Atti del 4° Convegno Internazionale di Micotossicologia- Trento. Pagine di Micologia 2009; 32: 9-20. F. A SSISI, P. MORO, F. DAVANZO ET AL.: intossicazioni da funghi: Epidemiologia del CENTRO ANTIVELENI di Milano. Atti convegno Sitox - Taormina 2012. CAV The 5th International Congress of Mycotoxicology, which took place in Milan, has been an

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important meeting that has brought together different but complementary disciplines having the task to prevent and take care of mushroom poisoning issues. A number of different themes have been discussed, ranging from to new diagnostic tools for amanitin detection in biological fluids using new molecular biology and biochemistry tools. The description of all intervention phases in the case of amanita poisoning has allowed better understanding all the efforts made by physicians and needed to save the liver from the action by the . A good collaboration among ER physicians, toxicologists, mycologists and lab technicians is needed for a correct diagnosis and therapy of amanita poisoning. The congress has allowed participants to judge how far this collaboration has arrived; undoubtedly much has been achieved in this direction, but there is still much to be done in some instances; in this respect, the discussion has clearly shown the need of national guidelines. The meeting has also discussed other important topics such as mycotherapy, environmental and bioremediation, all issues tightly connecting fungi and man. Food safety is a particularly important issue with mushrooms, be it with regard to their conservation or their consumption, and rules are needed to comply with the most stringent Eu- ropean standards. The congress has shown the importance of a concerted activity of all regional and national Italian Surveillance Institutions, including the NAS of the carabinieri; the discussion has also shown the success of some pilot work carried out by the CFS of the Regione Campania on the collection and commercialisation of mushrooms. While all these aspects should be considered obvious and known, this meeting has once again underlined the importance of preventive, coordinated actions by all regional and national operative units aiming to improve public information, in the hope that the larger and the more capillary the information, the lesser will be the health hazards. Dr. Franca Davanzo Direttore S.C. Centro Antiveleni DIPARTIMENTO EMERGENZA URGENZA - E.A.S. Azienda Ospedaliera Ospedale Niguarda Ca’ Granda

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PdM 37.pmd 16 14/01/17, 11.45 PAGINE DI MICOLOGIA A.M.B. e Centro Studi Micologici

Il 5° Convegno Internazionale di Micotossicologia (5CIMT) è stato organizzato dalla Com- missione di Micotossicologia del Centro Studi Micologici dell’Associazione Micologica Bresa- dola (CSM-AMB). Come per i precedenti CIMT la “Commissione di Micotossicologia”, per l’organizzazione, si è avvalsa della collaborazione delle principali “Istituzioni” ed “Enti” del nostro Paese reiterando quella sinergica unione consolidata nei decenni pregressi tra le attività scientifico-divulgative di un’associazione di volontariato riconosciuta come “Associazione di Promozione Sociale” e la “Pubblica Amministrazione”. La calendarizzazione del 5CIMT è coincisa, in Italia, con la fine di un periodo autunnale contrassegnato da una serie impressionante di gravissime intossicazioni da funghi, in partico- lare legate al consumo alimentare del fungo (Vaill. ex Fr.) Link, che ha pro- vocato sia numerose morti tra gli sprovveduti commensali, sia il ricorso a pesanti terapie medi- che, tra cui il trapianto urgente di fegato, nei soggetti ancora trattabili. L’epidemiologia emersa nell’autunno 2012 in Italia è un problema rilevante e globale diffi- cilmente quantificabile sia in termini di numeri reali di pazienti intossicati sia in termini di gravità dell’intossicazione stessa mettendo in risalto solo le evoluzioni infauste con decessi e trapianti d’organi determinati dall’ingestione di funghi non controllati. Dal 5CIMT è emerso che in questo campo è necessario rivedere e modificare immediata- mente sia le normative quadro in materia di commercializzazione dei funghi epigei freschi e conservati, sia il DM 686/96 che fissa i criteri e le modalità per il rilascio dell’attestato di mico- logo, al fine di allinearle alle recenti normative europee e favorire una formazione maggiore, più completa e qualificante agli “Ispettori Micologi”. Si è ritenuto necessario infine favorire una maggiore informazione sul tema della prevenzione da intossicazione da funghi attraverso la realizzazione di progetti che coinvolgano i Ministeri della Salute e dell’Ambiente, le Regioni, i Centri Antiveleni, gli Istituti Zooprofilattici, l’ISPRA, l’ISS, le Agenzie Regionali Ambientali, le ASL, le Università e le Associazioni micologiche maggiormente organizzate e rappresentate, presenti sul territorio nazionale, come ad esempio l’Associazione Micologica Bresadola. In riferimento alla Tossicologia ambientale (Bioindicazione e Biorimedio) il 5CIMT ha di- mostrato, al di là di ogni ragionevole dubbio, il ruolo chiave che i funghi superiori giocano negli ecosistemi terrestri aprendo così nuovi orizzonti alla Micotossicologia non immaginabili fino a pochi anni fa. L’uomo, e di conseguenza la sua salute, non è più considerato come un essere vivente distaccato dagli habitat terrestri in cui vive, nutrendosi anche dei prodotti della natura, ma emerge come una componente essenziale degli ecosistemi di cui è parte integrante con coinvolgimenti diretti nelle alterazioni degli equilibri ambientali spesso provocate con le pro- prie attività. Il Presidente AMB Il Direttore del CSM-AMB Luigi Villa Carlo Papetti

The 5th International Congress of Mycotoxicology (5th CIMT) has been organised by the Mycotoxicology Commission of the Centro Studi Micologici dell’Associazione Micologica Bre- sadola (CSM-AMB). As for the previous editions of this congress, the Mycotoxicology Commission has closely collaborated with the main Institutions and Organisations of the Country, once again reinforcing the synergistic action, ongoing since several decades, between a non-profit organisation such as the “Associazione di Promozione Sociale” and the public administration, with regards to the education of the population. The 5th CIMT has taken place exactly at the end of a season characterised by a long series of mushroom poisoning cases, in particular after consumption of Amanita phalloides (Vaill. ex Fr.) Link, which has caused the death of several consumers as well as the need for targeted medical treatment, including liver transplants, for those subjects who could survive. The epidemiological picture seen in Autumn 2012 in Italy is an important problem, with global implications; the phenomenon is hard to quantify, with regards to both the real number

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of poisoning cases and the severity of the poisoning itself, because it considers only fatal and severe cases that have led to organ transplants. From the discussions and presentations seen during the congress it is now evident that it is necessary to immediately modify all guidelines on the marketing of fresh and dry mushrooms, as well as the DM 686/96 that sets all criteria and rules for awarding the title of mycologist in Italy. This is needed to harmonise education programs with the European rules and to improve and complete the education of mycology inspectors. The congress has also clearly shown the need to ameliorate and enhance information on mushroom poisoning prevention by starting collaborative projects linking the Ministries of Health and Environment, the Regions, the Poison Centres, the Veterinary Institutes, ISPRA, ISS, the regional Environmental Agencies, ASL, Universities, and the main Mycological Associations active in the country, such as the Associa- zione Micologica Bresadola. With regards to environmental toxicology (bioindication and bioremediation) the 5th CIMT has clearly shown the importance of fungi in terrestrial ecosystems, thus opening new avenues for mycotoxicology that until recently could not be imagined. The man has to be considered tightly linked to his environment, from which it derives his nutrition and is thus an essential component of it, influencing and changing it with his activities. This has far reaching implications also with regards to health and healthcare. President AMB Director CSM-AMB Luigi Villa Carlo Papetti

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PdM 37.pmd 18 14/01/17, 11.45 PAGINE DI MICOLOGIA 5° Convegno Internazionale di Micotossicologia Funghi e salute: problematiche cliniche, igienico-sanitarie, ecosistemiche, normative e ispettive, legate alla globalizzazione commerciale 1a Sessione: Temi di tossicologia clinica Rapporto di collaborazione tra Tossicologo, Micologo e Laboratorista nella diagnosi di intossicazione da funghi

1 2 3 4 5 1 ASSISI F., BALESTRERI S., VERZOLLA M., FOLLESA P., MASARIN A., MORO P. A . 1 CAV Milano, 2Isp. Micologo SIAN ASL Monza e Brianza; 3 Isp. Micologo S.C. Igiene Alimenti e Nutrizione ASL Milano; 4 Già Tecnico di laboratorio e Micologo di 2° livello - Laboratorio di Sanità Pubblica ASL Città di Milano; 5Laboratorio Biochimica - Settore tossicologia Az. Ospedaliera Niguarda Ca’ Granda Relationship among Toxicologist, Mycologist and Laboratory in the diagnosis of poisoning by mushrooms

1 2 3 4 5 1 ASSISI F., BALESTRERI S., VERZOLLA M., FOLLESA P., MASARIN A., MORO P. A . 1 Poison Control Centre Milan; 2 Mycologist ASL Monza Brianza; 3 Mycologist ASL Milan; 4 Technical laboratory and Mycologist 2° level; 5 Laboratory of Biochemical Toxicology sector - Niguarda Ca’ Granda Hospital RIASSUNTO La diagnosi di intossicazione da funghi deve essere più rapida e precisa possibile, per stabilirne la pericolosità e, per una corretta gestione, è necessaria l’identificazione della/e spe- cie fungine e le eventuali tossine responsabili del quadro clinico. In base al tipo di sintomatologia e alla latenza di comparsa, il Centro Antiveleni (CAV) fornisce al medico di Pronto soccorso le indicazioni di massima per iniziare la terapia, ma per una corretta valutazione diagnostica e conseguente terapia mirata, il tossicologo si avvale del- la collaborazione del micologo, per il riconoscimento della/e specie responsabili e del labora- torio di tossicologia per l’eventuale dosaggio dell’amanitina urinaria. Il corretto uso delle procedure di attivazione di queste tre figure professionali, da parte del medico di pronto soccorso, ottimizza i tempi d’intervento, ma soprattutto rende efficace ed effi- ciente l’azione terapeutica con risparmio di energie umane e non, nell’interesse primario della salute del paziente. Nel presente lavoro verrà discussa la validità degli interventi, sulla base dell’esperienza, più che decennale, del CAV di Milano. ABSTRACT Clinical picture and severity of mushroom poisoning depends on the type of toxin ingested. Identification of species involved, through mycological examination and urinary amanitin analysis, is essential for an appropriate management of the poisoning. For these reason the toxicologist of the Poison Control Centre (PCC) cooperates together with the mycologist and the laboratorist to make a correct diagnosis, especially if an amatoxin intoxication is suspected. After having evaluated the clinical picture and the time elapsed between ingestion of mu- shrooms and onset of symptoms, the toxicologist suggests the first line treatment of the poisoned patients and gives advice to the emergency room physicians about mycological examination and urinary amanitin analysis. The proper use of the procedures for activation of these three professionals by the emergency room physician makes effective and efficient therapeutic action with the health of the patient as ultimate goal.

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In the present paper will be discussed the validity of interventions, based on the more than fifty years practical experience in mushrooms poisoning management of the PCC of Milan. Introduzione Le manifestazioni cliniche associate all’ingestione di funghi velenosi o non commestibili sono estremamente varie e sono in rapporto con la specie fungina implicata. La presenza di alcuni sintomi caratteristici consente di fare diagnosi, per esempio l’aumento delle secrezioni corporee come la scialorrea, la broncorrea e la sudorazione, orienta per la sindrome muscarinica. In tutte le sindromi fungine sono presenti fenomeni gastro-intestinali di maggior o minore entità in rapporto alle tossine implicate, ma per alcune specie sono predominanti i fenomeni che interessano soprattutto altri apparati, come i Sistemi Nervoso Centrale o Periferico ed ematopoietico. In rapporto al tempo di comparsa e alla prognosi, le sindromi, nelle intossicazioni da fun- ghi, sono divise in Sindromi a Breve e a Lunga latenza; questa suddivisione non è, però, applicabile all’ingestione contemporanea di più specie fungine. Nelle Sindromi a Breve latenza, le manifestazioni compaiono entro le 6 ore dall’ingestione (ad eccezione dell’Armillaria mellea che può avere latenze superiori), senza danni a carico di organi, con un recupero completo spontaneo entro 24/48 ore dall’ingestione e prognosi buona. È di fondamentale importanza la collaborazione tra medico, tossicologo, micologo e laboratorista per dirimere eventuali dubbi sulla diagnosi: in questo modo è più facile imposta- re una terapia mirata, riducendo i tempi dell’ospedalizzazione (Fig. 1).

Fig. 1: Algoritmo di interventi nelle intossicazioni fungine

Ruolo del Medico Spesso l’intossicazione da funghi è sottovalutata; nella stagione autunnale la concomitante gastroenterite su base virale può trarre in inganno, anche perché lo stesso paziente, soprattutto se i sintomi non hanno una particolare intensità, esclude di aver mangiato funghi tossici. La contemporanea presenza di patologie associate all’ingestione di funghi considerati eduli, come per esempio la difficoltà di digestione accompagnata da vomito (Armillaria mellea, Clito- cybe nebularis, ecc. non adeguatamente cotti), oltre ad altre patologie legate a intolleranze alimentari, tossinfezioni, botulino, o ad un’esposizione a monossido di carbonio, possono trarre in inganno e porre dubbi sulla diagnosi differenziale. Quando i sintomi compaiono anche in altri commensali, è più facile che sia considerata l’ipotesi di una possibile intossicazione: infat- ti, questa evenienza, non rara, induce il medico ad approfondire l’anamnesi ed a ricercare, fra le cause, l’eventuale ingestione di funghi. In molti casi, però, può succedere che il medico di Pronto soccorso, basandosi solo sulla normalità degli esami ematochimici all’ingresso, non metta in atto tutte le procedure utili per

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evitare gravi conseguenze per la vita del paziente. Si segnalano casi di necrosi epatica insorta in pazienti trattati per ore/giorni con farmaci sintomatici e, ancora più grave, di pazienti che sono stati dimessi, per poi rientrare in condizio- ni critiche in ospedale: nel 2010 una paziente di 75 anni (unica commensale) è deceduta dopo essere stata dimessa dal pronto soccorso. È molto importante, per non compromettere in maniera irreparabile lo stato di salute del paziente, pensare ad una possibile intossicazione fungina chiedendo sempre, se c’è stato con- sumo di funghi non controllati, soprattutto quando sono passate diverse ore tra l’ingestione e la comparsa dei sintomi. Di solito lo schema del periodo di latenza, in caso d’ingestione di funghi non controllati, può aiutare ad inquadrare il problema; infatti, si presume che una latenza da 30 minuti a 6 ore dall’ingestione, non comporti danni d’organo di particolare gravità; al contrario una latenza maggiore alle 6 ore è da considerarsi potenzialmente pericolosa e si accompagna ad un’alta incidenza di mortalità. Questo approccio può essere utile in caso d’ingestione di un’unica spe- cie, ma non va dimenticato che la contemporanea ingestione di diverse specie fungine si asso- cia a manifestazioni cliniche miste (una breve latenza, può mascherarne una più lunga). A tal proposito è indispensabile che il medico raccolga tutte le informazioni possibili sulla prove- nienza dei funghi se acquistati o raccolti da dilettanti, sul tempo di comparsa dei sintomi, il numero dei commensali, se sintomatici o no e, soprattutto, se sono avanzati residui cotti o crudi per l’esame micologico. È importante iniziare il più presto possibile la terapia decontaminativa ed infusionale per il reintegro delle perdite dovute alla gastroenterite acuta, nell’attesa del riconoscimento micologico, per evitare ritardi, a volte irreparabili, in caso d’intossicazione da amatossine. Nell’ingestione di funghi non controllati da un micologo, è necessario che il medico di Pron- to Soccorso segua le seguenti raccomandazioni, anche se i disturbi presentati dal paziente appaiono lievi: 1. attuare una raccolta anamnestica accurata su tipo di sintomi, latenza di comparsa e prove- nienza dei funghi consumati; 2. eseguire una valutazione clinica, con esame obiettivo accurato, del paziente e valutare al- tre possibili cause (diagnosi differenziale); 3. contattare il tossicologo del CAV che, in base al tipo di sintomatologia ed alla latenza di comparsa degli stessi, fornisce elementi più mirati per la terapia ed eventuale indicazione al dosaggio dell’amanitina. Nell’attesa, iniziare le manovre di decontaminazione (con rac- colta eiezioni biologiche) e idratazione, e controllare esami ematochimici basali; 4. recuperare tutti gli avanzi di funghi disponibili (cotti, crudi, anche quelli di pulitura), indi- spensabili al Micologo per il riconoscimento della/e specie responsabili dell’intossicazione. Accertare la presenza o meno di altri commensali da valutare; 5. allertare il micologo ASL di riferimento (è indispensabile rendere facilmente accessibile e ben evidente il numero di telefono del micologo reperibile). Nella raccolta anamnestica riguardante il pasto a base di funghi è utile conoscere: • la provenienza dei funghi (se raccolti da dilettante o comprati al supermercato) • dove sono stati consumati, se a casa o in pubblico esercizio • la quantità di funghi ingerita, il loro stato di conservazione (freschi, congelati ecc.), la loro preparazione, se cotti in umido, fritti o sulla piastra: in questi ultimi due casi, la presenza di commensali asintomatici non esclude l’ingestione di un fungo tossico, in quanto i carpofori ingeriti possono essere diversi. POSSIBILI ERRORI • Non tenere conto della sensibilità individuale e di eventuale contaminazione batterica. • Su ingestioni multiple considerare solo la latenza determinata sull’ultima ingestione. • In caso di ingestioni di funghi misti, escludere un’intossicazione a lunga latenza se i sintomi sono comparsi precocemente. • Escludere l’intossicazione in caso di altri commensali ancora asintomatici (la risposta in- dividuale può essere diversa nei tempi e nei modi). • Non valutare i limiti dell’esame micologico (residui non sufficienti, scarsa esperienza del

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micologo). • Non mantenere i contatti con il tossicologo: anche quando le indagini dovessero essere negative, è sempre meglio valutare con il tossicologo, la dimissibilità del paziente per evita- re pericolosi errori. Ruolo del Centro Antiveleni Le intossicazioni da funghi nascondono delle insidie anche per il tossicologo, per cui è indispensabile che quest’ultimo riesca ad instaurare un buon dialogo con il medico di Pronto Soccorso per evitare che fretta, banalizzazione dei sintomi e incomprensioni possano interferi- re con una corretta valutazione del caso. Non sempre il medico di emergenza, prima del contatto telefonico con il CAV, ha raccolto tutte le informazioni necessarie sulla provenienza dei funghi e sulla latenza e sull’intensità dei sintomi, elementi indispensabili al tossicologo per fornire le prime indicazioni sulla terapia. Da protocollo, il CAV consiglia al medico di PS di richiedere l’intervento del Micologo di primo livello se ci sono residui macroscopici da esaminare, mentre allerta direttamente il Mico- logo di secondo livello se ci sono da analizzare residui cotti o aspirato gastrico o vomito. Per il tossicologo, affinché possa fare una corretta diagnosi, è essenziale che i dati raccolti dal medico che gestisce il paziente siano il più completi possibile, ma è altrettanto determinan- te l’esame micologico, che deve essere eseguito con scrupolo ed analizzando tutti i residui recuperabili. La certificazione della/e specie responsabili però, deve essere effettuata solo se il materiale esaminato è sufficiente; il ricorrere all’identificazione fotografica da parte del pa- ziente assume una veste meramente orientativa. Il tossicologo, in base alla latenza ed all’intensità dei sintomi stabilisce se eseguire il dosaggio dell’amanitina urinaria: questo test, insieme all’esame micologico, fornirà elementi utili a confermare o smentire la prima ipotesi diagnostica. Sia l’esame micologico sia l’amanitina urinaria hanno dei tempi tecnici per l’esecuzione che possono essere anche molto lunghi, soprattutto se il paziente accede in Pronto Soccorso di notte e nei fine settimana, se non c’è una reperibilità micologica. Il laboratorio di Niguarda esegue il dosaggio dell’amanitina urinaria soltanto dal lunedì al venerdì in orario diurno (i campioni devono pervenire entro le h 13); per questo motivo la gestione del paziente nelle ore notturne, nei giorni festivi e nei fine settimana, è ancora più complessa, se non c’è un micologo reperibile. È ampiamente dimostrato che, nelle intossicazioni da specie fungine epatotossiche, la prognosi dipende dalla tempestività dell’intervento terapeutico idoneo, oltre che dalle condi- zioni basali del paziente. La precocità e la corretta interpretazione ed applicazione delle manovre di decontamina- zione ed iperidratazione, è fondamentale per una buona soluzione dell’intossicazione; a tal proposito il CAV ha approntato un dettagliato protocollo (sia per la fase acuta, sia per il succes- sivo ricovero) che invia per fax o mail al medico che ha in cura il paziente. POSSIBILI ERRORI • Carenza della raccolta anamnestica, conseguente alla mancata incisività da parte del me- dico di PS, che non va oltre l’affermazione del paziente «non è rimasto nulla»: sappiamo che spesso i residui possono essere reperiti nella pattumiera. • Sottovalutare i sintomi nelle ingestioni miste che possono mascherare la comparsa di sinto- mi tardivi e farsi ingannare dalla presenza di febbre: non è un sintomo da intossicazione fungina, ma non esclude l’intossicazione. • Non far verificare la provenienza dei funghi quando l’ingestione è avvenuta in pubblico esercizio, purtroppo anche al ristorante può essere servito un piatto a base di funghi tossici. • Non valutare i limiti dell’esame micologico (residui non sufficienti, scarsa esperienza del micologo) e del dosaggio dell’amanitina urinaria: è sempre indispensabile seguire l’evolu- zione della clinica per apporre eventuali correttivi. • Non mantenere i contatti con il curante: una volta posta la diagnosi di intossicazione da amatossine si dovrebbe rimanere in contatto con chi cura il paziente e concordare insieme eventuali correzioni della terapia messa in atto.

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• Far dosare l’amanitina urinaria nelle intossicazioni a breve latenza con unica specie fungi- na ingerita. • Dosare l’amanitina dopo 48 ore dall’ingestione (potrebbe essere falsamente negativa) o ripeterne il dosaggio (non dice di più rispetto al primo). • Interpretare il valore numerico dell’amanitina urinaria, senza rapportarlo al valore della creatinina. Ruolo del Micologo In questo contesto non entreremo nel merito delle modalità e delle tecniche con le quali dovrebbero essere esaminati i campioni (per queste consultare testi specifici), ma esaminere- mo le eventuali problematiche rilevate tra le diverse figure professionali chiamate ad interagire. L’identificazione, da parte di un micologo esperto, della/e specie fungine responsabili dell’intossicazione è complementare al dosaggio dell’amanitina ed è utile soprattutto in as- senza di un laboratorio per dosarla. Infatti, l’esame micologico correttamente eseguito (su campioni di residui cotti, crudi e su eventuali scarti di pulitura, e con ricerca delle spore anche nei liquidi biologici come vomito, aspirato gastrico e feci) (Foto 1 e 2), che escluda la presenza di specie velenose mortali, consen- te al tossicologo di evitare al paziente terapie molto aggressive. La collaborazione permette una relazione di fiducia sull’adeguatezza dell’operato svolto: la certezza che il micologo, chiamato ad eseguire accertamenti su un’intossicazione, abbia fatto tutto il possibile per dare una risposta certa, consente maggiore affidabilità. Ad esempio citiamo un caso verificatosi qualche anno fa, quando il dosaggio positivo dell’amanitina urinaria eseguito per una lunga latenza su 2 pazienti, con riconoscimento micologico sui residui di sola Armillaria mellea, avrebbe messo in dubbio l’operato del micologo. L’elevata competenza dello stesso (rilevatasi esatta per l’evoluzione clinica), ha fatto sospettare la presenza di qualche

Foto 1: residuo da pattumiera (Foto M. Verzolla)

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Foto 2: residui fungini: cotti, freschi ed aspirato gastrico (Foto M. Verzolla)

problema sulla metodica del dosaggio dell’amanitina. «Il servizio di guardia micologica attivo 24 ore su 24, da attivarsi nel periodo agosto/novem- bre, è articolato su due livelli: il primo livello relativo agli interventi di natura ispettiva (diagnosi micologica, eventuale prelievo campioni, indagine epidemiologica), il secondo livello come sup- porto analitico in caso di necessità» (Circ. 11 SAN Reg. Lombardia); è auspicabile che tale servizio possa essere presente in tutte le Aziende Sanitarie Locali italiane. Troppo spesso, infatti, la richiesta di una valutazione micologica è inevasa: nella nostra casistica è stato eseguito un esame micologico solo nel 35% delle intossicazioni e la maggior parte di questi esami è stata effettuata dai micologi lombardi. Questo problema è dovuto, oltre alla mancanza di laboratori attrezzati, anche all’inespe- rienza del micologo neo diplomato, il quale non è addestrato ad intervenire su situazioni diffi- cili come quelle di un’intossicazione acuta; il timore di sbagliare porta a comportamenti difen- sivi che rendono difficoltoso il lavoro del tossicologo. L’esperienza, invece, aiuta moltissimo ad acquistare le competenze necessarie per esegui- re le analisi con minore difficoltà e maggior sicurezza. Nessuno può chiedere a un micologo, se non ci sono residui sufficienti, una dichiarazione esaustiva su tutte le specie responsabili in causa; basta poter escludere con certezza la presen- za di tossine pericolose mortali (Amanita phalloides, A. verna, A. virosa, Cortinarius orellanus, Lepiota di piccola taglia, ed altri), altrimenti è meglio astenersi da ipotesi non verificabili e affidarsi a chi ha più esperienza. Il micologo non deve avere il timore di ammettere di non riuscire a determinare i resti e di chiedere aiuto a colleghi più esperti; è previsto che ciò succeda: «nel caso in cui il micologo sulla base degli elementi raccolti e/o disponibili, non sia in grado di giungere ad una determi- nazione deve provvedere a raccogliere e conservare tutti i residui e il materiale utile disponibile (funghi interi o pezzi, resti di pulizia dei funghi, avanzi di cibo ecc.) che recapiterà quanto prima al laboratorio di secondo livello per le determinazioni di competenza menzionando la circo-

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stanza nella scheda di indagine micologica» (Circ. Regionale 22 ottobre 2010 - n. 17 Reg. Lom- bardia). Certo è indiscutibile che si debba dialogare con il proprio collega e, soprattutto, inviargli tutto il materiale a disposizione; ad esempio, è successo che un micologo non avendo certezze su alcune specie, abbia inviato al micologo di II livello solo le specie che non era riuscito a riconoscere non menzionando le specie riconosciute. Questo ha reso difficile l’esame del mico- logo di II livello e lo ha obbligato a diverse verifiche prima di poter affermare con certezza la presenza di funghi contenti amatossine, perché sul materiale esaminato vedeva le spore di A. phalloides ma, stranamente, non c’erano residui macroscopici, “diligentemente” messi da par- te dal micologo di 1°livello. Questo è un chiaro esempio di una condotta scorretta, che però ha messo in luce l’elevata competenza e professionalità del micologo di secondo livello. La certificazione della/e specie responsabili deve essere effettuata solo se il materiale esa- minato è sufficiente e non ricorrendo all’identificazione fotografica, che deve essere solo orien- tativa. Può essere utile che il micologo effettui un sopralluogo, se la località della raccolta è ben individuabile e facilmente raggiungibile, per recuperare qualche carpoforo residuo da mostra- re al raccoglitore e/o consumatore; da ciò si possono ricavare preziose informazioni utili per indirizzare il micologo sulla specie fungina ingerita. Quando proprio non si riesce a dare risposte esaustive è bene lasciare al tossicologo il compito di decidere la miglior strada da percorrere per arrivare ad una diagnosi e di stabilire se possa essere utile ed appropriato il dosaggio dell’amanitina urinaria. Il micologo ASL (I livello) non deve limitarsi ad essere il commesso che trasporta o dispone l’invio del materiale da analizzare, ma deve saper dare le giuste informazioni ed impressioni al micologo di II livello. Inoltre, quando i campioni fungini non sono immediatamente leggibili (avanzi del pasto, vomito, piccoli residui di pulitura ecc.), deve segnalare al tossicologo del CAV o al medico del P.S. che ha inviato il campione, che è necessario più tempo per approfondi- re l’indagine. Fondamentale, quindi, lo scambio su quanto rilevato tra il micologo ASL e il mico- logo di II livello, in quanto aiuta chi deve continuare l’analisi a ridurre i tempi. A conclusione dell’indagine il micologo di II livello deve informare gli altri professionisti coinvolti nel caso (PS, CAV e ASL), anticipando telefonicamente, i risultati: sarà inviato in seguito un referto scritto e firmato dal micologo che ha eseguito l’esame completo.

Ruolo del Laboratorio di Tossicologia L’identificazione chimica delle tossine nelle urine del paziente, mediante cromatografia in fase liquida o esame radioimmunologico, è una metodica di non facile applicazione su tutte le intossicazioni da funghi per via dei tempi e dei costi di esecuzione. Per le lunghe latenze, il dosaggio dell’amanitina urinaria, quando positivo, permette di formulare diagnosi di intossicazione da funghi epatotossici. Il metodo più usato per il dosaggio dell’amanitina urinaria è l’ELISA (Enzyme-Linked Immuno Sorbent Assay), adottato negli ultimi anni al posto del RIA (Radioimmunoassay), per la mag- giore durata nel tempo della sua marcatura e maggior maneggevolezza. Il dosaggio dell’ama- nitina urinaria deve essere fatto su campioni di urine prelevati entro 48 ore dall’ingestione e prima dell’inizio dell’iperidratazione, affinché la presenza/assenza di amatossine nelle urine sia attendibile. Il valore numerico va letto rapportato alla creatinina; infatti i dosaggi eseguiti dopo iperidratazione possono risultare relativamente bassi. Il riscontro di valori elevati di amanitina urinaria permette di formulare diagnosi di certez- za di intossicazione da funghi contenenti amatossine; in teoria, l’esame ha un’alta specificità, perciò anche valori intorno ad 1 ng/ml dovrebbero essere considerati indici di positività, ma l’azienda produttrice consiglia di considerare positivo il valore di concentrazione di amatossina nelle urine maggiore di 5 ng/ml. Il valore numerico dell’amanitina urinaria non è indice prognostico; infatti, è dipendente dal tempo intercorso tra l’ingestione ed il prelievo dell’urina: più precoce è il dosaggio, maggiore è il valore misurato, ma anche più precoce è l’intervento terapeutico che modifica in modo sostanziale l’evoluzione. Nella nostra esperienza clinica abbiamo riscontrato diversi casi con dosaggi di amanitina superiori a 10 ng/ml ma che in realtà non hanno dato esito a epatiti, così come dosaggi bassi,

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per eccessivo tempo trascorso tra l’ingestione e il prelievo, sono risultati falsamente negativi. È utile che il laboratorio riferisca il valore numerico letto, qualunque esso sia, rapportato alla creatinina; sarà il tossicologo, in base a criteri clinici, a stabilire l’eventuale negatività di valori >1,5 ng/ml. Il dosaggio quindi deve sempre essere analizzato alla luce di tutte le componenti; andreb- be letto come qualitativo più che quantitativo e, sicuramente, sarebbe meglio poterlo confron- tare con un esame micologico attendibile. La difficoltà dell’esecuzione del test di notte o nei fine settimana pone il problema della diagnosi, in tutte le intossicazioni a lunga latenza; spesso il dosaggio del lunedì pomeriggio è praticamente inutile, o ha solo valore di conferma, in quanto il tempo trascorso è sufficiente ad evidenziare l’eventuale necrosi epatica (>36 ore). Conclusioni È di fondamentale importanza che il clinico riconosca con tempestività i diversi quadri sintomatici (ancor prima del riconoscimento micologico e degli esiti degli esami bio-umorali): la tempestività del trattamento è il reale “salvavita” in caso di intossicazioni da amatossine. Dal punto di vista medico, nell’attesa di un riconoscimento micologico, valutando il periodo di latenza e l’intensità dei sintomi, è prudente impostare un trattamento terapeutico come nel- l’intossicazione da amatossine, anche nelle brevi latenze, quando è riferita ingestione impreci- sata di diversi tipi di funghi: una breve latenza può mascherare un’intossicazione a lunga latenza i cui sintomi potrebbero manifestarsi in un secondo tempo. È opportuno cercare sempre residui dei funghi consumati, cotti o crudi, da inviare ai micologi; anche campioni di aspirato gastrico (prima della somministrazione di carbone) possono esse- re utili (soprattutto quando presenti frammenti fungini) per avere la conferma sulla specie fun- gina responsabile dell’intossicazione; ciò aiuterà il medico a predisporre un trattamento speci- fico farmacologico, oltre ovviamente a mettere in atto manovre di decontaminazione. Si rileva la necessità di fornire una formazione adeguata al micologo, chiamato a interve- nire sulle intossicazioni, che gli consenta di analizzare, oltre al fresco, anche i campioni cotti, congelati e aspirato gastrico, dato che al momento questo non è previsto nel piano di formazio- ne per l’ottenimento dell’attestato di Micologo. Se non ci fossero residui utili per un corretto esame micologico o mancassero strutture atte ad eseguirlo ed in assenza di un laboratorio che dosi l’amanitina urinaria, s’impone l’inizio della terapia il più precocemente possibile in tutti i casi di sospetta intossicazione da amatossine, in quanto la prognosi dipende dalla tempestività della terapia oltre che dalle condizioni basali del paziente.

Tutti partecipano, coinvolgendo tutti per far funzionare tutto il sistema

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Le indagini diagnostiche da eseguire sono numerose e complesse e prevedono la collabo- razione di più centri specializzati, la cui attivazione è compiuta dal medico del Centro Antivele- ni, secondo uno schema protocollato. La collaborazione tra medico e micologo è di fondamentale importanza per dirimere even- tuali dubbi sul tipo di fungo coinvolto nell’intossicazione: in questo modo è più facile impostare una terapia mirata, riducendo i tempi dell’ospedalizzazione. La comunicazione è il punto di forza per la corretta gestione delle intossicazioni: senza, qualunque sforzo può risultare inadeguato per la risoluzione del problema. Il tossicologo ha il compito di armonizzare tutte le informazioni, analizzando eventuali aspetti discrepanti e soprattutto seguendo il paziente, calibrando gli interventi terapeutici necessari al buon esito dell’evento tossico. La sinergia tra le diverse figure professionali (medico, micologo e laboratorista) coinvolte è sicuramente l’ingrediente principale per una corretta gestione nei casi di avvelenamento.

BIBLIOGRAFIA

1. ASSISI F. - 2001: Il Centro antiveleni di Milano e le intossicazioni da funghi. Manuale per la prevenzione delle intossicazioni da funghi. Direzione Generale Sanità U.O. Prevenzione Regione Lombardia: 73- 79. 2. ASSISI F., S. BALESTRERI & R. GALLI - 2008: Funghi velenosi. Tossicologia, speciografia e prevenzione. Dalla Natura. Milano. 3. ASSISI F., T. DELLA PUPPA, F. DAVANZO, A. CERNUSCHI, G. CHIESA, C.M. MOROSINI, F. BESTETTI & P. MORO - 2009: Le intossicazioni da funghi in Italia: problematiche diagnostiche e terapeutiche. Atti del 4° Convegno Internazionale di Micotossicologia - Trento. Pagine di Micologia 32: 9-20. 4. CIRCOLARE 10/SAN/1996: Prevenzione delle intossicazioni da funghi. Protocollo operativo in caso di intos- sicazioni da funghi. Regione Lombardia. 5. CIRCOLARE 11/SAN/2001: Organizzazione e funzioni degli Ispettorati Micologici: protocolli operativi per la prevenzione delle intossicazioni da funghi. Regione Lombardia. 6. CIRCOLARE 17/SAN/2010: La prevenzione delle intossicazioni da funghi: indicazioni operative per l’effet- tuazione dell’attività di vigilanza e controllo. Regione Lombardia. 7. FOLLESA P. - 2009: Manuale tecnico-pratico per indagini su campioni fungini. Campioni ufficiali e non ufficiali. Intossicazioni da funghi. Ed. A.M.B. Fondazione Centro Studi Micologici. Trento.

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Il divulgativo per tutti Atlante fotografico dei Funghi d’Italia - vol. 3 GIOVANNI CONSIGLIO & CARLO PAPETTI Oltre a rappresentare e descrivere altre 500 specie, il 3° volume comprende la chiave per la determinazione di tutte le 1.500 specie descritte nei 3 volumi. 804 pagine con 500 fotocolor e 500 disegni al tratto di caratteri microscopici. Condizioni particolari sono riservate ai Gruppi A.M.B. e ai Soci. Per informazioni: A.M.B. Segreteria Nazionale - Tel. 0461.913960 E-mail: [email protected]

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PdM 37.pmd 28 14/01/17, 11.47 PAGINE DI MICOLOGIA Il dosaggio dell’amanitina urinaria: luci e ombre per il laboratorio

MASARIN A. & GECHTMAN C. Laboratorio di Analisi Chimico Cliniche Patologia Clinica - Settore di Biochimica Clinica e Tossicologia e Droghe d’abuso - A.O. Ospedale Niguarda Ca’ Granda - Milano RIASSUNTO Fino a qualche anno fa vi era un numero ristretto di laboratori (in Lombardia ma più in generale nel Nord Italia ) in grado di effettuare il dosaggio dell’Amanitina Urinaria. L’unica Ditta in grado di fornire il materiale per eseguire questo accertamento, utilizzava come marcatore un elemento radioattivo come lo Iodio 125. Per poter utilizzare tale metodica Radioimmunologica il Laboratorio doveva presentare dei requisiti strutturali molto particolari. Tra l’altro era necessario identificare una “Zona Sorvegliata” dove eseguire tale dosaggio, eseguire un controllo dosimetrico dell’ambiente dove venivano manipolati i reattivi ed era indi- spensabile una strumentazione dedicata per la sua lettura. Anche il breve tempo di decadi- mento di questo radioisotopo era un fattore limitante nell’utilizzo di questa metodica, che com- portava il costante monitoraggio delle disponibilità di magazzino. Con l’introduzione del test su micropiastra (ELISA) si è ampliato il numero dei laboratori che possono eseguire tale dosaggio. Sicuramente un altro aspetto positivo è stato l’aumento della durata della marcatura. Contestualmente sono però emerse delle problematiche, colle- gate all’utilizzo della nuova metodica, che saranno brevemente affrontate nel corso della rela- zione. Lights and shadows of urinary Amanitin dosage in L aboratory practice ABSTRACT Until some years ago there were very few laboratories (in Northen Italy) able to execute the dosage of Amanitine in urine samples. The only company that was able to supply the material needed to perform such analysis, used a radioactive element, the Iodine 125, as a marker. In order to use such radioimmunologic method, the laboratory had to present very particular structural requirements. Furthermore the laboratory had to identify a “Zone under surveillance” where to execute such a dosage, perform a dosimetric control in the room where the reagents were used, and it was indispensable to have a dedicated instrumentation. Also the time of decay of this radioisotope was a limiting factor in the use of this method, which implied a constant monitoring of the stocks availability. With the introduction of the ELISA test, the number of laboratories able to perform such dosage is grown. Another positive aspect was the longer lifetime of the marker. Contextually new problems appeared in relation to the use of this new method, those questions will be discussed during the report. Introduzione Il Laboratorio ha sempre avuto come compito quello di fornire delle informazioni oggettive che integrino e completino (quando possibile) il quesito diagnostico posto dal clinico. Per fare questo si avvale di tecniche più o meno sofisticate che devono rispondere a diversi criteri: “in primis” il tempo della risposta deve essere congruo con la gravità della patologia. La semplicità della tecnica abbinata alla ricchezza di informazioni fornite è sicuramente un altro dei parametri da valutare. La specificità e la sensibilità del test sono caratteristiche che quoti- dianamente vengono valutate in laboratorio. Da questo punto di vista l’introduzione dell’immunochimica (YALOW & BENSON, 1959) ha rappresentato una svolta epocale per il Labora- torio e più in generale per la medicina. Purtroppo le tecniche separative (cromatografiche) molto apprezzate per la specificità che forniscono, ancora oggi non sono in grado di raggiungere le sensibilità delle più moderne tecniche immunologiche. Recentemente anche l’aspetto economico e quindi il rapporto costi-

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benifici è entrato a far parte dei criteri di scelta di una tecnica analitica a scapito di un’altra. Amanitina e Laboratorio Per un Laboratorio di Analisi Chimico Cliniche di un Ospedale di grandi dimensioni come il nostro che fornisce annualmente circa 5 milioni di analisi, il dosaggio dell’amanitina urinaria dal punto di vista numerico ha sempre rappresentato una quota infinitesimale rispetto alla mole di lavoro richiesta quotidianamente. Se a questo aggiungiamo che le richieste sono lega- te ad un periodo dell’anno limitato (estate-autunno) si può capire come ciò abbia richiesto un’organizzazione particolare all’interno di un settore specialistico del Laboratorio stesso. Per quanto riguarda il dosaggio dell’Amanitina negli anni 90 con l’introduzione in commer- cio di un Kit RIA, prodotto dalla Bühlmann Laboratories, è incominciata la collaborazione con i colleghi del Centro Antiveleni del nostro Ospedale. Uno dei pregi di questo reattivo era l’aspecificità dell’anticorpo che presentava un’elevata reattività crociata per α e γ amanitina, e una più bassa ma comunque significativa per la β amanitina. Il tutto era controbilanciato dalla breve emivita del radioisotopo: questo comportava l’impossibilità di eseguire i dosaggi al di fuori del periodo estivo e autunnale. L’utilizzo di materiale radioattivo richiedeva tra l’altro dei locali dedicati sottoposti a controlli particolari: ciò ha sempre limitato la possibilità che Labora- tori privi di questi ambienti potessero eseguire questo tipo di accertamenti. Con l’eliminazione del radionuclide 125Iodio sostituito dall’enzima perossidasi e l’introdu- zione della tecnica ELISA si sono ottenuti due vantaggi: si è ampliato il numero dei laboratori che erano in grado di eseguire questo dosaggio ed è aumentata la durata della marcatura. Purtroppo però è venuta meno la reattività crociata per la β amanitina (vedi Tabella 1).

Tecnica α-Amanitina β-Amanitina γ-Amanitina ε-Amanitina RIA 100% 44% 100% ELISA 100% 0,1% 90% 0,1%

Tabella 1: reattività crociate per le diverse amatossine

Dal punto di vista prettamente biochimico questa mancata reattività è probabilmente do- vuta al fatto che il gruppo amminico presente nella α e nella γ amanitina è sostituito nella β amanitina da un gruppo alcolico che interferisce nella reazione con l’anticorpo utilizzato nella tecnica ELISA. Tutte le tecniche immunochimiche possono dare sia falsi positivi dovuti ad interferenze aspecifiche, come pure falsi negativi che possono derivare da assenza di reattività crociata o da interferenze dovute a componenti, come ad esempio la streptavidina, presenti nella reazio- ne. Per ovviare a questi problemi in futuro potranno essere utilizzati dei biochips che potranno caricare più batterie di anticorpi o in alternativa tecniche più sofisticate come la cromatografia liquida abbinata alla spettrometria di massa che consente di unire specificità e sensibilità. Conclusione Il dosaggio dell’amanitina urinaria deve far parte del corredo delle analisi eseguite dal Laboratorio di Tossicologia e come riportato in un recente articolo (8) la corretta interpretazione analitica, tossicologica e clinica deve essere il frutto della collaborazione tra diverse figure professionali che cooperano nel tentativo di risoluzione di casi clinici complessi. BIBLIOGRAFIA

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5. ANDRES R.Y., W. FREI, K. GAUTSCHI & D.J. VONDERSCHMITT - 1986: Radioimunoassay for amatoxins by use of a rapid, 125I-tracer-based system. Clin. Chem. 32 (9): 1751-1755. 125 6. ANDRES R.Y. & W. FREI - 1987: I-amatoxin and anti-amatoxin for radioimmunoassay prepared by a novel approach: chemical and structural considerations. Toxicon 25 (9): 915-922. 7. STAACK R.F. & H.H. MAURER - 2001: New Buhlmann ELISA for determination of Amanitins in urine - Are there false positive results due to interferences with urine matrix, drugs or their metabolites? Toxichem Krimtech 68 (2): 68-71. 8. MAURER H.H. - 2012: How Can Analytical Diagnostics in Clinical Toxicology Be Successfully Performed Today? Ther. Drug Monit. 34 (5): 561-564.

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Un DVD accattivante e coinvolgente per conoscere “Il fantastico mondo dei funghi”

Testo Carlo Papetti Fotografie Carlo Papetti, Giorgio Marasca, Giovanni Consiglio, Maurizio Chiari, Paolo Cugildi, Carlo Zovadelli, Gianfranco Visentin, Marco Floriani, Roberto Trimarco, Giampaolo Simonini, Gianni Bissaro, Giancarlo Partacini, Renato Brotzu, Arturo Rossi, Franco Parisi Voce narrante Monica Ceccardi Tavole mico-ecologiche: fotografie Ivan Giuliani, disegni Giorgio Serra Audio Stefano Papetti Realizzazione informatica Giorgio Marasca Condizioni particolari sono riservate ai Gruppi A.M.B. e ai Soci. Per informazioni: A.M.B. Segreteria Nazionale - Tel. 0461.913960 E-mail: [email protected]

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PdM 37.pmd 32 14/01/17, 11.47 PAGINE DI MICOLOGIA Il dosaggio dell’amanitina urinaria: luci ed ombre per il clinico

1 3 1 2 3 1 ASSISI F., MUSELLA G., GAVIRAGHI S., MASARIN A., SEVERGNINI P. , MORO P. A . 1CAV Milano; 2Laboratorio di Biochimica settore di tossicologia Az. Osp. Niguarda Ca’ Granda; 3Univ. Degli Studi dell’Insubria - Dip.Scienza e Alta Tecnologia

Lights and shadows of urinary Amanitin dosage in Clinical practice

1 3 1 2 3 1 ASSISI F., MUSELLA G., GAVIRAGHI S., MASARIN A., SEVERGNINI P. , MORO P. A . 1Poison Control Centre Milan; 2Laboratory of Biochemical Toxicology sector - Niguarda Ca’ Granda Hospital- Milan; 3Department of Science and High Technology - University of Insubria RIASSUNTO Per una corretta valutazione diagnostica e terapeutica delle intossicazioni da funghi è ne- cessaria l’identificazione della/e specie fungine responsabili del quadro clinico e le eventuali tossine. Il dosaggio dell’amanitina urinaria con metodo ELISA è uno strumento diagnostico molto importante, tuttavia il valore predittivo e diagnostico del cut-off dell’amanitina non è stato ancora determinato con certezza. La ditta produttrice del test dichiara lo 0,22 ng/ml come sensibilità analitica e 1,5 ng/ml come sensibilità funzionale del dosaggio: ciò vuol dire che andrebbero considerati positivi, per esposizione ad amatossine, tutti i valori >1,5 ng/ml. Con uno studio retrospettivo, il Centro Antiveleni di Milano, nel 2010, ha cercato di valutare l’accura- tezza del dosaggio dell’amanitina urinaria con metodica ELISA, nella diagnosi delle intossica- zioni da funghi epatotossici. Dai dati analizzati nel nostro campione, la presenza di “falsi posi- tivi”, dal punto di vista clinico (amanitina > 10 ng/ml senza alterazioni epatiche) mette in di- scussione la precisione del test stesso: va indagato il motivo che li ha determinati, se dipende dal paziente, dal fungo ingerito o dalla metodica. Per tali motivi il dosaggio delle amatossine deve essere sempre interpretato alla luce della storia clinica del soggetto e supportato dalla consulenza di un tossicologo esperto. ABSTRACT Identification of ingested species is essential in the management of mushroom poisoning, expecially if consumption of an amatoxin-containing species is suspected. In this case, urinary amanitin ELISA analysis appears as an essential diagnostic tool; nevertheless, predictive and

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diagnostic value of the level of amanitin detected is still uncertain. The producer declares 0,22 ng/ml as analytical sensitivity and 1,5 ng/ml as functional sensitivity of the assay. In the year 2010, the Milan Poison Control Centre (MPCC) carried out a study to accountability of urinary amanitin analysis. Urine samples were collected from 45 patients out of 60 diagnosed as amatoxin poisoning. It is known that test reliability depends on time elapsed between consumption of mushro- oms and urine collection; the test is considered unreliable for samples collected after 36 hours since ingestion. On the other hand, the report of patients (six cases in our study) showing amanitin urinary level > 10 ng/ml and no liver enzyme increase, puts into question the specificity of the test. For these reasons, the dosage of amatoxin must always be interpreted in the light of the clinical history of the subject and supported by the advice of an expert toxicologist. Introduzione Nelle intossicazioni da funghi le indagini diagnostiche da eseguire sono numerose e com- plesse; prevedono la collaborazione di più centri specializzati, la cui attivazione è stabilita dal medico tossicologo, secondo uno schema protocollato. La diagnosi deve essere il più rapida possibile e precisa per stabilire la pericolosità dei funghi ingeriti; richiede la collaborazione del micologo per il riconoscimento della specie re- sponsabile, del Laboratorio per il dosaggio dell’amanitina urinaria e del Centro Antiveleni che, in base al tipo e alla latenza di comparsa della sintomatologia, fornisce indicazioni di massi- ma per la terapia. Spesso la latenza lunga, tra ingestione e comparsa di sintomi, determina la mancanza di residui alimentari su cui eseguire un’accurata indagine micologica, per cui è estremamente importante l’utilizzo di un test diagnostico che permetta di confermare o escludere precoce- mente il sospetto di intossicazione da amatossine, evitando in questo modo di intraprendere trattamenti clinici invasivi non necessari. Il dosaggio urinario dell’amanitina è uno strumento importantissimo di cui avvalersi in caso di sospetta intossicazione da funghi, noti per la presen- za di questa molecola. Le amatossine o amanitine sono delle piccole proteine ad 8 amminoacidi (octapeptidi) contenute in specie di funghi quali Amanita phalloides, A. virosa, A. verna, Galerina autumnalis, G. marginata e simili. Esse sono chimicamente e termicamente stabili, facilmente assorbite a livello gastrointesti- nale; la tossina più rappresentativa di questo gruppo è l’alfa-amanitina, che ha come bersaglio principale il nucleo delle cellule epatiche e interferisce con processi di sintesi proteica provo- cando un progressivo calo del contenuto proteico cellulare e necrosi delle cellule. Gli studi cinetici dell’alfa- e beta-amanitina nell’uomo, hanno dimostrato che le amatossine sono presenti nel plasma a deboli concentrazioni, mentre a forti concentrazioni lo sono nelle urine e nelle feci (cento volte maggiori rispetto al sangue), ma solamente durante le 24-48 ore successive all’ingestione. Negli ultimi 25 anni sono stati sviluppati metodi cromatografici HPLC (High-Performance Liquid Chromatography) (DORIZZI, MICHELOT, TAGLIARO, & GHIELMI, 1992), HPTLC (High-Performan- ce Thin-Layer Chromatography) e RIA (Radioimmunoassay) (FAULSTICH, ZOBELEY, & TRISCHMANN, 1982) per determinare la presenza e la concentrazione delle amatossine nei fluidi biologici, nei casi di sospetta intossicazione. Tuttavia tali metodiche risentono di limitazioni logistiche quali il costo e la limitata disponi- bilità di apparecchiature cromatografiche, oltre i rischi biologici derivanti dall’utilizzo di mate- riale radioattivo necessario per i test immunoenzimatici. Più recentemente è stato proposto un test immunoenziamtico, l’ELISA (Enzyme-Linked Immuno Sorbent Assay) (CO, CH, & NH, 2000), al posto del RIA, con maggiore durata nel tempo della sua marcatura e, in teoria, con un’alta specificità, per cui anche valori intorno a 1 ng/ml dovrebbero essere considerati indici di positività. In realtà, si sono avuti dei risultati falsamente positivi: in 2 casi seguiti dal CAV di Milano, intossicati per ingestione di sola Armillaria mellea, accertata anche dall’esame microscopico, i valori di amanitina urinaria sono risultati di 20 e 23 ng/ml. Se considerassimo positivo il valore >1,5 ng/ml, dovremmo ipotizzare la presenza di

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amatossine e quindi trattare, come da protocollo, tutti i pazienti, anche quelli a cui è stata dosata l’amanitina con risultato 2,8 ng/ml, ma con riconoscimento micologico certo di sola Cli- tocybe dealbata (non inserito nel campione in studio). In tutti i dosaggi di amanitina eseguiti presso il Laboratorio di tossicologia di Niguarda nel 2010 (84), 36 sono risultati non dosabili, 8 con valori da 1,5 a 4,9 ng/ml (di questi solo in 1 caso c’è stato un lievissimo screzio epatico, con transaminasi massime pari a 170); 9 con valori da 5 a 9,9 (di cui 3 non hanno sviluppato segni di tossicità epatica), 13 con valori 10-29,9 ng/ml (in questo gruppo 4 pazienti non hanno presentato segni di epatite); mentre i restanti 18 (valori maggiori di 30 ng/ml) hanno presentato epatiti di varia gravità. Situazioni analoghe sono state riscontrate anche da altri centri, per cui è stato proposto di considerare positivi i valori di concentrazione di amatossina nelle urine compresi tra 10 ng/ml e 100 ng/ml e dubbi o non attendibili tutti i risultati sotto questa soglia (STAACK, 2000). Ma questo valore minimo si è dimostrato troppo alto, per cui l’azienda propone come dato positivo un valore maggiore di 5 ng/ml. In realtà, sono disponibili solo pochi studi sull’accuratezza diagno- stica di tale metodo e non è ancora stata stabilita una soglia condivisa per definire la positività del test. La tabella 1 riassume le principali differenze nelle specificità dei test proposti nell’indivi- duare le principali molecole appartenenti al gruppo delle amatossine.

Test α-amanitina β-amanitina γ-amanitina ε-amanitina RIA 100% 44% 100% ELISA 100% 0,1% 90% 0,1% HPLC 100% 100%

Tabella 1: specificità dei test per dosaggio delle amatossine

Una possibile limitazione all’esecuzione di tale test è costituita dall’insufficienza renale oligo-anurica, che spesso è presente alla prima osservazione del paziente e causata dalle importanti perdite gastroenteriche; tuttavia, per identificare l’amanitina urinaria con metodo ELISA, sono sufficienti pochi ml di urina (1-2 ml). Il valore numerico dell’amanitina urinaria non è indice prognostico, in quanto è dipendente dal tempo intercorso tra l’ingestione ed il prelievo dell’urina: si sono avuti decessi con valori intorno a 20-30 ng/ml e restituito “ad integrum” con valori > 400 ng/ml. Infatti, più precoce è il dosaggio, maggiore è il valore dosato ed al contempo più precoce l’inizio della terapia specifica. Pazienti intossicati da amatossine Tra l’agosto e il dicembre 2010, il Centro Antiveleni di Milano, al fine di valutare la potenza diagnostica dei test disponibili per la diagnosi e descrivere le caratteristiche cliniche di una casistica tra le più ampie apparse in letteratura, ha intrapreso uno studio retrospettivo. Sono stati selezionati 60 pazienti per cui è stata posta certezza di esposizione ad amatossine e sono stati seguiti in follow-up. La diagnosi di esposizione/intossicazione da amatossine è stata posta partendo dall’ingestione di funghi non controllati con intensa gastroenterite comparsa dopo 6 ore dall’ingestione e dalla presenza di uno o più dei seguenti parametri: la dimostrazione di epatotossicità, il riconoscimento micologico di specie epatotossiche e la positività del soggetto o di uno dei commensali al dosaggio dell’amanitina urinaria (min 3 - max 243 ng/ml). Analisi epidemiologica I 60 pazienti esaminati nello studio sono rappresentati da 36 maschi (60%) e 24 femmine (40%), la cui età media è risultata essere 55 anni (min 4 - max 82) (Fig. 1). Le intossicazioni si sono verificate in 17 province italiane, appartenenti ad 8 diverse regioni; la durata media della

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Fig. 1: Distribuzione percentuale per età degenza è stata di 11,76 giorni (min 3 - max 45 per il paziente trapiantato), con permanenza media in ambiente intensivo di 4,2 giorni (min 0 - max 15). ✤ Latenza: in base all’analisi effettuata sui 60 campioni che hanno avuto intossicazione da amatossine, nell’88% dei casi (53 pazienti) la latenza era superiore alle 6 ore; in altri 7 pazienti invece si è assistito a una latenza inferiore o uguale alle 6 ore. ✤ Sintomatologia: nella maggioranza dei casi i pazienti hanno sviluppato vomito, nausea e diarrea (28); in 21 anche dolori addominali; 1 paziente ha invece avuto solo diarrea e dolori addominali senza vomito e 4 pazienti hanno mostrato esclusivamente vomito. Due pazienti, se pur con riconoscimento micologico sui residui positivo per ingestione di A. phalloides e con amanitina urinaria debolmente positiva, sono rimasti asintomatici; altri 4 hanno mostrato oltre ai sintomi classici gastroenterici anche sintomi non correlati con l’in- tossicazione come febbre e sudorazione (ingestione di funghi misti). ✤ Grading: • Grading 0: 6 pazienti, con amanitina positiva (anche >10 ng/ml), con sintomatologia gastroenterica che non hanno sviluppato alterazioni epatiche. • Grading 1 (intossicazioni lievi con valori di transaminasi aumentate ma inferiori a 100 U/l e diminuzione del PT, espresso come AP, non inferiore o uguale a 60%): rappresentano il 10% (6) dei casi presi in esame. • Grading 2 (intossicazioni di moderata gravità con valori di AST e ALT compresi tra 100 e 1000 U/l): rappresentano il 22% (13) dei casi. • Grading 3: Le intossicazioni gravi (con rialzo dei valori delle transaminasi maggiore a 1000 U/l e Pt inferiore al 30%) rappresentano il 55% dei casi (33). Il restante 3% si riferisce a 2 pazienti per i quali non è stato possibile attribuire il grading per mancanza di tutti i dati necessari. La maggior parte dei pazienti si presenta in ritardo all’attenzione del medico, la piccolissima parte che si presenta prima, di solito, ha ingerito insieme alle specie epatotossiche, anche funghi che determinano una breve latenza (Fig. 2). ✤ Esito: Dei 60 pazienti in studio, 6 (10%) con amanitina sicuramente positiva (> 10ng/ml), hanno presentato un’intensa gastro-enterite, ma nessuna alterazione significativa della fun- zionalità epatica (in 4 l’ingestione di A. phalloides era certa, in 2 dubbia).

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Fig. 2: Tempo in ore trascorso prima dell’inizio della terapia

• Guarigione completa nel 89% dei pazienti (52). Si sono verificati 5 decessi, avvenuti tra 4 e 15 giorni dall’assunzione, mentre in un caso è stato eseguito con successo un tra- pianto di fegato, determinando una mortalità complessiva del 11% (il paziente trapian- tato è stato classificato tra i deceduti) (Fig. 3).

Fig.3: Analisi relativa all’esito delle intossicazioni • Età correlata al decesso: Nel nostro campione l’età dei pazienti deceduti era compresa tra i 61 e 70 anni (40%), tra i 71 e 80 anni (40%), 1 decesso in un paziente con età superio- re agli 80 anni. ✤ Esame micologico: Nel 50% dei casi dei casi in studio, è stato eseguito l’esame micologico (30 pazienti), sia su residui cotti e di pulizia, sia su aspirato gastrico. È stata riconosciuta con certezza l’Amanita phalloides in 17 casi (in 6 casi associate ad Armillaria mellea); in 2 casi i pazienti hanno ingerito anche (responsabile della breve latenza), Agaricus e Macrolepiota (spore nell’aspirato gastrico); certi 3 casi di Lepiota brunneoincarnata. In 10 casi, per l’assenza di residui è stata ipotizzata, sulla base della descrizione, la presenza di A. phalloides (7 casi) e lepiotine di piccola taglia (3 casi). ✤ Amanitina urinaria: Nel nostro campione (60 pazienti) è stato eseguito il dosaggio del-

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l’amanitina solo in 49 casi (82%) e per la maggior parte presso il laboratorio di Niguarda; di questi 49, il 12% (6) è risultato negativo per tardività nel prelievo, mentre l’88% è risultato positivo (43) (valore minimo 3 e massimo 243 ng/ml). Accuratezza diagnostica dell’amanitina urinaria I valori di amanitina urinaria, rapportati al tempo di prelievo, hanno un andamento inver- samente proporzionale: valori alti di amanitina/tempi brevi nel prelievo (Fig.4). Il valore numerico dell’amanitina è condizionato dal tempo di prelievo e, ovviamente, dalla quantità di tossina ingerita; se il dosaggio è alto, ma eseguito in tempi brevi rispetto all’ingestione, di solito, l’evoluzione è più favorevole, in quanto indica un inizio precoce della terapia. Al contrario dosaggi con valori bassi eseguiti dopo le 48 ore, indicano un inizio terapia tardivo, con conseguente peggiore risposta alla terapia.

Fig 4: Valori amanitina urinaria/ tempo di prelievo

Materiali e Metodi Da un campione di 60 pazienti con esposizione certa ad amatossine, seguiti in follow-up, sono stati selezionati 45 pazienti di cui si conosceva il dosaggio dell’amanitina urinaria, allo scopo di valutare l’attendibilità del test stesso e cercare di individuare il valore soglia più affi- dabile per la predittività dell’evoluzione in epatite. Negli altri quindici pazienti il dosaggio non è stato eseguito per mancanza di laboratorio attrezzato. Inoltre sono state valutate altre va- riabili come tempo del prelievo ed esame micologico, oltre all’evoluzione clinica dell’intossi- cazione. Risultati Tra i 45 pazienti oggetto dello studio sull’amanitina urinaria, 28 hanno sviluppato una gra- ve epatite (sebbene di gravità variabile), mentre 11 hanno mostrato segni di interessamento epatico tra lieve e moderato; la prevalenza dell’insufficienza epatica grave da amatossine nel- la nostra popolazione è risultata quindi del 62%; i restanti 6 pazienti, pur con amanitina sicura- mente positiva, non hanno avuto alterazioni epatiche (Fig. 5).

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Fig 5: dosaggi totali amanitine urinarie stagione 2010, correlate con lo sviluppo dell’epatite

Dato che l’esame micologico è risultato dirimente in una piccola parte dei casi studiati, per stabilire la certezza della diagnosi, abbiamo dovuto considerare l’aumento delle transaminasi come evidenza di epatotossicità. In 6 casi è stata dosata una concentrazione urinaria di tossina positiva (min 4 e max 25 ng/ mL), ma senza alterazioni epatiche. 1. Nella nostra casistica la paziente L.M., con amanitina 25 ng/ml, ha presentato sintomi gastrointestinali dopo l’ingestione di funghi trifolati, con la stessa latenza dei commensali (D. L. e M.A.), ma a differenza di questi ultimi, non ha avuto segni di interessamento epatico; pertanto, pur in assenza di un esame micologico, non abbiamo motivo di dubitare della effettiva esposizione ad amatossine. 2. Anche il paziente M. R. con 16,5 ng/ml di amanitina, pur con manifestazioni gastroenteriche comparse dopo 8 ore dall’ingestione, non ha sviluppato alterazioni epatiche, come invece altri commensali. 3. Il paziente N. V. e la paziente A. D., con amanitina rispettivamente pari a 12,2 e 4 ng/ml, non hanno mostrato segni di epatotossicità, ma solo sintomi gastroenterici: tuttavia in questo caso, in assenza di altri commensali e di un esame micologico, non è stato possibile attribu- ire con certezza la falsa positività all’assunzione di una dose modesta o alla presenza di altre tossine non epatotossiche. 4. Infine i pazienti S. An. e C. E., hanno presentato un decorso particolare, tanto da far dubita- re dell’effettiva esposizione ad amatossine. Il primo ha presentato una sintomatologia gastroenterica, accompagnata da sintomi atipici quali disturbi del visus, parestesia ad un arto e lipotimia, mentre la seconda è rimasta completamente asintomatica. Il dosaggio del- la amanitina è risultato rispettivamente pari a 24 e 7,6 ng/ml, a 15 e 23 ore dall’assunzione dei funghi: in tali pazienti pertanto, risulta possibile la presenza di molecole non epatotossiche rilevate dal test, sebbene anche la presenza, nei funghi, di inibitori della captazione delle stesse possa rendere conto di quanto osservato. La mancanza di danno epatico non permette di stabilire con certezza se i 6 casi di falsi positivi da noi riscontrati, eccetto per i primi 2, siano dovuti alla cross-reattività degli anticorpi

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utilizzati nella metodica con altre molecole non epatotossiche di origine fungina o se si sia trattato di pazienti effettivamente esposti alle tossine ma che non hanno subito un danno epatico o per predisposizione individuale, o per la presenza nei funghi di molecole non tossiche, ma con struttura analoga in grado di competere con le amatossine per la captazione epatica. Nella figura 5 sono stati esaminati i dosaggi di amanitina urinaria effettuati sulle lunghe latenze correlate con lo sviluppo dell’epatite: è interessante notare che in 6 casi con epatite acuta il valore del dosaggio era inferiore a 10 ng/ml. In 4 di questi pazienti il prelievo è stato tardivo, ma in 2, il dosaggio è stato eseguito entro le 16 ore dall’ingestione. Infatti, il paziente S. Al. con grave necrosi epatica dopo ingestione di funghi, a 26 ore dall’ingestione il dosaggio dell’ amanitina era di 5.9 ng/ml, quindi attendibile come prelievo temporale. Tale dosaggio è stato effettuato presso un laboratorio diverso da quello di Niguarda Abbiamo costruito la curva ROC (Receiver Operating Characteristic) relativa all’accuratez- za del dosaggio dell’amanitina urinaria nella diagnosi di epatite da amatossine, calcolandone i valori di specificità e sensibilità per ogni singolo valore rilevato; nella nostra popolazione il “cut-off” che ha mostrato la migliore prestazione diagnostica è risultato pari a 5 ng/ml (Tab. 2; Fig. 6).

Cut-off (ng/ml) Sensibilità Intervallo confidenza 95% (Sensibilità) Specificità Intervallo confidenza 95% (Specificità)

>1,5 96,67 82,8-99,9 61,54 44,6-76,6 >5,8 96,67 82,8-99,9 82,05 66,5-92,5 >10 80 61,4-92,3 87,18 72,6-95,7

Tabella 2: accuratezza diagnostica dell’amanitina urinaria per i vari “cut-off” proposti (1,5-5-10 ng/ml)

Fig 6: curva ROC relativa all’accuratezza diagnostica dell’amanitina urinaria

Conclusioni Gli avvelenamenti da funghi epatotossici, sebbene relativamente infrequenti, rappresenta- no tutt’oggi un rilevante problema di salute pubblica, oltre che un’impegnativa sfida diagnosti- co-terapeutica per il medico. Per questo è estremamente importante potersi avvalere di un test diagnostico affidabile che permetta di confermare o escludere precocemente il sospetto di in- tossicazione, il che eviterebbe di intraprendere trattamenti clinici invasivi non necessari. Il dosaggio dell’amanitina urinaria con metodica ELISA rappresenta un valido aiuto nella diagnosi, ma la presenza di pazienti con valori >10 ng/ml ma senza alterazioni epatiche,

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evidenziata nel nostro campione, pone il problema sulla precisione del test stesso. Dobbiamo precisare che ci sono due evenienze di falso positivo: 1 falso positivo solo clinico, cioè certa ingestione ma non risposta epatica, 2 falso positivo vero, cioè positività non confermata dal riconoscimento micologico né dal- l’evoluzione epatitica. Al momento non conosciamo con certezza a cosa attribuire il “falso positivo clinico”, rileva- to nelle ingestioni certe di funghi epatotossici (o per commensali con epatite o per riconosci- mento micologico). Possiamo ipotizzare la presenza di “antidoti” nel fungo stesso, che potreb- bero competere con l’amatossina per la captazione epatica, però l’effetto epatotossico, dimo- strato nei commensali (consumo di funghi trifolati), lo escluderebbe. Potrebbe esserci una diversa suscettibilità individuale dovuta, ad esempio, a mutazioni nel trasportatore epatico (in quanto dotato di qualche alterazione genetica in grado di impedire l’accesso dell’amanitina nella cellula epatica), questa ipotesi spiegherebbe l’assenza di danno epatico nel commensale di altri pazienti con epatite. Oppure la metodica potrebbe cros-reagire con tossine simili all’amatossina, ma diverse dal punto di vista clinico: quest’ultima ipotesi è da considerare nell’ingestione certa di funghi non epatotossici, con amanitina positiva. Un precedente studio (STAACK, 2000) ha indagato la possibile esistenza di cross-reattività degli anticorpi utilizzati nel test con molecole diverse dalle amatossine, senza riscontrarla. Tuttavia in tale studio i controlli non erano rappresentati da pazienti che avevano assunto fun- ghi, ma ricoverati in pronto soccorso per altri motivi; pertanto non si può escludere una cross- reattività degli anticorpi con altre molecole di origine fungina. Nello studio di Staack era stato proposto di considerare sicuramente positivi tutti i dosaggi maggiori di 10 e dubbi o non atten- dibili i dosaggi inferiori; dal nostro studio abbiamo evidenziato fenomeni di grave necrosi epatica in pazienti con dosaggi relativamente bassi (5,9 ng/ml a 16 ore dall’ingestione) e pazienti con dosaggio >10 ng/ml che invece non hanno avuto epatite. Alla luce dei nostri risultati, ci sembra più attendibile utilizzare come valore di positività > 5 ng/ml, in quanto da un lato riduce il numero di falsi positivi e quindi i trattamenti non neces- sari, dall’altro riduce quello dei falsi negativi col rischio ben più grave di sottovalutare e non trattare in modo adeguato i pazienti che ne avrebbero necessità. Resta comunque imprescindi- bile correlare il dosaggio numerico dell’amanitina con il paziente e la sua risposta alle tossine epatotossiche. Inoltre, la rapida cinetica di eliminazione della tossina non permette di effettuare una sti- ma della dose assunta e quindi una predittività certa dell’epatite sulla base del risultato di tale test, che assume quindi un valore più qualitativo che quantitativo. Per tali motivi il dosaggio delle amatossine deve essere sempre interpretato alla luce della storia clinica del soggetto e supportato dalla consulenza di un tossicologo esperto, che, in base alla sua esperienza, può consigliare l’approccio più idoneo alla cura di questi pazienti.

Si ringraziano le Direzioni Sanitarie delle A.O. presso cui sono stati ricoverati i pazienti studiati nel presente lavoro, per averci reso disponibile la documentazione clinica degli stessi: A. Ospedaliero-Universitaria - Ospedali riuniti di Trieste A. O. della Prov. di Pavia - Presidio Osp. Della Lomellina - Ospedale Di Vigevano A. O. di Desio e Vimercate - Ospedale di Vimercate Presidio e Ospedale di Circolo Desio A. O. G. Salvini di Garbagnate - Ospedale di Garbagnate Milanese ed Ospedale di Rho A. O. Istituti Clinici di Perfezionamento - Presidio Osp. di Sesto San Giovanni A. O. Ospedale civile di Legnano - Stabilimento osp. di Magenta A. O. Ospedale di Circolo - Fondazione Macchi di Varese A. O. Ospedale di Circolo di Busto - Presidi Ospedalieri di Busto Arsizio, Tradate e Saronno A. O. Ospedale di Circolo di Melegnano - Ospedale Predabissi A. O. Ospedale di Lecco - Osp. A. Manzoni - Lecco ed Osp. S. Leopoldo Mandic Merate A. O. Ospedale S. Antonio Abate di Gallarate A. O. San Gerardo di Monza - Ospedale San Gerardo A. Ospedaliero-Universitaria Pisana - Ospedale di Cisanello A.S.L. 11 di Vercelli - Ospedale SS. Pietro e Paolo di Borgosesia

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ASL 10 Piemonte - Ospedali riuniti di Pinerolo - Ospedale E. Agnelli Azienda Sanitaria n° 8 Vibo Valentia - Presidio Osp. Jazzolino e Presidio Osp. di Serra San Bruno Azienda Sanitaria Provinciale Messina - P.O.S. Vincenzo Taormina Azienda Ospedaliera Ospedale Niguarda Ca’ Granda - Milano Azienda Ospedaliera San Paolo - Polo universitario - Milano Azienda Ospedaliera Sant’Anna di Como Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata Verona Azienda Ospedaliero Universitaria Consorziale Policlinico di Bari Azienda Sanitaria Prov. di Catania - Ospedale Gravina e S. Pietro di Caltagirone Azienda Sanitaria USL 11 Empoli - Osp. “San Giuseppe” Azienda Usl di Massa e Carrara - Presidio osp. Apuano S.O. Carrara Congregazione Delle Suore dell’Addolorata - Ospedale Valduce Como Fondazione IRCCS Ca’ Granda - Ospedale Maggiore Policlinico Istituto Mediterraneo per i Trapianti e Terapie ad Alta Specializzazione - Palermo Ospedale “Sacra Famiglia” - Fatebenefratelli - Erba U.L.SS. N.8 Asolo - Ospedale di Castelfranco Veneto e Montebelluna BIBLIOGRAFIA

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PdM 37.pmd 42 14/01/17, 11.49 PAGINE DI MICOLOGIA Intossicazioni da funghi: dati di ASL Milano e problematiche micologiche

1-2 MASSIMO VERZOLLA , 3 1-4 1-2 2 2 ROBERTA CASA †, GABRIELLA GENTILI , LUCA CALLEGARI , ATTILIO GIOMETTI , STEFANO VIVARELLI 1 Micologi secondo livello Laboratorio Prevenzione ASL Milano - 2 Tecnici della Prevenzione Micologi Dipartimento Prevenzione ASL Milano - 3 Direttore Laboratorio Prevenzione ASL Milano 4 Responsabile U.O. Micologia Laboratorio Prevenzione ASL Milano Poisoning by mushrooms: ASL Milano report and mycological problems

MASSIMO VERZOLLA, STEFANO VIVARELLI, LUCA CALLEGARI, ATTILIO GIOMETTI prevention tecnician mycologist - Dipartment Prevention ASL Milano - ROBERTA CASA - Manager Laboratory of Prevention - ASL Milano - GABRIELLA GENTILI Reference Mycology Laboratory of Prevention - ASL Milano

RIASSUNTO L’esposizione, dal titolo “Intossicazioni da funghi: dati di ASL Milano e problematiche mico- logiche”, tratta i principali problemi riscontrati quotidianamente dai micologi in servizio di re- peribilità nella gestione degli episodi d’intossicazione causati dal consumo di funghi. La pre- sentazione esplicita le reali difficoltà operative nello svolgimento dell’intervento presso il Pron- to Soccorso (denominato 1° livello) e nelle successive analisi, ove necessarie, presso il labora- torio (2° livello). Viene inoltre evidenziata la complessità dell’organizzazione di un servizio di reperibilità che pur coprendo un periodo molto lungo, dal 1° agosto al 30 novembre - 24 h su 24, viene garantito da un numero purtroppo esiguo di operatori, spesso chiamati ad operare in situazioni di emergenza. Vengono poi sinteticamente analizzati i dati delle intossicazioni dal 2004 al 2012, con un breve commento ai dati esposti. Il cardine della relazione è la proiezione di fotografie scattate durante gli interventi, a dimostrazione delle difficoltà e delle criticità che più frequentemente si incontrano durante lo svolgimento degli interventi (accesso in pronto soccorso, raccolta dei dati epidemiologici, gestione dei campioni - dall’aspirato gastrico ai residui di pulitura dei funghi, successive analisi in laboratorio). Vengono quindi formulate pro- poste per un possibile miglioramento del servizio (es. indicare nel verbale il referente medico del pronto soccorso con i relativi recapiti, far ricercare attivamente i residui di pulitura dei funghi, consegnare nel minor tempo possibile il campione ecc.) e per una fattiva collaborazio- ne tra chi opera in pronto soccorso e chi esegue l’analisi. La presentazione ha un taglio prati- co, frutto dell’esperienza di relatori che da diversi anni si occupano d’intossicazioni da funghi e delle loro problematiche. ABSTRACT In the report “Poisoning by mushrooms: ASL milano report and mycological problems”, are described the main problems encountered daily by mycologists in-call service in the manage- ment of episodes of intoxication caused by the consumption of mushrooms. The presentation, expresses the real operational difficulties in carrying out the intervention in the emergency room (called level 1) and subsequent analysis, if necessary, in the laboratory (level 2). It is also highlighted the complexity of the organization of an “on-call service“ covering a very long period, from august 1st to november, 30 - 24 h 24, but unfortunately guaranteed by a small number of operators, often called to work in emergency situations. Then the data of poisoning from 2004 to 2012 are briefly analyzed with short comment on the data presented. The cornerstone of the report is the projection of photographs taken during surgery, describing, as a demonstration, the difficulties and problems that most frequently are encountered during the course of the intervention (emergency access, collection of epidemiological data, sample management - from gastric aspirates residues of cleaning mushrooms, subsequent analysis in the laboratory). Then suggestions for improving the service are proposed (eg.: to indicate in the record the referent emergency doctor with his contacts data, to actively look for residues of cleaning mu-

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shrooms, to deliver the sample in shortest possible time etc.). Finally to improve collaboration among those who work in the emergency department and who perform the analysis. The presentation has a practical, positive, point of view, based on the experience of speakers for several years dealing of poisoning by mushrooms and their problems. Introduzione ASL Milano sviluppa la propria attività in ambito micologico in 3 funzioni distinte. 1) Controllo preventivo in ispettorato micologico e ortomercato, dove i raccoglitori di funghi, in orari e sedi prestabilite, possono far controllare il raccolto. In questa fase, oltre ad effettuare il riconoscimento speciografico, viene fornito un giudizio sulla commestibilità del materiale raccolto, che dipende oltre che dalla specie di appartenenza, anche dallo stato di conserva- zione o dall’eventuale presenza di parassiti. Inoltre vengono fornite indicazioni sulle corret- te modalità di raccolta, conservazione, consumo e anche indicazioni sui caratteri morfologi- ci distintivi per il riconoscimento di specie affini o simili, ma tossiche o velenose. Un momen- to di informazione agli utenti e di reale prevenzione delle possibili intossicazioni fungine. Ad esempio nel milanese è molto apprezzato il “chiodino” (Armillaria mellea s.l.); in sede di controllo vengono fornite informazioni sulle corrette modalità di preparazione (sgambatura e cottura in acqua bollente per 20’ gettando poi l’acqua di bollitura), pratica non da tutti conosciuta, soprattutto in occasione di funghi regalati o per ritrovamenti casuali, magari in abbondanti quantità. 2) Reperibilità micologica nel periodo 1 agosto - 30 novembre, con un micologo che interviene presso i Pronto Soccorso (P.S.) in caso di intossicazione da funghi. Prima della emanazione della circolare 17/SAN 2010 il Laboratorio di Prevenzione era l’unica struttura di riferimento h 24, cui far afferire campioni provenienti da episodi di intossicazione, dai più semplici a quelli più complessi. Con l’emanazione della Circolare 17/SAN 2010 (che ribadisce la ne- cessità dell’istituzione della reperibilità micologica, già indicata nella precedente circolare 11/SAN 2001) è stato istituto a Milano dall’Agosto 2010 il servizio di guardia micologica di 1° livello h 24/24. Il compito in questa fase è cercare di identificare le specie coinvolte nell’epi- sodio d’intossicazione, cercando di reperire i residui del pasto, gli scarti di mondatura, an- che in pattumiera, anche a casa del paziente se necessario, per effettuare un primo ricono- scimento speciografico, eseguire un’accurata indagine epidemiologica, essere di supporto al medico del P.S. e al tossicologo del Centro Antiveleni (CAV) in base alle risultanze evidenziate. Il compito è particolarmente complesso, soprattutto per l’identificazione della/ e specie fungina/e coinvolta/e poiché il materiale a diposizione è già di per se un problema (scarso, cotto ecc.). Nel caso in cui non sia possibile esprimere un giudizio esaustivo sul- l’episodio viene attivato il servizio di 2° livello. I micologi ASL Milano, di prassi cercano sempre di identificare già sul posto i funghi, anche cotti, e i residui di pulitura utilizzando materiale e attrezzature disponibili in P.S. (arcelle, pinze, lampade ecc.). Non ci si limita mai solo a quanto riferito dall’intossicato o suo parente ”non abbiamo nulla a casa”. Tutti i resi- dui disponibili vengono valutati al momento e se necessario inviati successivamente in la- boratorio per analisi di 2° livello. L’obiettivo principale è quello di escludere nell’immediato la presenza di specie tossiche mortali poi, se possibile si procede con l’identificazione della specie coinvolta. Le uniche matrici non analizzate in loco, per intuibili problematiche anche legate alla sicurezza dell’operatore, sono l’aspirato gastrico, il vomito spontaneo e le feci, che devono essere analizzati solo in strutture opportunamente attrezzate (laboratorio). Viene sempre redatta la scheda relativa all’intossicazione con tutti i dati del caso, dal reca- pito telefonico del medico che segue il caso, alla descrizione dei funghi analizzati. La comu- nicazione tra tutti gli operatori coinvolti è fondamentale, poiché permette di poter fare il punto della situazione, come ad esempio conoscere le condizioni del paziente. Tralasciare ad esempio dati semplici come il nominativo del medico e recapito, compromette la velocità di comunicazione tra medico e micologo analista. 3) Il servizio di analisi di secondo livello viene attivato nel caso in cui il micologo in P.S. non sia in grado di esprimere un giudizio esaustivo sul caso. In laboratorio, con l’ausilio di strumen- ti adeguati, si è agevolati nell’affrontare l’analisi ed esprimere un giudizio corretto, ma è

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importante comunque avere la massima collaborazione sia del micologo intervenuto in ospe- dale che del medico del P.S. Dato l’esiguo numero di micologi a Milano non è infrequente che il micologo che si reca in P.S. sia lo stesso che esegue poi l’analisi di 2° livello. Esiste un clima di fattiva collaborazione tra i micologi coinvolti nei due livelli di intervento e non viene richiesto un intervento di secondo livello se non effettivamente indispensabile. Il servi- zio è garantito in orario d’ufficio dal lunedì al venerdì (8 -16) da L.P. ASL Milano e nei fine settimana dal L.P. ASL Milano 1 - Parabiago (orario 8 -16). Essendo le uniche strutture di riferimento di 2° livello sul territorio lombardo, siamo chiamati a rispondere anche per casi fuori dal territorio milanese, o da ospedali fuori provincia o da altre regioni (Veneto, Piemon- te ecc.). Non tutte le ASL hanno un servizio di reperibilità micologica di 1° livello per cui i campioni possono essere inviati al Laboratorio direttamente dall’ospedale senza nessuna valutazione micologica. Fino all’anno 2006 il servizio di secondo livello era garantito da L.P. Milano h. 24/24, 7 giorni su 7, da settembre a novembre, tramite convenzioni con personale abilitato della ASL Monza Brianza. Ad oggi la carenza di personale non permette una repe- ribilità di secondo livello. La scelta aziendale di ASL Milano è stata di impiegare le risorse disponibili per istituire una reperibilità di 1° livello dove spesso l’intervento del micologo è risolutivo. PROBLEMATICHE • Al laboratorio pervengono campioni anche facilmente riconoscibili già con analisi di 1° livello. Ciò dipende in alcuni casi da un atteggiamento “difensivo” del micologo che inter- viene in P.S. senza dare risposta esaustiva al caso, anche quando il campione lo permette- rebbe. Risulta altresì vero che a volte è difficile identificare esattamente funghi freschi che hanno, per le più svariate ragioni, perso le loro caratteristiche morfologiche che li caratte- rizzano (colore, odore, forma, dimensioni, parti e ornamentazioni) e quindi è facilmente intuibile la difficoltà nel riconoscere funghi sottoposti a trattamenti di cottura e/o condizionamento che modificano la maggior parte dei caratteri. Sarebbe opportuno una formazione adeguata in questo specifico settore, con la creazione di appositi corsi basati sul riconoscimento di matrici cotte diversamente preparate. • Non viene più svolto da anni, presso la sede del Laboratorio di Prevenzione, il servizio di visita ai privati cittadini. Presso l’ortomercato, altra sede storica per le visite micologiche in Milano, i giorni di accesso per i raccoglitori sono stati fortemente ridimensionati, causa carenza di personale. La soppressione e la limitazione di orario in queste storiche sedi cittadine, hanno fortemente ridotto il numero degli accessi alle nostre strutture. • Il servizio di visita funghi ai cittadini viene regolarmente garantito per tutta la stagione fungina presso la sede centrale di via Statuto: l’utenza lamenta difficoltà di accesso con la vettura per il pagamento dell’ingresso nella zona centrale della città (Area C) e per carenza di posteggio, solo a pagamento. • Il C.A.V. Milano è riferimento per tutte le intossicazioni, comprese quelle dovute al consumo di funghi, per cui viene chiamato spesso per casi fuori dal territorio milanese. Considerato che non tutte le ASL lombarde hanno istituito la reperibilità micologica, è possibile che il campione venga inviato dal CAV Milano per essere valutato dal micologo reperibile di Mila- no. • Scarsa propensione di alcuni micologi a redigere un referto immediato accollandosene le relative responsabilità, preferendo inviare il campione al laboratorio senza esprimere di fatto nessun giudizio. In alcune schede che accompagnano il campione non viene espresso un giudizio in quanto “fungo cotto” con indicazioni sui generis (“non si esprime giudizio perché il campione è cotto, non è riconoscibile ecc”). In realtà anche nel cotto diversi ele- menti morfologici rimangono invariati ed apprezzabili (es. fungo omogeneo, eterogeneo, imenio chiaro o scuro ecc.). Ovviamente vi sono molti casi in cui viene espressa alta profes- sionalità dai micologi intervenuti sul posto, che già identificano la specie. È buona norma inviare successivamente il campione per escludere la presenza di spore di specie estranee non visibili nel campione in caso di funghi cotti. • Schede di accompagnamento del campione redatte dal micologo in forma incompleta o approssimativa o addirittura mancanza della scheda.

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SITUAZIONE MICOLOGI ASL MILANO Il numero di micologi in forza all’ASL Milano è di 5 unità: • un micologo (dirigente biologo) presso l’ Unità Operativa di Micologia del Laboratorio di Prevenzione (L.P.) di Milano che esegue tra gli altri compiti, analisi ufficiali su campioni di funghi confezionati e nei casi di intossicazioni. Non svolge servizio di reperibilità. • Tre micologi in forza al S.C.I.A.N. (Struttura Complessa Igiene Alimenti e Nutrizione) che coprono il servizio di ispettorato micologico e reperibilità di primo livello nel periodo agosto - novembre. Di questi, 2 sono abilitati anche al 2° livello, per cui frequentemente durante la stagione fungina si recano sia al P.S. che presso il laboratorio. • Un micologo appartenente ad altra Struttura (Servizio Prevenzione e Sicurezza degli Am- bienti di Lavoro) che svolge esclusivamente servizio di reperibilità di 1° livello nel periodo agosto-novembre, senza partecipare al servizio ordinario di ispettorato micologico. È op- portuno precisare che ASL Milano ha affrontato la problematica della carenza di micologi avviando alla formazione specifica due nuovi operatori.

PROBLEMATICHE • Il personale nel corso del periodo di 4 mesi con 4 operatori che svolgono servizio di reperi- bilità di 1° livello, ispettorato micologico, servizio al L.P. per i casi di intossicazioni è sottopo- sto a una turnazione molto serrata che rischia di venir meno al minimo inconveniente (es. malattia di un operatore). • La normativa regionale (Circolari Regione Lombardia 11/SAN 2001 e la recente circolare 17/SAN 2010) prevedono un servizio di reperibilità h 24/24 dal 1° agosto al 30 novembre, che non viene attuato da tutte le ASL lombarde. • Difficoltà del P.S. e del C.A.V. a disporre dei numeri telefonici dei micologi reperibili. Ogni A.S.L. ha un suo numero telefonico che viene comunicato all’inizio della stagione all’ospe- dale. Questo numero deve essere effettivamente disponibile e ben evidenziato nel Pronto Soccorso. • Spesso l’ospedale chiama il CAV per essere informato sul recapito telefonico del reperibile. CASISTICA ASL MILANO La Tabella 2 evidenzia alla colonna sommatoria che la maggior parte dei campioni eviden- ziati in tabella sono cotti o freschi. La percentuale di campioni di aspirato gastrico/vomito è sempre piuttosto bassa, a dimostrazione che nelle intossicazioni è raro che vi siano tutti gli elementi per esprimere un giudizio esaustivo (residui pulizia, cotto, aspirato gastrico) ma quasi sempre solo una parte di questi. La presenza contemporanea di tutti gli elementi sopra indicati rappresenta la condizione

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Tabella 1 INTOSSICAZIONI FUNGINE ANNI 2004-2012 Anno Episodi Campioni Amanita phalloides Lepiota spp. 2004 41 73 1 2 2005 68 92 1 5 2006 33 45 1 0 2007 21 22 0 0 2008 39 49 1 1 2009 24 30 1 0 2010 43 61 8 0 2011 12 18 0 0 2012* 48 60 2 2 Percentuale intossicazione da Lepiota spp. 7,3% (anno 2005), Amanita phalloides 18,5 % (2010)

Tabella 2 MATRICI INTOSSICAZIONI ANNI 2004 - 2012 Anno Campioni Fresco Cotto Σ Secchi Condizionati Aspir. gastrico e/o vomito 2004 73 20 24 44 3 19 7 2005 92 20 44 64 1 11 16 2006 45 13 14 27 2 2 14 2007 22 5 11 16 1 3 2 2008 49 12 22 34 / 5 10 2009 30 6 16 22 / 5 3 2010 61 8 29 37 4 5 15 2011 18 4 5 9 / 1 8 2012* 60 6 38 44 1 3 11 + 1 (feci)

* aggiornati al 19 novembre 2012 ideale in cui operare per poter esprimere un giudizio esaustivo su una intossicazione, ma pur- troppo quasi mai ciò si verifica. Spesso ci si può avvalere solo di uno o due elementi (es. solo aspirato gastrico e informazioni fornite dal paziente e/o dai parenti/commensali). Più elementi ci sono a disposizione, più la refertazione sarà esaustiva e veloce. Di contro, tanto meno sono gli elementi a disposizione tanto più difficile, complessa e lenta sarà la conduzione dell’analisi e la relativa refertazione.

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Foto 1 Foto 2

Nelle due immagini (Foto 1 e 2) sono contrapposte la situazione ideale di un ispettorato micologico, appositamente predisposto per la visita dei funghi con tutto il necessario affinché il micologo possa svolgere il suo compito serenamente ed in condizioni favorevoli, rispetto alla situazione in cui lo stesso si trova comunemente ad operare in un P.S. ospedaliero. In quest’ulti- ma situazione, per lo svolgimento dell’analisi macroscopica, è necessario adattarsi alle circo- stanze servendosi degli spazi ed attrezzature non sempre favorevoli ed in un luogo non ade- guato.

Foto 3 Foto 4 Con le attrezzature disponibili (Foto 3), nel caso specifico, è stato possibile eseguire dei lavaggi sui funghi cotti così da fornire un giudizio immediato al medico di P.S. potendo esclude- re la presenza di specie mortali (Foto 4 campione costituito esclusivamente da Boletus spp.). Il P.S. non è un luogo attrezzato per le visite micologiche e, in via concettuale, il micologo di primo livello potrebbe rifiutarsi di eseguire un controllo analitico per mancanza di idonea attrezzatu- ra; ma evidentemente, questo comportamento si contrappone al carattere di urgenza che l’in- tervento richiede e all’interesse primario di salvaguardare la salute del paziente. Anche in questo caso l’analisi macroscopica “sul campo” (Clitocybe nebularis) ha consen- tito, dopo un semplice lavaggio dei funghi cotti (Foto 5), di esprimere un giudizio di massima già in ospedale, con l’esclusione della presenza di specie mortali. Ciò è stato confermato con il reperimento di preziosi residui di pulitura nei rifiuti (Foto 6) presso l’abitazione dell’intossicato e, in seguito, anche dalla determinazione analitica di 2° livello.

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Foto 5 Foto 6

Foto 7 La foto 7 mostra un campione portato in laboratorio per l’analisi di secondo livello. Con questo genere di matrici è molto importante il contributo del micologo di primo livello che in queste condizioni può assicurare al medico l’assenza di specie mortali (funghi misti fra i quali Marasmius oreades e Clitocybe sez. Candicantes, i colori della foto sono falsati in realtà i fun- ghi apparivano più chiari). Nei casi in cui sussistano le condizioni per esprime un giudizio già al P.S. dell’ospedale ed il micologo dispone comunque l’invio del materiale al laboratorio per l’analisi di secondo livel- lo, viene vanificato il ruolo e la professionalità del micologo stesso, rendendolo equivalente a quello di un commesso che recapita della merce a destinazione.

Foto 8 Foto 9

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Foto 8 e 9. In queste immagini la professionalità del micologo al P.S. è stata rilevante: il paziente era ricoverato per intossicazione a breve latenza per consumo di Armillaria mellea senza adeguato trattamento termico e sgambatura. Dall’analisi dei residui di pulitura fatti ap- positamente pervenire dal micologo in ospedale è stata accertata, oltre alla presenza di “chiodini”, anche di funghi ben più pericolosi vista la presenza di volve a sacco tipiche di Ama- nita phalloides. In laboratorio è stata confermata la presenza del fungo mortale anche nel residuo di pietanza cotto.

Foto 10 Foto 11

Le Foto 10 e 11 si riferiscono ad un campione pervenuto al laboratorio con la seguente scheda di accompagnamento redatta dal micologo di primo livello intervenuto in P.S.: «Non si è in grado di definire la specie visto lo stato di cottura dei residui dei funghi. Si può rilevare la presenza di funghi a lamelle di colore chiaro. Si invia il campione di residui cotti al Laboratorio di 2° livello di Milano». In questa situazione sarebbe stato possibile esprimere una valutazione più precisa già in visita di primo livello, considerato che la pietanza era composta esclusiva- mente da Amanita phalloides e il campione rappresentato in foto è così come è pervenuto in laboratorio, senza nessun trattamento di pulitura o lavaggio. Sinceramente una descrizione così arida del campione che omette anche particolari evidenti determinabili anche su materia- le cotto, appare estremamente riduttiva. Con l’analisi di secondo livello è stato confermato che si trattava di esemplari di Amanita phalloides. Informazioni Tutte le informazioni relative ad una intossicazione vengono riportate su apposite schede compilate dal micologo di primo livello in P.S. con i nomi degli intossicati, i recapiti telefonici, il medico di riferimento, la tipologia di pietanza consumata, i tempi di latenza ecc.; questi dati devono accompagnare il campione di funghi che viene inviato al laboratorio perché sono indi- spensabili all’analista di secondo livello. Purtroppo non sempre giungono in laboratorio cam- pioni di funghi accompagnati da schede complete e correttamente compilate. Spesso non ven- gono presentate affatto ed il campione è accompagnato dal solo foglio di accettazione del pronto soccorso, con qualche scarna e frammentaria notizia da parte del medico, o dal micolo- go intervenuto sul posto. Si ribadisce il concetto che la scheda di accompagnamento è indi- spensabile sia per l’indagine epidemiologica, sia per fornire tutte le informazioni necessarie a condurre in modo consapevole e razionale l’analisi di secondo livello. Il laboratorio di II livello Un laboratorio di micologia di secondo livello deve disporre della seguente strumentazione: lente di ingrandimento illuminata, centrifuga, cappa aspirante, stomacher, vetreria, reagenti, microscopio ad almeno 1000 ingrandimenti, oltre a piccola utensileria. Gli investimenti per adibire alla micologia un settore di laboratorio già attrezzato sono minimi. Si tenga presente

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Foto 12

che nelle analisi eseguite il reagente principalmente utilizzato è il Melzer (per verificare l’amiloidia o la destrinoidia delle spore di generi velenoso mortali) e carte al cloruro ferrico per evidenziare l’orellanina contenuta in funghi mortali del genere Cortinarius (C. orellanus e C. speciossimus). Il fattore limitante nell’operatività di un laboratorio non sono le attrezzature ma piuttosto le risorse umane necessarie al buon funzionamento del servizio. Al momento attuale le risorse umane sono sottodimensionate rispetto ai picchi di richieste nel periodo autunnale. In ASL Milano per formare un micologo di secondo livello è richiesta un’esperienza di almeno 3 anni in ispettorato micologico, più un corso di specializzazione da tenersi in laboratorio in affiancamento ai colleghi che già esercitano la professione. È utile ricordare che spesso i cam- pioni vengono recapitati nel pomeriggio soprattutto quando provenienti da ASL fuori provincia, pertanto le analisi si protraggono fino a sera inoltrata. Al micologo non è riconosciuta nessuna indennità economica o altro genere di riconoscimento per lo svolgimento di questa specifica attività. Pertanto molti operatori sono scoraggiati ad intraprendere questa difficile specializza- zione che comporta una grande responsabilità e impegno analitico. In ultimo è un’attività che necessita di esercizio costante: non è proponibile formare un operatore e collocarlo in servizio senza un adeguato addestramento pratico ed affiancamento con un operatore esperto. Residui di pulitura Riteniamo che i residui di pulizia siano fondamentali per poter esprimere un giudizio esaustivo su una intossicazione perché, anche se si tratta di prodotto in cattivo stato di conser- vazione, è pur sempre “materiale fresco”. Ad un occhio esperto un campione come quello di Foto 13 è fondamentale e permette un notevole risparmio di tempo nello svolgimento dell’analisi. Situazione sensibilmente diversa si verifica quando ci si trova ad operare su materiale cotto nel quale i caratteri tipici di specie sono alterati o falsati dalla cottura. Ne consegue che il lavoro sarà particolarmente lungo e complesso. Questi preziosi reperti

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Foto 13 “freschi” ci consentono di escludere la presenza di specie mortali e costituiscono un valido raffronto con ciò che troveremo negli avanzi del pasto cotto. Purtroppo non sempre i residui reperiti forniscono un valido supporto e in alcuni casi il lavoro di cernita è lungo e difficoltoso (Foto 14), tuttavia è preferibile fare una cernita macrosco- pica piuttosto che passare lunghi periodi al microscopio alla ricerca di spore di funghi “perico- losi” negli avanzi di alimento o nell’aspirato gastrico. Avanzi di pasto L’analista di secondo livello, quando tratta avanzi di alimenti con un misto di funghi a la- melle bianche finemente triturati senza il supporto di residui “freschi”, incontra lo scenario peggiore (Foto 15). Solo chi ha provato questa esperienza capisce quanto sia difficile, comples-

Foto 14 Foto 15

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Foto 16 Foto 17

so e lungo condurre un’analisi su queste matrici. I residui trovati nell’immondizia sarebbero di grande aiuto per fugare eventuali dubbi e ridurre sensibilmente i tempi di analisi. Queste sono le matrici che il micologo all’ospedale è tenuto a reperire ricorrendo ad ogni possibile espe- diente per recuperare materiale prezioso per l’analisi. Nel caso di cui alle immagini 16 e 17 vi erano a disposizione sia residui di pulitura sia l’avanzo del pasto. Il micologo giunto in ospedale ha richiesto l’intervento del secondo livello anche se, oggettivamente, i residui a diposizione indicavano chiaramente ed inequivocabil- mente che si trattava di Armillaria mellea. Il collega intervenuto al p.s. è stato professionale nel raccogliere diversi elementi utili, ma non altrettanto nel chiudere in loco l’indagine, visti gli elementi a disposizione. In questo intervento eseguito in P.S. il micologo, dopo aver separato e lavato i funghi dal

Foto 18 residuo di pasto, ha correttamente individuato il Genere Lepiota (nella Foto 18 la freccia indica l’esemplare più rappresentativo); pertanto i medici hanno potuto agire immediatamente sul paziente applicando il protocollo d’intervento per i casi d’intossicazione falloidea. Il campione è stato poi inviato al laboratorio di 2° livello per l’identificazione speciografica dei funghi (Lepiota brunneoincarnata e L. leucothites) e per escludere l’eventuale presenza di spore di specie nefrotossiche (es. Cortinarius orellanus). È sempre consigliabile consegnare il campione in un contenitore rigido. Il campione non

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Foto 19 Foto 20 adeguatamente protetto può essere soggetto a schiacciamento e deterioramento rendendo ulteriormente difficoltosa l’analisi macro e microscopica. Come ad esempio il campione perve- nuto deteriorato in quanto avvolto in un lenzuolino assorbente (che disidrata i funghi) racchiu- so in una busta di plastica (Foto 19 e 20).

Le matrici Le matrici che provengono da preparazioni culinarie casalinghe e che prevedono tratta- menti estremamente variabili, semplici o complessi, costituiscono per il laboratorio di secondo livello una complicazione. Queste preparazioni modificano più o meno profondamente il pro- dotto alterandone i caratteri in modo tanto più incisivo quanto più forte è il trattamento di pre- parazione, dalla semplice “scottata in pentola” fino al prodotto frullato ridotto in crema come riportato nell’immagine n° 21. È stato possibile eseguire la microscopia previa omogeneizzazione in stomacher del cam- pione con diluizione del preparato. Nel caso specifico, durante le complesse fasi analitiche, è pervenuto “un fungo” prelevato dal frigorifero in casa dell’intossicato (Foto 22) che ha permes- so di condurre l’analisi con maggiore tranquillità, considerato che dalla microscopia si rivelava la presenza di spore di Amanita (non amiloidi). Incrociare i dati raccolti al microscopio con i residui grossolani, ha permesso di stabilire che si trattava di funghi del Genere Amanita, ma di una specie assolutamente commestibile (Amanita caesarea). Giova ricordare che con l’identifi- cazione delle spore non sempre si giunge alla determinazione della specie ma spesso ci si ferma al genere. Nel caso di spore di Amanita, l’amiloidia (colorazione al grigio azzurro della parete sporale col reattivo di Melzer) ci consente di individuare se siamo in presenza di possi-

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bili specie di Amanita mortali (Amanita phalloides, A. verna, A. virosa). Le differenti tipologie di matrici devono essere di volta in volta affrontate con grande spirito di iniziativa perché non possiamo sapere in anticipo quale tipo di preparazione e conservazio- ne ha subito la pietanza oggetto di analisi. Queste sono le difficoltà reali riscontrate in labora- torio, per poter eseguire l’analisi indipendentemente da come arriva il campione, utilizzando

Foto 23 Foto 24

gli strumenti che si hanno a disposizione o che vengono appositamente reperiti a seconda delle necessità. Nel caso specifico si trattava di Armillaria mellea congelata cruda (Foto 23) che ha causato l’episodio di intossicazione e, in laboratorio è stato necessario reperire una pentola per scongelare la massa che si presentava come un unico blocco di ghiaccio (Foto 24). In questi casi il problema opposto (Foto 25, 26, 27), funghi pervenuti in laboratorio già scongelati, portati dai parenti degli intossicati (Armillaria mellea s.l.)

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Frequenti sono le preparazioni “trifolate” (Foto 28 misto di Tricholomataceae) oppure le fritture in olio (Foto 29 Amanita phalloides), dove si rendono necessari ripetuti lavaggi per sgrassare il

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preparato e per togliere la panatura, nel tentativo di ottenere una migliore visione al microsco- pio. I tempi di analisi sono fortemente influenzati dalla natura del campione. Nella Foto 30 un

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evidente cappello di Macrolepiota sp.: l’identificazione viene praticamente effettuata già al- l’apertura del campione e confermata per procedura con l’analisi microscopica. Nella Foto 31 la situazione è più complessa, funghi non riconoscibili macroscopicamente: due specie diverse di funghi a lamelle di colore chiaro e scuro. Dall’analisi microscopica si evidenziano spore riconducibili a Marasmius oreades e Inocybe sp. È intuibile che i tempi di refertazione delle due matrici saranno notevolmente diversi. Anche in questo caso (Foto 32) è stata sufficiente un’analisi macroscopica del preparato per evidenziare la presenza di A. mellea. Il referto viene sempre confermato per procedura interna con l’analisi microscopica. Preparazioni casalinghe sott’olio

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Fuori dal periodo “di stagione”, i casi di intossicazione si registrano a seguito del consumo di conserve casalinghe, in massima parte si tratta di funghi sott’olio (Foto 33 e 37). Queste conserve sono pericolose sia per il contenuto di funghi potenzialmente velenosi, sia per il ri- schio di intossicazione da Clostridium botulinum. Foto 34 particolare fase di lavaggio in acqua calda. Foto 33, 34, 35 e 36 conserva casalinga di misto funghi sott’olio con Cantharellus cibarius, Ramaria spp., Russula spp., Clitocybe nebularis, gr. terreum e verosimilmente Tri- choloma virgatum, Entoloma sinuatum (Foto 36 evidenziato con freccia). Foto 37 - 38 conserva casalinga sott’olio di Armillaria mellea. Generalmente più sono le specie coinvolte maggiore sono le tempistiche analitiche che si possono protrarre per diverse ore (3-4 o più) Aspirato gastrico

Foto 39 Foto 40

L’aspirato gastrico è una matrice ancora più difficile da trattare sia per la complessità ana- litica che per l’oggettiva ripugnanza della natura del campione. In taluni casi l’intossicato non conoscendone l’assoluta inutilità, beve del latte nel tentativo di combattere l’intossicazione pri- ma di recarsi in P.S.: in questi casi il campione ha un odore letteralmente nauseabondo. Ovvia- mente questi campioni vengono trattati sotto cappa nelle prime fasi analitiche come mondatura e lavaggio, ma nelle ultime e decisive fasi (preparazione vetrino) non è possibile lavorare sotto cappa e le condizioni operative sono particolarmente disagevoli perché si è costretti ad opera- re a poche decine di centimetri dal reperto. Nei casi riportati nelle immagini 39 - 40 l’ospedale, anziché collocare il campione in normali barattoli, ha lasciato il materiale direttamente all’in- terno delle sacche che si usano in terapia e ciò costituisce una ulteriore complicazione per la

Foto 41 Foto 42

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difficoltà di estrarre il materiale dai contenitori. Inoltre, nella Foto 40, si nota che il prelevamento del campione è stato eseguito in P.S. dopo il trattamento del paziente con carbone vegetale che ha reso lo stesso inutilizzabile ai fini analitici perché le spore non risultano visibili. Fortunata- mente queste situazioni non si presentano più da diverso tempo, soprattutto grazie alle specifi- che e dettagliate istruzioni operative ed ai protocolli che vengono diramati dal C.A.V. ai vari ospedali che chiedono la loro consulenza. È sorprendente come a volte, negli aspirati gastrici, sia possibile reperire materiale di di- mensioni tali da consentire una identificazione macroscopica dei funghi (Foto 41 e 42 Armillaria mellea). In questi casi infatti le porzioni di cappelli e di gambi raggiungono le dimensioni di diversi centimetri. Con queste aliquote di aspirati gastrici si può apprezzare la notevole differenza con cui si

Foto 43 Armillaria mellea Foto 44 Macrolepiota procera

Foto 45 Armillaria mellea

possono presentare matrici della stessa natura (Foto 46 e 47). Quella di sinistra è praticamente un liquido trasparente, per cui la possibilità di trovare spore sarà molto remota anche dopo centrifugazione, invece quella di destra presenta ancora dei residui alimentari dai quali poter ottenere una risposta analitica concreta. L’aliquota di sinistra per la micologia tradizionale ri- sulta inutilizzabile. In questi casi può risultare utile l’utilizzo di tecniche di biologia molecolare

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Foto 46 Foto 47

applicate all’identificazione dei funghi indipendentemente dalla loro morfologia o stato di conservazione. Vomito spontaneo

Foto 48 Foto 49

Il vomito rappresenta uno dei reperti più importanti in quanto, specie per i primi episodi, è “ricco” di residui fungini (Foto 48 - 49). Purtroppo però, questi primi episodi che avvengono prima che l’intossicato giunga in ospedale, non vengono raccolti e vanno persi. I successivi fenomeni e, in ultima analisi, l’aspirato gastrico sono via via sempre meno ricchi e meno signi- ficativi in termini di presenza di reperti utili ai fini dell’indagine di secondo livello. Feci Si può osservare che in taluni casi l’unico reperto biologico disponibile potrebbero essere le feci, come illustrato nelle immagini n° 50 e n° 51 (campione dopo omogeneizzazione utiliz- zando lo stomacher con aggiunta di acqua distillata), che mostrano alcune delle fasi di prepa- razione. Le spore dei funghi resistono all’azione dei succhi gastrici e della bile ed attraversano il tratto gastro-enterico. La preparazione di detto materiale richiede un meticoloso e difficoltoso lavoro di preparazione di più vetrini, per ricercare le spore fungine eventualmente presenti. Anche in questi casi, una valida alternativa alla difficile identificazione morfologica delle spore (a causa anche della loro probabile degradazione) può essere rappresentata dalla ricerca del DNA fungino all’interno del campione utilizzando specifici protocolli di PCR volti ad individua- re la presenza/assenza di DNA di fungo velenoso mortale.

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Foto 50 Foto 51 Refertazione errata

Foto 52 Foto 53

Dopo aver descritto le difficoltà dell’intervento del primo livello, per fare una costruttiva autocritica, è opportuno citare anche le “difficoltà” che possono emergere nelle fasi di analisi di secondo livello. Le Foto n° 52 - 53 mostrano una pietanza di funghi a lamelle bianche, etero- genei, sicuramente appartenenti al genere Amanita. Dal punto di vista puramente accademi- co, nel caso specifico abbiamo refertato la presenza di A. phalloides basandoci principalmente sulla microscopia avendo accertato la presenza di spore globose amiloidi e non sull’analisi macroscopica e senza confrontarci adeguatamente con i medici del P.S. Anche la micologia di secondo livello ha i suoi limiti intrinseci della natura umana che includono l’eventualità di sba- gliare. Abbiamo quindi il dovere di limitare i margini di errore che possono essere ridotti al minimo con una proficua collaborazione ed un fattivo scambio di informazioni tra medici, micologi e analisti nell’interesse del paziente. Conclusioni È fondamentale la necessità di fornire interventi di formazione adeguati che permettano al micologo di primo di livello di riconoscere oltre ai funghi freschi, anche i campioni cotti, conge- lati o diversamente preparati. In tal modo si possono fornire al micologo di secondo livello preziose informazioni ai fini della refertazione o, in altri casi, una parte degli episodi potrebbero essere filtrati perchè tratta- ti e conclusi già in sede di P.S. con notevole risparmio di tempi e risorse. La gestione organizzativa degli episodi di avvelenamento da funghi potrebbe migliorare

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in modo significativo qualora: • l’analisi del materiale a disposizione al P.S., fosse il più possibile ricca di informazioni, in relazione alla natura del campione; • la ricerca dei residui di pulitura dei funghi fosse eseguita attivamente dal micologo di primo livello; • la compilazione della scheda di intossicazione fosse completa, oltre alle conclusioni anali- tiche anche di tutti i dati (di contorno) necessari (tel. diretto medico referente e fax, descri- zione sintomi, tempi latenza, ecc.); • qualora fosse necessario ricorrere alle analisi di secondo livello, sarebbe auspicabile che a consegnare il materiale al laboratorio fosse lo stesso micologo già intervenuto come primo livello, sia per accorciare i tempi d’intervento, sia per lo scambio diretto di preziose informa- zioni con il collega che eseguirà l’analisi. Per non deteriorare troppo il campione sarebbe preferibile utilizzare contenitori rigidi. In definitiva i vari Servizi che concorrono allo svolgimento di tutta l’attività, cioè: il Pronto Soccorso, il micologo di primo livello, il Centro Antiveleni, il laboratorio di analisi di secondo livello non devono essere considerati come compartimenti separati, ma costituiscono compo- nenti di un team che collaborano tutti insieme per il raggiungimento di un unico scopo che è quello di salvaguardare la vita dell’intossicato. Fotografie: Tutte le fotografie sono state eseguite durante le fasi analitiche di casi reali seguiti dal micologo Massimo Verzolla ([email protected]).

Ringraziamenti Esprimiamo il più sentito ringraziamento a tutti coloro i quali, con preziosi suggerimenti, e con un concreto aiuto, hanno contribuito a una migliore riuscita dell’articolo. In particolare il Dott. Marco Donini, le colleghe dell’ASL Milano: Dott.ssa Maria Grazia Doria, Dott.ssa Maria Teresa Gussoni, Dott.ssa Roberta Casa, Dott.ssa Susanna Cantoni, Dott.ssa Simonetta Fracchia. Dott.ssa Francesca Assisi (C.A.V. Milano), Dott.ssa Sara Epis (Facoltà di Med. Vet. di Milano, Sez. di Patologia Generale e Parassitologia). BIBLIOGRAFIA

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PdM 37.pmd 62 14/01/17, 11.57 PAGINE DI MICOLOGIA Il fegato e l’intossicazione da amatossine

1 2 MARTIN LANGER & F. A SSISI 1Istituto Nazionale dei Tumori - Università degli Studi Milano; 2Centro Antiveleni di Milano Riassunto L’avvelenamento da funghi (Amanita phalloides e specie affini) è associato a grave morbilità ed elevata mortalità. A causa della difficoltà di impostare e seguire studi controllati, è ancora in discussione la fattibilità e l’efficacia di una terapia antidotica. L’amatossina, produce necrosi delle cellule eucariote, legandosi all’RNA polimerasi B e inibendo l’attività enzimatica. Anche se tutte le cellule possono essere danneggiate dalla tossina, l’epitelio intestinale, la cellula epatica ed eventualmente renale, sono più colpite. Il dosaggio dell’amanitina effettuato nel 1975 con metodo RIA nel siero di pazienti intossicati fino a 36 ore dall’ingestione ha dato valori bassi; le tossine sono eliminate attraverso la bile e l’urina, quindi, in questi liquidi biologici sono stati trovati valori più alti. Il decorso clinico è caratterizzato da intenso vomito e diarrea con conseguente disidratazione, dopo una latenza da 6 a 18 ore circa; la disidratazione può determinare insufficienza renale. La necrosi cellulare epatica si evidenzia dopo circa 36 ore dall’ingestione e le transaminasi raggiungono il picco massimo a circa 60 ore, mentre i para- metri della coagulazione si muovono un po’ dopo (da VESCONI ET AL., 1985). Abstract Poisoning by cytotoxic mushrooms (Amanita phalloides and related species) is associated with severe morbidity and a high mortality rate. Due to the difficulty of performing controlled studies, there is considerable debate about appropriate treatment, particularly the feasibility and the efficacy of detoxification. Amatoxins produce necrosis of eukaryotic cells by binding to nuclear RNA polymerase B and inhibiting enzymatic activity. Although amatoxins are equally toxic to all cells, in human poisoning they exhibit an apparent specific toxicity to intestinal epithelium, hepatocytes, and possibly to the kidneys. Amatoxins have been evaluated by radioimmunoassay in the serum of poisoned patients up to 36 hours from ingestion (in 1975) with values of few ng/ ml. Because the toxins are eliminated through bile and urine, higher concentrations than in serum have been found in gastric juice and urine. The clinical course with amatoxin poisoning is characterized by intense vomiting and diarrhea leading to severe dehydration after a latency period of 6 to 18 hours. Dehydration may cause by itself early renal failure. Liver cell necrosis becomes evident about 36 hours after intoxication and transaminases reach peak values at about 60 hours. The prolongation of the prothrombin time and the decrease of the liver-dependent clotting factors is slightly delayed in time. (da VESCONI ET AL., 1985). Le intossicazioni da funghi e le tragiche conseguenze sono conosciute da molto tempo. Dal 1975, anno di vera emergenza sanitaria per i numerosi casi di intossicazione, un’équipe di giovani medici, Giorgio Damia, Domenico Costantino, Luigi Fiume, Gerolamo Sirchia, Martin Langer e un promettente micologo G.E. Leoni, ha cominciato ad affrontare il problema del come tentare di salvare la vita ai pazienti, con tutte le problematiche e incertezze del caso. Non si sapeva ancora quasi nulla sull’amanitina, sulla sua cinetica, su come avvenisse l’azione tossica e soprattutto su cosa potesse contrastarne il devastante danno epatico. Questi medici, con inventiva e dedizione hanno tentato di dare risposte, hanno creato dei modelli di studio che hanno permesso di impostare la terapia più efficace che permettesse di superare la fase acuta dell’insufficienza epatica, affrontando, caso per caso, il grosso dilemma se trapian- tare il fegato oppure aspettarne la rigenerazione. Con lo studio di WIELAND (1978) [13] cominciò a conoscersi qualcosa sulla struttura chimica di amanitina e falloidina e sul loro meccanismo d’azione, ma non si sa ancora si la tossine si legano molto o poco all’albumina, si può dializzare? E, come dosare l’amanitina? Domande cui è importantissimo trovare risposte, per contrastare l’alta mortalità determina- ta dall’ingestione di funghi contenenti amatossine. È molto importante, anche per le ripercussioni sia sulla clinica, sia sulla terapia, aver sco- perto che la tossina, rapidamente assorbita dopo l’ingestione, è eliminata in parte con la diar-

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Fig. 1 - Tossicocinetica dell’amatossina

rea, attraverso l’intestino e con le urine. Una grossa quantità però, attraverso i villi intestinali, passa nel circolo ematico e da qui arriva al fegato dove esplica un’azione citotossica. Viene eliminata con la bile e riassorbita a livello intestinale, creando così un ricircolo entero-epatico (Fig. 1). Il dott. Fiume cominciò a lavorare a un metodo radioimmunologico (RIA) per la determina- zione su sangue e urine dell’amanitina, per il quale si imposta una sistematica raccolta di campioni sia di sangue che di urine, con la costruzione di una sieroteca: cominciano i primi dosaggi di amanitina (amatossine) nel sangue (FIUME & BUSI) [4]. I risultati però erano deluden- ti: poche positività, nessuna chiara correlazione con la gravità clinica dell’intossicazione. Infat- ti, la sopravvivenza o il decesso non sembravano essere correlati con il valore numerico del- l’amanitina plasmatica: valori relativamente bassi, in tempi di prelievo dall’ingestione sovrap- ponibili, davano evoluzioni drammaticamente diverse; in alcuni casi di guarigione completa, in altri di decesso (Fig. 2). Si è provato a dosare l’amanitina, in tempi diversi dall’ingestione, nel liquido gastroduode- nale con risultati riportati nella Tabella 1 [1]. Cominciano ad arrivare i primi risultati importanti che consento di porre dei punti fermi da cui partire per impostare una terapia adeguata [9]: • il dosaggio plasmatico ha dimostrato una positività di circa il 70% nelle primissime ore (12- 18) e una rapida riduzione del valore già dopo 12 ore [4]; ma l’amainitina è rimovibile? (Fig. 3);

Casi N° Concentrazione amatossine (ng/ml) a 12 ore a 24 ore a 36 ore a 48 ore a 60 ore 1 7.8 5.3 2 2.30.4 3 1.20.4 0 4 0.7 5 2.6

Tab. 1: Dosaggio in ng/ml di amatossine nel liquido gastroduodenale, in 5 pazienti, a diverse ore dall’ingestione (da BUSI ET AL., 1979).

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• l’amanitina non si lega all’albumina sierica [5], ma è dializzabile? • la concentrazione della tossina nelle urine si è dimostrata molto alta (100%) nelle primissi- me ore dall’intossicazione con una progressiva e lenta diminuzione, nelle ore successive (dalle 48 ore in poi, potrebbe non essere più dosabile) [4] (Fig. 4).

Effetti tossici sull’uomo L’amatossina produce necrosi delle cellule eucariote, legandosi all’RNA polimerasi B e ini- bendo l’attività enzimatica. Anche se tutte le cellule possono essere danneggiate dalla tossina,

Fig 2 - Farmacodinamica dell’amatossina nelle intossicazioni umane. Variazione del livello di amatossina nel siero, rapportata al tempo dall’ingestione e nei differenti stadi di gravità dell’intossicazione. (da LANGER ET AL., 1980)

Fig. 3 - Percentuale di positività per amatossine nel siero di 14 pazienti ospedalizzati precocemente e con prelievi seriati fino a 60 ore dall’ingestione (da Fiume L ed alt. 1975)

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Fig. 4: Percentuale di positività per amatossine nelle urine di 7 pazienti. I periodi di raccolta erano di 6 ore circa e nessun paziente è stato sottoposto a dialisi peritoneale (da Fiume L ed al 1975)

sono più colpiti l’epitelio intestinale, la cellula epatica ed eventualmente quella renale [6]. Dalla raccolta sistematica dei dati clinici appare un quadro chiaro: l’andamento della necrosi epatica comincia a evidenziarsi dopo le 24 ore e raggiunge il picco massimo entro le 60-70 ore, per poi lentamente decrescere, con miglioramento della coagulazione nelle forme benigne (Fig. 5). Queste curve si ripresentano in maniera costante, con una pendenza proporzionalmente più alta, in rapporto alla gravità del danno epatico. I numerosi casi che hanno impegnato tutto il personale della Rianimazione E. Vecla del Policlinico di Milano, con evoluzioni spesso dram- matiche, fanno porre delle domande all’équipe di esperti: • Come curare gli intossicati? • Come prevedere, prevenire e curare l’insufficienza epatica acuta?

Fig. 5 - Andamento delle transaminasi, bilirubina e coagulazione nell’intossicazione da amatossine

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• Trapiantare subito o aspettare? • Si possono donare reni e cuore di paziente deceduto per intossicazione da A. phalloides? Oltre alla terapia sintomatica e al reintegro delle perdite di liquidi per il vomito e la diarrea allo scopo di correggere la grave ipovolemia, nell’arco degli anni si provano diverse terapie. Si tenta la terapia farmacologica, dalla Penicillina G ad alte dosi (106 U/Kg die), all’acido tioctico (300 mg/Kg die) e alla “Polifarmacoterapia” di Bastien. Per prevenire l’ulteriore assorbimento delle tossine a livello intestinale (ricircolo enteroepatico), sono stati usati purgante e carbone attivato (0,5 g/Kg/ora). I risultati poco soddisfacenti della terapia farmacologica, inducono al tentativo di interven- to rimozionale con la plasmaferesi, per tentare di eliminare la quota legata all’albumina, al fine di ridurre l’esposizione tossica degli epatociti [8]. La logica è che le amatossine possono essere rilevate nel siero entro le 30 ore dall’ingestione, quindi una terapia di disintossicazione dovrebbe idealmente aumentare la quantità di tossina eliminabile. Nella pratica si è dimostra- ta più efficace la diuresi forzata con infusione di liquidi (1 litro ogni 10 Kg di peso corporeo), mentre tecniche come la plasmaferesi e dialisi peritoneale si sono dimostrate inefficaci. I risul- tati di uno studio del 1985 sono riportati nella tabella 2 [9-11]. Questo per quanto riguarda la terapia; non ci sono state risposte esaustive, riguardo alla previsione dell’evoluzione maligna, troppi fattori condizionavano la risposta dei pazienti all’imponente terapia effettuata. Il contesto è radicalmente cambiato quando, alla fine degli anni ’80, all’armamentario tossicologico e della cura sintomatica, si è aggiunta la possibilità terapeutica radicale del tra- pianto di fegato. Questo ha posto nuovi e difficili quesiti sulla scelta dei tempi e la valutazione

53 pazienti (8 bambini) danno epatico assente o lieve 13 danno epatico medio-grave 21 danno epatico grave 19 (di cui) morti 6 (11,3%)

Tab. 2 - Intossicazioni da amatossine: Severity grading (VESCONI ET AL., 1985)

dei rischi. Infatti, in base alle condizioni cliniche di partenza del paziente, se si riesce a dare al fegato il tempo necessario per superare la fase critica, la ripresa funzionale dell’organo è possibile:il fegato “guarisce” in tempi relativamente brevi. Per quanto riguarda invece l’idoneità come donatore di organi del paziente deceduto per epatite da amatossine, sebbene in molti casi l’exitus sia preceduto dallo sviluppo di insufficien- za multi organo (MOF), si è evidenziata una buona ripresa della funzione degli organi prelevati in un paziente deceduto per tale causa. Quindi, soprattutto quando il decesso sopraggiunge entro pochi giorni e prima dello sviluppo della sindrome epatorenale, i pazienti deceduti per sindrome falloidea rappresenterebbero dei potenziali donatori di organi [10]. Conclusioni Dal 1985, riguardo alla terapia, tutto sommato è cambiato poco, si continua a decontaminare con lavanda gastrica e carbone e resta indispensabile il reintegro delle perdite di liquidi. La plasmaferesi e la dialisi peritoneale, come strumenti per rimuovere l’amanitina, sono state abbandonate. Resta ancora controverso l’uso degli “antidoti”: abbandonata la Penicillina G, per alcuni Autori resta valido l’Acido Tioctico, per altri la Silimarina, per altri il Fluimucil, per altri ancora un mix polifarmacologico, ma al momento nessuno studio controllato ha dato certezze sulla valenza antidotica di questi farmaci. Quello che però ci sentiamo di affermare è che la differente risposta, a qualunque terapia medica, del fegato danneggiato dall’amanitina, è condizionata dal precoce inizio della terapia

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decontaminativa e infusionale, quindi una precoce diagnosi e conseguente corretta impostazione terapeutica rivestono un ruolo indispensabile per la salvezza di questi intossicati. BIBLIOGRAFIA

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PdM 37.pmd 68 14/01/17, 11.58 PAGINE DI MICOLOGIA Acute reversible interstitial nephritis due to Amanita boudieri ingestion - case report and toxicological investigation

PATRÍCIA CARRILHO* & MARTIN KIRCHMAIR** * Centro Ospedaliero di Setubal, Setubal (Portogallo) ** Università Leopold-Franzens - Istituto di Microbiologia, Innsbruck (Austria)

Abstract INTRODUCTION AND AIMS: The authors describe two cases of acute renal failure due to ingestion of mushrooms of the genus Amanita, from Portugal. The cases were originally published in “Nephrology Dialyses and Transplantation” 27 (2012, 1380 ff.) [1]. The clinical picture was characterized by nausea and vomiting starting 10-12 hours after the ingestion, severe acute renal failure and mild hepatic cytolysis. Renal biopsy showed acute interstitial nephritis and tubular necrosis. One patient was submitted to temporary hemodialysis, and the two have fully recovered their renal function over 3-4 weeks. The mushrooms could be identified as A. boudieri and A. gemmata. Acute reversible renal failure has been known after ingestion of the North American A. smithiana. Detection methods for its toxin are available, although its chemical characterization is only partly known. METHODS: Using original material of A. smithiana as reference, seventeen Amanita species of different taxonomical sections were analysed by thin layer chromatography (TLC), for the presence of toxin. RESULTS: The toxin could be detected in the Mediterranean A. gracilior and A. boudieri, as well as in A. echinocephala. No A. smithiana toxin could be detected in the nephrotoxic A. proxima. In the presented case reports, intoxication due to A. boudieri ingestion is therefore most likely. CONCLUSIONS: Mushroom intoxications resulting in renal failure usually have been traced back to an ingestion of webcaps belonging to the Cortinarius orellanus group (Orellanus syndrome), where the clinical picture is delayed onset (1 to 3 weeks) of severe and often irreversible renal failure, with end-stage renal disease occurring in 60 % of patients. Amanita proxima intoxications are clinically and pathologically very similar to Amanita smithiana, and the ones herein reported, where acute reversible renal failure and mild hepatic cytolysis predo- minate. We suggest a new designation Amanita nephrotoxic syndrome for intoxication with white Lepidellas and for poisonings caused by the unknown toxin(s) of A. proxima, to allow clinical distinction from Orellanus syndrome, with a worse renal prognosis. Introduction Collecting wild mushrooms has a long tradition in many European countries. Several “old wives’ tales” like testing the fruiting bodies with a silver spoon or checking for damage are still used to distinguish edible and poisonous mushrooms. These practices together with trying unknown edible mushrooms with the help of a pictorial field guide, can lead to severe mushroom poisonings. Macro-fungi can hardly be reliably identified by comparing pictures with specimens from the wild, and more important, the “gastronomic value” of rarer species is not known and new poisonous species are discovered once in a while. Within the genus Amani- ta toxic mushrooms causing different syndromes are known: Mushrooms of Sect Phalloides (“death caps”) cause fulminant hepatic failure, while - at least in Europe - severe renal failure is reported after the ingestion of poisonous webcaps (Cor- tinarius spp., Sect. Orellanoides)2. The North American A. smithiana and the Mediterranean A. proxima are repeatedly reported to be nephrotoxic3,4. The clinical picture is usually characterized by an early onset of gastrointestinal symptoms, acute severe but reversible renal failure and mild hepatitis. We report the detection of a nephrotoxin in Amanita mushrooms of hitherto unknown edibility or toxicity and complement these findings by case reports. Case reports: A 51 year old woman and her 47 year old husband, previously healthy, collected mushrooms in a small forest, near Lisbon, in Portugal. They had two cooked mushroom meals

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(dinner and next day’s late lunch), ingesting approximately 500g of mushrooms in total. The woman complained about anorexia and nausea around 12h after the 1st meal. The symptoms worsened, and she started vomiting around 36h after the first meal. Five days later, as the complaints still maintained and she additionally noticed a reduction of diuresis and weakness, she went to hospital. On admission, she was normotensive, apparently euvolemic, afebrile, without relevant findings on physical examination. First laboratory tests revealed a severe renal failure with creatinine 11.7 mg dL1, BUN 68.18 mg dL-1 and mild hepatic cytolysis with elevation of ALT 64 U L-1 (10-35) and AST 47 U L-1 (10-35). Urinalysis revealed density 1010, pH 5.5, trace blood and protein. Urine microscopy showed >75 white blood cells µL-1, 10 red blood cells µL-1, and no casts. No pathogens were grown on culture of urine or stool. Renal ultrasound showed the left kidney to be 123 mm in length and the right kidney 122 mm. Both were echogenic with prominent renal pyramids and no hydronephrosis. Hemodialysis was initiated, through a temporary right internal jugular vein dialysis catheter. On the presumption that she had eaten an orellanin containing mushroom, therapy was began with anti-oxidant and steroids, as suggested by Kilner et al.10. The patient was started on prednisolone 60 mg once a day and oral N-acetylcysteine 600 mg every 6 hours. Her renal function improved over the course of the next days, and she became independent of dialysis 5 days after admission (10 days after mushroom ingestion; BUN 45.02 mg dL-1 and a creatinine of 2.2 mg dL-1). After 2 months her BUN was 15.9 mg/dl, and creatinine 1.0 mg dL-1. The patient’s 47-year-old husband, who had ingested a smaller amount of the mushroom meals, had mild dyspepsia and anorexia, and he did not spontaneously seek for medical help. He was asked to be submitted to clinical and laboratory evaluation. He was also found to have significant renal impairment ( BUN 50.0 mg dL-1, creatinine 8.6 mg dL-1) and mild elevation of ALT (69 U L-1) and AST (32 U L-1). His urinalysis revealed pH 5.5, density 1020, trace protein and on microscopy some erythrocytes and rare leukocytes. Other laboratory tests were normal. His physical examination was unremarkable. He was not submitted to dialysis. The same treatment with prednisone and oral N-acetylcysteine was initiated. On the 4th day of admission, a biopsy of his left kidney was made. It showed marked focal interstitial lymphocytic infiltrate with areas of tubular necrosis. The glomeruli appeared normal, apart from one ischemic glomerulus. Arterioles were normal. Immunofluorescence for immunoglobulin deposits and complement was negative. These aspects were compatible with acute interstitial nephritis. His renal function improved, with serum creatinine of 4.5mg dL-1 at day 10 after ingestion of mushrooms. Two months later his serum creatinine was 0.8 mg dL-1. After discharge, patients collected some mushrooms at the original place for identification. Specimens were identified at the Jardim Botânico (NMNH) of Universidade de Lisboa as Amani- ta boudieri Barla (Figure 3) and A. gemmata (Fr.) Bertill. Later, staff from the Jardim Botânico accompanied the patients to the field and asked them to point at the mushrooms they had picked. Again, the same two species were collected. Material and Methods: Material examined Peck: IB 2000/0537 (NC). A. boudieri Barla: LISU n._ 211410 (Portugal). A. chlorinosma (Peck) Lloyd: IB 2000/0506 (NC). A. citrina Pers.: no voucher material (Italy). A. echinocephala (Vittad.) Quél. (= Amanita solitaria s. auct. mult.): IB 2001/0264 (Italy); IB 1977/ 0203 (France, Provence); IB 1995/1093 (Austria); IB 2010/0110 (Italy). A. gemmata (Fr.) Bertill.: LISU n._211411 (Portugal). A. gracilior Bas: IB 1996/0255 (France). A. lepiotoides Barla s. Gilbert, Cetto: IB 1979/0869 (Italy); IB 1980/0861 (Italy). A. lepiotoides Barla: IB 1978/0561 (Italy); IB 1977/ 0311 (Italy); IB 1977/0180 (Italy); IB 1976/0480 (Italy). A. muscaria (L.) Lam.: IB 2002/0161 (Au- stria). A. ovoidea (Bull. : Fr.) Quél.: IB 1982/0532 (France); IB 1972/0476 (Israel); MA-Fungi 53355 (Spain); MA-Fungi 68917 (Spain). A. phalloides (Vaill.) Link: IB 2007/0350 (Austria). A. proxima Dumée: MA-Fungi 74268 (Spain), MA-Fungi 69238 (Spain). A. rubescens (Pers. : Fr.) Gray: IB 2005/0624 (Italy). A. singeri Bas: IB 1986/0540 (Italy). A. smithiana Bas (= A. solitaria s. Hotson 1936): IB 1995/0357 (OR). IB1991/0995 (OR, voucher material of Pelizzari et al. [22]). A. strobiliformis (Paulet ex Vittad.) Bertill. (= A. solitaria s. CL 1960): IB 2010/0020 (Austria), IB 1998/0504 (Austria). Amanita vaginata (Bull.) Lam.: IB 2005/0647 Italy). Amanita vittadini (Mor.)

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Sacc.: IB 1998/0766 (Spain), IB 1998/0830 (Spain). Thin layer chromatography (TLC): Dried basidiomata (0.1 g) were ground and suspended in 1 mL 50% watery methanol for 30 min. This raw extract was filtered and 2 µL were spotted onto TLC plates (silica gel 60, Merck 105721) or HPTLC plates (high performance TLC plates; silica gel 60, Merck 105631). Chromatograms were developed using methanol- isopropanol- water-acetic acid-acetic acetate (5:8:12:15:40) as solvent system [5]. According to Pelizzari et al [5], who tested the toxicity of the different TLC spots on renal cell cultures, the A. smithiana toxin

can be detected at an Rf = 0.44 by spraying developed TLC plates with a ninhydrine solution, Ehrlich reagent, Morgan-Elson reagent or anisic aldehyde sulphuric acid. The toxin stains orange- red with ninhydrine reagent, yellow with anisic aldehyde—sulphuric acid and yellow with Morgan- Elson reagent. As reference for the A. smithiana toxin, a raw extract of voucher material of A. smithiana [5]. The detection of amatoxins and phalloidine was carried out according to [6]: 2 µL fruiting body extract were spotted onto TLC-plates (silica gel 60,Merck 105721) using 2- butoxyethanol-25%watery ammonium hydroxide (7:3) plus 0.2% v/v cinnamic aldehyde as solvent

system. Amatoxins can be detected as violet spots at Rf=0.39 (á-amanitin) or Rf= ¼ 0.33 (ß- amanitin) after exposing the chromatogram to HCl vapour. Results The A. smithiana toxin could be detected in fruiting body extracts of all collections of A. smithiana, A. gracilior, A. boudieri and A. echinocephala. All these species are closely related and belong to the section Lepidella. In extracts of the edible Lepidella A. strobiliformis, the toxin was not detectable. The A. smithiana toxin was not detectable in the nephrotoxic A. proxima, a species of section Amidella and in any other species investigated in this study. Amatoxins and phalloidin could be detected only in A. phalloides. Discussion: Several Amanita spp. of the section Lepidella are known to cause renal failure including the North American A. smithiana, which is the best known among these nephrotoxic species [4, 7]. The symptoms of our patients conform to those known from A. smithiana intoxications. These symptoms start with nausea and vomiting 2-12 h (average 6 h) after the mushroom meal. Renal failure occurs 2-6 days (average 3.5 days) after ingestion. Patients receive supportive treatment, usually requiring temporary haemodialysis, but their prognosis is good. Also, the second patient developed a minor renal disorder obvious by slightly increased creatinine but no haemodialysis was necessary. Both patients recovered fully. Until recently, no nephrotoxic European species of section Lepidella has been identified. The Portuguese patients had symptoms characterized by reversible severe acute renal failure due to acute interstitial nephritis and mild hepatic cytolysis diagnosed 5 days after ingestion of the mushrooms. The mushrooms responsible for the intoxication could be identified as Amanita boudieri by examining mushrooms re-collected by the patients. The A. smithiana toxin could be detected in the dried fruiting bodies. Another case report of probable ingestion of a mushroom belonging to section Lepidella (Amanita echinocephala) has been described by the authors of this article [1], and the same toxin was identified: The patient, a 55 year-old woman from Germany, exhibited similar symptoms as the Portuguese patients, with nausea and vomiting starting 6 to 10 hours after the meal. Kidney biopsy showed massive acute tubular necrosis and interstitial inflammation, and she required temporary hemodialysis, with full recover of renal function after 20 days [1]. Renal failure can also be caused by Amanita spp. Section Amidella. Most intoxications are reported from Southern Europe where A. proxima can be confused with the morphologically very similar, edible A. ovoidea [4]. The nephrotoxin of Lepidella mushrooms is usually thought to be the allenic norleucine 2- amino-4,5-hexadienoic acid (e.g.[8]). But, there is evidence that A. smithiana toxin is not identical with the allenic norleucine: (i) the toxicity and/or content of the in fruiting bodies are too low [9]. The LD50 of 2-amino-4,5-hexadienoic acid is >50 mg kg_1 (guinea pig, intraperitoneal) [9], which is high when compared to the fungal nephrotoxin orellanine (LD50=8.0 mgkg-1 guinea pig, intraperitoneal) [10]. A. smithiana contains 0.1% allenic norleucine [9], while the orellanine content of C. rubellus is 1.2% dry weight_1 [11]. The deadly dose rate for a 80 kg person would therefore be 4 kg dried A. smithiana mushrooms (~400 fruiting bodies). (ii) In the hepatotoxic (but not nephrotoxic) A. abrupta [12], the allenic norleucine was detected, but the

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A. smithiana toxin could not be detected in our study. The exact nature of A. smithiana toxin remains unclear. The toxin reacts with ninhydrine on TLC, which argues for amino groups. Pellizari et al. [4] misinterpreted the toxin as an amino sugar, which can be detected by the specific red staining with Morgan-Elson reagent [13] but the A. smithiana toxin stains yellow. Future studies are necessary to elucidate the nature and the mode of action of the toxin. It is important for the medical community to be aware of nephrotoxic mushrooms of the genus Amanita. We identified three nephrotoxic species besides A. smithiana and A. proxima: the strictly Mediterranean species A. boudieri and A. gracilior and A. echinocephala, a known from temperate regions all over Europe. Although there are some slight differences in the clinical picture, they are not useful for diagnostic or prognostic purposes, due to considerable overlap. Amanita proxima intoxications are clinically and pathologically very similar to Amanita smithiana, and the ones herein reported, ie, they are characterized by an early onset of gastrointestinal symptoms, mild hepatic cytolysis and severe but reversible acute renal failure due to acute interstitial nephritis. We suggest the new designation Amanita nephrotoxic syndrome for intoxication with white Lepidellas and for poisonings caused by the unknown toxin(s) of A. proxima, to allow clinical distinction from Orellanus syndrome, with a much worse renal prognosis.

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PdM 37.pmd 72 14/01/17, 11.58 PAGINE DI MICOLOGIA Biosynthesis of cyclic peptide toxins of lethal Amanita mushrooms

JONATHAN D. WALTON, HONG LUO, SUNG-YONG HONG, ROBERT M. SGAMBELLURI Department of Energy Plant Research Laboratory, Michigan State University, E. Lansing MI 48824 U.S.A. ABSTRACT Most fatal mushroom poisonings are due to species of Amanita in section Phalloideae. The active compounds are the amatoxins such as alpha and beta-amanitin. These compounds, and the related phallotoxins, are bicyclic peptides. We identified the genes responsible for the biosynthesis of the amatoxins and phallotoxins by genome sequencing of . The toxins are synthesized on ribosomes as 34 or 35-amino acid proproteins and then post- translationally modified. The protease responsible for the initial cleavage was identified as a prolyl oligopeptidase. The genome survey sequence indicates that A. bisporigera can make dozens of cyclic peptides using the same biosynthetic machinery. Galerina marginata, on the other hand, which also makes alpha-amanitin (but not phallotoxins) has only two genes for alpha-amanitin and no extended family of related genes.The sequences of the alpha-amanitin genes of A. bisporigera and G. marginata are not similar outside the toxin-encoding region (IWGIGCNP) itself and the four immediate upstream amino acids. Keywords: Amanita, section Phalloideae, A. bisporigera, A. phalloides, A. ocreata, Galerina, G. marginata, Conocybe apala, amatoxin, amanitin, phallotoxin, phalloidin, phallacidin, peptide, prolyl oligopeptidase. Introduction Amatoxins such as α-amanitin (Fig. 1A) are the poisonous compounds in species of section Phalloideae in the genus Amanita. The human LD50 for α-amanitin is ~0.1 mg/kg, and one mushroom can contain a fatal dose of 10-12 mg (Wieland, 1986). More than 90% of the fatal mushroom poisonings worldwide are due to amatoxins. There are several forms of amatoxins, which differ in their pattern of hydroxylation and/or in containing Asn instead of Asp. Amatoxins are also made by mushrooms in Lepiota sect. Ovisporae, Galerina sect. Naucoriopsis, and Conocybe filaris. Among the Agaricales (gilled mushrooms), these other fungi are not closely related to Amanita or to each other. Toxicity of Amatoxins Fatal human poisonings have been reported in recent years from Australia, Europe, North America, and Asia (ENJALBERT ET AL., 2002). Dogs are also frequent victims. A number of factors contribute to the high rate of poisonings and associated mortality, including the abundance of the mushrooms at certain seasons and in certain locations; their attractiveness to wild mushroom foragers; the high concentration of amatoxins in the mushrooms; the resistance of amanitins to all forms of cooking and to the digestive tract; delayed onset of symptoms (24-48 hr); their rapid absorption by cells, especially liver cells; and their strong inhibitory affinity for an essential enzyme, RNA polymerase II (pol II) (BUSHNELL ET AL., 2002). Amatoxins survive the digestive tract and are actively imported into liver cells (KRÖNCKE ET AL., 1986). They are defining inhibitors of eukaryotic RNA polymerase II (pol II); the crystal structure of pol II complexed with α-amanitin has been elucidated (BUSHNELL ET AL., 2002). Without prompt intervention, amatoxins cause liver failure and death in 3-7 days (ENJALBERT ET AL., 2002). Liver transplants are often the only option if more than 48 hr has elapsed. Human poisonings due to amaoxin-producing species of Lepiota and Galerina have also been reported. A group at the Dominican hospital in Santa Cruz, California, led by Dr. Todd Mitchell, has successfully treated amatoxin poisonings with Legalon-Sil, an injectable form of silymarin (milk thistle extract) originally imported into the US from Germany on emergency approval from the U.S. Food and Drug Administration (MENGS ET AL., 2012). Some species of Amanita sect. Phalloideae also make phallotoxins such as phalloidin and phallacidin (Fig. 1B). The phallotoxins are structurally related to amatoxins, but contain 7 instead

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Fig. 1. Structures of (A) a-amanitin and (B) phallacidin. All amino acids have the L configuration except D- hydroxyAsp in phallacidin (D-Thr in phalloidin).

of 8 amino acids, a sulfide (thioether) instead of a sulfoxide in the cross-bridge between Trp and Cys, and one amino acid with the D configuration. Phallotoxins stabilize F-actin, and fluorescent conjugates of phalloidin are commonly used to study the actin cytoskeleton. Identification of the genes for amatoxins and phallotoxins It was previously assumed that the Amanita toxins are made by a nonribosomal peptide synthetase (NRPS) like all other known fungal cyclic peptides (e.g., WIELAND, 1986). We sequenced ~80 MB of genomic DNA from Amanita bisporigera. We found no evidence for any NRPS. Instead, we found nucleotide sequences that could encode directly the amino acid sequences of α- amanitin (IWGIGCNP) and phallacidin (AWLVDCP). Both genes have three similar canonical introns and the cDNAs have polyA-tails. The primary translation products of AMA1 and PHA1 are 35 amino acids (AMA1) and 34 amino acids (PHA1) (Fig. 2). AMA1 and PHA1 are present in all tested species of Amanita sect. Phalloideae but in no other species of Amanita, including sect. Validae, the sister group to sect. Phalloideae (HALLEN ET AL., 2007). This result provides a molecular explanation for why Amanita species outside of sect. Phalloideae do not make amatoxins or phallotoxins. Using the conserved upstream and downstream amino acid sequences of AMA1 and PHA1 as queries (Fig. 2), we found at least 15 new related sequences and another 10-15 partial sequences in A. bisporigera. All of them have an upstream conserved consensus sequence and a downstream conserved consensus (Fig. 3). The putative toxin regions, which start immediately downstream of an invariant Pro residue and end just after an invariant Pro residue, are more

Fig. 2. Amino acid sequences derived from cDNAs for (A) AMA1 and (B) PHA1. The amino acids found in the final mature toxins (alpha-amanitin and phallacidin) are underlined. (C) Alignment of the proproteins of AMA1 and PHA1 (a single amino acid gap has been introduced in PHA1 because phallacidin has one amino acid fewer than amanitin.) From HALLEN ET AL. (2007).

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Fig. 3. Alignment of of 15 predicted “MSDIN” sequences from Amanita species. Because the alignment algorithm requires that all sequences have the same length, one, two, or three X’s were placed within the toxin region before the second conserved Pro residue for toxin peptides of nine, eight, or seven amino acids, respectively. Reprinted with permission from LUO ET AL. (2009).

variable compared to the upstream and downstream sequences. The hypervariable regions contain seven to ten amino acids, and all twenty proteinogenic amino acids are represented at least once (Fig. 3). We have demonstrated that at least two of the new “MSDIN” sequences (Fig. 3) are expressed at the mRNA level. PCR and degenerate primers based on the conserved regions were used to isolate related genes from A. phalloides and A. ocreata, both of which are in sect. Phalloideae. Two of these are predicted to encode α-amanitin (IWGIGCDP) and phalloidin (AWLATCP) (HALLEN ET AL., 2007). The results shown in Fig. 3 suggest that species of Amanita sect. Phalloideae have the capacity to synthesize small, cyclic peptides in addition to amatoxins and phallotoxins. In fact, at least four other cyclic peptides have been reported from A. phalloides. We found a potential gene encoding the sequence FFQPPEFRPP, which is 70% identical to the cyclic decapeptide antamanide, cyclo(FFVPPAFFPP), which protects mice against injected phalloidin (WIELAND, 1986). Processing of the Amanita proproteins by a prolyl oligopeptidase The flanking Pro residues are completely conserved (Fig. 3). This suggested that the initial step of processing of the proprotein leading to maturation of the final peptide might be catalyzed by a proline-specific protease. We purified an enzyme that correctly cleaves a synthetic proprotein from the phallotoxin-producing fungus Conocybe apala (=C. lactea), which grow abundantly in the lawns of Michigan State University. The enzyme is a member of the prolyl oligopeptidase (POP) family known previously from bacteria, plants, and (LUO ET AL., 2009). Amatoxin production by fungi outside the genus Amanita Within the genus Amanita, only section Phalloideae produces Amanita toxins. Galerina marginata produces amatoxins but not phallotoxins (BENEDICT ET AL., 1966). This fungus is a valuable experimental system for elucidating the biosynthesis and regulation of amatoxin biosynthesis because, unlike Amanita, it is saprophytic and grows and produces amatoxins in culture (MURAOKA & SHINOZAWA, 2000). Galerina spp. sometimes cause mushroom poisonings. We identified a genomic sequence that could encode α-amanitin (GmAMA1) (Fig. 4) (LUO ET AL., 2012). Comparison of the DNA and amino acid sequences of AMA1 and GmAMA1 indicates that amatoxins in Galerina are also made on ribosomes. However, the upstream and downstream sequences are much less well conserved, although the four amino acids immediately upstream of the toxin region (TRLP) are conserved (Fig. 4). This might be an indication that these amino acids are important for processing of the proproteins.

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Fig. 4. Comparison of the predicted amino acid sequences of AMA1 from Amanita bisporigera and GmAMA1 from Galerina marginata (LUO ET AL., 2012).

Amanita toxin biosynthesis in relation to other small, ribosomal peptides Small, modified, biologically active peptides that are synthesized on ribosomes have been identified from several sources, including bacteria, spiders, snakes, cone snails, and amphibian skin (CRAIK, 2010; ESCOUBAS, 2006; MCINTOSH ET AL., 2009; OLIVERA, 2006; SIMMACO ET AL., 1998). Like the Amanita toxins, these peptides are synthesized as precursor proteins and some undergo post-translational modifications similar to those of the Amanita toxins, such as hydroxylation and epimerization. However, in many other respects, both chemically and biosynthetically, they are different from the other known ribosomally-encoded peptides. Furthermore, they are the first known ribosomal peptides from the Kingdom Mycota. Acknowledgements Research in our lab on the Amanita toxins is supported by grant DE-FG02-91ER20021 to the Plant Research Laboratory from the Division of Chemical Sciences, Geosciences and Biosciences, Office of Basic Energy Sciences, Office of Science, U.S. Department of Energy, and by grant 1R01-GM088274 to JDW from the National Institutes of Health, General Medical Sciences. BIBLIOGRAPHY

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PdM 37.pmd 76 14/01/17, 11.59 PAGINE DI MICOLOGIA Metodo molecolare per valutare la presenza dell’amanitotossina in funghi del Genere Amanita

1 2 1 SARA EPIS , CATERINA MATINATO & DAVIDE SASSERA 1Università degli Studi di Milano 2IRCCS Fondazione Ospedale Maggiore Policlinico di Milano

Il consumo sempre maggiore e frequente dei funghi è spesso causa di intossicazioni: ogni anno infatti, vengono riportati numerosi casi di avvelenamento e/o di decesso, attribuibili per lo più alla superficialità dei cercatori di funghi amatoriali che, ignari del reale pericolo, finiscono per consumarli senza un serio controllo micologico. Questo comune problema si può prevenire o comunque contenere, solo se la diagnosi dell’intossicazione viene effettuata in un breve lasso di tempo. In questo articolo, vi presentiamo una panoramica della possibile applicazione di metodi molecolari al fine di offrire un supporto al lavoro dei micologi. Negli ultimi anni si è registrato in costante crescita il consumo di funghi in cucina, grazie soprattutto al loro valore nutrizionale e commerciale. In Europa, la maggior parte delle specie di funghi sono commestibili, mentre meno di 100 sono note per essere velenose e circa 35 di queste contengono amanitotossine. Per questo motivo, l’ingestione di funghi di origine sconosciuta o di dubbia commestibilità, può rappresentare un grave rischio per la salute: alcuni funghi non sono infatti solo tossici, ma qualora ingeriti, possono diventare molto velenosi o addirittura letali. L’avvelenamento da amanitotossina, ad esempio, è un problema a livello mondiale; tanto che ogni anno si segnalano circa 50-100 casi di morte, la maggior parte in Europa e Nord America, ma anche in Africa, Asia e Australia. In generale, l’identificazione morfologica dei funghi è un compito molto laborioso e necessita di un’approfondita conoscenza: necessaria dunque risulterebbe la figura del micologo specializzato. È altresì importante che l’identifica- zione di specie di funghi velenosi sia la più rapida possibile per poter consentire un idoneo adeguato trattamento medico nella struttura ospedaliera. Sfortunatamente, spesso succede che le caratteristiche morfologiche essenziali per l’identificazione non siano ben chiare (il nu- mero di spore disponibili è limitato e/o la loro morfologia generalmente viene alterata a causa delle condizioni ambientali). Qualora l’ analisi morfologica dei funghi in esame fosse inconclu- dente sarebbe necessario, per verificare la causa di avvelenamento, ricorrere ad uno strumen- to che non dipenda dalla morfologia stessa. La real-time PCR si è rivelato un utile metodo molecolare per identificare i funghi, proprio indipendentemente dalla loro morfologia. I funghi vengono anche spesso utilizzati nella produ- zione di una vasta gamma di prodotti alimentari, soggetti dunque a frodi (utilizzando ad esem- pio specie comuni o di minor pregio nella produzione). Spesso infatti accade che, i funghi più costosi come il tartufo bianco, siano soggetti a frode, in particolare, vengono sostituiti con tartu- fi cinesi, meno profumati del tartufo europeo ma molto più economici. Il metodo molecolare di real-time PCR può quindi essere utilizzato anche per la tracciabilità degli alimenti e la scoperta di frodi relativa al consumo di funghi commestibili. Questo lavoro riporta le recenti applicazioni di tecniche molecolari (basate sull’identificazione del DNA e non dipendenti dalla morfologia) volte all’identificazione di diverse specie di funghi cotti in matrici, quali prodotti alimentari o aspirati gastrici, al fine di offrire un valido strumento che supporti ed integri il lavoro dei micologi. Per individuare i funghi nei prodotti trasformati, diversi autori hanno proposto l’utilizzo di speci- fici protocolli di PCR quantitativa mediante amplificazione della regione genica ITS rDNA che comprende i geni spaziatori non codificanti. Questo rapido approccio di real-time PCR rappresenta un metodo efficace per la quantificazione di un gene, basandosi sul rilevamento di segnali fluorescenti emessi durante la fase esponenziale di amplificazione del DNA. Omphalotus japonicus, Entoloma rhodopolium, e Tricholoma ustale sono funghi velenosi responsabili di circa l’85% del- le intossicazioni causate da funghi in Giappone. MAETA ET AL. (2008) hanno proposto un’identifi- cazione molecolare specie-specifica delle suddette specie (fresche o cotte), utilizzando quattro coppie di primers, una per ciascuna delle specie bersaglio. Per convalidare il loro metodo, gli

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Autori di questa ricerca hanno applicato il protocollo usando corpi fruttiferi freschi e cotti (al forno, saltati in padella, in tempura e dopo lunga frittura), ottenendo un’amplificazione specifi- ca per ogni coppia di primers da tutti i campioni di fungo analizzati. Trattasi del primo studio in grado di ottenere il rilevamento del DNA fungino in funghi sog- getti a diverse forma di cottura utilizzando un protocollo molecolare; la real-time PCR ha dimo- strato di essere il metodo più adatto per l’identificazione di specie in tutti i tipi di prodotti indi- pendentemente dai processi ai quali questi sono stati sottoposti. EPIS ET AL. (2010) hanno dimostrato che la tecnica di real-time PCR può essere utilizzata anche per l’identificazione di funghi tossici, non solo in campioni di diversi cibi cotti, ma anche in campioni clinici (quali aspirati gastrici), sostenendo dunque il lavoro di identificazione del micologo. Sovente, le analisi condotte su materiale di difficile identificazione, come nel caso di funghi cotti o aspirati gastrici di pazienti avvelenati, finiscono per essere problematiche a cau- sa del basso numero di spore e della loro alterazione. In Italia, nel decennio 1996-2006, sono stati segnalati circa 10.000 casi di avvelenamento da funghi, di cui il 15% causati da funghi dei generi Lepiota, Amanita e Inocybe, confusi solita- mente con funghi simili commestibili (dati registrati presso la Sezione di Micologia, Laborato- rio di Sanità Pubblica di Milano, Italia). Partendo da quattro set di primers, ognuno dei quali specifico per le specie di funghi tossici Amanita phalloides, Lepiota cristata, Lepiota brunneoincarnata e Inocybe asterospora, EPIS ET AL. (2010) hanno proposto dei protocolli che sono risultati essere altamente specifici, sensibili ed in grado di rilevare 32 ng di campione di fungo essiccato delle quattro diverse specie; questo lavoro conferma quindi che il rilevamento molecolare di DNA fungino, opportunamente integrato con il lavoro del micologo, diventa un potenziale strumento per la diagnosi di avvelenamento. Altro impiego di real-time PCR è stato proposto per l’identificazione di specie di tartufo in prodotti alimentari trasformati. Recentemente, RIZZELLO ET AL. (2012) hanno proposto due protocolli real-time PCR per iden- tificare e quantificare i pregiati tartufi bianchi e neri, al fine di tutelare il consumatore, aprendo dunque la strada verso il loro monitoraggio costante sul mercato. Il Tuber magnatum Pico, il “Tartufo Bianco d’Alba”, e il Tuber melanosporum Vittad., il “Tartufo Nero del Périgord”, sono infatti molto consumati, nonostante il prezzo proibitivo, che può superare i $ 4000 al chilogram- mo. Proprio a causa dell’elevato costo, il tartufo bianco e quello nero sono spesso sostituiti con specie meno pregiate. Gli autori si propongono quindi attraverso l’applicazione del metodo molecolare di rilevare frodi alimentari e proteggere i consumatori: in particolare, hanno pubbli- cato i risultati ottenuti in real-time PCR utilizzando due coppie di primers specifici per l’identifi- cazione e la quantificazione di due specie di tartufo, il T. magnatum e il T. melanosporum in diverse matrici alimentari, come le creme spalmabili, l’olio e il burro a base di tartufo. Questa è un altro esempio di applicazione per la tracciabilità di funghi in alimenti per aiutare il lavoro dei micologi e per autenticare la qualità degli alimenti. La tecnica molecolare di real-time PCR, che coniuga rapidità di risultato, efficienza, speci- ficità, sensibilità ed è applicabile a diverse matrici, ha pertanto dimostrato di essere utile per identificare specie di funghi, indipendentemente dalla loro morfologia. In questa sede, abbia- mo presentato una panoramica delle potenziali applicazioni di questa tecnica al mondo mico- logico, tuttavia, molte altre applicazioni importanti potrebbero essere ancora sviluppate, come ausilio al lavoro del micologo, sia in ambito clinico sia alimentare. Va inoltre sottolineato come soprattutto nel campo clinico, velocità, specificità e sensibilità siano caratteristiche indispensabili per poter offrire il più consono e tempestivo intervento me- dico all’interno della struttura ospedaliera. Di seguito vi presentiamo, le possibili applicazioni molecolari come sviluppi futuri, a cominciare da una recente e nuova tecnica che utilizza la BioMark dynamic array (Fluidigm, South San Francisco): un innovativo strumento di real-time PCR. Per sviluppare un esperimento, 48 campioni e 48 saggi (nel nostro caso primers) vengono messi nei numerosi canali della piastra dinamica dove la pressione fa si che vengano caricate fino a 2.304 camere di reazione. La BioMark dynamic array può quindi essere utilizzata per rilevare 48 specie di funghi velenosi in un massimo di 48 campioni di DNA (DNA di funghi, alimenti o succhi gastrici ) in un unico esperimento, utilizzando solo pochi nanolitri di DNA. Questa applicazione potrebbe rap-

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presentare un nuovo modo per indagare l’eventuale contemporanea presenza di diversi funghi responsabili di intossicazione ed in un periodo di tempo molto breve. In aggiunta a questa tecnica, un’altra possibile applicazione di tecniche molecolari alla micologia è quella relativa all’individuazione dell’amanitotossina utilizzando uno specifico pro- tocollo di PCR al fine di identificare le intossicazione potenzialmente letali di soggetti intossica- ti. Il prodotto di PCR specifico del gene AMA1, il gene che codifica per l’alfa-amanitina, è stato ligato nel vettore plasmidico pGEM-T easy e clonato in cellule competenti DH-5α di Escherichia coli secondo le opportune istruzioni. I valori dei cicli soglia (Tc) risultati sono stati interpolati in modo da ottenere una stima del numero di copie del gene per ciascun campione. Questo proto- collo di real time PCR presenta una serie di caratteristiche che lo rendono un utile strumento diagnostico. Attualmente, entrambi questi innovativi approcci sono in corso di studio.

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Mycena d’Europa GIOVANNI ROBICH 141 tra specie, varietà e forme descritte e illustrate } 11 taxa nuovi per la scienza } chiavi per la determinazione italiano e inglese } 728 pagine in carta da 115 g patinata, in quadricromia } copertina cartonata stampata in quadricromia } ca. 200 fotocolor } oltre 140 tavole al tratto di caratteri microscopici. A whole of 141 species, var. or f. described and illustrated } 11 taxa news to science } determination keys both in Italian and in English } 728 pages of 115 g patinated paper, printed in four colours } cover in paste-board printed in four colours } ca. 200 photocolours } more than 140 synoptic line drawing tables of microanatomical features. Prezzi di cessione Soci A.M.B. Italia: 75 ¤ + spese di spedizione Non Soci Italia: 95 ¤ + spese di spedizione Prices (in foreign countries) A.M.B. members: 75 ¤ + 25 ¤ for mailing charges Non-A.M.B. members: 95 ¤ + 25 ¤ for mailing charges The payments have to be made exclusively by international money orders made payable to the “Associazione Micologica Bresadola, via A. Volta, 46 - 38123 Trento”.

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PdM 37.pmd 80 14/01/17, 11.59 PAGINE DI MICOLOGIA 2a Sessione: Micotossicologia: nuove prospettive

Micoterapia tra fantasia e realtà: problemi e opportunità

ORLANDO PETRINI Via Al Perato, 15C, CH 6932 Breganzona

RIASSUNTO La scoperta della penicillina da parte di Fleming ha dimostrato l’importanza dei funghi per la salute umana e la scienza medica. L’industria farmaceutica si è poi occupata, specialmente dopo gli anni sessanta, di studiare a fondo le proprietà farmaceutiche dei funghi, iniziando studi dettagliati e approfonditi (screening) di specie fungine riguardo alla loro capacità poten- ziale di produrre sostanze farmacologicamente attive. Questi programmi hanno evidenziato che i funghi sono ottimi produttori di sostanze con proprietà medicamentose: notizie riguardan- ti ad esempio le attività antitumorali di sostanze isolate da alcuni funghi medicinali quali Ganoderma lucidum, Phellinus rimosus, Pleurotus florida e P. pulmonaris sono scientificamente fondate e la loro rilevanza indiscutibile. Tuttavia, il percorso che porta a un uso clinico delle sostanze attive presenti in questi funghi è lungo e tortuoso, e purtroppo solo in pochi casi il loro sviluppo farmaceutico è coronato da successo. Molte delle sostanze isolate sono attive in vitro ma non mostrano nessuna attività in vivo; altre sono attive ma la loro tossicità ne preclude l’uso terapeutico. Inoltre, nel corso dello sviluppo farmaceutico, le proprietà chimiche di alcune so- stanze non ne permettono la formulazione galenica richiesta. La medicina tradizionale cinese (TCM) e ayurvedica fanno ampio uso di funghi nella loro farmacopea. Ad esempio, Cordyceps sinensis è usato in TCM e nella medicina tibetana per la terapia di circa venti malattie differen- ti, dall’astenia alla tubercolosi e al cancro della prostata. A Ganoderma lucidum (“Reishi” o “Lingzhi” in TCM) sono attribuiti effetti benefici nel trattamento di malattie cardiovascolari; questo fungo è usato pure come analgesico, nella terapia di disturbi psichici e quale sonnifero; le proprietà antitumorali o immunostimolanti di sostanze (ad esempio terpenoidi e polisaccaridi) isolate da questo miceto sono state descritte in diversi lavori. Purtroppo l’evidenza clinica per l’attività farmacologica della maggior parte dei funghi usati in medicina orientale è molto limi- tata o addirittura assente: è inoltre molto difficile, se non impossibile, trasporre l’evidenza rac- colta in TCM nella medicina occidentale, poiché l’approccio medico al trattamento e alla tera- pia è fondamentalmente diverso nelle due realtà. L’uso terapeutico di funghi descritto nella tradizione medica orientale deve quindi essere preceduto dalla dimostrazione clinica della loro utilità, anche perché è indispensabile conoscerne non solo l’efficacia ma anche il profilo tossicologico. È quindi opportuno valutare la “micoterapia” in modo oggettivo, non lasciandosi abbagliare dalle attività rilevate in vitro e spesso non più riproducibili in vivo e intraprendendo studi preclinici di tossicologia e farmacologia, seguiti da studi clinici ben pianificati che dimo- strino non solo l’efficacia ma anche la sicurezza del trattamento intrapreso. L’uso della micoterapia deve essere basato su solidi argomenti farmacologici, che inevitabilmente richie- dono un lungo sviluppo clinico. Solo la dimostrazione clinica dell’efficacia e della sicurezza dei trattamenti a base di funghi permetterà il loro inserimento in una medicina basata sull’eviden- za scientifica (“evidence-based medicine”). ABSTRACT Since Fleming’s discovery of penicillin, fungi have taken up an important role in medicine. The pharmaceutical industry is continuously screening fungi for drug production and particularly after 1960 substances of fungal origin have been investigated for their pharmacological activities. All screening programs have soon shown that fungi are excellent producers of pharmacologically active compounds. The activity of compounds isolated from Ganoderma lucidum, Phellinus rimosus, Pleurotus florida and P. pulmonaris against cancerous cells is worth mentioning. This does not mean, however, that these substances will soon be available for use in conventional medicine. The development of a new drug is long and difficult and most often its results are negative. Only a small percentage of new, sometimes very promising drugs end being a

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marketable product. In fact, many drugs that show in vitro activities fail to do so in vivo; in addition, many active compounds are simply too toxic for human or use. Last but not least, their galenical formulation can be plainly impossible and preclude any pharmaceutical development. The traditional Chinese medicine (TCM) and Ayurveda are prime examples of the use of fungal products in the treatment of ailments. For example, Cordyceps sinensis is widely used in TCM and in the Tibetan medicine to treat almost 20 different diseases, from asthenia to tuberculosis and prostate cancer. Ganoderma lucidum (“Reishi” or “Lingzhi” in TCM) is considered to be active in the treatment of cardiovascular problems: its use, however, is by no means restricted to this indication: the fungus is considered to be beneficial in the treatment of pain, psychic disorders and sleep problems, as well as an immunostimulant (mainly because of the terpenoids and polysaccharides it contains) or even anticancer agent. The clinical evidence for all these activities, unfortunately, is scant if not completely lacking - and this applies also to most of the other fungi used in the Oriental medicine. It is also almost impossible to transfer the knowledge collected in the Asian traditional medicine to the Western medical practice, because the medical approach to diagnose or treat a disease is completely different in the two cultures. The use of “mycotherapy” in the western medicine is possible only after a careful clinical and toxicological development. The safety profile of a drug needs to be thoroughly investigated before a product can be approved for human or animal use. It is thus important to approach mycotherapy carefully, evaluating its pros and cons and considering not only the activities described in vitro but also the clinical and toxicological development carried out for each drug. Good pre-clinical studies, followed by a sound clinical development, must show the safety and efficacy of all products to be used for the treatment of human and animal diseases. The pharmaceutical industry has since a long time recognised the importance of fungi in medicine, but their use should be firmly supported by an evidence-based medical approach. Key-words: mycotherapy, drug development, mushrooms, Basidiomycetes, Ascomycetes, efficacy, safety, clinical trials. I funghi nella storia della medicina Nella tradizione popolare, i funghi hanno sempre suscitato un interesse particolare. Forse a causa della loro particolare crescita e dell’aspetto dei loro carpofori sono stati considerati fin dai tempi più antichi degli organismi magici, cui sono state attribuite doti taumaturgiche e mediche. Un articolo pubblicato nel 1998 suggerisce che già Ötzi, la mummia ritrovata in Val Senale, era al corrente delle proprietà antiparassitarie del Piptoporus betulinus, un fungo che produce oli eterici con proprietà antielmintiche e altre sostanze antibiotiche (CAPASSO, 1998). In Russia, le proprietà mediche dell’Inonotus obliquus (“Chaga”) sono conosciute fin dal medioe- vo; questo fungo era usato per trattare diverse malattie tra le quali il cancro, le gastriti e le ulcere, o la tubercolosi delle ossa. Si sa ora che I. obliquus è un ottimo produttore di sostanze antiossidanti, composti fenolici e triterpenoidi, tra cui l’acido betulinico (LEMIESZEK ET AL., 2011; LU ET AL., 2010; MU ET AL., 2012; POLITI ET AL., 2007; SUN ET AL., 2011). In coltura, I. obliquus produce fitosteroli (ZHENG ET AL., 2007), sostanze con un’ottima attività anticolesterolemica. La medicina tradizionale cinese (TCM) e ayurvedica fanno ampio uso di funghi nella loro farmacopea. Ad esempio, l’ascomiceto Cordyceps sinensis è usato in TCM e nella medicina tibetana per la terapia di circa venti malattie differenti, dall’astenia alla tubercolosi e al cancro della prostata (DAS ET AL., 2010; LINDEQUIST ET AL., 2005; PANDA & SWAIN, 2011; PATEL & GOYAL, 2012; XIAO ET AL., 2012; ZHANG ET AL., 2006). Al basidiomiceto Ganoderma lucidum (“Reishi” o “Lingzhi” in TCM) sono attribuiti effetti benefici nel trattamento di malattie cardiovascolari; questo fungo è usato pure come analgesico, nella terapia di disturbi psichici e quale sonnifero; le proprietà antitumorali o immunostimolanti di sostanze (ad esempio terpenoidi e polisaccaridi) isolate da questo miceto sono state descrit- te in diversi lavori (BAO ET AL. 2012; JONG & BIRMINGHAM 1992; LINDEQUIST ET AL. 2005; PATEL & GOYAL, 2012; WACHTEL-GALOR ET AL., 2011; YUEN & GOHEL, 2005). Anche per la Griphola frondosa (“Maitake”) esistono molti lavori scientifici in modelli cellulari e biochimici che ne dimostrano l’attività farmacologica sul sistema immunitario; uno studio clinico di fase II ha mostrato effetti benefici

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di questo fungo sul sistema immunitario di pazienti affette da cancro al seno (DENG ET AL., 2009). Molti altri funghi sono usati nella medicina orientale e vi sono eccellenti sintesi che raccolgono le informazioni più importanti sul tema (BÜSSING & HÜBNER 2009; LINDEQUIST ET AL., 2005; LINDEQUIST ET AL., 2010; MAYELL, 2001; PATEL & GOYAL, 2012; SMITH ET AL., 2002). I funghi nella medicina moderna La scoperta da parte di Fleming nel 1928 della penicillina, prodotta da diverse specie di Penicillium, ha dimostrato l’importanza dei funghi per la salute umana e la scienza medica. L’industria farmaceutica si è poi occupata, specialmente dopo gli anni sessanta, di studiare a fondo le proprietà farmaceutiche dei funghi, iniziando studi dettagliati e approfonditi (screening) di specie fungine per valutare il loro potenziale di produrre sostanze farmacologicamente atti- ve (MCCLOUD, 2010). I programmi di screening hanno evidenziato che i funghi sono ottimi produttori di sostanze con proprietà medicamentose: esempi importanti sono la lovastatina, prodotta da Monascus purpureus e Aspergillus terreus, la ciclosporina A, isolata da Tolypocladium inflatum, gli anti- biotici appartenenti alla classe delle cefalosporine, prodotte da specie di Acremonium o il paclitaxel (una sostanza antitumorale prodotta da diverse specie di funghi endofiti di diverse specie di Taxus, tra cui T. brevifolia). Regolarmente appaiono nella letteratura scientifica relazioni di nuove scoperte di attività farmacologiche di sostanze isolate da funghi. Notizie riguardanti ad esempio le attività antitumorali di alcuni funghi medicinali quali Ganoderma lucidum, Phellinus linteus, Pleurotus florida e P. pulmonaris sono scientificamente fondate e la loro rilevanza indiscutibile (HETLAND ET AL., 2008; JIN ET AL., 2012; KIMURA, 2005; LINDEQUIST ET AL., 2005; NOVAES ET AL., 2011; SLIVA, 2004; WASSER, 2002, 2011; ZHU ET AL., 2008). Tuttavia, il percorso che porta a un uso clinico delle sostan- ze attive presenti in questi funghi è lungo e tortuoso, e purtroppo solo in pochi casi il loro svilup- po farmaceutico è coronato da successo. Infatti, molte delle sostanze isolate sono attive in vitro ma non mostrano nessuna attività in vivo; altre sono sì attive ma la loro tossicità ne preclude l’uso terapeutico. Inoltre, nel corso dello sviluppo farmaceutico, le proprietà chimiche di alcune sostanze non ne permettono la formulazione galenica richiesta: questo è un ulteriore ostacolo alla commercializzazione di prodotti micoterapici di alta qualità.

Figura 1. La posizione della micoterapia nella medicina.

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La micoterapia La micoterapia è quel ramo della medicina che usa i funghi, sotto forma di carpofori freschi o secchi oppure come estratti di micelio e carpofori, nella cura e prevenzione di malattie. In questo senso la micoterapia può essere considerata una disciplina della fitoterapia (Fig. 1). La micoterapia non è particolarmente conosciuta e praticata in occidente, ma è parte inte- grante della TCM e di altre pratiche mediche orientali; più di 540 specie (482 basidiomiceti, 58 ascomiceti) sono menzionate nei libri di materia medica cinese; per 331 di queste è citata l’at- tività antitumorale, per 51 un’attività antibatterica e per 4 antivirale. La medicina tradizionale messicana fa uso di 70 specie di funghi, mentre quella della Corea del Sud fa uso di ben 404 specie fungine diverse (LELLEY, 2012). Purtroppo l’evidenza clinica per l’attività farmacologica della maggior parte dei funghi usati in medicina orientale è molto limitata o addirittura assente: è inoltre molto difficile, se non impossibile, trasporre l’evidenza raccolta in TCM nella medicina occidentale, poiché l’approc- cio medico al trattamento e alla terapia è fondamentalmente diverso nelle due realtà.

Figura 2. Ganoderma - il fungo miracoloso… e una buona occasione per far pubblicità anche al Shiitake (Lentinula edodes) … (da: http://www.ganodermatown.com).

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La fantasia… Come per la fitoterapia, il più grosso problema della micoterapia è la propaganda fuor- viante, principalmente da parte d’individui o di ditte senza scrupoli, ma talvolta anche di ricer- catori e naturopati troppo entusiasti e soggettivi, che suscitano false speranze nelle proprietà “miracolose” dei funghi. Internet è pieno di esempi, con pagine che descrivono i funghi come il nuovo miracolo della medicina, in grado di curare (quasi) ogni male (Fig. 2). Come sempre, il troppo storpia: queste esagerazioni non fanno altro che creare delusioni e, con il tempo, uno scetticismo che non serve alla causa della micoterapia seria. La micoterapia ha senza dubbio diritto a un posto importante nella medicina moderna, ma sarebbe sbagliato aspettarsi miracoli che nessuna disciplina medica può compiere. … e la realtà Una ricerca bibliografica da me svolta alla fine del 2012 può aiutare a descrivere e com- prendere la situazione attuale nel campo della micoterapia: di 515 pubblicazioni apparse tra il 1850 e il 2012 ed emerse dalla ricerca, meno di 20 descrivevano l’uso di funghi nella realtà clinica e la loro qualità scientifica era perlomeno discutibile. Non sorprende quindi che lavori di sintesi e meta-analisi giungano inevitabilmente alla conclusione che la micoterapia non abbia alcuna ragione d’essere (BÜSSING & HÜBNER, 2009; JIN ET AL., 2012; SMITH ET AL., 2002; SULLIVAN ET AL., 2006). I prodotti usati in micoterapia hanno una lunga tradizione d’uso e molti studi in vitro hanno dimostrato attività farmacologiche indiscutibili, quali effetti antibatterici e antivirali (LINDEQUIST ET AL., 2005; SMITH ET AL., 2002) o immunologici e anticancerogeni (ADOTEY ET AL., 2011; FIRENZUOLI ET AL., 2008; FORLAND ET AL., 2010; HETLAND ET AL., 2008; KIM ET AL., 2003; NOVAES ET AL., 2011; PETROVA, 2012; RAMBERG ET AL., 2010; SHIN ET AL., 2009; SMITH ET AL., 2002). Composti chimici con tali attività, comunque, sono presenti in moltissime piante e altri organismi viventi, e la loro presenza ed efficacia in vitro non comporta necessariamente un effetto simile nella pratica clinica. Non si deve poi dimenticare che molte sostanze fungine, se ingerite in quantità terapeutiche, potreb- bero avere effetti tossici non indifferenti. Inoltre, l’attività farmacologica di piante e funghi è spesso legata a chemotipi ben definiti (MCCLOUD, 2010). Non da ultimo, non bisogna sottovalu- tare la qualità dei prodotti usati, preparati quasi sempre con metodi non standardizzati, e con- tenenti quindi quantità molto variabili di principi attivi, una situazione molto frequente anche in fitoterapia (SOLDATI, 2000; LOEW & KASZKIN, 2002; vedi ad esempio http://www.farmacovigilanza.org/ fitovigilanza/corsi/qualita_preparazioni.htm). Differenze qualitative e quantitative tra prodotti derivanti dalla stessa specie fungina possono avere un influsso importante sui risultati di ricer- che cliniche e possono essere alla base di differenze nei risultati di diversi studi. L’uso terapeutico di funghi deve essere preceduto dalla dimostrazione clinica della loro utilità, anche perché è indispensabile conoscere non solo l’efficacia ma anche il profilo tossicologico del prodotto da usare. Un medicamento, se efficace, spesso provoca anche effetti secondari che possono, in molti casi, provocare reazioni tossicologiche e farmacologiche av- verse. Un esempio è dato dal riso rosso, usato nella “medicina verde” nel trattamento della colesterolemia. Il riso rosso è ottenuto dalla fermentazione del riso da parte dell’ascomiceto Monascus purpureus ed è utilizzato come integratore dietetico in sostituzione o in aggiunta alle statine per controllare il tasso di colesterolo nel sangue. La lovastatina contenuta nel riso rosso può però provocare, anche se in rari casi, delle reazioni avverse anche gravi, tipiche delle statine in generali (ad esempio rabdomiolisi). Conclusione La micoterapia, come la fitoterapia, è una disciplina che in futuro potrebbe assumere un ruolo molto importante sia nella medicina personalizzata (“personalised medicine”) che come trattamento adiuvante in malattie gravi quali il cancro (BAO ET AL., 2012; BÜSSING & HÜBNER, 2009; FERREIRA ET AL., 2010; HETLAND ET AL., 2008; JIN ET AL., 2012; NOVAES ET AL., 2011; RUAN ET AL., 2006; SMITH ET AL., 2002; SULLIVAN ET AL., 2006). È quindi opportuno valutare la “micoterapia” in modo oggettivo, non lasciandosi abbagliare dalle attività rilevate in vitro, spesso non riproducibili in vivo, e intraprendendo studi preclinici di tossicologia e farmacologia, seguiti da studi clinici

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ben pianificati che dimostrino non solo l’efficacia ma anche la sicurezza del trattamento intra- preso. È indubbio, ed è dimostrato da molti esempi, che la farmacologia ha approfittato e conti- nuerà ad approfittare dell’enorme potenziale offerto dai funghi: l’uso della micoterapia però deve essere basato su solidi argomenti farmacologici, che inevitabilmente richiedono un lungo sviluppo clinico. Diventa imperativo svolgere, in futuro, studi preclinici e clinici di alta qualità, secondo le regole della buona pratica clinica (GCP: “good clinical practice”). A questo scopo sarebbe opportuno che lo sviluppo di nuovi prodotti micoterapici seguisse le direttive europee in vigore per i fitofarmaci (direttive 2001/83/EC e 2004/24/EC per i medicinali vegetali tradizio- nali). Al momento la posizione regolatorio-sanitaria dei micoterapici è confusa e normalmente questi prodotti sono sul mercato come integratori dietetici: ricerche tossicologiche, farmacologiche e cliniche di alta qualità potrebbero permetterne il passaggio allo stato di medicamento. Anche se difficile, a causa dei costi legati allo sviluppo di nuovo medicamenti (ALLISON, 2012), sarà necessario ottenere un maggior coinvolgimento dell’industria farmaceuti- ca se si vorranno ottenere prodotti di alta qualità. Medici, farmacisti e naturopati devono cono- scere i limiti e i pregi dei prodotti micoterapici per dare ai loro pazienti un’informazione ottimale. In ogni caso, solo la dimostrazione clinica dell’efficacia e della sicurezza dei trattamenti a base di funghi permetterà il loro inserimento in una medicina basata sull’evidenza scientifica (“evidence-based medicine”). REFERENZE BIBLIOGRAFICHE

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PdM 37.pmd 88 14/01/17, 11.59 PAGINE DI MICOLOGIA Micoterapia: le procedure per la sperimentazione clinica

GIOACCHINO CALAPAI Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Messina. Via Consolare Valeria, 5 Policlinico Universitario “G. Martino” - I 98125 Messina - E-mail: [email protected]

RIASSUNTO Sta crescendo l’interesse per gli effetti farmacologici e, di conseguenza, per le potenziali pro- prietà terapeutiche dei funghi. Questo interesse è sostenuto dalla scoperta che diversi composti provenienti dai funghi mostrano avere diverse proprietà biologiche come immunomodulanti, antiossidanti, antitumorali e attività antimicrobiche. Su queste basi è diventata urgente la ne- cessità di confermare i potenziali effetti benefici dei funghi attraverso la valutazione dei loro effetti sulla salute umana. Gli studi clinici condotti con metodologia corretta sono lo strumento principale per dimostrare che le attività farmacologiche dei funghi possono essere trasformate in terapie di successo.

ABSTRACT Interest for pharmacological effects and consequently for potential therapeutic properties of mushrooms is increasing. This is interest supported by the discovering that several compounds originating from mushrooms show to have different biological properties such as immunomo- dulatory, antioxidant, antitumoral and antimicrobial activities. On these basis it has become urgent the need to confirm the potential beneficial effects of mushrooms through the evaluation of their effects on human. Clinical studies carried out with correct methodology is the main instrument to demonstrate that pharmacological activities of mushrooms can be transformed in successful therapies. Key-words: mushrooms, botanicals, phytotherapy, clinical studies.

L’interesse per gli effetti farmacologici e quindi per le potenziali proprietà terapeutiche dei miceti è in crescente aumento. Come è noto molti farmaci usati in terapia quali la digitossina, l’aspirina, la morfina, gli alcaloidi antitumorali della vinca come la vincristina e la vinblastina, sono derivati direttamente o indirettamente dalle piante. In genere viene meno ricordato che farmaci clinicamente importanti o dall’attività farmacologica ben riconosciuta sono di origine fungina: la penicillina, la griseofulvina, gli alcaloidi della segale cornuta, la ciclosporina (MIZUNO, 1995; WASSER, 2002). I funghi medicinali hanno una storia consolidata di utilizzo nella medicina tradizionale orientale. Tra questi, alcune specie appartenenti ai Generi Auricularia, Flammulina, Ganoderma, Grifola, Lentinus, Trametes (Coriolus) e Tremella hanno dimostrato di possedere significative proprietà medicinali (WASSER, 2002). Nel corso degli ultimi decenni, numerosi studi scientifici, condotti in particolare in Giappone, Corea e Cina, ma anche negli Stati Uniti, hanno ampliato le conoscenze sulle opportunità che i funghi possono offrire al mondo del farmaco e quindi, in definitiva, alla lotta dell’uomo contro le malattie (ZAIDMAN, 2005). Da più parti quindi si esplora la possibilità di utilizzare i funghi e/o i composti in essi contenuti e i loro metaboliti per il trattamento di una varietà di disturbi umani (JONG & BIRMINGHAM, 1992). Gli effetti farmacobiologici più interessanti e significativi tra quelli attribuibili ai funghi sono senza dubbio gli effetti di bioregolazione caratterizzati da stimolazione dell’attività del sistema immunitario e dal supporto nel mantenimento dell’omeostasi, in definitiva attività di supporto alle più importanti funzioni fisiologiche che si traducono in attività di prevenzione e/o miglioramento delle malattie che affliggono l’uomo. A queste si aggiungono effetti di tipo antimicotico, antinfiammatorio, antiossidante, antitumorale, antivirale, antibatterico, epatoprotettivo, antidiabetico, ipolipemizzante, antitrombotica e ipotensivi (WASSER & WEIS, 1999). È bene sottolineare come per la quasi totalità degli effetti fin qui elencati le prove scientifiche sono state ottenute con esperimenti pre-clinici, che non coinvolgono l’uomo o che comunque non sono stati studiati attraverso una adeguata metodologia clinica. Tuttavia, il cresciuto interesse nei confronti delle potenzialità terapeutiche dei funghi, soste-

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nuto dalla scoperta che diversi composti isolati dai funghi hanno proprietà biologiche quali quella immunomodulante, antiossidante, antitumorale e antimicrobica, rappresenta oggi una nuova frontiera che ha stimolato la ricerca scientifica. Nella ricerca sui potenziali effetti terapeutici delle sostanze di origine fungina, particolare attenzione è stata rivolta ai polisaccaridi (Basi- diomiceti). Numerosi polisaccaridi bioattivi derivati da funghi medicinali sembrano migliorare le risposte immunitarie e mostrano di possedere attività antitumorale. La stimolazione dei siste- mi di difesa immunitaria da parte di polimeri bioattivi che originano da funghi medicinali ha effetti significativi sulla maturazione, la differenziazione e la proliferazione di molti tipi di cellu- le immunitarie. Sulla base di tali evidenze è nata la necessità di confermare i potenziali bene- fici dei funghi attraverso la valutazione dei loro effetti sulla salute umana (WASSER, 2011). Gli studi clinici sono lo strumento principale per dimostrare che le attività farmacologiche delle sostanze, siano esse di origine naturale o sintetica, possono essere trasformate in stru- menti terapeutici. Scopo principale della ricerca clinica è quello di ottenere risultati che dimo- strino la loro efficacia contro patologie umane che interessano la popolazione generale. La metodologia utilizzata negli studi clinici, anche se disegnata per studiare i farmaci sin- tetici, può tranquillamente essere utilizzata per studiare e valutare gli effetti di prodotti a base di sostanze naturali come i funghi. In uno studio clinico chiamato anche studio interventistico (per distinguerlo da quello osservazionale nel quale non si osservano effetti di nuove terapie, ma si valutano nuovi aspetti di terapie già ben conosciute) i partecipanti ricevono interventi specifici in base al piano di ricerca o il protocollo creato dagli investigatori. Questi interventi possono essere rappresentati da farmaci sintetici o sostanze naturali o procedure, o modifiche al comportamento dei partecipanti, per esempio, cambiamenti nella dieta. Gli studi clinici non fanno altro che confrontare un nuovo approccio terapeutico (nel nostro caso si tratterebbe di un prodotto di origine fungina) ad uno standard terapeutico che è già disponibile (un farmaco o un’altra sostanza naturale) o ad un placebo, cioè ad un prodotto che i pazienti reclutati nello studio non potranno distinguere da quello oggetto dello studio, ma che non contiene principi attivi. Attraverso i risultati dello studio, ma anche osservando ciò che avviene nel corso dello studio, gli investigatori cercano di determinare la sicurezza e l’efficacia dell’intervento misu- rando determinati indicatori (endpoints) nei partecipanti. Ad esempio, gli investigatori possono voler studiare se un farmaco o una sostanza di origine fungina riduce i valori glicemici in pa- zienti affetti dalla malattia diabetica.

In generale, gli studi clinici sono progettati per aggiungere nuove conoscenze a quelle già acquisite sul trattamento, la diagnosi e la prevenzione delle malattie. Alla luce delle attuali conoscenze, diverse sono le motivazioni per cui può essere utile approntare uno studio su pro- dotti di origine fungina. • La valutazione di un prodotto fungino per il trattamento di una malattia o di una sindrome, o di semplici sintomi riferibili a disturbi minori. • La valutazione della utilità di un prodotto fungino nella prevenzione dello sviluppo iniziale o della reiterazione di una malattia. • La valutazione della utilità di prodotti fungini nel supportare altre terapie farmacologiche o non farmacologiche nel trattare, prevenire o migliorare la qualità della vita nelle persone affette da malattie croniche. Certamente non si può sottovalutare il fatto che esistano aspetti peculiari che influenzano la valutazione delle terapie a base di sostanze naturali. Sulla base dell’esperienza maturata con gli studi clinici sulle piante medicinali, è di fondamentale importanza che venga caratteriz- zato il prodotto di origine fungina che si vuole investigare. Per quanto riguarda il tipo di prepa- razione è importante conoscere il metodo di estrazione, il solvente utilizzato e la sua concentra- zione. Questi esempi, derivati dalla esperienza maturata in generale nel campo delle erbe medicinali, non escludono la necessità di aggiungere caratteristiche che appartengono in modo peculiare al mondo delle preparazioni che si possono ottenere dai funghi (micoterapici) (MIRODDI, 2013). È anche importante ricordare che, secondo la metodologia clinica usata, possono essere ottenuti diversi gradi di evidenza scientifica. Il modello di ricerca clinica più adatto per ottenere dati validi e con il massimo grado di evidenza è certamente lo studio clinico controllato e

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randomizzato. In questo tipo di studio i risultati ottenuti con la sostanza studiata vengono con- frontati con quelli ottenuti con un “placebo”. La somministrazione di entrambi i trattamenti (sostanza o placebo) avviene con la tecnica cosiddetta del “doppio cieco”. I pazienti vengono divisi e distribuiti per randomizzazione (distribuzione casuale) in due gruppi. Un gruppo riceve la sostanza esaminata e l’altro una formulazione apparentemente simile nella forma ma non contenente la sostanza esaminata (placebo). Per aumentare il valore dei risultati, i trattamenti (sostanza indagata e placebo) possono essere successivamente scambiati (crossover) tra i due gruppi. Il fatto che i funghi siano sostanze naturali non deve indurre a cercare scorciatoie nel tenta- tivo di rendere più agevole la dura e difficile strada della ricerca clinica. È importante evitare gli errori più comuni che possono limitare il valore dei risultati. Tra questi, l’utilizzo di un nume- ro ridotto di pazienti, la non randomizzazione, non usare il placebo, non approntare analisi statistiche adeguate o scegliere endpoint o outcome clinici (gli indicatori dell’efficacia) aventi scarso valore clinico (ad esempio, l’uso eccessivo di scale di autovalutazione). In conclusione, se si desidera che i risultati della ricerca clinica sui potenziali effetti terapeutici di funghi siano il più possibile veritieri e quindi utilizzabili, si deve bene avere in mente che una metodologia applicata in maniera non corretta non può produrre risultati utili. Condurre e completare gli studi clinici senza il necessario rigore scientifico di solito genera la sopravvalutazione o la sottovalutazione degli effetti dei trattamenti. Insomma, potrebbe non essere un buon servizio per lo sviluppo della micoterapia. BIBLIOGRAFIA

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Il Genere Cortinarius in Italia - Parte sesta di GIOVANNI CONSIGLIO Con la sesta parte in regalo un classificatore-raccoglitore ad anelli CARATTERISTICHE 50 schede preforate, di 4 pagine ciascuna, in carta patinata da 200 grammi nel formato 24 × 17 cm Raggruppamento delle schede mediante classificatore ad anelli 100 fotografie a colori di rara bellezza riprodotte nel formato 14,0 × 9,3 cm 50 microfotografie al SEM in scala di grigio Fascicolo introduttivo dedicato alle reazioni chimiche nei cortinari. Prezzi di cessione (Prices) Soci A.M.B. (Italia): 60 ¤ + spese di spedizione Non soci (Italia): 75 ¤ + spese di spedizione A.M.B. members 60 ¤ + 25 ¤ for mailing charges Non-A.M.B. members 75 ¤ + 25 ¤ for mailing charges The payments have to be made exclusively by international money orders made payable to the “Associazione Micologica Bresadola, via A. Volta, 46 - 38123 Trento”.

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PdM 37.pmd 92 14/01/17, 12.01 PAGINE DI MICOLOGIA I Funghi come bioindicatori della presenza di sostanze xenobiotiche in ambiente Primo campionario di elementi di pregio ecologico e di indicatori fungini di qualità ambientale per gli aspetti tossicologici da xenobioti

1 2 3 4 5 CARMINE SINISCALCO, LUIGI COCCHI, ANNA BENEDETTI, CARLO JACOMINI, ORLANDO PETRINI, 6 7 LUCIANO VESCOVI & LAURA BARDI 1Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - ISPRA, Dipartimento Difesa della Natura - Responsabile del “Progetto Speciale Funghi” - Sede Operativa: Via V. Brancati, 60 - 00144 Roma, Sede Amministrativa: Via V. Brancati, 48 -00144 Roma - E-mail: [email protected] 2Vice Presidente del Gruppo Micologico e Naturalistico “Renzo Franchi” di Reggio Emilia - AMB. Via D. Piani, 6 - 42124 Reggio Emilia - E-mail: [email protected] 3Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura - Direttore del Centro di Ricerca per lo Studio delle Relazioni tra Pianta e Suolo - CRA-RPS, Via della Navicella, 2/4 - 00184 Roma E-mail: [email protected] 4Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - ISPRA, Dipartimento Difesa della Natura - Servizio Tutela della Biodiversità - Responsabile del Settore Bioindicatori ed Ecotossicologia - Sede Operativa: Via V. Brancati, 60 - 00144 Roma, Sede Amministrativa: Via V. Brancati, 48 - 00144 Roma E-mail: [email protected] 5 Consulente Farmaceutico - Libero docente al Politecnico Federale di Zurigo (CH) Email: [email protected] 6 Tecnico del Laboratorio Chimico di Iren Acqua Gas s.p.a., sede di Reggio Emilia E-mail: [email protected] 7Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura, Centro di Ricerca per lo Studio delle Relazioni tra Pianta e Suolo, Gruppo di Ricerca di Torino - Via Livorno, 60 - 10144 Torino E-mail: [email protected]

RIASSUNTO Negli ultimi venti anni si è andato sempre più affermando l’uso di bioindicatori, cioè l’uso di organismi viventi, nel monitoraggio ambientale soprattutto nel caso della rilevazione di sostan- ze xenobiotiche potenzialmente nocive alla salute umana, animale e dell’ambiente, quali ad esempio i muschi per l’inquinamento dell’aria, alcuni molluschi per quello dell’acqua, i lombri- chi o i microrganismi per quello del suolo. Molto più recente è invece l’uso dei funghi superiori nel monitoraggio ambientale, basato sul ruolo fondamentale dei funghi quali agenti principali dei cicli biogeochimici, dei cicli di materia e di energia alla base del funzionamento degli eco- sistemi. Molti studi, infatti, riportano la rispondenza di metodologie basate sulla capacità di infezione micorrizica quale elemento determinante nella diagnosi di inquinamenti ambientali, ma studi molto più recenti dimostrano la loro capacità di bioaccumulo di elementi xenobiotici nei carpofori, resi così inefficaci nei confronti delle piante. In questo contesto è stato sviluppato un progetto di monitoraggio e raccolta dati che ha prodotto un EUR-Report basato su oltre 9000 campioni di funghi superiori rappresentativi di oltre 200 generi e circa 1000 specie (ascomiceti e basidiomiceti) nel quale vengono riportate le concentrazioni di 35 elementi chimici. Questi studi hanno consentito di individuare criteri e metodologie atte all’individuazione di alcuni fun- ghi indicatori di tossicologia ambientale. In particolare è stato possibile definire il concetto di “Fungo di Riferimento” attraverso il raggiungimento della stabilità statistica dovuta al congruo numero di osservazioni effettuate e alla successiva elaborazione statistica mediante “Multi Dimensional Scaling (MDS)”. Il “Fungo di Riferimento” può essere utilizzato in tossicologia ambientale per definire differenze e anomalie nei campioni analizzati ed è quindi utile nel rilevare variazioni per il medesimo xenobiota accumulato nella stessa specie fungina in diffe- renti ambienti, nonché in studi di tipo tassonomico. Nel presente lavoro verranno forniti alcuni esempi. Parole chiave: ascomiceti, basidiomiceti, ecosistemi, suolo, sostanze xenobiotiche, elementi chimici, metalli pesanti, bioindicatori, fungo di riferimento

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PdM 37.pmd 93 14/01/17, 12.01 A.M.B. Centro Studi Micologici ABSTRACT Bioindicators are nowadays largely used in environmental monitoring, mainly to check the presence of xenobiotic compounds potentially dangerous to human, animal and environmental health; among them, shellfish are used to monitor water pollution, mosses for air pollution and earthworm and microorganisms for soil pollution. Very recent is the spreading of the use of fungi in environmental monitoring, based on the role of fungi in biogeochemycal, matter and energy cycles, basic for ecosystems operating. Indeed, several papers report the mycorrhizal colonizing capability as a tool to detect environmental pollution; however, very recent papers report the bioaccumulation capacity in fruit bodies of xenobiotic compound, with a detoxification effect to plant as a consequence. In this field a project for monitoring and data collection has been carried out, from which an EUR-Report has been produced. The work was based on the analysis of 35 compounds in about 9000 samples of fruit bodies of about 200 genera (Ascomycetes and Basidiomycetes) and 1000 species. These studies have allowed the identification of criteria and methodologies useful for the identification of some fungi indicators of environmental toxicology. The “Reference Mushroom” has been defined through achievement of statistical stability due to the adequate number of sample analyzed and following statistical analysis by “Multi Dimensional Scaling (MDS)”. The “Reference Mushroom” can be used in and in environmental toxicology, to define differences and aberrations in samples analyzed, then to detect differences of the same xenobiotic compound accumulated in fruit bodies sampled in different environments. Several examples are reported in this work. Keywords: ascomycetes, basidiomycetes, ecosystems, soil, xenobiotics, chemical elements, heavy metals, bio-indicators, reference mushroom Introduzione Per descrivere lo “status” e l’andamento nel tempo della biodiversità ecosistemica viene utilizzata una grande varietà di indicatori, cioè parametri in grado di sintetizzare, in un unico valore, informazioni ambientali di diverso tipo. La continua perdita di biodiversità è una que- stione di crescente preoccupazione non solo in Europa e misurarne l’entità e la minaccia che essa rappresenta è una sfida enorme per tutti i paesi e in particolare per l’Italia che ne detiene un titolo fra i più elevati. Il “Progetto Speciale Funghi” dell’ISPRA si è posto, negli ultimi dieci anni, come uno dei protagonisti nell’affrontare tale sfida assumendo come uno degli scopi principali del suo lavoro la messa a punto di una serie di indicatori capaci di misurare la perdi- ta di biodiversità degli ecosistemi e in particolare del suolo che rappresenta nella maggior parte dei casi la matrice che ospita i componenti del “Regno dei Fungi”. Il suolo rappresenta l’interfaccia fra geosfera da una parte e idrosfera e atmosfera dall’al- tra. Esso è costituito da molteplici componenti: aria, acqua, sostanza organica, organismi vi- venti e frazione minerale, ed è sede di fondamentali funzioni ecosistemiche, quali i cicli degli elementi e la mineralizzazione della sostanza organica. Il suolo è pertanto assimilabile a un tessuto di un organismo vivente e come tale può essere considerato la “pelle” del nostro piane- ta. I danni apportati al suolo portano conseguenze per l’intera biosfera; per questo motivo si è diffusa la consapevolezza dell’importanza di tutelare il suolo e di ripristinarne la qualità laddove essa risulta compromessa. Sono state proposte numerose definizioni della qualità di un suolo e, fra queste, quella che meglio mette in evidenza il ruolo fondamentale del suolo nel ciclo della vita è la seguente (DORAN & PARKIN, 1994): «La capacità del suolo di interagire con l’ecosistema per mantenere la produttività biologica, la qualità ambientale e per promuovere la salute animale e vegetale». L’Unione Europea ha riconosciuto il suolo quale risorsa da proteggere elaborando nel 2006 una strategia tematica che propone misure destinate a proteggere il suolo e a preservarne la capa- cità a svolgere le sue funzioni ecologiche, economiche, sociali e culturali. La strategia prevede l’istituzione di un quadro legislativo per la protezione e l’utilizzo sostenibile e l’integrazione della protezione del suolo nelle politiche nazionali e comunitarie, la promozione del migliora- mento della base di conoscenze e della sensibilizzazione generale e l’istituzione di misure per l’individuazione dei problemi, la prevenzione del degrado e il ripristino di suoli inquinati o degradati. I principali processi di degrado cui sono esposti i suoli nell’UE sono l’erosione, la

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diminuzione della materia organica, la contaminazione, la salinizzazione, la compattazione, la diminuzione della biodiversità del suolo, l’impermeabilizzazione, le inondazioni e gli smot- tamenti. Materiali e Metodi Per stabilire la qualità di un suolo è necessario disporre di adeguati indicatori; in generale, gli indicatori di qualità ambientale devono garantire (OECD, 1999): • Rappresentatività: l’indicatore deve essere altamente correlato con un certo fattore e non essere mascherato da altri fattori, e deve essere efficace in molte situazioni diverse così da avere una validità generale. • Accessibilità: deve essere facile da campionare e da misurare con tecniche standard. • Affidabilità: deve avere valori minimi di errori sistematici. • Operatività: deve poter essere utilizzato facilmente per definire azioni di intervento, costi e benefici. Gli indicatori di qualità del suolo possono essere fisici, chimici o biologici. Un bioindicatore è un «organismo o sistema biologico usato per valutare una modificazione, generalmente degenerativa, della qualità ambientale, qualunque sia il suo livello di organizzazione e l’uso che se ne fa» (ISERENTANT & DE SLOOVER, 1976). Gli organismi comunemente utilizzati come bioindicatori sono molteplici: • microrganismi come i batteri, funghi e alghe; • microinvertebrati come i nematodi, acari, collemboli, diplopodi, enchitreidi; • macroinvertebrati come gli isopodi, lumbricidi, termiti, coleotteri, ditteri, formiche e mollu- schi; • piante. I microrganismi del suolo e i funghi sono degli ottimi indicatori ambientali, grazie alle loro potenzialità legate alla velocità di risposta alle pressioni esterne, alla velocità di accrescimen- to, alla capacità di trasmettere i caratteri alle generazioni successive e alle dinamiche di popo- lazione. Alcuni funghi e microrganismi possiedono caratteristiche peculiari che consentono di porli in relazione con caratteristiche del suolo [p. es., pH, tessitura, contenuto in sali minerali, processi di degrado (in corso o futuri), biodiversità, fertilità, salute delle piante, qualità del sistema pianta/suolo, presenza di xenobioti (SINISCALCO ET AL., 2011a). Fra gli organismi viventi nel suolo i funghi sono dotati di caratteristiche che li rendono par- ticolarmente idonei per la bioindicazione. Nel suolo le varie popolazioni microbiche interagiscono fra loro e con le radici delle piante formando un “wood wide web” in cui i funghi sono protago- nisti, interagendo con tutte le componenti del suolo. Essi rivestono il ruolo molto importante di indicatori di diversità in termini di ricchezza e abbondanza di popolazione a livello genetico, e quindi possono essere utilizzati nello studio e nel monitoraggio della biodiversità di un ecosi- stema o di un ambiente (BIANCO ET AL., 2009), (SINISCALCO ET AL., 2011a), (SINISCALCO ET AL., 2011b), (SINISCALCO ET AL., 2011c), (BIANCO ET AL., 2012), (SINISCALCO ET AL., 2012), (SINISCALCO ET AL., 2013). I funghi sono chemio-eterotrofi: assimilano dall’esterno sia i nutrienti minerali che i composti organici, compresi gli xenobioti (SINISCALCO ET AL., 2002), che utilizzano come fonte di energia e di carbonio. Uno dei sedici temi di ricerca del “Progetto Speciale Funghi” di ISPRA è finalizzato allo sviluppo di un sistema informativo per gli aspetti micotossicologici comprensivi anche dei fenomeni di bioaccumulazione e bioconcentrazione di metalli pesanti e sostanze xenobiotiche nei funghi, sia per facilitare piani di biorisanamento degli ambienti degradati, sia per gli studi riguardanti gli aspetti igienico-sanitari legati al consumo alimentare dei funghi. Il fenomeno del bioaccumulo nei carpofori fungini dipende sia da fattori genetici che da fattori ambientali e può pertanto risultare variabile; per tale motivo è sorta l’esigenza della definizione del cosid- detto “Fungo di Riferimento - Reference Mushroom” (COCCHI ET AL., 2006), nato come trasposizione delle definizioni di “Uomo di Riferimento - Reference Man” (International Commission on Ra- diological Protection - ICRP) e di “Pianta di Riferimento - Reference Plant” (MARKERT, 1992), intesi come organismi virtuali rappresentativi di una condizione standard in termini di tipologia e di composizione, a cui rapportarsi per effettuare confronti. In sintesi, il concetto di “Fungo di Rife- rimento” è necessario per capire se le concentrazioni degli elementi chimici nei funghi superio-

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ri possono avere un ruolo nella bioindicazione, in valutazioni tassonomiche e nella stima del- l’assunzione di metalli pesanti dal consumo delle diverse specie fungine commestibili. Risultati Nella tabella 1 sono presentati in modo sintetico i dati ottenuti dalle misurazioni effettuate. Sulla base di questi risultati è avvenuta l’elaborazione del “Fungo di Riferimento”, dalla quale

El. N VM 95% CI El. N VM 95% CI Al 9074 346 333 - 360 Mg 9327 1312,4 1297,3 - 1327,6 Ag 9326 3,44 3,27 - 3,61 Mn 9327 34,73 33,04 - 36,43 As 9327 15 11 - 19 Hg 9296 1,19 1,11 - 1,28 Ba 9279 3,8 3,6 - 4,1 Mo 9216 0,20 0,19 - 0,21 Be 7222 0,01 0,01 - 0,01 Ni 9327 1,9 1,8 - 2,0 B 8881 9,6 9,1 - 10,2 Pb 9320 1,6 1,5 - 1,7 Cd 9328 4,20 3,92 - 4,49 K 9327 39634 39314 - 39954 Ca 9326 914 848 - 980 40 K 328 1351,3 1291,4 - 1411,2 Cs 7852 2,3 2,0 - 2,5 Cu 9327 58,8 56,4 - 61,3 134 Cs 328 91,75 44,73 - 138,76 Rb 9327 138,3 132,9 - 143,6 137 Cs 328 2585,60 1736,50 - 3434,70 Se 9327 4,1 3,9 - 4,4 Co 9240 0,40 0,38 - 0,42 Na 9327 328 314 - 342 Cr 9327 1,5 1,4 - 1,6 Sr 9307 3,2 3,0 - 3,5 Fe 9323 330,0 317,5 - 342,5 Ti 8102 10,19 9,80 - 10,59 P 9300 7196 7105 - 7286 V 9327 3,2 2,8 - 3,6 Ge 1182 0,033 0,030 - 0,040 Zn 9327 117,1 115,1 - 119,1 La 6534 0,34 0,29 - 0,39 Zr 6633 0,42 0,37 - 0,47 Li 9248 0,36 0,35 - 0,38 S 9317 3364 3314 - 3414 Tab. 1 - Valori medi (VM) e Intervalli di Confidenza al 95% (95% CI) degli elementi chimici (El.) misurati in tutti i campioni (N. 9327). Valori in mg/kg sostanza secca e, per 134 Cs, 137 Cs e 40 K, in bq/kg sostanza secca è altresì recentemente scaturito uno dei lavori più significativi, in primo luogo per la vastità del campione analizzato1, quale l’EUR-Report “Elementi chimici nei funghi superiori. I funghi di riferimento come strumento di lavoro per la bioindicazione e la biodiversità” (CENCI ET AL., 2010). Nell’EUR Report citato sono state costruite mappe di distribuzione degli elementi analizzati nei funghi e nei suoli e, vista l’importanza di questo fattore nella biodisponibilità dei metalli, è stato analizzato anche il pH dei suoli. È stata condotta l’elaborazione statistica (analisi delle componenti principali e Multi Dimensional Scaling - MDS) per arrivare alla definizione di un indice, definito, come più sopra ricordato, “Fungo di Riferimento”. La tabella 2 indica la base scelta per definire il “Fungo di Riferimento” tramite l’analisi MDS. Ovviamente non riportiamo in questa sede tutti i dettagli del lavoro fatto che sono tutti minuziosamente descritti nell’EUR-Report succitato. Discussione

1 Il Progetto di Ricerca “Concentrazione di elementi chimici ed isotopi radioattivi nei funghi superiori” è partito nel 1986, anno dell’incidente alla centrale nucleare di Chernobyl, nell’ambito dell’attività del Gruppo Micologico e Naturalistico “R. Franchi” di Reggio Emilia (AMB). Sono stati analizzati 35 elemen- ti chimici in più di 9000 campioni di carpofori fungini di circa 200 generi e 1000 specie con la caratteriz- zazione dell’habitat dove i corpi fruttiferi sono stati raccolti mediante la misura delle concentrazioni degli elementi chimici e degli isotopi radioattivi in circa 300 campioni di suolo.

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Elenco delle specie scelte N. campioni Agaricus arvensis Schaeff. 58 Agaricus bisporus (J.E. Lange) Imbach 43 Agaricus bitorquis (Quél.) Sacc. 37 Agaricus urinascens (Jul. Schäff. & F. H. Møller) Singer 51 Amanita caesarea (Scop. : Fr.) Pers. 27 (L. : Fr.) Lam. 197 Amanita phalloides (Vaill. ex Fr. : Fr.) Link 24 Armillaria mellea (Vahl : Fr.) P. Kumm. 26 Boletus edulis Bull. : Fr. 115 Boletus luridus Schaeff. : Fr. 37 Boletus pinophilus Pilát & Dermek 78 Calocybe gambosa (Fr. : Fr.) Donk 20 Lycoperdon utriforme Bull. : Pers. 49 Cantharellus cibarius Fr. : Fr. 42 Craterellus lutescens (Fr. : Fr.) Fr. 39 Infundibulicybe geotropa (Bull. : Fr.) Harmaja 23 Entoloma saundersii (Fr.) Sacc. 41 Helvella crispa (Scop. : Fr.) Fr. 29 Hydnum repandum L. : Fr. 37 Marasmius oreades (Bolton : Fr.) Fr. 66 Mitrophora semilibera (DC. : Fr.) Lév. 27 Cortinarius caperatus (Pers. : Fr.) Fr. 52 Russula cyanoxantha (Schaeff.) Fr. 33 Russula vesca Fr . 39 Boletus rubellus Krombh. 77 Boletus subtomentosus L. : Fr. 31 Tab. 2 - Specie usate2 per definire il “Fungo di Riferimento”

Specie fungine Elementi chimici Mitrophora semilibera (DC. : Fr.) Lév. Al, Ba, Ca, Co, Fe, Ni, P, Sr Lycoperdon utriforme Bull. : Pers. Cu, K, Pb, S, Zn Boletus edulis Bull. : Fr. Hg, Se, S, K Boletus pinophilus Pilát & Dermek Hg, Se, S Amanita muscaria (L. : Fr.) Lam. V, Zr Agaricus urinascens (Jul. Schäff. & F.H. Møller) Singer Ag, Cd, Co, Cu, P Agaricus arvensis Schaeff. Ag, Cd, Co, Cu, P Tab. 3 - Specie fungine finora identificate come bioaccumulatrici di elementi chimici presenti nel suolo

Si presenta di seguito in modo dettagliato la “storia” della ricerca sfociata nell’EUR-Report anche per inserire nel contesto di questa relazione le problematiche legate agli isotopi radioat- tivi che pure sono state il movente primo della ricerca e che, per non appesantirne troppo la trattazione, non sono state considerate nell’EUR-Report. I lavori hanno avuto inizio nel 1986

2 Tali specie sono state “sorteggiate” fra quelle dell’Archivio dati per le quali si avevano le concentrazioni degli elementi chimici misurati per oltre 10 campioni al fine di garantire la casualità nella metodologia statistica della definizione del “Fungo di Riferimento”.

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quando partì, nell’ambito dell’attività del Gruppo Micologico e Naturalistico “R. Franchi” - AMB, una ricerca avente, come primo obiettivo, quello di interpretare il diverso comportamento delle varie specie fungine rispetto alla contaminazione dagli isotopi radioattivi del cesio (134Cs e 137Cs) fuoriusciti dalla centrale nucleare di Chernobyl per l’incidente del 26 aprile 1986. Un primo indirizzo dello studio era rivolto alla ricerca di correlazioni statisticamente significative tra l’attività dei due radioisotopi del Cs (misurata in becquerel/kilogrammo di sostanza secca, in sigla bq/kg s.s.)3 e la concentrazione di altri elementi chimici (misurata in milligrammi/kilo- grammo di sostanza secca, in sigla mg/kg s.s.), in particolare il potassio (K). Infatti il Cs può essere considerato vicariante del K, appartenendo entrambe al 1° gruppo principale della Ta- bella Periodica degli elementi - Gruppo dei Metalli Alcalini ed avendo, perciò, stessa valenza e stesso comportamento chimico. Dalle misure di radioattività si aveva anche l’attività dell’isotopo radioattivo del K, il 40K. La differenza tra gli isotopi dei due metalli è, dal punto di vista ambientale, molto netta perché gli isotopi del Cs non sono naturalmente presenti in ambiente, ma vengono introdotti artificialmente dall’attività umana come, ad es., gli esperimenti nucleari in atmosfera, cessati dopo il 1970 e gli incidenti a centrali nucleari, mentre il 40K è un radionuclide presente natural- mente e in percentuale fissa rispetto alla concentrazione del K4. Il fatto che da questo tentativo iniziale, riferito come si è detto solo al K, non fosse emerso niente di particolarmente significa- tivo ci ha indotto a estendere le misure alle concentrazioni degli elementi chimici maggiormen- te presenti nei funghi per cercare altre eventuali correlazioni5. Questa “svolta” è stata decisiva: sfruttando i rapporti che nel frattempo si erano costruiti tra il Gruppo Micologico “R. Franchi” e l’azienda allora denominata Azienda Gas Acqua Consortile (AGAC), azienda pubblica consortile della provincia di Reggio Emilia, e successivamente, per varie vicissitudini politico/amministra- tive e ristrutturazioni societarie, divenuta Enìa s.p.a, quindi Iren Gas Acqua s.p.a.6 si è posta in essere una Convenzione tra AGAC e Gruppo “R. Franchi” la cui stipula, successivamente e fino al 2015, è stata formalizzata tra l’Associazione Micologica Bresadola e Iren Acqua Gas s.p.a. Tramite questa convenzione si è costruito, come già ricordato, un archivio dati statisticamente stabile. Questo è il solido pilastro su cui poggia tutta l’elaborazione dei dati, le cui procedure, insieme alle tecniche delle analisi di laboratorio, sono state prima acquisite all’interno del “Pro- getto Speciale Funghi” di ISPRA e successivamente certificate nel 2010 dal JRC (sede di Ispra -

3 Il becquerel (simbolo bq) è l’unità di misura, nel Sistema internazionale, dell’attività di un radionuclide (spesso chiamata in modo “semplicistico” radioattività), ed è definita come l’attività di un radionuclide che ha un decadimento al secondo. Il becquerel deve il suo nome a Antoine Henri Becquerel, che nel 1903 vinse il premio Nobel insieme a Marie Curie e Pierre Curie per il loro pionieristico lavoro sulla radioattività. Le misure di radioattività sono state svolte, in convenzione, con i Presidi Multizonali di Prevenzione - PMP (successivamente diventati Aziende Regionali di Prevenzione Ambientale - ARPA) di Reggio Emilia, Ferrara, Piacenza. Il PMP di Piacenza, per la presenza in quella provincia della centrale nucleare di Caorso, era il Centro di Coordinamento Regionale per le analisi della radioattività in Emilia- Romagna. 4 Questo dato ci ha consentito il controllo delle misure del contenuto di K perché il radioisotopo 40K è naturalmente presente, con la percentuale del 0,0117% sulla massa totale del K. Facendo i calcoli ne- cessari, si riesce a risalire dalla radioattività del 40K al K totale. Nel corpo umano di un adulto medio vi sono circa 160 grammi di K, contenuti essenzialmente nelle ossa. Il corpo umano è quindi una sorgente naturale di 40K la cui attività media è, circa, 4000 Bq. 5 Le misure della radioattività degli isotopi del Cs sono in pratica terminate nel 1995 per ragioni tecniche: dati i diversi tempi di dimezzamento dei due isotopi (2 anni per 134Cs e 30 anni per 137Cs) i valori dell’at- tività del 134Cs (nel 1994 la radioattività del 134Cs si era già ridotta di 24=16 volte) dal 1995 sono sistema- ticamente risultati minori del limite di rilevabilità strumentale e ciò ha reso impossibile calcolare il rapporto tra l’attività dei due radioisotopi (2 all’uscita dalla centrale di Chernobyl) il cui andamento temporale ha rappresentato uno degli aspetti più significativi dello studio permettendo, ad es., di capire che la contaminazione radioattiva da 134Cs e 137Cs era presente nei funghi anche prima del 1986, molto probabilmente a causa degli esperimenti nucleari in atmosfera. La radioattività del 137Cs uscito da Chernobyl sarà dimezzata nel 2016. Il tempo di dimezzamento del 40K è invece di 1,25 miliardi di anni: 40K è stato, è e sarà quindi costantemente presente in ambiente e, perciò, anche nei funghi (e nel corpo umano e animale). 6 I laboratori chimici della sede reggiana di Iren Gas Acqua, dove si svolgono le misure delle concentra- zioni degli elementi chimici nei funghi, godono di accredito SINAL n. 178 e di certificazione ISO 9002 GASTEC n. 001

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VA) tramite la pubblicazione, finanziata dalla Comunità Europea, dell’EUR-Report già citato. A questo scopo richiamiamo le ipotesi di lavoro della ricerca: a) valutazione della possibilità di utilizzare i funghi come efficaci bioindicatori di contamina- zione ambientale e studio dei percorsi che l’inquinamento può seguire per introdursi nelle catene alimentari; b) studio delle concentrazioni degli elementi chimici, radioattivi e non, nei funghi per verificare la loro utilità al fine di chiarire problematiche biologiche -es. effettivo ruolo svolto da una certa specie in natura e tassonomiche -es. differenze chiarificatrici in riferimento a specie a delimitazione critica; c) impatto igienico-sanitario da consumo di funghi contenenti eccessive concentrazioni di ra- dioattività e di sostanze pericolose (metalli pesanti) per la salute umana. I dati generali che stanno alla base delle considerazioni che seguono sono quelli presenta- ti nella tabella 1. Procediamo ora considerando una per una tali ipotesi cercando di fornire indicazioni con- crete e operative così come è capitato nel procedere della ricerca. Ipotesi a: valutazione della possibilità di utilizzare i funghi come efficaci bioindicatori di contaminazione ambientale e studio dei percorsi che la contaminazione può seguire per introdursi nelle catene alimentari. Per quanto riguarda la radioattività i dati sono stati “leggibili” sin dalle fasi iniziali e ci 134 137 hanno consentito di individuare specie “ipercaptanti” degli isotopi Cs e Cs (COCCHI ET AL., 1993). Indichiamo le più significative7: Craterellus lutescens, Cortinarius caperatus, Boletus badius (Fr. : Fr.) Fr., Tricholoma inamoenum (Fr. : Fr.) Gillet, Tricholoma sulphurescens Bres. Pensiamo di poter affermare con certezza che tali specie siano da considerare buoni “bioindicatori” di con- taminazione ambientale dagli isotopi radioattivi del Cs. Per quanto riguarda la presenza di metalli pesanti, invece, ci siamo presto trovati di fronte a difficoltà interpretative dei dati. Per esempio, le elevate concentrazioni di Cd riscontrate in alcune specie del Genere Agaricus L. : Fr. raccolti in terreni non contaminati, anche ad alta quota, hanno subito messo in crisi un’ipotesi “semplicistica” iniziale di questi funghi come bio- indicatori di inquinamento da metalli pesanti (almeno per quanto concerne il Cd). In seguito si sono presentate altre situazioni “sorprendenti”: Lycoperdon utriforme, fungo delle praterie di alta quota che concentra piombo, quando si pensava che le alte concentrazioni di piombo nei funghi fossero indice di inquinamento da traffico urbano; altre specie fungine che concentrano fortemente arsenico; inaspettate concentrazioni di selenio e mercurio nel Genere Boletus L. : Fr. ecc. A questo punto si capisce la difficoltà incontrata: sulla base di quali criteri si può definire normale (o superiore o inferiore alla norma) la presenza di elementi chimici nei funghi? Cosa poteva essere usato come “pietra di paragone” specie-specifica? Da qui è venuta l’idea del “Fungo di Riferimento” a cui va associata quella di “Impronta Digitale - Fingerprinting” chimi- ca. Siamo stati così in grado di capire se le concentrazioni presenti in un campione statistica- mente significativo di funghi (appartenenti a vari taxa oppure a un territorio) fossero iper-, normo- 6 I laboratori chimici della sede reggiana di Iren Gas Acqua, dove si svolgono le misure delle concentra- zioni degli elementi chimici nei funghi, godono di accredito SINAL n. 178 e di certificazione ISO 9002 GASTEC n. 001 7 Nel proporre i nomi dei taxa considerati ci siamo basati sulla classificazione proposta da HIBBETT & BINDER (2007) per la tassonomia dei livelli superiori, mentre all’interno delle Famiglie abbiamo seguito la classificazione proposta da Royal Botanic Gardens, Kew (www.speciesfungorum.org), alla data del 5CIMT (3/4 dic 2012). Non si tratta di una scelta “ideologica” (in questa fase di continui sommovimenti sistema- tico-tassonomici e nomenclaturali che solo in parte il Codice Internazionale di Nomenclatura Botanica attutisce, “sposare” una sistematica e una tassonomia è infatti molte volte arbitrario), ma essenzial- mente operativa, per la facilità di accesso da parte di tutti e per evitare problemi di sinonimia. La siste- matica e la tassonomia di “Species Fungorum” tuttavia sono proposte tenendo conto dei risultati che continuamente provengono dalle analisi filogenetiche. 8 Dall’ 11 marzo 2008 al 13 dicembre 2011 sono stati tenuti presso la ex Sede ISPRA (ex APAT) di Via Curtatone, 3 (Roma), 37 “Seminari Monotematici” rivolti allo studio e alla tutela degli ecosistemi. La tematica generale del ciclo seminariali era: “I funghi come indicatori biologici nel monitoraggio della qualità del territorio”

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o ipocaptanti, con ricadute utili e significative su tutte le questioni prima considerate. Pensiamo anche che lo studio accurato della presenza degli elementi chimici nei funghi superiori, ma anche in tutti gli altri esseri viventi, possa essere considerato un tassello importante della docu- mentazione della biodiversità dei viventi, anche perché riteniamo che i funghi siano “fabbricatori” di biodiversità. Concludiamo questo punto richiamando una considerazione generale, uscita dal ciclo di Seminari del “Progetto Speciale Funghi” dell’ISPRA8, secondo la quale il cibo di molti animali, soprattutto detritivori ma non solo, comprende spesso tessuto fungino: ciò dà un’indicazione su una delle vie per cui l’inquinamento radioattivo ed i metalli pesanti possono entrare nelle catene alimentari e giungere fino all’uomo. Ipotesi b: studio delle concentrazioni degli elementi chimici, radioattivi e non, nei funghi per verificare la loro utilità al fine di chiarire problematiche biologiche (es. effettivo ruolo svolto da una certa specie in natura) e tassonomiche (es. differenze chiarificatrici in riferimento a specie a delimitazione critica). Su questa ipotesi il lavoro va certamente approfondito e analizzato in modo più dettaglia- to. È certamente possibile “costruire” il “Fungo di Riferimento Specifico” e qualche indicazione già esiste. Gli alti valori di vanadio (V) e zirconio (Zr) presenti unicamente in Amanita musca- ria, di selenio (Se) in Boletus pinophilus e Albatrellus pes-caprae (Pers. : Fr.) Pouzar, di Cd in Agaricus arvensis e A. urinascens, di mercurio (Hg) in Agaricus bitorquis, di arsenico (As) in Sarcosphaera coronaria (Jacq.) J. Schröt., Inocybe asterospora Quél., Boletus pulverulentus Opat., per fare solo qualche esempio, possono avere valore almeno tassonomico. Un’ulteriore consi- derazione può essere riferita al dato che i valori delle concentrazioni di fosforo (P), potassio (K), magnesio (Mg), zinco (Zn), zolfo (S) presentano sempre, almeno per le oltre 50 specie finora considerate (COCCHI & VESCOVI, 1997/2013), valori relativamente bassi della Deviazione Standard rispetto a tutti gli altri elementi chimici misurati9. Per questo motivo riteniamo questi elementi “fisiologici” per tutti i macromiceti con la conseguenza che differenze statisticamente significa- tive nelle concentrazioni di queste sostanze fra le varie specie possono avere rilevanza tasso- nomica e sviluppi positivi nella bioindicazione e nella messa a punto di tecniche di biorimedio. Ma ci rendiamo conto che questi criteri escono dai “confini” dell’attuale micologia morfologica che, peraltro, già si trova messa in forte discussione dalla biologia molecolare. Non si intende qui proporre una nuova sistematica e una tassonomia “biochimica”, ma contribuire ad aprire una nuova strada molto interessante e promettente. Questo renderà, forse, possibile avvicinare sempre più la “Specie morfologica” alla “Specie biologica”. Potendo poggiare la nostra ipotesi su un numero maggiore di parametri, fra loro indipendenti, proponiamo una metodologia “polifasica” per costruire una nuova sistematica e, quindi, una nuova tassonomia (PETRINI, 2009) basata su diversi percorsi di ricerca quali: genomica, proteomica, biochimismo ecc., senza, ovviamente, abbandonare lo studio della morfologia. Facciamo notare che in Micologia non esiste alcuna definizione di Specie10, non potendo considerarsi tale la “Specie morfologica” che pure non è definita essendo ancora basata su metodiche e percorsi puramente empirici e, spesso, fortemente dipendenti dalla “soggettività” dei diversi autori. Ipotesi c: impatto igienico - sanitario da consumo di funghi contenenti eccessive concentra- zioni di radioattività e di sostanze pericolose (metalli pesanti) per la salute umana. Dal punto di vista della contaminazione radioattiva pensiamo non esistano problemi nel consumo di funghi soprattutto se, come abbiamo direttamente verificato, si segue la seguente norma di comportamento: se si mettono “a bagno” funghi secchi contaminati, o anche se si ha semplicemente il sospetto che lo siano, ad esempio per la provenienza, come si fa normalmen- te in cucina anche solo per lavarli prima dell’uso, per almeno tre ore, l’acqua di rinvenimento entra in profondità nei tessuti fungini necrotizzati dall’essiccamento e le molecole che conten- gono Cs (tutti i metalli alcalini formano sali idrosolubili) vengono sciolte e perciò la radioattivi- tà passa, almeno per il 70%, nell’acqua di rinvenimento, buttando la quale si ottengono funghi decontaminati. Lo stesso avviene per la radioattività di 40K. 9 Gli alti valori delle Deviazioni Standard delle concentrazioni degli elementi chimici nei macromiceti sono comuni a tutta la bibliografia internazionale. Questo sta a significare che le cause che determina- no le concentrazioni di elementi chimici nei funghi sono molteplici ed in buona parte ancora sconosciu- te. Anche per questo aspetto della problematica è importante la definizione di “Fungo di Riferiemento”. 10 Il problema è comunque aperto in tutte le discipline della Biologia.

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Diversa è la problematica in riferimento ai metalli pesanti. Il “Fungo di Riferimento” può risultare utile anche nella stima dell’assunzione di metalli pesanti, in particolare cadmio, piom- bo, mercurio (sui quali interviene la normativa europea), da parte dei consumatori di funghi, selvatici e coltivati. Le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) possono rappresentare un criterio di valutazione. Riferiamoci, ad esempio, al cadmio presente negli Agaricus della Sezione Arvenses del Sottogenere Flavoagaricus Wasser (= Flavescentes Schäeff. & Møller), in particolare nelle specie A. urinascens, A. arvensis, A. sylvicola (Vittad.) Peck. Nella ricerca si sono anche misurate le diverse concentrazioni di Cd in gambo e cappello verificando che, grosso modo, 2/3 del Cd si concentra nel cappello11: essendo il pileo la parte soprattutto consumata, riteniamo si commetta un errore in difetto nello stimare che i consumatori di queste specie assumano materiale fungino che contiene mediamente 100 mg/kg s.s.12 (Cocchi & Ve- scovi, 1997). L’O.M.S. raccomanda di non superare, per una persona adulta, un’ingestione setti- manale di: 0,5 mg di cadmio; 0,3 mg di mercurio; 3 mg di piombo. Per Cd tale valore sarebbe realizzato con un consumo settimanale di 50g di A. urinascens Schäeff. & Møller Singer freschi, in pratica un risotto. Abbiamo effettuato i calcoli considerando per Cd la stima di 100 mg/kg s.s. Calcoli analoghi per Hg e Pb portano, secondo la stima che si assume per le concentrazioni, ad indicare in alcuni ettogrammi settimanali, da 2 a 4, di Agaricus freschi i quantitativi che forni- scono i limiti dell’O.M.S. Bisogna tuttavia notare che già dalla normale alimentazione “occi- dentale” vengono assunti, in una settimana, circa 0,35 milligrammi di Ag; 0,25 di Cd; 0,1 di Hg- 10; 1,5 di Pb e, con riferimento particolare al Cd, si può osservare che dall’alimentazione nor- male già viene assunta una quantità uguale alla metà di quella limite indicata dall’O.M.S.: ciò deve far ritenere comunque eccessivo il consumo settimanale di 50 grammi di Agaricus della Sezione Arvenses freschi. I dati della Tab. 4 mostrano i valori delle concentrazioni di Cd (in mg/

Specie VM Intervallo Specie VM Intervallo Frumento 0,068 0,018 - 0,136 Patata 0,016 0,005 - 0,055 Riso 0,11 0,001 - 0,310 Cipolla 0,04 0,01 - 0,09 Soia 0,17 0,05 - 0,48 Peperone 0,029 0,015 - 0,043 Spinaci 0,045 0,019 - 0,070 Pomodoro 0,02 0,01 - 0,08 Lattuga 0,054 0,031 - 0,147 Mela 0,01 0,005 - 0,027 Cavolo 0,031 0,022 - 0,094 Pera 0,011 0,010 - 0,013 Pisello 0,004 0,003 - 0,005 Arancio 0,002 0,001 - 0,007 Fagiolo 0,042 0,019 - 0,075 Limone 0,01 0,01 - 0,04 [Valori in mg/kg sostanza fresca] Tab. 4: Concentrazione di Cd in alimenti di origine vegetale

11 Una delle ipotesi individuate da vari ricercatori è che il cadmio possa svolgere un ruolo biochimico, a livello enzimatico, che favorisce la crescita dei carpofori degli Agaricus considerati. È coerente con questa ipotesi che il cadmio sia più presente dove avviene la produzione delle spore. Perciò questi funghi non possono essere ritenuti bioindicatori di contaminazione da cadmio. 12 Non vogliamo certo fare terrorismo “psicologico”, ma informiamo che le “Disposizioni per la prima applicazione dell’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982 N. 915, concer- nente lo smaltimento dei rifiuti” individua questo valore come soglia per definire un rifiuto “tossico- nocivo”. Questa classificazione è stata però abrogata nel 1997, quando con l’entrata in vigore del D.L. 22/1997 (Decreto Ronchi), e, successivamente del Testo Unico Ambientale (D.L. 152/06), in coerenza con la normativa europea, il concetto di rifiuto “tossico e nocivo” veniva sostituito da quello di rifiuto “perico- loso”. Per noi, nella sostanza, non ambia nulla. È ben vero che i valori delle concentrazioni vanno riportati al prodotto tal quale (nel caso dei funghi freschi, che mediamente contengono il 90% di acqua, la concentrazione diventa 10 mg/kg), ma stiamo considerando materiale fungino che viene introdotto nell’organismo umano. Vorremmo inoltre far notare che, sulla base dei dati Iren Gas Acqua s.p.a. “Con- tenuto medio in metalli pesanti nei fanghi degli impianti di depurazione della provincia di R.E. - Anno 1993 (valori espressi in mg/kg s.s.)”, i fanghi prodotti nei 47 depuratori gestiti hanno normalmente con- centrazioni di Cd mai superiori a 3 mg/kg; in un caso, impianto di Ligonchio (RE), la concentrazione è di 7,5 mg/kg; solo per l’impianto di Sorbolo Levante (PR), che depura gli scarichi di una zincatura, la concentrazione arriva a 360 mg/kg (218 mg/kg nel 1991): A. urinascens essiccato presenta concentrazio- ni di Cd da “fango di depurazione di zincatura”

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kg di sostanza fresca) in vegetali molto frequenti nella nostra alimentazione: il valore medio della concentrazione di Cd assunto per gli Agaricus di 10 mg/kg di sostanza fresca risulta ben 60 volte maggiore di quello della soia, il vegetale con la concentrazione più alta. Per ulteriore documentazione, ricordiamo che, dal punto di vista legislativo, ai fini della commercializzazione, i riferimenti sono i “tenori massimi” consentiti di Cd, Pb. Per Hg non sono posti limiti per i funghi negli alimenti stabiliti dalla Comunità Europea. Presentiamo una tabel-

Piombo (Pb) Cadmio (Cd) Reg. CE 466/2001 Spontanei: nessun limite Spontanei: nessun limite Coltivati = 0,3 Coltivati = 0,2 Reg. CE 1881/2006 Spontanei: nessun limite Spontanei: nessun limite Coltivati = 0,3 Coltivati = 0,2 Reg. CE 629/2008 Tutte le specie, escluse Ab, Po, Le13: Tutte le specie, escluse Ab, Po, Le = 1,0 nessun limite Ab, Po, Le = 0,3 Ab, Po, Le = 0,2 Tab. 5: Funghi - Tenori Massimi Metalli Pesanti nei Regolamenti CE (Valori in mg/kg sostanza fresca)

la riassuntiva, tabella 5, che mostra anche una “evoluzione” che è significativa di un’atten- zione, da parte della CE, a tali valori nei funghi del commercio che potrebbe portare a futuri aggiornamenti. Inoltre, sono recentemente emerse, sull’onda della diffusione della “moda” della cosiddet- ta “Micoterapia” ulteriori indicazioni, chiaramente da parte di chi vende questi prodotti, del- l’uso quotidiano di preparati a base di polvere di funghi crudi secchi, in particolare di Lentinula edodes (Berk.) Pegler. È evidente, a nostro parere, che l’uso quotidiano di questi prodotti, spes- so senza che il consumatore ne abbia piena consapevolezza, rende ancora più delicate e pro- blematiche le questioni appena poste sulla “stima” dell’assunzione dei metalli pesanti presenti nei funghi (SINISCALCO ET AL., 2013). Conclusioni La componente micologica gioca un ruolo cruciale nei processi di evoluzione, stabilizzazione e formazione del suolo instaurando rapporti micorrizici con le specie vegetali erbacee ed arboree coltivate e/o spontanee (BIANCO ET AL., 2009). La partecipazione negli ultimi dieci anni di numerose “Unità Operative” [Università, Centri e Istituti di Ricerca, Associazione Micologica Bresadola (AMB), Agenzie Regionali, Aree Protet- te, Aziende Sanitarie Locali, Regioni, Provincie, Comuni ecc.] ai molteplici temi di ricerca in essere presso il “Progetto Speciale Funghi” dell’ISPRA14 ha permesso di concentrare gli sforzi nella pianificazione delle attività con il risultato di identificare in tempi ridotti i primi parametri ambientali che hanno i funghi come protagonisti nella conoscenza e nella tutela degli ecosiste- mi (SINISCALCO, 2009). Una serie di studi iniziati nel 1986 dopo l’incidente di Chernobyl presso il Gruppo Micologi- co e Naturalistico “R. Franchi” di Reggio Emilia - AMB15 ha permesso definire il “Fungo di Rife- rimento” e di individuare specie fungine indicatrici di degrado ambientale da sostanze xeno- biotiche.

13 Ab = Agaricus bisporus; Po = Pleurotus ostreatus (Jacq. : Fr.) P. Kumm.; Le = Lentinula edodes 14 http://www.isprambiente.gov.it/it/temi/biodiversita/lispra-e-la-biodiversita/attivita-e-progetti/progetto-spe- ciale-funghi 15 Tali studi e le analisi del contenuto di elementi chimici nei funghi stanno continuando sui funghi deter- minati ed erborizzati nei Comitati Scientifici Nazionali dell’AMB nell’ambito di una convenzione tra AMB e Iren Acqua Gas s.p.a. che ha, tra le sue finalità, la mappatura e il censimento delle componenti micologiche sul territorio nazionale. Le misure sono comunque tuttora effettuate presso i Laboratori chimici della sede di Reggio Emilia di Iren Acqua Gas s.p.a.

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Per quanto riguarda l’inquinamento da isotopi radioattivi le specie fungine da considerare “buone bioindicatrici” di contaminazione ambientale da radioattività da 134Cs e 137Cs sono: Craterellus lutescens, Cortinarius caperatus, Boletus badius, Tricholoma album (Schaeff. : Fr.) P. Kumm.; Tricholoma inamoenum, Tricholoma sulphurescens Bres. Più complessa è risultata, fino ad ora, l’individuazione di specie fungine indicatrici di con- taminazione ambientale16, in particolare della matrice suolo, da elementi chimici tra cui i me- talli pesanti. La questione si pone nei termini che, non conoscendo ancora in modo completo il metabolismo dei “funghi superiori” (i cosiddetti macromiceti) non si è ancora in grado di capire se un’alta concentrazione di un elemento chimico in un carpoforo (Cd in carpofori della Sezione Arvenses Konrad & Maublanc del Sottogenere Flavoagaricus Wasser, per fare solo uno degli esempi più significativi) sia naturale o indotta artificialmente: va ribadito quanto già più sopra esplicitamente riportato (punto “Ipotesi a”) che proprio il tentativo di superare questa difficoltà è stato il “movente” che ha indotto alla definizione del “Fungo di Riferimento”. Non si deve per altro dimenticare che un dato che potrà consentire un ulteriore passo in avanti sarà una valuta- zione statistica (possibile quando il numero dei dati raccolti consentirà la stabilità statistica) del fattore di concentrazione, definito come il rapporto della concentrazione di un dato elemen- to chimico nel carpoforo e nel terreno del sito di crescita. Ciò che si ritiene corretto presentare in questa sede è un elenco di specie risultate “ipercaptanti” di particolari elementi chimici (indi- cati a fianco di ognuna). Tra di esse, indicate nella tabella 3, sono da individuare eventuali specie “bioindicatrici”, con potenziale utilizzo negli studi di biorimedio in habitat e/o rinaturalizzazione su vasta scala. Tali specie elencate rappresentano un primo tentativo di campionare elementi di pregio ecologico e indicatori fungini di qualità ambientale per gli aspetti tossicologici da sostanze xenobiotiche. Sebbene non sempre gli indicatori considerino tutto il panorama di informazioni disponibili e quindi non siano, presi singolarmente, completamente esaustivi, si può comunque affermare che: «se usati in sinergia fra loro possono risultare strumenti molto utili per descrivere ampie tendenze di variazioni ambientali». In conclusione questi nuovi bioindicatori costituiti da alcune componenti micologiche pos- sono dare un nuovo e grosso contributo alla conoscenza, tutela e conservazione della diversità biologica. Inoltre, il loro apporto in conoscenza va al di là della sola tutela di animali, piante, microorganimi e dei loro ecosistemi, e coinvolge anche ed essenzialmente l’ampio spettro dei bisogni dell’uomo che vanno da quello del cibo “sicuro”, alla necessità di acqua pulita, aria salubre ecc., che sono gli elementi essenziali per la vita sul pianeta terra. Bibliografia

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16 La contaminazione radioattiva da 134Cs e 137Cs è sicuramente di origine antropica, non essendo tali isotopi spontaneamente presenti in natura.

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PdM 37.pmd 108 14/01/17, 12.01 PAGINE DI MICOLOGIA Funghi e biorisanamento: un’esperienza in campo

CONSOLATA SINISCALCO, ALEXANDRA LAZZARI, SERGIO ENRICO FAVERO-LONGO, SILVIA PEROTTO & MARIANGELA GIRLANDA Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi (DiBioS), Università degli Studi di Torino Viale Mattioli, 25 - I 10125 Torino E-mail: [email protected]

RIASSUNTO A dispetto del loro elevato potenziale, i funghi miceliari sono largamente trascurati nelle appli- cazioni di biorisanamento di suoli contaminati. Abbiamo allestito un esperimento in campo, all’interno di un’area caratterizzata da inquinamento tellurico misto (metalli pesanti ed idrocarburi alifatici e aromatici), attraverso l’introduzione di piante di pioppo e di un inoculo fungino misto (ceppi autoctoni dell’area di studio). Il trattamento con funghi ha determinato significativi abbattimenti dei tenori tellurici di diversi inquinanti organici ed inorganici. La cor- relazione osservata tra decremento dei contaminanti, incremento delle popolazioni delle spe- cie fungine reintrodotte ed alterazioni della diversità delle micocenosi indigene suggeriscono che a tale risanamento possano contribuire effetti diretti e/o indiretti dell’inoculo fungino. ABSTRACT Despite their potential in bioremediation, mycelial fungi are rarely the biological agents of choice for the decontamination of polluted soils. A rhizoremediation field experiment was set up within an area featuring a mixed soil contamination (by heavy metals and aliphatic and aromatic hydrocarbons). Poplar plants were introduced alone or in combination with a fungal consortium consisting of autochthonous strains. The fungal treatment induced significant reductions in soil levels of both organic and metal pollutants. Decrease in pollutant concentrations correlated with bioaugmentation of the reintroduced fungal species and shifts in the diversity of non- reintroduced, indigenous fungal assemblages. These findings suggest that effective bioremediation may result from direct and/or indirect effects of the fungal inoculum. Key-words: mycoremediation, bioaugmentation, biostimulation, soil pollution, nonylphenol, endocrine disrupters.

Potenzialità dei funghi filamentosi nel biorisanamento di suoli contaminati Una parte largamente preponderante (fino al 75%) della biomassa nei suoli è costituita da micelio, con una lunghezza ifale complessiva che può raggiungere 10 km per grammo di terre- no (RITZ & YOUNG, 2004). Tale cospicua presenza, essenziale per numerosi servizi ecosistemici (quali la promozione della crescita delle piante, la decomposizione della materia organica, l’aggregazione delle particelle del terreno), riveste notevole interesse anche ai fini del biorisanamento di suoli contaminati. Attributi vantaggiosi nell’ottica sia della degradazione di contaminanti organici sia dell’inattivazione (immobilizzazione/riduzione della biodisponibilità) di inquinanti inorganici elementari (metalli, metalloidi, radionuclidi) sono la capacità di esplo- razione capillare del terreno (collegata alla colonizzazione dei pori del terreno ed al trasporto a distanza lungo le ife, capacità tutte negate ad organismi stanziali non miceliari, quali batteri e funghi lievitoidi), il rilascio di enzimi idrolitici ed ossidoreduttasici, nonchè la secrezione di acidi organici ed altri composti ad azione chelante o solubilizzante. A dispetto del loro elevato potenziale, tuttavia, i funghi miceliari restano largamente tra- scurati nelle applicazioni di biorisanamento ambientale (HARMS ET AL., 2011). La principale ec- cezione è rappresentata dal gruppo dei cosiddetti “white-rot fungi” (WRF), agenti, in natura, di marciumi e carie bianche del legno. Grazie alla produzione di enzimi ligninolitici a bassa spe- cificità, e quindi ampio spettro, i WRF sono in grado di agire anche su composti xenobiotici strutturalmente analoghi alla lignina, e di fornire pertanto ottime prestazioni in condizioni con- trollate, degradando una varietà di contaminanti recalcitranti quali IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici), PCB (PoliCloroBifenili), esplosivi e pesticidi di natura aromatica, ed altri. Tuttavia, i

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WRF risultano spesso scarsamente efficaci in sistemi non confinati e in matrici non sterili quali il suolo (habitat del resto diverso dal loro substrato naturale), in virtù delle scarse capacità competitive nei confronti delle comunità microbiche residenti (POINTING, 2001; BALDRIAN, 2008; GAO ET AL., 2010). La sopravvivenza e l’attività dell’inoculo fungino introdotto nelle variabili con- dizioni di campo sono infatti requisiti essenziali per la buona riuscita dell’intervento di biorisanamento. In contrasto, funghi tellurici indigeni, essendo adattati alle locali condizioni abiotiche e biotiche, sono promettenti per applicazioni di biorisanamento in situ del suolo (GIRLANDA ET AL., 2009). Tali approcci sono oggi considerati con favore, in virtù dei costi inferiori a quelli di interventi ex situ, nonchè del minore impatto sull’ecosistema (HARMS ET AL., 2011). Un esperimento in campo Incoraggiati dai positivi risultati ottenuti in preliminari saggi in vitro (CRAVOTTO ET AL., 2008) ed in condizioni di serra (GIRLANDA ET AL., 2009), abbiamo allestito un esperimento in campo finalizzato a verificare le possibilità di decontaminazione di un’area con una storia quarantennale di inquinamento tellurico misto, caratterizzato da una distribuzione eterogenea di contaminan- ti organici ed inorganici (metalli pesanti ed idrocarburi alifatici e aromatici). La fase di speri- mentazione è stata preceduta da una descrizione della diversità fungina nell’area di studio al fine di selezionare, dai punti a maggiore contaminazione, ceppi fungini successivamente reintrodotti nell’area di origine a seguito di propagazione in coltura. È stato in particolare adot- tato un approccio di “rhizoremediation” (risanamento rizosferico), che ha combinato la “bioaugmentation” fungina (tramite reintroduzione di ceppi indigeni; EL FANTROUSSI & AGATHOS, 2005; HOSOKAWA ET AL., 2009; MROZIKA & PIOTROWSKA-SEGETB, 2010) con l’introduzione di piante di Populus nigra L.. Gli interventi di “rhizoremediation” si avvantaggiano dei sinergismi tra funghi e piante nella rizosfera, ovvero il volume di suolo sotto l’influenza della radice: qui i funghi tellurici trovano un ambiente nutrizionalmente arricchito e condizioni fisico-chimiche favorevoli all’esplicarsi delle attività di risanamento ad essi proprie, mentre le piante beneficiano dell’in- tenso metabolismo microbico che contraddistingue questa regione di suolo (SINGH & JAIN, 2003, COHEN ET AL., 2004, KUIPER ET AL., 2004, CHAUDHRY ET AL., 2005; MA ET AL., 2011). Il nostro esperimento,

Figura 1. a,b: Aspetto dell’inoculo fungino, allevato in crusca in laboratorio (a) e successivamente introdotto alla base degli astoni di pioppo (b). c-e: Aspetto dell’impianto, in fase preparatoria (c), all’inizio (d) ed al termine della sperimentazione (e; sei mesi dall’impianto)

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condotto su un’area di circa 1400 m2, ha previsto l’impianto di oltre 270 astoni di cloni diversi di P. nigra, inoculati con un consorzio di ceppi di Paecilomyces lilacinus Samson [= Paecillium lilacinum (Thom) Luangsa-ard, Hywel-Jones & Samson] e di tre specie di Penicillium isolati dallo stesso suolo (GIRLANDA ET AL., 2009). Quale controllo, alcune piante non sono state inocula- te con il consorzio fungino, ed altre sono state ammendate con sola crusca (dal momento che l’inoculo fungino era stato allevato in crusca, ed è noto che questo substrato può adsorbire gli inquinanti; RYAN & BUMPUS, 1989). La percentuale di attecchimento degli astoni di pioppo è risul- tata molto buona (90%), con un rapido sviluppo vegetativo dopo il trapianto (Figura 1). Al termi- ne dell’esperimento di “rhizoremediation” (sei mesi dall’impianto), campioni di suolo sono stati raccolti in stretta vicinanza delle radici sia delle piante di pioppo inoculate con il consorzio fungino sia dei due gruppi di piante di controllo (piante inoculate con sola crusca e piante non inoculate). Su questi campioni sono stati verificati i tenori dei principali contaminanti organici ed inorganici, ed è stata analizzata la diversità fungina nella rizosfera delle stesse piante. La reintroduzione delle specie fungine isolate si è tradotta in un effettivo aumento dei livelli tellurici delle stesse (“bioaugmentation”). Prove di reisolamento su MEA (Malt Extract Agar) hanno infatti indicato per P. lilacinus (di gran lunga prevalente nell’inoculo in crusca, colonizza- ta diversamente dalle quattro specie fungine; GIRLANDA ET AL., 2009) un significativo incremento nel numero di colonie, rispetto ai livelli basali nel suolo, ancora ad un mese di distanza dal- l’inoculo - fatto salvo un successivo ritorno ai valori iniziali (Tabella 1). La “bioaugmentation” si è accompagnata ad abbattimento dei tenori tellurici di diversi inquinanti. Se nel caso di idrocarburi con C>12, Fe e Cr, nessuno dei trattamenti ha determina- to un sostanziale decremento rispetto ai livelli di partenza, significative riduzioni sono state riscontrate per nonilfenolo, Cu e Zn. Nel caso di nonilfenolo e Cu sono risultati efficaci, rispetti- vamente, tutti i trattamenti (inclusa l’introduzione delle piante non inoculate/ammendate) ed entrambi i trattamenti con crusca. Al contrario, un abbattimento significativo del tenore tellurico di Zn è stato determinato dal solo trattamento con funghi, ad escludere, pertanto, effetti legati alle sole piante o alla crusca (Figura 2). In modo interessante, nel corso delle prove di reisolamento il bioaumento delle specie fun- gine reintrodotte con l’inoculo è risultato essere correlato ad un significativo incremento nel

Figura 2. Percentuali medie dei livelli tellurici dei principali inquinanti, rispetto ai valori iniziali, al termine dell’esperimento, nei campioni di suolo raccolti in prossimità delle piante inoculate con il consorzio fungino (barre nere), delle piante ammendate con sola crusca (barre grigio medio) e delle piante non ammendate/ inoculate (barre grigio chiaro). Gli asterischi indicano riduzioni significative (Mann-Whitney U test, P<0,05). C>12, idrocarburi con numero di atomi di C>12; NP, nonilfenoli.

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Inizio esperim. Un mesedall’inoculo Termine esperim. Paecilomyces lilacinus 4,2 (± 2,3) a 91,5 (± 11,1) b 13,2 (± 5,8) a Altre specie fungine indi- 59,9 (± 32,4) a 295,6 (± 38,6) b 216,1 (± 38,5) ab gene (non reintrodotte)

Tabella 1. Numero di CFU (Colony Forming Units, unità formanti colonia) di Paecilomyces lilacinus e di altre specie fungine indigene non reintrodotte, nelle piastre di isolamento ottenute da campioni di suolo raccolti in prossimità delle piante inoculate con il consorzio fungino, ad inizio esperimento (prima dell’inoculo), ad un mese dall’inoculo ed al termine dell’esperimento (sei mesi dall’impianto/inoculo). Sono riportati i valori medi e di deviazione standard (± ds). Valori, sulla stessa riga, che non sono contrassegnati da alcuna lettera in comune differiscono significativamente (ANOVA, test post-hoc di Tukey, P<0,05).

numero di colonie di altre specie indigene, diverse da quelle reintrodotte (Tabella 1). Tale osser- vazione suggerisce che al biorisanamento possano concorrere sia effetti diretti (l’attività dei ceppi fungini reinoculati) sia effetti indiretti, mediati cioè da altre popolazioni fungine indigene stimolate dai funghi dell’inoculo (“biostimulation”). In aggiunta alle prove di re-isolamento (che mettono in evidenza solo le specie fungine coltivabili sul mezzo colturale utilizzato), la diversità fungina residente è stata anche caratteriz- zata attraverso un approccio di “metabarcoding” coltura-indipendente, già utilizzato per una descrizione di dettaglio delle micocenosi telluriche (ORGIAZZI ET AL., 2013). A questo scopo, pre- via estrazione di DNA da ogni campione di suolo, si è proceduto ad amplificazione PCR con due coppie di primers specifiche per le regioni spaziatrici ITS1 e ITS2 del DNA fungino, adatte

Figura 3. Numero e percentuale di OTU (Operational Taxonomic Units) fungini ITS1 e ITS2 condivisi tra il controllo non inoculato/ammendato (C) e ciascuno dei due trattamenti (C+B: piante ammendate con sola crusca; F: piante inoculate con il consorzio fungino). Sono inoltre riportati numeri e proporzioni di OTU esclusivi di ciascun controllo/trattamento (all’interno dei rispettivi cerchi), nonchè numeri e proporzioni di OTU complessivi per ciascun controllo/trattamento (all’esterno dei cerchi). Le percentuali di OTU condivisi tra controllo e ciascuno dei due trattamenti è riferita al totale degli OTU presi in considerazione (controllo + ciascuno dei due trattamenti).

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per l’identificazione a livello specifico (SCHOCH ET AL., 2012). Il sequenziamento ad alta resa (pirosequenziamento 454) di tali amplificati ha restituito oltre 7000 sequenze fungine, che sono state assegnate rispettivamente a circa 500 OTU al 97% (Operational Taxonomic Units; gruppi di sequenze identiche, all’interno di ciascun OTU, perlomeno al 97%), assimilabili ad altrettan- te specie fungine (prevalentemente riferibili, attraverso interrogazioni BLAST delle banche dati online, ad Ascomycota). Il confronto degli OTU ottenuti al termine dell’esperimento ha dimo- strato che entrambi i trattamenti (trattamento con sola crusca ed inoculo con funghi allevati in crusca) determinano un notevole impatto sulla micodiversità tellurica: il numero di OTU asso- ciati esclusivamente a ciascun trattamento è infatti superiore al numero di OTU condivisi tra ognuno di essi ed i campioni di controllo (Figura 3). Conclusioni I risultati positivi ottenuti nella sperimentazione descritta dimostrano la fattibilità dell’uso di funghi saprotrofi (non-WR) quali agenti di biorisanamento anche nelle complesse, multifattoriali condizioni di campo. La correlazione osservata tra “bioaugmentation” delle spe- cie dell’inoculo e cambiamenti nella diversità della micoflora autoctona suggerisce che l’azio- ne di risanamento possa esplicarsi attraverso meccanismi diretti e/o indiretti (cooperazione tra i funghi reintrodotti e le comunità microbiche -fungine e batteriche- residenti). Tuttavia, la natu- ra delle interazioni tra funghi reintrodotti e funghi residenti, tra funghi e piante, nonchè tra i diversi organismi e gli inquinanti stessi, restano da chiarire. Le moderne tecniche di “omica” (genomica, metagenomica, metatrascrittomica, metaproteomica), attraverso un approccio olistico, contribuiranno a chiarire i meccanismi effettivamente in atto nelle situazioni di micorisanamento. BIBLIOGRAFIA

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57: 20-33. RITZ K. & I. YOUNG - 2004: Interactions between soil structure and fungi. Mycologist 18: 52-59. RYAN T.P. & J.A. BUMPUS - 1989: Biodegradation of 2,4,5-trichlorophenoxyacetic acid in liquid culture and in soil by the white rot fungus Phanerochaete chrysosporium. Applied Microbiology & Biotechnology 31: 302- 307. SCHOCH C.L., K.A. SEIFERT, S. HUHNDORF, V. ROBERT, J.L. SPOUGE, C.A. LEVESQUE, W. CHEN & FUNGAL BARCODING CONSORTIUM - 2012: Nuclear ribosomal internal transcribed spacer (ITS) region as a universal DNA barcode marker for Fungi. Proceedings of the National Academy of Sciences USA 16: 6241-6246. SINGH O.V. & R.K. JAIN - 2003: Phytoremediation of toxic aromatic pollutants from soil. Applied Microbiology & Biotechnology 63: 128-135.

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PdM 37.pmd 114 14/01/17, 12.01 PAGINE DI MICOLOGIA Considerazioni tassonomiche su alcune specie fungine oggetto di relazioni nella prima giornata del 5° Convegno di Micotossicologia - Milano 3 dicembre 2012

GIOVANNI CONSIGLIO Via C. Ronzani, 61 - I 40033 Casalecchio di Reno (BO) - E-mail: [email protected]

Poiché nelle varie relazioni tenute nel Convegno i funghi sono stati considerati solo da un punto di vista strettamente micotossicologico, l’Associazione Micologica Bresadola, che ha or- ganizzato l’evento, ha ritenuto opportuno affidarmi il compito di illustrare le varie specie fungi- ne implicate nei vari interventi anche da un punto di vista speciografico-tassonomico. Nella prima delle mie due relazioni ho trattato i funghi che possono causare avvelenamenti più o meno gravi. Così ho parlato, per esempio, di Cortinarius orellanus e C. orellanoides var. speciosissimus, responsabili della sindrome orellanica; di Amanita phalloides, A. verna, A. virosa, A. porrinensis, A. bisporigera, Galerina marginata, Lepiota brunneoincarnata e L. subincarnata, responsabili della sindrome falloidea; di Amanita muscaria e A. pantherina, responsabili della sindrome panterinica; di Amanita proxima, A. boudieri, A. gracilior, A. echinocephala e A. smithiana, responsabili della sindrome norleucinica; e, infine di Clitocybe amoenolens, responsabile della sindrome acromelalgica. Nella mia seconda relazione ho trattato alcune specie fungine considerate “aliene”, in quanto hanno colonizzato il territorio italiano relativamente da pochi anni, e alcune altre specie accre- ditate di virtù micoterapeutiche. Qui di seguito presento le foto di alcune di queste specie forse poco familiari al grosso pubblico; di alcune di esse riporto brevi note descrittive. Funghi “alieni” Hydnangium carneum Wallroth

Hydnangium carneum (Foto G. Consiglio)

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Basidioma di 20-40 mm, subgloboso o irregolarmente allungato, tuberiforme, lobato, uniforme- mente grigio-rosa, rosso allo sfregamento o al taglio; affiorante sotto le foglie, inserito nel sub- strato con rudimentale peduncolo rastremato e ciuffo di cordoncini miceliari. Peridio sfilacciato, sottile e quasi evanescente. Gleba carnosa ma fragile, spugnosa, rosa-rosso in sezione, con cellette labirintiformi o schiacciate. Specie di ambienti xerofili mediterranei, esclusivamente legata a Eucalyptus. Setchelliogaster tenuipes (Setch.) Pouzar Basidioma con cappello di 10-35 mm, con lunghe pieghe radiali nella parte sottostante adnata al gambo e con gambo prominente di 10-15 mm dalla gleba, con diametro di 30-80 mm. Peridio di 0,2-0,5 mm sul fresco; superficie finemente rugolosa a tratti, di colore bruno-rossastro. Deiscenza secozioide. Gleba di aspetto agarico ide. Trama con cellette allungate, simili a la- melle molto anastomizzate. Specie abbastanza frequente solo nei boschetti di Eucalyptus. Cortinarius bisporiger Contu Cappello 25-50 mm, convesso, poi appianato e irregolarmente depresso al centro, con il bordo ondulato-lobato, un po’ scanalato. Rivestimento pileico liscio, lucido, viscido, igrofano, bruno- rossiccio-arancione, segnato da fibrille radiali più scure. Lamelle abbastanza fitte, adnate- smarginate, giallo senape vivo, poi brunastre, con il filo irregolare, concolore. Gambo 20-40 × 8-14 mm, pieno, duro, cilindrico, talora un po’ allargato alla base, bianco-giallastro, longitudi- nalmente striato, imbrunente. Carne soda, bianca o gialla nel gambo, più scura nel cappello, immutabile; odore e sapore non significativi. Specie piuttosto rara, legata a Eucalyptus camaldulensis, cresce in autunno e nel primo inverno. Suillus lakei (Murrill) Smith & Thiers Cappello 50-100 mm, da emisferico ad appianato, con margine involuto, superficie asciutta, ricoperta da fitte squame bruno-rossastre su fondo giallo. Tuboli adnati o un po’ decorrenti, da

Setchelliogaster tenuipes (Foto G. Consiglio)

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Cortinarius bisporiger (Foto G. Consiglio)

Suillus lakei (Foto G. Consiglio)

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Rhizopogon villosulus (Foto G. Consiglio)

Pholiota nameko (Foto C. Lavorato)

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gialli a verde oliva, bruno sporco al taglio; pori ampi e angolosi. Gambo 40-80 × 15-30 mm, corto e tozzo, cilindraceo; anello biancastro. Carne soda, giallo sporco, al taglio bruno-rossastra nel cappello; odore debole, sapore mite. A gruppi di esemplari, anche concresciuti, esclusivamente associato a Pseudotsuga menziesii. Rhizopogon villosulus Zeller Basidioma di 30-40 mm, subgloboso o ovoidale, con sottili rizomorfe alla base, superficie con aspetto villoso, come avvolta da una rada capigliatura bruna, a volte virante al rosa. Gleba spugnosa con cellette labirintiformi, giallognola al taglio poi ocra-olivastra, con odore di aceto nei giovani appena raccolti. Esclusivamente sotto Pseudotsuga menziesii. Pholiota nameko (T. Itô) S. Ito & S. Ima Cappello 25-100 mm, conico-emisferico poi piano-convesso, bruno al centro, più chiaro verso il bordo, liscio, glabro, molto glutinoso, con il margine sottile, inizialmente involuto, non striato, a volte appendi colato da resti del velo glutinoso. Lamelle adnate-decorrenti con dentino, piutto- sto fitte, giallastre poi ocracee-ruggine. Gambo 25-80 × 3-15 mm, cilindrico, un po’ ispessito alla base, viscido, sodo o farcito, camoscio-cannella, glutinoso sotto l’anello, biancastro e seri- ceo-fibroso sopra. Anello sottile, membranoso, concolore, fugace. Carne giallastra, poi cannel- la, bruno-rossastra sotto la cuticola del cappello e nel gambo. Densamente cespitosa o grega- ria su tronchi di latifoglie, specialmente Fagus.

Amanita boudieri (Foto R. Galli)

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Amanita echinocephala (Foto G. Consiglio)

Amanita gioiosa (Foto G. Consiglio)

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Amanita gracilior (Foto R. Galli)

Amanita proxima (Foto G. Consiglio)

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Clitocybe amoenolens (Foto G. Gelsomini)

Funghi “medicinali”

Lentinula edodes (Foto C. Lavorato)

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Grifola frondosa (Foto L. Setti)

Auricularia auricula-judae (Foto G. Consiglio)

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Cordyceps militaris (Foto G. Consiglio)

Flammulina velutipes (Foto G. Consiglio)

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Pleurotus ostreatus (Foto G. Consiglio)

Schizophyllum commune (Foto G. Consiglio)

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Laricifomes officinalis (Foto M. Marchetti)

Trametes versicolor (Foto G. Consiglio)

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PdM 37.pmd 126 14/01/17, 12.07 PAGINE DI MICOLOGIA 3a Sessione: Funghi e alimentazione umana

Sicurezza alimentare dei funghi nell’ambito del commercio, della trasformazione e del consumo

Ministero della Salute Dipartimento per la Sanità pubblica veterinaria, la nutrizione e la sicurezza alimentare e degli organi collegiali per la tutela della salute - Direzione Generale per l’igiene e la Sicurezza degli Alimenti e la Nutrizione - Ufficio II DGISAN - Viale Giorgio Ribotta, 5 - I 00144 Roma

Al fine di garantire la sicurezza degli alimenti ai consumatori e salvaguardare il settore agroalimentare da crisi ricorrenti, l’Unione Europea, e l’Italia come Paese membro, hanno adot- tato la strategia globale di intervento “sicurezza dai campi alla tavola”. In questo slogan è racchiuso lo spirito dell’intervento normativo e di controllo degli ultimi anni: affrontare la sfida di garantire cibi sani e sicuri lungo tutta la filiera produttiva, predispor- re un controllo integrato e abbandonare l’approccio settoriale e verticale. Esso si basa su una combinazione di requisiti elevati per i prodotti alimentari e per la salute e il benessere degli animali e delle piante, siano essi prodotti all’interno dell’UE o impor- tati. Le prime valutazioni sul tema risalgono all’anno 1997 con il “Libro verde della Commissio- ne sui principi generali della legislazione in materia alimentare dell’Unione Europea” e hanno trovato la formulazione condivisa nel “Libro Bianco sulla sicurezza alimentare” del 2000. Tali documenti fondamentali sono alla base del quadro normativo comunitario in materia di sicurezza alimentare a partire dal Regolamento (CE) n. 178/2002 (“General Food Law”), che introduce il principio fondamentale di un approccio integrato di filiera ed evolve fino all’entrata in vigore del cosiddetto “Pacchetto Igiene” il 1° gennaio 2006 con cui cambiano definitivamente le regole comunitarie sull’igiene e il controllo ufficiale degli alimenti. Attraverso il pacchetto igiene tutti gli Stati Membri hanno gli stessi criteri riguardo l’igiene della produzione degli alimenti e quindi i controlli di natura sanitaria vengono effettuati secon- do i medesimi standard su tutto il territorio della Comunità Europea. Precedentemente esistevano notevoli differenze tra le legislazioni dei vari paesi riguardo ai concetti, ai principi e alle procedure in materia alimentare. Rendendo omogenee le norme sanitarie, si rende quindi possibile la libera circolazione di alimenti sicuri contribuendo in maniera significativa al benessere dei cittadini nonché ai loro interessi sociali ed economici. I principi generali sui quali verte la nuova legislazione comunitaria sono: • controlli integrati lungo tutta la catena alimentare • interventi basati sull’Analisi del Rischio • responsabilità primaria dell’operatore del settore per ogni prodotto da lui realizzato, tra- sformato, importato, commercializzato o somministrato • rintracciabilità dei prodotti lungo la filiera • consumatore come parte attiva della sicurezza alimentare. Dal 1° gennaio 2006, in materia di igiene della produzione e delle commercializzazione degli alimenti, sono entrati in applicazione i Regolamenti attuativi previsti dal Regolamento (CE) 178/2002, in particolare il Regolamento (CE) 852/2004 sull’igiene dei prodotti alimentari. • Reg. CE n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabi- lisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’autorità euro- pea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare • Reg. CE n. 85272004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 sull’igiene dei prodotti alimentari (versione consolidata) • Reg.Ce n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale • Reg.CE n. 854/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 che stabilisce

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norme specifiche per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano • Reg.CE n. 88272004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali. I principali Regolamenti applicativi sono: • Regolamento (CE) n. 2073/2005 della Commissione del 15 novembre 2005 sui criteri microbiologici applicabili ai prodotti alimentari. • Regolamento (CE) n. 2074/2005 della Commissione del 5 dicembre 2005 recante modalità di attuazione relative a taluni prodotti di cui al Regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamen- to europeo e del Consiglio e all’organizzazione di controlli ufficiali a norma dei Regolamen- ti del Parlamento europeo e del Consiglio (CE) n. 854/2004 e (CE) n. 882/2004, deroga al regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio e modifica dei Rego- lamenti (CE) n. 853/2004 e (CE) n. 854/2004 • Regolamento (CE) n. 2075/2005 della Commissione del 5 dicembre 2005 che definisce nor- me specifiche applicabili ai controlli ufficiali relativi alla presenza di trichine nelle carni • Regolamento (CE) n. 2076/2005 della Commissione del 5 dicembre 2005 che fissa disposi- zioni transitorie per l’attuazione dei regolamenti del Parlamento europeo e del Consiglio (CE) n. 853/2004, (CE) n. 854/2004 e (CE) n. 882/2004 e che modifica i Regolamenti (CE) n. 853/2004 e (CE) n. 854/2004 Oltre alla legislazione generale, valida per tutti i prodotti alimentari, in Italia sono in vigore norme specifiche riguardanti aspetti particolari della sicurezza degli alimenti, ad esempio: l’uso dei pesticidi, integratori alimentari, coloranti, residui di farmaci veterinari e contaminanti, ad- dizione di vitamine, minerali e sostanze analoghe, materiali e prodotti a contatto con gli ali- menti, funghi. La legislazione alimentare si occupa degli aspetti igienico-sanitari relativi all’alimento in tutte le fasi: • produzione • lavorazione • confezionamento • distribuzione • deposito • vendita • somministrazione. Il fatto innovativo è che contrariamente alla vecchia normativa, il Regolamento (CE) 852/ 2004 interessa tutte le attività della filiera di produzione alimentare, di origine animale o vege- tale, compresa la produzione primaria. Per produzione primaria si intendono allevamento e coltivazione delle materie prime, com- presi il raccolto, la mungitura e la produzione zootecnica precedente la macellazione. Sono incluse la caccia, la pesca e la raccolta di prodotti selvatici (funghi, bacche, lumache ecc.). Il Regolamento comprende infatti: • requisiti generali e specifici in materia di igiene • analisi dei pericoli e dei punti critici di controllo e conferma del sistema HACCP come stru- mento di analisi e controllo delle condizioni di igiene e sicurezza delle produzioni alimenta- ri • la promozione dell’elaborazione e la divulgazione di manuali di buona prassi igienica co- munitari e nazionali (Manuali GHP) • la consultazione per un parere dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, nel caso l’applicazione del Regolamento abbia impatto significativo sulla salute pubblica. Negli allegati sono riportati tutti gli aspetti inerenti all’applicazione della norma. In particolare, viene enfatizzata l’importanza della formazione degli Operatori del settore alimentare (OSA). Le precedenti direttive comunitarie verticali, che regolamentavano la produzione nei sin-

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goli settori, sono state abrogate con la Direttiva 41/2004/CE. Il Decreto che recepisce tale Direttiva per il riordino della disciplina nazionale relativa ai controlli in materia di sicurezza alimentare è il D.Lgs n. 193 del 6 novembre 2007, entrato in vigore il 24 novembre 2007 (G.U. n. 261 del 9 novembre 2007, Suppl. Ordinario n. 228). La responsabilizzazione dell’operatore del settore alimentare, così come definito nel rego- lamento CE 178/2002 è un punto cardine della nuova legislazione alimentare, che rovescia rispetto all’assetto precedente l’onere primario di garanzia della sicurezza alimentare. “Operatore del settore alimentare è la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell’impresa alimentare posta sotto il suo controllo.” Lo stesso regolamento prevede all’articolo 17 che “Spetti agli operatori del settore alimen- tare e dei mangimi garantire che nelle imprese da essi controllate, gli alimenti o i mangimi soddisfino le disposizioni della legislazione alimentare, inerenti alle loro attività in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione e verificare che tali disposizioni siano soddisfatte”. Analogamente, nel Regolamento (CE) n. 852/2004 si ribadisce che “gli operatori del settore alimentare garantiscono che tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distri- buzione degli alimenti sottoposte al loro controllo soddisfino i pertinenti requisiti di igiene fis- sati nel presente regolamento”. Il Regolamento stabilisce che tutto ciò sia attuato, applicando nell’azienda alimentare l’au- tocontrollo. Inoltre, al fine di notificare in tempo reale i rischi diretti o indiretti per la salute pubblica connessi al consumo di alimenti o mangimi è stato istituito il sistema rapido di allerta comuni- tario, sotto forma di rete, a cui partecipano la Commissione Europea, l’EFSA (Autorità per la sicurezza alimentare) e gli Stati membri dell’Unione. Se in uno dei paesi dell’UE, viene individuato un prodotto pericoloso (in ambito dell’auto- controllo adottato dalle imprese, in ambito del controllo ufficiale o a seguito di refertazione medica), le relative informazioni vengono diffuse rapidamente tra i Punti di contatto delle Auto- rità competenti dei vari Paesi attraverso un sistema di allarme chiamato “Sistema di Allerta Rapido per Alimenti e Mangimi”. Il sistema facilita la cooperazione tra le autorità nazionali e quelle europee, al fine di indi- viduare i prodotti pericolosi e ritirarli immediatamente dal mercato. Le notifiche di allerta vengono quindi comunicate e condivise, via rete e in tempo reale, tra gli Stati membri ed all’interno degli stati con gli organi di controllo ufficiali in materia di sicu- rezza alimentare. Compito successivo dell’organo di controllo ufficiale è quello di vigilare sull’applicazione dell’attività del sistema di allerta che prevede il ritiro di prodotti pericolosi per la salute umana o animale da parte del produttore e degli altri operatori economici della catena alimentare (grossisti, trasformatori, negozianti, ristoratori ecc...). Un altro aspetto importante della sicurezza alimentare è la “rintracciabilità” - definita dal Reg.CE n. 178/2002, come “la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produ- zione, della trasformazione e della distribuzione”. Lo scopo è quello di far sì che tutto ciò che entra nella catena alimentare (mangimi, animali vivi destinati al consumo umano, alimenti, ingredienti, additivi ecc.) conservi traccia della pro- pria storia, seguendone il percorso che va dalle materie prime fino alla erogazione al consu- matore finale. La rintracciabilità consiste nell’utilizzare la documentazione raccolta dai vari operatori coin- volti nel processo di produzione, per isolare un lotto produttivo in caso di emergenza, e consen- tire al produttore e agli organi di controllo che hanno il dovere di vigilare sulla sicurezza ali- mentare del cittadino, di gestire e controllare eventuali situazioni di pericolo attraverso la cono- scenza dei vari processi produttivi (flussi delle materie prime: documentazione di origine e di destinazione, etc.). Dal 1° gennaio 2006, con l’entrata in vigore del “Pacchetto Igiene” l’obbligo della rintracciabilità è stato esteso a tutti i prodotti agroalimentari, il che consente di individua-

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re qualsiasi prodotto in ognuna delle fasi del ciclo produttivo. In materia di controlli nel settore alimentare, il Regolamento (CE) 882/2004 rappresenta la norma quadro per l’organizzazione dei controlli ufficiali in materia di alimenti, mangimi, salute e benessere degli animali. Gli Stati membri garantiscono che i controlli ufficiali siano eseguiti periodicamente, in base ad una valutazione dei rischi e con frequenza appropriata, per raggiungere gli obiettivi del presente regolamento, tenendo conto: • dei rischi identificati associati con gli animali, con i mangimi o con gli alimenti, con le azien- de del settore dei mangimi e degli alimenti, con l’uso dei mangimi o degli alimenti o con qualsiasi trasformazione, materiale, sostanza, attività o operazione che possano influire nella sicurezza dei mangimi o degli alimenti, sulla salute o sul benessere degli animali • dei dati precedenti relativi agli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti per quan- to riguarda la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali • l’affidabilità dei propri controlli già eseguiti • qualsiasi informazione che possa indicare un’eventuale non conformità. Ciascuno Stato membro elabora un unico piano integrato di controllo nazionale pluriennale. I controlli devono essere: • programmati in base alla valutazione del rischio: utilizzo più razionale delle risorse, con- centrando gli interventi sui settori/attività/operatori associabili a maggiore rischio per la salute del consumatore • integrati: tutta la filiera deve essere considerata come un unico processo e le varie autorità che intervengono nel controllo devono essere coordinate per consentire un’azione più effi- ciente ed evitare le sovrapposizioni. L’attuazione dei controlli ufficiali in ambito sanitario in Italia è affidata alle Autorità organismi competenti istituzionalmente in base al D.L.s n. 193/2007: • le Aziende Sanitarie Locali (ASL) • le Regioni e le Provincie autonome di Trento e Bolzano • Il Ministero della Salute, anche attraverso gli Uffici veterinari e medici periferici - PIF, UVAC, USMAF e il Comando Carabinieri per la tutela della salute. I controlli sono finalizzati all’accertamento di conformità o meno alla normativa in materia di mangimi e di alimenti ed alle norme sulla salute e sul benessere degli animali. Ad integrazione dei controlli ufficiali disposti dalle norme in vigore, le imprese del settore ali- mentare sono tenute ad attuare programmi di autocontrollo secondo i princìpi dell’HACCP (Hazard Analysis Critical Control Points), rivolti a documentare l’igienicità dei processi, a pre- venire i rischi per la salute dei consumatori, a definire le procedure di intervento nei casi di non conformità ed a monitorare l’efficacia del programma stesso. Il Piano Nazionale Integrato (PNI o MANCP) descrive il “Sistema Italia” dei controlli ufficiali in materia di alimenti, mangimi, sanità e benessere animale e sanità delle piante ed è finaliz- zato alla razionalizzazione delle attività, mediante un’opportuna considerazione dei rischi ed un adeguato coordinamento di tutti i soggetti istituzionali coinvolti. Il Piano nasce dall’intensa e proficua collaborazione tra diverse Amministrazioni tra cui, in particolare, il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, gli Assessorati delle Regioni e Province autonome, le Forze di Polizia e l’Agenzia delle Dogane. Obiettivo generale è quello di favorire, attraverso il progressivo completamento e l’integra- zione delle sue parti, la visione complessiva delle attività di controllo attuate nel settore della sicurezza alimentare e della qualità degli alimenti e dei mangimi. Predisposto ai sensi e in conformità dei principi e degli orientamenti contenuti nel Titolo V del Reg.CE n. 882/2004, il Piano è Unico (art 41), Integrato (art 43(1)a), basato sulla valutazione del rischio (Reg. 178/2002) e sulla categorizzazione del rischio (Reg. 882/2004, art 42(2)b e art 43(1). Il PNI 2011-2014 è stato approvato in Conferenza Stato Regioni con l’Intesa del 16 dicembre 2010 ed ha durata quadriennale.

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Si tratta di uno strumento dinamico dove tutti i cittadini possono agevolmente consultare e verificare il sistema dei controlli ufficiali in materia di sicurezza alimentare, attuati per tutelare la loro salute Gli Stati membri con cadenza annuale, presentano alla Commissione Europea la Relazio- ne sull’andamento del Piano Nazionale Integrato - PNI (Relazione MANCP), ai sensi dell’art. 44 del Reg.CE n. 88272004 e in considerazione degli orientamenti fissati dalla Decisione della Commissione Europea 2008/654/CE. La Commissione presenta la relazione al Parlamento europeo e al Consiglio e la rende disponibile al pubblico. La Relazione riunisce tutti i risultati delle attività di controllo ufficiale svolte negli ambiti di attività ricadenti nel Piano Nazionale Integrato, fornendo una visione sinottica di tutti gli ele- menti necessari per orientare la gestione e la programmazione delle diverse attività di control- lo ufficiale. In particolare, sono raccolte informazioni relative ai seguenti ambiti di attività: Alimenti, Mangimi, Sanità e Benessere animale, Sanità delle piante, Sottoprodotti, Zoonosi nell’uomo e Ambiente. All’interno di questo contesto normativo rientra il controllo sanitario dei funghi freschi, sec- chi e comunque conservati che riveste oggi un ruolo ancora più importante in seguito al notevo- le incremento del consumo di questo prodotto. Alcune specie fungine pregiate costituiscono un prodotto commerciale di notevole impor- tanza. In Italia, nell’ultimo anno ne sono stati raccolti oltre 30.000 quintali, per un valore di circa 20 milioni di Euro. Il controllo micologico, oltre che dalle leggi nazionali, è sancito dai regolamenti e dalle direttive comunitarie, che regolano l’igiene degli alimenti. In Italia il controllo viene svolto, durante la normale vigilanza igienica sugli alimenti, dagli Ispettorati Micologici dei Servizi di Igiene Pubblica delle ASL , i quali hanno anche il compito di informare il cittadino sulla materia funghi, promuovere campagne di sensibilizzazione e orga- nizzare corsi e mostre, anche in collaborazione con le Associazioni micologiche. Le strutture specializzate per il trattamento delle intossicazioni da funghi sono istituite presso i maggiori Centri Antiveleni in Italia. Gli aspetti igienico-sanitari di carattere generale, relativi all’attività di lavorazione, conser- vazione confezionamento e vendita, nonché di controllo ufficiale dei funghi, anche in relazione alla presenza di contaminanti, pesticidi, e additivi, sono regolamentati dalle norme sugli ali- menti e bevande: norme generali e norme specifiche. Per disciplinarne la raccolta e la commercializzazione dei funghi e per salvaguardare l’eco- sistema esistono specifiche norme nazionali: • Legge 23 agosto 1993, n. 352, modificata dal DPR 14 luglio 1995, n. 376; una legge quadro nazionale per la raccolta e la commercializzazione dei funghi epigei freschi e conservati • Decreto del Ministro della Sanità 29 novembre 1996, n. 686 su criteri e modalità per il rila- scio dell’attestato di micologo • Legge 16 dicembre 1985, n. 752 e s.m.i.; una norma quadro in materia di raccolta, coltiva- zione e commercio dei tartufi freschi o conservati destinati al consumo. È in corso l’aggiornamento della normativa di settore da parte di una Commissione tecnica nominata dal Ministero. Al fine di prevenire in maniera più incisiva i casi da intossicazione da funghi è stato predi- sposto un opuscolo informativo “I funghi. Guida alla prevenzione delle intossicazioni” realizza- to dal Centro Antiveleni di Milano Ospedale Riguarda, in collaborazione con il Ministero della Salute, l’Istituto Zooprofilattico di Lombardia ed Emilia Romagna, la Provincia di Milano ed una locandina “Consumare funghi … in sicurezza”. Tali pubblicazioni forniscono informazioni utili sull’attività di raccolta, commercializzazio- ne e controllo dei funghi, nonché sulle procedure da seguire in caso di intossicazioni da funghi. Altri interventi sono all’esame del Ministero della Salute al fine di ottimizzare ancora di più l’attività di prevenzione sulle intossicazioni da funghi.

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Il Centro Studi Micologici dell’A.M.B. presenta: Manuale Tecnico-pratico per indagini su campioni fungini Campioni ufficiali e non ufficiali. Intossicazioni da funghi di PAOLA FOLLESA con contributi scientifici di FRANCESCA ASSISI, PAOLO AURELI, ERMANNO BRUNELLI, LUIGI COCCHI, PACO MELIÀ e la collaborazione di CARLO PAPETTI e GIANFRANCO VISENTIN Circa 384 pagine con 143 fotografie a colori - Sono affrontate, discusse e ampiamente corredate con espe- rienze personali, le tematiche relative alla micotossicologia e alle procedure operative e di intervento sui campioni ufficiali o provenienti da sospette intossicazioni - Esami morfobotanici macro- e microscopico, esami chimico-cromatici - Aggiornamento sulle sindromi - Gli elementi chimici nei funghi superiori Una guida unica e imperdibile! Prezzo di cessione: 30 ¤ + spese di spedizione (Italia) Informazioni: Segreteria Nazionale A.M.B., via Volta, 46 - 38123 Trento. E-mail: [email protected]

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PdM 37.pmd 132 14/01/17, 12.07 PAGINE DI MICOLOGIA Gli Artropodi fungicoli: presenza, frequenza e impatto nei funghi spontanei freschi, secchi e conservati destinati all’alimentazione umana

NICOLA SITTA Loc. Farné, 32 - I 40042 Lizzano in Belvedere (BO) - E-mail: [email protected]

LUCIANO SÜSS Via Valle Aurina, 7 - I 20152 Milano - E-mail: [email protected] RIASSUNTO I principali artropodi fungicoli sono insetti micofagi, e fra questi hanno particolare importanza gli stadi larvali dei Ditteri. Esiste una scala di predisposizione delle diverse specie fungine all’attacco dei micofagi: tutti i funghi di maggiore importanza economica, tranne Cantharellus cibarius, sono particolarmente predisposti all’attacco di artropodi fungivori; questi ultimi sono uccisi dai processi di conservazione, ma rimangono all’interno dei funghi secchi e conservati destinati all’alimentazione umana. Le principali fonti bibliografiche contengono i dati di 260 analisi parassitologiche su funghi porcini; i risultati, rapportati all’aliquota standard di 10 g di porcini secchi e 100 g di conservati, mostrano che un solo campione (0,4%) è risultato privo di larve e il 37,3% dei campioni contiene un numero di larve di ditteri fungivori compreso fra 51 e 150. Dati inediti ottenuti da un numero più elevato di analisi parassitologiche su funghi porcini conservati confermano che il numero più significativo di campioni di funghi si colloca nell’inter- vallo fra 51 e 150 larve. La metodica di analisi, che consiste nel conteggio degli artropodi me- diante dissezione dei funghi allo stereomicroscopio, dopo scongelamento o reidratazione, non considera parametri macroscopici, come le diverse tipologie di modificazione dei tessuti fungini causate dagli artropodi. I funghi spontanei sono un alimento che, per sua natura, e spesso anche in assenza di tracce visibili a occhio nudo, presenta costantemente un contenuto di artropodi fungicoli, variabile per tipologie e per numero. Risulta evidente che gli artropodi dei funghi, almeno per quanto riguarda le larve di ditteri, di collemboli e degli altri taxa più fre- quenti, sono assolutamente “commestibili”: essi non sono vettori di patogeni, non sono produt- tori di sostanze tossiche come i benzochinoni, e infine non è dimostrato ed è ben poco probabi- le che siano la causa dei rari fenomeni allergici riscontrabili in seguito all’ingestione di funghi: per esempio una specie coltivata che risulta molto allergizzante, Lentinula edodes, è anche in assoluto una fra le meno attaccate da artropodi. L’analisi parassitologica dovrebbe prendere in considerazione anche parametri come la visibilità degli artropodi a occhio nudo o la presenza di deterioramento dei tessuti fungini, in modo da poter valutare in modo efficace quando i funghi sono non accettabili dal punto di vista igienico o comunque inadatti all’alimentazione. ABSTRACT are the most important taxon among mycophagous , in particular for the order Diptera. Certain fungal species are much more likely to be consumed by arthropods than others: truffles and nearly all the economically important wild mushrooms, except for Cantha- rellus cibarius, are remarkably prone to be attacked. In dried and otherwise preserved mushro- oms destined for human consumption, all the arthropods that are present in fresh mushrooms are dead at the end of preservation procedures. Examination of parasitological data available in the literature on overall 260 mushroom samples, reveals that only one sample (0,4%) was found without dipteran larvae, and 37,3% of the samples contained a number of fungivorous dipteran larvae between 51 and 150 (referred to the standard quantity of mushrooms of 10 g dry weight or 100 g fresh weight). Unpublished data concerning a higher number of parasitological analysis on porcini mushrooms show a similar situation, with the most significant number of samples containing between 51 and 150 larvae. The methodology, which consists in counting the number of insects under a stereomicroscope, after defreezing or rehydrating mushrooms, does not consider macroscopic parameters such as the different modifications caused by arthropods in the fungal tissues. Clearly, mushrooms species destined for human consumption

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are a foodstuff that always includes in itself the presence of fungicolous arthropods, of different typologies and in various numbers. It is also evident that fungicolous arthropods (at least dipteran larvae, springtails and the other most frequent taxa) are completely “edible”. They are not carriers of pathogenic microorganisms, they do not produce benzoquinones, and probably they are not responsible for allergic phenomena that are sometimes associated with mushroom ingestion: it is worth noting that the cultivated shiitake (Lentinula edodes), despite being reported as more allergenic than other mushrooms for consumers, is by far one of the species that is less attacked by arthropods. The parasitological analysis, to be suitable to declare wild mushroom samples fit or unfit for human consumption, should take into consideration also parameters such as size and visibility of the arthropods, and the presence of deterioration of fungal tissues. Key-words: Fungicolous arthropods, dipteran larvae, mycophagy, edible wild mushrooms, dried mushrooms, porcini, Boletus edulis s.l., filth-test Introduzione I rapporti fra artropodi e funghi spontanei, in natura, consistono in numerose e diverse forme di interazione. Le più importanti o diffuse sono le simbiosi mutualistiche (es. fra funghi e termiti, fra funghi e formiche), le endosimbiosi (lieviti endosimbionti di insetti), la predazione e il “parassitismo” (funghi predatori o micopatogeni di artropodi) la micofagia (artropodi che si nutrono di sporofori o micelio fungino) e altre associazioni specifiche fungo-insetto (es. fra in- setti xilofagi delle cortecce e funghi patogeni delle piante arboree). Per artropodi fungicoli qui si intendono tutte quelle specie che possono trovarsi, specifica- mente oppure occasionalmente, con frequenza maggiore o minore, all’interno degli sporofori dei macrofunghi. Il più importante sottoinsieme degli artropodi fungicoli, quello che interessa maggiormente i macromiceti destinati all’alimentazione umana, è rappresentato dai micofagi (o fungivori), ovvero quelli che si nutrono dei funghi. Infatti gli sporofori di ascomiceti e basidio- miceti possono essere attaccati da numerosi artropodi che se ne nutrono; non essendo di solito in competizione tra loro, più specie fungivore possono infestare contemporaneamente il mede- simo fungo (BURRIA & BÄCKLI, 1968; HACKMAN & MEINANDER, 1979). Un’altra categoria di artropodi che frequenta con regolarità gli sporofori fungini è quella dei predatori, che si cibano di altri artropodi presenti nei funghi; più sporadicamente (anche per la loro grande mobilità e la loro breve permanenza nei funghi), si possono rinvenire esemplari adulti di una ulteriore categoria di artropodi: i parassitoidi, soprattutto appartenenti all’ordine Hymenoptera, che attaccano lar- ve o adulti di altre specie fungicole (FERRIÈRE, 1955). Se si aggiungono i polifagi e gli ospiti occasionali, lo sporoforo di un Boletus, un Lactarius o un’Amanita può essere considerato un vero e proprio “ecosistema in miniatura”, e ciò vale a maggior ragione per le Polyporaceae s.l. e gli altri funghi di consistenza legnosa, che perman- gono più a lungo nell’ambiente naturale e in genere ospitano una fauna di artropodi molto più varia e diversificata. Per quanto riguarda i fungivori, che sono la “base alimentare” per preda- tori e parassitoidi, si osserva che i funghi carnosi, essendo rapidamente marcescibili, in genere ospitano un numero inferiore di taxa, che sono costituiti da artropodi maggiormente specializ- zati. Funghi spontanei e artropodi fungicoli Gli insetti sono i più importanti artropodi fungivori e il taxon che prevale, per quanto riguar- da i funghi carnosi (e quindi la maggior parte delle specie di interesse alimentare ed economi- co) è certamente l’ordine Diptera, in cui la micofagia si esplica esclusivamente negli stadi larvali. Già nei lavori di CANZANELLI (1938-39; 1941) sono elencate oltre 150 specie appartenenti a diver- se famiglie di ditteri fungivori, mentre lavori più recenti riportano 700 specie fungicole per il Paleartico (KRIVOSHEINA, 2008) e per la sola Gran Bretagna ben 540 specie appartenenti a 43 famiglie, 23 delle quali includono specie fungivore obbligate (CHANDLER, 2010). Molti insetti micofagi appartenenti all’ordine Coleoptera, presenti nei funghi sia in stadio larvale che adul- to, sono maggiormente diffusi nei funghi legnosi. Altri artropodi fungivori, in genere poco o per nulla specializzati, sono i minuscoli collemboli (in particolare famiglia Hypogastruridae), che si

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nutrono di funghi di moltissime specie e sono particolarmente frequenti nei periodi piovosi in quanto la pioggia li stimola a migrazioni verticali alla ricerca di cibo. A nutrirsi di funghi ci sono anche molte specie di acari, che per le loro dimensioni ancora inferiori sono in grado di occupare nicchie ecologiche lasciate libere dalla maggior parte degli insetti (SITTA & SÜSS, 2012). Fra i predatori, alcuni possono essere piuttosto frequenti nei funghi destinati all’alimentazione umana: è il caso delle larve dei “ferretti” (coleotteri della famiglia Elateridae) o di alcune specie di minuscole formiche (PALUMBO & SITTA, 2007; SITTA & SÜSS, 2012). Esistono anche specie che hanno larve inizialmente fungivore, che poi divengono predatrici obbligate al loro ultimo sta- dio, per esempio alcuni ditteri muscidi dei generi Muscina e Mydaea (BRUNS, 1984; HACKMAN & MEINANDER, 1979). Fra i “frequentatori occasionali”, particolarmente sgradevole è la presenza del coleottero “stercorario” Anoplotrupes stercorosus (Scriba, 1791), una specie polifaga che in genere si nutre di funghi quando scarseggiano altre fonti alimentari e che pertanto solo di rado invade massicciamente gli sporofori dei porcini e di numerose altre specie (SITTA & SOLA, 2003). Le diverse specie fungine, nei confronti dei micofagi, mostrano una diversa predisposizione, tanto da poter parlare di una vera e propria “scala di appetibilità”. Tutti i funghi epigei sponta- nei di maggiore importanza economica sono molto predisposti all’attacco di artropodi fungivori, in quanto evidentemente la coevoluzione fra questi organismi ha portato gli artropodi a svolge- re un ruolo più o meno importante in funzione della dispersione sporale. Fa eccezione Cantha- rellus cibarius Fr. (sensu lato), in cui si registra una minore frequenza di esemplari attaccati (DANELL, 1994; SITTA & SÜSS, 2012), che potrebbe essere dovuta alla presenza di sostanze sgradi- te o tossiche per gli artropodi, e che comunque indica che i meccanismi di dispersione sporale di questi funghi non si avvalgono dell’opera di micofagi. A conferma di ciò, sebbene CANZANELLI (1941) indichi specie come fuscicornis (Zetterstedt, 1847) in grado di attaccare sia C. cibarius che Craterellus lutescens (Fr.) Fr., la maggior parte dei fungivori riportati per i finferli sono larve polifaghe di ditteri della famiglia Limoniidae (KRIVOSHEINA, 2008) oltre alle larve

Fig. 1: Cantharellus cibarius è una delle specie meno attaccate da artropodi (Foto M. Floriani)

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predatrici di coleotteri Elateridae (DANELL, 1994). I Boleti risultano essere particolarmente soggetti agli attacchi in particolare ad opera di Ditteri fungivori, che sono attivi da aprile a novembre e depongono le uova sia alla base che sulla superficie dei corpi fruttiferi o addirittura nei tubuli. La loro schiusura avviene in brevissi- mo tempo e le larve neonate, lunghe meno di 1 mm, penetrano nei tessuti fungini scavando gallerie in tutte le direzioni, dette “tramiti”; la loro crescita è molto rapida e, raggiunta la matu- rità (lunghezza variabile tra 7 e 12 mm) esse impupano nel substrato stesso o, più frequente- mente, nel terreno circostante. Il ciclo biologico è molto veloce, conseguentemente il substrato infestato appare integro, in quanto le pareti esterne del fungo non risultano danneggiate, men- tre all’interno lo sporoforo fungino può essere ridotto ad una massa spugnosa. Le specie più comuni risultano essere Mycetophila fungorum (De Geer, 1776) e Bolitophila cinerea Meigen, 1818. Quest’ultima, appartenente ai Bolitofilidi, predilige funghi freschissimi, ovvero nelle pri- me fasi di sviluppo, insediandosi sia nel cappello che nel gambo (GRANDI, 1951). Nei Leccinum e nei porcini, soprattutto nel Nord Europa, sono molto frequenti anche gli attacchi di varie spe- cie di di Ditteri del genere Pegomyia, che appartengono a un’altra famiglia di fungivori molto specializzati, gli Anthomyiidae, che depongono le uova direttamente nei tubuli. Gli stessi tartu- fi (Tuber spp.) possono essere infestati da almeno una decina di specie di Suillia (LABOULBÈNE, 1864; CIAMPOLINI & SÜSS, 1982; KRIVOSHEINA, 2008) e anche da coleotteri come Leiodes cinnamomeus (Panzer, 1793), che predilige in particolare il tartufo nero pregiato (SITTA & SÜSS, 2012). Artropodi nei funghi spontanei secchi e conservati Nei funghi secchi e diversamente conservati destinati all’alimentazione umana, gli artropodi fungicoli sono sempre morti, con la sola esclusione di un fenomeno, non preso in considerazio- ne nell’ambito di questo lavoro, che è legato esclusivamente ai funghi secchi: l’attacco in fase post-essiccazione. Soprattutto in magazzino, infatti, i funghi secchi possono essere attaccati da artropodi tipici delle derrate alimentari disidratate, in particolare dai lepidotteri Nemapogon cloacella (Haworth, 1828) e Nemapogon granella (Linnaeus, 1758), che per tale ragione vengo- no chiamate anche “tignole dei funghi secchi”. L’essiccazione è il metodo di conservazione più critico per il potenziale danneggiamento della derrata alimentare da parte degli artropodi fungicoli che sono presenti nei funghi sponta- nei al momento della raccolta. Infatti, le larve che si trovano negli esemplari sezionati e messi in essiccazione, non ancora mature, possono continuare a nutrirsi della porzione interna delle fette più ricca di umidità rispetto allo strato esterno che tende a disidratarsi. Il calore e la disi- dratazione risultano letali per le larve, che perlopiù muoiono all’interno delle gallerie prodotte, essendo incapaci di sfuggire forando lo strato esterno. Solo una essiccazione lenta, a bassa temperatura, può consentire a buona parte delle larve di fuggire dalle fette di fungo, spesso dopo averne devastato le parti interne. In ogni caso, il comportamento delle larve è molto varia- bile, in funzione di numerosi fattori, quali le specie fungivore e lo stadio di sviluppo delle larve, le condizioni meteorologiche alla raccolta (funghi asciutti o bagnati), la modalità di essiccazio- ne, lo spessore delle fette, e altri ancora (PALUMBO & SITTA, 2007). Il deterioramento delle unità fungine causato dalle larve di ditteri, che nei porcini secchi è un fenomeno molto frequente, si riscontra di rado nei funghi congelati e diversamente conser- vati, dove per contro si ha, mediamente, una maggiore diversità degli artropodi presenti. Ciò è dovuto alla minore durata del processo di conservazione (congelamento) o delle sue fasi inizia- li (p. es., cottura, nel caso dei funghi in salamoia o preparati), che causa la morte quasi imme- diata e quindi l’impossibilità di fuoriuscire dai funghi anche per gli artropodi più mobili e meno legati al substrato alimentare; in particolare i collemboli, gli imenotteri formicidi e le larve dei coleotteri elateridi, sono tre tipologie di artropodi che risultano rari nei funghi secchi, mentre sono più o meno frequenti nei funghi diversamente conservati (SITTA & SÜSS, 2012). Le migliaia di tonnellate di funghi spontanei importati in Italia, lavorati e commercializzati in prevalenza sul mercato nazionale (e in minor parte per la riesportazione) sono costituiti in buona parte da funghi porcini (SITTA & FLORIANI, 2008). I porcini destinati al mercato italiano, se non sono destinati al commercio allo stato fresco, vengono importati già essiccati, congelati, in salamoia o diversamente conservati. La prima lavorazione e la conservazione, pertanto, av-

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vengono nei paesi produttori, dove vengono costituite le partite. La lavorazione consiste in pu- lizia e selezione manuale dei funghi, che ha come obiettivo l’eliminazione delle principali non conformità (residui di terra, specie estranee, corpi estranei, unità deteriorate, ecc.) e una suddi- visione in categorie di qualità che corrispondono a prezzi diversi. Tale lavorazione, per il pro- dotto congelato avviene sui funghi freschi, mentre nel caso dei porcini secchi avviene perlopiù sul materiale già essiccato, prodotto a livello artigianale in luoghi non facilmente raggiungibili. Prendendo come esempio i porcini in Cina, queste lavorazioni avvengono in stabilimento e sono condotte su grandi quantitativi, con la miscelazione delle numerose micro-forniture prove- nienti da aree di raccolta vicine e lontane; il risultato finale è dato da partite, anche molto grandi, che risultano uniformi dal punto di vista merceologico ma eterogenee per altre caratte- ristiche, quali la zona di provenienza o il momento stagionale di crescita dei funghi. Ciò, come evidenziato anche da DAVOLI & SITTA (2013) per la nicotina nei porcini secchi, è la causa della dispersione di quantitativi più contaminati su quantità molto maggiori di merce meno contami- nata; allo stesso modo, la creazione delle partite in base ai parametri merceologici macrosco- pici, causando il rimescolamento di forniture provenienti da momenti stagionali diversi e da aree geografiche con differenti caratteristiche ambientali, inevitabilmente comporta la miscelazione di funghi con diversa entità e diverse caratteristiche della contaminazione entomatica. Nei Paesi produttori dell’Europa dell’est, su quantitativi meno imponenti, avvengo- no procedimenti di lavorazione simili, con simili conseguenze. In Italia, prima del confezionamento o dell’utilizzo in preparazioni alimentari, le imprese importatrici svolgono su queste partite di funghi conservati una serie di controlli, fra cui quello micologico, e spesso un’ulteriore lavorazione, che consiste in una rifinitura di quanto già svolto nei paesi produttori. Si tratta ancora e sempre dell’unico tipo di lavorazione eseguibile sui grandi quantitativi di funghi: una cernita che avviene a occhio nudo, in base alle caratteristiche macroscopiche delle unità fungine, che consente l’eliminazione di alcune categorie di non con- formità: specie fungine estranee, corpi estranei e unità fungine deteriorate o nelle quali la pre- senza di artropodi risulti ben visibile. Funghi porcini, provenienze geografiche e contaminazione entomatica I funghi porcini sono un insieme di specie, facenti capo a Boletus edulis Bull., identificabili grazie ad un insieme di caratteri morfologici ed organolettici, ben noti ai micologi, che qui non si ritiene utile riportare. Come noto, la dizione collettiva “Boletus edulis e relativo gruppo” utiliz- zabile per designare i porcini in ambito commerciale, corrisponde a un preciso taxon, la Sez. Boletus del genere Boletus (SITTA ET AL., 2007), che è ben più vasto rispetto alle 4 più comuni specie europee menzionate nella normativa italiana attualmente vigente, il DPR 376/95 (B. edulis, B. reticulatus Schaeff., B. pinophilus Pilát & Dermek, B. aereus Bull.). Recenti pubblicazioni stan- no infatti contribuendo alla definizione di quante e quali specie, su scala mondiale, apparten- gano a Boletus Sez. Boletus e quindi siano “funghi porcini” (MELLO ET AL., 2006; DENTINGER ET AL., 2010). Vi sono addirittura ipotesi che la maggiore biodiversità (il numero maggiore di specie di porcini!) sia in Asia, a testimonianza di un’origine evolutiva di questi funghi a partire dal conti- nente asiatico (FENG ET AL., 2012). Indipendentemente dalla visione sinocentrica, un po’ “spinta” e per certi versi discutibile, di quest’ultimo contributo scientifico, è indubbio che la Cina del sud, e in particolare la provincia dello Yunnan, sia ricchissima di porcini, non solo quantitativamente ma anche per numero di “specie” (o perlomeno “morfotipi”, dato che in molti casi i taxa non sono ancora stati studiati né validamente pubblicati). Le specie nord-americane di porcini non sono presenti, per ora, sul nostro mercato, mentre per quanto riguarda la produ- zione sudafricana, si tratta di B. edulis e B. pinophilus “europei” che crescono in pinete alloctone d’impianto. Questa premessa è utile a introdurre una prima considerazione sulle contaminazioni entomatiche dei funghi porcini: come ben noto ai raccoglitori e ai micologi, alcune specie sono più predisposte di altre ad essere attaccate dagli artropodi fungivori. Rimanendo in Europa, le specie “termofile” B. aereus e B. reticulatus sono mediamente più attaccate da larve di ditteri fungivori rispetto a B. edulis e anche a B. pinophilus, sebbene nelle partite di quest’ultima spe- cie, di origine Scandinavia o Russia, si riscontri spesso una notevole variabilità, comprese si-

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tuazioni di presenza massiccia di artropodi. Sono invece poco o per nulla prevedibili tutti i rimanenti fattori che influenzano la presenza di artropodi nei porcini, dall’andamento meteo- climatico, fino alle oscillazioni naturali nelle popolazioni degli artropodi fungivori, dei loro pre- datori o parassitoidi o di altri fattori limitanti. Riguardo alle oscillazioni nelle popolazioni dei fungivori, si deve sempre considerare che si tratta di centinaia di specie diverse e che un fattore limitante può valere per alcune e non per altre! Infine, data la vastità del territorio da cui i funghi porcini provengono, le stesse specie di fungivori possono essere interessate in modo diverso, a distanza di centinaia di chilometri, da fenomeni di scarsità o di sovrabbondanza delle popolazioni. La conclusione è che la presenza, l’abbondanza e la tipologia delle infestazioni da artropodi nei porcini (e più in generale nei funghi spontanei destinati all’alimentazione umana) sono fenomeni imprevedibili e inevitabili. Tale affermazione è valida per i funghi porcini di tutte le provenienze geografiche, con l’unica eccezione degli esigui quantitativi di provenienza sudafricana, nei quali le larve di ditteri risultano assenti (o quasi) per cause naturali. Ciò deri- va dal fatto che i porcini in quei Paesi risultano organismi esotici, introdotti dall’uomo con le piantagioni di pini, come è anche per i Suillus luteus (L.) Roussel (s.l.) in Sudamerica. Come evidenziato nella straordinaria ricerca di CHAPELA ET AL. (2001), in queste estese pinete artificiali la biodiversità, fungina e non solo, è estremamente ridotta, mentre aumenta nelle pinete più piccole e soprattutto nelle zone di “contatto” con gli ecosistemi autoctoni (BAHRAM ET AL., 2013). Anche i ditteri fungivori e gli altri micofagi “specialisti”, pur essendo normalmente diffusi negli ecosistemi autoctoni adiacenti, vengono a mancare all’interno delle piantagioni di pini esotici; in questi ambienti poverissimi a livello di biodiversità, inoltre, si verifica spesso la crescita di quantitativi notevoli di poche specie fungine. Questo particolare contesto ambientale di cresci- ta è alla base dell’importazione di partite di funghi spontanei (porcini dal Sudafrica e “luteus” da Cile ed Ecuador) che risultano praticamente prive di contaminazioni entomatiche (SITTA & SÜSS, 2012). Volendo ora considerare la produzione italiana di porcini, che sul mercato è limitata a piccoli quantitativi allo stato fresco, ma che include volumi molto maggiori che vengono consu- mati direttamente dai privati che ne hanno effettuato la raccolta, si può affermare che la pre- senza di larve di ditteri non solo è un fenomeno ben conosciuto dai raccoglitori e dai micologi, ma è contemplato anche da alcuni regolamenti. Per esempio nel Disciplinare di produzione della Indicazione Geografica Protetta “Fungo di Borgotaro” (D.M. 2 dicembre 1993, Riconosci- mento della IGP “Fungo di Borgotaro”, modificato dal Regolamento UC n. 929/2014 del 27/08/ 14) si legge che “i carpofori non devono presentare alterazioni infracutanee dovute a larve di ditteri od altri insetti su una superficie superiore al 20%”. E logicamente in questi funghi freschi le “alterazioni infracutanee” sono accompagnate dalla presenza di larve vive, seppur ancora molto piccole e con assenza di fenomeni di deterioramento del fungo. Ciò significa che nel “porcino italiano per eccellenza”, addirittura riconosciuto da una IGP, il fenomeno è preso in considerazione e accettato, purché la “larvatura” non sia troppo estesa. La contaminazione entomatica nei porcini secchi e conservati in commercio: dati bibliografici e dati inediti Quanto descritto nel paragrafo precedente porta a una facile conclusione: nei funghi porci- ni la presenza di artropodi fungivori è la regola, l’assenza è l’eccezione. L’elaborazione dei dati contenuti nella letteratura disponibile sull’argomento (MAROLI ET AL., 2003; MAROLI, 2008; LOCATELLI ET AL., 1994; 2005a; 2005b) ha consentito di uniformare un certo numero analisi, eseguite nell’ambito di ricerche diverse su campioni di peso differente, rappor- tando i numeri di larve rinvenuti al peso standard di 10 g di porcini secchi e 100 g di conservati. Va specificato bene che questo tipo di elaborazione ha senso soltanto se si confrontano dati omogenei fra loro, non soltanto per il peso dell’aliquota analizzata, ma anche e soprattutto per tipologia di matrice. Per esempio nel contributo di LOCATELLI ET AL. (1994) ha senso prendere soltanto i dati dei 52 campioni di porcini secchi, perché le altre analisi sono state effettuate su prodotti in scatola o surgelati, denominati “funghi” ma costituiti da miscele di specie coltivate e spontanee delle quali non si conoscono le proporzioni: ed è evidente che le contaminazioni

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Fig. 2: Larve di ditteri fungivori nei funghi porcini - dati bibliografici e dati inediti a confronto, con i campioni di funghi suddivisi in “classi di contaminazione”.

entomatiche dei funghi coltivati, generalmente assenti o molto ridotte, non possono essere con- frontate con quelle dei funghi spontanei. Pertanto la distribuzione dei 52 campioni di LOCATELLI ET AL. (1994) nelle varie classi di contaminazione, risulta ben diversa rispetto a quanto riportato, a titolo di confronto con successive ricerche, da MAROLI (2011). In totale dai 5 contributi bibliografici sopra citati si ricavano i dati provenienti da 260 ana- lisi entomologiche di funghi porcini, che in alcuni casi corrispondono a una singola aliquota, in altri alla media di 3 ripetizioni. Il contributo di LOCATELLI ET AL. (2006) non è utilizzabile in quanto mancano i riferimenti al peso dei campioni analizzati. I campioni di porcini secchi (10 g) e diversamente conservati (100 g) sono stati suddivisi, in percentuale, in 9 “classi di contaminazione”, basate sul solo numero di larve presenti: 0 larve rinvenute; 1-10; 11-20; 21-35; 36-50; 51-150; 151-250; 251-350; >350 larve. Questi intervalli sono stati scelti in funzione della Tabella 1 riportata nel contributo di LOCATELLI ET AL. (1994), dividendo i numeri a metà e accorpando alcune classi, dato che in quella ricerca l’analisi era stata svolta su aliquota di 20 grammi. L’andamento nelle varie classi di contaminazione delle percentuali dei 260 dati analitici provenienti dalla bibliografia, è mostrato nella Fig. 2, a confronto con i dati provenienti da 603 analisi parassitologiche, svolte dal 2003 al 2012 per conto di un Laboratorio privato, sempre con la metodica di MAROLI ET AL. (2003) su aliquote singole di funghi porcini (SITTA & PALUMBO, dati inediti). Come si può vedere, i dati bibliografici sono abbastanza sovrapponibili a quelli inediti, con il numero più significativo di campioni di funghi che si colloca nell’intervallo fra 51 e 150 larve. Significative anche le percentuali bassissime di campioni risultati privi di larve: in base ai dati bibliografici solo un campione su 260 (0,4%), in base a quelli inediti 10 campioni su 603 (1,7%) alcuni dei quali di origine sudafricana. Metodiche di analisi “parassitologica” La presenza di artropodi nei funghi è stata sopra presentata in base al solo parametro

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Fig. 3: Tipologie di non conformità dei porcini secchi all’analisi macroscopica: si noti la grande prevalenza delle unità deteriorate da larve di ditteri fungivori.

numerico: “quante larve/quanti artropodi sono contenuti in un dato campione di funghi”. Tale approccio è possibile con l’utilizzo di una metodica di analisi, consistente in un filth-test oppor- tunamente modificato, che in pratica vede il conteggio degli artropodi mediante l’osservazione e la dissezione dei funghi allo stereomicroscopio, dopo scongelamento o reidratazione (MAROLI ET AL., 2003; KHOURY & BIANCHI, 2010). Tale metodica non considera parametri parassitologici macroscopici, come le diverse tipologie di modificazione dei tessuti fungini causate dagli artropodi, che invece sono valutati in fase di controllo e di cernita da parte delle imprese ali- mentari e sono considerati nella normativa vigente (DPR 376/95 art. 5: “tramiti di larve di ditteri micetofilidi”). Se questo parametro “unità con tramiti di larve” va inteso come unità fungine del tutto commestibili, che mostrano i segni del passaggio degli artropodi ma non risultano dete- riorate dagli stessi, altrettanto non si può dire per quelle unità fungine che presentano anche evidenti modificazioni nel colore e nella consistenza. Tali unità deteriorate sono un fenomeno molto frequente nei porcini secchi, tanto da rappresentare la principale causa di non conformi- tà all’esame macroscopico. Si veda al proposito la Figura 3, nella quale sono evidenziate solo le categorie “parassitologiche” di non conformità e nella voce “altre non conformità” sono incluse principal- mente la presenza di specie estranee o di unità visibilmente ammuffite (peraltro presenti anche in parte dei campioni non conformi per presenza di unità deteriorate da larve di ditteri o attac- cate post-essiccazione). Il rilevamento delle unità deteriorate da larve di ditteri nei funghi porcini secchi è relativa- mente semplice sia per il micologo, sia per il personale che opera presso le imprese alimentari; tuttavia, l’esperienza dell’operatore è comunque importante, soprattutto nei casi in cui il dete- rioramento è solo iniziale e quindi il “confine” con le unità con tramiti di larve non è sempre netto. Stabilito che l’analisi parassitologica allo stereomicroscopio e la valutazione macroscopi- ca dei funghi hanno finalità diverse, si può cercare di individuare se esiste un rapporto fra numero di larve presenti (rilevato allo stereomicroscopio) e conformità dei funghi all’esame macroscopico. Al proposito, un dato interessante si evince da LOCATELLI ET AL. (2005/b) in quanto viene effettuato un confronto, all’analisi entomologica, fra porcini secchi commercializzati e consumati dagli italiani (quindi ritenuti idonei alla valutazione macroscopica) e quelli scartati

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nelle cernite eseguite presso le imprese alimentari perché deteriorati dalle larve, in cattivo stato di conservazione, o comunque certamente inadatti al consumo umano. Ebbene, i numeri di larve rinvenuti sono molto simili nelle due categorie, pur nella loro irregolarità, a testimonia- re la mancanza di rapporto fra le caratteristiche macroscopiche dei funghi porcini secchi, la loro idoneità al consumo alimentare ed il numero di larve di ditteri fungivori in essi contenuto. La grande variabilità dei risultati (in termini di numero di larve presenti) viene ribadita da uno degli Autori già citati, in un suo contributo successivo (MAROLI, 2011): “non vi è un rapporto fra livelli crescenti di contaminazione entomatica, categorie di fungo e marche esaminate, po- tendo variare enormemente nell’ambito della stessa categoria”. Ulteriore conferma in merito viene da centinaia di analisi parassitologiche eseguite con metodica integrata macroscopica e microscopica (SITTA & PALUMBO, dati inediti): la presenza di un numero più basso o più elevato di larve non è in relazione con il deterioramento dei funghi o con l’idoneità al consumo alimentare. Un paio di esempi: • un campione di funghi porcini secchi “speciali” assolutamente conforme al controllo mico-

Fig. 4: Larve neonate di ditteri micetofiloidi: si valutino le loro dimensioni minuscole rispetto alla grandezza dei tubuli di Boletus edulis, all’interno dei quali sono contenute (Foto L. Suss)

logico e merceologico macroscopico, può contenere un numero maggiore di larve rispetto a un campione di porcini secchi inadatti al consumo umano perché deteriorati (scarto di la- vorazione); • anche nelle unità fungine che non presentano tramiti si può avere la presenza di larve (so- prattutto nei tubuli: vedi fig. 4), confermando che non vi è corrispondenza fra segni visibili all’esterno dei funghi (valutazione macroscopica) e numero di larve presenti. Una spiegazione è data dai fenomeni di predazione (cannibalismo) che sono la regola fra le larve dei ditteri fungivori: trovare numeri molto elevati di larve può significare che sono pic- colissime (fig. 4) e che il fungo è integro e ben conservato, mentre un numero inferiore può essere dovuto alla presenza di individui più grandi, che si sono nutriti non soltanto del fungo ma anche di altre larve. Pertanto, non appare corretto né sensato, sulla matrice “funghi spontanei”, formulare giu- dizi di conformità igienico-sanitaria basati sul solo rilevamento di un determinato “numero tollerabile di larve” mediante ricerca allo stereomicroscopio. Si ritiene di confermare questa valutazione, già espressa in precedenti pubblicazioni (PALUMBO & SITTA, 2007; SITTA & SÜSS, 2012), nonostante il recente accreditamento ACCREDIA ottenuto dal Laboratorio ARPAV di Verona per la prova “Contaminazione entomatica” sulle due matrici “Funghi secchi” e “Funghi conservati e

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Fig. 5: Partita di porcini laminati congelati nella quale sono stati rinvenuti numeri elevati di larve di ditteri fungivori al I stadio di sviluppo (da 300 a 550 larve su 100 g di prodotto); come si può vedere, i funghi appaiono in perfette condizioni, praticamente esenti da segni visibili della presenza degli artropodi(Foto N. Sitta)

surgelati”, col metodo di prova di cui al Rapporto ISTISAN 2010/18 (KHOURY & BIANCHI, 2010). Infatti, in base all’esperienza fin qui maturata, l’unico caso in cui l’analisi parassitologica allo stereomicroscopio su funghi spontanei secchi e conservati può fornire risultati sufficientemente ripetibili, è quando essa viene svolta su una matrice molto più omogenea rispetto a un campio- ne costituito da “funghi”. Tale omogeneità si ha soltanto quando l’unità fungina è di dimensio- ne simile, o inferiore, a quella delle larve di ditteri, in prodotti alimentari (come creme, sminuz- zati, polvere di porcini secchi e granulari di dimensioni inferiori a 1 cm) sui quali per contro risulta difficile o impossibile effettuare un esame macroscopico attendibile. Su creme di funghi e polveri di funghi secchi, l’unica analisi parassitologica applicabile è quindi il filth-test, ferma restando la mancanza di collegamento fra entità (numerica) della contaminazione entomatica all’origine e idoneità del prodotto al consumo alimentare umano. Un riferimento preso da molti e spesso citato (LOCATELLI ET AL., 1994; 2005a; 2005b; MAROLI ET AL., 2003; MAROLI, 2011) è dato dalle disposizioni normative della Food and Drug Administration (FDA) statunitense e del Governo del Canada, che prevedono una tolleranza numerica per le larve di ditteri nei “funghi”, differenziata in funzione di una soglia dimensionale di 2 mm di lunghezza. Si tratta di tolleranze numeriche bassissime rispetto alla presenza media nei funghi spontanei: per la FDA, su 15 g di funghi secchi o 100 g di conservati, al massimo 20 larve se inferiori a 2 mm, al massimo 5 larve se superiori a 2 mm: si confronti con la Fig. 2 e si potrà facilmente capire che in base a un simile criterio, al filth-test oltre il 90% dei campioni di porcini risulta non regolamentare. Anche perché, a proposito di soglie dimensionali, le larve dei ditteri fungivori appena supe- rato il primo stadio di sviluppo, sono già più lunghe di 2 mm (pertanto la presenza di larve comprese fra 2 e 4 mm può essere ancora molto numerosa e non corrispondere né a particolare visibilità, né a un consistente danneggiamento dei tessuti fungini. Le larve al primo stadio (lun-

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ghezza inferiore a 2 mm) hanno visibilità e impatto sulla matrice alimentare praticamente nulli e anche centinaia di esse possono risultare invisibili (Fig. 4 e Fig. 5). Una soglia dimensionale idonea per definire quando le larve sono “grandi”, di conseguenza più visibili e più probabile causa di deterioramento dei funghi, può corrispondere a circa 4 millimetri di lunghezza (SITTA & SÜSS, 2012). Prima di prendere l’impostazione del Canada o della FDA americana, come riferimento e come modello per stabilire dei livelli di accettabilità della contaminazione entomatica dei “fun- ghi” (in generale), ci si dovrebbe chiedere “per quali funghi” sono nati quei regolamenti, con limiti di tolleranza così sproporzionatamente bassi rispetto alla realtà. Indipendentemente dal fatto che (purtroppo) essi sono applicati a tutti i funghi, se si considera com’è orientato il consu- mo di funghi negli USA, e si leggono le stesse indicazioni presenti sul sito FDA, si potrà facil- mente capire che quei parametri sono nati per “The common cultivated mushroom (Agaricus bisporus)...” e sarebbero quindi da prendere come riferimento solo per i funghi di coltivazione (FDA, 2013; SITTA & SÜSS, 2012). Artropodi fungicoli e alimentazione umana Quasi tutte le specie di funghi spontanei commestibili per l’uomo, sono un alimento che comprende sempre, per definizione, la presenza di artropodi fungicoli, di numerose tipologie e in numero variabile, spesso anche in assenza di tracce visibili a occhio nudo. Risulta evidente che gli artropodi dei funghi, per quanto riguarda almeno le larve di ditteri, i collemboli e gli altri taxa più frequenti, sono assolutamente “commestibili”. I ditteri fungivori non comprendono specie capaci di divenire parassite dell’uomo e inoltre, considerando il consumo dei funghi conservati o cotti, quando vengono ingerite non sono mai vitali. Gli artropodi fungicoli (con l’eccezione notevole di Anoplotrupes stercorosus) non sono vet- tori di patogeni perché in genere non si spostano dai funghi, o comunque non sono tipici di substrati alimentari in putrefazione o di escrementi. Per quanto riguarda le larve dei ditteri fungivori, non deve confondere il fatto che vi sono specie appartenenti a famiglie come Muscidae o Calliphoridae: gli adulti alati di alcune specie appartenenti a queste famiglie sono noti vettori di microrganismi patogeni, ma ciò è dovuto anche alla loro capacità di spostarsi da un substra- to alimentare all’altro, mentre gli stadi larvali delle specie fungivore non sono in grado di fare altrettanto. Gli artropodi fungivori non sono produttori di chinoni, che sono sostanze difensive tossiche e maleodoranti prodotte in particolare dai coleotteri della famiglia Tenebrionidae, dalle “Calandre dei cereali” (coleotteri del genere Sitophilus, famiglia Curculionidae) e dalle Blatte (SÜSS & LOCATELLI, 2001). Infine, per quanto riguarda le forme allergiche causate dagli “insetti dei funghi”, i pochi contributi che segnalano casi di asma causata dalle “mosche dei funghi” fanno riferimento a lavoratori del settore della coltivazione dei funghi e non a consumatori di funghi spontanei conservati (KERN, 1938; TRUITT, 1951; CIMARRA ET AL., 1999). Sono noti alcuni casi di allergia anche a carico di lavoratori delle imprese di confezionamento di funghi secchi (dovuta ai funghi e non agli insetti), ma si tratta comunque di allergie da inalazione o da contatto epidermico ripetuto (SYMINGTON ET AL., 1981; BARUFFINI ET AL., 2005; FOTI ET AL., 2008). Certamente i funghi, Boletus edulis compreso, contengono varie sostanze complesse e potenzialmente allergeniche (HELBLING ET AL., 2002), in grado di causare allergie anche per ingestione, sebbene i casi documentati siano complessivamente molto pochi (TORRICELLI ET AL., 1997; RONCAROLO ET AL., 1998; SAVIUC ET AL., 2005; ISPANO & STROZZI, 2006). Risulta pertanto difficile creare un collegamento fra l’ingestione degli artropodi fungicoli (sempre presenti nei funghi spontanei) e questi rari casi di fenomeni allergi- ci nei consumatori di funghi. A maggior ragione se si considera che per esempio la specie coltivata Lentinula edodes (Berk.) Pegler, riscontrata fra le più allergizzanti (SAVIUC ET AL., 2005), è anche in assoluto una fra le meno attaccate da artropodi. Problematica ben diversa, per quanto concerne la definizione di “alimento inadatto al consu- mo umano” ai sensi della normativa europea sugli alimenti (Reg. CE 178/2002) è quella dei fenomeni di repulsione e “sofferenza psicologica” qualora gli artropodi risultino ben visibili a occhio nudo. Certamente la vista di larve di insetti in un alimento, nei consumatori europei,

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provoca ribrezzo, cosa che non avviene in Asia e in altre zone del mondo ove vi sia tradizione di entomofagia. Conclusioni Se si considera solo il dato della presenza di artropodi, dato che essa è costante nei porcini e in quasi tutte le altre specie “pregiate” di funghi spontanei, allora tali funghi, in assenza di specifiche tolleranze, sono da considerare inadatti al consumo umano e pertanto alimenti “a rischio” (ai sensi del Reg. CE 178/02). Un’eventuale tolleranza che prenda in considerazione solo il parametro numerico degli artropodi presenti, rilevato con analisi entomologica allo ste- reomicroscopio, potrebbe presentare numerosi problemi di applicabilità, poiché non vi è corri- spondenza fra caratteristiche macroscopiche dei funghi e numero di larve di ditteri fungivori in essi contenuto (vedi fig. 5). Se invece si prendono in considerazione anche parametri come la visibilità degli artropodi a occhio nudo o la presenza di deterioramento dei tessuti fungini, allora non è più l’intera categoria dell’alimento “funghi spontanei” ad essere ritenuta inaccetta- bile, ma soltanto quei casi in cui effettivamente il consumatore può riscontrare problemi, che si tratti del semplice ribrezzo alla vista dei “vermi”, oppure dell’utilizzo di un alimento deteriorato e non accettabile dal punto di vista igienico. Ringraziamenti Un sentito ringraziamento a Mario Valerio per il meticoloso lavoro di elaborazione dei dati bibliografici sulla contaminazione entomatica nei funghi porcini secchi e conservati; a Davide Palumbo per la collaborazione nello svolgimento delle analisi parassitologiche sui funghi por- cini, dalle quali scaturiscono alcuni dei dati inediti qui presentati; a Silvia Presi per il prezioso aiuto nell’elaborazione di grafici e nella creazione della presentazione per la relazione svolta a Milano il 6 dicembre 2012 presso il Convegno di Micotossicologia. BIBLIOGRAFIA

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PdM 37.pmd 146 14/01/17, 12.08 PAGINE DI MICOLOGIA Le larve dei ditteri micetofilidi sono un pericolo/rischio per la salute dei consumatori?

* ANNA MARIA FERRINI Dip. Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare, Istituto Superiore di Sanità, Viale Regina Elena, 299 - I 00161 Roma - E-mail: [email protected] 1 2 3 4 BIANCA BARLETTA , GABRIELLA DI FELICE , RICCARDO BIANCHI , CRISTINA KHOURY Dip. Malattie Infettive Parassitarie e Immunomediate, Istituto Superiore di Sanità, Viale Regina Elena, 299 - I 00161 Roma 1: [email protected]; 2: [email protected]; 3: [email protected]; 4: [email protected] PAOLO AURELI Past-Director, Centro Nazionale della Qualità degli Alimenti e Sicurezza Alimentare, Istituto Superiore di Sanità, Viale Regina Elena, 299 - I 00161 Roma - E-mail: [email protected] *Corresponding author RIASSUNTO Viene discussa l’appropriatezza di qualificare “pericolo” per il consumatore la presenza di larve non vitali di taluni ditteri dei funghi epigei conservati, alla luce della normativa alimenta- re vigente e dell’analisi del rischio. Viene altresì discussa la caratterizzazione del rischio che le larve non vitali possono rappresentare in vista della definizione di un eventuale limite tollerabile. ABSTRACT Some aspects of the presence of mycetophilidae dead larvae in dried edible mushrooms are considered with respect to its legal relevance as “hazard”. Risk assessment is discussed in the perspective of a possible establishment of a tolerable level of contamination for dead larvae in this product. Key-words: Mycetophilidae maggots, hazard/risk, food safety, edible mushrooms. Introduzione L’immissione in commercio di prodotti alimentari è attualmente subordinata alla loro con- formità a norme sanitarie emanate dalle Autorità a tutela degli interessi e della salute dei con- sumatori. Per i funghi epigei spontanei le norme, emanate a partire dagli anni sessanta preve- dono, oltre alla non nocività della specie che si intende commercializzare la loro appartenenza ad una lista positiva di specie ammesse, la conformità a limiti massimi di contaminanti e di radionuclidi, l’assenza di parassiti e la conformità a limiti tollerabili per quanto concerne i corpi estranei [Legge 30 aprile 1962, N. 283; DPR 14 luglio 1995, N. 376; Reg. (CE) 1881/2006 e succ. modifiche; Reg. (Euratom) N. 3954/87]. È noto che la contaminazione entomatica dei funghi epigei può essere assai varia e diffe- rente a seconda del tipo fungino, della stagione e dell’areale di raccolta, dello stadio di matu- razione del fungo, della presenza o meno di un confezionamento e del tipo di lavorazione che il prodotto subisce alla trasformazione. Oltre alla presenza di vari artropodi, nel caso particola- re della colonizzazione da parte di ditteri fungivori è possibile che il corpo fruttifero possa ospitare specie diverse. I dati raccolti nell’ultimo decennio dalla struttura dell’Istituto Superiore di Sanità che istituzionalmente svolge l’attività di revisione delle analisi di campioni di prodotto dichiarati non conformi dai laboratori del controllo ufficiale, sembrano indicare nel prodotto circolante in Italia una prevalenza delle specie appartenenti alla famiglia dei Micetofilidi seguita da quelle dei Muscidi mentre specie di altri ordini sono anche state individuate sempre con percentuali di riscontro assai modeste (KHOURY, 2009). Può dunque apparire curiosa l’idea di limitare la titolazione della presentazione ai soli Micetofilidi - e non in maniera più appropriata ai Ditteri- ma questa scelta è stata dettata dalla attuale norma sulla commercializzazione dei funghi epigei che prevede limiti tollerabili per i

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tramiti prodotti da tali parassiti. Le argomentazioni che, invece, seguiranno debbono intendersi estese anche a tutte quelle specie di altre famiglie notoriamente abili nello svolgere parte del loro ciclo vitale all’interno del corpo fruttifero fungino. In particolare, si è voluto limitare l’attenzione in questa presenta- zione alla sola presenza di larve non vitali nella massa del fungo perché ben esemplifica quel passaggio del regolamento comunitario sull’igiene degli alimenti che ritiene rischioso/non si- curo solo quel pericolo alimentare che non possa essere ridotto o eliminato dal consumatore con le correnti modalità d’uso. La costante presenza dei ditteri fungivori non vitali nelle preparazione del commercio ci ha indotto a verificare pertanto la loro “pericolosità” per il consumatore alla luce di elementi scientifici e normativi in vista della definizione di un criterio biologico, comprensivo di un piano di campionamento, metodo e limite tollerabile, da suggerire al Ministero della Salute, cui come è noto spetta l’emanazione di disposizioni a tutela della salute dei consumatori, con l’obiettivo di dotare le strutture del controllo ufficiale e gli operatori di un univoco punto di riferimento per una più omogenea valutazione di conformità dei funghi epigei. La scelta del tema è stata per la verità suggerita anche dalla constatazione del fatto che tutte le parti interessate considerano non accettabile per il consumo umano un fungo fresco nel quale si dovessero riscontrare larve vive di insetti o un prodotto confezionato contaminato da larve o da adulti morti, di pregressa o più recente contaminazione, che per dimensioni, colore o struttura sono di immediata, chiara e facile visibilità; per contro, appare sempre più criticata la posizione delle Autorità deputate al controllo ufficiale di considerare non conformi i prodotti a base di funghi, sfusi o confezionati, interi, a fette o sminuzzati, variamente conservati, nei quali viene riscontrata la presenza di larve non vitali, intere o frammentate all’interno del corpo frut- tifero, di difficile visibilità ad un occhio poco esperto. Più precisamente, per questa specifica situazione viene invocata da talune parti interessa- te l’adozione di un limite tollerabile in considerazione di una dichiarata ineluttabilità della contaminazione entomatica di specie fungine spontanee. Ciò premesso, la risposta all’interrogativo del titolo ci viene dalla più recente normativa comunitaria [Reg. (CE) N. 178/2002, art. 14] che considera non sicuro un alimento inadatto al consumo umano precisando che si deve considerare inadatto perché contaminato da materia- le estraneo. Ma la stessa norma considera non sicuro un alimento solo quando il pericolo è presente in quantità tale da rappresentare un rischio inaccettabile per la salute umana. Da ciò appare evidente che il problema della presenza di larve non vitali all’interno del corpo fruttifero fungino debba essere affrontato proprio ricorrendo ad una delle componenti interconnesse della analisi del rischio, quella della valutazione dato che proprio detta analisi è stata riconosciuta dal legislatore comunitario come lo strumento di riferimento con cui conse- guire l’obiettivo di un elevato livello di tutela della salute umana all’interno dell’Unione euro- pea. La prima fase della valutazione del rischio prevede come noto l’identificazione del perico- lo. Nel caso di che trattasi la presenza di larve all’interno della massa fungina, in base a quan- to rilevabile dalle norme nazionali e comunitarie vigenti appare inequivocabilmente qualificabile come “materiale estraneo”, espressione di una invasione entomatica pregressa e, in ultima analisi, di una contaminazione inaccettabile. Per la verità, molte derrate alimentari che costituiscono gli ingredienti base dell’alimenta- zione umana possono essere infestate da parassiti e questa contaminazione è stata sempre contrastata dalle Autorità sanitarie perché la presenza degli organismi vivi è causa di malattia ed espressione nei prodotti trasformati di mancata/inadeguata applicazione delle Buone Prati- che Igieniche. Per quegli alimenti per i quali non è possibile adottare pratiche tecnologiche efficaci per la eliminazione dei parassiti se non attraverso lo scarto del prodotto infestato, tale contaminazione è stata tollerata solo se le stesse tecnologie consentivano l’inattivazione del parassita. Un chiaro esempio di quanto affermato ci viene dalla autorizzazione all’immissione in commercio per il consumo umano di una serie di differenti specie di pesci a carne rossa, crudi o praticamente crudi, manifestamente infestati da endoparassiti vivi (Anisakis sp.), solo se in precedenza sono stati sottoposti ad un congelamento a -20 °C in ogni parte della massa per almeno 24 ore (Reg. (CE) N. 853/2004). In questa maniera si salvaguarda la salute dei

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consumatori prevenendo l’insorgenza di una grave gastroenterite (anisakiasi) lasciando però loro la disponibilità di una fonte piuttosto economica di importanti nutrienti funzionalmente benefici. Cosi’ il “rischio“ che, come corpo estraneo, rappresenta l’importante agente zoonotico morto (Anisakis sp) è compensato dall’elevato “beneficio” che viene assicurato dalla assunzio- ne di importanti nutrienti per l’alimentazione umana a buon mercato. In questi ultimi anni, è stata avanzata da vari settori delle categorie industriali, interessate alla commercializzazione dei funghi, la richiesta di non considerare la presenza delle larve non vitali di ditteri fungivori come “corpi estranei” igienicamente sanzionabili richiamandosi alle tolleranze sopra riportate concesse dalle autorità preposte alla tutela della salute pubbli- ca. In attesa che queste si pronuncino sulla richiesta, tenendo ovviamente conto tra l’altro, della valenza nutrizionale del fungo, della mancanza di dati su eventuali effetti avversi asso- ciati all’assunzione alimentare delle larve non vitali e alle possibilità offerte dalla applicazione delle buone pratiche igieniche, in primis dalla formazione dei raccoglitori/essiccatori e quella del personale addetto alla selezione del materiale destinato al confezionamento, ci è apparso interessante andare a verificare le proprietà immunologiche delle larve non vitali. I risultati di questo studio potrebbero avere, qualora favorevoli, interessanti sbocchi sia ai fini di un succes- sivo e mirato studio sugli eventuali effetti che la presenza di larve non vitali nei funghi comun- que conservati può comportare, sia in vista della definizione di un limite tollerabile da perse- guire attraverso le fasi della valutazione dell’esposizione al pericolo e della sua caratterizza- zione, indispensabili per stimare la probabilità del verificarsi dei richiamati effetti avversi. L’idea di tale verifica è stata suggerita da alcuni recenti lavori di ricercatori spagnoli prima (DEL REY MORENO, 2006) e norvegesi ed italiani poi (LIN, 2012 ), (AUDICANA, 2002; VENTURA, 2012) che hanno messo in evidenza una sensibilizzazione crociata più o meno forte delle IgE umane alle proteine delle larve non vitali di Anisakis evocando l’emergenza di varie manifestazione cliniche di tipo allergico non proprie dell’anisakiasi e rimarcando il rischio rappresentato dal consumo di pesce contaminato dalle larve non vitali di Anisakis. In questa ricerca ci siamo limitati a verificare se anticorpi di classe IgE di soggetti allergici fossero capaci di reagire con proteine derivanti dalle larve non vitali dei ditteri micetofilidi. Questo studio è propedeutico alla successiva valutazione della sensibilizzazione crociata delle IgE di soggetti malati o normali allo stesso materiale antigenico ricavato dalle larve non vitali dei ditteri. Metodologia e risultati Per valutare questa ipotesi, è stato innanzi tutto necessario mettere a punto una procedura per la preparazione di un estratto proteico di 10 larve di micetofilidi ( dimensioni delle larve < 4mm) isolate con metodo microscopico (KHOURY, 2010) da campioni di funghi prelevati al detta- glio; in particolare sono state eseguite estrazioni con diversi tamponi acquosi e combinazioni di processi (triturazione, agitazione, sonicazione e centrifugazione). Il contenuto proteico degli estratti è stato determinato utilizzando il metodo di Bradford (BRADFORD, 1976). Gli estratti otte- nuti sono stati caratterizzati biochimicamente mediante analisi elettroforetica su gel di poliacrilammide in presenza di sodio-dodecil-solfato (SDS) e in condizioni riducenti (LAEMMLI, 1970) (figura 1). Al fine di caratterizzare da un punto di vista immunochimico gli estratti di micetofilidi, è stato impiegato l’immunoblotting, opportunamente messo a punto e seguendo essenzialmente la procedura precedentemente descritta da uno di noi (BARLETTA, 1998). In particolare, le varie componenti proteiche, sono state separate mediante SDS-PAGE e successivamente trasferite elettroforeticamente su membrana di nitrocellulosa Schleicher & Shuell. La reattività immunogenica delle singole componenti è stata verificata utilizzzando anticorpi disponibili presso il Reparto di Malattie Immunomediate dell’ISS. Sono stati utilizzati anticorpi specifici per la tropomiosina, un “pan allergene” presente in numerose fonti allergeniche sia inalanti che alimentari: un anticorpo monoclonale anti-tropomiosina di acaro (Dermatophagoides pteronyssinus) e un siero di coniglio immunizzato con una tropomiosina ricombinante di un insetto (Lepisma saccharina). Tali anticorpi non hanno riconosciuto in immunoblotting nessuna

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Figura 1: Caratterizzazione biochimica dei tre estratti acquosi di larve di micetofilidi in SDS-PAGE e colorazione in Blue di Coomassie. MW: 97.4; 66.2; 45; 31; 21.5; 14.4 kDa. Lane 1: PPT di estratto sonicato in PBS/tween (10 µg proteine). Lane 2: SUP di estratto sonicato in PBS/tween (10 MW: 97.4; 66.2; 45; 31; 21.5; 14.4 kDa. Lane 1: PPT di estratto sonicato in PBS/tween (10 µg proteine). Lane 2: SUP di estratto sonicato in PBS/tween (10 µg proteine). Lane 3: PPT di estratto in Tris 100 mM, pH 8 *(10 µg proteine). Lane 4: SUP di estratto in Tris 100 mM, pH 8 *(10 µg proteine). Lane 5: PPT di estratto in Tris 100 mM, pH 8 °(10 µg proteine). Lane 6: SUP di estratto in Tris 100 mM, pH 8 °(10 µg proteine). PPT: frazione non solubile. SUP: frazione solubile. *estrazione sotto forte agitazione °estrazione sotto moderata agitazione

componente, suggerendo che negli estratti di larve di micetofilidi non sia presente tropomiosina. Sempre grazie all’immunoblotting sono state preliminarmente identificate le condizioni di estrazione ottimali sulla base della reattività IgE di alcuni sieri di soggetti allergici polisensibili verso artropodi (acari, insetti e crostacei) e quindi è stato preparato un nuovo estratto di larve di micetofilidi caratterizzato come gli estratti precedenti, e testato con un pannello di sieri di soggetti allergici polisensibili (acari, insetti e crostacei). Nella figura 2 è mostrato il profilo

Figura 2: IMMUNOBLOTTING IgE dopo SDS-PAGE. MW: 97.4; 66.2; 45; 31; 21.5; 14.4 kDa. Lane 1: Estratto sonicato in PBS/tween (10 µg proteine). Lane 2: Estratto + siero di soggetto allergico. Lane 3: Estratto + siero di soggetto allergico.

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elettroforetico del nuovo estratto e l’immunoblotting sviluppato con due sieri rappresentativi di un pannello più ampio di soggetti allergici. I risultati ottenuti confermano un riconoscimento specifico di componenti proteiche dell’estratto da parte delle IgE dei soggetti allergici. Nessuna reattività è stata evidenziata con sieri di soggetti non allergici. Discussione e conclusioni La caratterizzazione biochimica e immunochimica degli estratti di larve di micetofilidi ha messo in evidenza che talune componenti proteiche vengono riconosciute da anticorpi di clas- se IgE di sieri di soggetti allergici. È importante ribadire che la tecnica dell’immunoblotting in condizioni riducenti dà infor- mazioni qualitative sul numero e sul tipo di componenti allergeniche riconosciute dalle IgE: per questo motivo esso ha carattere principalmente descrittivo della reattività del siero in esame ma non ha un valore diagnostico. Di fatto, la tecnica dell’immunoblotting va considerata solo come una fonte di informazioni complementari da inserire in un più complesso processo dia- gnostico condotto in accordo a quanto indicato nell’albero decisionale proposto congiunta- mente da FAO/OMS (2001). Inoltre, poiché la fase di estrazione e di caratterizzazione è il primo passo per ottenere una preparazione di riferimento, i risultati ottenuti potrebbero essere utili anche in relazione alla possibilità di mettere a punto un metodo rapido di ricerca delle larve direttamente nell’alimen- to e alternativo a quello attualmente utilizzato. Quello attualmente disponibile (KHOURY, 2010) richiede personale specializzato che operi in laboratori appropriatamente attrezzati. Questo risultato a nostro giudizio, può concorre a qualificare come “pericolose” le larve dei ditteri micetofilidi, qualifica che potrà essere ulteriormente ovviamente confermata anche sulla base di valutazioni clinico-epidemiologiche. È evidente che il rischio che le larve non vitali possano rappresentare un pericolo secondo quanto rilevabile dalla normativa vigente sia fortemente condizionato anche dal numero di organismi che un alimento può veicolare. I dati raccolti fino ad oggi raccolti nel nostro Paese sono pochi e disomogenei a causa delle procedure analitiche utilizzate. La scarsezza di dati affidabili e rappresentativi è a tutt’oggi una grande limitazione per la valutazione del rischio e di conseguenza per la possibilità di regolamentare la qualità dei funghi epigei spontanei dal punto di vista della sicurezza. Proprio a questo fine, l’Istituto Superiore di Sanità ha avviato un ampio programma di monitoraggio di funghi epigei in commercio prelevati al dettaglio su tutto il territorio nazionale e finalizzato alla ricerca e numerazione delle larve con metodo microscopico dal quale ci si ripromette di ottenere dati necessari per la valutazione del rischio. BIBLIOGRAFIA

AUDICANA M.T., I.J. ANSOTEGUI, L.F. DE CORRES & M.W. KENNEDY - 2002 : Anisakis simplex: dangerous—dead and alive? Trends Parasitol. Jan 18 (1): 20-25. BARLETTA B., R. TINGHINO, S. CORINTI, C. AFFERNI, P. IACOVACCI, A. MARI, C. PINI & G. DI FELICA - 1998: Arizona cypress (Cupressus arizonica) pollen allergens. Identification of cross-reactive periodateresistant and -sensitive epitopes with monoclonal antibodies. Allergy 53: 586-593. BRADFORD M.M. - 1976: A rapid and sensitive method for quantitation of microgram quantities of protein utilizing the principle of protein-dye binding. Analyt Biochem 72: 248-254. DEL REY MORENO A., A. VALERO, C. MAYROGA, B. GOMEZ, M.J. TORRES, J. HERNANDZ, M. ORTIZ & J. LOZANO MALDONADO - 2006: Sensitization to Anisakis simplex s.l. in a healthy population. Acta Trop. Mar 97 (3): 265-269. KHOURY C. & P. AURELI - 2009: Riflessioni sull’adeguatezza dei controlli micologici e sulle criticità applicative. Convegno “Vigilanza sull’ igiene degli alimenti alla luce dei regolamenti CEE : un percorso in progress”. KHOURY C. & R. BIANCHI - 2010: Artropodi delle derrate alimentari: chiavi di identificazione e procedure ope- rative per la determinazione dei principali infestanti entomati. Rapporti ISTISAN 10/18. LAEMMLI U.K. - 1970: Cleavage by structural proteins during the assembly of the head of the bacteriophage T4. Nature 227: 680-685. LIN A.H., E. FLORVAAG, T. VAN DO, S.G. JOHANSSON, A. LEVSEN & K. VAALI - 2012 : IgE sensitization to the fish parasite Anisakis simplex in a Norwegian population: a pilot study. Scand J Immunol. Apr. 75 (4): 431- 435.

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VENTURA M.T., S. NAPOLITANO, R. MENGA, R. CECERE & R. ASERO - 2012 : Anisakis simplex hypersensitivity is associated with chronic urticaria in endemic areas. Int Arch Allergy Immunol. 160 (3): 297-300. DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 14 LUGLIO 1995, N. 376 Regolamento concernente la disciplina della raccolta e della commercializzazione dei funghi epigei freschi e conservati. LEGGE 30 APRILE 1962, N. 283 Modifica degli articoli 242, 243, 247, 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande. REGOLAMENTO (CE) N. 178/2002 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 28 gennaio 2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurez- za alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare alimentare. REGOLAMENTO (CE) N. 853/2004 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 29 aprile 2004 che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale. REGOLAMENTO (CE) N. 1881/2006 DELLA COMMISSIONE del 19 dicembre 2006 che definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari e successive modifiche. REGOLAMENTO (EURATOM) n. 3954/87 DEL CONSIGLIO del 22 dicembre 1987 che fissa i livelli massimi ammissi- bili di radioattività per i prodotti alimentari e per gli alimenti per animali in caso di livelli anormali di radioattività a seguito di un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva. REPORT OF A JOINT FAO/WHO expert consultation on allergenicity of foods derived from biotechnology, 2001, FAO, Roma.

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PdM 37.pmd 152 14/01/17, 12.09 PAGINE DI MICOLOGIA La conservazione dei funghi: problemi igienico-sanitari (botulino e contaminazione batteriologica)

GUIDO FINAZZI, PAOLO DAMINELLI, BARBARA BERTASI, MARINA NADIA LOSIO IZSLER Reparto Microbiologia. Via Bianchi 7/9 - 25124 Brescia (BS) Italy. E-mail: [email protected]

RIASSUNTO Il botulismo è una intossicazione alimentare che può portare al decesso degli individui coinvol- ti. Si descrivono le principali caratteristiche dell’agente eziologico, della epidemiologia, della sintomatologia e della patogenesi della intossicazione fornendo anche la descrizione delle metodologie analitiche utilizzate per la diagnosi di laboratorio su campioni di alimenti o cam- pioni biologici dei pazienti colpiti. ABSTRACT Botulism is a severe foodborne disease that can lead to the death of those affected. In this paper are described the main characteristics of the causative agent, the epidemiology, the pathogenesis and symptoms of intoxication. In the paper are also described the analytical methods used for the laboratories diagnosis applied on food samples and on biological samples from suffering patients. Key words: botulism, canned food, toxin, bioassay

Il botulismo è causato dalla contaminazione di alimenti con Clostridi produttori di tossine botuliniche. I microrganismi potenzialmente responsabile sono il Clostridium botulinum del quale esistono 7 diversi sierotipi tutti tossigeni ma dei quali solamente 4 sono associati a forme di botulismo umano, nello specifico i tipi A, B, E, ed F (peraltro in Italia molto raro). In letteratura è riportata l’esistenza di ceppi di C. butyricum e di C. baratii, in grado di produrre tossine simil botuliniche. Il C. botulinum ha una temperatura di crescita ottimale di circa 30-37 °C, normal- mente non cresce a temperatura inferiore a 10 °C, anche se sono segnalati in letteratura ceppi in grado di crescere anche a temperature inferiori. La maggior parte dei ceppi sono proteolitici, anche se ve ne sono di non proteolitici (alcuni ceppi appartenenti al tipo B e i ceppi appartenen- ti al tipo E). Il pH ottimale di crescita del microrganismo è di 7,0 mentre vi è inibizione negli

ambienti acidi con pH inferiore a 4,5. Il microrganismo risulta inibito da valori di aw nell’alimen- to inferiori a 0,935 e dalla presenza di NaCl in concentrazione del 8 % oltre che dalla presenza di nitriti. Il microrganismo è un anaerobio sporigeno, perciò inibizione non significa morte dello stesso che può sopravvivere nella sua forma sporulata per lungo tempo fino a che nella matrice non si verifichino le condizioni microambientali che permettano lo sviluppo della forma vegetativa. Nell’uomo si distinguono 4 forme di botulismo: il botulismo alimentare, determinato dall’ingestione di tossina preformata nell’alimento, che come già detto è determinato da tossina di tipo A, B, E o F; il botulismo infantile che è determinato dall’ingestione nel neonato di clostridi produttori di tossine botuliniche in grado di produrre le tossine in ambiente intestinale e che si può molto più raramente verificare anche negli adulti (botulismo intestinale) in situazioni molto particolari; il botulismo da ferita determinato da contaminazione con spore presenti nell’am- biente; il botulismo iatrogeno conseguente ad erroneo utilizzo di tossine botuliniche a scopo terapeutico o cosmetico (CDC 1998). Le problematiche collegate al consumo di funghi riguardano sostanzialmente il botulismo alimentare, e pertanto possono essere causate dall’ingestione di funghi conservati, nello speci- fico conserve non acide in cui il microrganismo ha sviluppato la forma vegetativa e ha prodotto la tossina. Si ricorda che la tossina botulinica è una esotossina termolabile, che viene inattivata da trattamento termico (a 80 °C per 10 minuti), ma che se presente a livello intestinale può essere assorbita e una volta giunta nel circolo sanguigno si fissa in maniera indissolubile a livello di recettori presenti nelle terminazioni neuromuscolari determinando una paralisi flaccida della muscolatura interessata. Dopo i primi sintomi, nausea, vomito e diarrea che di solito

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compaiono dopo 24-36 ore dall’ingestione dell’alimento contaminato, si sviluppa l’evolversi di una paralisi definita discendente in quanto di solito interessa inizialmente le terminazioni neuromuscolari facciali (disturbi della vista, difficoltà di parola, vertigini, capogiri, secchezza della bocca), con successiva paralisi flaccida che a partire dai muscoli della testa può poi andare ad interessare i muscoli respiratori. L’esito, in seguito alla paralisi dei muscoli respirato- ri può essere infausto se il paziente non viene ricoverato e sottoposto a respirazione assistita. La terapia interessa 2 aspetti, ovvero da un lato deve essere mirata ad eliminare eventuale tossina non ancora adsorbita dal canale intestinale e consiste nella somministrazione di lassa- tivi ed emetici, dall’altro alla neutralizzazione della tossina in circolo non ancora fissatasi a livello di terminazioni neuromuscolari attraverso la somministrazione di antitossina specifica trivalente (anti ABE). Contemporaneamente devono essere tenute costantemente sotto controllo le funzionalità respiratorie. La guarigione solitamente lenta è funzione del quantitativo di tossina già fissato (la dose potenzialmente letale è molto bassa e pochi nanogrammi possono essere sufficienti a determinare morte in un soggetto adulto se non si interviene con la terapia). Gli alimenti maggiormente coinvolti nella casistica del botulismo alimentare in Italia e più in gene- rale nell’area mediterranea sono le conserve, in genere vegetali (DAMINELLI ET AL. 2011) ma an- che di pesce, caratterizzate da scarsa acidità (sott’oli) ed in questo senso anche le conserve di funghi con queste caratteristiche devono essere considerate come un prodotto a rischio. Le produzioni industriali proprio per prevenire tale rischio sono in genere caratterizzate da valori di pH bassi cosa invece che non sempre si verifica nelle produzioni casalinghe. Sugli alimenti è possibile effettuare la ricerca diretta delle tossine botuliniche oppure la ricerca dei clostridi produttori di tossine. Se nel primo caso l’alimento è ovviamente pericoloso per la salute, nel secondo caso, se non si verificano le condizioni durante la fase di stoccaggio che permettano alle spore di germinare, l’alimento non risulta immediatamente pericoloso per la salute se non negli ipotetici casi di botulismo infantile o botulismo intestinale. Oltre che sugli alimenti le due tipologie di analisi possono essere eseguite su campioni biologici (siero di san- gue, feci, tamponi rettali, lavaggi intestinali, ecc.). Dal 2012 sono disponibili dei metodi di rife- rimento predisposti e validati dal Centro di referenza nazionale per il botulismo dell’Istituto Superiore di Sanità. Tali metodi prevedono rispettivamente la ricerca diretta di tossina botulinica e la ricerca di clostridi produttori di tossine botuliniche mediante metodo colturale e mouse test e la ricerca di clostridi produttori di tossine botuliniche mediante Multiplex Real Time PCR. Il secondo metodo, indiretto, consente di effettuare diagnosi senza avvalersi della prova biologi- ca e quindi consentendo nei campioni negativi di evitare un inutile sacrificio di animali da laboratorio. La prova biologica, indispensabile per la diagnosi diretta di presenza di tossina e per la conferma dei positivi in PCR consiste nell’inoculo di 3 coppie di topi di laboratorio: 2 con un aliquota tal quale di siero di sangue, estratto di alimento, di altro campione biologico o di brodo colturale; 2 con un aliquota trattata termicamente (e quindi in cui la tossina eventual- mente presente è stata inattivata); 2 con un aliquota pre-inattivata con siero anti ABE (le segna- lazioni di tossina di tipo F sono molto rare in Italia). La prova biologica dura 3 giorni, al termine dei quali i topi sono tutti vivi nei campioni negativi, mentre in caso di presenza di tossine di tipo A, B oppure E, si osserva il decesso, nell’arco di 24-48 ore ma solo degli animali inoculati con l’aliquota non trattata. Gli animali prima del decesso presentano una caratteristica sintomato- logia caratterizzata da “fame d’aria” e dopo il decesso si presentano proni, con le zampe diva- ricate e l’addome contratto. In un ipotetico caso di intossicazione da tossina di Tipo F si assiste alla morte anche degli animali inoculati con l’aliquota pre-inattivata con l’antitossina trivalente, con la sintomatologia sopradescritta, mentre sopravvivono quelli inoculati con l’aliquota tratta- ta termicamente. Il metodo diagnostico indiretto di ricerca di clostridi produttori di tossine botuliniche con metodo colturale + mouse test è più lento (esito negativo dopo 12 giorni di arricchimento + eventuali 3 giorni di prova biologica). Tuttavia la combinazione della ricerca diretta della tossina associata alla ricerca di Clostridi produttori di tossine botuliniche in PCR, oltre ad un risparmio di animali, fornisce un risultato in tempi decisamente più rapidi: 2-3 giorni per i campioni positivi e 4 giorni per quelli negativi. L’esito negativo della PCR eseguibile su brodo di arricchimento già dopo 24-72 ore di incubazione rende di fatto inutile procedere con la prova biologica dal brodo colturale al termine del periodo di incubazione previsto. Le precauzioni da adottare per prevenire le forme di botulismo alimentare consistono nel-

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l’accurata pulizia delle materie prime e nell’assicurarsi che esse siano sempre fresche, nell’acidificazione e/o salatura della conserva e nell’applicazione, ove possibile, di temperatu- re di 121°C per almeno 3 minuti. In ogni caso è sempre buona norma evitare di consumare conserve quando le confezioni appaiono gonfie, presentano al loro interno delle bollicine o si evidenzia fuoriuscita di aria, oltre che di odori anomali, al momento della loro apertura.

BIBLIOGRAFIA

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PdM 37.pmd 155 14/01/17, 12.09 A.M.B. Centro Studi Micologici ui c.s.m. dal Centro Studi Micologici Q a cura di Carlo Papetti CARTELLINI PER MOSTRE MICOLOGICHE PERSONALIZZATI

Il C.S.M., anche al fine di uniformare alla nomenclatura corretta attualmente in vigore, ha realizzato una serie di circa 2.000 cartellini per le mostre micologiche. I cartellini, contraddistinti dal marchio dell’A.M.B., possono essere personalizzati “ad hoc” col logo del gruppo w sono suddivisi in 6 categorie: Commestibile, Non commestibile, Senza valore, Sospetto, Tossico, Mortale w riportano: Nome specie e autori (in osservanza delle attuali norme di nomenclatura), eventuali Sinonimi e autori, Ambiente di crescita w sono aggiornati ogni biennio su indicazione dei gruppi che li utilizzano w sono stampati a colori in digitale ad altissima qualità, su cartoncino semilucido da 250 grammi w dimensioni: 13,5 × 9,5 cm w possono essere ceduti con apposita busta in PVC aperta sul lato superiore w è fornita, per ogni categoria, anche una serie di cartellini non compilati. Prezzo di cessione (speciale per i gruppi) Cartellini + busta in PVC cad. 0,20 ¤ Cartellini senza busta cad. 0,15 ¤ 156

PdM 37.pmd 156 14/01/17, 12.09 PAGINE DI MICOLOGIA Nicotine in wild mushrooms. Rapid determination by QuEChERS and LC/MS/MS tecnique

ANGELA SANTILIO National Institute of Health, Department of Environmental and Primary Prevention, Pesticide Unit V.le Regina Elena, 299 - I 00161 Rome - Email: [email protected] RIASSUNTO La determinazione di nicotina nei funghi è stata eseguita attraverso la metodologia QuEChERS e la cromatografia liquida Tandem Mass Spectrometry (LC/MS/MS). Venti campioni di funghi secchi e freschi sono stati raccolti dalla zona del mercato di Roma e sono stati analizzati per verificare la presenza di nicotina nei funghi. Per tutti i campioni analizzati, i livelli di residui erano sotto la MRL di 0,04 mg / kg sulla base del peso vivo e quindi è improbabile che presen- tino un pericolo per la salute dei consumatori. Parole chiave: Micodiversità, Protocollo Operativo Funghi C.F.S. Controlli Micologici. ABSTRACT The determination of Nicotine in mushrooms has been performed by QuEChERS methodology and Liquid Chromatography Tandem Mass Spectrometry (LC/MS/MS). Twenty samples of dried and fresh mushrooms were collected from market area of Rome and were analysed to check the presence of Nicotine in mushrooms. For all analysed samples, the residue levels were below the MRL of 0.04 mg/kg on fresh weight basis and therefore it is unlikely to present a consumers health concern. Key-words: Micodiversity, C.F.S. Operational Protocol Mushrooms, Mycology Controls. Introduction (S)-3-(1-methylpyrrolidin-2-yl)pyridine (Nicotine) is the predominant component of the cru- de alkaloid extract. It is used as insecticide to control of aphids, thrips, whitefly and other insects on glasshouse ornamentals and on crops including fruit, vines and vegetables (Pesticide Manual, 2009). Nicotine has a wide distribution in various edible vegetables included the nightshades family (Solanaceae) among them are some common vegetables such as potatoes, tomatoes or eggplants (aubergines) (SHEEN, 1988; SIEGMUND, 1999; SIEGMUND, 1999). In European Countries, the use of plant protection product containing Nicotine has been phased out by June 2010 but its use in Third Countries may continue and may lead to residues of Nicotine in food (EFSA, 2009). During the years 2008/2009, nicotine was detected in dried wild mushrooms. The levels found in wild mushrooms (mainly Boletus edulis) were higher than 0.01 mg/kg on a fresh weight basis (maximum residue level, MRL, set by Article 18.1.b of Regulation (EC) No 396/2005) (Euro- pean Regulation (EC) No 396/2005, 2005). The residue levels were founded up to 9.9 mg/kg on the dried product. The European Commission launched a monitoring and testing programme at the start of the forthcoming 2009 harvest season. According to the EFSA opinion, a MRL of 0.04 mg/kg for fresh wild mushrooms has been established. In addition, a value of 2.3 mg/kg for dried wild mushrooms (Boletus edulis) was established as safe value for consumers and for other dried wild mushrooms a level of 1.2 mg/kg was considered safe for human health (Commission Regulation (EU) No 765/2010, 2010). As a result of the European Commission request, the European Reference Laboratory for Single Residue Methods (EURL-SRM) developed a single method for the determination of Nico- tine on mushrooms by QuEChERS and LC/MS/MS. The QuEChERS methodology is considered a useful and very fast approach for the determination of residue levels of pesticides (ANASTASSIADES, 2003; PAYA, 2007). As for the determination of Nicotine in mushrooms only two papers have been reported (CAVALIERI, 2010; SANTILIO, 2001). To support the activity of the official laboratories, the Italian National Reference Laboratory for Single Residues (NRL-SRM) studied the performance of the

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method proposed by CRL-SRM for the determination of Nicotine levels in both dried and fresh mushrooms. A procedure based on the QuEChERS and LC/MS/MS has been adopted, using Nicotine Methyl-d3 as internal standard (SANTILIO, 2011). The method was applied to the analysis of dried and fresh mushrooms from market area of Rome. Analytical methodology Sample Twenty samples of dried and fresh mushrooms were collected from market area of Rome during 2009 -2010. Each sample of dried mushrooms consists of a bag of about 50 g while for fresh mushrooms were collected the packets about 500 g of fresh mushrooms. After sampling, the fresh and dried mushrooms where stored at -20 °C. Before analyses, the fresh mushrooms were chopped up by Buchi mixer to obtain a homogeneous sample that was divided in aliquots of about 10 g, each aliquot was stored at -20 °C until analysis. As concern, the dried mushrooms ca 50 g were added to cold water (+4 °C) and were minced by Buchi mixer to obtain a homogenate. From this homogenate were taken aliquots of 5 g that were stored at - 20 °C until analysis. Method The method described by Santilio, 2011 has been adopted to determine the residue levels of Nicotine in dried and fresh samples. The method was validated according to the SANCO 10684/2009 document (SANCO, 2010) and the validation parameters are summarized in the Table 1. The recoveries were performed at two spiked levels of 0.04 mg/kg (MRL on fresh weight basis) and at ten time the MRL of 0.4 mg/kg on fresh weight basis.

Table 1 - Validation parameters Parameter Definition Results Accuracy Determine average recovery for Dried Mushrooms: Fortification levels: 0.32 spiked levels. mg/kg; 2.3 mg/kg Mean recoveries: 120% - 135% (n= 5) Fresh Mushrooms: Fortification levels: 0.04 mg/kg; 0.4mg/kg Mean recoveries: 105% - 112% Precision Determine repeatability RSD% Dried Mushrooms: RSD% 10-12% (n= 5) for spiked levels Fresh Mushrooms: RSD% 15-16% (n=5) Linearity Through calibration curve Solvent - 0.01 mg/mL - 2.3 mg/mL (Y = 2.907X - 0.108) R2 = 0.999 LOQ Lowest level for which it has been 0.01 mg/kg for dried and fresh mushrooms. demonstrated that criteria for Dried mushrooms - mean recoveries (n=5) 125 accuracy and precision have % ± 12; RSD% = 10 been met Fresh mushrooms - mean recoveries (n=5) 103 % ± 14; RSD% = 14 Specificity Response in reagent blank and No interferences at the retention time of the ni- control samples cotine at experimental conditions has been observed. Matrix effect Comparison of response from Comparison of response from solvent stand- solvent standards and matrix- ards and matrix-matched standards matched standards The matrix effect has been minimize using a matrix-matched standard for quantitative analysis.

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For dried mushroom, the two fortification levels were studied: 0.32 mg/kg, corresponding to the value of the MRL, and the level of 2.3 mg/kg as the highest value of residue in dried wild mushrooms. The detection of Nicotine was conducted by Liquid Chromatography Tandem Mass Spec- trometry (LC/MS/MS). The instrumental conditions used to analyse the Nicotine and the ion transitions are showed in the table 2.

Table 2 - Instrumental Condition Parameter Description Stationary Phase Zorbax Eclipse XDB-C18 150 X 2.1 mm; 3.5 mm Mobile phase Ammonium Formiate pH = 3 (A)/ Acetonitrile (B) Gradient mode 100% A to 40% A (remain 1 minute) to 100%A (remain 1 minute) Flow rate 0.3 mL/min Injection volume 5 mL Ionization voltage 1400 V Capillary voltage 40 V Drying gas 250°C at 30 psi Ion transitions Nicotine 163 > 130 Collision energy = 29 eV Nicotine 163 > 132 Collision energy = 23 eV Nicotine d3 166 >132 Collision energy = 23 eV

1 - Matrix- matched Standard Nicotine 0.036 mg/kg and Nicotine-methyl d3 ( IS) 0.1 mg/kg Zorbax Eclipse

XDB-C18 column (150 x 2.1 mm, 3.5 mm) with CH3CN/ammonium formiate 1 mM (pH = 3.5) as mobile phase at flow rate of 0.3 mL/min. Nicotine quantification ion 163> 130; Nicotine methyl d3 (IS) quantification ion 166>132.

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A Zorbax Eclipse column was used for elution of the Nicotine and of the Nicotine Methyl-d3; a typical chromatogram in total ion counters (TIC) of a matrix- matched standard solution of Nicotine and Nicotine-Methyl-d3 is showed in figure 1. The repeatability of the Nicotine in terms of relative retention time was also studied expressed as %RSD. For Nicotine (ion transition 163>130 m/z), the retention time repeatability % RSD was 1.02 % and for Nicotine methyl d3 (ion transition 166>132 m/z), the retention time repeatability RSD % was 1.04 %. The repeatability (RSD %) of relative retention time was 0.3%. The identification of the Nicotine has been performed by relative retention time and by ion transitions. For Nicotine the transition 163>130 m/z was used for quantitative analysis and the transition 163>132 m/z for confirmation. For Nicotine Methyl-d3 (IS) only one transition is available 166>132m/z and this has been used for quantitative analysis. The quantitative determination has been performed by internal standard method using a matrix-matched standard at the same concentration of the level of interest. Results Ten samples of dried mushrooms were collected from supermarket and come from Boletus Edulis and its related group (Boletus areus, Boletus pinophilus, Boletus reticulatus) and ten samples of fresh mushrooms (Agaricus bisporus) were collected from supermarkets in different area of Rome. In the figure 2 are showed the different area of Rome where the samples were taken. The sampling was performed on voluntary action from the staff of the laboratory so only some parts of the Rome were considered. The sampling was conducted with the aim to validate the method proposed by the European Reference Laboratory for Single Residue Method (EURL- SRM) and in the same time, the levels of Nicotine were detected in the collected samples to

Figure 2 - A map of Rome. The red arrows show the different area of sampling.

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Table 3 - The residue levels of Nicotine on dried and fresh mushrooms Sample ID Sample Nicotine level on fresh weight basis ?mg/kg) D1 Dried mushrooms(Boletus edulis and related group) 0.03 D2 Dried mushrooms(Boletus edulis and related group) 0.01 D3 Dried mushrooms(Boletus edulis and related group) 0.01 D4 Dried mushrooms(Boletus edulis and related group) 0.02 D5 Dried mushrooms(Boletus edulis and related grou ) 0.03 D6 Dried mushrooms(Boletus edulis and related group) 0.02 D7 Dried mushrooms(Boletus edulis and related group) 0.01 D8 Dried mushrooms(Boletus edulis and related group) 0.01 D9 Dried mushrooms(Boletus edulis and related group) 0.01 D10 Dried mushrooms(Boletus edulis and related group) 0.03 F1 Fresh mushrooms (agaricus bisporus) <0.01 F2 Fresh mushrooms(agaricus bisporus) <0.01 F3 Fresh mushrooms(agaricus bisporus) <0.01 F4 Fresh mushrooms(agaricus bisporus) <0.01 F5 Fresh mushrooms(agaricus bisporus) <0.01 F6 Fresh mushrooms(agaricus bisporus) <0.01 F7 Fresh mushrooms(agaricus bisporus) <0.01 F8 Fresh mushrooms(agaricus bisporus) <0.01 F9 Fresh mushrooms(agaricus bisporus) <0.01 F10 Fresh mushrooms(agaricus bisporus) <0.01

investigate which sample was used for the fortification experiments. Only the samples for which the levels of Nicotine were d” 0.01 mg/kg were used for the fortification experiments. As concern the dried mushrooms, the levels of Nicotine were ranged from 0.1 mg/kg to 0.27 mg/kg dried weight basis, corresponding to 0.01-0.03 mg/kg fresh weight basis. A conversion factor of nine was applied. In the fresh mushrooms, the level of Nicotine was below 0.01 mg/kg on fresh weight basis (< LOQ), for all samples analysed. In the table 3 are showed the results obtained for each sample. On the basis of the obtained results it is possible to point out that the levels of Nicotine on dried mushrooms and fresh mushrooms are below the EU MRL of 0.04 mg/kg on fresh basis and no intake concern for consumers can be observed for the sample analysed. REFERENCES

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PdM 37.pmd 162 14/01/17, 12.10 PAGINE DI MICOLOGIA 4a Sessione: Controlli e legislazione correlata

I funghi: beni giuridici protetti, baluardi a tutela della biodiversità forestale. Il protocollo operativo in materia micologica redatto dal C.F.S.

CURTO M.D.*, G. TREZZA** & N. OTTAVIANO*** *Vice questore aggiunto forestale - Responsabile dell’Ufficio Contenzioso e Cites - Comando provinciale del Corpo forestale dello Stato di Avellino - E-mail: [email protected] **Assistente - Ufficio Contenzioso e Cites - Comando provinciale Corpo forestale dello Stato di Avellino E-mail: [email protected] ***Assistente Comando Stazione del Corpo forestale dello Stato di Serino (AV) - Micologo E-mail: [email protected] RIASSUNTO Il settore dei funghi, in Italia principalmente, riveste oggi una importanza ancora maggiore rispetto ad alcuni anni addietro, in quanto è cambiata la cultura, la sensibilità del consumato- re, la conoscenza, l’approccio verso questo particolare alimento. Molti studi hanno approfondi- to alcune conoscenze già note, ampliandole, ma principalmente evidenziando come il mondo della micologia, dei macromiceti in particolare, è sempre più ricco di risorse, di nuovi ambiti di applicazione, di nuove sorprese. Nel corso del tempo è cambiata la sensiblerie verso tutto il mondo dei funghi alla luce del riconosciuto ruolo ecosistemico di indiscutibile valore, tale da far considerare i funghi a ragion di logica dei veri e propri beni giuridici protetti, baluardi a tutela della biodiversità forestale. Infatti, spesso, quando si pensa alle foreste, ai boschi si fa riferimento alle svariate specie vegetali e soprattutto arboree che lo caratterizzano, ma non sempre si pone la dovuta attenzione su altri organismi viventi fondamentali per il mantenimen- to dell’equilibrio ecosistemico: i funghi. Il ruolo ecologico dei funghi quindi è fondamentale per la vita sul pianeta: senza di essi le piante superiori non potrebbero alimentarsi e crescere. In virtù di ciò, transitivamente argomentando, la stessa vita degli esseri viventi sarebbe compro- messa perché, venendo meno le piante, verrebbe a mancare il processo di fotosintesi clorofil- liana necessario per la produzione di ossigeno per la vita sulla Terra. L’importanza della micodiversità, ossia delle svariate complesse tipologie, forme ed ecosistemi fungini, è dunque di fondamentale rilievo. I funghi, epigei ed ipogei (i tartufi) dunque rappresentano una risorsa scarsa, ossia insostituibile con valenze ecologiche, alimentari, economiche e turistiche. La tute- la legale della micodiversità impone dunque l’adozione di norme di settore che rimandano necessariamente ad una collegata azione di controllo, specifico settore d’intervento, che vede nell’attività di vigilanza del Corpo Forestale dello Stato, il volano centrale. La Micologia infatti è una disciplina cha ha da sempre destato attenzione, fascino e fervente curiosità, essendo notevoli e variegati gli ambiti interdisciplinari interessati. Spesso l’informazione e la formazio- ne micologica sono state suffragate da approfondimenti tematici e testuali inerenti la biologia, la morfologia, la sistematica, gli aspetti legati alla tossicità ed alla commestibilità dei funghi, ecc. Mancava, soprattutto a livello locale, specificatamente per la Regione Campania, un testo che approfondisse in dettaglio gli aspetti normativi connessi alla realtà dei controlli ispettivi in materia micologica. Il Protocollo Operativo intitolato “La vigilanza nel settore della disciplina della raccolta, commercializzazione dei funghi epigei ed ipogei in Regione Campania”, ha il pregio di colmare questo vuoto, cogliendo l’esigenza, comune sia ai raccoglitori che ai preposti ai controlli, di chiarire tutti quei dubbi interpretativi sollevati dalla normativa generale, locale e regionale di settore, fornendo un manuale operativo organico, funzionale di pratico ausilio per i connessi controlli e, per organicità delle tematiche affrontate, d’interesse per tutte le diverse realtà regionali italiane. Il Protocollo Operativo in argomento offre inoltre lo spunto per evidenziare come i controlli ispettivi in materia micologica, inerenti gli aspetti connessi alla commercializzazione e somministrazione dei funghi epigei ed ipogei, si inquadrino nel più ampio e complesso scenario delle verifiche in tema di sicurezza alimentare, settore che preve- de a livello locale e territoriale, la centralità del ruolo svolto, in ambito di controllo preventivo e repressivo ed in tema di salute pubblica, dagli Ispettorati Micologici delle AA.SS.LL,

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complementariamente ai compiti delle diverse forze di polizia. Pertanto una finalità perseguita, nel predetto manuale, è stata quella di aver intelligentemente elaborato, in un’ottica di condivi- sa sinergia fra tutti i soggetti istituzionali e non coinvolti, un prezioso strumento di lavoro per gli addetti ai controlli micologici, implementato e corredato da una funzionale modulistica (sche- mi di verbali e prontuario delle violazioni), da specifici quadri sinottici di approfondimento procedurale, da stilizzate schede micologiche, in modo da rendere fruibile ed interessanti tutti gli argomenti trattati, fornendo in sostanza un ottimo e prezioso vademecum anche per i racco- glitori di funghi epigei ed ipogei. Fra gli approfondimenti di carattere operativo ed interpretativo, il Protocollo Operativo in argomento ben affronta ed approfondisce specifiche tematiche quali: l’atteggiamento di raccolta, il luogo di raccolta (localizzazione e proprietà privata), cogliendo le differenze fra abilitazione ed autorizzazione alla raccolta, fra confisca e sequestro ammini- strativo e penale, fra commercializzazione di funghi in forma fissa o itinerante, tracciando una check-list per i controlli in tema di raccolta di tartufi, illustrandone tutti i possibili scenari emer- genti a controllo. Inoltre immediati quadri sinottici sintetizzano le tipologie di commercializza- zione dei funghi delineando, per ognuna di esse, un esemplificativo “modus operandi” in tema di verifica ispettiva, con esplicito riferimento alle svariate norme disciplinanti il settore. Detto Protocollo Operativo, a seguito della sua pubblicazione in intranet, ha permesso al personale del Corpo Forestale dello Stato di dotarsi di un valido strumento di lavoro che facilitasse l’ese- cuzione dei controlli in materia, anche in maniera uniforme sul territorio nazionale, grazie al- l’opportunità di poter disporre di un’adeguata modulistica facilmente fruibile. Numerosi sono e sono stati i controlli del C.F.S. in materia di vendita e commercializzazione di funghi epigei ed ipogei sull’intero territorio nazionale ma, in particolare in tale contesto, giova menzionare la complessa attività ispettiva e d’indagine messa in atto, nel periodo novembre 2011 - marzo 2012 denominata “operazione Por-Cina”. Quest’ultima, infatti, ha interessato diverse regioni e diversi reparti del C.F.S. che talvolta si sono ispirati al Protocollo Operativo in argomento. Parole chiave: Micodiversità; Protocollo Operativo Funghi C.F.S., Controlli Micologici. The mushrooms: legal interests protected, real bulwarks for the protection of forest biodiversity. The operating protocol on mycology drawn up by the italian forest ranger ABSTRACT Today, especially in Italy, the mushroom industry is more important than some years ago, because the culture, the customer sensibility, the knowledge and the approach toward this particular food have changed. Many studies have deepened the knowledge of mushrooms, underlying above all how the mycology world, the macromycetes in particular, is always more resourceful, more suitable to new fields of application and more surprising. Over the years, the “sensiblerie” toward the mushroom world has changed, thanks to the well-known and valued ecosystem role, which considers mushrooms as authentic goods protected by law and bulwarks for the protection of forest biodiversity. In fact, when we often think about forests, we refer to several vegetable species that characterize it, but we don’t pay attention to other living organisms that are essential for the ecosystem balance: the mushrooms. As a result, the ecological role of mushrooms is very important for life on earth: without them, the higher plants could not feed themselves and grow up. For this reason, the life of living beings would be in danger, because without plants, the process of photosynthesis, which is necessary for the production of oxygen for life on earth, would fail. Therefore, the mycodiversity, such as the mushroom complex typology, form and ecosystem, is very important. In some way, epigeal and hypogeal (truffles) fungi are a poor resource, because they are irreplaceable by ecological, food, economic and tourist valence. So, the legal guardianship of mycodiversity requires the application of industry standards that necessarily lead to a related control action through the supervision of the Italian Forest Ranger. Mycology has always caught attention, charm and curiosity for remarkable and different interdisciplinary fields it concerns. The mycological information and education have been often born out by close examinations about biology, morphology, systematics and some aspects related to toxicity and edibility of mushrooms. There was not a book which deepened in detail the perspective aspects linked to inspections on mycology, especially locally for the Region of Campania. The Operating Protocol titled “The supervision in the field of gathering and

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marketing of epigeal and hypogeal mushrooms in the Region of Campania” has the claim and the aim to fill in this gap, suiting the needs of both gatherers and controllers, in order to clarify interpretative doubts arose by general, local and regional rules. It provides a practical and functional manual which can be interesting for all the different Italian regional realities. Moreover, this Operating Protocol takes the opportunity to underline how the inspective controls on mycology, related to the marketing and the distribution of epigeous and hypogeous fungi, are set in a widen and more complex scenario of tests for food security. Developed by the Mycology Inspectorate in the AA.SS.LL, besides the common functions of police force, these tests locally provides the centrality of their role in range of preventive and repressive controls and public health. Therefore, the purpose of this manual, made by the shared synergies of the institutions and non-institutions involved, is the elaboration of a valuable means of work for responsible of mycological controls. It includes some functional forms (patterns of minutes and a breach handbook), synoptic tables of procedural research and mycological profiles to let the topic interesting giving an excellent vademecum for mushroom pickers, as well. Among the operative and interpretative in-depth analysis, the Operating Protocol deals with specific contents, such as: how to gather and where (private or public place), the differences between qualification and authorization to gather, forfeiture and administrative and penal seizure, stable or itinerant fungi marketing, drawing a check-list for truffle gathering controls comparing it to other rising scenarios of control. Moreover, the synoptic tables summarise the type of fungi marketing and define for each of them an illustrative modus operandi for inspective tests with a clear reference to the various rules which regulate this field. From its publication on intranet, the Operating Protocol has given to the Italian Forest Ranger a valuable mean of work that gets easier and nationally more homogeneous the controls, thanks to suitable forms. The Italian Forest Ranger keeps controlling the epigeous and hypogeous fungi selling and marketing in the national country. Concerning this contest, it’s important to cite the complex inspective research of November 2011 to March 2012 called “Operation Por-Cina”: it interested different regions and different departments of the Italian Forest Ranger that sometimes were inspired by this Operating Protocol. Key-words: Micodiversity; C.F.S. Operational Protocol Mushrooms, Mycology Controls.

Per Diversità Biologica o Biodiversità si intende la variabilità fra tutti gli organismi viventi, inclusi, ovviamente, quelli del sottosuolo, dell’aria, gli ecosistemi acquatici, terrestri e marini ed i complessi ecologici dei quali fanno parte; questa include la diversità all’interno della specie, tra le specie e degli ecosistemi (CBD, Rio de Janeiro 1992). Con la consapevolezza dell’impor- tanza della Biodiversità, l’Italia, nell’ambito degli impegni assunti a livello Internazionale con la ratifica della Convenzione per la Diversità Biologica (CBD), si è dotata di una Strategia Nazionale per la Biodiversità, il cui testo integrale è consultabile dal sito www.minambiente.it - sezione Natura/Biodiversità. Tale Strategia Nazionale rappresenta uno strumento di grande importanza per garantire, negli anni a venire, la reale integrazione tra gli obiettivi di sviluppo del Paese e la tutela del suo inestimabile patrimonio di Biodiversità. Il concetto di base è che il benessere umano, ossia lo sviluppo sostenibile, dipende dai servizi forniti dalla Natura; si deve pertanto giungere al superamento dell’antitesi esistente tra la conservazione della Natura e lo sfruttamento economico delle risorse naturali. Pertanto è di fondamentale importanza riconoscere le tipologie degli ecosistemi e dei servi-

LE QUATTRO TIPOLOGIE DI SERVIZI ECOSISTEMICI 1. SERVIZI DI SUPPORTO, che comprendono ad esempio la formazione del suolo, la fotosintesi ed il ciclo nutritivo alla base della crescita e della produzione; 2. SERVIZI DI APPROVVIGIONAMENTO, che forniscono i beni veri e propri, quali cibo, risor- se idriche, legna, medicinali; 3. SERVIZI DI REGOLAZIONE, che regolano il clima, l’acqua (ed esempio le inondazioni), i rifiuti e la diffusione delle malattie; 4. SERVIZI CULTURALI, relativi alla bellezza, all’aspirazione ed allo svago, che contribui- scono sul nostro benessere spirituale.

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PdM 37.pmd 165 14/01/17, 12.10 A.M.B. Centro Studi Micologici zi e delinearne i confini geografici e di funzionalità specifica. In quest’ottica si inseriscono i tre Obiettivi Strategici della summenzionata Strategia Nazionale. Fra questi, in particolare, l’Obiet- tivo Strategico 1 prevede di garantire, entro il 2020, la conservazione della Biodiversità, intesa come la varietà degli organismi viventi, la loro variabilità genetica e i complessi ecologici di cui fanno parte e assicurare la salvaguardia e il ripristino dei servizi eco sistemici, al fine di garan- tire il ruolo chiave per la vita sulla Terra e per il benessere umano. Le Foreste, insieme ai Ghiac- ciai, alle Montagne, ai Fiumi, Laghi e Zone Umide, alle Aree aride, alle Aree coltivate, alle Zone

Tipologie ecosistemiche Supporto Approvvigionamento Regolazione Cultura

Tipologia Aree potenzialmente fornitrici dei servizi in Italia Ciclo dei nutrienti Cibo Risorse idriche Materie prime Clima Cibo e qualità acqua Conservazione del suolo rifiuti Trattamento Educativo Estetico e ricreativo Culturale e religioso Pedogenesi Risorse genetiche e biochimiche Ghiacciai Alpi × × × × × Montagne Alpi e Appennini +++ × × × × × × Foreste Foreste mature Alpine e Appennininiche × ×+ × × × × × × × × × Fiumi laghi zone umide Principali fiumi e lagune × + × + × + × + × × + Aree aride Ambienti interni meridionali ×+ × × × Aree coltivate Ambienti rurali di qualità, in particolare collina + ×+ ×++++ × × × Zone costiere e isole Coste in genere e piccole isole × ×+ × Mari e oceani Mar mediterraneo × × × × ×

Figura 1. Classificazione dei servizi ecosistemici in Italia per tipologia ambientale + “servizi esistenti in ambienti italiani” - × “Servizi presenti in maniera molto significativa in Italia”

costiere e isole ed ai Mari ed Oceani, rappresentano una tipologia di ecosistema complesso che caratterizza gran parte del territorio italiano. In tale ottica l’iniziativa di dedicare il 2012 all’anno internazionale delle foreste ha per scopo quello di soffermare l’attenzione di tutti sulla centralità e crucialità di tale ecosistema per la tutela della Biodiversità. Spesso quando si pensa alle foreste, ai boschi si fa riferimento alle svariate specie vegetali e soprattutto arboree che lo caratterizzano, ma non sempre si pone la dovuta attenzione su altri organismi viventi fondamentali per il mantenimento dell’equilibrio ecosistemico: i funghi. I funghi possono sembrare simili alle piante, perché non si spostano dal luogo in cui sono nati, ma in realtà sono diversi: le loro cellule non contengono clorofilla, perciò non possono compiere la fotosintesi. I funghi sono eterotrofi ma non sono neppure animali, perché si svilup- pano in modo diverso. Formano dunque un regno a parte; questo comprende non soltanto i macrofunghi epigei ed ipogei che incontriamo nei prati e nei boschi, ma anche le muffe che ricoprono ad esempio i frutti marci ed i microscopici lieviti usati per la produzione del pane e del vino. Nell’ambito della catena ecologica i funghi svolgono un ruolo insostituibile: essi, contri- buendo in modo sostanziale alla decomposizione della materia organica, attaccano e degra- dano la lignina e la cellulosa, sostanze abbondanti nelle cellule vegetali, instaurando spesso un rapporto mutualistico di simbiosi con le piante superiori, consistente nello scambio di nutrienti, reso possibile dalle micorrize, ossia dal contatto intimo ipogeo fra le ife fungine e le radici delle piante. Infatti da questa associazione, gli alberi ricevono minerali fondamentali per il proprio so- stentamento, quali azoto, fosforo e ferro, mentre i funghi si alimentano con il 25% degli zucche-

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ri, linfa elaborata, prodotta dagli alberi a seguito della fotosintesi clorofilliana. Quindi i funghi, azotofissatori per eccellenza, contribuiscono, insieme ai microrganismi, alle muffe ed ai batte- ri, alla decomposizione delle materie inorganiche presenti negli strati superficiali dei sottoboschi forestali, trasformandoli in humus, ricco di nutrienti per le piante. Il ruolo ecologico dei funghi quindi è fondamentale per la vita sul pianeta: senza di essi le piante superiori non potrebbero alimentarsi e crescere. In virtù di ciò, transitivamente argomen- tando, la stessa vita degli esseri viventi sarebbe compromessa perché, venendo meno le pian- te, verrebbe a mancare il processo di fotosintesi clorofilliana, necessario per la produzione di ossigeno per la vita sulla Terra. L’importanza della micodiversità, ossia delle svariate complesse tipologie, forme ed ecosi- stemi fungini, è dunque di fondamentale rilievo. I funghi, epigei ed ipogei (i tartufi), dunque rappresentano una risorsa scarsa, ossia insostituibile con valenze ecologiche, alimentari, eco- nomiche e turistiche, rappresentando in ultima analisi dei veri e propri baluardi a tutela della biodiversità forestale. Anche dal punto di vista normativo i funghi rappresentano un bene giuridico, secondo l’ac- cezione dell’art. 810 del Codice Civile e come tale pertanto suscettibili di tutela. Il legislatore ha infatti ben inteso la valenza fondamentale per la collettività del bene giuridico fungo, discipli- nandone sia la raccolta che la commercializzazione, secondo normative nazionali e regionali di salvaguardia appositamente calibrate, onde evitare un depauperamento incontrollato a di- fesa degli ecosistemi forestali. Nella dicotomia bene/valore della collettività e bene/oggetto di un diritto proprio dello Sta- to persona è possibile rintracciare una nozione di bene in senso giuridico che possa trascende- re quella solamente civilistica, fissata dalla norma ex art. 810 del codice civile, la quale, se condivisa, potrebbe essere idonea a definire il concetto in discorso con una valenza generale e come tale estensibile all’intero Ordinamento Giuridico. Infatti, partendo dal bene/valore della collettività si può dire, semplificando, che con tale concetto si vuole fare riferimento ai cc.dd. interessi generali dello Stato/Ordinamento, che ven- gono riconosciuti direttamente sin dalla fonte primigenia del ns. ordinamento (cfr. i principi informati ai “valori” della comunità organizzata a Stato) e tutelati attraverso la predeterminazione “tassativamente legislativa” di precetti, la cui inosservanza e quindi lesio- ne del “bene/valore”, trova puntuale ed esaustiva reazione da parte dello Stato/Ordinamento nella sanzione penale. In conclusione, quindi, si può affermare che bene “in senso giuridico” è ogni “cosa” che può formare oggetto di diritti e tutela (cfr. diritti disponibili) e/o oggetto di tutela risarcitoria (cfr. diritti indisponibili) e/o oggetto di un diritto proprio dello Stato/Persona Giuridica, la cui lesione (oltre a comportare la reazione dello Stato/Ordinamento con la comminazione della sanzione penale) impone allo Stato/Persona Giuridica (quale titolare formale di situazioni giuridiche soggettive fruibili sostanzialmente dai cittadini solo uti cives) di attivarsi, per ottenere una ripa- razione anche sul piano civilistico: si pensi, al riguardo, alla legittimazione ad agire per il risarcimento del c.d. danno ambientale che è riservato dalla legge alla sola Pubblica Ammini- strazione (ex art. 311 D.Lgs. 152/2006). In virtù di quanto argomentato, quindi, i funghi rappresentano a ragion di logica un bene giuridico, oggetto di tutela e di importanza chiave per il mantenimento della biodiversità forestale. Ecco perché dunque è doverosa l’attività di controllo e di vigilanza nella raccolta e com- mercializzazione dei funghi ipogei ed epigei. Il protocollo operativo in materia micologica redatto dal c.f.s. La vigilanza nel settore della disciplina della raccolta e commercializzazione dei funghi epigei ed ipogei in Regione Campania La tutela legale della micodiversità impone dunque l’adozione di norme di settore che ri- mandano necessariamente ad una collegata azione di controllo, specifico settore d’intervento, che vede nell’attività di vigilanza del Corpo Forestale dello Stato, il volano centrale. La Micologia infatti è una disciplina cha ha da sempre destato attenzione, fascino e ferven-

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te curiosità, essendo notevoli e variegati gli ambiti interdisciplinari interessati. Spesso l’informazione e la formazione micolo- gica sono state suffragate da approfondimenti tematici e testuali inerenti la biologia, la morfolo- gia, la sistematica, gli aspetti legati alla tossicità ed alla commestibilità dei funghi, ecc. Mancava, soprattutto a livello locale, specifica- tamente per la Regione Campania, un testo che approfondisse in dettaglio gli aspetti normativi, connessi alla realtà dei controlli ispettivi in materia micologica. Il Protocollo Operativo intitolato “La vigilan- za nel settore della disciplina della raccolta, com- mercializzazione dei funghi epigei ed ipogei in Re- gione Campania”, ha il pregio di colmare questo vuoto, cogliendo l’esigenza, comune sia ai racco- glitori che ai preposti ai controlli, di chiarire tutti quei dubbi interpretativi sollevati dalla normati- va generale, locale e regionale di settore, fornen- do un manuale operativo organico, funzionale di pratico ausilio per i connessi controlli e, per Fig. 2 - Protocollo Operativo pubblicato in organicità delle tematiche affrontate, d’interesse per tutte le diverse realtà regionali italiane. Detto Protocollo Operativo è il frutto di una collaborazione fattiva, in particolare tra la Pro- vincia di Avellino - Assessorato all’Agricoltura e il Corpo Forestale dello Stato di Avellino. Una sinergia istituzionale che mette ordine in una materia, quella riguardante la raccolta e la commercializzazione dei funghi e dei tartufi, fornendo utili e preziose informazioni. L’importanza delle azioni svolte e programmate emerge dalla consapevolezza che i funghi epigei ed ipogei, oltre ad essere elemento indispensabile degli ecosistemi forestali e praticoli, rappresentano risorse biologiche, suscettibili, se ben regolate ed ottimizzate, di fornire apporti anche economici, collegabili con il turismo, a vantaggio dei territori e delle popolazioni che hanno conservato i substrati vegetali idonei alla loro conservazione e moltiplicazione. Le attività realizzate sono state anche il frutto di numerosi incontri a cui hanno preso parte rappresentanti delle forze dell’ordine, dell’Ispettorato Micologico dell’A.S.L. di Avellino, delle associazioni ambientaliste, delle Comunità Montane ed è stata creata una “task force” non solo per i controlli, ma anche per fornire linee-guida operative, fugare i dubbi dei raccoglitori e degli operatori preposti alla vigilanza, anche al fine di approfondire le problematiche collega- te all’articolata normativa di settore, spesso interagente con altri dettami normativi disciplinan- ti i regolamenti degli usi civici ed altre norme attinenti all’ambiente, alla salute umana ed al comparto agro-alimentare. Il lavoro è stato ideato dall’equipe dell’Ufficio Contenzioso e Cites del Comando Provincia- le del Corpo Forestale dello Stato di Avellino, nonché dagli autori del presente articolo, a segui- to del tavolo tecnico, istituito nel settembre 2010 presso il Settore Agricoltura e Ricerca Scienti- fica della Provincia di Avellino, finalizzato all’individuazione di univoche linee guida, nei con- trolli in materia. Esso fondamentalmente rappresenta un primo tentativo di approntare un semplice e schematico strumento operativo, anche alla luce dell’entrata in vigore in Campania delle speci- fiche leggi regionali che, fra gli addetti ai controlli, hanno sollevato una serie di dubbi interpre- tativi. Come primario obiettivo si è posto quello di trovare efficaci soluzioni interpretative che, in linea con i dettami normativi, rendessero più agevole l’attività dell’operatore di vigilanza, rea- lizzando in campo una stretta sinergia fra tutti gli Enti istituzionalmente preposti, nonché una coordinata azione di contrasto agli illeciti nel settore specifico della raccolta e commercializza- zione dei funghi freschi ipogei ed epigei in Regione Campania. Il Protocollo operativo nasce ad

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uso interno del Corpo Forestale dello Stato ed è corredato di relativa modulistica e di una sezione micologica, realizzata al fine di fornire un quadro sinottico immediato delle specie fungine sicuramente commestibili, velenose e mortali presenti in Regione Campania, attraver- so il ricorso a funzionali schede di identificazione, fornendo un utile apporto informativo anche per tutti i soggetti raccoglitori interessati. Nel gennaio 2011, la Provincia di Avellino, nell’apprezzare e lodare il lavoro compiuto, ha fatto richiesta del protocollo al fine di predisporne una futura pubblicazione, di organizzare seminari formativi e stampa dei relativi modelli di verbali di contestazione per gli addetti alla vigilanza. L’Ispettorato Generale del Corpo Forestale dello Stato, riconosciuta la validità del lavoro realizzato, ha autorizzato la pubblicazione. In data 4 aprile 2011 presso l’Università degli Studi di Salerno, in occasione del convegno: “Il tartufo, questo sconosciuto” realizzato dall’Osserva- torio Appennino Meridionale e dall’Assessorato all’Agricoltura e Foreste della Giunta Regiona- le della Campania, è stato presentato il Protocollo Operativo del CFS, che ha ottenuto l’apprez- zamento dei presenti e la richiesta di adozione degli Enti interessati. All’attualità il lavoro in argomento, fruibile in intranet per tutto il personale C.F.S. nella specifica sezione Strumenti di Lavoro/Controlli Agroalimentari, rappresenta soprattutto per gli addetti alla vigilanza, un valido strumento operativo in quanto tratta i principali aspetti connes- si ai controlli in ordine alla raccolta ed alla commercializzazione dei funghi epigei ed ipogei, conseguendo l’uniformità dell’azione di controllo. Il lavoro, oggetto di apprezzamento del Capo del Corpo Forestale, è aggiornato alla princi- pale normativa in materia al mese di gennaio 2011. Inoltre detto Vademecum ben rimarca le diverse fasi operative scaturenti dal controllo mi- cologico e chiarisce i ruoli complementari ed autonomi degli Enti coinvolti, sia inerentemente alla raccolta, che alla commercializzazione. A tal riguardo è stato ben delineato il ruolo svolto dall’Ispettorato Micologico dell’ASL, così come tra l’altro previsto dalla normativa nazionale e regionale di riferimento ed in particolare dall’art.10 della L.R. Campania nr. 08/2007 e s.m.i. Il Protocollo Operativo in argomento offre inoltre lo spunto per evidenziare come i controlli ispettivi in materia micologica, inerenti gli aspetti connessi alla commercializzazione e somministrazione dei funghi epigei ed ipogei, si inquadrino nel più ampio e complesso scena- rio delle verifiche in tema di sicurezza alimentare, settore che prevede a livello locale e territo- riale, la centralità del ruolo svolto, in ambito di controllo preventivo e repressivo ed in tema di salute pubblica, dall’Ispettorato Micologico dell’ASL. Tale ruolo, perfettamente incardinato nelle procedure delineate dal presente Protocollo Ope- rativo, bene si esplica se svolto in perfetta cooperazione con le altre forze di Polizia, anche alla luce del vigente Piano Regionale Integrato dei controlli ufficiali in materia di Alimenti, Mangi- mi, Sanità e Benessere Animale, Sanità delle Piante, vigente in Regione Campania. Pertanto una finalità perseguita, nel predetto manuale, è stata quella di aver intelligente- mente elaborato, in un’ottica di condivisa sinergia fra tutti i soggetti istituzionali e non coinvolti, un prezioso strumento di lavoro per gli addetti ai controlli micologici, implementato da una funzionale modulistica, da specifici quadri sinottici di approfondimento procedurale e correda- to da schematiche schede micologiche, in modo da rendere fruibile ed interessanti tutti gli argomenti trattati, fornendo in sostanza un ottimo e prezioso vademecum anche per i raccogli- tori di funghi epigei ed ipogei. In conclusione è opportuno rilevare come detto lavoro rappresenti un primo approccio alla realizzazione di un semplice e schematico protocollo operativo per gli addetti ai controlli. In effetti le norme di settore hanno sollevato una serie di dubbi interpretativi ed operativi e ciò ha sicuramente rallentato, all’indomani dell’entrata in vigore delle specifiche leggi regiona- li, un’efficace azione di controllo/contrasto sul territorio. Il presente protocollo operativo, sicuramente suscettibile in futuro di aggiornamenti e/o adeguamenti, si è posto come primario obiettivo quello di trovare efficaci e pratiche soluzioni interpretative che, in linea con i dettami normativi, rendessero più agevole l’attività dell’opera- tore preposto alla vigilanza, realizzando in campo una stretta sinergia fra tutti gli altri Enti istituzionalmente preposti, nonché una coordinata azione di contrasto agli illeciti nel settore

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specifico della raccolta e commercializzazione dei funghi freschi ipogei ed epigei in Regione Campania. Allo scopo e prioritariamente per i soggetti istituzionali preposti ai controlli, è stata dunque elaborata apposita modulistica, tutta fruibile dal citato sito intranet e si è ritenuto opportuno poi implementare il protocollo operativo con una sezione micologica, che avesse come scopo prioritario, senza entrare in aspetti morfo-micologici di dettaglio, quello di fornire un quadro sinottico immediato delle specie fungine sicuramente commestibili, velenose e mortali presenti in Regione Campania, attraverso il ricorso a funzionali schede di identificazione micologica, fornendo un utile apporto informativo. Le attività ispettive dell’operatore di vigilanza e dell’ispettore micologico presso il Dipartimento di Prevenzione dell’A.S.L. Il panorama delle leggi ambientali presenti in Italia, assai nutrito ed articolato, implica negli addetti ai lavori la conoscenza di specifici ambiti normativi. Per la particolarità di questi ultimi, spesso è ricorrente fra i preposti ai controlli l’esigenza di uno strumento, che sia di ausilio al fine di intervenire in quelle situazioni nelle quali è necessario agire immediatamente. Una risorsa importante dell’ecosistema naturale è rappresentata dai funghi ipogei ed epigei, tutelati da leggi nazionali e regionali, che hanno disciplinato in maniera organica la loro rac- colta e commercializzazione. È importante tuttavia considerare i funghi, da un punto di visto legislativo, anche come alimenti - Sentenza n. 0186 del 29 aprile 1967 della III^ Sezione - Corte di Cassazione. Pertan- to, intorno alle specifiche normative, ruotano una serie di disposizioni legislative generali, con- nesse anche a discipline di carattere igienico sanitario. In particolare giova menzionare la legge 30.4.1962, n. 283 “Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande”, il D.P.R. 26.3.1980, n. 327 “Regolamento di esecuzione della legge 283/62”, il D.Lgs. 26.5.1997 n. 155 “Igiene dei prodotti alimentari”, il D.M. 27.2.1996, n. 209 s.m.i. “Additivi alimentari”, il Reg. CEE/2218/89 “Limiti di contenuto di radioattività”, il D.Lgs. 27.01.1992 n.109 s.m.i “Etichettatura dei prodotti alimentari” ed il D.Lgs. 03.03.1993 n.123 “Controllo uffi- ciale dei prodotti alimentari” ed altre normative di settore. La recente emanazione della disciplina regionale sull’esercizio della racconta e della com- mercializzazione dei funghi epigei ed ipogei ha investito in particolare, fra i vari soggetti pre- posti alla vigilanza, il Corpo Forestale dello Stato ed in virtù di ciò è scaturita l’esigenza di approfondire la materia da un punto di visto tecnico-operativo. Il Comando provinciale, in merito, ha realizzato un puntuale e versatile “protocollo opera- tivo”, rivolto essenzialmente ai reparti dipendenti, riflettente i principali aspetti operativi con- nessi ai controlli in ordine alla raccolta ed alla commercializzazione dei funghi epigei ed ipogei e che, al contempo, fosse teso anche ad uniformare l’azione di controllo. Al riguardo si evidenzia l’opportunità di discernere due momenti cruciali, operativi di con- trollo, ben distinti: • L’attività di controllo in campo dell’operatore di polizia; • L’attività specifica dell’Ispettorato micologico dell’A.S.L. competente; Entrambe le fasi operative presuppongono la conoscenza della normativa tecnica di setto- re, nazionale e regionale, che disciplina la raccolta e la commercializzazione dei funghi epigei e dei tartufi, nonché delle diverse normative ambientali connesse, ovvero “Norme di salvaguar- dia Parchi Nazionali e Regionali, Regolamenti Usi civici, Leggi in materia sanitaria ed alimen- tare, nonché norme amministrative o/e penali a seconda delle casistiche emergenti “. Tanto premesso ed in perfetta armonia con le disposizioni normative di riferimento, che inquadrano il Corpo forestale dello Stato come organo istituzionale deputato alle funzioni di vigilanza ed alle attività formative, Funzioni di vigilanza Funghi epigei - D.P.R. 376/1995 art.11, L.R. Campania 8/2007 art.20 comma 1; Funghi ipogei - Legge 752/1985 art.15 comma 1 e L.R.Campania 13/2006 art.15 comma 1; Attività formative, culturali e tecnico-giuridiche, relativamente agli aspetti connessi alla con- servazione, alla tutela ambientale nei riguardi della raccolta e della tutela della flora fungina,

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Fig. 3 - L’attività di controllo: raccolta e commercializzazione nel settore micologico in Regione Campania. Schema operativo

di cui all’art.10 della Legge 352/1993; il Comando provinciale del C.F.S. di Avellino ha realizzato nello specifico: • un prontuario operativo di facile consultazione e fruibilità da parte degli operatori, in cui viene stilizzata la casistica associata ai controlli; • un versatile modello di verbale di contestazione di illecito amministrativo relativo alle varie fattispecie di violazione previste, sia in tema di raccolta che di commercializzazione, sia per i funghi epigei che per i tartufi; • un modello di verbale di sequestro amministrativo finalizzato all’eventuale successiva con- fisca dei funghi epigei ed ipogei con contestuale verbale di consegna dei predetti funghi all’Ispettorato Micologico dell’A.S.L. competente; Inoltre, detti strumenti operativi sono stati raccolti in un funzionale CD-ROM didattico dal titolo: “Vigilanza nel Settore della disciplina della raccolta e commercializzazione dei funghi epigei ed ipogei in Regione Campania: Istruzioni operative per gli operatori preposti alla vigi- lanza”, ad uso esclusivo interno del C.F.S. L’attività di controllo dell’operatore sul campo viene di fatto facilitata dall’utilizzo della sud- detta modulistica secondo uno schema operativo di seguito sintetizzato. Al riguardo è opportuno precisare come i controlli in argomento prevedano, come seconda e cruciale fase operativa, il coinvolgimento diretto dell’Ispettorato micologico dell’A.S.L., ai sensi art.10 della L.R. Campania nr. 8/2007 e D.G.R. Campania Nr.179/2008 - allegato A ed E, finaliz- zato:

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• alla classificazione della specie: riconoscimento micologico; • al giudizio di commestibilità delle specie classificate ed oggetto di verifica ispettiva; • all’eventuale convalida del sequestro amministrativo operato e contestuale confisca; • alla distruzione dei funghi epigei eventualmente giudicati non commestibili ex art. 19 co.2 della L.R. Campania nr.08/2007; • alla distruzione dei funghi ipogei (tartufi), commestibili e non, da eseguirsi in ogni caso sempre dopo le 2 (due) ore dall’accertamento della relativa infrazione, semprecchè il tra- sgressore non dimostri la legittima provenienza dei tartufi entro tale termine ex art. 16 co.2 della L.R. Campania nr.13/2006; • alla donazione gratuita, per scopi benefici, dei soli funghi epigei confiscati agli istituti di solidarietà presenti sul territorio ed eventualmente, preventivamente, individuati dalle Auto- rità competenti. Sarà cura poi dell’Ispettorato micologico dell’A.S.L. attivare, nelle fasi suc- cessive all’accertamento avvenuto sul campo, tutte le formalità anzidette, compresa quella inerente la notifica del controllo micologico alla parte e l’invio degli atti prodotti all’organo accertatore e/o all’Autorità amministrativa interessata, nonché quant’altro ritenuto necessa- rio da detto Ente. Protocollo Operativo: alcuni approfondimenti di carattere operativo e interpretativo Soffermandosi per un attimo sulla prima fase del controllo ispettivo, che coinvolge l’attività di controllo di campo dell’operatore di polizia, è fondamentale l’approfondimento a priori di alcuni aspetti operativi di seguito analizzati: L’atteggiamento di raccolta Per atteggiamento di raccolta si deve intendere la constatazione di una volontà di imme- diata evidenza, allorquando siano bene visibili attrezzi tipici, funghi freschi asportati dal loro ambiente, cestini, contenitori vari, vestiario etc., nonché quando sia dimostrabile la potenzialità a raccogliere, laddove vengano a crearsi le condizioni di possibile presenza e/o reale esisten- za di funghi nei paraggi, con eventualità di eseguire nel frangente la raccolta con mezzi idonei. È normale che l’atteggiamento di raccolta tipico è rappresentato dalla situazione in cui si sor- prende l’accertato nel mentre è intento a raccogliere materialmente i funghi. Il luogo di raccolta: localizzazione e proprietà privata Al riguardo, dovendo in alcuni casi constatare illeciti in particolari areali non sempre tabellati, è fondamentale, ai fini di una corretta impostazione del verbale di contestazione, la rilevazione delle coordinate geografiche di latitudine Nord e longitudine Est, da eseguirsi pos- sibilmente con G.P.S. (Geographic Positioning System) di reparto, anche al fine di determinare l’esatta collocazione dell’infrazione rilevata e/o proprietà pubblica o privata. La L.R. Campania 8/2007, all’art.7, stabilisce i luoghi di raccolta dei funghi epigei sponta- nei commestibili in Regione Campania. In merito alla proprietà privata, lo stesso articolo di legge, al comma 4, stabilisce che il proprietario può inibire la raccolta mediante idonea tabellazione e recinzione del fondo. Solo in tal caso, ossia con tabellazione e recinzione dell’in- tero fondo, il proprietario può esercitare la privativa senza limiti di quantità sui funghi sponta- nei epigei commestibili del suo fondo, semprecché sia munito di autorizzazione alla raccolta (ex art.4 co.8 L.R. Campania 8/2007), rilasciata dall’Ente territorialmente competente, Provincia o Comunità Montana, per il Comune in cui ricade il fondo medesimo (ex allegato C) Linee guida L.R. Campania 8/2007 di cui alla D.G.R. Campania del 20.11.2010 n. 813). Nel caso in cui l’operatore di polizia giudiziaria dovesse intervenire, magari a seguito di segnalazione del presunto possidente in una proprietà privata, non recintata e/o debitamente tabellata, ove sia in atto una raccolta di funghi da parte di un raccoglitore, peraltro autorizzato, lo stesso operatore di polizia procederà ad identificare le persone presenti, raccoglitore e pre- sunto proprietario, di poi effettuerà le verifiche del caso ed, in caso di querela dell’avente dirit- to, agirà penalmente, a seconda dei casi, nei confronti del raccoglitore per invasione di pro- prietà privata, turbativa e/o danneggiamento (artt. 633, 634 e 635 del C.P., delitti di competenza del giudice di pace D.lgs 274/2000). Tale condotta penalmente rilevabile si ravviserà anche nel

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caso in cui il raccoglitore, autorizzato a raccogliere funghi in quella particolare proprietà priva- ta, risultante oggettivamente libera alla raccolta perché non recintata e contemporaneamente debitamente tabellata, non ottemperi alla diffida/invito anche verbale del legittimo proprieta- rio ad allontanarsi dal proprio fondo, ponendo di fatto in essere una condotta contraria alla manifesta volontà del proprietario e pertanto reiterata ed illecita e perseguibile a querela di parte. Per quanto attiene invece alla comprensione degli ambiti di raccolta dei tartufi, è fonda- mentale tener presente le diverse classificazioni di tartufaie, così come previste dalla specifica normativa. Abilitazione e autorizzazione alla raccolta È fondamentale cogliere una sostanziale differenza interpretativa fra abilitazione (da in- tendersi come colloquio abilitativo/esame d’idoneità) e autorizzazione alla raccolta dei funghi ipogei ed epigei, ove l’abilitazione consta nel requisito dell’obbligatorietà per tutti i raccoglito- ri, di età superiore a 14 anni, di sostenere una tantum un preventivo colloquio abilitativo alla raccolta. L’autorizzazione alla raccolta (c.d. tesserino) è invece quel permesso che concede al titolare di esercitare il proprio specifico diritto di raccolta in tutto il territorio della Regione Campania, nel rispetto della normativa di settore. È opportuno precisare che gli Enti competen- ti, Province o Comunità Montane, possono delegare il rilascio della specifica autorizzazione alla raccolta dei funghi epigei, ai Comuni, ex art.3 co.1 della L.R.8/2007. L’autorizzazione alla raccolta dei funghi freschi epigei, secondo l’allegato 2 del D.G.R.Campania nr.813/2010 - Nuovo allegato “C” - Linee Guida, ha validità quinquennale dalla data di rilascio. Al termine di tale periodo, detta autorizzazione, va debitamente rinnova- ta senza obbligo di risostenere il colloquio abilitativo, fatto salvo quanto previsto dall’art.19 co.5 della L.R.Campania nr.8/2007. Resta inteso che il raccoglitore, per esercitare il diritto di raccolta in Regione Campania, al di fuori della sua proprietà e nelle aree consentite, debba provvedere alla convalida mediante il previsto pagamento annuale del contributo regionale, entro un mese decorrente dalla data di rilascio della relativa autorizzazione alla raccolta o del suo rinnovo, operante al termine dei cinque anni della sua validità. Pertanto ogni tesserino rilasciato ha una scadenza annuale diversa, facendo fede la relativa data di rilascio o di rinno- vo. In caso di ritardato pagamento, l’Ente competente per territorio (Comunità Montana, Pro- vincia o Comune delegato), rilascerà relativa autorizzazione previa corresponsione di debita mora di pagamento, pari ad una maggiorazione del 5% del contributo annuale dovuto per ogni mese compiuto a partire dal giorno in cui scade l’autorizzazione annuale. La mancata convalida annuale del tesserino, dimostrata esclusivamente dall’allegazione della relativa attestazione di pagamento, determina la cessazione della validità del tesserino stesso, con conseguente inidoneità del titolare alla raccolta dei funghi, solo per l’anno in cui non è stato effettuato il versamento a favore dell’Ente competente al rilascio, restando invariata la validità quinquennale dello stesso e le sanzioni amministrative di cui all’art. 19 co.1, lettera a) punto 1 della Legge Regionale n. 8/2007. In ultimo si precisa che all’attualità la normativa regionale di settore non prevede l’applicazione di nessuna sanzione amministrativa allorquando il raccoglitore, durante il controllo, dichiari di essere in possesso di regolare autorizzazione, ma di non averla a seguito. L’organo di vigilanza, in tale ipotesi, se non è possibile un riscontro immediato, magari contattando l’Ente tenuto al rilascio della specifica autorizzazione (Comunità Montana o Pro- vincia, in base alla residenza anagrafica del raccoglitore), può nell’immediatezza procedere ad un sequestro amministrativo finalizzato ad un’eventuale confisca o restituzione dei funghi raccolti e, successivamente, laddove il raccoglitore, entro un ragionevole lasso di tempo, non dimostri la regolarità dell’autorizzazione alla raccolta posseduta, ivi compreso la validità tem- porale dell’attestazione annuale di pagamento, eleverà la sanzione amministrativa, così come previsto dall’art.19 co.1 lettera a) della L.R. Campania nr.8/2007. La confisca e il sequestro amministrativo È importante evidenziare la differenza fra l’istituto della confisca amministrativa (aliena- zione del bene) e quello del sequestro amministrativo (sottrazione temporanea del bene). Il

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ricorso a questi due strumenti operativi di natura amministrava presuppone due fasi: una di competenza dell’organo accertatore (sequestro amministrativo), l’altra di pertinenza dell’Ispet- torato Micologico dell’A.S.L., estraneo alla constatazione della violazione ed avente competen- za specifica in merito, come tra l’altro espressamente previsto da legge. Assunto che l’art.19 co.2 e 3 della L.R.Campania 8/2007 preveda, in caso di violazione, la confisca dei funghi illeci- tamente raccolti, ha generato sicuramente dei problemi di natura tecnico-operativa. Infatti, approfondendo l’istituto giuridico della confisca in campo sanitario-amministrativo, è subito emerso che la specifica immediata esecuzione non può essere di competenza del personale accertatore, in quanto la suddetta normativa individua espressamente l’Ispettorato micologico delle A.S.L. come soggetto istituzionale preposto a ciò. Pertanto, si è pensato di ricorrere, onde permettere il raccordo fra la constatazione sul campo e la successiva verifica micologica, ad un “verbale di sequestro amministrativo finalizzato ad un’eventuale successiva confisca”. Questa rappresenta la soluzione più efficace per rendere tempestiva e valida l’attività dell’operatore di polizia preposto al controllo, che assume la custodia temporanea dei funghi sequestrati, dopo averli adeguatamente repertati, senza entrare in analisi micologiche non espressamente ri- chieste, per poi consegnarli al competente ispettore micologo dell’A.S.L. per le successive fasi connesse allo specifico controllo ai fini della salvaguardia della salute pubblica. ⇒ Gli aspetti operativi collegati al sequestro amministrativo: uso di guanti in lattice, per evita- re possibili contaminazioni; sacchetti per alimenti di carta, opportunamente forati, per con- tenere i funghi sequestrati; predisposizione di appositi cartellini finalizzati alla repertazione; La commercializzazione in forma fissa ed itinerante: Differenza È fondamentale ai fini dei controlli evidenziare la differenza tra commercializzazione di funghi freschi in forma itinerante, vietata ai sensi dell’art.6 co.2 Ordinanza del Ministero della Sanità del 03.04.2002 in applicazione dell’art. 650 c.p., e fissa, preventivamente autorizzata. La commercializzazione dei funghi epigei in forma itinerante è ovviamente sempre vietata in ragione del fatto che i funghi sono equiparati, da un punto di vista igienico-sanitario, ad alimenti e pertanto il “punto vendita”, ossia il luogo specifico di commercializzazione riveste, ai fini della salubrità dell’alimento fungo, un’importanza fondamentale. Se il luogo di vendita, spesso individuato all’aperto è preventivamente autorizzato e/o regolamentato dalle specifiche strutture delle ASL, si pensi ad esempio alla vendita nei comuni mercati rionali, in tal caso l’attività connessa di vendita dei funghi si configura in “forma fissa” e quindi effettuata in modo lecito. Viceversa, la vendita discontinua in vari luoghi, spesso improvvisati e privi di ogni preven- tiva autorizzazione sanitaria, si configura come attività eseguita in forma itinerante e pertanto in modo illecito, così come previsto dalla su richiamata Ordinanza Ministeriale. Se il luogo di vendita si configura in una struttura mobile, la stessa deve essere idonea alla commercializzazione dei funghi da un punto di vista sanitario. Inoltre la stessa vendita dei funghi è lecita solo se anche il luogo di sosta della struttura mobile è preventivamente autoriz- zato dall’A.S.L. competente per territorio, altrimenti si configura un’illecita commercializzazio- ne in forma itinerante. Il controllo ispettivo sui tartufi: check - list operativo Per facilitare i controlli sui funghi ipogei è utile evidenziare quanto segue: A.OBBLIGHI RACCOGLITORI TARTUFI 1) Sostenere l’esame di idoneità presso la Provincia di residenza; Requisito necessario è l’età minima 14 anni; 2) Possesso del tesserino di idoneità alla raccolta dei tartufi; Rilasciato dal Comune di residenza anagrafica del richiedente; ha una validità sull’intero territorio nazionale, è valevole 5 anni, va rinnovato e vidimato annualmente, pena la sua validità; 3) Versamento, ai fini del rilascio del tesserino, della tassa di concessione governativa regio- nale. Importo per l’anno 2010 in Regione Campania: Euro 185,92 da eseguirsi su c.c.p. nr.: 21965181 intestato a “Regione Campania - Servizio Tesoreria - Casuale: Rilascio tesserino per la raccolta dei tartufi, art. 17 L.R. 13/2006 - Codice 1147” - Tassa corrisposta ogni 5 anni, al termine della validità del relativo tesserino;

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4) Versamento della tassa di concessione governativa regionale annuale. Importo per l’anno 2010 in Regione Campania: Euro 92,96 da eseguirsi su c.c.p. nr.: 21965181 intestato a “Re- gione Campania - Servizio Tesoreria - Casuale: Rilascio tesserino per la raccolta dei tartufi, art. 17 L.R. 13/2006 - Codice 1148” - Tassa corrisposta ogni anno entro il 31 gennaio dell’an- no solare per il quale si chiede il rinnovo;. 5) Vidimazione annuale conseguente all’esibizione dei pagamenti effettuati alla Provincia di residenza. Il tesserino vidimato dall’Ente, esibito a controllo, ne legittima la validità, in quanto la vidimazione presuppone l’accertamento di tutti i pagamenti dovuti. Il Tesserino vidimato dalla Provincia di una diversa Regione è sempre valido in quanto esso abilita il titolare alla raccolta in ambito nazionale. B. CHECK-LIST OPERATIVO PER IL CONTROLLO ISPETTIVO TARTUFI I. Fase - Verifica ambito di raccolta. Luogo dove avviene l’accertamento: a) TARTUFAIA NATURALE La raccolta dei tartufi è sempre consentita secondo normativa e tramite il c.d. tesserino; b) TARTUFAIA NATURALE GRAVATA DA USO CIVICO. Richiede l’obbligo della tabellazione e dell’approvazione della Giunta Regionale La raccolta è consentita solo agli utenti del- l’uso civico previo possesso del tesserino e secondo i quantitativi individuati dal P.A.F. (Piano Assestamento Forestale) approvato; c) TARTUFAIA NATURALE PROTETTA. Non inserita in un ambito di raccolta individuato dal- la Regione Campania e/o insistente in area inibita alla raccolta da altre norme ambien- tali. La raccolta è vietata ad esempio in virtù delle norme di salvaguardia Parchi nazio- nali e regionali; d) TARTUFAIA CONTROLLATA o COLTIVATA. La raccolta è libera, ossia senza tesserino e senza limiti di quantità con l’obbligo della tabellazione. Solo i proprietari possono inibi- re la raccolta agli estranei. e) TARTUFAIA CONTROLLATA O COLTIVATA GRAVATA DA USO CIVICO Richiede l’obbligo della tabellazione e dell’approvazione della Giunta Regionale. Gli utenti vengono assi- milati ai proprietari delle tartufaie controllate o coltivate: raccolta libera. f) TARTUFAIA su FONDI RIMBOSCHITI o IMBOSCHITI. È fatto divieto di raccolta per otto anni; II. Fase - Controllo del Tesserino Tartufi. Possesso e Vidimazione: a) Verifica della provincia italiana che lo ha rilasciato; b) Controllo delle vidimazioni annotate per anno; c) Nel caso di tesserino tartufi, in Regione Campania, rilasciato dal Comune di residenza del richiedente, controllare: • Pagamento tassa di concessione governativa regionale per il rilascio del tesserino (all’attualità Euro 185,92 - obbligazione alla quale si adempie ogni cinque anni); • Pagamento tassa di concessione governativa annuale (all’attualità Euro 92,96, da pagare entro il 31 gennaio dell’anno solare in corso) III. Fase - Accertamento delle principali modalità di raccolta tartufi ai sensi dell’art. 6 L.R. Campania 13/2006 e L.R. Campania 9/2011: a) Numeri di cani a seguito àmassimo 2 più uno di età inferiore a mesi sei e verificare gli estremi d’identificazione ed iscrizione dei cani da tartufo all’anagrafe canina regionale, come da normativa vigente; b) Uso del vanghetto; c) Quantità massima giornaliera personale di raccolta àchilogrammi 2 in tartufaia natura- le, elevabile a chilogrammi 4 nel caso di ricercatore di tartufi aderenti ai consorzi volon- tari (previsti dall’art.3 co.7 della L.R.Campania nr.13/2006), ovvero è titolare di azienda agricola o forestale, fatto salvo quanto previsto dall’art.3 co.5 della L.R. Campania 13/ 2006; d) Rispetto del calendario di raccolta per specie, come da D.R.G. Campania 22/2007; La commercializzazione dei funghi epigei ed ipogei: quadri sinottici Ai fini dei controlli è necessario innanzitutto distinguere funghi epigei e funghi ipogei, es- sendo le normative di riferimento simili ma differenti.

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I funghi epigei commestibili, ai fini della vendita, si distinguono in: freschi, coltivati, secchi e conservati. Il primo passo che deve compiere l’operatore preposto al controllo è dunque individuare la tipologia dei funghi venduti, in quanto la normativa di riferimento contempla varie fattispecie a seconda della loro tipologia di vendita. Si dovrà, pertanto, prestare attenzione alle specie am- messe alla vendita distinte per tipologia, nonché al tipo di autorizzazioni, certificazioni ed etichettature necessarie a seconda dei casi. Al riguardo si forniscono i seguenti due quadri sinottici, inerenti la commercializzazione dei funghi epigei e dei tartufi, elaborati al fine di schematizzare le principali varie fattispecie, utili in riscontro alla consultazione dell’allegato prontuario delle violazioni. Va comunque precisato che l’art. 10 (Etichettatura dei funghi) del D.P.R. 376/1995 richiama espressamente sull’argomento il D.lgs 109/1992 s.m.i, al quale biso- gnerà ricorrere per gli aspetti sanzionatori previsti dall’art.18 ed inerenti le violazioni accertate in materia di commercializzazione di funghi epigei. In tal caso l’Ente, a cui vanno destinati i proventi delle sanzioni amministrative in materia di etichettatura dei prodotti alimentari, è la Regione Campania (c.c.p. nr.: 21965181 - Codice. Identificativo Tributo: 1304), mentre gli eventuali scritti difensivi vanno indirizzati al Settore Re- golamentazione dei Mercati della Regione Campania - Isola A/6 Centro Direzionale di Napoli. È opportuno altresì ricordare che l’etichettatura dei funghi epigei deve riportare le seguenti indicazioni fondamentali: il nome scientifico della relativa specie dei funghi posti in vendita ex art. 10 comma 2 del D.P.R. 376/1995; la denominazione di vendita; la quantità netta; il termine minimo di conservazione (data di scadenza); nome e sede dello stabilimento che ha trattato i funghi. Per i tartufi conservati, invece, l’etichettatura trova espresso riferimento agli artt. 9, 10, 11, 12, 13 e 14 della Legge 752/1985, sanzionati dall’art.16 comma 1 lett.”e” punto 4 della L.R.Campania 13/2006. È utile osservare inoltre che, in caso di accertamento di violazioni in materia sia di soli funghi epigei freschi che di tartufi posti in vendita, si procede al sequestro amministrativo, finalizzato a successiva confisca per i primi, ex art.19 comma 1 e 2 della L.R.C. 8/2007 e alla distruzione per i secondi, ex art. 18 Legge 752/1985, in entrambi i casi da parte dell’Ispettorato Micologico dell’A.S.L. competente per territorio. Nel caso, invece, di commercializzazione illecita di funghi epigei coltivati, secchi e conser- vati, la norma non prevede espressamente la confisca, pertanto sarà compito dell’accertante, se ritenuto opportuno, procedere, in via del tutto preventiva e tesa essenzialmente alla salva- guardia della salute pubblica, al sequestro amministrativo/sanitario dei funghi in questione, mirato alla verifica micologica a cura dell’A.S.L., che provvederà a confermare la validità del sequestro, nonché a tutte le procedure ad esso conseguenti (confisca, distruzione, restituzione, donazione benefica, etc.). È doveroso far osservare che, in tali casi, soprattutto se sono coinvolte nell’ispezione quan- tità notevoli di funghi epigei, è opportuno collaborare da subito con personale dell’Ispettorato Micologico dell’ASL competente, affinché lo stesso fornisca all’operatore di polizia, già nell’im- mediatezza, indicazioni procedurali puntuali in merito, anche circa la corretta determinazione delle particolari specie fungine commercializzate ed oggetto d’ispezione. È opportuno precisare come la commercializzazione dei funghi intesi come “alimenti” demandi all’applicazione di norme di settore riconducibili al c.d. “pacchetto igiene e sicurezza alimentare umana ed animale”, nonché a norme afferenti al “l’etichettatura degli alimenti” ed alla loro “tracciabilità e rintracciabilità”. Al riguardo giova quindi menzionare almeno le seguenti normative europee e nazionali, riportate altresì nel capitolo quinto del presente protocollo: Reg. CE 178/2002, recepito dal D.Lgs 190/2006; Reg. CE 852/2004, recepito dal D.Lgs 193/2007; Reg. CE 882/2004; D.Lgs 109/1992 (modificato dai D.P.C.M. 6 febbraio 1996 n.175, 28 luglio 1997 n. 311 e dal D.Lgs 68/2000), D.Lgs 77/1993, D.Lgs 181/2003 e Legge 4/2011. Laddove il controllo ispettivo preveda l’applicazione di dette norme specifiche di carattere alimentare e si spinga fuori dal campo di applicazione delle norme di settore sui funghi, interessando in generale l’igiene degli alimenti, la competenza specifica per l’accertamento delle infrazioni amministrative è demandata alle ASL competenti per territorio, fermo restando il ruolo concorsuale in materia sempre di polizia amministrativa

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che può essere svolto dagli altri organi di vigilanza. Tuttavia se la stessa verifica ispettiva evidenzi illeciti di natura penale, la relativa competenza è invece trasversale a tutta la polizia giudiziaria statale e locale. Al riguardo si precisa che la Legge 36/2004, recante “Nuovo ordinamento del Corpo forestale dello Stato”, all’art. 2, comma 1, lettera e), annovera tra le funzioni del CFS, tra l’altro, il concorso nelle attività volte al rispetto della normativa in materia di sicurezza alimen- tare del consumatore e di biosicurezza in genere. Tale ruolo di centralità dei controlli preventivi e repressivi in materia agroalimentare ed agroambientale per il C.F.S. è stato altresì ribadito dall’art. 4, comma 7 della Legge 4/2011, che in particolare ha espressamente previsto, nella composizione delle sezioni di polizia giudiziaria presso le Procure della Repubblica, anche il personale appartenente al Corpo forestale dello Stato. Al riguardo gli illeciti penali, a tutela della salute pubblica e contro l’ordine economico (adulterazioni e contraffazioni alimentari), sono contemplati dagli articoli 439, 440, 442, 444, 473, 474, 515, 516, 517, 517 bis e 648 del c.p., meglio rubricati nell’allegato prontuario delle violazioni. In ultimo è opportuno non trascurare anche l’aspetto legato alla somministrazione dei fun- ghi epigei ed ipogei commestibili presso i punti di ristoro. Sovente infatti, data la particolare natura del prodotto in questione, il raccoglitore, occasionale o professionale che sia, può deci- dere di vendere il proprio raccolto direttamente al ristoratore. In tale ipotesi l’autorità di control- lo dovrà effettuare le verifiche del caso, risalendo la filiera alimentare, trattandosi appunto di un controllo riguardante essenzialmente la salute alimentare di competenza specifica del Di- partimento di Salute Pubblica delle AA.SS.LL., nello specifico dell’Ispettorato Micologico. Ciò nonostante essendo il controllo in argomento di triplice natura, ossia di sicurezza ali- mentare, di polizia giudiziaria e fiscale, è auspicabile un controllo coordinato dell’ASL con un Organo di polizia, che attui una cooperazione sinergica di competenze specifiche e tecniche, anche alla luce del “Piano Regionale Integrato (P.R.I.) 2011 - 2014 sulla sicurezza alimentare, il benessere e la sanità animale, la sanità vegetale” di cui alla Deliberazione della Giunta Regio- nale della Campania del 04.08.2011 nr. 377. A fronte di quanto illustrato, il controllo in argomento dovrà prefiggersi essenzialmente le seguenti finalità: 1) Stabilire la particolare tipologia di funghi epigei o ipogei al momento dell’acquisto da parte del ristoratore, prima che essi siano cucinati e somministrati al pubblico, individuando così se trattasi di prodotto fresco, coltivato, secco o conservato; 2) Risalire, tramite documentazione fiscale di acquisto (autofattura, fatturazione fiscale, regi- stro acquisti, ecc) al fornitore primario, che, nel caso sia un raccoglitore, dovrà essere in possesso delle autorizzazioni previste; 3) Verificare la certificazione sanitaria pertinente alla partita acquistata di funghi epigei o ipogei, solo se comperati come freschi. Negli altri casi, ossia funghi coltivati, secchi o con- servati, il controllore riscontrerà se il ristoratore si sia attenuto a quanto prescritto dalle relative etichettatura; 4) Accertare se il ristoratore si è attenuto agli obblighi previsti dagli artt. 3, 4, 5 e 6 del Reg. CE 852/2004 “sull’igiene dei prodotti alimentari”, sanzionati dagli artt. 2 e 6 comma 4 del D.lgs 193/2007 in materia di somministrazione di alimenti; 5) Verificare se siano stati somministrati al pubblico alimenti alterati o contraffatti e/o se sussi- stano reati inerenti l’ordine economico di cui agli artt. 515, 516, 517 e 517 bis del c.p., o la Salute Pubblica di cui agli artt. 439, 440, 442, 444, 473, 474 e 648 del c.p.; 6) Procedere, a seconda dei casi e quando espressamente previsto da legge, a sequestro. Il protocollo operativo e l’attività di controllo in tema di sicurezza agroalimentare messa in atto dal C.F.S. La redazione del Protocollo Operativo “la vigilanza nel settore della disciplina della raccol- ta commercializzazione dei funghi epigei ed ipogei in Regione Campania”, a seguito della sua pubblicazione in intranet, ha permesso al personale del Corpo Forestale dello Stato di dotarsi di un valido strumento di lavoro che facilitasse l’esecuzione dei controlli in materia, anche in maniera uniforme sul territorio nazionale, grazie all’opportunità di poter disporre di un’ade-

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Figura 4 - Quadri sinottici

guata modulistica facilmente fruibile. I risultati conseguiti sono stati significativi, ragion per cui ci si auspica che gli stessi si possano nel futuro ottenere anche nel settore della commercializzazione e della pubblica somministrazione alimentare (si pensi ai ristoranti ed ai luoghi di ristoro), tipici aspetti ispettivi connessi alla sicurezza agroalimentare e di specifica competenza per il C.F.S. Nello scorso anno, numerosi sono stati i controlli del C.F.S. in materia di vendita e commer- cializzazione di funghi epigei ed ipogei sull’intero territorio nazionale ma, in particolare, si ricorda la complessa attività ispettiva e d’indagine messa in atto, nel periodo novembre 2011 -

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Fig. 6 - Campania: vendita itinerante illecita di funghi accertata dal CFS durante l’ordinaria attività d’istituto, con conseguente sequestro amministrativo finalizzato alla successiva confisca, a cura dell’Ispettorato Micologico dell’ASL

marzo 2012 denominata “operazione Por-Cina”. Quest’ultima, infatti, ha interessato diverse re- gioni e diversi reparti del C.F.S. che talvolta si sono ispirati al Protocollo Operativo in argomen- to. Nello specifico, tale operazione coordinata dal Comando provinciale C.F.S. di Milano, su delega della Procura della stessa città, ha comportato nel complesso, in Lombardia, Piemonte, Veneto e Campania, il sequestro di seimila confezioni di funghi porcini secchi, (Boletus edulis e relativo gruppo), pari a cinque quintali. Quest’ultimi venivano confezionati e distribuiti da un’azienda operante nell’hinterland milanese e venivano posti in vendita sugli scaffali dei su- permercati con etichette riportanti in modo esplicito il riferimento all’Italia come luogo di origi- ne del prodotto, ingannando così i consumatori. L’Operazione in argomento, scaturisce da un controllo amministrativo effettuato nel novem- bre 2011 dal personale del Comando provinciale C.F.S. di Benevento congiuntamente all’Ispet- torato Micologico, presso un punto vendita, ove hanno riscontrato la presenza di confezioni di funghi porcini secchi con l’indicazione del T.M.C. (Termine Minimo di Conservazione) oltre il limite consentito dalla legge, che prevede una data di scadenza non superiore ai 12 mesi dal confezionamento. Allo scopo di ricostruire la corretta tracciabilità dell’alimento, oggetto della verifica, anche in considerazione della presenza sull’etichetta del marchio “Made in Italy”, i controlli si sono concentrati in azienda nel Comune di Lainate (MI), ove si è scoperta l’origine cinese degli alimenti posti in vendita dall’azienda milanese. Il titolare dell’azienda è stato defe- rito all’Autorità Giudiziaria per il reato di frode nell’esercizio del commercio e la Procura della Repubblica di Milano delega il C.F.S. al controllo di tutti gli esercizi commerciali, su scala na- zionale, che avevano acquistato, nel corso degli ultimi mesi, funghi porcini secchi dall’azienda lombarda. È stato così possibile ricostruire la destinazione di oltre 3 tonnellate di prodotto che risultavano importate in Italia nella primavera 2011.

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Atlante fotografico degli Ascomiceti d’Italia a cura di GIANFRANCO MEDARDI L’opera è il primo risultato di una ricerca rivolta agli ascomiceti iniziata oltre quindici anni fa e condotta dalle dune delle zone mediterranee agli ambienti nivali, che ha consentito all’Autore di studiare sino a questo momento circa novecento specie, reperite su una grande varietà di substrati diversi. Il particola- re taglio divulgativo-approfondito, rende la guida adatta a tutti, sia a coloro che si accostano per la prima volta a questi funghi, sia a chi possiede già una certa conoscenza dell’argomento. Si propone,inoltre, di illustrare questo vasto e meno conosciuto settore della micologia trattando in un’ampia introduzione la morfologia macro- e microscopica, gli aspetti legati alla riproduzione, la sistematica e l’ecologia di questi funghi. Il testo si avvale, oltre che di numerose immagini illustrative, anche di tavole e di schemi, di chiavi dicotomiche e di un glossario. r 400 taxa trattati, ognuno con fotocolor, descrizione, osservazioni e disegni al tratto dei caratteri microscopici salienti r Glossario con oltre 235 termini spiegati r Chiavi dicotomiche a oltre 320 generi (basate principalmente su caratteri macroscopici), per un totale di oltre 950 specie, tradotte anche in inglese, in alcuni casi corredate da disegni in bianco e nero che illustrano visivamente l’argo- mento r Revisione nomenclaturale curata da Régis Courtecuisse. Prezzi di cessione - Prices of the book (in foreign countries) Soci A.M.B. (Italia): 35 ¤ + spese di spedizione - Non soci (Italia): 45 ¤ + spese di spedizione A.M.B. members 35 ¤ + 25 ¤ for mailing charges - Non-A.M.B. members 45 ¤ + 25 ¤ for mailing charges The payments have to be made exclusively by international money orders made payable to the “Associazione Micologica Bresadola, via A. Volta, 46 - 38123 Trento”.

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PdM 37.pmd 180 14/01/17, 12.11 PAGINE DI MICOLOGIA Best Practices of Controls of Feed and Food of Non Animal Origin

DOMENICO MONTELEONE Ministero della Salute Dipartimento per la Sanità pubblica veterinaria, la nutrizione e la sicurezza alimentare e degli organi collegaili per la tutela della salute. Direzione Generale dell’igiene e la Sicurezza degli Alimenti e della Nutrizione - Ufficio II Viale Giorgio Ribotta, 5 - 00144 Roma Directorate General of Food Hygiene, Safety and Nutrition Ministry of Health, Italy

The Competent Authorities for the Implementation of Regulations (EC) 852/2004, 853/2004, 854/2004, 882/2004 are: National level Ministry of Health Regional level Regional services + IZS National Institute of Health Carabinieri for Healthcare Local level LHA MINISTRY OF HEALTH Department for veterinary public health, nutrition, food safety and collegial bodies for healthcare Directorate general for animal health and veterinary drugs UVAC BIP Directorate general of food hygiene,safety and nutrition USMAF Directorate General of collegial bodies for healthcare CSS CNSA REGIONS LOCAL ORGANISATION PREVENTION DEPARTMENTS Local Health Authorities Veterinary Services - SIAN - Service for Food Hygiene and Nutrition A HISTORICAL AUTONOMY… The Offices for Sea, Air and Border Healthcare (Uffici di Sanità Marittima, Aerea e di Frontiera - USMAF) have their origin in the Health Services of the medieval Maritime Republics, established to fight the infectious diseases. The activity of the USMAF is ruled by Decree 2 May 1985, including the vigilance on imported FNAO products for human nutrition. The inspections on the territory are carried out by the Local Health Authorities.

THE OPERATIONAL ORGANISATION The 12 main USMAF and their 37 Territorial Units: • Are offices of the Ministry of Health • Are located in key places at the borders of the national territory (ports, airports, frontier posts) • Have a pivotal role in public healthcare

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• Have a medical manager and medical purposes • Share the same territories of the BIPs (Border Inspection Posts) which have veterinary purposes Controls on Imported Food The Italian system of controls on food imported from extra-EU countries: 1. Control always carried out at the border 2. Control carried out on all consignments, since it is considered an “official control” 3. Result of the control certified with a document (release for free circulation or rejection), according to Reg. (EC) 882/2004 Disadvantages: 1. Some increase of the time at the border due to the documentary checks 2. Potential increase of the costs in case of official detention

Advantages: 1. Greater security for the citizens 2. Business operators import their products with a certificate granted by the “official control” 3. In case of non-compliance, the goods are not yet introduced into the national territory. Therefore, there is no penal responsibility for the importer and there is no need to recall or withdraw the products.

USMAF: Official Controls at Import v Documentary Check (commercial documents and certificates required by law): systematic v Identity Check (visual inspection): variable frequency, according to the type of food/feed and its state (packaged or not) v Physical Check (on packaging, labeling, temperature and analytical): variable frequency (from 5% to 100%), depending if normal or increased level control Documentary Check (systematic) v Every food or contact material always undergoes a documentary check for its general and specific characteristics

Art.16 Reg. (EC) 882/2004 Identity Check • Perishable food • Food that, due to its nature or shipment conditions, might have had hygienic or storage problems during transport or stops • Check of labeling on products or packages • Check of suitability of any container used • Check of the respect of the cold chain for frozen and deep-frozen food • Doubts on transfer time or commercial route (triangulations) • Date of issue of the accompanying documents too early or not consistent with the shipment Physical Check Any food that, in the previous phase, has aroused suspicions of insufficient hygienic conditions or of risk for public health • Any food under a specific order, alert, or notification of the Ministry of Health • Any food for which a physical check is requested • Any food stored in containers considered not suitable • First-time import of food, mainly if expected to be recurrent • Import of food notified in the alert system by another USMAF for problems, or showing to be non-compliant at lab tests • Food with healthcare certificates, when requested, missing or incomplete. • 5% of the consignments presented or expected during the week

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• 3% for residue levels of pesticides • Criteria to identify the consignments to be controlled depend on specific operating instructions • The samples should be analysed by a public laboratory accredited according to Reg. 882/ 2004 N-SIS USMAF • “Nuovo Sistema Informativo Sanitario USMAF”: new web-based system through which the USMAF receives the import data and releases the final document that allows the entry of the goods or the relevant rejection • The system allows the main offices in Rome to have in real time the import situation, very useful for statistics and traceability CONCLUSIONI The pivotal principles of the controls at the borders, carried out on food and contact materials by the USMAF: 1. Unified Standard Operating Procedures for the USMAF 2. Unified Standard Operating Procedures for the Central Offices in Rome 3. Internal audits on the USMAF 4. NSIS-USMAF application to assess in real time the import situation

ADVANTAGES OF THE CONTROLS AT THE BORDERS Early control on goods coming from Third Countries before they arrive in the national territory • Early identity and physical checks before the consignment may be divided and distributed in the territory • In case of non-compliance, the goods may be rejected in toto • No need to carry out recalls and withdrawals • Protection for all the EU Member States

Controlli all’importazione su prodotti alimentari di origine non animale

I controlli sanitari in frontiera per i prodotti alimentari di origine non animale e per i mate- riali a contatto con gli alimenti, vengono svolti dagli USMAF, Uffici di Sanità marittima, aerea e di frontiera di questo Ministero. Gli USMAF sono strutture direttamente dipendenti dal Ministero della Salute, dislocate omogeneamente sul territorio nazionale, che svolgono un ruolo determinante in quel settore particolare della sanità pubblica che è la sanità transfrontaliera. I 12 USMAF e le loro 37 Unità Territoriali (UT) sono presenti in corrispondenza dei porti ed aeroporti nazionali con lo scopo di costituire, sul campo, non solo un filtro protettivo contro il rischio di importazione di malattie infettive e diffusive legato ai movimenti internazionali di persone e mezzi di trasporto, ma anche di mettere in atto controlli di tipo sanitario su alimenti di origine vegetale, materiali destinati a venire a contatto con alimenti, farmaci, cosmetici e in generale, su merci destinate al consumo umano che possano rappresentare, anche solo poten- zialmente, un rischio per la salute e la sicurezza delle persone. Questa attività si svolge in ottemperanza alle normative nazionali ed a specifici Regola- menti comunitari. Il sistema italiano dei controlli in frontiera (praticamente unico in Europa, dal momento che altri Stati Membri hanno preferito i controlli sul territorio, dopo lo sdoganamento della merce) costituisce quindi un efficace filtro all’ingresso per merci provenienti da Paesi Terzi. Ciò è di rilevante interesse alla luce della recentissima entrata in vigore dei nuovi Regola- menti europei che prevedono proprio condizioni particolari o livelli accresciuti di controlli uffi- ciali (con Punti di Entrata Designati) per le importazioni di alcuni alimenti di origine non anima- le. All’arrivo della partita al filtro doganale l’importatore deve acquisire il Nulla Osta Sanita- rio, oggi il DCE (documento comune di entrata), con l’entrata in vigore dal 25 gennaio 2010 del

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Reg.CE n.669/2010, prima di completare le pratiche doganali di nazionalizzazione. Le attività degli USMAF sono regolamentate dal D.M.2/5/85 e tra queste vi è la vigilanza igienico-sanitaria all’importazione sui prodotti di origine non animale destinati all’alimenta- zione umana. L’aumento degli scambi commerciali ha visto, nell’ultimo decennio, quasi un raddoppio degli interventi di controllo degli USMAF sulle merci in ingresso nel Paese (da 125.000 a 250.000) con una percentuale attorno al 60% riferibile ad alimenti o a materiali destinati a venire a contatto con gli alimenti. Quest’incremento proviene da importazioni da Paesi terzi la cui equivalenza con le disposi- zioni legislative europee in tema di controlli sull’igiene degli alimenti non sempre è di sicura affidabilità. L’Unione Europea ha quindi, emanato, Regolamenti, Disposizioni e Decisioni ten- denti ad incrementare, armonizzare e rendere più efficaci i controlli su tali importazioni a tutela dei consumatori, sempre più attratti dall’acquisto di prodotti particolari, esotici o, magari, a basso costo. L’Italia ha impostato la propria attività con grande decisione ponendo rigorosamente i con- trolli al punto di frontiera ed esercitandoli su tutte le partite in ingresso, sulla base, quindi, non solamente di una valutazione del rischio stabilita a priori per categorie, ma incentrata sulla singola importazione. I controlli effettuati, che dall’entrata in vigore del Reg.CE n.882/2004 assumono la valenza di controlli ufficiali, possono essere di tre tipologie progressivamente più approfondite: Controllo documentale (dei documenti commerciali e certificati) sistematico; Controllo di identità (ispezione visuale) con frequenza variabile a seconda del tipo di mer- ce e del suo stato (confezionata o meno); Controllo materiale (su imballaggi, etichettatura, temperatura e analitico), con frequenza variabile (dal 5% al 100%), a seconda se si tratta di controllo abituale o accresciuto. Tutti gli alimenti sono, comunque, sottoposti a controllo documentale per le verifiche gene- riche e specifiche del tipo di alimento (art.16 Reg 882) Il controllo ispettivo di identità o materiale viene eseguito per circa il 15% delle partite in ingresso Il controllo materiale con verifica analitica viene eseguito per circa il 5% delle partite in ingresso. In media ogni anno vengono eseguiti oltre 100.000 controlli ufficiali su alimenti e materiali a contatto con alimenti, di cui 100% di tipo documentale, circa 9-10% ispettivo e 5-6% con cam- pionamento della merce. I respingimenti in media si attestano al di sotto dell’1%. Il sistema italiano dei controlli sugli alimenti in importazione da paesi terzi prevede: 1. Il controllo eseguito sempre in frontiera 2. Il controllo eseguito su tutte le partite perché considerato “controllo ufficiale” 3. La conclusione del controllo sempre con un atto ( di ammissione o respingimento) ai sensi del Reg 882/2004 CE Svantaggi: 1. relativo aumento della tempistica di permanenza in frontiera per i controlli 2. relativo aumento dei costi per gli eventuali fermi doganali Vantaggi: 1. Maggiore sicurezza per i cittadini 2. Vantaggio per gli importatori di entrare sul territorio con una merce certificata per aver ese- guito il “controllo ufficiale” 3. Vantaggi per l’importatore perchè le non conformità registrate sulle importazioni rilevate allo “ Stato estero “ non comportano né responsabilità penali né gravosi, e spesso lesivi, atti di forzati ritiri e richiami dal mercato. Tale attività di controllo viene documentata attraverso il nuovo sistema informativo sanita- rio USMAF, è un sistema informatizzato e su web con il quale gli Uffici acquisiscono i dati del- l’importazione e rilasciano l’atto finale con il quale si consente la nazionalizzazione della mer- ce (DCE -N.O.S.) o la si respinge (Non ammissione).

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Tale sistema consente agli uffici centrali di avere in tempo reale moltissimi dati relativi alle importazioni, utili anche ai fini della rintracciabilità Il sistema N-SIS ci consente: n Di verificare in tempo reale tutte le merci di interesse sanitario in entrata in Italia n Di effettuare ricognizioni su periodi temporali, matrici di merci, produttori esteri, importato- ri, destinatari, punti di ingresso n Di effettuare statistiche e studi in risposta a richieste della Commissione europea n Di evidenziare criticità operative per una migliore organizzazione del servizio.

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Amer Montecchi & Mario Sarasini

FUNGHI IPOGEI D'EUROPA

A.M.B. Fondazione Centro Studi Micologici

FUNGHI IPOGEI D’EUROPA di Amer Montecchi & Mario Sarasini SCHEDA TECNICA

u 179 specie illustrate e descritte (66 in più rispetto all’Atlante Fotografico di Fun- ghi Ipogei). u 89 chiavi per la determinazione di Famiglie, Generi e Specie. u Esauriente Glossario. u Traduzione in lingua inglese di tutti i testi. u Oltre 600 pagine in raffinata carta patinata da 115 g, nel formato 24 × 17 cm. u Rilegatura con cucitura in filo refe. u Copertina cartonata con dorso tondo, stampata a 4 colo- ri. u Oltre 420 fotocolor di macro- e microscopia di rara bellezza nel formato 14,3 × 11,4 cm. The whole text also in English Prezzi di cessione/Prices Soci A.M.B. Italia: 70 ¤ + spese di spedizione Non Soci Italia: 95 ¤ + spese di spedizione A.M.B. Members: 70 ¤ + 25 ¤ for mailing charges Non-A.M.B. members: 95 ¤ + 25 ¤ for mailing charges

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PdM 37.pmd 186 14/01/17, 12.11 PAGINE DI MICOLOGIA 5° Convegno Internazionale di Micotossicologia Relazioni libere 1a Sessione: Temi di tossicologia clinica

Neurotossicità da macromiceti dichiarati commestibili Neurotoxicity caused by Mushrooms classified as edible

1 1 1 1 2 1 1 1 ASSISI F., GILIOTTI B., DAVANZO F., BISSOLI M., MUSELLA G., PANZAVOLTA G., REBUTTI I., STELLA A., 1 MORO P. A . 1Cav Milano; 2Univ. degli Studi dell’Insubria - Dip.Scienza e Alta Tecnologia 1 Poison Control Centre of Milan; 2 Departments of Science and High Technology - University of Insubria

RIASSUNTO I sintomi più rilevanti che si possono presentare dopo ingestione di funghi, sono di tipo gastro- intestinale, ma in un numero significativo di pazienti è stata rilevata la presenta di alterazioni a carico del SNC e SNP. Con uno studio retrospettivo (2004-2011), il Centro Antiveleni di Milano ha controllato 756 pazienti che, dopo l’ingestione di funghi controllati e non, hanno presentato segni neurologici, di diversa gravità, dalla semplice cefalea ed astenia fino alle convulsioni e al coma. La maggior parte dei casi, pervenuti all’attenzione del tossicologo, sono stati determi- nati dal consumo di funghi non controllati e compatibili con le specie fungine tipicamente re- sponsabili delle Sindromi neurologiche ad essi ascritte. Nel 19% del campione esaminato, i disturbi neurologici, come lipotimia, rallentamento, parestesie, cefalea, vertigini ecc., erano presenti in soggetti che avevano consumato solo specie fungine dichiarate e/o riconosciute commestibili e non ascrivibili ad altre cause. ABSTRACT Mushrooms’ ingestion causes mainly gastroenteric symptoms but in a large number of patients were founded central and peripheral neurological diseases. Poison Control Center of Milan performed a retrospective study (2004-2011) checking 756 patients that, after ingestion of edible and not edible mushrooms, showed neurological symptoms with different seriousness, ranging from simple headache and weakness, to seizure and coma. Most of cases with neurological symptoms, analyzed by a toxicologist, were caused by ingestion of unclassified mushrooms consistents with species liables of the typical syndromes. Neurological diseases, such as lipothymia, drowsiness, paresthesia, headache, dizziness etc etc, happened in 19% of intoxication in patients that ate only mushrooms classified as edible and no other causes were recognized.

Introduzione Dalla letteratura si evidenzia che anche i funghi controllati possono essere alla base di disturbi clinici inattesi, tanto che si sta cercando di individuare le cause che portano i soggetti all’attenzione del medico. In uno studio CAV retrospettivo multicentrico, per un periodo che va da gennaio 2004 a dicembre 2011 e con follow-up mirati, abbiamo rilevato le specie fungine sicuramente implicate nelle intossicazioni, latenza ed intensità dei disturbi neurologici inattesi, il tipo di iter diagnostico e la terapia applicata, oltre l’età dei soggetti intossicati. Nei casi in cui è stato possibile far verificare i funghi da un micologo, i disturbi sono stati attribuiti al cattivo stato di conservazione o alla presenza di parassiti, in altri erano state consu- mate quantità importanti di funghi, in altri ancora si è pensato ad un’intolleranza individuale che, però era difficilmente applicabile nei casi di più commensali con gli stessi problemi clinici. Se queste ipotesi sono facilmente accettabili per i disturbi gastrointestinali, molto più comples- so sembra il problema dei fenomeni neurologici: con questo lavoro abbiamo tentato di definire quali specie commestibili erano implicate e se i disturbi fossero ascrivibili effettivamente al

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fungo consumato o a cause contingenti. Costruzione dello studio Nello studio sono state prese in considerazione le richieste di consulenza per sospette in- tossicazioni da funghi, nel periodo compreso tra il 1 gennaio 2004 fino al 31 dicembre 2011 e con manifestazioni di tipo neurologico, oltre che gastrointestinali. Rilevamento e selezione dei dati Sono rientrati nello studio tutti i pazienti che hanno accusato una sindrome neurologica specifica o altri disturbi neurologici aspecifici, comparsi dopo l’ingestione di funghi sia non controllati e sia controllati. Oltre alle notizie anagrafiche riguardanti età e sesso, i dati ritenuti utili per lo studio sono stati la tipologia e modalità di cottura dei funghi consumati, se è stato contattato il micologo per il riconoscimento dei residui consumati e la terapia applicata. In base al tipo di fenomeni clinici il campione è stato suddiviso in pazienti con le sindromi neurologiche classiche Sindrome Colinergica, Anticolonergica, Psicodisleptica e pazienti con disturbi neurologici “aspecifici” (cefalea, vertigini, parestesie, rallentamento psicomotorio non associati ad altri sintomi che ne permettessero la definizione sindromica). Inoltre sono stati valutati pazienti che hanno sviluppato manifestazioni cliniche neurologiche, associate a distur- bi cardiocircolatori importanti. Risultati Nel nostro studio sono stati reclutati 756 pazienti con problemi neurologici; i disturbi gastrointestinali, più o meno gravi, erano comunque presenti. Il campione dei soggetti analiz- zati è risultato con età media di 47,8 anni (min 1 e max 84); in 226 pazienti l’età non è stata riportata in quanto casi multipli di una stessa intossicazione. L’insorgenza dei sintomi gastrointestinali è avvenuta dopo circa 3 ore dall’ingestione dei funghi, che hanno richiesto, in media, 1,6 giorni (min 1 e max 7) giorni di degenza ospedaliera. Le manifestazioni cliniche, in queste intossicazioni, sono state caratterizzate dalla presen- za di segni neurologici di diversa gravità, dalla semplice cefalea ed astenia fino alle convulsio- ni e al coma; questi disturbi si sono presentati accompagnati da fenomeni gastrointestinali nella maggior parte dei pazienti, di solito di modesta entità; in 116 casi, i sintomi erano asso- ciati a fenomeni cardiovascolari. I pazienti che hanno sviluppato alterazioni neurologiche colinergiche sono stati 280, alte- razioni neurologiche anticolinergiche sono stati 86, alterazioni neurologiche psicodisleptiche sono stati 21. I pazienti che hanno sviluppato alterazioni neurologiche aspecifiche sono stati 369, quelli che hanno sviluppato manifestazioni cliniche neurologiche, associate a disturbi cardiocircolatori sono stati 116, tra cui 1 shock ed 4 fibrillazione atriale (Tab. 1). Nella maggior parte dei casi le manifestazioni cliniche sono state provocate dall’ingestione di funghi non controllati; un dato estremamente interessante è stato rilevare che, nel 19% dei casi, i sintomi sono stati determinati solo da funghi dichiarati o riconosciuti dal micologo, come commestibili. L’età più coinvolta è stata ovviamente quella intermedia, ma il dato più interessante è stato quello riguardante i bambini (16 di età compresa tra 1 e 12 anni), che hanno avuto bisogno di intervento medico per sintomi molto importanti come lipotimia, tremori e convulsioni. Le intossicazioni con fenomeni neurologici sono definite per convenzione “a breve latenza” (< 6 ore), ma dal nostro studio abbiamo rilevato che il 9% dei pazienti (73 casi), ha avuto i primi sintomi dopo le canoniche 6 ore; in 143 pazienti la latenza non è stata riportata. L’insorgenza dei sintomi è avvenuta in media dopo 3 ore dall’ingestione dei funghi. Per la gravità della sinto- matologia neurologica è stata necessaria una terapia rianimatoria, con supporto della funzio- ne respiratoria (18 pazienti). Nella maggior parte dei casi i disturbi sono scomparsi in tempi tutto sommato brevi, da 8 ore a 3 giorni, solo in 2 casi è stato necessario un ricovero più lungo (7 gg.) per intercorrenti complicazioni subentrate all’ingestione dei funghi (insufficienza renale). Incidenza delle specie fungine coinvolte La maggior parte delle intossicazioni è stata determinata dall’ingestione di funghi non

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Tab. 1- Sintomatologia controllati da un micologo e scambiati per funghi commestibili (567). Per una corretta diagnosi e conseguente terapia è fondamentale determinare tutte le specie fungine coinvolte, nel nostro studio è stato possibile solo nel 25% dei casi (189 esami micologici), questo sia perché man- cavano residui fungini utili per un corretto esame micologico, sia per l’assenza di un mico- logo in grado di gestire le problematiche relative a campioni provenienti da una intossica- zione (Grafico 1)

Grafico 1: specie fungine (%) responsabili nelle intossicazioni con sintomi neurologici

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Graf. 2: funghi commestibili (%) implicati nelle intossicazioni con segni neurologici

Tab. 2: segni neurologici

Dal grafico 1 si evidenzia, come prevedibile, che i Generi più rappresentativi riconosciuti nel nostro campione sono il Genere Clitocybe, nelle specie bianche che, insieme al Genere Inocybe, rappresentano il 24%; il Genere Amanita con A. muscaria e A. pantherina il 12%; il dato più interessante è però, la percentuale dei casi attribuiti a specie dichiarate commestibili. Le specie appartenenti al gruppo di Boletus edulis, sommate alle specie di funghi riconosciuti responsabili dei problemi neurologici (ovviamente in assenza di co-ingestione di specie neurotossiche) definiti “Commestibili altro” (Cantarellus spp., Russula spp. ecc.) e “Commesti- bili NN” (perché acquistati o consumati in pubblico esercizio), con le specie di funghi non con- trollati ma riconosciuti come commestibili dagli esami micologici, rappresentano il 56 % delle specie riconosciute nel nostro campione (Grafico 2). In 109 pazienti i disturbi si sono verificati dopo l’ingestione di funghi acquistati e, a volte, consumati in esercizio pubblico (ristorante: 28); 32 di questi pazienti hanno manifestato lipotimia, 9 dopo aver ingerito Boletus edulis, sia con- trollato, sia riconosciuto successivamente dal micologo (Tab. 2). Per 59 casi i funghi erano con- trollati ma non è stato possibile il riconoscimento dettagliato. Tra le specie dichiarate commestibili, Boletus edulis e specie appartenenti al relativo grup- po rappresenta il 26%, i funghi commestibili di cui non è stato possibile determinare i Generi di appartenenza sono il 41%, le Russula il 8%, mentre Armillaria mellea rappresenta il 8% e Ma- crolepiota spp. il 4% (Grafico 2). Il gruppo Boletus edulis ha una percentuale significativa, que- sto dato è determinato dal grosso consumo, in quanto, i porcini, sono i funghi sicuramente più conosciuti, raccolti e commercializzati. Conclusioni La maggior parte dei casi con sintomi neurologici, pervenuti all’attenzione del tossicologo, sono determinati dal consumo di funghi non controllati, scambiati con specie commestibili, compatibili con le specie fungine tipicamente responsabili delle Sindromi ad essi ascritte, ma nel 19% dei casi, i disturbi neurologici erano presenti anche in soggetti che avevano consumato solo specie fungine dichiarate commestibili o riconosciute tali dal micologo, successivamente all’intossicazione; il che conferma l’opinione, che i disturbi possano essere determinati dalla presenza di tossine, in concentrazione variabile e al momento non ancora identificate. Molto spesso i fenomeni registrati erano di modesta entità ed aspecifici, come parestesie al volto o agli arti, astenia, cefalea e confusione; ovviamente su un caso singolo, questi disturbi potreb- bero avere origine da risposte soggettive allo stress determinato dal malessere. Più interessan- te e più complesso da spiegare è il dato della presenza degli stessi sintomi in più commensali: francamente, sembra troppo semplicistico affermare che la sintomatologia possa essere deter- minata da suggestione collettiva o empatia. Sembra più plausibile pensare alla responsabilità di tossine non note, in concentrazione variabile e con variabile sensibilità individuale. Ovvia-

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mente, in ogni caso, devono essere escluse altre cause tossicologiche, come il monossido di carbonio, che possono interferire sul tipo e sulla gravità del disturbo. La maggior conoscenza della micotossicologia, dovuta sia alla maggior attenzione da parte degli operatori, sia alle tecniche di studio più raffinate, permetterà di identificare queste tossine, che in futuro, possono modificare il giudizio sulla commestibilità dei funghi. BIBLIOGRAFIA

GIACOMONI L. - 1999: Une conception moderne en mycotoxicologie. Les Champignons à “toxicité variabile”. Atti 1° Convegno Internazionale di Micotossicologia- Roccella Jonica. Pagine di Micologia 11: 83-86. PFAB R., B. HABERL, J. KLEBER & T. ZILKER - 2008: Cerebellar effects after consumption of edible morels (Morchella conica, Morchella esculenta) Clinical Toxicology 46: 259-260. SAVIUC P., P. HARRY, C. PULCE, R. GARNIER & A. COCHET - 2010: Can morels (Morchella sp.) induce a toxic neurological syndrome? Clinical Toxicology 48: 365-372.

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“Monografia illustrata del Genere Russula in Europa” Tomo primo e Tomo secondo di Mauro Sarnari

Tomo primo: Prezzi di cessione Soci e Gruppi: 80,00 ¤ + contributo spese di spedizione Non soci: 95,00 ¤ + contributo spese di spedizione

Tomo primo: Prezzi di cessione Soci e Gruppi: 80,00 ¤ + contributo spese di spedizione Non soci: 95,00 ¤ + contributo spese di spedizione Written orders (mail, fax, e-mail) by the members of A.M.B. have to be sent to the Segreteria Nazionale A.M.B., via A. Volta 46 - 38100 TRENTO, along with the receipt of the payment (Tome 1, 80,00 ¤; Tome 2, 80,00 ¤ + shipping espenses). Not members of A.M.B. Tome 1, 95,00 ¤; Tome 2, 95,00 ¤ + shipping espenses. In order to quantify the shipping expenses, please, contact the Secretary (E-mail: [email protected]).

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PdM 37.pmd 192 14/01/17, 12.13 PAGINE DI MICOLOGIA Gli Ispettorati micologici nella regione Veneto

PAOLO DI PIAZZA

Riassunto Il presente lavoro di ricerca è stato effettuato nell’anno 2008 in occasione della predisposizione di una tesi di laurea sugli ispettorati micologici a Padova e nella Regione Veneto, con la quale si è voluta evidenziare una professionalità, quella dei Tecnici della Prevenzione Micologi, che richiede sempre un maggiore livello di specializzazione e che troppo spesso non viene adegua- tamente valutata. Si è predisposto un questionario che è stato fatto pervenire ai vari responsabili degli Ispettorati e Servizi Micologici della Regione. L’obiettivo da ottenere attraverso il questionario, adeguatamente sviluppato con una logica se- quenza di domande, è stato quello di raccogliere i dati essenziali per dare un profilo della consistenza del servizio micologico nelle varie Aziende U.L.S.S. del Veneto. Non essendo ancora state emanate circolari attuative e protocolli regionali in merito, in Veneto, le modalità con cui i Micologi svolgono la loro attività variano da un’Azienda U.L.S.S. all’altra. I risultati del questionario sono stati elaborati ed analizzati per formulare considerazioni mira- te a fornire indirizzi e proposte operative per il miglioramento dei servizi micologici nella Re- gione Veneto. Al giorno d’oggi al Micologo vengono richieste competenze sempre più specialistiche: oltre al controllo dei funghi freschi, infatti, in caso di intervento per intossicazioni da funghi vengono richiesti esami macro-microscopici e chimico-cromatici su campioni di residui fungini vari: fun- ghi cotti, residui di pulitura, ed in alcuni casi anche materiale biologico. Si è manifestata globalmente da parte dei Micologi una esigenza formativa, sia generica che specialistica, all’interno della Regione; si è inoltre manifestata la necessità dell’emanazione di normative regionali con relativi protocolli operativi volte ad indirizzare l’organizzazione e le funzioni degli Ispettorati Micologici ed i compiti affidati ai Micologi. Successivamente alla elaborazione della presente ricerca è stata emanata una Deliberazione della Giunta Regionale, la 3468 del 17.11.2009 - “Atti di indirizzo e coordinamento sull’attività degli ispettorati Micologici e dei Micologi delle Aziende U.L.S.S.”. Nell’emanazione di tale nor- ma da parte degli estensori non è stato richiesto un confronto con i micologi che operano nelle varie Aziende U.L.S.S. Pur riconoscendo e condividendo la necessità di una regolamentazione approfondita relativa alla pratica ispettiva nell'ambito della micologia pubblica, sono state riscontrate varie criticità operative nell’applicazione della DGR 3468/09, tali da renderla per molti versi inapplicabile, per cui si è reso necessario convocare un’assemblea dei Tecnici della Prevenzione Micologi della Regione per un confronto volto ad individuare possibili soluzioni in merito. In un’ottica di collaborazione e con l’obbiettivo comune di migliorare le prestazioni rese dal Servizio Sanitario Regionale alla collettività, i micologi del Veneto, in analogia con quanto già avviene per altre tematiche, hanno chiesto l’istituzione di un tavolo tecnico regionale perma- nente, composto dagli estensori della norma e un gruppo ristretto di Tecnici della Prevenzione Micologi, designati dall’assemblea con l’obiettivo di individuare ed attuare procedure e strate- gie indispensabili per potere assicurare da parte degli Ispettorati micologici una efficace ed efficiente applicazione della D.G.R. 3468/2009. Ad ora non è stato dato riscontro a tale richie- sta. 1. Metodo di studio e di rilevazione dati 1.1 Il questionario micologico Per quanto riguarda la rilevazione dei dati si è predisposto un questionario che è stato fatto pervenire via mail ed a mano, tramite i colleghi frequentanti il Corso Straordinario di Laurea in tecniche della Prevenzione, ai responsabili dei Servizi Micologici e dei Servizi di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione delle 21 Aziende U.L.S.S. della Regione Veneto, con preghiera di

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risposta. I questionari sono stati inviati entro la fine del mese di giugno 2008 con sollecito alla fine di agosto alle U.L.S.S che non avevano ancora provveduto all’invio. Nella premessa si è spiegato che lo scopo della tesi è quello di quantificare la rilevanza che hanno le intossicazioni da funghi nella realtà veneta e di tentare di descrivere la consisten- za attuale del servizio micologico offerto nelle varie U.L.S.S. della regione. Si è specificato che l’intenzione è quella di dare rilievo al ruolo preventivo rivestito dai micologi nelle varie U.L.S.S. della regione e dei servizi erogati dagli Ispettorati Micologici. Si è precisato infine che il questionario ed i dati da esso raccolti, utilizzati ai fini statistici sono rigorosamente anonimi in ottemperanza alle vigenti disposizioni sulla Privacy. Il questionario, che viene allegato in copia al presente lavoro, è stato articolato in n° 4 parti ognuna con una sequenza logica di domande. La prima parte riguarda il controllo micologico e le attività svolte presso gli Ispettorati Mico- logici. Si richiede innanzitutto se nell’ambito di pertinenza dell'U.L.S.S. è stato istituito ed organiz- zato un centro di controllo micologico pubblico e da quando esiste. In alternativa, se esiste un servizio micologico pubblico all’interno del Servizio di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione dell’U.L.S.S. senza essere mai stato formalizzato con delibera dirigenziale o se il Servizio mi- cologico pubblico esiste ma non viene svolto dal personale dell’U.L.S.S. e da chi viene svolto e se non esiste alcun Servizio micologico pubblico all’interno dell’U.L.S.S.. Vengono successivamente presi in considerazione i servizi erogati dall’Ispettorato Micolo- gico e viene fornito un elenco di tali servizi: • Assistenza gratuita ai cittadini raccoglitori di funghi per il controllo, riconoscimento e determinazione della commestibilità delle specie raccolte. A questo proposito viene richiesto dove, in che periodo e in che orario si svolge il Servizio dando possibilità di risposta multipla; quanti controlli sono stati effettuati nell’ultimo decen- nio ai privati raccoglitori e quali specie velenose sono state riconosciute e scartate nell’atti- vità di controllo. • Rilascio certificazione sanitaria (certificazione di avvenuto controllo) per i funghi desti- nati alla vendita al dettaglio, attestante la commestibilità della partita dei funghi con- trollata. È stato richiesto dove si svolge il Servizio, in che orario, se in orario di lavoro od in attività libera professionale o, se piuttosto, è stata fatta una convenzione a tempo determinato con strutture private idonee dotate di personale specializzato o con privati micologi. • Ispezioni d’Ufficio presso mercati, esercizi di vendita e strutture private di lavorazione dei funghi. Si è chiesto dove si svolgono le attività di ispezione e di controllo: se presso mercati genera- li, centri raccolta o di smistamento, depositi all’ingrosso, mercati rionali, banchi ambulanti (non itineranti), controllo all’importazione presso l’U.S.M.A.F. (Uffici di Sanità Marittima Ae- rea e di Frontiera) su richiesta dello stesso ufficio od altro. In questa voce residuale è stata fatta rientrare anche l'attività di controllo presso esercizi commerciali fissi. Di seguito vengono prese in considerazione attività formative effettuate nell’ambito dell'at- tività dell’Ispettorato Micologico: attività di formazione degli esercenti e verifica della loro ido- neità per l’ottenimento dell’abilitazione alla vendita allo stato sfuso dei funghi freschi sponta- nei e dei funghi porcini secchi sfusi, attività di formazione dei cittadini raccoglitori di funghi mediante corsi per l’ottenimento o il rinnovo del tesserino regionale per la raccolta, attività di formazione dei ristoratori (idonee modalità di preparazione, funghi contenenti tossine termolabili, funghi che si possono consumare crudi, ecc.) anche mediante opuscoli e pieghevoli. Viene poi richiesto se è stata effettuata la predisposizione di opuscoli o pieghevoli divulga- tivi illustranti l’attività svolta dall’Ispettorato micologico (orari e giornate di ricevimento) even- tualmente riportanti le principali specie fungine commestibili e velenose. Infine viene richiesto se viene fatta attività di consulenza presso strutture ospedaliere nei casi di intossicazione da funghi (di tale attività si parlerà più dettagliatamente nella parte terza del questionario). La seconda parte riguarda i tecnici micologi, la formazione micologica e l’aggiornamento

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micologico. Si richiede innanzitutto quanti soggetti in possesso dell'attestato di micologo operano al- l’interno della struttura pubblica aziendale nell’attività di controllo ed ispezione dei funghi fre- schi spontanei, quanti di essi sono Tecnici della Prevenzione ed in che ruolo sono inquadrati, quanti rivestono altri ruoli (Tecnici di Laboratorio, Medici del S.I.A.N.) e quanti Tecnici della Prevenzione vi sono in tutto. Si richiede poi dove e quando i Tecnici micologi hanno frequentato i corsi obbligatori previ- sti dalla vigente normativa, citando le principali scuole micologiche: Provincia Autonoma di Trento, A.S.L. Cesena-Ravenna-Bologna, Veneto Agricoltura. In merito all'aggiornamento micologico, che nella nuova normativa in fase di predisposizione verrà ritenuto un momento formativo obbligatorio per il mantenimento della qualifica, viene posta la domanda se a favore dei Tecnici micologi dell'U.L.S.S. si effettua un’attività di aggior- namento micologico, e in caso affermativo dove: se è predisposta all’interno della struttura aziendale U.L.S.S., se i corsi sono organizzati all’interno della Regione Veneto o se è necessa- rio frequentare corsi organizzati da altre regioni. Si chiede anche se essa avviene con disponibilità di spesa a carico della struttura U.L.S.S. (aggiornamento obbligatorio in comando) o se l’aggiornamento è a carico dei Tecnici micologi (aggiornamento facoltativo in permesso retribuito od in ferie) e se questa attività di aggiorna- mento, ai fini dell’attività svolta, è ritenuta soddisfacente come frequenza e qualità, chiedendo anche un giudizio di merito. Nella prospettiva che la normativa in fase di predisposizione richiederà competenze ulte- riori e sempre più specialistiche agli Ispettori micologi, si richiede anche se essi hanno frequen- tato corsi specifici di microscopia applicata e quanti. Dato che l'attività svolta dai micologi è legata anche e soprattutto ad una propensione e ad una attitudine propria dei micologi, è stato richiesto se alcuni Ispettori micologi effettuano, in qualche misura, attività di auto-formazione ed auto-aggiornamento personale, frequentando associazioni micologiche, manifestazioni da esse organizzate o facendo raccolte e studio mi- cologico al di fuori dell’attività di servizio, nel loro tempo libero. Visto che l’attività connessa al servizio all’interno dell'Ispettorato micologico compete re- sponsabilità superiori a quelle dei colleghi che non svolgono la stessa attività, si chiede se tale responsabilità è riconosciuta economicamente (posizioni funzionali, organizzative od altro) e se è tutelata legalmente (assicurazione civile contro i rischi connessi al servizio). Si richiede anche un giudizio di merito se i micologi si sentono sufficientemente preparati e protetti. La terza parte riguarda le attrezzature di cui è dotato l’Ispettorato micologico e di come l’attività del servizio viene pubblicizzata. Si chiede di elencare di che attrezzature è dotato l'Ispettorato micologico: ponendo come attrezzature base il microscopio ed il kit per microscopia, i reagenti chimici ed una dotazione di bibliografia essenziale, lasciando spazio per l’elencazione della rimanente attrezzatura. Viene successivamente richiesto in che modo la cittadinanza viene a conoscenza delle atti- vità svolte dall’Ispettorato micologico (luoghi, orari e giornate di ricevimento). La quarta ed ultima parte riguarda gli interventi effettuati a causa delle intossicazioni e delle sospette intossicazioni da funghi. A questo proposito viene richiesto se dai dati in possesso è possibile risalire a quante intos- sicazioni da funghi o sospette intossicazioni da funghi si sono verificate nel territorio della U.L.S.S. nel decennio precedente il lavoro di ricerca (dal 1998 al 2007) e se possibile una suddi- visione tra intossicazioni a lunga latenza, a breve latenza e da funghi ritenuti comunemente commestibili. Si è richiesto come avviene l’attivazione del servizio micologico in caso di intossicazioni da funghi o sospette intossicazioni da funghi ed a questo proposito si pongono le seguenti alterna- tive: • è stata attivata nell’ambito della U.L.S.S. la Reperibilità micologica (con attivazione di una procedura aziendale) e pertanto la chiamata del Pronto Soccorso viene rivolta direttamente al Micologo reperibile; • l’attivazione avviene attraverso la Reperibilità ordinaria e la chiamata viene rivolta al Medi-

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co od al Tecnico reperibile, che può anche non essere un Ispettore micologo; • la chiamata viene inviata al Servizio di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione che provve- de all’attivazione del micologo (generalmente in orario di lavoro); • in mancanza di procedure, vengono seguite altre vie di attivazione meno convenzionali come la conoscenza diretta da parte del personale ospedaliero del micologo od altro. Si chiede se i Tecnici micologi della U.L.S.S. sono in grado di riconoscere - in buona parte dei casi - i funghi tossici anche dai residui di pulitura recuperati nel cestino, se sono in grado di riconoscere - in buona parte dei casi - i funghi tossici anche dalla eventuale rimanenza dei funghi cotti. Visto che spesso l’intervento in caso di intossicazione da funghi richiede formazione e com- petenze non comprese nei corsi ordinari di formazione micologica, in cui viene dato spazio esclusivamente alla diagnosi macroscopica, si chiede se è stato attivato presso la U.L.S.S. un eventuale Ispettorato Micologico “di secondo livello” idoneamente attrezzato e con personale adeguatamente formato per riconoscimenti e verifiche più elaborate di quelle dell’Ispettorato micologico di base. Non essendoci a livello regionale una struttura di secondo livello specializzata nell’esame di rimanenza di funghi cotti, residui di pulitura recuperati nel cestino, vomito, aspirato gastri- co), si chiede se il materiale recapitato o raccolto in ospedale viene osservato presso la U.L.S.S., o altrimenti dove viene inviato. In mancanza di procedure disposte con circolari dalla Regione, si chiede se è stato predi- sposto presso la U.L.S.S. un Protocollo di Intervento in caso di intossicazioni da funghi, se è stata attivata la Reperibilità micologica aziendale ed in caso positivo se la Reperibilità micolo- gica viene effettuata tutti i periodi dell’anno od è stagionale (nei mesi di maggiore produzione fungina), in che orari viene fatta, da quanti Ispettori micologi e se tutti i Micologi operanti all’in- terno della U.L.S.S. (o quanti) si sentono sufficientemente preparati in modo da garantire que- sto servizio e se l’attivazione del servizio micologico in caso di intossicazioni da funghi è perfezionabile in qualche modo. Vengono infine chieste considerazioni, opinioni e proposte per il miglioramento dei servizi micologici nella Regione Veneto da proporre a chi le potrà porre in essere. 2. Risultati 2.1 La situazione attuale dei Servizi Micologici nella Regione Veneto: valutazione dei dati raccolti con il questionario micologico. I questionari inviati tramite mail ai colleghi che nelle varie U.L.S.S. si occupano del Servi- zio Micologico, sono stati compilati nella quasi totalità dei casi (non ha risposto una sola U.L.S.S. che risulta non avere alcun servizio micologico); essi sono stati recapitati allo scrivente in parte tramite mail, in parte tramite fax ed in parte personalmente, grazie alla collaborazione dei colleghi micologi frequentanti il corso straordinario. I dati derivati dall’esame dei questionari sono racchiusi nei fogli di lavoro riprodotti (vede- re le Tavole da A I a D III). 1) La prima parte riguarda il controllo micologico e le attività svolte presso gli Ispettorati Micologici. (Tavola A I e A II) Nell’ambito di pertinenza delle n° 21 Aziende U.L.S.S. è stato istituito ed organizzato un centro di controllo micologico pubblico (Ispettorato Micologico) in 14 casi (in un solo caso alcu- ni servizi vengono effettuati anche da personale di altra U.L.S.S.), mentre in 5 casi esiste un servizio micologico pubblico all’interno del Servizio di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione dell’U.L.S.S. ma non è mai stato formalizzato con delibera del Direttore Generale ed infine in altri 2 casi non esiste alcun Servizio micologico pubblico all’interno dell’U.L.S.S. (in un caso alcuni servizi vengono effettuati da personale di altra U.L.S.S.). In alcune U.L.S.S. sono stati organizzati più di un punto di controllo micologico pubblico, in genere in zone prevalentemente montane e dove sono state accorpate U.L.S.S. preesistenti (Tavola A I) L'assistenza gratuita ai cittadini raccoglitori di funghi per il controllo, riconoscimento e de- terminazione della commestibilità delle specie raccolte si svolge in tutte le U.L.S.S. ove è pre- sente il servizio.

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Cartina U.L.S.S. venete N° 1 Gli Ispettorati micologici Legenda Verde: Aziende U.L.S.S. con presenza di micologi e di un Ispettorato micologico formalmente istituito Giallo: Aziende U.L.S.S. con presenza di micologi e di un servizio micologico, ma senza Ispettorato micologico Rosso: Aziende U.L.S.S. non dotate di micologi e di un servizio micologico

Esso si svolge nella maggioranza dei casi presso la sede dell'U.L.S.S. (17 casi) e presso Ortomercati (2 casi) in 15 casi si svolge regolarmente tutto l’anno e meno frequentemente (in 6 casi) solo nel periodo di maggiore produzione fungina. In prevalenza avviene per appunta- mento od in orari predeterminati compatibilmente con le esigenze del Servizio. Alla richiesta di quanti controlli ai privati raccoglitori sono stati effettuati nell’ultimo decen- nio e di quali specie tossiche sono state riconosciute e scartate nell’attività di controllo è stato critico rispondere per la maggioranza delle U.L.S.S., in quanto, anche se esiste il servizio non sempre vengono registrati o trascritti i nominativi e le tipologie dei funghi visitati ed eliminati, per cui in più casi il dato fornito è stato puramente indicativo ed è sicuramente sottostimato. Il Rilascio della certificazione sanitaria (certificazione di avvenuto controllo) per i fun- ghi destinati alla vendita al dettaglio, attestante la commestibilità della partita dei funghi controllata è un servizio che viene fornito da 15 Aziende U.L.S.S.. (Tavola A II) Il Servizio si svolge prevalentemente presso i mercati generali (in 8 casi) ed i Depositi all’In- grosso (in 7 casi). Si svolge prevalentemente in orario di lavoro (in 9 casi) o in attività libero professionale mediante convenzione con i Dipendenti (in 6 casi), in un caso in reperibilità od in orario straordinario. Le ispezioni ed i controlli d’Ufficio presso mercati, esercizi di vendita e strutture private di

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Cartina U.L.S.S. venete N° 2 Numero medio annuo dei controlli effettuati a favore dei privati raccoglitori nel decennio 1998-2007.

Legenda Giallo: < 10 (3 Az.U.L.S.S.) Arancio: ≥ 10 e < 30 (4 Az. U.L.S.S.) Rosso : ≥ 30 e < 100 (8 Az. U.L.S.S.) Viola: ≥ 100 (5 Az. U.L.S.S.)

lavorazione dei funghi sono un servizio che viene fornito da tutte le Aziende U.L.S.S. Si svolgo- no presso i Mercati generali (in 7 casi), centri raccolta o di smistamento (in 2 casi), depositi all’ingrosso (in 6 casi), mercati rionali (in 9 casi), banchi ambulanti (non itineranti) (in 9 casi). In una voce residuale è stata fatta rientrare anche l'attività di controllo presso esercizi commercia- li fissi (in 13 casi). L'attività di formazione degli esercenti e verifica della loro idoneità per l’ottenimento del- l’abilitazione alla vendita allo stato sfuso dei funghi freschi spontanei e dei funghi porcini sec- chi sfusi avviene in 7 casi; solo in 2 casi viene svolta, come avviene in altre Regioni limitrofe, l’attività di formazione dei cittadini raccoglitori di funghi mediante corsi per l’ottenimento o il rinnovo del tesserino regionale per la raccolta; l'attività di formazione dei ristoratori (idonee modalità di preparazione, funghi contenenti tossine termolabili, funghi che si possono consu- mare crudi, etc.) avviene solamente in 3 Aziende U.L.S.S. La predisposizione di opuscoli o pieghevoli divulgativi illustranti l’attività svolta dall’Ispet- torato micologico (orari e giornate di ricevimento) eventualmente riportanti le principali specie fungine commestibili e velenose è stata effettuata in 9 U.L.S.S.

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L’attività di consulenza presso strutture ospedaliere nei casi di intossicazione da funghi (della quale si parlerà più dettagliatamente nella parte terza del questionario) viene fatta da quasi tutte le U.L.S.S. (n° 17) che hanno risposto anche se con modalità diverse. 2) La seconda parte riguarda i Tecnici Micologi e la Formazione Micologica (Tavola B I e B II) All’interno della struttura pubblica U.L.S.S. veneta operano complessivamente nell’attività di controllo ed ispezione dei funghi freschi spontanei n° 80 soggetti in possesso dell'attestato di micologo. Essi sono in gran parte Tecnici della Prevenzione (n° 74): inquadrati in posizione funzionale D (n° 60) e Ds (n° 14), vi è un Tecnico di Laboratorio, n° 3 Medici del Sian e n° 2 Assistenti Sanitarie, mentre non vi sono Medici Ospedalieri o personale infermieristico. I corsi obbligatori previsti dalla vigente normativa sono stati frequentati prevalentemente a Trento ed organizzati dalla Provincia Autonoma (51 Micologi Formati), in molti casi antecedentemente all’entrata in vigore della Legge 686/1996 e pertanto rientrati nella sanatoria prevista da tale norma, negli altri casi sono stati frequentati a Cesena-Ravenna-Bologna (10

Cartina U.L.S.S. venete N° 3 Distribuzione dei micologi per numero nelle Aziende U.L.S.S. del Veneto.

Legenda Giallo: 1-2 micologi (6 Az. U.L.S.S.) Arancio: 3-4 micologi (6 Az. U.L.S.S.) Rosso: 5-6 micologi (4 Az. U.L.S.S.) Viola: 7-10 micologi (3 Az. U.L.S.S.)

Micologi formati) ed in 19 casi sono stati frequentati gli unici due Corsi organizzati dalla Regio- ne Veneto (Veneto Agricoltura) a Legnaro ed a Motta di Livenza nel 1999 e nel 2001. Attività di basilare importanza per i micologi, una volta formati, è quella dell’aggiornamen- to continuo e costante. Tale attività di aggiornamento, consistente in corsi, seminari e convegni di aggiornamento micologico e micotossicologico, avviene nella maggior parte dei casi (n° 15) in aggiornamento obbligatorio (in comando), ma spesso viene svolta in maniera discontinua e occasionale. In più casi l’aggiornamento costante è legato all’iniziativa del Micologo che talora deve sobbarcarsi le spese del corso (aggiornamento facoltativo in permesso retribuito od in ferie). L’attività di aggiornamento micologico non viene quasi mai effettuata all’interno delle strut- ture aziendali, salvo sporadici casi di corsi organizzati anche con apertura alle altre U.L.S.S. venete (Bussolengo 2005, Rovigo 2007), mentre la Regione Veneto dopo i Corsi di aggiornamen- to organizzati nel 2001 e nel 2004 non ha più organizzato tali Corsi e pertanto i micologi sono costretti a frequentare i corsi organizzati in altre Regioni (Trento, Cesena, Pistoia, Friuli V.G., Lombardia). Tali corsi sono sempre molto interessanti e vengono chiamate a docenza persone autorevo- li nei campi della micologia e della micotossicologia, ma generalmente sono onerosi per coloro

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che provengono da fuori Regione, pertanto sarebbe auspicabile che vi fosse una ripresa di corsi interni alla Regione Veneto organizzati o dalla Direzione Regionale presso Veneto Agricol- tura, od ancora meglio presso qualche U.L.S.S. pilota (Bussolengo). Complessivamente questa attività di aggiornamento, come attualmente viene effettuata, ai fini dell’attività svolta, è ritenuta Insufficiente in 9 casi, Sufficiente in 8 casi, mentre è stata definita Buona solo in un caso. Alcuni tecnici micologi (N° 25) hanno frequentato corsi specifici di microscopia applicata (vedere foto sopra), in quanto l’acquisizione delle nozioni basilari per condurre l’attività di con- sulenza in caso di intossicazione da funghi non può prescindere dalla familiarità nell’utilizzo del microscopio ottico. Come abbiamo già avuto modo di dire, quella del micologo non è una attività che si possa esercitare senza un minimo di predisposizione e passione, pertanto alcuni Ispettori micologi (n° 38) effettuano anche attività di auto-formazione ed auto-aggiornamento personale frequentan- do associazioni micologiche, manifestazioni da esse organizzate o facendo raccolte e studio micologico al di fuori dell’attività di servizio, nel loro tempo libero. Il Servizio micologico comporta una componente di responsabilità connessa al servizio che nella maggior parte dei casi non è attualmente riconosciuta economicamente (posizioni funzionali, organizzative od altro) in 18 Aziende, mentre non è tutelata legalmente (assicura- zione civile contro i rischi connessi al servizio) in 14 Aziende essendo in alcuni casi facoltativa ed a discrezione del Micologo. I micologi si sentono sufficientemente preparati e protetti solo in 4 Aziende U.L.S.S. 3) La terza parte del questionario riguarda sia le Attrezzature di cui è dotato l'Ispettorato micologico che le modalità tramite le quali la cittadinanza viene a conoscenza delle atti- vità svolte dall’Ispettorato micologico (Tavole CI e CII). È stato fornito un elenco di attrezzature minimo (ampliabile) di cui dovrebbe essere dotato un Ispettorato Micologico ed è risultato che il microscopio ed il kit per microscopia è presente in n° 8 casi, come i reagenti chimici, mentre la bibliografia essenziale è sempre presente, ma spesso si limita a pochi libri con immagini fotografiche (B. Cetto: I funghi dal vero) ed in più casi sia l’attrezzatura che la bibliografia sono personali del micologo. Al contrario, vi sono alcune U.L.S.S. che si sono dotate anche di strumentazione da Ispetto- rato di secondo livello (vedi Bussolengo), come il vortex e la centrifuga e che possiedono perso- nale addestrato ad utilizzare tali strumenti. Esse pertanto potrebbero essere di riferimento sia a livello formativo che come modello da imitare in caso di interventi per intossicazioni da funghi. In merito alle modalità tramite le quali la cittadinanza viene a conoscenza delle attività svolte dall’Ispettorato micologico (luoghi, orari e giornate di ricevimento), ogni U.L.S.S. si è adoperata a informare in modo autonomo. Le modalità prevalenti sono: la comunicazione al cittadino tramite i quotidiani e le reti televisive locali, il notiziario ed il sito Web dell’Azienda U.L.S.S., la predisposizione di volantini, di locandine e di pieghevoli distribuiti ai Comuni ed agli Enti. In molti casi però non esiste un metodo di comunicazione diretto ed è il cittadino che viene

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a conoscenza del servizio rivolgendosi al S.I.A.N., al Comune od ad altri Enti. È ancora molto diffuso il passa parola tra i raccoglitori. 4) La quarta ed ultima parte del questionario riguarda le intossicazioni e le sospette intos- sicazioni da funghi (Tavola DI e DII). Anche alla richiesta di quante intossicazioni da funghi o sospette intossicazioni da fun- ghi si sono verificate nell’ultimo decennio (1998-2007) e la loro suddivisione per tipologia in intossicazioni a lunga latenza, a breve latenza ed intossicazioni da funghi commestibili è stato critico dare una risposta per la maggioranza delle ASL in quanto come per il controllo dei funghi a favore dei privati raccoglitori, anche laddove esiste il servizio non sempre vengono registrati o trascritti gli interventi e vi sono solamente dei file personali dei Tecnici micologi intervenuti con la relazione, per cui anche qui, in più casi il dato fornito è stato puramente indicativo ed è sicuramente sottostimato. L'attivazione del servizio micologico in caso di intossicazioni da funghi o sospette intos- sicazioni da funghi non avviene per protocolli regionali standard, ma in alcune U.L.S.S. si

Cartina U.L.S.S. venete N° 4 Suddivisione delle Aziende U.L.S.S. per numero totale segnalato di interventi effettuati per intossicazioni da funghi

Legenda Giallo: < 5 (5 Az.U.L.S.S.) Arancio: ≥ 5 e < 10 (4 Az. U.L.S.S.) Rosso: ≥ 10 e < 30 (5 Az. U.L.S.S.) Viola: ≥ 30 (5 Az. U.L.S.S.)

sono organizzati protocolli aziendali. In genere, in orario di servizio il Pronto Soccorso Ospedaliero effettua una chiamata al Servizio di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione (11 casi) che si attiva per cercare il micolo- go, mentre fuori orario di servizio, non è stata istituita, tranne in pochi casi (4) la Reperibilità micologica per cui si ricorre alla Reperibilità ordinaria (12 casi), che va bene fino a quando tutti i Tecnici della Prevenzione reperibili sono anche Micologi. In caso contrario verrà cercato un micologo che se non sarà raggiungibile immediatamente potrà occuparsi del caso solo all’inizio della giornata successiva, con perdita di tempo prezioso, in quanto l’individuazione

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della specie responsabile consente al personale sanitario di scegliere rapidamente la terapia più idonea ed in caso di avvelenamento da specie citotossiche mortali, un’applicazione tempe- stiva e mirata a volte può salvare la vita al paziente e consente di contattare precocemente eventuali commensali ancora asintomatici. Purtroppo sono ancora percorse altre vie di attivazione come la conoscenza diretta da par- te del personale ospedaliero del micologo od altro. Alla domanda se i Tecnici micologi fossero in grado di riconoscere - in buona parte dei casi - i funghi tossici anche dai residui di pulitura recuperati nel cestino hanno risposto affermativa- mente oltre i tre quarti dei micologi (n° 64), mentre a quella se fossero in grado di riconoscere in buona parte dei casi - i funghi tossici anche dalla eventuale rimanenza dei funghi cotti, la risposta è stata affermativa solo in poco meno di metà dei casi (n° 38). Come già riportato, in Veneto esiste un Ispettorato Micologico “di secondo livello” idoneamente attrezzato e con personale adeguatamente formato per riconoscimenti e verifiche più elaborate di quelle dell’Ispettorato micologico di base presso l'U.L.S.S. di Bussolengo, an- che se altre U.L.S.S. possiedono micologi con grado di formazione microscopica e micotossicologica tale da intervenire in caso di intossicazione da funghi ed in alcuni casi (n° 12) il materiale viene osservato presso la struttura pubblica ma il fattore limitante è la man- canza di attrezzature indispensabili per gli accertamenti sui residui di funghi che non siano pezzi di funghi o residui di pulitura crudi. A parte Bussolengo e poche altre U.L.S.S. (Mirano, ove un micologo è Tecnico di Laborato- rio), il materiale recapitato o raccolto in ospedale (rimanenza dei funghi cotti, residui di pulitu- ra recuperati nel cestino, vomito, aspirato gastrico, ecc.) viene inviato a Strutture di secondo livello od a Centri antiveleni al di fuori del territorio regionale: Trento, Milano, Bologna. Un Protocollo di Intervento in caso di intossicazioni da funghi è stato predisposto solo in 6 casi ed anche la Reperibilità micologica è stata attivata in soli 6 casi (in alcuni altri 2 casi essa viene a coincidere con la Reperibilità ordinaria essendo tutti i tecnici della Prevenzione anche Micologi). La Reperibilità micologica viene effettata da n° 3 Aziende U.L.S.S. solamente nei mesi di maggiore produzione fungina, durante i mesi estivi-autunnali mentre in altri 5 casi dura tutto l’anno. Essa viene effettuata in orario serale-notturno e festivo, in modo da coprire l’intera giornata con copertura degli orari al di fuori dall’orario di servizio ordinario. Alla domanda di quanti Ispettori micologi effettuano la Reperibilità micologica, le U.L.S.S.

Cartina U.L.S.S. venete N° 5

Legenda Verde: Aziende U.L.S.S. ove viene effettuata la Reperibilità micologica od una Reperibilità ordinaria con la presenza di un micologo.

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che la effettuano hanno risposto affermativamente per tutti gli Ispettori, per un totale di n° 44. Alla domanda se tutti i Micologi operanti all’interno della struttura pubblica si sentono sufficientemente preparati in modo da garantire questo servizio hanno risposto affermativa- mente in circa tre quarti degli Ispettori micologi (n° 60). Al termine del questionario sono stati richiesti pareri e consigli se l’attivazione del servi- zio micologico in caso di intossicazioni da funghi fosse perfezionabile in qualche modo ed inoltre sono state richieste altre considerazioni, opinioni e proposte per il miglioramento dei servizi micologici nella Regione Veneto. Le risposte, fornite da n° 13 U.L.S.S. sono sono state tutte raccolte nella Tavola D IV allega- ta alla presente tesi, a cui si rimanda. Alcune delle proposte più interessanti sono: • L’aggiornamento della normativa regionale esistente con la predisposizione di linee guida a cui devono fare riferimento gli Ispettori Micologi. • Un protocollo unico regionale sulle modalità di certificazione e di intervento in casi di intos- sicazione da funghi. • I corsi di aggiornamento obbligatori e formazione continua non onerosa per tutti i micologi organizzata a livello regionale (Regione Veneto) od interregionale (tra Friuli V.G. e Veneto). • L’istituzione degli Ispettorati micologici e della Reperibilità micologica ove ancora non sono esistenti (su modello unico regionale). • Il riconoscimento della funzione del Micologo (per posizione funzionale ed economica e sua tutela legale). • L’organizzazione di un Ispettorato micologico di secondo livello (Laboratorio micologico) a carattere regionale o provinciale. 3. Considerazioni conclusive 3.1 Proposte per il miglioramento dei servizi micologici nella Regione Veneto. Da quanto riportato finora, si deduce che ai Micologi sono richieste prestazioni sempre più specialistiche e che le esigenze in questa branca della Micologia si stanno evolvendo ed am- pliando, rendendo questa figura indispensabile. Le problematiche messe in evidenza sono molteplici ed altrettante le richieste e le aspetta- tive. Di fatto, la figura del Micologo necessita di adattamento alla realtà quotidiana, per rag- giungere i livelli richiesti dalle normative, sia a livello nazionale che regionale. Per far ciò c’è bisogno di strumenti essenziali, di spazi idonei e di corsi adeguati, con ap- profondimento delle tematiche proposte, al fine di qualificare questa figura professionale e di chiarificare quei punti che danno adito a dubbi e incertezze. Risulta indispensabile quindi apportare modifiche applicative, a vari livelli organizzativi. A livello nazionale, nella revisione dell’attuale normativa: • Devono essere previsti corsi di aggiornamento obbligatori con verifica sulla conoscenza della materia per tutti i micologi degli Ispettorati micologici di base. • Devono essere emanate linee guida uniformate sulle metodologie di intervento in caso di intossicazioni da funghi. • Devono essere previsti dei provvedimenti sulla certificazione dei funghi destinati al com- mercio e alla ristorazione. • Deve esservi un riconoscimento giuridico ed economico dei Micologi. • Deve essere riconosciuto a livello ministeriale il secondo livello, visto come un’ulteriore spe- cializzazione, con relativo diploma o l'eventuale introduzione di un Corso di Laurea breve o Master, come già viene fatto dall'Università di Bologna con la collaborazione delle A.S.L. di Cesena, di Ravenna e di Bologna, al fine di consentire una maggiore responsabilità del Micologo su quanto viene certificato in ambito lavorativo. • Devono infine essere previsti corsi di aggiornamento obbligatori per i venditori e per i risto- ratori con verifica alla fine di tali corsi. A livello regionale: • Deve essere istituita una Commissione regionale Tecnico Scientifica per la micologia nella quale devono essere parte integrante almeno due rappresentanti dei Micologi delle Azien-

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de U.L.S.S. • Devono essere emanate Linee guida uniformate sia sui Protocolli di intervento in caso di intossicazioni da funghi che sulla Istituzione ed Organizzazione degli ispettorati micologici, anche prendendo esempio da quanto già prodotto da altre regioni (Lombardia) e prenden- do spunto da quanto già riportato in atti di convegni tenuti sull’argomento. • All’interno di queste linee guida devono essere predisposti modelli di: a) schede di riscontro di visita micologica (per i funghi destinati al consumo diretto), b) schede mediche di indagi- ne clinica e di schede di indagine micologica (per i casi di sospetta intossicazione da fun- ghi). • Devono essere organizzati convegni regionali od interregionali, ad esempio tra Regione Veneto e Regione Friuli Venezia Giulia con la partecipazione congiunta di personale degli ispettorati micologici e medico ospedaliero (come già avvenuto in un convegno svoltosi nel mese di settembre 2008 a Forni di Sopra) ove venga data la possibilità di discutere in gruppi di lavoro delle Linee guida da proporre alle Regioni, mettendo insieme le competenze già maturate a livello aziendale. • Il personale di tutti gli Ispettorati micologici deve essere attrezzato e formato e deve avere una preparazione specifica acquisita con percorsi formativi per l’aggiornamento micologi- co finalizzati all’analisi macroscopica e microscopica. Tali corsi dovrebbero essere organiz- zati dalla Regione Veneto od in collaborazione tra le due regioni (collaborazione interregionale) e non dovrebbero essere onerosi per le Aziende U.L.S.S. viste le scarse risor- se economiche destinate alla formazione ed all’aggiornamento del personale. • Deve essere prevista l’apertura di uno o più Laboratori regionali di 2° livello (o di Laboratori provinciali) attrezzati di riferimento per l’analisi micologica, oppure, in alternativa presso gli Ispettorati Micologici, di locali/laboratorio attrezzati con bibliografia e strumentazione adeguata, in modo che gli stessi Micologi degli Ispettorati che si sentono di farlo, una volta formati adeguatamente, possano avere un luogo idoneo per poter svolgere il loro compito. • Devono essere previsti corsi di addestramento per il personale di pronto soccorso e/o del 118 (non ci sono medici-micologi od infermieri micologi a livello ospedaliero): ad esso devo- no essere dedicati corsi di formazione o di aggiornamento per intervenire più efficacemente nei casi di intossicazioni da funghi, con la raccolta di tutto quanto possa essere utile ad una diagnosi micologica. • È necessario individuare e trovare un Laboratorio regionale per la determinazione delle amanitine urinarie secondo la metodologia E.L.I.S.A. con personale idoneamente attrezza- to a lavorare con tale metodologia. • Tra i compiti dell'Ispettorato Micologico deve essere prevista anche l’organizzazione dei corsi (a frequenza facoltativa) per la preparazione all’esame per il conseguimento dell’atte- stato di idoneità alla identificazione delle specie fungine e l’organizzazione di corsi per i raccoglitori, al fine di garantire adeguata sicurezza per la salute pubblica nel consumo dei funghi epigei spontanei. A livello aziendale: • Devono essere istituiti con delibera del Direttore Generale dell'Azienda U.L.S.S. gli ispetto- rati micologici e la reperibilità micologica dove ancora non sono stati istituiti (possibilmente su modelli unici proposto a livello regionale). • Devono essere proposti progetti di corsi di formazione e di aggiornamento periodico per i commercianti e per i ristoratori finalizzati alla conoscenza ed al ripasso delle specie tossi- che ed alla coscienza dei rischi inerenti all’attività svolta, in analogia ai corsi per gli alimen- taristi. • Devono infine essere proposti progetti di corsi di formazione per le scuole, per i raccoglitori e per la cittadinanza finalizzati alla prevenzione delle intossicazioni da funghi, alla divul- gazione della conoscenza dei funghi ed alla sensibilizzazione ed al rispetto dell’ambiente.

4. Allegati

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PdM 37.pmd 220 14/01/17, 12.15 PAGINE DI MICOLOGIA Prima esperienza di consulenza micologica ospedaliera in ambito di Area Vasta nella provincia di Pesaro Urbino

MARTA FALASCONI ASUR Marche Area Vasta N.1 sede di Urbino - Dipartimento di Prevenzione via Comandino, 70 - I 61029 Urbino - E-mail: [email protected]

Riassunto Negli anni 2009-2010, nell’ambito dell’Area Vasta 1 dell’ASUR Marche, il servizio di consulenza micologica ospedaliera è stato svolto da 6 micologi che hanno turnato per tutti gli ospedali ricompresi nell’area stessa. Complessivamente sono stati fatti 21 interventi che hanno portato all’identificazione di funghi appartenenti sia a specie tossiche che a specie commestibili ma consumati in modo non appro- priato. Parole chiave: Consulenza micologica, referto micotossicologico, intossicazione , area vasta. Abstract In 2009-2010, the mycological advice service for hospitals was carried out by 6 mycologists working shifts in all hospitals of the ASUR Marche Healthcare District No. 1. A total of 21 actions were performed resulting in the identifications of both poisonous and edible mushrooms, though the last ones eaten in an improper way. Key-words: Mycological advice, mycotoxicological report, poisoning, healthcare district. Introduzione L’ASUR Marche nel 2009 ha deliberato un progetto biennale per gli anni 2009-2010 che tra l’altro prevedeva anche l’istituzione di un servizio di consulenza micologica a tutti i presidi ospedalieri della Regione, 24 ore su 24, mediante turnazione degli ispettori micologi in servizio. Tale servizio è stato organizzato sulle Aree Vaste in cui la Regione risulta suddivisa: • Area Vasta 1 Pesaro-Urbino • Area Vasta 2 Ancona • Area Vasta 3 Macerata • Area Vasta 4 Fermo • Area Vasta 5 Ascoli Piceno Il territorio dell’Area Vasta 1 coincide con la Provincia di Pesaro-Urbino e nel biennio 2009- 2010 si è operato su 7 presidi ospedalieri di: Pesaro, Urbino, Fano, Fossombrone, Pergola, Cagli, Sassocorvaro. Mensilmente il Direttore Tecnico della Prevenzione trasmette i turni dei micologi a tutti i presidi ospedalieri di pertinenza. In caso di necessità l’ospedale chiama il Micologo di turno che si rende disponibile per tutti i presidi dell’Area Vasta. Procedura operativa Il primo intervento del Micologo, dopo colloquio col medico richiedente, consiste nella com- pilazione dell’apposito modulo 4 regionale “Richiesta consulenza micotossicologica per so- spetta intossicazione da funghi”. In tale modulo oltre alla data, ora e sede dell’intervento, sono riportate anche le seguenti informazioni: 1. Dati dell’intossicato 2. Eventuali altre persone coinvolte 3. Dati relativi ai funghi ingeriti (luogo di raccolta, morfologia, ecc.) 4. Trattamento sui funghi (pulizia, modalità di cottura, modalità di consumo, ecc.) 5. Data e ora di preparazione del pasto e del consumo 6. Sintomi accusati, data e ora di insorgenza

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Le informazioni della scheda sono fornite dall’intossicato se è in grado, altrimenti da fami- liari o commensali. A questo punto si raccoglie tutto il materiale disponibile e utile alla identificazione dei funghi: carpofori interi, pezzi di carpoforo, funghi cotti o preparazione alimentare, funghi con- gelati, residui di pulizia; in assenza di tale materiale si opera su vomito o aspirato gastrico. Si procede quindi all’accertamento morfobotanico mediante, a seconda dei casi, indagine macroscopica, microscopica o macrochimica, onde pervenire all’identificazione dei funghi re- sponsabili. Al termine dell’indagine si compila il modulo 5 “Referto micotossicologico” in cui si descri- ve l’operato e, se è stato possibile, l’eventuale identificazione del Genere o della specie dei funghi analizzati e lo si trasmette, prima possibile, al Medico richiedente. Risultati Nel periodo 2009-2010 sono stati effettuati 21 interventi di cui solo uno nel 2009 presso l’ospedale di Urbino e tutti gli altri nel 2010, in un ristretto lasso di tempo, che ha coinciso con un periodo di crescita eccezionale dei funghi. Gli interventi nell’anno 2010 sono stati effettuati nei sotto elencati presidi ospedalieri: • n. 6 presso ospedale di Urbino • n. 4 presso ospedale di Sassocorvaro • n. 7 presso ospedale di Pesaro • n. 2 presso ospedale di Fano • n. 1 presso ARPAM di Pesaro In tutti i casi si è pervenuti all’identificazione dei funghi responsabili delle intossicazioni vere o presunte; solo una volta (ospedale di Urbino) non si è riusciti nello scopo per totale assenza di materiale fungino e non utilizzo di aspirato gastrico in quanto il paziente è giunto in ospedale dopo 4 giorni dall’ingestione, per cui è stata ipotizzata una diagnosi solo dal punto di vista clinico. I funghi identificati sono risultati appartenere sia a specie tossiche che a specie commesti- bili ma consumati in modo non appropriato. Sono state identificate le seguenti specie e/o gene- ri: 5 volte Russula olivacea, 3 volte Omphalotus olearius, Agaricus sp., 2 volte Agrocybe aegerita, 1 volta Entoloma sinuatum, Hygrophorus penarius, Hygrocybe conica, Hygrocybe konradii, Armillaria mellea, Macrolepiota procera, Polyporus varius, Xerocomus sp., Boletus sez. edules (tabella 1).

OSPEDALE N° INTERVENTI FUNGHI TROVATI URBINO 6 Russula olivacea (2 volte), Hygrocybe konradii, Hygrocy- be conica, Omphalotus olearius, Polyporus varius SASSOCORVARO 4 Russula olivacea (2 volte), Omphalotus olearius (2 volte) PESARO 7 Agaricus sez. Xanthodermatei (2 volte), Hygrophorus pe- narius, Entoloma sinuatum, Agrocybe aegerita (2 volte), Russula olivacea, Armillaria mellea, Macrolepiota procera FANO 2 Agaricus sez. Xanthodermatei, Xerocomus sp. ARPAM PESARO 1 Boletus sez. edules Tabella 1 - Interventi negli ospedali dell’Area Vasta 1 nel 2010 All’identificazione si è giunti utilizzando materiali che a seconda dei casi erano disponibili: • Carpofori interi: Russula olivacea, Hygrocybe conica, Hygrocybe konradii, Omphalotus olearius, Polyporus varius; • Parti di carpoforo e residui di pulizia: Russula olivacea, Agaricus sp., Hygrophorus penarius, Entoloma sinuatum, Armillaria mellea, Macrolepiota procera, Xerocomus sp., Agrocybe aegerita, Omphalotus olearius; • Aspirato gastrico: Agaricus sp.;

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• Funghi congelati: Boletus Sez. edules. Conclusioni Nei casi di consulenza ospedaliera descritti, non sempre sono stati coinvolti funghi tossici, infatti, dalla valutazione della breve casistica, possiamo notare come parte degli interventi abbiano riguardato l’utilizzo di funghi commestibili ma consumati in modo inappropriato. Dal- la disamina delle schede è emerso che Russula olivacea è stata consumata sempre dopo cottu- ra alla griglia, Agrocybe aegerita è stata consumata cruda o utilizzando i soli gambi, Polyporus varius è stato consumato crudo, Armillaria mellea è stata cotta in modo inadeguato (senza bollitura). I funghi tossici coinvolti sono stati solo Entoloma sinuatum, Omphalotus olearius, Agaricus Sez. Xanthodermatei e Hygrocybe conica. Le persone coinvolte sono state complessi- vamente 29. I casi esaminati ci indicano che le intossicazioni vere o presunte sono derivate in prevalen- za da raccolte private (85%) mentre si hanno basse percentuali per funghi regalati (10%) o acquistati (5%) (Fig. 1). Quasi tutti gli interventi sono stati effettuati nel mese di ottobre, periodo in cui si è avuto una eccezionale crescita di funghi che ha favorito la raccolta anche a persone non formate o abilitate ai sensi della L.R. 17/01.

Figura 1 - Provenienza dei funghi responsabili di intossicazione Bibliografia

AA.VV. - 2009: Atti del 4° Convegno Internazionale di Micotossicologia 6-7 dicembre 2007. Pagine di Micolo- gia 32: 189. GALLI R. - 1996: Le Russule. Milano. MALETTI M. & R. PAOLINI - 2003: I funghi della Provincia di Pesaro e Urbino. Atlante fotografico vol. 1°. Pesaro. FOIERA F., E. LAZZARINI, M. SNABL & O. TANI - 1998: Funghi Igrofori. Bologna. LAVORATO C. & M. ROTELLA - 1999: Funghi. Guida alle specie commestibili, commerciabili e velenose. Pratica ispettiva di funghi alpini, appenninici e mediterranei. Cosenza. PAPETTI C., G. CONSIGLIO & G. SIMONINI - 2000: Atlante fotografico dei funghi d’Italia vol. 1. A.M.B. Fondazione Centro Studi Micologici. Trento.

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PdM 37.pmd 223 14/01/17, 12.15 A.M.B. Centro Studi Micologici FUNGI FIMICOLI ITALICI FRANCESCO DOVERI è stato ristampato - has been reprinted 290 taxa descritti (90 Basidiomiceti e 200 Ascomiceti) con relative diagnosi originali glossario indice delle spe- cie trattate e di quelle citate (innova- tivo!) aggiornamento delle classiche chiavi dicotomiche dei principali generi di funghi fimicoli l’intero testo in lin- gua italiana e tradotto in inglese. 1.104 pagine in carta patinata da 100 grammi nel formato 24 × 17 cm co- pertina cartonata con dorso tondo ol- tre 150 fotografie a colori di rara bellez- za riprodotte nel formato 7,0 × 4,5 cm (inserite in un fascicolo in carta patinata da 130 grammi) oltre 300 tavole origi- nali di microscopia in bianco e nero a piena pagina circa 100 disegni al trat- to in bianco e nero di altrettante specie.

290 taxa described (90 Basidio- mycetes and 200 Ascomycetes) with the relevant original diagnoses glossary index of the species treated and of those cited (innovatory!) update of classical dicho-tomous keys of the main genera of fimicolous fungi the whole text in Italian with the English translation. 1.104 pages of 100 g patinated paper in 24 × 17 cm format cover in paste-board with round back more than 150 photocolours of a rare beauty in 7,0 × 4,5 cm format (inserted in a booklet of 130 g patinated paper) more than 300 full page synoptic line drawing tables of microanatomical features about 100 line drawings in B/W for 100 species. PREZZI DI CESSIONE Soci e Gruppi A.M.B. Italia: 100 ¤ + spese di spedizione Non Soci Italia: 110 ¤ + spese di spedizione Info: Segreteria Nazionale A.M.B. via A. Volta, 46 - 38100 Trento (Italia) E-mail: [email protected] PRICE OF THE BOOK A.M.B. members: 100 ¤ + 25 ¤ for mailing charges Not A.M.B. members: 110 ¤ + 25 ¤ for mailing charges We accept only payments made by postal international money orders, made payable to the “Associazione Micologica Bresadola, via A. Volta, 46 - 38100 Trento”

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PdM 37.pmd 224 14/01/17, 12.15 PAGINE DI MICOLOGIA Intossicazioni fungine: nuove o recenti sindromi segnalate dalla letteratura internazionale

PIETRO FRANCHINA* , FABIO BERNARDELLO**, GIORGIA FRANCHINA*** *biologo, membro del Gruppo Micologico e Protezione Flora Spontanea di Verona ** medico chirurgo, membro del Gruppo Micologico e Protezione Flora Spontanea di Verona ***medico chirurgo, dirigente medico dell’Unità Operativa di P.S. del Policlinico G.B. Rossi di Verona

RIASSUNTO Recentemente è stata segnalata in Cina una nuova sindrome correlata al consumo del fungo Podostroma cornu-damae. A tutt’oggi sono stati osservati 13 casi di intossicazione, con 2 deces- si, causati dal suddetto fungo. I sintomi iniziali dell’intossicazione comprendevano diarrea, vomito e disidratazione; dopo 3 giorni dall’assunzione del fungo si sono aggiunti anuria, ipotensione, disturbi della coscienza e polipnea. Nei casi descritti, in assenza di un adeguato trattamento, il decesso è sopraggiunto per un’insufficienza multiorgano. Particolari segni clinici tipici dell’intossicazione da Podostroma cornu-damae sono stati la desquamazione del palmo della mano, alopecia, leucopenia e trombocitopenia. In Giappone, inoltre, dal 1958 al 2007 sono stati osservati circa 20 casi di intossicazione, con 8 decessi, correlati al consumo di Russula subnigricans. In una fase iniziale la sintomatologia riscontrata era costituita da nausea, vomito, dolori addominali e diarrea; dopo 2 o 3 giorni dall’assunzione si sono manifestate rabdomiolisi e mioglobinuria seguite da insufficienza renale e insufficienza multiorgano. In Cina è stata segnalata una nuova sindrome definita come Sindrome dello Yunnan o anche “Yunnan sudden death syndrome”, dovuta all’assunzione di venenata, piccolo fungo appartenente alla Famiglia delle . La sindrome è caratterizzata da arresto car- diaco improvviso e ha causato circa 400 decessi. Nelle ore che hanno preceduto il decesso i pazienti presentavano nausea, crisi epilettiche, tachicardia, astenia. Si ritiene che le tossine responsabili della Sindrome dello Yunnan siano 2 aminoacidi estremamente tossici anche ne- gli animali di laboratorio, ma alcuni tossicologi cinesi e americani ritengono che la sindrome potrebbe essere ricondotta ad una intossicazione da bario, reperito in grandi quantità nell’ac- qua potabile della provincia e nel terreno ove tali funghi si sviluppano. Un’ulteriore forma di intossicazione, osservata in Giappone e in Europa, è una vera e propria tossicodermia legata al consumo del fungo Lentinula edodes, crudo o poco cotto. Tale intossi- cazione, definita come flagellar dermatitis, si manifesta con la comparsa di lesioni lineari sulla cute di individui che hanno consumato in tempi ravvicinati il fungo in questione in elevate quantità o crudo. Si è ipotizzato che la sostanza responsabile di questa particolare forma di intossica- zione possa essere il lentinano, un importante componente chimico del fungo. Le nuove forme di micetismo vanno ad aggiungersi a quelle recenti segnalate nell’ultimo decennio quali la rabdomiolisi da consumo di Tricholoma equestre in Francia e in Polonia , la sindrome acromelalgica da ingestione di Clitocybe amoenolens osservate in Francia e in Italia e l’ encefalopatia criptogenica legata al consumo di Pleurocybella porrigens in Giappone.

SUMMARY Mushroom poisoning: novel or recent syndromes reported in the international literature. Recently a new syndrome related to Podostroma cornu-damae mushroom consumption has been reported in China; 13 cases of poisoning related to this mushroom have been observed with 2 death. The initial symptoms included diarrhea, vomiting and dehydration; 3 days after anuria, low blood pressure, polypnea and consciousness disturbances arose. In the described cases, if not adequately treated, a multiple organ failure led to death. Typical clinical symptoms of Podostroma cornu-damae poisoning were palms desquamation, alopecia, leukopenia, and thrombocytope- nia. Another syndrome has been reported in Japan with 20 cases and 8 deaths related to the Russula subnigricans ingestion. At an early stage the patients complained nausea, vomiting, abdominal

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pain and diarrhea; after 2 or 3 days the patients developed severe rhabdomyolysis and myoglobinuria followed by renal failure and multiple organ failure. A new syndrome, defined as Yunnan sudden death syndrome, has been recently reported in China; the syndrome is related to the consumption of , a little mushroom belonging to the Marasmiaceae family. The syndrome is characterized by sudden cardiac arrest and 400 deaths have been reported. In the hours before the death the patients developed nau- sea, seizures, tachycardia, asthenia. It is believed that the toxins responsible for the Yunnan syndrome could be 2 extremely toxic amino acids, but some Chinese and American toxicologists believe that the syndrome may be related to a barium poisoning, found in large amounts in drinking water in the Yunnan province and in the soil where this mushroom grows. A further toxic syndrome, described in Japan and Europe, is a toxicoderma linked to the consumption of raw or undercooked mushroom Lentinula edodes; the poisoning, called flagellar dermatitis, is characterized by the appearance of skin linear lesions in individuals who had eaten the mushroom in large quantities or raw. These new syndromes are in addition to the recent ones reported in the last decade: rhabdomyolysis following consumption of Tricholoma equestre, reported in France and Poland, acromelalgic syndrome due to the ingestion of Clitocybe amoenolens, described in France and Italy, and cryptogenic encephalopathy linked to Pleurocybella porrigens observed in Japan. Premessa In Europa nell’ultimo decennio sono stati identificati e descritti nuovi micetismi dovuti a consumo di funghi in precedenza ritenuti privi di effetti tossici. Tra questi micetismi vi sono i casi di rabdomiolisi registrati in Francia e in Polonia da assun- 1) zione di Tricholoma equestre (CHODOROWSKY ET AL., 2002) e i casi di acromelalgia in individui che avevano consumato la Clitocybe amoenolens (SAVIUC ET AL., 2006). In questa sede saranno analizzati dati epidemiologici e clinici riguardanti nuove forme di

Podostroma cornu-damae (Foto I. Asai)

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micetismo segnalate dalla letteratura internazionale e saranno forniti alcuni aggiornamenti riguardanti sindromi tossiche da assunzione di Russula subnigricans e Pleurocybella porrigens. a) Intossicazione da Podostroma cornu-damae In Giappone è stata segnalata una nuova e grave intossicazione causata da Podostroma cornu-damae, un ascomicete appartenente all’ordine delle Hypocreales descritto per la prima volta dal micologo francese Patouillard nel 1895 nella provincia cinese del Sichuan (PATOUILLARD, 1895). Il fungo è costituito da corpo centrale da cui si dipartono più rami digitati che possono raggiungere i 100 mm di altezza con un diametro di 3-7 mm. Il colore della base dei rami è inizialmente rosso brillante con base che talvolta può assumere sfumature gialle o arancio o biancastre. La carne è bianca, consistente e fibrosa. I periteci sono situati sulle pareti dei rami. Cresce in boschi di latifoglia ed è stato reperito in Cina, Giappone ed Indonesia (Giava). Il Podostroma cornu-damae ha dato luogo in Giappone a numerosi casi di grave intossica- zione e ad alcuni decessi. Nel 1999 nella prefettura di Nigata un individuo che aveva consumato alcuni frammenti del fungo (circa 1 g ciascuno), messi a bagno nel sakè per alcuni minuti, è deceduto dopo 2 giorni (NELSEN, 2011). Nel 2000 nella prefettura di Gumma un maschio adulto è deceduto dopo aver consumato il fungo fritto. I sintomi registrati in questi 2 individui consistevano in dolori di stomaco, leucocitopenia e trombocitosi, distacco della pelle del viso, perdita dei capelli e di peli, alterazioni dell’equili- brio, e difficoltà di movimento e di parola (SAIKAWA ET AL., 2001). Un uomo di 55 anni che aveva consumato il fungo, è deceduto a 82 ore dall’assunzione. L’autopsia aveva evidenziato uno stato di sofferenza renale, necrosi epatica e coagulazione intravascolare disseminata (KOICHI ET AL., 2003). Un altro caso di intossicazione da Podostroma cornu-damae è stato rilevato da Hiroyasu nel 2003: si trattava di un maschio adulto di 62 anni che aveva consumato per errore il fungo e che aveva accusato inizialmente vomito, diarrea e dolori addominali; dopo 24 ore era insorto shock ipovolemico, con leucitopenia e trombocitopenia. Il paziente in questo caso è stato sotto- posto a terapia reidratante e ad un trattamento emodialitico ed è sopravvissuto. Un altro caso di intossicazione con comparsa di leucopenia e trombocitopenia 7 giorni dopo l’assunzione del fungo è stato trattato con successo con plasmaferesi e somministrazione di GCSF e iperdratazione (SUZUKI ET AL., 2002). Gonmori e collaboratori (2011) del Dipartimento di Medicina Legale dell’Università di Hamamatsu hanno osservato tra 1983 e il 2008 ben 13 casi di intossicazione da Podostroma cornu-damae con 2 decessi a seguito di consumo anche di quantità minime del fungo (Tabella 1). I sintomi dell’intossicazione inizialmente sono stati diarrea, il vomito e la disidratazione e dopo 3 giorni sono comparse anuria, ipotensione, alterazione della coscienza e polipnea; inol- tre un particolare segno clinico dell’intossicazione era la desquamazione lamellare delle pal- me delle mani, oltre che perdita dei capelli e dei peli, leucopenia e trombocitopenia. I sintomi di questa forma di micetismo sono simili a quelli osservati negli animali e in alcu- ni individui che avevano consumato micotossine appartenenti al gruppo dei tricoteceni, prodot- te dai microfunghi appartenenti ai Generi Fusarium, Trichothecium, Cephalosporium ed altri . Ricercatori giapponesi (SAIKAWA, 2001) hanno in effetti dimostrato la presenza nel fungo di tricotreceni macrociclici (roridina E, verrucarina J, satratossina H, satratossina 12’,13’- diacetato, satratossina H12’- acetato e satratossina 13’- acetato (Figura 1). Nel liquido di coltura del fungo i ricercatori hanno osservato la presenza di roridina E, verrucarina J e satratossina H. Tutte queste sostanze, ad eccezione della verrucarina J, se iniet- tate nella cavità peritoneale di topi alla dose di 15 mg/kg, ne provocano in 24 ore la morte (SAIKAWA ET AL., 2001). I tricoteceni sono in effetti micotossine con un potente effetto inibitorio della sintesi proteica delle cellule animali. Inoltre in Giappone sono stati segnalati casi di grave irritazione cutanea in individui che avevano anche soltanto toccato il fungo.

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Tab. 1. Casi di intossicazione da consumo di Podostroma cornu-damae Autore N°casi Sintomi e segni clinici Esito Nota (anno) riportati

SAIKAWA ET AL. 1 n.r. deceduto Case report (1999, 2000) 1 n.r. deceduto Case report; consumo del fungo fritto

SUZUKI ET AL. 1 Diarrea severa, vomito, deidra- Case report; trattamen- (2002) tazione, ipotensione, proteinu- to con emofiltrazione e ria, leucocitopenia, trombocito- sopravvisuto iperidratazione penia , perdita peli e capelli, desquamazione cutanea

KOICHI ET AL. Insufficienza renale, necrosi (2003) 1 epatica, coagulazione intrava- deceduto Case report scolare disseminata

HIROYASU ET 1 Diarrea, vomito, dolori addo- AL. (2003) minali, diarrea, shock, eritema generalizzato, leucocitopenia, sopravvisuto Case report trombocitopenia, stomatite e desquamazione del viso, ca- duta peli e capelli

GONMORI ET AL. 13 Diarrea, vomito, disidratazio- (2011) ne, desquamazione delle pal- me, perdita di peli e capelli, deceduto Casi osservati dal 1983 leucocitopenia e trombocito- al 2008 penia anuria, ipotensione, di- sturbi della coscienza, polipnea

Sulla base dei dati clinici e tossicologici disponibili la maggior parte degli esperti ritiene oggi che la sindrome osservata a seguito di consumo di Podostroma cornu-damae sia micotossicosi e non un micetismo. b) Intossicazione da Trogia venenata Nella provincia cinese dello Yunnan, a partire dal 1978, ogni estate durante la stagione delle piogge si sono verificati casi di morte improvvisa con inspiegabili aritmie e arresti cardi- aci (YANG ET AL., 2008; LU ET AL., 2010; SHI ET AL., 2012). La patologia definita come “morte improvvisa dello Yunann ad eziologia sconosciuta”, in inglese “Yunnan Unknown Cause Sudden Death”, ha portato a morte circa 400 persone e colpi-

Figura 1. Micotossine isolate da Podostroma cornu-damae

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Trogia venenata (Foto Ji-Kai Liu)

to numerosi altri individui, anche giovani, per lo più abitanti in piccoli villaggi remoti della Cina ad altitudini comprese tra i 1.800 e 2.400 metri sul livello del mare. I decessi in una determinata famiglia o in certi villaggi avvenivano in genere entro una settimana dai primi sintomi e si verificavano di norma in giovani sia maschi che femmine. Inoltre le morti improvvise avvenivano durante l’attività lavorativa quotidiana e raramente du- rante il sonno. I sintomi registrati in 13 pazienti deceduti e in 10 pazienti con lieve intossicazione nel periodo 2006-2009 sono riportati nella tabella 2. Due terzi delle vittime prima del decesso ave- vano mostrato sintomi estremamente generici come nausea, vertigini, palpitazioni, affatica- mento, non associabili ad alcuna patologia specifica. Nel 2004 il governo di Pechino decise di incaricare l’unità speciale China Field Epidemiology Training Program (CFETP) del Chinese Centre for Disease Control and Prevention (CDC) di risolvere questo ostico ed inspiegabile caso. Nel 2006 gli esperti del CFETP reperirono in svariate abitazioni di persone colpite da morti improvvise degli strani funghi, piccoli, bianchi e dall’aspetto fragile, senza alcun valore commerciale: si trattava di Trogia venenata, fungo poco conosciuto con un cappello di colore bianco, un gambo cartilagineo corto bianco e lamelle decorrenti, specie che cresce su ceppaie o su legno morto. La distribuzione dei decessi a seguito del consumo del fungo dal 1975 al 2009 sono riportati nella Figura 2. I decessi registrati nel periodo 1990 al 2005 sono stati in media 21 all’anno ma a partire dal 2006 grazie all’opera di sensibilizzazione, informazione e sorveglianza specifica esercitata dagli esperti governativi nei villaggi in cui si erano osservate le morte improvvise, si è registrata una significativa riduzione dei decessi . L’esame autoptico di individui intossicati e deceduti a seguito al consumo del fungo ha evidenziato rotture o lisi e necrosi delle fibrocellule muscolari cardiache con infiltrazione linfocitaria. In tre pazienti si è anche evidenziata infiltrazione linfocitaria del fegato, edema polmonare in 2, insufficienza renale, necrosi epatica e congestione epatica, polmonare e della

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Tab. 2. Sintomi registrati in 13 pazienti deceduti per morte improvvisa e in 10 pazienti con lieve intossicazione dopo consumo di Trogia venenata sintomi n° casi individui deceduti forme lievi palpitazioni 2 8 vertigini 3 6 peso toracico 0 6 dispnea 2 4 dolore addominale 6 5 perdita coscienza o sincope 8 4 emicrania 3 5 tosse 0 4 vomito 4 4 mal di gola 3 3 convulsioni 3 1 dolore toracico 3 2 astenia 3 1 intorpidimento piedi e mani 1 1 dolore alle spalle o al collo 3 1 coma 6 0 difficoltà respiratoria 1 0 nausea 1 0 diarrea 1 0

milza, in un paziente (WANG ET AL., 2007). Sul piano ematologico si sono osservati incrementi della creatinchinasi, della mioglobina e dell’alaninaminotransferasi. Dal punto di vista tossicologico si è visto che topi alimentati con estratti di T. venenata (dose di 3,5 g) sono deceduti dopo 5 ore ed inoltre topi trattati per via orale con estratti, a dosi com- prese tra 1,5 e 3,0 mg/kg, sono tutti deceduti mentre un gruppo di 4 animali trattato con dosi si 0,5 g/kg è sopravvissuto. Topi trattati con T. venenata alla dose di 2 g/kg hanno sviluppato una

Elaborato da: SHI G., HUANG W., ZHANG J. ET AL., 2012 Figura 2. Casi di morte improvvisa per consumo di Trogia venenata

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acido 2R-amino-4S-idrossi-5-esinoico acido 2R-amino-5-esinoico acido γ-guanidinobutirrico Figura 3. Aminoacidi tossici isolati da Trogia venenata

profonda ipoglicemia 2 ore dopo l’assunzione (SHI ET AL., 2012). La dose letale minima riscontra- ta nell’animale equivarrebbe nell’uomo a circa 140-430 g di fungo fresco. Nel 2012 un team della Accademia Cinese delle Scienze e del Chinese Centre for Disease Control and Prevention (CFETP), è riuscito ad estrarre da T. venenata delle sostanze tossine ritenute responsabili dei decessi (ZHOU ET AL., 2012). Due di questi composti sono aminoacidi completamente sconosciuti, l’acido 2R-amino-4S- idrossi-5-esinoico e l’acido 2R-amino-5-esinoico, il terzo è l’acido g-guanidinobutirrico, già noto per le sue proprietà tossiche. I due nuovi aminoacidi presentano una tossicità non particolar-

mente elevata sui topi, con una DL50 pari circa a 80 mg/ kg (Figura 3). Tuttavia secondo alcuni tossicologi giapponesi la presenza anche di alte concentrazioni di tali aminoacidi non è sufficiente a spiegare i decessi in quanto sulla base dei dati presentati dai colleghi cinesi per il manifestarsi dell’intossicazione un adulto dovrebbe consumare circa 4 kg di fungo. Gli esperti del Chinese Centre for Disease Control and Prevention hanno ipotizzato che i decessi siano da attribuire all’effetto combinato delle tossine del fungo e all’assunzione con- temporanea di bario, presente a livelli ambientali eccezionalmente elevati nelle acque superfi- ciali, nei campioni di sangue e nei funghi dello Yunnan. Non esiste comunque una concordanza di opinioni tra gli esperti in merito alle cause della sindrome di morte improvvisa dello Yunnan. Anche l’ipotesi di una grave ipoglicemia indotta dalla Trogia non soddisfa pienamente anche perché in generale l’ipoglicemia si manifesta ini- zialmente con riduzione delle prestazioni mentali, astenia generalizzata, mal di testa, sudora- zione fredda, sensazione di fame e poi con convulsioni, sintomi questi che vengono chiaramen- te avvertiti dai pazienti e che non sono stati segnalati nel caso delle intossicazioni da Trogia. Si ritiene pertanto che la sindrome possa riconoscere una eziopatogenesi più complessa e probabilmente dovuta ad altre sostanze ancora non identificate. Potrebbero ad esempio essere responsabili della sindrome alcuni aminoacidi ad effetto cardiotossico e neurotossico non ancora identificati; per questa ragione sono attualmente in corso in Cina importanti studi di carattere tossicologico. Unico aspetto positivo in questa vicenda è il fatto che grazie all’intervento di esperti cinesi ed americani e al processo di sensibilizzazione e informazione delle popolazioni dei villaggi dello Yunnan il numero complessivo di casi di intossicazione e di decessi si è notevolmente ridotto. c) Intossicazione da Lentinula edodes Nel lontano 1977 il dr. Nakamura, un dermatologo giapponese, descrisse per la prima volta una forma particolare di dermatite dovuta al consumo di un fungo lignicolo molto comune in quel paese ovvero il Lentinus edodes oggi denominato Lentinula edodes. Si tratta di un fungo lignicolo appartenente alla Famiglia delle Marasmiaceae oggi reperi- bile su tutti i mercati del mondo, sia essiccato che crudo. La dermatite si manifestava con comparsa di papule rosse su tutto il corpo, ad andamento lineare tale da far pensare a colpi di frusta sulla cute. Si riteneva che la sindrome fosse limitata al continente asiatico in cui vi è un gran consumo del fungo e dove viene ampiamente coltivato. In realtà oggi anche in Europa vengono sempre più frequentemente segnalati dalla letteratura medica casi di intossicazione da Lentinula edodes (DÍAZ-CORPAS ET AL., 2011; HAAS ET AL., 2001; HERAULT ET AL., 2010; LAPRESTA ET AL., 2011; LIPPERT ET AL, 2003; LÓPEZ-NUÑEZ ET AL., 2012; TARVAINEN ET

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AL., 1991) definita anche “reishii dermatitis” o “flagellar dermatitis” o tossicodermia da Lentinula edodes). L’intossicazione si è manifestata nella maggior parte dei casi dopo 24-72 ore dall’as- sunzione del fungo crudo o non adeguatamente cotto, con sintomi che persistono per circa 10 giorni. Gli Autori delle segnalazioni concordano nel ritenere che l’eziopatogenesi delle partico- lari lesioni non sia di natura allergica ma che la dermatite flagellare sia una vera e propria intossicazione dovuta al lentinano, un polisaccaride presente nel fungo. Il lentinano avrebbe un effetto di vasodilatazione e di liberazione di sostanze ad effetto infiammatorio (interleuchina 1) a livello cutaneo, senza provocare prurito o dolore. Il lentinano si decompone al calore ed è pertanto solo il consumo del fungo crudo o parzialmente cotto che può sviluppare effetti tossici. Clinicamente la sindrome osservata è simile a quella registrata con bleomicina, un farma- co antineoplastico. Con la globalizzazione e la diffusione della cucina asiatica si ritiene che i casi di tossicodermia flagellata possano sensibilmente aumentare in futuro anche in Italia. Pertanto si ritiene oggi importante che tale forma di micetismo venga adeguatamente pubblicizzata e fat- ta conoscere anche al personale sanitario. d) Intossicazione da Pleurocybella porrigens La Pleurocybella porrigens è un fungo lignicolo appartenente alla Famiglia delle Tricholo- mataceae con un carpoforo a forma pleurotoide che si sviluppa in tarda estate e in autunno in Giappone su ceppaie di conifere. È conosciuta in Giappone con il nome di “sugihiratake” e in America con il nome “Angel wings“. Presenta un cappello bianco di circa 25-100 mm di diametro, a forma di conchiglia, piatto, carnoso, con carne bianca e molto sottile. Le lamelle sono di color bianco avorio, fitte, adnate o decorrenti su quasi tutto il gambo; la sporata è bianca. Il gambo talvolta ben sviluppato, altre volte assente, mostra una evidente peluria bianca alla base. In alcuni testi di micologia il fungo

Pleurocybella porrigens (Foto G. Müller)

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Figura 4. Pleurocybellaziridina

è definito come commestibile, di sapore grato sia pure con un retrogusto di ago di abete. Nel 2004 e 2005, sono stati segnalati in Giappone una cinquantina di casi di encefalopatia dovuti al consumo del fungo (KATO ET AL., 2004; KUWABABA ET AL., 2005; GEJYO ET AL., 2005), con esito mortale in molti casi. La maggior parte dei pazienti affetti da questa sindrome presentava una lieve o moderato grado di insufficienza renale ed erano spesso in trattamento emodialitico. La sindrome, definita anche encefalopatia criptogenica, è caratterizzata da un esordio con males- sere generale e difficoltà di deambulazione, tremori seguiti da alterazioni della coscienza, crisi epilettiche, edema cerebrale multifocale o da lesioni documentate ai nuclei della base. L’eziopatogenesi dell’intossicazione da Pleurocybella porrigens non è ancora stata chiarita seb- bene siano state proposte varie ipotesi (FRANCHINA ET AL., 2009). Recenti studi tossicologici hanno evidenziato che la somministrazione orale di estratti acquosi del fungo (dosi di 5 g/kg) a topi sani non ha dato luogo a fenomeni tossici mentre la somministrazione orale di una dose di 1 g/ kg in estratto acquoso in topi con insufficienza renale ha indotto una grave intossicazione. TAKATA ET AL. (2009) hanno determinato il contenuto di alcuni oligosaccaridi presenti negli esem- plari di P. porrigens raccolti negli anni in cui si erano registrati casi di intossicazione. Si è così potuto evidenziare il fungo conteneva grandi quantità di acido N-glicolilneuramico (NeuGc) solamente negli anni in cui si era registrata la comparsa della sindrome. Si è quindi ipotizzato che sia l’oligosaccaride il responsabile della encefalopatia in individui con preesistente insuf- ficienza renale. Di recente un gruppo di ricercatori giapponesi (WAKIMOTO ET AL., 2011) ha isolato da P. porrigens 6 aminoacidi dimostratisi citotossici e originati da un precursore comune la pleurocybellaziridina (Figura 4) presente nel fungo in quantità molto elevate (5,75 mg/g di fun- go). La pleurocybellaziridina a concentrazioni di 10 e 30 µg/ml in vitro si è dimostrata tossica sui dendrociti di ratto. Sulla base di queste ultime ricerche si ritiene oggi che la pleurocybellaziridina sia la sostanza responsabile delle lesioni cerebrali nella sindrome encefalica (WAKIMOTO ET AL., 2011). e) Intossicazione da Russula subnigricans Russula subnigricans è un basidiomicete che si sviluppa in boschi di alloro in ambienti caldi ed umidi della Cina, del Giappone e del Tibet. Si tratta di un fungo molto simile morfologicamente a Russula nigricans diffusa in tutto il mondo ma che si differenzia da quest’ultima per il fatto che al taglio la sua carne vira dal colore bianco al colore rosso, senza ulteriori cambi di colore, mentre la R. nigricans dopo un viraggio della carne dal bianco al rosso diventa poi di colore nerastro. La R. subnigricans si è resa responsabile di alcuni casi di rabdomiolisi in Cina e in Giappone.

I primi casi sono stati segnalati negli anni ‘50. Successivamente, nel 2001, LEE ET AL. (2001) a hanno descritto alcuni casi di rabdomiolisi verificatisi a Taiwan a seguito di consumo del fungo. GONMORI ET AL. nel 2011 hanno pubblicato una casistica giapponese di intossicazioni da Russula subnigricans che comprendeva 20 casi registrati tra il 1958 e il 2007 con 8 decessi: il tasso di mortalità era dunque del 40% (Tabella 3) . Gli intossicati presentavano come sintomi iniziali vomito, dolore addominale e diarrea; a 2-3 giorni dall’assunzione insorgeva rabdomiolisi e mioglobinuria con conseguente insufficien-

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Tab. 3. Casi di rabdomiolisi da consumo di Russula subnigricans • Totale casi segnalati dal 1958 al 2007: 20 • Tasso di mortalità: 40% • Sintomi: a) inizialmente vomito, dolore addominale e diarrea; b) dopo 2-3 giorni rabdomiolisi e mioglobinuria con conseguente insufficienza renale acuta e insufficienza d’organo multipla

Acido ciclopropene carbossilico

Dose letale 100 (DL100) per os o ip nel topo: 2,5 mg/kg Figura 5. Tossina isolata da Russula subnigricans

za renale acuta e insufficienza d’organo multipla. A isolare ed identificare dopo 8 anni di ricer- ca la tossina responsabile di questa particolare forma di micetismo è stata la dr.ssa Yoko Saikawa della Keio University Faculty of Science and Technology nel 2009 (MATSUURA ET AL., 2009). La tossina in questione è l’acido ciclopropene carbossilico, una sostanza con un anello di 3 atomi di carbonio legato all’acido carbossilico (Figura 5), dotata di un peso molecolare molto basso. L’effetto della tossina si manifesta nel topo con aumento della creatinfosfochinasi sierica. La

DL100 (dose letale 100) nel topo è pari a di 2,5 mg/kg dopo somministrazione orale e intraperitoneale; tale dose nell’uomo corrisponderebbe a 2-3 esemplari di fungo (GONMORI ET AL., 2011). RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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L’Associazione Micologica Bresadola ha il piacere di proporre il Calendario Micologico del 2015, con 12 magnifiche fotografie a colori, in grande formato, rappresentanti altret- tante specie fungine a tutti note e di larga diffusione.

Gennaio: Clavariadelphus truncatus Luglio: Suillus grevillei Febbraio: Entoloma saundersii Agosto: Marasmius oreades Marzo: Morchella fusca Settembre: Amanita caesarea Aprile: Calocybe gambosa Ottobre: Boletus edulis Maggio: Boletus calopus Novembre: Omphalotus olearius Giugno: Amanita phalloides Dicembre: Hygrocybe calyptriformis

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PdM 37.pmd 236 14/01/17, 12.16 PAGINE DI MICOLOGIA Nuove segnalazioni di Clitocybe amoenolens (Agaricales, sindrome acromelalgica) in l’Italia e note sulla sua distribuzione e posizione tassonomica

ALFREDO VIZZINI Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi, Università di Torino, Viale P.A.Mattioli, 25 - I 10125 Torino - E-mail: [email protected] RIASSUNTO Clitocybe amoenolens è una specie rara finora riportata da Marocco, Francia meridionale, Ita- lia centrale e Spagna settentrionale e centrale. La specie è stata responsabile, prima in Francia e successivamente in Italia di casi di eritromelalgia (= sindrome acromelalgica), un tipo di avvelenamento precedentemente segnalato in Giappone dopo l’ingestione di Clitocybe acromelalga. C. amoenolens è stata confusa con specie commestibili appartenenti al comples- so di flaccida (es. L. flaccida, L. gilva, L. lentiginosa) e con . Nel nostro intervento segnaliamo per la prima volta la presenza di questa specie velenosa nel nord Italia, discutendone la distribuzione geografica e la posizione tassonomica. ABSTRACT Clitocybe amoenolens is a rare species until now known only from Morocco, southern France, central Italy, and northern and central Spain. It was responsible, first in France and then in Italy, for induced erythromelalgia (= acromelalgia syndrome), a poisoning syndrome caused by the ingestion of Clitocybe acromelalga in Japan. C. amoenolens was confused with edible mushro- oms in the Lepista flaccida complex (e.g. L. flaccida, L. gilva, L. lentiginosa) and with Infundibu- licybe gibba. In this communication, records of this poisonous species are reported for the first time from northern Italy, and its geographical distribution and taxonomic position are discussed. Key-words: Tricholomataceae, , Paralepistopsis, acidi acromelici, conifere Cronistoria: distribuzione della specie e sindrome

Clitocybe amoenolens è stata originariamente descritta da Malençon (in MALENÇON & BERTAULT, 1975) dal Marocco, sulla base di collezioni provenienti dal versante Nord del Medio Atlante (due stazioni, Azrou e Ifrane-Rhabet el Behar), in boschi di Cedrus atlantica con Ilex aquifolium e Quercus ilex, a 1600-1700 m di altitudine, in terreno calcareo; viene riportata come una specie caratterizzata da un forte odore fruttato, paragonato a quello di Inocybe corydalina Quél. ed un aspetto da Clitocybe inversa (Scop.) Quél. Tale entità era stata precedentemente indicata dallo stesso autore come Clitocybe fallaciosa (nom. inval.) (MALENÇON, 1959), epiteto che sotto- linea il suo aspetto ingannevole. C. amoenolens è stata successivamente rinvenuta in zone montane della Francia, a Saint- Germain-au-Mont-d’Or (Rhône-Alpes) da BON (1987), sotto Pinus sylvestris-Larix decidua, ed in due località delle Hautes-Alpes, a Guillestre (Pinus sylvestris) ed Embrun (Larix decidua), da POUMARAT & NEVILLE (1993). Dopo questi ritrovamenti, per alcuni anni si sono spenti i riflettori su questa specie, fino al 9 settembre 1996, data in cui si sono verificati in Francia, a Lanslebourg-Mont-Cenis (valle de Haute-Maurienne, Savoie), alcuni casi di avvelenamento (5 persone intossicate, 2 famiglie) a seguito dell’ingestione di basidiomi di un fungo non ben identificato, raccolti sotto Picea abies e Larix decidua e confusi con quelli dell’ edule Lepista inversa (Scop.) Pat. (ora L. flaccida (Sowerby) Pat.) (FOURRÉ, 1997). Tale micetismo, ad esito fausto, era caratterizzato dall’insorgere, dopo 24 ore dall’ingestione, di dolori urenti all’ estremità dei piedi e delle mani, alle ginocchia, gola, naso e padiglioni auricolari, accompagnati da arrossamenti cutanei ed all’ aumento del- la temperatura cutanea; i dolori erano accentuati dal caldo e dal contatto con le lenzuola, specie quelli localizzati negli arti inferiori. Alcuni campioni secchi del fungo implicato vennero inviati al noto micologo Marcel Locquin e da questi identificati come Clitocybe subinvoluta (Batsch) Sacc. (FOURRÉ, 1997 e dati in MOREAU

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ET AL., 2001). Uno degli intossicati pensò di riconoscere il fungo responsabile in un articolo illu- strato riguardante Clitocybe acromelalga Ichimura (GUEZ, 1990), specie asiatica responsabile della sindrome acromelalgica (NAKAMURA ET AL., 1987), con sintomatologia sovrapponibile a quella indotta dal taxon francese. La specie, la cui tossicità è nota per alcuni casi in Giappone e Corea del Sud, era stata l’oggetto di un articolo divulgativo di ROMAGNESI (1989); questa Clitocy- be cresce sulla lettiera di Phyllostachys bambusoides, Acer palmatum, Zelkova serrata, Cryptomeria japonica (ICHIMURA, 1918; IMAZEKI ET AL., 1988; ROMAGNESI, 1989; GUEZ, 1990; MIYAUCHI, 1998; MOREAU ET AL., 2001) e contiene gli acidi acromelici, metaboliti responsabili della sindrome (KONNO ET AL., 1983, 1988; FUSHIYA ET AL., 1990, 1992). Gli acidi acromelici sono aminoacidi neuroeccitatori che presentano analogie stutturali con l’ acido domoico e acido kainico, agonisti dei recettori non-N-methyl-D-aspartate (NDMA) dell’ acido glutammico (Fig. 1). Successivemente, CHARIGNON & GARCIN (1998) hanno pubblicato un articolo con la prima descrizione ed illustrazione del fungo responsabile dell’avvelenamento in Savoia. Il micologo

Figura 1. Acidi acromelici e agonisti dei recettori non-N-methyl-D-aspartate (NDMA) dell’ acido glutammico (acido kainico ed acido domoico).

giapponese Miyauchi, dopo aver effettuato uno studio comparativo ha dimostrato che la Clito- cybe sp. francese è entità diversa da Clitocybe acromelalga (MIYAUCHI, 1998). NEVILLE & POUMARAT (1998) hanno ricondotto le raccolte savoiarde a C. amoenolens e nelle pubblicazioni di COURTECUISSE ET AL. (1998), BOIRON & COURTECUISSE (1999) e SAVIUC (1999) viene adottata questa determinazione. CONTU ET AL. (1999) hanno segnalato C. amoenolens per la prima volta per l’Italia, in Abruz- zo, zona di Avezzano, sotto Pinus nigra. MOREAU ET AL. (2001) hanno effettuato un accurato studio microscopico comparativo fra le raccolte francesi e quelle marocchine di C. amoenolens, evidenziandone la conspecificità; allo stesso tempo hanno dimostrato la sua indipendenza da C. acromelalga. SAVIUC ET AL. (2001, 2002) hanno fornito le prime review sulla sindrome da C. amoenolens definendola come sindrome eritromelalgica. LEONARDI ET AL. (2002) hanno descritto dall’Abruzzo un caso di intossicazione collettiva da C. amoenolens riconducibile a tale sindrome (esemplari raccolti sotto Pinus nigra e Cupressus sp.). BESSARD ET AL. (2004) hanno isolato da C. amoenolens, mediante spettrometria di massa, l’acido acromelico A, precedentemente messo in evidenza in C. acromelalga (KONNO ET AL., 1983, 1988). MARINETTI & RECCHIA (2005) hanno segnalato in Abruzzo nuovi casi di avvelenamento da C. amoenolens. FONS ET AL. (2006) hanno identificato nel metil-(E)-cinnamato, metil benzoato, (E)-nerolidol e metil antranilato i composti volatili responsabili dell’odore grato di C. amoenolens (Fig. 2). Gli

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Figura 2. I principali metaboliti volatili dell’odore di Paralepistopsis amoenolens

stessi autori hanno dimostrato che il metil-(E)-cinnamato costituisce anche la componente prin- cipale dell’odore soave di fiori del Tricholoma caligatum (Viv.) Ricken. LEONARDI & MAGGI (2007) descrivono nuovi ritrovamenti della specie per l’Abruzzo, avvenuti sotto Pinus nigra, Larix decidua, ma anche Cedrus. MARTÍNEZ ET AL. (2010) riportano per la prima volta la presenza di C. amoenolens per la Spagna, raccolta nelle regioni autonome di La Rioja (sotto Picea abies), in compagnia e frammista a Lepista flaccida e di Castilla-La Mancha (Guadalajara-Tamajon) (sotto Pinus pina- ster e Cupressus arizonica o P. nigra e Quercus petraea), rispettivamente vicine al nord ed al centro della Spagna. La specie viene poi segnalata per la prima volta nel nord Italia da VIZZINI & ERCOLE (2012), e precisamente in Piemonte, Val di Susa (TO), sul versante di Salbertrand e di Sauze d’Oulx del

Figura 3. Basidiomi di Paralepistopsis amoenolens. a. Lanslebourg (Mont-Cenis, valle de Haute-Maurienne, Savoie), 02/09/2011, foto Alfredo Vizzini. b. Parco Naturale del Gran Bosco di Salbertrand, Sauze d’Oulx, Val di Susa (TO), 12/11/2011, foto Alfredo Vizzini. c. Parco Naturale Regionale Sirente Velino (AQ), 28/09/ 2002, foto Luigi Perrone. d. Monte Sambuco, Pietramontecorvino (FG), 08/11/2012, foto Aurelio Conte.

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Figura 4. Raccolte miste Paralepistopsis/Paralepista: Lanslebourg, 02/09/2011, foto Alfredo Vizzini. a. Esemplare di Paralepistopsis amoenolens. b. Esemplari di Paralepista gilva. c. Esemplare di .

Parco Naturale del Gran Bosco di Salbertrand (1500 m di altitudine), sulla base di raccolte del 2011 avvenute sotto Picea abies-Larix decidua (Fig. 3b). Nello stesso articolo vengono citate nuove raccolte di C. amoenolens effettuate a Langlesburg (Fig. 3a), cittadina savoiarda non così lontana dalla Val di Susa ed in cui si erano verificati i primi casi di avvelenamenti imputabili

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a tale specie; i basidiomi di C. amoenolens, trovati sotto Picea abies a 1400 m di altitudine, risultavano frammisti a quelli di Lepista flaccida e L. gilva (Pers.) Roze (Fig. 4). Infine, la specie è stata trovata anche in Puglia da Aurelio Conte, l’ 8 novembre 2012 a Monte Sambuco, Pietramontecorvino (Foggia), a 700 m di altitudine, sotto Pinus nigra e Cupressus sp. (Fig. 3d). Specie vicine e posizione sistematica

Clitocybe amoenolens è caratterizzata da una combinazione unica di caratteri (MOREAU ET AL., 2001; VIZZINI & ERCOLE, 2012) (Fig. 3): a) pileo a lungo convesso, da crema-beige fino ad arancione rosato, poi brunastro, con superficie pruinoso-granulosa; b) stipite concolore al pileo; c) lamelle che si separano facilmente dalla carne sottostante, mediamente fitte, colorate, al- l’inizio biancastre poi giallo-ocracee, talvolta con sfumatura rosata; d) odore aromatico forte, di fiori, che ricorda quello di Tricholoma caligatum, Inocybe corydalina, Lepista irina (Fr.) H.E. Bigelow, Entoloma ameides (Berk. & Broome) Sacc., causato dalla presenza di una serie di metaboliti volatili ben caratterizzati (vedi sopra, FONS ET AL., 2006); e) sporata crema; f) spore lisce, cianofile, non superanti i 5(6) µm di lunghezza, spesso riunite in tetradi; g) basidi che raggiungono i 35-40 µm di lunghezza; h) ife della pileipellis non o minutamente incrostate e con rari e brevi diverticoli; i) ife tromboplere abbondanti; l) presenza di acido acromelico A. La morfologicamente vicina C. acromelalga si differenzia (ICHIMURA, 1918; ROMAGNESI, 1989; GUEZ, 1990; MIYAUCHI, 1998; MOREAU ET AL., 2001) per pileo e stipite più scuri, con pileo subito depresso al centro, superficie pileica liscia, non granulosa, lamelle più fitte, odore diverso, ife tromboplere rare, spore più piccole, pattern più complesso di metaboliti (presenza di acidi acromelici A-E ed altre 19 tossine; KONNO ET AL., 1983, 1988; FUSHIYA ET AL., 1990, 1992; SAVIUC & DANEL, 2006), distribuzione geografica non sovrapponibile e per la diversa sequenza ITS dell’rDNA (omologia solo del 94% con quella di C. amoenolens). Dal punto di vista della collocazione sistematica, Malençon (in MALENÇON & BERTAULT, 1975) considerò C. amoenolens ben inserita nella sezione Infundibuliformes (Fr.) Quél., vicino a C. sinopica (Fr.) P. Kumm. SINGER (1986) aveva trasferito C. acromelalga nel genere Neoclitocybe Singer solo per la presenza nella pileipellis di rare ife diverticolate. BON (1997) e MOREAU ET AL. (2001), sulla base dell’habitus, delle lamelle colorate e delle spore piccole, avevano posiziona- to C. amoenolens nel sottogenere Clitocybe, sezione Gilvaoideae Harmaja, dove però occupa una posizione marginale. CONTU ET AL. (1999), assegnando più importanza alla presenza di basidi allungati (> 30 µm) l’hanno collocata nel sottogenere Hygroclitocybe Bon sect. Clavipedes Harmaja, taxon eterogeneo ed artificiale, come dimostrato da recenti analisi molecolari (REDHEAD ET AL., 2002; VIZZINI ET AL., 2011). Infine VIZZINI & ERCOLE (2012) hanno evidenziato su base molecolare (analisi combinata delle sequenze ITS-LSU dell’rDNA) che C. amoenolens e C. acromelalga sono due specie stret- tamente correlate ma distinte che costituiscono un genere indipendente, denominato Paralepistopsis Vizzini: questo genere differisce sia da Clitocybe (Fr.) Staude (specie tipo C. nebularis (Batsch) P. Kumm.) che da altri generi clitociboidi. In particolare, alcune specie del genere Paralepista Raithelh. (= Lepista subg. Paralepista (Raitelh.) Bon, = Lepista sect. Gilva Harmaja), taxon recentemente confermato a livello molecolare (VIZZINI & ERCOLE, 2012), mostra- no un habitus e colori (tinte ocra-aranciate) che ricordano molto C. amoenolens, ma si differen- ziano per le spore subglobose o largamente ellissoidali ed ornamentate (da spinose a verruco- se) (SINGER, 1986; BON, 1997; CONSIGLIO & CONTU, 2003; RAITHELHUBER, 1995, 2004; VIZZINI & ERCOLE, 2012). Paralepista flaccida (Sowerby) Vizzini e P. gilva (Pers.) Raithelh. sono state spesso trovate in compagnia di C. amoenolens in lettiera di conifere (MARTÍNEZ ET AL., 2010; VIZZINI & ERCOLE, 2012) (Fig. 4). Le specie del genere Infundibulicybe Harmaja (es. I. gibba (Pers.) Harmaja, I. geotropa (Bull. ex DC.) Harmaja) si discostano da Paralepistopsis per le lamelle non separabili dalla carne sottostante, le spore lisce larmiformi con base confluente che presentano parete acianofila e le ife della pileipellis fortemente incrostate (HARMAJA, 2003; VIZZINI ET AL., 2010). Clitocybe gilvaoides Kauffman e C. gracilis (H.E. Bigelow & A.H. Sm.) Harmaja (sect. Gilvaoideae), delle foreste di conifere del Nord America e Scandinavia (BIGELOW, 1985; HARMAJA, 1969), quest’ultima trovata recentemente anche in Sardegna (CONTU, 2006), possiedono un aspetto

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Figura 5. Mappa di distribuzione di Paralepistopsis amoenolens.

paralepistoide e spore piccole e potrebbero appartenere a Paralepistopsis; future indagini mo- lecolari e chimiche saranno in grado di dimostrare l’appartenenza di queste specie a tale ge- nere e la loro eventuale tossicità. Conclusioni Secondo le nostre osservazioni e le informazioni desunte dalla bibliografia, C. amoenolens, ora Paralepistopsis amoenolens (Malençon) Vizzini, sembra essere una specie caratteristica- mente legata alla lettiera di Pinaceae in boschi montani termofili (orofita termofila) ed in terre- no prevalentemente calcareo. La sua distribuzione sembra essere ancora limitata (Fig. 5), ma il suo areale di crescita è sicuramente sottostimato: si tratta probabilmente di una specie più comune di quanto non si creda e non segnalata perchè scambiata con altri taxa (es. specie del Paralepista flaccida complex). Un nuovo genere di Agaricales Underw., Paralepistopsis, viene così ad aggiungersi a quelli finora conosciuti che inducono micetismi, comprendente P. amoenolens (Europa e Marocco) e P. acromelalga (Ichimura) Vizzini (Giappone e Corea del Sud). Ringraziamenti Si ringraziano Luigi Perrone (Roma) e Aurelio Conte (Foggia) per l’invio di materiale iconografico.

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PdM 37.pmd 242 14/01/17, 12.17 PAGINE DI MICOLOGIA RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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PdM 37.pmd 244 14/01/17, 12.17 PAGINE DI MICOLOGIA Il mistero di Amanita ovoidea

1 1 2 2 1 MARTELLI LISA , NICOLARDI VALENTINA , MIRALDI ELISABETTA , BIAGI MARCO , PERINI CLAUDIA . 1Dipartimento di Scienze della Vita - Università degli Studi di Siena Via P.A. Mattioli, 4 - I 53100 Siena. 2Dipartimento di Scienze Fisiche, della Terra e dell’Ambiente - Università degli Studi di Siena Via Laterina, 8 - I 53100 Siena.

Riassunto È noto che al Genere Amanita appartengono sia specie commestibili sia non commestibili, velenose e addirittura mortali; nonostante questo, per alcune specie, come il gruppo delle amanite bianche, la tossicità rimane dubbia. Il presente studio nasce da un caso di intossicazione da sindrome norleucinica, avvenuto a Siena nel 2000, con accertata ingestione di Amanita ovoidea. Gli steps sperimentali program- mati per chiarire il mistero che avvolge A. ovoidea sono i seguenti: preliminare screening fitochimico, saggi tossicologici su culture di cellule umane, analisi sulla presenza dei metalli pesanti nel suolo e nel fungo e tipizzazione molecolare. Parole chiave: Amanita ovoidea, tossina norleucina allenica. Abstract It is widely known that the genus Amanita includes various species: edible and not, poisonous and sometimes even deadly. Despite the number of studies carried out on the genus Amanita, the toxicity of some species, like the group of the white ones, remains dubious. The current study stems from a case of poisoning by allenic norleucine. The patient was hospitalized in Siena in the year 2000 after having ingested Amanita ovoidea. The experimental steps on the agenda to clarify the mystery of this mushroom are the following: preliminary phytochemical screening, toxicological test on human cell cultures, analyses of soil and mushroom pollution by heavy metals and molecular techniques for fungal identification. Key-words: Amanita ovoidea, allenic norleucine. Introduzione Al Genere Amanita appartengono sia funghi commestibili, sia funghi non commestibili, velenosi e in alcuni casi addirittura mortali e per tale motivo questo genere è oggetto di nume- rosissimi studi scientifici, soprattutto di carattere tossicologico. Negli ultimi decenni, grazie alle migliori e più raffinate tecnologie a disposizione del ricercatore, sono state acquisite maggiori conoscenze sulle caratteristiche fisiche e morfologiche delle specie appartenenti a questo ge- nere; nonostante questo, il numero dei ricoveri ospedalieri per intossicazione da funghi va co- munque aumentando, a causa di una lacunosa conoscenza delle varie specie da parte dei consumatori (LERAY et al., 1994; DUCROS et al., 1995; DE HARO et al., 1998; SAVIUC & MOREAU, 2000; BELLÙ, 2009). Amanita ovoidea (Bull. : Fr.) Link è un fungo massiccio che può raggiungere anche dimen- sioni notevoli; predilige i boschi collinari termofili, quindi anche l’area mediterranea, dove è conosciuto con il nome di farinaccio. Questa specie è riportata in molti testi piuttosto divulgati- vi, come commestibile e in alcuni casi come commestibile-buona. Inoltre, molte regioni hanno incluso questa specie nella lista regionale sulla commercializzazione, come ad esempio Mar- che, Puglia e Abruzzo (FLORIANI & SITTA, 2007). Per contro, le intossicazioni a seguito di ingestione da presunta A. ovoidea sono piuttosto diffuse e sono caratterizzate da una tipica sindrome detta da norleucina allenica. Quest’ultimo è un amminoacido non proteico che provoca nelle prime 18 ore dalla sua ingestione una sinto- matologia caratterizzata da problemi gastrointestinali, e poi, in condizioni dose-dipendenti, un quadro d’insufficienza renale acuta, fortunatamente spesso reversibile, con danno diretto della sostanza tossica sulla cellula renale glomerulare, caratterizzata da oliguria che può arrivare

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alla anuria, con associata una modesta insufficienza epatica (PELIZZARI & MOSER, 1999; BRUNELLI, 2007). I quadri clinici e l’importante tossicità renale ricordano da vicino quelli determinati dall’as- sunzione per os di un’altra micotossina azotata, l’alcaloide orellanina, spesso associato. Attra- verso studi effettuati in Nord America su Amanita smithiana fu stabilita l’assenza di orellanina in questa specie e individuato un aminoacido primario di tipo norleucinico (PELIZZARI et al., 1994). Allo stato attuale si è correlata la presenza di questo aminoacido con i casi di intossicazione dovuti all’ingestione di alcune amanite bianche; le analisi biochimiche hanno sottolineato una notevole differenza di effetti tossici indotti sulle cellule tubulari renali rispetto a quelli dati dal- l’orellanina che, diversamente dalla norleucina, blocca l’attività della fosfatasi alcalina dell’orletto a spazzola delle cellule dei tubuli renali. Questo fatto spiegherebbe la frequente reversibilità del danno renale nei casi di intossicazione da amanite bianche rispetto alla irreversibilità che di norma avviene in quella orellanica (PELIZZARI & MOSER, 1999; ASSISI ET AL., 2002). Il presente studio nasce da un caso di intossicazione da ingestione di funghi, classificata come da sindrome norleucinica, avvenuto a Siena nell’anno 2000; il paziente fu ricoverato pres- so l’Ospedale di Siena S. Maria alle Scotte per grave insufficienza renale (desquamazione delle cellule epiteliali tubulari, detriti cellulari intraluminali nel nefrone e edema interstiziale). L’intossicazione è stata ricondotta ad Amanita ovoidea (Bull.) Link, raccolta dal paziente in località conosciuta e cotto per circa 20 minuti e identificata dal micologo M.F. dell’Ufficio di Igiene e Sanità pubblica - Ispettorato Micologico di Siena (MARTELLI, 2011). Dagli esami ematochimici effettuati al momento del ricovero si è potuto osservare che tutti i valori erano notevolmente alterati confermando la grave insufficienza renale. L’equilibrio aci- do-base risultava normale; a completamento del quadro clinico, i valori di IgG, IgM, IgA, C3, C4 e immunocomplessi circolanti erano nella norma. È stato, invece, evidenziato un forte au- mento della VES a causa dell’infezione in atto derivante dalla tossina, una leucocitosi neutrofila (G.B. 14.000/mL; Neu:76,5%) e un aumento delle transaminasi. L’esame delle urine ha rilevato aspetto torbido, colore lattescente, proteinuria, microematuria e glicosuria anche dopo un ini- zio di diuresi; molto importante è l’esame microscopico del sedimento che ha mostrato un fitto tappeto di cellule di sfaldamento di tutti gli strati con alcune cellule di probabile origine infiam- matoria e aumento della dimensione di entrambi i reni. In effetti è riportato che tra le 24 e le 72 ore dopo l’assunzione del fungo (specialmente nei casi con accumulo dovuto a pasti abbondanti e ripetuti) si assiste ad una progressiva riduzione della funzionalità renale fino alla oliguria ed anuria completa. In alcuni casi si osserva anche un’insufficienza epatica con innalzamento dei valori di alcuni enzimi (tra cui le transaminasi) anche fino a 14 volte, con tendenza però a rientrare rapidamente verso la normalità; la funzio- ne renale, invece, viene ripristinata molto più lentamente. Lo scopo di questa ricerca è quello di fornire una adeguata risposta alla questione di inte- resse sanitario “A. ovoidea: commestibile o no?” effettuando una serie di analisi su campioni raccolti in varie tipologie forestali e in diverse regioni, per una comparazione e per la definizio- ne di un quadro più completo. In questo lavoro si riportano i risultati di alcuni step sperimentali: preliminare screening fitochimico e test di tossicità su linfomonociti umani. Materiali e Metodi Campionamento I campioni, determinati per comparazione con esemplari autentici e mediante monografie specializzate (GRANZIERO, 2006) secondo i caratteri macro- e microscopici come A. ovoidea, sono stati raccolti nell’autunno 2012 nella stessa zona del senese da cui proveniva il fungo responsa- bile dell’intossicazione avvenuta nel 2000. Le analisi sono state eseguite sia su materiale fresco che congelato; inoltre il materiale fungino utilizzato nel presente lavoro è costituito da diverse parti del carpoforo: cappello, volva e gambo. Screening fitochimico Il materiale fungino è stato estratto con acqua bidistillata e sono stati prodotti e poi utilizza-

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ti l’estratto in acqua (rapporto fungo:estratto 1:10) calda a 40 °C per 72 ore e l’estratto in acqua (1:10) fredda a 20 °C per 7 giorni. Per la preparazione degli estratti è stata seguita la seguente metodica: 5 g di droga smi- nuzzata sono stati posti a macerare in 50 mL di acqua in forno termostatato a 40 °C per 72 ore, nel caso degli estratti in acqua calda, agitando di tanto in tanto e per 7 giorni a temperatura ambiente negli estratti in acqua fredda. Una frazione di ogni estratto è stata portata a secco per determinare la resa percentuale del materiale estratto rispetto alla droga di partenza. Un’aliquota di ogni campione in soluzione è stata diluita 10 volte in acqua. Tramite spettrofotometria UV-visibile tra 200 nm e 800 nm sono stati ottenuti gli spettri dei campioni. Si è in seguito proceduto all’analisi qualitativa delle classi di costituenti principali degli estratti mediante semplici test colorimetrici di riconoscimento, dedicando particolare importan- za alle classi di metaboliti secondari più comunemente dotati di tossicità come alcaloidi, glicosidi cianogenetici e cumarine. Sulle classi di costituenti risultate più significative sono state eseguite analisi supplemen- tari e, ove possibile, analisi quantitative. • Polifenoli Per lo screening qualitativo dei polifenoli, sugli estratti è stato condotto il saggio di Folin Ciocalteau. La comparsa entro 30 minuti di una colorazione blu nella miscela di reazione, indica la presenza di polifenoli negli estratti. Per la quantificazione dei polifenoli totali negli estratti è stato usato il metodo di Folin Ciocalteau (FC). La concentrazione dei polifenoli nei campioni è stata calcolata come mg/L espressi come acido gallico utilizzando l’equazione della retta di taratura dello standard e quindi come % polifenoli nel materiale fungino calcolata moltiplicando i mg/L di polifenoli per il fattore di diluizione (UNACHUKWU et al., 2010). • Alcaloidi Agli estratti si è aggiunto il reattivo di Dragendorff composto da ioduro di potassio e bismuto. Il saggio è positivo con comparsa di precipitato arancio-rosso. Sulle stesse soluzioni è stato condotto anche il test con l’acido picrico che precipita in giallo gli alcaloidi (reattivo di Hager). Per un confronto con dei controlli positivi sono stati eseguiti gli stessi saggi su campioni di boldina pura (MORELLI, 1981). • Glicosidi triterpenici e steroidei Per una preliminare analisi della frazione terpenoidica il saggio effettuato è stato quello di Liebermann - Burchard; su 1 mL di ogni estratto è stata versata goccia a goccia una miscela 19:1 di anidride acetica - acido solforico (reattivo di Liebermann - Burchard). Una colorazione blu intensa indica la presenza di glicosidi steroidei, mentre una colorazione viola, rossa o por- pora indica la presenza di glicosidi triterpenici (MORELLI, 1981). • Polisaccaridi I polisaccaridi solubili in acqua (SPO) sono stati separati e purificati secondo la nota meto- dica della precipitazione in etanolo freddo (BIAGI, 2011): 25 g di materiale appena scongelato sono stati estratti con 250 mL di acqua bollente per 90 minuti e la droga recuperata è stata nuovamente estratta in acqua bollente (250 mL) per altri 60 minuti. Le soluzioni acquose sono state riunite, filtrate su carta e poste a +4 °C per 8 ore. Dopo tale periodo alla soluzione è stato aggiunto etanolo anidro in rapporto 3:1 (1500 mL di etanolo) e il tutto è stato tenuto a -20 °C per una notte. I polisaccaridi precipitano copiosamente e formano una massa caseosa bianca che può essere facilmente separata per centrifuga a 2500 rpm per 3 minuti. I polisaccaridi così estratti sono stati riuniti in un becker. Per aumentare la purezza della frazione, questa è stata ancora disciolta in acqua tiepida e di nuovo fatta precipitare con etanolo anidro (3:1) per due volte. I polisaccaridi ottenuti sono stati essiccati a bassa temperatura con evaporatore rotante. • Glicosidi cianogenetici 2 g degli estratti sono stati messi in una beuta con una punta di spatola di glucosidasi; strisce di carta da filtro imbevute con picrato di sodio e asciugate in stufa a 30 °C, sono state

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poste sulla beuta in modo da coprire tutta l’apertura e il tutto è stato sigillato con del parafilm. Si è scaldato per 30 minuti a 75 °C. La comparsa di colore rosso nella carta con picrato indica la presenza di ione cianuro. • Cumarine Lo screening di questa classe di composti è stato eseguito ponendo due gocce degli estratti su carta da filtro; la rivelazione è stata fatta spruzzando due reattivi specifici: idrossido di potassio + acido solfanilico e acido difenilborico. Analisi chimiche supplementari • Polifenoli Per la quantificazione dei polifenoli totali negli estratti è stato usato ancora il metodo Folin Ciocalteau (FC). La concentrazione dei polifenoli nei campioni è stata calcolata come mg/L espressi come acido gallico utilizzando l’equazione della retta di taratura dello standard e quindi come % polifenoli nel materiale fungino calcolata moltiplicando i mg/L di polifenoli per il fattore di diluizione (UNACHUKWU et al., 2010). • Tannini condensati Il contenuto di flavan-3-oli negli estratti è stato determinato con una reazione spettrofotometrica; la porzione flavan-3-olica in ambiente acido forma un addotto rosso con l’aldeide vanillica con massimo di assorbimento a 500 nm. Sono stati addizionati 0,5 mL del campione ad 1 mL di HCL 11N, 0,5 mL di una soluzione all’1% di vanillina in etanolo e dopo 20 minuti è stata misurata l’assorbanza a 500 nm; i valori sono stati correlati alla retta di taratura realizzata utilizzando (-) epicatechina pura. • Alcaloidi Per poter caratterizzare gli azocomposti presenti negli estratti è stata effettuata la separa- zione e l’identificazione attraverso l’utilizzo di una tecnica su strato sottile TLC con il procedi- mento riportato da PELIZZARI et al. (1994) e la rilevazione con ninidrina; questa metodica è estre-

Tabella 1. Analisi chimiche quali-quantitative sui diversi campioni di Amanita ovoidea

Cappello Cappello Volva Volva Gambo Gambo a caldo a freddo a caldo a freddo a caldo a reddo Polisaccaridi ++ ++ + + + + precipitazione con etanolo 2,934% ± 0,287% <0,5% 0,10% Polifenoli + + + + + + Folin-Ciocalteau 0,052% 0,045% 0,019% 0,006% 0,021% 0,008% ±±±±± ± 0,007% 0,007% 0,004% 0,005% 0,005% 0,005% Tannini + + + + ++ ++ Glicosidi cianogenetici ------Alcaloidi + + + + +/- +/- Saggio con ninidrina +/- +/- - - - - (amminoacidi primari) Glicosidi steroidei +++ +++ + + + + Glicosidi triterpenici ++ ++ ++ ++ + + Cumarine ------

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mamente sensibile verso amminoacidi primari ed è idonea a evidenziare l’eventuale presenza di norleucine o altre micotossine di tipo amminoacidico. • Polisaccaridi I polisaccaridi estratti nel test qualitativo sono stati riuniti in un becker. Per aumentare la purezza della frazione, questa è stata ancora disciolta in acqua tiepida e di nuovo fatta preci- pitare con etanolo anidro (3:1) per due volte. I polisaccaridi ottenuti sono stati essiccati a bassa temperatura con evaporatore rotante e pesati con bilancia analitica. Test di tossicità cellulare • Isolamento dei Linfomonociti Il materiale necessario alla separazione e alla conta delle cellule è stato acquistato da Sarstedt, Milano. Le piastre per le colture cellulari e il terreno RPMI 1640 da PBI, Milano. Gli antibiotici per il terreno e il Triton-X da Sigma-Aldrich, Milano. Il lettore di piastre utilizzato è un SAFAS MP96. I PBMC sono stati isolati dal sangue di 11 volontari sani, che è stato prelevato in provette con EDTA (1,3 mL/50 mL di sangue) per prevenire la coagulazione ed è stato immediatamente utiliz- zato. I gruppi sperimentali sono stati preparati incubando 106 PBMC umani in 1 mL di terreno RPMI con i campioni tali e quali in ogni pozzetto 1:100. • Valutazione della mortalità cellulare Dopo incubazione di 18 ore a 37 °C, la valutazione della mortalità cellulare è stata effettua- ta attraverso il metodo utilizzato del Trypan Blue. Il colorante penetra e colora completamente le cellule morte, e nello stesso tempo crea un netto contrasto con lo sfondo che mette in risalto le cellule vitali che rimangono bianche e traslucide. In camera di Burker si è proceduto a tre ripetizioni della conta di almeno 100 cellule e si è provveduto a calcolare la percentuale media delle 3 conte di cellule morte sul totale delle cellule contate. Risultati e discussione Dalle analisi fitochimiche schematizzate nella tabella della pagina accanto (Tab. 1), emer- ge che nei campioni analizzati non sono presenti glicosidi cianogenetici nè cumarine, possibili tossici di natura non azotata. Nel cappello si trova una buona percentuale di polisaccaridi e di polifenoli, glicosidi steroidei e triterpeni; in questa parte di fungo sono presenti anche alcaloidi. Nel gambo sono predominanti i terpenoidi e i tannini; la presenza di alcaloidi nel gambo è incerta. Nella volva sono presenti polisaccaridi in percentuale intermedia fra le altre due parti fungine, mentre i polifenoli sono in minor quantità, anche in questa parte del fungo sono pre- senti alcaloidi. Le analisi TLC e la rilevazione con ninidrina hanno evidenziato una modestissi- ma quantità di amminoacidi primari solo nel cappello. I metaboliti si concentrano maggiormente nel cappello e poi nella volva, dato forse imputabile allo sviluppo fungino. Come era facile ipotizzare, dal punto di vista strettamente fitochimico, l’estrazione a caldo permette di ottenere una maggiore concentrazione di polifenoli e polisaccaridi. La massima resa estrattiva è data dal campione di cappello estratto a caldo, con una resa del 3,45% (quasi totalmente imputabile ai polisaccaridi). I risultati del test di tossicità su linfomonociti umani relativi ai campioni di A. ovoidea sono schematizzati nella tabella sotto riportata (Tab. 2). Dalle analisi cellulari risulta una mortalità

Tabella 2. Test di tossicità cellulare su linfomonociti umani dei diversi campioni di Amanita ovoidea. Rapporto fungo:medium 1:1000 in pozzetti contenenti 1 milione di cellule ciascu- no. Cappello Cappello Volva Volva Gambo Gambo Controllo a caldo a freddo a caldo a freddo a caldo a freddo Mortalità PBMC 28,13% 45,03% 29,23% 40,01% 28,14% 11,54% 7,44%

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media dei linfomonociti pari al 30,35% da parte del fungo in tutte le sue parti (morte per emolisi). Osservando le tre parti del carpoforo separatamente, è evidente che la mortalità maggiore riguarda l’utilizzo della volva e del cappello estratti a freddo (cappello a freddo 45,03% di mortalità e volva a freddo 40,01% di mortalità); invece, le percentuali delle stesse parti del fungo, estratte in acqua a 40 °C, sono pari a circa la metà. La situazione opposta si è verificata nel caso del gambo, il cui estratto a caldo è risultato più tossico di quello a freddo. Ciò potreb- be essere imputabile all’ elevata presenza di fibrosità nei tessuti, che rende l’estrazione anche delle tossine molto meno efficiente. L’alta percentuale di morte cellulare indica un danno diretto sulle membrane degli estratti alla concentrazione testata che vale la pena di ricordare è lo 0,1% di materiale fungino e 15-35 ppm di estratto, una quantità comparabile, sebbene la traslazione sia difficile da fare, a quella ottenuta con una discreta ingestione di fungo. Il fatto che l’estratto in acqua fredda risulti più tossico di quello in acqua calda conferma l’asserzione che i composti tossici siano termolabili. Conclusioni e sviluppi futuri Alla luce di queste prime indagini sulla possibile tossicità di A. ovoidea è stato possibile mettere in luce come la specie in oggetto non possa essere considerata sicura come cibo ed è stato evidenziato che nel fungo sono presenti uno o più molecole dotate di tossicità cellulare a concentrazioni molto basse. Analizzando la fitochimica della specie a ritroso, comparandola con i dati clinici delle intossicazioni e di letteratura, emerge che le tossine di A. ovoidea sono termolabili, come mostra la diversa tossicità degli estratti a caldo e a freddo, sono idrosolubili, a basso peso molecolare e biodisponibili; come le precedenti ricerche avevano ipotizzato, an- che noi vediamo la frazione alcaloidea come la più seria candidata a determinare tossicità. Vista l’alta sensibilità dei test eseguiti, ci sentiamo in grado di affermare che le micotossine non siano, o perlomeno non esclusivamente, amminoacidi primari (come la norleucina) che nella specie in esame non superano la concentrazione di poche ppb. Come passo successivo d’inda- gine verrà analizzata una gamma di campioni di A. ovoidea più ampia sia per tipologie vegetazionali sia di provenienze diverse; inoltre si effettueranno le fondamentali analisi gene- tiche su diverse amanite bianche. In particolare le analisi si baseranno sulla tipizzazione del DNA di A. ovoidea e A. proxima in modo tale da poter fare chiarezza sulla speciografia; a completamento delle indagini qui presentate, saranno eseguiti test di mortalità delle cellule renali umane, visto che la sintomatologia derivante da ingestione delle due specie riguarda il comparto renale; infine, sarà eseguita l’analisi dei metalli pesanti sia nel suolo che nel fungo raccolti nelle zone dove erano stati prelevati i funghi risultati tossici per poter escludere una causa esterna al fungo (www.isprambiente.gov.it). Bibliografia

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A.M.B. Fondazione Centro Studi Micologici

“Micologia 2000” Una straordinaria raccolta di articoli di micologia 41 fra nuovi taxa e nuove combinazioni

ULTIME COPIE Novanta fra le più prestigiose firme della micologia mondiale, in rappresentanza di diciotto Paesi, insieme per quest’opera unica che il Centro Studi Micologici dell’A.M.B. con la collaborazione della Redazione della R.d.M., ha voluto per significare la fratellanza fra i popoli nel nome dell’”amabil scienza”, all’esordio del nuovo millennio. ´ 712 pagine nel formato 17 × 24 cm; ´ 211 immagini a colori fra tavole, fotocolor e diagrammi; ´ 200 immagini in bianco e nero fra fotografie, disegni al tratto, diagrammi e tabelle; ´ 56 articoli originali di argomenti micologici

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PdM 37.pmd 252 14/01/17, 12.17 PAGINE DI MICOLOGIA La formazione: strumento utile per la riduzione del rischio da intossicazione da funghi

A. DURANTE, R. RIZZI, C. SCHIFONE, M. TRIA, M. PALMISANO, G. PERNIOLA, G. ALTAVILLA, G. D’ORIA Dipartimento di prevenzione S.c. Servizio Igiene degli Alimenti e della Nutrizione Centro di controllo micologico ASL Taranto

Obiettivo dello studio Valutare se, con l’istituzione del Centro Micologico della ASL di Taranto, si è sia osservato un calo del dato epidemiologico relativo al numero di casi di intossicazioni da funghi (e alla loro gravità) verificatosi nella Provincia, e se questo sia correlabile alle seguenti attività poste in essere: • formazione rivolta ai raccoglitori occasionali e ai soggetti che effettuano la vendita dei fun- ghi • consulenza gratuita ai cittadini • consulenza agli Ospedali a seguito di intossicazione per ingestione funghi Metodi Sono stati presi in esame il numero di intossicazioni riscontrate dall’anno 1999 all’anno 2011 e il numero di persone formate. Sono state identificate le specie fungine causa di intossicazione e la gravità dei quadri clinici riscontrati al fine di valutare l’impatto delle attività intraprese sull’incidenza del dato epidemiologico. Risultati (1) Nel 99% dei casi i funghi tossici responsabili sono stati i cosiddetti “benigni” con sintoma- tologia a carico dell’apparato gastroenterico (nausea, vomito, crampi addominali, diarrea) Tut- ti sono stati risolti grazie anche alla consulenza specialistica dei Micologi del SIAN intervenuti su richiesta dei PP.OO. e con conseguente terapia specifica somministrata dai diversi Presidi Ospedalieri. Risultati (2) Solo in un caso l’ingestione da funghi ha provocato la morte del soggetto (molto probabile consumo di Lepiota sp. piccola taglia) Il soggetto era comunque un soggetto che aveva già dei gravi problemi clinici a livello epatico. Risultati (3) Nel 2011 si è avuto un caso grave con ricovero in rianimazione. L’esame macroscopico, confermato anche da quello microscopico, aveva portato a determinare il fungo consumato come Lactarius tesquorum. Riscontrata la conservazione sott’olio, considerato che la determinazione non pareva com- patibile con i sintomi e la gravità del caso, si è proceduto a verificare se potesse trattarsi di botulino. Gli esami tossicologici hanno dato esito positivo, confermando quindi una intossicazione botulinica e non da funghi. Risultati (4) Le specie responsabili delle intossicazioni risultanti dalle schede di consulenza micologica sono state: Entoloma sinuatum, Omphalotus olearius, Russula emetica, Boletus satanas, Agari- cus xanthodermus, Inocybe ssp. Risultati (5) Soggetti formati dall’anno 1999 all’anno 2011: n° 4810 Consulenza gratuita alla popolazione dall’anno 1999 all’anno 2011: n° 4250 Dall’analisi dei dati emerge che i casi di intossicazione hanno fatto registrato un sensibile decremento nel tempo.

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Conclusioni (1) Ciò è probabilmente da correlare a: • Aumento • Incremento dell’attività formativa nel periodo considerato

Anno 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 Formati 100 210 300 350 370 410 470 500 590 400 370 350 380 Intossicati 38 20 16 12 10 4 6 6 3 4 3 3 2

Conclusioni (2) I Risultati ottenuti hanno confermato che attraverso il percorso della Formazione e della Informazione è possibile ridurre drasticamente il rischio di intossicazione da funghi Inoltre attraverso il “feedback” della formazione e dell’informazione è stato possibile an- che constatare che gli stessi soggetti formati si sono fatti portavoce dell’importanza di rivolger- si ai Centri di Controllo Micologico prima di proceder al consumo di funghi dei quali non si fosse conosciuta la determinazione o dei quali si fosse avuto anche il pur minimo dubbio. Prospettive Visto l’elevato riscontro che ha avuto la formazione e considerato la continua crescita del- l’interesse verso questo materia, il Centro di Controllo Micologico del Dipartimento di Preven- zione della ASL di Taranto sta valutando la possibilità di andare oltre i semplici corsi utili ai raccoglitori ed ha in fase di progetto l’organizzazione di corsi che possano portare ad una conoscenza più scientifica della materia affascinante che è la Micologia.

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PdM 37.pmd 254 14/01/17, 12.17 PAGINE DI MICOLOGIA 2a Sessione Utilizzo di Pleurotus ostreatus nella degradazione di sostanze xenobiotiche

EMANUELA GALLI & VALERIO G. MUZZINI Istituto di Biologia Agro-ambientale e Forestale - Consiglio Nazionale delle Ricerche Area della Ricerca di Roma 1; Via Salaria km 29,300 - I 00015 Monterotondo (Roma) e-mail: [email protected]

RIASSUNTO È stato studiato l’effetto di supporti lignocellulosici (paglia di grano, tutoli di mais e pellet com- merciale) sulla crescita di Pleurotus ostreatus e sulla sua capacità di degradazione degli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) contenuti in un suolo storicamente contaminato da creosoto e in traversine trattate con creosoto. Lo studio ha evidenziato una buona capacità del micelio di degradare gli IPA presenti sia nel suolo che nelle traversine. I migliori risultati sono stati ottenu- ti utilizzando come supporto il pellet commerciale. ABSTRACT The effect of inoculum carriers (wheat straw, corn cobs and commercial pellet) on P.ostreatus growth and IPA degradation ability was studied utilizing a creosote contaminated soil and creosote-treated shavings. Results showed a good IPA degradation ability both in soil and in shavings. The best results were obtained utilizing commercial pellet as carrier. Key words: Ligninolytic fungi, creosote, polycyclic aromatic hydrocarbons, mycoremediation. Introduzione Attività primaria dei funghi nell’ecosistema è la decomposizione dei materiali organici. Il micelio dei funghi ligninolitici produce un sistema enzimatico che opera nell’ambiente esterno con bassa specificità per il substrato; ciò permette di degradare la lignina ed anche sostanze organiche xenobiotiche di diversa origine, scarsamente sensibili ad attacchi microbici. Il modo di crescere delle ife permette loro di penetrare nel suolo e contemporaneamente agire come vettore di dispersione dei batteri indigeni degradatori di inquinanti (KOHLMEIER ET AL., 2005). Ma la competizione con la microflora indigena e le avverse caratteristiche fisico-chimiche dei suoli influenzano negativamente la capacità di colonizzazione dei funghi (LANG ET AL., 1998). In diver- si casi influiscono anche sulla loro capacità di degradazione dei contaminanti (ŠAŠEK, 2003). Da diversi anni ci occupiamo del trattamento di rifiuti e reflui inquinati da metalli o compo- sti organici utilizzando i funghi del marciume bianco, in particolare Pleurotus spp. La tecnica di micorimedio è stata applicata sia in colture liquide che su stato solido, ottenendo la riduzione o la scomparsa degli inquinanti. In particolare le acque reflue dei frantoi oleari sono state utilizzate come terreno di crescita per P. ostreatus, ottenendo un’abbondante crescita di micelio e la diminuzione del COD del refluo, con la scomparsa dei fenoli presenti (GALLI ET AL., 1988; TOMATI ET AL., 1991). In esperimenti in beuta è stata testata la capacità di P. ostreatus a crescere in presenza dell’antibiotico ossitetraciclina e degradarla. I risultati hanno mostrato una sua drastica riduzione nei primi giorni di crescita del micelio, e la completa scomparsa in 14 giorni (MIGLIORE ET AL., 2012). Esperimenti su stato solido sono stati condotti utilizzando traversine trattate con creosoto (miscela tossica contenente principalmente fenoli, idrocarburi policiclici aromatici e composti eterociclici). Il micelio di P. ostreatus è riuscito a crescere su una miscela traversina+paglia, degradando completamente i fenoli presenti e riducendo del 65-70% gli altri inquinanti (GALLI ET AL., 2008; POLCARO ET AL., 2008). La presenza della paglia ha permesso la crescita del fungo che successivamente è riuscito ad attaccare il legno degradandone gli inquinanti. A differenza dei batteri, i basidiomiceti non utilizzano gli inquinanti organici come fonte di carbonio e azoto ed è quindi necessaria una fonte nutritiva esterna che dia un aiuto iniziale. A tale scopo i resi-

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dui lignocellulosici possono essere sia una fonte di nutrienti che un supporto all’inoculo fungino (BOYLE, 1995). In collaborazione con l’Istituto di Microbiologia dell’Accademia delle Scienze di Praga ed il Dipartimento di Agrobiologia e Agrochimica dell’Università della Tuscia (VT) abbiamo studiato l’effetto di 3 supporti lignocellulosici sulla crescita di P. ostreatus e sulla capacità di degradazio- ne degli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) contenuti in un suolo storicamente contaminato da creosoto e in traversine trattate con creosoto. Lo scopo è stato quello di studiare l’interazione della matrice contaminata col fungo ed il supporto lignocellulosico e valutare l’effetto sulla crescita del micelio e sulla sua capacità di degradazione. Parte sperimentale Tre diversi substrati lignocellulosici sono stati usati come supporto per l’inoculo fungino: 1) paglia di grano (2 g); 2) tutoli di mais (6 g); 3) pellet commerciale (10 g). I substrati sono stati triturati, portati al 70% di umidità (v/v) e messi in tubi (16 × 3.5 cm) chiusi con tappo di ovatta e sterilizzati in autoclave (121°C, 45 min). Il micelio di Pleurotus ostreatus CCBAS 278 della Collezione di Basidiomiceti dell’Istituto di Microbiologia di Praga, è stato messo a crescere in mezzo liquido contenente estratto di malto 5 g/L, glucosio 10 g/L, agar 15 g/L, a pH 5.0. Dopo 7 giorni di incubazione a 28°C il micelio è stato omogenizzato e inoculato sui tre substrati (1 mL). Nel controllo i substrati non sono stati inoculati. Dopo incubazione per 2 settimane, uno strato di matrici inquinate è stato aggiunto rag- giungendo un’altezza uniforme: a) 25,0 g di suolo (proveniente da Sobìslav, Bohemia meridionale, prelevato vicino ad un im- pianto di trattamento delle traversine) portato al 15% di umidità; b) 5,0 g di traversine (fornite da EkoBio Vysoèina, Ltd, Repubblica Ceca), macinate (2 mm) e portate al 25% di umidità. Come controllo è stato utilizzato suolo prelevato dal giardino dell’Accademia delle Scien- ze. Dopo 60 giorni a 28 °C, la crescita del micelio è stata valutata tramite test dell’ergosterolo e i composti aromatici sono stati estratti con esano:acetone (3:1 v/v) e analizzati tramite RP-HPLC. Il test di fitotossicità dei vari estratti è stato condotto su semi di orzo (Hordeum vulgare). I metodi sono riportati dettagliatamente in COVINO ET AL. (2010). Risultati e discussione L’ergosterolo è lo sterolo più importante della maggior parte di Ascomiceti e Basidiomiceti ed il suo contenuto all’interno del micelio varia a seconda delle specie e delle condizioni am- bientali. Esso è localizzato a livello del doppio strato fosfolipidico della membrana plasmatica ed è stato dimostrato essere un efficace bioindicatore della biomassa fungina. La Fig. 1 mostra la concentrazione di ergosterolo determinata nei vari campioni e quindi la crescita del micelio. Nelle traversine il micelio ha una crescita elevata in tutti i substrati lignocellulosici, malgrado la concentrazione di inquinanti sia 20 volte superiore rispetto al suo- lo inquinato. Ciò è dovuto al fatto che la traversina è ottenuta da legno di quercia che fornisce ulteriore nutrimento per la presenza di cellulosa ed emicellulosa. Per quanto riguarda il suolo contaminato, il pellet commerciale sembra il migliore supporto per la crescita del micelio, for- nendogli nutrimento e quindi un iniziale vantaggio nella competizione con gli altri microrgani- smi. Nel suolo contaminato sono stati determinati 13 IPA; i più abbondanti sono fluorantene (28,8% del contenuto totale di IPA), pirene (18,8%), fenantrene (15,8%), crisene (15,5%) e fluorene (12,2%). In generale, sulla base della loro suscettibilità alla degradazione, gli IPA nel suolo possono essere divisi in 3 gruppi: altamente degradabili (fluorene, fenantrene ed antracene) con una rimozione tra il 73 e il 99%; moderatamente degradabili ( fluorantene, pirene) con rimozione tra il 16 e il 35%, e scarsamente o non degradabili (con 5-6 anelli aromatici). P. ostreatus cresciuto in presenza di pellet commerciale è stato capace di degradare i composti del primo e

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Fig. 1 - Concentrazione di ergosterolo in un suolo controllo, in un suolo storicamente contaminato da creosoto e in traversine trattate con creosoto, dopo 40 giorni di incubazione a 28°C con P. ostreatus precedentemente cresciuto su paglia di grano, tutoli di mais e pellet commerciale

del secondo gruppo (con 3 e 4 anelli aromatici) ma anche alcuni IPA del terzo gruppo quali benzo[a]antracene (69,1%), crisene (29,7%), benzo[b]fluorantene (39,7%), benzo[k]fluorantene (32,8%) e benzo[a]pirene (85,2%). Per semplificare nelle Fig. 2 e 3 viene riportata la somma degli IPA rimasti. In presenza di pellet il fungo ha degradato l’80% degli IPA nel suolo contaminato (Fig. 2) e il 37% nelle traver-

Fig. 2 - Somma degli IPA rimasti nel suolo storicamente contaminato da creosoto e nello stesso suolo dopo incubazione per 60 giorni con P.ostreatus precedentemente cresciuto su paglia di grano, tutoli di mais e pellet commerciale.

Fig. 3 - Somma degli IPA rimasti nelle traversine trattate con creosoto e nelle stesse traversine dopo incubazione per 60 giorni con P.ostreatus precedentemente cresciuto su paglia di grano, tutoli di mais e pellet commerciale

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Fig. 4 - Percentuale di germinabilità di semi di orzo dopo incubazione per 72 ore con estratti ottenuti da suolo storicamente contaminato da creosoto e dallo stesso suolo inoculato con P.ostreatus precedentemente cresciuto su paglia di grano, tutoli di mais e pellet commerciale

Fig. 5 - Percentuale di germinabilità di semi di orzo dopo incubazione per 72 ore con estratti ottenuti da traversine e da traversine inoculate con P.ostreatus precedentemente cresciuto su paglia di grano, tutoli di mais e pellet commerciale

sine (Fig. 3). Il pellet commerciale ha stimolato sia la crescita del micelio che la degradazione degli IPA. Probabilmente il lento rilascio di composti fenolici presenti stimolano il sistema ligninolitico agendo come mediatori della degradazione (CAÑAS ET AL., 2007). Per valutare la tossicità degli estratti, sono stati condotti test di germinabilità su semi di orzo. I risultati hanno mostrato una forte inibizione della germinabilità in presenza degli estrat- ti ottenuti dal suolo e dalle traversine di controllo senza fungo (Fig. 4 e 5). Gli estratti ottenuti dalle matrici incubate con il micelio hanno dato una maggiore germinabilità. In particolare il migliore risultato si è ottenuto con l’estratto da suolo + P.ostreatus in presenza di pellet commer- ciale. La germinabilità è risultata del 90% rispetto al controllo con acqua. Ciò è in corrispon- denza con l’alta degradazione degli IPA. Per quanto riguarda l’estratto ottenuto da traversine + P.ostreatus, la germinabilità è risultata inferiore del 36% rispetto al controllo (Fig. 5). Conclusioni Lo studio ha evidenziato la capacità del micelio di P. ostreatus di degradare gli IPA presenti sia nel suolo che nelle traversine (COVINO ET AL., 2010). È stata inoltre messa in evidenza l’impor- tanza del substrato lignocellulosico, in particolare il pellet commerciale, sia sulla crescita che sulla capacità di degradazione. La presenza di tali substrati può aiutare il fungo a sopravvive- re in ambienti sfavorevoli permettendone l’utilizzo applicativo su scala reale.

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PdM 37.pmd 258 14/01/17, 12.17 PAGINE DI MICOLOGIA Bibliografia

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Funghi alpini delle zone alpine superiori e inferiori di Pier Giovanni Jamoni 544 pagine (lingua italiana con traduzione in inglese) Descrizione con numerose fotografie a colori degli ambienti alpini - Circa 200 specie fungine tipiche della regione alpina con descrizioni macro- e microscopiche corredate di fotografie a colori e micrografie in bianco e nero dei caratteri microscopici. 544 pages (Italian with translation into English) Description with plenty of colour photographs of alpine environments - About 200 fungal portraits of species typical of the alpine region, with macro- and microscopic descriptions, colour photographs and black and white micrographs of micro-anatomical traits. Prezzi di cessione Soci A.M.B. Italia: 85 ¤ + spese di spedizione Non soci Italia: 100 ¤ + spese di spedizione Prices of the book (in foreign countries) A.M.B. Members 85 ¤ + 25 ¤ for mailing charges Non-A.M.B. members 100 ¤ + 25 ¤ for mailing charges The payments have to be made exclusively by interna-tional money orders made payable to the “Associazio- ne Micologica Bresadola, via A. Volta, 46 - 38123 Trento”.

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PdM 37.pmd 260 14/01/17, 12.18 PAGINE DI MICOLOGIA I principi attivi nei funghi medicinali

MAURO LORENZI

Il complesso delle molecole di interesse farmacologico individuate nel regno Fungi com- prende un insieme relativamente vasto ed eterogeneo, nonostante gran parte dei funghi non sia ancora stata oggetto di analisi. La quasi totalità dei dati di reale valore scientifico si riferi- sce infatti a specie coltivabili e comunque replicabili in laboratorio, tralasciando di fatto l’enor- me potenziale riferito agli organismi simbionti. Allo stato attuale esistono comunque alcune classi di sostanze di cui si ha una conoscenza ragionevolmente approfondita, e l’elenco delle molecole ad attività biologica via via individuate ha assunto dimensioni importanti. Provando a tracciare un bilancio possiamo comunque notare come la ricerca abbia finalmente saputo tro- vare un certo ordine metodologico, mostrando in maniera meno evidente la caotica disorganizzazione e frammentarietà che ne ha contraddistinto per molti anni i lavori. Dalla seconda metà degli anni ‘2000 è infine riuscita ad emanciparsi da una certa monotematicità d’indagine, legata soprattutto a β-glucani e triterpeni, per entrare in una nuova fase che mostra la tendenza alla ricerca di nuove classi molecolari da analizzare. Classi chimiche e molecole Può essere utile riportare, a puro titolo di semplificazione, un elenco riassuntivo delle prin- cipali molecole ad attività biologica attualmente conosciute, raggruppate arbitrariamente se- condo criteri di affinità chimica: • β-glucani: in seno al variegato complesso polisaccaridico tipico degli organismi fungini, i β- glucani rappresentano la categoria farmacologicamente più importante. Omoglucani (p. es., lentinano, schizofillano, pleurano, grifolano), eteroglucani (p. es., riboglucani, xiloglucano, arabinoglucano) e glicani (p. es., fucogalattano, xilano, mannogalattano) sono tutte molecole comprese in tale raggruppamento; ad esse si affiancano, in un elenco in continuo aggiornamento, nuove entità non ancora completamente caratterizzate. La varie- gata conformazione, unita alla spiccata tendenza a formare complessi glicoproteici, li ren- de piuttosto complessi da analizzare e classificare. • Fase lipidica: comprende una vasta gamma di acidi grassi, cerebrosidi, triterpeni - terpenoidi - steroli - steroidi (p. es., ergosterolo, acidi ganoderici, acidi fomitellici, acidi lucidenici, antrosteroli, erinacina), sesquiterpeni (p. es., illudina) e lecitine. • Composti fenolici, lattonici o chinonici: ispidina, grifolina, albaconolo, genisteina, panepoxidone, cicloepoxidone, clavilattone, erinacina, ericenoni, concentricolide e molti altri. • Materiale proteico: nucleosidi (p. es., deossiadenosina), proteine (p. es., clitocipina, flammulina, LZ8), aminoacidi(es. teanina), proteoglicani (p. es., GLIS, PL), glicoproteine (p. es., ATOM, PSPC, ganoderani) e glicopepdidi (p. es., PSP, krestina(PSK), KS-2). Va ricordato che gran parte dei β-glucani sono associati a materiale proteico, e come da tale associazio- ne possa dipendere il loro potenziale biologico. • Ioni metallici: in aggiunta ad ioni comuni e normalmente presenti nella dieta rivestono par- ticolare importanza vanadio e germanio organici, due elementi su cui la ricerca deve però ancora fornire molte risposte. • Triptamine attive sul SNC: psilocina, psilocibina, baeocistina e norbaeocistina sono triptamine fortemente attive sul SNC, presenti in un gran numero di specie. • Acido ibotenico, e muscimolo: sostanze a potenziale allucinogeno presenti nel Genere Amanita. I betaglucani I β-glucani sono un eterogeneo gruppo di molecole di grande interesse medico in particola- re per i loro effetti sul sistema immunitario, sul controllo della lipidemia (colesterolo e LDL), della glicemia e sulla perdita ponderale. Considerazioni sulla chimica dei β-glucani: i β-glucani sono polisaccaridi composti da monomeri di D-glucosio, legati attraverso legami beta-glicosidici e frequentemente associati a materiale proteico. Una prima distinzione fondamentale riguarda b-glucani solubili ed insolu-

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bili: ai primi, caratterizzati da legami (1-3; 1-4), si alternano polimeri insolubili caratterizzati da legami (1-3; 1-6). La struttura fondamentale dei β-glucani di interesse è composta da legami (β- 1; 3), e presenta ramificazioni in (β-1; 6) intercalate, mediamente, ogni tre legami della catena principale. Le catene che li compongono presentano caratteristiche molto eterogenee ed aspet- ti come ramificazioni, peso molecolare, conformazione e gruppi funzionali condizionano in ma- niera sostanziale le varie caratteristiche chimiche - e di conseguenza biochimiche - di ogni singolo β-glucano. I β-glucani rivestono un ruolo di struttura a livello della parete cellulare, in particolare come collante tra complessi chitinici e proteici. Tenendo conto di quanta variabilità strutturale sia richiesta alle varie cellule di ogni fungo e di quanto le specie differiscano tra loro, troviamo una spiegazione sul perché i β-glucani siano un composto tanto eterogeneo e con frequenza complessato a materiale proteico. I β-glucani a maggior peso molecolare forma- no una struttura a triplice elica destrogira, stabilizzata da unità di β-D-glucopiranosio nelle catena laterali; le molecole che presentano maggior significato biologico sono eliche singole aventi un’organizzazione β(1,3), ad alto PM ed associate a materiale proteico. A pH bassi i gruppi idrossilici presenti sulle catene vengono inattivati, diminuendo in maniera sostanziale l’efficienza biologica dei β-glucani. Al contrario, a pH basico le strutture a tripla elica si disso- ciano in singole catene lineari ed al contempo sono promossi i legami con materiale proteico. Per alcuni dei funghi più studiati - come Ganoderma lucidum (Curtis) P. Karst e Lentinula edodes (Berk.) Pegler - sono state individuate e caratterizzate specifiche glicoproteine necessarie all’at- tività biologica dei β-glucani in essi contenuti. Le prime evidenze scientifiche hanno peraltro riguardato i proteoglucani polisaccaridico-peptidici dei Ganoderma, il PSK di Trametes versicolor (L.) Lloyd e i proteoglucani di Agaricus subrufescens Peck, a cui si aggiungono lentinano (Lentinula edodes), schizofillano (Schizophyllum commune Fr.), MD-fraction [Grifola frondosa (Dicks.) Gray], PSK e PSP [Trametes versicolor (L.) Lloyd]. I β-glucani sono componenti intrinse- ci della cellula fungina: ogni fungo superiore sottoposto ad analisi ha mostrato di contenerne, in quantità variabile, una data percentuale. Tra i funghi più conosciuti che mostrano profili betaglucanici d’interesse troviamo importanti specie eduli quali Boletus edulis Bull., Cantharel- lus cibarius Fr. e Hydnum spp. Sostanze lipofile Abbiamo sottolineato come i funghi siano entità caratterizzate da un basso profilo lipidico ma troviamo comunque numerose molecole lipofile d’interesse, per la gran parte di derivazione triterpenica, seppure in concentrazione sensibilmente differente tra i vari generi. Le molecole sterolo-simili hanno mostrato potenzialità terapeutiche ad ampio raggio, con uno spettro d’azione che comprende tumori a base androgenica, osteogenesi, capacità antiossidanti e proprietà antibatteriche/antivirali (HIV e papillomavirus in particolare). Ulteriori ambiti terapeutici sono in fase di studio e definizione. Il primo complesso di derivazione triterpenica di cui si è occupa- ta la ricerca è quello ruotante attorno all’acido ganoderico; come suggerito dal nome tali so- stanze sono state isolate a partire dal Genere Ganoderma, in particolare dal gruppo lucidum, ed allo stato attuale si contano più di cento tra terpenodidi, steroli e steroidi identificati. Il fungo Taiwanofungus camphoratus (M. Zang & C.H. Su) Sheng H. Wu, Z.H. Yu, Y.C. Dai & C.H. Su contiene numerose sostanze di origine triterpenica steroidiche e sterolo simili (antrosterolo, antrocinnamomide, antroterpene); le percentuali di tali sostanze presenti in Taiwanofungus camphoratus può raggiungere il 40% del peso secco. L’elenco delle nuove molecole individuate è costantemente aggiornato. Senza dover fornire una lunga e ponderosa lista di nomi di alcune delle varianti isolate, è sufficiente ricordare che esistono numerose molecole variamente funzionalizzate e a catena carboniosa più o meno ridotta. Degna di menzione, assieme ai suoi derivati, è l’erinacina, un diterpenoide presente nel Genere Hericium che evidenzia attività nel- la rigenerazione nervica come nerve growth factor (NGF). Oggetto di studio sono anche sfingofosfolipidi, ceramidi e cerebrosidi in relazione alla funzione di mediazione intracellulari nelle cascate di segnale relative ad apoptosi, proliferazione e risposte agli stress ossidativi. Da segnalare infine la rilevante presenza di ergosterolo. Precursore della vitamina D2, l’ergosterolo è un componente della cellula fungina che presenta nei funghi funzioni analoghe a quelle del colesterolo nel mondo animale. Anch’esso, assieme ai suoi composti, presenta evidenze in campo antitumorale e riveste interesse soprattutto in ambito nutraceutico.

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Proteine peptidi aminoacidi, glicoproteine e materiale proteico di varia natura I funghi presentano buoni profili aminoacidici, al punto che alcune specie commestibili [p. es., Coprinus comatus (O.F. Müll.) Pers. e Grifola frondosa] possono essere considerate come alimenti dieteticamente rilevanti. All’interno di una suddivisione per classi chimiche arbitraria e semplificata come quella proposta è difficile scindere il materiale proteico dal raggruppa- mento contenente i b-glucani. Si è infatti potuto accertare come il singolo b-glucano sia spesso vincolato a materiale proteico, necessario tanto per l’adesione ai macrofagi e per altri aspetti biochimici. Ci limiteremo comunque a classificare come glicoproteine, senza entrare più nello specifico, il vasto raggruppamento che compone questo gruppo. Non mancano comunque mo- lecole proteiche di interesse svincolate dai b-glucani: uno dei primi principi attivi individuati nei funghi(si parla dei primi anni ’60) è infatti la calvacina, una mucoproteina ad attività antitumorale estratta da Langermannia gigantea (Batsch) Rostk. Parlando di enzimi si segna- lano laccasi, superossidodismutasi, glucosio ossidasi e perossidasi, attive nei confronti di neoplasie e contro lo stress ossidativo. Lecitine Le lecitine sono glicopreoteine in grado di legarsi ai carboidrati con grande specificità, ed anche nel mondo dei funghi sono presenti in numerose varianti. L’estrazione e studio di lecitine di origine fungina è pratica recente e poco approfondita, ma l’indagine compiuta su alcuni generi ha comunque portato all’individuazione e caratterizzazione di alcune molecole che pre- sentano attività biologica. Lavori di interesse hanno riguardato i generi Pleurotus (POL) ed Agaricus bisporus (J.E. Lange) Imbach (ABL), oltre a specie come Agrocybe cylindracea (DC) Maire, Hericium erinaceus, Lentinula edodes ed Inonotus spp. Un discreto numero di studi a campione randomico sono stati effettuati anche su simbionti raccolti allo stato selvatico. La quantità di dati più significativa si ha comunque per Agaricus bisporus e A. bitorquis (Quél.) Sacc. Il fatto che la ricerca si sia concentrata principalmente su queste due specie non è casua- le, in quanto largamente consumate a scopo alimentare e diffuse sui mercati occidentali, molto attenti agli aspetti nutrizionistici degli alimenti. Composti fenolici, lattonici e chinonici I composti fenolici sono stati, per molto tempo, poco considerati dalla ricerca micoterapica. O meglio, si è insistito in particolare nello studio di alcune molecole legate alle principali spe- cie, tralasciando indagini a più ampio spettro. Ad ogni modo, seguendo tra l’altro un trend che coinvolge vari settori farmaceutici e salutisti, a partire dalla seconda metà degli anni ‘2000 la questione ha assunto tutt’altro interesse, al punto che si rivela ad oggi una delle frontiere più battute. È interessante notare come alcuni generi consumati come alimenti - Cantharellus ed Albatrellus - contengano in buon numero antiossidanti ed altre molecole a potenziale antitumorale. In particolare, Albatrellus confluens (Alb. & Schwein.) Kotl. & Pouzar presenta concentrazioni considervoli di grifolina e dei suoi derivati. Alcune specie di due tra i generi di funghi più comuni, Lactarius e Russula, hanno a loro volta rivelato di possedere numerose so- stanze - in particolare antiossidanti - nuove per la scienza, fornendo ulteriori indicazioni su quanto polifenoli ed affini siano ben rappresentati all’interno del mondo fungino. In seguito a studi molto recenti Fomitopsis pinicola (Sw.) P. Karst. si sta rivelando specie dal considerevole potenziale antiossidante, dovuto principalmente allo spiccato contenuto in sostanze fenoliche. Anche alcuni ascomiceti, mediamente meno importanti dei basidiomiceti a livello farmacologico, contengono molecole antiossidanti in buona percentuale (p. es., nel Genere Morchella e nella Famiglia Xylariaceae). In ogni caso nei funghi sono abbastanza comuni flavonoidi, tocoferoli, derivati fenolici vari e carotenoidi, tanto in specie commestibili che non. È comunque difficile provare a categorizzare e descrivere gruppi eterogenei come polifenoli, chinoni, lattoni e via dicendo, sia per le diversità strutturali che per il grande numero delle molecole attive individua- te. Un aspetto positivo è dato dal fatto che non tutte le linee di ricerca su esemplari selvatici sono andate perse poiché sembra che, analogamente ai ß-glucani, tanto i polifenoli quanto le molecole chinoniche e lattoniche siano intrinsecamente sintetizzate a livello miceliare e non vincolate, quindi, allo sporoforo. In questi casi la ricerca può quindi avvalersi di miceli prodotti in coltura liquida, con gli ovvi vantaggi che questo comporta.

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Vanadio e germanio La spiccata tendenza del fungo ad assorbimento ed organicazione dei metalli è un argo- mento interessante, vasto e dai numerosi risvolti. Vanadio e germanio, due elementi molto di- scussi in ambito medico, sono presenti in alte concentrazioni in numerose specie. Il V ha catalizzato forti interessi ed investimenti in relazione alla presunta capacità di alcuni suoi com- posti organici di intervenire favorevolmente nella cura del diabete. Sino a non molto tempo fa si credeva che solo Amanita muscaria (L.) Lam. contenesse V ma in realtà un po’ tutti i funghi - in alcuni casi anche specie comunemente consumate, come i porcini - presentano elevate concen- trazioni di vanadio variamente organicato (IV, V). Tra tutti Coprinus comatus (O.F. Müll.) Pers. mostra quantitativi particolarmente rilevanti, ma anche i generi Grifola , Ganoderma, Agrocybe e Lentinula hanno evidenziato analoghe caratteristiche. Una caratteristica quasi peculiare dei miceti riguarda inoltre l’assorbimento del germanio. Molte specie, Ganoderma spp. tra tutti, ne contengono in tracce rilevanti, caratteristica spesso evidenziata in maniera enfatica tra le prin- cipali qualità dei prodotti commerciali.

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PdM 37.pmd 264 14/01/17, 12.18 PAGINE DI MICOLOGIA La contaminazione da nicotina nei funghi spontanei

PAOLO DAVOLI via Pellegrini, 2/18 - I 41058 Vignola (MO) - E-mail: [email protected]

NICOLA SITTA Loc. Farné, 32 - I 40042 Lizzano in Belvedere (BO) - E-mail: [email protected] RIASSUNTO Il recente e del tutto inatteso ritrovamento di nicotina - alcaloide vegetale ad azione insetticida presente nel tabacco e in altre Solanaceae - in campioni commerciali di porcini secchi (ma anche di altre specie di funghi spontanei) ha reso necessario un’opportuna valutazione del rischio per i consumatori da parte dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) e la conseguente adozione di limiti, seppur temporanei, a livello UE. Il limite più elevato, 2.3 mg/ kg di peso secco, è stato fissato per i porcini secchi, la specie spontanea più frequentemente contaminata, e anche quella commercializzata in maggiori quantità, di provenienza principal- mente cinese ma anche est europea. Concentrazioni significative di nicotina a livelli di 0.5-1 mg/kg sono risultate piuttosto frequenti in campioni commerciali di porcini secchi di varia origi- ne, ma sono stati misurati anche valori superiori a 10 mg/kg, soprattutto in porcini secchi di origine cinese. Campioni di origine europea (Germania, Spagna) sono invece risultati contami- nati soltanto in tracce (< 0.1 mg/kg) o non contaminati affatto. Le cause della presenza di nicotina nei funghi spontanei rimangono tuttora da chiarire nei dettagli. L’ipotesi più probabile risulta la contaminazione incrociata post-raccolta in fase di essiccamento e lavorazione dei funghi, in quanto nelle zone di produzione (es. Yunnan, nella Cina sud-occidentale) parte del raccolto di funghi viene essiccata negli stessi essiccatoi usati anche per l’essiccamento del tabacco o, in altri casi, utilizzando i residui delle piante di tabac- co come combustibile; non è inoltre da escludere che bassi livelli di contaminazione da nicoti- na possano derivare dal semplice contatto con le dita sporche dei raccoglitori e del personale locale fumatore adibito alla lavorazione/selezione dei funghi secchi. È stato anche ipotizzato l’utilizzo di pesticidi a base di nicotina - bandita come principio attivo nell’UE, ma ancora in uso in paesi del Terzo Mondo e anche in Cina - per il controllo degli insetti infestanti in fase post- raccolta. In mancanza di solidi presupposti biochimici risulta invece piuttosto azzardata l’ipo- tesi dell’origine endogena della nicotina nei funghi spontanei, magari in risposta a fattori di stress biotico o abiotico, quali la disidratazione. Non basta infatti constatare che i funghi sono in grado di produrre ornitina e acido nicotinico, precursori biosintetici della nicotina, per invo- care la possibile produzione endogena di nicotina nei funghi, in quanto a tutt’oggi i passaggi chiave della biosintesi della nicotina non risultano dimostrati al di fuori del regno vegetale. È chiaro invece che in condizioni controllate di essiccamento, la concentrazione di nicotina ini- zialmente presente nel fungo fresco non subisce alcun aumento dopo l’essiccazione. Da un punto di vista ispettivo-analitico, inoltre, la questione della provenienza dei campioni utilizzati nelle analisi deve essere valutata con attenzione, in quanto generalmente, per i funghi secchi e conservati, la reale origine geografica del prodotto non è ricavabile dall’etichettatura e inoltre in molti casi i prodotti in commercio derivano da miscelazione di materie prime di origini diverse. Sono diversi i casi noti di etichettature non corrispondenti al vero (vedi “opera- zione por-Cina” condotta dal Corpo Forestale) e quindi, in sostanza, può essere rinvenuta nico- tina in campioni di porcini dichiarati come europei, ma che in realtà risultano in definitiva di provenienza extraeuropea. In aggiunta, la determinazione analitica della nicotina, soprattutto a livelli prossimi ai limiti di quantificazione/rilevabilità, risulta tutt’altro che triviale, a causa della sua elevata volatilità e della sua non sempre facile (e totale) estrazione dalla matrice in esame, e l’intero processo analitico si presta inoltre molto facilmente a contaminazioni ambien- tali prima e durante l’analisi, vista l’ubiquità del fumo da sigaretta. ABSTRACT The recent and most unexpected detection of nicotine - a plant alkaloid endowed with insecticidal activity which occurs naturally in tobacco and other members of the Solanaceae - in

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commercial samples of dried porcini (and other wild mushroom species as well) has urged the European Food Safety Authority (EFSA) to assess potential risks for consumers’ health and has resulted ultimately in new maximum residue levels that were issued for EU countries, albeit on a temporary basis. The highest level was set at 2.3 mg nicotine per kg dry weight for dried porcini, i.e. Boletus edulis and allied species, which represent the most frequently contaminated wild species; porcini also account for the highest amounts of traded wild mushrooms and origi- nate mainly from China and East Europe. Nicotine concentrations in the 0.5-1 mg/kg range were rather common in commercial samples of dried porcini of different origin, but values above 10 mg/kg were also detected, especially in dried porcini from China. Samples of European origin (Germany, Spain) were found contaminated only in trace amounts (< 0.1 mg/kg) or were not contaminated at all. The reasons for the presence of nicotine in wild mushrooms still need to be clarified at present. Post-harvest cross contamination during drying and processing is most likely, as in mushroom-producing areas (e.g. Yunnan in south western China) part of the harvest is dried in the very same drying ovens where tobacco leaves are also processed, and sometimes tobacco plant waste might be employed as fuel for heating; lower levels of nicotine contamination in dried mushrooms might also result from skin contact during processing and sorting by local workers who are smokers. The utilization of EU-banned nicotine-containing pesticides to control post-harvest attacks by arthropods has been also invoked, as the use of nicotine as pesticide is still permitted in Third World countries and also in China. By contrast, the hypothesis of endogenous formation of nicotine in wild mushrooms, perhaps as a response to biotic or abiotic stress factors such as dehydration, must be regarded as awkward and rather unlikely in the absence of any sound biochemical evidence. In fact, the ability of mushrooms to produce ornithine and nicotinic acid, which represent the biochemical precursors in nicotine biosynthesis, does not imply necessarily that mushrooms are also capable to synthesize nicotine endogenously, as the key steps of nicotine biosynthesis have never been demonstrated outside the plant kingdom so far; in addition, it has been clarified that standard drying did not result in increased nicotine levels in mushrooms. For purposes of inspection and enforcement, care must be taken in evaluating the origin of mushroom samples used for analysis, as for dried and preserved mushrooms the real geographic origin cannot usually be inferred from commercial labels; in many instances, moreover, samples of dried mushrooms sold on the market are obtained by blending raw materials of different origins. Such ‘misleading’ labels have been encountered frequentely during enforcement actions by official control bodies (e.g. Corpo Forestale dello Stato in Italy); therefore, it might well be that nicotine contamination is detected in samples of dried porcini which are labelled as ‘from Europe’ but originate actually from extra-Eeuropean countries. In addition, the analytical determination of nicotine, especially at levels close to the limit of quantification/detection, does not represent a trivial task due to the high volatility of nicotine itself and to the relative unease of complete extraction from the matrix under examination; worryingly, the whole analytical process is also most prone to environmental contaminations before and during analysis, due to the ubiquity of cigarette smoke. Key-words: nicotine contamination, wild mushrooms, dried mushrooms, porcini, Boletus edulis s.l.

Tra la fine del 2008 e l’inizio del 2009, livelli piuttosto alti di nicotina - tipicamente 0.5-1 mg/ kg - furono inaspettatamente rinvenuti in diversi campioni di funghi secchi in commercio, in particolare porcini (Boletus edulis e relativo gruppo) (CVUA SIGMARINGEN, 2008; BFR, 2009). Tali livelli superavano largamente il limite massimo residuo (LMR) di 0.01 mg/kg fissato “per difet- to” dal Regolamento CE n. 396/2005 per tutte le sostanze attive non elencate nell’allegato IV (EU, 2005). Porcini secchi di origine cinese risultarono i campioni di funghi più contaminati da nicotina (fino a 6-15 mg/kg!), ma valori inferiori furono riscontrati anche in porcini secchi prove- nienti dall’Europa Orientale o dal Sud Africa; bassi livelli di nicotina furono misurati anche in altre specie di funghi spontanei, tra cui finferli e tartufi (CVUA SIGMARINGEN, 2008; CVUA STUTTGART, 2009; BFR, 2009; EFSA, 2009). Tali risultati analitici, sulla base dei quali praticamente tutti i funghi secchi spontanei pre- senti sul mercato europeo a quel momento sarebbero risultati non conformi, resero necessaria

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e urgente un’opportuna valutazione del rischio tossicologico per i consumatori da parte dell’Au- torità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA): il documento che fu elaborato conteneva una proposta di limiti alternativi, seppur temporanei (EFSA, 2009). A seguire, in pochi giorni furono emanate delle Linee Guida a livello UE (SCOFCAH, 2009) che perlopiù accolsero le indi- cazioni dell’EFSA, fissando un tenore massimo di nicotina di 0.04 mg/kg per i funghi spontanei freschi e di 1.2 mg/kg di peso secco per i funghi secchi. Unica eccezione i funghi porcini, per i quali fu invece fissato un limite più elevato, 2.3 mg/kg di peso secco, adducendo come motiva- zione che, a causa della scarsità di dati disponibili relativamente al consumo di porcini da parte dei bambini, si prendeva come riferimento solo la valutazione di rischio relativa ai consu- matori adulti (SCOFCAH, 2009). Al proposito va sottolineato che i porcini secchi - una derrata alimentare pregiata, commercializzata in grandi quantità, di provenienza principalmente cine- se ma anche est europea (SITTA & FLORIANI, 2008; SITTA & DAVOLI, 2012) - erano risultati nettamente la tipologia di funghi spontanei più frequentemente e pesantemente contaminata. In seguito, il Regolamento UE n. 765/2010 (EU, 2010) ha ufficializzato questi limiti tempora- nei proposti inizialmente, e anche i successivi Regolamenti UE n. 812/2011 e n. 897/2012 li han- no confermati (EU, 2011; EU, 2012). Le lamentele inizialmente sollevate dalle autorità cinesi che avevano contestato le valutazioni tossicologiche dell’EFSA proponendo alternativamente l’ado- zione di limiti più elevati per la nicotina nei funghi spontanei secchi sono state respinte (EFSA, 2010). Nel periodo 2009-2012, concentrazioni significative di nicotina a livelli di 0.5-1 mg/kg sono risultate piuttosto frequenti in campioni commerciali di porcini secchi di varia origine, ma sono stati misurati anche valori oltre 5-10 mg/kg, soprattutto in porcini secchi di origine cinese (KÄNZIG, 2010; MÜLLER ET AL., 2011). Campioni di funghi freschi di sicura origine europea (Germania, Spagna) sono invece risultati contaminati soltanto in tracce (< 0.1 mg/kg) o non contaminati affatto (MÜLLER ET AL., 2011; LOZANO ET AL., 2012). Anche in spugnole secche di origine pakistana sono stati misurati livelli di nicotina fino a 4-5 mg/kg (KÄNZIG 2010). L’esperienza diretta nel campionamento dei funghi porcini secchi da destinare all’analisi chimica per la determinazio- ne della nicotina consente di affermare che esiste una notevolissima variabilità dei risultati analitici non soltanto nell’ambito della stessa partita, ma anche della stessa sottopartita e ad- dirittura fra campioni prelevati dallo stesso cartone di funghi, anche nel caso di prodotti “in granuli” che presentano pezzatura piccola e quindi, in teoria, maggiore omogeneità (SITTA & DAVOLI, dati inediti). La nicotina, chimicamente (S)-3-(1-metil-2-pirrolidinil)piridina (Schema 1), rappresenta il principale alcaloide del tabacco (Nicotiana tabacum), dove raggiunge tipicamente concentra- zioni del 2-8% in peso secco, ma è presente naturalmente anche in altre specie di Solanaceae tra cui il pomodoro, la patata, la melanzana e il peperone, sebbene a livelli decisamente molto più bassi, inferiori a 0.01 mg/kg di peso fresco (ANDERSSON ET AL., 2003). Biosinteticamente, nelle radici del tabacco l’amminoacido ornitina viene dapprima decarbossilato a putrescina, che ad opera di un’opportuna putrescina N-metiltransferasi viene poi convertita a N-metilputrescina: questa viene quindi ossidata ad opera di una diammina ossidasi e ciclizza spontaneamente a catione 1-metil-Δ1-pirrolinio, che subisce poi condensazione con l’acido nicotinico o un suo de- rivato, formando così la nicotina (KATOH ET AL., 2005) (Schema 1). La nicotina è bandita come

Schema 1 Biosintesi della nicotina nel genere Nicotiana (ODC = ornitina decarbossilasi; PMT = putrescina N-metiltransferasi; DAO = diam- mina ossidasi).

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principio attivo nell’Unione Europea, ma altrove viene tuttora utilizzata come insetticida in agricoltura (spesso come nicotina solfato), soprattutto in paesi del Terzo Mondo e anche in Cina. Le cause della presenza di nicotina nei funghi spontanei rimangono tuttora da chiarire nei dettagli. L’ipotesi decisamente più probabile è quella della contaminazione incrociata post- raccolta in fase di essiccamento e lavorazione dei funghi: infatti nelle zone di produzione (ad esempio nella provincia dello Yunnan, nella Cina sud-occidentale) parte del raccolto di funghi viene essiccata negli stessi essiccatoi artigianali usati anche per l’essiccamento del tabacco (Fig. 1), soprattutto durante i picchi di produzione (mediamente 3-4 volte nel corso della stagio- ne), o, in altri casi, utilizzando i residui delle piante di tabacco come combustibile. E siccome i funghi secchi provenienti dai singoli essiccatoi artigianali vengono successivamente convo- gliati in centri di selezione dove sono sottoposti ad un’opportuna cernita finalizzata a raggiun-

Figura 1 - Tabacco in essiccazione in un villaggio in Yunnan (Cina), estate 2005. Nei momenti di massima crescita di porcini, essiccatoi come questo venivano temporaneamente impiegati per l’essiccazione dei funghi (Foto N. Sitta)

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Figura 2 - Cernita di porcini secchi in uno stabilimento di Kunming (Yunnan - Cina) finalizzata a suddividere il prodotto in categorie merceologiche omogenee (Foto N. Sitta)

gere un’omogeneità di tipo merceologico (Fig. 2), possono bastare anche pochi essiccatoi “con- taminanti” per disperdere aliquote anche relativamente modeste di funghi secchi altamente contaminati da nicotina su enormi quantitativi di merce, determinando così il rilevamento di valori medio-bassi di contaminazione su intere partite. Ciò potrebbe spiegare efficacemente anche la variabilità dei risultati analitici che si osserva all’interno delle partite stesse, in quanto i campioni, prelevati con criterio di casualità, possono contenere singole unità fungine alta- mente contaminate in numero molto variabile e assolutamente casuale. Non è inoltre da esclu- dere che bassi livelli di contaminazione da nicotina possano derivare dal semplice contatto con le dita sporche dei raccoglitori e del personale locale fumatore adibito alla lavorazione e alla selezione dei funghi freschi e secchi in loco. È stato anche ipotizzato l’utilizzo di pesticidi a base di nicotina per il controllo degli insetti infestanti in fase post-raccolta: sebbene un tale utilizzo fraudolento non sia stato tuttora dimostrato nei paesi produttori, bassi livelli di contami- nazione da insetticidi sintetici di sicura provenienza esogena sono stati recentemente rinvenuti in funghi secchi spontanei, tra cui porcini, di origine cinese (CVUA STUTTGART, 2009; WIELAND ET AL., 2010; SITTA & DAVOLI, 2012). Infine, è stata anche avanzata l’ipotesi della formazione endogena della nicotina nei fun- ghi spontanei, anche come eventuale risposta a fattori di stress biotico o abiotico, quali la disidratazione. In mancanza di solidi presupposti biochimici, a nostro avviso quest’ultima ipo- tesi risulta tuttavia piuttosto azzardata. Non basta infatti constatare che i funghi sono in grado di sintetizzare ornitina e acido nicotinico, precursori biosintetici della nicotina, per invocare la possibile produzione endogena di nicotina nei funghi (EFSA, 2009), in quanto a tutt’oggi i pas- saggi chiave della biosintesi della nicotina non risultano dimostrati al di fuori del regno vegeta- le. È chiaro invece che in condizioni controllate di essiccamento, la concentrazione di nicotina inizialmente presente nel fungo fresco non subisce alcun aumento dopo l’essiccazione in condi- zioni standard (CAVALIERI ET AL., 2010).

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Da un punto di vista analitico, sono state sviluppate diverse metodologie per la determina- zione della nicotina in campioni fungini, utilizzando principalmente tecniche di gas- cromatografia (GC) o di cromatografia liquida ad alte prestazioni (HPLC) accoppiate alla spettroscopia di massa (MS) (CAVALIERI, ET AL., 2010; MÜLLER ET AL., 2011; ROMERO-GONZÁLES ET AL., 2011; WANG ET AL., 2011; LOZANO ET AL., 2012). Più di recente è stato fatto ricorso anche all’elettroforesi capillare con rivelazione amperometrica (CE-AD) (LIN ET AL., 2013). In ogni caso, tuttavia, a causa dell’elevata volatilità della nicotina e della sua non sempre facile (e totale) estrazione dalla matrice in esame, la determinazione analitica della nicotina, soprattutto a livelli prossimi ai limiti di quantificazione/rilevabilità, risulta tutt’altro che triviale e l’intero pro- cesso analitico si presta inoltre molto facilmente a contaminazioni ambientali prima e durante l’analisi, vista l’ubiquità del fumo da sigaretta. Sarebbe pertanto auspicabile in futuro lo svilup- po di metodologie analitiche che richiedano il minimo trattamento possibile del campione per l’analisi e, preferibilmente, che non prevedano alcun utilizzo di solventi di estrazione. Anche l’intrinseca disomogenità del prodotto ‘funghi’ deve essere tenuta in debita considerazione, non solo per i funghi freschi ma anche e soprattutto per i funghi secchi: occorre infatti ribadire che campioni prelevati in punti diversi all’interno di uno stesso cartone di porcini secchi posso- no mostrare livelli di nicotina anche significativamente molto differenti, sia nel caso di porcini secchi a fette, sia per prodotti secchi a granulometria ben più fine quali i cosiddetti “granulari di porcino” (SITTA & DAVOLI, dati inediti). In tal senso, le modalità di campionamento, e soprattut- to la dimensione minima del campione da analizzare, rappresentano fattori molto critici per questo tipo di analisi e dovrebbero certamente ricevere maggiore attenzione anche a livello legislativo. Da un punto di vista ispettivo la questione della provenienza dei campioni utilizzati nelle analisi deve essere valutata con molta attenzione, in quanto - almeno per ora - per i funghi secchi e conservati la reale origine geografica del prodotto non è ricavabile dall’etichettatura e spesso i prodotti in commercio possono derivare dalla miscelazione di materie prime di origini diverse (!). Esistono casi noti di etichettature non corrispondenti al vero (vedi “operazione por- Cina” condotta dal Corpo Forestale dello Stato) e quindi, in sostanza, può accadere che venga rinvenuta nicotina in campioni di porcini dichiarati come europei, ma che in realtà risultano in definitiva di provenienza extraeuropea: anche la ‘storia’ dei campioni fungini in esame risulta pertanto un elemento di fondamentale importanza da tenere in considerazione nelle indagini future sull’origine della contaminazione da nicotina nei funghi spontanei. Di recente, la presenza di nicotina a livelli di 0.4-0.7 mg/kg - ben più elevata del LMR “per difetto” di 0.01 mg/kg fissato nel Regolamento CE n. 396/2005 - è stata segnalata anche in numerosi prodotti di origine vegetale quali tè, infusi di erbe essiccate, spezie, boccioli di rosa e piante aromatiche fresche delle più diverse provenienze geografiche, europee ed extraeuropee, sia da agricoltura convenzionale che biologica (EFSA, 2011). Di conseguenza, un parere moti- vato dell’EFSA sulla presenza di nicotina in queste matrici vegetali (EFSA, 2011) ha permesso di fissare nuovi limiti alternativi, che sono stati in seguito adottati a livello comunitario, seppur temporaneamente (EU, 2011). Anche in questo caso non è stato ancora possibile stabilire con certezza la causa della presenza di nicotina in tali prodotti, sebbene i livelli più elevati di nico- tina siano stati riscontrati in raccolte provenienti da paesi in cui viene coltivato anche tabacco (EFSA, 2011). In questo contesto globale in cui la nicotina si rivela essere un contaminante più diffuso del previsto in diverse matrici alimentari, occorre segnalare che il settore dei funghi coltivati (in particolar modo essiccati), nei quali non si può escludere a priori la presenza di una o più delle varie possibili fonti di contaminazione da nicotina sopra elencate, rimane per ora completamente “scoperto” da tolleranze specifiche e continua ad essere assoggettato al LMR “per difetto” di 0.01 mg/kg fissato nel Regolamento CE n. 396/2005. Per ora, in mancanza di prove scientifiche che dimostrino la presenza naturale della nico- tina nei funghi spontanei e ne chiariscano il meccanismo di formazione, l’Unione Europea ha ritenuto opportuno estendere di ulteriori 2 anni la validità dei limiti per la nicotina nei funghi spontanei (EU, 2012), in attesa di ulteriori indagini e di nuove campagne analitiche. Al di fuori dell’Unione Europea, invece, non risultano ancora fissati limiti specifici per la nicotina nei fun- ghi spontanei.

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