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zionali e proibitivi 20. Alla fine la nobiltà fu rispettata e poté godere liberamen- te la proprietà di beni che in parte provenivano da usurpazioni; ciò che perse fu la giurisdizione, i diritti proibitivi, alcuni privilegi fiscali, porzioni di terre bo- schive e macchiose, che erano, comunque, fonte di consistenti entrate 21 . La conferma delle prestazioni specificate fece reiterare anche le liti. 11 18 luglio 1810 la Commissione feudale, presidente Dragonetti, giudici Sa- ponara, Franchini, Martucci e Pedicini, cancelliere Giuseppe De Marinis, deci- se in merito alla causa che vedeva contrapposti il di ed il mar- chese Nicola Prato, patrocinati dai sigg.ri Antonio Vitale e Paolo Serfilippo, da una parte, e l'Amministrazione dei Demani, patrocinata dal sig. Francesco Scandone, dall'altra parte, che era succeduta agli Olivetani nel feudo detto Au- rio, alle monache di San Giovanni Evangelista nel locale detto Canzano seu Cesine o Surbo e alla Mensa vescovile di nel locale detto de' Russis alias S. Marco. La Commissione ordinò che l'Amministrazione si aste- nesse dall'esigere la decima nel tenimento di Surbo, non avendo giustificato il titolo in base al quale la pretendeva 22. Ma il 2 luglio, nella causa che vedeva contrapposti il Comune di Lecce e diversi possessori degli ex-feudi in territorio di Lecce, stabilì per il feudo di Canzano del monastero di S. Giovanni Evange- lista legittime le decime degli ulivi menzionate nell'Inventario del 1543 23 . Que- st'ultima sentenza fu confermata dalla N° 46 del 10 agosto che vedeva con- trapposto il sig. Donato Zaccaria e diversi ex feudatari, tra cui il monastero di S. Giovanni evangelista per il feudo di Surbo e Cerrate24. 11 10 novembre 1813 il monastero di S. Giovanni Evangelista, "possessore

20 . MASEA, Decime e demani. L'eversione della feudalità in Terra d', cit., p. 288. 2 . IAI, L'eversione della feudalità nel Regno di Napoli, cit., p. 149. Già la Legge 25 giugno 1806 aveva richiamato allo Stato la percezione di tutti gli arrendamenti di qua- lunque natura fossero e sotto qualunque amministrazione si trovassero. 22 AS, Scritture delle Università e feudi di Terra d'Otranto, busta 44, fase. 97, Surbo, a. 1810; Ivi, Commissione feudale — Bullettino delle sentenze, vol. 28, sentenza N° 85, p. 630. 2 Ivi, Commissione feudale — Bullettino delle sentenze, vol. 28, sentenza N° 108, p. 786. Il Comune di Lecce, patrocinato dal sig. Gennaro Mirra, aveva chiesto l'abolizione delle de- cime dei prodotti che si esigevano dai rispettivi possessori dei feudi di Tamanzano, Cassine- to seu Cassinelle, Tafagnano, Cesano seu Caracciolo, Malcandrino, Canzano e Cesine, Av- vio e Le Arene, Paternò, Palombaro e Cerrate. La Commissione dichiarò legittime in favo- re dei rispettivi possessori le decime di quei soli prodotti che trovavansi fissati sotto la ru- brica individuale di ciascun fondo, esclusi tutti gli altri generi. Ed abusive le decime fino ad allora percepite dall'Amministrazione dei Demani e dal monastero di S. Matteo di Lecce pei loro feudi di Arene, Avvio e Paternò. Inoltre dichiarò applicabile ai possessori delle terre de- cimabili il favore dei Reali Decreti relativi alla clausurazione delle loro possessione, alla commutazione della prestazione in canone fisso ed al riscatto. Infine si riservò di pronun- ziarsi per i feudi di Palombaro e di S. Maria del Popolo o sia di C'errate. 24 Ivi, Commissione feudale — Bullettino delle sentenze, vol. 29, sentenza N° 46, p. 305.

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di alcuni Jus decimandi nel feudo di Surbo o Canzaro e Lecce, lamentò che va- ri reddenti negavano di prestare la decima di ulivi cui andavan soggetti í loro fondi, malgrado due decisioni contro di loro della Regia Commissione feudale. Per non pregiudicare i dritti del monistero ed attrassare i suoi interessi, i procu- ratori can.co Marigliani e Nicola Personè chiesero al Vicario Apostolico l'auto- rizzazione a ricorrere alla giustizia per costringere i reddenti" 25 . Nel 1834 d. Giacinto Personè ricorse alla "somma sagiezza" di Sua Eccellenza il Vescovo di Lecce per ottenere giustizia. Egli riconosceva il diritto del monastero di S. Giovanni Evangelista di percepire su diversi fondi dell'ex feudo di Surbo la se- sta, l'ottava, la nona, o la decima parte dei prodotti e su di altri la quindicesima, la vigesima o la trentesima, come risultava da un uso immemorabile, dalla Pla- tea dei beni del monastero del 1543, da diversi inventari fatti in varie epoche e dagli stessi contratti di locazione di tali diritti in molti anni e tempi conchiusi per atti pubblici con molti individui. La Commissione feudale, creata di sovra- no comando per esaminare i titoli di tali prestazioni territoriali ed il diritto a conservarle, con decisioni del 23 luglio e 10 agosto 1810 le dichiarò legittime, chiamandole con il nome generico di decime, termine che si usava indicationis non taxationis causa, come sostenuto dalla legge e dai dottori. Dall'epoca di ta- li decisioni e fino al 1828, vale a dire per 18 anni, il monastero proseguì a per- cepire regolarmente le prestazioni nelle misure previste. Ma nel 1830 la bades- sa Lopez pretese di esigere da tutti i possessori di fondi la Decima.parte dei pro- dotti, poggiando la pretesa sulle decisioni della Commissione feudale, ossia at- tribuendo al nome generico decima il significato di nome propriamente tassati- vo. Promosse giudizio in Tribunale e, data la sua influenza nella società e la pre- senza del giudice sig. Castriota che aveva chiesto in moglie e poi sposato una sua nipote, riuscì ad ottenere sentenza favorevole alle sue domande. Anche la Suprema Corte, presso la quale d. Giacinto Personè aveva fatto ricorso, con sentenza del 13 aprile 1833 rigettò il ricorso e confermò la precedente decisio- ne dei giudici, costringendolo a pagare dal 1829 non più la vigesima per i suoi beni ma la decima e quindi il doppio di quel che legittimamente doveva, oltre le spese giudiziarie. Ma i fratelli d. Ligorio e d. Gaetano Martirano, che aveva- no opposto le medesime eccezioni alle pretese del monastero, ne ottennero sen- tenze favorevoli e tutte opposte alle precedenti. Stante tale situazione, il 2 lu- glio 1834 d. Giacinto Personè implorò S.E. il Vescovo di Lecce di essere rein- tegrato neí suoi diritti per l'avvenire, di essere rimborsato del mal tolto e risar- cito dei danni, spese ed interessi che gli si erano ingiustamente arrecati 26 . Il 31 dicembre 1838, sindacato di Noè Scalinci, il cancelliere di Surbo Fran-

25 ACAL, Benedettine V, Busta XII, sec. XIX, fasc. 232. 26 Ivi, Benedettine V, Busta XII, sec. XIX, cit., fascc. 257, 261.

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cesco Nasta, in esecuzione degli ordini dell'Intendente e a tenore del Real De- creto del 30 gennaio 1817, pubblicò il "Quadro riguardante i fondi redditizi di decima e altro per il di loro feudo di Canzano" del monastero di S. Giovanni evangelista, registrando in 230 articoli i nomi dei fondi, il proprietario, il tipo di prestazione feudale e annotando che "sebbene dalla Platea formata nel 1691 rilevavasi che per i vari fondi del feudo si corrispondevano le prestazioni de- scritte nel quadro, pure con due decisioni del 23 luglio e 10 agosto 1810 furo- no dichiarate legittime a favor del monastero le sole decime sul fruttato di oli- ve, ogni altro genere escluso". Il Quadro evidenzia che la prestazione era di- versificata: alcune chiusure erano soggette a decima, altre a quindicesima e al- tre a ventesima, altre ancora a sesta, settima, ottava 27. Tra i nomi dei debitori ricordiamo i seguenti: 1. Notaio felice De Luca decima chiusura con olivi detta Calcara in luogo detto macchitelle alli Bruni 2. Vito Paladini oliveto ivi 3. Paolino Marini 4 chiusura Canale olivata ivi 4. Pietro Antonio De Rinaldis oliveto ivi 5. Giambattista Zecca idem 6. Leonardo Ampolo chiusura Ferraro olivata 7. diversi 66 chiusura Campore olivata in luogo detto li Carretti 8. Capitolo di Surbo idem di tomoli 20 e olivata 4 9. Oronzo Miglietta terre olivate ivi Donato Rosato Oronzo Cocciolo 10. barone Romano tomoli di 90 terre olivate con giardino in luogo detto Maria Maruni 46 11. barone Romano oliveto detto La Carra [6 12. barone Romano masseria Mosca con trappeto 13. eredi di Sabato Paladini chiusura di tomoli 3 nella masseria Lo Mea 14. Vito Elia chiusura ivi 66 15. Oronzo Miglietta chiusura nella masseria Rapanà 16. Domenico Nasta XXma chiusura detta Aia di tomoli 8 olivata 17. Vito Contente 66 chiusura nella masseria Coppola 18. Giorgio Antonio Strati Xma chiusura la Pagliara nella masseria S. Biasi 19. Incurabili di Napoli masseria detta l'Abate 20. Pietro Antonio De Rinaldis chiusura detta Conca nuova di stopp. 3 con olivi 6 21. Rosa Calvara tomoli 2 olivati nella masseria Angioli 22. Giuseppe Rizzo tomoli 1 ? olivati ivi 23. Giuseppe Paladini chiusura La Motta di tom. 3 ? con olivi 6 24. notaio Felice De Luca chiusura Li Cormuni di tom. 3 con olivi 25. Francesco Romano barone XXma chiusura Spinelle di tom. 4 di pertinenza della masseria S. Pietro d'Alessandro Cren, altra detta

27 AsL, Intendenza di Terra d'Otranto, Ruoli esecutivi del patrimonio ecclesiastico, busta 190, fasc. 200 a-c, 1838.

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Aera di tom. 2 26. Capitolo di Surbo Xma masseria Liuzzi; le Campore nella via di di tomoli 8 27. Giambattista Mancarella 44 chiusura a Rapanà piccolo di stoppelli 3 olivata 28. Capitolo di Surbo chiusura di tomoli 3 confinante con masseria Schiavelle 29. Capitolo di Surbo chiusura di Jaco Mele, tomoli 3 con oliveto 30. Salvatore di Luca Gt chiusura detta Spina, tomoli 7, di pertinenza della masseria detta Gatti Anna di Luca Angelo Colaci Cicilia di Luca Rosa di Luca 31. Francesco Nasta chiusura detta Cormuni grandi nella masseria Gatti 32. Antonia Mele <4 chiusura detta Petrosinella di tomoli 1 olivata ivi 33. Vito Paladini XVma chiusura beneficiale di stoppelli 10 di terre seminatorie ed olivata detta Beneficio 34. Carlo Gravili XVma quattro chiusure dette Mastro Donato De Giorgi sementabile e olivata confinante li Connuni della Franchina 35. Benedetto Manca 36. Giovanni Dell'Atti 37. Vito Lettere 38. Andriano Elia XVma chiusura detta Brescianella di terra, stoppelli 10 c. con olivi 39. Vincenzo Perrone XVma chiusura Cannazzella di stoppelli 6; orto dentro Surbo 40. can.co Nicolini di Lecce XXma masseria delle Side in Aurio 41. Vito Contente Xma terre dette Lo Mucciato di tomoli 3 ? con olive 42. Elisabetta Virgilio chiusura Tarantino sementabile con olivi di tomoli 1 '/2 43. Capitolo di Surbo tt chiusura detta Schiatta e dalli sementabile di tomoli 2 con olivi 44. dott. Vito Paladini 44 chiusura di stopp. 22 detta Ortale4530. 45. Felice De Luca sudetta 46. Pietro Mazzeo 44 giardinello di Campore di detta chiusa

47. barone Francesco Romano 44 fondo detto Laccorusso dietro Surbo consistente in varie chiusure di tomoli 21 olivate e seminatorie 48. SS.mo di Surbo XXma chiusura Craparese confinante con la strada di S. Marco 49. Capitolo di Surbo Xma chiusura Lo Noce olivata di pertinenza della masseria Sellati o Rizzelli 50. Petronilla Mazzarella giardino nel luogo detto Liuzzi Anna L. Mazzarella Francesco Cagnazo Lecce 7 dicembre 1803 Mr r pz Abbadessa Il Direttore

ffl llí nz procuratore G.t rnè

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Una lunga lite riguardò gli ex feudatari della foresta di Roca e di Oria (già di Brindisi) e molti Comuni della provincia di Terra d'Otranto per il diritto di Forestario. Nel 1809, vinta la causa e liberati i Comuni dall'annua prestazione in denaro a ciascuno di essi caricata, l'avv. Vito Domenico Fazzi, patrocinato- re in Lecce, avanzò al Regio Procuratore Generale sig. Winspeare la domanda di un compenso corrispondente alle sue fatiche e del rimborso delle spese so- stenute di proprio denaro. Dopo continui reclami dell'avvocato, solo il 22 lu- glio 1818 il Consiglio d'Intendenza, composto da Capone, Stomeo e Mancarel- la, ritenne di accordargli la somma di ducati 40 per spese e ducati 200 di com- penso da dividere tra i Comuni patrocinati. Al Comune di Surbo fu addebitata la quota di ducati 5.60; ducati 3.90 a ; ducati 3 10 ad ; ducati 2.10 a Magliano; ducati 4.60 a 28. Al fine di "favorire gli incrementi civili della società moderna e di affran- care l'agricoltura da quelle servitù che ne incespicano l'ampio e regolare svol- gimento", il 12 aprile 1862, da Torino, il ministro dell'agricoltura, industria e commercio Pepoli, inviò una circolare al Prefetto di Terra d'Otranto, chieden- do informazioni sulle prestazioni che "sotto il nome di platee, di terraggi e si- mili, ma più comunemente sotto quello di decima, sono tuttora in uso in alcune Provincie del Regno". Ogni sindaco avrebbe dovuto fornire i dati necessari al raggiungimento degli obiettivi prefissati, fornendo ragguaglio su: 1. indole e carattere delle decime e delle prestazioni in natura; 2. entità ed ammontare delle decime e delle prestazioni in natura; 3. se le medesime cadono sopra tutte le produzioni o alcune; 4. se sopra le rendite brutte o nette ed in quale proporzione; 5. sui titoli di queste prestazioni e sulla loro origine; 6. sul modo di queste prestazioni. Il 17 maggio 1862 il sindaco di Surbo Costantino Scalinci diede ordinata-

mente le notizie richieste. Comunicò che: 1° in Surbo due erano gli Enti mo- rali che esercitavano i diritti di decima: il monastero di S. Giovanni Evangeli-

28 /vi, rfttr d . n Cnl. Affr nrl, busta 63, fasc. 730, rt d ( frt d Or rnvll — rtt d frt, 1809-1817. Cfr. in AsL, In tndnz d . vn d n, 1808, busta 29, fasc. 333; Iv, rfttr d . n Cnl. Affr nrl, busta 63, fasc. 725, n. Minuta di ordinanza del 30/12/1812. L'Intendente di Terra d'Otranto e Commissario del re per la divisione dei de- mani Domenico Acclavio, emise un'ordinanza sulla causa tra i cittadini del Comune di Squinzano, rappresentato dal sindaco Francesco Dicastro, e l'ex-feudataria Duchessa di Cu- trofiano, patrocinata dal sig. Salvatore Nahi, riguardo alle decime negli ex-feudi disabitati di Afra e Bagnara. Ordinò che tutti i possessori di fondi nell'intero territorio di Afra, di qua- lunque Comune fossero, corrispondessero all'ex- feudataria le decime di grano, orzo, avena, fave, lino, vino mosto, bambagia e olivi; mentre nel territorio di Bagnara la metà di tali de- cime, escluso ogni altro genere.

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sta di Lecce, che decimava sul feudo detto Canzaro o Surbo e la Prebenda Co- nonicale del Capitolo Cattedratico di Lecce, che decimava sul feudo di S. Ni- cola de Russis. Pertanto l'indole delle prestazioni era di natura ecclesiastica. 2° - L'ammontare delle decime non poteva determinarsi con precisione, essendo in ragione dei prodotti, sia oleari sia cereali. Però poteva stimarsi per ducati 800 riguardo al feudo di S. Giovanni Evangelista e per ducati 350 per quello della Prebenda Canonicale. 3° - Il monastero di S. Giovanni Evangelista esercitava il suo presunto diritto solo sulle produzioni olearie; la Prebenda Canonicale lo esercitava a suo talento: cioè sui cereali o sui prodotti oleari, a seconda della maggior convenienza. A tal uopo nel mese di maggio stabiliva ciò che meglio gli conveniva, quando appunto i cereali erano prossimi alla maturazione e gli oliveti mostravano più o meno la loro fioritura. 4° - Il diritto di decima da en- trambi i feudatari si esigeva sulle rendite lorde ed in proporzione dell'8%; però vi erano proprietà che contribuivano la quindecima, ventesima, trentesima e ta- lune anche la quarantesima parte. 5° - Circa i titoli, il sindaco scrisse di non po- ter dare positivi ragguagli. Ma, come rilevavasi dalla storia di Lecce, nel 1190 il re Tancredi fondò il monastero di S. Giovanni Evangelista e gli donò Surbo. L'attuale percezione si fondava sull'arbitrio e sulla forza. 6° - Le prestazioni ri- guardanti l'oliveto si contribuivano per consuetudine in tre dande: in frutto o in olio. Approssimandosi la maturazione delle olive, le monache ottenevano dal- l'Intendente della Provincia un ordinativo, indirizzato al Municipio, di nomina- re un perito che stimasse il frutto nell'interesse dei contribuenti, insieme ad un altro perito nominato dal monastero. Il frutto, che si riscuoteva dai fittuari del diritto di decima, doveva essere libero da corpi estranei come granelli di sabbia o foglie; onde il colono doveva sovente pulirlo, lavarlo e asciugarlo, pena la ri- valsa in olio. In questo caso il fittuario non esigeva più l'olio che soleva nasce- re dal frutto spettante, ma ne riscuoteva dal colono e dal proprietario tanto più quanto maggiore era la loro debolezza. Nella medesima maniera la Prebenda Canonicale di Lecce, e per essa i fit- tuari, riscuotevano il contributo sul prodotto oleario o sui cereali in base alla sti- ma o dopo che il colono aveva trebbiato e reso netto i cereali 29 .

2 Ivi, Prefettura di Lecce. Demani Comunali. Affari generali, busta 85, fasc. 829. Il 1° lu- glio 1862 il sindaco di Trepuzzi Giuseppe Elia comunicò al Prefetto di Lecce le informazio- ni richieste. Dichiarò che le decime erano di indole e natura laicale e possedute dagli eredi del fu don Giovanni Carignani, duca di Carignano; che ammontavano a 2.500 ducati; che si esigevano sopra sette capi: grano, orzo, avena, fave, olivi, lino e vino mosto; che si esigeva sulle rendite lorde la decima diminuita del quinto; che risalivano al 1536, allorché la Cesa- rea Maestà concedette a Federico Hurrias, baiulo di S. Eufemia, i feudi di Carpignano, S. Do- nato, Trepuzzi e Terenzano; che le olive si esigevano sul luogo in tre dande, i cereali sull'aia, il vino mosto nei palmenti. Il sindaco di Squinzano G. Buonerba il 15 maggio 1862 comunicò al Prefetto che il suo

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