Made in Mena

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Made in Mena Facoltà di Lingue e Letterature Straniere Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in Relazioni Internazionali Comparate International Relations Tesi finale di Laurea MADE in M.E.N.A.: Internationalization of Southern European Enterprises in the Middle East and North Africa Region. The Zara case study. Relatore: Laureanda: Ch.mo Prof. Stefano Soriani Chiara Celidoni Matr. 817268 Correlatore: Ch.mo Prof. Giovanni Favero Anno Accademico 2011 / 2012 2 3 To my Mother and Father, who have always taught me that merits are nothing but the reflection of the hard work that one does in life. 4 5 SINTESI INTRODUTTIVA Made in M.E.N.A.: Internationalization of Southern European Enterprises in the Middle East and North Africa Region. The Zara case study. È forse possibile, in tempi di crisi economica e finanziaria, considerare l’area Mediterranea come la nuova frontiera del rinascimento globale? Rispondere a questa domanda è stata la grande sfida che ci si è proposti in questa tesi di laurea. Cina, India e Brasile sono indubbiamente paesi performanti; ma se una potenziale via d'uscita alle problematiche economiche d'imprese europee meridionali, come ad esempio quelle italiane o spagnole, fosse da ricercare proprio dietro l’angolo? Sotto il profilo del business, l’area geografica del Medio Oriente e del Nord Africa potrebbe essere a buon diritto considerata tra le più promettenti a livello globale, come testimonia il crescente fenomeno d'internazionalizzazione che si colloca alla base di scelte di delocalizzazione e investimento da parte di numerose aziende europee all’interno della regione. Tuttavia, un'attenta analisi in merito non può prescindere da una distinzione tra le due differenti aree che la compongono: da un lato i paesi mediorientali del Golfo Persico e dall’altro il Mediterraneo vero e proprio, area su cui verrà concentrata maggiormente l’attenzione. Indubbiamente, mentre l’area del Golfo continua a rappresentare per l’Europa principalmente un partner energetico dal quale importare gas naturale e petrolio, investendo eventualmente in termini di energie rinnovabili, quella del Mediterraneo si è ormai consolidata da decenni come una zona cruciale d'interscambio commerciale, la cui prossimità garantisce un promettente mercato di sbocco per l’esportazione di manufatti europei. L’area 6 mediterranea dunque, frapponendosi tra l’Europa e l’area propriamente mediorientale, costituisce da sempre un partner vitale per i commerci e le relazioni culturali tra le due parti, offrendo oggi più che mai diverse opportunità di prim’ordine, soprattutto nei settori degli investimenti infrastrutturali e logistici, delle tecnologie dell’informazione, del turismo e delle biotecnologie. Prima di focalizzare propriamente l’attenzione sull’area d'interesse, per motivare la tesi iniziale, si è cercato innanzitutto di capire quali siano le strutture portanti del rapporto esistente tra globalizzazione e internazionalizzazione. Interconnessione, interscambio e interazione continua tra diverse parti del mondo sembrano essere le parole chiave caratterizzanti tale rapporto, al quale si relazionano di conseguenza quei nuovi processi di scomposizione internazionale del lavoro, derivati appunto dalla crescente globalizzazione. In questo contesto, è stato pertanto necessario analizzare il ruolo determinate delle multinazionali, le quali hanno colto in maniera innovativa le occasioni derivate dalla globalizzazione per imporsi a livello mondiale attraverso differenti processi delocalizzativi. Alla luce di queste considerazioni, è stato opportuno dunque definire i principali modelli teorici di delocalizzazione di un’impresa e catalogare inoltre i diversi vantaggi localizzativi che possono indurre a intraprendere scelte di delocalizzazione in un altro paese, facendo riferimento in particolar modo al ruolo che negli ultimi decenni ha assunto il costo della forza lavoro. Una tale analisi ha permesso di valutare successivamente i legami esistenti tra globalizzazione, apertura dei mercati e regionalismi, i quali, nonostante possano essere percepiti apparentemente come fenomeni contraddittori, hanno reso possibile un maggiore interscambio anche all’interno dell’area mediterranea. Pertanto, un riferimento alla dimensione economica di cooperazione sorta nella regione a partire dalla Conferenza di Barcellona del 1995 non è potuto mancare. Sotto il profilo legislativo, infatti, le relazioni tra i Paesi mediterranei della sponda Sud e i paesi europei sono regolate dai cosiddetti Accordi di Barcellona, stipulati in seguito alla Conferenza sopramenzionata e fortemente voluti da Francia, Italia e Spagna. Meglio 7 conosciuti con l’appellativo di Partenariato Euro-mediterraneo, tali accordi, oltre a determinare obiettivi di carattere politico e culturale, si sono proposti come finalità l’affermazione di condizioni volte a garantire uno sviluppo economico sostenibile all’interno della regione mediterranea, anche mediante la stipulazione di appositi accordi bilaterali fra l’Unione Europea e ciascun partner appartenente alla sponda meridionale, con l’obiettivo inoltre di istituire una zona di libero scambio a medio termine. È proprio attorno a questa dimensione regionale, dunque, che si è cercato di valutare la potenzialità di quest’area, considerando tanto gli accordi istituzionali derivati dal Partenariato che possono facilitare la cooperazione e incrementare gli scambi commerciali, quanto le facilitazioni concrete e gli strumenti di supporto agli imprenditori, nati e promossi nel quadro dell’Unione Europea. Infatti, le maggiori difficoltà d'investimento nell’area, nonostante un quadro di crescente interesse commerciale, derivano dalla lontananza di questi paesi dalle consuetudini europee in termini non solo di cultura, ma soprattutto in questo contesto di prassi commerciali e stili negoziali. Per questo motivo, la Commissione Europea si è adoperata per istituire un progetto – ANIMA Investment Network project – che miri a facilitare la scelta della delocalizzazione, soprattutto per le piccole e medio imprese, operando più concretamente attraverso il cosiddetto programma Invest in Med e l’osservatorio MIPO, impegnato nel registrare i flussi d'investimento nell’area. Questo progetto, operando in maniera simile alle cosiddette società di business consulting, si propone infatti come una piattaforma, dedicata alle imprese in fase d'internazionalizzazione, volta a promuovere l’attività imprenditoriale in paesi a rischio medio-alto come quelli che sono stati considerati. Un tentativo quindi di offrire un appoggio critico su come fronteggiare la concorrenza, con l’intento di guidare alla scelta del paese, all’orientamento nella scelta del partner e alla definizione dei settori e delle nicchie di maggiore attrattività. Inoltre, vista la centralità degli Investimenti Diretti Esteri (IDE) nelle attività d'internazionalizzazione, largo spazio è stato dato al loro ruolo in entrata per i 8 paesi mediterranei, considerando inoltre la loro distribuzione nell’area e la loro provenienza. Indubbiamente, l’attuale crisi economico-finanziaria ha contribuito a rallentare gli investimenti diretti europei indirizzati all’area mediterranea, determinando una flessione negativa negli ultimi anni. Ciononostante, si tratta di una zona che continua a essere rilevante in termini d'investimenti, come si è cercato di dimostrare attraverso gli strumenti forniti dal progetto ANIMA Investment Network. Tale analisi ha permesso di individuare dunque i fattori più attrattivi di ciascun paese appartenente allo spazio mediterraneo, facendo luce inoltre sull’intorno legislativo, dalle facilitazioni fiscali agli incentivi in materia burocratica, che caratterizza ogni singolo paese dell’area in termini di flussi in entrata e permettendo di far luce su paesi molto spesso sconosciuti, ma che progressivamente si sono aperti al mercato mondiale. Consulenza legale, fiscale e contabile sono servizi dai quali le imprese che investono in quest’area non possono assolutamente prescindere: per questo motivo, si è cercato di proporre una sorta di guida all’investimento, che rendesse più comprensibile la realtà di questi paesi sotto il profilo finanziario e legale, in modo tale da mettere in risalto le agevolazioni proposte da ciascun paese mediterraneo in termini d'investimenti. Questo perché, nonostante gli errori derivati molto spesso dall’improvvisazione e dal fai-da-te, l’area mediterranea complessivamente risulta essere fortemente attrattiva, avendo aperto innumerevoli opportunità economiche e commerciali per i paesi europei meridionali, i quali, soprattutto per la loro collocazione geografica, potrebbero assolvere un ruolo determinante di cerniera. Per questo motivo, il discorso sull’internazionalizzazione si è concluso con un’analisi delle nicchie di mercato considerate maggiormente attrattive per l’intera regione nel suo complesso. Ciò che ne è emerso, è sicuramente una panoramica interessante, in quanto molti sembrerebbero essere i settori bisognosi di attrarre investimenti. Dalle biotecnologie all’ecoturismo, dal settore agroalimentare a quello della logistica e delle infrastrutture, molte sono le opportunità da cogliere per i paesi europei. In particolare, si è considerata 9 l’attrattività del settore tessile, sia dal punto di vista dei tessuti organici e industriali, quanto dal punto di vista della cosiddetta fast fashion. Nello specifico quindi sono stati considerati i processi di delocalizzazione di un colosso della moda quale Zara (Gruppo Inditex) proprio all’interno dell’area mediterranea, e in particolare
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