Se Gu S Ru M
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Se g u s ru m SOCIETÀ DI RICERCHE E STUDI VALSUSINI SUSA (TORINO) Dicembre 1985 - Anno XXI - N. 21 SOMMARIO A. Bertone Gli scavi di San Pancrazio di Villar Dora. pag. 3 G.C. Wataghin Notizie di scavi archeologici: la villa Romana di Almese e l’Abbazia di Novalesa. » 19 F. Pari Architravi lunati nelle Valli di Susa. » 27 G. Roddi Una sentenza medioevale concernente il paese di Bruzolo e la Valsusa (1172). » 39 E. Patria Notizie su un comune dell’alta Valle di Susa (Delfinato) al tempo della guerra di religione (1588). » 51 F. Forray John Moore au Mont-Cenis en 1776. » 113 A. Lange Il telegrafo ottico in Piemonte. » 119 Natalino Bartolomasi Presenta Valsusa Antica. » 143 Notizie L. Sibille da un anno all’altro (cronaca). » 149 GLI SCAVI DI SAN PANCRAZIO DI VILLAR DORA (1982-1983) C o n t r ib u t o a lle co n o sc en ze su l B ronzo fin a le P r im o F erro in V alle di S usa Il sito oggetto della presente nota si imposta su un pianoro, indicato (F. 55 II NE Almese, coord. 32 TLQ 7197 9750) col toponimo “La Seia” e posto alla sommità di un’emergenza rocciosa a morfologia glaciale, a circa un chilometro ad Ovest dell’abitato di Villar Dora (Tav. 1). Il rilievo risulta adiacente al basso versante sinistro, alla base della Rocca del la Sella, in prossimità del fondovalle: mostrando l’aspetto di uno sperone promi nente sul letto della Dora Riparia, realizza quindi la separazione tra le conche di Caprie e di Almese, lambendo con le sue ultime propaggini (Torre del Colle) la statale 24. Le pendici rivolte ad Ovest sono caratterizzate da balze rocciose, mentre at tualmente il versante orientale dispone di una copertura vegetale con carattere di bosco ceduo: questa interessa però solo in modo marginale il pianoro in que stione, posto mediamente a ca 550 m s.l.m. ed a 200 m sul thalweg della Dora e su cui si riscontra in prevalenza una vegetazione a piante erbacee ed arbustive. Del resto tentativi di rimboschimento hanno portato sino ad ora a scarsi risulta ti. Pertanto anche le tracce di colture agricole sono piuttosto labili su tutto il ba stione roccioso, localizzandosi in pratica sul versante Est, e risultano comunque in prevalenza riguadagnate dal bosco. Le modificazioni legate alla presenza di installazioni militari durante l’ultimo conflitto mondiale non appaiono consistenti: anche se è difficile determinarne globalmente l’entità, i disturbi risulterebbero infatti piuttosto localizzati. A Nord del pianoro sorge l’antica cappella di San Pancrazio, tristemente oggetto di gravi atti di vandalismo, alla quale si connetterebbero precedenti situazioni insediative romane od altomedioevali (informazione orale raccolta localmente, 1982). Il substrato è costituito da rocce della formazione mesozoica dei calcescisti con pietre verdi 0). Depositi morenici wurmiani orlano il colle localmente, so- * Progetto “Popolamento preistorico della Valle di Susa” , contributo n. 2. (') — Rocce eruttive e tufi della Serie a facies piemontese (zona delle pietre verdi di Gastaldi) se condo la descrizione formazionale della più recente edizione della Carta Geologica d’Italia (F. 55 Su sa, 1959). 3 prattutto alla base del versante occidentale. Inoltre sul ripiano riposano massi eratici e sono evidenti tracce di modellamento glaciale: sulla sua superficie si os servano pertanto alcuni dossi ad elevazione decametrica o subdecametrica, sui cui versanti sono state individuate le principali attestazioni archeologiche. Segnalazioni concernenti il rinvenimento più o meno sporadico di reperti preistorici nell’area e nelle adiacenze risalgono almeno al 1970 (Salomone- Tabusso, 1971; Fedele, 1978; Nisbet-Fedele, 1978). Per altro 1 ’essenza di con testi e l’asistematicità dell’indagine “spontanea” non consentivano di formulare precise osservazioni cronologiche né tanto meno culturali. Nell’ambito di tali iniziative, alcuni membri del Gruppo Archeologico Ad Quintum di Collegno lo calizzavano frustoli di terrecotte d’impasto grossolano liberi, in corso di dilava mento sulla superficie del ripiano. La Soprintendenza Archeologica per il Piemonte, presso la quale veniva in tanto maturando un progetto di ricerca organica sul primo popolamento della Valle di Susa, promuoveva un intervento esplorativo con carattere d’urgenza su questo sito, la cui integrità risultava seriamente minacciata (2). Le operazioni di scavo, condotte per due brevi periodi nelle estati 1982 e 1983 (Bertone, 1983; Fozzati-Bertone, 1983; Fozzati-Bertone, 1984), hanno in teressato un’area di 5,5 m2, distribuita su due punti distinti nella porzione Nord, più rilevata, del ripiano, individuati con le sigle VD 1 a (dosso a NO) e VD 1 b (NE), su cui risultavano particolarmente concentrati i rinvenimenti su perficiali. L’intervento in VD 1 b ha interessato la sommità di una collinetta, costituen te un piccolo spazio a lieve pendenza. Il detrito consisteva in una sola unità stra tigrafica bruna, di natura colluviale, a scheletro subdecimetrico, poco pedoge- nizzata; la potenza era prevedibilmente minima, raggiungendo in media 15 cm. Qui i manufatti preistorici, per quanto relativamente numerosi, apparivano molto degradati sia dall’azione degli agenti atmosferici sia ad opera della fitocla- si prodotta dalle radici di ericacee che coprivano la superficie esplorata. Lo scavo più ampio, in VD 1 a (Tav. 2) ha interessato un breve ripiano lungo il versante meridionale di un dosso ed ha posto in luce un accumulo più consi stente di terreno con caratteristiche piuttosto variabili. Nella trincea principale (2) — Lo scavo è stato condotto da Aureliano Bertone e Luigi Fozzati. Si ringrazia la Soprinten dente Archeologica per il Piemonte, dott.sa Liliana Mercando per l’autorizzazione concessa alle ri cerche. v Hanno partecipato agli interventi A. Aimar, A. Fracchia, G. G ai, S. G iorda, G. Spalivif.ro ed L. Vassallo. I limiti ed i fraintendimenti rilevabili e rilevati anche in questa occasione per quanto concerne l’aspetto “pubblico” della ricerca sono stati, per quanto negativi, uno stimolo al sorgere del Gruppo Archeologico Torinese, che in questi anni sta svolgendo insieme alla Società Segusium un’importante opera di corretta informazione arheologica nella Valle di Susa. Inoltre un particolare ringraziamento per i consigli e le notizie forniti va a M. Cima, A. D hl L uc chése, F. G ambari, L. M ano e R. N isbet. 4 4 (quadrati.Bl, B2, B3 e C2 della rettatura di VD 1 a) è stato individuato un de posito della potenza media di 45 cm ca, che riposava su un pavimento in roccia fortemente inclinato in direzione SO. La successione stratigrafica mostrava, in feriormente alla rizosfera, unità nocciola di origine colluviale: detrito a raro scheletro a lastrine e blocchetti decimetrici copriva la paleosuperficie su cui era no distribuiti i reperti archeologici, paleosuperficie ricostruita anche attraverso l’elaborazione al computer dei dati di scavo (Mano, 1984) e che mostrava un’in clinazione prevalente in direzione SE (quindi in parziale discordanza con quella del substrato roccioso); nella porzione basale, ed in particolare nell’area con de posito a maggiore potenza (quadrato B3) si è riscontrato un consistente aumento dello scheletro, talora fluitato dall’azione glaciale. Un limitato sondaggio effet tuato contro uno scalino di roccia a quattro metri di distanza (quadrato F8) ha rivelato l’esistenza di un deposito più potente ed omogeneo, ad abbondante scheletro decimetrico, ma archeologicamente del tutto sterile. L’analisi preliminare dei sedimenti (3) ha evidenziato una notevole concentra zione di arsenico in alcuni campioni di detrito (sino a 4-5 p.p.m.). Tale presenza appare piuttosto problematica: difficilmente è da connettere con l’utilizzazione a fini militari del sito, cosi come poco convincente è l’ipotesi di un inquinamen to ad opera di fitofarmaci, essendo in pratica inesistenti le attività agricole nell’area; con maggiore verosimiglianza l’arsenico potrebbe imputarsi al substra to roccioso, nell’attesa di più precise indagini mineralogiche. La coltre detritica denota inoltre una relativa acidità, in quanto i valori di pH risultano essere in torno a 6,1. Nelle aree esplorate non si sono incontrati livelli sensibilmente organogeni (4) o comunque superfici di abitato. Un’unica struttura antropica, per quanto ele mentare, si riconoscerebbe in una lastra della lunghezza di poco inferiore al me tro posta in verticale perpendicolarmente alla linea di massima pendenza, indi- vuata in VD 1 a. D e sc r iz io n e d ei m a t e r ia l i I resti di manufatti raccolti nel sito di San Pancrazio di Villar Dora sono com plessivamente circa 400, di cui 232 cartografati. Nella quasi totalità si tratta di frammenti di terrecotte, oltre ai quali sono state indivuate solo due piccole schegge in diaspro ed in quarzite. (3) — Le analisi, eseguite presso l’LT.I.S. di Cuneo si devono alla cortesia dei proff. L. M ano e G.F. P eano. (4) — I reperti organici sono costituiti esclusivamente da pochi frammenti di carbone. L’analisi an- tracologica, eseguita presso il Dipartimento di Scienze Antropologiche, Archeologiche e Storico- Territoriali dell’Università di Torino dal dott. R. Nisbet, ne ha determiato la provenienza da grandi pezzature (diametri di almeno 20 cm) e l’appartenenza al genere Quércus sez. Robur (Quercia cadu cifoglia) . 5 5 Per quanto concerne le ceramica (5) si possono discriminare due tipi in base al le caratteristiche del degrassante (a granuli di quarzite e mica), degli spessori ed al trattamento delle superfici: - classe A, terrecotte a degrassante omometrico grosso, spessore notevole