NUMERO 272 in Edizione Telematica 11 Settembre 2019 IRETTORE: GIORS ONETO E.Mail: [email protected]
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NUMERO 272 in edizione telematica 11 settembre 2019 IRETTORE: GIORS ONETO e.mail: [email protected] Ma siamo sicuri che sport e politica, in Italia e stringenti. Diversamente, siamo di nuovo sul nel mondo, rappresentino due mondi diversi e pezzo, in tempo reale, per quel che riguarda i distanti? Siamo certi che la rivendicata destini sportivi italici. Non dobbiamo farci autonomia dello sport e la sbandierata distrarre dalle rinnovate e dalle vecchie fortune competenza dei governi sulla materia siano due “azzurre” d’alto livello, con atleti e facce della stessa medaglia? Che l’olimpismo rappresentative professionalizzate e ben moderno abbia mai condotte, perché il interpretato alla lettera nuovo Governo il ruolo di mediatore Conte, ottenuta tra i conflitti più o formalmente la meno armati, le fiducia dalle ideologie e le Camere, ha nel suo diseguaglianze di ogni seno un neo genere? Ecco, qualche Ministro dello Sport dubbio sarebbe bene e delle Politiche nutrirlo e non Giovanili,che dovrà schierarsi a dire la sua, anche su prescindere. Del resto, quel che è il basterebbe saper contenzioso in leggere tra le righe quel essere tra la nuova che c’è sopra ed anche “Sport e Salute SpA” quel che c’è dietro, se ed il CONI. A non sotto, per capire pensarci bene, i che noi stessi, segnali di ripresa protagonisti spesso dello sport italiano, nostro malgrado di ripeto tra vicende sconcertanti, professionismo e finiamo per essere vittime, ma anche carnefici dilettantismo di altissimo profilo, continuano ad dei cittadini terzi, che comunque vengono alimentare una vena ottimistica privati di diritti e opportunità. Del Comitato nell’immaginario collettivo. Diciamo che in Olimpico Internazionale e dei suoi impegni, realtà si determina sempre quel fenomeno di della sua sfera d’influenza, delle sue esclusive distrazione di massa, che lascia agli addetti ai risorse politiche ed economiche, del suo passato lavori problemi che sono più o meno i medesimi e del suo divenire, della sua influenza reale e dal 1944. Il “Tira lo spago, tira la sega…” di oggi, potenziale sui destini sociali di una umanità ha sostanzialmente questo significato, ovvero globalizzata ci sarebbe e ci sarà molto da dire, quello che lo sport di tutti e per tutti, senza anche presto e su versanti apparentemente non distinzione di censo e qualità fisica, con SPIRIDON/2 funzione educativa e salutare, non può che essere oggetto di una radicale riforma, fermo restante l’esistente, perché l’autonomia finanziaria dovrebbe potersela riconquistare. Da quando Onesti fu incaricato di liquidare il CONI dai Governi di Bonomi e Parri e invece lo rilanciò, avvalendosi della SISAL-Totocalcio(1948) per rimpiazzare i soppressi contributi statali, a quando fu costruito lo Stadio Olimpico (1953) realizzati i Campi Scuola e organizzati con Zauli i Giochi di Roma 1960 e poi i Giochi della Gioventù, annunciati nel 1968 e realizzati con Saini dal 1969, con il coinvolgimento di oltre cinquemila comuni, molta acqua è passata sotto il Ponte Duca d’Aosta e lo spago si è usurato, insieme ai denti della sega, sino al contributo diretto e garantito dello Stato, sino al CONI Servizi, oggi Sport/Salute, azienda di Stato. Francamente, trovo imbarazzante ma emblematica la polemica esplosa all’interno del Palazzo “H”, che fu sede dell’ONB, a un tiro di schioppo dalla Farnesina, ideata anch’essa ottant’anni fa, come monumentale sede rappresentativa del fascismo, su questioni di ménage condominiale, appunto tra CONI e Sport/Salute SPA, mentre molti soggetti appaiono defilati ed in attesa nei territori, dove Regioni e Comuni hanno un ruolo fondamentale. Il vero problema è quello che per un verso o per l’altro la questione sportiva italiana, irrisolta per lo stesso dettato costituzionale, sostanzialmente elusa dai governi, sino alle "attenzioni" avviate in modo traumatico dal primo Governo Conte, non correttamente orientata dalla comunicazione polarizzata sullo sport spettacolo , stenta a maturare come reale diritto alla pratica e come mezzo educativo al civismoed alla salute, rischia al solito di arenarsi sulle sponde di qualche isola perduta, piuttosto che continuare in una defatigante effimera odissea. Dunque, aveva visto giusto Giulio Onesti, di cui andrebbe recuperata l’ancora valida filosofia, la capacità di autoriforma e programmazione da parte del CONI, delle Federazioni e dell’Associazionismo di una propria autorevole proposta culturale e sociale, almeno fin tanto che sia in vigore la vecchia storica Legge N. 426 del 16 febbraio 1942. Diversamente, ecco quel che è mancato e che rischiamo continui a mancare per il nostro miglior divenire sportivo, nel marasma e tra le schiume della risacca, dell’andirivieni italico della politica. Ruggero Alcanterini SPIRIDON /3 fuori tema Dinanzi ad un video che trasmetteva da Minskimmagini di un tiepido scontro tra le forze atletiche continentali e quelle statunitensi, è venuto da riflettere per l'ennesima volta sull'idiozia di quanti, negli uffici della Federazione internazionale e in quella europea, producono e gestiscono le regole della disciplina. Nulla di più lontano dalle unità aristoteliche, l'atletica non è mai stato sport semplice, a prima vista, da vedere, interpretare ed assimilare. Tuttavia, se l'atletica ha sempre avuto un pregio, e quel pregio l'ha avuto a lungo, fu quello di aver mantenuto inalterati per decenni, da una estremità all'altra del mondo, dalle corse ai concorsi, trama e ordito di ogni specialità in svolgimento sul campo di gara. Da qualche tempo, insieme a incomprensibili riprese televisive raramente partecipi, in diretta, di un lancio o di un salto, imperanti mercati, tempi televisivi e complicità dirigenziali, il vecchio ordine ha lasciato il posto a figli bastardi in tutte le competizioni, al punto di rendere la comprensione difficile anche a chi mastica atletica come pane quotidiano. Senza attardarsi in esempi, salvo sottolineare, d'ognuno, l'improponibilità, uno, su tutti, fa sciagurata dottrina: la regola che gestisce da stagioni, ovunque criticata anche dal più generoso degli spettatori, le false partenze. Dissennata alla base, e per nulla rivelatrice di equilibrio di valori, e quindi di giustizia, proprio a Minsk l'ottusità della regola ha avuto puntuale conferma nella partenza della gara più veloce con l'eliminazione di Isiah Young che, con le sue recriminazioni, giuste o sbagliate che fossero, ha ritardato la partenza con tempi molti più lunghi di quanto lo sarebbero stati quelli dettati dai vecchi testi del Regolamento Tecnico Internazionale, quei testi che negli anni Novanta ebbero in Italia indimenticato esegeta Tiziano Campedelli. I 100 di Minsk hanno tra l'altro rivelato come per Filippo Tortu (4 centesimi da Mike Rodgers a metà gara, più che raddoppiati sul traguardo), ferme restando le attese sul ragazzo, la strada per Doha di ostacoli ne abbia, e non pochi. Ciò, in attesa di chiarire il mistero Tamberi. In un fine estate finalmente aperto a leggerezze autunnali, lontani dai miasmi politici romani, da rosari ed aspersori salviniani, dai moralismi da quattro soldi del Partito democratico, e da autonomie differenziate trattate come pattumiere, siamo saliti ai settecento metri di Rocca di Papa per il saluto finale a Luigi Rosati, bloccato all'ottantaquattresimo traguardo di una vita coscientemente e ininterrottamente ancorata all'insegnamento e all'atletica. V'erano, insieme con Giuseppe Gentile, l'antico giavellottista del Cus Roma Luigi Rausa, Carlo Santi e Giorgio Sordello, l'ingegnere che a metà degli anni Sessanta passò intere ore con il tecnico capitolino discutendo di isometrie statiche e dinamiche, di tangenti, di parabole e di angoli di stacco trasferiti ad una tecnica di salto triplo che avrebbe fatto scuola nel mondo. Rosati fu il costruttore del doppio primato mondiale e della medaglia che infiammarono Roma, l'atletica e lo sport italiano nei due memorabili pomeriggi dell'ottobre 1968. Al rientro dalla bruciante finale di triplo che consacrò sul podio di Città del Messico Viktor Saneyev, Nelson Prudencio e il pronipote del filosofo di Castelvetrano, lo scatto di Giuseppe Armenise colse l'attimo sublime del tecnico e dell'atleta abbracciati ai piedi dell'aereo. Poche ore dopo, affidandola ad un orafo,Gentile avrebbe poi messo in atto l'iniziativa, rara, se non unica nella storia dello sport,di dividere con il suo allenatore recto e verso della medaglia olimpica. Rientrando nella capitale dal saluto a Gigi Rosati, l'itinerario ci ha portato a fianco dello Stadio Flaminio e del Palazzetto dello sport. Sono entrambi, da stagioni, con il loro totale disfacimento, testimonianza di un Campidoglio che ha in una sindaca e in un assessore, quel Daniele Frongia che l'Italia ha corso il rischio di ritrovarsi Ministro dello sport, quanto di peggio possa offrire all'occhio del prossimo, nazionale e internazionale,una pubblica amministrazione. [email protected] SPIRIDON/4 Doha, nei pronostici di “Track &Field” Italia semi-assente Tutti ad entusiasmarsi per una volata di Filippo Tortu un paio di decimi sopra il proprio personale, sia pure con vento contrario. Il velocista di origine sarda sembra il classico parafulmine dietro cui si rifugia l’atletica italiana in cerca di un punto di riferimento, di un protettore, di un deterrente che la faccia tornare a galla. Il meeting di Rovereto è quasi un top organizzativo in un panorama istituzionale scabro, privo a settembre, dunque in preparazione dei mondiali di Doha, di meeting di livello, perdurando l’ormai irreversibile assenza dal calendario della creatura di Giovannelli, ubicata a Rieti. Riconsolarsi con uno spicchio d’aglio per dirla in italiano corrente. Tra atleti e manifestazioni siamo ancora all’anno zero, un mesto bassifondo da cui non ci si riesce a schiodare. E la massima manifestazione dell’anno, collocata inusualmente in stagione e con temperature che richiederanno grande sopportazione da parte degli atleti, rischia solo di evidenziare una carenza di protagonisti che brilleranno pure a livello giovanile o nel campionato europeo per nazioni ma che in un arengo più grande rischiano completamente di perdersi, fagocitati in una ridda di eliminazioni al primo turno.