NUMERO 272 in edizione telematica 11 settembre 2019 IRETTORE: GIORS ONETO e.mail: [email protected]

Ma siamo sicuri che sport e politica, in Italia e stringenti. Diversamente, siamo di nuovo sul nel mondo, rappresentino due mondi diversi e pezzo, in tempo reale, per quel che riguarda i distanti? Siamo certi che la rivendicata destini sportivi italici. Non dobbiamo farci autonomia dello sport e la sbandierata distrarre dalle rinnovate e dalle vecchie fortune competenza dei governi sulla materia siano due “azzurre” d’alto livello, con atleti e facce della stessa medaglia? Che l’olimpismo rappresentative professionalizzate e ben moderno abbia mai condotte, perché il interpretato alla lettera nuovo Governo il ruolo di mediatore Conte, ottenuta tra i conflitti più o formalmente la meno armati, le fiducia dalle ideologie e le Camere, ha nel suo diseguaglianze di ogni seno un neo genere? Ecco, qualche Ministro dello Sport dubbio sarebbe bene e delle Politiche nutrirlo e non Giovanili,che dovrà schierarsi a dire la sua, anche su prescindere. Del resto, quel che è il basterebbe saper contenzioso in leggere tra le righe quel essere tra la nuova che c’è sopra ed anche “Sport e Salute SpA” quel che c’è dietro, se ed il CONI. A non sotto, per capire pensarci bene, i che noi stessi, segnali di ripresa protagonisti spesso dello sport italiano, nostro malgrado di ripeto tra vicende sconcertanti, professionismo e finiamo per essere vittime, ma anche carnefici dilettantismo di altissimo profilo, continuano ad dei cittadini terzi, che comunque vengono alimentare una vena ottimistica privati di diritti e opportunità. Del Comitato nell’immaginario collettivo. Diciamo che in Olimpico Internazionale e dei suoi impegni, realtà si determina sempre quel fenomeno di della sua sfera d’influenza, delle sue esclusive distrazione di massa, che lascia agli addetti ai risorse politiche ed economiche, del suo passato lavori problemi che sono più o meno i medesimi e del suo divenire, della sua influenza reale e dal 1944. Il “Tira lo spago, tira la sega…” di oggi, potenziale sui destini sociali di una umanità ha sostanzialmente questo significato, ovvero globalizzata ci sarebbe e ci sarà molto da dire, quello che lo sport di tutti e per tutti, senza anche presto e su versanti apparentemente non distinzione di censo e qualità fisica, con

SPIRIDON/2 funzione educativa e salutare, non può che essere oggetto di una radicale riforma, fermo restante l’esistente, perché l’autonomia finanziaria dovrebbe potersela riconquistare. Da quando Onesti fu incaricato di liquidare il CONI dai Governi di Bonomi e Parri e invece lo rilanciò, avvalendosi della SISAL-Totocalcio(1948) per rimpiazzare i soppressi contributi statali, a quando fu costruito lo Stadio Olimpico (1953) realizzati i Campi Scuola e organizzati con Zauli i Giochi di Roma 1960 e poi i Giochi della Gioventù, annunciati nel 1968 e realizzati con Saini dal 1969, con il coinvolgimento di oltre cinquemila comuni, molta acqua è passata sotto il Ponte Duca d’Aosta e lo spago si è usurato, insieme ai denti della sega, sino al contributo diretto e garantito dello Stato, sino al CONI Servizi, oggi Sport/Salute, azienda di Stato. Francamente, trovo imbarazzante ma emblematica la polemica esplosa all’interno del Palazzo “H”, che fu sede dell’ONB, a un tiro di schioppo dalla Farnesina, ideata anch’essa ottant’anni fa, come monumentale sede rappresentativa del fascismo, su questioni di ménage condominiale, appunto tra CONI e Sport/Salute SPA, mentre molti soggetti appaiono defilati ed in attesa nei territori, dove Regioni e Comuni hanno un ruolo fondamentale. Il vero problema è quello che per un verso o per l’altro la questione sportiva italiana, irrisolta per lo stesso dettato costituzionale, sostanzialmente elusa dai governi, sino alle "attenzioni" avviate in modo traumatico dal primo Governo Conte, non correttamente orientata dalla comunicazione polarizzata sullo sport spettacolo , stenta a maturare come reale diritto alla pratica e come mezzo educativo al civismoed alla salute, rischia al solito di arenarsi sulle sponde di qualche isola perduta, piuttosto che continuare in una defatigante effimera odissea. Dunque, aveva visto giusto Giulio Onesti, di cui andrebbe recuperata l’ancora valida filosofia, la capacità di autoriforma e programmazione da parte del CONI, delle Federazioni e dell’Associazionismo di una propria autorevole proposta culturale e sociale, almeno fin tanto che sia in vigore la vecchia storica Legge N. 426 del 16 febbraio 1942. Diversamente, ecco quel che è mancato e che rischiamo continui a mancare per il nostro miglior divenire sportivo, nel marasma e tra le schiume della risacca, dell’andirivieni italico della politica.

Ruggero Alcanterini

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fuori tema

Dinanzi ad un video che trasmetteva da Minskimmagini di un tiepido scontro tra le forze atletiche continentali e quelle statunitensi, è venuto da riflettere per l'ennesima volta sull'idiozia di quanti, negli uffici della Federazione internazionale e in quella europea, producono e gestiscono le regole della disciplina. Nulla di più lontano dalle unità aristoteliche, l'atletica non è mai stato sport semplice, a prima vista, da vedere, interpretare ed assimilare. Tuttavia, se l'atletica ha sempre avuto un pregio, e quel pregio l'ha avuto a lungo, fu quello di aver mantenuto inalterati per decenni, da una estremità all'altra del mondo, dalle corse ai concorsi, trama e ordito di ogni specialità in svolgimento sul campo di gara. Da qualche tempo, insieme a incomprensibili riprese televisive raramente partecipi, in diretta, di un lancio o di un salto, imperanti mercati, tempi televisivi e complicità dirigenziali, il vecchio ordine ha lasciato il posto a figli bastardi in tutte le competizioni, al punto di rendere la comprensione difficile anche a chi mastica atletica come pane quotidiano. Senza attardarsi in esempi, salvo sottolineare, d'ognuno, l'improponibilità, uno, su tutti, fa sciagurata dottrina: la regola che gestisce da stagioni, ovunque criticata anche dal più generoso degli spettatori, le false partenze. Dissennata alla base, e per nulla rivelatrice di equilibrio di valori, e quindi di giustizia, proprio a Minsk l'ottusità della regola ha avuto puntuale conferma nella partenza della gara più veloce con l'eliminazione di Isiah Young che, con le sue recriminazioni, giuste o sbagliate che fossero, ha ritardato la partenza con tempi molti più lunghi di quanto lo sarebbero stati quelli dettati dai vecchi testi del Regolamento Tecnico Internazionale, quei testi che negli anni Novanta ebbero in Italia indimenticato esegeta Tiziano Campedelli. I 100 di Minsk hanno tra l'altro rivelato come per (4 centesimi da Mike Rodgers a metà gara, più che raddoppiati sul traguardo), ferme restando le attese sul ragazzo, la strada per Doha di ostacoli ne abbia, e non pochi. Ciò, in attesa di chiarire il mistero Tamberi.

In un fine estate finalmente aperto a leggerezze autunnali, lontani dai miasmi politici romani, da rosari ed aspersori salviniani, dai moralismi da quattro soldi del Partito democratico, e da autonomie differenziate trattate come pattumiere, siamo saliti ai settecento metri di Rocca di Papa per il saluto finale a Luigi Rosati, bloccato all'ottantaquattresimo traguardo di una vita coscientemente e ininterrottamente ancorata all'insegnamento e all'atletica. V'erano, insieme con Giuseppe Gentile, l'antico giavellottista del Cus Roma Luigi Rausa, Carlo Santi e Giorgio Sordello, l'ingegnere che a metà degli anni Sessanta passò intere ore con il tecnico capitolino discutendo di isometrie statiche e dinamiche, di tangenti, di parabole e di angoli di stacco trasferiti ad una tecnica di salto triplo che avrebbe fatto scuola nel mondo. Rosati fu il costruttore del doppio primato mondiale e della medaglia che infiammarono Roma, l'atletica e lo sport italiano nei due memorabili pomeriggi dell'ottobre 1968. Al rientro dalla bruciante finale di triplo che consacrò sul podio di Città del Messico Viktor Saneyev, Nelson Prudencio e il pronipote del filosofo di Castelvetrano, lo scatto di Giuseppe Armenise colse l'attimo sublime del tecnico e dell'atleta abbracciati ai piedi dell'aereo. Poche ore dopo, affidandola ad un orafo,Gentile avrebbe poi messo in atto l'iniziativa, rara, se non unica nella storia dello sport,di dividere con il suo allenatore recto e verso della medaglia olimpica. Rientrando nella capitale dal saluto a Gigi Rosati, l'itinerario ci ha portato a fianco dello Stadio Flaminio e del Palazzetto dello sport. Sono entrambi, da stagioni, con il loro totale disfacimento, testimonianza di un Campidoglio che ha in una sindaca e in un assessore, quel Daniele Frongia che l'Italia ha corso il rischio di ritrovarsi Ministro dello sport, quanto di peggio possa offrire all'occhio del prossimo, nazionale e internazionale,una pubblica amministrazione. [email protected]

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Doha, nei pronostici di “Track &Field” Italia semi-assente

Tutti ad entusiasmarsi per una volata di Filippo Tortu un paio di decimi sopra il proprio personale, sia pure con vento contrario. Il velocista di origine sarda sembra il classico parafulmine dietro cui si rifugia l’atletica italiana in cerca di un punto di riferimento, di un protettore, di un deterrente che la faccia tornare a galla. Il meeting di Rovereto è quasi un top organizzativo in un panorama istituzionale scabro, privo a settembre, dunque in preparazione dei mondiali di Doha, di meeting di livello, perdurando l’ormai irreversibile assenza dal calendario della creatura di Giovannelli, ubicata a Rieti. Riconsolarsi con uno spicchio d’aglio per dirla in italiano corrente. Tra atleti e manifestazioni siamo ancora all’anno zero, un mesto bassifondo da cui non ci si riesce a schiodare. E la massima manifestazione dell’anno, collocata inusualmente in stagione e con temperature che richiederanno grande sopportazione da parte degli atleti, rischia solo di evidenziare una carenza di protagonisti che brilleranno pure a livello giovanile o nel campionato europeo per nazioni ma che in un arengo più grande rischiano completamente di perdersi, fagocitati in una ridda di eliminazioni al primo turno. Verrebbe da scrivere che “la Cina è lontana” intesa come paragone con i recenti mondiali di nuoto con gli azzurri protagonisti come singoli e come nazione, successo ribadito dal quarto posto di squadra nei recenti mondiali juniores ancora nel segno della Pilato. Nel qualificato ranking previsionale della prestigiosa rivista Track & Field l’Italia è ancora una volta malinconicamente assente dal podio con la sola eccezione della Giorgi nella 50 chilometri di marcia femminile. Possiamo dimenticarci la nostra parziale e non neutrale esaltazione di Tamberi, rimpiangere i due metri della Vallortigara nel salto in alto, la super ingiustificata valutazione di Tortu dei 100, per tornare sulla terra. E ascoltare le speranze di Donato e Howe, veteranissimi consumati dall’uso, per un sogno di partecipazione (ormai solo loro) per la prossima Olimpiade 2020. Dovremo accontentarci di una manciata di finalisti e allora staremo ben attenti e non sottovalutare ancora una volta la marcia (Stano?) e le staffette. Una previsione di 6-7 azzurri tra i primi otto non sembra insensata e ribadisce sin d’ora i limiti d’ambizione della spedizione. Prudenza assoluta per la 4 x 400 femminile. La Lukudo, una delle punte, capace peraltro di feroce agonismo nella staffetta del miglio, a Rovereto, ha corso ben sopra i 53”. Dov’è una media da 51”, ipotizzabile con cambi perfetti ai tempi della Grenot visto che mediocrità non aurea alligna nel quartetto? Disponiamo di 7-8 ragazze intercambiabili che valgono quasi gli stessi tempi ma manca la capitana, una punta acuminata. Yokohama e i Giochi del Mediterraneo fanno scarso testo in proposito. Ma quello che ci deluderà maggiormente a Doha sarà l’assenza totale di azzurri in gare che una volta erano vanto della nazione atletica. Intendiamoci, preferibile una significativa assenza a una mesta comparsata. La severità teorica di oggi si tramuterà in scelte rigore o criteri giustificazionisti prevarranno nonostante i costi dei viaggi? Ci riferiamo soprattutto ai lanci dove i protagonisti sono spesso leoni in casa e agnellini all’estero. La coperta corta dunque rivolge mille aspettative sulla Giorgi che dovrebbe dissipare i dubbi sullo stile in una prova spalmata su quattro ore e oltre. Certo, con la riforma alle porte, la marcia continua a essere la disciplina negletta del futuro. Una durata così lunga è al di fuori della portata consumistica dell’usa e getta dello sport contemporaneo. DANIELE POTO

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Tre giorni di gare davanti a poche migliaia di spettatori, solo la domenica lo stadio più che mezzo pieno, una vittoria mai messa in discussione, il quotidiano sportivo nazionale (unico, naturalmente . . .) che il lunedì dedicava le prime 4 delle sue 28 pagine alla qualificazione olimpica dei maschi della pallavolo, poi 2 pagine per l'atletica – senza vanverate pro nobis di presidente e citi della federazione – poi altre 4 per il ciclismo, quindi il calcio a fare volume, sebbene in chiusura . . .

Si direbbe sia stato semplice come bere un bicchiere d'acqua, arrivare in vetta all' Europa dell'atletica per la Polonia, la gente a cantare l'inno nazionale dopo la premiazione, dopo avere ben sostenuto i suoi durante le gare e sempre rispettato e solo applaudito i migliori avversari nei concorsi.

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Il giovanotto che guida i turisti per il centro storico di Bydgoszcz (anche una gossa mou alla fine, in cambio di una mancia a discrezione) giunto davanti al monumento di Casimiro il Grande - cipiglio fiero che si staglia contro un tetto spiovente e perimetrale alla piazza principale della città - ricorda come questi fu il fondatore della città nella prima metà del quattordicesimo secolo, lui che si meritò in tutto e per tutto l'appellativo di Grande tra i loro regnanti, quando bandiera e simbolo nazionale dell'aquila d'argento con corona, becco ed artigli d'oro pure già esistevano da tre secoli.

Posizione scomoda rispetto agli appetiti altrui e storia nazionale assai tribolata, fino all'ultimo grande tormento dell'occupazione nazista – tanti i segni a ricordo, anche tra i grattacieli in costruzione a Varsavia a ridisegnarne la sky-line in tono più “americano” di una Milano ad esempio, intorno al greve Palazzo della Cultura dono di Stalin e memoria del giogo comunista - ma uno spirito nazionale ed un senso di identità che tanto da lontano vengono quanto forti restano : viene da sorridere al pensiero di Indro Montanelli che al dunque nel 1946 da noi avrebbe preferito la monarchia alla repubblica quando aveva a disposizione una dinastia reale di neanche un secolo ed al posto di Casimiro il Grande un re soprannominato “pipetta” . . .

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Con radici come le sue, non stupisce che la Polonia sappia reggere bene in questi tempi di globalizzazione e migrazioni, che le restano estranee, confermando un carattere nazionale solido, tranquillo ma avvertibile nella sua gente per chi viene da fuori confine.

Non stupisce neppure che a coronamento di una costante presenza al vertice abbia infine concluso, proprio a Bydgoszcz, la rincorsa alla vittoria nel campionato europeo per nazioni di atletica leggera : chi altri può oggi dirsi “nazione” meglio di lei ?

Mauro Molinari [email protected]

SPIRIDON/6

Animula vagula, blandula... … scelti da Frasca

Gli avevano chiesto perché scalasse le montagne: perché sono là! L'8 giugno 1924, insieme ad Andrew Irvine, George Mallory partì dal campo IV per scalare gli ultimi 600 metri dell'Everest. L'ultimo avvistamento sotto la vetta. Poi, più nulla. Nel 1999 una spedizione andò sull'Everest per scoprire il destino dei due scalatori. Questo il racconto di Conrad Anker. Erano le 11.45 del mattino del primo maggio. Eravamo appena al di sotto della parete nord del monte Everest. Attaccai i ramponi allo zaino, mi alzai, presi lo zaino e cominciai a percorrere un piccolo spigolo. Poi, a sinistra, fuori dal mio campo visivo, vidi un pezzo di stoffa gialla e blu che sbatteva al vento. Quando arrivai sul luogo vidi che la stoffa era probabilmente parte di una tenda che era stata strappata dal vento e portata fin là. Era roba moderna, nylon. Ma mentre stavo lì, osservai con cura la montagna. Mentre guardavo a destra, vidi una macchia di bianco. Mi avvicinai. Era un piede nudo, bloccato in aria, con il tallone in alto e le dita puntate in basso. Poi, mi avvicinai di più e vidi degli abiti a brandelli: non si trattava del corpo di un alpinista moderno… Giaceva a faccia in giù, con la testa a monte, bloccato nel ghiaccio del pendio. Un ciuffo di capelli gli sporgeva dal cappello di cuoio da pilota che aveva in testa. Le braccia erano sollevate e le dita conficcate nel pietrisco, come se avesse tentato di usarle per fermarsi. Non indossava i guanti. Mi tolsi i miei per paragonare le nostre mani. Ho le dita corte e tozze, le sue erano lunghe e sottili, e molto abbronzate. Decenni di vento avevano strappato la maggior parte dell'abbigliamento dalla schiena e dalla parte inferiore del tronco. Era naturalmente mummificato… Non ci avvicinammo alla testa di Mallory, non tentammo di tirarla fuori, fu una specie di accordo tacito. Da Come trovammo George Mallory, di Conrad Anker (Colorado 1962), dal volume Sul tetto del mondo, Newton Compton Editori, Roma 2018.

Arrivammo su. Eravamo lì. Il sogno si era avverato… Quello che facemmo per prima cosa fu quello che fanno tutti gli alpinisti quando raggiungono una vetta. Ci stringemmo le mani. Ma questo non era abbastanza per l'Everest. Agitai le braccia in aria, e poi le gettai intorno ad Hillary, e ci demmo pacche sulla schiena, finché, perfino con l'ossigeno, rimanemmo senza fiato. Poi ci guardammo attorno. Erano le undici e mezzo del mattino, il sole brillava e il cielo era del blu più profondo che avessi mai visto. Soffiava solo una leggera brezza, dal Tibet, e il pennacchio di neve, sempre presente sulla vetta dell'Everest, era molto piccolo. Intorno a noi, da ogni lato, la grande catena dell'Himalaya. Era una visione incredibile, che non avevo mai visto e mai avrei rivisto, meravigliosa, selvaggia, terribile. Ma non era terrore quello che sentivo. Amavo troppo le montagne per avere quella sensazione. Amavo troppo l'Everest. La mia montagna non mi sembrava una cosa senza vita fatta di rocce e di ghiaccio, ma calda, amichevole, viva. Era una chioccia, e le altre montagne erano pulcini sotto le sue ali. Dal racconto di Tenzing Norgay (Khumbu 1914-Darjeeling 1986), sulla 'prima' sull'Everest, 29 maggio 1953.

Sono le tre e trenta di pomeriggio del 24 luglio 1938. Siamo i primi (Anderl Heckmair, Ludwig Vörg, Fritz Kasparek) ad aver scalato la parete Nord dell'Eiger. Gioia, sollievo, tumultuoso senso del trionfo? Nulla di tutto ciò. La bufera che infuria sulla vetta ci costringe a stare quasi rannicchiati. Non è il momento di far salti di gioia. Ci limitiamo a stringerci la mano. Poi iniziamo immediatamente la discesa. Ma non è facile. Non sempre riesco a trovare i passaggi al primo colpo e i compagni se la prendono con me. Non fiato, perché hanno ragione. Soprattutto Anderl, che ha condotto la salita da eroe. Ora crolla. Non gli cede il corpo ma lo spirito. Cammina muto, in modo meccanico: non ha più il comando. Nelle interminabili ore di pericolo ha superato sé stesso. Ora può permettersi di tornare ad essere un uomo normale. Gli si è rotto l'elastico dei soprapantaloni. Continua a tirarli su e i calzoni continuano a cascargli. E quest'uomo, che ha reagito con velocità fulminea quando è volato nel canale ghiacciato, salvandoci tutti dal disastro, che ha sostenuto l'urto di valanghe mortali, che ha scalato strapiombi di ghiaccio nella bufera e con impareggiabile forza ha aperto la strada della libertà per sé e per i tre compagni di cordata… ebbene, quest'uomo appare ora sull'orlo della disperazione per le bizze di un elastico rotto. Da Parete Nord di Heinrich Harrer (Hüttenberg 1912-Friesach 2006), Mondadori Editore, Milano 1999.

SPIRIDON/7

Exallievo di Don Bosco... nello spazio

Finora l’Italia ha annoverato 6 astronauti uomini ed ha avuto in Samantha Cristoforetti la prima donna. Gli apripista sono stati Malerba e Guidoni. Il primo italiano a compiere un’attività extraveicolare (EVA) nello spazio è Luca Parmitano, il 9 luglio 2013. «Ha rappresentato un tumulto di sensazioni... Da un lato i dubbi di non sapere come mi sarei potuto comportare, ma anche la consapevolezza di essere stato addestrato a ciò... con dentro me la gioia immensa di un sogno realizzato e del privilegio di vedere l’incredibile bellezza della Terra dall’esterno della Stazione... Sono stato veramente sopraffatto da un’emozione indescrivibile». La passeggiata spaziale ha avuto una durata di 6 ore e 7 minuti. Dal prossimo mese di ottobre Parmitano sarà alla guida della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) nella missione Expedition61, terzo

astronauta europeo a ricoprire un ruolo così prestigioso. A coordinare il team che dal centro di controllo di Monaco di Baviera monitora tutte le attività del laboratorio spaziale europeo Columbus è un'altra esponente siciliana, Daria Margiotta, da qualche anno Columbus Flight Director (direttore di volo). Trentacinque anni, laureata al Politecnico di Torino in Ingegneria Aerospaziale, Daria è cresciuta e ha svolto tutta la sua storia scolastica a Enna, dove vivono i genitori, il papà Giuseppe anche lui Ingegnere molto apprezzato e attualmente Capo del Genio Civile e la mamma Pina insegnante di lettere. Ma allora... gli ex allievi di Don Bosco sono veramente arrivati dappertutto! Anche nello spazio! Infatti Luca Parmitano ha frequentato l’Istituto salesiano “San Filippo Neri” di Catania. «Tante cose di allora mi hanno influenzato; coltivo la mia spiritualità, che è forse il risultato degli insegnamenti di allora. Ho ricordi bellissimi e con alcuni professori sono ancora in contatto. Un rapporto incredibile con i ragazzi: con il loro esempio ci spingevano a studiare, a crescere e a porci domande». Più volte Parmitano ama raccontare del sogno da bambino divenuto realtà, grazie all’Aeronautica Militare che ha creduto in lui: quello di diventare astronauta e poter camminare anche nello spazio. Il suo amarcord salesiano prosegue: «Ho un aneddoto. L’allora direttore, don Franz Alberti, che ricordo con un sentimento di stima e ammirazione, ci parla sovente quando siamo tutti riuniti nel piazzale della scuola. Un giorno ci dice che uno dei complimenti più belli per lui è quello di venire

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annoverato come “galantuomo”. Non ho mai dimenticato queste parole». A quei tempi risulta il migliore alle Mini Olimpiadi che i Salesiani organizzano nella sua Sicilia. Di quel periodo gli è rimasta anche la curiosità per la musica e il teatro, che il maestro Armando Bellocchi sa trasmettergli. Ma la sua passione rimane l’universo. Ancora sul periodo scolastico. «Mi piace tutto, e naturalmente le tante attività extra-scolastiche mi attirano ancor più; in particolare, lo sport e la recitazione. Proprio il maestro Armando Bellocchi organizza “musical” messi in scena alla conclusione dell’anno scolastico. Partecipo a tre delle sue rappresentazioni». Parmitamo nasce il 27 settembre 1976 a Paternò (Catania) e il primo lancio come astronauta è del 28 maggio 1976. Un uomo che vive la propria spiritualità pensando che «Dio vada cercato nell’infinitivamente piccolo, dentro di noi. Non guardando verso l’alto ma verso il basso. È il modo con il quale vivo la mia spiritualità. Uno dei valori che porto con me dal periodo scolastico con i Salesiani». Così, a chi abitualmente alza gli occhi al cielo quando cerca conforto, la riflessione è ancor più interessante perché viene da chi lassù c’è stato sul serio. Un qualcosa che si trasmette solo con l’esempio. Pierluigi Lazzarini Exallievo e Storico di Don Bosco

Pronostici rispettati nel nuovo Vertical Pejo 3000, disputato da 100 atleti individuali e 8 staffette su un tecnico percorso di 10 km ed un dislivello di ben 1800 metri, tra Cogolo e l’arrivo della funivia Pejo 3000. La gara organizzata dall’ associazione Val di Sole Running Team e svoltasi su sentieri rimessi a nuovo per l’occasione ha visto le vittorie di Davide Magnini e Paola Gelpi, i favoriti della vigilia. Davide Magnini non ha messo mai in discussione l’egemonia sulla corsa; già a metà gara aveva un netto vantaggio su Patrick Facchini, ex ciclista professionista. Magnini, seppur con una certa fatica dovuto a legittimo calo fisico nell’ultima durissima pietraia della Val della Mite, è riuscito giungere a quota 3000 m con uno strepitoso tempo di 1h19 47”. Secondo Patrick Facchini con 1h25’27” e terzo un ottimo Henry Hofer che si è avvicinato fino a meno di un minuto da Facchini, concludendo la sua prova in 1h26’19”. Seguono Thomas Holzer e Gil Pintarelli. Al femminile gara più combattuta per il successo finale con la scialpinista Giulia Murada, che è partita molto forte con l’intenzione di fare il vuoto, venendo da subito però tallonata dalla comasca Paola Gelpi. Verso metà percorso la svolta della competizione con il sorpasso di Gelpi ai danni di Murada, che ha accusato stanchezza, venendo poi staccata in maniera piuttosto netta. La gara si è conclusa con un ottimo crono di 1h 41’30” e prima posizione per Paola Gelpi, seconda Giulia Murada in 1h 45’20”, terza Anna Pircher in 1h 51’15”. Nella staffetta maschile netto successo di Matteo Radovan insieme al figlio Martino in 2h 30’52”; nella prova femminile vittoria delle sorelle volanti di Cogolo Giulia e Maria Moreschini in 3h32’13,”

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… ...stagione che porti la luce a distendere il tempo di là dai confini del giorno, e sembri mettere a volte nell’ordine che procede qualche cadenza dell’indugio eterno. Vincenzo Cardarelli, “Estiva, 1915”

Un alito di speranza nella calura d'estate, agosto magmatico della politica di strane ma forse necessarie alleanze, di vite distrutte dagli incidenti stradali, dal ‘traffico’ e dal caso. Agosto di esacerbate personali crisi di panico. Uno strazio per chi, da 24 anni abbondanti, mi accudisce. “U tempu passa e nun agghiorna...”, la canzone del Padrino, e non c’è più la speranza di camminare. Ieri pomeriggio, per allentare la tensione, in terrazza tra i vasi infiorati e la vista di una gran parte di Madre Palermo. “ I to figghi quannu sunnu granni, a genti poi li chiama malacarni”, la canzone di Giovanni Alamia. Palermo nella periferia è arida, rari gli spazi di gioco per i bambini, già irretiti nelle trappole virtuali.

Nel Palazzo di via Di Pasquale a Palermo c’è il verde e al basso di otto piani un campetto polivalente dove quindici bambini, dai 7 ai 13 anni, prevalente la forza femminile, giocavano, calcio e dopo nella pallavolo modificata, diffusa in Sicilia dalla professoressa di Catania Nelly Vasta. Arbitro una mamma, e il gioco è proseguito con breve interruzione fino a mezzanotte inoltrata. Difficilmente questi bambini diventeranno malacarni e carne malata. La domenica d’agosto con la crisi del Governo, tutti al voto o al contrario marcia indietro, il campionato di calcio cominciato sprizzando scintille, mentre la Diamond League riesce a mostrare quanto l’atletica mondiale sia competitiva, nella prospettiva del confronto iridato di Doha a fine settembre.

Il territorio di Corso dei Mille, Brancaccio, Sperone, e dintorni, circa cinquantaseimila abitanti, il cemento prevalente sul verde, deve essere bonificato socialmente, strutturalmente e culturalmente. L’educazione tramite il movimento e lo sport è indifferibile. I Centri sociali, come l’encomiabile Padre Nostro, nel segno del Beato Padre Pino Puglisi, non bastano ad arginare e a recidere i tentacoli di quel mostro che insidia i giovani e che genericamente si etichetta droga.

Le autorità preposte, politiche, sportive, universitarie, di Scienze motorie, La fatica degli esercizi ginnico sportivi mette in circolo endorfine, analgesici naturali, antidoto ai veleni spacciati dai venditori di morte.

Speriamo che le Agenzie universitarie comprendano, contattando le autorità competenti al fine di un Progetto salvifico che, fra l’altro, sarà fonte di lavoro. Il Governo neo nato si dota di un Ministero dello Sport, e del ministro Vincenzo Spadafora di Afragòla, quindi campano, con trascorsi politici variegati, il debutto politico nel 1998, dai Verdi a Francesco Rutelli, Governo Prodi, è il più giovane Presidente dell’Unicef; missionario laico in Sierra Leone, Guinea, Ruanda.

Ha collaborato anche con Luca di Montezemolo e con il Ministro delle Pari Opportunità Mara Carfagna, nei 5 stelle dal 2016, sodale di Luigi Di Maio, le sue esperienze nel Libro La Terza Italia, Manifesto di un Paese che non si tira indietro, e sulla gratuità del volontariato. Da oggi, forse, si comincerà a valutare la ‘nobiltà’ o meno del Ministro: rilancerà i Giochi della Gioventù, lo sport nella Scuola, in abbinata con il collega dell'Istruzione, dalla Primaria alle Superiori, si adopererà per ridurre il divario Nord, Centro, Sud, opererà in sinergia con il Comitato olimpico? Non pochi gli interrogativi. La speranza è che ci sia la svolta.

Pino Clemente

SPIRIDON / 10

gennaio 1962. C.O.N.I. – FEDERAZIONE ITALIANA DI ATLETICA LEGGERA, Viale Tiziano, 70 Roma CIRCOLARE N. 6 - Ai Membri del Consiglio Direttivo Agli Ispettori Amministrativi Ai Fiduciari Regionali G.G.G Ai Membri delle Commissioni Nazionali. Ai Comitati Regionali Fidal. Ai Commissari Tecnici Regionali Alla Scuola nazionale di Atletica leggera. LORO SEDI

Si ha il piacere di rimettere in allegato una copia rilegata della raccolta del bollettino ufficiale della F.I.D.A.L. "Atletica" dell'anno 1961. Nella speranza di far cosa gradita, si porgono distinti saluti. Ottaviano Massimi – Segretario Generale.

ATLETICA – Anno XXVII – Numeri 1-2-3-4 –Gennaio-Febbraio 1961 –

Telefoni sede federale – A completamento di quanto reso noto con il comunicato n. 234 del 21 novembre 1960, si precisa che il centralino telefonico del Palazzo delle Federazioni – ove ha sede la FIDAL – ha il numero 6770. Gli uffici della Federazione sono contraddistinti dai seguenti numeri interni, che dovranno essere richiesti al centralino: Presidente 399, Segretario Generale (rag. Massimi) 398, Capo dell'Ufficio Stampa (dott. Stassano) 322, Vice Segretario Generale (dott. Castelli) 364, Vice Segretario Generale (Cav. Sandonnini) 367, Commissario Tecnico 351, Vice Segretario Generale G.G.G. (Cav. Diamanti) 370, Ufficio Amministrazione (sig. Areni) 355.

La FIDAL, per gentile concessione dell'Autore, ha iniziato la pubblicazione dei Quaderni Tecnici di Ken Doherty, il noto tecnico americano dell'Università di Pennsylvania. I primi due Quaderni pubblicati sono: N. 1- Novantanove esercizi preparatori – N. 4 – Salto in alto.

Il Comitato direttivo della "Helms Athletic Foundation", riunito a Los Angeles, ha assegnato i riconoscimenti per i migliori atleti di ogni Continente. Per l'Europa, il "riconoscimento d'Onore" è stato assegnato all'atleta italiano . Ѐ la seconda volta che il premio, istituito nel 1951, viene assegnato a un atleta italiano. Ne fu insignito nel 1951 .

Storia dell'Atletica di Giorgio Bonacina – Nel quadro delle "Edizioni di Atletica Leggera", curate dalla apprezzata rivista milanese, è apparso in questi giorni un ricco ed elegante volume intitolato "Storia della atletica leggera dalle origini ai nostri giorni". La pubblicazione, con oltre 150 illustrazioni, con un complesso di 172 pagine, stampata dalle Officine Grafiche Garzanti di Milano, si articola in sedici capitoli, al costo di L. 3.500.

La Presidenza Federale, in attuazione della deliberazione adottata dal Consiglio Direttivo, comunica che il XVI Congresso Nazionaleordinario della Federazione è convocato ad Ischia per i giorni 4 e 5 marzo 1961.

La scomparsa di . Il 12 Gennaio è deceduto a Genova, quarantenne, l'ex atleta azzurro Michele Tito, che attualmente prestava servizio, in qualità di capitano della Guardia di Finanza, nella città ligure. La salma è stata trasportata da Genova a Gorizia, città natale dello scomparso. Più volte nazionale, nel 1948, ai Giochi di Londra, ottenne il suo più grande successo conquistando, con , Enrico Perucconi e , la medaglia di bronzo nella 4x100.

Il Presidente della FIDAL, generale Gaetano Simoni, ha comunicato ufficialmente ai componenti del Consiglio Direttivo e della Presidenza Federale che non ripresenterà la sua candidatura a Presidente della FIDAL.

Risposte ai lettori. Prendiamo atto della cortese segnalazione del Sig. Emanuele Carli da Monzambano, dalla quale risulta che il premio della "Helms Athletic Foundation" è stato esteso a tutti i continenti dal 1920, anziché dal 1951 come da noi pubblicato. Nel 1941 fu assegnato a , oggi apprezzato tecnico federale.

Michele Perrone, Carlo Sacchi e Gianfranco Carabelli primi vincitori nelle "campestri". Foggia, 12 febbraio… Un particolare dato va posto in risalto: la confortante partecipazione degli allievi, in notevolissimo sviluppo non ostante la riduzione di età imposta alla categoria. Bella la vittoria del milanese della Riccardi Gianfranco Carabelli. .

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26 i Ticinesi qualificati per la finale svizzera di Locarno La stagione 2019 ha un sapore particolare per i partecipanti ticinesi al MilLe Gruyère, il progetto giovanile di Swiss Athletics: infatti, la finale si terrà il 22 settembre sulla pista del Lido di Locarno per celebrare i 110 anni di vita della Virtus. Mercoledì al Comunale di Bellinzona, sulla nuova pista, erano quasi 200 i ragazzi a caccia di un biglietto per il Lido. La grande finale regalerà ai primi quattro classificati la possibilità di gareggiare al Weltklasse Zürich 2020, finale unica della Diamond League. I ragazzi si sono buttati in pista con il cuore, dando vita a gare molto combattute. Solo due posti sono andati ad alcuni atleti provenienti da oltre Gottardo. Il 22 settembre saranno 6 i ticinesi presenti nella categoria 2004: Giulian Guidon in 3’00”56, sfiorando di poco la barriera psicologica dei 3′, ha battuto Vincent Bettosini (3’02”48) che ha strappato il secondo posto sul filo di lana; tra le ragazze, Sara Salvadé (Vigor) con 3’16”34 vince su Cristina Maggetti (Virtus) 3’20”06, già qualificata a Kreuzlingen assieme a Giulia Salvadé. Zoe Moser (GAB) giunge terza in 3’21”82 e sarà a sua volta in finale. Tra i nati del 2005, due ragazzi delle tre valli si prendono il posto in finale: Alessio Ambrosini (SFG Biasca) in 3’04”58 brucia Zeno Lazzeri (GAD, 3’06”36). Tra le ragazze è derby bellinzonese con Zoe Rossi (SAB) che in 3’18”59 precede sul filo di lana Gaia Berini (GAB, 3’19”47). Gara tattica tra le ragazze 2006 e finale palpitante con tre ragazze in meno di quattro decimi di secondo. Vince la basilese Sereina Antener in 3’36”02 su Laura Grossi (SAB, 3’36”21) e Lea Cocconi (USC). Tra i ragazzi, già sicuro della finale, vince Gioele De Marco (ASM) in 3’01”34 sul compagno di squadra Nicola Fattorini (3’04”98) e Matteo De Biasio (SAM, 3’08”68). Per la finale sulla pista di casa ci sarà anche Elia Maggetti. Ben 25 le partenti nelle due batterie tra le nate nel 2007: Lea Rossi (SAB, 3’24”87) ottiene il personale e vince davanti alla turgoviese Fenja Krellner, mentre Aurora De Marco (ASM), vincitrice della prima batteria in 3’28”87, era già qualificata per la finale. Tra i ragazzi vince Cedric Müller (ASM, 3’16”24) su Rahul Sain (USA, 3’31”83). Notevole il 3’22”61 di Tosca Del Siro (GAD), quinta della finale nazionale dello scorso anno. Tra le nate nel 2008, con lei ci sarà Aicha Pirotta (SFG Sementina), giunta seconda come il fratello Ilian tra i ragazzi dove Samuele Iaconi (USA) ha vinto. Ticinesi Assoluti 4×100: titoli a SA Bellinzona e Atletica Mendrisiotto Nella prima serata dedicata all’atletica ticinese sulla nuovissima e splendida pista del Comunale di Bellinzona, non sono mancate le emozioni, dalle avvincenti gare del progetto giovanile MilLe Gruyère, alle sfide per i titoli cantonali della 4×100 metri andati alle ragazze della SA Bellinzona e agli uomini dell’Atletica Mendrisiotto. Buone prestazioni anche sui 300 metri. La gara femminile ha visto il netto dominio del quartetto SAB con Ulla Rossi, Bernadette Gervasoni, Rachele Pasteris, Maëva Tahou che hanno chiuso in 49”99 davanti a USC Capriaschese (Tattarletti, Giannoni, Vicari, Kuster, 53″15) e Atletica Mendrisiotto (Donnini, Bandoni C., Bandoni E., Rossi, 55”44). Sui 300 metri che hanno chiuso la serata, buon 35”93 per Peixoto e ottimo test, in vista dei giovanili, per Nicola Lo Russo (GAB), Matteo Romano (ATM) e Alessio Guidon (GAB), tutti sotto i 37”. Buona la prova per le prime due della gara femminile, dove si distinguono le atlete di casa del GAB Mara Moser (42”05) e Sabrina Innocenti (42”35). CS U16/U18: Il Ticino vince 11 medaglie Titoli nazionali per Emma Piffaretti ed Elias Hadu Oltre 600 giovani atleti sono stati i protagonisti a Dudingen dei Campionati Svizzeri di atletica per le categorie U16 e U18. Le prestazioni eccellenti non sono mancate e sono anche caduti un paio di primati svizzeri di categoria. Anche i giovani atleti ticinesi hanno saputo gareggiare con grande determinazione in uno dei grandi appuntamenti stagionali: il Ticino si arricchisce infatti di due titoli, accompagnati da altre nove medaglie e diversi piazzamenti ai piedi del podio. In ispecie la Virtus Locarno spicca con ben cinque medaglie nelle discipline tecniche, mentre le ragazze U18 hanno raccolto il maggior numero di podi. Emma Piffaretti,tanto per non perdere lebelle abitudini è stata splendida vincitrice sui 100 metri il sabato in 11″87, giungendo a soli 6 centesimi dal primato ticinese U20 di Giorgia Candiani. La ragazza dell’US Ascona domenica, nella rivincita sui 100 metri ostacoli, ha invece dovuto inchinarsi alla bernese Ditaji Kambundji, prima in 13″66 contro il 13″98 della Piffaretti. Tra i ragazzi, Mattia Schenk (FGM) – quinto sabato sui 100 con un ottimo 11″18 – domenica ha saputo crescere sui 200 metri, vincendo la medaglia di bronzo in 22″75 nella gara vinta dal padrone di casa David Naki, capace di prendersi altri due argenti. Christian Reboldi (SAB) era impegnato contemporaneamente nel salto in lungo e nella finale dei 110 ostacoli, dove ha colto l’argento in 14″26 cedendo il titolo a Joel Winterberg; nella medesima gara, quinto posto per Nicola Fumagalli (GAB), mentre in pedana Reboldi ha chiuso settimo. Leo Pedrioli (Virtus) ha saputo meritarsi a suon di personale (4.30 m) il secondo rango nell’asta. Nel getto del peso, Giada Battaini (USC) con un getto a 13.66 m aveva preso il comando del concorso al quinto lancio, ma il 14.77 m di Julia Hammesfahr ha chiuso la gara, lasciando alla giovane capriaschese la medaglia d’argento. Nel martello U18 Giona Erdmann (Virtus, 44.70 m) ha preso il bronzo emergendo in una lotta abbastanza equilibrata dietro il duo di testa, attestato ben oltre i 50 m; bravi anche gli altri virtussini Simone Vigani e Anthony De La Paz, entrambi tra i primi 10. Tra le protagoniste della due giorni, Valentina Rosamilia ha vinto due titoli su 800 e 1500 in meno di un’ora: in entrambi i casi era in gara anche Zoe Ranzoni, sfortunata quarta nei 1500 e sesta sul doppio giro di pista. Sui 400 metri, un eccellente Matteo Romano, correndo due volte il personale, termina in 51″57 al quarto posto, a un niente dal podio. Nei lanci della categoria U16 la Virtus si prende un set completo di medaglie. Nel disco maschile Elias Hadu, matematicamente fuori dalla finale prima del terzo lancio, va invece a prendersi l’oro scagliando il disco a 48.68 per piegare il grandissimo dominatore del fine settimana Joel Temeng, capace di vincere tre titoli nazionali; Hadu finirà inoltre quinto nel peso. L. Stampanoni (da ATL)

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Manuel Da Col (Team Scott) con una erta sorpresa vince con il crono di 22:15 la “7(50) in Condotta “ la massacrante ascesa lungo la condotta idroelettrica,in Valcamonica . Secondo posto per Henri Aimo Aymonod (22:33), seguito dal compagno di squadra Bernard Dematteis distaccato di pochi centesimi. Al quarto posto Andrea Acquistapace. Per le donne trionfa Valentina Belotti che, ventiduesima in assoluto davanti al malese Soh Wai Ching, segna il nuovo record femminile con un 25:51 che spazza letteralmente il record precedente. Secondo posto per Elisa Compagnoni che chiude con un ottimo 27:43. Terzo posto del podio per Samantha Galassi con 28:08. Quarto posto per la camuna Valentina Garattini che registra un 28:14.

FOTO D’EPOCA

Roma 20 maggio 1922 arrivo staffette allieve:1a Virtus Macerata davanti Genova e Pavia (coll. Serra)

Il Premio San Domenichino Il nostro amico e collaboratore Ermanno Gelati ha ricevuto un nuovo riconoscimento per le sue opere letterarie. Il suo ultimo romanzo “Frammenti” è stato infatti premiato col “Premio San Domenichino” alla sua sessantesima edizione. Il prestigioso riconoscimento gli è stato consegnato dal Presidente Alessandro Quasimodo, figlio del grande Salvatore a Marina di Massa presso la chiesa francescana di San Domenico. l Premio trae il suo nome dal lontano 1914, quando veniva festeggiato “San Domenichino”, il giorno dopo San Domenico, con una “sagra” popolare. Fra canti e balli, si recitavano anche versi in vernacolo. Con l’intento di voler soddisfare l’esigenza di una presenza religiosa per un flusso sempre più consistente di persone nella zona del “Poveromo”, dove tale sagra si svolgeva, i Padri Cappuccini realizzarono la costruzione di una cappella, per comodità dei molti popolani che nel frattempo ivi si erano insediati (siamo nell’anno 1947).