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I PUNTI DI VISTA E LE VEDUTE DI CITTÀ dal XIII al XX secolo VIEWPOINTS AND URBAN VISTAS from the 13th to 20th century

Catalogo della Mostra Exhibit Catalogue

a cura di Marco Cadinu

EDIZIONI KAPPA

1 Catalogo della Mostra Supplemento ai volumi 2.I e 2.II (2010) di Exhibit catalogue

I PUNTI DI VISTA STORIA DELL’URBANISTICA E LE VEDUTE DI CITTÀ Annuario Nazionale di Storia della Città dal XIII al XX secolo e del Territorio

Viewpoints and urban vistas fondato da Enrico Guidoni from the 13th to 20th century Anno XXIX - Serie Terza

Enti promotori della mostra e dei convegni ISSN 2035-8733 Associazione Storia della Città Direttore responsabile Accademia Nazionale dei Lincei Ugo Soragni

Fondazione Cariverona Editore Fondazione Cini, Venezia Edizioni Kappa, piazza Borghese, 6 00186 Roma, tel. (06) 6790356 MiBAC - Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Veneto Amministrazione e Distribuzione Università degli Studi di Roma “La Sapienza” via Silvio Benco, 2 00177 Roma, tel. (06) 273903 Università degli Studi “Roma Tre” Copyright © 2012 by Edizioni Kappa - Roma www.edizionikappa.com Università degli Studi di Cagliari,

Facoltà di Architettura Ristampa 2015

La mostra è a cura di Autorizzazione del Tribunale di Roma del 29/4/1982 n.174 Marco Cadinu (coordinamento scientifico) Irina Baldescu Testi e immagini rappresentano sintesi dell’opera editoriale, Claudia Bonardi cui si rimanda per la consultazione dei contenuti, delle bibliografie e per la citazione dei crediti. Stefania Ricci Laura Zanini In copertina Leonardo Da Vinci, schizzo preparatorio per una veduta di Progetto grafico Milano a volo d’uccello (CODICE ATLANTICO, f.s. 73 v-a) Stefano Asili Walter Tommasi

Si ringraziano Luisa Montobbio Ilene Steingut Alessandro Tosini

Storia dell’Urbanistica Annuario Nazionale di Storia della Città e del Territorio, Fondato da Enrico Guidoni, editore Kappa, Roma

Il presente catalogo è stato pubblicato con il contributo di

Associazione Storia della Città Centro Internazionale di Studi per la Storia della Città Fonti d’archivio e patrimonio architettonico-ambientale

Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Cagliari

Pubblicazione cofinanziata dalla Regione Autonoma della Sardegna ai sensi della L.R. 7 agosto 2007, n. 7 I PUNTI DI VISTA E LE VEDUTE DI CITTÀ dal XIII al XX secolo

Catalogo della Mostra a cura di Marco Cadinu

“Quando il sole è all’oriente, l’occhio sta sopra il mezzo di una città, esso occhio vedrà la parte meridionale di essa città aver i tetti mezzo ombrosi e mezzo luminosi, e così la settentrionale; la orientale sarà tutta ombrosa, e la occidentale sarà tutta luminosa.”

Leonardo da Vinci, Trattato della Pittura

Venezia, Fondazione Cini, 14-18 ottobre 2011 Torino, Castello del Valentino, 13-20 dicembre 2011 Ariccia, Palazzo Chigi, Museo del Barocco, dal 10 marzo al 3 aprile 2012 Genzano, Palazzo Sforza Cesarini, 12-22 luglio 2012 Cagliari, Pinacoteca Nazionale, 12-28 ottobre 2012 Napoli, Palazzo Reale, Sala Dorica, 7 marzo 2013 Reggio Calabria, Facoltà di Architettura, 9-18 aprile 2014 Roma, Casa dell’Architettura, Acquario romano, 6 maggio – 6 giugno 2014 Gattatico (RE), Fondazione Alcide Cervi - Archivio Emilio Sereni 26-30 agosto 2014 Massa Marittima (GR), Palazzo dell’Abbondanza, 7 novembre - 8 dicembre 2014 Praga, Istituto Italiano di Cultura, Italský kulturní institut v Praze, 6-30 ottobre 2015

Viewpoints and urban vistas from the 13th to 20th century

Exhibit Catalogue edited by Marco Cadinu

“When the sun is East, and the eye is above the centre of a town, the eye will see the southern part of the town with its roofs half in shade and half in light, and the same towards the North; the Eastern side will be all in shadow and the Western will be all in light.”

Leonardo da Vinci, Treatise on

Venezia, Fondazione Cini, from 14th until 18th october 2011 Torino, Castello del Valentino, from 13th until 20th december 2011 Ariccia, Palazzo Chigi, Museo del Barocco, from 10th march to 3rd april 2012 Genzano, Palazzo Sforza Cesarini, from 12nd until 22nd july 2012 Cagliari, Pinacoteca Nazionale, from 12nd to 28th october 2012 Napoli, Palazzo Reale, Sala Dorica, 7th march 2013 Reggio Calabria, Facoltà di Architettura, from 9th until 18th april 2014 Roma, Casa dell’Architettura, Acquario romano, from 6th may to 6th june 2014 Gattatico (RE), Fondazione Alcide Cervi - Archivio Emilio Sereni, from 26th until 30th august 2014 Massa Marittima (GR), Palazzo dell’Abbondanza, from 7th november to 8th december 2014

Praga, Istituto Italiano di Cultura, Italský kulturní institut v Praze, from 6th until 30th october 2015 La Ricerca, i Convegni, la Mostra, il Catalogo

Nella costruzione delle vedute delle città, nelle diverse epoche storiche, si sono progressivamente affinati complessi ed efficaci modelli di comunicazione dell’immagine urbana. La figura di una città, accuratamente composta da specialisti del disegno prospettico e dell’architettura, portava nel mondo i lineamenti della sua bellezza e i simboli della sua tradizione. Al tempo mostrava, senza rivelarli in pieno, gli elementi della sua forza militare e della sua disposizione geografica: elementi modulati da un’arte di concepire le vedute di città che seguiva propri itinerari artistici e peculiari modalità espressive.

Secondo un progetto scientifico promosso negli anni ‘90 da Enrico Guidoni, il fondatore della moderna scuola di studi sulla storia dell’urbanistica, la ricerca sistematica sulle vedute di città rivela il modo in cui, dal medioevo in poi, artisti e urbanisti ebbero modo di interagire nella costruzione di progetti iconografici. L’individuazione da parte di Guidoni dei procedimenti e dei modi espressivi adoperati per la costruzione delle prospettive urbane inserite nelle più importanti opere d’arte del Quattrocento, costituisce il punto di partenza per un’indagine aperta su autori, significati e datazioni1 . In dialogo con una tradizione storiografica di lunga durata, i contributi delle innovative chiavi di lettura muovono verso nuovi traguardi, presto applicati alla decodificazione delle vedute di città2 .

Ciascuna veduta costituisce un messaggio, dove la carica artistica e il significato narrativo si intrecciano in un disegno cui spesso contribuiscono più artisti. All’ideazione dell’opera seguono successive fasi di rilievo e di esecuzione del dettaglio, secondo una tradizione che, dal tardo medioevo in poi, si arricchisce delle componenti tecniche legate alle ricerche delle più efficaci regole prospettiche. Diversi elementi permettono di affrontare l’analisi delle opere; tra questi la ricerca del punto di vista adoperato per la ripresa che, al capo del filo del racconto, è indissolubilmente legato all’immagine cartografica della città: radicato fisicamente sul luogo contribuisce a rivelare le regole che ciascuna città costruiva nei secoli per mostrare il suo volto.

“La via da seguire per scoprire, in assenza di testimonianze dirette, datazioni, significati e autori delle prospettive è quella della scomposizione analitica dei dati che, estesa ai problemi della autobiografia, conduce alla inevitabile conclusione che le vedute più complesse sono frutto di collaborazione, e che spesso tra il disegno di base - a sua volta risultato di un lungo lavoro - e l’immagine definitiva si interpongono diverse personalità di realizzatori, incisori e copisti. Ciò nonostante, l’invenzione prospettica è, nel primo rinascimento, così difficile e individuale da farsi riconoscere anche solo come disegno preparatorio, come organizzazione dello spazio e come coordinamento tra elementi naturali, costruzioni e figure.”3

1 Enrico Guidoni, Due grandi maestri di prospettive urbane: Pietro Antonio degli Abati e Ombrone, Kappa, Roma 1996; Id., Ricerche su Giorgione e sulla pittura del Rinascimento, I, Librerie Dedalo, Roma 1997.

2 La letteratura sulle rappresentazione di città e sulle vedute è molto ampia ed in continuo arricchimento; un quadro sia pure sintetico si può ricavare dai singoli contributi di ricerca e dalle note introduttive dei quattro curatori dei volumi cui questo Catalogo si riferisce: Ugo Soragni, Teresa Coletta, Paolo Micalizzi, Antonella Greco, a cura di, I punti di vista e le vedute di città (secoli XIII-XX), in “Storia dell’Urbanistica”, serie III, voll. I-II, (2010), Editore Kappa, Roma.

E’ qui il caso di ricordare uno dei saggi di avvio delle ricerche guidoniane sul tema: Enrico Guidoni, Il luogo della Tempesta. Il paesaggio e il significato nel capolavoro di Giorgione, Roma 1995. In tale circostanza l’Autore individua le mura di Padova e la cupola della chiesa di Santa Maria del Carmine nei loro assetti quattro-cinquecenteschi quali elementi determinanti per l’identificazione della scena del celebre dipinto.

3 Enrico Guidoni, Leonardo da Vinci e le prospettive di città. Le vedute quattrocentesche di Firenze, Roma, Napoli, Genova, Milano e Venezia, Kappa, Roma 2002, p.5.

6 The Research Project, Conferences, Exhibit, Catalogue

In the construction of city views, complex and effective models for the communication of the urban image have been progressively refined throughout different historical periods. Portrayals of cities carefully composed by specialists in perspective drawing and architecture show the features of their beauty and symbols of their traditions to the world. At the time, they showed, without fully revealing them, the elements of their military strength and geographical positions: elements rendered through the art of conceiving city views in keeping with specific artistic approaches and distinct means of expression.

In line with a project developed in the 1990s by Enrico Guidoni, founder of the modern school of history of urban studies, systematic research into city views examines how, from the Middle Ages onwards, artists and planners interacted for the construction of iconographic projects. Guidoni’s identification of the methods and means of expression used in the production of urban perspectives included in the most notable works of art in the 15th century is the starting point for an open investigation into authors, meanings and dates 1. Dialogue with a long-standing tradition in historiography drove the contributions of these innovative interpretations to new heights which were very soon thereafter applied to decoding city views 2.

Every view is a message in which artistic content and narrative meaning are woven into a drawing often created with the input of many other artists. The conception of the work was followed by successive phases of surveying and detailed execution, within a tradition which, from the late Middle Ages onward, was progressively enriched by technical innovations regarding the most effective rules of perspective. Various elements contribute to the analysis of the works; among them, the search for the point of view at the beginning of the narrative which is inextricably linked to the city’s cartographic image. Physically rooted in place, it helps reveal the rules that each city created over the centuries to show its face.

“In the absence of direct evidence, the way to discover the dates, meanings and authors of the perspectives is by breaking down data analytically which, when extended to problems of autobiography, leads to the inescapable conclusion that the most complex views are results of collaboration; and between the base drawing - often result of a long process - and the final image, different personalities, engravers and copyists came into play. However, perspective invention was, during the early Renaissance, so difficult and individual to be recognized, even in early sketches, as spatial organization and coordination between natural elements, buildings and figures.”3

1 Enrico Guidoni, Due grandi maestri di prospettive urbane: Pietro Antonio degli Abati e Ombrone, Kappa, Roma 1996; Id., Ricerche su Giorgione e sulla pittura del Rinascimento, I, Librerie Dedalo, Roma 1997.

2 The literature on the representation of the city and the views is very extensive and continuously amplified; a synthetic framework can be derived from the individual research papers and introductory notes by the four editors of the volumes in this catalog: Ugo Soragni, Teresa Coletta, Paolo Micalizzi, Antonella Greco, eds, I punti di vista e le vedute di città (secoli XIII-XX), in “Storia dell’Urbanistica”, Series III, Vols. I-II, (2010), Publisher Kappa, .

It is useful to mention one of the early essays in Guidoni’s research on the topic: Enrico Guidoni, Il luogo della Tempesta. Il paesaggio e il significato nel capolavoro di Giorgione, Roma 1995. In that paper, the author identified the walls of Padua and the dome of the church of Santa Maria del Carmine in their 15th-16th century structure as critical for the identification of the scene of the famous painting.

3 Enrico Guidoni, Leonardo da Vinci e le prospettive di città. Le vedute quattrocentesche di Firenze, Roma, Napoli, Genova, Milano e Venezia, Kappa, Roma 2002, p.5.

7 Nello studio della rappresentazione vedutistica è quindi necessario evidenziare, o intuire nei casi non documentati, lo spirito tecnico ed artistico che muove gli autori, in un processo di ininterrotta osmosi con il gusto corrente e le aspettative dei committenti, nella continua evoluzione di metodi di lavoro e di strumenti.

Fin dalla prime rappresentazioni, dal tardo medioevo in poi, ciascuna città mostra il suo profilo migliore all’opera dei vedutisti: si tratta di una sorta di ritratto in posa, controllato, carico di ufficialità e di enfasi. La sua elaborazione viene eseguita secondo misurate modalità, anche con evidenti “fotoritocchi” inseriti da mani esperte nel concepire l’immagine generale, e spesso costituiti dalla fusione di più vedute in una, frutto dell’apporto di molti aiuti. La complessità del ritratto articola evidenti elementi veritieri, capaci di legittimarlo sotto il profilo narrativo, con artefatte componenti che mascherano punti deboli o evidenziano aspetti della muscolatura militare, ovvero tendono verso armonie ideali di giacitura territoriale o verso simmetrie compositive che spesso emergono solo grazie all’abilità dell’artista. Ogni città, a sua volta, edifica concretamente qualcosa per rispondere a quella che è una visione in parte residente nell’immaginario culturale del tempo, nel proprio mito fondativo o nei propri ritratti che viaggiano per il mondo tramite atlanti e portolani.

Ma anche nelle più rigorose rappresentazioni prospettiche l’immagine si presenta comunque quale esito raro di un privilegio che l’autore, non solo grazie alla sua arte, rende accessibile e condivide col suo pubblico. Nei ritratti ripresi dall’altro di una torre, dalla cima di un colle, dalla coffa di una nave ancorata in un preciso punto del golfo, l’autore è un reporter audace, geniale e virtuosissimo. Nondimeno l’unicità della cronaca iconografica si perpetua nelle più moderne vedute; sono eseguite nel tempo grazie a più complesse costruzioni geometriche o con astrazioni totalmente inaccessibili ai più, poi con l’utilizzo di nuove tecniche che prevedono l’uso di mongolfiere, aerei o grazie alla dirompente visione personale dell’occhio fotografico.

E la originaria forza del punto ufficiale di ripresa, se pure superata dal dinamismo narrativo moderno, traspare talvolta nelle più distaccate esecuzioni del viaggiatore e del vedutista ormai libero di muoversi nel paesaggio periurbano; quell’antico punto di vista, solidificato dalla fama dell’immagine urbana privilegiata, viene con favore ripreso anche da meno coscienti testimoni. E così i fratelli Alinari o i primi fotografi si riposizionano su siti adoperati secoli prima in altri contesti; i possessori di macchine fotografiche si fermano oggi nelle piazze e davanti ai monumenti per ritrarli con le stesse pose che ricorrono nelle cartoline d’epoca o ancora in commercio. La costruzione dei punti panoramici sulle colline attorno alle città, sulle strade periurbane, sulla cima dei monumenti, istituzionalizza la veduta e la rende disponibile a tutti secondo una preconfezionata prospettiva: tutti sono vedutisti e autori della propria veduta, bella e famosa come quella tramandate dalla tradizione.

Lungo questi itinerari la ricerca incontra i nodi della lunga tradizione del vedere e del ritrarre, attraverso la storia delle arti che costruiscono le immagini e le vedute, in un dialogo sempre aperto e ben leggibile con la composizione urbanistica e monumentale delle città.

8 In studying such representations, it is, therefore, necessary to highlight - or in cases that are not documented, hypothesize - the technical and artistic spirit moving the authors in a process of uninterrupted osmosis with current taste and client expectations within the continuing evolution of methods and instruments.

Starting from the first representations in the late Middle Ages, each city showed its best side to the work of landscape painters in a sort of posed portraiture charged with formality and emphasis. Production came about through measured means, with evident “retouching” introduced by experts in conceiving the overall image, and was often the result of multiple views produced by many artists’ assistants. The complexity of the representations clearly show both truthful elements justifying the image in terms of narrative as well as fabricated components that mask weaknesses or highlight military “muscle,” or tend towards ideal compositional landscape harmonies or symmetries that emerge often only as a result of the artist’s ability. Every city, in turn, built something concrete to respond to the visions residing in the cultural imagination of the time, in its own founding myths or in city representations that traveled the world in atlases and navigation manuals.

Even in the most rigorous perspective representations, however, the image is presented as a rare outcome of a privilege that the author, not only through his art, makes accessible to, and shares with, his audience. In views from a tower, from the top of a hill, from the masthead of a ship anchored at a specific place in the gulf, the artist is a daring, ingenious and virtuous reporter. Nonetheless, the uniqueness of the iconographic chronicle is perpetuated in more modern views executed over time, first through increasingly complex geometric constructions or abstractions that were totally inaccessible to most people and later through new techniques involving the use of hot air balloons, aircraft or through the startling personal vision of the photographic eye.

The original force of the formal viewpoint, even if overcome by modern narrative dynamism, sometimes appears even in the more detached executions by the traveler and the landscape artist now free to move within a periurban landscape. The historic viewpoint, consolidated by the fame of the privileged urban view, was favorably taken up by some less aware authors. So the Alinari brothers or other early photographers repositioned themselves on sites used centuries before in other contexts; today, camera owners stop in squares and in front of monuments to capture them in the same poses as in vintage or still commercially-available postcards. The construction of panoramic viewpoints on hills around a city, on the streets of outlying areas or on top of monuments institutionalize the view, making it available to everyone in a pre-packaged perspective. Everyone is a producer of views and author of his/her own one, as beautiful and famous as the one handed down by tradition.

Along these itineraries, the research project investigates the nodes of a long tradition of seeing and depicting through the history of the arts that create images and views, in a dialogue - always open and easily legible - with the city’s urban and monumental composition.

9 Città e Vedute rappresentate

I risultati delle ricerche, le cui prime fasi sono state presentate in quattro convegni, dopo ulteriori approfondimenti sono ora raccolti in due volumi editi dell’editore Kappa di Roma, per il periodico “Storia dell’Urbanistica”.

L’opera si suddivide in quattro sezioni temporali: • secoli XIII-XV (a cura di Ugo Soragni) • XVI secolo (a cura di Teresa Colletta) • secoli XVII-XVIII (a cura di Paolo Micalizzi) • secoli XIX-XX (a cura di Antonella Greco)

La divisione in periodi, funzionale alla più precisa puntualizzazione culturale di ciascuna epoca, segue uno schema già impostato nella fase intermedia della ricerca; i contributi sono elaborati da studiosi di differente estrazione, chiamati dalla “Associazione Storia della Città” a confrontarsi in sessioni aperte e quindi sviluppati all’interno delle rispettive sedi universitarie e istituzionali 4. Quattro convegni sono stati dedicati al tema della ricerca.

Van den Wijngaerde, veduta di Valladolid, 1565.

4 Contribuiscono alla ricerca membri dei seguenti dipartimenti:

Dipartimento Casa e Città del Politecnico di Torino, Dipartimento di Urbanistica e Pianificazione dell’Università di Firenze, Dipartimento di Studi urbani dell’Università di “Roma Tre”, Dipartimento di Architettura e Costruzione dell’Università di Roma “La Sapienza”, Dipartimento di Conservazione dei Beni Architettonici e Ambientali dell’Università “Federico II” di Napoli, Dipartimento Città e Territorio dell’Università di Palermo, Dipartimento di Architettura dell’Università di Cagliari.

Ai loro contributi si aggiungono quelli di relatori afferenti a: Università della Tuscia al Politecnico di Bari, Università di Messina, Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa, Università di Reggio Calabria e quelli di liberi ricercatori, professionisti e funzionari di istituzioni impegnate nella conservazione dei beni culturali.

10 Cities and Views represented

The first phases of the research project were presented at four meetings. Subsequently, after greater investigation, the final results were compiled in two volumes published by Kappa of Rome for the journal “Storia dell’Urbanistica”.

The study was divided into four periods: • XIII-XV centuries (edited by Ugo Soragni) • XVI century (edited by Teresa Colletta) • XVII-XVIII centuries (edited by Paolo Micalizzi) • XIX-XX centuries (edited by Antonella Greco)

This division, functional to the most accurate survey of the culture of each period, follows a scheme already defined in the intermediate phase of the research project; papers were written by scholars from different fields, invited by the “Associazione Storia della Città” to discuss them in open sessions. They were then further developed in their universities and institutions4. Four conferences were devoted to the different research topics.

4 Members of the following departments contributed to the research project:

Dipartimento Casa e Città del Politecnico di Torino, Dipartimento di Urbanistica e Pianificazione dell’Università di Firenze, Dipartimento di Studi urbani dell’Università di “Roma Tre”, Dipartimento di Architettura e Costruzione dell’Università di Roma “La Sapienza”, Dipartimento di Conservazione dei Beni Architettonici e Ambientali dell’Università “Federico II” di Napoli, Dipartimento Città e Territorio dell’Università di Palermo, Dipartimento di Architettura dell’Università di Cagliari.

In addition to the above, conference speakers are affiliated with: Università della Tuscia, Politecnico di Bari, Università di Messina, Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa di Napoli, Università di Reggio Calabria; further contributions were provided by independent researchers, professionals, officials of institutions engaged in the preservation of cultural heritage.

11 Parte Prima: Italia, XIII-XV Secolo

Convegno nazionale, 27 maggio 2004 Accademia dei Lincei, via della Lungara 230, Roma Indirizzi di saluto: Giovanni Conso, Paolo Portoghesi, Ferdinand Opll Relazione introduttiva: Enrico Guidoni Relazioni: Enrico Guidoni, Guglielmo Villa, Enrico Lusso, Alessandro Camiz, Paola Raggi, Daniela Corrente, Irina Baldescu Tavola rotonda: Teresa Colletta, Antonella Greco, Enrico Guidoni, Paolo Micalizzi, Ferdinand Opll, Giuseppina Carla Romby, Ugo Soragni Curatore: Enrico Guidoni Segreteria: Stefania Ricci Organizzazione: Daniela Corrente, Cecilia Mosconi

Parte Seconda: XVI Secolo

Convegno nazionale, 10 dicembre 2004 Facoltà di Architettura “Valle Giulia”, Via Gramsci 53, Roma Indirizzi di saluto: Roberto Palumbo, Enrico Guidoni Relazione introduttiva: Teresa Colletta Relazioni: Nicola Aricò, Marco Cadinu, Flavia Festuccia, Irma Friello, Paolo Micalizzi, Giuseppina Carla Romby, Alessandro Viscogliosi, Josè Miguel Remolina, Laura Zanini Curatore: Enrico Guidoni Organizzazione: Alessandro Camiz, Daniela Corrente, Stefania Ricci, Maria Cecilia Mosconi

12 Parte Terza: Secoli XVII-XVIII

Convegno nazionale, 27/28 gennaio 2005 Università “Roma Tre” - Facoltà di Architettura, Aula “Urbano VIII”, Roma Indirizzi di saluto: Francesco Cellini, Enrico Guidoni Relazione introduttiva: Paolo Micalizzi Relazioni: Claudia Bonardi, Carmela Biscaglia, Claudia Rusciano, Giada Lepri, Antonietta Finella, Stefania Aldini, Carla Benocci, Clementina Barucci, Carlo Armati, Giancarlo De Pascalis, Maurizio Vesco Curatore: Enrico Guidoni Segreteria: Stefania Ricci, Laura Goretti, Monica Piacentini Organizzazione: Alessandro Camiz

Parte Quarta: Secoli XIX e XX

Convegno nazionale, 5 aprile 2005 Sala congressi CONI Servizi S.p.a., Edificio delle piscine Piazza Lauro de Bosis 3, Foro italico, Roma Indirizzi di saluto: Antonino D’Alessandro, Roberto Palumbo, Enrico Guidoni Relazione introduttiva: Ugo Soragni, Antonella Greco Relazione introduttiva: Nicola Aricò, Marco Relazioni: Cornelia Bujin, Gabriella Orefice, Laura Bertolaccini, Francesca Valensise, Stefania Ricci, Salvatore Di Liello, Maria Teresa Marsala, Valter Proietti, Maria Cecilia Mosconi, Elisabetta Cristallini, Gabriele Corsani, Augusto Pieroni Curatore: Enrico Guidoni Organizzazione: Alessandro Camiz Segreteria: Stefania Ricci, Donatella Scatena, Paolo Pedinelli CONI Servizi S.p.a.: Ernesto Albanese

13 Il filo conduttore della ricerca “I PUNTI DI VISTA E LE VEDUTE DI CITTÀ” analizza quindi la realtà urbana che la veduta comunica in relazione alla topografia del luogo, confronta il punto di vista della veduta in esame con la cartografia storica della città, mette in relazione l’impostazione della veduta con i metodi di rilevamento topografico e territoriale in uso in ciascuna epoca.

Il confronto tra un rilevante numero di città italiane ed europee, svolto attraverso lo studio delle loro caratteristiche urbanistiche, topografiche e architettoniche, facilita la puntualizzazione di più complesse questioni storiografiche e artistiche, anche in relazione agli autori e gli editori delle opere:

Vedute di città - Italia: Trento, Arco, Bassano del Grappa, Padova, , Venezia, Milano, Lodi; Chieri, Peceto, Moncalieri, Trofarello in Piemonte; Genova, Ancona, Urbino, Arezzo, Pistoia, Pescia, Pisa, Prato, S. Gimignano, Colle Val d’Elsa, S. Giovanni Valdarno, Scarperia, Lucca, Firenze; Roma; le città laziali Arriccia e Marino; in Campania: Napoli, Campi Flegrei, Pozzuoli, Salerno, Sorrento, Buccino, Oliveto Citra, Campagna, Eboli, Benevento; città della Calabria: Reggio Calabria, Bova, Palazzi, S. Maria di Polsi, Gerace, Rocella, Stilo, Gioiosa, S. Giorgio, Palmi, Bagnara, Scilla, Pentadattilo, Tursi in Basilicata; le città pugliesi Lecce, Nardò, Taranto, Brindisi, Otranto come parte del gran-tour, le grandi capitali insulari Cagliari, Palermo, Messina.

Vedute di città - Europa: Anversa, Francoforte, Amburgo, Stada, Bordeaux, Budapest, Copenhagen, Costantinopoli, Lione, Lisbona, Londra, Madrid, Malta, Parigi, Cracovia, Danziga, Vlissingen e Emden, Vienna, Valencia, Strasburgo, Valladolid, Toledo, Burgos.

14 The general theme, “VIEWPOINTS AND URBAN VISTAS”, investigates the urban conditions communicated by views in relation to the topography of the place, comparing the points of view in question with historical maps of the city, relating the particular view to topographical and geographical surveying methods used during each era.

Comparison between a large number of Italian and European cities, carried out through the study of their urban, topographic and architectural characteristics, helped clarify complex historiographic and artistic issues, also in relation to the authors and publishers of the works:

Pittori, vedutisti, cartografi, incisori: Giusto de Menabuoi, Benozzo Gozzoli, Leon Battista Alberti, Albrecht Dürer, Jacopo de Barbari, Jacob van Deventer, Etiénne Duperac, Francesco Vanni, Stefano Bonsignori, Seld, Joris Hoefnagel, Tiburzio Spannocchi, Francesco Negro, Antonio Ferramolino, Jansson, Calamecca, Christoph Schweicker, Jan Van Heemskerk, Giorgio Palearo Fratino, Angelo Rocca, Ottavio Mascarino, Antonio Tempesta, Giuseppe Tiburzio Vergelli, Filippo Barigioni, W. Van Nieuland, Giovanni Antinori, Anton van den Wyngaerde, Giorgio Vasari, Olivier Truschet, Germain Hoyau, Gilles Corrozet, Francesco Cassiano de Silva, Pietro Francesco Garoli, Gaspar Van Wittel, L. Chastelet, Willem (Guglielmo) Fortuyn, Gabriel Bodenehr, Ph. Hackert, Giovanni de Grado, Jacques Chereau, Ignazio Stile, Antonio Zaballi, Pompeo Schiantarelli, Harry Fenn, Giuseppe Vasi, T. Salmon, Louis J. Desprez, Filippo Juvarra, Giacomo Quarenghi, G. Ricciarelli, U. D’Anna, F. Morghen, Ph. Hackert, W. Bartlett, T.A. Prior, W. French, G. Zuliani, H. Courvoisier-Voisin, Ch. Civeton, A. Guesdon, G. Sala, J.J. Falkeisen, R. Calvert Jones, F. Fantozzi, T. Patch, G.M. Terreni, A. Hautmann, Luigi Zumkeller, Wright of Derby, G. P. Pannini, V. Tironi, A. Pernier, G. B. Falda, G. B. Nolli, H. Van Cleve, Ph. Galle, G. Scoppa, T. Ruiz, G. H. Triverio, Giovanni Omiccioli, Tina Tommasini, Eva Quajotto, Mario Maffai, , G. Capogrossi, , Enrico Prampolini, Giulio Turcato, Achille Capizzano, A. Gauro Ambrosi.

Editori (secoli XVI-XVII): Borgomensis, Sebastian Münster, Georg Braun, Franz Hogenberg, Joan Blaeu.

15 La Mostra e il Catalogo

La mostra “I punti di vista e le vedute di città” raccoglie una sintesi delle ricerche di 36 studiosi che hanno indagato sulle più differenti tecniche di rappresentazione adoperate in Europa da artisti e specialisti del ritratto delle città tra il tardo medioevo e il Novecento. La produzione di una Mostra e la raccolta in un volume in forma Catalogo, edito come supplemento ai due volumi nell’Annuario 2010 di STORIA DELL’URBANISTICA, risponde all’esigenza di rendere disponibile, sia per via cartacea sia sotto forma di supporto informatizzato, le sintesi in due lingue dei singoli contributi e le principali immagini a colori.

Si tratta di un patrimonio di riflessioni e di materiali composto da 36 lavori (su 43 contributi scientifici coinvolti nella ricerca), corredati da una scelta di 216 immagini, riproduzioni e grafici originali. La particolare struttura del processo di ricerca, così articolata nel tempo storico dal Medioevo al Novecento, in uno spazio geografico europeo e per mano di tanti autori, si avvale proficuamente di una visione unificante e coordinata, tesa ad accompagnare una prima lettura di un prodotto poliedrico ma in fondo molto unitario nella sua concezione.

La mostra “I punti di vista e le vedute di città” accompagna nelle principali città le presentazioni pubbliche dei volumi.

Testi e immagini esposti rappresentano solo una minima parte dell’opera editoriale, cui si rimanda per la consultazione dei contenuti, delle bibliografie e per la citazione dei crediti: • I punti di vista e le vedute di città (secoli XIII-XVI), a cura di Ugo Soragni, Teresa Coletta, in “Storia dell’Urbanistica”, serie III, n.2, (2010), vol. I, Edizioni Kappa, Roma. (ISSN 2035-8733). • I punti di vista e le vedute di città (secoli XVII-XX), a cura di Paolo Micalizzi, Antonella Greco, in “Storia dell’Urbanistica”, serie III, n.2, (2010), vol. II, Edizioni Kappa, Roma. (ISSN 2035-8733).

16 The Exhibit and Catalogue

The “Viewpoints and urban vistas” exhibit summarizes the research conducted by 36 scholars who investigated the many different representation techniques used in Europe by artists and specialists in depicting the city between the late Middle Ages and the 20th century. The production of an exhibit and a catalog published in two volumes as a supplement to the 2010 “Storia dell’Urbanistica”, Yearbook, responds to the need to make summaries available in two languages along with the principal images in color, in both paper and digital format.

A wealth of ideas and materials including 36 essays (out of 43 scientific contributions involved in research), is accompanied by a selection of 216 images, reproductions and original graphics. The very particular structure of the research project - investigating works executed during a period extending from the Middle Ages to the 20th century in Europe by numerous authors - makes successful use of a unifying and coordinated vision aimed at accompanying a first reading of a multifaceted product that is, however, essentially unified in its conception.

The, “Viewpoints and urban vistas” exhibit will accompany the public presentation of the volumes in major cities.

The text and images on exhibit represent only a fraction of the complete work, to which we refer for the consultation of content, bibliographies and references: • I punti di vista e le vedute di città (secoli XIII-XVI), edited by Ugo Soragni, Teresa Coletta, in “Storia dell’Urbanistica”, Series III, No. 2, (2010), vol. I, Edizioni Kappa, Roma. (ISSN 2035-8733). • I punti di vista e le vedute di città (secoli XVII-XX), edited by Paolo Micalizzi, Antonella Greco, in “Storia dell’Urbanistica”, Series III, No. 2, (2010), vol. II, Edizioni Kappa, Roma. (ISSN 2035-8733).

(M.C.)

17 Parte Prima: Secoli XIII-XV Ugo Soragni

La rappresentazione prospettica rinascimentale di alcune importanti città e capitali italiane segna la nascita, tra la metà del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, della veduta urbana moderna, destinata ad affermarsi e consolidarsi nella seconda metà del XVI secolo, quando, sotto la spinta della cosiddetta “rivoluzione delle immagini” che si accompagna alla progressione delle discipline scientifiche e tecnologiche, anche il disegno della città diventa strumento insostituibile di conoscenza e di comunicazione.

Gli studi di Enrico Guidoni hanno saputo enucleare e mettere in luce in più circostanze il predominio conquistato dagli artisti nella costruzione delle vedute urbane, additandone il ruolo esercitato nella messa a punto di “un filo conduttore che collega tra loro gran parte delle vedute più innovative”: Leonardo da Vinci e le prospettive di città. Le vedute quattrocentesche di Firenze, Roma, Napoli, Genova, Milano e Venezia, Roma 2002. Il contributo di Guidoni all’analisi delle vedute urbane del rinascimento ha avuto il merito di richiamare l’attenzione sul protagonismo dei pittori, i quali, nell’esercitarsi con successo nella pratica prospettica, orientano e guidano la scelta dei punti di vista, la selezione e la rappresentazione degli elementi monumentali e naturalistici, l’ambientazione paesaggistica.

L’attribuzione ad artefici “praticamente sconosciuti, mediocri o comunque non specialisti come maestri di prospettiva” di alcuni capolavori della rappresentazione urbana (come la veduta di Napoli della cosiddetta Tavola Strozzi o la Venetie MD, ricondotte, rispettivamente, alla responsabilità di Francesco Pagano o Francesco Rosselli e di Jacopo de’ Barbari), deve cedere dunque il passo all’individuazione di paternità artistiche commisurate al valore assoluto e all’originalità di tali creazioni, anche attraverso il superamento della confusione tuttora dominante tra ideatori, collaboratori ed esecutori, siano questi ultimi “perspetcivi” o, come nel caso di de’ Barbari, incisori.

Se le operazioni tecniche richieste dalle vedute prospettiche urbane coincidono con rilievi e misurazioni particolarmente complessi, eseguiti sulla scorta delle direttive formulate dall’artista cui è attribuita la responsabilità del lavoro, è a quest’ultimo che va ricondotta in toto la responsabilità dell’elaborazione conclusiva, perfezionata ricorrendo ad una fusione, spesso sapiente ed equilibrata, tra attendibilità (o riconoscibilità) descrittiva e topografica e criteri di rappresentazione rispondenti alle esigenze politiche o propagandistiche sottese alla veduta.

Considerazioni analoghe sono possibili per il secolo XIV, quando i pittori sperimentano l’applicazione della prospettiva con il fine di rappresentare la magnificenza e la potenza delle città che ritraggono, di cui sottolineano ed enfatizzano gli elementi costituitivi (mura, porte, torri e monumenti) e la loro conformazione geometrica, reale o “ideale”.

La straordinaria veduta giottesca di Padova, eseguita da Giusto de’ Menabuoi nella Basilica del Santo (1382-83), testimonia dello “splendore raggiunto dalla città sotto i Carraresi”, meritando di essere considerata “l’archetipo di ogni successiva mitografia patavina sul piano visivo: da allora l’immagine di Padova superbamente serrata nelle cinte murarie medievali rappresenterà un topos frequentatissimo da tutta la cartografia per l’intera età moderna.” (Daniele).

18 Lo studio della veduta di Giusto, della quale si possono ricostruire i punti di stazione più elevati impiegati e di cui è possibile dimostrare la sostanziale esattezza topografica - dimostratasi superiore a quella finora riconosciutale - rivela l’impiego di più punti di vista, funzionali a consentire la rappresentazione (o il nascondimento) dei monumenti principali e a permetterne, in alcuni casi, la visione simultanea da più lati (Palazzo della Ragione).

La carta del territorio compreso tra Chieri e Moncalieri (1457), disegnata per permettere la risoluzione di alcune annose vertenze giudiziarie, si caratterizza per la commistione tra i criteri adottati nella rappresentazione degli insediamenti urbani e degli edifici (del tutto paragonabili a quelli di alcune tra le vedute quattrocentesche come quella di Roma di Pietro del Massaio) e nella costruzione degli allineamenti geometrici per la rilevazione topografica.

Se i primi servono a connotare e rendere riconoscibile, con un grado di libertà piuttosto elevato, la localizzazione di ciascuno dei nove “quadranti” ortogonali in cui la carta è suddivisa, il valore probatorio del documento va rintracciato proprio nelle linee di suddivisione territoriale: “Se superiamo la sensazione trasmessa dalla rappresentazione a volo d’uccello dei singoli nuclei residenziali, è dunque chiaro che la restituzione dell’assetto insediativo dell’area non sia da intendersi come una semplice veduta descrittiva, ma costituisca un inedito tentativo di ottenere una resa planimetrica.” (Lusso).

Lo studio delle vedute prospettiche di Roma eseguite dai Prati di Castello da Benozzo Gozzoli (1463) e Attavante degli Attavanti (1483) “ha consentito di individuare alcuni aspetti significativi del rapporto tra progetto urbano e rappresentazione della città nel XV secolo” (Camiz), permettendo di individuarne i punti di vista corrispondenti e di riconoscerne gli allineamenti topografici utilizzati, confermando che, diversamente dai luoghi comuni della storiografia, i loro autori (rispettivamente un pittore e un miniatore) si rivelano all’atto pratico depositari di una sapienza tecnica che permette l’impiego di strumentazioni topografiche raffinate (goniometri), nel contesto di una padronanza della perspectiva artificialis apparentemente insospettabile.

L’individuazione dei punti di vista privilegiati adoperati dai cartografi e dai vedutisti tra XVI e XIX secolo per la rappresentazione di Urbino apre scenari interpretativi importanti per la comprensione del rapporto tra siti urbani e paesaggio, dimostrando che “l’equidistanza dei monumenti dai punti di vista e la simmetria esistente tra i luoghi esterni ed i monumenti della città” (Raggi) sospinge la ricerca degli architetti rinascimentali verso una collocazione e un orientamento dei loro edifici rispondente alla scelta di visuali privilegiate, condizionate da punti di osservazione accuratamente considerati e soppesati in fase progettuale.

Il San Rocco di Bartolomeo della Gatta (Arezzo, Museo statale di arte medievale e moderna), eseguito intorno al 1478, coincide con la prima veduta di Arezzo pervenutaci rispondente a criteri di esattezza topografica e descrittiva determinabili e misurabili, aprendo un capitolo nuovo nella rappresentazione della città dopo l’immagine “astratta e simbolica” offertane da Piero della Francesca (1452-59) e consolidandone un punto di osservazione destinato ad essere utilizzato per i secoli a venire (Corrente). Albrecht Dürer compie il suo primo viaggio in Italia nel 1494-95, seguendo un itinerario che

19 lo porta da Norimberga a Venezia e, dopo un prolungato soggiorno nella città lagunare, lo conduce a Innsbruck, passando per Verona e Trento. Le testimonianze artistiche di questo viaggio e del periodo immediatamente successivo al rientro in patria comprendono numerosi disegni acquerellati, riguardanti città, paesaggi e formazioni geologiche, all’interesse per le quali non deve essere stata estranea l’influenza degli studi di Leonardo. Sull’approntamento di questo corpus pesa certamente la presenza dell’amico Pirckhaymer, di ritorno a sua volta da un periodo di studi umanistici e filosofici a Padova, come sembrerebbero indicare le tracce di un possibile “percorso iniziatico”, anticipatore del pattern sociologico che caratterizza il grand tour intrapreso dai gentiluomini nordici dei secoli XVII e XVIII (Baldescu).

Le insistite rappresentazioni di Trento e, soprattutto, la straordinaria veduta della rocca di Arco (Parigi, Musée du Louvre), riflettono una consuetudine diffusa nelle figurazioni di paesaggio rinascimentali, che si avvalgono - nel loro realismo apparente - della capacità di giustapporre tra loro vedute eseguite da più punti di vista, spesso “saldate” in corrispondenza di elementi architettonici o naturalistici.

In questo caso la rappresentazione si arricchisce di significati correlabili all’ascesa iniziatica verso la sapienza e la conoscenza. Non è certamente casuale che la veduta montuosa dell’acquerello parigino sia riprodotta, in versione semplificata ma riconoscibile, dal pittore padovano Giulio Campagnola nel fondale dell’affresco padovano della Scoletta del Carmine rappresentante lo Sposalizio di Maria (1505-06 c.). Nell’affresco la veduta della rocca è inserita alle spalle di un gruppo di pittori, al centro dei quali compare un inconfondibile ritratto di Dürer, conosciuto e frequentato dal giovane artista e, ovviamente, dallo stesso Giorgione, in occasione del suo secondo viaggio in Italia.

Leonardo da Venezia, Bolla d’oro di Ludovico il Bavaro. Monaco, Archivio di Stato, + ROMA CAPUT MUNDI REGIT ORBIS FRENA ROTUNDI (1328)

20 Leonardo da Vinci, veduta del Valdarno, disegno a penna del 1473 c., Firenze, Galleria degli Uffizi

Codex Astensis, miniature di alcuni dei castelli di proprietà di Asti alla fine del XIV secolo (Asti, Archivio Storico Comunale)

21 PADOVA Umberto Daniele

La veduta di Padova di Giusto de’ Menabuoi (1382-1383) nella Cappella Belludi della Basilica del Santo a Padova

The View of Padova by Giusto de’ Menabuoi (1382-1383) in the Belludi Chapel of the Basilica of S. Antonio in Padova

ABSTRACT

Una delle più antiche e celebrate vedute urbane pervenuteci, l’immagine di Padova affrescata nella cappella del Santo dedicata al beato Luca Belludi e in seguito ai santi Filippo e Giacomo, è stata spesso analizzata per ricostruire l’aspetto originario di alcuni tra i principali edifici cittadini. Nel presente studio la si rilegge invece in chiave prospettica, ritrovando la posizione dei punti elevati impiegati per il rilievo. Secondo la prassi dell’epoca, essa si basa infatti su più punti di vista, stabiliti su alcune torri della recente cinta muraria carrarese. La ricostruzione permette di assumere appieno la veduta come documento urbanistico, riconoscendovi sia alcuni tra i principali assi viari, sia altri edifici legati alle volontà encomiastiche del committente Naimerio Conti, legato alla Signoria carrarese. Per queste sue qualità, l’affresco viene infine attribuito a uno specialista e permette di articolare meglio le specializzazioni nella bottega padovana di Giusto de’Menabuoi.

One of the most ancient and celebrated urban cityscapes surviving today is the image of Padua frescoed in the chapel of St. Anthony Basilic in Padua dedicated to blessed Luca Belludi and afterwards to Sts. Philip and James. The cityscape has often been analyzed in order to reconstruct the original aspect of some city’s main buildings while the present study focuses on an analysis of perspective, trying to identify the elevated points from which observation was made. According to medieval customs, this fresco is indeed based on multiple viewpoints, established on certain towers of the town walls then recently built by the Da Carrara family. Our analysis reveals that the view can be considered a town planning document, in which one can recognise some of the main thoroughfares as well as other buildings linked to the praising will of Naimerio Conti, who had commissioned the fresco and had close ties with the ruling Da Carrara family. Finally, for these qualities the fresco can be attributed to a specialist, allowing us to get a better picture of the various specialisations within the Giusto de’ Menabuoi’s Paduan studio.

I.01 Dal XIII al XV secolo

22 Padova, Basilica di Sant’Antonio, Cappella Belludi. Affreschi di Giusto de’ Menabuoi (1382-1383). Sant’Antonio che annuncia al beato Luca Belludi la liberazione di Padova Vincenzo Dotto, Carta delle “Muraglie Modellino della città di Padova, Vecchie” (da Portenari 1623) frammento del monumento funebre particolare con la doppia cinta a Ubertino da Carrara. muraria a sud della città Padova, Chiesa degli Eremitani Assi prospettici riconoscibili nella Assi e monumenti identificabili parte sinistra della veduta di Giusto nella veduta di Giusto de’ de’ Menabuoi, riportati sulla pianta Menabuoi, riportati sulla pianta di Padova incisa da Giovanni Valle. settecentesca di Padova incisa da A Ex torre del Torresino; B Ex torre sullo Giovanni Valle. spalto di San Daniele; Si riconoscono tra gli altri: 1 Torre ovest del castello; 2 Torre est del 1c Ex torre del Torresino; 2c Porta del castello; 3 chiesa di Sant’Agata; 4 Porta Pra; 3a Porta di San Leonardo; 3b Porta 23 di Santa Maria in Vanzo; 5 chiesa di della piazza del castello; 3c Ex torre Sant’Anna; 6 Porta di San Giovanni; lungo lo spalto di San Daniele 7 Porta di San Pietro; 8 San Pietro DA CHIERI A MONCALIERI Enrico Lusso

Una carta del territorio tra Chieri e Moncalieri del 1457

A map of the land between Chieri and Moncalieri in 1457

ABSTRACT

La carta visualizza il settore occidentale del distretto del comune di Chieri, nei pressi di Moncalieri. La forca in basso a sinistra suggerisce il motivo per cui fu realizzata: la composizione di una lite per i confini esplosa nel settembre del 1457, allorché il vicecastellano moncalierese, condannando a morte un uomo, stabiliva che la sentenza fosse eseguita presso il Podius Arinellorum. La località, però, era ritenuta dai chieresi parte del proprio territorio ed essi non esitarono a ricorrere alle armi per difendere i propri, presunti, diritti. Di fronte al rischio che la situazione degenerasse, il duca Ludovico di Savoia fu costretto a intervenire personalmente e istituire una commissione con il compito di indagare sui fatti e istruire un processo. Se dunque è chiaro il contesto di produzione della carta, non del tutto scontate appaiono le ragioni per cui fu realizzata e, soprattutto, come sia stata elaborata. Anche ammettendo che a richiedere l’elaborato siano stati ambienti vicini alla corte, è assai probabile il coinvolgimento di professionisti chieresi. Utile a precisare chi fu chiamato a contribuirvi è la documentata partecipazione di due membri del consilium sapientum chierese, uno dei quali, Antonio Bernardo, è spesso associato a lavori di rilevamento topografico. Sembra dunque possibile sostenere che a monte del lavoro del disegnatore, verosimilmente un pittore, che restituì “in bella” la carta, vi sia stato l’intervento di misuratori incaricati delle operazioni di rilievo. In questo senso, le due coppie di rette parallele che suddividono la mappa in nove quadranti, più che a confini, paiono riferibili a una costruzione geometrica realizzata traguardando alcuni punti emergenti del territorio al fine di costruire una griglia topografica di riferimento. Su tale griglia intervenne poi il pittore, il quale, dopo aver posizionato gli insediamenti nel rispetto dei rapporti di reciprocità spaziale, li tratteggiò con naturalismo, così come essi dovevano apparire dalla pianura presso Villastellone, cioè da dove già nel 1223 è testimoniata la possibilità di abbracciare «ad oculum» il teatro collinare.

The map shows the western area of the district of Chieri, near Moncalieri. It was made in order to settle a border dispute burst in September 1457, when the “vicecastellano” of Moncalieri condemned a man to death and ordered to execute the sentence at the “Podius Arinellorum”. The area – shown by the gallows drawn in the bottom left corner – was claimed by Chieri inhabitants as part of their own territory, so they resorted to arms to defend the “podius”. Finally, Ludovico duke of Savoy was forced to intervene appointing a board of enquiry to start a trial. Although the map was commissioned by the court entourage, an involvement of some men from Chieri in its production is highly probable. In fact, two members of the local “consilium sapientum” were called to collaborate on making the map. Moreover, one of them, Antonio Bernardo, often appears engaged in topographical surveys. Probably, before the drawer (a painter) carried out the fair copy map, some measurers were assigned to survey the area. So, the two couples of parallel straight lines, perpendicular among them, which divide the map in nine quadrants, seems to be more a geometric construction than borderlines. Therefore, they were created pointing at some well-known buildings and places in the area with the aim of tracing a topographical grid. Afterwards, the painter intervened on such a grid, placing the settlements according to the relationships of spatial reciprocity and outlining them as appeared from the lowland near Villastellone, where in 1223 it had already been possible to include “ad oculum” the whole hilly theatre.

I.02 Dal XIII al XV secolo

24 Anonimo, [Tippo di diverse terre dependenti dal diretto dominio della città di Chieri, cioè Trufarello, Revigliasco, Celle, Peceto, Rivera, Testona. Confini colle medesime e con Moncaglieri], 1457 (ASCChieri, art. 20, par. 1, n. 126)

Trasposizione dello schema geometrico Particolare dell’abitato di Moncalieri della mappa chierese del 1457 su una dal Tippo del 1457 base cartografica attuale (ASCChieri, art. 20, par. 1, n. 126)

Anonimo, [Carta dell’area di confine fra Moncalieri, Trofarello e Chieri], 25 metà sec. XVI

Anonimo, Moncaliero, metà sec. XVI ROMA DAI PRATI Alessandro Camiz

Vedute di Roma dai Prati di Castello: Benozzo Gozzoli (1463) e Attavante degli Attavanti (1483)

City views of Rome from Prati di Castello: Benozzo Gozzoli (1463) and Attavante degli Attavanti (1483)

ABSTRACT

La disamina comparata di due vedute di Roma, segnatamente quella contenuta nella Crocifissione del messale del vescovo di Dol, miniata nel 1483 dall’Attavanti, e quella della Partenza di Sant’Agostino per Milano, affrescata da Benozzo Gozzoli nella chiesa di S. Agostino a San Gimignano nel 1465, consentirà di individuare alcuni aspetti significativi del rapporto tra città, architettura e rappresentazione del paesaggio. Le due vedute in oggetto descrivono la stessa porzione di città vista da due punti di vista vicini ma distinti e, pur realizzate a soli venti anni di distanza, testimoniano una notevole differenza stilistica. L’individuazione esatta sul territorio dei punti di vista avverrà mediante la ricostruzione dello schema prospettico del dipinto, il riconoscimento di alcune collimazioni tra edifici e la trasposizione dei corrispondenti allineamenti topografici su di una pianta della zona di Borgo ricavata dal Catasto Gregoriano rettificato. Attraverso questa ricostruzione sarà possibile avviare una riflessione sui luoghi privilegiati di osservazione della città di Roma nel secolo XV (E. Guidoni, L’urbanistica di Roma tra miti e progetti, Roma-Bari 1990, pp. 112-113), in rapporto ai percorsi di accesso, con particolare attenzione al rapporto simbolico fondamentale che esisteva tra la città costruita e la sua immagine dipinta. Questa comparazione sarà l’occasione per tentare di attribuire la realizzazione dei paesaggi, spesso realizzati da pittori specializzati, tramite il confronto con altre vedute coeve e mediante l’analisi delle tecniche di rappresentazione. A partire dal secolo XV lo sfondo dorato immateriale dei dipinti medievali lascia gradualmente il posto alle rappresentazioni realistiche del paesaggio. In particolare si sviluppano le tecniche cromatiche della prospettiva aerea che a partire dal Trattato di Leonardo si diffondono tra i vari pittori. Così possiamo facilmente tracciare l’evoluzione di una tecnica pittorica specifica e confrontare i modi di rappresentazione, valutando significativamente l’esattezza della costruzione prospettica, la posizione dell’orizzonte, l’altezza del punto di vista e la posizione delle fughe. In particolare il montaggio in una sola veduta di frammenti di paesaggio presi da punti di vista diversi sembra corrispondere a particolari esigenze di rappresentazione ed è l’indizio di una tecnica pittorica particolarmente raffinata.

The comparative analysis of two roman city views, namely Attavante’s miniated Crucifixion in the Messal of the bishop of Dol (1483) and the Departure of S. Augustine to Milan in S. Augustine at S. Gimignano, painted by Benozzo Gozzoli (1463), outlined some meaningful connections between urban design and city representation in the XVth century. The topographical alignments of the main buildings were overlayed on a plan of Rome in XVth cent (E. Guidoni, L’urbanistica di Roma tra miti e progetti, Roma-Bari 1990, pp. 112-113). This instrument was useful to localize the preferred observation points, focusing on the relation between city image and urban design. This analysis could assign the landscapes depicted, comparing the compositive techniques employed in coeval images. The ichonographical series of plans and views of Rome in XVth cent. widened the critical knowledge of the image of Rome, of it’s models and derivations. The comparison with the Descriptio Urbis Romae of Leon Battista Alberti, and it’s topographical landmarks, was the premise to hypothize the use of Alberti’s same polar coordinates to draw the perspective in the roman city views. The coincidence of the monuments mentioned in the Descriptio and those depicted by Gozzoli, suggests that he could have used the Descriptio to place the different architectures in the painting. An anlaytical method to position different topographical landmarks could have been very useful in a place so distant from Rome as S. Gimignano.

I.03 Dal XIII al XV secolo

26 Benozzo Gozzoli, Partenza di S. Agostino da Roma, S. Gimignano, coro della chiesa di S. Agostino (particolare)(1465)

M. Van Heemskerk, veduta di Roma, Ricostruzione del Punto di Vista Madrid, Biblioteca dell’escuriale, della Partenza di S. Agostino da Cod. 28. II. 12, foll. 7v 8r (1495) Roma di Benozzo Gozzoli (1463)

Attavante degli Attavanti, Crocifissione, Messale del Vescovo di Dol (particolare) (1483)

Pietro del Massaio, Veduta di Roma Ricostruzione del Punto di vista dalla Cosmographia di Tolomeo, Vat. della Crocifissione di Attavante Lat.5699, foglio 127 (1469) degli Attavanti (1483) 27 URBINO Paola Raggi

I punti di vista privilegiati per le vedute di Urbino Rinascimentale

Some favourite point of view in the Urbino’s Renaissance image

ABSTRACT

La particolarità dell’iconografia urbinate risiede nel fatto che la città viene rappresentata per secoli mantenendo immutati i punti di vista. Ad Urbino, salvo qualche rara eccezione, le scelte urbanistiche della seconda metà del Quattrocento e la costruzione delle mura dell’inizio del secolo XVI hanno condizionato la fissità del punto di vista nel corso dei secoli successivi. Questi fatti, insieme alla mancanza d’interventi urbanistici tali da stimolare l’interesse per punti d’osservazione diversi da quelli già consolidati, dimostrano come le scelte urbanistiche siano determinanti a tal punto da influenzare notevolmente la scelta di visuale nelle rappresentazioni urbane. L’individuazione dei punti di vista privilegiati e ricorrenti nelle iconografie, rivela l’importanza del rapporto di continuità che intercorre tra siti urbani e paesaggio, ed è fondamentale per comprendere il parallelismo esistente tra vicende storiche dei luoghi della città e interventi attuati. La reciprocità tra scelta del punto di vista e rappresentazione si percepisce maggiormente se si individuano i siti all’interno delle architetture stesse, nelle quali le viste inquadrate dall’interno si proiettano verso l’esterno, individuando così i luoghi dei punti di vista più utilizzati: il colle dei Cappuccini, per le rappresentazioni della città con Palazzo Ducale, e il piazzale antistante alla chiesa S. Bernardino, per le vedute dove spiccano il convento di San Francesco e il monastero di S. Chiara. I due punti di vista favoriti della città di Urbino producono nel tempo una serie di immagini iconografiche che, consolidandosi e talvolta arricchendosi di particolari, diventano le più ricorrenti; la ripetizione delle viste con modelli stereotipati, fornirà una produzione di vedute tanto ricca quanto rigidamente strutturata.

The particularity of Urbino’s iconography is that the city is represented keeping steel its point of view for centuries, and always its presented to contain in its solid city walls like an unavoidable elements of the its raffiguration. At Urbino, with a few exception, the town planning choices of the second half of the 15th centuries and the construction of the city walls of the early 16th century, have influence the steadiness of the point of view throughout the following centuries. Considering these events and the deficiency of town planning intervention such as to stimulate the interest for different point of observation than those, which were consolidated, to demonstrate how town planning choices are to be determinable such as to influence considerably the choices of view in the urban’s representation. The individualization of the privileged point of view et recurrent on the Urbino’s iconography, to reveal the important of the connection that to pass between urban site and landscape, and is essential for to understand the parallelism between historical events of the city’s site and urban realization. The reciprocity from to choice of point of view and representation is more perceivable if is individualityed the sites inside architectures, in which the shots from inside are projected to outside and in this may the most sites of the point of view are markable: the hill of the Cappuccini, for the views of the city with Ducale palace, and the square in front of at the church of San Bernardino, for the views where are markable the monastery of S. Francesco and the monastery of S. Chiara. The two favourite point of view of the city of Urbino produce while in the time iconography images which are consolidated and are enriched of particularity, that become during the tome the most recurrent and the repetition of the view with stereotyped model which will furnish a large strictly structured production of views.

I.04 Dal XIII al XV secolo

28 1580-83: Ignazio Danti, Roma Città del Vaticano, Galleria delle Carte Geografiche

I punti di vista privilegiati per le 2004: Urbino vista dall’angolatura vedute di Urbino Rinascimentale offerta dal punto di vista dell’incisione del 1610 di Remigio Cantagallina

1723: Gaspar Van Wittel Veduta prospettica di Urbino dal colle degli Zoccolanti

1550: Della “Raccolta delle principali città d’Italia intagliate con tutte le contrade e palazzi di esse”, stampate nel 1643 in Roma da Giovanni Battista de Rossi 29 AREZZO Daniela Corrente

La veduta di Arezzo nella tavola con il S. Rocco di Bartolomeo Della Gatta (1479 ca.)

The view of Arezzo in the picture of S. Rocco by Bartolomeo Della Gatta (circa 1479)

ABSTRACT

Il saggio si concentra su un aspetto peculiare dell’attività di un artista eclettico come Bartolomeo Della Gatta (soprannome di Piero o Pietro Dei): la sua abilità nel dipingere i fondali, dimostrata non solo nei propri dipinti, ma anche nelle opere di altri maestri come Luca Signorelli. La veduta urbana della città in S. Rocco e la veduta di Arezzo (1479 ca., Arezzo, Museo Statale d’Arte medievale e moderna) è stata dipinta dalla sacra collina di Pionta, sulla quale sorgeva la cattedrale medievale, circondata da mura fortificate. Questa è probabilmente una delle prime vedute naturalistiche della città, presa da un punto di vista simbolico e privilegiato. L’analisi puntuale del dettaglio del dipinto ha permesso l’identificazione di molti edifici storici; quale tributo a Piero Della Francesca, ma anche come sottile allusione al proprio nome, il pittore ha strutturato la rappresentazione del centro urbano intorno alla chiesa di San Francesco. Piero Dei ha inoltre dimostrato il suo grande talento quale maestro dei fondali architettonici nel S.Rocco e la piazza Grande di Arezzo (1479 ca. , Arezzo, Museo statale d’Arte medievale e moderna), qui analizzato in dettaglio. A seguito dello studio condotto su una serie di dipinti dedicati a S. Rocco (tra cui S. Rocco, 1465 ca., Firenze, Museo Horne), l’autore ha avanzato un’ipotesi molto verosimile sulle ragioni del soprannome del pittore, Della Gatta, sul quale la critica ha dibattuto per decenni.

The essay has been focused on a peculiar aspect of the activity of an eclectic artist as Bartolomeo Della Gatta (the surname of Piero or Pietro Dei): his mastery on creating backdrops not only on his own but even on other masters’ artworks as Luca Signorelli. The urban view of the city in S. Rocco e la veduta di Arezzo (1479 ca., Arezzo, Museo statale d’Arte medievale e moderna) has been depicted from the sacred hill Pionta, where the medieval cathedral, surrounded by fortified walls, was set. This is probably one of the first naturalistic view of the city taken from a symbolic and privileged point of view. The punctual analysis of the painting’s detail has provided the identification of main historical buildings; as a tribute to Piero della Francesca, but even a subtle quotation of his own name Piero, the painter has structured the representation of the urban center around the St. Francesco church. Piero Dei has even shown his great talent as a master of architectural backdrops in the painting called S. Rocco e la piazza Grande di Arezzo (1479 ca., Arezzo, Museo statale d’Arte medievale e moderna), analyzed in detail. As result of the study conducted on the series of paintings dedicated to S. Rocco (even S. Rocco, 1465 ca., Firenze, Museo Horne) a very likely hypothesis has been provided by the author on the reason for the nickname of the painter, Della Gatta, over which the critics puzzled for decades.

I.05 Dal XIII al XV secolo

30 La tavola con S. Rocco che allontana Planimetria rettificata della città di da Arezzo la peste, 1479 ca. (Arezzo, Arezzo con le mura del 1319-37 Museo Statale d’Arte medievale e moderna) Anonimo, Veduta di Arezzo, Pianta della Diocesi di Arezzo, sec. particolare dall’Albero dei Vescovi XVIII, Arezzo (Archivio capitolare) della Diocesi, 1760 (Arezzo, Archivio vescovile)

Pietro Ermini, Veduta di Arezzo dal Duomo Vecchio, 1791

Prima foto di Arezzo prima della La tavola con S. Rocco davanti al realizzaione della ferrovia che sarà Palazzo della Fraternita dei Laici di 31 costruita nel 1864 Arezzo, 1479 ca. (Arezzo, Museo Statale d’Arte medievale e moderna) DA INNSBRUCK A TRENTO Irina Baldescu

Paesaggi e città di Dürer, da Innsbruck a Trento (1494-1495)

Landscapes and cities by Dürer, from Innsbruck to Trento (1494-1495)

ABSTRACT

Nell’autunno del 1494 Dürer parte da Norimberga per un lungo viaggio in Italia. L’itinerario da lui seguito può essere identificato sulle mappe da viaggio dell’epoca, come per esempio la carta itinerante di Erhard Etzlaud’s dalla Germania fino a Roma (incisa nel 1492). Sul viaggio di ritorno, nella primavera del 1495, è accompagnato dal suo amico, l’umanista Pickerheimer, secondo un modello di viaggio che anticipa il gran tour dei gentiluomini del nord Europa. I paesaggi analizzati in questa ricerca sono da associare al viaggio di ritorno. Tre opere (la veduta di Trento da nord; la vista del Castello del Buonconsiglio, Trento; la veduta di Arco) sono state studiate dal punto di vista dell’impostazione topografica. L’analisi permette di concludere che l’immagine finale è stata realizzata combinando prospettive riprese da diversi punti di vista. La veduta generale rappresenta una visione mentale, non meramente realistica. È difficile dire se i paesaggi di Dürer fossero visti o studiati da altri artisti prima del 1588, quando entrano nella collezione di Rodolfo II d’Austria; le opere segnano però un momento di mutazione nell’arte europea, quando il viaggio di studio di un artista diventa anche un’occasione per contemplare il paesaggio e per l’auto-contemplazione. Il paesaggio roccioso di Arco circondato dalle mura urbane diventa nei primi anni del Cinquecento una soluzione ricorrente per la scenografia del fondale; l’immagine acquisisce un valore di geografia simbolica, una metafora del percorso sapienziale e dell’ascensione religiosa. Lo stereotipo medievale della Weltlandschaft si sviluppa in un’interpretazione mentale del paesaggio, conseguenza dell’esperienza diretta dell’artista viaggiatore.

In the autumn of 1494 Dürer leaves for a long trip to ; the itinerary can be fairly well identified on the traveling maps of the time, as for example Erhard Etzlaud’s journey map from Germany to Rome (1492). On the return trip, in the spring of 1495, he is accompanied by his friend, the humanist Pickerheimer; this traveling pattern anticipates the grand tour of the northern gentlemen. The landscape drawings analyzed are to be associated with the return trip. Three of the works (the view of Trento from the north; the view of Castello del Buonconsiglio, Trento; the view of Arco) were studied from the topographical point of view. The analysis allows us to conclude that the artist constructed the final image by combining the perspectives from two different viewpoints, so that the view is a mentally interpreted vision, not a merely realistic one. It is difficult to say if Dürer’s landscape drawings were seen and studied by other artists before 1588, when they were acquired to the collection of Rudolph II of Austria. Anyway, they reflect a turning point in the European art: the study-journey of an artist becomes also an occasion for contemplating landscapes and for self-reflection. The mountain landscape completed by city walls, as Dürer’s view of Arco, becomes in the painting of the first years of the XVI century a recurrent solution for the background scenography; it acquires a value of symbolic geography, as a metaphor of the path to wisdom and religious ascension. The medieval stereotyped Weltlandschaft develops into a mental interpretation of the landscape, consequence of the direct experience of the traveling artist.

I.06 Dal XIII al XV secolo

32 Prime 4 immagini: A. Dürer, Ved. del Ved. di Arco di Mattias Burklechner Castello del Buonconsiglio di Trento, (cartografo operante tra il 1608-1620 Ved.di Trento, Ved. della chiesa di S. nel Tirolo). Ved. della zona nord del Apollinare a Dosso di Trento, Ved. di Lago di Garda, Codice Nipotano, 1615 Arco, 1495 (da Zampa 1968) (da Turri 1997) Carta itineraria del medico Erhard Le rocce dal profilo umano a nord di Etzlaub, pubblicata nell’officina di Arco, foto di Leber e disegno di Dürer, Georg Glocken, Norimberga 1492 c. 1495 (da Leber 1988) I puntini il percorso di andata, a trattini il percorso di ritorno di Dürer, elaborazione dell’A. 5 6 7 Identificazione dei punti di vista e interpretazioni geometriche delle vedute di Trento, del Castello di Trento, di Arco 33 Carta del Sud Tirolo, Peter Anich, Blasius Huber, 1774 da Turri 1997. In giallo il percorso di andata, in rosso il percorso di ritorno di Dürer, elaborazion dell’A. Parte Seconda: XVI Secolo Teresa Colletta

I contributi della presente sezione riguardano una rilettura di alcune “Vedute di città” redatte nel Cinquecento europeo e affrontano un tema fondamentale per questo secolo: l’innovazione che viene messa a punto nell’iconografia urbana nella scelta del punto di vista. Tutti gli studiosi concordano nell’affermare che il Cinquecento è senza dubbio il secolo in cui si affermano le maggiori innovazioni nel campo dell’iconografia e della cartografia urbana; è il secolo nel quale si configurano i primi protagonisti della rappresentazione urbana: dai nomi noti di Leonardo a Jacob Van Deventer, da Etiénne Duperac a Joris Hoefnagel, da Anton van den Wijngaerde a Stefano Bonsignori, da Jacopo de’ Barbari a Leonardo Bufalini, ad ignoti vedutisti e cartografi che hanno lasciato importanti testimonianze dipinte e manoscritte

La letteratura di argomento iconografico e cartografico del Cinquecento ha avuto negli anni ‘70 e ‘80 particolare attenzione dopo i fondamentali studi di Enrico Guidoni sulla “La rivoluzione delle immagini” sviluppati all’interno della storia urbanistica delle città europee nel Cinquecento. Per il suo interesse specifico di documentazione dell’urbano la ricerca cartografica si è ulteriormente arricchita approfondendo alcuni temi specifici: dalle questioni di metodo alla attività dei protagonisti, cartografi e incisori, dalla riscoperta di patrimoni cartografici sulle città e territori alla nascita e diffusione dei modelli cartografici, con una evidente circolazione delle fonti. La ricerca, secondo le indicazioni di metodo del Guidoni, è proseguita e ha condotto allo svolgimento dei 4 convegni sui “I Punti di vista” tra il 2004 e il 2005 i cui contributi sono qui presentati.

Nella cura della Seconda Parte del Convegno,“Il Cinquecento”, si è potuto riscontrare che l’innovazione maggiore in questo secolo è certo da rilevare nella specifica volontà di conoscenza dell’urbano rivolta nella rappresentazione dal vero, tramite il rilievo. I confini della città nelle immagini del Cinquecento non sono più debitori ad un segno convenzionale o simbolico ma le città di Napoli, Costantinopoli, Venezia e Roma etc. ci appaiono nella loro articolazione reale, costruita e voluta in un’unica visione, ripresa “dal vero”. La ricerca del punto di vista o dei punti di vista è entrata nella storia della cartografia urbana non meno dell’indagine sul riconoscimento del possibile autore o autori delle vedute ed iconografie delle città.

Nell’intenzione propositiva dei Convegni progettati dal Guidoni negli anni 2003-2004, riscontriamo il confronto dell’esistenza nella realtà odierna di quegli antichi punti di vista scelti dagli autori delle iconografie cinquecentesche. Confronto che, secondo le direttive Guidoniane, voleva indagare le reali trasformazioni della città storica rappresentata nel momento della sua nuova configurazione urbana cinquecentesca e la città attuale, e la continuità o meno della scelta del punto di vista per quella città.

Il ritratto di città si presenta come documento per lo studio dello spazio urbanizzato, ma anche della sua gestione, offrendo possibilità di letture interdisciplinari della cartografia nell’età moderna. Si è approfondita l’analisi scientifica di singole iconografie vedutistiche e prospettiche con un’analisi complessiva e dettagliata dell’opera d’arte cartografica,

34 con indagini storico-critiche di confronto e uno scandaglio fisico svolto con nuovi mezzi diagnostici e secondo tecnologie innovative atte ad individuare una più attendibile interpretazione di tutte le fasi di composizione dell’opera, come i ripensamenti e i restauri successivi o la possibilità di indagare con precisione sulla riconoscibilità di una particolare mano d’autore. Si fa riferimento in particolare agli studi scientifici su alcuni monumenti cartografici, quali l’analisi puntuale e dettagliata della Tavola Strozzi (1472-73), della quale si propone un’indagine puntuale delle singole parti pittoriche, nonché del supporto ligneo sul quale è realizzato il dipinto, unitamente ad una disamina della letteratura sul celebre dipinto tardoquattrocentesco di Napoli dal mare.

Anche le molteplici letture scientifiche sulla “Venetie MD” e sull’autore Jacopo dè Barbari, cartografo attivo in ambito veneto nei primi anni del Cinquecento, hanno prodotto puntualizzazioni in merito alla costruzione dell’immagine, alla committenza, al rilevamento, alle aberrazioni volute dall’autore e al riconoscimento di più esperti nella redazione dell’opera cartografica. I documenti iconografici e cartografici si confermano sempre di più come reale strumento di conoscenza della storia urbana di quella città e evidenziano lo stretto legame tra iconografia e storia urbana. Non può non essere valutato come nella storia della cartografia urbana esista una correlazione stretta tra le fasi della trasformazione urbana e le scelte rappresentative della città; la modifica della città storica è spesso legata ad un cambiamento del punto di vista da cui traguardare la città nella rappresentazione urbana: emblematico il caso di Siena ad opera del Vanni, di cui si parla nel mio saggio, inserito nel I volume.

Anche la cartografia urbana militare, conservata in Archivio, ha avuto un notevole incremento di contributi scientifici indirizzati, mediante ricerche puntuali, ad illustrare Collezioni di piante e vedute in Archivi Nazionali e singole Collezioni private o a Raccolte non ancora studiate e pertanto da ritenersi inedite, a conferma della diffusione del gusto per l’immagine di città in Italia nel Cinquecento.

Non vanno dimenticate le “scoperte” di vedute urbane messe in luce da restauri architettonici in singoli palazzi nobiliari, quali affreschi e pitture murali riguardanti le città italiane; cicli pittorici scoperti analizzati secondo il metodo storico critico delle indagini storico artistiche comparate, nonchè posti in relazione con la committenza nobiliare dei palazzi e delle ville. Tra queste vanno annoverate le vedute di città rappresentate nel ciclo di singoli affreschi della metà del secolo XVI portati in luce nel restauro del palazzo Orsini di Anguillara Sabazia nel , o nella villa di Francesco II Gonzaga, nella villa Belvedere in Vaticano, nel palazzo delle Logge a Bagnaia o nella villa d’Este a Tivoli o a palazzo Caprarola. In particolare si pone maggiore attenzione alla metodologia della costruzione prospettica e alla ricerca dei modelli a cui si fa riferimento e non più solamente alla possibile attribuzione delle vedute.

La ricerca dei disegni prototipi è infatti riconosciuta ed applicata nell’indagine storico-cartografica delle singole piante prospettiche e vedute urbane. La rivoluzione cartografica del Cinquecento si viene ad esaurire nella ripetizione dell’impresa

35 editoriale e nella diffusione delle immagini di città del mondo intero e nella moltiplicazione delle novità editoriali, seguendo un vero e proprio modello di riferimento usato dai cartografi e definito da un’immagine in particolare di grande rilevanza vedutistica che viene ripresa in opere successive.

Esaminando infatti alcune rappresentazioni iconografiche di una specifica città risaltano alcune immagini di particolare pregio, i così detti prototipi che hanno la capacità di fissare dei canoni rappresentativi destinati a condizionare il modo di vedere e raffigurare quel luogo nel corso dei secoli: Firenze 1470, Napoli 1472, Venezia 1486, e 1500, Imola 1503 etc. La ricerca iconografica e cartografica si rivolge ad un pubblico oggi sempre più vasto di ricercatori e di studiosi, ampliando così notevolmente gli interessi da un campo di singoli esperti al più ampio patrimonio di studi riguardanti la storia urbana, territoriale e del paesaggio.

Sistema di rilevamento delle altezze da punti inaccessibili

Gli otto venti disposti radialmente intorno al campanile di San Marco (da Masciantonio 1999)

36 Francesco Vanni, Sena Vetus Civitatis Virginis, 1599 “Venetie MD”, Venezia, Museo Correr

Leonardo da Vinci, veduta del Valdarno, disegno a penna del 1473 c., Firenze, Galleria degli Uffizi

37 ICONOGRAFIA URBANA Teresa Colletta

Le “innovazioni” dell’iconografia urbana del Cinquecento europeo nella scelta dei punti di vista

The urban iconography’s innovations of the European 16th century in the choice of the points of view

ABSTRACT

In questo saggio si sono volute evidenziare le innovazioni nell’iconografia e cartografia urbana messe in atto durante il Cinquecento e come queste sono da individuarsi proprio nella scelta operata dei punti di vista da cui traguardare la città per rappresentarla in “carte”. Ci si è soffermati su gli artifici escogitati dagli autori per ritrarre in una sola vista “il vero ritratto delle città”. In particolare si sono analizzate le piante in alzato e le iconografie urbane prospettiche “autonome” più rappresentative e innovative realizzate ad iniziare dai primi anni del secolo, quale l’impresa cartografica della “Venetie MD” di Jacopo dé Barbari del 1501 fino alla iconografia a volo d’uccello di Siena del 1599 realizzata dal’architetto e pittore Francesco Vanni e pubblicata nei primi anni del Seicento nell’incisione di Pietro de Jode. Nel saggio ci si è riferiti alle iconografie della fine del Quattrocento, tappe fondamentali del percorso innovativo delle riprese dal vero, quali il dipinto della Tavola Strozzi su Napoli (1473) e il dipinto della Veduta di Firenze di Francesco Rosselli (1472) e la Veduta incisa “della Catena o del lucchetto” di LucAntonio degli Uberti (1484) ripresa da Monte Oliveto.

Our aim in this essay is to point out the changes in iconography and urban cartography during the Sixteenth century. These changes are mostly about the choice of the point of view from which to sight a town to present it on “maps”. We dwell on the devices contrived by the authors to portray in one view “a true portrait of a city”. We have notably considered the more indicative and innovative elevation and in perspective maps made in the first years of the century, like the cartography “Venetie MD” by Jacopo de’ Barbari, up to the end of the century with the “Sena Vetus Civitatis Virginia” by Francesco Vanni. In this excursus we have operated a subdivision of the urban iconographies according to the choice of the point of view by the authors and of its modifications or its continuity of the same vision along the centuries. The birth of the urban prototipi for a number of towns.

II.01 XVI secolo

38 Strasburgo, nelle “Civitates” di Braun-Hogenberg del 1572

Napoli nella veduta da Posillipo di Metodo per ottenere con la Bussola la Joris Hoefnagel per le Civitates di pianta di una città (da L. B. Alberti, Braun-Hogenberg (firmata e datata Delle piacevolezze delle matematiche) 1578)

Particolare della veduta Venetie MD, Strasburgo, la Cattedrale al centro del incisa da Jacopo de’ Barbari, Venezia nucleo urbano nel plan Morant e in 1500 una foto aerea attuale

39 MESSINA Nicola Aricò

Il ritatto di Messina del 1554

A Portrait of Messina, 1554

ABSTRACT

Il disegno di Messina del 1554 è un documento iconografico estremamente interessante che si offre ad una approfondita analisi. Esso contiene molti preziosi elementi sulla storia di Messina dal 1540. Mostra parte delle mura della città: una pianta dell’intera morfologia urbana probabilmente coordinata da Francesco Maurolico nel 1540 e alcune significative addizioni dello stesso piano trasformato durante il governo del De Vega. Ad esempio la “Torre della Lanterna”, costruita ed immediatamente distrutta dal governatore, rappresenta la base architettonica del punto di vista adoperato per il disegno della città. Il disegno di Messina ha un significato politico rilevante, ed ebbe un successo editoriale durante il XVI secolo. Intendeva mostrare ai popoli del Mediterraneo, e in particolare alla monarchia spagnola, come Messina, la chiave della Sicilia, fosse stata trasformata.

The picture of Messina on 1554 is an extremely interesting iconic document deserving a deep examination. It contains many precious elements about the history of Messina from 1540. It shows some parts of town wall: a plan of the entire urban morphology probably directed by Francesco Maurolico in 1540 and some significant additions of the same plan transformed during De Vega’s government. For example, “Torre della Lanterna” just built and immediately destroyed by governor, represents the architectural basis of “point of view” to conceive the picture of the town. The picture of Messina has a relevant political meaning, even though it had a publishing success during the XVI century. It aims to show to Mediterranean people, and, in particular, to Spanish monarchy how Messina, the “Key of Sicily” was transformed.

II.02 XVI secolo

40 Jan Jansson, Messina, Amsterdam 1657

Inscrizione in un ellisse del disegno del 1554. Inscrizione in un cerchio, con riferimento al perimetro dell’ellisse, della pianta della città murata. Deformata del disegno del 1554 per inscriverne la pianta tridimensionale in un cerchio derivato dall’ellisse

Tiburzio Spannocchi, Messina, Pianta della cinta muraria di Messina disegno della pianta da un rilievo del progettata da A. Ferramolino, 1578, Bibliotheca Naçional de Madrid ridisegnata dal rilievo Camiliani (1584)

Incisione di Cosimo Bartoli relativa al rilievo dell’altezza di una torre, a corredo della edizione veneziana (1568) 41 dei Ludi matematicorum di L.B Alberti CAGLIARI Marco Cadinu

Cagliari vista dal mare. La costruzione dell’immagine per la Cosmographia del Münster del 1550

Cagliari from seaside. The conception of the image in Münster’s Cosmographia, 1550

ABSTRACT

Lo studio di dettaglio della prima veduta della città di Cagliari rivela una notevole complessità compositiva e prospettica. L’immagine, edita nel 1550 da Sebastian Münster si fonda infatti su alcuni principi geometrici propri del XIII secolo, evidentemente noti all’autore, alla base del progetto di fondazione della città nuova pisana del 1216, base navale e commerciale sul Mediterraneo di fronte alla coste africane. Cagliari fu pianificata su due assi perpendicolari; il principale, individuato tra le due grandi torri monumentali, costituisce l’allineamento di accesso al porto ed è anche asse di simmetria del disegno. L’autore dei testi sulla Sardegna editi nella Cosmographia, il giovanissimo avvocato Sigismondo Arquer, è stato per tradizione indicato quale autore anche della veduta; l’analisi del disegno rivela invece la complessità della planimetria e della sua resa prospettica, alla portata solo di un esperto specialista in vedute di città, capace di controllare i più moderni metodi di rappresentazione, sperimentati dalla fine del Quattrocento dai più grandi pittori italiani. Alcune firme nascoste nel disegno indicano i personaggi attivi intorno all’atelier di Sebastian Münster, in contatto con il padre di Sigismondo, Giovanni Antonio Arquer, persona in grado di accedere ai cantieri delle fortificazioni e ai disegni planimetrici della città, necessari per l’elaborazione della veduta.

A study of the first air prospective of Cagliari reveals a high compositional prospective and complexity. The drawing, edited in 1550 by Sebastian Münster, based on geometrical principles typical of the thirteenth century, represents Cagliari, the city founded by the Pisans in the XIII century in order to become their port behind Africa in the Mediterranean sea. Cagliari was planned around two perpendicular axes, the most important being a projection linking two monumental towers in the midline of the drawing and indicating the naval path of access to the city harbour. Traditionally, a lawyer in his early twenties, Sigismondo Arquer, has been given credit for realizing the drawing. However, this interpretation could be premature as the type of aerial representation in question was typically created by highly experienced professional painters. As a matter of fact, some hidden signatures in the drawing suggest the contribution of artists working in the atelier of Sebastian Münster who were probably in contact with Sigismondo’s father, Giovanni Antonio Arquer. The latter had documented contacts with high government officials and persons who were planning the new fortification of the city. Giovanni, rather than his son Sigismondo, seems therefore to be holding the key information to access the ancient drawings that were needed to realize the drawing published by Sebastian Munster.

II.03 XVI secolo

42 Cagliari, veduta stampata a Basilea da Sebastian Münster nel 1550 per la Cosmographia Universalis, impegnativa opera prospettica erroneamente attribuita in passato a Sigismondo Arquer L’asse di fondazione della città del primo Ripresa aerea dal medesimo impianto del Castello fondato dai pisani allineamento della veduta nel 1216, anche nella Cosmographia asse progettuale della veduta (da Cadinu 2001) Ricostruzione del punto di vista virtuale: Giorgio Palearo Fratino, rilievo altezza 2500 m., distanza 4 km, focale e progetto di fortificazioni del 200 mm. Il reale prospetto dal mare 1575 che in verticale rivela non permette la visione della struttura meglio il senso geometrico urbanistica della città alla base della veduta 43 (modello Symtec www.symtech.net) (da Principe 1981) PRINCIPATO CITRA Irma Friello

Le immagini dei centri del Principato Citra nella raccolta di Angelo Rocca della fine del XVI secolo

Images of the towns of the Principato Citra in the collection of Angelo Rocca at the end of 16th century

ABSTRACT

L’interesse per la nuova immagine assunta dalle città nel periodo rinascimentale, favorisce la nascita dell’iconografia prospettica e delle vedute di città. Dalla prima metà del XV secolo vengono realizzate e poi incise le prime vedute di città, poi raccolte in Atlanti per favorirne la divulgazione. Nel saggio sono state studiate le vedute di piccoli centri dell’Italia Meridionale, ubicati nei confini attuali della provincia di Salerno. Le vedute sono tratte dalla raccolta di “Immagini di città” raccolte dal frate agostiniano Angelo Rocca, durante il suo viaggio nel Regno delle Due Sicilie dal settembre 1583 al giugno 1584, pubblicate nel libro “Immagini di città raccolte da un frate agostiniano alla fine del XVI secolo” (N. Muratore, P. Munafò, Roma 1991). Si tratta di disegni diversi per stile e qualità grafica, opera degli stessi frati del convento: alcuni sono di tipo paesaggistico, altri mettono in evidenza il tessuto urbano con l’indicazione della cinta muraria e degli edifici principali. Anche se molto semplici queste vedute costituiscono una documentazione eccezionale per lo studio dei centri storici minori dell’Italia Meridionale.

Interest in the new image taken by the city during the Renaissance, supports the creation of the iconography and perspective views of cities. From the first half of fifteenth century are made, the first city views, then collected in Atlases to promote spread. In the essay we have studied the views of small towns in Southern Italy, located within the boundaries of the current province of Salerno. Views are taken from the collection of “Images of the city” collected by Augustinian friar Angelo Rocca during his trip to the Kingdom of the Due Sicilie from September 1583 to June 1584. The drawings were published in the book Images of the city collected by an Augustinian friar at the end of the sixteenth century. Designs are different in style and graphic quality, made by the same monks of the monastery, some are landscaped, others emphasize the urban fabric with an indication of the walls and the main buildings. The views are very simple but are excellent documentation for the study of minor historical towns of Southern Italy.

II.04 XVI secolo

44 Prospetto di Oliveto Citra, fine sec. XVI, Oliveto Citra. Planimetria del centro e Biblioteca Angelica, Roma individuazione in pianta del punto di vista Veduta Prospettica di Eboli, XVII sec., Eboli. Aerofotogrammetria del centro (da G.B. Pacichelli, Del Regno di Napoli con l’individuazione un pianta del punto in Prospettiva, Napoli 1703) di vista Veduta prospettica di Salerno Campagna. Planimetria del centro e (fine XVI sec.) Biblioteca Angelica, Roma. individuazione in pianta del punto di (da N. Muratore, P. Munafò, 1991) vista Veduta di Eboli dal Convento di S.Pietro Buccino. Planimetria del centro storico alli Marmi, di Achille Vianelli del 1842 e individuazione in pianta del punto di (Museo di S. Martino di Napoli) vista 45 Veduta di Buccino, (fine sec. XVI) Biblioteca Angelica, Roma. (da N. Muratore, P. Munafò, 1991) ROMA, PIAZZA DI MONTE CAVALLO E VIA PIA Paolo Micalizzi

Piazza di Monte Cavallo e la via Pia in una veduta del XVI secolo

Piazza di Monte Cavallo and Via Pia in a 16th century view

ABSTRACT

Nella seconda metà del XVI secolo si registra a Roma una nuova fase di espansione urbana nelle zone nord-orientali della città, dominate dall’altura del Quirinale. La veduta attribuita a Cesare Nebbia, databile alla metà degli anni Ottanta del Cinquecento, costituisce un documento di eccezionale importanza nella storia delle trasformazioni di piazza del Quirinale e della via Pia: in essa è visibile con chiarezza il lungo rettifilo appena aperto da Pio IV sul tracciato dell’Alta Semita, la michelangiolesca porta Pia, monumentale e attualissimo fondale prospettico della strada stessa, nonché il gruppo dei Dioscuri, spostato rispetto alla posizione originaria e, quindi, perfettamente allineato lungo l’asse della nuova strada. La veduta mostra anche molti interessanti particolari, utili alla documentazione delle attività edilizie in corso lungo la strada; da ciò alcuni interrogativi circa il carattere realistico, o meno, della rappresentazione, cui l’autore risponde propendendo per la prima ipotesi.

In the second half of the sixteenth century is registered a new phase of urban expansion in the north-eastern area of the city of Rome, dominated by the Quirinale hill. The view attributed to Cesare Nebbia and Giovanni Guerra, datable in the second half of the sixteen eighties is a document of remarcable importance in the history overview of Quirinale square and Pia street: in which is clearly shown the long straight just opened by Pio IV on the path of Alta Semita, the michelangelesque porta Pia, monumental and topical perspective backdrop of the street as well as the Dioscuri group moved from the original position, turns out perfectly aligned along the axis of the new road. The view shows also other interesting details, useful for the documentation of the construction activities in progress along the road; from which rise some issues about the or conventionality of the representation,which the author intended to answer to.

II.05 XVI secolo

46 Cesare Guerra e Giovanni Nebbia. Veduta di piazza Montecavallo e della strada Pia, 1590. Roma, Palazzo Lateranense

Veduta di piazza Montecavallo subito W. Van Nieuland II (attr.). dopo la nuova sistemazione del gruppo Veduta di piazza Montecavallo, dei Dioscuri ad opera di Giovanni 1600-1609 circa Antinori Giuseppe Tiburzio Vergelli. Veduta di piazza Montecavallo e della strada Pia, 1693

47 VALLADOLID, TOLEDO, BURGOS José Miguel Remolina Seivane

Le vedute di tre città castigliane di Hoefnagel e Van Den Wyngaerde

The views of three castillian towns by Hoefnagel and Van Den Wyngaerde

ABSTRACT

Tra il 1562 e il 1570 due importanti artisti fiamminghi, George Hoefnagel and Anton van den Wynagaerde, ebbero l’incarico di viaggiare attraverso la Spagna allo scopo di disegnare le maggiori città. La comparazione tra le rappresentazioni rese dai due artisti delle città castigliane di Valladolid, Toledo e Burgos ci permette la perfetta conoscenza del significato della rappresentazione urbana del XVI secolo e l’importanza affidata alla scelta del punto di vista, dal quale la città viene ritratta. In due di queste città il punto di vista scelto differisce. A Toledo, il casopiù significativo, possiamo notare ilgrande contrasto tra il più tradizionale punto di vista meridionale di Hoefnagel e la vista da settentrione dif Wynagaerde, che permette una visione delle nuove architetture rinascimntali di Toledo, in particolare la Puerta Nueva de Bisagra recentemente costruita.

Between the years 1562 1570 two important Flemish artists George Hoefnagel and Anton van den Wynagaerde were commisioned to travel around Spain with the aim of drawing the chief towns. The comparison between the representations of the two artists of the Castilian towns of Valladolid, Toledo and Burgos will allow us perfect our knowledge of the meaning of urban representations of 16th century and the importance of the election of the point of view from which the town is represented. In two of these towns the points of view are different. In Toledo, the most significant case, we can see a great contrast between the more traditional southern view of Hoefnagel and the northern view of Wynagaerde, which permit the vision of the news architecture of Renaissance’s Toledo, specially the recently build Puerta Nueva de Bisagra.

II.06 XVI secolo

48 Burgos. Veduta di Hoefnagel (1566), Libro II, Civitates Orbis Terrarum, 1575 Burgos. Veduta di Van den Wyngaerde (1565) Valladolid. Veduta di Hoefnagel (1566), Libro II, Civitates Orbis Terrarum, 1575 Valladolid. Veduta di Van den Wyngaerde (1565), dettaglio parte centrale El Greco. Laooconte Burgos. Modello Toledo. Seconda veduta di (1610-14) tridimensionale della Hoefnagel del 1566 (dal città Civitates Orbis Terrarum, Libro V, 1593) Valladolid. Pianta con ubicazione dei punti di vista, entrambi da sud, 49 diversamente disloccati CITTà TOSCANE Giuseppina Carla Romby

Il punto di vista del principe. Le vedute di città nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio

The prince’s point of view. Cities images from the Salone dei Cinquecento in the Palazzo Vecchio

ABSTRACT

Nell’immagine della città visibile nel programma decorativo del Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio, Vasari utilizza la prospettiva “a volo d’uccello” in modo da restituire una veduta urbana e del contado completa; nella rappresentazione della città è molto importante il punto di vista, oltre alla lettura di monumenti e fortificazioni che testimoniano la qualità urbana del Granducato. L’elaborazione del complesso programma allegorico e celebrativo delle pitture del paleo della “sala grande”, fu particolarmente lunga, caratterizzata da modifiche e revisioni sostanziali; si prevedeva la rappresentazione di eventi importanti della storia di Firenze, quali la fondazione della città romana e la sua “restauratione” ed episodi della guerra di Pisa (1496-1509) e Siena (1553-55) unita ai quattro quartieri della città con i loro vicariati e contado e i sedici gonfaloni delle arti maggiori e minori. Con ulteriori aggiustamenti si pervenne all’ordinamento definitivo sostanzialmente coincidente con l’assetto attuale del soffitto, ma con una diversa dislocazione di alcune scene e con al centro la Glorificazione di Firenze, diventata poi la Glorificazione del Duca. L’analisi della raffigurazione della città svela l’introduzione di modifiche alla realtà fattuale, per una maggior glorificazione del principe agli occhi di osservatori esterni. L’esame delle vedute urbane di Pistoia, Pescia, Pisa, Prato, Colle Valdelsa, San Giovanni Valdarno, Scarperia permette di ricostruire il processo grafico della rappresentazione.

In the city image Vasari’s program decoration to Salone dei Cinquecento in the Palazzo Vecchio, to use the perspective “a volo d’uccello” for to have a complete urban vision and country; in the urban representation to be very much important the “point of view” and to lecture monuments and fortifications for to recognize urban quality of Granducato. The analysis of city representation to prove a view modification for the Price glory. To examine the urban view of Pistoia, Pescia, Pisa, Prato, Colle Valdelsa, San Giovanni Valdarno, Scarperia, and to reconstrct the graphic process of representation.

II.07 XVI secolo

50 Giorgio Vasari e aiuti, dal Salone Ricostruzione in pianta dei punti di vista dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, utilizzati per la rappresentazione di: Firenze:

- Allegoria di San Gimignano e - Colle Val d’Elsa (su base catastale) Colle Val d’Elsa - San Giovanni Valdarno - Allegoria di S. Giovanni Valdarno (su base catastale) - Allegoria di Pistoia - Pistoia (su base G. Tigri, 1854) - Allegoria del Mugello - Scarperia (su base catastale) - Battaglia di Barbagianni - Pisa (su pianta del 1846)

G. Vasari e aiuti, Allegoria di Prato, Salone dei Cinquecento 51 PARIGI Laura Zanini

Le vedute di Parigi del XVI secolo

Paris’ views in the 16th century

ABSTRACT

La più antica restituzione planivolumetrica esistente è, per Parigi, la cosiddetta Plan de Bâle conosciuta come l’ Ancêtre rispetto ad un insieme di vedute ad essa correlate dove le differenze, sottoposte ad una attenta analisi, raccontano delle trasformazioni urbanistiche e del cambiamento fisico o semantico di alcuni elementi urbani nella seconda metà del XVI secolo. La ricchezza dei dettagli, la firma del patronage della veduta nascosta nel testo del cartiglio, l’affinità con il metodo di orientamento definito in quegli anni per chi viaggia in città sconosciute ed infine il raffinato ricorso ad un sistema integrato delle conoscenze dell’epoca per la restituzione della realtà ci fa interpretare la veduta non come semplice riproduzione del visibile ma come un progetto narrativo e descrittivo. L’individuazione del percorso di osservazione e dei punti di vista per il rilievo, esito dell’osservazione di alcuni particolari della veduta, persiste nei secoli fino a concretizzarsi ai nostri giorni con la realizzazione della grande opera urbanistica di scala metropolitana del Grand Axe, l’asse viario dominante che crea la nuova veduta di Parigi del tutto analoga, nei principi fondanti, a quella cinquecentesca.

The oldest existing planimetry of Paris, known as Plan de Bâle, is also known as the “Ancêtre” because it is the first of a series of similar views, among which differences reveal urban developments as well as physical or semantic changes in the typical elements of the second half of the XVI century. The richness of details, the signature of the view patronage hidden in the text of the cartiglio, the similarity in the orientation method invented in those years for travellers to unknown cities, and the use of the multi-disciplinary knowledge system of the century for the description of reality suggest not a simple reproduction but rather a narrative interpretation and description. The identification of the observational path and of the several points of views for the relief persists through the centuries until it has materialized in the present days through the realization of the impressive urban job realized in metropolitan scale of the Grand Axe. This is today the dominant road that creates the new view of Paris absolutely similar, in terms of founding principles, to the sixteenth century view.

II.08 XVI secolo

52 La veduta di Braun & Hogenberg, Civitates Orbis Terrarum, 1572 (I/7) La veduta pubblicata nella La veduta di Parigi detta di “Bâle” di Cosmografia Universalis di Olivier Truschet e Germain Hoyau del Sebastian Münster del 1550 (88-89) 1550-1551 La rappresentazione di Chaillot con Plan de Bâle (dettaglio): l’Hôtel de la l’immagine di una torre, luogo per Ville sulla riva destra della Senna un’ottimale osservazione Plan de Bâle(dettaglio): le mura Plan de Bâle (dettaglio): i trecrescenti sulla riva della Senna di Enrico II sull’arco della Porte Neuve realizzata nel 1550 Plan de Bâle (due dettagli): tre crescenti 53 su una porta e il crescente di Enrico II sull’arco dell’Hôtel de la Ville, nel 1550 di recente ristrutturazione Parte Terza: Secoli XVII-XVIII Paolo Micalizzi

Lo sviluppo del vedutismo tra Seicento e Settecento è anticipato nella seconda metà del Cinquecento dalla affermazione di nuove tendenze, al cui interno l’immagine della città e del territorio acquista una autonomia sempre maggiore, tanto da divenire sempre più frequentemente protagonista della rappresentazione pittorica, tanto da rubare ad essa la scena. Certamente in questa mutazione ha avuto un ruolo importante l’influenza della pittura fiamminga (come quella di alcuni pittori italiani, variamente legati alla lezione di Vittore Carpaccio, che nella rappresentazione della città avevano precocemente sviluppato una vivace attitudine descrittiva), ma un ruolo non meno importante è da individuare nell’emergere di una nuova committenza che dagli artisti si attendeva, per finalità diverse, la fedele documentazione dell’esistente.

Mi riferisco, in particolare: ai numerosi cicli pittorici commissionati dalla aristocrazia terriera, come dagli ecclesiastici di rango più elevato (quasi sempre componenti di quello stesso ceto) per documentare le principali città e terre dei propri feudi; allo sviluppo della cartografia urbana; alla utilizzazione della veduta come testimonianza e celebrazione di imprese edilizie o di eventi di particolare significato. Sotto quest’ultimo aspetto rivestono un valore esemplare i cicli pittorici di fine Cinquecento (a firma di autori quali Cesare Nebbia, Antonio Tempesta o Matteo Brill) realizzati allo scopo di documentare le trasformazioni della Roma sistina e, quindi, il rinnovato contesto urbano in cui, grazie a tali trasformazioni, potevano aver luogo agevolmente nel gran teatro della città cerimonie politiche e religiose, processioni ecc.

E’ all’interno di tali esigenze che nel Seicento si sviluppano gli Atlanti: serie cartografiche (come quella ancor oggi diffusissima di J. Blaeu e P. Mortier) destinate a documentare la consistenza delle maggiori città dell’occidente europeo, tramite rappresentazioni tridimensionali, sganciate, tuttavia, da un particolare punto di vista. Quasi che l’immagine complessiva derivasse dalla sommatoria di più vedute parziali, sinteticamente riassunte in una unica rappresentazione della città, quasi di tipo assonometrico.

Dal punto di vista operativo, si deve rilevare come gli artisti possano ormai avvalersi di strumenti innovativi, come la camera ottica e il pantografo, che permettono la assoluta fedeltà della rappresentazione prospettica e dei passaggi di scala necessari alla trasposizione della copia iniziale su carta, tela o rame. Grazie ad essi ed al conseguente sviluppo della grafica, la veduta acquista il carattere della ripetitività e della oggettività. Valga a tal fine rilevare l’influenza avuta dalla dettagliatissima incisione di Jaques Callot, in cui è rappresenta la Fiera dell’Impruneta (1620), sulle successive repliche in chiave pittorica dello stesso soggetto per dimostrare, con l’assunto iniziale, quanto stringente e consequenziale fosse il legame fra grafica e pittura.

Roma fra Seicento e Settecento costituisce il luogo della sintesi fra molteplici tendenze. La Città Eterna, nobilitata dai resti dei monumenti antichi, interessata da cospicue trasformazioni in corso d’opera e, per questo, meta privilegiata di tanti artisti europei, protagonisti del gran tour, fornisce infiniti spunti per lo sviluppo della veduta: penso al colorito fermento della vita che si svolge nelle piazze e nelle strade, come inesauribile motivo di ispirazione per i cultori

54 del realismo e gli esegeti della quotidianità che in Pieter van Laer, il Bamboccio, attivo a Roma dal 1625, trovano un essenziale riferimento; penso all’inestricabile connubio (o conflitto?) fra monumenti antichi e natura, come insostituibile spunto per la rivisitazione degli ideali classicisti, vagheggiata da artisti quali Claude Lorrain, Nicolas Poussin o Viviano Codazzi; penso infine ai lunghi rettifili della città rinascimentale e barocca, come soggetti quanto mai appropriati per la rappresentazione prospettica dello spazio urbano perseguita da valenti incisori quali Israel Silvestre, Giovan Battista Falda o Lievin Cruyl.

Nell’opera di Gaspar van Wittel molte delle precedenti tendenze raggiungono una sintesi raffinata. L’artista olandese, avvalendosi in modo sistematico della camera ottica e del pantografo, compone sapientemente le sue vedute di città con una attenzione scrupolosa alla scelta del punto di vista, in modo da garantire alla rappresentazione un elevatissimo equilibrio compositivo, in cui l’oggettività della scena architettonica si coniuga alla varietà e ricchezza delle figure.

La sua attiva presenza a Roma, come in altre importanti città, quali Firenze, Venezia, Napoli, Messina, contribuisce alla diffusione, quasi all’avvio, di quel vedutismo che nella seconda metà del Settecento, grazie ad artisti cosmopoliti come Canaletto e Bernardo Bellotto, raggiungerà il massimo della oggettività e della popolarità, fino a raggiungere gran parte dell’Europa dall’Inghilterra alla Russia.

Palermo. Veduta della passeggiata fuori la Flora-Anonimo (inizi XIX sec.)

55 Veduta di Parigi, Roma Palazzo Colonna

Gaspar Van Vittel, il bacino di San Marco a Venezia

56 Anversa e Francoforte, Roma, Palazzo Colonna.

57 TRA GONZAGA E SAVOIA Claudia Bonardi

Una questione di confine tra gli stati di Gonzaga e di Savoia (1609)

A border matter between the Gonzaga and the Savoia States

ABSTRACT

Il “Tipo de’ confini tra Cimena e Brandizzo” fu eseguito nel 1610 per illustrare la relazione di visita dell’ avvocato Patrimoniale della Camera di Monferrato ad un tratto del confine conteso tra Monferrato e Piemonte; ne è complemento visivo il “Tipo dei confini tra S. Raffaele e Brandizzo” riproducente in pianta il medesimo sito. Sono ambedue opera di Gabriele Bertazzolo: ingegnere idraulico della corte di Mantova, abile cartografo, architetto e scenografo, impegnato in quegli anni nella ristrutturazione del castello di Casale Monferrato. La veduta è un capolavoro di rappresentazione corografica del territorio. Realizzata pochi decenni prima che si diffondesse il rilevamento topografico, l’immagine esprime una sintesi molto raffinata degli artifici tecnici propri di quella forma di rilievo territoriale che la scuola militare veneziana denominava ‘riconoscimento di province e luoghi’. Non utilizzando misure in scala né gradazione angolare, essa raggiunge lo scopo di rappresentatività del sito in questione facendo proprie le indicazioni topografiche contenute del verbale di visita, quindi visualizzandole come flashes in sequenza temporale; era quindi proposta come guida, per sopraluoghi futuri, verso il luogo esatto della contesa, per renderlo riconoscibile anche qualora i movimenti del fiume avessero cancellato i punti di riferimento a terra. La sintesi grafica del ‘rilievo’ è risolta con il tratto leggero del pittore di paesaggio e i colori di un miniaturista; in realtà calibrando in una diverse rappresentazioni parziali (in pianta, in pianta alzata, varie micro prospettive centrali) del sito, tutte diversamente utili a individuare sul greto del Po, la posizione di un ‘termine’ di pietra su cui convergevano i confini comunali di Cimena, Brandizzo, S. Raffaele, e un tratto del confine di stato fra i primi due.

The “Tipo de’ confini tra Cimena e Brandizzo” illustrates the report of an inspection which was conducted in 1610 by the real estate attorney of the Chamber of Monferrato in a disputed borderland between Monferrato and Piedmont. The complement of this drawing is the “Tipo dei confini tra S.Raffaele e Brandizzo”, reproducing the same site on a plan. They are both works of Gabriele Bertazzolo, a skilled cartographer, an architect and a set designer. However, he was above all the hydraulic engineer for the Mantua court, and while he was carrying out the “Tipo”, he was also engaged on the renovation of the Casale Monferrato Castle. The view is a masterpiece of the art of chorographic represention of the territory. It is a very fine synthesis of the technical artifices belonging to that form of territorial delineation that was called “riconoscimento di province e luoghi” (recognition of provinces and places) by the Venetian military school and was drawn few decades before the spread of topographical surveys. The picture, using neither measures in scale nor angular gradation, reaches the goal of being representative of the area using the topographical information contained in the report of 1610 and, afterwards, visualizing them as flashes in temporal sequence. Therefore, the “Tipo” was thought as a guide for further surveys: a map of the exact area of the dispute that would also allow to recognize it if the movements of the river Po wiped the boundary stones off. The graphic synthesis of the survey is worked out with soft stroke, like a work of a landscape painter, and colours of a miniature. Actually, the “Tipo” is composed by joining partial representations of the area (plan views with or without elevation and many little central-perspective views), and all of them are useful to locate, on the pebbly riverbank of the Po, the stone marker on which converged the district borderlines of Cimena, Brandizzo, San Raffaele and a part of the State one.

III.01 Dal XVII al XVIII secolo

58 Tipo dei confini tra S. Raffaele e Brandizzo, [Gabriele Bertazzolo] 1609, AST, Corte, Monferrato confini, vol. S, n. 8

Chianale Giorgio - Tipo de confini tra Tipo dei confini tra S. Raffaele e Brandizzo - San Raffaele e Cimena Brandizzo (particolare) - 1612

Tipo de’confini tra Cimena e Brandizzo, Tipo dei confini tra S. Raffaele e [Gabriele Bertazzolo] 1609, AST, Corte, Brandizzo (particolare Brandizzo) Monferrato confini, vol. S, n. 7, f. i

59 TURSI Carmela Biscaglia

Tursi in Basilicata. Città e territorio nella veduta da Monte San Martino: il mostrato, il taciuto.

Tursi in Basilicata. The town and the countryside in the view from Monte San Martino: shown and hidden elements

ABSTRACT

L’immagine urbana di Tursi in Basilicata ci è pervenuta attraverso il disegno di Francesco Cassiano de Silva, uno dei migliori disegnatori ed incisori spagnoli, che operò nel Regno di Napoli tra fine ‘600 - inizio ‘700 e la corrispettiva incisione, inserita nell’opera di Giovan Battista Pacichelli, Il Regno di Napoli in prospettiva diviso in dodeci provincie (1702). L’analisi comparata della veduta –voluta probabilmente dal genovese Giovanni Andrea Doria, titolare del Ducato di Tursi – con le fonti d’archivio, evidenzia la coerenza dell’immagine rispetto alla realtà urbana emersa dai documenti, che l’arricchiscono di molti particolari. La veduta, ripresa da Monte San Martino, rimarca i nuclei compositivi della città sviluppatisi dall’epoca bizantina a quella del Viceregno, allorquando assunsero un carattere policentrico con numerose contrade; evidenzia inoltre un equilibrato rapporto tra città e natura, fornendo un esempio di quell’immagine del Mezzogiorno d’Italia come luogo di singolare bellezza, che avrebbe avuto largo e duraturo successo. Le fonti d’archivio documentano, invece, la facies rupestre del quartiere della Rabatana e i connotati islamici del suo tessuto urbano e viario, la mole del castello a baluardo del kastron bizantino di Toursikon capoluogo del téma di Lucania, la variegata tipologia abitativa e un paesaggio fortemente antropizzato con le “domus palazziate” delle élites cittadine, le umili “domus terranee, seu catogi”, i quartieri immersi tra vigneti e agrumeti, le case-grotte circondate da oliveti ed orti antistanti, i “casali” e i “casaleni”.

The urban image of Tursi in Basilicata comes from the drawing of Francesco Cassiano de Silva, one of the best drawers and engravers from Spain (who worked in Regno di Napoli in the late 17th century - early 18th century), and from the corresponding engraving, included in Giovan Battista Pacichelli’s work Il Regno di Napoli in prospettiva diviso in dodeci provincie (1702). The comparative analysis of the view – which was probably wanted by Giovanni Andrea Doria from Genoa, Duke of Tursi – with the archived documents shows the consistency of the image in relation to the urban reality which appears from the above-mentioned documents (which add several details). The view from Monte San Martino points out the various quarters of the town built between the Byzantine era and the Viceregno era, when several districts emerged; it also shows a balanced relation between the town and the nature, providing a successful example of that image of unique beauty, which was normally related to the Mezzogiorno of Italy. The sources from the archive document, instead, the facies rupestre of the Rabatana quarter and the Islamic features of his urban and road plan, the size of the castle which was meant to protect the Byzantine kastron of Toursikon, main town of the Lucania téma, the variegated typology of housing and a landscape strongly populated with the domus palazziate of the élites, the humble domus terranee seu catogi, the quarters located between vineyards and citrus plantations, the caves surrounded by olive groves and vegetable gardens, the casali and the casaleni.

III.02 Dal XVII al XVIII secolo

60 Matera, Episcopio. Veduta di Tursi in Basilicata, sec. XVIII. Archivio Fotografico Fondazione Sassi - Matera Carta della Basilicata con stemmi Tursi in Basilicata, incisione, in G. della Provincia (in alto) e di Andrea B. Pacichelli Il Regno di Napoli in Doria, principe di Melfi (in basso), prospettiva diviso in dodeci provincie, (da F. Cassiano de Silva, G. B. 1702, Tav. 218 Pacichelli) Tursi in Basilicata, disegno. Vienna, Tursi in Basilicata, la città altomedievale Oesterreichische Nationalbibliothek, oggi detta Rabatana. Archivio fotografico Francesco Cassiano de Silva, 1698- Fondazione Sassi - Matera 1708 Tursi in Basilicata, il nucleo altomedievale. Dall’alto: la timpa del castello, l’abitato 61 con la chiesa di Santa Maria Maggiore in Rabatana, la Rabatana. Archivio Fotografico Fondazione Sassi - Matera LE CARTE DI PALAZZO COLONNA Giada Lepri

La Galleria delle carte geografiche in Palazzo Colonna a Roma

The Gallery of the Geographic Maps in Palazzo Colonna, Rome

ABSTRACT

La Galleria delle Mappe Geografiche in palazzo Colonna è situata nell’ala del celebre palazzo romano costruita dall’architetto Antonio del Grande per il cardinale Girolamo I Colonna (1604-1666), intorno alla metà del XVII secolo. Così come si può desumere da vari documenti esistenti nell’Archivio Colonna, ora conservato presso il monastero di Santa Scolastica a Subiaco, la Galleria è stata commissionata dal principe Lorenzo Onofrio Colonna (1637-1689), erede della Primogenitura della famiglia, e marito della celebre Maria Mancini. Per quanto riguarda l’autore dei dipinti, nei pagamenti compaiono i nomi degli artisti Francesco Martinotti, Michelangelo Marcello e Pio Fabio Paolini che lavorarono nella Galleria negli anni 1671-72. La Galleria, che rappresenta uno dei più importanti cicli di rappresentazioni di città del XVII secolo, include mappe dei continenti e dei mari e ovviamente vedute di alcune tra le più importanti città europee e nord-africane, durante il XVII secolo. Il riferimento più importante per l’intero ciclo di palazzo Colonna sembra essere la Galleria delle Carte Geografiche esistente nei Palazzi Vaticani. A proposito dell’iconografia delle città, che sono dipinte sui muri e sugli scuri delle finestre, la referenza principale è per la maggior parte oil Civitates Orbis Terrarum ma anche il Theatre du Monde di Jean Blau, con l’eccezione di Londra e Ginevra. Anche l’opera di Matteo Merian sembra essere stato un modello, in particolare per le vedute di Parigi e Copenhagen.

The Gallery of the Geographics Maps in Palazzo Colonna, Rome is located in the wing of the great roman palace built by the architect Antonio del Grande for the cardinal Girolamo I Colonna (1604-1666), in the middle of the XVII century. As we can deduce from many documents from the Archivio Colonna, which is actually in the Monastero of Santa Scolastica in Subiaco, the Gallery has been commissioned by Prince Lorenzo Onofrio Colonna (1637-1689), heir of the Primogenitura of the family, and husband of the famous Maria Mancini. For what is concerning the author of the painting, in the payments appear the names of the artists Francesco Martinotti, Michelangelo Marcello and Pio Fabio Paolini that worked in the Gallery during the years 1671-72. The Gallery, which represents one of the most important cycle of representation of towns in the XVII century, includes maps of the continents and the seas and of course views of some of the most important Europeans and North-Africans towns during the XVII century. The most important example for the entire cycle seems to be the Gallery of Maps which exists in the Vatican Palaces. Regards to the iconography of the towns, which are painted on the walls and on the windows shutters, the reference is mostly the Civitates Orbis Terrarum but also Guillaume and Jean Blau’s Theatre du Monde, with some exceptions like London or Geneva. Even the works of Matteo Mèrian are a model for some citie’s outlines like Paris or Copenhagen.

III.03 Dal XVII al XVIII secolo

62 Veduta di Bordeaux, (Roma, palazzo Colonna) Veduta di Buda, (Roma, palazzo Colonna) Veduta di Cracovia (Roma, palazzo Colonna)

Veduta di Copenhagen Veduta di Roma (Roma, palazzo Colonna) (Roma, palazzo Colonna)

Veduta di Gerusalemme antica (Roma, palazzo Colonna)

63 I PAESAGGI DIPINTI NELLE LOGGE Carla Benocci

Il punto di vista dei Paesaggi Dipinti nelle logge

Landscapes painted in the Logge: the choice of the point of view

ABSTRACT

I paesaggi dipinti nelle gallerie di edifici costruiti nei giardini storici italiani del XVI secolo sono spesso ripresi da un particolare punto di vista, scelto per ragioni politiche o religiose. Per esempio nella villa Lante di Bagnaia due affreschi mostrano il Palazzo della Loggia e il progetto per lo stesso giardino visto dalla strada per Viterbo e dal Palazzo, preso dal cardinale Giovanni Francesco Gambara per rappresentare l’importanza della Chiesa di Roma, proprietaria del Palazzo e della Villa. Il principe Camillo Pamphilj mostra a Valmontone i paesaggi intorno al suo palazzo per i dipinti del Salone. Il cardinale Gaspare Carpegna rappresenta il Montefeltro per la sala principale della sua Villa Carpegna a Roma, con il suo palazzo e il Sasso di Simone, visti dalla strada principale della stessa regione. Frascati nella Villa Falconieri è dipinta in maniera generica e nel Castello Falconieri a Torrimpietra è dipinto l’ingresso della città, con il papa Benedetto XIII, nel 1725.

The landscapes painted on galleries of buildings in XVI century historical Italian gardens are often selected from a particular point of view, choose for political or religious reasons: for example, at Villa Lante in Bagnaia two frescoes show the ”Palazzo della Loggia” and the project for the same garden seen from the street to Viterbo and from the same “Palazzo”, picked from the cardinal Giovanni Francesco Gambara to point out the importance of Roman Church, owner of the “Palazzo” and the “Villa”. The prince Camillo Pamphilj shows at Valmontone the landscapes around his palace for the pictures of “Salone”. The cardinal Gaspare Carpegna points out the “Montefeltro” for the main room of his “Villa Carpegna” at Rome, with his palace and “Sasso di Simone”, seen from the main street of the same region. Frascati at Villa Falconieri is painted in a generic way and in the Falconieri Castle at Torrimpietra is painted the entrance of the city, with the pope Benedetto XIII, in 1725.

III.04 Dal XVII al XVIII secolo

64 Veduta di Bagnaia, Palazzina Federico Barocci, La Crocifissione di Gambara, Villa Lante, Bagnaia Cristo e veduta di Urbino, 1604 circa, London, Collezione Clovis Whitfield Progetto della Villa Lante - Gambara, Filippo Titi, “Legatione del Ducato Palazzina Gambara, Villa Lante, d’Urbino con la diocesi e governo di Bagnaia Città di Castello (...)”, 1697, incisione di A. Barbey Pier Leone Ghezzi, L’arrivo del papa Pietro F. Garoli, Paesaggio del Montefeltro Benedetto XIII a Torrimpietra, accolto con il Sasso di Simone e vari abitati, dai Falconieri, 1725, Torrimpietra, Roma, Salone della Villa Carpegna Castello Falconieri Pietro F. Garoli, Carpegna, con il Palazzo 65 del cardinale Gaspare Carpegna, Roma, Salone della Villa Carpegna MARINO Carlo Armati

La Marino dei Colonna nelle vedute di Gaspar Van Wittel

Colonna’s Marino in the views of Gaspar Van Wittel

ABSTRACT

Lo studio delle tre vedute di Marino, feudo dei Colonna, dipinte da Gaspar Van Wittel all’inizio del XVIII secolo allo scopo di illustrare i lavori di rinnovamento urbano intrapresi dalla famiglia per la modernizzazione della città, ha offerto a questo artista “l’opportunità di operare con il genere della rappresentazione”. Lo studio ricostruisce questa peculiare procedura attraverso la camera oscura dell’autore. Tentativi di ricostruire la procedura usata da Van Wittel per la raffigurazione di Marino hanno evidenziato un certo numero di espedienti e soluzioni, come la moltiplicazione delle prospettive, la traslazione o rotazione degli edifici in relazione alla loro posizione reale, l’uso del grandangolo (che aumenta l’angolo di veduta molto oltre le capacità fisiologiche della vista). In definitiva, con l’impiego di queste tecniche si pervenne ad un ampliamento dell’opera d’arte ben oltre i limiti del consueto, includendo nella composizione diverse parti della città e del territorio, insieme alle testimonianze del rinnovamento urbano realizzato dai Colonna: in primo piano al centro, una fontana, una sequenza di piazze su varie quote raccordate da scalinate, quindi il centro urbano, più arretrato, con le torri della rocca, il rettifilo delle case che marcano l’andamento assiale della Via Larga, la piazza e la chiesa di san Barnaba, il Palazzo Colonna, la chiesa della Trinità con il convento dei Chierici Regolari Minori, le mura che circondano il borgo a ovest, il complesso della villa Barberini Colonna di Castel Gandolfo e la chiesa berniniana di san Tommaso da Villanova in alto a sinistra, e infine la villa Colonna dei “Baldacchini” sullo sfondo all’estrema destra del quadro.

The study of the three views of Colonna’s Marino fief painted by Gaspar van Wittel at the beginning of the XVIII century with the aim of illustrating the urban renewal works undertaken by the family for the modernization of the town, offered this artist “the opportunity to operate within the representation genre”. The study reconstructs this peculiar procedure through the author’s camera obscura. Attempts to reconstruct the procedure used by Van Wittel for his depictions of Marino, have highlighted a number of devices and solutions such as the multiplication of perspectives, translation or rotation of the buildings relative to their real position, the use of wide-angle (increasing the angle of view far beyond the capacity of physiological view capability). This achieved the end of broadening the artwork far beyond customary limits, comprising different parts of city and territory together with the urban renewal work carried out by the Colonna family.

III.05 Dal XVII al XVIII secolo

66 Gaspar van Wittel, Veduta di Marino dalla villa Colonna di Belpoggio, olio su tela, cm 87,5 x 185,5 s.d. Roma, Palazzo Colonna, Collez. dei Principi Colonna

Gaspar van Wittel, Veduta di Marino dalla villa Colonna della “Baldacchina”, olio su tela, cm 72 x 96, 1719, Firenze, Uffizi, inv. 9295

Gaspar van Wittel, Veduta di Marino Marino. Veduta del Palazzo Colonna dalla villa Colonna di Belpoggio (ora sede del Municipio) e del centro (disegno preparatorio), Napoli, urbano contiguo dalla Valle Ferentana Museo della Certosa di san Martino sulla strada dei Due Santi

Gaspar van Wittel, Veduta di Marino dalla Valle Ferentana, penna e acquerello su carta, s.d., Roma, 67 Palazzo Colonna, Collezione dei Principi Colonna BENEVENTO Antonietta Finella

La veduta seicentesca di Benevento dal Monte S. Felice

The 17th century view of Benevento from Monte S. Felice

ABSTRACT

La veduta oggetto della presente ricerca, dal titolo “Beneventum Depinctu in monte S.Felicis”, è un’incisione realizzata nella prima metà del Seicento su disegno di Donato Piperno, pittore manierista, nato a Benevento nella seconda metà del XVI secolo. Essa rappresenta la città inserita nel contesto paesaggistico dominato dal corso dei fiumi Sabato e Calore, secondo una prospettiva a volo d’uccello con punto di vista alto posto a sud-ovest, sulla sommità del colle S. Felice. Quest’ultimo, grazie al presente studio, si è rivelato essere un punto di osservazione privilegiato della città per tutto il periodo medioevale, fattore che ha concorso a far consolidare nel tempo una “facciata” ufficiale della città di Benevento. Facciata che, rispondendo a precisi criteri simbolici e di armonia complessiva dell’abitato storico, si offriva ai viaggiatori, ai mercanti e agli eserciti nemici, che percorrendo la via Appia, sostavano sul colle S. Felice (ove era situato un monastero benedettino intitolato a S.Niccolò) e proseguivano poi verso Oriente.

The view, object of this research, entitled “Beneventum Depinctu in monte S. Felicis” is an incision made in the first half of the seventeenth century and designed by Donato Piperno, a mannerist painter, who was born in Benevento in the second half of the sixteenth century. It is the representation of the city inside a landscape dominated by the rivers Sabato and Calore, according to a bird’s eye perspective with a high viewpoint facing the southwest, on the San Felice hilltop. This one, thanks to this study , has become a favored point of view of the city throughout the medieval period, a factor which helped to consolidate the “façade” of the city of Benevento over the time. A façade that according to criteria with symbolic and completely balanced harmony of the history , was offered to travelers, merchants and armies, who along the Appia, rested on the hill S. Felice (where there was a Benedictine Monastery dedicated to St. Nicholas) and then continued to the East.

III.06 Dal XVII al XVIII secolo

68 La città di Benevento e il suo territorio. Topografia dello Stato Pontificio Carta Topografica della Delegazione di Benevento (1844). Il colle S. Felice risulta essere l’unica altura che domina la città, posto a sud-ovest della stessa, lungo il percorso dell’antica via Appia Beneventum Depinctu in Monte S. Felicis” Incisione di Donato A. Piperno (prima metà XVII sec.)

69 LODI Stefania Aldini

La Piazza Maggiore di Lodi dipinta in una veduta dell’inizio del XVIII secolo

The Piazza Maggiore in Lodi as depicted in a view from the beginning of the 18th century

ABSTRACT

Scopo iniziale dell’indagine era di individuare l’intervallo temporale di esecuzione e l’autore della bella veduta della piazza maggiore di Lodi, che, più volte pubblicata a redazione di studi storici locali, non era mai stata finora oggetto di uno studio approfondito. L’analisi del partito architettonico raffigurato, confrontato con le piante dei secc. XVII e XVIII e le successive rappresentazioni che utilizzano il medesimo brano di città come quinta prospettica, si è avvalsa delle cronache dei fatti lodigiani del XVIII sec., e dello studio dei costumi militari delle tre dominazioni che hanno occupato Lodi durante la guerra di successione spagnola. Le cronache settecentesche in particolare, minuziosamente descrittive quanto ricca di dettagli è la veduta, evidenziano il medesimo approccio alla cultura del “bello” dell’anonimo autore del dipinto che sceglie il punto di vista a favore del lato sacro contenente la cattedrale e il Broletto. Nelle vedute di fine ‘700 si risente della cultura illuminista che determina il ribaltamento del quadro prospettico in favore del lato laico, su cui si affaccia palazzo Vistarino. Il trattamento della prospettiva come mezzo per dilatare lo spazio, allungando la scena e allontanando i monumenti, rivela un vincolo all’atteggiamento culturale del secolo precedente.

The original aim of the research was to establish the date and the identity of the painter of the wonderful view of the Piazza Maggiore in Lodi. The analysis of the represented architecture not only involved comparing it with plans from the 17th and 18th centuries and subsequent similar representations of the city square but also consisted of the study of local news reports from the 18th century as well as of the military costumes of the three dominant forces that occupied the town during the Spanish succession war. In particular, these wonderfully descriptive reports, often as detailed as the painting itself, demonstrate the same aesthetic attention as the painter himself when choosing a perspective opposite the Holy side of the square, with the cathedral and the Broletto. In the subsequent painted views from the end of the 1700s, we see the illuminist influence that shifted the perspective to the opposite “secular” side. The use of perspective as a means of amplifying space, lengthening the scene and pushing away the monuments, reveals in actual fact ties to the approach during the previous century.

III.07 Dal XVII al XVIII secolo

70 Anonimo lombardo, XIX sec. La Piazza Maggiore all’inizio dell‘800 (da G. Lise 1982) Lodi, ville capitale de Lodi, Primi Veduta della piazza, olio, 1809 anni del XVIII secolo. Nella piazza è ancora visibile il corpo di guardia (Lodi, A.S.C.)

Disegno della Mascherata fatta in Gaspar Van Wittel, Il Tevere e la Lodi il Carnevale dell’anno corrente chiesa di San Giovanni dei Fiorentini 1680, per dimostrazione del giubilo delle Regali Nozze del Gran Monarca delle Spagne Carlo II, Milano 1680 (da G. Lise 1982) Anonimo lombardo, XVII secolo. Disposizione dei posti per i banchi 71 Veduta della piazza principale di del mercato in piazza (Lodi, A.S.C.) Lodi. (Museo Civico di Lodi) PALERMO DAL MARE Maurizio Vesco

Vedute del fronte a mare di Palermo nel Settecento

Views of Palermo’s waterfront in the 18th century

ABSTRACT

La trasformazione monumentale del lungomare di Palermo iniziò a metà del XVI secolo, con l’espansione urbana verso Sud, commissionata dal vicerè Juan de Vega, e con la costruzione della Porta dei Greci in forme classiche. Comunque, la rappresentazione della città come veduta dal mare non si diffuse nei lavori di pittori e incisori prima della fine del secolo successivo, quando si registrò un aumento nella produzione di panorami e raffigurazioni. Da allora in avanti, questa scelta sarebbe stata così ricorrente da diventare una costante nell’iconografia di Palermo. L’esecuzione successiva di progetti d’architettura complessi sul lungomare murato della città creò un’atmosfera ancor più monumentale e contribuì alla definizione di una vera e propria facciata urbana.

The monumental transformation of Palermo’s waterfront began in the middle of the 16th century with the urban expansion southward which was commissioned by viceroy Juan de Vega and with the building of the classicist Porta dei Greci. However, it was not until the end of the following century, with an increased production of panoramas and depictions, that the representation of the city as viewed from the sea became more established in the works of painters and engravers. This choice would have occurred so often that it soon became a constant in Palermo’s iconography. In addition, the following execution of complex architectural projects at the walled waterfront of the city created an even more monumental atmosphere and helped to define an actual “urban façade”.

III.08 Dal XVII al XVIII secolo

72 Veduta di Palermo, anonimo. Il fronte di Palermo con il Teatrino della Musica prima degli interventi settecenteschi

Astrachello di Cutò visto da S.Erasmo

Palermo da Acqua dei Corsari, Veduta della passeggiata fuori la L.H.T. Gurlitt (1835) Flora, Anonimo (inizi XIX s.)

Prospetto della Marina di Palermo - G.Orazi (1761)

73 TERRA D’OTRANTO Donato Giancarlo De Pascalis

Città e paesaggio in Terra d’Otranto: i “punti di vista” tra viaggiatori e vedutisti settecenteschi

Cities and landscape of the Otranto’s Land: the “viewpoints” among travellers and painters

ABSTRACT

Se fino a tutto il periodo medievale la Terra d’Otranto – attraverso i suoi centri portuali – aveva avuto un fermento culturale, sociale ed economico assai fecondo, dettato sia dai numerosi traffici marittimi che dalle partenze per le Crociate e per le ataviche battaglie contro gli “infedeli”, nell’età moderna i flussi di percorrenza, soprattutto in seguito alla vittoria di Lepanto, erano diminuiti spaventosamente: numerose sono le documentazioni dell’epoca che definiscono le città salentine situate “in extremo angulo Italiae in Hydruntina Provincia” ! Tale situazione di “isolamento” nel mondo intellettuale e culturale (che farà dire “l’Europa finisce a Napoli”) , permarrà sino a oltre la metà del Settecento, con qualche sporadica eccezione per alcune città, governate da importanti casate patrizie o legate a importanti posizioni strategiche (è il caso per esempio delle vedute a volo d’uccello commissionate a Joan Blaeu accuratamente disegnate per le città di Brindisi e di Nardò – metà sec. XVII). Un primo momento di approfondimento e di diffusione su tali luoghi si avrà solo agli inizi del settecento con le opere filologiche del neritino Giovan Bernardino Tafuri (sponsorizzate e rese note da Ludovico Antonio Muratori), seguite dalla Istoria civile del regno di Napoli di Pietro Giannone, e soprattutto dalla organicità delle notizie e delle immagine descritte dall’abate Giovan Battista Pacichelli nel suo Il Regno di Napoli in prospettiva, pubblicato agli inizi del XVIII secolo.

If up to all medieval period the Otranto’s Land - through its ports – had a very prolific cultural, social and economic dynamism because of the intense sea traffic and also of the departures for the Crusades against Arabian people, in the Modern Age the navigation decreased very much, especially after the Lepanto’s Battle: many are the ancient documents, which represented the salentine towns as placed “in extremo angulo Italiae in Hydruntina Provincia” . Such a condition of intellectual and cultural isolation (the reason why it was said “Europe ends at ”) lasted until the first half of the eighteenth century, with some occasional exception of a few cities, governed by eminent noble families or due to important strategic positions (that is the case, for example, of air views commissioned to Joan Blaeu carefully drawn for the towns Brindisi and Nardò - mid-century. XVII). A moment of deepening and spreading on these lands there will be only at the beginning of the XVIII century with the philological works of Giovan Bernardino Tafuri (backed and made known by Ludovico Antonio Muratori), followed by the Istoria civile del regno di Napoli by Pietro Giannone and especially by the body of news and paintings described by abbot Giovan Battista Pacichelli in the Il Regno di Napoli in prospettiva, published in 1703.

III.09 Dal XVII al XVIII secolo

74 Vue de la Ville de Brindes - 1781, disegno di Louis J. Desprez, schizzo acquerellato preparatorio per il Voyage pittoresque del Saint Non, conservato presso l’Accademia delle Belle Arti di Stoccolma Tarente en Apouille - 1781. Disegno di Louis J. Desprez, disegno acquerellato preparatorio per il Voyage pittoresque del Saint Non, conservato presso l’Accademia delle Belle Arti di Stoccolma Vue du Chateau e d’une partie du Seconde Vue Du Port de Tarente, prise Port de Brindes, acquaforte di L. Du côte du Marché aux Poissons. Chastelet acquaforte di L. Chastelet. Lecce, Piazza Duomo con la Processione di S. Oronzo - 1781. 75 acquarello di Louis J. Desprez per il Voyage pittoresque del Saint Non LO STRETTO DI MESSINA Clementina Barucci

Vedute dello Stretto di Messina nel XVIII secolo. I punti di vista

Views of the Strait of Messina in the 18th century. The viewpoints

ABSTRACT

La prima diffusa tipologia di vedute dello Stretto è quella che riprende il modello iconografico introdotto alla metà del Cinquecento da Pieter Bruegel il Vecchio. Questo prototipo consiste in una veduta a volo d’uccello da Nord dello Stretto, affollato di navi, con le due sponde prese di scorcio simmetricamente ai lati, con le falci dei due porti, di Messina e di Reggio Calabria. Nelle incisioni sono rappresentate colonne di fumo sulle due sponde, a destra l’Etna in eruzione, a sinistra l’incendio di Reggio dovuto alle incursioni barbaresche. Tale modello è replicato in numerose varianti nel corso del XVII secolo e nei primi decenni del XVIII da incisori del nord Europa. Nella seconda metà del XVIII secolo si affermano punti di vista diversi ubicati a terra associati a rappresentazioni più realistiche. Un’ampia produzione di incisioni è legata al fenomeno del Grand Tour settecentesco (vedute di Desprez per il Voyage pittoresque di R. de Saint-Non), o alla descrizione naturalistica dei luoghi (vedute di Fortuyn per Antonio Minasi), o alla celebrazione della monarchia borbonica (vedute dei porti di Jakob-Pghilipp Hackert per Ferdinando IV). Dopo il terremoto del 1783 vengono eseguite vedute dai disegnatori inviati dall’Accademia delle Scienze di Napoli, che documentano i danni riportati nelle città dello Stretto.

The first common type of views of the Strait is one that incorporates the iconographic model introduced in mid- sixteenth century by Pieter Bruegel the Elder. This prototype consists of a bird’s eye view from north of the Strait, crowded with ships, with the two banks took the view symmetrically on either side, with the scythes of the two ports of Messina and Reggio Calabria. In the engravings are represented columns of smoke on both sides, right Etna in eruption, on the left the Reggio’s fire due to barbarian incursions. This model is replicated in many variations during the seventeenth century and early decades of the eighteenth by engravers from northern Europe. In the second half of the eighteenth century state viewpoints located on land associated with more realistic representations. Wide production of recordings is related to the phenomenon of eighteenth-century Grand Tour (Desprez), or the naturalistic description of the sites (Fortuyn), or the celebration of the Bourbon monarchy (Hackert). After the 1783 earthquake views are performed by artists sent by the Academy of Sciences of Naples, documenting the damage to the cities of the Straits.

III.10 Dal XVII al XVIII secolo

76 Le célebre pour les vaissaux autre fois si dangereux détroit de faro de Messine, Jacques Chereau, 1784 c., da Sestito 1995

Freti Siculi sive Mamertini Vulgo el Faro di Messina optica delineatio, 1561, Franz Huys inc., Bruegel inv., da Sestito 1995

Veduta del Faro di Messina, Gabriel Bodenehr, 1720, da Consolo 1993

Vue de la Ville et du Port de Reggio avec une partie des Côtes de la Sicile et de l’Etna que l’on apperçoit de l’autre côte du Détroit, J.L. Desprez dis., 1778, da R. de Saint-Non, vol. III, tav. 71 77 Parte Quarta: Secoli XIX-XX Antonella Greco

L’interpretazione più poetica dell’immenso ampliarsi delle possibilità dell’occhio e dell’innalzarsi incommensurabile del punto di vista, ce la dà nel XIX secolo una litografia di dal consapevole titolo L’occhio come un pallone bizzarro si dirige verso l’infinito. E, in effetti, quella mongolfiera disegnata da Redon che s’innalza nello spazio lasciandosi dietro un panorama desolato e indefinito è proprio un gigantesco occhio che, stranamente, invece di puntarsi verso il basso a guardare finalmente ciò che solo la prospettiva ed il calcolo avevano reso possibile, in un volo d’uccello concreto e astratto in quanto solo immaginato, si rovescia a mostrare il bianco della sclerotica puntando la pupilla verso il cielo. Come a significare come fosse verso il disvelamento dell’infinito inconoscibile ancora sconosciuto, piuttosto che verso la veduta esatta, l’aspirazione inconscia dell’uomo di quell’epoca. Parliamo proprio di Redon, anticipatore inconsapevole del surrealismo, per sottolineare con la forza dell’antitesi il gigantesco balzo compiuto dalla veduta nei secoli del positivismo e della scoperte della tecnica.

Così il XIX e il XX secolo sono senz’altro caratterizzati da sistematici processi di indagine misurazione e restituzione geometrica della città, che unificano nella cartografia urbana supportata dalle rilevazioni catastali, le varie rappresentazioni tematiche dei secoli precedenti: viabilità, edilizia, emergenze monumentali,orografia, paesaggio. Scienza ottica e progresso scientifico oggettivizzano nel XIX secolo la veduta, fanno esplodere la gamma ristretta dei punti di vista. Abbattute le mura, la città borghese si dota di parchi e passeggiate, spesso sui tracciati dei vecchi insediamenti militari, come in Italia nel caso di Lucca, amplificando la possibilità di avvicinamento a luoghi considerati prima impervi, dai quali il cittadino, l’artista, il cartografo o più tardi il fotografo, siano in grado di accedere a vedute fino a prima impensabili. La stessa categoria artistica del sublime viene addomesticata e civilizzata da un ceto abbiente e colto, come nell’orrido di Biarritz davanti all’oceano, da osservare tenendosi al riparo da belvedere e, alla lettera, punti di vista, privilegiati e sicuri. Miradores punteggiano le alture di Lisbona: è da lì che la città si specchia in se stessa, “incorniciando” vedute che presto entreranno a far parte del patrimonio iconologico della città.

Dall’alto di questi nuovi osservatori, ai quali spesso si accede con l’ausilio di ascensori o di teleferica (al Pincio di Roma, ancora a Lisbona, a Posillipo a Napoli, persino a Capri) il cittadino della metropoli ottocentesca in formazione osserverà lo stravolgimento della città medievale e il tracciato dei nuovi piani. A Palermo, sarà la serie fotografica dal Monte Pellegrino a restituire il disegno della città da un eccentrico punto di vista. Così nel particolarissimo caso della costruzione del cimitero parigino Père La Chaise , che da nuova passeggiata monumentale sul Mont Louis, si trasforma in osservatorio privilegiato delle mutazioni della sky line di Parigi e delle successive sue metamorfosi in epoca hausmaniana. Dall’inizio dell’Ottocento, inoltre, una nuovo mezzo di comunicazione di massa, il Panorama, ospitato in una struttura circolare dai nomi fantasiosi aveva portato una novità assoluta nel campo della veduta e favorito la familiarità del popolo con l’iconografia della città, il paesaggio e i fatti storici.

78 Presentato come una “pittura senza cornice”, il Panorama adattava alla distorsione dello spazio curvo sia la rilevazione esatta che la veduta dipinta in trompe-l’oeil che avvolgeva completamente l’occhio dello spettatore. L’obiettivo era quello di tradurre in terza dimensione una veduta bidimensionale e realizzare un’illusione assoluta di realtà. A Parigi la presenza di una Rue des Panoramas e specialmente di un Passage des Panoramas attestano la loro popolarità dall’inizio del XIX secolo fino alla prima guerra mondiale.

L’innalzamento del punto di vista, il suo ampliamento anche aiutato da strumenti nuovi, come il pallone aerostatico, e la supposta veridicità della veduta fotografica contribuiscono ad unificare la percezione della città, prima esperita quasi esclusivamente per parti, come organismo unitario e complesso, caratterizzato dai suoi monumenti, ma anche dall’insieme del contesto e nel suo rapporto col paesaggio.

È dal pallone che Alfred Guesdon delinea due raffigurazioni a volo d’uccello della città di Firenze, verso il 1840. Le vedute fanno parte della raccolta di litografie L’Italie à vol d’oiseau, che il disegnatore francese dedica a Firenze e ad altre città toscane. Una regione e un granducato sensibile già dalla fine del Settecento alla nuova invenzione della mongolfiera.

Odilon Redon, L’occhio come un pallone bizzarro si dirige verso l’infinito, litografia dal portfolio dedicato a Edgar Allan Poe, pubblicato a Parigi nel 1882, Kunstmuseum, Winterthur.

79 Un secolo dopo, sarà ancora Firenze ad essere oggetto di una Veduta panoramica ordinata a Luigi Zumkeller dall’Ufficio del Piano Regolatore, questa volta per redigere un nuovo strumento urbanistico realmente alla scala dei problemi della città. Ma può la fotografia essere definita come arte? ci si chiedeva alla fine del secolo XIX. Con l’arte, e con la pittura di genere si misura senz’altro il vedutismo pittoresco delle fotografie della fine dell’Ottocento che reinterpretano la veduta dei Campi Flegrei e del Golfo di Napoli.

Assieme al raffinarsi dei processi geometrici di rappresentazione della città e del paesaggio, è la fotografia infatti a rappresentare il punto di svolta nella percezione e nella restituzione della veduta tradizionale: un procedimento meccanico “oggettivo” che permette una restituzione anche aprospettica, anomala, rilevata da punti di vista spesso eccentrici come i palloni areostatici e poi, inoltrandosi nel XX secolo, gli aerei. La riproduzione fotografica della veduta e il cambiamento della percezione sensoriale sono due temi affrontati da Walter Benjamin nei suoi scritti della metà degli anni Trenta. “Per millenni” - scrive Benjamin, riportando nel saggio il parere di Henry Wallon, materialista dialettico - la verticale è stata l’asse a partire dal quale l’uomo aveva osservato il mondo.

Anche i dipinti lo affrontavano dritti, nella dimensione verticale. Da quando si è cominciato a usare l’aereo, il monopolio della verticale è crollato (…) Wallon afferma: “l’uso dell’aereo ha necessariamente modificato il nostro modo di vedere, con il suo avvento conosciamo la prospettiva dall’alto, riduzioni e accorciamenti e insoliti angoli visuali di ogni genere.” (..) Pare perciò indiscutibile che le nuove scoperte della tecnica producano nuove reazioni del nostro apparato sensoriale...

La foto, quindi è la nuova scoperta: ma anche il film, dato che è proprio “la macchina da presa”, sottolinea ancora Benjamin nello stesso scritto, che, “riesce ad adattarsi alle nuove condizioni della visione meglio di quanto non vi riesca l’occhio umano”. Ne consegue che in certi compiti che sfuggono alla pittura (e al disegno e alla veduta classica, aggiungeremmo) per Benjamin si affermi l’esperienza specifica dell’apparecchio fotografico. Non solo, è ancora il filosofo tedesco a comprendere per primo la triangolazione intercorrente, ad esempio nel volo, tra la veduta e lo strumento (macchina fotografica, cinepresa) che la rileva comunicandola, solo in seguito, all’occhio umano. Suggestione perfettamente interpretata dagli aeropittori futuristi i quali, pur se erano chiamati a guidare i velivoli in prima persona, come nel caso della pittrice Barbara, mai avrebbero potuto dipingere evoluzioni e tuffi sulla città senza macchina fotografica o cinepresa.

Il secolo breve porterà il punto di vista addirittura al di là delle possibilità umane. Satelliti e navicelle spaziali accresceranno incommensurabilmente infatti al di fuori dell’occhio le possibilità della veduta. Guardare sarà ancora riprodurre, come per i fotografi del XIX secolo, ma l’occhio umano sarà incommensurabilmente lontano e l’impulso della mano arriverà non immediatamente a quello elettronico. Palloni e foto aeree stimoleranno una veduta esatta i cui esiti non saranno solo rivolti alla conoscenza geografica e all’amicizia dei popoli. Piuttosto le foto aeree saranno il formidabile strumento attraverso il quale la guerra impensabilmente sarà condotta nelle città d’Europa.

80 Anonimo, veduta di Roma barocca e di Roma moderna con l’arco, volume celebrativo dell’Esposizione Universale di Roma, 1942

Veduta dall’alto degli uffici in costruzione, Esposizione Universale di Roma, 1942

81 A Roma tra le due guerre sarà ancora la fotografia, coadiuvata dallo strumento del filmluce a testimoniare gli interventi di trasformazione della città storica e la nascita dei nuovi quartieri e delle nuove città del fascismo, esse stesse a volte progettate tenendo conto della visione cinetica e della forza di propaganda dei film luce.

Demolizioni e trasformazioni saranno così documentate, assieme al cambiamento eclatante del punto di vista. L’isolamento dell’Augusteo nella veduta di Eva Quagljotto offre prospettive inedite allo sguardo degli artisti sulla città. L’abbattimento di interi quartieri, oltre che dare spunto alle straordinarie Demolizioni di Mafai, valorizza particolari ingigantendoli, come l’abside della Chiesa di San Carlo al Corso. L’apertura di via dell’Impero con l’isolamento del Colosseo, l’abbattimento della spina dei Borghi, trasformano forse per sempre la percezione della città storica. Foto e film documentano un prezioso catalogo di oggetti scomparsi. Consapevolmente Giovannoni reclama la documentazione fotografica sia dell’oggetto abbattuto, che del nuovo panorama che si apre con la demolizione.

Paradossalmente, all’oggettivizzazione della veduta, sempre più esatta (che arriva alla rilevazione dell’orografia dei luoghi e alla restituzione delle curve di livello) corrisponderà il massimo della sua interiorizzazione: sarà la veduta dell’artista a mettersi in concorrenza con quella dello scienziato.

L’era della riproducibilità tecnica è quella anche che darà più spazio alla veduta soggettiva, critica, manipolata, urlata, trasformandola in visione. Se Gustave Doré rappresenta nelle vedute della Londra vittoriana gironi danteschi, oscuri, fumosi e brulicanti di esseri abbietti come in un racconto di Dickens, la città espressionista dell’inizio del XX secolo non solo interpreta l’evoluzione della città in metropoli, ma ne dà nello stesso tempo un giudizio morale traducendone nell’immagine il lato oscuro nei soggetti scelti, spesso orribili e o scellerati, con prospettive deformate, colori innaturali.

È la veduta interiore della città di Perla in Die Andere Site, distopia di Alfred Kubin costruita collazionando edifici di città europee in cui si sia consumato un delitto o non si siano risolti degli enigmi, in un paesaggio immerso costantemente in una assenza di luce e in un crepuscolo costante, che esploderà in una forse catartica apocalisse finale.

82 Demolizioni in corso Rinascimento, 1936 Eva Quajotto, Demolizioni intorno a piazza Navona, 1936

Giuseppe Capogrossi, Ponti sul Tevere, 1346-47

83 BASSANO DEL GRAPPA Cornelia Bujin

Bassano del Grappa nelle vedute ottocentesche lungo il Brenta

Bassano del Grappa as seen in the 19th century views along the Brenta river

ABSTRACT

Il naturale corso del Brenta, che scorre sinuosamente alle pendici di Bassano del Grappa, costituisce da sempre un punto di vista privilegiato nelle rappresentazioni iconografiche della città. Questa scelta, operata nei secoli in maniera quasi univoca, consente di verificare quelle interrelazioni che si sono create tra urbanistica e vedutismo. Anche in Bassano, come in tante altre realtà urbane italiane, più luoghi coesistono in una stratificazione temporale che attesta l’addensarsi dell’insediamento. Il territorio bassanse così inteso, cominciò a costituirsi già nel XII secolo a garanzia militare della famiglia degli Ezzelini, definendosi giuridicamente a cavallo tra il Due e il Trecento e durando fino al 1803 quando venne assorbito da Treviso prima e da Vicenza poi. Grazie al punto di vista naturale, costituito dalla direttrice del fiume Brenta, è possibile verificare come la città, in epoca ottocentesca, abbia mantenuto intatta la sua struttura rinascimentale con la cinta muraria, il castello, le torri e il ponte. Il tema dell’acqua, dunque, con il Ponte e il Porto sul fiume diventa il filo conduttore di una scelta iconografica che volutamente pone l’accento su quei nessi che animavano la società bassanese. Sul Ponte, infatti, si imperniava la natura militare di avamposto della città come testa di ponte da ovest ad est e cuneo nel canale del Brenta, mentre nel Porto e nei mulini si accentrava quella commerciale.

The natural watercourse of the Brenta river, which flows sinuously at the foothills of Bassano del Grappa, always becomes a privileged view in the iconographic representations of the city. This choice, adopted universally throughout the centuries, allows to verify those interrelationships born between urbanism and landscape paintings. In Bassano too, as in many other Italian urban areas, more sights coexist in a timely stratification that attests the gathering of the settlement. The Bassano territory as above understood, was initially established as early as the twelfth century, to militarily protect the Ezzelini family, and was juridically constituted between the thirteenth and the fourteenth century and lasting until 1803 when it was absorbed by Vicenza first and Treviso afterwards. Thanks to its natural positioning, along the transit of the Brenta river, you can see how the city, during the nineteenth century, has maintained intact its Renaissance structure with the outer perimeter walls, the castle, the towers and the bridge. The water theme, therefore, with the Bridge and the river harbour becomes the leitmotif of an iconography that deliberately focuses on those links that animated the Bassano society. The Bridge, indeed, represented both a natural military outpost for the city from west to east and a wedge in the Brenta canal, whilst the harbour and the mills represented the commercial aspect of the city.

IV.01 Dal XIX al XX secolo

84 Bassano, French, XIX sec.

Veduta di Bassano del Grappa con scena di caccia

Willmore, Bassano Pinacoteca Civica di Bassano, fine XIX sec.

Bassano, Museo Civico XIX sec.

85 PARIGI DAL MONT-LOUIS Laura Bertolaccini

Parigi dal Mont-Louis

Views of Paris from Mont-Louis

ABSTRACT

Mont-Louis era una splendida collina situata a est di Parigi. Qui, in una grande casa posta proprio sulla cima della collina, dal 1675 risedette il gesuita Françoise d’Aix de la Chaise, eminente confessore di Luigi XIV. Dopo la sua morte avvenuta nel 1709 i gesuiti continuarono ad usare la tenuta sino alla loro espulsione dalla Francia, avvenuta nel 1762. Nel 1804 il Consiglio municipale decise di acquistare quei terreni e incaricò l’architetto Alexandre- Théodore Brongniart di progettarvi un cimitero extramoenia, primo effetto della proclamazione dell’editto di Saint-Cloud avvenuta il 12 giugno 1804. In onore di quell’eminente prelato il cimitero fu chiamato “Pére-Lachaise”. Le quattro vedute esaminate (elaborate dal 1817 al 1870) testimoniano dei diffusi cambiamenti che in soli 50 anni trasformarono profondamente la città di Parigi e il Pére-Lachaise.

Mont-Louis was a beautiful hill situated at the East of Paris. From 1675 the Jesuit Françoise d’Aix de la Chaise, confessor to Louis XIV, lived in a big house placed at the crest of the hill. After the death of Pére La Chaise (1709) the Jesuits continued to use the estate until their expulsion from France in 1762. In 1804 the Municipal Council acquired this property and appointed the architect Alexandre-Théodore Brongniart to design an extramoenia cemetery as first result of Saint-Cloud edict asserted on the 12th June 1804. The cemetery was called “Pére-Lachaise” in honour of that eminent prelate. The four views examined (drawn from 1817 to 1870) point to the extensive and deep architectonical changes that transformed completely Paris and the Pére-Lachaise in about 50 years.

IV.02 Dal XIX al XX secolo

86 Le Plan de Paris, ses Faubourgs et ses Environs, Matthieu Seutter, 1760 c.; sul margine destro è visibile il sito denominato Mont-Louis aux PP. Jesuites Autore sconosciuto, Veduta dalla A Plan of the City of Paris Stockdale Avenue des Acacias, 1870 ca. Picadilly, 1800, particolare dell’area di studio

Civeton, Veduta dalla sommità del Courvoisier, Veduta dalla tomba di Père-Lachaise, 1829 Jacques Delille, 1817 ca.

Courvoisier, Veduta dalla tomba di Héloise e Abélard, 1817 ca. 87 FIRENZE DAL PALLONE Gabriella Orefice

Le vedute di Firenze dal “pallone” di Alfred Guesdon

Two views of Florence “from the hot-balloon” by Alfred Guesdon

ABSTRACT

Le vedute di Alfred Guesdon, pur mantenendo le qualità grafiche delle migliori rappresentazioni, anticipano alcune delle caratteristiche che saranno proprie della fotografia, riservando particolare interesse all’inquadratura, scelta in modo da rappresentare elementi finiti insieme a quelli infiniti. Ciò che colpisce della produzione dell’architetto francese, è sia la scelta dei punti di vista, che nel caso delle due vedute fiorentine risultano quasi esattamente allineati rispetto all’asse nord-est sud-ovest, sia l’applicazione della prospettiva ad un orizzonte molto alto, che gli consente di descrivere, oltre alla trama stradale e alla tessitura dell’edificato, l’interno degli isolati con i giardini e i cortili. Quest’attenta raffigurazione si inserisce poi nel panorama urbano, senza scegliere fra ciò che è interessante e ciò che lo è meno, conservando una mescolanza di elementi eterogenei, in cui trovano dignità e considerazione non solo le componenti monumentali della città, ma anche i suoi aspetti di modernità. Gli interrogativi circa le metodiche di realizzazione delle vedute riguardano da un lato l’uso del pallone aerostatico ancorato in punti precisi della città, dall’altro l’utilizzo del nascente procedimento fotografico. Il mezzo aereo avrebbe permesso a Guesdon di oltrepassare i limiti del ritratto di città per approdare ad una raffigurazione del paesaggio urbano, mediazione fra la rappresentazione topografica e il panorama illusionistico. A sua volta l’utilizzo dell’apparecchio di Daguerre da punti elevati della città spiegherebbe la precisione dei particolari architettonici e di vita riprodotti dall’autore.

The two aerial views, Florence: vue prise au dessus de S.Ta Maria dell’Annunziata and Florence: vue prise au dessus Bellosguardo, are from L’Italie a vol d’oiseau, a large collection of hand-colored lithographies of Italian cities published by the French painter, litographer and architect Alfred Guesdon in 1849. Compared with the traditional bird-eye-views, these portrayals of Florence proposes an really innovative representation of the city. Probably flying on board of a balloon, the author uses unusual points of view and enriches the image with elements typical of tyhe modern city: trains, stations, factories, etc. Keeping the cathedral of S. Maria del Fiore as the centre of the picture, Guesdon describes the busy residential districts of middle-class, the high chimney of the modern “Fonderia del Pignone” and the beautiful country houses on Bellosguardo-hill.

IV.03 Dal XIX al XX secolo

88 G. Sala, Amphithéâtre de l’Aréna à Milan, 1842 circa. Incisione da dagherrotipo

Johann-Jakob Falkeisen, Vue générale de Florence Prise de la Tour S. Niccolò, 1845 circa. Incisione da dagherrotipo

Alfred Guesdon, Florence: vue prise Verifiche grafiche sovrapposte alla au dessus de Bellosguardo, litografo veduta di Alfred Guesdon, Florence: Adolphe Rouargue., Parigi 1849 vue prise au dessus se S.Ta Maria dell’Annunziata, litografo Theodor Muller, Parigi, 1849

Volo di una mongolfiera a Firenze sul giardino dei marchesi Torrigiani, metà XIX secolo 89 FIRENZE Gabriele Corsani

La Veduta panoramica di Firenze di Luigi Zumkeller

The panoramic view of Florence by Luigi Zumkeller

ABSTRACT

Luigi Zumkeller (1880-1951) si diploma in architettura all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Si stabilisce nel capoluogo toscano, ove si fa notare per la sua notevole abilità grafica. Nel 1934, in una fase di intenso fervore per l’elaborazione di un nuovo ed effettivamente innovativo piano regolatore di Firenze, è incaricato dalla Direzione dei Lavori Pubblici ed Urbanismo del Comune di Firenze di delineare una veduta panoramica a volo d’uccello di Firenze nel suo contesto territoriale. Scelto un punto di vista a ovest della città con lo sguardo rivolto a est, Zumkeller non solo restituì con indubbia vivezza l’immagine di Firenze (m 2,93 x 1,93), ma diede anche una convincente interpretazione della struttura urbana, enfatizzando attraverso la resa grafica le principali realizzazioni moderne, segni e presidi dell’equilibrio fra la città e i suoi dintorni. È da rilevare che disegno così complesso sia stato concepito per rappresentare la città esistente, mentre l’espansione urbana era stata prevista dalla parte opposta, nella piana a ovest. La veduta di Zumkeller resta la più imponente testimonianza di quel periodo di studi, mai approdati a formare un piano organico vero e proprio.

Luigi Zumkeller (1880-1951), architect graduated (1909) at the Accademia di Belle Arti in Florence, established himself in Florence and soon obtained a solid reputation for his outstanding graphic skills. In 1934, in a phase of intensive fervour to design a new and really effective master plan of Florence, he was appointed by the Municipal Town Planning Office to draw a bird’s fly panoramic view of the city in its territorial context. Choosing a high point of view in the west side of the city viewing towards the east side, Zumkeller not only delineated a vivid and impressive picture of Florence (m. 2,93 x 1,93), but he also interpreted the urban structure focusing the graphic evidence in the main modern realizations of the city, conceived as paradigms of the contemporary balance between the city and its surroundings. It’s quite strange that such an elaborated drawing was finalised to represent the real state of the existing Florence, while the expansion of the city had been previewed in the opposite side, towards the plain in the west side. Zumkeller’s drawing remains the main graphic relic of that phase of studies, that never achieved an organic and official plan.

IV.04 Dal XIX al XX secolo

90 L. Zumkeller, Veduta panoramica, particolare della parte al centro, in basso

L. Zumkeller, Veduta panoramica, visione generale (foto G. Corsani, 2004) L. Zumkeller, Veduta panoramica, L. Zumkeller, Veduta panoramica, particolare dell’area intorno alla particolare lungo il corso dell’Arno Fortezza da Basso

91 ROMA, SAN PIETRO Maria Cecilia Mosconi

La Basilica di San Pietro dal Palazzo degli Alicorni nelle immagini dell’Archivio Fotografico del Museo di Roma

The Basilica of San Pietro seen from the Palazzo degli Alicorni in the images of the Archivio Fotografico del Museo di Roma

ABSTRACT

Prima dello sventramento di Via della Conciliazione la basilica di San Pietro era nascosta dal quartiere medievale di Borgo e percorrendo le strette strade circostanti non si vedeva praticamente nulla. Ma appena lasciati i vicoli ed entrati nella piazza, si provava una grande emozione: era l’emozione, la sensazione di stupore di trovarsi all’improvviso di fronte quello scenario inimmaginabile, quell’immensa scenografia barocca. E provare questi sentimenti dinanzi alla maestosità di questa grande Basilica e rimanere incantati era proprio l’intento che si erano sempre prefissato gli architetti che progettarono la Piazza e la Basilica. Da Carlo Maderno a Gianlorenzo Bernini, da Michelangelo a Carlo Fontana solo per citarne alcuni.

Before the demolition of blocks where today is the Via della Conciliazione the basilica of St. Peter was hidden medieval district of Borgo and along the narrow streets surrounding it saw no virtually nothing. But just left the streets and entered the square, it felt great emotion. It was the emotion, the feeling of wonder that you were suddenly faced that scenario unimaginable immense setting. And try these feelings before the majesty of this great Basilica and the intent was just to be enchanted you were always fixed the architects who designed the square and the Basilica, Carlo Maderno, Gianlorenzo Bernini, Michelangelo, Carlo Fontana to name a few.

IV.05 Dal XIX al XX secolo

92 Wright of Derby, Fuochi a Castel sant’Angelo con la Basilica illuminata sul fondo. Birmingham, Cuty Museum and Art Gallery (1774 - 1775)

G. van Wittel, Piazza S. Pietro. Vienna, G. B. Falda, pianta della zona del Kunsthistorishes Museum (primo Vaticano (particolare), 1667 decennio del XVIII secolo) (particolare)

Piazza Rusticucci con i ruderi di G. P. Pannini, Piazza San Pietro, ante Palazzo degli Alicorni, marzo 1935, 1725, Roma, Circolo della Caccia foto Museo di Roma, C/2675- XL 487 Palazzo degli Alicorni: veduta di San Pietro, Foto Museo di Roma - Palazzo Braschi, B 68 93 ROMA DAI PRATI Valter Proietti

Roma: i vecchi ed i nuovi punti di vista e di veduta dai Prati di Castello e dalla città

Rome: old and new standpoints and viewpoints from Prati di Castello and from the city

ABSTRACT

Relativamente alla pianificazione dei nuovi quartieri della espansione umbertina, mentre il nuovo quartiere Esquilino mantenne il medesimo sistema relazionale del Sistino intorno alle due Basiliche (adoperate come punto focale), la pianificazione dei Prati di Castello fu influenzata dalla preesistenza nell’area del San Pietro e del Caste Sant’Angelo. Le analisi riguarda i punti di vista preferiti che, in particolare nell’area dei Prati, sono adoperati con la tecnica di pianificazione urbana della umbertina regione Piemonte per organizzare il sistema urbano in modo più schematico ed efficiente, con strade delimitate da facciate di nuovi tipi edilizi, artisticamente ispirati al quindicesimo e al sedicesimo secolo e allo spirito europeo. Nel contesto della complessa struttura geomorfologica romana, la piana dei Prati di Castello lungo il fiume può essere facilmente vista dalla città e, in particolare, da Castel Sant’Angelo; era possibile osservare l’intera aerea in modo da tutti questi luoghi tanto che furono adoperati dalla pianificazione urbana umbertina come punti focali per stabilire, con una matrice planimetrica a tridente, gli assi urbani del quartiere dei Prati.

Concerning the planning of the new districts of the umbertine expansion, while the new Esquilino district mantained the same relational system of the Sistino establishment that surrounded the two Basilicas (acting as “focus points”), the planning of Prati di Castello was influenced by the pre-existance in the area of S. Pietro and Castel S. Angelo. The analysis refers to the specifically favoured viewpoints, which, especially in the Prati district, are used in the city-planning technique of the umbertine Piemonte region to organize the urban network in a more schematical and effective way, with roads delimitated by the façade of new building types, artistically inspired by the fifteenth and sixteenth centuries and the spirit of the European experience. In the contest of the animated geomorfological roman structure, the plain area of Prati di Castello along the river could be easily seen from the city and, particularly, from standpoints like Pincio and Porto di Ripetta; similarly, the Prati were dominated by the Vatican and Castel Sant’Angelo; it was possible from all of these places to observe the entire area so these were used by the umbertine city planning as visual cues, to set, on a planimetrical matrix of a trident, the road axes of the Prati district.

IV.06 Dal XIX al XX secolo

94 Panorama di anonimo, da un punto di vista ubicato lungo la Via Flaminia fuori le mura aureliane. 1870/1878

Lottizzazione dell’area antistante il Pianta di Prati di Castello e di Piazza Castello in una planimetria del 1881 d’Armi con l’individuazione delle proprietà private prima dell’edificazione

Veduta aerea del Quartiere Prati Veduta aerea del Vaticano, dei Borghi e del Quartiere Prati

Pianta di G.B. Nolli del 1748, particolare

95 ARICCIA Stefania Ricci

Prima e dopo la costruzione del Ponte: vedute della Piazza di Corte

Before and after the building of the Bridge: view of Piazza di Corte

ABSTRACT

Descrivere le vedute, o meglio i punti di vista, che come in questo caso specifico scaturiscono da un intervento urbano, la piazza di Ariccia realizzata dal Bernini, comporta una lettura cronologica del tessuto, che nel corso dei secoli è stato oggetto di rilevanti trasformazioni. La vera intuizione dell’architetto è la localizzazione in pianta della chiesa, che fronteggiando il palazzo, viene a delimitare lo spazio piazza, con la creazione di una serie di punti di vista, pensati per enfatizzare le architetture stesse dominanti la piazza. L’immagine del complesso berniniano sarebbe giunta fino ai nostri giorni integra, se durante la costruzione del ponte con la Correzione della Via Appia (1854), non fosse stato deciso di far attraversare la piazza dalla Via Appia, snaturando così completamente tutti i principi berniniani, che avevano guidato l’architetto nell’ideazione e nella realizzazione del suo progetto.

Describing the views, or better the points of view, that in this specific case comes out from an urban intervention, the Ariccia’s square made up by Bernini , it leads us to a chronological reading of the urban fabric, that over the years it was object of an interesting transformation. The real intuition of the architect is the location of the church’s plan , that facing the palace it gives a demarcation to the “square space” creating a combination of points of views to emphasize the architectonics elements of the square. Image of Bernini’s architectonic system would be complete today, if during the construction of bridge as “Correzione della via Appia”, it will not decided to go across the square by Appia road, unsettleing Bernini’s project.

IV.07 Dal XIX al XX secolo

96 G.B. Falda, Veduta della nobil Terra dell’Ariccia ducato dell’Ecc.mo Sig.re Prencipe

G. Stern, Progetto di restauro del complesso dell’Assunta, 1671

Ariccia. La geometria della piazza Gian Lorenzo Bernini. Schizzo per la sistemazione della Piazza di Corte

97 CAMPI FLEGREI Salvatore Di Liello

Vedutismo pittoresco e punti di vista nelle fotografie dei Campi Flegrei sul volgere del XIX secolo

Landscape painting and standpoints in photographs of the Campi Flegrei at the end of the 19th century

ABSTRACT

La ricerca intende mettere a confronto la tradizione vedutistica di Campi Flegrei all’epoca del gran tour, costituita da opere di artisti famosi quali Philip Hackert, Thomas Jones, Peter Fabris, William Turner oppure da incisioni incluse in importanti pubblicazioni quali Voyage pittoresque ou description des Royaumes de Naples et de Sicile di J. C. R. de Saint Non (5 voll., Parigi 1781 -1786) e Voyage pittoresque des iles de Sicile, Malte et Lipari di J. P. Houel (4 voll., Parigi 1782-1787), con l’iconografia delle prime immagini fotografiche dei Campi Flegrei. Negli ultimi due decenni del secolo XIX le campagne fotografiche riguardanti questo celebratissimo paesaggio, come per esempio la serie di immagini prodotte dagli importanti studi fotografici Brogi o Alinari, intepretano con la nuova tecnica l’antica “maestà scenica” di Campi Flegrei, fornendo i modelli visivi del turista della classe media.

The research intends to compare the tradition of the pictoresque views of Campi Flegrei in the epoque of the gran tour, represented by works of famous artists like Philip Hackert, Thomas Jones, Peter Fabris, William Turner or by engravings included in very important publications like the Voyage pittoresque ou description des Royaumes de Naples et de Sicile by J. C. R. de Saint Non (5 voll., Paris 1781 -1786) and Voyage pittoresque des iles de Sicile, Malte et Lipari by J. P. Houel (4 voll., Paris 1782-1787), with the iconography of the first photographic images of Campi Flegrei. In the last two decades of the XIX century, the photography campains regarding this most celebrated landscape, as for example the series of images produced by the photographic studios Brogi or Alinari, interpret with this new technique the ancient ‘scenic majesty’ of the Campi Flegrei, provinding the visuals models of the middle-class tourism.

IV.08 Dal XIX al XX secolo

98 D. Agostino Chigi distante dodici miglia da Roma. In primo piano tra il Palazzo e la Chiesa, l’Oratorio

T. Ruiz, La costa di Bagnoli, c. 1740

Ph. Hackert, I Campi Flegrei da Oriente, W. Bartlett (dis.), T. A. Prior (inc.), fine XVIII secolo, Napoli collezione Golfo di Baia, in Rome et l’Italie privata Meridionale, s.n.t. Ignoto metà del XV secolo, Cantarellus, da P. da Eboli, De Balneis Puteolonis, ms. 176, University Library, Edimburgo 99 CITTà DI CALABRIA Francesca Valensise

Città e paesaggi di Calabria nei disegni di Edward Lear

Towns and landscapes of Calabria in Edward Lear’s drawings

ABSTRACT

I disegni di Edward Lear (1812 - 1888) - poeta e pittore inglese, autore di un importante diario – riflettono le impressioni di un viaggiatore che percorre la Calabria nel 1847. Le tecniche descrittive e narrative di Lear, secondo un modello sviluppato dalla tradizione inglese di vedutismo connessa ai gran tour, sembrano portare in vita la realtà sociale della Calabria in corso di ricostruzione dopo il gran terremoto del 1783. L’obiettivo dello scrittore è di rendere il suo diario una vera guida per il pittore paesaggista che si trovi nel Regno di Napoli. Una regione – la Calabria - che “nessuno aveva rappresentato nei disegni fino ad ora”, come dice Lear: in effetti, i viaggiatori del Gran Tour consideravano Roma, Napoli e la Sicilia le principali mete dell’itinerario artistico e culturale nel Mezzogiorno. Seguendo le tracce dei pochi viaggiatori che si erano avventurati in Calabria, quali Henry Swimburne, Brian Hill, Richard Keppel Craven, Arthur J. Strutt, Lear la considera un soggetto ideale per il suo diario. Nelle vedute egli usa uno schema di rappresentazione urbana la quale, assieme alle sue acute osservazioni riguardanti la società locale, trasmette un senso romantico del paesaggio e dell’ambiente incontaminato.

The drawings of Edward Lear (1812-1888) - English poet, diarist and painter – reflect the impressions of a traveller that crosses the region of Calabria in1847; the descriptive and narrating technique, typical of the English tradition of describing cultural voyages, bring back to life the urban and social reality of Calabria in the decades after the great earthquake from 1783. The aim of the writer was to keep a diary that might actually become a guide for a landscape painter touring the Reign of Naples. Calabria is a region that “…nobody represented in his drawings before”, as the author says, mainly because Grand Tour travellers where rather interested in Rome, Naples and Sicily as the main destinations of the artistic and cultural itinerary in the south of Italy. On the traces of the few visitors that preceded him - such as Henry Swimburne, Brian Hill, Richard Keppel Craven, Arthur J. Strutt - Lear considers Calabria as the ideal subject for his Diary. He uses here - for the first time in the history of the imagery of Calabria - a urban depicting scheme that, together with his sharp considerations about the local society, transmits a sense of romantic appreciation of the landscape and of the uncontaminated environment. Lear’s writing technique belongs to a Anglo-Saxon tradition of the exploring painter that provides a picture of unknown cities and landscapes.

IV.09 Dal XIX al XX secolo

100 E. Lear, Veduta di Palizzi, 1847 E. Lear, Veduta di Roccella, 1847 E. Lear, Veduta di Stilo, 1847 E. Lear, Veduta di Bagnara, 1847 E. Lear, Veduta di Gioiosa, 1847 E. Lear, Veduta di Palmi, 1847 E. Lear, Veduta di Gerace, 1847 E. Lear, Veduta di Reggio, 1847

101 MONTE PELLEGRINO Maria Teresa Marsala

Dimensione sacrale e panorama urbano dal Monte Pellegrino di Palermo: il nuovo vedutismo dell’invenzione fotografica (XIX-XX secc.)

Holy dimension and urban overview from Monte Pellegrino, in Palermo: the new vedutism of photografic invention (19-20th c.)

ABSTRACT

Nel patrimonio tematico del vedutismo, con l’invenzione della fotografia come tecnica e arte di visualizzazione reale, s’individua un percorso cognitivo che amplia il repertorio illustrativo urbano e territoriale attraverso sistematici aggiornamenti. In questo conteso culturale, come è noto, l’attività degli Alinari (dal 1852), sostenuta dall’editore fiorentino Luigi Bardi, fondata da Leopoldo, che riconobbe il prestigioso merito, con l’apertura di un laboratorio fotografico che ebbe molti seguaci in Italia (Giuseppe Interguglielmi e Giuseppe Incorpora, due dei più noti a Palermo), avendo registrato l’eredità della fotografia industriale e dello sviluppo italiano. Il presente contributo alla ricerca del migliore punto scelto per la ripresa di paesaggi urbani, indica l’ampio repertorio di Palermo nel nodo del Monte Pellegrino (m.597): la montagna sacra sul mare a nord della città. Una nuova e originale visione di Palermo conduce alla suggestione immutata della contemplazione, effettivamente interpretata dagli autori (Giuseppe Incorpora-1880 e Dante Cappellani- 1930) che simultaneamente registrano lo sviluppo in atto caratterizzato dallo stato iniziale e finale delle costruzioni, con lo spirito della classe media della città.

In the heritage theme of vedutism with the invention of photography as art and technique of real visualization, it is possible to identify the cognitive process that enlarges the illustrative urban and territorial repertory with systematic updates. In this cultural context, it is known, the activity of Alinari (since 1852) occurs and in particular, encouraged by the florentine publisher Luigi Bardi, the one of the founder Leopoldo, who recognize the prestigious merit, by opening the photo lab which had many followers in Italy (Giuseppe Interguglielmi and Giuseppe Incorpora, two of the most famous in Palermo), of having recorded industrial photography’s historic heritage and Italian development. This contribution to research of this vantageous point and place of choice for the resumption of urban landscapes, suggests the vast repertoire of Palermo strong knot of Monte Pellegrino (m. 597): the seaside “holy mountain”, in the north of the city. A new and original vision of Palermo leads the unchanged suggestions of contemplation, effectively interpreted by the authors (Giuseppe Incorpora-1880 e Dante Cappellani-1930) who simultaneously record the ongoing development characterized by initial and then final real urban estate construction, with the lay spirit of middle-class city.

IV.10 Dal XIX al XX secolo

102 Veduta del porto e del Monte Pellegrino Palermo, panorama dal Monte (dalla Deputazione della Sanità presso Pellegrino col la vista sul porto di l’Ospedale S. Bartolomeo vicino porta Giuseppe Incorpora del 1880 circa Felice) Jacob Ph. Hackert, olio su tela, 1791 Carta di Palermo (Ufficio Tecnico Planimetria del Monte Pellegrino; Comunale, 1920-25); si noti l’espansione in evidenza i punti di vista presi a nord secondo le previsioni del piano in considerazione: la Scala Nuova Giarrusso (1896), (Archivio Barbera (1674-1725), la Strada Rotabile Azzarello) (1897-1924), il particolare del penultimo tornante, il Castello Panorama urbano di Palermo di Dante Utveggio (1932), il Santuario Cappellani della torretta del belvedere (1626-29) e il Piazzale della del Castello Utveggio negli anni ‘30 Statua (1663) 103 Veduta di Palermo con la terrazza panoramica del Castello di Utveggio ROMA, LE TRASFORMAZIONI DEL ‘900 Elisabetta Cristallini

Trasformazioni del paesaggio urbano di Roma tra guerra e dopoguerra: lo sguardo degli artisti

Urban landscape’s trasformations of Rome between the World War II and post-war period: the artists’ look

ABSTRACT

Negli anni Trenta ciò che affascina gli artisti sono le numerose trasformazioni urbane della città di Roma, con le sue nuove architetture, ma anche con le demolizioni nel cuore del centro storico. Gli artisti hanno un sentimento misto di nostalgia per il paesaggio che si sta perdendo e allo stesso tempo di eccitazione per il costante cambiamento della città e la rappresentano come un cantiere “in fieri”, il cui tessuto urbanistico si sta adattando alle esigenze del regime. Esiste un vasto repertorio di immagini fotografiche e documentarie che registrano quelle trasformazioni, ma lo sguardo degli artisti non è mai topografico o retorico, ma piuttosto è una visione soggettiva, partecipata, quotidiana, nostalgica, quindi “deformante” (vedi i dipinti di Cascella, Spalmach, Barosso, Tommasini, Quajotto, Triverio, Omiccioli, Mafai, Afro ecc.). Nel dopoguerra gli artisti riscoprono la città, ritrovando un’iconografia urbana familiare. Nel 1946 Zavattini, famoso giornalista, sceneggiatore e scrittore, invita 50 artisti, tra pittori storici e giovani talenti, diversi per formazione ed esperienze (De Chirico, Capogrossi, Savinio, Guttuso, Scialoja, Prampolini, Francalancia, Turcato, Severini, Maccari ecc.) a confrontarsi su uno stesso tema, Aspetti della città di Roma, su uno stesso formato (20x26cm), per uno stesso prezzo (8000 lire), dando vita alla famosa Collezione Roma. Questi dipinti mostrano la città di Roma nel momento che precede la sua espansione edilizia e la perdita della sua identità e sono la testimonianza di come gli artisti hanno riscoperto la città, interpretandola con uno sguardo per lo più realistico e quotidiano.

During the Thirties artists were fascinated by the many urban trasformations within the city of Rome and by new architectures and building demolitions within the old town. Artists were nostalgic for the old urban landscape and at the same time were excited by the city’s constant change. They painted Rome as a work in progress “in fieri”, adapting the city plan to suit the totalitarian regime’s requirements. There are many photos and documentaries about these urban trasformations, however the artists’ interpretation of these trasformations are neither topographical nor rhetorical, but are subjective and nostalgic, therefore the artists’ interpretation is always “warped” (compare the paintings by Cascella, Spalmach, Barosso, Tommasini, Quajotto, Triverio, Omiccioli, Mafai, Afro etc.). During the post-war period artists rediscovered their city and it’s familiar setting. In 1946 Zavattini, a famous journalist, scriptwriter and writer, invited 50 artists, among which both old and young people, from different backgrounds and experiences (De Chirico, Capogrossi, Savinio, Guttuso, Scialoja, Prampolini, Francalancia, Turcato, Severini, Maccari etc.) to depict a common theme, Aspetti della città di Roma, thus creating the famous Collezione Roma. All canvases had to be the same size (20x26 cm) and be sold at the same price (8000 Lire). These paintings show Rome before the urban sprawl, prior to its loss of identity and testify how the artists had rediscovered the city, depicted in a more realistic and day-to-day context.

IV.11 Dal XIX al XX secolo

104 Renato Guttuso, Piazza del Popolo, 1946 Giulio Turcato, Villa Medici, 1946-47 Giorgio De Chirico, Palatino, 1946-47 Giuseppe Haas Triverio, Eva Quajotto, demolizioni intorno Roma dalla Rupe Tarpea, 1932 all’Augusteo, 1937 Demolizioni della Spina di Borgo, 1937

105 ROMA MODERNA Antonella Greco

Classica è la veduta di Roma moderna…

The wiew of modern Rome is a classic...

ABSTRACT

E’ intorno al XX e XXI secolo che le vedute classiche iniziano a cambiare. Il progresso delle scienze ottiche incrementa la perizia nell’esecuzione di “vedute perfette” e al tempo la distanza tra arte e scienza. A questo corrisponde la moltiplicazione dei punti di vista, come nel caso delle vedute di città riprese dal pallone. Nel periodo tra le due guerre Roma costruisce un duplicato della città nei territori verso il mare in occasione della Esposizione Universale del 1942. Una città concreta, per la quale i modelli in scala del Master Plan contribuiscono alle costruzione delle reali vedute. Il più importante elemento del modello del nuovo insediamento che non sarà mai realizzato è l’arco disegnato da Adalberto Libera, che sarebbe stato la porta del complesso. In primo luogo la porta, poi la via di uscita della città verso il mare. Sebbene l’inizio della guerra non avesse fermato immediatamente la costruzione della città, essa fu forzatatamente interrotta nel 1942, proprio quando sarebbe dovuta essere inaugurata.

It’s about XX and XXI centry that classical wiews are going to change . The improvement of optical sciente increases the capacity of the “clear wiew” and at the same time the gap between science and art. At the same time multiply the points of wiew, as in the wiews of the city taken from the balloon. In the period between the wars Rome built a duplicate of the city in the territory to the sea for the Universal Exhibition of 1942. A real city, where the scale model of the master plan work as the real wiews. The most important element of the model of the new settlement which will never be realized, is the arch designed by Adalberto Libera which is the gate of the complex. First is the gateway, then the output from the town towards the sea. Although the outbreak of the war does not immediately stop the construction of the city, it is forced to stop in 1942, just when it should have been inaugurated.

IV.12 Dal XIX al XX secolo

106 Tato, Aeropittura, 1930

Alfredo Gauro Ambrosi, Ritratto Anonimo (Achille Capizzano) veduta di Mussolini con il piano di Roma di Roma al mare (volume celebrativo imperiale, 1938 c. dell’Esposizione Universale di Roma, 1942)

E.42, veduta dal colonnato di uno dei Musei della Piazza Imperiale; da sinistra il Palazzo della Civiltà italiana, il ristorante e in primo piano il palazzo degli uffici, 1941c. 107 Indice | Index

6 La Ricerca, i Convegni, la Mostra, il Catalogo The Research Project, Conferences, Exhibit, Catalogue Marco Cadinu

18 Introduzione alla Prima Parte: secoli XIII-XV Introduction to Part One: 13th to 15th century

Ugo Soragni

22 I.01 PADOVA La veduta di Padova di Giusto de’ Menabuoi (1382-1383) nella cappella Belludi della Basilica del Santo a Padova The View of Padova by Giusto de’ Menabuoi (1382-1383) in the Belludi Chapel of the Basilica of S.Antonio in Padova

Umberto Daniele

24 I.02 DA CHIERI A MONCALIERI Una carta del territorio tra Chieri e Moncalieri del 1457 A map of the land between Chieri and Moncalieri in 1457 Enrico Lusso

26 I.03 ROMA DAI PRATI Vedute di Roma dai Prati di Castello: Benozzo Gozzoli (1463) e Attavante degli Attavanti (1483) City views of Rome from Prati di Castello: Benozzo Gozzoli (1463) and Attavante degli Attavanti (1483) Alessandro Camiz

28 I.04 URBINO I punti di vista privilegiati per le vedute di Urbino Rinascimentale Some favourite point of view in the Urbino’s Renaissance image Paola Raggi

30 I.05 AREZZO La veduta di Arezzo nella tavola con il S. Rocco di Bartolomeo Della Gatta (1479 ca.) The view of Arezzo in the picture of S. Rocco by Bartolomeo Della Gatta (circa 1479) Daniela Corrente

32 I.06 DA INNSBRUCK A TRENTO Paesaggi e città di Dürer, da Innsbruck a Trento (1494-1495) Landscapes and cities by Dürer, from Innsbruck to Trento (1494-1495) Irina Baldescu 34 Introduzione alla Seconda Parte: XVI secolo Introduction to Part Two: 16th century Teresa Colletta

38 II.01 ICONOGRAFIA URBANA Le “innovazioni” dell’iconografia urbana del Cinquecento europeo nella scelta dei punti di vista The urban iconography’s innovations of the European 16th century in the choice of the points of view Teresa Colletta

40 II.02 MESSINA Il ritatto di Messina del 1554 A Portrait of Messina, 1554 Nicola Aricò

42 II.03 CAGLIARI Cagliari vista dal mare. La costruzione dell’immagine per la Cosmographia del Münster del 1550 Cagliari from seaside. The conception of the image in Münster’s Cosmographia, 1550 Marco Cadinu

44 II.04 PRINCIPATO CITRA Le immagini dei centri del Principato Citra nella raccolta di Angelo Rocca della fine del XVI secolo Images of the towns of the Principato Citra in the collection of Angelo Rocca at the end of 16th century Irma Friello

46 II.05 ROMA, PIAZZA DI MONTE CAVALLO E VIA PIA Piazza di Monte Cavallo e la via Pia in una veduta del XVI secolo Piazza di Monte Cavallo and Via Pia in a 16th century view Paolo Micalizzi

48 II.06 VALLADOLID, TOLEDO, BURGOS Le vedute di tre città castigliane di Hoefnagel e Van den Wyngaerde The views of three castillian towns by Hoefnagel and Van den Wyngaerde Jose Miguel Remolina

50 II.07 CITTÀ TOSCANE Il punto di vista del principe. Le vedute di città nel salone del Cinquecento in Palazzo Vecchio The prince’s point of view. Cities images from the Salone dei Cinquecento in the Palazzo Vecchio Giuseppina Carla Romby

52 II.08 PARIGI Le vedute di Parigi del XVI secolo Paris’ views in the 16th century Laura Zanini 54 Introduzione alla Terza Parte: secoli XVII-XVIII Introduction to Part Three: 17th to 18th century Paolo Micalizzi

58 III.01 TRA GONZAGA E SAVOIA Una questione di confine tra gli stati di Gonzaga e di Savoia (1609) A border matter between the Gonzaga and the Savoia States (1609) Claudia Bonardi

60 III.02 TURSI Tursi in Basilicata. Città e territorio nella veduta da Monte San Martino: il mostrato, il taciuto Tursi in Basilicata. The town and the countryside in the view from Monte S. Martino: shown and hidden elements Carmela Biscaglia

62 III.03 LE CARTE DI PALAZZO COLONNA La Galleria delle Carte geografiche in Palazzo Colonna a Roma The Gallery of the geographic Maps in Palazzo Colonna, Rome Giada Lepri

64 III.04 I PAESAGGI DIPINTI NELLE LOGGE Il punto di vista dei paesaggi dipinti nelle logge Landscapes painted in the logge: the choice of the point of view Carla Benocci

66 III.05 MARINO La Marino dei Colonna nelle vedute di Gaspar Van Wittel Colonna’s Marino in the views of Gaspar Van Wittel Carlo Armati

68 III.06 BENEVENTO La veduta Seicentesca di Benevento dal Monte San Felice The 17th century view of Benevento from Monte S. Felice Antonietta Finella

70 III.07 LODI La Piazza Maggiore di Lodi dipinta in una veduta dell’inizio del XVIII secolo The Piazza Maggiore in Lodi as depicted in a view from the beginning of the 18th century Stefania Aldini

72 III.08 PALERMO DAL MARE Vedute del fronte a mare di Palermo nel Settecento Views of Palermo’s waterfront in the 18th century Maurizio Vesco

74 III.09 TERRA D’OTRANTO Città e paesaggio in Terra d’Otranto: i “punti di vista” tra viaggiatori e vedutisti settecenteschi Cities and landscape of the Otranto’s Land: the “viewpoints” among travellers and painters Donato Giancarlo De Pascalis

76 III.10 LO STRETTO DI MESSINA Vedute dello Stretto di Messina nel XVIII secolo. I punti di vista Views of the Strait of Messina in the 18th century. The viewpoints Clementina Barucci 78 Introduzione alla Quarta Parte: secoli XIX-XX Introduction to Part Four: 19th to 20th century

Antonella Greco

84 IV.01 BASSANO DEL GRAPPA Bassano del Grappa nelle vedute ottocentesche lungo il Brenta Bassano del Grappa as seen in the 19th century views along the Brenta river Cornelia Bujin

86 IV.02 PARIGI DAL MONT-LOUIS Parigi dal Mont-Louis Views of Paris from Mont-Louis Laura Bertolaccini

88 IV.03 FIRENZE DAL PALLONE Le vedute di Firenze dal “pallone” di Alfred Guesdon Two views of Florence “from the hot-balloon” by Alfred Guesdon Gabriella Orefice

90 IV.04 FIRENZE La Veduta panoramica di Firenze di Luigi Zumkeller The panoramic View of Florence by Luigi Zumkeller Gabriele Corsani

92 IV.05 ROMA, SAN PIETRO La Basilica di San Pietro dal Palazzo degli Alicorni The Basilica of San Pietro seen from the Palazzo degli Alicorni Maria Cecilia Mosconi

94 IV.06 ROMA DAI PRATI Roma: i vecchi ed i nuovi punti di vista e di veduta dai Prati di Castello e dalla città Rome: old and new standpoints and viewpoints from Prati di Castello and from the city Valter Proietti

96 IV.07 ARICCIA Prima e dopo la costruzione del Ponte: vedute della Piazza di Corte Before and after the building of the Bridge: view of Piazza di Corte Stefania Ricci

98 IV.08 CAMPI FLEGREI Vedutismo pittoresco e punti di vista nelle fotografie dei Campi Flegrei sul volgere del XIX sec. Landscape painting and standpoints in photographs of the Campi Flegrei at the end of the 19th century Salvatore Di Liello

100 IV.09 CITTÀ DI CALABRIA Città e paesaggi di Calabria nei disegni di Edward Lear Towns and landscapes of Calabria in Edward Lear’s drawings Francesca Valensise

102 IV.10 MONTE PELLEGRINO Dimensione sacrale e panorama urbano dal Monte Pellegrino di Palermo: il nuovo vedutismo dell’invenzione fotografica (XIX-XX secc.) Holy dimension and urban overview from Monte Pellegrino, in Palermo: the new vedutism of photografic invention (19-20th c.) Maria Teresa Marsala

104 IV.11 ROMA, LE TRASFORMAZIONI DEL ‘900 Trasformazioni del paesaggio urbano di Roma tra guerra e dopoguerra: lo sguardo degli artisti Urban landscape’s trasformations of Rome between the World War II and post-war period: the artists’ looks Elisabetta Cristallini

106 IV.12 ROMA MODERNA Classica è la veduta di Roma moderna… The wiew of modern Rome is a classic... Antonella Greco