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‘Taxe Percue’ ‘Tassa Riscossa’ - Padova. CPoste.m.p Italiane s.p;a. - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1 - DCB Padova Abbonamento annuo: Italia  30,00 - Estero  60,00 - Fascicolo separato  6,00 rivista distoria artecultura ANNO XXXIII dicembre 2018

ISSN 1120-9755 BELVEST.COM

BELVEST_Padova_Campagna FW18-19_210x295_MM.indd 1 07/09/18 14:31 3 Editoriale 4 Padova Urbs picta patrimonio mondiale dell’Unesco Giorgio Andrian 7 e Padova Rino Modonutti 10 Marsilio da Padova difensore dell’Impero Gregorio Piaia 14 I Carraresi “zitadini de Padoa” Dario Canzian 20 Giovanni Dondi dall’Orologio Enrio Berti 23 I Santasofia. Una dinastia di medici nella Padova del Trecento Claudio Caldarazzo 26 Vita quotidiana a Padova nel Medioevo Francesco Jori 28 Le mura trecentesche di Padova Ugo Fadini 34 Guariento e la Padova carrarese: opere, committenti, contesti Zuleika Murat 39 Giusto de’ Menabuoi a Padova Pasquale Francesco Antonino Giambò 44 Altichiero e Jacopo Avanzi al Santo Luca Baggio 50 La perduta Sala degli Uomini illustri Giulio Bodon 52 Jacopo da e la Cappella di S. Maria Davide Banzato 56 Pagine dipinte per Padova Urbs picta Giordana Mariani Canova 62 Padova Urbs Musicae Antonio Lovato 68 Rubriche

Rivista bimestrale • Anno XXXIII • Fascicolo 196 • Novembre-Dicembre 2018 Associazione “Padova e il suo territorio”: Presidente: Antonio Cortellazzo Vice Presidente: Giorgio Ronconi Consiglieri: Gianni Callegaro, Paolo Maggiolo, Luisa Scimemi di San Bonifacio, Anna Soatto, Mirco Zago

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3 Giorgio Andrian

Padova Urbs picta di Giorgio patrimonio mondiale Unesco Andrian

Le tappe di una straordinaria ‘avventura culturale’, che prevede l’inserimento dei cicli di affreschi trecenteschi di Padova nella Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO.

Con il nome Padova Urbs picta. Giotto, la Studi, il più antico al mondo nel suo ge- Cappella degli Scrovegni e i cicli pittorici nere (inaugurato nel 1545). Dall’anno suc- del Trecento il Comune di Padova, in qua- cessivo (1998), la città diventa membro lità di Ente capofila – insieme all’Accade- dell’Associazione Beni Italiani Patrimonio mia Galileiana di Scienze Lettere ed Arti, Mondiale Unesco, entrando de facto nella alla Delegazione Pontificia per la Basilica più ampia community dei rappresentanti di Sant’Antonio in Padova, alla Veneran- dei siti Unesco italiani. da Arca di Sant’Antonio e alla Diocesi di L’idea di designare il patrimonio degli Padova – ha candidato la Città per l’inseri- affreschi trecenteschi patavini alla Lista mento nella Lista del Patrimonio Mondiale del Patrimonio Mondiale suscitò, fin da su- Unesco con un sito seriale composto da 8 bito, non solo interesse ma anche supporto edifici monumentali che conservano pre- da parte di un vasto numero di cittadini: ziosi cicli pittorici ad affresco del Trecento. valga ad esempio la campagna di raccolta Nonostante la sola Cappella degli Scro- di firme a sostegno promossa dall’Asso- vegni fosse già stata inserita nella Lista ciazione Vecia Padova, nella primavera del Propositiva (Tentative List) italiana nel 2013, con l’obbiettivo di “creare un vasto 2006, la genesi di questo percorso di can- movimento di opinione”. didatura può essere ricondotta alla seduta Tuttavia è solo nell’anno successivo (7 del Consiglio Comunale del 22 febbraio aprile 2014) che l’attuale processo di can- 2010, quando, venne approvata la “Mozio- didatura prende forma ufficialmente. L’al- ne per proporre l’inserimento della Città lora amministrazione decide di dare segui- di Padova nell’elenco dei siti Unesco per to alle indicazioni del 2010, e alle successi- l’importanza e l’unicità della Cappella ve sollecitazioni della società civile, dando degli Scrovegni e dei siti affrescati giotte- avvio ad un progetto di candidatura strut- schi” (Deliberazione del Consiglio Comu- turato e guidato dal Comune di Padova, in nale nr. 20/2010). Sin da quel momento è veste di capofila. stato chiaro che si trattava di un’operazio- Quando si intraprende ufficialmente que- ne di politica culturale di altissimo livello, sto percorso, il primo passo da fare è quel- che avrebbe trasceso i confini della città e lo di identificare il potenziale eccezionale dell’Italia stessa, per proiettarsi nell’am- valore universale del bene: in altre parole, bito di un patrimonio di valore universale. ciò che di unico e di valore mondiale ci La dimostrazione di questo è il fatto che, possa essere nella propria proposta, tenen- sin da allora, il processo che si è prefissa- do conto che si tratta di una lista rappresen- to l’obbiettivo dell’inserimento dei cicli di tativa. Questo significa che ogni ‘tassello’ affreschi trecenteschi nella Lista del Patri- del ‘puzzle’ del patrimonio mondiale che monio Mondiale non è mai stato interrotto, si propone di aggiungere deve essere an- nonostante si siano alternate diverse ammi- cora ‘mancante’ nel quadro complessivo e nistrazioni alla guida delle città. deve andare ad integrare come elemento di Padova aveva già familiarità con l’Une- arricchimento della storia dell’umanità che sco e la sua prestigiosa Lista, dal momen- già si trova rappresentata. to che, nel 1997, aveva visto l’iscrizione Da una prima ricognizione si è consta- dell’Orto Botanico dell’Università degli tato che quello identificato nella rinnova- 4 Padova Urbs picta patrimonio Mondiale Unesco

Giotto, veduta interna della Cappella degli Scrovegni.

ta proposta di Padova Urbs picta poteva ma che insieme costituiscono un percorso rappresentare un esempio unico al mondo unitario che si completa e arricchisce gra- di un’area in cui la tradizione della pittura zie ad ogni componente. murale ad affresco ha radici antiche e che Per rendere la proposta più funzionale ha visto il suo massimo sviluppo nel Tre- alle recenti indicazioni del Centro del Pa- cento: dall’arrivo di Giotto in città, intorno trimonio Mondiale (World Heritage Cen- al 1302 nella Basilica e nel Convento del tre), gli edifici contenenti i cicli di affreschi Santo, infatti prenderà avvio una straordi- candidati sono stati raggruppati in quattro naria stagione di cultura ed arte che prose- componenti: (1) Scrovegni ed Eremitani; guirà per tutto il XIV secolo. Giotto, Gua- (2) Palazzo della Ragione, Reggia, Batti- riento, Giusto de’ Menabuoi, Altichiero da stero e le loro piazze; (3) Cittadella Anto- Zevio, Jacopo Avanzi e Jacopo da Verona niana; (4) San Michele. sono i protagonisti di questa impresa: al Comincia così una fase, tuttora in pieno servizio di famiglie illustri, del clero, del svolgimento, di serrato lavoro da parte del Comune e della Signoria dei Carraresi gruppo composto dai referenti degli Enti dipingeranno straordinari cicli affrescati coinvolti (assieme ai rappresentanti dell’U- all’interno di edifici religiosi e civili dan- niversità degli Studi e della Soprintenden- do vita insieme alla nuova immagine della za Archeologia, Belle Arti e Paesaggio). città di Padova. La pittura murale di un se- Prende forma definitiva il dossier di can- colo intero, il Trecento, costituisce un pa- didatura (un documento che viene redatto trimonio straordinario che vede irradiarsi seguendo le Linee Guida Operative della dal capolavoro di Giotto un intreccio non Convenzione del Patrimonio Mondiale, cui solo di opere d’arte di alto valore, ma di re- deve essere abbinato il Piano di Gestione lazioni significative tra artisti e committen- divenuto obbligatorio dal 2005). ti, nell’unica città che ha saputo far tesoro, La prima fase della redazione del dossier sviluppare e trasformare il rivoluzionario (quella più descrittiva) si è svolta nell’am- linguaggio artistico del maestro toscano. bito di un ristretto gruppo di esperti, per Ancora oggi i cicli pittorici – tutti in ragioni legate alla necessità di ‘distillare’ buono se non ottimo stato di conservazio- e descrivere in maniera accurata il valore ne (altro prerequisito per la loro ‘candi- eccezionale universale degli affreschi pro- dabilità’) – sono ammirabili negli edifici posti. Infatti, la vastità della letteratura (sia originari, tutti immersi nell’attuale centro scientifica che divulgativa) prodotta negli storico di Padova: tutti i siti proposti per anni dai tanti esperti che si sono cimentati l’inserimento nella Lista del Patrimonio sul tema ha richiesto un lungo periodo di Mondiale devono essere fruibili, seppure analisi per selezionare le informazioni dav- in modo sostenibile, al pubblico. Si tratta vero essenziali per il dossier. di realtà differenti per committenza, artisti Tuttavia, anche durante questa fase sono coinvolti, funzioni degli edifici e proprietà, stati promossi una serie di incontri di ca- 5 Giorgio Andrian

Altichiero da Zevio, veduta interna dell'Oratorio di S. Giorgio in piazza del Santo.

rattere divulgativo allo scopo di tenere in- una volta iscritto, non è pensabile che l’in- formata la cittadinanza e tutti i portatori di tero carico sia esclusivamente intestato al interesse sugli sviluppi del lavoro. bilancio dell’ente pubblico. Similmente a Tutto questo ha portato all’importante quanto è accaduto in molti siti seriali re- ‘traguardo volante’ del 13 aprile 2018: in centemente inseriti nella Lista del Patrimo- quella data, nella bellissima cornice del nio Mondiale, anche per Padova si propone Palazzo della Ragione, si è tenuto un im- l’istituzione di una forma di governance ad portante incontro in occasione del quale è hoc, quale potrebbe essere una fondazione. stato firmato ilProtocollo di Intesa. Que- Entrare a far parte della più prestigiosa sto a significare che lo Stato Italiano si im- heritage community del mondo è certa- pegna a supportare la candidatura in modo mente un motivo di orgoglio; ma dovrebbe che sia presentata nella prossima scadenza soprattutto essere un impegno. Quello di utile: entro il gennaio del 2019, se tutta la prendersene davvero cura nelle modalità documentazione necessaria sarà completa- più consone non solo alla preservazione ta e tradotta in inglese, Padova Urbs pic- ma anche, e soprattutto, ad una sua fruizio- ta potrà ambire ad essere la candidatura ne, sostenibile ed intelligente. L’obbiettivo dell’Italia alla Lista del Patrimonio Mon- principale deve essere quello di servire da diale dell’anno. ‘laboratorio sociale’ per aumentare il be- Visti i risultati della partecipazione pub- nessere di chi (si spera sempre più perso- blica alle giornate in cui il video è rimasto ne) ne fruirà, e per essere fonte di ispira- visibile in città, questa forma di coinvolgi- zione alla creazione di nuove forme di cul- mento ha dimostrato tutta la sua potenzia- tura. D’altronde è proprio per questo che lità. Si è da poco concluso il primo round l’Unione Europea ha deciso di intitolare il dei ‘tavoli delle idee’, una serie di incon- tri, facilitati da professionisti, ciascuno dei 2018 come Anno Europeo del Patrimonio quali dedicato ad uno dei quattro macro Culturale. Proprio il Centro del Patrimonio temi indicati dall’Unesco: Formazione ed Mondiale dell’Unesco non smette mai di Educazione; Comunicazione e Promozio- allertare gli Stati Membri e i gestori dei siti ne; Ricerca e Conservazione; Fruizione e sui pericoli di un turismo dei grandi nume- Valorizzazione. L’ampia e costruttiva par- ri mal gestiti, che, oltre a non portare vera tecipazione incoraggia il gruppo di lavoro ricchezza sul territorio, impatta in modo a continuare in questa direzione. progressivamente insostenibile sul valore Sinora la maggior parte dei costi colle- eccezionale del bene universale. gati alla candidatura – così come la super- L’iscrizione alla Lista del Patrimonio visione scientifica, il project management Mondiale è una ‘finestra sul mondo’ dalla e la segreteria esecutiva – sono stati soste- quale potersi affacciare per prendere co- nuti dal Comune di Padova: è chiaro che, scienza di come le testimonianze più impor- pur restando l’amministrazione cittadina il tanti della storia, umana e naturale, del no- capofila di questo processo e, molto pro- stro pianeta vengono individuate e gestite. babilmente, il soggetto referente del sito l 6 Albertino Mussato e Padova

Albertino Mussato di e Padova Rino Modonutti

L’impegno civile del letterato padovano più rappresentativo della Padova comunale prima della Signoria, rivissuto attraverso alcuni avvenimenti legati alla sua attività di storiografo e di poeta.

Nell’aprile del 1314 un violento tumulto accade, diventa personaggio delle sue ope- sconvolse le vie di Padova: sobillata da re storiche. Niccolò e Obizzo da Carrara, i membri Il De gestis Italicorum prosegue fino al più giovani del casato, allora guidato da giugno del 1321 il racconto storiografico Giacomo il Vecchio e Ubertino, la plebs intrapreso nel De gestis Henrici septimi si scatenò contro importanti esponenti Cesaris, dedicato all’imperatore Enrico della pars Guelpha che reggeva per par- VII, di cui si racconta il viaggio in Italia, tem il Comune1. Nella Chronica de novi- fino alla sua morte (agosto 1313). I due De tatibus Padue et Lombardie di Gugliemo gestis costituiscono le più corpose opere Cortusi (n. 1285 ca., m. post 1361) non in prosa del Mussato, alle quali si devono viene chiarito subito chi siano le opposte aggiungere una monografia storica, la Tra- fazioni che si fronteggiano, in uno scon- ditio civitatis Padue ad Canem Grandem, tro che pare preordinato dai Carraresi per che narra le vicende che portarono all’in- porre rimedio ad alcuni bandi ritenuti in- staurazione della signoria di Marsilio da giusti2. Solo quando si è ormai in medias Carrara e alla consegna della città di Pado- res Cortusi ci informa che ai da Carrara, va a Cangrande della Scala, e il frammento «allora sostenuti dal popolo» («quibus po- storico Ludovicus Bavarus, sul viaggio in pulus tunc favebat»), si contrappongono Italia dell’imperatore Ludovico di Baviera «Macharuffi cum Altechinis, Runchiis», (1327-1329). Di argomento storico, ma in ossia appunto la pars Guelpha che, come esametri, è il poema De obsidione domini viene detto nel seguito del racconto, è so- Canis Grandis de Verona ante civitatem stenuta anche dal vescovo della città, Pa- Paduanam, che riprende fatti narrati anche gano della Torre. Proprio costui, animato nel De gestis Italicorum3. da spirito di concordia, cerca di riportare la Nell’aprile 1314, quando si scatena il calma, ordinando ai suoi alleati di ritirar- tumulto che qui interessa, Albertino, il cui si dalle piazze, ma, secondo il cronista, a ruolo politico è andato crescendo dalla danno di quest’ultimi: «fuit destructio sue morte (1310) di Vitaliano del Dente, suo partis». La plebs si accanisce così in par- patrono e promotore, nonché usuraio di ticolare su Ronchi e Altichini, massacrati dantesca memoria, è ormai uno dei mem- barbaramente; il sostegno loro offerto dal bri di primo piano della pars Guelpha4. Per podestà Dino de’ Rossi da Rimini non solo questo motivo è tra coloro che vengono non li salva, ma provoca invece la precoce presi di mira dalla furia popolare durante interruzione della sua podestaria. Nel De i disordini: le sue case, nella zona di Ponte gestis Italicorum post Henricum septimum Molino, vengono assediate e Mussato si Cesarem di Albertino Mussato (n. 1261, m. vede costretto a fuggire rocambolescamen- 1329), dedicato proprio al vescovo Paga- te alla volta di Vigodarzere; solo il soprag- no, di quel sanguinoso tumulto si legge un giungere di Niccolò e Obizzo da Carrara resoconto non solo più articolato, vivido e con il loro seguito armato riesce infine a drammatico, ma che mette in luce un altro distrarre la turba inferocita. L’esilio di importantissimo attore, taciuto dal Cortusi, Albertino dura però soltanto pochi gior- ossia lo stesso Albertino che, come spesso ni: non appena gli animi si placano, gra- 7 Rino Modonutti

zie all’intervento degli stessi Carraresi, è Frontespizio proprio il capo di quella casata, Giacomo dell'editio princeps il Vecchio in persona, a promuovere il ri- della Historia Augusta, chiamo con tutti gli onori del concittadino, che ha inaugurato non ancora incoronato come poeta e sto- l'attività di storiografo di Albertino Mussato. rico, ma – come si è detto – già figura di spicco nel panorama politico cittadino5. Lo conferma, sempre in relazione a que- sti fatti dell’aprile 1314, una «consulta de’ Trevigiani», dove si afferma che il tumulto padovano sarebbe nato da una contrappo- sizione «precipue inter dominum Iacobum de Carraria et dominum Mussatum et eo- rum sequaces», un’affermazione che rico- nosce ad Albertino addirittura l’egemonia della sua pars. Finito il resoconto dei drammatici fatti di quell’aprile di sangue, composto non senza uno spiccato gusto del macabro, Mussato sospende la narrazione e inserisce nell’ope- ra una lunga invettiva contro la plebe pado- vana, derivante probabilmente da un vero discorso tenuto al rientro da Vigodarzere: forse la pagina più accorata ed eloquente sul suo rapporto colla patria e sul ruolo rivestito nella vita cittadina, connotata da e poi ancora per placarne l’ira, dopo che una memoria particolarmente viva e appas- Padova ne aveva rifiutato le proposte. Ma sionata degli antichi (Ovidio, Lucano, Vir- anni prima le parole del Mussato avevano gilio, Seneca tragico, ma anche Livio)6. Il già reso munifico verso la città il temibi- nucleo dell’invettiva mussatiana contro la le Bonifacio VIII. Il secondo contributo plebe è costituito da un’orgogliosa e anche di Albertino alla grandezza del Comune e sprezzante rivendicazione dei propri meriti alla sua libertà è poi costituito dalla gestio- verso la stessa e più in generale verso la ne diretta del governo, in particolare nelle città, ingrata perché incapace di riconosce- funzioni di anziano, una dignità che egli re i suoi limiti e il generoso sacrificio del paragona all’antico consolato dei Romani, suo illustre cittadino. Il patetismo è a tratti che ricoprì nel 1312 e nel 1313. Ma egli così accorato da sfiorare, ai nostri occhi, andava molto fiero di un terzo aspetto del quasi il ridicolo come quando, senza alcun suo servizio civico, ossia per avere com- apparente rossore, Albertino arriva a para- battutto in armi, come miles del Comune, gonare i mesi in cui fu alla guida della città in difesa della città. Nell’invettiva del De agli anni in cui Dio ha guidato il popolo gestis Italicorum si ricordano tre scontri di Israele nel deserto, mettendosi in bocca che lo avrebbero visto combattere in pri- la lamentazione del Cristo morente degli ma linea, per poi essere abbandonato nel improperia della settimana santa («Popule momento culminante della battaglia dai meus, quid feci tibi? Duxi te...»), mentre compagni d’armi. Più avanti nell’opera, lo risultano più in linea con i temi del discor- storico racconta di un quarto episodio di so (e più coerenti con la cultura preumani- eroismo militare. Nell’autunno del 1314 i stica dell’autore) i paragoni con Camillo, Padovani organizzano una sortita per pro- Scipione e Seneca. vare a riprendere il controllo di Vicenza. Il primo fondamentale aiuto a Padova, Il tentativo fallisce a causa dell’insipien- Mussato lo aveva offerto con le sue capaci- za tattica di chi guidava i Padovani, Vanni tà di ambasciatore e quindi di oratore: egli, Scornigiani, e del repentino sopraggiunge- «pusillus», è stato inviato al Cesare Enrico re di un Cangrande della Scala furente e VII per trattare la salvezza della sua città impavido, che si precipita da Verona «più 8 Albertino Mussato e Padova

veloce di un rinoceronte». Mussato è an- imparzialità storiografica, perché risulta che in questo caso in prima linea: sbalzato evidente che la storia, prima che memoria da cavallo, viene ferito e fatto prigioniero per i posteri, è stata per Mussato strumento insieme a buona parte del gruppo dirigente e voce della sua stessa azione politica. Tut- padovano (primo fra tutti Giacomo da Car- tavia l’epitafio di Albertino (forse un auto- rara). Durante la prigionia continua, però, a epitafio?) ce ne consegna un ritratto netto difendere, di nuovo con le sue argute paro- e senza sfumature in cui sembrano volersi le, la patria, senza farsi intimorire dal temi- fondere tutti gli aspetti della sua multifor- bile Scaligero che lo ha in quel momento me azione politica e letteraria: Padovano, alla sua mercé. poeta tragico e civile, «praebuit aetati vi- L’altro grande servizio che Mussato, tae monumenta futurae, / ut sit ab externis questa volta come poeta, offrì alla sua città cautior illa malis»10. Insomma, non è solo è la composizione dell’Ecerinis, tragedia la sua poesia, ma sono anche i vitae monu- senecana sull’ascesa, la brutalità e la rovi- menta, la sua vita, a ricordare che dai tiran- nosa caduta del tiranno Ezzelino III da Ro- ni bisogna guardarsi e grande deve restare mano, la dantesca «facella / che fece alla la libertatis cupido11. contrada grande assalto»7. La poesia tragi- l ca mussatiana non può infatti prescindere dalla sua finalità civile: essa nasce come un monito al popolo, che nella tragedia è pre- sente a costituire il coro, perché si guardi dai tiranni e riconosca dietro il demonia- co fantasma ezzeliniano i tratti del vicino 1) Cfr. J.K. Hyde, Padova nell’età di Dante. 8 Storia sociale di una città-stato italiana, Trieste, Cangrande della Scala . Lint, 1985 (ed. orig. 1966). Nel 1328, dissoltisi nell’insuccesso sia 2) Sul Cortusi, J.K. Hyde, Cortusi, Guglielmo, in Dizionario biografico degli italiani, vol. XXIX, l’impegno politico e militare che il moni- 1983, pp. 806-807. to civile della poesia, nelle ultime pagine 3) Per la sua biografia: M. Zabbia, Mussato, della Traditio civitatis Padue ad Canem Albertino, in Dizionario biografico degli italiani, vol. LXXVII, 2012, pp. 520-524; G.M. Gianola, Grandem, Mussato, ormai definitivamen- Profilo biografico, in A. Mussato, Traditio civitatis te in esilio, riprenderà i toni dell’invettiva, Padue ad Canem Grandem–Ludovicus Bavarus, a cura di Ead. e R. Modonutti, Firenze, SismeL questa volta contro il nuovo signore Mar- Edizioni del Galluzzo, 2015, pp. 3-17; D. Gallo, silio da Carrara che ha svenduto la libertà Mussato, Albertino, in Clariores. Dizionario bio- padovana allo Scaligero9: su di lui si invo- grafico dei docenti e degli studenti dell’Università di Padova, Padova University Press, Padova 2015, ca, con esplicita citazione dall’Hercules fu- pp. 240-241; e, da ultimo, i saggi raccolti in “Mo- rens di Seneca (v. 385), la remunerazione ribus antiquis sibi me fecere poetam”. Albertino Mussato nel VII Centenario dell’incoronazione divina, perché «un dio vincitore segue alle poetica (Padova 1315-2015), a cura di R. Modo- spalle i superbi». nutti ed E. Zucchi, Sismel Edizioni del Galluzzo, Firenze 2017 (MediEvi, 17). Le parole contro Marsilio sembrano 4) Cfr. Gianola, Profilo biografico cit., p. 7. chiudere in maniera definitiva il discorso 5) Il racconto del tumulto e l’invettiva di cui si intrattenuto per anni dal Mussato con la dirà occupano buona parte del libro IV del De ge- stis Italicorum. sua città. Ma il miles, l’anziano del Comu- 6) R. Modonutti, Le orazioni nelle “Storie” di ne, il legato è nel frattempo diventato uno Albertino Mussato, in “Moribus antiquis” cit., pp. 125-140. storico e ha ancora un interlocutore a cui 7) Par., IX, 29-30. Nel IX canto del Paradiso di non smetterà di parlare fino a pochi giorni Dante è Cunizza da Romano a parlare del fratello prima della sua morte, ossia quei posteri Ezzelino. 8) G.M. Gianola, Tra Padova e Verona: il Can- che leggeranno la sua testimonianza e po- grande di Mussato (e quello di Dante), in Gli Sca- tranno giudicare sui fatti di cui egli è stato ligeri (1277-1387), Verona, Comune di Verona- Arnoldo Mondadori Editore, 1988, pp. 51-60. testimone. Albertino dedica così i suoi ul- 9) La Traditio si legge ora, per le cure di Gio- timi giorni ad abbozzare una nuova opera vanna M. Gianola, in Mussato, Traditio civitatis Padue cit., dove, in appendice, è stato ristampato sulla discesa in Italia di Ludovico il Bava- il volgarizzamento dell’opera di Lazzaro Malro- ro. Certo il bilanciamento tra tutti i ruoli tondi nell’ed. curata da Aulo Donadello. ricoperti dal Padovano è problema ben 10) G. Vedova, Biografia degli scrittori pado- vani, Coi tipi della Minerva, Padova 1836, vol. I, più complesso di quanto egli stesso voglia p. 626. suggerirci con la sua fiera dichiarazione di 11) De obsidione, I, 484. 9 Gregorio Piaia

Marsilio da Padova di difensore dell'Impero Gregorio Piaia

Le vicende biografiche e il pensiero politico del grande “eretico patavino”, approdato dalla città di Antenore alla corte di Ludovico il Bavaro.

«Marsilio da Padova: chi era costui?» si studenti per avere manifestato a lezione la sarà chiesto più di un padovano passan- sua personale vicinanza alla «scuola ma- do per un’affollata viuzza del centro sto- terialista»1. rico intitolata a questo personaggio, nota Chi era dunque Marsilio, questo man- ai più perché sede di un antico ristorante. giapreti che, guarda caso, era figlio della In effetti non ci sono in città altri segni Padova ‘bianca’, dato che nel panorama visibili del nostro Marsilio, che resta al- politico di quel tempo la nostra città era quanto misterioso. Non è una novità: alla apertamente guelfa, come lo sarebbe stata Biblioteca Civica è conservata una lettera poi anche in tempi assai più recenti? Mar- inviata al sindaco nel 1876 da Napoleo- silio era nato in contrada di Santa Lucia, ne Pietrucci, letterato e scrittore di cose presumibilmente fra il 1284 e il 1287, da locali, nella quale si auspicava l’erezione una famiglia (i Mainardini) di giudici e di un monumento a Marsilio da Padova. notai. Iniziati gli studi di filosofia e medi- Il Pietrucci accompagnava questa lettera cina nella città natale, nel 1312-13 lo tro- con alcuni dati biografici, sottolineando viamo all’Università di Parigi, ove ricoprì con enfasi che Marsilio era stato un pre- per alcuni mesi la carica di rector (assai cursore del liberalismo e della moder- diversa da quella degli attuali rettori). Nel na concezione dei rapporti fra Chiesa e 1315 è a Padova e figura fra i testimoni Stato: «Quest’uomo immortale che nella della professione di fede e del testamen- sua vasta intelligenza precorse di cinque to di Pietro d’Abano, che abitava nella secoli i principi che reggono la moderna stessa contrada e del quale era stato forse società. Quest’uomo, infine, che divinan- allievo. Nel 1318 è in lizza per ottenere do la gran mente di Camillo Cavour pro- un beneficio canonicale nella città natale. pugnò civilmente, in onta alla scomunica L’anno successivo fu incaricato da Can- e alla minacciata tortura, la libera Chiesa grande della Scala e da Matteo Visconti di in libero Stato […]». Qualche mese dopo, svolgere una missione in Francia presso il 12 febbraio 1877, l’assessore anziano Carlo de la Marche (il futuro re Carlo IV) rispose che la proposta era ben motivata, per indurlo a capeggiare la lega ghibellina per cui l’amministrazione comunale si sa- dell’alta Italia, ma l’esito fu negativo. Il rebbe fatta promotrice di una sottoscrizio- giorno di San Giovanni (24 giugno) del ne pubblica per erigere un monumento a 1324 Marsilio concluse a Parigi la stesu- Marsilio. In realtà non se ne fece nulla, ra del Defensor pacis, un’opera scritta in ma qualche anno dopo, nel 1882, venne appoggio di Ludovico il Bavaro contro le pubblicata a Padova presso i Fratelli Sal- pretese teocratiche del pontefice Giovan- min una monografia intitolata Marsilio da ni XXII, dopo di che si rifugiò in Baviera Padova riformatore politico e religioso insieme con l’amico Giovanni di Jandun. del secolo XIV, opera di Baldassare La- Nel 1327 Marsilio viene giudicato ereti- banca, un ex sacerdote molisano che nel co e quindi scomunicato con la bolla pa- 1879 era stato nominato professore di fi- pale Licet iuxta doctrinam e il Defensor losofia morale nel nostro Ateneo e che il 2 pacis è messo al rogo. Marsilio scese poi giugno 1880 era stato contestato da alcuni in Italia al seguito di Ludovico il Bava- 10 Marsilio da Padova difensore dell'Impero

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1. Peter von Cornelius, L'incoronazione di Ludovico il Bavaro (Monaco di Baviera, porticato dello Hofgarten: ciclo di affreschi di Peter von Cornelius (1783-1867), dedicato alle vicende del casato 1 bavarese dei Wittelsbach, temporali della Chiesa sono assoggetta- cui apparteneva ro, che a Roma fu incoronato imperatore l’imperatore. il 17 gennaio 1328 dai rappresentanti del ti all’imperatore; 2) gli apostoli ebbero popolo romano (figg. 1 e 2). Ispirandosi pari autorità e Cristo non pose alcuno a 2. Marsilio da Padova alle tesi di Marsilio, Ludovico fece desti- capo della Chiesa; 3) spetta all’imperato- (particolare dell'affresco tuire il papa Giovanni XXII (che risiedeva re istituire, destituire e punire il papa; 4) precedente). ad Avignone) per poi proclamare al suo i sacerdoti, i vescovi e il papa godono di posto l’antipapa Niccolò V (12 maggio eguale autorità; 5) il papa e il clero non 1328). In questo periodo Marsilio svolse detengono alcun potere coattivo in questo le funzioni di vicario in spiritualibus nella mondo, a meno che non sia loro concesso città di Roma. Nell’agosto 1328, temen- dall’imperatore. Marsilio non era dunque do l’avanzata da sud di Roberto d’Angiò, un sostenitore della libera Chiesa in libe- l’imperatore lasciò Roma e con il suo se- ro Stato, come asseriva il buon Pietruc- guito, di cui faceva parte anche Marsilio, ci, ma, grazie anche alla negazione del ripiegò verso Pisa e poi la pianura padana, primato di Pietro e dei suoi successori, facendo infine ritorno nel 1330 a Monaco puntava alla totale sottomissione della di Baviera. Marsilio rimase alla corte di Chiesa all’autorità civile, ovvero al cesa- Ludovico, che però prese ufficialmente ropapismo: una prassi politica non certo le distanze dalle sue posizioni dottrinali, nuova, che risale all’imperatore Costan- nell’intento di comporre il dissidio con tino ed era stata sistematicamente appli- il papato. L’autore del Defensor pacis cata nell’impero bizantino e nell’alto me- (quest’opera sarebbe stata pubblicata per dioevo latino fino alle riforma gregoriana. la prima volta a Basilea nel 1522 ad opera Cos’è allora che rende nuova e temibile la di seguaci di Lutero, fig. 3), continuò co- posizione di Marsilio? La novità consiste munque a sostenere nei suoi scritti mino- nell’impianto dottrinale con cui Marsilio ri le istanze dell’imperatore. Il 10 aprile fonda e legittima una prassi che era già 1343 il papa Clemente VI durante un con- in atto da tempo e che egli trasforma in cistoro diede notizia dell’avvenuta morte una vera e propria ideologia, facendo del dell’eretico patavino. Defensor pacis un esplosivo dossier di Ma veniamo alle cinque «eresie» in- argomentazioni prima filosofiche (nella dividuate nel Defensor pacis: 1) i beni prima parte dell’opera) e poi teologiche 11 Gregorio Piaia

(nella seconda parte) contro la dottrina ficazione quantitate vel qualitate, che fa papale della plenitudo potestatis, ovvero riferimento sia al dato numerico (per cui della «pienezza di potere» (temporale e ogni cittadino vale un voto) sia a quello spirituale) che compete al sommo ponte- qualitativo (l’appartenenza al ceto nobi- fice in quanto vicario di Cristo in terra. liare o a una data corporazione), tipico di Questa dottrina aveva alle sue spalle un una società fortemente corporata qual era forte apparato concettuale, imperniato quella medievale. sulla concezione di ‘gerarchia’ elaborata Questo disegno teorico è riconducibi- dallo pseudo Dionigi l’Areopagita (sec. le non tanto alle istituzioni della Padova V-VI d.C.), un autore cristiano imbevuto comunale (e guelfa), come sostenne a del neoplatonismo di Proclo, per cui chi suo tempo John Kennet Hyde2, quanto opera per fini superiori e spirituali ha il ai grandi regimi signorili (e ghibellini) diritto di avere sottomesso chi opera sul che si erano imposti in alta Italia: la si- piano puramente terreno, perché la felici- gnorìa degli Scaligeri a Verona e quella tas terrestris è un bene inferiore rispetto dei Visconti a Milano. È alla luce del alla felicitas coelestis. ricordato impegno politico di Marsilio Per smontare questo congegno dottri- negli anni 1318-19 al servizio della lega nale Marsilio utilizza quanto di meglio ghibellina che vanno lette le pagine del c’era allora sul piano filosofico, e cioè Defensor pacis in cui Hyde credeva di Aristotele. Egli intende dare un’imposta- individuare una corrispondenza con gli zione ‘naturale’ e ‘scientifica’ allo studio ordinamenti della Padova comunale: una della civitas seu regnum, ovvero dello corrispondenza che suona invero astratta, Stato. Ed ecco che la Politica di Aristo- dato che le vicende della nostra città ne- tele viene utilizzata ampiamente nella gli anni che precedono la comparsa del prima parte del Defensor pacis per fon- Defensor pacis ci mostrano un vorticoso dare il potere civile in maniera diversa susseguirsi di mosse, contromosse e pro- rispetto ai teorici della teocrazia. In linea poste di affidamento in signorìa ora all’u- con il concetto aristotelico-scolastico di no ora all’altro personaggio, nel tentativo scientia, Marsilio vuole infatti studiare di sfuggire al minaccioso espansionismo le «cause» da cui nasce l’autorità civile. di Cangrande. In realtà occorre tener pre- Certo, egli non si discosta dall’orizzonte sente che l’identificazione marsiliana del cristiano medievale, quindi la causa pri- legislator con il populus seu universitas ma è Dio, ma si tratta solo di una causa civium seu eius valentior pars è principio remota (a Deus tamquam a causa remo- formale di sovranità e fonte di legittimi- ta) che rimane sullo sfondo, mentre l’at- tà non solo del governo comunale tradi- tenzione va rivolta alla causa seconda o zionalmente inteso, bensì anche dell’in- immediata – e qui fa capolino l’approc- cipiente potere signorile: è quest’ultimo cio che Pietro d’Abano prospettava per lo che impersona la pars principans, che studio dei fenomeni naturali, ora esteso dunque verrebbe a corrispondere non al ai fenomeni politici e sociali. Per Marsi- podestà e al corpo dei giudici e notai pa- lio questa causa immediata è rappresen- dovani – come sosteneva Hyde – bensì tata dal populus seu universitas civium, alla persona del “signore”, incarnata per seu eius valentior pars (Defensor pacis, l’appunto da personaggi come Cangrande I, xii, 3), cioè dall’insieme dei cittadini e Matteo Visconti. A sua volta il signore ovvero dalla loro «parte più valente», che vede il suo potere riconosciuto e ‘confer- detiene quindi il potere di legiferare (le- mato’ dall’autorità dell’imperatore grazie gislator). Questa formulazione suona as- all’istituto del vicariato imperiale, per cui sai moderna ed è stata spesso vista come la figura del signore ghibellino funge da un’anticipazione del moderno principio medium fra l’autorità imperiale e il pre- democratico. In realtà essa va contestua- sunto ‘repubblicanesimo’ di Marsilio3. lizzata, tanto più che in uno dei codici del In linea di principio il potere di gover- Defensor pacis l’espressione seu eius va- nare, nonché di fare le leggi, spetta dun- lentior pars è accompagnata dalla speci- que alla universitas civium, che affida 12 Marsilio da Padova difensore dell'Impero

l’esecuzione di tali compiti alla pars prin- 3. Frontespizio della cipans ossia ai governanti in senso stretto. editio princeps Viene da chiedersi, a questo punto, qua- del Defensor pacis le sia il posto del clero nella civitas seu (Basilea 1522): Marsilio, regnum così ridisegnata. Il clero o pars con in capo un berretto, figura dietro l’imperatore sacerdotalis, come la chiama Marsilio, Ludovico, accanto è soltanto una delle parti o classi o ceti all’alabardiere. che compongono lo Stato e la sua “causa finale” – il linguaggio è sempre aristoteli- co – è esclusivamente spirituale e quindi proiettata nella dimensione ultraterrena, mentre sul piano temporale esso è sotto- posto all’autorità civile. È da precisare che questo ordinamento istituzionale si desume dalla prima parte del Defensor pacis, che ha un carattere strettamente filosofico-politico. Nella seconda parte dell’opera, in cui il discorso si fa ecclesio- logico-politico e il ruolo dell’imperatore balza in primo piano, il legislator viene progressivamente identificato con l’im- 3 peratore, e qui subentra la visione medie- vale del concetto di repraesentatio, che è 1) Mi permetto di rinviare in proposito al mio molto diversa dal nostro concetto di “rap- volume Marsilio e dintorni. Contributi alla storia presentanza” in senso democratico: l’im- delle idee, Padova 1999, pp. 359-387. Cfr. inoltre L’Università di Padova nei secoli (1806-2000). peratore “rappresenta” infatti tutti quanti Documenti di storia dell’Ateneo, a cura di P. Del i suoi sudditi, anzi egli “rappresenta” pro- Negro e F. Piovan, Crocetta del Montello 2017, priamente i Grandi Elettori, i quali a loro pp. 204-205. Il Labanca rimase a Padova assai poco, giacché nel 1881 ottenne il trasferimento volta “rappresentano” idealmente l’intera all’Università di Pisa, non sopportando il clima feudalità e questa “rappresenta” l’intero nebbioso e umido della città euganea. popolo dei sudditi... Di qui il contrasto, 2) J.K. Hyde, Padova nell’età di Dante, tr. it., Trieste 1985, p. 187. spesso segnalato dagli studiosi, fra l’ap- 3) Cfr. G. Piaia, The Shadow of Antenor. On parente modernità della prima parte del the Relationship between the Defensor pacis and the Institutions of the City of , in Politische Defensor pacis e il persistente carattere Reflexion in der Welt des späten Mittelalters/ Po- medievale della seconda parte: un contra- litical Thought in the Age of Scholasticism. Es- sto che nasce dall’intento di far convivere says in Honour of Jürgen Miethke, hrsg. von M. Kaufhold, Leiden-Boston 2004, pp. 193-207. insieme, in funzione antiteocratica, la po- 4) Del Defensor pacis sono disponibili in lingua lis aristotelica, i regimi signorili del primo italiana due traduzioni integrali: Il difensore del- la pace, a cura di C. Vasoli, Torino 1960 (19752); Trecento e l’istituzione del Sacro Romano Il difensore della pace, a cura di M. Conetti, C. Imperatore4. Fiocchi, S. Radice, S. Simonetta, introd. di M.T. Ma è proprio in questa operazione che Fumagalli Beonio Brocchieri, Milano 2001. Della vastissima letteratura su Marsilio mi limito qui a consiste semmai la “modernità” di Marsi- menzionare i più recenti apporti ‘patavini’: G. Ma- lio, che si coglie nella prevalenza dell’im- glio, Autonomia della città, dell’uomo e religione in Marsilio da Padova, S. Pietro in Cariano (Vr) postazione ideologica (finalizzata alla 2003; M. Merlo, Marsilio da Padova. Il pensiero conquista e poi alla conservazione del della politica e la grammatica del mutamento, Mi- potere) su quella astrattamente dottrinale, lano 2003; R. Battocchio, Ecclesiologia e politica in Marsilio da Padova, Padova 2005; U. Vincen- che pone invece in primo piano la coeren- ti, Il modello della legge repubblicana nell’opera za del discorso teorico. Su questo punto di Marsilio da Padova, in Tradizione romanistica e Costituzione, dir. da L. Labruna, Napoli 2006, di vista, a ben vedere, il padovano Marsi- II, pp. 1792-1807; E. Ancona, Marsilio da Pado- lio, nonostante il suo massiccio ricorso ad va. Indagine su un enigma storiografico, Padova Aristotele, non appare molto lontano dal 2012; S. Collodo, R. Simonetti, Filosofia naturale 4 e scienza dell’esperienza fra medioevo e umane- fiorentino Niccolò Machiavelli . simo. Studi su Marsilio da Padova, Leon Battista l Alberti, Michele Savonarola, Treviso 2012. 13 Dario Canzian

I Carraresi di “zitadini de Padoa” Dario Canzian

La parabola della signoria carrarese su Padova (1318-1405) maturò in un vivace e originale rapporto dialettico con la collettività urbana. Luci e ombre caratterizzarono questa relazione, nella quale, come ha scritto un cronista, i Carraresi interpretarono il ruolo di "mariti e signory" della città.

Nel luglio del 1404 è appena agli inizi la avvicinarono progressivamente al mondo guerra che l’anno dopo determinerà la ca- urbano, sfruttando i legami vassallatici col duta di Padova sotto il dominio di Vene- vescovo di Padova e partecipando fattiva- zia, dopo quasi mezzo secolo di scontri. I mente nel complesso rapporto tra il comu- Veneziani decidono di attaccare una delle ne di Padova e il Barbarossa, schierandosi bastite della “linea Maginot” allestita dai dalla parte dell’imperatore, peraltro. da Carrara lungo il confine lagunare e asse- Il loro patrimonio già nel XII secolo è diano Gambarare, presso Mira. Qui si porta enorme: possiedono beni in tutta la bas- allora il signore di Padova, Francesco No- sa padovana (Bovolenta, Pernumia – di vello, per dirigere di persona la resistenza, cui si definiscono ‘conti’ – Arquà, Abano, e la fonte cronistica ce lo mostra «portando Montegrotto, Anguillara, Conselve, Sacco, la civiera [una specie di carriola o lettiga Agna, ecc.). Sposano donne importanti: con ruote, adibita al trasporto della terra o Jacopino da Carrara nella seconda metà di altri inerti] per dare asenpio e cunforto a’ del XII secolo impalma prima Speronella suoi fedelli citadini». Dalesmanini e poi Maria da Baone, ere- Sicuramente, sarebbe stato ben diffici- ditiere ricercatissime per evidenti ragioni le vedere altri signori italici adoperarsi in patrimoniali e di potere. questa mansione. L’episodio, certo margi- Il percorso attraverso cui i da Carrara, nale, evidenzia comunque una caratteristi- come pure le altre grandi famiglie del tem- ca che contraddistingue la signoria carrare- po, riuscirono a mettere insieme un com- se fin dai suoi esordi, e cioè il suo carattere plesso di beni e un potere sugli uomini così potremmo dire ‘civico’. Che non vuol dire vasto in parte ci sfugge ancora. Nella mag- certo ‘democratico’. Vuol dire che i da gior parte dei casi noi vediamo il dato di Carrara vivono la loro esperienza signorile fatto già compiuto, anche se alcune trafile ‘all’interno del circuito della cittadinanza’, – come ad esempio quelle vassallatiche – come ha scritto Girolamo Arnaldi. sono riconoscibili. Pure, ad inizio Duecen- Questo per i da Carrara fu un punto d’ar- to secondo il ben informato Rolandino, an- rivo. Essi infatti non erano nati signori di cora i da Carrara non sono annoverabili tra Padova, e non erano neanche nati ‘cittadi- le quattro grandi casate che dominano nella ni’. Le loro tracce risalgono ai primi de- Marca, e che sono gli Este, i da Romano, i cenni del secondo millennio, quando sap- da Camposampiero e i da Camino. Non era piamo che possedevano un castello nella ancora venuto propriamente il loro tempo, località che ancora reca il loro nome (Car- evidentemente, anche se sono già in primo rara S. Stefano, oggi Due Carrare), e dove piano sull’agone politico padovano, come esisteva anche il loro monastero di fami- dimostra lo scontro con Ezzelino III da glia, Santo Stefano. Romano, che fece decapitare Giacomo da Non erano molto diversi da molti casati Carrara e distruggere il castello avito della della pianura veneta, lo spazio che allora si stirpe, il simbolo dell’unità della famiglia e chiamava Marca Veronese e che dalla metà l’emblema del loro status signorile. circa del Duecento si chiamerà Marca Tre- Dopo la fine dei da Romano la famiglia vigiana. Anche loro, come molti altri, si è annoverata dal comune urbano tra i ma- 14 I Carraresi “zitadini de Padoa”

1 2 3 4 gnati di Padova, cioè quelle famiglie a cui niero nel 1314 da Cangrande insieme ad 1. Giacomo I, il Grande, si riconoscevano speciali prerogative si- altri 1500 padovani in uno dei tentativi di primo signore di Padova. gnorili che comportavano privilegi – come riprendere Vicenza, si propone allo stesso 2. Ubertino, terzo signore il mantenimento di alcune facoltà di go- Cangrande come mediatore e per questo di Padova. verno nei loro possedimenti – e obblighi, viene rinviato in città dove impone una trat- 3. Francesco I, il Vecchio, come quello di catturare i malfattori sem- tativa che libera i carcerati per motivi poli- settimo signore pre all’interno dei loro possessi. tici e condanna all’esilio gli estrinseci: chi di Padova. Il momento dei Carraresi viene con la è rimasto in città insomma, si salva, chi l’ha 4. Francesco II, il Novello, crisi del comune. E questa crisi si profila abbandonata non ha diritto di ritornarci. ottavo e ultimo signore con la discesa in Italia dell’imperatore En- Le mosse successive del futuro capita- di Padova. rico VII di Lussemburgo, nell’ottobre del no generale di Padova sono tutte ispirate (Miniature dei principi 1310. Per Padova è un disastro: l’ordine al mantenimento di un punto di equilibrio Carraresi, dei cimieri e delle loro insegne imperiale prevede che la città debba rinun- tra le spaccature che dividono la città, dal cod. B.P. 158 ciare al dominio di Vicenza, ottenuto nel con uno sguardo ben puntato, s’intende, della Biblioteca Civica 1266, che passa nelle mani di Cangrande all’affermazione della propria centralità di Padova). della Scala, fatto vicario imperiale. rispetto all’ordine politico e militare. Ri- È una ferita questa per il comune assumendo, Padova tra il 1317 e il 1320 è padovano, che aveva conosciuto una lunga messa sotto dura pressione da Cangrande. fase di crescita nel potere e nella ricchezza, Le famiglie si dividono: una parte, che ad che non si rimarginerà più. Viene meno in- un certo punto è addirittura maggioritaria, fatti improvvisamente la possibilità che il finisce per avvicinarsi allo stesso signore comune possa divenire un redistributore di ghibellino. Giacomo da Carrara, guelfo, nuove ricchezze per i suoi gruppi eminenti, “ma non nemico dei ghibellini” (!), racco- considerato soprattutto che la ricchezza del glie attorno a sé le forze decise a resistere. comune di Padova è al momento soprat- Le circostanze in cui viene fatto capitano tutto fondiaria. Si capisce insomma che sono interessanti. Solo pochi mesi prima se nella fase di espansione tutti potevano in consiglio comunale era stata avanza- intravedere prospettive sicure per sé e per ta la proposta di nominare un “capitano i propri figli, ora si apre la lotta per il pre- del popolo”, una magistratura tipica dei dominio locale, per spartirsi quello che è regimi comunali popolari. Ma una forte rimasto. opposizione, alimentata soprattutto dai I tentativi di recuperare Vicenza con la Carraresi aveva impedito questo sviluppo. forza falliscono, e le famiglie padovane su- Poco dopo ecco che non più un ‘capitano bito si spaccano mettendo in crisi il comu- del popolo’, cioè un capitano di parte, ma ne. E qui comincia a venir fuori la figura ‘un capitano generale’, Giacomo I, appun- di Giacomo da Carrara che, fatto prigio- to, si vede affidare il governo di Padova. 15 Dario Canzian

Il tutto avviene all’interno di una perfetta 5. Tomba di Marsilio I, cornice istituzionale. Secondo il cronista primo signore di Padova. Guglielmo Cortusi, infatti, tanto «omnes (S. Stefano di Carrara, de parte ecclesie», rimasti timorosi in città chiesa parrocchiale). dopo gli allontanamenti di cui si è detto, quanto «omnes de parte imperii de man- dato domini Canis», approvarono questa decisione. Così, il 25 luglio del 1318, nel pieno e generale arengo riunito nella sala maggiore del palazzo comunale di Pado- va, alla presenza del podestà, Giovanni da Molin di Venezia, degli Anziani, di quindi- 5 ci Gastaldioni e di quasi tutto il populus di Padova, il «nobile e inclito» Giacomo da definire i poteri di Giacomo, il suo stipen- Carrara veniva nominato «protector, de- dio, i suoi doveri. Secondo, Giacomo non fensor, gubernator et capitaneus generalis ha ancora la forza sufficiente per imporsi civitatis Padue et districtus et totius populi davvero come signore cittadino perché una Paduani». Tra le facoltà che gli venivano parte importante della componente milita- riconosciute c’erano la piena giurisdizio- re-aristocratica ha abbandonato la città e si ne «in criminalibus et civilibus», il dovere è avvicinata a Cangrande, forse proprio in dell’obbedienza da parte di tutti gli ufficiali contrapposizione allo stesso Giacomo, più comunali, il diritto di intervenire sugli sta- che per adesione alla parte del vicario im- tuti, il diritto di intervenire sull’elezione, periale. e l’eventuale deposizione, di Anziani, Ga- Come si sa, Giacomo fu per questo co- staldioni e di tutti gli ufficiali, i podestà e i stretto a ricorrere quasi subito all’aiuto capitani del distretto; il diritto di approvare esterno, cioè al duca d’Austria e al conte preventivamente le assemblee e le riunioni di Gorizia, grazie ai quali la città riuscì a indette da tutti gli organi collegiali del co- liberarsi dalla morsa scaligera, ma di fatto mune, e di intervenire in esse con proposte. si poneva in una condizione di subordina- Gli veniva infine riconosciuto il privilegio zione militare rispetto a un potere esterno. di edificare una propria degna residenza a E alla fine, mettendo in campo una buona spese del comune, un salario di 12.000 lire dose di realpolitik, il successore di Giaco- annue. mo, il nipote Marsilio, nel 1328 consegnò Secondo Silvana Collodo, «il capitanato la città al suo nemico storico, dietro garan- di Giacomo da Carrara deve essere consi- zia di un ruolo di mediazione tra i nuovi derato il punto massimo di evoluzione del signori, Alberto II e Mastino II della Scala, regime anteriore» perché «sancì formal- e la cittadinanza. mente la superiorità magnatizia e ridusse Le cose cambiano con il vero inizio del- ad organi esecutivi gli istituti comunali», la signoria carrarese, cioè con la cacciata portando in questo modo a compimento degli Scaligeri (1337) e l’insediamento «il processo di distinzione istituzionale fra di Marsilio e subito dopo di Ubertino nel potere politico-militare e compiti ammini- ruolo di signori della città, con l’avallo strativi (…), realtà già implicita nell’ordi- veneziano. Una svolta ancora più decisa namento ad comune». viene data poi da Giacomo II, che ottiene Dunque, se sul piano sostanziale il pote- il ruolo di vicario imperiale, e soprattutto re che viene riconosciuto a Giacomo è inu- da Francesco I. La successione Giacomo suale in un regime comunale, e certamente II-Francesco I, peraltro, per quanto segna- questo segna uno scarto di tipo istituzionale ta dalla tragedia dell’assassinio del primo, nelle forme di governo di Padova, tuttavia configura la dinastizzazione del potere non vanno dimenticate due cose: primo, carrarese perché Francesco era appunto fi- formalmente è sempre il Consiglio comu- glio di Giacomo, e a lui succederà il figlio nale a tenere le fila di questo cambiamento. Francesco Novello. La dinastizzazione è È nel seno del Consiglio comunale che vie- un passaggio importante verso il conso- ne nominata la commissione incaricata di lidamento del potere signorile: significa 16 I Carraresi “zitadini de Padoa”

6. Tomba di Ubertino (Padova, chiesa degli Eremitani).

7. Tomba di Giacomo II con l'iscrizione dettata dal Petrarca (Chiesa degli Eremitani).

6 7 l’enucleazione di una linea precisa di suc- relazione tra il dominus e i cittadini nei cessione dentro a gruppi famigliari soven- termini di una relazione signore-sudditi. È te molto ramificati e abituati a concepire poi inesistente nel caso carrarese, sia nella il dominio signorile come una prerogativa documentazione ufficiale, sia nell’icono- collettiva della famiglia. Per certi aspetti, grafia o nelle scritture esposte, qualunque se la dinastizzazione segna un passo ver- riferimento di tipo monarchico, invece fre- so la personalizzazione del potere, ciò non quente negli esempi scaligeri. vuol dire necessariamente privatizzazione Questo significa che i da Carrara erano del comando. Anzi, la concentrazione del- più ‘ruspanti’ degli Scaligeri? Tutt’altro. le prerogative signorili nelle mani di una La corte carrarese fu un centro raffinatis- dinastia facilita l’identificazione dell’in- simo di elaborazione culturale, artistica e teresse cittadino con quello del signore e intellettuale. La presenza di Petrarca volu- viceversa, laddove la pretesa del dominio ta a Padova proprio da Giacomo II con il famigliare configura maggiormente una supporto del vescovo Ildebrandino Conti, e situazione signorile di tipo tradizionale, poi da Francesco I (va ricordata al riguardo legata alla storia di dominio personale e, la famosa Senile rivolta proprio dal poeta quello sì, privato dei signori rurali. aretino al signore di Padova), inoculò nel I Carraresi comunque non rinunciarono già molto recettivo tessuto intellettuale alle manifestazioni tipiche del loro rango e patavino i germi del rinnovamento cultu- del loro ruolo: mecenatismo, evergetismo, rale preumanistico indirizzandolo su strade creazione di strumenti di governo signorile precise (riscoperta dei classici, ma anche (il consilium domini, la cancelleria), ecc. valorizzazione del volgare elevato), e da E tuttavia, se confrontati con i loro dirim- Padova questo contagio si diffuse anche pettai veronesi l’immagine che ne risulta nei centri ‘minori’ della Marca orientale, rimane diversa. Se infatti rimane comu- come la lontana Conegliano. L’universi- ne agli uni e agli altri, e un po’ a tutti gli tà patavina fu a sua volta fortemente so- esempi di affermazione signorile dell’Ita- stenuta dalla signoria in chiave di ‘vetrina lia trecentesca, il velo della legittimazione intellettuale’, attraverso l’invito, anche ir- pubblica costituita dall’approvazione del rituale, di professori di grande fama, allo consiglio cittadino al momento della suc- scopo di promuovere l’attrattività europea cessione – come se nel vuoto determina- dell’Ateneo. Come è ben noto, poi, ad ini- tosi dal venir meno del signore il comune ziativa dei Carraresi o dei loro più stretti riprendesse la sua antica funzione e le sue accoliti, come i marchesi Lupi di Soragna, prerogative, prima di delegarle al succes- va attribuita l’esecuzione degli straordinari sore – , è pur vero che il linguaggio della cicli pittorici che fanno di Padova una delle signoria carrarese e dei suoi atti pubblici capitali dell’arte trecentesca italiana (cioè è differente: sono molto meno numerose, mondiale). Infine, sotto l’attento dirigismo ad esempio, rispetto al caso scaligero, le carrarese (in particolare di Francesco I, suppliche, un atto che configurerebbe una 1350-1388) Padova si trasformò da città 17 Dario Canzian

di rentiers e di prestatori di denaro in un vivace polo produttivo all’avanguardia nel- la produzione e commercializzazione dei tessuti (con l’avvio della manifattura seri- ca e il potenziamento del settore laniero) e della carta. La città cambiò volto anche grazie alla sua capacità di attrarre mae- stranze qualificate e artisti (ad esempio il toscano Giusto de’ Menabuoi o il veronese Altichiero da Zevio). I Carraresi, e in particolare Francesco I, vollero il meglio per Padova: forse, come è stato scritto, ne intesero fare una «piccola Roma», chiusa dentro le sue mura rinno- vate da Ubertino e dai suoi successori, ma aperta alle più significative suggestioni in- tellettuali e artistiche del mondo di allora: una città ideale, offerta dai signori ai propri cittadini e al mondo. Il processo attraverso cui si sviluppò l’i- dentificazione tra signore e città è messo ben in evidenza, come segnalato da Silva- na Collodo, dal progressivo trasferimento delle sepolture carraresi verso il centro 8 cittadino. Nel 1338 Marsilio si fa ancora seppellire nella chiesa del monastero di E tuttavia, non dobbiamo indulgere a 8. Altichiero, S. Lucia Santo Stefano di Carrara, come i suoi avi. troppo facili celebrazioni populistiche del- afferma la fede. Ubertino opta invece per la chiesa dei Do- la signoria carrarese. Non siamo ancora In basso a destra: menicani, Sant’Agostino, nei pressi del in un contesto in cui è enucleata in modo Francesco il vecchio castello carrarese: era una chiesa ‘civica’, chiaro la concezione dello stato distinta da e Francesco Novello con cappuccio e mantelli perché, lo ricorda sempre Silvana Collodo, quella del titolare del potere. I signori di ogni anno vi si svolgeva una processione neri assistono Padova, per dire, avevano per statuto la pie- alla scena. con le autorità e i membri delle corpora- na disponibilità dei beni pubblici cittadini zioni a ricordo degli accordi nel 1323 tra e non dovevano rendere conto a nessuno intrinseci ed estrinseci. Anche Giacomo II di quello che ne facevano. Non era chiara sceglie i Domenicani, mentre il successore, insomma la distinzione tra patrimonio per- Francesco I, completa il percorso di inse- sonale e patrimonio pubblico. diamento nel cuore urbano trasformando E quando le cose cominciano ad anda- il battistero del duomo nel mausoleo suo e re male questa contraddizione esplode della moglie Fina Buzzacarini. Questa non con tutte le sue conseguenze, come in un fu solo una scelta auto-celebrativa: il batti- divorzio non consensuale, e con la stessa stero era il luogo nel quale tutti i padovani acredine. diventavano tali (non si può essere padova- Lo si vede in modo drammatico e an- ni se non si è cristiani, e si diventa cristiani che fortemente contraddittorio nel mo- attraverso il passaggio per la chiesa-madre mento in cui la città sta per cadere nelle della città). Collodo ha scritto al riguardo: mani del Visconti, nel 1388, dopo due anni «come la città apparteneva al signore, così peraltro di successi strepitosi dei signori il signore apparteneva alla città». Anche padovani (battaglia delle Brentelle, 1386; qui va marcata una differenza con il caso battaglia del Castagnaro, 1387). Sono note degli Scaligeri: le arche scaligere, a fianco le testimonianze dei soprusi e degli abusi della chiesa di Santa Maria Antica, sono la compiuti da Francesco I e dal figlio nei celebrazione del signore sulla città; un’alta confronti dei loro cittadini per il bisogno cancellata le isola dal contesto e le rende disperato di denaro con cui finanziare la inattingibili alla cittadinanza. guerra. I processi celebrati subito dopo la 18 I Carraresi “zitadini de Padoa”

caduta e la trattazione della resa al conte di Virtù, Giangaleazzo Visconti, appunto, danno un’immagine impietosa, più che di Francesco I, dei suoi collaboratori stretti, definiti dalle fonti «lupi rapaces». Celebre è rimasto l’episodio dell’eredità estorta al moribondo Francesco di Vifardello, con gli ufficiali del signore presenti al capezza- le del malato che, fatti uscire tutti gli altri presenti, gli dicono «Ser Francesco, volete che il signor Francesco da Carrara sia vo- stro erede?», e poiché il Vifardello non può rispondere tutti gli altri rispondono «Ita». 9 Nei capitoli di resa stilati dal comune, ancora una volta riesumato nel momento do loro di scalare il muro e la torre delle 9. Jacopo da Verona, dell’incertezza, quando Francesco Novel- Torricelle «ad defensionem civitatis», con Adorazione dei magi lo aveva lasciato la città «vedova di suoy i Veneziani già dentro le mura della città, (Cappella di S. Michele). Il primo re è mariti e signory», si dice che questi lupi uno di loro avrebbe risposto: «Scendi dal cavallo e vacci tu, dal momento che ci hai inginocchiato; il secondo rapaci avevano rovinato («corrumperunt») indica con la destra il cielo tutta la città mangiando e divorando la car- gettato in questa rovina». E il canonico a Francesco il Vecchio ne e bevendo il sangue delle chiese di Dio, bellunese Clemente Miari, in occasione (con barba scura e penna dei monasteri, dei minori, delle vedove, dei del suo viaggio a Padova nel dicembre del di pappagallo sul berretto), mercanti e dei poveri, e se ne invocava il 1405, aveva visto «dinanzi i prefati mes- mentre il terzo re stringe la bando e la confisca dei beni. seri podestà e capitano, molte venerabili mano a Francesco Novello. Abbiamo esordito mostrando il Novello, matrone di Padova, lamentando che mes- nel frattempo tornato in sella in città, im- ser Francesco da Carrara, già signore di pegnato nella difesa dai veneziani. Pado- Padova, aveva uccisi colle proprie mani i va era entrata in guerra, secondo i cronisti loro mariti, e ne avea fatti gettare i cadaveri Gatari, anche perché il Novello aveva in- nella latrina». terpellato il popolo, e in questa assemblea D’altra parte, anche i Gatari non avevano un esaltato, il pilizaro Amorato, sarebbe taciuto i dissapori finali tra il Novello e il giunto ad esibire platealmente una borsa di suo ‘popolo’: quando ormai si vede che la 1000 monete d’oro per non cedere ai Ve- guerra è persa e quasi tutti vogliono arren- neziani. dersi, il signore spera assurdamente ancora Alla difesa di Gambarare, cui si faceva in un aiuto esterno e costringe a continua- riferimento, si può aggiungere che France- re, nella costernazione generale. A un certo sco dispose che si alternassero i quartieri punto una massa di persone («gran parte di cittadini, «per non fadigare i suoi citta- puopollo […] quasi tuti in arme») si assie- dini». Il che è una indicazione precisa su pa sotto la finestra del Novello e Niccolò come funzionasse ancora l’esercito carra- Mussato coraggiosamente si fa portavoce della volontà popolare di arrendersi. Que- rese, in cui certo come un po’ dappertutto sto fa letteralmente saltare i nervi al Novel- c’erano mercenari e capitani di ventura, ma lo, che deve essere trattenuto per impedir- la partecipazione popolare è ancora molto gli di ammazzare il malcapitato portavoce. significativa. Eppure, nonostante questo, quando il La cronaca dei Gatari, che ci ha lasciato 19 novembre, a città caduta, partono delle le testimonianze più significative al riguar- ambascerie padovane alla volta di Venezia do, evoca spesso i tentativi del signore di per trattare la resa, l’ambasceria del comu- chiamare all’ultima difesa il suo ‘puovo- ne (ancora una volta risorto) «racomandò lo’. E il popolo sembrerebbe aver seguito il Signore ala Signoria come zitadino de il signore fino alla fine. Ma anche qui non Padoa». E fu l’unica richiesta che Venezia manca qualche testimonianza contraddit- non accolse. I Carraresi furono anzi con- toria. Secondo il cronista filo-veneziano dannati a morte, perché: «homo morto non Redusio, quando il Novello si rivolse per fa più guerra». l’ultima volta ai suoi concittadini chieden- l 19 Enrico Berti

Giovanni Dondi di dall'Orologio Enrico Berti

Scienziato, letterato, ingegnere, ereditò dal padre l’interesse per la misura del tempo, che calcolò in rapporto al movimento degli astri giungendo alla costruzione della prima macchina celeste, descritta in un trattato giunto fino a noi.

Uno dei personaggi più importanti dal pun- e da una base, nella quale venivano indica- to di vista culturale, vissuti a Padova nel te le 24 ore del giorno, cioè del presunto Trecento, è Giovanni Dondi dall’Orologio movimento del cosiddetto cielo delle stelle (1318-1389). Benché infatti egli sia nato a fisse ruotante intorno alla Terra. L’intero Chioggia e morto a Milano, Giovanni Don- meccanismo era mosso da un orologio col- di trascorse la maggior parte della sua vita locato al centro dell’apparecchio, regolato a Padova, dove fu amico di Francesco da da una ruota bilanciata, il cui movimento Carrara e di Francesco Petrarca, fu profes- veniva prodotto da un sistema di pesi ad sore di medicina nell’Università e fu amba- essa attaccati. L’opera era un capolavoro sciatore di Padova presso la Repubblica di di ingegneria, perché univa i risultati del- Venezia. Di lui Petrarca scrisse nel suo te- la più aggiornata tecnica delle costruzioni stamento: «il maestro Giovanni de’ Dondi, meccaniche con quelli della più avanzata fisico, chiaramente primo fra tutti gli astro- indagine astronomica dell’epoca, cioè del nomi, detto “dall’Orologio” a causa di quel sistema tolemaico, esposti nella Theorica meraviglioso artificio del planetario da lui planetarum di Campano da Novara. costruito, che il volgo ignorante crede es- Ma più importante ancora della sua rea- sere un orologio»1. Veramente la spiega- lizzazione meccanica è il significato cul- zione del cognome qui data dal poeta non è turale che l’astrario possedeva, il quale del tutto esatta, perché Giovanni ereditò il viene indicato dall’autore nel proemio del cognome col soprannome “dall’Orologio” suo Tractatus astrarii (il manoscritto sopra dal padre Jacopo, costruttore della prima menzionato). Qui infatti Giovanni Don- versione dell’orologio collocato a Pado- di dichiara che l’astrario ha tre scopi, di va sulla torre di piazza dei Signori, di cui cui il secondo è promuovere il progresso oggi rimane una versione successiva, che dell’astronomia e il terzo è di permettere di della prima conserva, a quanto pare, solo vedere in qualsiasi momento le posizioni il quadrante. Ma il titolo di primo fra gli di tutti i pianeti senza dover ricorrere alle astronomi del suo tempo e l’indicazione famose Tavole Alfonsine3. Il progresso della causa di tale titolo nella costruzione dell’astronomia è certamente importante del planetario, che lo stesso Dondi chiamò perché fa parte del progresso della scien- “astrario”, sono del tutto esatte. za, valore indiscusso in ogni epoca, e la L’astrario, di cui si è perduto l’origina- determinazione delle posizioni dei pianeti le, ma del quale esistono oggi varie copie, era importante all’epoca di Dondi, perché costruite sulla base della descrizione forni- permetteva di fare gli oroscopi, pratica dif- tane dallo stesso Dondi in un manoscritto fusa e considerata utilissima nel medioevo conservato nella Biblioteca Capitolare di e persino nell’età moderna (anche Galilei, Padova2, era un apparecchio costituito da come è noto, ne faceva). Ma lo scopo più sette quadranti disposti in circolo, in cia- importante è quello dichiarato da Giovanni scuno dei quali veniva indicata l’ora di uno Dondi per primo, cioè di mostrare la verità dei sette astri allora conosciuti (Sole, Luna, non solo matematica, ma anche fisica, del Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno), sistema tolemaico4. 20 Giovanni Dondi dall'Orologio

Per comprendere questo discorso è ne- cessario ricordare che il sistema astrono- mico tolemaico, ritenuto valido dalla tarda antichità a tutto il medioevo, fino a gran parte dell’età moderna (la validità del si- stema copernicano, genialmente intuita da Galilei, Descartes e Newton, fu riconosciu- ta dalla comunità scientifica solo nel seco- lo XIX, grazie al pendolo di Foucault e alla scoperta della parallasse stellare), era uno sviluppo del sistema geocentrico professa- to da Platone, da Eudosso e da Aristotele. Questo spiegava i movimenti apparente- mente irregolari dei pianeti mediante un sistema di sfere concentriche aventi come centro la Terra, distribuite in gruppi aventi i poli sulla superficie della sfera superiore. Claudio Tolomeo (II secolo d.C.), sfruttan- do l’intuizione di Ipparco da Nicea (II se- colo a.C.), conservò il sistema geocentrico, ma spiegò i moti dei pianeti come risultanti dalla somma di movimenti di cerchi eccen- trici rispetto alla Terra e dei cosiddetti “epi- cicli”, cioè movimenti circolari intorno a un punto collocato sui cerchi precedenti. Poiché nel medioevo si credeva che le sfe- re portatrici dei pianeti secondo il sistema eudossiano-aristotelico fossero di cristallo (in realtà l’epiteto di “cristalline” ad esse affibbiato alludeva solo alla loro traspa- renza, perché per Aristotele le sfere celesti erano fatte di etere, materia sottilissima e trasparente), il sistema ipparco-tolemaico, ammettendo gli epicicli, che attraversava- no le sfere, era chiaramente incompatibile col sistema ritenuto eudossiano-aristote- dere che gli astri, cioè Sole, Luna e pianeti, Manoscritto di Giovanni lico. Tale incompatibilità fu risolta dagli si muovono di movimenti regolari, misu- Dondi dall'Orologio del aristotelici “ortodossi” (Averroè e Tom- rabili e soprattutto non interferenti l’uno XIV secolo conservato maso d’Aquino) mediante la supposizione con l’altro. Egli non esitò infatti a stabilire presso la Biblioteca che il sistema ipparco-tolemaico fosse una Capitolare di Padova un’analogia tra la sua opera meccanica e (Cod. D. 39, f. 3). semplice ipotesi matematica (come avreb- l’opera creatrice di Dio, affermando che, be fatto più tardi il cardinale Bellarmino a se un uomo è riuscito a costruire un appa- proposito del sistema copernicano), men- recchio come il suo sulla terra, a maggior tre altri aristotelici, meno ortodossi e più versati in astronomia, come Pietro d’Aba- ragione Dio può avere costruito un univer- no (1250-1316), abbandonarono il sistema so modellato come il suo nel cielo. Si tratta considerato aristotelico e abbracciarono dunque, come si vede, di un’impresa gran- diosa, di profondo significato scientifico e interamente il sistema tolemaico. 5 Ebbene, Giovanni Dondi era anche lui un filosofico . aristotelico, come all’epoca erano tutti gli Chi desidera avere una visione diretta del scienziati, ma era anche seguace di Pietro funzionamento dell’astrario, può ammirar- d’Abano, perciò si propose – ecco il pri- ne una copia donata dall’ing. Vincenzo de’ mo scopo del suo astrario – di dimostrare Stefani all’Università di Padova e collo- la validità non solo matematica, ma anche cata nella cosiddetta Basilica del Palazzo fisica, del sistema tolemaico, facendo ve- del Bo. Altre copie si trovano a Washing- 21 Enrico Berti

Astrario di Giovanni Dondi ricostruito nel 1970 dall'orologiaio milanese Luigi Pippa in base alla descrizione del manoscritto della Biblioteca Capitolare di Padova. Si conserva nel palazzo del Bo, dono dell'ing. Vincenzo de' Stefani. È il secondo di tre esemplari collocati il primo nel Museo della scienza e della tecnica di Milano, il terzo nel Museo dell'orologeria di La Chaux-de-Fons (Svizzera).

ton, nello Smithsonian Museum, a Milano, 1) S.A. Bedini and E.R. Maddison, Mechanical nel Museo della Scienza e della Tecnica, Universe: The Astrarium of Giovanni de’ Dondi, «Transactions of the American Philosophical So- a Parigi, nel Museo di Storia della scien- ciety», n. s. 56, part. 5, 1966, p. 50. za de La Villette, e a Chioggia, nel Museo 2) L’edizione critica del manoscritto è stata fatta Civico. Ciò testimonia l’importanza che le dal direttore dell’Osservatorio astronomico di Pa- rigi: Johannis de Dondis Astrarium, édition criti- istituzioni scientifiche hanno riconosciuto que de la version A par E. Poulle, CNRS, Padova- all’opera di Giovanni Dondi. Paris 1988. Ma questi non fu soltanto un astronomo, 3) Le Tavole alfonsine sono tavole astronomi- che in grado di fornire le posizioni del Sole, dei cioè uno scienziato, e un abile ingegnere, pianeti e delle stelle, e le date delle eclissi. La com- bensì fu anche un letterato, come attesta- pilazione delle tavole fu organizzata dal re Alfonso X di Castiglia e León e fu effettuata a Toledo intor- no uno scambio di sonetti e una discus- no al 1252 da una cinquantina di astronomi. sione relativa ad alcuni problemi dietetici, 4) de Dondis, Astrarium, cit., pp. 5-6. intercorsi tra lui e Francesco Petrarca6, a 5) Per maggiori illustrazioni mi permetto di rin- viare ai miei articoli Astronomia e astrologia da testimonianza del fatto che all’epoca non Pietro d’Abano a Giovanni Dondi dell’Orologio, in esistevano ancora “le due culture”, ma O. Longo (a cura di), Padova Carrarese, Il Poligra- scienza, filosofia, tecnica e letteratura si in- fo, Padova 2005, pp. 175-184, e Pietro d’Abano, Giotto e Dondi dall’Orologio, in Id. (a cura di), Pa- trecciavano vicendevolmente, costituendo dua felix. Storia padovane illustri, Esedra, Padova la caratteristica dei veri uomini di cultura, 2007, pp. 75-84 (riprodotto anche in Id., a cura di, di cui Giovanni Dondi fu certamente un Padova. Città crocevia dei saperi, Esedra, Padova 2007, pp. 9-18). esemplare degno di essere ricordato. 6) G. Dondi dall’Orologio, Rime, a cura di A. l Daniele, Neri Pozza, Vicenza 1990. 22 I Santasofia. Una dinastia di medici nella Padova del Trecento

I Santasofia. di Claudio Una dinastia di medici Caldarazzo nella Padova del Trecento

Notizie su una importante famiglia cittadina, che per più generazioni costruì la sua fortuna sull’insegnamento e sulla pratica della medicina.

“Questa gloriosa domus della nostra città, pensare a Pietro d’Abano, Mondino da Ci- infatti, è di virtù eccezionale; e in questo vidale del Friuli, Iacopo e Giovanni Dondi genere di studi ebbe famosissimi e quasi Dall’Orologio, Nicolò da Rio. Un effetto innumerevoli dottori di medicina, infatti favorevole alla cultura medica cittadina fu a questo fu data tanta cura per coltivare la il finanziamento di Ubertino da Carrara, su medicina, affinché, qualunque maschio na- suggerimento del celebre Gentile da Foli- scesse, ciascuno si dedicasse a seguirla; e gno maestro a Perugia, a favore di dodici fu fatto così, affinché in ogni tempo non studenti padovani di arti e medicina perché mancasse un numero di dottori gloriosi si perfezionassero presso lo Studio di Pari- di medicina…”1. Con questa lode, a metà gi. E fu durante questo secolo, infine, che Quattrocento, il medico padovano Michele gli studenti di arti e medicina acquistarono Savonarola, nel suo Libellus de magnificis progressivamente una notevole importanza ornamentis regie civitatis Padue, faceva e una propria coscienza corporativa: l’au- cenno ai Santasofia, una tra le famiglie più tonomia dai legisti, ancora limitata sino prestigiose del panorama cittadino, che agli anni ’80, divenne definitiva, a livello dagli inizi del Trecento e almeno sino al istituzionale, nel 1399 con la nascita della Seicento si distinse e si affermò a livello universitas artium et medicinae2. sociale per tradizione di studi e di docenza Ad inaugurare la dinastia dei Santasofia e pratica medica. La famiglia fu molto pro- medici fu Niccolò. Sono poche le notizie babilmente di origine padovana e altrettan- biografiche su di lui, e nemmeno tutte con- to probabilmente recuperava il nome dalla fortate da fonti sicure: fu, forse, discepo- contrada Santa Sofia. Nel corso dell’età lo del celebre Pietro d’Abano (morto nel carrarese questa famiglia entrò nella élite 1315) e fu, forse, anche lui docente dello cittadina: nel 1372 è attestata tra le ottanta- Studio. La sua collaborazione ad una im- tré famiglie nobili di Padova, che vennero portantissima opera, un ricco ricettario riunite a consiglio dal signore Francesco il medico che venne sistematizzato dal figlio Vecchio da Carrara per alcune importanti primogenito Giovanni, lo rese il primo discussioni. medico celebre del gruppo familiare e gli Gli anni di ascesa dei primi Santasofia permise di costruire le basi della fortuna furono anni caratterizzati dall’affermazio- della sua discendenza. Niccolò morì dopo ne dell’insegnamento universitario della l’anno 1351; la seconda generazione dei medicina e dal dominio di importanti testi Santasofia ebbe due esponenti, Giovanni e (il ‘nuovo Galeno’, l’Articella, il Canone Marsilio, destinati a divenire i due medici di Avicenna, opere di Aristotele e di auto- più importanti della famiglia, arrivando ad ri arabi ed ebrei) nello Studio di Padova, una fama di raggio europeo. così come contemporaneamente era av- Giovanni nacque intorno al 1330. La venuto a Bologna, Parigi e Montpellier. sua prima attestazione documentaria nota Nella prima metà del Trecento, inoltre, è datata 10 agosto 1353, quando conseguì la medicina universitaria vantava in città la laurea in medicina; il 16 luglio 1354 nomi di medici più o meno celebri: basti è attestato nella sua casa, probabilmente 23 Claudio Caldarazzo

1. Licenza dei figli di Giovanni Santasofia (Padova, Archivio di Stato). Nel documento sono registrati Paul Rieter da Norimberga, Biagio Pelacani da Parma, Giovanni e Marsilio come promotori; il miles Ugolino Scrovegni e i giuristi Giovanni Cattanei da Milano, Angelo degli Ubaldi, Giovanni quella paterna, che era sita in contrada Pa- assieme al fratello Marsilio, di Elias Be- Lodovico Lambertazzi, renzo, nelle vicinanze del Duomo (attuale aufort (1371). Antonio da Sant’Angelo, via Marsala). Lo si trova poco dopo im- Ebbe illustri pazienti anche fuori dal- come testimoni. merso nella vita dello Studio di Padova: l’ambito cittadino. Con una missiva del- fu membro del Collegio dei dottori me- l’ottobre 1370 inviata a Giacomino can- dici e artisti (l’organismo associativo, a celliere di Luigi II Gonzaga (la corte, in numero chiuso, che raggruppava i dottori quegli anni, ricercava medici di forma- e i docenti cittadini e che aveva il ruolo zione padovana) Giovanni accettò di porsi di commissione esaminatrice)3, del qua- al servizio del signore di Mantova, pro- le rivestì a più riprese la carica di priore; babilmente come archiatra (ossia medico nel 1369, con i medici padovani Nicolò personale). Rivolse i suoi consigli al re da Rio e Giovanni Dondi Dall’Orologio, d’Ungheria Luigi il Grande, che da molti fu incaricato della riforma degli Statuti, e anni era alleato di Francesco il Vecchio e nel 1376, ancora col Dondi e con Giaco- che già era stato destinatario di una ricetta mo da Arquà, della compilazione di nuovi del padre, e compose una ricetta probabil- Statuti. Fu anche membro della fraglia dei mente per Sigismondo di Lussemburgo re medici (la corporazione di mestiere citta- d’Ungheria, del quale Marsilio diventerà dina che raggruppava medici del Colle- architetto. Della produzione scientifica di gio, medici non laureati, chirurghi diplo- Giovanni è rimasta traccia; ma, come si è mati e pratici, con funzione di controllo detto, lo sforzo principale fu rivolto alle dell’esercizio medico), della quale venne cure di quello che fu il primo testo medico- eletto gastaldo (capo della corporazione) farmacologico composito padovano noto nel 1386. Prese parte a molte lauree come sino ad ora, confezionato prima del 1363, promotore, e fu docente, prima a Padova, che ebbe una diffusione ampia in partico- poi, dal 1364 per un biennio, a Perugia, lare nei territori Oltralpe: una raccolta di dove venne nuovamente incaricato della circa 540 ricette mediche per malattie co- docenza molti anni dopo, nel 1380; rifiu- muni e non comuni, organizzate in base tò un lettorato, e un incarico da medico alla disposizione degli organi ‘dalla testa condotto, a Lucca, ma accettò la docenza ai piedi’ (tipica di molte opere di medicina a Bologna per l’anno accademico 1388- pratica) e che erano state elaborate sia dal 1389, quando Padova fu temporaneamen- padre Niccolò sia da altri personaggi della te assoggettata ai Visconti. Giovanni non medicina noti e meno noti. esercitò solo l’insegnamento: ebbe, infat- Giovanni morì prima del 26 giugno ti, importanti incarichi professionali come 1389. Alla sua biografia si intreccia quella medico, che gli permisero di mantenere del fratello minore Marsilio, il medico che saldi i rapporti, già stretti dal padre Nic- tra i Santasofia godette di maggiore fama. colò, con quelli che in città costituirono Come per Giovanni, anche il nome di Mar- i due centri del potere, e cioè il vescovo silio nelle fonti è costantemente affiancato e i signori da Carrara. Essendo, almeno dal titolo prestigioso di «monarcha medi- per poco più di un decennio, tra i medici cinae». curanti al servizio del vescovato, si prese Marsilio nacque intorno al 1338, e si cura di Pileo da Prata (1360), legato ai da sposò tre volte: ventenne, con Caterina del Carrara per parte della madre Isilgarda e, fu Niccolò Ovetari da Cittadella, di fami- 24 I Santasofia. Una dinastia di medici nella Padova del Trecento

glia legata agli uffici dei podestà; almeno dal 1375 con Nobile di Donato Baialardi; almeno dal 1382 con Chiara di Alberto Della Lana. La prima traccia di Marsilio nella documentazione risale al 18 giugno 1358, quando si trovava nella casa del fra- tello, col quale probabilmente viveva. I loro rapporti emersero anche nella forma della colleganza accademica, come pro- motori di esami privati e pubblici dottora- ti tra cui, il 25 aprile 1386, alla licenza in arti congiunta di tre dei figli di Giovanni, e cioè Galeazzo, Francesco e Bartolomeo4 (fig. 1). Il 15 settembre 1367 Marsilio ri- sulta già laureato e membro del Collegio dei dottori medici e artisti; come il fratello, fu membro della fraglia dei medici, della quale divenne anche massaro (con compiti ‘amministrativi’). Il primo anno in cui ri- sulta attestata la sua docenza padovana fu segnamento universitario della medicina, 2. Epitaffio di Marsilio. il 1376-1377; il passaggio a Siena, tra la che, assieme alle altre sue opere, conobbe- (Bologna, fine del 1387 e gli inizi del 1388, segnò ro un’ampia circolazione e gli procurarono chiesa di S. Francesco). l’inizio di una vera e propria peregrinatio fama. academica. Accettò infatti la condotta an- Un rapido cenno, infine, va fatto ai figli nuale per l’anno 1389-1390 nello Studio di medici di Marsilio, di Giovanni e della so- Firenze, dove ebbe occasione di stringere rella Fiordiligi, esponenti della terza gene- rapporti con personaggi legati ai Visconti, razione, tra fine Trecento e metà Quattro- che divennero solidi di lì a breve: a Pavia, cento: da Marsilio discesero Guglielmo, infatti, dove si fermò sino all’agosto 1392, Girolamo e Daniele; da Giovanni Galeaz- fu docente e probabilmente archiatra di zo, docente a Vienna (dove svolse anche la Gian Galeazzo. prima anatomia in territorio tedesco), Fran- Ritornato a Padova riprese la docenza e cesco, Bartolomeo e Giovanni; da Fiordili- continuò a praticare la sua attività di me- 5 dico della curia episcopale, così come del gi, infine, discese Giovanni Lorenzi . signore Francesco Novello e dei suoi figli. l Marsilio, dopo il maggio 1393, ritornò ad insegnare a Firenze, lasciando traccia del- 1) M. Savonarola, Libellus de magnificis orna- la sua partecipazione alla cultura cittadina, mentis regie civitates Padue, in RIS2, XXIV, 15, a ne è attestato (intendo quella di Firenze) cura di A. Segarizzi, Città di Castello 1902, p. 36, rr. 27-31. da Giovanni Gherardi da Prato nell’ope- 2) D. Gallo, Università e Signoria a Padova dal ra Il paradiso degli Alberti. Nell’ottobre XIV al XV secolo, Trieste, 1998, pp. 38-41. 1396 fu a Pavia, affiancando alla docenza 3) Sui Collegi dei dottori dello Studio di Padova si veda D. Gallo, Università e Signoria, pp. 63-73. l’incarico di archiatra di Gian Galeazzo 4) Archivio di Stato di Padova, Notarile, Atti no- Visconti, della sua famiglia, della corte e tarili rogati da notai di curia, vol. 2, fasc.12, (Uffi- di personaggi legati al ducato. Come suo cio vescovile), 6v; edito in A. Gloria, Monumenti della Università di Padova (1318-1405), II, Pado- rappresentante fu a Buda presso il re Si- va 1888, p. 187 n. 1616. gismondo di Lussemburgo. Insegnò poi a 5) Tutte le notizie sui Santasofia sono raccol- te nel ricchissimo e fondamentale studio di T. Piacenza (dove lo Studio di Pavia fu trasfe- Pesenti, Marsilio Santasofia tra corti e universi- rito per qualche anno), per far poi ritorno a tà. La carriera di un «monarcha medicinae» del Padova e concludere la carriera a Bologna, Trecento, Treviso 2003. Si vedano anche le voci Santasofia Bartolomeo, Galeazzo, Giovanni, Mar- dove morì probabilmente nel 1405 ed ebbe silio, Nicolò di G. Ongaro in Clariores. Dizionario solenne sepoltura nella chiesa di San Fran- biografico dei docenti e degli studenti dell’Uni- cesco (fig. 2). La produzione scientifica di versità di Padova, a cura di P. Del Negro, Padova 2015, pp. 292-294; le voci Santasofia Giovanni e Marsilio fu indirizzata soprattutto ai Com- Marsilio di C. Caldarazzo in Dizionario Biografi- menti ai principali testi curricolari dell’in- co degli Italiani, 90 (2017), pp. 382-387. 25 Francesco Jori

Vita quotidiana di a Padova nel Medioevo Francesco Jori

La laboriosità della Città aveva dato vita a un benessere diffuso, documentato già negli anni del libero comune. Le testimonianze di tanta operosità sono rintracciabili nel monumento per eccellenza, la Sala della Ragione, dove non manca una rassegna dei mestieri popolari.

È una Padova in eccellente stato di salu- apposita potenzia il ruolo del Palazzo della te sotto tutti i profili, quella che fa il suo Ragione come prestigiosa sede di mercato ingresso nel Trecento, e che attraverserà il dei panni. Una fitta rete d’acqua agevola secolo, dal 1318 al 1405 sotto l’egida dei gli scambi commerciali, ma alimenta an- Carraresi: una delle poche città italiane che numerose attività industriali. Dai bo- dell’epoca esenti da lotte civili e faide di schi del Trentino e dell’altopiano di Asiago partito, politicamente stabile, demografi- arrivano via fiume lunghi convogli di le- camente in crescita con i suoi 35mila abi- gname; dall’area dei Colli Euganei marmo, tanti, che salgono a 60mila considerando frutta e lana; nella grande zona portuale di il territorio circostante, quello che oggi si Altinate attraccano imbarcazioni cariche di chiamerebbe l’hinterland urbano. L’eco- pesce, ma pure di frutta e verdura, prove- nomia è in pieno boom, con una serie di nienti da Venezia. La mappa fluviale vede attività diversificate, ma con il tessile che in opera una rete di canali scavati dall’uo- mantiene la posizione di settore portante, mo, come il Naviglio, il San Massimo, il grazie alla presenza della tipica pecora Santa Sofia, l’Alicorno, la Bovetta. Lungo padovana (una realtà che rimarrà robusta i corsi d’acqua sorgono diversi mulini; in per secoli, con quasi 120mila capi a fine particolare al ponte delle Torricelle si svi- Settecento), con la produzione di stoffe di luppa un grande impianto di macinazione cotone, lana e seta. Impianti industriali di alimentato da una decina di ruote che trat- vario tipo sorgono in più punti della città: tano il grano e la lana, ma vengono usate al Portello, a Pontecorvo, alle Torricelle, a anche per produrre olio. Attorno a Ponte Santa Maria in Vanzo, in Prato della Valle. Molino se ne contano addirittura 32. Oltre alla lavorazione, c’è anche il com- Per due decenni la città deve pagare scot- mercio: in città operano mercanti con un to a guerre esterne con Verona e a conflitti giro d’affari in tutta Italia, tra cui Giovanni interni. Ma dal 1338, con Ubertino, suben- Savonarola, bisnonno del frate domenica- tra un periodo di nuovo slancio. Vengono no Girolamo. riformati gli statuti comunali, dai meccani- Il nucleo centrale di questo fiorente com- smi istituzionali alle questioni finanziaria parto, il Fondaco della lana, centro com- e fiscale. Si adottano misure per il rilancio merciale e amministrativo al tempo stesso, dell’economia, potenziando in particolare si trova nel pieno centro cittadino, tra le l’industria più strategica per Padova, ap- piazze delle Legne (l’odierna piazza Ca- punto quella della lana, con l’esenzione da vour) e Garzeria. I “panni pavani” si ven- tasse e gravami per le nuove aziende del dono bene in Italia, ma conquistano anche settore, e con l’introduzione di misure anti- importanti mercati esteri che vanno dalla frode. Una rinnovata attenzione viene de- Germania fino a Costantinopoli. E tutto dicata all’università, scelta che verrà man- questo richiama in città manodopera gene- tenuta dai successori di Ubertino. Vengono rica e specializzata dall’Emilia, dalla Lom- chiamati (e ben pagati) docenti di prestigio bardia, soprattutto da Firenze che in quel da fuori: come Ranieri Arsendi, giurista di momento è considerata la capitale della primissimo piano, già titolare di cattedra a manifattura italiana. Nel 1301 una legge Bologna e a Pisa, retribuito con il notevo- 26 Vita quotidiana a Padova nel Medioevo

Alcuni mestieri della Padova medievale tratti dalla serie affrescata del Quattrocento nella Sala della Ragione.

le stipendio di 600 fiorini, e poi diventato pure consigliere di corte. C’è anche una sorta di anticipazione del moderno pro- gramma “Erasmus”: dodici giovani pado- vani vengono inviati a Parigi, a spese della signoria, per studiare le “arti liberali”, che all’epoca comprendono i settori medico e filosofico. E nel 1363 i Carraresi ottengono da papa Urbano V che lo Studio sia auto- rizzato a istituire un Collegio di teologia, completando così al meglio l’offerta didat- tica del tempo: “Padova si è ornata del fiore di tutte le scienze”, commenta un cronista di allora, sia pure in vena di esagerazione. Ma la stagione migliore è quella di Francesco il Vecchio, la figura di maggior carrarino, il soldo, il quattrino, il bagat- rilievo dell’intera dinastia, sotto tutti i tino, il denaro piccolo. Sul dritto delle punti di vista: cominciando da quello po- monete è inciso un carro, emblema della litico, per il suo costante disegno di fare di famiglia Carrarese; sul verso l’immagine Padova una protagonista nello scacchiere di uno dei quattro santi protettori della dell’Italia settentrionale dell’epoca. Un città (Antonio, Giustina, Daniele, Prosdo- progetto sostenuto da un’elevata poten- cimo). Si tratta di denaro che circola fino za economica: titolare di vaste proprietà al Friuli, l’Istria, la Slovenia e la Croazia, fondiarie in città e provincia, imprendito- quasi a dimostrazione delle ambizioni re attraverso il controllo del “fondaco dei espansionistiche della “dinasty” padova- panni” (il deposito di tutte le stoffe di lana na. E’ un’attività che alimenta tra l’altro prodotte in città, da registrare prima dello un vasto indotto composto da orefici, in- smercio), operatore finanziario di primo cisori, cambiatori, mercanti. piano attraverso investimenti e prestiti a Ne esce, nel complesso, il quadro di tutto campo; rinforzato in tutto ciò an- una Padova caratterizzata da straordinaria che dal cospicuo patrimonio della moglie vitalità sotto tutti i profili: una città stra- Fina Buzzacarini, cui si deve tra l’altro la ordinariamente moderna, capace non solo trasformazione del Battistero del Duomo di mobilitare cospicue risorse interne, in mausoleo carrarese con le tombe per sé ma anche di richiamare da fuori capitali e il marito, fatto affrescare a partire dal e intelligenze, e che per un certo perio- 1376 da Giusto de Menabuoi. Tra le ini- do coltiva l’ambizione di conquistare una ziative assunte da Francesco il Vecchio leadership politica nell’Italia dell’epoca. per ribadire l’autonomia e l’indipendenza Un obiettivo fallito per la presenza sullo di Padova rientra il potenziamento della stesso territorio di un competitor della po- zecca, che controlla un articolato sistema tenza di Venezia. monetario: il ducato d’oro, il carrarese, il l 27 Ugo Fadini

Le mura trecentesche di di Padova Ugo Fadini

Le due cerchie, che i Carraresi aggiungono a quella comunale duecentesca, danno la misura con la loro eccezionale estensione dell’enorme prestigio della Città, già prima delle monumentali fortificazioni veneziane.

Non restano oggi che due mappe quat- ratteri di una vera seconda “reggia”, ce ne trocentesche del territorio padovano (fig. offre un eloquente riflesso. 1), poche piante “retrospettive” cinque- A parte il castello, ben poco rimane delle seicentesche (fig. 2) e la statua della “Vec- grandiose opere di fortificazione da loro chia Padova”, nel cortile del municipio, a realizzate: la Torre del soccorso con il suo ricordarci che la città, negli ultimi anni del recinto, qualche avanzo della cittadella Trecento carrarese, ma ancora per tutto il orientale, oggi piazza Accademia Delia, Quattrocento, era cinta da tre cerchie di e poche vestigia del traghetto, il viadotto alte mura turrite. Di cui andava fiera, come che collegava la reggia al castello. Ancor testimoniano i contemporanei (“superbe” meno, quasi nulla, e per lo più solo a li- e “inespugnabili” le definisce Michele vello archeologico, delle due cinte esterne Savonarola, paragonando Padova a Geru- di mura: la seconda, iniziata da Marsilio salemme1). Mura che, oltre a proteggerla nel 1337 e completata da Ubertino, entro il dal nemico, ne segnalavano anche, e forse 1345, che misurava quasi sette chilometri, prima di tutto, l’importanza e la volontà di e le due estensioni meridionale e orientale, potenza. Con la loro imponenza e con la volute da Francesco il Vecchio negli anni loro estensione. Settanta a protezione dei borghi di Santa La gran parte di questo complesso si- Croce e di Ognissanti2, che ne misuravano stema, se si escludono cioè la cinta comu- quasi altri cinque3. Queste ultime costi- nale duecentesca e la parte più antica del tuivano quella che viene impropriamente castello, intorno alla turlonga, fu portata a definita terza cerchia, che non circondava termine nel corso del Trecento dai Carra- l’intera città, ma soltanto i settori orientale resi, che nello sviluppo edilizio e urbani- e meridionale. Il perimetro esterno com- stico della città profusero grandi energie plessivo era formato per metà da queste e somme ingenti, in particolare Ubertino estensioni e per metà da mura della secon- e Francesco il Vecchio. In perfetta conti- da cerchia (fig. 3). Chi entrava in Padova nuità con l’attivismo mostrato nel secolo da porta Ognissanti o da Santa Croce, per precedente dal libero comune. raggiungere il palazzo della Ragione dove- In parte in conseguenza della damnatio va insomma passare altre due porte, chi ar- memoriae degli ultimi Carraresi messa in rivava da ovest o nord, ad esempio da porta atto da Venezia dopo la conquista del 1405, Savonarola, soltanto un’altra. in parte in seguito alle vicende belliche di Per ironia della sorte, del sistema difen- inizio Cinquecento, in parte, infine e so- sivo della Padova trecentesca restano oggi prattutto, per la furia modernizzatrice, ma tratti più o meno estesi dell’unica cinta che giocoforza devastatrice, otto-novecente- non si deve ai carraresi, quella più anti- sca, della loro opera ben poco ci rimane, se ca, costruita dal Comune fra il 1195 e il si eccettuano, per nostra fortuna, i grandi 1210, che circondava l’insula formata dai cicli affrescati nelle cappelle nobiliari e nel due rami del Bacchiglione. Essa non fu in- Battistero. Ma quel che ancora si conserva teressata dalle demolizioni connesse alla del complesso residenziale urbano dei da costruzione delle mura veneziane, che an- Carrara (la cosiddetta “reggia”) e del loro darono a sostituire la cerchia esterna carra- castello, nel quale pure si riconoscono i ca- rese, richiedendo la demolizione anche dei 28 Le mura dtrecentesche di Padova

rami residui della seconda, per facilitare lo spostamento delle truppe all’interno del nuovo circuito bastionato, ma anche per ri- utilizzarne i materiali. Le mura comunali non furono demolite, ma, esaurita la loro funzione difensiva, fu- rono invece aggredite dall’edilizia privata, che le usò come solida parete d’appoggio per nuove costruzioni, spesso erodendole dall’interno per ampliare i volumi delle stanze, fino a farle in gran parte scompari- re anch’esse, nel corso soprattutto del No- vecento. Nonostante tutto, frammenti più o meno consistenti ne sopravvivono qua e là, con le porte Altinate e Molino, e le altre due riscoperte di recente, l’una “nascosta” nella torretta d’ingresso occidentale del ca- stello, l’altra in riviera Mugnai, identificata come la porta di San Fermo, un varco pe- donale minore, che dava accesso ai mulini. Un’iscrizione, oggi posta presso il ponte delle Torricelle e proveniente dalla porta omonima, testimonia la conclusione dei percorsa dal Bacchiglione (il canale Santa 1. Padova con le lavori nel 1210 (ricordando ai cittadini che Chiara-San Massimo, in termini moderni). tre cinte di mura. non basteranno solide mura a difenderli, se Ma anche verso gli altri punti cardinali, Particolare dell’apocrifo mancherà fra loro la concordia). lungo le direttrici stradali o attorno ai tanti cinquentesco della Pianta Non sembri fuori luogo parlare della monasteri, si erano formati da tempo nu- del territorio padovano di cerchia comunale in questa sede: essa fu clei residenziali e artigianali. E già prima Annibale Maggi, 1449. pienamente integrata nel sistema difensivo che si deliberasse la costruzione della cer- trecentesco e rimase in costante uso, come chia comunale, quei borghi erano difesi da testimoniano i Gatari nella loro Cronaca4, spaldi, ossia terrapieni, spesso rinforzati quando narrano che Francesco Novello e i da palizzate, con relative porte. suoi, nel corso della riconquista di Padova Già nel 1076 era segnalato uno spaldo in nel 1390, trovarono le porte della citadella zona Torricelle5, forse su quella linea di- sprangate e ben difese dai viscontei. Dove fensiva più esterna, lungo il canale Acquet- per citadella intendono qui il cuore del- te, che verrà poi ripresa a inizio Trecento la città, protetto proprio da quelle mura. dalla seconda cerchia; la Porta Prati, su Per loro, per i padovani del Trecento, non quella linea, esisteva già nel 1256: la cita esisteva distinzione fra opere del libero Rolandino narrando della cacciata di Ezze- comune e della signoria, che percepivano lino nel 1256, e parla anche di una portam come necessaria evoluzione, liberamen- et spaldum de ponte Corbo6. E gli Anna- te scelta, del comune stesso, e non come les riferiscono nel 1258 di un murus spaldi dominio imposto da un tiranno, come nel eretto sul fronte occidentale, dalla Saraci- caso di Ezzelino. nesca alla Trinità, ossia a Codalunga, per Del resto, per quanto grande possa ap- prevenire un eventuale ritorno del tiranno. parirci l’impegno profuso dal Comune nel Fra il 1263 e il 1270 esso verrà sostituito da realizzare quella prima cinta (solo tre chi- un murus, ubi prius erant tantum spaldi7. lometri, ma per dodici metri di altezza e tre La costruzione delle nuove mura civi- di spessore, con diciannove porte...), l’esi- che avviata da Marsilio nel 1337 e por- genza di averne di ulteriori era chiara già tata poi a termine da Ubertino, consisterà allora, ai primi del Duecento. Padova non dunque in un intervento di consolidamen- stava tutta dentro quelle mura: ampie zone to in forma unitaria e coerente di una li- urbanizzate si estendevano già all’esterno nea di difesa già esistente, ma eterogenea, di esse. Soprattutto a oriente, la vasta area costituita da tratti di terrapieno alternati delimitata dall’antica controansa fluviale ad altri di muro, di diversa consistenza e 29 Ugo Fadini

qualità. Non essendone rimasti che pochi frammenti di incerta lettura, non possia- mo neppure sapere se si trattasse di mura interamente “nuove”, oppure se quanto eventualmente già costruito in muratura, fosse stato mantenuto e inglobato nell’o- pera finale. Lo stesso vale per i due ampliamenti vo- luti da Francesco il Vecchio, la cui costru- zione si realizza in due fasi: dapprima un terrapieno, nel 1372; poi, fra 1374 e 1377, delle vere mura, con porta Ognissanti e il Portello a oriente (a servire le due aree portuali sul Piovego, per Venezia, e sul Roncajette per le saline di Chioggia) e la sola porta di Santa Croce a sud8. Ma anche in questo caso, si interviene a com- pletare e consolidare opere difensive in parte esistenti: già nel 1322 gli Annales ci segnalavano l’esistenza di uno spaldum dietro il monastero di Santa Giustina e nel 1337 di una porta di Ognissanti, data alle fiamme durante uno scontro bellico; e a Santa Croce un sistema di controllo sulle vie di terra e d’acqua provenienti da sud doveva esistere da tempo. Anche in questo caso, dunque, la costruzione delle mura da parte di Francesco il Vecchio è l’atto conclusivo di un processo avviato dai suoi predecessori. Del resto, le mura sono per loro natura oggetto di attenzioni continue, fra manu- tenzione ordinaria e aggiornamento tec- nologico, perlomeno nei periodi di guer- ra. I lavori di Francesco I interesseranno infatti anche settori della seconda cerchia, fra Ponte Peocioso e Porciglia e di qui a Si tratta insomma di un periodo di gran- 2. Padova circondata Codalunga, dove le mura esistenti erano de attività edilizia a fini difensivi, certo dalle muraglie vecchie, basse e malforte9. necessaria per la sicurezza della città e del Vincenzo Dotto 1623). Negli stessi anni in cui Francesco I com- Signore, ma che impone sacrifici econo- Sono evidenziate le mura pleta e aggiorna le mura, si ricostruisce per mici rilevanti, che avranno il loro peso nei trecentesche: in rosso la sua volontà anche il Castello, poderosa e successivi sviluppi della vicenda politica e seconda cerchia, in verde sofisticata struttura di difesa, la cui sicu- militare carrarese. i due ampliamenti di Francesco il Vecchio. rezza è ulteriormente garantita da un’ar- Di tali mura, anche se quasi del tutto ticolata rete di fortificazioni limitrofe: la scomparse, possiamo tuttavia ricostruire, “rocca” della Saracinesca, un recinto par- sia pure con qualche incertezza, i tracciati ticolarmente munito a presidio della por- (fig. 3); ed è un modo affascinante per ri- ta, che dava accesso alla cittadella sulla scoprire la Padova medievale che dentro e sponda sinistra del Bacchiglione ed era in attorno a quelle mura viveva e prosperava. collegamento, sulla sponda destra, con il È quanto abbiamo fatto di recente pubbli- Soccorso, il corridoio fortificato che per- cando una guida delle mura medievali che metteva un accesso sicuro all’altra piccola è, appunto, anche un invito alla riscoperta cittadella e, più a est, alla Rocca di sant’A- della città comunale e carrarese, al di là e gata, di cui poco si sa, ma la cui esistenza è al di fuori dei percorsi turistici abituali e testimoniata a livello archeologico10. dei monumenti più noti11. 30 Le mura dtrecentesche di Padova

3. Ricostruzione dei tracciati delle tre cerchie e dei corsi d’acqua medievali sul tessuto stradale della città moderna, con ipotesi alternative (elaborazione Andrea Ulandi).

Nella ricostruzione, più che i pochi resti mura cinquecentesche, mentre in prece- materiali, di cui diremo, ci aiutano i cana- denza scorreva sinuoso da qualche parte li: lungo i corsi d’acqua sorgevano infatti, nell’area oggi occupata dagli istituti uni- di regola, le mura medievali, in uno stretto versitari. rapporto che anche le successive mura ve- La pianta ricostruttiva citata a fig. 3 dà neziane conserveranno e che purtroppo la conto di queste incertezze, probabilmen- città moderna dimenticherà e cancellerà. te destinate a rimanere tali, trattandosi di Là dove fiumi e canali esistono ancora, aree ormai intensamente edificate. anche tombinati, in tutto o in parte (Ac- Di tanto in tanto un intervento di manuten- quette e San Massimo), oppure sono stati zione stradale o per la posa di sottoservizi, interrati in tempi recenti (canale di Santa permette insperate scoperte. È il caso dello Sofia, Bovetta), o hanno lasciato trac- scavo effettuato negli scorsi anni Novanta cia evidente nella cartografia moderna (il lungo viale della Rotonda, che ha restitui- vecchio corso del Bacchiglione nell’area to, a livello di fondazioni, un tratto di mura dell’attuale Città giardino, fig. 4), è abba- di duecento metri, con tre torri e una porta stanza facile intuire il percorso delle mura. che dava accesso a un porto fluviale, lungo Molto più arduo il compito quando man- un corso d’acqua di considerevole portata, cano riferimenti precisi, come nel caso del che scorreva all’esterno di esse12. Si tratta Piovego fra Porciglia e Ognissanti, deviato del più importante contributo archeologico nell’alveo attuale con la costruzione delle alla conoscenza delle mura carraresi: anche 31 Ugo Fadini

perché quelle sono le mura che, proseguen- do verso nord, per proteggere il borgo del- la Trinità, formavano la Coalonga, dove si concentrò il fuoco dei cannoni dell’impera- tore Massimiliano nel 1509. Immaginare quali potessero essere le ca- ratteristiche e l’aspetto delle cortine delle due cinte carraresi e, più ancora, delle tor- ri e delle porte, è altrettanto complicato e il fatto che le mura di Padova siano state il risultato di un lento processo evolutivo, per accumulazione e sostituzione, certo non aiuta. Le poche tracce materiali sem- brano confermare una varietà di soluzioni, adottate in tempi diversi per diversi tratti, anche appartenenti a una stessa cerchia. Di conseguenza, quanto è testimoniato a livello archeologico in un determinato punto non può essere automaticamente esteso all’intero circuito, e neppure a por- città, come a Este e un po’ ovunque. Diver- 4. Pianta di Padova zioni contigue. se da quelle della cinta comunale, sempre (Giovanni Valle, 1784). Un breve segmento della seconda cer- raffigurate a filo delle mura, sia che si trat- Particolare dell’area chia riscoperto dietro Santa Sofia, lungo tasse di torri scudate, come le mostra parte sud-ovest: l’antico corso 13 il canale omonimo, sotto casa Breda , si dell’iconografia, che per le mura comunali del Bacchiglione è ancora presenta ad esempio in tutto simile, per ben individuabile, arriva a fine Settecento e oltre, oppure di al centro dell’immagine. fattura e spessore, alle mura comunali due- torricini eretti interamente sullo spessore centesche. Mentre un lacerto portato alla di tre metri della cortina, come ci appaiono 14 luce presso il baluardo Savonarola e il in altre carte. Paradossalmente, proprio a lungo tratto di viale della Rotonda di cui si quest’ultima tipologia appartiene l’unica è appena detto, presentano caratteristiche torre sicuramente di epoca carrarese anco- molto diverse: spessore del muro inferiore ra esistente, all’angolo nord ovest del ca- al metro, camicia in laterizio e probabile stello: si tratta però del punto di arrivo del presenza di contrafforti sul lato interno, percorso del traghetto proveniente dalla che viene spontaneo immaginare collegati reggia, quindi la torretta non può fare testo l’uno all’altro da archi, come a Montagna- circa le caratteristiche delle altre torri. na, fortificata anch’essa in epoca carrarese. Piuttosto, c’è da chiedersi quante po- Eppure appartengono entrambi alla secon- tessero essere, le torri delle mura carrare- da cerchia. Che fu però realizzata sotto due si: se si prendesse come base di calcolo diversi signori e forse riadattando, come si la distanza di circa 55 metri esistente fra è detto, anche tratti di muraglia già esisten- le torri rilevate nel corso delle indagini in ti; alcuni dei quali potrebbero essere stati viale della Rotonda (due individuate diret- conservati, perché ben saldi, come è forse tamente nello scavo, una terza rilevata col il caso di quello lungo il canale di Santa georadar), il computo darebbe un totale di Sofia, e altri invece, magari già in cattive 178, porte comprese, per la sola cinta più condizioni, sostituiti da mura di nuova co- esterna, cui ne andrebbero aggiunte altre struzione, di concezione più moderna e di 35 per i tratti interni della seconda cerchia, altezza probabilmente inferiore, rispetto ai nonché le 19 porte e un imprecisato nume- dodici metri delle mura comunali, come è ro di torri della cinta comunale... Se dav- probabilmente avvenuto nel settore nord vero più di duecento torri avessero punteg- occidentale. giato le tre cerchie di mura di Padova, ben Delle torri sappiamo che quelle indivi- si spiegherebbe l’enfasi dei contemporanei duate sotto viale della Rotonda avevano nel vantarne la potenza! base quadrata, sporgevano leggermente Analoga incertezza riguarda le caratteri- verso l’esterno rispetto alle cortine ed era- stiche delle porte, una dozzina in tutto, che no scudate, ossia aperte dal lato interno alla si aprivano nelle cerchie carraresi: l’unico 32 Le mura dtrecentesche di Padova

esempio che ci sia rimasto è, di nuovo, un caso anomalo: una porta di uso stretta- mente militare, quella esterna del soccor- so, accanto alla omonima torre, per di più oggi ridotta al semplice arco, priva di altri elementi che ci possano permettere qualsi- asi ulteriore considerazione. L’iconografia storica, in particolare la preziosa veduta dell’anonimo B.E.B, forse disegnata nei primi anni del Cinquecento, prima della demolizione delle cerchie carraresi (fig. 5), ce le mostra in tutto simili a quelle comu- nali, a loro volta disegnate in modo sche- matico: una torre con un grande varco e a volte un recinto esterno. Nulla di diverso da quanto possiamo ancora vedere a Mon- tagnana e altrove. Ma non possiamo generalizzare, ogni porta poteva avere caratteristiche speci- fiche: quella di Santa Croce, ad esempio, sembra fosse costituita da un recinto dop- pio, all’interno del quale si ergeva una tor- re esagonale, cosa di cui siamo certi per- ché rimane presente nella cartografia fino al Settecento. Porta Saracinesca, come si è visto, viene definita rocca, anche castello Guida alla scoperta delle difese comunali e carra- 5. Padoa (anonimo B.E.B.). e tale appare ancora, con un’alta torre, in resi, a cura di U. Fadini, Edibus / Comitato Mura, alcune piante storiche di Padova. Vicenza 2017. La città medievale, E i merli? Com’erano i merli delle mura 4) G. e B. Gatari, Cronaca carrarese, confron- con la breccia aperta a di Padova? Logica scolastica vorrebbe che tata con la redazione di Andrea Gatari, AA. 1318- Codalunga dai cannoni 1407, a cura di A. Medin e G. Tolomei, R.I.S. 17.1, di Massimiliano nel 1509. fossero guelfi, perché tale era l’apparte- S. Lapi, Città di Castello e Zanichelli, Bologna, Disegnata probabilmente nenza del Comune e anche dei carraresi (o 1909-1931, pp. 412-420. 5) A. Gloria, Codice diplomatico padovano dal poco dopo l’assedio. della maggior parte di loro, a voler essere secolo sesto a tutto l’undecimo, Venezia 1877, p. precisi). E guelfi sono sulle mura delle cit- 254, doc. 227. 6) Rolandino, Vita e morte di Ezzelino da Ro- tà del circondario. Di certo lo erano sul- mano (Cronaca), a cura di F. Fiorese, Fondazione le mura comunali. Per quanto riguarda le Valla / Mondadori, Segrate (Milano) 2004, pp. 384 fortificazioni carraresi, però, ci sono quei e 380 rispettivamente. 7) Annali Patavini, cit. Il Liber Regiminum Pa- merli a coda di rondine, sulla torre-porta due anticipa la prima data al 1256. occidentale del castello, gli unici anco- 8) G. e B. Gatari, Cronaca carrarese..., cit., pp. 73, 136, 145. ra esistenti, a consigliarci prudenza: nel 9) G. e B. Gatari, Cronaca carrarese..., cit., p. Trecento, la distinzione andava perdendo 137. significato e la scelta poteva ormai essere 10) G. Candiani, M. Laudato, Resti del mona- stero e del muro della Roccha di sant’Agata in dettata semplicemente dal gusto... Padova, “Archeologia Veneta”, XXXII, 2009, pp. 260-277. l 11) Mura medievali di Padova..., cit. 12) A. Moneti, A. Draghi, Nuovi dati sullo svi- 1) M. Savonarola, Libellus de magnificis orna- luppo della forma urbana di Padova fra VI e XVI mentis regie civitatis Padue, a cura di A. Segarizzi, secolo, “Bollettino del Museo Civico di Padova” RIS, Tomo XXIV Parte XV, Città di Castello 1902, LXXXII, 1993, pp. 61-82. p. 51. 13) G. Candiani, Alcune notizie sulle mura di 2) Questi e i successivi riferimenti cronologici si Padova - Un lacerto delle mura carraresi sul ca- trovano nelle diverse redazioni degli Annali Pata- nale di Santa Sofia, “Archeologia Veneta”, XXIX- vini e nel Liber regiminum Padue, in appendice a XXX, 2006-2007, pp. 262-267. Rolandini Patavini Cronica, a cura di A. Bonardi, 14) Documentazione archeologica di elementi R.I.S. T. VIII, P. I, Lapi, Città di Castello, 1905- strutturali emersi nel terrapieno delle mura ve- 1908 e in Una redazione volgare inedita degli neziane presso il varco di porta Savonarola, du- “Annals Patavini”, a cura di G. Fabris, Rebellato, rante la parziale asportazione del terrapieno cin- Cittadella, 1977. quecentesco. Relazione al Comune, ottobre 2004. 3) Le misurazioni sono di Adriano Verdi e si Elementi essenziali riferiti in Mura medievali di trovano in dettaglio in Mura medievali di Padova. Padova..., cit., pp. 29 e 132. 33 Zuleika Murat

Guariento e la Padova di carrarese: opere, Zuleika Murat committenti, contesti

Originario del padovano, dette lustro alla città con importanti cicli ad affresco densi di significati encomiastici, prima di concludere a Venezia, in Palazzo Ducale, la sua eccezionale esperienza pittorica.

Guariento di Arpo (1310 c.-1367/70) fu anni Venti3, palesano una vistosa vicinan- una delle personalità di spicco dell’am- za stilistica ai dipinti del Maestro del Coro biente artistico trecentesco a Padova1. Nato Scrovegni4. Le fisionomie tondeggianti e verosimilmente a Piove di Sacco attorno al inespressive, con gli occhi marcati, la volu- 1310, e citato con la qualifica di magister metria dei corpi realizzata con il solo ricor- nel 1338, la sua carriera si svolse in un arco so a rialzi chiari, di un bianco purissimo, i cronologico piuttosto esteso, situabile fra panneggi tubolari e indifferenti all’anato- la fine degli anni Venti e il 1367 circa. Si mia sottostante, hanno infatti un riscontro tratta di un periodo contraddistinto da sta- nell’opera del Maestro. Tuttavia, si intui- bilità politica e vivacità culturale, favorite scono in nuce alcune delle caratteristiche entrambe dall’azione decisa dei domini Da di forma e stile che Guariento porterà a Carrara, che si concretizzò nella ripresa maturazione nelle sue opere più tarde, con economica della città e nell’avvio di im- particolare riguardo all’attenzione al dato portanti cantieri architettonici, alcuni dei realistico e alla resa prospettica degli spazi. quali patrocinati dai signori stessi, e che si L’opera successiva mostra una decisa manifestò inoltre nella formazione di una evoluzione che, accanto alla presenza del- cultura locale eclettica, ben caratterizzata, la firma (unica nota per il nostro pittore), ma al contempo duttile e permeabile ad in- indica una raggiunta maturità e l’affranca- flussi esterni. mento dalla bottega. Si tratta della Croce Gli esordi pittorici di Guariento lo ve- stazionale di Bassano del Grappa (fig. 1), dono allineato, nella sostanza, al modello un omaggio appassionato e virtuoso allo giottesco. Se egli poté senz’altro studiare stile naturalistico ed epidermico di Giot- dal vivo le opere realizzate a Padova dal to. Lo dimostrano la pennellata leggera, pittore toscano, non meno importante fu la sfumata; l’equilibrio sapiente della luce e lezione offerta dal Maestro del Coro Scro- delle ombre, utilizzate con valore costrut- vegni, che diede dello stile giottesco una tivo; l’anatomia sicura del corpo smagrito. versione rimeditata, semplificata, più facil- Le vicende storiche del dipinto, attual- mente metabolizzabile dai giovani artisti mente esposto presso il Museo Civico di locali. L’anonimo Maestro, attivo nell’ab- Bassano del Grappa, sono ricostruibili con side della cappella dell’Arena e in nume- precisione sulla base delle testimonianze rose imprese a Padova e nel territorio2, fu a documentarie, che è stato possibile esplo- capo di una bottega dove è possibile che lo rare a partire dall’iscrizione tracciata alla stesso Guariento abbia appreso i rudimenti base dell’opera, ove si cita il nome della dell’arte della pittura. Le prime opere attri- committente, Maria de’ Buvolini, ritratta buibili alla sua mano, infatti, ovvero il dit- in preghiera ai piedi della croce. La don- tico con Santi e Sante conservato nella Pi- na testò nel 1332, disponendo un cospicuo nacoteca Vaticana a Roma e l’Ascensione lascito in favore della chiesa di San Fran- di collezione Cini, databili alla fine degli cesco di Bassano, da cui la Croce provie- 34 Guariento e la Padova carrarese: opere, committenti, contesti

ne. Nell’iscrizione celebrativa Maria si 1. Guariento, paragona a sant’Elena, scopritrice della Croce dipinta. Bassano del vera croce, e afferma di aver commissio- Grappa, Museo Civico. nato l’opera come dono alla comunità bas- sanese affinché i concittadini preghino per la sua anima. Il dipinto era verosimilmente allestito sul tramezzo che divideva la chie- sa fino al Cinquecento, secondo una prassi assai diffusa in ambito mendicante, e di- veniva dunque fulcro visivo e devozionale dei laici che frequentavano la fondazione francescana. Il gusto gotico, ornato ed elegante, che si intravvede nel perizoma impalpabile e increspato del Cristo di Bassano, verrà portato a maturazione nelle opere successi- ve di Guariento. Lo si coglie in un dipinto quale il polittico detto dell’Incoronazione, ora conservato presso il Norton Simon Museum di Pasadena, L.A., ma verosi- milmente commissionato per il Duomo di 1 Piove di Sacco. L’opera, pesantemente ri- Bambino e donatore dipinta da Guariento maneggiata, ma sostanzialmente completa, attorno alla metà del Trecento ed esposta è dedicata alla vita di Cristo, riassunta in oggi nelle sale della Gemäldegalerie di dodici episodi che si snodano in altrettanti Berlino, che pare direttamente desunta dal riquadri ai lati dell’Incoronazione centrale. piede di un’oreficeria gotica quale il calice Un’iscrizione moderna, ma che probabil- della pieve di Monselice ora al Museo Dio- mente ripete un originale perduto, reca la data 1344 e ricorda l’arciprete Alberto, at- cesano di Padova. tivo proprio in quegli anni presso la pieve Nello stesso periodo Guariento realizza di Piove di Sacco. L’eleganza delle pose e diverse opere su tavola, soprattutto polit- le cromie accese, quasi di smalto, le fisio- tici che sopravvivono oggi in forma fram- nomie dolci, con gli occhi allungati, segna- mentaria, ma anche dipinti destinati alla devozione individuale e caratterizzati da no un decisivo scarto stilistico rispetto alle 5 opere precedenti, probabilmente innescato dimensioni e formati più contenuti . Sono dall’arrivo massiccio di oggetti preziosi – tuttavia gli ingaggi carraresi ad offrirgli oreficerie, smalti, avori – realizzati oltralpe, l’occasione di sperimentare, con icono- provenienti dalla corte papale di Avignone grafie, sistemi narrativi, contesti spaziali dove il vescovo di Padova, Ildebrandino nuovi e scenografici. L’Incoronazione del- Conti, risiedeva. Gli inventari della Sacre- la Vergine (fig. 2) fra i ritratti di Ubertino stia della Cattedrale di Padova registrano e Jacopo II da Carrara, eseguita nel 1351 e descrivono le numerose opere inviate in circa per la chiesa di Sant’Agostino, ma città dal presule, che funzionarono da agili ricoverata ora agli Eremitani, è emblema- veicoli stilistici delle più aggiornate e raf- tica in tal senso: dipinta a corredo della finate correnti gotiche. Del resto, che Gua- prima cappella funebre di famiglia, ovvero riento guardasse allora ad opere realizzate la cappella maggiore della chiesa domeni- in media diversi, traendone ispirazione, è cana di Padova, distrutta nell’Ottocento6, dimostrato ad esempio dal confronto fra introduce un tema che sarà ripreso di fre- l’elegante posa assunta da Cristo del Noli quente nella successiva pittura padovana, e me tangere del polittico di Pasadena, e la una composizione di successo. Contraria- flessuosa figura di una Madonna con Bam- mente a quanto sostenuto dalla critica, ri- bino visibile in un dittico eburneo conser- tengo che il dipinto svettasse sull’arco san- vato presso il Museo Civico Medievale di to della chiesa, imponendosi dunque come Bologna ma prodotto in Francia; o, ancora, fulcro figurativo dell’intero spazio sacro. dalla base del trono della Madonna con Una sfida che Guariento affrontò con con- 35 Zuleika Murat

sapevolezza e fiducia nei propri mezzi, tra- endo il massimo vantaggio dalla posizione inusuale e organizzando un universo para- disiaco gerarchicamente organizzato ai lati di un trono che è concepito come una ar- chitettura rigorosissima e fantastica al con- tempo. All’interno della cappella, un ciclo dedicato a Storie di Cristo e di Sant’Ago- stino (di cui rimangono due frammenti ad affresco conservati rispettivamente a Pavia e a Innsbruck) completava il messaggio, in dialogo con le arche scolpite da Andriolo de’ Santi e collaboratori, destinate al riposo ultimo di Ubertino e Jacopo da Carrara. Il risultato finale incontrò evidentemen- te il favore dei Carraresi, che subito dopo commissionarono a Guariento la deco- razione della cappella privata di palazzo, completata verosimilmente entro il 1354. L’impresa offrì al pittore la possibilità di cimentarsi in un’opera unica, che prevede- va la compresenza di dipinti su muro e su tavola (figg. 3-4), mentre le richieste preci- se della committenza, che volle riutilizza- re modelli iconografici e formali bizantini e veneziani7, lo orientarono verso scelte 2 formali innovative, con l’adozione di un perfettamente con iconografie innovative. 2. Guariento, sistema a narrazione continua che non ha Se poco rimane degli affreschi realizzati Incoronazione precedenti, né successive riprese, nell’en- per la cappella di Boccio Rossi-Bostch della Vergine. Padova, troterra veneto. Ora in gran parte distrutta, nella chiesa dei Domenicani a Bolzano, chiesa degli Eremitani. la cappella presentava un ciclo veterote- dove – stando alle testimonianze fotogra- stamentario dipinto alle pareti, mentre le fiche precedenti al bombardamento che tavole del soffitto mostravano le raffigu- distrusse la cappella, già in parte demolita razioni delle Nove Gerarchie Angeliche, a seguito delle soppressioni napoleoniche della Vergine con il Bambino, e dei quattro – Guariento raggiunse vertici prospettici Evangelisti. Il tema sacro, non esente da di assoluto virtuosismo10, le opere com- possibili letture politico-contemporanee, piute per i frati Eremitani di Padova e per allusive alle vicende della casa regnante di i dogi a Venezia sono meglio giudicabili, Padova8, è trattato in chiave cortese: i per- seppure sopravvivano anch’esse in forma sonaggi, abbigliati alla moda trecentesca, parziale. con vesti ornate da decorazioni in pastiglia Agli Eremitani Guariento si fece in- e metalli preziosi, assumono le sembianze terprete delle esigenze propagandistiche di dame e cavalieri di corte, che sfilano in dell’ordine, impegnato, in quegli anni, in pompa magna per i signori e i loro ospiti un’estesa campagna promozionale volta più illustri9. a diffondere l’immagine di sant’Agostino Sebbene in molti documenti dei decenni come fondatore storico dell’ordine. Gua- successivi Guariento sia citato alla reggia, riento condensa il legame fra Eremitani e spesso in qualità di testimone ad atti che lì Agostino in maniera esemplare: nella cap- si rogavano, non sono note altre opere re- pella maggiore della chiesa, decorata agli alizzate per la corte. Gli anni ’50 e ’60 del inizi degli anni Sessanta e in parte distrutta Trecento lo vedono attivo per committen- a seguito dei bombardamenti della seconda ze prestigiose, con ingaggi che esulano dai guerra mondiale, dedica ampio spazio agli confini cittadini, e con opere in cui il suo episodi più pregnanti della vita del santo di stile, in costante evoluzione, si coniuga Ippona, che viene significativamente mo- 36 Guariento e la Padova carrarese: opere, committenti, contesti

3 4 strato non nelle tradizionali vesti vescovili, sposava perfettamente con gli ideali pau- 3. Guariento, Storie ma in quelle di eremita. Un riquadro ora peristici dell’ordine. dell’Antico Testamento. perduto ritraeva Agostino nell’atto di con- La fama di Guariento aveva ormai tra- Padova, Accademia segnare la regola agli eremitani, interve- valicato i confini cittadini. Le due ultime Galileiana di Scienze nendo dunque personalmente nell’atto for- Lettere e Arti, Sala grandi imprese della sua carriera lo vedo- Guariento (già Reggia male di fondazione dell’ordine. Le storie no attivo a Venezia, dove il doge Giovan- carrarese, cappella). dei santi Filippo e Giacomo, titolari della ni Dolfin prima, e il doge Marco Corner chiesa, dipinte nei registri superiori delle poi, gli affidarono commissioni di grande 4. Guariento, Trono. due pareti laterali, saldano visivamente le prestigio. Per il Dolfin Guariento dipinse Una delle formelle sorti della fondazione padovana a quelle, attorno al 1362 una spettacolare scenogra- in legno che decoravano più generali, dell’ordine. Più discussa è in- fia architettonica, volta ad integrare visiva- il soffitto vece la funzione attribuita alle raffigurazio- mente e iconograficamente il sepolcro pen- della cappella carrarese. ni dei Sette Pianeti con le costellazioni e le sile del doge, scolpito da Andrea da San (Padova, Musei Civici sette età dell’uomo dipinte nello zoccolo Felice. L’opera, collocata sulla parete sini- Eremitani). (fig. 5), da collocare comunque nel con- stra della cappella maggiore della basilica testo degli studi astrologici in cui Padova domenicana dei Santi Giovanni e Paolo, eccelleva all’epoca a livello europeo, e da sopravvive in forma parziale11. Tuttavia, il considerare tenendo conto dello Studium ricorso alla testimonianza delle fonti e l’a- agostiniano che attirava intellettuali da va- nalisi delle porzioni superstiti, consentono rie regioni italiane ed estere, e che vantava di ricostruire idealmente il complesso, che una delle più ricche biblioteche dell’epoca, doveva imporsi per inusitata monumentali- lodata pure da Michele Savonarola nel suo tà e per l’idea, assai innovativa, di fingere Libellus. in pittura un paramento plastico ed archi- Il messaggio espresso negli affreschi tettonico, abitato da agili figurine di Virtù. della cappella maggiore della chiesa ve- Al 1365-1368 risale l’ultima opera nota niva amplificato dai dipinti realizzati da del pittore, ovvero la grandiosa Incorona- Guariento all’interno della cappella di zione fra Angeli e Santi – più nota come Sant’Antonio abate – più tardi reintitolata Paradiso – nella parete di fondo della Sala a Sant’Antonio da Padova –, sul fianco me- del Maggior Consiglio in Palazzo Ducale ridionale dell’edificio, anch’essa databile a Venezia, commissionata dal doge Marco ai primi anni Sessanta del Trecento. Le Corner celebrato in un’iscrizione tracciata storie del santo eremita, campione di fede alla base del dipinto stesso. Pesantemente e vittorioso sul demonio, istruivano i fede- danneggiata da un incendio divampato nel li e proponevano un efficace exemplum di Cinquecento, coperta da una tela di iden- spirito ascetico, di esistenza interamente tico soggetto dipinta da Tintoretto, stac- votata all’esercizio della meditazione spi- cata e ricoverata in altra sala del palazzo, rituale e al rifiuto dei beni materiali, che si la stupefacente composizione fu ammirata 37 Zuleika Murat

dai contemporanei e ripresa in numerose opere successive che ad essa si ispirano. La superficie si intuisce preziosa, arricchi- ta da inserti polimaterici, decorazioni in pastiglia e lamine metalliche. L’universo paradisiaco è scandito secondo un rigoro- so ordine gerarchico, che ha il suo cardine nelle figure della Vergine e di Cristo, e che si sviluppa poi verso i lati esterni distri- buendo angeli e santi in file ordinate. La corte celeste, con la sequenza rigorosa di sacri personaggi diligentemente assisi nei propri seggi, offriva una versione ideale del consiglio veneziano, che proprio in quella sala, di fronte a quel dipinto, si riuniva al 5 cospetto del doge. dalla critica, va menzionata la tavoletta con l’Imago 5. Guariento, Pianeta È, questa, l’ultima opera nota di Gua- pietatis di recente riemersa sul mercato antiquario: Venere. Uno dei sette riento. Nel 1370 egli risultava già morto. Z. Murat, Un’aggiunta al catalogo di Guariento. Il “Cristo Passo” già Seligmann, “Arte Veneta”, figurati nello zoccolo La sua eredità a Padova sarà raccolta da 73, (2016), pp. 118-128. Alla bibliografia citata in della cappella maggiore. Giusto de’ Menabuoi, Altichiero e Jacopo questo articolo devo aggiungere la scheda redatta (Padova, Chiesa degli per l’asta Christie’s a cui il dipinto è stato venduto, Avanzi, attivi per la corte carrarese e per che riporta i pareri di Keith Christiansen, di Andrea Eremitani). numerosi membri dell’élite culturale e po- De Marchi, e della scrivente: https://www.christies. litica ad essa variamente legati. com/lotfinder/Lot/guariento-di-arpo-fl-padua- 1338-136770-christ-5986904-details.aspx [ultimo l accesso: 6 agosto 2018]. 6) Per le vicende storiche dell’edificio rimando a: C. Gasparotto, Il convento e la chiesa di S. Ago- stino dei Domenicani in Padova, Firenze 1967; M. Merotto Ghedini, La chiesa di Sant’Agostino in Padova. Storia e ricostruzione di un monumento scomparso, Padova 1995. 7) Cf. D. Zaru, Gli affreschi della cappella car- rarese a Padova: le origini bizantine della narra- zione visiva di Guariento, “Opuscola historiae ar- tium”, 62, (2013), pp. 76-97. 1) Sul pittore e sulle opere che verranno qui di- 8) Su questi aspetti, cfr. I. Hueck, Der Besuch scusse mi permetto di rimandare al mio Guarien- Karls IV. in Padua und die Bilder Guarientos aus to. Pittore di corte, maestro del naturale, Cinisello der Kapelle der Carraresen, “Umĕní”, 41, (1993), Balsamo 2016, da integrare con la bibliografia pre- pp. 63-75; Ead. La corte carrarese e i rapporti con gressa ivi citata e con quella che verrà menzionata Carlo IV di Boemia, in Guariento e la Padova Car- nelle note successive del contributo presente. Si rarese; Guariento, Catalogo della mostra (Padova, avverte il lettore che, per non appesantire ecces- Palazzo del Monte 16 aprile - 31 luglio), a cura di sivamente questo articolo, i riferimenti bibliogra- D. Banzato, F. Flores D’Arcais, A.M. Spiazzi, Ve- fici che verranno forniti di seguito sono limitati a nezia 2011, pp. 81-85; D. Zaru, Gli affreschi, cit. pubblicazioni recenti, successive al 2016, e ad ap- 9) Sull’uso privato della cappella, riservato ai profondimenti storico-critici ritenuti necessari per Carraresi e ai loro ospiti, rimando a: Z. Murat, inquadrare il contesto in cui Guariento operò. “Speciosissima et devota figura Virginis”: cap- 2) Sul Maestro si vedano i recenti interventi di pelle domestiche dei Da Carrara, in Pregare in Cristina Guarnieri e Marco D’Attanasio: C. Guar- casa. Oggetti e documenti della pratica religiosa nieri, Il Maestro del coro Scrovegni e la prima fra Medioevo e Rinascimento, a cura di G. Baldis- generazione giottesca padovana, “Bollettino del sin Molli, C. Guarnieri, Z. Murat, Roma 2018, pp. Museo Civico di Padova”, 100, 2011 (2018), pp. 111-130. 199-224; M. D’Attanasio, Il Maestro del Coro 10) Per un inquadramento generale dell’uso della Scrovegni e il suo corpus, “Arte Medievale”, 4, prospettiva in Guariento, e per una discussione ap- 2013, pp. 121-144. profondita di alcune opere: T. Franco, Guariento: 3) Z. Murat, in La Galleria di Palazzo Cini. Di- ricerche tra spazio reale e spazio dipinto, in Il se- pinti, sculture, oggetti d’arte, a cura di A. Bacchi, colo di Giotto nel Veneto, a cura di G. Valenzano, F. A. De Marchi, Venezia, 2016, pp. 90-93, cat. 15. Toniolo, Venezia 2007, pp. 335-349. Sull’ambiente 4) Le affinità stilistiche che legano i dipinti della padovano dell’epoca e sulle scienze della visione Vaticana alle opere del Maestro del Coro Scrovegni sviluppate in città: L. Baggio, Sperimentazioni pro- hanno indotto alcuni studiosi ad assegnare le tavole spettiche e ricerche scientifiche a Padova nel se- al Maestro stesso; in particolare: D. Benati, in Il Tre- condo Trecento, in “Il Santo”, XXXIV (1994), pp. cento riminese. Maestri e botteghe tra Romagna e 173-232. Marche, catalogo della mostra (Rimini, Museo della 11) T. Franco, Pitture e mosaici delle tombe do- Città, 20 agosto 1995 - 7 gennaio 1996), a cura di D. gali (secoli XIII-XV), in The tombs of the Doges Benati, Milano 1995, pp. 166-167, cat. 10. of Venice from the beginning of the Serenissima to 5) Oltre alle opere su tavola già note e discusse 1907, a cura di B. Paul, Roma 2016, pp. 225-241. 38 Giusto de' Menabuoi a Padova

Giusto de' Menabuoi di Pasquale Francesco a Padova Antonino Giambò

Cenni storici sulla presenza del pittore in territorio veneto: le origini fiorentine, la formazione lombarda, la maturità padovana e le opere.

Giusto de’ Menabuoi è ad oggi considera- tostante, e tre pareti della quinta campata to uno dei maggiori esponenti della pittu- della navata centrale. In quest’ultima egli ra padovana nella seconda metà del XIV dipinse un Giudizio universale che si di- secolo. Alla sua mano si devono infatti spiega su tre pareti. In quella centrale (fig. alcuni tra i più notevoli cicli ad affresco 1) è raffigurato il Cristo in una mandor- commissionati dai Carraresi o da membri la iridata, circondato da otto angeli; al di illustri del loro entourage, militi, notai, sotto si schierano eletti e dannati, disposti come Tebaldo Cortellieri, Enrico Spisser secondo schemi che dimostrano analogie o i fratelli Naimerio e Manfredino Conti, con il ciclo giottesco della Cappella degli responsabili rispettivamente della decora- Scrovegni6. Lo stile che Giusto dimostra zione della cappella di Sant’Agostino e dei in questa sua prima fase di formazione Santi Cosma e Damiano nella chiesa degli lombarda evidenzia l’uso di tonalità scure Eremitani, e del beato Luca Belludi nella e l’accentuata resa volumetrica dei corpi. basilica del Santo. La sua opera più impo- Accanto a lui un secondo maestro anoni- nente, oltre che quella meglio conservata, mo, denominato Maestro del 1349, realiz- è però il vasto racconto della Salvezza che zò sulla parete contigua una Madonna col si dipana lungo le pareti del Battistero, ove Bambino in trono e Santi, sotto la quale Fina Buzzacarini, e il consorte Francesco I compare l’importante data di riferimento il Vecchio, Signore della città, scelsero di del 1349. collocare le loro tombe1. Nella stessa Milano sono inoltre attribu- Giusto tuttavia era fiorentino di origine iti al pittore, ancora in collaborazione con e nella città toscana nacque probabilmen- il maestro del 1349, i lavori affrescati per te tra 1320 e 13302. Ad un’ipotetica fase l’Ordine degli Umiliati in Santa Maria di giovanile dell’artista si è tentato di attribu- Brera, dove nella cappella sinistra del pre- ire un dipinto raffigurante la Madonna con sbiterio rimangono i busti di otto Santi nel Bambino in trono, Santi e angeli, datato sottarco, le virtù nelle vele delle volte e una 1345, del Museo di Belle arti di Budapest, scena sulla parete raffigurante la Predica anche se in maniera poco convincente3. di San Giovanni Battista alle turbe7. Le prime tracce del pittore si rinvengono Sempre ad una commissione lombarda, infatti in Lombardia, dove, a contatto con i sia pur a distanza di quasi un ventennio, cosiddetti “profughi toscani”, giunti a Mi- durante il quale non abbiamo ulteriori te- lano al seguito di Giotto attivo per Azzone stimonianze, si deve il Trittico oggi con- Visconti tra 1335 e 1336, dovette avvenire servato alla National Gallery di Londra, la sua formazione4. firmatoJustus pinxit in Mediol[ano]8 e da- La mano di Giusto de’ Menabuoi si rav- tato 1367. L’opera raffigura al centro una visa nell’abbazia dei Santi Pietro e Paolo Incoronazione della Vergine dove la razio- di Viboldone, un complesso degli Umiliati nale articolazione dello spazio, la precoce situato a sud-est di Milano5. In particolare prospettiva che si nota soprattutto nella l’artista decorò la prima campata della na- composizione del pavimento, la ricerca- vata sinistra, con Storie dell’Antico Testa- tezza dei dettagli, degli effetti luministici mento sulle vele della volta e una Madon- e il livello di rifinitura testimoniano l’evo- na con Bambino in trono sulla parete sot- luzione nella tecnica del pittore che, man 39 Pasquale Francesco Antonino Giambò

1. Giusto de’ Menabuoi, Giudizio universale, Chiesa dei Santi Pietro e Paolo, Viboldone.

1 mano, si fa sempre più matura9. Infine l’ul- rata dall’artista con un ciclo raffigurante tima opera nota della fase di formazione l’allegoria dei Vizi e delle Virtù, le Arti li- di Giusto in area lombarda, databile circa berali, i Padri della chiesa, i Filosofi e gli al 1368 e pubblicata di recente, è costitu- Uomini illustri dell’ordine. I frammenti ita dalla realizzazione degli affreschi per della decorazione (fig. 2) vennero notati la facciata della chiesa di Santa Maria in alla fine del XIX secolo poiché il ciclo era Strada a Monza10, i cui brevi lacerti si tro- ricoperto da intonaco nel 161013. Julius vano staccati presso il museo e tesoro del von Schlosser ne ipotizzò una ricostru- Duomo e raffigurano una Annunciazione. zione iconografica basandosi sui lacerti Sebbene oggi ci rimanga poco di questa sopravvissuti nella cappella e contempo- importante testimonianza, si può notare raneamente rifacendosi ad un manoscritto come i due pannelli superstiti evidenzino di Hartmann Schedel, studente di medici- una fase successiva di evoluzione del lin- na a Padova tra il 1463 e il 146614. Grazie guaggio del pittore rispetto alle pitture di a questa preziosa descrizione egli restituì Viboldone, datate circa un ventennio pre- la complessa articolazione originaria del cedente11. ciclo di Giusto, che coinvolgeva tutte le La prima testimonianza in territorio ve- pareti della cappella e ripercorreva l’inte- neto è del 1370, quando l’artista si recò ra opera di sant’Agostino, elogiandone le a Padova per realizzare la decorazione qualità: a dominare la scena era la tematica della cappella commissionata, intorno a dell’Exaltatio Augustini doctoris, nella cui quell’anno, dalla madre di Tebaldo de’ immagine, che doveva campeggiare sulla Cortellieri per il figlio defunto, nella Chie- parete di fondo, intendeva rispecchiarsi il sa degli Eremitani12. La cappella fu deco- committente e celebre giurista Tebaldo15.

2. Lacerti del ciclo raffigurante Allegorie di Vizi e Virtù, Cappella Cortellieri, Chiesa degli Eremitani, Padova.

2 40 Giusto de' Menabuoi a Padova

Un documento ci attesta la presenza di Giusto il 13 ottobre 1373 a Padova16, quando nella cancelleria dei Carraresi En- rico Spisser pagò al pittore 60 ducati d’oro per la realizzazione di un riquadro votivo in un’altra cappella della stessa Chiesa degli Eremitani, quella absidale a sinistra dedicata ai Santi Cosma e Damiano (poi di patronato Sanguinacci), dove il commit- tente desiderava essere sepolto17. In relazione alle origini fiorentine di Giu- sto, di cui si è detto, è importante la testi- monianza registrata del pagamento dispo- sto a favore del pittore dai francescani di Gurgo, datata 26 aprile 1375, in cui Giusto, che in quel momento risiedeva in contrada Scalona, l’odierna via Barbarigo, è detto de Florentia. Nondimeno, probabilmente per le mirabili pitture eseguite presso gli Eremitani o per altri lavori a noi non noti, era stato insignito della cittadinanza pado- vana dal Signore Francesco I il Vecchio18. In questi anni è collocabile la commit- tenza da parte di Fina Buzzaccarini della decorazione del Battistero di Padova la 3 cui realizzazione durò fino al 1378, anno della morte della moglie del Signore del- pilastro angolare della loggia, ossia il si- 3. Cupola con Cristo la città19. Il 18 agosto 1377 Giusto risulta gnore di Padova Francesco I il Vecchio e la redentore e Santi e residente in Contrada del Duomo, odierna moglie Fina, committente del ciclo pittori- tamburo con scene via Vescovado, dunque il pittore si spostò co e, tra i coniugi, si riconosce uno dei più dell’Antico Testamento, per essere più vicino al suo nuovo luogo Battistero della grandi personaggi dell’ambiente culturale Cattedrale, Padova. di lavoro20. della Padova trecentesca, Francesco Pe- Gli affreschi del Battistero di Padova trarca, il cui volto caratterizzato compare rappresentano il momento di produzione nei più importanti cicli pittorici padovani, più maturo dell’artista. La grande cupola è come ad esempio nella scena della Predica decorata con l’imponente Cristo redentore di Giacomo dipinta dallo stesso Menabuoi circondato da 108 santi, tutti perfettamente nella cappella del Beato Luca Belludi e nel riconoscibili grazie ai loro specifici attri- riquadro raffigurante il Consiglio della co- buti (fig. 3). Nel tamburo sono affrescate rona, eseguito da Altichiero nella cappella scene dell’Antico Testamento, tra le qua- di San Giacomo Maggiore alla Basilica di li compare la celebre raffigurazione della Sant’Antonio. Creazione del mondo; sulle pareti del Bat- Conclude la realizzazione la piccola ab- tistero si svolgono Episodi del Nuovo Te- side affrescata con la narrazione del testo stamento e tra di essi si evidenzia, nella pa- dell’Apocalisse di Giovanni, unicum per rete di sinistra rispetto all’ingresso, quello la sua completezza. Il ciclo si dispiega raf- raffigurante i Miracoli di Cristo (fig. 4). figurando scena per scena con incredibile La rappresentazione è caratteristica poiché precisione il testo visionario dell’evange- avviene davanti alla Cattedrale di Padova, lista. La maturità del pittore si manifesta riconoscibile dalla loggia che sovrasta la quindi, oltre che nelle soluzioni tecniche, costruzione romanica, ricostruita con si- quali ad esempio l’utilizzo ragionato dei cura capacità prospettica. La vocazione pigmenti di lapislazzulo e azzurrite, l’at- ritrattistica del pittore ci permette inoltre tenzione alle aureole in rilievo in punti di di riconoscere tre importanti personaggi maggior visibilità, soprattutto per gli esiti inseriti nella scena, in corrispondenza del stilistici che dimostrano il completo inse- 41 Pasquale Francesco Antonino Giambò

4 5 rimento dell’artista all’interno dell’am- como soccorre un pellegrino. La parete di 4. Miracoli di Cristo, biente culturale e figurativo della Padova fronte l’abside ospita la raffigurazione del Battistero della carrarese, caratterizzato dalla consapevole Martirio di San Giacomo22. Cattedrale, Padova. ripresa del linguaggio giottesco, qui decli- Benchè in generale gli esiti appaiano nato in termini più moderni, in cui finez- più stanchi, compaiono comunque alcu- 5. Visione del Beato ze coloristiche, monumentali scenografie ni brani di particolare efficacia, come ad Luca Belludi, dettaglio. Cappella del Beato architettoniche e complessità compositiva esempio la dettagliata raffigurazione della Luca Belludi, Basilica di si mescolano in un linguaggio originale e città di Padova realizzata da Giusto nel ri- Sant’Antonio, Padova. perfettamente riconoscibile. quadro della Visione del Beato Luca. La Il successo del pittore fu tale da con- scena permette di identificare tutta l’ur- tinuare a ricevere richieste di lavori. Tra banistica, mettendo in risalto i principali questi va ricordata la decorazione della luoghi cittadini23, tra i quali possiamo ri- cappella dedicata al Beato Luca Belludi conoscere il Palazzo della Ragione, con la presso la Basilica di Sant’Antonio, da- sua copertura a nave rovesciata realizzata tata 138221. Essa venne edificata come circa un settantennio prima e il castello, cappella funebre dei fratelli Manfredino e con le torri a conci bianchi e rossi. Non Naimerio, figli di Alberto Conti, nell’area manca il caratteristico traghetto che un a nord della Basilica. Nell’abside è raffi- tempo collegava direttamente la fortezza gurata, al centro, la Madonna col Bambi- con il palazzo dei Signori, fornendo loro no in trono e i Santi Francesco, Ludovi- una via di fuga (fig. 5). co, Antonio e Beato Luca Belludi. I Santi L’ultima opera da ricordare è la deco- presentano alla Vergine i committenti razione della cappella di San Ludovico accompagnati dai familiari. Sulle pareti che Giusto dipinse nel 1394 nella chiesa sono rappresentate due storie della vita di San Benedetto, commissionata dalla del Beato, la Visione del Beato Luca e Il badessa Anna, sorella di Fina Buzzaccari- Beato Luca intercede per gli infermi rac- ni. Gli affreschi comprendevano un ciclo colti presso la sua tomba. Le pareti laterali raffigurante la canonizzazione del Santo sono caratterizzare dalla rappresentazione angioino e sei tondi con scene dell’Apo- di episodi della vita dei Santi Filippo e calisse. La decorazione andò purtroppo di- Giacomo. A sinistra l’artista dipinse San strutta nel 1944, durante la seconda guerra Filippo sconfigge il drago nascosto in una mondiale24. statua del dio Marte e la Crocifissione di L’ultima testimonianza dell’artista an- San Filippo. A destra, la Predica di San cora in vita si ritrova in un atto datato 24 Giacomo a Gerusalemme, San Giacomo luglio 1387 che ci informa che il pittore, libera un prigioniero innocente e San Gia- ancora abitante presso la Contrada del 42 Giusto de' Menabuoi a Padova

Duomo, acquistò un terreno di tre “campi” Frammenti di Giusto, pp. 143-145 e C. Volpe, Il 25 lungo percorso, pp. 256-288. in Villa di Camin . 5) Per il dibattito in merito all’attribuzione a Non perviene datazione certa riguardo Giusto di queste due campate si veda F. D’Arcais, alla morte di Giusto. I documenti che at- Giusto a Viboldone, pp. 507-516 e A. Casero, Ju- stus pinxit, pp. 23-32. testano il decesso dell’artista sono due: 6) A. Casero, Justus pinxit, pp. 29-31. uno è del 19 maggio 1391, quando un atto 7) Accesa è la discussione riguardo la datazione degli affreschi; di recente Casero ha proposto una di cancelleria ci informa che Francesco II datazione tra 1350 e 1352, dopo che Giusto aveva Novello entra in possesso di beni appar- ultimato i lavori a Viboldone. F. D’Arcais, Giu- tenuti al pittore26; l’altro è del 26 luglio sto a Viboldone, pp. 507-516, A. Casero, Justus pinxit, pp. 100-107. 1395, giorno in cui un atto dà ufficiale 8) Riguardo il grande dibattito critico e gli stu- conferma dell’avvenuta morte di Giusto di sulla firma di Giusto indicante come luogo di esecuzione Mediolano e non Archâ, come prece- poiché la moglie Antonia viene menziona- dentemente ipotizzato, si veda S. Bettini, Giusto ta come vedova27. de Menabuoi, p. 16 e A. Casero, Justus pinxit, pp. La data di decesso è quindi collocabile 163-173. 9) Per una più completa descrizione iconogra- prima del maggio 1391. Dal testamento fica e stilistica dell’intera opera si rimanda a A. della vedova Antonia, steso il 5 giugno Casero, Justus pinxit, pp. 163-173. 28 10) A. Casero, Prima di Padova: Giusto de’ Me- 1429 , è possibile ricavare dei dati si- nabuoi a Monza, pp. 117-126, A. Casero, Justus gnificativi. Nel documento si fa menzione pinxit, pp. 193 – 204. della donazione riservata al Battistero della 11) A confronto con le pitture di Viboldone, lo stile che Giusto manifesta a Monza è più vicino a Cattedrale e delle ultime volontà: Antonia quello del trittico della National Gallery di Lon- chiese di essere sepolta accanto al marito, dra, dove i colori si fanno più chiari e i trapassi chiaroscurali si ammorbidiscono. Giusto, negli ul- all’interno del luogo da lui decorato, che timi anni di permanenza lombarda, sembra essere ogni anno alla vigilia del 18 giugno venis- alla ricerca di luminosità, dimostrando una più sero recitati nove salmi e dieci preghiere acuita sensibilità coloristica. Ivi, p. 121. 12) Si vedano P. Di Simone, Giusto e gli Eremi- per le anime dei coniugi e che il giorno tani, pp. 371-382 e C. Guarnieri, Il tema dell’E- successivo fosse celebrata una messa in xaltatio, pp. 297-310 29 13) In quella data la cappella divenne la sede loro memoria . della fraglia dei centuriati che apportò modifiche È quindi probabile che la data esatta di alla struttura, tra le quali la costruzione di una morte di Giusto de’ Menabuoi sia il 18 giu- volta ribassata e la modifica dell’originario abside trecentesco. C. Guarnieri, Il tema dell’Exaltatio, gno 1390 e che la vedova, per commemo- p. 298. razione del marito, esprimesse desiderio di 14) Ivi, p. 300. 15) Ivi, pp. 305-306. ricordarlo ogni anno con una celebrazione 16) Item ducati. LX. Auri dati magistro Justo liturgica nel luogo che lo rese celebre più pictori pro pictura unius capelle in loco fratrum di ogni altro. Heremitarum de Padua. B. Kohl, Giusto de’ Me- nabuoi, p. 23. l 17) F. Sorce, Menabuoi, Giusto de’, p. 431. 18) 1375, 26 apr. Pad. In contrada S. Crucis. […] mag. Justo pictore q.m Ioh. De Menaboibus 1) Si vedano i primi studi di Longhi (1928; de Florentia habit. Padua in contrata Scalumna 1934-35), gli approfondimenti in ambiente pata- Cive Civitatis Padua cuum privilegio M. et Poten- vino di Gaudenzio (1934), Bettini (1944; 1960), tis D.D. Francisci de Carraria. B. Kohl, Giusto Gregori (1974), Spiazzi (1989), Lievore (1994), de’ Menabuoi, p. 23. Travi (2008) fino ad arrivare agli studi più recenti 19) Sebbene non siano presenti documenti certi di Casero (2017), che però approfondisce la fase riguardo la tempistica della decorazione del Bat- milanese dell’artista. tistero, nel testamento di Fina Buzzaccarini non 2) La data di nascita, in assenza di documen- viene menzionato alcun intervento da eseguire tazione, è ricavabile dalla cronologia delle opere all’edificio. Esso viene indicato come luogo di se- e dalla data di morte dell’artista. La provenienza poltura della committente, rendendo ipotizzabile fiorentina è confermata da un documento pado- che per la data di stesura del documento, ossia il vano datato 26 aprile 1375. B. Kohl, Giusto de’ 22 settembre 1378, la decorazione fosse stata ul- Menabuoi, p. 23. timata. B. Kohl, Giusto de’ Menabuoi, pp. 24-25. 3) Inv. 13966. Miklòs Boskovits ha tentato di 20) C. Bellinati, La casa padovana di Giusto, ricondurre alla mano del pittore il dipinto. Il di- pp. 66-72. battito riguardo l’attribuzione dell’opera è tutt’ora 21) F. D’Arcais, La decorazione a fresco, p. 51. aperto. Si veda M. Boskovits, Su Giusto de’ Me- 22) S. Tacchetto, Due miracoli di San Giacomo nabuoi, pp. 26-34 e per il confronto critico A. Ca- Maggiore, pp. 16-22. sero, Justus pinxit, pp. 55-57. 23) Ivi, p. 71. 4) Secondo Longhi e successivamente Volpe, 24) S. Bettini, Giusto de’ Menabuoi, pp. 102-104. nel periodo della peste del 1348 migrò dalla To- 25) B. Kohl, Giusto de’ Menabuoi, p. 26 scana alla Lombardia un gruppo di artisti, di for- 26) Ivi, p. 27. mazione giottesca. Secondo Volpe questo gruppo 27) Ibidem. si farebbe riconoscere, proprio da quella data, nel- 28) B. Kohl, Giusto de’ Menabuoi, p. 22. la Badia degli Umiliati a Viboldone. R. Longhi, 29) Ibidem. 43 Luca Baggio

Altichiero e Jacopo di Avanzi al Santo Luca Baggio

I cicli di affreschi nella cappella di San Giacomo ad opera di Jacopo Avanzi e Altichiero (1372-1379) e nell'oratorio di San Giorgio (1377-1384) mettono in scena il realismo neogiottesco e raffinate sperimentazioni.

Le pitture murali che Altichiero e Jacopo Venezia, dapprima indispensabile alleata Avanzi hanno realizzato nel secondo Tre- dei Carraresi per liberarsi dall’oppressione cento presso la basilica di Sant’Antonio scaligera, diventerà poi il nemico mortale sono tra le più significative testimonian- che schiaccerà definitivamente le ambizio- ze di una stagione creativa straordinaria, ni padovane nel 1405, condannando la città quando Padova è stata il teatro di speri- euganea a quattro secoli di sottomissione mentazioni artistiche d’avanguardia. e di declino economico e sociale. Eppure Il contesto storico è quello della signo- proprio da quei territori ‘stranieri’ saranno ria dei Carraresi, con le sue luci e le sue accolti a Padova nel corso del Trecento, ombre. Un’epoca che vide la nascita di un con il consenso e l’incoraggiamento dei vero e proprio ‘mito carrarese’, promosso signori da Carrara, personalità artistiche dagli stessi signori, ma radicato in una tra- d’eccezione, che lasceranno quel segno in- dizione culturale specificamente padova- delebile che ancora oggi – a buon diritto na: la cultura politica espressa nella lunga – consideriamo un vanto cittadino. Nei casi stagione del Comune – di cui i Carraresi si specifici che qui interessano ritroviamo in sentivano i legittimi successori, pur aven- forma esemplare tutte le caratteristiche del dolo trasformato in regime signorile – e contesto storico-culturale ora accennate1. la cultura preumanistica, che in quell’e- C’è innanzitutto un luogo emblema- sperienza politica aveva avuto origine ed tico dell’identità cittadina, la basilica di era fiorita, lasciando un’eredità che con sant’Antonio: costruita per un santo oggi Francesco Petrarca, legato profondamente conosciuto come ‘Antonio di Padova’, in all’ambiente padovano, si espanderà a rag- realtà un frate francescano venuto da «una gio europeo. città [Lisbona], situata all’estremo confine Un mito padovano, dunque, quello car- del mondo» (civitas quedam, ad occidenta- rarese, ma che si è realizzato nelle forme lem eius plagam, in extremi mundi finibus) splendide che ancora oggi ammiriamo gra- – come dice nel 1232 il primo biografo del zie anche – e, in ambito artistico, soprat- Santo, nella Vita Assidua – poi riconosciu- tutto – a una lungimirante apertura al mon- to quale patrono di Padova dopo la cacciata do esterno, nonostante le difficoltà di una di Ezzelino da Romano del 1256, quando il scelta di questo tipo. Nel Trecento la re- Comune aveva riacquistato la sua autono- pubblica veneziana, la signoria scaligera di mia; una basilica dalla singolare architettu- Verona, quella viscontea di Milano, la Bo- ra – con il suo ardito sistema di copertura logna assoggettata allo Stato della Chiesa, a cupole, liberamente ispirato alla basilica la repubblica fiorentina, erano a tutti gli ef- veneziana di San Marco – realizzata in for- fetti stati stranieri, alleati preziosi o temibi- me grandiose per accogliere la tomba e gli li concorrenti a seconda delle contingenze, innumerevoli devoti del Santo. entro un quadro politico in cui le alleanze Ci sono i committenti, che, come altri potevano improvvisamente trasformarsi in esponenti dell’élite cittadina, scelgono contrasto aperto. Verona dominerà Pado- questo spazio sacro per la propria sepoltu- va per un decennio tra anni Venti e Tren- ra, sotto la protezione di sant’Antonio: si ta; Milano, a sua volta, tra 1388 e 1390; tratta di una famiglia nobile e prestigiosa, 44 Altichiero e Jacopo Avanzi al Santo

anch’essa non padovana, i Lupi, marchesi di Soragna (il luogo del loro feudo pres- so Parma, da cui erano stati estromessi con la forza), che offrivano ai Carraresi la loro competenza militare e le relazioni con i potenti dell’epoca, muovendosi tra Fi- renze, Mantova e, appunto, Padova. Pres- so la basilica antoniana i Lupi finanziano due grandiosi progetti di autopromozio- ne: la risistemazione a cappella funeraria del transetto sud della basilica – di fronte al luogo più sacro della chiesa, la cappel- la dell’Arca del Santo – e la costruzione di un edificio del tutto nuovo sul sagrato della basilica, l’Oratorio di San Giorgio, anch’esso a destinazione funeraria. 1 Ci sono, soprattutto, gli artisti, chiama- ti a realizzare i due ambiziosi progetti. transetto destro della basilica antoniana, in 1. Basilica di Sant’Antonio, Neppure loro sono padovani: Andriolo elegantissime forme aggiornate al gusto veduta della cappella di de’Santi veneziano, Altichiero verone- gotico veneziano (fig. 1). Per la decora- San Giacomo. se, Jacopo Avanzi bolognese. Eppure il zione pittorica sceglie due grandi maestri, segno che essi lasciano è ‘padovano’ da Jacopo Avanzi e Altichiero – allora al cul- tanti punti di vista. mine di prestigiose carriere artistiche, già Entrando nel dettaglio, sono necessari attivi nella decorazione dei palazzi scali- alcuni chiarimenti sul peso della commit- geri a Verona, poi in quelli padovani dei tenza nelle due imprese artistiche. Prota- Carraresi e in altre sedi eminenti della città gonista principale è Bonifacio Lupi, cui si – chiamati qui ad affrescare le pareti ap- affianca, con un ruolo per nulla secondario positamente lasciate libere per un grande nel rapporto con gli artisti, la moglie Cateri- ciclo pittorico. Nel quale dovrà essere mes- na de’Franceschi. È lui ad avviare nel 1372 so in scena, secondo le intenzioni dei com- il primo dei due cantieri, la cappella di San mittenti, un programma iconografico ben Giacomo, portata a compimento nel 1379. preciso, affidato probabilmente a un colto In essa riversa le sue ambizioni di afferma- ‘suggeritore’, forse l’umanista Lombardo zione sociale nella città che era diventata della Seta, segretario e amico di Petrarca la sua nuova patria (forse trampolino di nel suo soggiorno padovano2. lancio per un’autonoma carriera politica, Saranno dipinte immagini sacre di an- come le vicende della guerra con i Viscon- tica tradizione iconografica, adatte a uno ti, tra 1388 e 1390, sembrano far emergere: spazio a destinazione funeraria: una gran- Bonifacio diventerà vicario di Padova per de Crocifissione, al centro fisico e ideale conto dei nuovi signori milanesi, secondo del ciclo, e, tutt’intorno, Storie dell’apo- un codice di comportamento ai suoi oc- stolo san Giacomo Maggiore, protettore chi corretto e coerente). Sarà sempre lui di Bonifacio. Ma dentro il racconto sacro a portare a termine anche la realizzazione troveranno posto anche alcune presenze dell’oratorio di San Giorgio (1377-1384), finalizzate all’autocelebrazione della no- in qualità di esecutore testamentario, dopo bile committenza. Un ampio sviluppo, in la morte del cugino Raimondino Lupi che particolare, viene dato alla storia leggen- aveva iniziato l’impresa. daria di una mitica regina iberica ‘Lupa’ – Per il progetto della sua cappella Boni- da cui si voleva traesse origine la famiglia facio sceglie una prestigiosa – e costosa Lupi, secondo un’ascendenza eroicizzata – équipe ‘internazionale’. Ad Andriolo de – che, fattasi cristiana, aveva trasformato Santi, lo scultore veneziano più apprez- la sua reggia nel santuario dell’apostolo zato del momento, affida progettazione e Giacomo (Santiago di Compostela, uno realizzazione architettonica e scultorea: ne dei più venerati santuari della cristianità). sortirà la ridefinizione spaziale e visiva del Non solo, ma troviamo anche richiami 45 Luca Baggio

alla politica contemporanea, ai grandi del tempo con cui Bonifacio intratteneva rap- porti, quali Luigi d’Angiò re d’Ungheria, i signori padovani Francesco il Vecchio e Francesco Novello, Francesco Petrarca e Lombardo della Seta, solo per ricordare i più noti. Le fattezze realistiche di questi uomini illustri – veri e propri ritratti – sono inserite tra le decine di personaggi che af- follano le storie dipinte (ad esempio, Carlo Magno, che ha il volto del re d’Ungheria, e i cortigiani che lo assistono nella scena di un consiglio imperiale, con i volti dei per- sonaggi ora citati e dello stesso Bonifacio). Si tratta forse della più clamorosa manife- stazione del cosiddetto ‘ritratto istoriato’, caratteristico dei grandi cicli affrescati nel- la Padova carrarese, segno della prepotente volontà di affermazione di una élite urbana 2 che su quelle pareti si specchiava3 (fig. 2). Per comprendere l’importanza di questo alte del maestro toscano, realizzate nel 2. Altichiero, Consiglio di ciclo dipinto va innanzitutto chiarito che primo decennio del Trecento, quando il Carlo Magno, (Basilica del a San Giacomo furono attivi due artisti Comune era ancora vitale e potente: gli Santo, cappella di punta dell’epoca, tra loro assai diversi, di San Giacomo). ciascuno dei quali lasciò un segno distinto affreschi nella stessa basilica antoniana, e allo stesso tempo in dialettica simbio- sopravvissuti solo in frammenti (il più va- si con l’altro. Si è discusso e si continua sto, nella sala del capitolo); il ciclo pitto- a discutere tra gli studiosi sui modi in cui rico nella cappella di Enrico Scrovegni; il si è concretamente realizzato il lavoro nel ciclo astrologico nel palazzo della Ragio- cantiere pittorico: era un rapporto di parità ne, del tutto perduto, di cui restano riflessi tra i due, riconosciuti entrambi quali mae- nella miniatura trecentesca. Questi dipinti stri eccellenti? O uno aveva la preminenza offrivano materia inesauribile di ispirazio- sull’altro, per esempio Altichiero, l’unico ne per chi come loro intendeva porsi sulla che verrà saldato alla fine del cantiere? O scia della sua ‘pittura moderna’. Lo dirà in Jacopo Avanzi, che forse aveva avviato e modo esplicito Cennino Cennini, il pittore impostato – da solo? – il cantiere pittorico, toscano autore a fine secolo di un celebre perché a lui spetta gran parte degli affre- trattato sulla pittura – scritto non per caso, schi delle parti alte della cappella (quelle proprio a Padova – vero e proprio manife- che si realizzano per prime)? C’è anche la sto del ‘neogiottismo’. concreta possibilità (deducibile dalla pur Giotto aveva ricostruito su basi nuove la scarsa documentazione) che il pittore bo- pittura, e la pittura murale in particolare. lognese sia morto proprio in quegli anni, Da Padova le novità giottesche si erano ir- lasciando ad Altichiero il compito di porta- radiate in tante direzioni: le prime ondate re l’opera a compimento. verso Rimini, Verona, Feltre, il Friuli; poi Esiste però un denominatore comune tra a più ampio raggio in tutto il nord Italia. i due maestri: Giotto. Jacopo Avanzi e Al- Avanzi e Altichiero si inseriscono in que- tichiero, infatti, sono tra gli artisti eminenti sta ‘onda lunga’. La distanza cronologica di un fenomeno storico definito negli studi consentiva loro di osservare e rimeditare le moderni ‘neogiottismo’: un’adesione pro- invenzioni di Giotto con occhi nuovi, ade- fonda e consapevole alla lezione di quello guando un immenso patrimonio di forme e che già allora era riconosciuto il grande di tecniche a un mondo che nel frattempo rinnovatore della pittura. era molto cambiato. A Padova i nostri due artisti potevano I nostri due pittori seppero unire una confrontarsi con alcune delle opere più grande abilità nel dipingere ad affresco al 46 Altichiero e Jacopo Avanzi al Santo

nucleo fondante della pittura di Giotto, che potremmo sinteticamente indicare col ter- mine ‘realismo’: un concetto complesso, che racchiude in sé assai più di una tecnica per raffigurare illusionisticamente il mon- do fisico – tridimensionale – sulla superfi- cie pittorica – bidimensionale – di una pa- rete. Nel suo farsi immagine dipinta, quella dei grandi neogiotteschi è un’idea poetica e del mondo, e non semplicisticamente uno ‘stile giottesco’; è una ‘cultura dell’imma- gine’, riconosciuta nella sua forza innova- trice anche da grandi intellettuali dell’epo- ca, a partire da Petrarca e Boccaccio. A chiarire questo nodo concettuale ci il- lumina un testo quattrocentesco, il Libellus de magnificis ornamentis regie civitatis Pa- due, scritto dal medico e umanista Michele Savonarola, il primo intellettuale non fio- 3 4 rentino che esprime un alto apprezzamento e valuta criticamente le opere artistiche; un padovano che nella cultura di età car- pi umani che vivono nello spazio e inte- 3. Jacopo Avanzi, Predica rarese si era formato – prima di ‘emigrare’ ragiscono tra loro, ma anche psicologico, di San Giacomo a Ferrara – e proprio su questa base poté espressione degli affetti, declinati nei tanti (part., Basilica del Santo, Cappella di San Giacomo). elaborare idee così innovative. Savonarola modi diversi che l’artista scrutava nel mon- do reale. Ne sono esempi emblematici, nel- individua in Giotto il princeps – allo stes- 4. Altichiero, so tempo il primo e il più grande – degli la scena della Predica di San Giacomo (fig. Storie di San Giorgio. artisti eccellenti attivi nella sua città nata- 3), le reazioni diversificate degli ascoltatori (Padova, Oratorio le; a lui seguono i ‘padovani’ Guariento e alle parole dell’apostolo, e, nel Martirio di di San Giorgio). Giusto de’Menabuoi, e i ‘forestieri’ Jacopo San Giacomo, la fatica fisica di un contadi- Avanzi, Altichiero e Stefano da Ferrara. no che col suo asino si inerpica su una ripi- Nel loro insieme le opere da loro realizzate da salita. Le stesse scelte cromatiche sono costituivano ai suoi occhi una straordinaria coerenti con la vivacità del racconto, per ‘università della pittura’, come potremmo i colori che ora si accordano ora, più fre- tradurre oggi la sua espressione pictorie quentemente, contrastano tra di loro, con studium: opere pittoriche quali luoghi pri- punte aspre e dissonanti. vilegiati per imparare e perfezionare l’arte Altichiero, più monocorde nell’espressi- moderna del dipingere – un’arte pratica vità dei suoi personaggi e con colori più e nello stesso tempo intellettuale, non di- fusi e delicati, è piuttosto impegnato nella stante dalla scienza – che attiravano arti- costruzione di uno spazio architettonico sti da tutta Italia. Non era un’esagerazione credibile, unificato in una visione d’insie- campanilistica, i documenti confermano me, tanto spazioso da poter accogliere le l’esistenza di questo ‘pellegrinaggio arti- folle umane che animano il racconto figu- stico’ a Padova. rato; uno spazio assai diverso da quello di Di Jacopo Avanzi, Savonarola dice che Avanzi, che era frammentato in parti distin- nella cappella dei Lupi aveva dipinto “fi- te, tra loro accostate o addirittura contra- gure umane che sembrano vive” (marchio- stanti, spesso in scala non proporzionata a num de Lupis admirandam cappellam ve- quella delle figure umane. Savonarola dirà luti viventibus figuris ornavit), cogliendo del pittore veronese che dipingeva maximo l’essenza di un ‘neogiottismo espressivo’: cum artificio, una definizione che sembra traendo liberamente spunto dalle figure alludere, appunto, a una straordinaria ca- umane dipinte da Giotto, a San Giacomo pacità di impaginare immagini complesse Avanzi costruisce storie sacre ricche di e illusionistiche. movimento; un movimento fisico, di cor- Anche queste sperimentazioni prospet- 47 Luca Baggio

tiche traevano origine da Giotto, le cui 5. Altichiero, Funerali di cristalline ‘scatole spaziali’ nella cappella Santa Lucia. (Padova, Scrovegni – semplici ma potenti strutture Oratorio di San Giorgio. a parallelepipedo che accolgono dentro di (Si noti nell'architettura sé le figure umane – sono il nucleo tecnico dipinta il richiamo alla facciata e concettuale da cui Altichiero inventa ben della Basilica del Santo). più complesse strutture architettoniche, sviluppate sia in larghezza che in profondi- tà. Nella cappella di San Giacomo e, ancor di più, nell’oratorio di San Giorgio, edifici sacri e profani sono articolati in complica- te strutture, ora rientranti ora aggettanti, movimentate da infinite varianti di portici, logge, finestre, balconi, balaustre, cornici, specchiature marmoree; edifici che si inte- grano uno nell’altro o si accostano tra loro armoniosamente. In tale profusione di ar- chitetture è possibile scoprire citazioni di edifici realmente esistenti – la basilica del Santo e il palazzo dei Carraresi, ad esem- 5 pio – ma sempre riadattati nelle forme di un raffinato gusto ‘gotico fiorito’ che li -ar monizza con tutti gli altri. Menabuoi (a sua volta un ‘immigrato’, da Nell’oratorio di San Giorgio, dove Al- Milano, ma di origini fiorentine, che rice- tichiero, con la propria bottega, è l’unico verà dal signore la cittadinanza padovana). protagonista, il neogiottismo architettoni- Un confronto che dovette essere anche una co trova la sua più matura espressione. A competizione, in cui ciascuno dei due mae- esplicita imitazione della cappella Scro- stri raccoglieva la sfida lanciata dall’altro e vegni, sulle pareti si dispiegano le scene la rilanciava con nuove invenzioni. Anche Giusto era impegnato a reinterpretare il re- sacre entro riquadri: storie di Cristo e dei alismo architettonico di Giotto, ma in modi santi protettori di Raimondino Lupi, Gior- del tutti diversi. Un aspetto spicca, tra gli gio, Caterina e Lucia. Nelle sequenze nar- altri: nella raffigurazione di scene ambien- rative Altichiero crea una continuità visiva tate in interni architettonici, Giusto crea tra una scena e la successiva riproponendo inedite scene ‘viste da dentro’ gli edifici architetture simili – nelle dimensioni, nel- (e dunque visivamente ‘tagliate’ dalle cor- le strutture e nelle decorazioni – così da nici dei riquadri), mentre Altichiero – più dare l’impressione che il racconto scorra fedele, in questo, a Giotto – non rinuncia anche oltre le cornici dei riquadri, svolgen- a mostrare anche in questi casi gli ester- dosi dentro un’unica città di cui vediamo, ni degli edifici in cui si svolgono le storie, di scena in scena, le strade e le piazze. In accompagnando progressivamente il no- questi spazi urbani decine di personaggi si stro sguardo da fuori a dentro, attraverso muovono e agiscono, con i volti e gli abbi- le aperture di porticati, loggiati, finestre. gliamenti che il pittore coglieva dalla real- Inoltre, con un’abilità ineguagliata ai suoi tà, osservata e riprodotta amorevolmente: tempi, Altichiero è in grado di ottenere vir- uomini e donne eminenti – in ossequio ai tuosistici effetti di illusionismo ingloban- potenti di turno – ma anche tanti anonimi do visivamente le strutture architettoniche personaggi di tutte le classi sociali, offren- reali – pilastri o colonne sporgenti, spigoli doci un documento visivo straordinario tra i muri – nelle finte strutture architetto- della città trecentesca (fig. 4). niche dipinte (fig. 5). L’ambiente padovano ha per certo favo- Ma in questo ambiente c’è anche qual- rito e anzi sollecitato questi risultati stupe- cosa d’altro. Alle spalle di tanta sapienza facenti, a date così precoci: lo dimostra il pittorica vi furono tangenze con il contem- confronto con un altro grande artista neo- poraneo sviluppo delle scienze e della cul- giottesco allora presente in città, Giusto de’ 48 Altichiero e Jacopo Avanzi al Santo

tura letteraria, in parte individuate, in parte Molto ampia e profonda è stata, in effetti, ancora da mettere in piena luce. l’eredità di Altichiero, in particolare grazie Nella città dove all’inizio del secolo era ai cicli al Santo che a lui si rifanno diretta- forse avvenuto un incontro fra Giotto e uno mente, alcuni usciti dalla sua bottega, tra scienziato del calibro di Pietro d’Abano, i Padova e Verona (come Jacopo da Verona, pittori neogiotteschi sembrano essere sta- autore degli affreschi nella chiesa di San ti per lo meno consapevoli degli studi di Michele), ma anche a raggio più ampio, ottica che i maestri dell’università stavano per esempio negli affreschi di Palazzo compiendo. In particolare, in questo possi- Trinci a Spoleto. A lui guarderanno grandi bile dialogo tra scienza e arte sembra aver protagonisti del tardogotico italiano, Gen- avuto un ruolo centrale Giovanni Dondi, tile da Fabriano, Pisanello Giambono; più personaggio poliedrico e geniale, medico nascosti e indiretti i rapporti di Altichiero – e astronomo, ma anche poeta, umanista e, e degli altri neogiotteschi ‘padovani’ – con forse, disegnatore: il suo manoscritto che gli artisti che nel secolo successivo saran- descrive il complicato ‘orologio planetario’ no protagonisti a Firenze delle sperimen- che aveva progettato e costruito – l’Astra- tazioni della prospettiva a punto di fuga rium – viene illustrato da disegni prospet- unificato: Brunelleschi e Masaccio, prima, tici che sono in linea con quanto i pittori Filippo Lippi e Donatello, poi; questi ulti- neogiotteschi realizzavano contemporane- mi, non a caso, li ritroveremo attivi anche amente, tra gli anni sessanta e ottanta. a Padova. E infine c’è il classicismo di Altichiero: Ma l’eredità dei grandi pittori di età car- un aspetto che appare costitutivo della sua rarese è anche attuale: nella grande fiori- arte e del suo stesso pensiero. Ad esempio, tura di studi che le loro opere continuano il frequente inserimento di effigi di im- ad ispirare, innanzitutto, e nell’impegno peratori romani nei suoi cicli affrescati a per la conservazione dei loro straordinari Verona e a Padova sono consapevolmente affreschi: è questa la grande responsabilità nel segno della celebrazione dell’antichi- dei padovani di oggi, è questo il vero sen- tà latina che Petrarca profondeva nei suoi so della richiesta di ottenere il riconosci- scritti; una celebrazione non solo estetica – mento dell’Unesco per Padova Urbs picta. segnando una tappa fondamentale verso il l classicismo rinascimentale e il gusto anti- quario – ma anche con valenze politiche, in linea con quanto richiedevano i suoi nobili 1) Per un inquadramento storico, Padova e ambiziosi committenti. Altichiero ha raf- carrarese, a cura di O. Longo, Padova 2005, e I figurato Petrarca sia a San Giacomo che a luoghi dei Carraresi, a cura di D. Banzato e F. d’Arcais, Treviso 2006. San Giorgio, ma forse il ritratto più intenso 2) Su questa ipotesi e su quanto si dirà più che ne ha fatto è conservato in un codice avanti di Michele Savonarola e il ‘neogiottismo’ del De viris illustribus, l’opera più ‘pado- a Padova, M. M. Donato, «Pictorie Studium» Appunti sugli usi e lo statuto della pittura nella vana’ del poeta (che aveva fatto da guida Padova dei Carraresi, nella rivista “Il Santo”, 39 per realizzare il ciclo pittorico dei grandi (1999), pp. 467–504. 3) Sulla committenza e sugli aspetti storico- uomini antichi nella sala voluta da France- artistici dei due cicli pittorici, i volumi miscellanei sco il Vecchio per la sua ‘reggia’ padova- Cultura, arte e committenza nella Basilica di S. na): l’immagine del grande umanista dise- Antonio di Padova nel Trecento, a cura di L. Baggio e M. Benetazzo, Padova 2003, e Il secolo di Giotto gnata da Altichiero mostra una capacità di nel Veneto, a cura di G. Valenzano e F. Toniolo, osservazione e di interpretazione psicolo- Venezia 2007; oltre alle monografie Altichiero da Zevio nell’oratorio di San Giorgio, a cura di L. gica che sembra frutto di una conoscenza Baggio, G. Colalucci, D. Bartoletti, Roma-Padova personale. Non è stato l’unico caso in cui 1999, e F. Flores d’Arcais, Altichiero e Avanzo. La cappella di San Giacomo, Milano 2001. Altichiero si è cimentato nell’illustrazio- 4) Su Altichiero e la miniatura si vedano le ne libraria, dove ha lasciato un segno in- schede specifiche nel catalogo della mostra Parole delebile: in questo come in altri codici le dipinte. La miniatura a Padova dal Medioevo al Settecento, a cura di G. Canova Mariani, G. sue immagini hanno la monumentalità dei Baldissin Molli, F. Toniolo, Modena 1999. grandi affreschi, e ad esse si ispirarono nu- merosi miniatori tra fine Trecento e inizio Si ringrazia la Fototeca del Centro Studi Anto- Quattrocento4. niani e i fotografi Elio e Stefano Ciol. 49 Giulio Bodon

La perduta Sala di degli Uomini Illustri Giulio Bodon

La Sala dei Giganti conserva la memoria di una singolare impresa artistico culturale nella Padova dei Carraresi, commissionata da Francesco il Vecchio e realizzata sotto la guida del Petrarca.

Quella che a Padova oggi conosciamo con suggerendo l’idea di un parallelismo tra la il nome di Sala dei Giganti, espressio­ struttura dell’opera letteraria e la partitura ne della cultura antiquaria cinquecente­ decorativa dell’ambiente.­ sca, era in origine uno dei principali am­ L’impresa artistica, così come la stesura bienti di rappresentanza del palazzo dei del testo, dovette proseguire anche dopo Carraresi, ricordato dalle fonti come Sala la morte del poeta, sopraggiunta nel 1374; Virorum Illustrium o Sala Imperatorum, in sicuramente postuma è la realizzazione del riferimento ai personaggi storici rappre­ ritratto del Petrarca seduto nel suo studio, sentati negli affreschi che ne decoravano unica parte sopravvissuta, benché pesan­ le pareti. temente ritoccata nei secoli successivi, La genesi del ciclo pittorico, ora quasi immagine che a rigore non rientrava nella completamente perduto, si colloca nel­ pianificazione del ciclo principale. Lo stes­ la stagione forse più felice della Signoria so dicasi per il ritratto di Lombardo della carrarese, in una congiuntura di partico­ Seta, ora completamente rinnovato nella lare rilievo sul piano culturale e artistico. versione cinquecentesca. Il committente, il principe Francesco­ I da Molto incerta è l’attribuzione degli affre­ Carrara, detto anche il Vecchio, fu persona­ schi. Le fonti ricordano i nomi di Altichiero lità di prima grandezza, durante il cui regno da Zevio e Ottaviano da Brescia, del pa­ Padova conobbe un periodo di prosperità dovano Guariento e del veronese Jacopo economica, insieme a un’ec­cezionale­ fio­ Avanzi. La critica più recente sembra ritura delle arti e delle attività intellettuali. orientata su Altichiero e Jacopo. Francesco Petrarca – già ospite del­ Sulle pareti dell’aula carrarese doveva­ la dinastia carrarese tra il 1349 e il 1351 no essere raffigurati trentasei personaggi – trasferitosi stabilmente a Pa­­dova nel storici: quattro re di Roma, ventiquattro 1368, pose mano, proprio per esortazione uomini celebri della Repubblica e cinque di Francesco I, al De viris illustribus, una Cesari, nonché tre ‘presenze esterne’ al raccolta di biografie di antichi uomini fa­ mondo romano; si trattava di Alessandro mosi, iniziata ancora a Valchiusa, trent’an­ Magno,­ Pirro e Annibale, gli stessi esempi ni prima, poi più volte interrotta e ripresa. già proposti dallo storico latino Tito Livio Il progetto venne continuato da Lombardo (IX, 18-19) per mettere in luce, anche at­ della Seta,­ collaboratore­ del Petrarca negli traverso la grandezza degli antagonisti, la anni del soggiorno padovano. superiorità dei Romani. Il programma figurativo della Sala dove­ Alcune testimonianze lasciano pensare va rispecchiare i contenuti del testo, come si che le rappresentazioni dei viri illustres desume dalla prefazione al Supplementum fossero abbinate a testi latini in prosa, sin­ di Lombardo della Seta, in un manoscritto tetiche biografie in stretto rapporto con ora a Parigi, Bibliothèque Nationale (cod. il Compendium del De viris illustribus, e lat. 6069 F), datato 1379 e dedicato al Car­ forse anche a scene che proponevano i mo­ rarese,­ che reca espliciti riferimenti al ci­ menti più significativi delle imprese narra­ clo pittorico della «venustissima aula», te dai tituli. 50 La perduta Sala degli Uomini Illustri

Ma la lettura delle fonti rivela diversi Francesco Petrarca nel suo aspetti problematici, e con cautela è da studio. Affresco valutare anche l’ipotesi di una stretta rela­ trecentesco. zione iconografica tra la decorazione della (Padova, Sala dei Giganti). Sala e gli apparati illustrativi di alcuni ma­ noscritti e incunaboli. Se le rappresentazioni sono ormai ir­ rimediabilmente perdute, ciò che appare invece più accessibile alla nostra compren­ sione è il valore concettuale del program­ ma iconografico, che emerge con una certa chiarezza grazie al suo stretto rapporto con l’opera storica del Petrarca. Il ciclo doveva illustrare una nuova con­ cezione della historia come sequenza di figure esemplari (exempla virtutum), ac­ curatamente selezionate in base a valori morali; rispetto alla precedente tradizione, la straordinaria portata innovativa del pro­ gramma petrarchesco consiste nell’aver fo­ il Vecchio, andata in sposa nel 1382 a calizzato un preciso segmento della storia, Federico di Oetingen; a queste seguirono l’unico ritenuto degno di attenzione, quello altre nozze, riportate dalle cronache del individuato dall’antica Roma.­ E non solo tempo, per esempio quelle della figlia di la Roma imperiale, su cui si era concen­ Francesco Novello da Carrara, Gigliola, trato l’interes­se del Medioevo, ma anche che sposò nel 1397 Nicolò d’Este. Ma vi e soprattutto la Roma repubblicana, allora ebbero luogo anche importanti episodi sto­ conosciuta sempre più approfonditamente, rici, come l’arringa di Luchino Rusca, che grazie alla riscoperta delle fonti letterarie, nel 1390 esortò i padovani a seguire Gian in particolare dell’opera­ di quel Tito Livio Galeazzo Visconti; e nel 1393 la solen­ che per la città di Padova rappresentava da ne orazione funebre in onore dello stesso tempo un simbolo di altissimo valore cul­ Francesco I da Carrara. turale, civile e politico. Pesantemente deteriorata durante i suc­ Alquanto forte il significato ideologico cessivi centocinquant’anni, grazie al rifa­ del ciclo, nel contesto di un programma di cimento cinquecentesco l’aula conserva ‘autocelebrazione’ da parte di Francesco I e ancor oggi vivo il ricordo di una tra le più di altri membri della dinastia carrarese, che eminenti iniziative culturali e artistiche si proponevano come degni epigoni degli della Padova carrarese. antichi eroi ed eredi delle loro virtù. L’aula virorum illustrium va comunque inserita l nel quadro di un più ampio e articolato si­ stema decorativo di ispirazione classica che Nota bibliografica interessava vari ambienti del palazzo dei Sull’argomento chi scrive ha dedicato appro­ fondite riflessioni in passato: G. Bodon, Heroum Carraresi, di cui si ha notizia grazie alle fon­ Imagines. La Sala dei Giganti a Padova: un mo- ti documentarie, come la Sala Thebarum, numento della tradizione classica e della cultura antiquaria, Venezia 2009, pp. 3-23; ivi bibliografia in evidente rapporto con l’argomento della precedente. Fondamentale resta Th.E. Momsen, Tebaide di Stazio, la Camera Herculis, for­ Petrarch and the Decoration of the Sala Virorum se una delle cancellerie del principe, e an­ Illustrium in Padua, in «The Art Bulletin», 34, 1952, pp. 95-116, come pure A. Schmitt, Zur cora le Sale «di Camillo» e «di Lucrezia», Wiederbelebung der Antike im Trecento. Petrarcas che rimandano a celebri episodi della storia Rom-Idee in ih­rer Wirkung auf die Paduaner Malerei, in «Mitteilungen des Kunsthistorischen di Roma repubblicana. Instituts in Florenz», 18, 1974, pp. 167-218; M.M. Per alcuni decenni, la sala fu teatro de­ Donato, Gli eroi romani tra storia ed «exemplum». gli avvenimenti più significativi della I primi cicli umanistici di Uomini Famosi, in Memoria dell’antico nell’arte italiana. II. I generi Signoria: fu qui che si tenne lo sfarzoso e i temi ritrovati, a cura di S. Settis, Einaudi, Torino convito nuziale di Aleta, figlia di Francesco 1985, pp. 95-152. 51 Davide Banzato

Jacopo da Verona di Davide e la Cappella di S. Maria Banzato

Nell’antico Oratorio di San Michele il pittore veronese decorò alla fine del Trecento una Cappella funeraria per conto della potente famiglia Bovi.

Nell’area occupata dall’edificio oggi la seconda metà del secolo XIV. Il nostro chiamato Oratorio di San Michele, alcuni Jacopo probabilmente giunse in città qua- fanno risalire a epoca bizantina (VI-VII le collaboratore di Altichiero da Zevio secolo?) la fondazione di una chiesa dedi- nell’impresa dell’Oratorio di San Giorgio. cata ai Santi Arcangeli, in considerazione A Verona gli sono state attribuite alcune del culto loro dedicato nell’area dell’E- opere conservate al Museo di Castelvec- sarcato. Altri ne ipotizzano l’erezione in chio e si è cercato di ricostruire una sua epoca longobarda. In realtà, alla prima attività come miniatore. Gli affreschi di testimonianza documentaria del 970, ne San Michele sono comunque a tutt’oggi segue una del 1014 che annovera il com- l’unico lavoro che gli sia attribuibile con plesso edilizio tra le pertinenze dell’abba- sicurezza documentaria. zia di Santa Giustina. Il titolo di Ecclesia Nel 1479 San Michele passava alla Sanctorum Archangelorum venne mante- congregazione del Santo Spirito di Vene- nuto almeno fino alla metà del secolo XI. zia, fra le cui proprietà rimase fino alla La prossimità con il Castello, a ridosso soppressione della congregazione stes- della cerchia più interna delle fortificazio- sa nel 1656, quando la Serenissima ne ni della città, provocò il coinvolgimento mise all’asta beni per sostenere le guerre della chiesa nelle vicende belliche del contro l’Impero Ottomano. Divenne poi 1390, quando Francesco II da Carrara ri- proprietà di Girolamo Dolfin, Patriarca di prese Padova ai Visconti. In quel frangen- Aquileia, passando successivamente per te si verificarono gravi danni e Pietro del le mani delle famiglie veneziane Moceni- fu Bartolomeo de Bovi, cugino di Pietro go, Soranzo, Pisani, Ruzzini. Nel 1792 le di Bonaventura de Bovi, ufficiale della pareti furono scialbate e nel 1796, causa zecca dei Carraresi, colse l’occasione per le precarie condizioni, la chiesa fu chiusa realizzare un ampliamento a celebrazione al pubblico. Francesco Pisani, il patrono della propria famiglia, di origine veronese che abitava nel vicino palazzo, prese la e del suo rapporto con la dinastia, come decisione di demolire le parti pericolan- era avvenuto per tutto il secolo per i più ti; si salvarono una parte della navata e importanti esponenti delle casate legate la cappella con gli affreschi di Jacopo da ai Da Carrara. Lungo il lato sinistro della Verona. navata fu aperto un arcone per dare acces- Nel 1868 la Commissione Conservatri- so a una nuova cappella dedicata a San- ce dei Pubblici Monumenti della città e ta Maria, che fu interamente decorata da provincia di Padova ne constatava il grave Jacopo da Verona. Così, infatti, recita la degrado e si provvide pertanto allo stacco lapide tuttora infissa all’interno. di alcuni brani di affresco; intervenne al- Il pittore è documentato negli anni 1388, lora la fabbriceria del Torresino, nelle cui 1394, 1404 nella città scaligera; ebbe due competenze l’Oratorio era passato, finan- figli, Lamberto e Battista, suoi probabili ziando le riparazioni. Nel 1871 la piccola aiuti e, secondo alcuni, visse fino al 1442. chiesa fu riaperta al culto. In passato la sua figura era stata spesso L’edificio fu restaurato conferendogli confusa con quella del bolognese Jacopo nuove forme e un nuovo orientamento, Avanzi, ugualmente attivo a Padova nel- secondo un gusto di matrice boitiana, mo- 52 Jascopo da Verona e la Cappella di S. Maria

1. Veduta dell'area dell'Oratorio di S. Michele Arcangelo a Padova.

1 dificando con una sopraelevazione il lato e la rottura di una condotta d’acqua cau- della cappella che dava sulla piazzetta sarono nuovi problemi di conservazione per creare lì l’ingresso (vedi fig. 1), con e fruizione; qualche anno fa si verificò conseguente parziale distruzione degli af- un crollo nella pavimentazione causando freschi residui su quella parete. Sul fondo nuovamente la chiusura. Si scoprì l’esi- della parte sopravvissuta della navata fu stenza di una cripta con sepolture, fra le ricavata la zona dell’altare in uno stile ne- quali vanno ricordate quelle dell’architet- ogotico/eclettico. to Domenico Cerato e dello scultore Bo- Il rimanente sedime dell’area fu in se- nazza. guito alienato e poi acquisito dal Comune Grazie al generoso sostegno della Fon- non molti anni fa. Gli affreschi staccati dazione Cariparo è stato possibile operare furono restaurati e applicati a nuovo sup- un nuovo restauro, diretto per il Settore porto da Ottorino Nonfarmale e presentati Edilizia del Comune di Padova da Dome- per la prima volta al pubblico in occasio- nico Lo Bosco e Fabio Fiocco. La ditta ne della mostra “Da Giotto al Mantegna”, Zampiron Costruzioni ha provveduto alle nel 1974. opere di edilizia, mentre sono dovuti a Negli anni novanta del secolo scorso Massimo Tisato nuovi interventi sulle pit- l’Oratorio fu oggetto di interventi volti a ture, ivi compreso il recupero e la reinte- contenere il problema dell’umidità di ri- grazione delle decorazioni ottocentesche salita e, alla fine del decennio, Ottorino che, dopo il restauro, hanno trovato nuova Nonfarmale provvide alla ricollocazione armonia con l’insieme. degli stacchi e al consolidamento delle ri- Il ciclo affrescato all’interno della cap- manenti pitture rimaste in sito, sulle quali pella è dedicato alle Storie della vita della era già intervenuto, per fissaggi del colo- Vergine e si articola in episodi da leggersi re, nel corso degli anni settanta e ottanta. in senso antiorario. Sopra l’arco di acces- Nel 2000, pertanto, in collaborazione so dell’antica navata, nel cui intradosso, con l’associazione “La Torlonga”, che entro finte nicchie e polilobi, sono dipin- tuttora ne gestisce la fruizione, l’orato- ti i Dottori della Chiesa e i Simboli degli rio fu riaperto al pubblico e, per qualche Evangelisti, si trova l’Annunciazione, sot- anno, fu sede vivace di attività culturali. to la quale notiamo l’Arcangelo Michele Purtroppo esondazioni del vicino canale dedicatario dell’intitolazione (fig. 2). La 53 Davide Banzato

Cacciata dal Paradiso a lato sembra es- sere frutto di successivo intervento cin- quecentesco. Nel pilastro nord dell’arcata San Ludovico di Tolosa. Sulla parete est la Natività e Adora- zione dei Magi (fig. 3), sulla parete nord l’Ascensione (fig. 4) e su quella ovest la Pentecoste e la Dormitio Virginis (fig. 5). Chi si è occupato delle pitture ha sem- pre riconosciuto a Jacopo da Verona parti- colari doti di ritrattista, qualità che hanno permesso l’individuazione nel corteo dei Magi, dove si nota la sagoma della Tor- longa del Castello prima della ristruttu- razione a osservatorio astronomico, di Francesco il Vecchio da Carrara (all’e- poca morto da quattro anni) e di suo fi- glio Francesco Novello, distinguibile dal copricapo a colbacco, come già avevano indicato le guide settecentesche. Alle loro spalle altri membri della famiglia. Per le figure che assistono ai funerali della Ver- gine, tra le varie ipotesi, si è pensato che possa trattarsi di membri della famiglia de Bovi. Il linguaggio dell’artista manifesta una certa peculiarità nella personale rielabora- zione di spunti tratti dalle principali ope- 2 re di pittura a Padova nel Trecento. Esso pone in evidenza una quantità di dettagli accanto ai protagonisti, alle vicende neo- 2. Contro facciata naturalistici, negli animali, nei paesaggi testamentarie. Il ciclo è l’ultimo esempio della parete di accesso talora goticamente fiabeschi, nelle vesti. della pittura ad affresco nella Padova del alla Cappella di Santa L’atmosfera cortese risulta un adattamen- Trecento. Maria: Jacopo da Verona, to in termini quotidiani delle grandiose L’Oratorio continuò a essere oggetto di Annunciazione, e S. Michele (in basso). scenografie di Altichiero a San Giorgio. I interventi di decorazione almeno sino al personaggi si inseriscono con naturalezza secolo XVI. negli interni accuratamente descritti. Lo Sull’arcone di accesso, dal lato della na- sviluppo del racconto, articolato secondo vata, vi sono lacerti di una Crocifissione scene racchiuse entro cornici dipinte, ri- tardotrecentesca. Altri riquadri affrescati, entra nella tendenza “neogiottesca” carat- staccati nel tempo e forse in origine perti- teristica della fine del secolo, pur essen- nenti alla decorazione della navata, hanno do percepibile una notevole attenzione a visto l’attribuzione allo stesso Jacopo da quanto Altichiero aveva realizzato nella Verona e sono stati recentemente ricollo- cappella di San Giacomo della Basilica cati all’interno del monumento. del Santo. Proprio un anno dopo la realizzazione Proseguono le ricerche spaziali e pro- degli affreschi della cappella, nel 1398, spettiche, che si spingono sino all’illusio- Cennino Cennini, l’autore del Libro del- nismo architettonico. La resa degli stati l’arte, il più antico manuale sulle tecniche d’animo è attenta e si lega al gusto della artistiche pervenutoci, entrava al servizio narrazione, nella quale prosegue la ten- di Francesco Novello da Carrara. Prove- denza alla laicizzazione e attualizzazione niente con ogni probabilità proprio da dell’episodio religioso, nel quale sono in- San Michele è un affresco staccato che seriti i committenti e i più importanti per- gli è stato attribuito, avente per soggetto sonaggi contemporanei che partecipano, La Madonna con il Bambino tra i santi 54 Jascopo da Verona e la Cappella di S. Maria

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Giacomo e Antonio abate, esposto nella pinacoteca dei Musei Civici, in assenza nell’Oratorio di uno spazio sufficiente alla sua sistemazione. Anche se si tratta di ipotesi attualmente messa in discussione, alcuni studiosi ri- tengono che un complesso di tavole del pittore Michele Giambono (Venezia, no- tizie dal 1420 al 1462), delle quali quat- tro conservate ai Musei Civici, potessero costituire un fastoso polittico originaria- mente eseguito per l’altare maggiore della chiesa e poi disperso. Sopra l’arco di accesso alla Cappella di S. Maria è affrescata una Deposizione; in un angolo, al di sotto, si trova una bel- la ma frammentaria figura di San Paolo, pitture del secolo XVI variamente pal- leggiate nell’attribuzione tra Domeni- co Campagnola e il suo sodale Stefano dall’Arzere. La recente riapertura al pubblico, ha ri- proposto l’accesso da quella che era stata la facciata della chiesa. Si entra in uno 5 spazio, ora scoperto, occupato in passato dalla navata, consentendo di porre in esse- monumento, uno degli scrigni pittorici Jacopo da Verona, re un ingresso adeguato per l’accoglienza della Padova Trecentesca che, se pure de- affreschi della Cappella del pubblico. La percezione della Cappel- filato rispetto ai principali percorsi turisti- di Santa Maria: la di S. Maria, riproponendone l’accesso ci cittadini, rientra a pieno titolo nel sito Natale e Adorazione dei originario attraverso l’arco, è senz’altro seriale costituito dagli affreschi cittadini Magi (fig. 3); Ascensione migliorata. del secolo XIV per il quale è in corso la (fig. 4); Pentecoste e Dormitio Virginis (fig. 5). L’immediata attenzione manifestata dai procedura di riconoscimento nella World visitatori subito dopo la riapertura ha con- Heritage List dell’Unesco. fermato il vivo interesse nei confronti del l 55 Giordana Mariani Canova

Pagine dipinte di Giordana per Padova Urbs picta Mariani Canova

I libri del Trecento miniati a Padova e diffusi nelle biblioteche di tutto il mondo testimoniano l’alto livello culturale raggiunto dalla città.

Padova Urbs picta non solo sulle grandi gici e giuridici e mentre quella lombarda pareti delle sue chiese e dei suoi palazzi, interviene soprattutto sui libri liturgici e ma anche sulle pagine di quella straordi- su raffinati manoscritti di corte, come i li- naria ricchezza di libri manoscritti che fu- bri d’ore, quella padovana risponde a una rono prodotti lungo tutto il Trecento per le straordinaria varietà di argomenti che van- comunità religiose e laiche, per gli uomini no dalla liturgia alla devozione privata, ai di pensiero e di fede, per la corte carrare- classici latini, ai romanzi e ai poemi vol- se. Le grandi esperienze della pittura e il gari, alle opere della cultura umanistica, ai livello molto alto della cultura, con la con- testi di diritto e a quelli scientifici, di astro- seguente ampia produzione di libri, porta- nomia, di botanica e di medicina, alle cro- rono infatti con sé un fiorire della minia- nache storiche, all’araldica. Ne nasce così tura le cui testimonianze ci informano in il ritratto di una città ricca di interessi dove modo esemplare sul gusto, sul pensiero e la committenza del libro di lusso doveva sui contatti sociali delle diverse istituzioni essere fitta, ricca e variegata. e delle diverse personalità. La grande va- Nella prima metà del secolo comunque rietà delle committenze che i libri miniati furono soprattutto gli espertissimi miniato- attestano e la circolazione dei miniatori ci ri bolognesi a recare il loro apporto all’am- dimostrano a loro volta come animatissi- biente padovano, restando per altro a loro mo e fortemente variegato fosse il tessuto volta fortemente contagiati da quanto ve- sociale e culturale della città. Certo la mi- devano in pittura e soprattutto dalla gran- niatura a Padova nel Trecento fu sotto mol- de lezione di Giotto nella cappella degli ti aspetti figlia della pittura, ma ebbe anche Scrovegni e nel Palazzo della Ragione. Le una gamma sua propria di manifestazioni rivoluzionarie imprese del sommo pittore che la rende un vivacissimo fatto a sé stan- fiorentino ebbero infatti immediata riso- te e, mentre i cicli pittorici rimastici sono nanza nel mondo del libro a Padova. È ben indubbiamente superbi ma relativamente noto come già a partire dal primo decennio pochi, la miniatura ha manifestazioni più del secolo, appena a ridosso della cappella sommesse ma più capillarmente diffuse. già terminata nel 1305, sia stata realizza- Come nella pittura i grandi protagonisti ta l’innovativa serie degli Antifonari della furono artisti venuti di fuori – il fiorenti- cattedrale (Padova, Biblioteca Capitolare, no Giotto, il tosco-lombardo Giusto dei mss. B14, B15, B16, A15, A16) caratte- Menabuoi, il bolognese Iacopo Avanzi, il rizzata da un giottismo scabro e ancora veronese Altichiero – così anche nella mi- un poco impacciato, ma comunque diret- niatura, cui del resto gli stessi pittori non tamente derivante, anche nell’iconografia, furono estranei, Padova seppe esprimere la da quello degli affreschi dell’Arena. Se ad sua vocazione ad essere città d’accoglien- eseguirli sia stato quel Gerarducius, cui nel za capace di attirare maestranze esterne di 1306 già erano stati affidati dai canonici i grande spessore, plasmandole a sua imma- fondi per la realizzazione dei corali, o uno gine e dando loro i mezzi per realizzarsi sconosciuto miniatore, magari bolognese, nel più prestigioso dei modi. Mentre la è ancora incerto. miniatura bolognese del Trecento si eser- Se queste esperienze sono ben note, è cita quasi esclusivamente su codici litur- stata invece da poco rivelata la patavini- 56 Pagine dipinte per Padova Urbs picta

tas di uno straordinario Offiziolo (fig. 1) oggi in collezione privata, primo completo libro d’ore composto e miniato in Italia, che Francesco da Barberino, geniale per- sonalità di notaio e di scrittore fiorentino, di grande cultura e fortemente interessato alle arti figurative, fece eseguire per sé du- rante un suo soggiorno padovano colloca- bile tra il 1304-5 e il 1309. Come confessa nei suoi Documenti d’amore scritti poco dopo in Francia, egli certo attese a dettar- ne il piano iconografico, ricco di straordi- narie invenzioni e di complesse allegorie, intervenendo forse anche nel disegno che si intravvede sottostante alle miniature, 1 visto che, sempre nei Documenti, egli si manifesta anche abile disegnatore. Appun- to per questa sua renitenza ad usare i pen- nelli e per il suo amore per gli effetti di alta qualità stilistica, egli dovette chiamare ad operare nel suo libretto, con oro e preziosi colori, dei raffinatissimi maestri bologne- si, forse giunti in città a suo servizio visto che in gioventù egli aveva soggiornato a lungo a Bologna. Essi mostrano di avere operato con quel patetismo sentimentale e con quel pittoricismo che è tipico della scuola bolognese di tardo Duecento, ma nella dilatazione delle figure, si riconduco- no alla lezione della cappella degli Scro- vegni, come ben si vede per esempio nella Annunciazione (fig. 1). Al tempo stesso il brio e la cortesia che percorrono tutta l’il- 2 lustrazione suggeriscono una sensibilizza- zione sulla miniatura francese, certo non drale da parte sua dovette lavorare in segui- 1. Officiolo di Francesco ignota a un uomo di raffinatissima cultura to anche per la cultura padovana laica. A da Barberino, come Barberino cui la letteratura francese lui mostra infatti di spettare l’illustrazione Annunciazione, doveva essere familiare e che dalla Francia di un Roman de Troie di Benoît de Saint- Collezione privata, f. 43v-44r. doveva avere tratto del resto l’idea di cre- Maure (Vienna, Österreichische National- arsi un libro d’ore. Straordinaria, per la sua bibliothek, ms. 2571) che rientra nel gusto forza monumentale e per la sua cortesia, la 2. Dante, Divina per la letteratura cavalleresca francese, miniatura finale a doppia pagina, opera di Commedia, Inferno, IX, tipico dell’ambiente veneto e più in gene- Ingresso alla città di Dite. un grande maestro, nella quale una nobile rale padano di quel momento, nello stesso Londra, British Library, figura di donna, forse personificazione del- ms. Egerton 943, f. 18r. la Grazia, scoccando mortali frecce dal suo tempo rispecchiando quel culto per il mon- arco, libera da una misteriosa fiera, sim- do antico, e in particolare per la storia tro- bolo del Male, il Barberino inginocchiato iana di cui Antenore, mitico fondatore di di fronte a lei come umile vassallo. Forse Padova, era stato eroe, che il precocissimo che Giotto stesso avrebbe potuto operare in protoumanesimo padovano in modo così queste pagine finali per il suo amico tosca- appassionato coltivava. Allo stesso mae- no presente a Padova e certo uso a frequen- stro o almeno alla stessa bottega spetta una tare la nuova cappella? Personalmente non Divina Commedia oggi alla British Library lo escluderei. (ms. Egerton 943, fig. 2). Già si profilava Il Maestro degli Antifonari della catte- così la dimensione laica della miniatura 57 Giordana Mariani Canova

trecentesca patavina, destinata ad avere in seguito larga fortuna caratterizzandosi in particolare per una spiccata attenzione al volgare. Trova espressione nella miniatura an- che la scienza padovana di primo Tre- cento e più specificamente quella cultura astrologica che, diffusa dall’insegnamento di Pietro d’Abano, fu a monte delle perdute pitture di Giotto nel Palazzo della Ragione. Intonati ad un delicato giottismo, affine a quello dei pittori riminesi, a più riprese at- tivi a Padova nel primo quarto del Trecen- to, sono infatti i disegni del ben noto Liber introductorius di Michele Scoto (Monaco, Staatsbibliothek, ms. Clm 10268) che in- terpretano, in chiave moderna un immagi- nario astrale di antica origine. Alla linfa bolognese attinsero nel Tre- cento anche le più importanti comunità 3 patavine degli ordini mendicanti che do- vettero intrattenere fortissimi rapporti con quello che in quel momento era il faro bliothek, ms. Lat. 489) contenente le vite 3. Stazio, Tebaide, Compianto su Ofelte. della cultura giuridica e teologica in Italia dei santi patroni dell’abbazia. Grande fu nel Trecento il prestigio della Dublino, Chester Beatty settentrionale e cioè Bologna con i suoi Library, ms. W. 67, f. 68v. grandi conventi di San Domenico, di San basilica e del convento del Santo, dilettissi- Francesco e di San Giacomo degli agosti- mi ai carraresi. In tale momento di grande niani, tutti sede di importanti studia ai qua- splendore la comunità francescana sentì li quelli dei conventi patavini non potevano l’esigenza di realizzare, presumibilmente mancare di fare riferimento. In ambiente tra la fine degli anni venti e i primi trenta, laico sappiamo poi come frequentissimi una nuova e ben nota serie di libri corali fossero gli scambi di professori e studenti che sostituisse quella tardoduecentesca or- tra Bologna e Padova. mai fuori moda. La maggior parte dell’im- Una personalità bolognese certamente presa venne affidata a maestri bolognesi e presente già nel secondo decennio a Pado- soprattutto a una grande personalità, che a va è quella di Nerio, un miniatore che si suo tempo è stato proposto di identificare riconosce stilisticamente legato alla tradi- con quella del cosiddetto Illustratore, im- zione illustrativa duecentesca felsinea, ma portante protagonista della miniatura fel- che appare anche fortemente toccato dalla sinea, ma che a tutt’oggi rimane alquanto pittura di Giotto. Egli sottoscrive l’illustra- misteriosa. Tale maestro, con straordinaria zione di un Giustiniano, Codex (Parigi, fantasia bolognese ma anche con disteso Bibliothèque Nationale de France, ms. lat. volume di stampo giottesco, miniò due 8941) che, appunto per il suo forte giotti- prestigiosi Antifonari (Padova, Pontifi- smo potrebbe essere stato fatto a Padova, cia Biblioteca Antoniana. Corali A e M), costituendo una delle rare testimonianze mentre più tardi, verosimilmente, negli di miniatura giuridica condotta presso lo anni sessanta, addirittura Nicolò da Bolo- Studio patavino. A Nerio spettano anche gna, il maggiore maestro della miniatura le iniziali di un precocissimo Cicerone, bolognese nella seconda metà del secolo, Opera (Wolfenbüttel, Herzog August Bi- intervenne con grande energia espressioni- bliothek, ms. Gud. Lat. 2) che lo rivela stica in due Graduali antoniani (Corali VII vicino all’ambiente del protoumanesimo e XII), introducendo a Padova l’uso di un padovano. Sua una iniziale con la figura di inconfondibile ornato fogliaceo che, sem- san Luca in un Lezionario dei benedettini plificato dai suoi seguaci, continuerà ad es- di Santa Giustina (Berlino, Staatliche Bi- sere usato sino alla fine del secolo. 58 Pagine dipinte per Padova Urbs picta

Nell’ambito della miniatura laica duran- 4. Giusto dei Menabuoi, te la prima metà del Trecento continua ad Cavaliere dell’Apocalisse. avere successo l’illustrazione dei romanzi Padova, Battistero francesi, soprattutto di argomento troiano, del Duomo. come dimostrano l’eccezionalmente ricco Roman de Troie della Biblioteca Naziona- le di San Pietroburgo (ms. fr. F. v. xiv 3) e quello della Bibliothèque Nationale di Parigi (ms. fr. 872), recentemente attribuiti a Padova e cui a mio modo di vedere va ac- costata anche la parigina Histoire Univer- selle (ms. fr. 686). Sempre in chiave caval- leresca è figurato anche il ben noto Livio padovano oggi alla Biblioteca Apostolica 4 Vaticana (Arch. San Pietro C132). Se durante la prima metà del Trecento e magine del Sole sul suo cocchio nei mano- fino all’inizio degli anni settanta protago- scritti astrologici e forse nelle pitture astro- niste della committenza a Padova furono le logiche di Giotto nella Sala della Ragione. comunità religiose e il mondo della cultu- Gemello è il Trionfo della gloria realizzato ra, nell’ultimo trentennio del secolo, con il da Altichiero in grisaille su fondo blu in crescere della potenza carrarese, si assiste un altro esemplare carrarese del De viris al fiorire di una illustre miniatura di corte illustribus (ms. Lat. 6069 I) e datato 1381 e, con l’arrivo di Giusto dei Menabuoi e di è un compendio dell’opera (ms. Lat. 6069 Altichiero, tocca al linguaggio della pittura G) con una grande vignetta raffigurante Il giunta di Lombardia e di Verona animare toro carrarese vittorioso sul leone marcia- le pagine pictae dei lussuosi libri esegui- no e pure attribuibile ad Altichiero. Tutti ti per la corte. Emerge in questo ambito, recano un inconfondibile ornato acantaceo come è ben noto, l’esemplare di dedica a corrispondente a quello realizzato in alcu- Francesco I da Carrara del De viris illustri- ni corali del Santo dai seguaci padovani bus del Petrarca, completato e scritto di sua di Nicolò da Bologna e che doveva esse- mano nel 1379 da Lombardo Della Seta, re proprio della bottega attiva per la corte segretario di Petrarca, che oggi si conserva carrarese: con esso vennero infatti decorati alla Bibliothèque Nationale di Parigi (ms. appunto da tale bottega anche alcuni dei Lat. 6069 F) essendo stato requisito con manoscritti della parte della biblioteca di tutta la biblioteca carrarese dai Visconti Petrarca giunta in eredità a Francesco e nel 1388 e poi con tutta quella viscontea oggi pure conservata a Parigi. da Francesco I di Francia nel 1499. Esso, Benchè in passato non sia stata in grado dove lo stemma carrarese risulta abraso e di avanzare una attribuzione precisa per la sostituito con quello visconteo, si apre con splendida Tebaide di Stazio oggi alla Che- uno splendido dittico, realizzato a penna ster Beatty Library di Dublino (ms. W. 76, da Altichiero stesso, che mostra sul verso fig. 3), assegnata a suo tempo al bolognese della prima pagina il ritratto, evidentemen- Jacopo Avanzi, mi sentirei oggi di riferir- te postumo, di Petrarca e sul recto della ne le ampie e superbe vignette, in grisail- pagina opposta il Trionfo della gloria car- le su fondo blu, a Giusto dei Menabuoi, il rarese. Il ritratto del poeta riflette quelli grande pittore di origine toscana giunto da presenti negli affreschi di Altichiero nella Milano a lavorare a Padova già all’inizio cappella di San Giacomo e nella cappella degli anni settanta. Mi sembra infatti che la di San Giorgio al Santo, mentre il Trion- Tebaide, nella sua salda struttura formale, fo della gloria ha, in micrografia, un largo nella sua complessa e sicura orchestrazio- impianto quale potrebbe essere quello di ne scenografica, nella sua controllata eppur un affresco. Personalmente suppongo che squisitissima eleganza, nella nobiltà inten- la figura della gloria librata in cielo su un sa e drammatica del sentire, in realtà non cocchio tirato da due cavalli alati riprenda si accordi con la più acre pittura di Iacopo liberamente quella che doveva essere l’im- Avanzi, ma si intoni appunto con il lin- 59 Giordana Mariani Canova

guaggio grande di Giusto quale ci appare 5. Altichiero, Sogno di soprattutto nel Battistero della Cattedrale. Carlo Magno. Si veda per esempio come la sfilata delle Padova, Basilica del Santo spose nel Matrimonio di Tideo e Polinice Cappella di san Giacomo. (f. 13v) richiami il gruppo di Fina Buzza- carini e delle sue dame nella Nascita del Battista e come la disperazione delle ma- dri tebane che piangono i loro figli morti in battaglia (f. 27r), lo strazio di Isifile per la morte del suo bambino Ofelte (f. 54v) e il compianto su di lui (f. 68v; fig. 3) richia- mino alla mente la gestualità drammatica delle madri nella Strage degli innocenti; così i cumuli dei corpi dei tebani uccisi (ff. 129v, 159v) ricordano quello degli annega- ti nel Diluvio universale e infine l’impeto dei guerrieri coinvolti nelle furiose batta- glie equestri del poema (fig. 3) trova ben rispondenza in quello dei guerrieri dell’A- pocalisse nell’absidiola del Battistero (fig. 4). Infine le iniziali finemente decorate alla 5 francese parlano a favore di un artista con- sapevole della Lombardia quale era Giusto. di re Abimelech (fig. 6) che riprendono Se quella della Tebaide è una aristocratica direttamente la scena del Sogno di Carlo miniatura di corte, condotta nello spirito Magno (fig. 5) e del Consiglio della coro- della grande pittura murale, opera di carat- na nella cappella di San Giacomo di Alti- tere apparentemente più popolare è la cele- chiero al Santo. Alla bottega della Bibbia bre Bibbia istoriata padovana, oggi divisa istoriata sono stati riferiti anche gli Anti- tra l’Accademia dei Concordi di Rovigo fonari della collegiata di Santa Giustina di (ms. 212), dove si conservano la Genesi Monselice (Padova, Biblioteca Capitolare, e il Libro di Ruth, e la British Library di ms. E 18-20, E 22-23). Londra (ms. Add. 15277) dove si trovano Con il 1390, dopo la dura sconfitta in- l’Esodo, il Levitico, i Numeri, il Deutero- ferta a Francesco I dai Visconti, iniziava la nomio e Giosuè. Si tratta, come è noto, di signoria di Francesco Novello da Carrara e un libro in cui ogni pagina è interamente si avviava una nuova stagione della minia- picta recando quattro vignette rappresen- tura carrarese imperniata ora su una glori- tanti episodi della creazione e della storia ficazione della casata, tanto più necessaria più antica del popolo eletto, accompagnate quanto più grave era la crisi politica attra- da brevissime didascalie esplicative in vol- versata e quella che minacciosa si avvici- gare padovano che ne spiegano il soggetto. nava. Ed ecco allora il Liber cimeriorum Le vicende del popolo ebraico sono evoca- (Padova, Biblioteca Civica, ms. B.P. 124/ te, da un maestro principale e da altri della XXII) dove sono rappresentati i cimieri di stessa bottega, come quelle di una civiltà cui i diversi signori carraresi usavano ac- rurale e artigiana quale era quella padova- compagnare lo stemma della casata, per na del secondo Trecento con le sue attività distinguersi gli uni dagli altri, e nel quale agricole, i suoi mestieri, le sue botteghe, la vediamo riflettersi quel gusto araldico che sua vita sociale incentrata soprattutto sulla è attestato dai brani di affresco superstiti sessualità, sui matrimoni, sulla fecondità, del castello e della reggia dei Carraresi. Ed ambientandosi entro la campagna o entro ecco di Pier Paolo Vergerio il De principi- la modestia dei ‘casoni’ di legno. Invece bus carrariensibus et gestis eorum (Biblio- che una urbs picta è una rus picta che spes- teca Civica, ms. B.P. 158) dove al racconto so si presenta davanti ai nostri occhi, anche delle gesta di ogni carrarese fa riscontro la se non mancano episodi di più elevata vita sua immagine a tutta pagina realizzata in sociale come nel caso di due delle storie monocromo verde come sappiamo essere 60 Pagine dipinte per Padova Urbs picta

stata affrescata una delle sale della reggia 6. Bibbia istoriata dei da Carrara. padovana, Nell’estremo Trecento la miniatura pa- Il sogno di Abimelech. dovana mostra di avere operato una nuova Rovigo, Accademia dei svolta uscendo dall’ossequio della pittura Concordi, ms. Silv. 212, f. LXXXVII. veronese in città per avviare un discorso più autonomo e fondato soprattutto sull’at- tenzione a quanto di nuovo si andava fa- cendo in ambito bolognese ad opera di quel miniatore che si usava chiamare Ma- estro delle Iniziali di Bruxelles e che ora è stato riconosciuto come Giovanni di fra Silvestro. Al linguaggio fluido e dinamico, bizzarro e fortemente espressivo di tale mi- niatore, che ama l’uso di sfrenate droleries sui margini delle pagine, si ispirano sia la Novella super Decretalium, codice giuridi- co datato 1396 (Biblioteca Capitolare, ms. A5) ed eseguito per il cardinale padovano 6 Francesco Zabarella, sia le minuscole vi- gnette monocrome con Episodi della vita i testi sono, per la prima volta in Europa di Cristo dei Quattro evangeli congrega- dopo l’antichità, tratte dall’osservazione ti in uno di Iacopo Gradenigo (Berlino, diretta: segno esemplare dell’eccellenza Staatliche Museen, Kupferstichkbinett, della cultura scientifica padovana trecen- ms. 78 C 18) con data 1399. Ambedue i tesca e del suo prestigioso futuro. codici sono stati attribuiti a un miniatore l detto appunto Maestro della Novella e sul- la stessa scia, ma in chiave più sommessa, Nota bibliografica (dopo il 2000). si collocano le grandi vignette della Crona- F. Toniolo, Il libro miniato a Padova nel Tre- cento, in Il secolo di Giotto nel Veneto, a cura di ca carrarese (Venezia, Biblioteca Marcia- F. Toniolo e G. Valenzano, Venezia 2007, pp.105- na, ms. Lat. X, 381=2802) dove i fatti della 151; Ead., Il Maestro degli Antifonari di Padova. Prassi e modelli, in Medioevo: le officine,Milano storia carrarese sono rappresentati con una 2010, pp. 549-562; Ead., Frati, maestri e libri mi- complessa scenografia quasi da micro- niati a Padova tra XIII e XV secolo. La biblioteca dei frati agostiniani del convento degli Eremitani grafiche pitture murali, e in chiave simile di Padova, in Medioevo: i committenti, Milano va letta anche l’illustrazione di una bella 2011, pp. 578-599; Ead., La ricostruzione della Divina Commedia (Padova, Biblioteca del facies miniata dei manoscritti delle biblioteche conventuali padovane: metodi, acquisizioni e pro- Seminario, ms. 67). blematiche della ricerca, in Il libro miniato e il suo Chiude l’epoca carrarese il famoso Er- committente. Per la ricostruzione delle biblioteche ecclesiastiche del Medioevo italiano (secoli XI- bario carrarese (Londra, British Library, XVI) a cura di T. D’Urso, A. Perriccioli Saggese, ms. Eg. 2020) che faceva parte della bi- G.Z. Zanichelli, Padova 2016, pp. 427-450; Splen- dore nella regola. Codici miniati da monasteri e blioteca di Francesco Novello da Carrara, conventi nella Biblioteca Universitaria di Padova, come attestano la splendida pagina d’a- a cura di F. Toniolo e P. Gnan, Catalogo della mo- pertura che reca gli stemmi e gli emblemi stra, Padova 2011; P.L. Bagatin, Mecenatismo in Polesine, Treviso 2009; I manoscritti miniati della dell’ultimo signore di Padova e la voce di Biblioteca Capitolare di Padova, I, I manoscritti un parziale elenco dei suoi libri steso nel medievali e protorinascimentali della chiesa pado- vana e di altra provenienza, a cura di G. Mariani 1404 che menziona un Liber agregà de Se- Canova, M. Minazzato, F. Toniolo, Padova 2014 rapiom, sintesi in volgare padovano di un (con saggio introduttivo di G. Mariani Canova); C. Ponchia, Frammenti dell’Aldilà. Miniature tre- trattato di farmacologia botanica del medi- centesche della Divina Commedia, Padova 2015; co arabo Serapione, vissuto nel XII secolo. G. Mariani Canova, L’Officiolo di Francesco da In effetti tale è il testo, sottoscritto da uno Barberino e le sue figure: libro di devozione, dia- rio dell’anima, palestra di stile, in Officiolum di sconosciuto frate Filippo degli Eremitani, Francesco da Barberino, a cura di S. Bertelli et che potrebbe essere stato anche il tradut- alii, Roma 2016, pp. 63-104; La bellezza nei libri. Cultura e devozione nei manoscritti miniati della tore dal latino oltre che il calligrafo, e le Biblioteca Universitaria di Padova, a cura di C. immagini delle piante che accompagnano Ponchia, Catalogo della mostra, Padova 2017. 61 Antonio Lovato

di Padova Urbs musicae Antonio Lovato

L’eccellenza musicale della città tra sacro e profano: l'Ars nova da Marchetto a Johannes Ciconia.

Ad aprire il Trecento musicale padovano di «docere scolares cantare» e di prendersi sono due sontuose serie di Antifonari e cura degli organa magna, scriverà il Lu- Graduali della cattedrale (Archivio Storico cidarium (1309/19): un trattato sul canto Diocesano) e del Santo (Biblioteca Anto- piano della liturgia che considera i suoni niana), scritti, miniati e notati per cantare non solo per le relazioni con le leggi del l’Ufficio delle Ore e le Messe dell’intero numero e delle proporzioni, ma finalmente anno liturgico. Decorati sotto la spinta del- anche per le loro caratteristiche fisiche. È la nuova e rivoluzionaria “maniera” pittori- un mutamento di prospettiva già annun- ca inaugurata da Giotto, questi libri di coro ciato da Pietro d’Abano, medico, filosofo attestano la definitiva adesione della Chie- e astronomo che nel Conciliator e, ancor sa padovana alla riforma liturgica romano- più, nell’Expositio Problematum Aristote- francescana, secondo la abbreviatio predi- lis (1303/10), descrive gli effetti del suono sposta da Aimone di Faversham mentre era la cui qualità si deve misurare a partire dal- lettore di filosofia nel convento del San- le sensazioni che l’udito riceve attraverso to. Il superamento del modus vetus, cioè l’ascolto. Derivata dalla teoria aristotelica dell’antica liturgia romano-franca, non ha del tempo («mensura motus»), questa dot- significato, però, l’abbandono incondizio- trina si riflette nel Pomerium (1321/26), un nato di un ricco patrimonio di testi intonati, trattato di musica mensurabilis in cui Mar- puntualmente indicati nel Liber ordinarius chetto non solo espone un sistema di nota- della cattedrale (Archivio Storico Diocesa- zione italiana che si differenzia da quello no) che fotografa la prassi liturgico-musi- francese nella sua proposta di ripartizione cale in uso a Padova fino all’ultimo scorcio ternaria e binaria del ritmo e delle durate del sec. XIII. Erano destinati a persistere, temporali, ma giunge a riconoscere nel infatti, sia la consuetudine delle polifonie suono un veicolo di espressioni del pensie- semplici, cioè l’arte di biscantare le melo- ro che, tradotto in segni scritti, attraverso il die liturgiche improvvisando una seconda linguaggio delle note comunica la propria voce («secundare») sopra o sotto il cantus valenza concettuale non diversamente dal prius factus, sia un considerevole lascito di linguaggio delle parole. canti particolari, a una e due voci, per le Sono esempi di questa innovativa scrit- processioni e gli uffici drammatici, che si tura musicale i mottetti celebrativi attri- continuava a rappresentare nelle principali buiti a Marchetto da Padova, come quelli festività religiose coinvolgendo tutta la cit- conservati in un frammento del monastero tà. Stando ai due Processionali della catte- benedettino di S. Giorgio Maggiore a Ve- drale (Archivio Storico Diocesano), questa nezia: Cetus inseraphici / Cetus aposto- tradizione densa di implicazioni performa- lici, a tre voci, un possibile elogio rivolto tive risulta ancora viva tra la fine del sec. al Capitolo della cattedrale di Padova; Ave XIV e gli inizi del XV, aggiornata e rin- corpus sanctum / Adolescens protomartir, vigorita dall’innesto di nuove intonazioni, a quattro voci, scritto in occasione della monodiche e polifoniche. visita annuale che, la sera di Natale e il Qualcuna di queste composizioni, come giorno seguente, il doge Francesco Dan- l’antifona a due voci Ave gratia plena, è dolo (1329/39) e il suo seguito compivano attribuita al teorico e compositore Mar- per venerare le spoglie di s. Stefano pres- chetto da Padova che occupa una posizio- so l’abbazia di S. Giorgio Maggiore, dove ne centrale nelle vicende musicali di inizio venivano ricevuti dall’abate Morando. Trecento. Magister cantus della cattedrale L’intento encomiastico si manifesta chia- almeno tra il 1305 e il 1308, con il compito ramente nel tono declamatorio attraverso il 62 Padova Urbs musicae

1. Quem quaeritis in presepe pastores dicite. Tropo iniziale del dramma liturgico per la festa di Natale, Padova, Archivio Storico Diocesano, C 55, f. 1r.

2. Marchetto da Padova, Pomerium. Epistola di dedica a Roberto d’Angiò, Milano, Biblioteca Ambrosiana, D 5 inf., f. 78r.

1 2 quale i nomi del doge e dell’abate emer- semplice linguaggio verbale. Considerati i gono con decisione all’interno della trama testi, è possibile che Marchetto abbia com- polifonica che si sviluppa in due sezioni tra posto questo mottetto per l’inaugurazione loro esattamente simmetriche. dell’oratorio di Santa Maria della Cari- Ancor più significativo è il mottetto a tà affrescato da Giotto, nella ricorrenza tre voci Ave regina celorum / Mater inno- dell’Annunciazione (25 marzo 1305). Pa- centie / [Ite missa est] (Oxford, Bodleian dova celebrava questa festa con una solen- Library), che include un doppio acrostico: ne processione, religiosa e civile al tempo il saluto angelico, Ave Maria gratia plena, stesso, che dal Palazzo della Ragione si con un tropo di interpolazione nella voce snodava fino all’Arena dove aveva luo- del triplum, e il nome del compositore, go la sacra rappresentazione di «Maria et Marcum paduanum, nella voce del duplum angeli», molto probabilmente l’Offìtium in che canta un ritmo devoto. Il mottetto ha la die Annuntiationis notato nei due Proces- prerogativa di proporre più testi da esegui- sionali della cattedrale. C’è chi ha posto in re in canto simultaneamente, creando un relazione la struttura isoritmica del mottet- prodotto sonoro di alto livello concettuale, to di Marchetto con il programma decorati- la cui comprensione è però assicurata dalla vo realizzato da Giotto nella cappella degli struttura isoritmica che governa la musica. Scrovegni, intravvedendo un nesso nella Infatti lo sviluppo melodico delle due voci comune ripartizione numerica e proporzio- superiori dipende da quello della voce al nale degli elementi musicali e decorativi. grave (tenor), in cui un’intonazione cono- In questo caso si verificherebbe la tradu- sciuta viene riproposta a più riprese (co- zione sonora dell’apparato iconografico, lores), suddivisa in frasi che presentano per cui la musica renderebbe udibile ciò le stesse proporzioni ritmiche e temporali che è visibile: come in un linguaggio mul- (taleae). Con simili accorgimenti retorici, timediale, le note si integrano con le parole introdotti per dare risalto a singole parole e le immagini in una «messa in scena sono- o incisi testuali, l’ascoltatore viene guida- ra», dove le enunciazioni non si limitano a to nella identificazione di messaggi pluri- significare un episodio, ma coincidono con mi, condensati in una struttura complessa l’evento stesso di cui rendono percepibili i che la polifonia riesce a dipanare con una molteplici significati. forza comunicativa superiore a quella del L’importanza raggiunta dal mottetto in 63 Antonio Lovato

lingua latina è indice del ruolo che la società e la cultura del tempo attribuivano alla mu- sica, la cui funzione però non rimase circo- scritta alle auliche composizioni destinate a celebrare occasioni ufficiali o personaggi illustri. Nella prima metà del Trecento Pa- dova partecipa all’affermazione dell’Ars nova italiana, originale manifestazione di musica polifonica a due o tre voci su testi in lingua volgare con temi profani. È una forma d’arte in cui il nuovo sistema di no- tazione sottende procedimenti compositivi meno elaborati di quelli francesi nell’uso del contrappunto, a favore del trattamento melodico delle voci. Gli esponenti più noti del nuovo linguaggio musicale, Jacopo da Bologna, Giovanni da Cascia (Firenze) e Maestro Piero, hanno intonato testi metrici nelle principali forme della poesia di corte (in particolare madrigale, ballata, caccia) descritte nel trattato Summa artis rithmici 3 vulgaris dictaminis (1332) di Antonio da Vaticana), Parigi (Bibliothèque nationale, 3. Marchetto da Padova, Tempo. Questo giudice padovano, il qua- codice “Reina”), Londra (British Libra- Pomerium. Parte II, Libro I, le apprezzava la «pulchram sonoritatem» ry) e nel frammento di Ostiglia (Opera Trattato settimo: divisione del madrigale e riteneva necessario che Pia Greggiati) è, invece, sopravvissuto un e durata delle note, Roma, il «cantus consonet verbis», ha dedicato gruppo di intonazioni polifoniche, da porre Biblioteca Apostolica il proprio trattato ad Alberto della Scala, sempre in relazione con la signoria scali- Vaticana, 5322, f. 93r. amante della musica e delle arti, signore gera e i suoi possedimenti. Vi si fa riferi- di Padova tra il 1328 e il 1337. A lui e ai mento a una donna il cui nome, “Anna”, suoi rapporti con la città sono riconducibi- è celato tra le sillabe di parole diverse nei li diversi componimenti, in prevalenza di madrigali che formano il cosiddetto “ci- argomento amoroso, spesso raggruppati in clo del perlaro” (o “bagolaro”): Apress’un cicli connessi a tematiche ricorrenti, fatti fiume chiaro, A l’ombra di un perlaro, O concreti e donne dai nomi occultati sotto perlaro gentil se dispogliato, Un bel per- forma di senhal. In alcuni casi compaiono laro vive sulla riva, O dolce apress’un bel precisi riferimenti alle Iguane (o Euguane), perlaro fiume. mitiche ninfe dei Colli Euganei, come nei Nella seconda metà del sec. XIV Padova madrigali Piançe la bella Iguana e Na- diventa uno dei centri principali della pro- scoso el viso stava fra le fronde, entrambi tramandati dal codice “Rossi” (Roma, Bi- duzione arsnovistica italiana, le cui carat- blioteca Apostolica Vaticana), o Sì come teristiche sono annunciate dal madrigale al canto della bella Iguana, occasione di anonimo di contenuto astrologico L’antico un certamen musicale tra Maestro Piero e dio Biber fra sette stelle, copiato nel co- Jacopo da Bologna, copiato in più fonti po- dice “Rossi”. La composizione combina steriori tra le quali il celebre codice fioren- versi italiani e francesi, un accostamento tino “Squarcialupi” del sec. XVin (Firenze, bilingue che è proposto anche dalla veste Biblioteca Medicea Laurenziana). musicale poiché in corrispondenza del Anche il madrigale Dal bel castel se testo italiano la voce superiore canta con parte de Peschiera (pure notato nel codice ritmo regolare una melodia fluida, mentre “Rossi”) sembra rivolto ad Alberto della la musica che intona i versi francesi si di- Scala in occasione di una probabile visita stingue per gli elementi tipici della polifo- del fratello Mastino II quando egli era an- nia d’oltralpe, come il ritmo frastagliato, cora residente in Padova. Raccolto in vari l’hoquetus (intreccio spezzettato delle par- manoscritti conservati a Firenze (Biblio- ti con effetto singhiozzo) e il trattamento teca nazionale; Biblioteca Medicea Lau- complementare delle voci. Questa com- renziana), Roma (Biblioteca Apostolica mistione di scrittura italiana con elementi 64 Padova Urbs musicae

4a-b. Bartolino da Padova, La douce çere d’un fier animal. Madrigale in francese con allusioni alla Commedia di Dante, Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Med. Pal. 87 (Codice Squarcialupi), ff. 101v-102r.

4a 4b stilistici della polifonia francese distingue cimiero di Francesco Novello da Carrara anche la produzione del frate carmelitano nominato comandante dell’esercito impe- Bartolino da Padova, esponente di spicco riale nel 1401. Altri madrigali hanno una della seconda fase dell’Ars nova. funzione cortese, come Le aurate chiome Residente nel convento del Carmine, nodose et avolte e Quel sole che nutrica Bartolino fu attivo tra il 1365 e il 1405 pres- ’l gentil fiore, dove il nome della donna so i signori da Carrara e, forse, anche a Fi- destinataria della composizione è nascosto renze. Il paradiso degli Alberti di Giovanni fra le parole del ritornello (El me convien da Prato lo ricorda quale «famoso musi- catar in altro loco = Catarina; Hor sol in co», assieme al contemporaneo Francesco alto ciel di tua biltate = Orsolina, figlia di Landini considerato tra i massimi polifo- Giovanni Dondi dall’Orologio). Nonostan- nisti del Trecento. Nel Liber Solatii Simo- te il tono sentenzioso e moraleggiante, pre- ne Prodenzani fa eseguire al protagonista sentano un carattere cortese anche diverse cinque composizioni e alcuni «rondel fran- ballate, tra le quali La sacrosanta carità ceschi» di Bartolino nella sera in cui a pre- d’amore, che si ritiene composta durante il siedere il racconto delle novelle è Marsilio soggiorno fiorentino (1368-71) dell’autore di Santa Sofia, esule padovano. Di lui è ri- del testo, Giovanni Dondi dall’Orologio, masto un corpus di trentotto composizioni, medico e astronomo, amico del Petrarca e sparse nelle principali fonti dell’Ars nova professore all’Università di Padova passato ivi compreso il codice “Mancini” (Lucca, poi a Pavia al servizio dei Visconti. Barto- Archivio di Stato; Perugia, Biblioteca Au- lino ha intonato anche altri testi d’autore, gusta). Ci sono madrigali dal tono aulico, come le ballate Chi tempo ha et per viltà che alludono ad episodi e personaggi stori- tempo aspecta, scritta da Matteo Griffoni ci, come La fiera testa che d’uman si ciba, in occasione di una sua ambasceria a Pa- in cui traspare l’avversità del musicista nei dova (1391), nota sia in versione fiorentina confronti dei Visconti, o Alba colomba con sia padovana, e Ama chi t’ama e sempre suo verde rama che allude all’emblema di a buona fe’ che compare nelle Croniche Gian Galeazzo, giunto al potere nel 1385 (1400) di Giovanni Sercambi di Lucca. con propositi di pace ed entrato vittorioso La convivenza di due tradizioni polifo- in Padova nel 1388. Imperial sedendo fra niche, italiana e francese, ancora evidente più stelle, invece, è un madrigale che parla nell’opera di Bartolino, tende a risolversi del carro e del saracino con le ali dorate, in un unico nuovo linguaggio musicale nel 65 Antonio Lovato

gruppo di settantuno brani musicali raccol- ti nei cosiddetti “frammenti padovani” di fine secolo XIV e inizio del XV. Sono fo- gli di guardia utilizzati per rilegare codici appartenuti alla biblioteca del monastero benedettino di S. Giustina, provenienti da cinque nuclei differenti, che ora si trovano distribuiti tra Padova (Biblioteca Universi- taria), Oxford (Bodleian Library) e Stresa (Biblioteca Rosminiana). Almeno in parte sono da assegnare alla mano del monaco copista Rolando da Casale e, considerata la natura del contenuto, è verosimile siano stati scritti negli anni in cui l’abbazia fu ret- ta da Andrea da Carrara (1397-1405). As- sieme a sezioni dell’Ordinario della Messa, infatti, includono parti di mottetti, ballate e madrigali, con testi di argomento profa- 5a 5b no composti da autori italiani e d’oltralpe. relazioni strette sia con il legato pontifi- 5a-b. Johannes Ciconia, Compaiono i nomi di Jacopo da Bologna, cio Filippo d’Alençon sia con Francesco Ut te per omnes celitus / Guillaume de Machault, Francesco da Fi- Zabarella e, tramite loro, con la famiglia Ingens alumnus Padue. renze, Antonello da Caserta (Marot), Anto- da Carrara, è da ritenere che il musicista Mottetto che celebra nio Zacara da Teramo, Bernard de Cluny, fosse in rapporti con Padova prima anco- Francesco Zabarella, Perneth, Engardus e Jacob Senleches, noti ra di assumere l’incarico in cattedrale. In Bologna, Museo per le loro composizioni che trovano con- ogni caso, alla città è dedicata una parte Internazionale e Biblioteca cordanza in altre fonti italiane ed europee. della musica, ms. Q 15, Nei frammenti di S. Giustina, invece, han- considerevole della produzione musica- ff. 289v-290r. no la prima e finora unica testimonianza le di «Johannes Ciconia, cantor ecclesiae le composizioni di alcuni musicisti locali maioris Patav., quondam Johannis, de civi- semisconosciuti, ulteriore indizio però del- tate Leodii provinciae Coloniae» che, so- la polifonia prodotta e praticata a Padova: prattutto con i suoi mottetti in latino legati Graciosus de Padua intona a tre voci un alla realtà padovana, scandisce le ultime Sanctus, un Gloria e la ballata Alta regi- fasi di una stagione culturale e musicale na de virtute ornata; di Zaninus de Peraga di eccezionale ricchezza creativa, conclu- de Padua, «il più magnifico e cortexe dei sasi con le vicende cruciali che al potere chavalieri ch’avesse tuta la Lombardia», è della signoria da Carrara videro subentrare la ballata a tre voci Se le lagrime antique e il dominio di Venezia (1405). Su un tota- ’l dolce amore citata nel sonetto n. 48 del le di tredici mottetti attualmente attribuiti Liber Saporecti di Simone Prodenzani; in- a Ciconia, quasi tutti conservati nel ms. fine, il doctor grammaticae Jacobus Cor- Q 15 di Bologna (Museo internazionale e bus de Padua è l’autore della ballata Amor Biblioteca della musica: una fonte del sec. m’ha tolto el cor, sempre a tre voci. XVin di origine veneta se non proprio pa- Nei “frammenti padovani” figura anche dovana), otto celebrano la città e sue per- una decina di composizioni del musicista sonalità eminenti, in particolare i vescovi Johannes Ciconia (Liegi, ca. 1370 - Pado- Stefano da Carrara, Albano Michiel e Pie- va, 1412), il maggiore artefice di quello tro Marcello, l’abate di S. Giustina Andrea stile polifonico internazionale che è l’esi- da Carrara (frammentario) e il doge Mi- to della fusione finalmente raggiunta tra il chele Sten. O Padua sidus preclarum canta linguaggio cantabile degli italiani e quello le eccellenze della città che ospitò il mu- tecnicamente sofisticato degli “oltremon- sicista durante l’ultimo periodo della sua tani”. I documenti attestano che nel 1401 vita e O proles Hispanie celebra sant’An- Ciconia è cappellano in cattedrale dove tonio, il principale patrono di Padova. Al l’anno successivo diventa mansionario e proprio protettore, Francesco Zabarella, nel 1403 cantor et custos; per il suo in- Ciconia dedica invece due composizioni: carico risulta regolarmente retribuito fino O doctorum principem / Melodia suavis- alla morte. In realtà, se si tiene conto delle sima / Vir mitis e Ut te per omnes celitus 66 Padova Urbs musicae

6. Giusto de’ Menabuoi, Paradiso. Particolare con “angeli musicanti” (seconda fila dall’alto e ai lati della Madonna), Padova, Battistero.

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/ Ingens alumnus Paduae. Nel rispetto di Gli studi scientifici degli ultimi anni una forma poetico-musicale che era anco- hanno avviato la riscoperta e il recupero ra attuale, alcuni mottetti sono isoritmici, di questa straordinaria stagione musicale. quindi strutturati in sequenze musicali re- Non mancano, inoltre, registrazioni e inci- golari e simmetriche ripetute più volte, al- sioni di ottime esecuzioni, filologicamente tri adottano uno schema formale libero. In rigorose, che permettono di conoscere la maggioranza sono politestuali, per cui le ricca varietà di repertori apparentemen- voci intonano contemporaneamente e con te lontani nel tempo e apprezzare la loro melodie distinte due o più testi, diversi ma bellezza. C’è, comunque, la possibilità tra loro coerenti per il significato che viene per tutti di avvicinarsi a quell’affascinan- così sottoposto a un processo di amplifica- te mondo sonoro entrando nel battistero di tio e di repetitio simultanea e variata. Il de- Padova e godere lo spettacolo organologi- dicatario è facilmente identificabile, anche co che Giusto de’ Menabuoi ha dispiegato quando non esplicitamente indicato, come all’interno del Paradiso affrescato nella pure il nome del musicista, perché in più cupola (1375/78). Qui il senso e la fun- occasioni il compositore è attento a dichia- zione che la musica aveva per gli uomini rarsi, certo che la sua musica ha il potere di del Medioevo sono resi immediatamente diffondere ovunque la fama della città e dei suoi uomini più importanti. visibili e quasi percepibili dalla schiera L’opera di Ciconia non fu solo musicale, degli “angeli musicanti” con la loro teo- e il trattato De proportionibus (1411) di- ria di strumenti musicali: organi portativi, mostra la vastità culturale di un composi- arpa, citara, ghironda, limbuta, liuto (varie tore capace di grande perizia e arte perché taglie), mandora, ribeca, salterio a pizzico in possesso di una profonda dottrina teo- (canone), cialamella, flauto doppio (ave- rica. Sotto questo aspetto non fu da meno na), flauto con tamburo pipe( and tabor), Prosdocimo di Beldomandi, il matematico, zampogna, tromba doppia, nacaires (naq- astronomo e medico padovano che nei pro- quara), tamburello con sonagli, tamburo a pri scritti (specie nel Tractatus practicae clessidra. Per quanto intrisa di significati de musica mensurabili ad modum Ytalico- simbolici, allegorici e anagogici, questa rum, ultimato a Montagnana nel 1412) ag- rassegna consente a ognuno di scoprire e giornò il sistema di notazione già proposto ammirare attraverso gli strumenti i modi e da Marchetto da Padova quasi un secolo le forme musicali che, nel Trecento, scan- prima, teorizzando una scrittura mensurale divano il vissuto quotidiano, individuale e mista in cui l’ars ytalica si fonde con l’ars collettivo, della città di Padova. gallica. l 67 Biblioteca

Lionello Puppi perché spesso queste vicen- Biblioteca de si sono intrecciate con la Il giorno 17 del settembre scorso storia del nostro Paese. Allo si è spento presso la sua residenza di Storie, protagonisti, stesso modo questo paesag- Conegliano Lionello Puppi, protago- paesaggi. gio ha offerto la scena in cui nista indiscusso della ricerca, inse- Raccontare il Polesine. il cinema italiano ha fatto gnamento e divulgazione in ambito vivere momenti essenziali Catalogo della mostra (Rovigo, della propria storia e della storico artistico e architettonico urba- 24 marzo-1 luglio 2018), a cura nistico. Nato a Belluno nel 1931, è di A. Barbera, Silvana, Milano propria evoluzione. E non stato professore ordinario di Storia 2018, pp. 200, ill. dobbiamo pensare solo al dell’Architettura e dell’Urbanistica cinema maggiore: vediamo nell’Università di Padova e di Sto- Dirò subito, senza tanti infatti l’iconografia divi- ria dell’Arte Moderna all’Università stica delle maggiorate fisi- Ca’ Foscari di Venezia, presiedendo il preamboli, che Raccon- tare il Polesine. Il cinema che (e la mostra esibisce corso di laurea in Conservazione dei al proposito molti materia- Beni Culturali, per diventare nel 2005 (Rovigo, Palazzo Roverella, 24 marzo-1 luglio 2018)) è li) sovrapporsi con inedite professore emerito di Metodologia della Storia dell’Arte. È combinazioni alle caratte- stato membro del Comitato scientifico del Centro internazio- una bella mostra, una mostra nale di Studi di architettura “A. Palladio” di Vicenza e diret- pienamente riuscita, che rizzazioni “umili” e quoti- tore di importanti esposizioni d’arte a Castelfranco Veneto, lascia dietro di sé la traccia diane del neorealismo. Ne Padova, Venezia, Lugano. Benché l’interesse per il Rinasci- di un catalogo ben costrui- emergono i tratti malinco- mento veneto abbia costituito il filo rosso del suo impegno to, ottimamente illustrato e nici di un tempo irrimedia- scientifico, le sue numerose pubblicazioni, anche tradotte in documentato. bilmente perduto ai quali si lingue straniere, spaziano su problematiche storiche e meto- Anziché proporre un reso- contrappone l’iconografia dologiche dell’arte in Europa e in America latina che vanno conto sommario, come abi- più esplicita e aggressiva del dal XIII al XX secolo. tualmente si fa in una recen- cinema contemporaneo. Di La Rivista Padova e il suo Territorio lo ricorda soprattutto sione, preferisco fare alcune grande impatto sul pubblico per il suo soggiorno padovano, proficuo per le molte pubbli- riflessioni sulle ragioni di è la convivenza dell’icono- cazioni dedicate alla Città e per l’insegnamento nella nostra questa riuscita. grafia del cinema di gene- Università, dove ha diretto l’Istituto di Storia dell’Arte e Al primo posto vor- re con gli sfavillanti colori la Scuola di Perfezionamento in Storia dell’Arte. Tanto da rei mettere una ragione di delle locandine e i materiali poterlo considerare non soltanto padovano “d’adozione” e ordine estetico, percettivo del cinema documentario. meritevole del Sigillo della Città, conferitogli nel 2014. Uno degli aspetti più origi- La sua bibliografia infatti, che assomma oltre millecento e chiamare in causa quella titoli tra volumi e saggi pubblicati nelle maggiori riviste che Jean Epstein chiamava nali della mostra deriva pro- scientifiche internazionali, presenta un elevato numero di la fotogenia dell’acqua. A prio dalla posizione centra- interventi dedicati ai più importanti monumenti di Padova e proposito della quale Jean le, all’interno del percorso provincia, e agli artisti più prestigiosi che vi hanno operato. Renoir, autore di capolavo- espositivo, attribuita al cine- Tra questi testi ci limitiamo a ricordare la Guida alla città ri quali Boudu salvato dalle ma documentario, un genere di Padova - arte e storia tra vie e palazzi, redatta assieme a acque, Une partie de cam- che nel paesaggio del Delta Giuseppe Toffanin nel 1983, che con i suoi dieci itinerari è pagne e Il fiume era solito ha trovato la sua terra d’ele- ancora oggi un utile strumento per chi volesse fare delle inte- ripetere «Io non concepi- zione. Non genere minore, ressanti passeggiate per la città, da turista o semplice curioso, sco un film senza acqua». quale abitualmente appare scoprendo angoli inediti, con notizie di cronaca e riferimenti C’è un tratto comune nei nelle storie del cinema, ma inaspettati. Da ricordare anche la successiva Guida di Pado- film cui è dedicata questa settore strategico che vale va. Architettura, edita nel 2000. Memorabile anche, tra i mostra: l’iconografia fluvia- per sé stesso e non in fun- grandi libri illustrati, Il Prato della Valle - due millenni di le, il paesaggio geo-antro- zione dei successivi passag- un’avventura urbana, da lui curato con altri collaboratori, pologico del fiume. Certo, gi al lungometraggio di fin- edito dalla Signum nel 1986, testo basilare per comprendere zione (altro luogo comune un luogo di eccellenza di Padova. Libri che non invecchiano i film sono molto diversi e i suoi, testi scrupolosi, frutto di lavoro lungo e paziente, che di diversa qualità: si va dal storiografico). E tutto questo indaga anche le pietre della città, i lacerti dipinti su muro o film d’autore, in cui l’inda- risulta con forza non solo su tela, per scoprirne l’origine, le motivazioni, sfruttando un gine sul paesaggio diventa dal percorso espositivo, intreccio di conoscenze che abbracciano discipline diverse, indagine sulla malattia dei ma anche dall’ottimo sag- sempre attento ai particolari, dai quali far scaturire racconti sentimenti (Antonioni) a gio che Marco Bertozzi ha e storie inedite, applicando il motto di Flaubert che “Il buon film in cui il dato paesaggi- scritto per il catalogo, nel Dio è nei dettagli” o, se si vuole del “Less is more” di Van de stico viene integrato in una quale emergono personali- Rohe. logica di genere (il gotico tà di autori come Florestano Lionello Puppi si è distinto anche nel promuovere e curare padano di Pupi Avati) e, Vancini e come Gianfranco eventi importanti per Padova come le mostre d’arte Jappelli ancora, film in cui il pae- Mingozzi, ma anche il fitto e la civiltà del caffè, del 1982; Padova e la pianta di Gio- saggio, sia esso pittoresco intreccio tra cinema e TV vanni Valle, Alvise Cornaro e il suo tempo, che hanno dato o solenne, viene per così che ha dato luogo a quel- luogo a importanti cataloghi da lui diretti, coordinando una dire camuffato, adattato ad la che un tempo si chia- schiera di valenti studiosi. un’ambientazione in altri mava l’inchiesta filmata e Aperto alla contemporaneità (non va scordato l’impe- spazi, in altri luoghi (per nel cui ambito, seguendo il gno civile che lo ha portato all’elezione al Senato della esempio, Guerra e pace di Repubblica, tra il 1985 e il 1987) non ha mancato di sug- documentatissimo percor- gerire soluzioni intelligenti e lungimiranti anche sul piano King Vidor, dal capolavoro urbanistico di Padova, con proposte che a volte i padovani di Lev Tolstoj). non hanno saputo cogliere: emblematico è il caso del pro- La seconda ragione dei getto di auditorium presso l’attuale piazza Rabin, in Prato risultati ottenuti sta nel L’eccedenza di spa- della Valle, redatto da Oscar Niemeyer, che il prof. Puppi fatto che la mostra mette in zio dedicato agli arti- ha portato come dono del grande architetto brasiliano alla relazione storia del cinema coli, nonostante l’au- Municipalità, finito ingloriosamente nel cassetto di qualche e storia del territorio, iden- mento delle pagine, ci burocrate. tità del cinema nazionale e ha costretto a ridurre Puppi non disdegnava infine, di affrontare temi di attua- identità geo-antropologia le rubriche. Ci scusia- lità intervenendo sui problemi del territorio e dell’arte sulle regionale. Si tratta di un mo coi lettori per essere pagine di quotidiani e riviste locali, dimostrando come la rapporto ricco di scambi e cultura sappia essere strumento di impegno e di crescita di intersezioni. Se il cinema stati costretti a rinviare civile. italiano ha saputo raccontare le numerose recensioni Paolo Pavan le vicende spesso tragiche al prossimo fascicolo. di questo territorio, è anche 68 Biblioteca so proposto da Bertozzi, si ra in esergo al catalogo: «Io PADOVA, CARA SIGNORA... trovano autentiche sorprese: al cinema non ho mai visto quello che più mi ha colpito il Delta. Il cinema cerca di durante la mia visita è stato trasformarlo in un racconto. di vedere spettatori soggio- No. Il Delta inventa lui. Tu gati dal fascino dei filmati sei là e lo guardi incantato». in bianco e nero dai quali Da indicare infine tra le sembrava che non riuscisse- ragioni degli ottimi risultati ro più a staccarsi. della mostra la straordinaria Ma sono soprattutto alcu- galleria dei «Personaggi del ni dei capolavori del cine- Polesine», che è una serie ma italiano del dopoguerra di ritratti di figure del Pole- che sono indissolubilmen- sine che hanno dato a vario te legati a questo paesag- titolo il loro contributo alla gio: dall’ultimo episodio di storia del cinema italiano. Paisà (1946) di Rossellini Io ne voglio ricordare due. a Gente del Po (1947) di Leo Catozzo, personaggio di Antonioni che tornerà sugli grande cultura, diplomato in stessi luoghi del suo docu- violoncello al Conservatorio mentario d’esordio con Il Benedetto Marcello di Vene- grido (1957). Senza dimen- zia, che per un certo perio- ticare che è con Ossessio- do della sua vita si dedicò ne di Visconti, girato nel al montaggio. Fu accanto a 1942, che si preannuncia la Fellini per il montaggio dei rinascita del nostro cinema. film che vanno da Le notti La mostra curata da Barbe- di Cabiria a Otto e mezzo ra suggerisce al proposito e si conquistò un Oscar un confronto tra L’argine alla carriera per aver messo (1938) di Corrado D’Erri- a punto la famosa pres- co e il film di Visconti: ciò sa Catozzo, un’incollatrice che fa la differenza tra i che rivoluzionò il lavoro due film, che hanno un’am- del montatore, almeno fino bientazione e una trama con all’avvento delle tecnologie vari punti di contatto, sono i elettroniche. L’altro perso- diversi modelli di riferimen- naggio è Rik Battaglia, part- to a partire dai quali viene ner di Sophia Loren in La fotografato e interpretato donna del fiume. La sua è uno stesso paesaggio. una di quelle storie tipiche Assai apprezzabile è poi dell’età d’oro del neoreali- no, divenne lettore e osten- ti dell’opera e della fortu- lo spazio riservato al regista smo: nato ad Adria, esercita sore dei semplici all’Uni- na di Prospero Alpini: La padovano Carlo Mazzacurati i più umili mestieri, finché versità di Padova, e quindi Encyclopédie e la Medici- che, con la cosiddetta Trilo- si trasferisce a Milano dove prefetto dell’Orto nel 1603. na methodica (“Studi sto- gia del Po (Notte italiana, fa il barista e dove viene Da un Convegno tenuto- rici Luigi Simeoni”, 2009), L’estate di Davide, La giu- scoperto da Mario Soldati si a Marostica nel 2016 è Prospero Alpini e Paolo sta distanza), dimostra come che lo introduce nel mondo tratta questa terza edizione Sarpi (“Studi storici Luigi i luoghi più tipici del cine- del cinema. A differenza di di “studi e testi” che, oltre Simeoni”, 2013), e Prospero ma italiano possano essere altri attori presi dalla strada, ad ospitare i lavori discussi Alpini e Lorenzo Pignoria restituiti alla più completa Rik Battaglia studiò anche in quella precisa occasio- (“Studi storici Luigi Simeo- e integrale contemporanei- recitazione al Centro Speri- ne, serve a riunire ulteriori ni”, 2015). tà. In questo senso, la frase mentale di Roma e riuscì a contributi alpiniani già pub- Contributi originali sono di Mazzacurati, citata dal costruirsi una solida carriera blicati in riviste di caratte- invece la nota di Francesca curatore, secondo la quale il interpretando tra il 1956 e re storico-culturale. Intelli- Xausa su Prospero Alpini e Polesine è come una pagina il 1992 più di cento film, in gente l’idea di riproporre, l’introduzione del caffè in bianca dove ogni regista può Italia, Germania e negli Stati in una sede esclusivamente Europa, e il gruppo di rela- “monografica”, articoli e zioni presentate alla giornata scrivere quello che vuole è Uniti. Antonio Costa meno paradossale di quello saggi di interesse alpinia- di studi del 2016: Giuseppe che sembra. Essa sta ad no apparsi in tempi e luo- Antonio Muraro, Marosti- indicare che la fotogenia che ghi diversi, e così costruire, ca e Prospero Alpini; Bar- abbiamo ricordato all’inizio volume dopo volume, un bara Di Gennaro, Prospero ALPINIANA esteso archivio sul grande Alpini, il balsamo e le sue ha in sé potenzialità tali da Studi e testi, 3 dare vita a ogni tipo di sto- personaggio: uno scienziato fonti egiziane; Elsa Cappel- ria. a cura di Giuseppe Ongaro che, forte della esperienza letti e Giancarlo Cassina, Io credo che la frase di Edizioni Antilia, Treviso 2018, compiuta in terra orienta- Le piante ‘esotiche’ di Pro- Mazzacurati vada integra- pp. 250, ill. (Centro Studi Pro- le, diede a Padova note- spero Alpini sono ancora un ta con quella di Gian Anto- spero Alpini, 4). vole impulso agli studi e mistero?; Massimo Rinaldi, nio Cibotto, altro grande alle ricerche sulla botanica Sui rapporti tra Prospero interprete del paesaggio del Da dodici anni a questa extraeuropea. Alpini e il medico bellunese Polesine, messa da Barbe- parte il Centro Studi Pro- In questa prospettiva il Eustachio Rudio; Donatella spero Alpini di Marostica professor Giuseppe Ongaro, Bartolini, Prospero Alpini è impegnato a dare risalto, curatore della miscellanea, aspirante medico condotto; attraverso studi e attività ha provveduto a ristampa- Giuseppe Ongaro, Ancora promozionali di largo respi- re un profilo di Prospero sull’opera “De medico pra- ro, ad una delle massime Alpini che egli stesso aveva esagio”. glorie della città murata: il pubblicato nel tomo XXVII Questa terza puntata di medico e botanico Prospe- di “Odeo Olimpico” (2007- questioni alpiniane, la cui ro Alpini (1553-1616) che, 2010), e tre acute indagini veste editoriale si allinea dopo aver prestato servi- di Achille Olivieri, studioso allo standard qualitativo zio in Egitto al seguito del scomparso nel 2016, riser- delle due precedenti pub- corpo diplomatico venezia- vate ad altrettanti aspet- blicazioni, presenta anche 69 BibliotecaBiblioteca / Incontri

Adriana Agostinis, che,nella ogni presunzione umana. Un paternità, sente l’affettuoso altro padre, Giuseppe, sposo Incontri magistero di chi sa indica- di Maria, compare nei versi re la via che si addentra là di Amelia Siliotti che ne Anime verdi 2018 dove tutto – è il paradosso consegna la figura ad un’im- Festival di giardini aperti della fede – non è che veri- magine emblematica della tà e mistero. Essenziale la delicata complementarità Padova, 22-23 settembre 2018. lingua, oggettiva e limpida, del maschile e del femmi- senza concessioni al lirismo nile nell’essere “famiglia”. Per i primi due giorni di facile dei sentimenti scon- Densi, straziati e commos- questo autunno ancora estivo tati. D’altro timbro, tutta si i versi che, alla morte – sabato 22 e domenica 23 – attraversata dal sentimen- del padre, dedica Giovanni le strade di Padova sono state to di una Presenza ineffa- Viel. Nella finale, consunta percorse da bande di cittadini bile quanto onnipresente, è stanchezza che è l’approdo (ma anche da qualche cop- la poesia di Luigina Bigon, pia di turisti), accomunati da di ogni vita, il poeta sente un nastrino verde stretto al gentile curatrice della pla- la legge che ne governa il quette e fondatrice del grup- polso come un braccialetto corso, illuminato, tuttavia, e da una piantina della città po poeti UCAI, l’unico in da una promessa di pace. Se Italia, dal 1989. Un’intona- spiegata come una mappa del esiste una nota definizione tesoro, con tanti numeri cer- un breve Ricordo di Achille zione più psicologica, ilare a filosofica per cui la reli- Olivieri che Giuseppe Onga- tratti, sembra ispirare la poe- chiati, da 1 a 24, corrispon- ro ha dedicato all’amico e gione sarebbe “l’oppio dei denti ad altrettanti indirizzi sia di Mariella Colonna. Ma popoli”, Lucia Gaddo Zano- collega, membro del Centro l’apparente ilarità del tono, di giardini (tutti all’interno Studi, che dal 1987 al 2011 vello la capovolge: l’esser della cerchia delle mura cin- l’understatement linguistico, figli di Dio è una consape- insegnò Storia della sto- non è che la premessa di una quecentesche): se oltre tremi- riografia e Storia moderna volezza che rende “liberi e la visitatori per ventiquattro visione teologica non priva degni, potenti di una fede all’Università di Padova. d’inflessioni erasmiane se, giardini vi sembran pochi… Paolo Maggiolo che nutre...”, non cappio ma L’iniziativa “Anime verdi”, nella follia dell’amore, l’au- riscatto, invocato e promes- nata all’interno del Pro- trice sente la ragione più so. In una lingua asciutta, getto Giovani del Comune autentica per cui credere. A visionaria e densa, come è certo Pascoli, invece, sem- di Padova (sull’esempio di Padre nello stile dell’autrice. Vaga- Ferrara e Bologna), ha dun- brerebbe rinviare la prima mente montaliana la poesia que conosciuto già in questa Primo Quaderno di poesia poesia di Giuseppe Magrin. del Gruppo poeti Ucai, che Lorenza Zuccaro dedi- prima, pionieristica, speri- Ma, se vagamente pascoliani ca ad un padre da cui ha mentale edizione un successo Go Point edizioni, Padova possono apparire il tono, o i appreso “il senso del limi- clamoroso, con afflussi che 2018. contorni sfumati e indefiniti, te” e l’amore per la bellezza hanno rasentato l’ingorgo in di visione intravista come alcuni momenti di domenica Figura complessa, quella in sogno, tutto originale è il intensa della parola poetica. del padre. Legata da sem- Amando, un padre insegna o per alcuni giardini, sulla filo di pensiero che annoda ad amare. Lo suggerisce base del passaparola. Assie- pre all’idea di tradizione, di la prima alla seconda poesia me al braccialetto e alla pian- legge e di modello. Declina- Luciano Nanni, storico fon- nella quale il silenzio della datore del Gruppo di poesia tina gli aderenti all’iniziati- ta in forme diverse secondo morte si trasforma in un va hanno potuto usufruire di canoni e convenzioni cultu- Formica nera, che la forza invito a sentire la presenza di amare ha appreso dai una guida all’esplorazione, il rali che ne scandiscono, nel di Dio che vive nell’eterno volumetto con lo stesso tito- tempo, il ruolo e il rapporto e nella storia. Tutta in luce, gesti del padre e dal “sorri- so di Dio” che resiste anche lo, stampato da Becco Gial- sentimentale. La letteratura limpida nel sentimento e lo, che di ogni giardino offri- del ’900, tutta condizionata, nel linguaggio, è la poesia al fondo di ogni delusione. Ammicca al futurismo, nel va alcune suggestive imma- in modo più o meno consa- di Maria Luisa Ottogalli, gini e una “storia”, racconta- pevole, dalla psicanalisi, ci che in entrambe le figure, prediligere la sintassi libera, senza maiuscole né punteg- ta dal proprietario, più spesso ha lasciato documenti bru- quella del padre e quella dalla proprietaria, un modo cianti, come la celeberrima di Dio, sente la forza rassi- giatura, la poesia di Cinzia Demi, che canta il miracolo per inserire le vicende talora Lettera al padre di Kafka. curante della luce che illu- secolari del luogo (edificio e Ma dall’idea cristiana di un mina le tenebre, della forza della nascita e sente, proprio nel grumo di destino che giardino) nella quotidianità Dio che, per la prima volta serena che ad ogni incer- di chi ci vive. nella storia, fu padre di ogni tezza sa dare sicurezza ed ogni nascita porta con sé, il Giardino è parola che uomo, nacque ben prima indicare la strada. Più sco- segno più vero della pater- si declina in molti modi e della rivoluzione francese. scesa e visionaria la poesia nità celeste. Ennio Gennari, designa tanto l’orto-giardi- È il sentimento religioso di Rosanna Perozzo, che invece, avverte quel segno no povero con l’insalata e che scoprì la dimensione procede per illuminazioni nel respiro del cosmo e del due piante di zinnie quanto dell’intimità, il dialogo d’a- istantanee e trova, forse, il tempo “che della vita porta nime, la confidenza con il proprio centro nella bellezza la misura”. Ed al tempo, trascendente. Lungo questo delle chiese dove “le mura anzi ai tempi della vita del solco muove, oggi, la squi- hanno il gesto della grazia”. padre dedica un canto che sita plaquette allestita dai Tutte interiori, invece, sono ha il ritmo dell’epos. Dram- poeti dell’Ucai, tutta dedi- le poesie di Adeodato Piaz- matica, al contrario, la lirica cata alla figura del padre, za Nicolai, dedicate l’una di Raffaella Bettiol. Nelle sentito nella duplice veste alla figura di un “padre parole pronunciate da Cri- della paternità biologica e putativo” che null’altro ha sto sulla croce (“Perché spirituale. Sono due liriche lasciato se non il ricordo di padre?”) l’autrice legge il per ciascun autore, dedicate una dolorosa assenza. Di dolore per la distanza che è l’una al padre terreno, l’altra tutt’altro registro le poesie di ogni figlio che senta lon- al Padre celeste. Ma accade di Giovanni Sato che nella tano il padre. E la malinco- spesso che, delle due figu- figura del padre vede la lam- nia si fa dramma, domanda re, l’una si rifletta nell’altra, pada che illumina “le notti ansiosa, grido che s’interro- per fondersi nel segno di un buie”, e non alla volontà, ma ga sul perché del dolore nel unico messaggio, di un’u- al cuore del Padre celeste mondo e sul mistero della nica rassicurante certezza. si affida con la confidenza redenzione. Come accade nella poesia di di chi conosce i limiti di Maristella Mazzocca 70 IncontriBiblioteca / Musica

numero variabile, tra i 30 ed Pilli, poliedrica, carismatica UPEL-AUSER - Università padovana per l’età libera i 50 elementi circa. personalità del clero pado- Programma dicembre 2018 - gennaio 2019 L’attività condotta all’in- vano. La serata all’insegna terno del gruppo corale della musica sacra ha visto • Sabato 15 dicembre: Pranzo sociale dell’Upel. si ripropone soprattutto la partecipazione anche di • Mercoledì 19 dicembre, ore 15,30, Ist. Calvi: Concerto di alcuni artisti di chiara fama. Natale del coro La Torlonga, diretto dalla Maestra Dina di “formare” nuovi coristi, avvicinandoli al vastissimo Hanno eseguito brani dei più Cecchetto. celebri autori il coro “Il Bel- • Mercoledì 9 gennaio, ore 15,30, Ist. Calvi: Cause e conse- repertorio corale. Molti sono l’Humore” di Padova diretto guenze della prima guerra mondiale. Prof. Marco China- coloro che, di fatto, poi con- da Franco Massaro, la Cap- glia. fluiscono in altre formazioni; pella musicale Benetti-Pilli • Mercoledì 16 gennaio, ore 15,30, Ist. Calvi: Figure di ragazzi qualcuno, con nostra gran- di Padova diretta da Maria nella narrazione moderna. Prof.ssa Nella Cazzador. de gioia, studia seriamente Pia Vallo, organista Madda- • Mercoledì 23 gennaio, ore 15,30, Ist. Calvi: Poesia e memo- musica arrivando anche a lena Murari, il violoncellista ria nella Shoah. Prof. Angelo Ferrarini. frequentare e terminare rego- Alberto Brazzale, il soprano • Sabato 26 gennaio: A spasso per le piazze e la Reggia Carra- lari studi al Conservatorio. rese con l’ing. Salvatore Guargena. Chiara Morandin; poi la pre- • Mercoledì 30 gennaio, ore 15,30, Ist. Calvi: Il consumo del Soprattutto si vuole dare senza straordinaria di Agne- suolo e il Progetto del Parco Metropolitano. Prof. France- un’opportunità agli studen- se Ferraro, già primo violino sco Tosato. ti di oggi (in realtà proprio dell’orchestra del teatro Alla a tutti, anche quelli che non Scala di Milano. Le conferenze si terranno nell’Aula Magna dell’Istituto hanno una gran propensio- Una manifestazione di Calvi, via S. Chiara 10, Padova. ne ma magari tanta buona grande successo, unica nel Per tutte le altre iniziative saranno fornite ulteriori precisa- volontà) di “fare musica”. suo genere e che consolida zioni di volta in volta. Frequentare il Coro Gran- la tradizione di un incontro annuale ormai da molti atte- Upel - Via Dupré, 3 - 35134 Padova, Tel. 049.8640739 - de significa affrontare brani so. cell. 3381678724 - [email protected] - www.upelpadova.it. e repertori che altrimen- Don Fernando: un cuore ti sarebbero difficilmente generoso aperto all’ascolto, il trionfo barocco di statue, (Gruppo Giardino Storico) raggiungibili in altri ambiti rispettoso delle differenze di bossi e giochi d’acqua a Val- e A.C. Vendramini (Asso- (per esempio: le composi- condizioni e di cultura degli sanzibio: allo stesso modo, ciazione Architetti del Pae- zioni per coro ed orchestra, interlocutori. Essenzial- tra i ventiquattro giardi- saggio) – si può ora confer- quali il Requiem di Mozart, mente, un prete premuroso il Requiem di Verdi eseguito nell’esercizio del suo mini- ni padovani, alcuni hanno mare che “Anime verdi” è anche a Berlino nell’ambi- stero al servizio del prossi- suscitato la sorpresa e altri stata «una preziosa occasione to del Mitsingkonzert, con la mo; e poi un’ anima di poeta, la commozione; oltre una di incontro e quindi di prestigiosa direzione del M° anche se lui per pudore affer- montagnola spuntava la mole confronto tra saperi, modi di Simon Halsey). mava di non amare questa di un condominio incomben- comunicare, esigenze, valori Nessuna specializzazio- qualifica. Un prezioso libret- te, al fondo di un vialetto si e obiettivi di gruppi socia- ne del repertorio, ma uno to ristampato due anni fa con apriva un parcheggio… è lo li diversi che vivono nello sguardo alla musica corale il titolo di Obras sveltas con- sviluppo cittadino, signora stesso ambiente, nella città di nella sua totalità temporale e tiene alcuni mazzetti scarni mia! Poi tutti gli esplorato- Padova». È quindi una facile geografica, compresi anche di parole, ma così sapiente- ri sono finalmente arrivati e profezia la nostra conclusio- momenti di musica popolare mente accostate, da suscita- hanno scoperto o ritrovato il ne che a questa prima edizio- e di tradizioni goliardiche, re nel lettore forti emozio- semplice parterre che fa da ne altre se ne aggiungeranno, ni. Perché, come avverte un infatti il Coro ha collaborato colto letterato, la poesia è la platea alla Loggia Cornaro, magari nella doppia formula, negli spettacoli organizzati primaverile e autunnale, di “Formula 1” del linguaggio. accanto all’Odeo, dove sono dalla mitica band goliardica E Fernando Pilli, oltreché stati coinvolti nella danza appuntamenti fissi per com- “Polifonica Vitaliano Len- poeta, fu molto altro: com- finale cui li invitava una pletare una mappa dei luoghi guazza”. positore di musica sacra, fanciulla che pareva disce- e dei paesaggi urbani, anche Il Coro Grande è gemel- direttore di coro, scrittore. sa dalle lunette affrescate al di là delle mura, arrivan- lato con il Chor der Freun- Un uomo di Dio capace di nel Cinquecento; così come do a stanare, con la generosa de des Berthold-Gimnasium donarsi alla varia umani- hanno percorso, guidati dal disponibilità dei loro proprie- da un decennio. Con questo tà che incontrava, fossero i canale San Massimo, i via- tari, i tanti giardini segreti gruppo di Friburgo (diretto fedeli della sua chiesa o gli letti del parco Treves, salen- padovani, che stanno oltre dal M° Rainer Pachner) sono stessi ragazzi in divisa di cui do al Tempietto periptero o i cancelli o dietro i portoni, state eseguite la Messa di fu a lungo cappellano, oppu- scendendo all’ippodromo pronti ad accogliere i visitatori, Gloria di G. Puccini e i Car- re gli artisti soci dell’Ucai della Cavallerizza, avvinti da che saranno raramente delusi, mina Burana di Carl Orff, che ospitò nel Duomo dei un nastro verde e trascinati spesso estasiati, sempre inte- il Ludus Danielis composto militari di via San Prosdoci- da un’altra fanciulla, come ressati a scoprire quanto Pado- dal M° Pachner, la Messa di mo quando non ebbero più va sia meno grigia, più verde, una sede. E lasciò traccia se Giuseppe Jappelli stesso Incoronazione di Mozart, lo di questi suoi carismi scri- avesse orchestrato una ultima fiorita, colorata di quanto pen- Stabat Mater di Dvorak, ed vendo, con la penna o sul festa, non per i sudditi del sassero. altri brani del repertorio sin- pentagramma, i sentimenti Regno Lombardo-Veneto ma Luciano Morbiato fonico. intensi di un animo raffinato. per i liberi cittadini italiani. Il Coro Grande presenzia Fiore all’occhiello, l’impe- E non si possono dimen- tradizionalmente alle ceri- gno di composizione e dire- ticare poi le decine (un cen- Musica monie di conferimento delle zione di canto corale con il tinaio?) di giovani guide, le Lauree Honoris Causa. complesso fondato con la prime “anime verdi”, che Antonio Bortolami concertista Fiorella Benetti hanno accolto sorridendo, Il “Coro Grande” Brazzale.Va ricordata pure introdotto e accompagnato del Concentus un’opera meritoria per la Musicus Patavinus diffusione della sensibilità con discrezione e compe- ricordando musicale: il prezioso libret- tenza i visitatori (anche se don Pilli e Fiorella to curato dal sacerdote, ma si dovranno prevedere futuri Il “Coro Grande” è forma- Benetti ispirato dall’impegno della aggiornamenti storico-bota- zione aperta, composta pre- Concerto nella Chiesa Benetti, nel quale si traccia nici): i loro sorrisi erano un valentemente da universitari di Vigodarzere un rapido ma lucido per- (studenti italiani e stranieri anticipo della felicità che 21 ottobre 2018. corso storico nei passaggi ogni giardino dispensa, ad in Italia con il progetto Era- essenziali dell’arte cara alla ognuno in modo diverso. smus, corpo docente, per- musa Euterpe. Inoltre il sag- sonale amministrativo, ma Nel sesto anno dalla sua Come era stato scritto pre- scomparsa, è stato ricordato gio edito dal Centro grafi- ventivamente nell’Introdu- anche semplici appassionati nella chiesa parrocchiale di co Imprimenda di Limena zione – da A. Pietrogrande alla ricerca di un coro), in Vigodarzere don Fernando “Quale uomo?”, acuta esplo- 71 BibliotecaMostree razione dell’Umanesimo e realizza grazie al riutilizzo di degli umanesimi, con pre- oggetti di uso quotidiano, in fazione del vescovo Egidio particolare giocattoli, pelu- Caporello. che di famosi manga e anime Angelo Augello giapponesi. Una volta tagliati e decostruiti questi vengo- no ricomposti dando vita a nuove forme colorate. 22 settembre - 17 febbraio 2019 Mostre Kazumi Nagano, orafa par- ANTONIO LIGABUE. L’UOMO, IL PITTORE Musei Civici agli Eremitani - piazza Eremitani ticolarmente legata alle anti- Da martedì a domenica 9-19. La biglietteria chiude alle 18,30 - Chiuso lunedì, 25 dicembre e 1 gennaio - PENSIERI PREZIOSI 14 che tradizioni che reinterpre- Biglietti intero: euro 10,00 - ridotto: euro 8,00 (over 65, giovani dai 18 ai 25 anni, minori dai 6 ai 17 anni) gratuito: (bambini fino a 5 anni, portatori di handicap e loro accompagnatore, giornalisti nell’esercizio delle Così vicino così lontano. ta in forma contemporanea, è loro funzioni) - Info e prenotazioni: 049 2010010 - Indirizzo web: www.padovacultura.it Contemporaneità conosciuta per le sue garbate 10 Novembre 2018 - 20 gennaio 2019 e tradizione nel gioiello creazioni in filo d’oro sot- TIME MACHINE. VIAGGI FOTOGRAFICI VIRTUALI d’Autore giapponese tile e carta intrecciata. Con DAL MONDO DI 100 ANNI FA Oratorio di San Rocco, un’attenzione alla pittura e Palazzo Angeli - Stanze della fotografia, Prato della Valle 1/A 24-11-2018 - 3-2-2019. alle tecniche di tessitura clas- Info: Orario 10-18, chiuso martedì, 25 dicembre, 1 gennaio - Ingresso libero sica giapponese, crea gioielli 17 novembre 2018 - 13 gennaio 2019 ALBERTO BORTOLUZZI - Il paesaggio interiore La quattordicesima edizio- unici. Galleria Cavour - piazza Cavour ne di Pensieri Preziosi, ras- Sayumi Yokouchi nelle sue Info: Orario 10-13, 15-19, chiuso lunedì, 25 dicembre, 1 gennaio - Ingresso libero segna internazionale curata opere, grazie ad un approc- 4 dicembre 2018 - 6 gennaio 2019 da Mirella Cisotto Nalon e cio minimale, tipico di una IL PRESEPE, SCENE DI VITA QUOTIDIANA dedicata a far conoscere le determinata dottrina nipponi- Scuderie di Palazzo Moroni- via 8 Febbraio più importanti Scuole orafe ca, esprime i sentimenti che Info: Orario 9.30-12.30, 14-19, chiuso lunedì, 25 dicembre, 1 gennaio - Ingresso libero di ricerca e singoli Maestri vive dinnanzi alla bellezza 24 novembre 2018 - 3 febbraio 2019 orafi, espone quest’anno un di un paesaggio e alla natura. PENSIERI PREZIOSI 14 Crea oggetti da indossare che Così vicino così lontano. Contemporaneità e tradizione centinaio di opere di 4 artiste nel gioiello d’Autore giapponese giapponesi: Mari Ishikawa, traducono le sue emozioni in Oratorio di San Rocco - via Santa Lucia Mikiko Minewaki, Kazumi qualcosa di tangibile. I pezzi, Info: Orario 9.30 - 12.30, 15.30 - 19.00, chiuso lunedì, 25 dicembre, 1 gennaio - Ingresso libero. Nagano, Sayumi Yokouchi. per lo più spille e penden- 8 dicembre 2018 - 27 gennaio 2019 Materiali quotidiani e poveri ti, delicati e innovativi, per PRIMA DI BABBO NATALE. come la plastica o la carta, la loro leggerezza sembrano Santa Klaus nelle illustrazioni tra ’800 e ’900 oppure preziosi come argen- aver utilizzato anche l’aria Palazzo Zuckermann - Corso Garibaldi, 33 to e oro, inconsuete tecniche assieme a fili di rame, argen- Info: Orario 10 - 19, chiuso lunedì, 25 dicembre, 1 gennaio - Ingresso libero. to e oro. 14 dicembre 2018 - 3 febbraio 2019 lavorative che uniscono tra- Alessandra Zabbeo MARIA ROSSETTO Dall’antico al moderno dizione e innovazione, sono Galleria laRinascente - Piaszza Garibaldi gli elementi costitutivi degli Info: Orario de laRinascente - Ingresso libero. eleganti, colorati, curiosi, inaspettati gioielli esposti. COMBATTERE, operazioni di primo soccorso e la primavera 1917 in città Per Mari Ishikawa, giap- compiute vicino ai campi di arrivarono da ogni parte d’I- ponese trapiantata in Germa- CURARE, ISTRUIRE Padova battaglia. talia numerosi studenti di nia, il processo creativo, che Fin dall’estate del 1915 medicina per conseguire una viene mediato dallo studio “Capitale al fronte” e l’Università Castrense la sanità militare si trovò laurea particolarmente neces- della ricerca contempora- ad affrontare una situazione saria per le straordinarie esi- nea tedesca, trae ispirazio- Padova, Museo di Storia della drammatica; il largo impiego genze del momento. Nacque ne innanzitutto dalla Natura Medicina, 19 ottobre 2018- di nuove armi, che modificò così la “Scuola medica di e dalla cultura del Paese di 6 gennaio 2019. la tipologia delle ferite, e la guerra” dell’Ateneo padova- origine. I suoi gioielli hanno trasformazione del conflit- no, chiamata anche “Univer- infatti radici nella terra del Tra le celebrazioni per il to da guerra di movimento sità Castrense”. Sol Levante, come rivela centenario della grande guer- a guerra di trincea crearono In un video all’interno l’utilizzo di materiali quali ra, che hanno visto Padova una vera e propria emergenza della mostra, in perfetta sin- la carta giapponese Kozo o in prima linea nell’organiz- sanitaria, alla quale la città tonia con l’allestimento del la seta che, combinate con zazione di numerosi eventi, di Padova rispose accoglien- Musme, due attori inter- lacca, argento e perle, danno non poteva mancare questa do nelle proprie strutture un pretano i due protagonisti vita a inconsuete collane, mostra dedicata al ruolo che gran numero di malati e feri- spille e anelli che richiamano la città ebbe nell’assisten- dell’organizzazione sanita- ti. Furono più di 20 i luoghi ria e didattica attuata in città: pizzi, nodi, fiori e fogliame. za sanitaria e nella didatti- destinati al ricovero di circa Mikiko Minewaki è un’ar- ca medica durante la Prima 170.000 militari. Francesco Valle, medico tista nota per i gioielli che Guerra Mondiale. Allestita La carenza di medici e l’e- e generale che coordinò la presso il Museo di Storia sigenza di affrontare in tempi “catena sanitaria” per soccor- della Medicina e promossa brevi una situazione che rere i militari malati o feriti dalla Fondazione Musme e diventava sempre più pro- e il loro trasporto dal fron- dall’Assessorato alla Cultura blematica spinse il Coman- te alle strutture sanitarie, e del Comune, l’esposizione si do Supremo dell’Esercito ad Luigi Lucatello, preside della articola in una serie di video, organizzare dei corsi spe- Facoltà di Medicina e Chi- foto e reperti dell’epoca che ciali di medicina destinati rurgia di Padova, che predi- testimoniano la grande mac- agli studenti militari, sot- spose i corsi intensivi desti- china organizzativa messa in tratti temporaneamente al nati agli studenti medici. atto dalla città in quel perio- fronte per il proseguimento A cento anni di distan- do. degli studi universitari e il za bisogna riconoscere che All’inizio del percorso conseguimento della laurea. in quella tragica situazione espositivo, il visitatore viene All’inizio, a San Giorgio di d’emergenza, la medicina subito a contatto con le atro- Nogaro, era stata istituita una conobbe uno straordinario cità della guerra tramite il fil- sezione universitaria auto- sviluppo, specie nella ricerca mato dell’Istituto Luce, che noma per gli studenti degli e nella produzione di vaccini documenta il trasporto dei ultimi due anni di medicina. contro il dilagare delle malat- feriti durante una battaglia Tuttavia le lauree potevano tie infettive e nello sviluppo sul Carso, o assistendo, attra- essere conseguite solo presso di nuove tecniche nella chi- verso un teatro delle ombre la Regia Università di Pado- rurgia plastica e ricostruttiva. appositamente allestito, alle va, così tra il dicembre 1916 Roberta Lamon 72