LA CARTA STAMPATA DEL NUOVO CINEMA ITALIANO

ESTATE Numero 2021 32

INDUSTRY MUBI La piattaforma d'autore ispirata da “In the Mood for Love” EVOLUZIONE NUOVI LINGUAGGI Il tempo non è più quello di una volta ICONE MASSIMO POPOLIZIO Quello che viene dal teatro “quando non ce veniva nessuno”

GRANDI SPERANZE C’è in giro tanta voglia di ricominciare, fare nuovi progetti, ripartire di slancio. Amanda Campana la interpreta per noi

SOMMARIO

Pubblicazione edita dall’associazione culturale Indie per cui Lungotevere della Vittoria, 10 S00195 Roma (RM), Italia www.fabriqueducinema.it EDITORIALE Registrazione tribunale di Roma RIPARTIAMO DA QUI n. 177 del 10 luglio 2013 04 DIRETTORE CREATIVO Davide Manca COVER STORY DIRETTORE EDITORIALE AMANDA CAMPANA Elena Mazzocchi 08 MANAGING DIRECTOR 34 INDUSTRY/3 Tommaso Agnese FUTURES SUPERVISOR MATTIA EPIFANI Luigi Pinto 12 DIRETTORE RESPONSABILE SOUNDTRACK Luca Ottocento DENTRO L’UNIVERSO DI SONY MUSIC PUBLISHING ART DIRECTOR ARTS Giovanni Morelli SIMONE PRISCO GRAFICA E IMPAGINAZIONE 14 Marco Macchioni REDAZIONE WEB ICONE Gabriele Landrini MASSIMO POPOLIZIO EVENT MANAGER 20 Eleonora De Sica CONSULENTE DI IMMAGINE Adriano Cocciarelli per Harumi INDUSTRY/1 PUBBLICITÀ MUBI [email protected] 24 APS Advertising srl Via Tor de Schiavi, 355 00171 Roma (RM), Italia INDUSTRY/2 www.apsadvertising.it 30 GLI STATI GENERALI DEL CORTO Stampato nel luglio 2021 ACTORS 38 FIAMMETTA CICOGNA ACTORS 40 ALESSANDRO BEDETTI ACTORS 42 LUDOVICA BIZZAGLIA FOCUS 44 NUOVE NARRAZIONI E NUOVO PUBBLICO 48 TEATRO SPOTLIGHT 52 ANNA FOGLIETTA LIV FERRACCHIATI ZONA DOC IN COPERTINA OGNI VOLTA CHE UNO SPETTATORE GUARDA UN CELLULARE UN REGISTA MUORE L’ARTE NON STA NEL TAGLIO Amanda Campana 56

3 EEDITORIALE

4 foto ROBERTA KRASNIG RIPARTIAMO DA QUI di LUCA OTTOCENTO

Dopo sei lunghi mesi di attesa, a seguito della chiusura che una vera e propria ripartenza strutturata della del 26 ottobre dello scorso anno dovuta alla seconda programmazione in sala sta coincidendo con il periodo ondata della pandemia, a fine aprile finalmente estivo, storicamente difficile per il mondo dell’esercizio abbiamo avuto la possibilità di tornare al cinema. e della distribuzione italiani (il luglio e l’gosto da record Per ora il bilancio dei primi due mesi di riapertura non del 2019 furono una piacevolissima eccezione), tutto è stato brillante, ma vista la situazione di partenza era il settore in questo momento sta facendo qualcosa di francamente difficile aspettarsi qualcosa di diverso. fondamentale: scaldare i motori per farsi trovare pronto Mentre scriviamo il mercato dell’esercizio è aperto con all’appuntamento con l'inizio della nuova stagione. una percentuale che si aggira intorno al 50% (in media Per la prima volta da quando è nata la settima arte, negli sono attivi attorno ai 1900 schermi al giorno su un ultimi 16 mesi la fruizione dei prodotti cinematografici totale di circa 3700) e la fisiologica assenza fino a questo è stata quasi esclusivamente domestica, con le grandi momento di titoli di grande richiamo non ha aiutato. piattaforme che hanno notevolmente incrementato Riattivare una macchina complessa come quella della introiti e numero di abbonati. Ci troviamo senza distribuzione e della programmazione in sala necessita dubbio di fronte a un cambiamento epocale che di tempo e inevitabilmente solo dalla seconda metà di sta modificando radicalmente i concetti di fruizione, agosto e ancor più da settembre, con l’uscita di una serie distribuzione ed esercizio. La rivoluzione cui stiamo di blockbuster statunitensi e di alcuni film nazional- assistendo in presa diretta in questi anni, accelerata dalla popolari italiani, potremo iniziare a capire quale sarà pandemia e inevitabilmente tesa a un’offerta sempre più la risposta del pubblico mainstream, così frammentata ed eterogenea, offre però delle opportunità importante per le sorti del botteghino nazionale. molto interessanti per tutti i protagonisti della filiera. In ogni caso, non sono mancati dati incoraggianti. I La domanda generale di prodotto audiovisivo sta buoni incassi ottenuti dal film di genere The Conjuring crescendo esponenzialmente e la soluzione ideale - Per ordine del diavolo e da alcuni film d’autore come per il futuro, come hanno di recente sostenuto diversi i protagonisti della notte degli Oscar Nomadland, The importanti produttori, distributori e operatori del settore Father e Un altro giro o come Il cattivo poeta, hanno audiovisivo nei nostri approfondimenti Industry, risiede segnalato la forte determinazione nel voler tornare nel lavorare uniti alla costruzione di una coesistenza al cinema degli spettatori appassionati, orientati virtuosa tra strutture fisiche e piattaforme, preservando rispettivamente verso l’horror e il cinema d’essai. E la centralità esperienziale, sociale ma anche questa non era affatto una cosa scontata, considerando economica della sala. Una sfida complessa che va i numeri da cui si ripartiva (un decremento tra il 2019 e giocata e progettata insieme con intelligenza dai player il 2020 di circa il 71% tanto per le entrate al botteghino del mercato audiovisivo, ma che siamo certi possa essere quanto per le presenze) e i diffusi dubbi iniziali degli vinta. D’altronde, la strada intrapresa prima dell’arrivo addetti ai lavori circa la disponibilità del pubblico a della pandemia stava andando felicemente proprio in entrare di nuovo in sala dopo i molti mesi di chiusure. questa direzione: nonostante la prepotente affermazione Un film come Nomadland, peraltro, ha sfiorato il delle piattaforme, infatti, gli incassi al botteghino nel milione e mezzo di euro di incassi nonostante fosse 2019 erano stati molto buoni e quelli dei primi mesi contemporaneamente disponibile in streaming per del 2020 addirittura ottimi. Non dimentichiamocelo e tutti gli abbonati di Disney+. Insomma, considerando ripartiamo da qui.

Ci troviamo di fronte a un cambiamento epocale che sta modificando radicalmente i concetti di fruizione, distribuzione ed esercizio.

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- Cover story -

AMANDA CAMPANA “LA PICCOLA DEL SET” È CRESCIUTA Dalla dolce Sofia di Summertime alla scream queen de Il mostro della cripta, Amanda Campana si appresta a conquistare il cinema italiano. Un’estate alla volta.

di GABRIELE LANDRINI

iovane, talentuosa e, come lei stessa si definisce, serie Netflix. Ho iniziato per caso, non era nei miei programmi fare fieramente femminista: Amanda Campana, classe 1997, l’attrice: ho fatto il liceo artistico, poi la truccatrice e la modella, fino non è solo una delle giovani attrici più lanciate del a quando ho avuto l’occasione di entrare in Accademia e ho deciso momento, ma sa cosa vuole e non ha paura di mettersi di accettare la sfida. Quando sono stata presa per Summertime non inG gioco per ottenerlo. Dopo essere stata scoperta da Yvonne avevo esperienza alle spalle, quindi non ho sentito che quel set fosse D'Abbraccio, che le ha assegnato una borsa di studio nella propria diverso da altri. La presa di coscienza l’ho avuta solo dopo, quando scuola, ha esordito come attrice in una delle più note produzioni la serie è uscita, e vendendomi ho pensato: sono davvero su italiane firmate Netflix e da quel momento non si è più Netflix! fermata. Ma è stata proprio Sofia, la solare e allegra adolescente che interpreta in Summertime, a permetterle di capirsi meglio, non Netflix o meno, quello è stato il tuo primo set. Come lo hai vissuto? solo come attrice: «Nel corso delle due stagioni, Sofia è cresciuta con La prima volta che ho messo piede sul set non avevo scene da me: entrambe siamo diventate più consapevoli, trovando anche il interpretare: ero andata solo per farmi un’idea su ciò che avrei coraggio di guardarci dentro, di capire cosa vogliamo davvero nella dovuto affrontare. Non ti nego che all’inizio ero piuttosto inquieta. vita e di fare di tutto per ottenerlo. Nella seconda stagione, uscita su Ho cominciato a pensare che quando sarebbe toccato a me l’ansia Netflix a giugno, mi sono sentita ancor più vicina a lei. Proprio come mi avrebbe mangiata viva e che non sarei stata capace di proferire Sofia, ho fatto i conti che le mie paure e i miei dubbi, imparando ad parola. Quando sono tornata per le mie scene, invece, mi sono resa affrontarli a testa alta». conto che le mie paure erano infondate: mi sono sentita molto a mio agio davanti alla macchina da presa, grazie alla sintonia che si Sofia è stato anche il tuo primo personaggio. Come ti sei trovata a era creata con il regista e la produzione. Anche gli altri membri del esordire su Netflix? cast sono stati fantastici: ci trovavamo tutti catapultati in una realtà È difficile spiegarlo: io non mi sono resa conto di essere sul set di una bellissima, ma per molti di noi totalmente nuova.

8 «HO FATTO I CONTI CON LE MIE PAURE E LE HO AFFRONTATE A TESTA ALTA».

fotografa ROBERTA KRASNIG assistenti fotografa LAURA AURIZZI ELISA MALLAMACI stylist STEFANIA SCIORTINO sandali CASADEI occhiali da sole SAFILO collant EMILIO CAVALLINI capelli ADRIANO COCCIARELLI @ HARUMI GIADA UDOVISI @ HARUMI prodotti per capelli BODY E SUN SCHWARZKOPF PROFESSIONAL trucco ILARIA DI LAURO @ IDLMAKEUP location NUOVO CINEMA AQUILA

9 Amanda Campana è su Netflix con la seconda stagione di Summertime, ma la vedremo preso anche al cinema.

C’è un particolare evento che ricordi con piacere? qualcosa di diversissimo dal passato, anche per provare a me stessa Ci sono tanti aneddoti che porto del cuore, sia del set della prima di essere capace di uscire dai miei confini. E nel momento in cui ho stagione, sia della seconda, quando ormai i rapporti tra me e gli accettato questa sfida, la mia competitività ha avuto la meglio, e ho altri membri del cast si erano fatti più stretti. È difficile scegliere un dato il massimo! singolo ricordo, ma forse ti direi la scena dell’abbraccio tra me e Andrea Lattanzi nel corso delle ultime puntate della prima E nel futuro cosa si prospetta? stagione. È stato un momento molto reale, un abbraccio vero e Uscirà un film di cui non posso dire nulla, che ho girato in realtà sincero, perché con il tempo io e lui siamo diventati quasi fratello e ancora prima di Bastardi a mano armata. Oltre a questo, ho concluso sorella. In quell’abbraccio non c’erano solo Sofia e Dario, ma anche qualche mese fa le riprese de Il mostro della cripta, un horror Amanda e Andrea. ambientato a Bobbio negli anni Ottanta… Mi sono divertita come una matta a girarlo! È stato un set fantastico, anche se molto complicato Dopo Summertime è arrivato il successo. Come lo hai vissuto? a causa della pandemia. Dovevamo girarlo tutto in inverno, ma per Molto serenamente. La mia vita non è realmente cambiata: faccio colpa del lockdown ci siamo dovuti interrompere, ricominciando sempre le stesse cose, vedo i miei amici e passo il tempo con la mia poi in primavera inoltrata, bloccandoci nuovamente in estate e famiglia. Ho qualche follower in più su Instagram, cosa che mi rende ricominciando ancora in autunno. Aggiungici poi che le riprese per molto felice, perché amo le persone e adoro confrontarmi con gli un periodo coincidevano con Summertime: alternavo i costumi da altri. In particolare, la cosa che mi fa molto piacere è che, se prima bagno con i giubbotti invernali. Non è stato facile, soprattutto quando di fare l’attrice ero seguita principalmente da ragazzi invece che da giravo entrambe le cose contemporaneamente, ma mi ha reso ragazze, ora è il contrario: mi considero una femminista e molto felice: andavo a dormire esausta, ma con il sorriso. credo sia bellissimo vedere ragazze che supportano altre ragazze. Cosa consigli a chi vuole intraprendere questa carriera? Accanto alla serialità, hai esordito anche nel cinema. Non è facile rispondere. Se io tornassi indietro non saprei che Sì, poche settimane fa è uscito Bastardi a mano armata, che consiglio dare nemmeno a me stessa! Credo che un aspirante ha rappresentato per me una grande esperienza, perché mi ha attore o attrice debba semplicemente fare quello che si sente, permesso di lavorare con grandissimi attori del cinema italiano. avere pazienza e non demordere. Poi, non bisogna dimenticare Prima delle riprese ero terrorizzata, avevo paura di sentirmi fuori l’importanza di essere professionali: si parla tanto di talento e luogo, perché ero la piccola del set: ero la più piccola di età, la più creatività, che sono cose ovviamente fondamentali, però a volte si piccola di aspetto, ma anche quella con la carriera più breve alle perde di vista la professionalità. Per quanto sia un lavoro bellissimo e spalle. Mi sentivo minuscola! Però, quando ho iniziato a girare, particolare, recitare è comunque un lavoro: sul set, bisogna sì ridere e mi sono resa conto di essere circondata da persone meravigliose a scherzare, ma è fondamentale anche avere rispetto di tutto e di tutti. cui non interessava il fatto che fossi poco più che esordiente. Mi sono sentita subito parte di qualcosa di magnifico. E sognando, cosa vorresti fare? Io amo mettermi alla prova, quindi vorrei provare a confrontarmi Bastardi a mano armata ti ha portato anche a confrontarti con con figure totalmente distanti da me: con i personaggi che ho un personaggio molto diverso da quello a cui ci ha abituato in interpretato in passato ho sempre avuto qualcosa in comune. Vorrei Summertime. interpretare un cattivo, un antagonista! Poi, ti dirò la verità, durante Certo, da un punto di vista recitativo è stata una sfida: se Sofia è la quarantena mi sono sparata una maratona di cinecomics e ho l’estate e il sole, Fiore è più cupa e particolare. Non è stata una figura pensato a quanto sarebbe bello interpretare una supereroina facile da creare, ma sono contenta di averla potuta interpretare, Marvel. So che è un mondo distante da me, e io sono una persona perché mi ha permesso di mettermi in gioco. Avevo voglia di fare con i piedi per terra, ma nella vita mai dire mai, non credi?

10 «MI CONSIDERO UNA FEMMINISTA E CREDO SIA BELLISSIMO VEDERE RAGAZZE CHE SUPPORTANO ALTRE RAGAZZE».

11 - Futures -

MATTIA EPIFANI

Padre Athanasius è un giovane monaco ortodosso che vive in un monastero arroccato sulle montagne della Grecia. Immerso in una vita fatta di riti secolari e preghiere, coltiva una passione inconfessabile per il lusso e l’alta moda. Tutto cambia quando decide IL DIO DELLE di realizzare un video-selfie. PICCOLE COSE Mattia Epifani porta avanti un’idea di cinema innovativa ma aderente alla realtà, tesa a svelare le verità nascoste dell’animo umano. Un segreto – che sia esso innocuo, minuscolo o pericoloso – è il cuore pulsante di tutte le storie. di STEFANIA COVELLA

l leccese Mattia Epifani, classe ’85, è attivo venera la bellezza degli oggetti come venera il suo come regista dal 2010. Rockman, il suo Dio, in un culto capitalistico formato Instagram. primo documentario, è il progetto che ha dato Sono le cose i nostri nuovi santi? il via alla collaborazione con Mattia Soranzo In una condizione di isolamento anche ciò che è eI Corrado Punzi della Muud Film. Nel 2015 ha più effimero può essere un mezzo per mantenere un girato Il successore, facendosi notare nei festival del contatto con gli altri e diventare addirittura veicolo di panorama internazionale, a questo lavoro sono seguiti un’ideale di bellezza ultraterrena, o per lo meno così i cortometraggi Et in terra Pacis (2018) e God Dress la pensa il protagonista, Pater Athanasius. Il problema posto You (2021), una co-produzione Italia/Grecia in concorso al da God Dress You non è tanto la sostituzione dell’oggetto della Clermont-Ferrand. fede, quanto le conseguenze dell’uso dei social. Essendo totalizzanti e invasivi iniziano a nutrirsi del nostro tempo compromettendo In God Dress You racconti la parabola di un monaco ortodosso che l’attenzione, gli equilibri quotidiani, le idee e di conseguenza anche mostra sui social la sua passione per l’alta moda. Pater Athanasius i nostri valori.

12 L’idea è nata da un articolo di giornale: cosa ti ha colpito di questa Gianluigi Gallo e Gabriele Panico. Quello che ci accomuna è la vicenda? ricerca di un cinema che nasce e si sviluppa a contatto con la Ci è sembrato da subito un ottimo punto di partenza per raccontare realtà. Cerchiamo storie, personaggi o luoghi capaci di rivelare un una storia su come la tecnologia trasforma la nostra intimità. qualche tipo di verità nascosta, una verità che diventa poi il cuore del Insieme allo sceneggiatore Francesco Lefons abbiamo pensato film. Un modo di intendere il cinema che si traduce in una pratica alla dimensione del monachesimo ortodosso ed è iniziata poi una quanto più diretta e istintiva possibile, che implica l’impiego di ricerca sul campo nelle zone della Grecia occidentale. Siamo stati troupe molto ridotte, spesso solo camera e suono. accolti dai monaci del monastero Panagia Mprousiotissa e, a parte il protagonista che è interpretato dal performer Panagiotis Samsarelos, Il tuo non è un percorso lineare, ma i tuoi lavori sono caratterizzati tutti gli altri personaggi sono veri monaci. da forti tematiche sociali che hai affrontato ogni volta con un approccio diverso. Sei ancora alla ricerca del tuo sguardo? Qual è il processo creativo che segui? Filmare la realtà è un po’ come descrivere un oggetto misterioso Parto dall’idea che una storia, per essere raccontata, debba avere le con un mezzo altrettanto misterioso. Cerco di costruire un punto potenzialità per essere resa universale. Anche la più individuale, la di vista personale attraverso la ricerca, a volte trovo risposte che mi più intima, deve sempre fare da specchio a una storia collettiva. sembrano giuste altre no. A volte restano solo gli interrogativi. A ogni Per questo vicende come quella di Alfieri Fontana ne Il successore modo è in questo processo che si modifica il modo di osservare le o di Pater Athanasius in God Dress You per me esprimono qualcosa cose e si affina lo sguardo.

«CERCHIAMO STORIE, PERSONAGGI O LUOGHI CAPACI DI RIVELARE UN QUALCHE TIPO DI VERITÀ NASCOSTA».

che va al di là di ciò che raccontano. In questa ricerca è necessario Stai lavorando a qualcosa? partire sempre dalla realtà e mantenere con essa un contatto Insieme a Francesco Lefons sto sviluppando la scrittura di un durante tutta la fase di scrittura, di riprese e anche di montaggio. film ambientato nel Carcere Borgo San Nicola di Lecce e tratto da Ho in questo la fortuna di lavorare con una squadra consolidata che un romanzo autobiografico. È un progetto nato dall’esperienza condivide con me questa missione. fatta come operatore culturale con la compagnia “Io ci provo”. Durante gli anni di lavoro a Borgo San Nicola ho iniziato a pensare Muud Film è un collettivo, lavorano con te il regista Corrado Punzi a un film che potesse raccontare l’esperienza detentiva come e il montatore Mattia Soranzo, come nasce e quale idea di cinema momento di demolizione dell’individuo e la struttura portate avanti? carceraria come luogo di una possibile ricostruzione del sé. Muud è nata nel 2009 come progetto di formazione audiovisiva, io Ho portato avanti nel tempo una ricerca su storie e personaggi e Corrado Punzi siamo subentrati qualche anno dopo. Oggi Muud, appartenenti all’universo carcerario, finché non ho incontrato oltre che una casa di produzione, è una sorta di collettivo allargato questo libro autobiografico che è la sintesi di tutto quello che del quale fanno parte anche Francesco Lefons, Giorgio Giannoccaro, vorrei dire su quel mondo.

13 - Arts - L’infanzia, gli amori e l’adolescenza, ma anche l’elaborazione del lutto, la sofferenza e la psicosi.

Simone Prisco è un autore di consapevole e mai banale. MARCO PACELLA GRAFFI, BAGLIORI, CHIAROSCURI

I suoi fumetti – una prima trilogia dallo spunto autobiografico questo, ho cercato di raccontare una storia completamente al di fuori composta da Vita, Irene e Immortali, poi il più recente Luce, dei miei schemi, uscendo da quella zona agiata che avevo creato coi ormai svincolato dalla narrazione in prima persona, tutti pubblicati primi libri. Quindi, ricapitolando, Luce nasce per scommessa con me da Douglas – scandagliano bene questi temi. Nei suoi libri, però, la stesso e rappresenta, probabilmente, una svolta per i miei prossimi chiara padronanza delle possibilità narrative si intreccia a una cura lavori, poiché mi ha fatto capire di poter raccontare quello che delle potenzialità grafiche e cromatiche. Nei suoi “graffi” – come voglio senza doverlo provare per forza in prima persona. li ha definiti – nei bagliori luminosi, nei chiaroscuri drammatici, il fumettista napoletano mostra tutto il suo amore per l’incisione, Oltre alla vicenda, cruda e dolente, ma con aperture e squarci di componendo tavole che, negli equilibri e nei bilanciamenti dei pesi e “luce”, appunto, il fumetto mostra anche una profonda attenzione dei colori, caricano le storie di una grande forza evocativa. agli aspetti grafici. Penso al tuo segno inciso, graffiato, alle scelte cromatiche, ma anche ai balloon con le voci interiori della Partiamo dal tuo ultimo libro, Luce, appena ristampato, un protagonista. Che tipo di ricerca hai seguito dal punto di vista del fumetto che segna un passaggio dall’autobiografia a una vicenda, disegno e della grafica? dolorosa e profonda, non vissuta in prima persona. Come è nata la Cerco di avere sempre la massima attenzione per il comparto storia e cosa rappresenta Luce nel tuo percorso autoriale? grafico dei miei lavori: quando disegno una tavola la disegno con Sono cresciuto con il falso mito di dover raccontare storie di cui l’intenzione di voler fare sempre la pagina migliore del fumetto, conoscessi ogni sfumatura, ogni singolo aspetto, per paura di cercando sempre di alzare l’asticella. I graffi – così mi piace realizzare qualcosa che poi potesse sembrare la copia di una serie chiamare i segni che faccio in un disegno – fanno ormai parte del TV, ed è per questo che i miei primi tre fumetti sono fortemente mio modo di disegnare, difficilmente riesco a immaginare disegni autobiografici. Poi invece, un giorno ho pensato che questa cosa miei con un altro stile. Ma in Luce ci sono altri aspetti che ho voluto era completamente sbagliata, era come pensare che George Lucas ha curare, anche di più del segno: il colore e i balloon. Ogni capitolo potuto fare Star Wars perché è andato nello spazio! Una volta capito della storia ha un colore tutto suo, quasi a scandire il tempo e il

14 15 Napoletano, classe 1980, Simone Prisco ha studiato presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli. Ha iniziato la sua carriera lavorando nell’advertising e Vita, del 2014, è la sua prima graphic novel.

modo di lettura: dal buio totale e tranquillizzante alle Rembrandt su tutti, Doré per le sue litografie, ma anche pagine con il cielo verde acido che si fanno leggere Piranesi e Dürer. nel modo più veloce possibile, quasi a voler scappare via. I balloon (quelli delle voci in testa) in Luce hanno Quanto resta di questa esperienza grafica nelle tue anche un’altra valenza, infatti in diverse vignette tavole a fumetti? quasi coprono l’immagine, proprio per dare anche In effetti Vita doveva essere un ciclo di acqueforti e al lettore il senso di disturbo che sta provando la in realtà il mio modo di disegnare a “graffi” lo devo protagonista, un piccolo escamotage per cercare di all’incisione, visto che per disegnare sulla lastra si usa coinvolgerlo di più. una puntasecca e, appunto, si graffia via la protezione della lastra di rame per poi immergerla nel mordente o Nella tua formazione artistica c’è lo studio e la pratica acido. Quindi direi molto. dell’incisione. Su quali tecniche ti sei concentrato e quali sono gli artisti e gli incisori che ti hanno influenzato? Accanto a questo, però, nelle tue tavole c’è una chiara evoluzione Fondamentalmente mi ritengo un acquafortista, anche perché è anche nelle tecniche digitali. È così? È un elemento che proponi la tecnica che ho utilizzato maggiormente ed è quella con la quale anche nella tua esperienza da docente? riesco a fare cose che più mi piacciono. Tra le influenze direi Goya e Sono stato sempre incuriosito e affascinato dalla tecnologia legata al

16 «FONDAMENTALMENTE MI RITENGO UN ACQUAFORTISTA, ANCHE PERCHÉ È LA TECNICA CHE HO UTILIZZATO MAGGIORMENTE ED È QUELLA CON LA QUALE RIESCO A FARE COSE CHE PIÙ MI PIACCIONO».

disegno e sin da ragazzo ho cercato di portare il disegno sul monitor quelle estreme di Bukowski o di Jack Kerouac con il suo Sulla strada del computer, anche quando c’era solo il mouse per colorare. Poi sono tra quelle che mi piacciono maggiormente, soprattutto per lo sono arrivate le prime tavolette grafiche e programmi sempre stile. Poi c’è la musica, e questa cambia a seconda del lavoro che più performanti che ti permettono di replicare effetti materici sto facendo, come se scegliessi una colonna sonora per ogni mio impensabili alcuni anni fa: io cerco di stare al passo coi tempi racconto: per Luce è stato David Bowie, ad esempio. e sfruttare questo magnifico strumento da disegno. Inevitabilmente quando faccio qualche workshop dedico molta attenzione al digitale, Dopo i primi libri dal taglio autobiografico – una trilogia formata anche perché sono convinto che le nuove leve lo useranno molto più da Vita, Irene e Immortali – come dicevamo, con Luce hai di noi. aperto nuove strade narrative. Quali sono i percorsi su cui ti stai concentrando adesso? Adolescenza, malattia e morte, ma anche speranza e Ho diverse storie in cantiere, in particolare due sembrano poter consapevolezza. Sono queste alcune delle tematiche che si prendere vita e affrontano entrambe il tema delladifficoltà dei possono evidenziare nei tuoi libri. Quali sono allora i tuoi rapporti con gli altri, una in ambito familiare (padre e figlia) riferimenti al di fuori delle arti visive? l’altra tra un ragazzo e una signora anziana, ambientata tutta in un Sono tanti gli autori di romanzi che mi interessano e non ho un treno. Ma sinceramente non so ancora quale delle due chiuderò genere preferito, ma le storie di vita comune raccontate da Carver e prima.

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- Icone -

20 POPOLIZIO L’HO VISTO LA PRIMA VOLTA A 15 ANNI IN MIO FRATELLO È FIGLIO UNICO DI DANIELE LUCHETTI: È STATO IL PRIMO FILM DI CUI HO SCRITTO DAVVERO, RAGIONANDO SULLA FORZA CHE UN RUOLO DA NON PROTAGONISTA PUÒ PORTARE ALLA STORIA. L’ULTIMA VOLTA, INVECE, SONO ANDATA A GUARDARLO IN SCENA ALL’ARGENTINA CON UN NEMICO DEL POPOLO. di CHIARA DEL ZANNO foto STEFANO CIOFFI

desso sono allo Strehler, ci sono 34 gradi. Milano gente che fa l’Amleto dopo aver fatto il nulla. Sotto la lente che sembra Africa». Sono quarant’anni che fa d’ingrandimento della mia epoca, invece, ce ne finivano due o tre l’attore e a pensarci bene fa impressione, ma non usciti dall’Accademia. Quindi eravamo noi ad essere richiesti in chiamatelo Maestro. tutte le grandi produzioni, direttamente con la Melato, la Guarnieri, «A l’Orsini. Voglio sottolinearlo: Ronconi e gli altri che ho incontrato Mi chiedo se questo mestiere ancora ti agita oppure se prendi un non avevano quel tipo di aurea intellettuale. Erano estremamente caffè e vai in scena. pratici. Il problema era che si lavorava tanto. E intendo provare una Anche 75 caffè. Non esiste una regola per andare in scena, è solo scena per ore, giorni, al massimo delle tue possibilità. Il ruolo da la retorica degli attori. Però che te devo di’, io sono sempre più protagonista te lo dovevi guadagnare con disciplina, senza ansioso. Vado a letto presto anche quando faccio cinema. Per me abbandonarti mai. «Io so’ attore, so’ il cinema e mo faccio come mi è una vita quasi da atleti o da monaci, una vita di sacrifici. E l’ansia pare» non esisteva. non va mica via, cresce con gli anni mentre diventi sempre più perfezionista. Quando sei ragazzo non ti accorgi di cosa stai facendo. È vero che prima di iniziare a guadagnare vendevi pentole? Vendevo pentole a vapore con un mio amico di scuola che ora E tu da ragazzo hai fatto cose che noi umani non possiamo viene sempre a trovarmi a teatro: «A Ma’, so’ quarant’anni che se nemmeno immaginare. conoscemo!». Ma ho venduto pure i profumi: eravamo quattro figli Cose che oggi non si potrebbe neanche più pensare di fare. Oh, io ho con uno stipendio solo. La prima cosa che dovevo fare era andare via fatto 35 spettacoli con Ronconi: so’ un sopravvissuto! Erano gli da casa e rendermi indipendente, e la fortuna è stata intercettare un spettacoli europei e mondiali più grossi di quel momento, duravano mondo artistico. anche 8 ore con 40 attori in scena, appesi a venti metri di altezza, immersi nell’acqua, sulle gru, di tutto. E invece al cinema volevi arrivarci? No, non ci pensavo al cinema. Per me è sempre stato una possibilità Ronconi ti ha scelto mentre studiavi all’Accademia Silvio D’Amico? di guadagno molto più forte del teatro, ma non c’è mai stato nulla che Sì, sono entrato in Accademia ma mi sono fermato al secondo anno, valesse la pena quanto il teatro. Le persone che io ho conosciuto in quando Ronconi ha visto uno stage che abbiamo fatto e ha iniziato a teatro mi hanno insegnato a vivere, cosa leggere, come vestirmi, come chiamarmi. Da lì in poi ho lavorato con quasi tutti i registi viventi. arredare casa, il gusto chic. Personaggi simili erano presenti anche in quel cinema che io ho sfiorato tramite Ronconi, come i fratelli Come funzionava il teatro negli anni Ottanta? Ti cercavano loro, Taviani, Rosi, Bertolucci. L’aristocrazia cinematografica e culturale. avevi un agente, facevi provini? I tempi erano diversi. Oggi le compagnie sono formate da «Ma io vengo dal teatro»: è diventato un cliché più che una

21 garanzia. Me lo spieghi tu, che fai teatro davvero? Tu sei uno dei pochi a cui è stato concesso, nell’arco di un paio Quando avevo trent’anni io, mica lo potevo dire che facevo teatro. d’anni, di saltare da un estremo all’altro: hai interpretato prima Meno che mai dovevo dire che lavoravo con Ronconi, se facevo Falcone e poi Mussolini. un provino per il cinema. Era una bandiera d’espulsione, ci sono Sì, ma Mussolini non mi ha portato altro lavoro. C’è stato un voluti vent’anni perché le cose cambiassero. Oggi Favino e Zingaretti periodo di blocco. Era un personaggio molto caratterizzante possono dirlo, che vengono dal teatro. Ma prima nel cinema, dal e contraddittorio, ma non abbastanza da smuovere tutta teatro, non ce veniva nessuno. l’intellighenzia italiana. Non gliene fregava niente, insomma.

Ma perché non vi volevano? Parlando del tuo lavoro di doppiatore, una volta hai detto che la C’era questa credenza che non fossimo adatti a fare il cinema. voce è come una lasagna. Bizzarro. «Teatro?» ti dicevano, «Nooo, esagerato!». Poi non è stato così, anzi, La voce è fatta di strati e di ciò che ti è successo nella vita: ogni come vedi adesso è una stella da sfoggiare. strato è un’era diversa. Hai presente i piedi di un ballerino di cinquant’anni? Sono massacrati, bellissimi. Dal tono della voce Tu come attore hai accusato il passaggio dal teatro al cinema? capisci come sta una persona. La bella voce in sé? Non esiste Io non sapevo farlo il cinema, avevo paura della macchina da davvero. presa. Non concepivo che qualcuno mi guardasse da vicino, che un occhio mi spiasse più intimamente. Poi mi sono sbloccato, anche Sei con un piede in ogni settore dello spettacolo: teatro, cinema, guardando gli altri. È sempre così, o te lo insegnano o lo rubi: è televisione, doppiaggio. Qual è l’ambiente più competitivo? l’unico modo per recitare veramente. Credo sia il cinema. Spesso non sei dentro un film solo perché sei bravo. Ci stai perché servi, hai vinto un Nastro, hai vinto un David, Quale critiche ricevevi? hai i soldi, fai parte di un pacchetto produttivo. Fanno finta tutti de «Fai meno». E c’avevano ragione. Per esempio non avevo il controllo volesse bene ma credo non sia così. degli occhi in relazione alla macchina da presa. Non sono mai stato troppo fotogenico, mentre in scena so esattamente dove mi trovo E in teatro si vogliono tutti bene? nello spazio, come muoverlo, cosa sono, che mi sta succedendo. Lì il Diciamo che l’osso attorno al quale tutti si azzannano è molto più primo piano lo decido io, so io come attirare l’attenzione. esile. Ci sono meno soldi e quindi l’osso fa un po’ ridere. Tu puoi fare un protagonista pazzesco a teatro ma tanto non lo sa Dopo tutti questi anni, per te qual è la più grande differenza tra nessuno. palco e set? Fondamentalmente una: il teatro lo devi fare tutte le sere, sempre Tra l’altro tu hai vinto tre Nastri. A te importa dei premi?

«IL TEATRO LO DEVI FARE TUTTE LE SERE, SEMPRE LA STESSA COSA. E TI DEVE ANDARE DI FARLA, IN QUALSIASI CONDIZIONE SEI».

la stessa cosa. E ti deve andare di farla, in qualsiasi condizione sei. Quando servono. E nel cinema servono perché aumenti la paga. Hai bevuto, hai mangiato, non hai digerito, hai subìto un lutto, hai Un premio fa sempre più piacere prenderlo che non prenderlo, sia litigato. Tu devi andare in scena. E non sempre vicino casa tua, chiaro, ma se vinci un David significa soprattutto che lavori per i magari stai dormendo in un altro letto. prossimi cinque anni.

E quando hai una giornata storta? Adesso per i giovani sei un «maestro». Che rapporto hai con loro? Ci vai lo stesso. Anche quando è morto mio papà sono andato in Per me l’età non è un passaporto. Oggi c’è il mito della giovinezza, scena. In situazioni estreme, decine di volte con la febbre. Non «Noi giovani…». Come se tutto ciò che ha preceduto loro fosse puoi abbandonare uno spettacolo, da te dipendono altre quaranta da abbattere. Una volta, a una riunione di teatri importanti, un persone. Nel cinema sei sempre in mezzo a cento persone, sei ragazzo battagliava: «Perché noi under 35…», e un altro s’è alzato contento, ti portano l’ombrello sul set, se hai bisogno di qualcosa e gli ha detto: «Oh, guarda che poi passa». Fra tre anni non sei più arrivano tutti. Ma alla fine sei completamente solo. under 35. Parlare di barriere d’età nell’arte non ha senso. Io ho lavorato con Ronconi che era un padre, ma ho avuto tanti zii di Mio fratello è figlio unico è stato un film importante per te? tutte le età. Perciò quando insegno ai ragazzi glielo dico sempre: Quello è stato un ruolo importante e uno dei film più belli di «Non siate rassegnati. Questo mestiere è una cura contro la Luchetti. Ho questo ricordo di Elio e Scamarcio che giocavano sul depressione». set, si rincorrevano, si azzuffavano ed era tutto molto spensierato. Quel cappello e certi modi del mio personaggio erano gli stessi di Ti immagini sul palco fino all’ultimo giorno della tua vita? mio padre. Più vado avanti negli anni, più se faccio un padre penso La morte mi ha sempre fatto paura. Quando sono mancati i miei al mio. Me lo dice sempre mia sorella e questo mi fa molto riflettere. genitori ho faticato ad andarli a trovare in ospedale, quando si ammalano i miei amici allontano l’idea il più possibile. Ma Il film di Luchetti ha rappresentato il tuo salto in serie A anche nel d’altronde chi fa l’attore lavora contro l’idea di morire. Non cinema, insieme a Romanzo criminale di Placido. perché rimani in eterno su un video, ma perché hai sempre da fare Michele veniva sempre a teatro, anche lui ha lavorato con e la cosa più importante a cui devi pensare è il tuo ruolo. Ma con le Ronconi. Una sera siamo andati a mangiare in una trattoria a Prati. bruttezze devi farci i conti, prima o poi: con la vecchiaia, con i lutti, «Ammazza, c’hai le basette lunghe» mi ha detto lui, perché ero con gli amori finiti, con gli amori che iniziano. Tutto questo entra nel in scena con i Tradimenti di Pinter. «Ma puoi gira’? Sei a Roma? lavoro e rimani sgomento: «Ma cazzo, io finora ho fatto il teatro e il Domani?». Romanzo per me è nato così, e il cinema migliore è cinema, ero così contento». E invece la vita ti insegue e tu puoi solo quello cotto e mangiato. dire: «Speriamo che ci sia un altro film che parte».

22 Massimo Popolizio, genovese, 60 anni appena compiuti, ha recitato in vari film. Fra i più recenti: Governance, I predatori, Il campione, Sono tornato.

23 - Industry/1 -

MUBI IN THE MOOD FOR CINEMA È la prima piattaforma streaming globale di cinema d’autore, nata dal sogno di un giovane imprenditore che non riusciva a trovare il modo di vedere In the Mood for Love sul suo PC: parliamo di Mubi, sbarcata da poco anche in Italia. E noi abbiamo voluto saperne di più.

di STEFANIA COVELLA illustrazioni MATTIA DISTASO

ossiamo vedere tutto, ovunque e in ancora possibile o meno parlare di esperienza filmica. In qualunque momento. Il semiologo e critico questo contesto, è approdato MUBI, pronto a ribaltare le Francesco Casetti, nel saggio La galassia regole della guerra dello streaming. Lumière (Bompiani 2015), l’ha definita la Si scrive MUBI, si pronuncia mõõ'be ed è la prima Prilocalizzazione dell’esperienza filmica: un termine piattaforma OTT di cinema d’autore. Nasce nel 2007 rubato dal vocabolario del lavoro post-fordista per come una cineteca condivisa quando il giovane richiamare il disperdersi della centralità spaziale dei imprenditore Efe Çakarel non riesce a trovare un modo cinema come luoghi di un’esperienza collettiva (così per vedere sul proprio PC In the Mood for Love di Wong come era avvenuto per la fabbrica) e il frammentarsi Kar-wai; questo lo spinge a realizzare The Auteurs dell’esperienza che si è fatta sempre più individuale. Ora (2007) che poi evolverà in MUBI (2010) così come lo il cinema è su uno smartphone e la sala è un Frecciarossa conosciamo oggi. o un bar di Soho o il divano di un monolocale a Tokyo. La Mentre scriviamo questo approfondimento, la fruizione si è appiattita sul consumo mediale generale, piattaforma segna in tempo reale di avere 11.524.105 siamo in un’epoca di convergenza in cui tutti i media abbonati: mettendo i numeri a confronto, sono solo il 5% tendono a confondersi, tanto da farci chiedere se sia degli abbonati di Netflix. Un accostamento impari,

24 25 se non fosse che MUBI aderisce piuttosto al modello economico della coda lunga di Chris Anderson, in quanto punta a una scelta editoriale selezionatissima che premia sul lungo termine. L’offerta è snella e compatta, ogni giorno viene inserito un nuovo film e ne viene tolto un altro, per un ciclo di vita di trenta giorni per trenta titoli sempre presenti nella sezione In cartellone. In questo modo la piattaforma offre allo spettatore una finestra temporale e delle tempistiche vincolanti, e l’utente è spinto a un consumo più consapevole e attivo. Un sistema diametralmente opposto a quello applicato dai maggiori player del mercato come Netflix, Prime Video e Disney+, in cui la scelta all’interno di un catalogo sovrabbondante finisce per generare nello spettatore quello che lo psicologo americano Barry Schwartz ha battezzato il paradosso della scelta, una scelta destinata a trasformarsi in un momento di stress anziché di svago. Di questo parere è anche Ester Corvi, autrice di Streaming Revolution (Dario Flaccovio editore 2020): «MUBI ha trovato un posizionamento molto azzeccato nel vasto panorama delle piattaforme SVOD di streaming video, perché non le vuole sfidare sul loro stesso terreno, ma punta a soddisfare la domanda di un pubblico di cinefili. Questo posizionamento di nicchia è la chiave del suo successo a livello internazionale». Less is more è proprio la strategia di base del progetto, ce lo conferma Federico D’Accinni (International Film Programmer per MUBI) «MUBI si fonda su una selezione accurata dei contenuti, è una sorta di festival in continua evoluzione. La nostra missione è quella di evitare la logica degli algoritmi e incoraggiare il nostro pubblico a fidarsi del nostro istinto prettamente umano di curatrici e curatori. In parallelo, da qualche mese abbiamo ampliato la nostra offerta così da includere una selezione ampia di titoli che restano disponibili più a lungo: l’etica del saper consigliare i film migliori al momento giusto è rimasta invariata. Il nostro sito vuole essere come le videoteche dei decenni scorsi, dove il tuo commesso di fiducia ti suggeriva alcuni DVD direttamente dallo scaffale». La piattaforma streaming d’autore è approdata in Italia nel 2013, da allora è presente in oltre 200 Paesi. Il suo concept minimale ma elegante ha sedotto anche le case di moda: Prada, Bottega Veneta, Valentino. Ad esempio, da questo connubio è nata la rassegna Perfect Failures, incentrata su alcuni film incompresi al momento della loro uscita, come La contessa di Hong Kong di Charlie Chaplin e Fedora di Billy Wilder. Mentre si espande in Europa, negli Stati Uniti e in America Latina, MUBI non smette di ampliare il proprio raggio d’azione anche qui da noi «grazie ad un nuovo team locale, alla rapida evoluzione dello streaming e a nuove conversazioni con

«SI SCRIVE MUBI, SI PRONUNCIA MÕÕ'BE ED È LA PRIMA PIATTAFORMA OTT DI CINEMA D’AUTORE».

26 «L’UTENTE È SPINTO A UN CONSUMO PIÙ CONSAPEVOLE E ATTIVO».

alcuni dei distributori di cinema d’autore più quotati a livello nazionale. Siamo molto entusiasti di iniziare nuove e fruttuose collaborazioni con festival di cinema, esercenti e brand locali», spiega D’Accinni. Ciò che permette a MUBI di fare un ulteriore passo verso il pubblico è la peculiarità della sua struttura: oltre all’offerta dei film In cartellone, sono presenti le sezioni Comunità – che fonde la piattaforma streaming con l’attitudine dei social network – e Notebook, un’infosfera di notizie, interviste, reportage, approfondimenti e recensioni. Si viene a creare così una mappa critica che ha lo scopo di guidare lo spettatore e di riportarlo verso un’esperienza comunitaria. Ciò che viene a crearsi è quello che ancora D’Accinni definisce «un diario di ciò che ognuno di noi ha visto durante l’anno - su MUBI e altrove. L’esperienza cinematografica è un viaggio che riflette più che mai i nostri gusti e umori del momento». In questo modo è possibile scoprire nuovi capolavori o recuperare grandi classici, ma soprattutto si crea la sinergia giusta per parlarne con gli altri utenti come nel salotto di un piccolo caffè. Tutto questo aumenta l’affordance dello spettatore, ovvero la sua capacità di intervenire sempre più attivamente sulla visione e sull’esperienza di fruizione, rimodellandola e restituendole spessore. Se è vero che la piattaforma lavora per coinvolgere lo spettatore il più possibile, lo fa senza tralasciare l’importanza dei contenuti, soprattutto di quelli che soffrono una distribuzione molto carente o del tutto indipendente, come i cortometraggi. Su MUBI è possibile vedere decine di corti, da Entr’acte (Francia, 1924) di René Clair e Meshes of the Afternoon (USA, 1943) di Maya Deren ai più recenti Nimic (Germania/ USA, 2019) di Yorgos Lanthimos e Quattro strade (Italia 2021) di Alice Rohrwacher - in esclusiva dal 14 maggio 2021. Riguardo al criterio di selezione usato dal gruppo di programmazione, D’Accinni ha parlato di due canali principali di ricerca: «i festival di cinema e le compagnie di distribuzione. I primi sono una risorsa inestimabile per ottenere uno sguardo panoramico sui giovani talenti così come i registi affermati; i distributori ci aggiornano regolarmente sui loro listini di film disponibili, e ci permettono di adattare la nostra programmazione a seconda del territorio in cui stiamo operando. Il nostro criterio di valutazione si basa su numerosi aspetti: tra gli altri, è trainato dal desiderio di promuovere nuovi autori, far scoprire classici meno conosciuti al grande pubblico, evidenziare la natura variegata e spesso imprevedibile del cinema di oggi». La selezione dei film distribuiti direttamente dalla piattaforma può però variare a seconda dell’area geografica in cui ci si trova, ma sono tutte opere scelte con cura dalla redazione. Tra i film più recenti, Federico cita: «Shiva Baby, una caustica commedia degli equivoci

27 «LA NOSTRA MISSIONE È QUELLA DI EVITARE LA LOGICA DEGLI ALGORITMI».

28 e uno dei film più sorprendenti del Toronto International Film Festival 2020, e First Cow, una storia avvincente e gloriosa di amicizia e microcriminalità sull’aspra frontiera del Pacifico nord-occidentale diretta dalla regista americana Kelly Reichardt». L’intento distributivo di MUBI non intende in alcun modo sostituire la sala cinematografica, anzi, vuole inserirsi nell’ecosistema cinematografico per sostenerlo: molti dei lungometraggi distribuiti da MUBI UK sono stati proposti infatti in parallelo anche in alcuni cinema, come è accaduto per Suspiria di Luca Guadagnino. La vera nuova frontiera della piattaforma però è la produzione, con a capo Bobby Allen, produttore dall’esperienza ventennale nell’industria dell’entertainment e del cinema. Allen è in fase di lettura dei trattamenti provenienti da tutto il mondo, ma nel frattempo sono state già co-prodotte delle gemme nascoste del cinema internazionale, come «Port Authority, visto a Cannes 2019, il primo lungometraggio in competizione a un festival maggiore la cui attrice principale è una donna trans di colore, e Farewell Amor della regista Ekwa Msangi, che ha debuttato al Sundance 2020 ed è stato una Distribuzione MUBI globale (America del Nord e Africa esclusi) sulla piattaforma nel Dicembre 2020. In cantiere abbiamo anche Our Men di Rachel Lang con Louis Garrel e un documentario basato su un crimine realmente accaduto diretto da David Farrier». Tornando all’inizio, in un moto ellittico congeniale al cinema, non stupisce che il film in grado di fornire una tale ispirazione sia stato In the Mood for Love. L’opera di Wong Kar-wai usciva nelle sale italiane 21 anni fa ed è tornato a fine aprile in sala grazie alla Tucker Film in occasione del restauro in 4K dell’opera, realizzato dal laboratorio L’immagine ritrovata della Cineteca di Bologna e da Criterion, con la supervisione dello stesso regista e della colorist Carmen Lui. «Il passato è qualcosa che può vedere, ma non può toccare. E tutto ciò che vede è sfocato e indistinto» ci dice l’ultima didascalia del film, su fondo nero. Chow è andato alle rovine di Angkor Wat e ha sussurrato il suo segreto in una fessura del tempio, la bocca e la mano contro la pietra, come insegna un’antica leggenda ormai dimenticata. Forse quel segreto Efe Çakarel l’ha sentito, serve davvero un mondo intero per riempire una sala cinematografica d’essai, ma che sala magnifica è quella che non sa dimenticare una tazzina di giada, i qípáo indossati da Maggie Cheung, l’amour fou che si consuma non consumandosi mai. Se il segreto del cinema è nascosto nella pietra, in un buco chiuso col fango alle pendici di una montagna, sotto gli occhi di un giovane Buddha imperturbabile, un cinefilo lo sa e non lo può dimenticare.

«LA VERA NUOVA FRONTIERA DELLA PIATTAFORMA È LA PRODUZIONE, CON A CAPO BOBBY ALLEN».

29 - Industry/2 -

GLI STATI GENERALI DEL CORTO MAI STATO MEGLIO Il cortometraggio è in ottima forma e, soprattutto, non è considerato più solo l’esercizio necessario a un regista prima del salto verso il lungometraggio, ma un genere autonomo, con una lunga vita davanti a sé nel circuito dei festival internazionali, sulle piattaforme e presto anche in sala. di ELENA MAZZOCCHI

occasione per riflettere sullo stato attuale dell’industria Si è così aperta una grande occasione che non va sprecata. Per del cortometraggio in Italia l’ha offerta la tavola rotonda Enrico Vannucci del Torino Short Film Market è ora il momento dal titolo Gli stati generali del corto, organizzata giusto di sostenere con forza uno degli obiettivi più ambiziosi che i nell’ambito del Figari Film Market lo scorso 24 giugno, che rappresentanti del cinema breve si sono posti: riportare i corti in sala. L’ha messo a confronto registi, festival, buyers e distributori, per capire Fino agli anni Sessanta, infatti, le proiezioni dei lungometraggi erano qual è lo stato dell’arte in Italia e cosa si può fare per migliorarlo. precedute da quelle di corti e ciò contribuiva a diffondere il gusto Dall’evento e dagli incontri a margine sono emerse tutte le per la forma breve in un pubblico ampio. La progressiva ritirata del sfaccettature di una realtà autoriale e produttiva sempre più avanzata corto nel mondo dei festival lo ha reso un contenuto quasi invisibile e professionale. al comune spettatore, a danno dell’educazione all’immagine e Partiamo da un primo elemento: l’esplosione dello streaming alla fruizione dello short film. Sensibilizzare le istituzioni affinché innescata dalla pandemia ha determinato un aumento creino le condizioni per riportare il cinema breve in sala è dunque dell’attenzione anche nei confronti del cortometraggio. Come considerato da tutti gli stakeholders del cortometraggio un tassello sottolinea la presidente del Centro Nazionale del Cortometraggio fondamentale alla sua conoscenza e diffusione in tutte le audience. Lia Furxhi, di recente anche gli esercenti hanno manifestato un Se da un lato la difficoltà per lo spettatore di accedere alla visione dei inedito interesse per i film brevi, dovuto alla necessità di diversificare corti, tranne che all’interno dei festival, è un’indubbia mancanza che maggiormente la programmazione. va colmata, dall’altro vale la pena ricordare che negli ultimi

30 Un’immagine da Stephanie di Leonardo van Dijl, miglior corto internazionale al Figari Film Fest.

«L'ESPLOSIONE DELLO STREAMING INNESCATA DALLA PANDEMIA HA DETERMINATO UN AUMENTO DELL’ATTENZIONE ANCHE NEI CONFRONTI DEL CORTOMETRAGGIO».

Gli stati generali del corto hanno chiuso il Figari Film Market, dedicato a incontri professionali e pitch fra autori, distributori e produttori di cinema breve. Il 25 e il 26 si è aperto invece l’Olbia Film Network, dedicato a opere prime e seconde, con due nuove sezioni: Primavera (per registi di nazionalità italiana under 40 in cerca di un produttore per realizzare la loro opera prima o opera seconda) e Minor_IT (per produttori non appartenenti al territorio italiano in cerca di un produttore minoritario italiano, per realizzare un’opera prima o un’opera seconda di lungometraggio).

31 Matteo Pianezzi durante la tavola rotonda e con Alessandro Grande e Ginevra Francesconi premiati per l'opera prima Regina. In basso a sinistra Francesco Lattarulo e Saverio Pesapane e a destra uno dei pitch.

anni il formato breve si è guadagnato uno spazio di tutto rispetto punto di riferimento nel panorama del corto italiano. «L’associazione in altri ambiti, ad esempio all’interno del mondo pubblicitario. è nata con un obiettivo preciso: mettere il cortometraggio al centro L’advertising fa da tempo un uso abile del corto (con il sottogenere, dell’industria cinematografica, creando una cultura del film breve particolarmente significativo per qualità, del fashion movie). Da che spesso manca anche nel mondo dei cinefili o degli addetti ai un osservatorio dichiaratamente “milanese”, Antonino Valvo lavori. Uno dei motivi per cui il corto non va in sala è che la gente dell’Associazione di registi italiani AIR3 spiega infatti che i registi non lo conosce, non lo chiede, non se lo aspetta: ecco, dobbiamo far più giovani, 30-40enni, sono meno legati all’idea del corto come rinascere nello spettatore il desiderio di vedere il corto al cinema». propedeutico alla realizzazione del lungo, a differenza delle Negli ultimi anni il mondo del cortometraggio è cresciuto in modo generazioni precedenti, e lo usano con la più grande libertà esponenziale, le produzioni e gli autori sono molti di più, i corti sono contenutistica ed espressiva. sempre più belli e non hanno nulla da invidiare ai lungometraggi È chiaro che per sostenere adeguatamente questa nuova generazione più celebrati: «Ma – continua Pesapane – non dimentichiamo che di autori e produttori, impegnata in una rilettura e un rilancio il sistema del corto deve fondarsi su solide basi e contare su un del cortometraggio non solo nel mercato nazionale ma anche in meccanismo economico virtuoso: perciò ci battiamo ad esempio quello internazionale, dove l’Italia è meno presente e soffre la affinché, quando le piattaforme acquistano un corto, garantiscano schiacciante preponderanza delle altre cinematografie europee, anche un corrispettivo economico adeguato. L’idea che il corto si si rende necessaria un’azione a più livelli. Di una, lavorare con le possa vedere gratuitamente perché è un’opera minore è scomparsa istituzioni per riportare il corto in sala, si è già accennato. Un altro nei fatti». passo importante che tutto il sistema dovrebbe fare, secondo il Tirando le somme, quello che si delinea guardando a chi fa direttore artistico del Figari Film Fest Matteo Pianezzi, è quello di cortometraggi oggi è il profilo di professionisti consapevoli che abbandonare i particolarismi, fare squadra e sostenere i “campioni” nel cinema non c’è più alcuno spazio per l’improvvisazione: italiani nei festival o nei premi di caratura internazionale come gli sanno che c’è bisogno di obiettivi politici e istituzionali chiari e di Oscar, imitando il ben noto patriottismo d’Oltralpe. conoscere la macchina industriale alla perfezione per sfruttarne Una terza iniziativa che mira a creare una rete di sostegno al cinema appieno le opportunità. Come Francesco Lattarulo, produttore breve su tutti i tavoli, istituzionali e non, è la neonata Associazione e coordinatore nazionale dei Giovani Produttori Under 40 di CNA di distributori di cinema breve (presentata proprio al Figari) che Cinema e Audiovisivo: «C’è una generazione pronta ad assumersi riunisce i quattro maggiori players italiani: Olbia Film Network, le sue responsabilità e che ha un’idea chiara di quale deve essere Premiere Film, Sayonara Film (ex Elenfant Distribution), Zen Movie. l’impostazione professionale dell’epoca post Covid». E aggiunge: Saverio Pesapane (Premiere Film) racconta la prima proposta «Quello in cui credo sia più importante investire oggi è proprio concreta della nuova associazione: la costituzione di un nuovo l’educazione all’impresa, garantendo la formazione più adeguata a premio nazionale esclusivamente dedicato al cortometraggio italiano chi vuole produrre cinema, soprattutto per acquisire le competenze che coinvolga il sistema dei più virtuosi festival cinematografici necessarie a concorrere sul mercato globale. Solo con una nostrani. Come accade per premi internazionali quali Oscar ed EFA, formazione approfondita, costante e mirata si può fare capire a chi si ognuno dei festival coinvolti segnalerà uno short film, scelto dalla affaccia a questo mestiere se è davvero portato per fare il produttore o sua selezione, da candidare al premio, che ambisce a diventare un se lo fa solo per caso e in maniera impreparata».

«DOBBIAMO ABBANDONARE I PARTICOLARISMI E FARE SQUADRA».

32

- Industry/3 - DENTRO L’UNIVERSO DI SONY MUSIC PUBLISHING

Da oltre due decenni consulenti musicali ensare oggi a un’opera audiovisiva di qualità senza la musica risulta letteralmente impossibile. Sarebbe di riferimento dei maggiori produttori come immaginare un’opera pittorica rinascimentale o italiani, Anna Collabolletta e impressionista priva di colori. D’altronde, la musica ha avuto Puna funzione importante nella storia della settima arte fin dalla sua Valentina Iacoacci di Sony Music nascita, quando il cinema era muto ma le proiezioni in pubblico si Publishing Italy ci conducono in un svolgevano alla presenza di un’orchestra che si esibiva dal vivo. E, nel corso degli ultimi decenni, ha assunto un ruolo sempre più di primo viaggio nell’affascinante e stretto rapporto piano tanto nel panorama cinematografico quanto in quello seriale. tra il mondo della musica e quello dei Il lavoro creativo e pratico che c’è dietro la scelta delle musiche e delle canzoni in un prodotto audiovisivo è un’attività complessa di prodotti audiovisivi. cui raramente si parla, che Fabrique ha voluto approfondire con Anna Collabolletta e Valentina Iacoacci, responsabili del reparto di LUCA OTTOCENTO Cinema & TV di Sony Music Publishing Italy.

34 Qui e nelle pagine seguenti Nudes, adattamento italiano dell’omonimo teen drama norvegese sul revenge porn in streaming su RaiPlay.

Cosa rappresenta per voi la musica nel cinema e nella serialità? assistito all’evoluzione della musica nell’audiovisivo, partendo dalla Valentina Iacoacci: La creazione di un’opera audiovisiva coinvolge produzione della sola musica originale, passando al progressivo moltissimi aspetti e per funzionare davvero ognuno di essi deve utilizzo delle canzoni sincronizzate nelle opere audiovisive, fino ad combaciare perfettamente con gli altri, dalla sceneggiatura al arrivare all’attuale coinvolgimento di artisti ed autori che per i vari montaggio, passando per la regia, la recitazione, la scenografia e progetti compongono canzoni che sempre più spesso divengono i costumi, solo per citarne alcuni. La musica ovviamente è uno di strumenti di marketing e comunicazione. questi ed ha un’importanza fondamentale nel racconto, avendo Anna Collabolletta: La musica è un linguaggio narrativo la possibilità di caratterizzarlo fortemente e a volte addirittura di fondamentale nel mondo audiovisivo, perché aiuta non solo esaltarlo quando si sposa appieno con la natura complessiva di un a suscitare emozioni nello spettatore ma anche a descrivere e film o di una serie. approfondire i personaggi. Ad esempio, ci sono dei temi che Precorrendo i tempi, la nostra azienda ha dato da sempre vengono scritti ad hoc su alcuni personaggi e diventano dei veri un’importanza strategica alla musica applicata alle immagini, e propri tratti caratterizzanti. Il nostro è un lavoro da equilibristi, tanto da essere l’unica multinazionale ad avere da più di trent’anni perché ci muoviamo costantemente in una zona di confine tra il un ufficio dedicato a Roma. In questo arco temporale, abbiamo mondo delle immagini e quello della musica per fare in modo

35 «CI SONO TEMI SCRITTI AD HOC SU ALCUNI PERSONAGGI E CHE DIVENTANO DEI VERI E PROPRI TRATTI CARATTERIZZANTI».

che possano incontrarsi al meglio. Inoltre, ciò che facciamo deve mantenere vivi i rapporti con le varie produzioni e gli autori, in sempre trovare un equilibrio tra le ragioni creative e quelle pratico- un dialogo continuo con tutti i principali player di mercato, fino economiche, perché ovviamente non tutte le soluzioni artistiche a stabilire dei rapporti che diventano negli anni dei veri e propri auspicate dagli autori sono poi sempre percorribili, per motivi di sodalizi. Il progetto di Nudes nasce proprio in questo modo: in una budget o proprio di possibilità di ottenimento delle licenze per la delle chiacchierate con il produttore Riccardo Russo, parlammo del sincronizzazione di un brano. piacere reciproco che avremmo avuto nel coinvolgere Gazzelle. Ci siamo subito resi conto che il target adolescenziale della serie Cosa si intende in questo caso per sincronizzazione e cosa era perfettamente allineato a quello indie del cantautore potete dirci in più sulla specificità del vostro lavoro? romano. Da lì è nata Un po’ come noi che, grazie alla V.I.: La sincronizzazione in termini generali è l’attività scrittura per metafora tipica di Gazzelle, restituisce con di abbinare una canzone o una musica, già edite forza la fragilità dei giovani protagonisti della serie. oppure originali, a delle immagini. Il nostro lavoro consiste nel produrre la colonna sonora originale Nudes fra l’altro è un ottimo esempio per spiegare di un’opera, coinvolgere artisti o autori targati Sony il ventaglio di attività che svolgete quando curate la Music Publishing nella scrittura di canzoni originali parte musicale di un prodotto audiovisivo. An a e ottenere le licenze di sincronizzazione. In sintesi, na tt A.C.: Esattamente. La canzone Un po’ come noi - che Collabolle riguarda la gestione di ogni aspetto musicale di un è stata utilizzata per il lancio promozionale della serie, progetto audiovisivo fin dall’inizio del processo creativo. oltre che all’interno di diversi episodi e nei titoli di coda - è Spesso lavoriamo insieme ai registi e agli autori, talvolta anche esplicativa delle opportunità offerte ai nostri artisti per mettersi in insieme agli sceneggiatori, facendo un lavoro propositivo nella scelta mostra e rimanere in contatto con il loro pubblico, in un momento dei brani da inserire in sceneggiatura. Dallo spoglio degli script si in cui, a causa della pandemia, non potevano esibirsi dal vivo e passa alla ricerca dei punti musica e successivamente alla selezione avevano soltanto i social per comunicare con i fan. A parte questo di proposte musicali appartenenti ai nostri cataloghi. però in Nudes siamo stati i supervisori musicali dell’intero progetto, editando la colonna sonora originale composta da Francesco Cerasi, Di recente avete lavorato a Nudes, la prima serie originale di Rai che poi è stata pubblicata sulle varie piattaforme digitali come Play uscita lo scorso aprile. Spotify, e occupandoci anche della sincronizzazione di alcuni brani A.C.: Uno degli aspetti fondamentali della nostra attività è di repertorio. @TAndrea Mete @TAndrea

A sinistra Gazelle; al centro Paola Cortellesi in La befana vien di notte; a destra Vittoria Puccini e Benedetta Porcaroli in 18 regali.

36 «IL RUOLO DEL MUSIC SUPERVISOR STA DIVENTANDO ANCHE IN ITALIA SEMPRE PIÙ CENTRALE E RICONOSCIUTO NELL’INDUSTRIA».

Quali sono altri vostri progetti recenti? dalla critica internazionale. A.C.: Per la serie Baby 3 abbiamo coinvolto Achille Lauro, che V.I.: Altri successi del passato sono la colonna sonora del film insieme a due nostri autori e produttori ha composto la canzone La finestra di fronte, composta da Andrea Guerra e il cui tema Maleducata, sincronizzata nel trailer per il lancio della serie. La principale è diventato la canzone Gocce di memoria interpretata da scorsa estate per Netflix è inoltre uscita Summertime, che attraverso Giorgia, e quella di Notte prima degli esami, con le hits degli anni un ampio lavoro di sincronizzazione ci ha dato la possibilità di ‘80 raccolte in una compilation che andò molto bene a livello di promuovere canzoni del repertorio Sony Music Publishing vendite. C’è poi la colonna sonora del film La matassa, composta spaziando tra molti generi musicali, dall’indie al pop. da Paolo Buonvino, che ci ha offerto la possibilità di Anche per questa serie è stata prodotta una canzone riutilizzare i temi musicali in altri ambiti, come quello originale: Leoni di Giorgio Poi e Francesca Michielin, televisivo e pubblicitario, permettendoci così di fare il usata da Netflix per la promozione. lavoro divulgativo proprio di un editore. Tra gli altri V.I.: Per quanto riguarda invece le colonne sonore successi, ci sono anche Scialla!, con la colonna sonora originali per il cinema recentemente abbiamo composta da Amir, e Tutti pazzi per amore, primo prodotto quella de La befana vien di notte, film esperimento di serialità italiana con le canzoni come andato molto bene al botteghino nel Natale del 2018, e protagoniste assolute. Va i di 18 regali, premiato quest’anno ai David Di Donatello le cc ntina Iacoa dalla giuria dei giovani. Le colonne sonore di entrambi i In un periodo di grandi trasformazioni come quello che film sono state composte da Andrea Farri. stiamo vivendo, come sta cambiando il vostro lavoro? A.C.: Il nostro è un lavoro in continua evoluzione e noi abbiamo Negli ultimi due decenni vi siete occupate anche di alcune colonne sempre cercato di seguire il cambiamento. Il ruolo del music sonore che sono state dei grandi successi a livello nazionale... supervisor sta finalmente diventando anche in Italia sempre più A.C.: Tra le colonne sonore di maggior successo cui abbiamo centrale e riconosciuto nell’industria audiovisiva, accorciando le lavorato ci sono state quelle de La ragazza del lago di Molaioli e distanze con il modello americano. Negli Stati Uniti infatti questa de Il divo di Sorrentino, entrambe pluripremiate e firmate da Teho figura professionale è da qualche anno premiata agli Emmy nella Teardo. Ma anche le colonne sonore per le tre stagioni di Suburra, categoria “Outstanding Music Supervision”, al pari delle altre la prima serie originale prodotta da Netflix in Italia, e per le quattro professioni dell’audiovisivo. Per quanto ci riguarda, continueremo stagioni di Gomorra, la serie italiana più apprezzata dal pubblico e quindi a navigare sulle onde della musica e delle novità.

Le cover di alcune delle colonne sonore di maggiore successo targate Sony Music Publishing Italy.

37 - Actors - brand: ALESSANDRO VIGILANTE AMOTEA FIAMMETTA CASADEI MADIS CICOGNA

fotografa: MARTINA MAMMOLA trucco: MARTINA ERRIU @ IDLMAKEUP capelli: ADRIANO COCCIARELLI @ HARUMI GIADA UDOVISI @ HARUMI prodotti per capelli: BODY E SUN SCHWARZKOPF PROFESSIONAL stylist: ALLEGRA PALLONI location: ANANTARA PALAZZO NAIADI

38 Fiammetta Cicogna, 33 anni nata a Milano e vissuta ovunque.

Mi avete visto in: Mi avete vista esplorare terre magiche e selvagge, paesi lontani, anime allegre e cuori infranti. Viaggiare e recitare sono le mie più grandi passioni, vivo alla continua ricerca di nuove sfaccettature dell’animo umano e della nostra meravigliosa terra, con lo zaino in spalla e il cuore aperto per immagazzinare più esperienze possibili da regalare a ogni nuovo personaggio. L’ultimo viaggio è stato negli anni Settanta per la serie Made in Italy, dove ho interpretato una simpatica e imprevedibile Monica Massimiello, apprendista pubblicista in un magazine di moda, portavoce di un’incalzante rivoluzione femminile.

Mi vedrete in: Mi vedrete presto con un abito da sposa, non come Fiammetta, ma come Chiara, che attraverserà una rocambolesca avventura emozionale nel giorno del suo matrimonio.

Gli attori e le attrici che mi ispirano: Ho tanti amori nel cinema e teatro. Ogni nuovo ruolo che prendo vado a vedermi un’interpretazione di Monica Vitti: la sua risata malinconica rende tutti i suoi personaggi intriganti, fino alla fine cerco di comprenderla e mi aiuta a lavorare sulla mia sensibilità, è un incredibile conduttore di emozioni. Franca Rame è un altro grande amore, le parole da spendere sulla sua vita artistica non sarebbero mai abbastanza, ogni sua performance è senza tempo, sempre contemporanea. Valeria Bruni Tedeschi ha una fragilità ipnotizzante e studio i suoi personaggi meravigliosi per imparare ad aprirmi. Potrei andare avanti all’infinito, prossima volta ci prendiamo un lungo caffè e vi racconto!

39 brand: ROIDULAC ALESSANDRO BEDETTI

40 Ho 18 anni e vivo a Bologna.

Mi avete visto in: Nella serie televisiva Nudes, in esclusiva su RaiPlay, diretta da Laura Luchetti e prodotta da Bim e RaiFiction. È una serie che affronta il tema del revenge porn tra gli adolescenti attraverso tre storie diverse raccontate sia dal punto di vista della vittima che del carnefice. Io interpreto il migliore amico del protagonista nella storia di Vittorio: il mio personaggio mi assomiglia molto, è simpatico, sarcastico e ha sempre la battuta pronta. Per me Nudes rappresenta la prima esperienza di recitazione, il mio battesimo davanti alla telecamera.

Mi vedrete in: Spero che mi rivedrete presto in altri progetti. Quest’anno ho la maturità e, appena conclusi gli esami, mi concentrerò al 101% sulla mia carriera da attore, non vedo l’ora. Il mio obiettivo è cercare di entrare in un’accademia, a Roma o in altre città d’Italia.

Gli attori e le attrici che mi ispirano: Gli attori che mi hanno ispirato maggiormente sono sicuramente Michael J. Fox, Jim Carrey, Christian Bale e il più giovane Dylan O’Brien. In loro vedo talento, dedizione, passione. Mi piacerebbe diventare bravo come loro, mi ci vorranno anni di studio e pratica, ma sono prontissimo a farlo. La passione per i film me l’ha trasmessa mio padre: fin da quando ero piccolo guardavamo film insieme e mi ha sempre spiegato tutto di ogni titolo. È piuttosto straziante vedere un film con qualcuno che lo mette in pausa ogni 3 minuti per raccontarti una curiosità, però sicuramente alla fine sei sicuro di aver capito tutto ciò che riguarda attori, registi e tecniche cinematografiche. Mi ricordo che a volte cercavo di nascondere il telecomando, così non poteva stoppare il film...

41 brand: CATERINA MORO SANDRO PARIS LUDOVICA MACTÌ MADIS BIZZAGLIA

42 25 anni. Gemelli ascendente gemelli. Nata e cresciuta a Roma.

Mi avete visto in: Al cinema, in televisione e in libreria con Abbi cura di splendere e Di pioggia e di fiori. Ho interpretato, dal 2017 al 2019, Anita Falco, protagonista della soap Un posto al sole: mi sono innamorata di Napoli, della sua generosità e accoglienza! Sarà sempre nel mio cuore. Mi avete vista su Rai 1 nella serie di Cinzia TH Torrini, Un’altra vita. Nel 2018 su Canale 5 ero Doriana nella serie Immaturi, ispirata al film di Paolo Genovese. Ho avuto l’onore di lavorare con sul set di Una pallottola nel cuore. Ho partecipato ad altri progetti televisivi come Don Matteo, I Cesaroni e L’allieva. Al cinema mi avete vista in Amore 14 di Federico Moccia e, nel 2010, in Sharm el Sheikh – Un’estate indimenticabile. È stata un’esperienza magica perché ho avuto l’occasione di vivere in Egitto, una terra stupenda. Nel 2019 è uscito il film La mia seconda volta, regia di Simone Riccioni, un vero e proprio progetto educativo contro le droghe. Nel 2015 ho recitato in Torno indietro e cambio vita, film diretto da Carlo Vanzina. L’anno dopo sono stata Olivia nel film di Stefano Alpini, Il giocatore invisibile.

Mi vedrete in: Purtroppo non posso ancora dirvi dove mi vedrete, ma succederà molto presto.

Gli attori e le attrici che mi ispirano: Meryl Streep è sempre stata la mia ispirazione più grande. Nel corso della sua carriera ha trovato il coraggio e la forza di imporsi, battendosi contro un sistema sbagliato in cui un’attrice deve necessariamente incarnare uno stereotipo ben preciso solo perché donna. Lei ha saputo dire di no, battendosi affinché qualcosa cambiasse. La sua voce è d’ispirazione per molte donne, attrici e non solo, che ogni giorno vengono discriminate e ignorate. È attraverso la sua storia che mi sono sentita potente: mi ha fatto pensare di essere abbastanza forte da lottare anche io.

43 - Focus -

Siamo felici di proporre ai lettori di Fabrique un’analisi a cura di un esperto come Mario Abis dei nuovi linguaggi che stanno scardinando le regole della narrazione cinematografica, anche in quanto presuppongono un nuovo tipo di audience, cooperativa e “intelligente”. Questo è il primo intervento introduttivo della serie (denso come un film di Nolan…). di MARIO ABIS*

enet, ultimo film di Nolan: occorrono due lauree in fisica per capirlo e seguirlo. Questo è il modo ricorrente con cui viene presentato questo film che, nella lettura paradossale Tdel suo peso − oltre che narrativo − anche filosofico e scientifico, sta a indicare che il pubblico nuovo non potrà più essere passivo, ma dovrà essere intelligente e sofisticato quanto la narrazione cui si espone. Parliamo dunque di trasformazioni contemporanee di linguaggi e relazioni, con un significato centrale che riguarda la relazione tra evoluzione delle narrazioni e le evoluzioni culturali e mentali del pubblico. Considerando questo nuovo tipo di film, ma anche di serie televisive, il pubblico da passivo − un pubblico che sta a guardare − diventa attivo

44 Tenet di Christopher Nolan è stato il film evento del 2020, con John David Washington nel ruolo del protagonista. La direzione della fotografia è di Hoyte van Hoytema.

ed esprime nell’intelligenza cognitiva un processo partecipativo con la narrazione stessa. Il rapporto tra spettatore e film diventa un sincretismo culturale e scientifico e deve costruire modelli via via espansivi di interpretazione psicologica e di interpretazione culturale. Questa dinamica implica il costruire una consapevolezza soggettiva che continuamente rimanda a forme esterne di sapere e di conoscenza. La “laurea in fisica” per seguire Tenet è lo strumento fattuale e simbolico che implica una costruzione di relazione al di fuori della linearità convenzionale e storica della narrazione. Si parla in questi contesti anche di “multi dimensioni quantiche della narrazione” e ciò, al di là dell’abbreviazione sintetica dell’espressione, sta

45 Una delle immagini simbolo del capolavoro del 1968 di Stanley Kubrick 2001: Odissea nello spazio, scritto assieme ad Arthur C. Clarke.

proprio a indicare che le multidimensionalità di storie, di ambienti, di plot, di personaggi operano in una struttura di relazione narrativa che ricorda i quantum della fisica. Molto di questa dimensione ha a che fare con l’uso del tempo: tempo come entità narrata, tempo come flusso entro cui inserire la narrazione, tempo nella storia narrata e soggetto protagonista esso stesso della storia. Alcuni grandi autori se ne sono occupati prima di Nolan, a cominciare da Kubrick che, con il suo 2001: Odissea nello spazio, collocava il tempo dalla premessa preistorica, al realismo contemporaneo della tecnologia, alla struttura finale del canale metafisico delle esperienze e dei sogni e costruiva il tempo come l’oggetto e non solo il contenitore della narrazione stessa. Questa centralità del tempo nelle narrazioni che in Tenet diventa incrocio fra il variare in avanti e indietro dei flussi temporali, costituisce l’aggancio problematico per il pubblico “intelligente”. Questo aggancio ha a che fare anche con il contesto sociale più generale, in particolare dopo la crisi pandemica. Il pubblico “intelligente” emerge dalle trasformazioni previste e prevedibili degli spazi e delle relazioni in cui vivrà nelle città e nei territori. La trasformazione sociale del valore del tempo è all’interno del nuovo modo di vivere: tempo ristretto, tempo sincopato nelle attività, tempo di allontanamento dallo studio e dal lavoro − in particolare legato al lavoro online o da remoto – che portano la sensibilità sociale verso una dimensione virtuale o astratta, escludendo questa intelligenza individuale e collettiva dalle relazioni interpersonali che hanno sempre guidato il bisogno e la domanda di narrazioni lineari. In sostanza, il contesto di trasformazione sociale crea le precondizioni per attivare questa nuova relazione ad estensione di significato e di valore che va dal cinema alle serie TV. In questo senso la stessa esperienza delle narrazioni televisive ad alto budget − tipo Netflix, Amazon, Disney…− crea un nuovo modello flessibile e multidimensionale di scelta: la selezione dei racconti, la combinazione in varie diacronie delle diverse puntate e quindi di tutto lo sviluppo narrativo creano una sorta di abitudine mentale alla scomposizione e ricomposizione delle narrazioni, dei plot, dei personaggi. In questa circolarità dalla narrazione al pubblico, in Frankowski @Tomasz cui vengono assorbiti anche modelli antropologici e culturali degli stessi ambienti fisici, degli spazi di intrattenimento, si pone e si porrà sempre di più la questione delle tecnologie che sono e saranno,

46 come il tempo, sempre più oggetto narrato, ma che nel futuro, attraverso il passaggio nell’intelligenza artificiale, diventeranno trasformatori, elaboratori, sviluppatori delle forme multidimensionali delle narrazioni. Questo riguarda in particolare l’evoluzione della narrazione al nuovo paradigma di pubblico “intelligente” dove il sentiment del pubblico potrà influire sull’evoluzione del contenuto narrato. È il superamento progressivo della categoria del genere: leggero, drammatico, giallo, noir, storico, commedia ecc. che non sarà più una scelta a monte per una mozione strutturata e definita, una volta e per sempre, ma potrà trasformarsi ed evolversi nella circolarità del rapporto con il pubblico al suo variare emozionale. La narrazione nella sua circolarità risponderà a questa dinamica e di fatto il pubblico diventerà un coautore in tempo reale della narrazione stessa. Questa tendenza per cui testo e contesto si integrano diventerà per gli autori − tanto di sceneggiatura quanto di regia − un’occasione per lavorare sui temi dei testi e dei sottotesti perché la flessibilità e complessità del loro intrecciarsi creerà le condizioni ottimali per l’evoluzione costantemente espansiva ed intelligente delle varie narrazioni. E sempre di più i generi classici lasceranno la loro verticalità di significato per diventaremeta generi, cioè intrecci sempre più multidimensionali, in cui il genere classico sarà semplicemente un incipit di perimetro. L’evoluzione della scrittura, l’uso applicativo della regia attraverso tecnologie comandate da una intelligenza artificiale guideranno l’evolvere del rapporto tra il pubblico “intelligente” e la rappresentazione visiva. Quale campo o controcampo sceglierà l’intelligenza artificiale per sostenere il variare della narrazione? Quali riprese in soggettiva? Quali campi lunghi e medi? Quali primi piani, quali carrellate ecc.? Tutto l’insieme delle forme linguistiche non potrà che fondersi in una narrazione mai finita che ingloberà anche la figura dell’attore, il supporto della musica, il ruolo delle scenografie. Insomma, il passaggio da Kubrick a Nolan segna le precondizioni per cominciare a pensare alla forma cibernetica della narrazione cinematografica.

*Professore all’Università IULM di Milano - Scienze della Comunicazione per i corsi “Statistica e ricerche di mercato” e “Strategie degli eventi culturali” e del corso interfacoltà Ateneo per la città “L’industria creativa”.

«IL PUBBLICO NUOVO NON POTRÀ PIÙ ESSERE PASSIVO, MA DOVRÀ ESSERE INTELLIGENTE E SOFISTICATO QUANTO LA NARRAZIONE CUI SI ESPONE».

47 - Teatro -

Nella pagina accanto, l'artista e regista Liv Ferracchiati, che insieme alla sua compagnia The Baby Walk ha destato grande interesse sulla scena italiana con la Trilogia sull’identità. @Andrea Macchia @Andrea

48 OGNI VOLTA

CHE UNO LIV FERRACCHIATI

Fra i più notevoli giovani talenti registici contemporanei, Premio SPETTATORE Hystrio Scritture di Scena e Premio Scenario 2017, nel 2020 Liv Ferracchiati ha ricevuto una Menzione speciale alla Biennale di Venezia con un ringraziamento per aver «gettato nuova luce su ciò GUARDA UN che dobbiamo fare per vivere una vita significativa, come dobbiamo relazionarci con il mondo, come dobbiamo agire». CELLULARE di DORALICE PEZZOLA

lasse 1985, l’artista umbro ha già alle spalle una significativa carriera di sperimentazione dinamica fra le forme della scena, tutte legate da un'urgenza essenziale: un Cprincipio assoluto di presenza, una determinazione alla trasformazione, la lotta per uno stato di grazia sul UN REGISTA palcoscenico come nella vita.

Qual è il tuo primo ricordo legato al teatro? A 8 anni i miei mi portarono a vedere un adattamento da un romanzo di Dostoevskij. Dopo quella volta, trovando gli spettacoli che mi portavano a vedere noiosissimi, finsi di avere la febbre. Era quel tipo di teatro museale che MUORE spesso si pensa adatto agli abbonati, ma quando 49 Immagini tratte dagli spettacoli La tragedia è finita, Platonov e Trilogia sull'identità (Peter Pan guarda sotto le gonne, Stabat Mater e Un eschimese in Amazzonia).

ero abbonato io non mi piaceva. Il pubblico è un insieme di persone intelligenti. Poi vidi Ascanio Celestini in La pecora nera. Fu uno spartiacque: il modo in cui dal foyer saliva sul palco, il fatto che si sedesse e lo spettacolo iniziasse così, senza troppi orpelli, e che parlasse come fino a un minuto prima parlava con le persone in platea, mi fece pensare che esisteva un’altra possibilità di fare teatro.

Cosa è rimasto nel tuo teatro di queste prime impressioni? La ricerca del rapporto diretto con il pubblico: quando lo spettacolo riesce a innescarsi si stabilisce quasi una presa erotica sullo spettatore, non in senso sessuale ma nel senso che sfiora i sensi, sposta nel corpo, smuove fisicamente le persone. È facile accorgersi di quando non scatta, basta contare i telefoni in platea: ogni volta che uno spettatore guarda un cellulare un regista muore, un attore sviene, un produttore ha un malore. Ma quando c’è dialettica, succede qualcosa. Dovrebbe essere sempre così il teatro, altrimenti non è teatro.

Nei tuoi lavori non si punta il faro sul transgenderismo, è un elemento integrato nella drammaturgia. Un approccio avanti anni luce alla nostra società, magari uno scorcio di futuro possibile. Ho notato, ad esempio, che le nuove generazioni di attori e drammaturghi che partecipano ai miei laboratori sono più consapevoli. È un tema che ci coinvolge perché tutti costruiamo la nostra identità di genere – maschile o femminile o non binaria – aderendo, o rifiutando, un modello culturale. Il discorso del genere è complesso, anche se più vado avanti e più faccio fatica a capire cosa significhino maschile e femminile di preciso.

Stai scrivendo un romanzo sulla storia di un personaggio transgender, dal concepimento alla morte. Sì, con la Marsilio Editori. Inizialmente mi dicevo: si capirà che non è un’autobiografia? In fondo quanti autori cisgender scrivono di personaggi cisgender ma non si tratta di autobiografie? Che poi anche se si volesse scrivere una biografia vera e propria ci si riuscirebbe? Io e Greta Cappelletti a distanza di anni ancora litighiamo

sulle battute di Peter Pan guarda sotto le gonne; a volte @Luca Del Pia io dico: questo è un mio ricordo! E lei: ma no, è mio! Probabilmente alla fine è un ricordo costruito insieme, non è vero niente. La percezione modifica ciò che è accaduto realmente, la memoria con le sue lacune fa il resto, quindi, di fatto inventi. E se quello che scrivi è organico per te e per gli altri, a volte diventa più forte di ciò che è vero. Anche nella narrativa, per me è importante che la scrittura sia performativa.

Con la tua compagnia The Baby Walk hai portato in scena una Trilogia sull’identità. Sono tre spettacoli dai linguaggi completamente diversi. Il primo capitolo, appunto Peter Pan guarda sotto le gonne, è un lavoro a scavare: poche parole, linguaggio molto semplice e realistico. Si racconta di bambini. Sono andato

proprio al parco ad ascoltare i dialoghi dei ragazzini: Macchia @Andrea

50 scarni, semplici, spesso diretti. E c’è la danza: Peter Pan è interpretato da Alice Raffaelli, una danzatrice oltre che un’attrice, che ha una cognizione scenica assoluta - una

@Luca Del Pia potenza. Al contrario Stabat Mater è uno spettacolo di prosa, si usano tante parole, il protagonista parla tanto perché performa la propria identità attraverso la parola. È una storia con al centro un corpo femminile che si esprime al maschile e sul diventare adulti: il tema principale è l’incapacità di tagliare il cordone ombelicale con la madre, una simbiosi che molti creano con i propri genitori anche senza essere transgender.

In Un eschimese in Amazzonia, ti esponi tu stesso sul palco. È il terzo capitolo della Trilogia, quello più performativo. Io sono in scena insieme a un coro, ho un microfono con asta come nella stand-up comedy e improvviso praticamente tutto. Ci premeva raccontare la difficoltà di una persona transgender nella relazione con la società: dover spiegare ogni volta agli altri chi sei, scegliere di dire, o non dire, e cosa; non c’è un prontuario da seguire, quindi ti trovi a improvvisare, come avviene in questo spettacolo. Inizialmente non avevo nessun coraggio di espormi, ma poi ho capito che sul palco a parlare con il «QUANDO LO pubblico doveva esserci l’autore. E restare lì, nell’azione, SPETTACOLO in quella zona grigia in cui scatta qualcosa fra il teatro e RIESCE A la realtà, anche quando quello che sta accadendo non è INNESCARSI esteticamente canonico, anche se è sbilenco. La tragedia è finita, Platonov ha vinto una Menzione SI STABILISCE speciale alla Biennale Teatro 2020. QUASI UNA PRESA Platonov è uno dei rari testi che ho pensato di mettere in scena. Ho iniziato a studiare e raccogliere materiale EROTICA SULLO dal 2013. In scena c’è questo Lettore che legge e rilegge SPETTATORE». l’opera di Cˇechov e a un certo punto interagisce con i personaggi. Volevo indagare come un’opera d’arte influisca davvero nella vita di chi ne fruisce, come qualcosa di profondo ti agganci, ti sposti, crei in te una trasformazione interiore e come esci da quell’esperienza, se sei cambiato. Platonov ha avuto quest’effetto su di me, il mio obiettivo era provare a riprodurlo.

I tuoi autori di riferimento? Mi appassiona particolarmente la letteratura russa: Turgenev, Lermontov, Dostoevskij. Per quanto riguarda il cinema sono cresciuto con Woody Allen e Nanni Moretti, che ora sento più distanti ma hanno contribuito molto alla mia visione ironica della vita, poi Truffaut, Cassavetes, Kaurismäki. Con le serie ho un problema, non riesco a vedere neanche la prima puntata: sono

@Luca Del Pia schiacciato dalle aspettative che quelle 8, 9, 10 stagioni hanno su di me. Mi sono appassionato soltanto a Trotsky, anche se forse l’abbiamo vista solo io e la madre dell’attore che fa Trotsky.

A cosa ci serve il teatro nel 2021? A teatro, c’è un’energia tra chi fa lo spettacolo e chi lo riceve. Può sgretolarsi e cadere tra la prima fila e il palco, oppure invadere la platea, e poi tornare indietro e investire gli attori, che la riflettono a loro volta… questa dialettica tra attore e spettatore, che è il quid del teatro, secondo me nel 2021 dovrebbe servire a scuotere le persone e portarle a essere attive. Nel Platonov, Cˇechov si chiede: «perché non viviamo come avremmo potuto?». La potenza dionisiaca del teatro serve a questo: infondere vitalità, portare le persone a vivere come,

@Luca Del Pia invece, potrebbero.

51 - Spotlight -

Anna Foglietta, 42 anni, una carriera fra teatro, cinema e televisione, è stata da poco Franca Rampi nella miniserie Sky Alfredino - Una storia italiana di Marco Pontecorvo.

52 CAMMINA, FUNAMBOLICA, TRA LA GAVETTA A TEATRO E L’ESORDIO IN TELEVISIONE, FINO A QUEL FORTUNATO SALTO IN LUNGO DRITTA NEL CINEMA MAINSTREAM DEI GRANDI INCASSI. L’ATTRICE PIÙ INDIE DEL CINEMA

ANNA FOGLIETTA

di CHIARA DEL ZANNO foto DIRK VOGEL

nna Foglietta diventa un volto della commedia italiana, mia carriera è un po’ particolare: ho fatto una grande gavetta ma il che si traduce in popolarità e guadagno economico, ho avuto anche la fortuna di iniziare a lavorare nel mainstream eppure continua a scegliere puntualmente l’incognita super pop. Arrivando dal teatro ho esordito in TV con La squadra, del cinema indipendente e delle opere prime. che in realtà era un prodotto indipendente nel panorama televisivo A dell’epoca. Poi ho iniziato a lavorare con i grandi maestri della Oggi potresti rilassarti, comodissima, su progetti che incassano commedia, in primis Carlo Vanzina, e ho fatto il cult movie di senza troppe fatiche. Eppure a volte ho l’impressione che tu ti Massimiliano Bruno, Nessuno mi può giudicare. Insomma, sono stata senta più a tuo agio nel cinema indipendente: ci ho preso? lanciata nella grande commedia all’italiana diventandone uno dei Ci hai preso. Credo di sentirmi più libera. Se si va a snocciolare la volti, ma in parallelo sentivo che non era esattamente il ruolo per il

53 È arrivato nella mia vita nel 2014. È stata Manuela Ianniello, la moglie di Ciro D’Emilio, a segnalarmi a lui per Un giorno all’improvviso. Io davvero non so come abbia fatto ad intravedere in me quel personaggio mentre sul set di Tutta colpa di Freud interpretavo una trentenne rampante in piena commedia. Le devo molto per aver colto qualcosa ed essere stata così lungimirante. A detta sua potevo essere adatta a interpretare una madre affetta da narcisismo patologico che viene accudita dal figlio quindicenne. Ed è così che arrivo a leggere la sceneggiatura: è potente e dolorosissima, do la mia disponibilità e firmo la lettera d’intenti. Poi passano tre anni finché Ciro non mi richiama e cominciamo a lavorare.

E non passano tre anni qualsiasi: Noi e la Giulia, Perfetti sconosciuti, Il premio, uno dietro l’altro. Qualcuno, al tuo posto, forse ci avrebbe ripensato… Questa è una di quelle scelte che non fai minimamente per soldi. Mio marito mi diceva: «Ti vai a fare ’sto bagno di dolore, ma sei sicura? Con tre figli, pensaci, lavori tanto, sei stanca». Ma sapevo che era una di quelle cose importanti che dovevo fare nella vita, e col senno del poi devo riconoscermi un certo fiuto per queste storie. E poi è come andare in palestra: prima ti dedichi alle spalle, poi tapis roulant e poi un po’ di trazioni. Ogni linguaggio dell’attore va allenato come fosse un muscolo diverso. L’attore deve sempre essere molto tonico: nel flaccidume la recitazione non trova un terreno fertile.

Deve essere tosto, però, il passaggio continuo tra una grande quale avevo iniziato a fare questo mestiere. produzione e «un bagno di dolore». Non hai mai paura? Io ho molta paura. Sono una donna che risulta assolutamente Ti mancava qualcosa? risoluta e forte, ma facendo questo mestiere ovviamente non lo sono. Nel momento in cui ho avuto l’opportunità di essere lanciata da film Mi auto-convinco ma dentro tremo. Ogni volta che inizio che hanno incassato e mi hanno resa popolare, offrendomi anche un nuovo progetto, soprattutto questi film “da salto nel vuoto”, ho candidature e premi, ho potuto permettermi di ritagliarmi delle crisi di ansia, non dormo, ho mal di testa. Si instaura uno schema piccole oasi di sperimentazione. Parallelamente al filone più fisico di malessere che quasi è diventato un rito scaramantico: spero pop, ho provato anche a crescere senza abbandonare la motivazione che il mio corpo lo produca perché così mi preparo. In realtà è un che mi ha spinto a fare questo mestiere: la ricerca. travaglio: ho paura ma poi mi dico anche che si può sbagliare, non è detto che ogni volta la scelta sia giusta. Però mi ritrovo quasi sempre Ora immagino ti capiti di dover scegliere tra un film “pop” e a riguardare il progetto e dirmi che ho fatto bene. un’opera indipendente: come ti muovi di fronte a questi bivi? Sono una donna che si è formata in una condizione socio- Stiamo assistendo al ritorno di una vecchia maniera di lanciare gli economica molto umile, quindi per me l’aspetto contrattuale ha attori: giovani, con gavetta minima o nulla alle spalle, che iniziano una rilevanza minore. Negli ultimi dieci anni le mie scelte sono subito in serie A per poi studiare solo dopo. Il tuo invece è un state dettate solo dall’interesse, ma prima era diverso. Ricordo bene percorso di gavetta serrata e lunghe attese: come guardi a questo quando sono arrivati i veri guadagni. La mia prima pubblicità fu cambiamento? nel 2000. Fa davvero molto ridere, immagina: mi chiama Gabriele Il nostro mestiere, soprattutto quando ti lancia in una grande Muccino per uno spot delle Pagine Gialle. Mi danno 5 milioni di lire popolarità e sei molto giovane, ti rende impreparato. Questo è per due giorni di riprese, quando guadagnavo 30 mila lire a replica a l’unico vero rischio. Non vedo criticità nel diventare popolari, teatro, facendomi un mazzo incredibile… acquisire un ruolo e solo dopo approfondire il mestiere: il processo Ci si abitua mai a guadagnare bene? accademico, se non hai davvero un quid in più, può appiattirti e Forse crescendo. Credo sia parallelo a un discorso di dignità: le livellare il tuo vero estro. Questo è un lavoro che più lo fai e più scelte che fai devono ricevere anche una gratificazione economica lo impari (anche se una grande attrice un po’ âgée mi ha detto per iniziare davvero a goderti quello che hai costruito. Ci si abitua che invece col tempo si può anche diventare dei cani). Ma farei davvero? Io vengo da una famiglia modesta e il fatto che sono attenzione al sistema che ti osanna, soprattutto adesso con i social: diventata una persona che può permettersi degli agi l’ho vissuto quasi quando non hanno il riflettore puntato magari lo devono ricreare, come un tradimento. Il denaro però per me ha un’importanza, e quindi sono sempre accesi. Però stare sempre “on” nel nostro soprattutto rispetto ai miei figli: non mi piace che abbiano l’idea che mestiere non porta quasi mai alla felicità. sia tutto semplice, lo trovo volgare e raccapricciante. Di contro, se c’è da concedermi il lusso di un regalo, ora penso che me lo sono sudato Ma poi è così bella tutta questa storia dei riflettori? e quindi è giusto che io me lo conceda. No, è molto faticoso in realtà. Devi sempre stare in parte. Io cerco sempre di mantenere inalterata la mia spontaneità, ma è Un giorno all’improvviso di Ciro D’Emilio è stato un “cavallo inevitabile che io stia facendo una performance. Anche ora, durante indipendente” vincente: come è nato quell’incontro? quest’intervista.

«HO PROVATO A CRESCERE SENZA ABBANDONARE LA MOTIVAZIONE CHE MI HA SPINTO A FARE QUESTO MESTIERE: LA RICERCA».

54

- Zona Doc -

di SILVIO GRASSELLI

56 In questa immagine e alla pagina seguente Pierpaolo Filomeno, che insieme a Gabriele Borghi e Beppe Leonetti ha dato vita al podcast Montatori anonimi.

el febbraio di quest’anno ha preso il via un Abbiamo pensato di cogliere l’occasione per invitare nuovo podcast a tema cinematografico, un montatore ancora all’inizio della sua carriera come Montatori anonimi (montatorianonimi. Pierpaolo Filomeno (che oltre a lavorare insieme a it): uno spazio di racconto e riflessione, Cecilia Bozza Wolf, già ritratta in passato su queste Ndi analisi e di catarsi, di scoperta e di negazione dei pagine, ha tra l’altro partecipato al montaggio di Che cliché fatto da montatori. Lo hanno pensato e costruito fare quando il mondo è in fiamme? e Dio è donna e si Gabriele Borghi, Pierpaolo Filomeno e Beppe Leonetti chiama Petrunya) e una montatrice già esperta come insieme ad altri montatori - nei nove episodi della Aline Hervé (che ha lavorato tra gli altri accanto a prima stagione si sono alternati da Roberto Perpignani Pietro Marcello, Paolo Pisanelli, Giovanni Cioni, Irene a Esmeralda Calabria, solo per citare i più celebri - Dionisio) per un confronto su cosa significhi oggi per parlare di cinema fuori dalle solite inquadrature. montare cinema documentario e non solo.

57 Il montatore che lavora su un film a soggetto e quello documentario sono le persone: la prima regola è che ci che lavora su un documentario fanno un lavoro diverso? vuole rispetto. Nella fiction è etico proteggere un attore Aline Harvé: Nel film documentario devi trovare la storia se una cosa non gli è venuta bene; nel documentario lo dentro il materiale che diventa il nostro reale. Nel film di è proteggere le persone che si danno in modo aperto e finzione la realtà è molto più “stretta”, lo scarto che c’è tra libero, ma che spesso non si rendono conto di quello la sceneggiatura e le riprese crea una nuova realtà, una che potremmo fare con le loro vite. Quindi occorre nuova verità in cui poi entrano gli attori. difendere non solo il bene del film, ma prima ancora Piepaolo Filomeno: Secondo me sono due esperienze il bene di chi al film si è concesso completamente. diverse, ma possono essere come due vasi comunicanti. Scriviamo nella pietra, perciò dobbiamo stare molto attenti. È una regola che non conosco razionalmente, la C’è un po’ il luogo comune che il film sento emotivamente. documentario si faccia nella fase del PF: Da montatore, mi sento spesso garante montaggio, mentre il film a soggetto al di queste persone, specie di quelli che poi massimo si ri-formi quando si monta. passano come i cattivi. La mia visione del AH: Il montaggio è sempre l’atto di mondo è che non ci sono buoni e cattivi, far esprimere un regista. È vero che il è tutto più complesso; e questa visione io montaggio del documentario è il più involontariamente la propongo quando grande sforzo di ordinamento del pensiero tento di non mettere tutto il torto e tutta la del regista, però non prescinde da esso. Il ragione da una sola parte. Quest’ambiguità montaggio è un atto di scrittura molto forte è anche il mistero che ci attrae nelle nel documentario ma non appartiene al storie. Inutile confortare e gratificare lo montatore. Il montatore è quello che nelle spettatore nella sua posizione. Interessante reazioni chimiche si chiama “rivelatore”: è specchiarsi anche nei personaggi meno quell’elemento che innesca una reazione limpidi, come succedeva nella tragedia rendendo evidente quanto già compreso in greca, in fondo. La catarsi è anche questo. un composto, ma celato. PF: Nella costruzione della scena, immagino che nel C’è qualcosa che non vorreste mai fare? caso di una fiction ci sia una serie di scelte dipendenti da PF: C'è un rapporto di potere completamente sbilanciato un centro già dato, mentre nel caso del documentario la in favore di chi fa il film, non mi piace quando il film sfida sia creare una scena quasi dal nulla o di sintetizzare diventa un "film contro", quando il film diventa uno una scena da un magma che non presenta al suo interno strumento per farsi giustizia. Davanti a questo mi ritiro nuclei già identificati. in buon ordine. AH: Sono stata molto fortunata nella mia storia Quali sono i riferimenti in quanto alla dimensione professionale. Ho trovato sempre registi che si ponevano etica del vostro lavoro? molte domande e che avevano cose degne da dire. Credo AH: Nella fiction sono gli attori che donano se stessi, nel che mi annoierei a fare intrattenimento.

In alto a destra e a pagina accanto due ritratti di Aline Hervé; immagini di Che fare quando il mondo è in fiamme? e Dio è donna e si chiama Petrunya.

58 Vi chiederei di definire il vostro posto tra il regista e il materiale. PF: Siamo un diaframma che si allarga quando si deve allargare - per sostenere il regista nei momenti di incertezza, difficoltà, stasi -, e si restringe quando si deve restringere - quando l’onda del regista rimonta e sei tu che ti rimpicciolisci. Oppure si potrebbe usare l’immagine del prisma in relazione alla famosa visione del regista: cercare di vedere il materiale come lo vedrebbe lui. AH: Sono d’accordo, anche io se mi trovo da sola davanti al materiale, senza una chiave di lettura, senza qualcuno al quale interessa quella storia, sono persa. Non amo montare da sola, funziono meglio nel confronto. Sembra di svalutarsi, ma non è così: non è facile individuare il pensiero del regista e tirarlo fuori. Poi bisogna anche aiutare il regista a lavorare per il film. PF: A un certo punto si tratta il film come un essere vivente che ha i suoi bisogni e che come un neonato non può comunicarli. Allora lo sforzo diventa capire cosa vuole esattamente, qual è il suo bene. Quasi come un papà e una mamma che devono confrontarsi e capire qual è la cosa migliore per questo bebè che piange e strilla finché i suoi bisogni non sono soddisfatti. AH: Una bella immagine: il montatore come mamma. Un ruolo femminile di accoglienza, perché accoglie il regista, accoglie il film. Il regista è più maschile. Se il regista dà e il montatore accoglie - a prescindere dal reale sesso dei due -, si fa un bel bambino.

Mi piacerebbe sentire da voi se nel vostro lavoro - inevitabilmente centrato sul digitale - ci sia qualcosa ancora del tutto analogica. PF: C’è poco di analogico in quello che faccio. Un cartellone riempito di bigliettini colorati. Poi appunti scritti, ma alla fine anche gli appunti li prendo su fogli excel condivisi on line. Sono un nerd dell’excel. AH: In generale cerco di costruirmi un mondo extra- digitale. Quando monto un documentario chiedo alla produzione più trascrizioni possibili per potermi distaccare: avere accessi scritti mi aiuta molto. Poi scrivo, ho sempre un quaderno che riempio all’infinito, un cartellone con i bigliettini, come Pierpaolo, ma anche con le foto, che piano piano ricostruisce il film sulla parete per tirar fuori la testa dal computer. Mi serve molto parlare, chiacchierare coi registi, anche di altro, creare un rapporto di fiducia. Quando inizia un montaggio inizia un mondo che sul computer si concretizza ma che è fatto di tante altre cose.

Sembra quasi che voi siate meri esecutori, non è sempre facile comprendere quale spazio vi lasciate per il vostro apporto creativo. «IL FILM È DEL AH: Alla fine di un film mi trovo sempre a pensare di non aver dato nessun apporto creativo. Però non è REGISTA: MA È vero. Noi lavoriamo per far realizzare un altro e far in STATO ANCHE modo che un’altra persona si realizzi è arte. Questa è la nostra creatività. Essere creativi non vuol dire per IL MIO LAVORO forza realizzare qualcosa. Il film è del regista: ma è stato CHE GLI HA anche il mio lavoro che gli ha consentito di esprimersi. Qui sta forse la confusione. Si crede che la creatività stia CONSENTITO DI nel taglio, ma il taglio è irrilevante, è l’insieme del film ESPRIMERSI». che conta. In questo senso non riesco ad appropriarmi completamente dei film. PF: Per il bene del film, che è un bene comune, si fanno tante cose, compreso - qualche volta - prendersi cura anche della psiche del regista.

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LIBERI DI VIVERE E AMARE IL CINEMA

FREAKS OUT DIABOLIK LA BEFANA regia di GABRIELE MAINETTI regia dei MANETTI BROS. VIEN DI NOTTE 2 - con AURORA GIOVINAZZO, con , LE ORIGINI CLAUDIO SANTAMARIA, MIRIAM LEONE, regia di PAOLA RANDI PIETRO CASTELLITTO, VALERIO MASTANDREA, con MONICA BELLUCCI, GIANCARLO MARTINI, ALESSANDRO ROIA, ZOE MASSENTI, SERENA ROSSI, , ITALIA-BELGIO / Goon Films, Lucky Red CLAUDIA GERINI HERBERT BALLERINA, con Rai Cinema, in coproduzione ITALIA / Mompracem con Rai Cinema CORRADO GUZZANTI, con GapBusters FABIO DE LUIGI ITALIA / Lucky Red con Rai Cinema e in collaborazione con Sky

KILLERS OF THE AFTER 3 TRE PIANI FLOWER MOON regia di CASTILLE LANDON regia di NANNI MORETTI con MIRA SORVINO, con , regia di MARTIN SCORSESE HERO FIENNES TIFFIN, MARGHERITA BUY, con ROBERT DE NIRO, LEONARDO DICAPRIO JOSEPHINE LANGFORD ALBA ROHRWACHER, USA / Appian Way USA / CalMaple ADRIANO GIANNINI, ELENA LIETTI, NANNI MORETTI, DENISE TANTUCCI ITALIA-FRANCIA / Sacher Film e Fandango con Rai Cinema e Le Pacte

UNA FAMIGLIA QUI RIDO IO IL COLIBRÌ MOSTRUOSA regia di MARIO MARTONE regia di FRANCESCA ARCHIBUGI regia di VOLFANGO DE BIASI con TONI SERVILLO, con PIERFRANCESCO FAVINO, con MASSIMO GHINI, MARIA NAZIONALE, BÉRÉNICE BEJO, LUCIA OCONE, LILLO, CRISTIANA DELL’ANNA, NANNI MORETTI, ILARIA SPADA, ANTONIA TRUPPO, KASIA SMUTNIAK, CRISTIANO CACCAMO, EDUARDO SCARPETTA, LAURA MORANTE EMANUELA REI, ROBERTO DE FRANCESCO, ITALIA - FRANCIA / Fandango PAOLO CALABRESI LINO MUSELLA, PAOLO PIEROBON, con Rai Cinema in coproduzione ITALIA / Italian International Film GIANFELICE IMPARATO, IAIA FORTE con Les Films des Tournelles non contrattuali Crediti con Rai Cinema ITALIA - SPAGNA / Indigo Film con Rai Cinema in coproduzione con Tornasol Media

SPENCER C’ERA UNA VOLTA IL SESSO regia di PABLO LARRAÍN IL CRIMINE DEGLI ANGELI con KRISTEN STEWART, regia di MASSIMILIANO BRUNO regia di LEONARDO PIERACCIONI SALLY HAWKINS con , con SABRINA FERILLI, UK-GERMANIA-CILE / Fabula, GIAN MARCO TOGNAZZI, MARCELLO FONTE, Komplizen Films, Shoebox Films GIAMPAOLO MORELLI, LEONARDO PIERACCIONI, CAROLINA CRESCENTINI, GABRIELA GIOVANARDI, MASSIMILIANO BRUNO, MASSIMO CECCHERINI GIULIA BEVILACQUA, ITALIA / Levante con Rai Cinema ILENIA PASTORELLI, EDOARDO LEO ITALIA / Italian International Film con Rai Cinema PER TUTTA LA VITA IL MATERIALE MARILYN HA GLI OCCHI NERI regia di PAOLO COSTELLA EMOTIVO regia di SIMONE GODANO con AMBRA ANGIOLINI, regia di SERGIO CASTELLITTO LUCA BIZZARRI, con SERGIO CASTELLITTO, con STEFANO ACCORSI, CAROLINA CRESCENTINI, BÉRÉNICE BEJO, MIRIAM LEONE, CLAUDIA GERINI, MATILDA DE ANGELIS THOMAS TRABACCHI, PAOLO KESSISOGLU, ITALIA-FRANCIA / Rodeo Drive MARIO PIRRELLO, con Rai Cinema, Mon Voisin Productions ANDREA DI CASA, FILIPPO NIGRO, e Tikkun Productions CLAUDIA PANDOLFI, ORIETTA NOTARI, FABIO VOLO VALENTINA OTERI, ITALIA / Lotus Production, una società ARIELLA REGGIO, Leone Film Group, con Rai Cinema ITALIA / Groenlandia con Rai Cinema

MONDOCANE IL BAMBINO L’ombra di regia di ALESSANDRO CELLI NASCOSTO caravaggio con DENNIS PROTOPAPA, regia di ROBERTO ANDÒ regia di MICHELE PLACIDO GIULIANO SOPRANO, con SILVIO ORLANDO, con RICCARDO SCAMARCIO, ALESSANDRO BORGHI, GIUSEPPE PIROZZI LOUIS GARREL, BARBARA RONCHI, ITALIA / Bibi Film con Rai Cinema ISABELLE HUPPERT, LUDOVICA NASTI, MICAELA RAMAZZOTTI, FEDERICA TORCHETTI, TEDUA, VINICIO MARCHIONI, JOSAFAT VAGNI, MICHELE PLACIDO FRANCESCO SIMON ITALIA-FRANCIA / Goldenart Production con Rai Cinema in coproduzione ITALIA / Groenlandia e con Le Pacte e Mact Productions Minerva Pictures con Rai Cinema

355 IL LUPO E IL LEONE regia di SIMON KINBERG regia di GILLES DE MAISTRE con PENÉLOPE CRUZ, con GRAHAM GREENE, JESSICA CHASTAIN, MOLLY KUNZ, LUPITA NYONG’O, MYLÈNE DINH-ROBIC, DIANE KRUGER CHARLIE CARRIK USA / Freckle Films FRANCIA / Galatée Films