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COMUNE DI AMARONI (Provincia di )

Verifica di Assoggettabilità a (V.I.A.) (art. 19 del DLgs 152/2006 e smi) Progettazione Arch. Rocco CRISTOFARO Progetto in Variante Sostanziale ad un Impianto di Gestione Rifiuti non Pericolosi

Elaborato: S.P.A. - Studio Preliminare Ambientale -

8ELFD]LRQH/RFDOLWj$UJDGL Direzione dei lavori Arch. Rocco CRISTOFARO Tavola Scala Data R02 Giugno 2019

ARCHITECTURE WORKSHOP Via Senatore Todaro, 90 - 88020 - (CZ) WWW.CSASSOCIATI.EU @ [email protected] ASSOCIATI Tel. +0390968.76919 ARCHITETTURE & INGEGNERIE P.IVA 02636640795 Sommario 1 Premessa ...... 4 2 Descrizione qualitativa e dimensioni dell’attività ...... 5 2.1 Stato attuale ...... 5 2.2 Stato di progetto ...... 7 3 Precedenti pareri ed autorizzazioni ...... 11 4 Conformità normativa di riferimento ...... 12 5 Analisi degli strumenti di pianificazione vigenti che disciplinano l’area d’intervento ...... 14 5.1 Quadro Territoriale Regionale Paesaggistico della Regione ...... 14 5.2 D.Lgs. 42/2004 – Il Codice dei beni culturali e del paesaggio ...... 20 5.3 Piano di Assetto Idrogeologico – PAI ...... 21 5.3.1 Rischio Frana...... 21 5.3.2 Rischio Idraulico ...... 22 5.3.3 Vincolo Idrogeologico ...... 23 5.3.4 Considerazioni geologiche e geomorfologiche ...... 24 5.3.5 Uso del Suolo ...... 25 5.3.6 Considerazioni conclusive ...... 26 5.4 Valutazione delle azioni sismiche ...... 26 5.5 Tutele biogeografiche ‐ Rete Natura 2000‐SIC‐ZSC‐ZPS ...... 28 5.6 Tutela delle acque ...... 29 5.7 Tutela della qualità acustica ...... 33 5.8 Strumento urbanistico comunale ...... 36 6 Pianificazione di settore inerente le problematiche ambientali ...... 37 6.1 Il Piano di Gestione dei Rifiuti ...... 39 6.2 Le Linee Guida per la rimodulazione del Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti ...... 44 6.3 Il Piano Provinciale della Gestione dei Rifiuti ...... 44 6.4 Considerazioni conclusive ...... 45 7 Caratteristiche dell’insieme “progetto–realizzazione–esercizio‐dismissione” ...... 46 7.1 Ubicazione dell’impianto, accessibilità e distanza dalle infrastrutture ...... 46 7.2 Dal progetto all’esercizio ...... 47 7.3 Le opere accessorie ...... 48 7.4 La qualità del ciclo di gestione e recupero ...... 49 7.5 Il piano di ripristino ambientale ...... 50 8 Caratteristiche delle modalità di gestione ...... 51 1

8.1 Classificazione e vita utile dell’impianto ...... 51 8.2 Tipologia e gestione dei rifiuti ammessi al recupero...... 51 9 Fonti di emissione dell’impianto ...... 54 9.1 Analisi delle emissioni in atmosfera ...... 54 9.1.1 Il Biogas ...... 54 9.1.2 I fumi di scarico ...... 55 9.2 Analisi delle emissioni nelle acque superficiali ...... 56 9.3 Analisi delle emissioni nel suolo e nel sottosuolo ...... 57 9.3.1 Il percolato ...... 58 9.4 Analisi delle emissioni sonore ...... 58 10 Descrizione della tecnica prescelta, con riferimento alle migliori disponibili ed economicamente sostenibili, finalizzata alla prevenzione dell’impatto ambientale ...... 67 10.1 BAT – Best Available Technologies ...... 67 10.1.1 Il sistema di regimazione e convogliamento delle acque superficiali ...... 67 10.1.2 Realizzazione del fondo ...... 71 10.2 Tecniche adottate per la prevenzione degli impatti e la riduzione di utilizzo di risorse naturali ... 72 10.2.1 Tecniche per migliorare il riconoscimento dei rifiuti in ingresso ...... 72 10.2.2 Tecniche di gestione ...... 73 10.2.3 Gestione dell’energia elettrica e del carburante ...... 73 10.2.4 Gestione dell’acqua ...... 74 10.2.5 Tecniche per la riduzione delle emissioni di rumore ...... 74 10.2.6 Tecniche per prevenire gli incidenti e le loro conseguenze ...... 74 10.2.7 Tecniche per la chiusura dell’impianto ...... 74 11 Descrizione delle principali alternative esaminate ...... 76 11.1 “Alternativa zero” ...... 76 11.2 Descrizione delle alternative possibili ...... 76 11.2.1 Le alternative progettuali ...... 76 11.2.2 Alternative localizzative ...... 77 11.3 Motivazioni della scelta progettuale ...... 77 12 Analisi dei potenziali impatti del progetto proposto sulle componenti ambientali ...... 79 12.1 La popolazione ...... 79 12.2 La flora e la fauna ...... 79 12.2.1 Gli aspetti vegetazionali ...... 79 12.2.2 Aspetti faunistici ...... 80 12.3 Il suolo ...... 83

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12.3.1 Inquadramento geomorfologico dell’area...... 83 12.3.2 Inquadramento geolitologico dell’area ...... 84 12.4 L’acqua ...... 85 12.4.1 Idrologia superficiale ...... 85 12.4.2 Idrologia sotterranea ...... 85 12.5 L’aria ...... 86 12.6 Fattori climatici ...... 87 12.7 Il paesaggio ...... 88 12.8 Osservazioni conclusive ...... 90 13 Misure previste per evitare, ridurre o compensare gli eventuali impatti sull’ambiente ...... 92 13.1 L’aria ...... 92 13.1.1 Emissioni di gas di scarico ...... 92 13.1.2 Emissione di polveri ...... 92 13.1.3 Esalazione di cattivi odori ...... 92 13.2 L’acqua ...... 93 13.3 Il suolo ...... 93 13.4 Il clima acustico e le vibrazioni ...... 93 13.5 Il paesaggio ...... 93 13.6 Il traffico veicolare indotto ...... 93 14 Misure previste per il monitoraggio ...... 95 14.1 Attendibilità del Piano di Monitoraggio ...... 95 14.2 Affidabilità degli impianti ...... 96 14.3 Interventi in caso di imprevisti ed accorgimenti per ridurre i rischi ambientali ...... 96 14.3.1 Sicurezza fisica delle persone ...... 97 14.3.2 Allagamenti ...... 97 14.3.3 Incendi ...... 97 15 Misure di compensazione ...... 99 16 Conclusioni ...... 99

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1 Premessa

Il presente Studio Preliminare Ambientale, redatto ai sensi dell’art. 20 del D.Lgs 152/2006 così come modificato dal D.Lgs 4/2008 sulla base delle indicazioni di cui all’allegato V dello stesso, fa parte della documentazione progettuale relativa alla richiesta di ampliamento della capacità di trattamento dell’impianto di gestione rifiuti non pericolosi sito in località Argadi nel Comune di Amaroni (CZ), regolarmente autorizzato in Conferenza dei Servizi (con sedute del 16/05/2018 e del 31.05.2018) con Decreto del Dirigente della U.O.T. "Funzioni Territoriali" del Dipartimento "Ambiente e Territorio" della Regione Calabria N°. 13783 del 26/11/2018.

L’impianto in oggetto ricade fra gli “Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità complessiva superiore a 10t/giorno, mediante operazioni di cui all'allegato C, lettere da R1 a R9” così come definite alla lettera z.b) del punto 7 dell’Allegato IV del D.Lgs.152/2006 ‐ Progetti sottoposti alla Verifica di assoggettabilità di competenza delle Regioni.

Il quantitativo crescente degli scarti di lavorazioni edili e non ha indotto l’esigenza d’implementazione del processo di raccolta e trattamento con conseguente utilizzo dell’intera area per il trattamento. Pertanto le previsioni progettuali hanno mirato ad uno sfruttamento più razionale della superficie totale d’impianto autorizzata. L’incremento della quantità di materiale da trattare nel processo di gestione, continuerà ad effettuarsi sempre secondo le modalità R5 ed R13 riportate nell’allegato C alla parte IV del D.Lgs.152/06.

All’impianto continueranno ad accedere solamente rifiuti classificabili come non pericolosi sulla base di quanto disposto dal vigente catalogo CER dei rifiuti.

Lo studio è stato redatto, per i contenuti e l’articolazione, in conformità a quanto richiesto dalla vigente normativa nazionale e regionale allo scopo di verificare la compatibilità ambientale delle modifiche proposte.

In particolare sono stati seguiti i seguenti criteri:

 valutazione della congruenza e compatibilità dell’opera con le indicazioni degli strumenti di pianificazione e programmazione ad essa applicabili;  individuazione e descrizione del contesto territoriale in cui si inserisce l’impianto, con descrizione dettagliata del progetto;  analisi dell’impatto ambientale generato dalle interferenze individuate e valutazione conclusiva sulla compatibilità ambientale con l’implementazione richiesta; intendendo descrivere la situazione ambientale dell’area interessata in fase di realizzazione, esercizio e futura dismissione, con riferimento alle prevedibili eventuali alterazioni da essa prodotte.

Vengono inoltre indicati i criteri e le misure destinati a minimizzare gli effetti di eventuali alterazioni ambientali connesse con le fasi di realizzazione e di esercizio, con la finalità di assicurare, per ogni fase di attività dell’impianto, il rispetto e la salvaguardia dell’ambiente locale e delle sue risorse.

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2 Descrizione qualitativa e dimensioni dell’attività

2.1 Stato attuale

In ottemperanza al Decreto del Dirigente della U.O.T. "Funzioni Territoriali" del Dipartimento "Ambiente e Territorio" della Regione Calabria N°. 13783 del 26/11/2018, l’impianto, nella sua attuale configurazione, ha una superficie totale autorizzata di 4200 m2 all’interno della quale è stata ricavata un’area di trattamento di soli 985 m2, (Comprensiva dell’area di conferimento, dell’area di stoccaggio e dell’area di messa in riserva dei rifiuti).

L’attività è caratterizzata sostanzialmente dal trattamento di rifiuti non pericolosi derivanti, da attività edilizie di costruzione o demolizione, ed annoverati nelle sezioni: 01 – 02 – 03 – 10 ‐ 17 e 19 dei codici CER di cui all’Allegato D alla parte IV del D.Lgs.152/2006 , secondo le disposizioni contenute nella decisione 2014/955/UE e nel regolamento (UE) n.1357/2014 della Commissione, del 18 dicembre 2014, nonché' nel regolamento (UE) 2017/997 del Consiglio, dell'8 giugno 2017, con i seguenti codici:

01 ‐ RIFIUTI DERIVANTI DA PROSPEZIONE, ESTRAZIONE DA MINIERA O CAVA, NONCHE' DAL TRATTAMENTO FISICO O CHIMICO DI MINERALI 0104 ‐ RIFIUTI PRODOTTI DA TRATTAEMNTI CHIMICI E FISICI DI MINERALI NON METALLIFERI Cod. CER Descrizione Peso specifico [kg/m3] 010408 Scarti di ghiaia e pietrisco, diversi da quelli di cui alla voce 010407 2000 010409 Scarti di sabbia e argilla 2000 02 ‐ RIFIUTI PRODOTTI DA AGRICOLTURA, ORTICOLTURA, ACQUACOLTURA, SELVICOLTURA, CACCIA E PESCA TRATTAMENTO E PREPARAZIONE ALIMENTI 0201 ‐ RIFIUTI PRODOTTI DA AGRICOLTURA , ORTICOLTURA, ACQUACOLTURA, SELVICOLTURA, CACCIA E PESCA 020101 Fanghi da operazioni di lavaggio e pulizia 1600 0203 – RIFIUTI DELLA PREPARAZIONE E DEL TRATTAMENTO DI FRUTTA, VEDURA, CEREALI, OLI ALIMENTAR, …. 020304 Scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione 1500 0205 – RIFIUTI DELL’INDUSTRIA LATTIERO‐CASEARIA 020501 Scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione 1100 03 ‐ RIFIUTI DELLA LAVORAZIONE DEL LEGNO E DELLA PRODUZIONE DI PANNELLI, MOBILI, POLPA, CARTA E CARTONE 0303 ‐ RIFIUTI DELLA PRODUZIONE E DELLA LAVORAZIONE DI POLPA , CARTA E CARTONE 030308 Scarti della selezione di carta e cartone destinati ad essere riciclati 800 10 ‐ RIFIUTI PRODOTTI DA PROCESSI TERMICI 1012 ‐ RIFIUTI DELLA FABBRICAZIONE DI PRODOTTI DI CERAMICA, MATTONI, MATTONELLE E MATERIALI DA COSTRUZIONE 101206 Stampi di scarto 900 101208 Scarti di ceramica, mattoni, mattonelle e materiali da 1200 costruzione ( sottoposti a trattamento termico ) 1013 ‐ RIFIUTI DELLA FABBRICAZIONE DI CEMENTO, CALCE E GESSO E MANUFATTI DI TALI MATERIALI 101307 Fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi 17 ‐ RIFIUTI DELLE OPERAZIONI DI COSTRUZIONE E DEMOLIZIONE ( compreso il terreno proveniente da siti contaminati) 1701 ‐ cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche 170101 Cemento 2300 170102 Mattoni 1700 170103 Mattonelle e ceramiche 1000 170107 Miscugli o scorie di cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche 2000

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1702 ‐ legno, vetro e plastica 170201 Legno 700 170202 Vetro 2500 170203 Plastica 1500

1703 ‐ miscele bituminose, catrame di carbone e prodotti contenenti catrame 170302 Miscele bituminose 1500 1704 ‐ metalli (incluse le loro leghe) 170401 rame, bronzo, ottone 8900 170402 Alluminio 2500 170405 ferro e acciaio 8000 170407 metalli misti 7000 170411 Cavi 5000 1705 – terra, rocce e fanghi di dragaggio 170504 terra e rocce 2000 170506 fanghi di dragaggio 2300 170508 pietrisco per massicciate ferroviarie 2000

1706 ‐ materiali isolanti 170604 materiali isolanti 900 1708 ‐ materiali da costruzione a base di gesso 170802 materiali da costruzione a base di gesso 2300

1709 ‐ altri rifiuti dell'attività di costruzione e demolizione 170904 rifiuti misti dell'attività di costruzione e demolizione 2000

19 ‐ RIFIUTI PRODOTTI DA IMPIANTI DI TRATTAMENTO DEI RIFIUTI 1908 – Rifiuti prodotti dagli impianti per il trattamento delle acque reflue 190805 Fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue 1913 – Rifiuti prodotti dalle operazioni di bonifica di terreni e risanamento delle acque di falda 191302 Rifiuti solidi prodotti dalle operazioni di bonifica dei terreni diversi da quelli di cui alla voce 191301

Relativamente alla gestione di queste tipologie di rifiuto, le operazioni di recupero (D.Lgs. 152/06, all.to C) sono quelle individuate dai codici:

 R5: riciclo/recupero di altre sostanze inorganiche;  R13: messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R12 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti).

Anche la progettazione originaria aveva sottostimato le potenzialità di un impianto di questo genere , per cui l’autorizzazione regionale di cui al Decreto N° 13783 del 26/11/2018 è stata emessa tenendo conto dei seguenti parametri:

quantità massima giornaliera – operazione R5 9,50 Mg quantità massima annua – operazione R5‐R13 2.850 Mg/a

Con una superficie totale d’impianto autorizzata pari a 4200m2 ed un’area di trattamento pari a 985 m2 , (Comprensiva dell’area di conferimento, dell’area di stoccaggio e dell’area di messa in riserva dei rifiuti), così suddivisa:

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 Area totale dell'impianto 4.200 mq.;  Superficie pavimentata pavimentazione industriale 1200mq.;  Superficie coperta struttura prefabbricata (Zona Uffici) 55 mq.;  Superficie coperta occupata dai container per il contenimento dei materiali cerniti 24x8 mq.;  Superficie scoperta Area di conferimento 205 mq.;  Superficie scoperta Area di stoccaggio materia prima e materiali già caratterizzati 380 mq.;  Superficie scoperta Area per messa in riserva dei rifiuti 400mq.;  Recinzione metallica lungo il perimetro e cancello di ingresso;  Box prefabbricato per uffici.

2.2 Stato di progetto

Dall’esame dei dati relativi alla gestione dell’impianto, e dall’analisi delle modalità operative all’interno dello stesso, è stato stimato che l’estensione dell’intera area di trattamento a tutta la superficie d’impianto autorizzata, consenta il trattamento di un quantitativo di materiale valutato come segue:

Potenzialità oraria di trattamento 2,60 m3 7,80t Potenzialità giornaliera di trattamento 20,80 m3 62,40t Potenzialità annua di trattamento 6240,00 m3 18720,00t in considerazione di una giornata lavorativa di 8 ore ed un anno di 300 giorni lavorativi.

Quanto stimato nasce dall’aver progettato un layout d’impianto con le seguenti caratteristiche:

Capacità massima deposito rifiuti in ingresso Natura del materiale m3 m2 t Ghiaia , pietrisco, sabbia e argilla 150 70 300 Fanghi e scarti inutilizzabili 300 150 420 Carta e cartone 100 100 80 Metallici, assimilabili RU, a basso rischio ambientale 200 150 1000 Inerti 2100 700 4200 Totale 2850 1170 6000

Capacità sistemi di contenimento impianti Natura del materiale m3 m2 t Metallici, assimilabili RU, a basso rischio ambientale 250 100 1250 Totale 250 100 1250

Deposito derivati dal trattamento Natura del materiale m3 m2 t Inerti 1400 470 2800 Totale 1400 470 2800

Questi maggiori quantitativi di materiale derivano, per come premesso, dall’insorta esigenza d’incrementare il ciclo di lavorazione, con l’inserimento di n. 3 nuove categorie e di n. 9 nuovi codici CER rispetto a quelli attualmente autorizzati al trattamento, e riportati nelle sezioni 01 – 02 – 03 – 07 ‐ 10 – 16 ‐ 17 19 e 20 dei codici CER di cui all’Allegato D alla parte IV del D.Lgs.152/2006. Di seguito un prospetto con i materiali già autorizzati con precedente Decreto del Dirigente della U.O.T. "Funzioni Territoriali" del Dipartimento

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"Ambiente e Territorio" della Regione Calabria N°. 13783 del 26/11/2018 (non pericolosi) ed i nuovi inserimenti:

01 - RIFIUTI DERIVANTI DA PROSPEZIONE, ESTRAZIONE DA MINIERA O CAVA, NONCHE' DAL TRATTAMENTO FISICO O CHIMICO DI MINERALI Cod. CER Descrizione rifiuto Tipo di operazione assentita 0104 ‐ rifiuti prodotti da trattamenti chimici e fisici di minerali non metalliferi 01 04 08 Scarti di ghiaia e pietrisco, diversi da quelli di cui alla voce 010407 R5 – R13 1 01 04 09 Scarti di sabbia e argilla R5 – R13 2 01 04 13 Rifiu. prod. dalla lavor. della pietra, div. da quelli di cui alla voce 01 04 07 R5 ‐ R13 3

02 - RIFIUTI PRODOTTI DA AGRICOLTURA, ORTICOLTURA, ACQUACOLTURA, SELVICOLTURA, CACCIA E PESCA TRATTAMENTO E PREPARAZIONE ALIMENTI Cod. CER Descrizione Tipo di operazione assentita 0201 ‐ rifiuti prodotti da agricoltura, orticoltura, acquacoltura, selvicoltura, caccia e pesca 02 01 01 Fanghi da operazioni di lavaggio e pulizia R5 – R13 4 0203 – rifiuti della prepar. e del trattamento. di frutta, verdura, cereali, oli alimentari, cacao, caffè, tè e tabacco 02 03 04 Scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione R5 – R13 5 0205 – rifiuti dell’industria lattiero‐casearia 02 05 01 Scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione R5 ‐ R13 6 03 - RIFIUTI DELLA LAVORAZIONE DEL LEGNO E DELLA PRODUZIONE DI PANNELLI, MOBILI, POLPA, CARTA E CARTONE Cod. CER Descrizione Tipo di operazione assentita 0303 ‐ rifiuti della produzione e della lavorazione di polpa, carta e cartone 03 03 08 Scarti della selezione di carta e cartone destinati ad essere riciclati R13 7 07 ‐ RIFIUTI DEI PROCESSI CHIMICI ORGANICI Cod. CER Descrizione rifiuto Tipo di operazione assentita 0706 ‐ rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di grassi, lubrificanti, saponi, detergenti, disinfettanti e cosmetici 07 06 12 Fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli R5‐R13 8 di cui alla voce 07 06 11 10 - RIFIUTI PRODOTTI DA PROCESSI TERMICI Cod. CER Descrizione Tipo di operazione assentita 1012 ‐ rifiuti della fabbricazione di prodotti di ceramica, mattoni, mattonelle e materiali da costruzione 10 12 06 Stampi di scarto R5 – R13 9 10 12 08 Scarti di ceramica, mattoni, mattonelle e materiali da costruzione R5 – R13 10 (sottoposti a trattamento termico ) 1013 ‐ rifiuti della fabbricazione di cemento, calce e gesso e manufatti di tali materiali 10 13 07 Fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi R13 11 16 ‐ RIFIUTI NON SPECIFICATI ALTRIMENTI NELL'ELENCO Cod. CER Descrizione rifiuto Tipo di operazione assentita 1601 ‐ veicoli fuori uso appartenenti a diversi modi di trasporto (comprese le macchine mobili non stradali) e rifiuti prodotti dallo smantellamento di veicoli fuori uso e dalla manutenzione di veicoli (tranne 13, 14, 16 06 e 16 08) 16 01 03 Pneumatici fuori uso R13 12 16 01 07 Filtri dell'olio R 13 13 17 - RIFIUTI DELLE OPERAZIONI DI COSTRUZIONE E DEMOLIZIONE (compreso il terreno proveniente da siti contaminati) Cod. CER Descrizione Tipo di operazione assentita 1701 ‐ cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche 17 01 01 Cemento R5 – R13 14 17 01 02 Mattoni R5 – R13 15 17 01 03 Mattonelle e ceramiche R5 – R13 16 17 01 07 Miscugli o scorie di cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche R5 – R13 17 8

1702 ‐ legno, vetro e plastica12 17 02 01 Legno R5 ‐ R13 18 17 02 02 Vetro R5 – R13 19 17 02 03 Plastica R13 20 1703 ‐ miscele bituminose, catrame di carbone e prodotti contenenti catrame 17 03 02 Miscele bituminose R5 – R13 21 1704 ‐ metalli (incluse le loro leghe) 17 04 01 Rame, bronzo, ottone R13 22 17 04 02 Alluminio R13 23 17 04 05 Ferro e acciaio R13 24 17 04 07 Metalli misti R13 25 17 04 11 Cavi R13 26 1705 – terra, rocce e fanghi di dragaggio 17 05 04 Terra e rocce R5 – R13 27 17 05 06 Fanghi di dragaggio R5 – R13 28 17 05 08 Pietrisco per massicciate ferroviarie R5 – R13 29 1706 ‐ materiali isolanti 17 06 04 Materiali isolanti R13 30 1708 ‐ materiali da costruzione a base di gesso 17 08 02 Materiali da costruzione a base di gesso R5 – R13 31 1709 ‐ altri rifiuti dell'attività di costruzione e demolizione 17 09 04 Rifiuti misti dell'attività di costruzione e demolizione R5 – R13 32 19 ‐ RIFIUTI PRODOTTI DA IMPIANTI DI TRATTAMENTO DEI RIFIUTI Cod. CER Descrizione Tipo di operazione assentita 1908 – rifiuti prodotti dagli impianti per il trattamento delle acque reflue 19 08 01 Vaglio R5 – R13 33 19 08 02 Rifiuti dell'eliminazione della sabbia R5 – R13 34 19 08 05 Fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue R5 ‐ R13 35 1913 – rifiuti prodotti dalle operazioni di bonifica di terreni e risanamento delle acque di falda 19 13 02 Rifiuti solidi prodotti dalle operazioni di bonifica dei terreni R5 ‐ R13 36 diversi da quelli di cui alla voce 191301 20 ‐ RIFIUTI URBANI (RIFIUTI DOMESTICI E ASSIMILABILI PRODOTTI DA ATTIVITÀ COMMERCIALI E INDUSTRIALI NONCHÉ DALLE ISTITUZIONI) INCLUSI I RIFIUTI DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA 20 02 01 Rifiuti biodegradabili R5 – R13 37 20 03 01 Rifiuti urbani non differenziati (verde urbano) R5 – R13 38 20 03 03 Residui della pulizia stradale R5 – R13 39

Per complessive 39 voci di cui 30 già presenti all’interno dell’autorizzazione in essere e 9 nuove voci.

In blu le richieste di variazione rispetto all’autorizzazione di cui al Decreto del Dirigente della U.O.T. "Funzioni Territoriali" del Dipartimento "Ambiente e Territorio" della Regione Calabria N°. 13783 del 26/11/2018. La presente progettazione manterrà la superficie d’impianto di 4200m2, impegnandola interamente con l’area di trattamento, e riguarda una variante sostanziale relativa all’inserimento di nuovi codici CER in ingresso con aumento dei quantitativi di recupero e l’inserimento dell’operazione di recupero R5 in alcune voci.

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All’interno dell’impianto sono state individuate:

 l’area amministrazione: costituita da una struttura al cui interno trovano posto due uffici, di cui uno per la gestione di quanto afferente carico e scarico merci, ed i servizi igienici;  il piazzale: destinato ad area di manovra, messa in riserva rifiuti in ingresso E deposito temporaneo ;  altra area destinata al deposito e alle operazioni di movimentazione dei rifiuti in uscita. Il settore della messa in riserva sarà organizzato in aree distinte per ciascuna tipologia di rifiuto opportunamente separate.

Per quanto ottiene i servizi igienici e gli spogliatoi degli addetti, il sistema di pesatura in entrata, il parcheggio auto dei dipendenti ed il deposito degli attrezzi manuali, saranno utilizzati gli ambienti e le attrezzature presenti nell'area aziendale come da progetto già assentito con Decreto 13783/2018.

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3 Precedenti pareri ed autorizzazioni

Per come accennato in premessa, l’impianto per la gestione dei rifiuti in argomento è stato autorizzato in sede di Conferenza dei Servizi (con sedute del 16/05/2018 e del 31.05.2018) con Decreto del Dirigente della U.O.T. "Funzioni Territoriali" del Dipartimento "Ambiente e Territorio" della Regione Calabria N°. 13783 del 26/11/2018.

Nel corso delle due sedute di detta Conferenza, indetta dal Responsabile del procedimento con nota prot. SIAR n. 117888 del 03.04.2018, sono stati acquisiti i seguenti pareri:

 Parere favorevole prot. n. 1076 del 15/05/2018 rilasciato dal Comune di Amaroni, seduta di conferenza del 16/05/2018;  Parere favorevole prot. n. 3453 del 15/05/2018 dell'A.S.P. Dipartimento di Catanzaro Servizio di Prevenzione, Igiene e Sicurezza Ambienti di Lavoro, seduta di conferenza, del 16/05/2018;  Parere favorevole con prescrizioni rilasciato da ARPACal Catanzaro, seduta di conferenza del 16/05/2018;  Parere favorevole con indicazioni prot. n. 18480 del 30/05/2018 rilasciato dalla Provincia di Catanzaro Settore Ambiente Servizio Autorizzazioni, seduta di conferenza del 31/05/2018;  Parere favorevole prot. n. 793 del 31/05/2018 dell'A.S.P. Dipartimento di Catanzaro "" Servizio di Igiene e Sanità Pubblica, seduta di conferenza del 31/05/2018;

Inoltre in data 12.09.2018 con nota prot. n. 304817, la Regione Calabria ‐ Dipartimento Infrastrutture Lavori Pubblici ‐Settore Gestione Demanio Idrico, rilasciava Nulla Osta Idraulico per lo scarico delle acque depurate nel Torrente Alessi

Il Decreto N°. 13783 del 26/11/2018, indica fra l’altro nell’allegato B ‐ QUANTITATIVI, OPERAZIONI DI RECUPERO E CODICI DEI RIFIUTI, le quantità massime di rifiuti sottoposti alle operazioni di recupero R5 ed R13, ovvero:

quantità massima giornaliera – R5 – R13 9,5t quantità massima annua – R5 – R13 2850t quantità massima stoccabile – R13 700t

Proprio per l’insorta esigenza di poter trattare quantitativi superiori di materiali è stata predisposta la presente progettazione che propone questa possibilità senza variazione di superficie totale dell’area d’impianto, ma solo sfruttamento integrale della stessa secondo quanto di seguito schematizzato:

Sup. area impianto attuale 4200m2 Sup. area impianto futura 4200m2

Sup. area di trattamento attuale 985m2 Sup. area di trattamento futura 4200m2

Alla luce di ciò, si ritiene che, in linea generale, i precedenti pareri favorevoli degli Enti coinvolti possa ritenersi ancora valido e solo da aggiornarsi alle nuove richieste della Ditta istante.

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4 Conformità normativa di riferimento

La Normativa principale, in ottemperanza alla quale l’impianto viene attualmente gestito ed è stata predisposta l’attuale proposta progettuale, è sinteticamente la seguente:

 Decreto Legislativo n.128 del 29 Giugno 2010 "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell’articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69" ;  Decreto Legislativo n. 4 Legislativo 16 gennaio 2008: "Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale"  Decreto Legislativo n.152 del 3 aprile 2006 e s.m.i.: “Norme in materia ambientale”;  Decreto Legislativo n.59 del 18 febbraio 2005 e s.m.i.: “Attuazione integrale della Direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento”;  Decreto Legislativo n. 36 13 gennaio 2003: “Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti”;  Decreto del Ministero dell’Ambiente 5 febbraio 1998 sul recupero in procedura semplificata di rifiuti non pericolosi;  Delibera della Giunta Regionale n.427 del 23 giugno 2008: “Disciplina delle garanzie finanziarie previste per operazioni di smaltimento e/o recupero dei rifiuti (Artt. 208‐209‐210‐211 del D.Lgs. 152/2006)”;  Piano Regionale di gestione dei rifiuti 2007: “Aggiornamento e rimodulazione del piano regionale dei rifiuti; Delimitazione degli ambiti territoriali ottimali rifiuti urbani; Attuazione degli articoli 148 e 149 del decreto legislativo n. 152/2006, mediante l’istituzione delle Autorità d’ambito per la successiva predisposizione e/o aggiornamento dei piani d’ambito”;  Ordinanza del Commissario Delegato per l’emergenza ambientale nel territorio della Regione Calabria n.2873 del 3 marzo 2004;  Legge Regionale n. 38 del 5 maggio 1990: “Interventi urgenti e straordinari contro l' inquinamento da rifiuti”.

Dal punto di vista delle competenze e delle modalità autorizzative è opportuno precisare come l’intervento di ampliamento proposto ricada fra quelli da sottoporsi a Valutazione d’Impatto Ambientale. Il D.Lgs. 152/2006 all’Art. 7 punto 4, in merito alle competenze, recita: “Sono sottoposti a VIA secondo le disposizioni delle leggi regionali, i progetti di cui agli allegati III e IV al presente Decreto”.

L’Allegato IV, relativo ai progetti sottoposti alla Verifica di assoggettabilità di competenza delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano, indica alla lettera z.b) del punto 7 gli “Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità complessiva superiore a 10t/giorno, mediante operazioni di cui all'allegato C, lettere da R1 a R9”, fra cui ricade l’impianto in oggetto.

Pertanto, il presente studio fornisce preventivamente gli elementi per la corretta valutazione degli eventuali effetti sull'ambiente dell’ampliamento progettato, secondo le disposizioni di cui al titolo III della seconda parte del Decreto, ai fini dell'individuazione partecipata della soluzione più idonea al perseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 4, commi 3 e 4 lettera b). Ha la finalità di assicurare che l'attività antropica sia compatibile con le condizioni per uno sviluppo sostenibile, e quindi nel rispetto della capacità rigenerativa degli ecosistemi e delle risorse, della salvaguardia della biodiversità e di un'equa distribuzione dei vantaggi connessi all'attività economica. Affronta la determinazione della valutazione preventiva degli eventuali

12 impatti ambientali nello svolgimento delle attività normative e amministrative, di informazione ambientale, di pianificazione e programmazione, individuando, descrivendo e valutando, in modo appropriato e secondo le disposizioni del Decreto, i potenziali impatti diretti e indiretti del progetto sui seguenti fattori:

 l'uomo, la fauna e la flora;  il suolo, l'acqua, l'aria e il clima;  i beni materiali ed il patrimonio culturale;  l'interazione tra i fattori di cui sopra.

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5 Analisi degli strumenti di pianificazione vigenti che disciplinano l’area d’intervento

Ai fini della corretta analisi della conformità dell’intervento proposto con gli strumenti di pianificazione vigenti è opportuno ribadire che, rimanendo invariata l’area d’impianto, così come valutata poco più di 10 mesi fa (per esattezza a maggio 2018), può, in linea di principio, ritenersi ancora soddisfatta la sua compatibilità sotto tutti gli aspetti normativi. La previsione è infatti soltanto quella di deputare l’intera superficie al trattamento dei materiali, sempre derivanti dalle operazioni di costruzione e demolizione edilizie, e altri scarti, con la possibilità di gestire un quantitativo maggiore di materiali non pericolosi.

La normativa vigente in materia di rifiuti, nell'indicare i criteri generali dell'attività di gestione, prevede che l’esercizio connesso debba svolgersi assicurando la tutela della salute umana e l'integrità dell'ambiente. Tutte le possibili conseguenze negative dell'attività di gestione debbono essere realizzate, per quanto più possibile, senza causare rischi alle sorgenti d'acqua, all'aria, al suolo, nonché alla fauna ed alla flora, oltre che inconvenienti generati da rumori o da odori. In definitiva, tutto deve avvenire senza danneggiare il paesaggio, gli insediamenti abitativi o i siti di particolare interesse tutelati dalla normativa vigente.

In questa sezione dello Studio di Impatto Ambientale si intende verificare la coerenza programmatica dell’intervento e fornire gli elementi conoscitivi sulle relazioni tra l’opera progettata e gli atti di pianificazione e programmazione territoriale e settoriale.

L’analisi degli strumenti viene effettuata allo scopo di determinare le principali opzioni di sviluppo, trasformazione e salvaguardia previste dalle Autorità competenti per il territorio nell’ambito del quale si andrà ad implementare l’opera.

In particolare, le verifiche riguarderanno:

 la pianificazione territoriale a livello regionale e provinciale;  la pianificazione comunale generale ed attuativa:  la pianificazione di settore inerente le problematiche ambientali;  la programmazione generale e specifica nel settore dei rifiuti.

5.1 Quadro Territoriale Regionale Paesaggistico della Regione Calabria

Con Delibera del Consiglio Regionale n. 134 dell’1 agosto 2016 è stato approvato in via definitiva il Quadro Territoriale Regionale a valenza Paesaggistica (QTRP), adottato con deliberazione del Consiglio Regionale n° 300 del 22 Aprile 2013.

Lo strumento, interpreta gli orientamenti della Convenzione Europea del Paesaggio (Legge 9 gennaio 2006, n.14) e del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e s. m. e i.). Il QTRP infatti si propone di contribuire alla formazione di una moderna cultura di governo del territorio e del paesaggio attraverso i seguenti aspetti fondamentali:

 rafforzare ulteriormente l’orientamento dei principi di “recupero, conservazione, riqualificazione del territorio e del paesaggio”, finalizzati tutti ad una crescita sostenibile dei centri urbani con sostanziale “risparmio di territorio”;

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 considerare il QTRP facente parte della pianificazione concertata con tutti gli Enti Territoriali, in cui la metodologia di formazione e approvazione, le tecniche e gli strumenti attraverso i quali perseguire gli obiettivi contribuiscono a generare una nuova cultura dello sviluppo;  considerare il governo del territorio e del paesaggio come un “unicum”, in cui sono individuate e studiate le differenti componenti storico‐culturali, socio‐economiche, ambientali, accogliendo il presupposto della Convenzione Europea del Paesaggio “di integrare il paesaggio nelle politiche di pianificazione e urbanistica” (articolo 5) all’interno del QTRP;  considerare prioritaria la politica di salvaguardia dai rischi territoriali attivando azioni sistemiche e strutturanti finalizzate alla mitigazione dei rischi ed alla messa in sicurezza del territorio.

Il paragrafo 3.2.8 dello strumento relaziona in merito alla gestione dei rifiuti, evidenziando rilevanti criticità e ritardi normativi di varia natura, malgrado i progressi compiuti negli ultimi anni nella gestione, come attuazione della pianificazione a livello regionale operata dall’Ufficio del Commissario Delegato per l’emergenza Ambientale.

L’intervento di ampliamento prospettato si configura quindi, come un’ulteriore garanzia di corretta gestione di un quantitativo superiore di rifiuti non pericolosi, e di controllo degli stessi da parte degli organi competenti in forza della documentazione che il titolare dell’impianto dovrà scrupolosamente predisporre e custodire.

Nell’ambito della definizione degli Ambiti Paesaggistici Territoriali Regionali (APTR) il QTRP rinnova la pianificazione territoriale assumendo ed integrando nel disegno regionale i principi fondativi della concezione del paesaggio fondante la Convenzione Europea attraverso le politiche per la sua salvaguardia, gestione e progettazione rivolte all’intero territorio.

Il paesaggio e il territorio sono intesi nel QTRP come elementi inscindibili, anche se non sinonimi, implicando la necessità di mantenerli distinti, ma nello stesso tempo ponendoli in relazione. Le politiche attinenti ai due aspetti della pianificazione, si presentano con molti tratti comuni, ma la loro convergenza si realizza principalmente nel fatto che entrambi concorrono al raggiungimento di obiettivi sociali di interesse rilevante: la qualità della vita dei cittadini che abitano un determinato territorio e lo sviluppo equilibrato e sostenibile dei loro spazi di vita.

In quest’ottica la gestione pianificata del materiale di risulta rappresenta un’opportunità di riduzione dell’inquinamento afferente all’attuale onere di trasporto, a carico della Ditta, presso altri centri abilitati alla gestione dei rifiuti non rientranti fra le categorie CER autorizzate all’istante. Oltre ad un risparmio in termini di emissioni climalteranti da trasporto su gomma, si potrebbe consentire l’ottimizzazione dei piani di lavoro a quella che risulta essere ormai un’azienda consolidata nel territorio e che opera con standard di qualità in alcuni casi certificati UNI EN ISO 9001:2000.

Secondo la visione prospettata al paragrafo 1.1 del Tomo 3, il QTRP è stato considerato, in questo studio, come uno strumento conoscitivo e propositivo per la gestione del paesaggio, per cui, come si noterà nei paragrafi successivi, ciascuna argomentazione in esso trattata è stata analizzata con lo studio approfondito delle contingenze relative alla macro‐area “Comune di Amaroni” ed al dettaglio “Località Argadi”. Lo strumento è stato quindi preso come ulteriore linea guida per la stesura del presente documento, ma sfruttato particolarmente per l’analisi del rapporto intercorrente tra l’impianto di gestione rifiuti e la pertinente APTR.

Amaroni fa parte dell’Ambito Paesaggistico Territoriale Regionale n.15, quello delle “Serre”, nell’area delle “Serre Orientali” – UPTR 15.a.

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Quest’Unità Paesaggistica Territoriale Regionale (UPTR) ha un medio grado di urbanizzazione, con presenza di numerosi centri di piccole dimensioni, a carattere storico‐culturale.

Le “Serre Orientali”, in quanto macro‐area, rappresentano una porzione del territorio che interessa la sezione centrale dell’Appennino calabrese, geomorfologicamente costituito dalla catena montuosa che scende rapidamente verso la costa ionica. Delimitato a nord dalla Sella dell’Istmo e a sud dall’Aspromonte Orientale.

Comprende complessivamente ventinove Comuni di cui ventitré ricadenti per intero all’interno dell’Unità Paesaggistica Territoriale Regionale, fra cui il Comune di Amaroni.

In essa sono presenti:

 Aree naturalistiche di pregio: Parco Regionale;  Aree SIC: Bosco Archiforo di Stilo, Bosco di Santa Maria, il Lacina;  Aree SIN: Torrente Pesipe.

L’area oggetto dell’intervento ne resta al di fuori, e nei paragrafi seguenti si scenderà nel dettaglio della sua distanza da questo genere di aree tutelate.

Il territorio è caratterizzato da un paesaggio boschivo‐montano. Geologicamente costituito soprattutto da una struttura di natura cristallina, con la presenza diffusa di graniti, porfidi, serpentine, dioriti quarziferi.

L’impianto in argomento resta al di fuori di aree riconosciute come boscate, ed è geologicamente adeguato alle lavorazioni previste. D’uopo, in occasione di richiesta della precedente autorizzazione, è

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stata redatta apposita relazione geologica che ne comprova l’idoneità e che verrà ripresa nelle specifiche indicazioni in uno dei paragrafi successivi.

Il reticolo idrografico è contraddistinto da numerosi corsi d’acqua a carattere torrentizio, che nel tratto più alto e mediano, scorrono in strette gole ammantate da una fitta vegetazione, dando origine a numerose cascate. Le più imponenti tra tali cascate sono sicuramente quelle del Marmarico nel Comune di Bivongi.

La distanza da corsi d’acqua è stata già valutata in sede della precedente Conferenza dei Servizi, e dal momento che l’area d’impianto resta invariata si può ritenere che la stessa resti al di fuori di qualsiasi vincolo tutorio e inibitorio come comprovato dalla menzionata attestazione comunale.

L’APTR 15.a si compone di elementi architettonico monumentali fortemente identitari di questo paesaggio, quali la Certosa di Serra San Bruno ed i resti delle antiche ferriere e della fabbrica d’armi di Mongiana.

Anche sotto questo aspetto l’impianto resta al di fuori di qualsiasi vincolo previsto, menzionato com’è solo fra i paesi ospitanti “edilizia religiosa” per la sua Chiesa parrocchiale, dalla quale dista in linea d’aria oltre 900m.

Dal punto di vista agricolo sono presenti coltivazioni ortofrutticole, e produzioni di legname e carbone da coltivazioni forestali.

Come da precedenti valutazioni di carattere autorizzativo e di analisi progettuali, non si rileva alcuna interferenza diretta e/o indiretta con le locali attività di questo genere.

Ad ulteriore riprova di quanto sin qui asserito si fa notare come i principi di tutela dell’ATPR 15.a rivolgano particolare attenzione al solo Comune di Serra San Bruno sugli appartenenti ventitré.

Dalle tavole seguenti, relative al QTRP‐ATPR 15.a, si evince come la il territorio di Amaroni resti al di fuori dalle aree tutelate individuate dal Piano, in particolare l’area non rientra fra:

 Zone d’interesse archeologico;  Aree tutelate ai sensi dell’Art.142 del D.Lgs. 42/2004;  Parchi e riserve ai sensi dell’Art. 142 comma 1 lettera f del D.Lgs. 142/2004;  SIC;  SIN.

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5.2 D.Lgs. 42/2004 – Il Codice dei beni culturali e del paesaggio

A conclusione delle considerazioni condotte nell’ambito della tutela ambientale e paesaggistica, qui di seguito viene riportato quanto emerso da un confronto con le direttive impartite dal D.Lgs. 42/2004 e s.m.i..

In linea generale, il Codice dei beni culturali e del paesaggio stabilisce le distanze da punti e/o aree di pregio che bisogna mantenere con le proprie iniziative al fine di non turbarne il loro pregio.

Si ribadisce come già in occasione dell’originaria autorizzazione fosse stato attestato dall’Amministrazione Comunale che “i terreni interessati dall’intervento non ricadono in aree soggette a vincoli paesaggistici, né tutori né inibitori, di cui all’Art.142 del D.Lgs. 42/04”. Ad ogni buon fine è stato condotto un riesame che ha confermato l’assenza di vicoli “paesaggistico‐ambientale”; d’altro canto l’averne già appurato l’assenza nel QTRP che risale ad agosto 2012 lasciava dedurre che non poteva essere altrimenti.

In queste circostanze e per questo genere di opere, del tipo “areale”, particolare attenzione va posta all’Art. 142 comma 1 lettera c relativo alle Aree tutelate per Legge ‐ i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna.

I corsi d’acqua più prossimi all’impianto sono stati individuati nei Torrenti “Spinzo” a nord e “Ferrera” a sud; per come riportato nello stralcio catastale qui di seguito, ove l’intera particella relativa all’ubicazione impianto è stata campita in verde, le fasce di rispetto di 150m dai fiumi in rosso, ed è stata cerchiata in rosso la sola porzione di terreno impegnata dall’area d’impianto, si resta al di fuori del vincolo.

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5.3 Piano di Assetto Idrogeologico – PAI

Il Piano Stralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico (PAI) previsto dal DL 180/98 (Decreto Sarno) è finalizzato alla valutazione del rischio di frana ed alluvione ai quali la Regione Calabria, per la sua specificità territoriale (730 Km di costa), ha aggiunto quello dell’erosione costiera.

Il Piano, come sancito dalla legge 11 dicembre 2000 n. 365, art. 1bis comma 5, ha valore sovraordinatorio sulla strumentazione urbanistica locale; ciò significa che, a partire dagli elaborati del PAI di pertinenza di ciascun Comune, occorre procedere alle varianti del Piano Regolatore Generale. Il programma regionale sulla difesa del suolo che ha avviato l’iter del PAI, è stato approvato con delibera della Giunta Regionale n. 2984 del 7 luglio 1999, riportando il coordinamento e la redazione all’interno dell’Autorità di Bacino Regionale.

Il Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) è stato approvato con Delibera di Consiglio Regionale n. 115 del 28 dicembre 2001, "D.L. 180/98 e successive modificazioni. Piano stralcio per l’assetto idrogeologico".

Da un confronto con tutta la cartografia PAI, l’area in esame risulta al di fuori di ogni vincolistica prevista.

Pur rimandando agli elaborati dedicati all’individuazione dei vincoli di che trattasi, di seguito vengono passati in rassegna quelle prescrizioni che potrebbero avere attinenza con la macro‐area relativa alla zona di sedime dell’impianto in argomento (sarebbe stato superfluo evidenziare l’ovvia esclusione dalle aree a rischio inondazione sarebbe stato superfluo data l’altitudine media di circa 300m sl.m.).

5.3.1 Rischio Frana Per la verifica dell’eventuale sussistenza di questo genere di rischio è stata preliminarmente consultata la “Carta di Sintesi del Pericolo di Frana e delle Relative Aree a Rischio”, da cui è emerso che l’intero territorio comunale di Amaroni è praticamente esente da pericoli, rientrando nella categoria 0<(R3+R4)≤1Ha, e peraltro in un contesto anch’esso a basso rischio, come da stralcio di seguito.

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Scendendo nel dettaglio della “Carta Inventario delle Frane Relative alle Infrastrutture (strade, ferrovie e reti di servizio) e Beni Culturali ed Ambientali”, dal confronto con la Tavola 15.3‐T35, si è potuto verificare come l’assenza di rischi fosse ulteriormente confermata per l’area d’impianto.

5.3.2 Rischio Idraulico

Indagine analoga alla precedente è stata condotta relativamente al rischio idraulico, e l’impianto è risultato al di fuori anche dei punti e delle zone di attenzione.

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5.3.3 Vincolo Idrogeologico

Con l’ausilio della Tavola 9 – “Carta dei Vincoli”, è stata valutata la presenza del vincolo idrogeologico per l’area d’impianto. Come da stralcio seguente, l’impianto ricade fra le “Zone non soggette a vincolo idrogeologico”.

Nel 2010, nelle more del rilascio dell’autorizzazione di competenza, l’A.R.P.A.Cal. espresse parere favorevole con prescrizioni riguardanti la predisposizione di un Piano di Monitoraggio delle acque sotterranee circostanti l’area d’impianto.

Al fine della predisposizione di detto piano, la Ditta Bova richiese l’intervento di un Geologo che eseguisse un’indagine geologica (di cui si relazionerà a breve) ed una idrogeologica.

Dall’esame dell’idrologia superficiale è stato evidenziato come “la zona in oggetto fosse compresa tra due piccoli corsi d’acqua a carattere torrentizio, discendenti dalle cime più elevate dell’altopiano. Il dosso morfologico su cui insiste l’area esaminata è inciso infatti sui due lati da aste fluviali di basso ordine, che mantengono un decorso convergente e delimitano il tipo morfologico in questione con vallecole che inizialmente strette e piuttosto incassate, si aprono in corrispondenza dello sbocco a valle su di un ampio ripiano interno, di probabile origine lacustre quaternaria.

I corsi d’acqua interessati (T. Spinzo a NW e T. Ferriera a SE) sboccano a valle, sul ripiano alluvionale interno, nel T. Ghettarello, tributario in sinistra idrografica del T. Alessi, al bacino del quale pertanto appartiene l’area in oggetto.

Entrambi non possiedono caratteristiche idrauliche atte a determinare scompensi idrodinamici nei corpi rocciosi affioranti, né energia tale da provocare fenomenologie di intensa erosione lineare. […] Lo studio idrogeologico dell’area in oggetto, finalizzato alla ricostruzione dello schema della circolazione idrica sotterranea e dell’eventuale presenza di falda freatica, espletato in ottemperanza alle vigenti normative ha consentito la definizione delle condizioni idrodinamiche delle falde nell’intorno dell’impianto sulla base delle caratteristiche idrogeologiche dei terreni interposti tra il piano di imposta dello stabilimento e la superficie della falda, nonché la natura e le caratteristiche dell’acquifero che contiene la falda stessa.”

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5.3.4 Considerazioni geologiche e geomorfologiche

Per quel che riguarda la natura geologica del terreno su cui insiste, l’impianto ricade fra i fogli 241 e 242 della Carta Geologica della Calabria, come da elaborato grafico dedicato, ed è costituito essenzialmente da conglomerati poligenici composti da ciottoli, più o meno arrotondati, di rocce ignee e metamorfiche in una matrice sabbiosa bruna, non fossiliferi. Questo complesso presenta una discreta resistenza all’erosione ed elevata permeabilità, in accordo con quanto riscontrato sulla ”Carta Geologica” del PAI, di cui si riporta uno stralcio qui di seguito.

Anche questa volta torna utile trovar conferma in quanto riportato nella relazione geologica di cui si è già accennato. “L’ambito geomorfologico vigente è rappresentato da un tipico contesto collinare, caratterizzato da gradienti clivometrici non particolarmente esasperati e da terrazzamenti naturali e ripiani morfologici, variamente distribuiti e armonicamente inseriti nel suo contesto, ma senza apprezzabili disomogeneità nell’andamento clivometrico del versante stesso, il quale immerge in direzione E, con valori di pendenza inferiori al 10%.

[…] Le forme vigenti, tipicamente collinari, non presentano particolari asperità o gradienti clivometrici elevati, anche se fenomeni di ringiovanimento hanno contribuito ad una parziale tendenza all’incassamento dei fondivalle.

La zona in oggetto insiste morfologicamente sul versante est di una dorsale collinare a direzione grossomodo SW‐NE, discendente dalle cime dell’altopiano verso NE, a mò di dosso allungato, compresa tra due corsi d’acqua aventi all’incirca medesima direzione.

[…] Trattasi pertanto di un contesto condizionato dall’idrografia, impostata su un reticolo comunque piuttosto largo, con corsi d’acqua discendenti lungo linee di massima pendenza dai rilievi retrostanti.

Localmente il dosso è caratterizzato da interventi antropico‐agricoli di terrazzamento, che contribuiscono non poco a mitigare le pendenze vigenti. Tali terrazzamenti, ben eseguiti in corrispondenza delle curve di livello, hanno ripreso in parte quelli naturali, contribuendo non poco alla stabilità complessiva dei tratti in oggetto, soggetti ad attività agricola”.

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Ancora una volta viene confermata l’idoneità del sito ad ospitare l’impianto in questione anche a seguito dell’ampliamento dell’area di trattamento progettato.

5.3.5 Uso del Suolo

Relativamente all’uso del suolo, l’area ricade fra i “Territori agricoli”, e più specificamente fra gli “Oliveti”, ovvero superfici piantate ad olivo, comprese particelle a coltura mista di olivo e vite.

Non vi è una piena rispondenza con la descrizione data, ma solo una certa attinenza, dal momento che in questi anni, su una porzione di area d’impianto inutilizzata sono state messe a dimora degli ulivi, che attualmente si trovano in uno stato improduttivo data la loro giovane età. Al contrario, su alcune particelle limitrofe, afferenti sempre le proprietà Bova, vi è la presenza di piccole vigne destinate al consumo familiare.

È opportuno anticipare uno dei concetti che verranno meglio esposti nelle considerazioni relative alla compatibilità con gli strumenti di pianificazione comunale, ovvero che, in occasione della richiesta dei pareri relativi all’autorizzazione provinciale, era stato deliberato dal Consiglio Comunale un atto d’impulso alla realizzazione dell’impianto in variante al vigente P.d.F. ai sensi dell’Art.5 del D.P.R. 447/98 e s.m.i. ed Art.14 della L.R. 19/2002. Pertanto l’area in argomento è da ritenersi ZTO D‐ “Industriale”.

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5.3.6 Considerazioni conclusive

Per come ampiamente dimostrato l’intervento proposto risulta pienamente compatibile con il vigente P.A.I, e ciò appare naturale dal momento che le previsioni progettuali non comportano aumento dell’area d’impianto autorizzata; le osservazioni prodotte nelle due sedute di Conferenza dei Servizi del 16/05/2018 e del 31.05.2018 possono ritenersi ancora valide.

5.4 Valutazione delle azioni sismiche

Per l’area d’impianto è stata valutata la pericolosità sismica, anche in relazione alle classificazioni indicate nelle Norme Tecniche delle Costruzioni (Decreto 14 gennaio 2008 del Ministero delle Infrastrutture) e nell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n.3274 del 20 marzo 2003, in base alle quali tutto il territorio nazionale è considerato sismico e suddiviso in 4 classi di sismicità, ciascuna con un preciso valore di accelerazione orizzontale di picco atteso al suolo “ag”, con probabilità di superamento del 10% nel periodo di 50 anni.

Questa classificazione è stata elaborata per ridurre gli effetti del terremoto, distinguendo la classificazione del territorio in base all’intensità e frequenza dei terremoti del passato e l’applicazione di speciali norme per le costruzioni nelle zone classificate sismiche.

Si hanno pertanto le seguenti Zone:

Zona 1 È la zona più pericolosa, dove possono verificarsi forti terremoti Zona 2 Nei Comuni inseriti in questa zona possono verificarsi terremoti abbastanza forti Zona 3 I Comuni inseriti in questa zona possono essere soggetti a scuotimenti modesti Zona 4 È la zona meno pericolosa

26 ed in considerazione della suddivisione delle stesse in relazione all’accelerazione di picco su terreno rigido (OPCM 3519/06):

Zona sismica Accelerazione con probabilità di superamento pari al 10% in 50 anni (ag) 1 ag >0.25 2 0.15

In base alla classificazione sismica del 2012 fatta dal Dipartimento della Protezione Civile – Ufficio rischio sismico e vulcanico ‐ il Comune di Amaroni ricade in Zona sismica 1.

Quanto emerso specificamente per un punto “baricentrico” all’area d’impianto (di coordinate +38°47'50.65", +16°27'21.14") è tabellato nella figura seguente:

Si ritiene dunque che l’ampliamento proposto sia compatibile con le caratteristiche sismiche della zona.

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5.5 Tutele biogeografiche ‐ Rete Natura 2000‐SIC‐ZSC‐ZPS

Ad oggi sono stati individuati da parte delle Regioni italiane 2299 Siti di Importanza Comunitaria (SIC), 27 dei quali sono stati designati quali Zone Speciali di Conservazione, e 609 Zone di Protezione Speciale (ZPS); di questi, 332 sono siti di tipo C, ovvero SIC/ZSC coincidenti con ZPS.

All'interno dei siti Natura 2000 in Italia sono protetti complessivamente: 130 habitat, 92 specie di flora e 109 specie di fauna (delle quali 21 mammiferi, 11 rettili, 16 anfibi, 26 pesci, 35 invertebrati) ai sensi della Direttiva Habitat; circa 381 specie di avifauna ai sensi della Direttiva Uccelli.

Gli elenchi di habitat e specie della Direttiva Habitat presenti nei SIC sono riportati in specifiche Liste di Riferimento per ogni regione biogeografica; Amaroni ricade nella zona biogeografica “Mediterranea”.

Tra zone relative allo sviluppo del sistema nazionale delle ZPS sono state prese anche in esame anche quelle della Rete IBA (Important Bird Area), ed è risultato che l’impianto in trattazione non è interessato da alcune di esse.

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Dai confronti effettuati con la cartografia ufficiale è emerso che l’area d’impianto non è sottoposto ad alcun vincolo Rete Natura 2000, SIC, ZSC e ZPS.

5.6 Tutela delle acque

Le valutazioni condotte in ottemperanza al Decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 e s.m.i. ‐ Norme in materia ambientale – sono state riferite, fra l’altro all’Art.94 comma 6 in ottemperanza alla disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano, secondo cui in assenza dell'individuazione da parte delle regioni o delle province autonome della zona di rispetto ai sensi del comma 1, la medesima ha un'estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione.

Per come dimostrato nel paragrafo dedicato alla distanze dai corsi d’acqua (ai sensi dell’At. 142 comma 1 lettera c del D.Lgs.42/2004) l’impianto in argomento giace su un’area distante oltre 200m dai più vicini corsi d’acqua, Torrenti Spinzo e Ferrera, che rappresentano le “risorse idriche” più vicine”.

Ad ogni buon fine è opportuno far presente che, in luogo della precedente autorizzazione di dicembre 2010, l’A.R.P.A.Cal. espresse parere favorevole con prescrizioni riguardanti la predisposizione di un Piano di Monitoraggio delle acque sotterranee circostanti l’area d’impianto. Allo scopo, nel maggio 2011, venne redatto specifico studio di ricostruzione delle caratteristiche idrologiche ed idrogeologiche di un’area circostante per la predisposizione di detto piano di monitoraggio, esprimendo parere favorevole e di idoneità del sistema predisposto.

“L’area d’impianto ricade all’interno del Bacino del Torrente Alessi, di cui i corsi d’acqua Spinzo e Ferrera sono tributari.

Accertata la situazione idrogeologica dell’area e dell’intervallo idrogeologico interessato dalla circolazione idrica, si è proceduto con l’analisi dei dati disponibili dalle perforazioni dei pozzi esistenti, al fine di ricostruire 29 il più probabile andamento della superficie piezometrica e le direzioni principali del deflusso idrico sotterraneo.

Tutto ciò anche al fine di valutare se i punti di prelievo per il monitoraggio fossero sufficientemente rappresentativi ai fini dello stesso.

La Ditta Bova ha fornito i dati relativi a quattro pozzi, nella sua disponibilità, ubicata nei dintorni dell’area esaminata, uno a monte dell’impianto (in senso idrogeologico) e tre a valle dell’impianto.

POZZO N.1

Proprietà: Lagrotteria Giuseppe Ubicazione: circa 300m in direzione S dall’impianto, a quota di 331m s.l.m. circa Profondità di perforazione: 90m dal p.c. Livello idrico:60m dal p.c.

POZZO N.2

Proprietà: Ditta Bova Ubicazione: circa 400m in direzione SE dall’impianto, a quota di 303m s.l.m. circa Profondità perforazione: 110m dal p.c. Livello idrico: 80m dal p.c.

POZZO N.3

Proprietà: Conte Luigi Ubicazione: circa 925m in direzione NE dall’impianto, a quota di 245m s.l.m. circa Profondità perforazione: 60m dal p.c. Livello idrico: 15m dal p.c.

POZZO N.4

Proprietà: Coroniti Giuseppe Ubicazione: circa 500m in direzione W dall’impianto, a quota di 340m s.l.m. circa Profondità di perforazione: 72m dal p.c. Livello idrico: 38m dal p.c.

Interpolando i dati delle perforazioni di cui sopra, si è ricostruito l’andamento della superficie piezometrica, […] e con l’ausilio delle sezioni idrogeologiche sono stati ricostruiti gli andamenti della superficie piezometrica e la sua pendenza, utili per stimare le più probabili direzioni di deflusso sotterraneo.

Dall’esame di detti profili è facile intuire che la superficie piezometrica e il conseguente deflusso sotterraneo convergono in direzioni variabili tra NE e SE, molto simili, come era lecito attendersi in siffatte condizioni idrogeologiche, a quelle del deflusso superficiale.

[…]

Il monitoraggio degli effetti prodotti sull’ambiente dall’impianto si associa ad altre azioni che concorrono alla complessiva gestione sostenibile del sistema integrato dei rifiuti.

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[…]

Premesso che l’intervento il conferimento ed il successivo trattamento di rifiuti inerti e macerie edilizie rientranti nella tipologia 17 (rifiuti delle operazione di costruzioni e demolizioni) del D.Lgs.152/2006 e D.M. 5 febbraio 1998 e s.m.i. e che gli stessi di per sé non costituiscono elementi particolarmente inquinanti, […] l’unico fattore d’inquinamento potrebbe essere determinato dall’intorbidamento delle acque di drenaggio superficiale in occasione delle piogge più intense a causa della denudazione dei fronti e la conseguente azione erosiva delle acque”.

Data la configurazione dell’impianto “l’impatto inquinante di cui in precedenza sarà molto ridotto viste le modeste velocità di dilavamento delle acque superficiali, che permetteranno la decantazione delle particelle fini nella rete di canalette e vasche predisposte. Inoltre la profondità della falda è tale da escludere potenzialmente azioni negative e che le modifiche al reticolo superficiale sono assenti o estremamente limitate.

[…]

Lo studio idrogeologico dell’area in oggetto, finalizzato alla ricostruzione dello schema della circolazione idrica sotterranea e dell’eventuale presenza di falda freatica, espletato in ottemperanza alle vigenti normative ed eseguito come evidenziato in precedenza, ha consentito la definizione delle condizioni idrodinamiche delle falde nell’intorno dell’impianto sulla base delle caratteristiche idrogeologiche dei terreni interposti tra il piano di imposta dello stabilimento e la superficie della falda, nonché la natura e le caratteristiche dell’acquifero che contiene la falda stessa.

In conclusione, al fine del prescritto piano di monitoraggio della qualità delle acque, potenzialmente suscettibili di inquinamento dovuto alla eventuale mancata tenuta idraulica delle aree di stoccaggio e trattamento dei rifiuti all’interno dell’impianto, si esprime parere favorevole alla scelta dei punti di controllo individuati poiché, alla luce della ricostruzione delle caratteristiche idrogeologiche e della superficie piezometrica nel sito in esame, è possibile affermare la loro correttezza e rappresentatività; gli stessi punti sono numericamente sufficienti e significativi delle condizioni idrogeologiche riscontrate”.

Alla luce di quanto emerso si ritiene che, con il mantenimento dell’attuale sistema di monitoraggio, si possano ritenere tutelate le risorse idriche esistenti in conseguenza dell’ampliamento dell’area di trattamento proposto.

Di seguito la carta idrogeologica con le sezioni idrogeologiche elaborate per il Piano di monitoraggio.

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5.7 Tutela della qualità acustica

Il Comune di Amaroni non si è ancora dotato di un Piano di Zonizzazione Acustica, benché vi siano i presupposti per una futura redazione nel Piano Strutturale Associato adottato con Deliberazione del Consiglio Comunale n.3 del 17 gennaio 2013.

Occorre premettere che in sede di prima autorizzazione, valutatane idoneità ed utilità sociale, l’Amministrazione Comunale deliberò con un atto d’impulso una variante al vigente P.d.F. ai sensi dell’Art.5 del D.P.R. 447/98 e s.m.i. ed Art.14 della L.R. 19/2002, al fine di destinare l’area in argomento ad “Area assimilata a Zona D‐Industriale”. Ciò implica la possibilità di gestire l’area come una “Zona Industriale” in considerazione anche dell’eventuale “disturbo” all’ambiente esterno ed alla circostante “Zona Agricola”.

In effetti, anche dal punto della specifica normativa, come si vedrà a breve, all’interno dell’impianto non hanno luogo lavorazioni che possano destare preoccupazione sotto l’aspetto del rumore; la normale attività agricola gestita con gli usuali macchinari, genera nel circondario un grado di disturbo assimilabile, e comunque di livello accettabile per il normale svolgimento delle attività umane. Prima di supportare queste asserzioni con dati più oggettivi, è però importante passare brevemente in rassegna gli aspetti normativi fondanti.

In assenza di un vero e proprio piano, ma in considerazione dei principi espressi nel menzionato P.S.A., per l’ottemperanza alle prescrizioni in termini di rumore si è fatto riferimento agli atti normativi di seguito riportati sia per il monitoraggio del clima acustico esistente che per la valutazione previsionale dell’impatto derivante dall’ampliamento prospettato:

 D.P.C.M. 1 marzo 1991: “Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno”.

Dopo l'approvazione della Legge Quadro, tale decreto rimane temporaneamente in vigore per quanto richiamato specificatamente dalla stessa Legge Quadro o dai relativi Decreti di attuazione. I valori limite definiti sono applicabili qualora il Comune non abbia ancora provveduto alla zonizzazione acustica del territorio.

 Legge 26 ottobre 1995, n. 447: “Legge quadro sull’inquinamento acustico”.

Stabilisce i principi fondamentali in materia di tutela dell'ambiente esterno e dell'ambiente abitativo dall'inquinamento acustico; nell'ambito dell'art. 2 sono definiti, in particolare, i concetti di valore limite di immissione (assoluto e differenziale) e di emissione con riferimento alle modalità ed ai criteri di misura riportati nel D.P.C.M. 11 marzo 1991. Tale legge definisce, inoltre, le specifiche competenze di tutti i soggetti coinvolti nella problematica in oggetto (Stato, Regioni, Comuni ed Imprese) per la revisione e nuova definizione dell'entità dei valori limite in relazione alla destinazione d'uso delle aree da proteggere (zonizzazione acustica del territorio comunale), la predisposizione dei piani di risanamento, le metodologie di misura, etc.. La Legge Quadro può essere considerata la premessa a tutta una serie di decreti attuativi e leggi regionali che costituiranno i nuovi riferimenti tecnici e normativi per tutto ciò che concerne l'inquinamento acustico nell’ambiente esterno ed all'interno dell'ambiente abitativo.

 D.P.C.M. 14 novembre 1997: “Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore”.

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Definisce i valori limite delle sorgenti sonore, aggiornando i limiti di inquinamento acustico già fissati per le zone territoriali (criterio assoluto), distinguendo fra valori limite assoluti di immissione e valori limite di emissione, (livelli sonori dovuti al funzionamento singolo di ciascuna sorgente sonora), ed individuando i limiti all'interno dell'ambiente abitativo (criterio differenziale).

 D.M. 16 marzo 1998: “Tecniche di rilevamento e misurazione dell'inquinamento acustico”

Stabilisce le tecniche di rilevamento e di misurazione dell'inquinamento da rumore; vengono definite in modo particolare le caratteristiche tecniche che la strumentazione di misura deve possedere e soprattutto le norme tecniche e le metodologie per l'esecuzione delle misure allo scopo di ottenere i necessari parametri da confrontare con i limiti riportati nel D.P.C.M. 14/11/97.

 D.M. 31 marzo 1998: "Atto di indirizzo e coordinamento recante criteri generali per l'esercizio dell'attività del tecnico competente in acustica, ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera b), e dell'art. 2, commi 6, 7 e 8, della legge 26 ottobre 1995, n.447 "Legge quadro sull'inquinamento acustico".

In mancanza di specifiche normative locali, per la classificazione dell’area ci si è rivolti al D.P.C.M. 14 novembre 1997 che prevede la classificazione del Territorio Comunale in zone di sei classi, fra le quali quella in questione si ritiene possa essere la 3a, ovvero:

CLASSE III – aree di tipo misto: rientrano in questa classe le aree urbane interessate da traffico veicolare locale o di attraversamento, con media densità di popolazione, con presenza di attività commerciali, uffici con limitata presenza di attività artigianali e con assenza di attività industriali; aree rurali interessate da attività che impiegano macchine operatrici.

Contrada Argadi si trova infatti nella zona a nord‐est del territorio comunale, ad una distanza dalle case più vicine di oltre 300m, in un contesto rurale che come si è già visto è vocato ad attività prevalentemente agricole ed artigianali.

I limiti massimi di immissione prescritti nel D.P.C.M. 14/11/97, fissati per le varie aree, sono distinguibili in:

 valore limite assoluto di immissione: Valore massimo di rumore che può essere immesso da una o più sorgenti sonore nell’ ambiente abitativo o nell’ ambiente esterno;  valori limite di emissione: Valore massimo di rumore che può essere emesso da una sorgente sonora misurato in prossimità della sorgente stessa;

In particolare, per la classe individuata, l’impianto deve garantire i seguenti valori:

CLASSE DI DESTINAZIONE D’USO: III – AREE DI TIPO MISTO Tempi di riferimento Diurno Notturno (06.00‐22.00) (22.00‐06.00) VALORI LIMITE ASSOLUTI DI IMMISSIONE ‐ Leq in dB(A) 60 50 VALORI LIMITE DI EMISSIONE ‐ Leq in dB(A) 55 45 VALORI DI QUALITÀ ‐ Leq in dB(A) 57 47

A questo punto risulta necessario considerare che l’intervento di ampliamento della sola area di trattamento progettato, non prevede un incremento del numero di macchine e/o mezzi impiegati, in quanto l’esigenza è sorta dalla semplice constatazione che la mole di lavoro è nel tempo aumentata, quindi anche la quantità di

34 rifiuti da trattare, e le relative categorie CER autorizzate sono al momento troppo poche per poter trattare tutto il materiale, che quindi va in gran parte conferito in altre discariche autorizzate. Sostanzialmente si tratta di un’ottimizzazione delle potenzialità dell’impianto e di un abbattimento dei consumi dei mezzi di trasporto da impiegare per il conferimento a discarica del materiale che al momento non può essere trattato solo per motivi “burocratici”.

Per queste motivazioni il processo lavorativo nel centro per il trattamento dei rifiuti della Ditta Bova non è a ciclo continuo, ma ha luogo solo allorquando le quantità di rifiuti raggiungono i limiti stabiliti dalla legge. Pertanto, l’intervento proposto porterebbe all’ottimizzazione delle lavorazioni ed ad una razionalizzazione dell’impiego più cadenzato degli stessi mezzi. Trattandosi di un SIA, è opportuna una digressione in tal proposito: il non dover più far percorrere diversi chilometri ai mezzi pesanti per il conferimento a discarica dei materiali non trattabili implicherà, in conseguenza diretta del menzionato abbattimento di consumi, anche una riduzioni di emissioni nocive nell’ambiente.

Pertanto, alla luce delle considerazioni normative fatte, e potendo escludere le emissioni sonore notturne per via dell’orario giornaliero di lavoro, si può facilmente dimostrare come le lavorazioni di che trattasi rientrino nei valori limite. Di seguito vengono considerate le emissioni nell’area di lavoro e poi espresse delle considerazioni in merito all’eventuale disturbo dell’ambiente circostante.

L’attrezzatura impiegata, in conformità con la determinazione autorizzativa, è costituita da un impianto trasportabile costituito da un Trituratore FTR 750 a trasmissione elettrica con trasportatore a nastro 600/6 anch’esso a trasmissione elettrica, un’unità di potenza da 78kW, con deferrizzatore incluso della CAMS S.r.l..

Per questa macchina, la ditta produttrice garantisce che: Non Produce Inquinamento Acustico ed Atmosferico. Dal punto di vista ecologico un impianto di frantumazione e riciclaggio può comportare due tipi di inquinamento ambientale: quello acustico e quello di emissione di polveri. Nel caso dell’ UTM FTR 750 la bassa velocità di rotazione degli alberi evita entrambi gli inquinamenti.

La stessa CAMS S.r.l., ai fini del presente studio ha comunicato un valore di emissione massima, con tutta l’apparecchiatura in funzione, pari a 68dB, che, una volta convertiti in Leq(A) diminuiscono ulteriormente (trattandosi di valutazioni su scala logaritmica):

Inoltre, l’Art.189 del D.Lgs. 81/2008 ‐ Valori limite di esposizione e valori di azione – stabilisce I valori limite di esposizione e i valori di azione, in relazione al livello di esposizione giornaliera al rumore e alla pressione acustica di picco, fissandoli in:

1. valori limite di esposizione: rispettivamente LEX = 87 dB(A) e ppeak = 200 Pa (140 dB(C) riferito a 20 \muPa); 2. valori superiori di azione: rispettivamente LEX = 85 dB(A) e ppeak = 140 Pa (137 dB(C) riferito a 20 \muPa); 3. valori inferiori di azione: rispettivamente LEX = 80 dB(A) e ppeak = 112 Pa (135 dB(C) riferito a 20 \muPa).

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Si dimostra pertanto come i valori dell’emissione sonora rientrino fra quelli definiti tollerabili anche in concomitanza delle attività di carico e scarico, soprattutto in considerazione del fatto che il trituratore non viene utilizzato costantemente durante la giornata lavorativa (l’effetto può essere cumulato al massimo con l’uso contemporaneo di una pala meccanica e di un autocarro).

Per quel che riguarda gli effetti sull’ambiente circostante, che per come anticipato è di tipo rurale con le prime case vicine alla distanza di oltre 300m, bisogna considerare che, in forza delle considerazioni fisiche anzidette il livello sonoro diminuisce approssimativamente di 6 dB(A) [ = 10*log10(2) ] ogni volta che si raddoppia la distanza dalla sorgente del suono.

Come ulteriore parametro di valutazione può considerarsi che in un’ora di funzione un trattore emette mediamente 90dB(A), per cui in una zona a vocazione agricola è difficile ipotizzare un considerevole aggravio del normale disturbo derivante dalle varie attività locali.

Anche a seguito dell’intervento proposto, l’emissione di rumore dell’impianto rimarrà simile a quella attuale e quindi nella norma.

5.8 Strumento urbanistico comunale

L’Amministrazione Comunale di Amaroni ha adottato, con Deliberazione del Consiglio Comunale n.3 del 17 gennaio 2013, il Piano Strutturale Associato relativo ai comuni di Cortale, Amaroni, Borgia, Caraffa, , e , caratterizzato da nuove regole che si affacciano nel mondo della gestione territoriale.

Per il momento lo Strumento Urbanistico vigente è il P.d.F. approvato con D.D.G. n.13422 del 21 ottobre 2002, al quale il Consiglio Comunale si è già rivolto nel 2010 in occasione dell’Atto d’impulso emanato a favore della Ditta Bova “ai fini della realizzazione dell’impianto di recupero rifiuti da scavo e demolizione, in località Argadi, in variante al vigente P.d.F., ai sensi dell’Art.5 del D.P.R. 447/1998 e s.m.i. ed dell’Art.14 della L.R. 19/2002” anche in considerazione del fatto che era “necessario sostenere la Ditta Bova che ha un ruolo economico importante per molte famiglie”.

In quell’occasione la particella catastale 117 del foglio di mappa n.4 del Comune di Amaroni venne assimilata a “Zona Industriale – ZTO‐D”.

In considerazione del fatto che l’area d’impianto resta invariata dalla presente progettazione e che la stessa rappresenta solo una porzione dell’intera particella, si può ritenere completamente soddisfatta la compatibilità dell’intervento proposto con le previsioni di Piano.

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6 Pianificazione di settore inerente le problematiche ambientali

Prima di passare in rassegna le analisi condotte in merito alla compatibilità dell’intervento proposto con la pianificazione di settore, è opportuno richiamare i concetti fondamentali per cui la stessa iniziativa ha avuto ed ha ragione di esistere nel Comune di Amaroni, riprendendo alcune delle considerazioni espresse in sede di deliberazione dell’Atto d’impulso del Consiglio Comunale.

L’impianto si è reso opportuno innanzitutto perché ritenuto “necessario” in quanto l’azienda “ha un ruolo economico importante per molte famiglie”. Inoltre, era necessario “individuare una zona precisa su cui effettuare il recupero dei rifiuti, invece di lasciare che vengano sparsi nei boschi o nei fiumi, zone queste non controllate e dove è difficile il recupero”.

La Normativa Comunitaria tutela il “sacro diritto” delle popolazioni di condurre un tenore di vita soddisfacente, garantendo il rigoroso rispetto di alcuni principi fra i quali il principio della “gestione efficiente” da un punto di vista ecologico contenuto nell’art. 4 e nell’art. 8 della Direttiva 91/156/CEE, per il quale qualsiasi intervento riguardante la gestione dei rifiuti deve essere attuato “senza procurare alcun danno alla salute dell’uomo e senza utilizzare procedure oppure metodi che possono provocare pregiudizio all’ambiente”.

Con il D.Lgs. n.36 del 13 gennaio 2003 è stata recepita la Direttiva 1999/31/CE del 26 aprile 1999, che ha introdotto nell'ordinamento nazionale specifiche disposizioni relative alla gestione delle discariche, disposizioni ribadite dall’Art.182 del nuovo Codice Ambientale.

Tale normativa disciplina la gestione delle discariche, stabilisce requisiti operativi e tecnici per il rilascio del titolo autorizzativo, per la costruzione e l'esercizio degli impianti e per lo svolgimento delle operazioni di chiusura. Lo scopo principale di questa normativa è quello di "prevenire o ridurre il più possibile le influenze negative sull’ambiente, in particolare l'inquinamento delle acque superficiali, delle acque sotterranee, del suolo e dell'atmosfera, e sull’ambiente globale, compreso l’effetto serra, nonché i rischi per la salute umana determinati dalle discariche dei rifiuti, durante il proprio ciclo di attività ma anche, nella fase successiva alla chiusura”. Una delle principali innovazioni è contenuta nell'Art.4 del D.Lgs. 36/2003 per cui ciascuna discarica è classificata in una delle seguenti categorie:

 discarica per rifiuti inerti;  discarica per rifiuti non pericolosi;  discarica per rifiuti pericolosi.

In riferimento al Catalogo Europeo dei Rifiuti, quelli ricadenti fra le categorie “Rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione” possono definirsi “inerti” perché attraverso idoneo trattamento possono produrre nuove materie prime che possono sostituire materiali da costruzione di origine naturale.

Una definizione più rigorosa di rifiuto inerte si evince dalla direttiva europea 1999/31/CE, recepita in Italia dal D.Lgs. 36/03, il quale definisce i rifiuti inerti come: i rifiuti solidi che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa; i rifiuti inerti non si dissolvono, non bruciano, né sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono biodegradabili e, in caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana. La tendenza a dar luogo a percolati e la percentuale inquinante globale dei rifiuti, nonché l'ecotossicità dei percolati devono essere trascurabili e, in particolare, non danneggiare la qualità delle acque, superficiali e sotterranee.

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A significare la corrispondenza fra la definizione data di rifiuto inerte e la natura del materiale in parte gestito dall’impianto in oggetto (perché solo a seguito dell’accoglimento della presente proposta progettuale potranno trattarsi quasi tutti i rifiuti provenienti dalle lavorazioni edili), la figura seguente riporta la ripartizione merceologica media dei rifiuti da cantiere, dalla quale emerge che il laterizio ed il calcestruzzo (armato e non) costituiscono 80% del totale. Il restante 20% è invece suddiviso tra gli imballaggi (metallo, carta) e il materiale proveniente dagli scavi (terra e rocce, asfalti). Peraltro, i nuovi codici CER con cui si chiede d’integrare la precedente autorizzazione attengono solo il sottoinsieme dei rifiuti non pericolosi.

In considerazione del fatto che nella Regione Calabria vige dal 1997 lo stato di emergenza ambientale, la materia dei rifiuti in ambito regionale è attualmente regolata dalla normativa nazionale di settore che, data l’emergenza in atto, è integrata, in casi di stretta necessità ed urgenza, dalle disposizioni contenute nelle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri che sono state via via emanate e dai conseguenti provvedimenti adottati dal Commissario delegato.

Il presente studio è quindi redatto nel rispetto della vigente normativa in materia di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) e di gestione dei rifiuti, con particolare riferimento alle discariche per rifiuti inerti e non pericolosi.

In dettaglio sono state consultate le seguenti normative specifiche di settore:

 D.Lgs. 152/2006 “Norme in materia ambientale” con particolare riferimento alla parte IV;  D.Lgs. 4/2008 “Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del D.Lgs. 3 aprile 2006 n.152, recante norme in materia ambientale”;  Regolamento Regione Calabria n. 3 del 4 agosto 2008 “Regolamento regionale delle procedure di Valutazione di Impatto Ambientale, di Valutazione Ambientale Strategica e delle procedure di rilascio delle Autorizzazioni Integrata Ambientali”;  D.Lgs. 36/2003 “Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti”; 38

 D.Lgs. 59/2005 "Attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento";  D.M. 3 Agosto 2005 “Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio. Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica”;  D.P.R. n.547 del 27 aprile 1955 per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, per quanto non in contrasto con Leggi, Decreti e Norme successive;  D.P.R. n.303 del 19 marzo 1968, contenente norme generali per l’igiene sul lavoro;  Legge del 1 marzo 1968 n. 186 “Disposizioni concernenti la produzione di materiali, apparecchiature, macchinari, installazioni ed impianti elettrici ed elettronici”;  DPR n.524 dell’8 Giugno 1982 concernente l’attuazione della direttiva CEE 77/576 per il ravvicinamento delle disposizioni legislative regolamentari ed amministrative degli stati membri in materia di segnaletica di sicurezza sul posto di lavoro, e della direttiva CEE 79/640;  D.Lgs. n. 81 del 9 aprile 2008, "Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro";  Eventuali normative specifiche richiamate in altri documenti del progetto od applicabili ad impianti o parti di impianto;  Tutte le leggi, le norme, i regolamenti e quant’altro applicabile agli impianti in questione in vigore.

Rilevata la piena compatibilità con la pianificazione di settore, si ritiene che l’intervento proposto, in relazioni alle attuali problematiche ambientali, si configuri come un valido ausilio alla gestione pianificata e controllata di una parte di rifiuti.

6.1 Il Piano di Gestione dei Rifiuti

Al fine di meglio descrivere come si pone l’iniziativa progettuale proposta in relazione ai programmi ed alle aspettative normative calabresi, è opportuno fare un breve excursus delle direttive impartite dall’Amministrazione Regionale in questi ultimi anni al fine di operare una gestione programmata dei rifiuti, cercando di coglierne i principi fondanti che hanno indotto la formulazione anche di quei concetti ritenuti a volte incostituzionali (è il caso della proposta di Integrazione del piano regionale dei rifiuti ‐ Legge Regionale n. 27 del 28 dicembre 2007 (B.U.R. Calabria n. 23 del 15 dicembre 2007) ‐ dichiarata poi incostituzionale).

L'attuazione a livello regionale delle politiche comunitarie e nazionali in materia di rifiuti è stata condotta, dal punto di vista normativo, attraverso l'emanazione di una serie di provvedimenti d'urgenza, gli O.P.C.M., ed i conseguenti provvedimenti di adozione da parte del Commissario delegato per l'emergenza, che amministra il settore dei rifiuti dal 1997.

Dal punto di vista programmatico, l'unico riferimento è rappresentato dal Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti, approvato con O.C.D. n. 6294 del 30 ottobre 2007, pubblicato sul B.U.R.C. S.S. n.2 al n.20 del 31 ottobre 2007 ‐ Parti I e II e redatto a seguito della revisione ed aggiornamento del previgente PGR, di cui all'O.C.D. n. 2065/2002.. Nella forma in cui è attualmente strutturato appare a seguito di aggiornamenti e rimodulazioni; delimitazione degli ambiti territoriali ottimali rifiuti urbani; attuazione degli articoli 148 e 149 del Decreto Legislativo 152/2006, mediante l’istituzione delle Autorità d’ambito per la successiva predisposizione e/o aggiornamento dei piani d’ambito.

Il P.G.R. ha rappresentato un forte impulso nella rimodulazione della gestione dei rifiuti, anche prevedendo l’articolazione del territorio regionale in 5 Ambiti Territoriali Ottimali (ATO), peraltro coincidenti con le 5 Province, ovvero:

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 ATO n.1 – Provincia di Cosenza;  ATO n.2 – Provincia di Catanzaro;  ATO n.3 – Provincia di Crotone;  ATO n.4 – Provincia di Vibo Valentia;  ATO n.5 – Provincia di Reggio Calabria.

Il territorio di ciascun ATO viene suddiviso in sub‐ambiti che ne costituiscono la parte funzionale, chiamati “Aree di Raccolta”, il cui governo unitario è assicurato dalle Società Miste, che fungono da soggetti attuatori aventi l’onere di aggregare i Comuni ricadenti nel proprio sotto‐ambito e di garantire unitarietà di gestione e messa a disposizione di risorse umane ed economiche necessarie alla corretta implementazione del Piano.

Il Comune di Amaroni ricade pertanto nell’ATO n.2.

In quest’ambito le province svolgono funzioni di organizzazione, coordinamento e controllo del servizio gestione dei rifiuti, ma non possono svolgere attività di gestione diretta relativa ai rifiuti urbani. In applicazione degli indirizzi e delle prescrizioni del PGR, ogni Provincia predispone un Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti che dovrà:

 essere conforme ai principi generali della pianificazione regionale;  garantire che in ciascun ATO siano conseguiti gli obiettivi minimi di raccolta differenziata, di recupero e di trattamento dei rifiuti;  essere conforme alle linee guida ed agli indirizzi specifici relativi alla redazione dei piani, ai criteri di selezione delle tecnologie e di definizione dei dimensionamenti ottimali, alle procedure di localizzazione e di verifica dell’impatto ambientale, nonché alla definizione dei piani economico‐ finanziari;  comprendere, per gli impianti assoggettati a VIA ai sensi delle vigenti disposizioni di legge nazionali e regionali, la definizione dell’opera a livello di progetto di pianificazione provinciale, la quale confronti le possibili alternative strategiche e le possibili localizzazioni.

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Il PGR nasce quindi in un contesto regionale ed in un momento storico in cui la gestione dei RSU è regolamentata dal Piano dell’Emergenza e fonda quindi le sue basi sullo stato d’attuazione di tale Piano in quel momento; per quanto riguarda gli impianti tecnologici, le stazioni di trasferimento e le discariche lo stato di fatto dell’ATO n.2 risultava essere quello riportato di seguito:

Malgrado i dati si rivolgano essenzialmente ai RSU, un po’ come l’intero Piano, è opportuno prestare attenzione come nello stesso venga più volte manifestata l’esigenza di potenziare i ricettori di rifiuti sul territorio, addirittura con previsione di ulteriori realizzazioni.

Il fatto di sottoporre all’esame la presente proposta progettuale, prevedente in pratica lo sfruttamento della “capacità residua” di un impianto di recupero di materiale non pericoloso che per estensione e categorie CER è già stato esaminato ed autorizzato, sotto il profilo delle direttive regionali può essere inquadrato come un aiuto importante nella gestione controllata e pianificata dei rifiuti.

A rimarcare l’utilità dell’impianto sotto tutti questi aspetti sono le dichiarazioni MUD (Modello Unico di Dichiarazione ambientale) relative all’anno 1998 a dieci codici CER di rifiuti cui sono associate produzioni superiori alle 5000t.

Complessivamente questi rifiuti ammontano a 300256t, ovvero al 63% della produzione regionale di rifiuti non pericolosi. Di seguito un abstract dell’analisi del CER‐17 (RIFIUTI DELLE OPERAZIONI DI COSTRUZIONE E DEMOLIZIONE), risultato fra i 5 codici di rifiuti con produzioni superiori alle 10000t, che complessivamente rappresentano 289924t, pari al 61% del prodotto.

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 Codice 17 07 01: rifiuti misti di costruzioni e demolizioni ‐ 8420t

Rifiuto dichiarato da 11 soggetti di cui 7 soggetti coprono quasi per intero la produzione. Questa è così ripartita nelle province: il 64% in provincia di Crotone, il 19% in provincia di Catanzaro, il 11% nella provincia di Reggio Calabria, il 5% nella provincia di Vibo V. e il restante il 1% in provincia di Cosenza.

 Codice 17 04 05: ferro e acciaio ‐ 7.804 t

Rifiuto dichiarato da 124 soggetti dei quali solo in quindici detengono il 99% della produzione. Detto flusso proviene prevalentemente dalla div. 37 del manifatturiero (recupero e preparazione per il riciclaggio di cascami metallici), e dal commercio e manutenzione di autoveicoli, ed è così ripartito nelle province: il 59% in provincia di Crotone, il 16 % in provincia di Cosenza, il 13% in provincia di Catanzaro, il 11% nella provincia di Reggio Calabria e il restante il 1% nella provincia di Vibo Valentia.

Un’ulteriore informazione estrapolabile dalla stessa fonte istituzionale è La Produzione dei principali flussi di speciali non pericolosi di seguito tabellata e graficizzata:

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Da quanto si evince nel Piano, su scala regionale solo il 13,6% del totale dei rifiuti viene gestito nel recupero come dall’impianto Bova, a riprova della dimostrata valenza dell’iniziativa. Nella tabella seguente vengono riportate le tipologia di trattamento e le relative quantità di rifiuto trattato suddivise per attività di smaltimento e di recupero, individuate rispettivamente con le lettere D e R, di cui all’allegato B e C del D.lgs. 152/06.

Il quantitativo di rifiuti complessivamente trattato risulta pari a 1164695t, di cui 630380t di non pericolosi e 534316t di pericolosi. Il quantitativo complessivamente recuperato è invece pari a 999871t, di cui 259398t avviate a effettivo recupero (cod.R1, R3, R4, R5, R9 e R10) e 740474t oggetto di scambio per successive operazioni di recupero (cod. R12).

Si ravvisa che le operazioni di recupero per l’impianto in oggetto sono già state autorizzate (R5 ed R13) e non sono oggetto dell’attuale richiesta di ampliamento; quanto sopra è stato indicato per fornire informazioni utili ad una migliore comprensione dell’utilità del centro di recupero.

Da studi della Commissione Europea è stimato in 180 milioni di t/a la produzione di rifiuti da demolizione e costruzione in ambito comunitario. La quota attribuita all'Italia è di 20 milioni di t/a. L'attuale destino prevalente di questi rifiuti è la discarica, in cui viene smaltito il 72% del totale prodotto. Tale percentuale sale al 91% in Italia, mentre i paesi europei più avanzati hanno livelli di riutilizzo/riciclaggio dell'80‐90%.

La composizione merceologica dei rifiuti prodotti dalle attività di demolizione e costruzione è variabile in relazione alle consuetudini di costruzione edilizia. Per l'Italia non sono disponibili dati aggiornati al riguardo, mentre indagini condotte in altri paesi hanno portato a definire le seguenti composizioni medie:

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Per quanto sin qui detto si può tranquillamente constatare il pieno allineamento tra la proposta progettuale e gli auspici regionali in ambito ambientale, rimarcati dalla più volte manifestata volontà da parte dell’Ente di incentivare la sostenibilità ambientale e di dare sostegno alle professionalità che contribuiscono al miglioramento delle prestazioni ambientali. Senza trascurare l’aspetto lavorativo, è opportuno far notare che la Ditta rappresenta già una significativa risorsa economica per il manufatturiero locale, ed in previsione di un ciclo di recupero e gestione più completo aumenterebbe sicuramente l’attuale indotto con conseguenti benefici sociali.

6.2 Le Linee Guida per la rimodulazione del Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti

Linee guida per la rimodulazione del Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti della Regione Calabria, sono state recentemente approvate con delibera di Giunta Regionale n.49 del 11 febbraio2013, nell’intento di proporsi come sintesi della proposta di rimodulazione del vigente PGR in considerazione dell’evoluzione normativa.

Nell’At.11 della Direttiva rifiuti 2008/98/CE sono stati fissati nuovi obiettivi che gli stati dovranno raggiungere entro il 2020 per il riciclo dei rifiuti:

 50% per rifiuti domestici;  70% per i rifiuti da costruzione e demolizione; in considerazione della “Prevenzione” quale migliore strumento per ottenere un decremento della produzione di rifiuti, perché individua gli interventi necessari per ridurne l’impatto ambientale mediante il diverso impiego dei cosiddetti prodotti di scarto, altrimenti destinati a diventare rifiuti. Secondo questo documento, le Pubbliche Amministrazioni dovrebbero elaborare programmi volti a prevenire la produzione di rifiuti, con obiettivi specifici di prevenzione, da attuare secondo un criterio di adeguatezza e che siano accessibili al pubblico.

Sotto questo aspetto, il Comune di Amaroni, già nel 2010, si dimostrò lungimirante nel riconoscere il contributo rilevante alla popolazione locale, ed a quella del relativo indotto, dato dall’impianto di recupero della Ditta Bova, valutando la “necessità di individuare una zona precisa su cui effettuare il recupero dei rifiuti, invece di lasciare che vengano sparsi nei boschi o nei fiumi, zone queste non controllate, e dove è difficile il recupero”, facendo inoltre presente che “molte ditte artigianali locali hanno più volte manifestato le difficoltà di individuare un sito”.

Un’ulteriore considerazione sottolineata in dette linee guida è che gli obiettivi del vigente Piano Regionale sono stati disattesi; pertanto, così come queste direttive riconoscono , l’esigenza di un ammodernamento degli impianti esistenti e di un loro adeguamento alle nuove attuali esigenze in funzione delle previsioni dei precedenti Piani (anche se con particolare ai RSU, ma senza escludere gli scarti delle lavorazioni edili), sembra ulteriormente in linea con quest’intento la volontà della Ditta Bova di procedere in tal senso, anche su una scala ridotta.

6.3 Il Piano Provinciale della Gestione dei Rifiuti

Il vigente Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti è stato redatto nel marzo 2003 sulla base del documento “Programma Provinciale di organizzazione della gestione dei rifiuti della Provincia di Catanzaro” e si articola in 6 parti:

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 Parte A: normativa di riferimento;  Parte B: Piano dei rifiuti urbani;  Parte C: individuazione delle zone idonee e non idonee per la localizzazione degli impianti (con tavole allegate);  Parte D: Piano dei rifiuti speciali;  Parte E: forme organizzative & strumenti di attuazione;  Parte F: Piano delle bonifiche: analisi e spunti per l’aggiornamento del piano regionale.

Partendo dalla definizione data dall’Art.184 comma 3 lettera b del D.Lgs. 152/2006 di rifiuto speciale – i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione e costruzione […] – si può passare a qualche considerazione relativa alla Parte D del Piano Provinciale, in cui sono riportate:

 l’analisi della produzione al fine dell’individuazione della domanda di recupero e smaltimento, articolata per aree industriali, finalizzata alla costruzione di una proposta di fabbisogno impiantistico necessario al suo soddisfacimento;  l’analisi delle categorie che hanno una maggiore incidenza;  la verifica dell'incidenza delle attività di recupero e trattamento;  l’analisi finalizzata a valutare il fabbisogno di smaltimento per specifiche categorie per previsioni di Piano;  strumenti ed indicazioni specifiche relativamente alla realizzazione e gestione di alcune tipologie di impianti di recupero e trattamento dei rifiuti (caratteristiche e requisiti);  strumenti ed indicazioni specifiche relativamente alla diffusione dei sistemi di gestione ambientale ed agli interventi verso specifiche categorie produttive di rifiuti.

Con Deliberazione n.584 del 15 dicembre 2010, quindi poco prima dell’originaria autorizzazione dell’impianto, la Giunta Provinciale di Catanzaro ha emesso una presa d’atto del progetto per la revisione del Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti. Negli ultimi anni si sono avvicendate numerose proposte, alcune delle quali accolte dagli organi di governo, ma dal momento che l’attenzione del Piano Provinciale è volta soprattutto alla salvaguardia dell’ambiente dalla cattiva gestione dei RSU, possono esser tratte delle considerazioni relative ai principi fondanti l’esigenza di dotarsi di norme specifiche di settore.

In linea con l’obiettivo dell’Amministrazione di attivare un percorso mirato tracciabilità del ciclo produttivo e di smaltimento dei rifiuti sul territorio, congiuntamente alla riduzione della loro produzione, l’intervento proposto si muove perfettamente in linea con questi principi.

6.4 Considerazioni conclusive

Alla luce di quanto sin qui esposto si ritiene che la proposta progettuale rappresenti un passo in avanti alla gestione controllata e pianificata degli scarti edilizi, perfettamente in linea con le previsioni normative locali, ed in relazione alle stesse si configuri come un “apporto gratuito” al miglioramento della qualità ambientale ed al risparmio energetico.

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7 Caratteristiche dell’insieme “progetto–realizzazione–esercizio‐dismissione”

7.1 Ubicazione dell’impianto, accessibilità e distanza dalle infrastrutture

L’impianto di recupero e gestione dei rifiuti non pericolosi originati dall’attività edilizia, oggetto della presente proposta di ampliamento consistente nell’incremento di:

 numero di codici CER trattabili ‐ sempre afferenti la categoria 17 ad esclusione dei materiali ritenuti pericolosi;  area di trattamento – dagli attuali 985m2 a 4200m2 (pari quindi all’intera area d’impianto già autorizzata);

è ubicato in una porzione rurale, a destinazione prevalentemente agricola, nella zona nord‐est del territorio comunale di Amaroni.

È opportuno ribadire che l’impianto è già attivo dal 2018, in virtù del Decreto del Dirigente della U.O.T. "Funzioni Territoriali" del Dipartimento "Ambiente e Territorio" della Regione Calabria N°. 13783 del 26/11/2018 e che l’intervento proposto si configura come un’ottimizzazione delle sue residue potenzialità.

Il centro abitato più vicino è quello dello stesso Amaroni, ma si trova a sufficiente distanza per non percepire alcuna influenza dall’impianto; basti considerare che l’abitazione più vicina e non ricadente nel centro urbano, si trova ad oltre 300m. Procedendo in senso orario dista circa 3450 m da Girifalco, 5000 m da Borgia, 5200 m da , 2400 m da .

È facilmente raggiungibile da nord e da sud percorrendo la S.S. 181, ragion per cui, nelle previsioni progettuali è il suo assurgere a riferimento per tutte le imprese edili operanti nella zona.

Ricadendo nell’ATO della Provincia di Catanzaro, gli impianti di selezione e trattamento dei rifiuti indifferenziati di pertinenza sono 2, quello di e quello di Alli, della capacità complessiva massima di 136600t/anno (anche se in riferimento soprattutto ai RSU). Nella stessa Provincia gli impianti simili, riconosciuti ed autorizzati allo smaltimento dei materiali, o di parte degli stessi, provenienti dall’attività edilizia sono i seguenti (Fonte rapporto su produzione smaltimento e raccolta differenziata dei rifiuti nella Provincia di Catanzaro ‐ Edizione 2008) :

RAGIONE SOCIALE COMUNE CODICI CER IMPIANTI IN PROCEDURA ORDINARIA O CON AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE AMBIENTE e SERVIZI S.p.A. Catanzaro 170101 170102 170103 170107 170201 170202 170203 170405 170904 MANCUSO ANGELO Catanzaro altre tipologie dei CER 17 LAURITANO & figli SNC altre tipologie dei CER 17 AMBIENTE e SERVIZI CER 17 ME.CA LEAD RECYCLING SRL Lamezia Terme 170403 altre tipologie dei CER 17 CALCE MERIDIONALE S.p.A. 170504 170107 170802 170604 170506 IMPIANTI IN PROCEDURA SEMPLIFICATA ECOSISTEM s.r.l. Lamezia Terme 170402 170411 170401 ECOTEK S.r.L. 170405 170401 170402 170403 170404 170406 170407 170411 RECUPERI SUD sas Catanzaro 170405 CUDA VALENTINA Pianopoli 170402 170401 CALCITALIA SUD Lamezia Terme 170101 170102 170103 170802 170107 170904 46

M.P.R. di Talarico Elio 170203 170203 MCB SAS di Borrelli Giancarlo 170101 170102 170103 170802 170107 170904 170504 EUROBITUME di Sgromo E.&C. sas Maida 170302 MOVIMENTO TERRA FRANTUMAZIONI San Pietro Lametino 170504 170107 170504 170504 170101 170102 PIETRE 170103 170802 170107 170904 CALCESTRUZZI E BITUMI RIUNITI S.r.L. Maida 170303 ITALIAMETALFERRO S.r.L. Marcellinara 170405 CALABRIA METALLI S.r.L. Marcellinara 170405 170406 170407 SIRIO COSTRUZIONI S.r.L. Settingiano 170101 170102 170103 170107 170802 170904 ECO SUD S.r.L. Lamezia Terme 170405 170401 170402 170403 170404 170406 170407 170411 170401 CALCESTRUZZI E BITUMI RIUNITI SRL Maida 170302 IMPIANTO MOBILE DI SMALTIMENTO C.B.R. SRL Maida 170302

Da questo rapporto è lampante come siano pochi gli impianti predisposti a trattare compiutamente la quasi totalità di materiale di scarto non pericoloso proveniente dall’edilizia, anche perché tanti rappresentano piccoli impianti afferenti grosse realtà produttive industriali. Per la precisione questo rapporto, pur essendo l’ultimo esaustivo disponibile ufficialmente, risale come detto al 2008, e per quanto dichiarato fa una cernita delle realtà meno rilevanti. È emblematico, però, di quanto possa tornare utile un impianto, come quello proposto, in un contesto in cui si è distanti qualche decina di chilometri dall’impianto analogo più vicino. I centri più vicini risultano essere infatti quelli di Maida, distanti già da Amaroni più di 20km, ma non possiedono tutti i codici CER per poter gestire compiutamente gli scarti edili.

Non è da sottovalutarsi, infatti, come sia preferibile per gli utenti andare a scaricare il materiale di risulta in un centro più distante però capace di smaltire tutto il materiale, piuttosto che fare più viaggi nello stesso orario lavorativo per conferire i rifiuti in più impianti, con conseguente incremento dell’inquinamento afferente il trasporto su gomma.

7.2 Dal progetto all’esercizio

Piuttosto che parlare della realizzazione di un’opera, nel caso in esame si è visto come si possa prospettare l’implementazione delle lavorazioni. L’impianto, così come progettato, andrà ad insistere sull’area già autorizzata, con una maggiorazione della superficie adibita al trattamento, che in pratica andrà a coincidere con tutta quella a disposizione:

Stato di fatto [m²] Previsioni progettuali [m²] Superficie d’impianto 4200 4200 Superficie di trattamento 985 4200

Ovviamente l’esigenza nasce dall’incremento della domanda, per cui lo “stato di progetto” prevede un incremento delle quantità trattate.

Allo stato attuale, probabilmente a causa di previsioni progettuali sommarie, non si è in grado di trattare in maniera esaustiva l’intero materiale che potenzialmente potrebbe essere qui gestito, in quanto le categorie CER autorizzate sono poche rispetto a quelle che effettivamente necessiterebbero; finora il centro di raccolta e gestione è quindi stato sfruttato molto parzialmente. L’incremento del numero di codici CER avanzato nella fattispecie consentirà semplicemente l’ottimizzazione del processo lavorativo.

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Già in fase autorizzativa, a seguito delle ripetute richieste da parte delle imprese edili locali, l’Amministrazione aveva auspicato che l’impianto potesse assurgere a riferimento per tutto l’”hinterland”.

Pertanto non si può parlare di una vera e propria realizzazione, quanto di una riformulazione del ciclo di gestione. Il layout d’impianto è stato espanso all’intera superficie disponibile autorizzata, e, dal momento che le apparecchiature/macchine all’epoca acquistate hanno potenzialità ben al di sopra di quelle finora messe in campo, non sarà neppure necessario rivoluzionare le operazioni di recupero, che quindi si manterranno come da prima autorizzazione, ovvero:

 R5 – Riciclo/recupero di altre sostanze inorganiche;  R13 – Messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate da R1 a R11.

Ovviamente è prevista la realizzazione di quanto necessario a fare tutto ciò, ad esempio aumento dell’area pavimentata, sostituzione, per adeguamento alle nuove esigenze lavorative, dei locali uffici e dei servizi igienici, e quant’altro per lavorare in un ambiente sicuro, protetto ed igienicamente idoneo.

In conseguenza di quanto esposto aumenterà anche il numero di lavorazioni periodiche, che ad oggi sono strettamente limitate ai limiti temporali e quantitativi espressi dalle vigenti normative. Un incremento del ciclo di gestione e recupero non esclude però un incremento della forza lavoro; si ricorda come l’azienda sia riconosciuta come una fonte economica rilevante per molte famiglie della zona.

Per la trattazione esaustiva degli aspetti tecnico‐operativi, si rimanda però agli elaborati dedicati, al fine di non perdere l’obiettivo di esplicitare tutte le possibili conseguenze, a livello ambientale, derivanti da quanto prospettato.

7.3 Le opere accessorie

Definendo come tali alcune opere sussidiarie, ma indispensabili per una corretta gestione dell’impianto, queste opere possono essere inquadrate tra i “servizi”, e fungono da filtro al flusso dei materiali e dei veicoli in ingresso.

Nel caso in esame, trattandosi di un ampliamento, le opere accessorie necessarie alla corretta gestione della discarica sono già autorizzate e presenti.

L’accesso è costituito da una diramazione dalla S.S.181 rappresentata da una strada interpoderale, la struttura uffici e servizi verrà riformulata per adeguarsi alle nuove esigenze lavorative, mentre il piazzale interno verrà esteso a tutta l’area d’impianto pur mantenendo tutte le connotazioni fisico‐meccaniche per l’ottimale conduzione delle lavorazioni.

L’area è già provvista di un’adeguata recinzione atta ad impedire l’intrusione a persone non autorizzate e/o animali.

Verrà implementato il sistema di nebulizzazione dell’acqua per l’ottimale conduzione dell’area in assenza di eventuali polveri, un sistema di lavaggio delle ruote e relativa pesa per il controllo dei mezzi conferitori in entrata ed in uscita.

L’impianto d’illuminazione verrà implementato quanto basta per poter lavorare in inverno in prossimità del tramonto, mentre il sistema elettrico, la fornitura dell’acqua e l’apparato fognario risultano già

48 qualitativamente sufficienti (si ricorda che le lavorazioni resteranno immutate se non nella frequenza); il loro adeguamento sarà solo relativo alla riformulazione del layout d’impianto.

Il rischio incendio è estremamente limitato in forza della tipologia d’impianto, ad ogni buon fine si specifica che, come fatto sinora, saranno sempre presenti adeguati strumenti antincendio e/o estinguenti.

7.4 La qualità del ciclo di gestione e recupero

Per quel che riguarda la qualità del ciclo lavorativo si fa presente, solo perché rappresentativo del modus operandi, che la Ditta Bova sfrutta l’impianto anche per la propria Impresa Edile per cui ha ottenuto la certificazione UNI EN ISO 9001:2000. Inoltre “l’unico fattore di inquinamento potrebbe essere determinato dall’intorbidamento delle acque di drenaggio superficiale in occasione delle piogge più intense”.

È opportuno, perciò, esprimersi in merito a ciò che durante la trattazione è stato solo accennato alcune volte, ovvero il piano di monitoraggio di cui la Ditta si è dotata a seguito dell’Autorizzazione Provinciale, in conseguenza delle previsioni del parere con prescrizioni emanato dall’A.R.P.A.Cal.. Infatti “il monitoraggio degli effetti prodotti sull’ambiente dagli impianti si associa ad altre azioni che concorrono alla complessiva gestione sostenibile del sistema integrato di trattamento dei rifiuti. I sistemi di monitoraggio devono essere parte integrante del funzionamento del sistema impiantistico poiché in molti casi, oltre ad essere finalizzati alla conoscenza e al controllo degli effetti ambientali, sono indicatori del processo stesso”.

Nella predisposizione del piano si è proceduto per step successivi:

 Individuazione della presenza di falda;  Accertamento del flusso dell’acqua;  Configurazione dimensionale della falda;  Identificazione dei punti di monitoraggio;  Convalida del piano e relative prescrizioni operative.

La scelta dei punti di controllo per il monitoraggio delle acqua sotterranee è stata effettuata nell’ottica di riuscire ad identificare e quantificare le prestazioni ambientali dell’impianto nei confronti della matrice ambientale “acque sotterranee”.

Sono state individuate le potenziali sorgenti di inquinamento dell’ambiente idrico di falda, in funzione del processo produttivo, dei cicli di lavorazione, delle materie prime utilizzate e dei prodotti e/o sostanze rilasciate dall’impianto.

I punti di monitoraggio sono stati individuati in relazione all’estensione del sito su cui insiste l’impianto, in modo tale che fossero presenti almeno un pozzo a monte e due a valle, in considerazione della direzione della falda.

 PUNTO 1 ‐ localizzato a valle (in senso idrogeologico) delle aree di lavorazione, in modo da verificare le caratteristiche delle acque di falda “in uscita”, per l’altra direzione estrema SE;  PUNTO 2 – localizzato a circa 400m in direzione E dall’impianto, a quota 303m s.l.m. e rappresentato dal pozzo aziendale, ubicato a valle in senso idrogeologico dal sito di stoccaggio ed in posizione opposta rispetto al n.4, considerabile come la zona a maggiore criticità;  PUNTO 3 – localizzato a valle delle aree di lavorazione, sia in quota che idrogeologicamente, in modo da verificare le caratteristiche delle acque di falda “in uscita”, per la direzione estrema NE;

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 PUNTO 4 – localizzato a circa 500m in direzione W dall’impianto, a quota di circa 340m s.l.m., ad adeguata distanza dalle aree di lavorazione (a monte del sito sia in quota che in senso idrogeologico), in modo da costituire il valore di riferimento delle acque sotterranee in ingresso all’area.

I punti, sono quindi ubicati a distanza sufficiente dalle aree di lavorazione per escludere influenze dirette ma, al contempo, sono collocati nelle zone ritenute maggiormente più critiche per la direzione di deflusso e la permeabilità.

Dal momento che le previsioni progettuali lasciano invariata la superficie d’impianto si può ritenere sempre valido il sistema di monitoraggio predisposto, che continuerà ad essere esaminato con cadenza semestrale per come da piano.

7.5 Il piano di ripristino ambientale

A meno di ulteriori proroghe, l’Autorizzazione avrà una validità decennale, per cui ci si è posti fin da questa fase predittiva il problema di come operare il ripristino ambientale allo scadere della vita utile dell’impianto, intervenendo con le opportune sistemazioni dell’area soprattutto in ottemperanza a quanto sancito dall’Allegato 2 del D.Lgs. 36/2003.

È opportuno far presente che, a seguito di parere positivo degli Enti competenti, l’area potrà rientrare fra le “pertinenze” dell’adiacente Impresa di Costruzioni della stessa Ditta.

Pur rimandando agli specifici elaborati per quel che riguarda gli aspetti tecnico‐operativi, si può qui relazionare in merito all’iter previsto per il ripristino del sito, che data la tipologia di lavorazioni, non sarà di difficile dismissione.

Al momento della cessazione dell’attività:

 Verrà evitato qualsiasi rischio di inquinamento;  Ci si adopererà ai sensi della vigente normativa in materia di bonifiche e rispristino ambientale;  Verranno correttamente smaltiti i prodotti delle lavorazioni che per tempo saranno previsti in quantità limitate al fine di non incorrere in ritardi;  Sarà comunicata alle Autorità competenti la dismissione;  Le macchine e le strutture, sempre in ottemperanza alle eventuali prescrizioni emanate, potranno essere utilizzate ai fini dell’attività edile svolta dalla menzionata Impresa di Costruzioni Bova.

Si avrà particolare riguardo alla riabilitazione funzionale del luogo, eventualmente anche attraverso azioni di ricompensazione della flora, adottando quelle linee di azione specificatamente previste dalla normativa, adeguando l’area d’impianto alla destinazione urbanistica vigente.

Qualora le prescrizioni normative lo impedissero, trattandosi di una zona con spiccata vocazione agricola, si può presumere l’opportunità di adibire l’area ad uliveto e/o vigneto, coltivazioni ad oggi presenti nei lotti limitrofi.

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8 Caratteristiche delle modalità di gestione

8.1 Classificazione e vita utile dell’impianto

Per come premesso, l’intervento progettuale proposto attiene l’ampliamento della superficie trattabile a tutta l’area d’impianto autorizzata di un esistente centro di gestione e recupero rifiuti non pericolosi derivanti dagli scarti delle lavorazioni con incremento dei codici CER.

Questa richiesta si giustifica con l’aver constatato che in sede di prima autorizzazione le previsioni avevano sottostimato due fattori fondamentali:

 L’importanza di un impianto di questo tipo nella zona, quindi il reale afflusso di richieste, da parte delle imprese costruttrici locali, di poter conferire i propri scarti di lavorazione;  La varietà qualitativa dei rifiuti, sono stati inseriti troppo pochi codici CER per poter mettere a regime l’impianto in tutte le sue potenzialità; solo una parte degli scarti sono potuti essere trattati in questi anni mentre gli altri conferiti in altri centri.

Le nuove previsioni progettuali, in conseguenza di quanto riportato, indicano quindi i seguenti quantitativi di materiale da trattare (in considerazione di 8 ore lavorative al giorno per 300 giorni lavorativi):

Potenzialità oraria di trattamento 2,60 m3 7,80t Potenzialità giornaliera di trattamento 20,80 m3 62,40t Potenzialità annua di trattamento 6240,00 m3 18720,00t

Dal momento che il progetto è da sottoporsi a Verifica di assoggettabilità di competenza delle Regioni ‐ D.Lgs.152/2006 – è stata prevista una vita utile massima di circa 10 anni, per la decadenza burocratica dell’autorizzazione. Per come accennato nei paragrafi precedenti, qualora, per un qualsiasi motivo, non si potesse portare avanti l’attività oltre questo termine, si concorderà, con gli Enti competenti, la possibilità di poter sfruttare le infrastrutture create (pavimentazione, zona uffici, etc.) per attività collaterali all’adiacente Impresa di Costruzioni della stessa Ditta o, in alternativa, il ripristino dell’area alle precedenti previsioni di Piano.

8.2 Tipologia e gestione dei rifiuti ammessi al recupero

A seguito dell’ampliamento il centro accoglierà, in analogia all’originaria autorizzazione, solo rifiuti non pericolosi, delle categorie 17 ‐, da trattare secondo le già approvate operazioni di recupero R5 ed R13.

I rifiuti conferiti all’impianto verranno visionati dagli addetti e, se accettati come corrispondenti alle tipologie previste, saranno sottoposti a pesatura a mezzo di apposito sistema automatico. Si continuerà a procedere quindi al trattamento dei rifiuti mediante impianto trasportabile costituito da un trituratore FTR 750 (bocca mm 750x900) a trasmissione elettrica, trasportatore a nastro 600/6 a trasmissione elettrica, unità di potenza 78kW e l’incluso deferrizzatore magnetico (marca CAMS S.r.l.).

I mezzi di trasporto, su precisa ed esplicita indicazione degli addetti, potranno quindi scaricare nella zona operativa dell’impianto.

Una volta depositati, i rifiuti verranno movimentati e compattati dai mezzi presenti in discarica.

51

I mezzi in uscita verranno quindi sottoposti alle procedure amministrative necessarie per la quantificazione dei rifiuti conferiti ed alle operazioni igieniche di decontaminazione (lavaggio ed eventuale rimozione di materiali incastrati nel mezzo). Agli autisti verrà rilasciata copia appositamente compilata e timbrata dei formulari di trasporto dei rifiuti.

L’intera organizzazione interna della discarica è visualizzabile nel seguente schema a blocchi:

Ingresso Carichi

Verifica conformità documentazione di accompagnamento

Pesatura ed accettazione

Verifica dei carichi conferiti

Trattamento preliminare

Deposito e compattazione rifiuti

Lavaggio ruote mezzi

Pesatura tara

Uscita

Prima della ricezione dei rifiuti verrà verificata l’accettabilità degli stessi mediante acquisizione di idonea certificazione riportante le caratteristiche chimico‐fisiche dei materiali (formulario di identificazione e/o risultanze analitiche) e qualora la verifica di accettabilità venisse effettuata anche mediante analisi, la stessa sarà eseguita per ogni conferimento di partite di rifiuti, ad eccezione di quelli che provengono continuativamente da un ciclo tecnologico ben definito, ma in tal caso la verifica avrà cadenza almeno semestrale.

La movimentazione e lo stoccaggio dei rifiuti verrà effettuata in sicurezza ed a titolo meramente esemplificativo secondo le seguenti modalità:

 Evitando la dispersione di materiale pulverulento nonché gli sversamenti al suolo di eventuali liquidi;  Evitando l’inquinamento di aria, acqua, suolo e sottosuolo, ed ogni danno a flora e fauna;  Riducendo al minimo i rumori;  Producendo il minor degrado ambientale e paesaggistico possibile;  Rispettando le norme igienico‐sanitarie;  Evitando ogni danno, pericolo per la salute, l’incolumità, il benessere e la sicurezza alla collettività, dei singoli e degli addetti.

I mezzi utilizzati per la movimentazione dei rifiuti saranno tali la dispersione degli stessi, ed in particolare i sistemi di trasporto dei rifiuti soggetti a dispersione eolica (polverulenti) saranno coperti con apposite telonature. Sempre in riferimento ai materiali soggetti ad eventuale dispersione polverulenta, durante la

52 movimentazione saranno mantenuti costantemente attivi getti di acqua nebulizzata sul materiale inerte, come in concomitanza della loro frangitura.

Lo stoccaggio dei cumuli di materiale sarà selettivo, in aree distinte per ciascuna tipologia.

Sia i rifiuti inerti che i cumuli di materia prima e seconda prodotti, saranno costantemente mantenuti in condizioni di umidità tali da limitare la dispersione di polveri e stoccati sotto teloni di copertura ancorati alla pavimentazione. Ancora i rifiuti prodotti durante la campagna di attività e destinati allo smaltimento verranno raccolti in cassoni coperti, separatamente da quelli destinati al riutilizzo/recupero e suddivisi per differente tipologia; il loro deposito temporaneo sarà effettuato nel rispetto delle condizioni di cui all’Art.183 comma 1 lettera m del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i..

I prodotti e le materie prime e seconde (MPS) ottenute dalle operazioni di recupero autorizzate avranno caratteristiche merceologiche conformi alla normativa tecnica di settore o, comunque, nelle forme usualmente commercializzate.

I materiali ottenuti dalle operazioni di recupero garantiranno la conformità:

 Alle caratteristiche definite dall’Allegato C alla Circolare 15 luglio 2005 n.UL/2005/5205 del Ministero dell’Ambiente, conformemente a quanto previsto al punto 7.1.4 dell’Allegato 1 al D.M.A. 5 febbraio 1998 e s.m.i.;  Al test di cessione di cui all’Allegato 3 del D.M.A. 5 febbraio 1998 e s.m.i.. In particolare sulle MPS destinate al riutilizzo in rilevati e sottofondi stradali o destinate al riutilizzo per recuperi ambientali sarà eseguito il test di cessione sul prodotto finito e sul tal quale.

La conformità dei prodotti a dette specifiche sarà garantita all’uscita dal sito di lavorazione e non a destinazione.

Il Gestore, in qualità di Datore di lavoro, ai sensi dell’Art.28 del D.Lgs.81/2008, procederà all’implementazione delle valutazioni:

 Dell’esposizione dei lavoratori al rumore durante il lavoro, con presenza di macchine, attrezzature ed impianti ai sensi dell’Art.190 del precitato Decreto, in modo da identificare ed adottare le opportune misure di prevenzione e protezione, con particolare riferimento alle norme di buona tecnica ed alle buone prassi;  Del rischio da vibrazione meccanica cui i lavoratori potrebbero essere esposti nei luoghi di lavoro, con presenza di macchine, attrezzature ed impianti ai sensi dell’Art.202 del precitato Decreto, in modo da identificare ed adottare le opportune misure di prevenzione e protezione, con particolare riferimento alle norme di buona tecnica ed alle buone prassi.

Sarà inoltre a carico del Gestore, in qualità di Datore di lavoro, la creazione e l’aggiornamento di un “registro delle manutenzioni” in cui verranno annotate di volta in volta le verifiche obbligatorie e le manutenzioni ordinarie e/o straordinarie effettuate per ciascuna macchina e/o impianto. I risultati dei controlli saranno riportati per iscritto e, almeno quelli relativi agli ultimi tre anni, saranno conservati e tenuti a disposizione degli Organi di vigilanza.

Il menzionato monitoraggio delle acque superficiali e sotterranee approvato dall’A.R.P.A.Cal. continuerà ad aver luogo con cadenza massima semestrale. 53

Quotidianamente si avrà cura di non eccedere il quantitativo massimo di rifiuti da trattare autorizzato.

9 Fonti di emissione dell’impianto

Data la natura del materiale inerte e non pericoloso da trattare, oltreché la rigorosa politica di gestione che verrà mantenuta, pur mantenendo alta l’attenzione alle potenziali emissioni dell’impianto nell’ambiente, in questo paragrafo si potrà constatare come esse siano praticamente nulle e/o assimilabili alle attività normalmente condotte nel contesto locale.

Dal momento che i rifiuti di per sé non costituiscono elementi particolarmente inquinanti, l’unico fattore d’inquinamento potrebbe essere determinato dall’intorbidamento delle acque di drenaggio superficiale in occasione delle piogge più intense, ma come si è già visto in precedenza questo rischio è eliso dai predisposti sistemi di monitoraggio e di drenaggio delle acque superficiali.

Prima di passare al vaglio tutte le possibili tipologie di emissioni, è bene soffermarsi un attimo sulla recente definizione normativa di rifiuto inerte che, con la Decisione 2003/33/CE, acquista finalmente forma. In effetti uno dei problemi che da sempre ha riguardato la complessa casistica dei rifiuti è stato quello di stabilire uno spartiacque oggettivo e misurabile tra ciò che può essere descritto ragionevolmente come un materiale privo di conseguenze sotto il profilo ambientale e quello che invece può generare dei "lasciti" indesiderati.

Secondo la Direttiva 1999/31/CE per rifiuti inerti si intendono: "i rifiuti che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa. I rifiuti inerti non si dissolvono, non bruciano né sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono biodegradabili e, in caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana. La tendenza a dar luogo a colaticci e la percentuale inquinante globale dei rifiuti nonché l'ecotossicità dei colaticci devono essere trascurabili e in particolare, non danneggiare la qualità delle acque superficiali e/o freatiche"

9.1 Analisi delle emissioni in atmosfera

9.1.1 Il Biogas

La degradazione fisica comprende quei processi che comportano una mutazione fisica delle caratteristiche originarie del rifiuto messo in discarica, fra cui, principalmente, la riduzione del volume. L’adsorbimento, la precipitazione e la lisciviazione sono alcuni dei più importanti fenomeni fisici che si verificano in discarica.

La degradazione chimica comprende il complesso delle reazioni chimiche che hanno luogo tra le diverse sostanze presenti nei rifiuti, in corrispondenza dell’interfaccia solido‐liquido, con variazione della solubilità, del potenziale redox e del pH.

Tuttavia, il principale meccanismo, attraverso il quale il rifiuto si decompone, è rappresentato dalla degradazione biologica, cioè la trasformazione della materia ad opera di particolari ceppi batterici. Tale processo controlla la velocità di degradazione chimica e fisica, influenzando variabili come il pH e il potenziale redox.

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Il tipico odore delle discariche è in gran parte legato alle emissioni gassose derivanti dal processo di biogassificazione e all’effetto di trascinamento che le stesse hanno sugli strati più alti di materiale fresco, che ancora non hanno innescato il processo di degradazione anaerobica.

Le emissioni gassose prodotte in quantità molto rilevanti costituiscono, se non controllate, uno dei fenomeni più pericolosi per una discarica. Tali emissioni possono comportare, infatti, l’emanazione di forti odori percepibili dalla popolazione, pericoli per persone o cose, in quanto causa di incendi ed esplosioni, danni alla vegetazione perché, migrando nel terreno, lo rendono anossico provocando il soffocamento delle radici delle piante e problemi ambientali in genere.

Dal momento che i rifiuti che verranno trattati nel centro in progetto ricadono tutti nella categoria CER 17, con selezione dei soli codici non pericolosi, per la definizione data dalla Direttiva 1999/31/CE, non si ravvede la possibilità di esalazione del biogas.

9.1.2 I fumi di scarico

È stato già visto come gli apparati e/o macchinari impiegati nel processo di gestione e riciclo dei rifiuti abbia principalmente alimentazione elettrica, ciò nondimeno verranno comunque impiegati dei mezzi di lavoro con alimentazione a carburante tradizionale. Quest’ultimi, possono ulteriormente distinti tra quelli “interni” all’impianto, adoperati per la movimentazione dei materiali, e quelli “esterni” che conferiscono al centro gli scarti edilizi dai vari cantieri.

Proprio a questi è imputabile la maggiore emissione di gas di scarico, dovendo essi percorrere, in linea di principio, delle distanze superiori rispetto ad i primi.

All’uopo, c’è da puntualizzare come l’ottimizzazione dell’impianto progettata, e l’integrazione di codici CER proposta, possano generare la convenienza, per le imprese costruttrici locali, di non dover percorrere molti più chilometri (almeno 20÷30km) per poter raggiungere il primo centro di smaltimento più vicino, con un minore aggravio per l’atmosfera del quantitativo di gas climalteranti. Si ricorda che il limitato numero di CER autorizzati nel dicembre del 2010, ha impedito il decollo dell’iniziativa, le cui potenzialità sono state parzialmente sfruttate, con conseguente ridotto afflusso di utenti.

È possibile avere un’idea di cosa significhi in termini ambientali questa riduzione dei consumi di carburante andando a valutare l’”impronta ecologica” di uno dei camion mediamente carico del tipo che possono affluire all’impianto (Calcoli condotti sui dati forniti da IVECO/FIAT, per camion modello medio, categoria Euro 4, in condizioni di medio carico, percorso extraurbano, veicolo in perfetta efficienza).

 CO2 prodotta dal camion = 680/700 g/km;

 Capacità assorbimento CO2 della vegetazione:  1000 m2 (0,1Ha) di un semplice campo incolto, non costruito, dove possano crescere liberamente e stagionalmente piante erbacce e arbustive, privo di alberi, riesce a

fissare in 1 anno circa 1 kg di CO2 (da min 0,7 a max 1,1 kg) presente in atmosfera;  Le superfici boscate hanno una capacità di assorbimento fino a 10 volte superiori – 2 1kg di CO2 è assorbito da 100 m (0,01Ha) di bosco.  Dati in ingresso:  1 camion il giorno; 55

 una percorrenza media di 40 km al giorno per ciascun veicolo (20 all’andata + 20 al ritorno);

 visti i dati di produzione di CO2 per km per autoveicolo (0,7 kg di CO2 /km);  Dati in uscita:

 (40 x 0,7) = 28 kg di CO2 al giorno;  (28 x 0,1) = 2,8Ha (di prati);  (28 x 0,01) = 0,28Ha (di boschi densi d’alto fusto)

Benché l’esempio sia stato condotto solo per quel che riguarda il gas‐serra più noto (l’anidride carbonica), risulta evidente come l’ottimizzazione del centro progettato sia oltremodo favorevole per il mantenimento della salubrità atmosferica.

Per quel che riguarda i mezzi ed i macchinari utilizzati, si presenta come gli stessi continueranno ad essere mantenuti in efficienza secondo tutte le prescrizioni ricevute dall’Azienda produttrice.

9.2 Analisi delle emissioni nelle acque superficiali

Le emissioni in acqua che la gestione dell’impianto può generare sono riconducibili alla captazione delle acque meteoriche che insistono sulle superfici interessate dal conferimento dei rifiuti e recapitate attraverso opportune canalizzazioni nel corpo recettore più vicino, ovvero l’impluvio naturale a nord che, dopo circa 400m giunge fino al Torrente Spinzo.

L’intera area d’impianto verrà pavimentata e dotata di un sistema di captazione e canalizzazione delle acque meteoriche, confluenti in un disoleatore e dissabbiatore che tratterà le stesse prima dello scarico.

Il trattamento delle acque di scarico di origine meteorica precipitate e raccolte sui piazzali, può essere effettuato con due diversi sistemi, e precisamente mediante:

 Impianto Disoleatore‐Dissabbiatore;  Impianto di prima pioggia, con raccolta ed accumulo della stessa.

Entrambi i sistemi devono rendere un acqua qualitativamente entro i limiti della vigente legislazione in materia di antinquinamento (Decreto Leg.vo 152/2006 – Testo Unico Ambientale), ma la scelta è ricaduta sulla prima tipologia per la sostanziale differenza di funzionamento rispetto al secondo.

Infatti l’Impianto Disoleatore/Dissabbiatore svolge un trattamento continuo, mentre l’Impianto di prima pioggia svolge un trattamento discontinuo; in altri termini, nel primo caso durante precipitazioni piovose l’acqua meteorica passa attraverso l’Impianto Disoleatore/Dissabbiatore e con azione immediata si libera di fanghi (sabbie e terricci) e di oli minerali/idrocarburi, mentre nel secondo caso durante precipitazioni piovose la prima frazione di acqua meteorica viene raccolta e stoccata ed in una successiva programmata fase verrà disoleata.

L’impianto previsto si compone di una serie di vasche prefabbricate in calcestruzzo armato vibrato, da installare entro terra, ed ispezionabili dall’alto attraverso i fori d’ispezione situati nelle coperture delle vasche stesse. Verranno impiegate per separare oli minerali, idrocarburi leggeri, morchie, sabbie e terricci eventualmente presenti nelle acque di scarico raccolte sul piazzale.

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Durante tempo piovoso l’acqua meteorica precipitata nei piazzali viene raccolta dai pozzetti sifonati, muniti di griglia (o coperchio forato). Dai pozzetti l’acqua piovana confluisce nell’Impianto Disoleatore/Dissabbiatore ed inizia il trattamento epurativo.

La prima vasca riceve tutte le acque raccolte sui piazzali ed ha la funzione di scolmatore. Infatti, durante minime precipitazioni atmosferiche tutta l’acqua in arrivo passa direttamente alla seconda vasca, mentre viceversa nel caso di forti precipitazioni atmosferiche sale il livello dell’acqua nella vasca scolmatore e la quantità di scarico in eccesso viene incanalata in condotta a parte (by‐pass) e diretta al pozzetto d’ispezione situato a valle dell’Impianto Disoleatore/Dissabbiatore; naturalmente, onde evitare la fuoriuscita di oli minerali, l’uscita della condotta di scolmatura è schermata.

La seconda vasca ha funzione di dissabbiatore; nel fondo vasca, mediante decantazione, si accumulano tutti i fanghi pesanti (terriccio, sabbie).

L’acqua passa successivamente alla vasca disoleatore, divisa internamente in due vani: nel primo, per effetto fisico di gravità, vengono trattenuti in superficie circa 75‐85% degli oli minerali liberi contenuti nell’acqua che, con azione immediata, verranno assorbiti da speciali filtri adsorbioil; il secondo vano, attrezzato di filtro a coalescenza, è idoneo a catturare e trattenere oli minerali liberi residui, oli minerali in emulsione e sostanze sospese.

Dal momento che il Disoleatore/Dissabbiatore verrà leggermente sovradimensionato per fattori di sicurezza considerando “fortissime precipitazioni – 1,5 l/min/m2 di piazzale) non si prevede alcuna contaminazione delle acque superficiali generata dalla fortuita presenza di sostanze inquinanti sul piazzale. Ovviamente le stesse osservazioni valgono anche per le fasi si pulitura del piazzale e nella normale attività in cui si nebulizza acqua e si lavano i copertoni dei mezzi.

Merita nota il fatto che, come risulta dagli studi geologici ed idrogeologici effettuati, per la particolare configurazione del terreno “le acque idrometeoriche infiltrate nel sottosuolo defluiscono velocemente”, per cui risulta improbabile il loro afflusso nel Torrente. Più che le interferenze con le acque superficiali varrà la pena spendere qualche considerazione in merito a quelle profonde, che per come accennato nella trattazione, sono però sottoposte ad un piano di monitoraggio che finora non ha mai fatto rilevare delle problematiche di questo tipo.

Per quel che riguarda la potenziale interferenza derivante dallo smaltimento delle acque nere, per come attestato dall’UTC, l’impianto è allacciato alla rete fognante.

9.3 Analisi delle emissioni nel suolo e nel sottosuolo

Data la tipologia di lavorazione su pavimentazione di tipo industriale, risulta difficile ipotizzare una sorta di contaminazione del suolo.

Al contrario, alla luce della ricostruzione delle caratteristiche idrogeologiche e dell’andamento della superficie piezometrica nel sito in esame, è stata appurata la valenza del predisposto sistema di monitoraggio prescritto dall’A.R.P.A.Cal. nel 2010 ed attivo dal 2011. Ad oggi non sono state rilevate delle situazioni di disagio ambientale.

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La matrice così indagata è quelle delle acque sotterranee, tra l’altro l’unica compromettibile in caso di fortuita compromissione della tenuta idraulica dei vari settori dell’impianto che potrebbero causare dispersione di liquidi inquinanti.

Si è già detto come l’unico fattore di inquinamento potrebbe essere determinato dall’intorbidamento delle acque di drenaggio superficiale in occasione delle piogge più intense, e, nel paragrafo precedente è stata analizzata la modalità di smaltimento delle stesse.

Pertanto, alla luce di quanto sin qui dimostrato si ritiene che, in considerazione del periodico monitoraggio delle acque sotterranee e della manutenzione programmata del Disoleatore/Dissabbiatore, siano state adottate tutte le misure di salvaguardia possibili e prescritte per il sottosuolo.

Per quel che riguarda la potenziale interferenza derivante dallo smaltimento delle acque nere, per come attestato dall’UTC, l’impianto è allacciato alla rete fognante.

9.3.1 Il percolato

In generale, la composizione del percolato, oggetto di numerose ricerche sin dai primi anni ’80, è strettamente correlata ai diversi processi chimici, fisici e biologici che si svolgono all’interno di una discarica.

In forza della definizione formale di rifiuto inerte data dalla Direttiva 1999/31/CE e già precedentemente riportata, si può escludere la produzione di percolato.

9.4 Analisi delle emissioni sonore

Il rumore rappresenta un fattore di inquinamento ormai presente, seppure a diversi livelli, nei vari contesti produttivi e residenziali, ed è stato oggetto, soprattutto negli ultimi anni, di particolare attenzione per i danni che può determinare dal punto di vista psichico e fisico sulle persone, nonché per l’eventuale fastidio causato agli altri esseri viventi che in qualche modo entrano in contatto con la sorgente sonora. Per questo si sono sviluppate metodologie e soluzioni tecnologiche tese all’attenuazione della propagazione del rumore generato da una qualsiasi sorgente sonora.

L’area d’impianto, per come si è visto, resterà invariata rispetto a quella già autorizzata; solo la frequenza delle lavorazioni s’intensificherà, in forza della maggiore area di trattamento disponibile e del maggior numero di materiale recuperabile, pur mantenendo gli stessi mezzi dichiarati in precedenza, dal momento che risultano sufficientemente adeguati alla conduzione dell’impianto.

Nelle aree circostanti il sito si rilevano terreni destinati prevalentemente ad uliveto, e sparse attività agricole. La prima casa vicina si ritrova ad una distanza di oltre 300m, ed è al di fuori del più vicino centro abitato di Amaroni, ulteriormente distante.

La situazione di relativo isolamento del sito in esame appena descritta, implica la non ricorrenza della fattispecie di cui al comma 1 dell’Art. 4 del D.P.C.M. 14 novembre 1997 e la conseguente non applicabilità dei valori limiti differenziali di immissione di cui al medesimo comma.

Al momento il Comune di Amaroni non è dotato di zonizzazione; pertanto, in mancanza di specifiche normative locali, per la classificazione dell’area ci si è rivolti sempre al D.P.C.M. 14 novembre 1997 che 58 prevede la classificazione del Territorio Comunale in zone di sei classi, fra le quali quella in questione si ritiene possa essere la 3a, ovvero:

CLASSE III – aree di tipo misto: rientrano in questa classe le aree urbane interessate da traffico veicolare locale o di attraversamento, con media densità di popolazione, con presenza di attività commerciali, uffici con limitata presenza di attività artigianali e con assenza di attività industriali; aree rurali interessate da attività che impiegano macchine operatrici.

Contrada Argadi si trova infatti nella zona a nord‐est del territorio comunale in un contesto rurale vocato ad attività prevalentemente agricole ed artigianali.

I limiti massimi di immissione prescritti nel D.P.C.M. 14 novembre 1997, fissati per le varie aree, sono distinguibili in:

 valore limite assoluto di immissione: Valore massimo di rumore che può essere immesso da una o più sorgenti sonore nell’ ambiente abitativo o nell’ ambiente esterno;  valori limite di emissione: Valore massimo di rumore che può essere emesso da una sorgente sonora misurato in prossimità della sorgente stessa;

In particolare, per la classe individuata, l’impianto deve garantire i seguenti valori:

CLASSE DI DESTINAZIONE D’USO: III – AREE DI TIPO MISTO Tempi di riferimento Diurno Notturno (06.00‐22.00) (22.00‐06.00) VALORI LIMITE ASSOLUTI DI IMMISSIONE ‐ Leq in dB(A) 60 50 VALORI LIMITE DI EMISSIONE ‐ Leq in dB(A) 55 45 VALORI DI QUALITÀ ‐ Leq in dB(A) 57 47

A questo punto risulta necessario considerare che l’intervento di ampliamento sostanzialmente consta di un’ottimizzazione delle potenzialità dell’impianto e le uniche emissioni sonore saranno quelle imputabili ai mezzi d’opera del centro, dall’impianto di triturazione dei rifiuti e dagli automezzi conferitori.

Inoltre, il processo lavorativo nel centro per il trattamento dei rifiuti della Ditta Bova non è a ciclo continuo, ma ha luogo soltanto quando le quantità di rifiuti raggiungono i limiti stabiliti dalla legge.

Alla luce delle considerazioni normative fatte, e potendo escludere le emissioni sonore notturne per via dell’orario giornaliero di lavoro, si può facilmente dimostrare come le lavorazioni di che trattasi rientrino nei valori limite. Di seguito vengono considerate le emissioni nell’area di lavoro e poi espresse delle considerazioni in merito all’eventuale disturbo dell’ambiente circostante.

L’attrezzatura impiegata, in conformità con la determinazione autorizzativa, è costituita da un impianto trasportabile costituito da un Trituratore FTR 750 a trasmissione elettrica con trasportatore a nastro 600/6 anch’esso a trasmissione elettrica, un’unità di potenza da 78kW, con deferrizzatore incluso della CAMS S.r.l..

Per questa macchina, la ditta produttrice garantisce che: Non Produce Inquinamento Acustico ed Atmosferico. Dal punto di vista ecologico un impianto di frantumazione e riciclaggio può comportare due tipi di inquinamento ambientale: quello acustico e quello di emissione di polveri. Nel caso dell’ UTM FTR 750 la bassa velocità di rotazione degli alberi evita entrambi gli inquinamenti. Ai fini del presente studio, la stessa

59 ha comunicato un valore di emissione massima, con tutta l’apparecchiatura in funzione, pari a 68dB, che, una volta convertiti in Leq(A) diminuiscono ulteriormente perché trattasi di valutazioni su scala logaritmica:

Solo per stabilire un raffronto ad attività umane più usuali, si può confrontare come questo livello sonoro si attesti tra il parlato normale ed a voce alta.

Rivolgendo, invece, l’attenzione agli ulteriori mezzi d’opera, “interni” e/o “esterni”, eventualmente operanti nell’area si può rilevare che la normale attività dell’impianto può essere paragonata a quella agricola caratterizzante la zona in cui esso stesso sorge; a seguire un confronto quantitativo.

Per le più usuali attività agricole, uno studio congiunto tra l’Istituto Superiore per la Prevenzione E la Sicurezza del Lavoro (ISPESL) e l’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro, ha fatto rilevare le emissioni sonore in varie condizioni orografiche e di operatività. Di seguito, per brevità, sono riportate le risultanze relative a quattro di queste: aratura, semina, movimentazione carichi, spandimento letame.

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Per determinare l’ordine di grandezza del rumore emesso invece dai potenziali mezzi d’opera afferenti all’impianto (una pala meccanica per la movimentazione dei rifiuti ed un autocarro per il loro trasporto), ci si è rivolti alla banca dati realizzata dal C.P.T.‐Torino e co‐finanziata da INAIL‐Regione Piemonte, in applicazione del comma 5‐bis, art.190 del D.Lgs. 81/2008 al fine di garantire disponibilità di valori di emissione acustica per quei casi nei quali risulti impossibile disporre di valori misurati sul campo. La Banca dati è stata approvata dalla Commissione Consultiva Permanente in data 20 aprile 2011, in quanto realizzata secondo la metodologia seguente:

4. Procedure di rilievo della potenza sonora, secondo la norma UNI EN lSO 3746 – 2009; 5. Procedure di rilievo della pressione sonora, secondo la norma UNI 9432 ‐ 2008.

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L’Art.189 del D.Lgs. 81/2008 ‐ Valori limite di esposizione e valori di azione – fissa infatti I valori limite di esposizione e i valori di azione, in relazione al livello di esposizione giornaliera al rumore e alla pressione acustica di picco, fissandoli in:

6. valori limite di esposizione: rispettivamente LEX = 87 dB(A) e ppeak = 200 Pa (140 dB(C) riferito a 20 \muPa); 7. valori superiori di azione: rispettivamente LEX = 85 dB(A) e ppeak = 140 Pa (137 dB(C) riferito a 20 \muPa); 8. valori inferiori di azione: rispettivamente LEX = 80 dB(A) e ppeak = 112 Pa (135 dB(C) riferito a 20 \muPa).

Si dimostra pertanto come i valori dell’emissione sonora rientrino fra quelli definiti tollerabili anche in concomitanza delle attività di carico e scarico, soprattutto in considerazione del fatto che il trituratore non viene utilizzato costantemente durante la giornata lavorativa (l’effetto può essere cumulato al massimo con l’uso contemporaneo di una pala meccanica e di un autocarro).

Per quel che riguarda gli effetti sull’ambiente circostante, che per come anticipato è di tipo rurale con le prime case vicine alla distanza di oltre 300m, bisogna considerare che, in forza delle considerazioni fisiche anzidette il livello sonoro diminuisce approssimativamente di 6 dB(A) [ = 10*log10(2) ] ogni volta che si raddoppia la distanza dalla sorgente del suono.

Anche a seguito dell’intervento proposto, l’emissione di rumore dell’impianto rimarrà simile a quella attuale e quindi nella norma.

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10 Descrizione della tecnica prescelta, con riferimento alle migliori disponibili ed economicamente sostenibili, finalizzata alla prevenzione dell’impatto ambientale

10.1 BAT – Best Available Technologies

Ai fini dell’individuazione delle migliori alternative tecnologiche disponibili e di un confronto delle stesse con le presenti proposte progettuali bisogna rivolgersi all’Art.4 comma 4 del D.Lgs. 59/2005 che specifica: “Per le discariche di rifiuti da autorizzare ai sensi del presente decreto, si considerano soddisfatti i requisiti tecnici di cui al presente decreto se sono soddisfatti i requisiti tecnici di cui al Decreto Legislativo 13 gennaio 2003 n. 36 (Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti)”. Quest’ultimo al punto 2.2 dell’Allegato I indica a sua volta che al fine di garantire l'isolamento del corpo dei rifiuti dalle matrici ambientali, la discarica deve soddisfare i seguenti requisiti tecnici:

1. sistema di regimazione e convogliamento delle acque superficiali; 2. impermeabilizzazione del fondo e delle sponde della discarica; 3. impianto di raccolta e gestione del percolato; 4. impianto di captazione e gestione del gas di discarica (solo per discariche dove sono smaltiti i rifiuti biodegradabili); 5. sistema di copertura superficiale della discarica.

Deve essere garantito il controllo dell'efficienza e dell'integrità dei presidi ambientali (sistemi di impermeabilizzazione, di raccolta del percolato, di captazione gas, etc.), e il mantenimento di opportune pendenze per garantire il ruscellamento delle acque superficiali.

È evidente come queste disposizioni afferiscano alle discariche e non propriamente ai centri per la raccolta e lo smaltimento come quello progettato, ma rappresentano delle indicazioni fondamentali cui rivolgersi per dimostrarne l’efficacia e la pubblica utilità. Per le ragioni indicate nei paragrafi precedenti non tutti i punti saranno oggetto d’analisi perché non inerenti il caso in esame (nello specifico punto 2, 5 in parte e punti 3, 4).

10.1.1 Il sistema di regimazione e convogliamento delle acque superficiali Per quel che attiene il sistema di regimazione e convogliamento delle acque superficiali ne sono già state sommariamente indicate le modalità, ma qui risulta utile scendere ancor più nel dettaglio.

Intendendo con acque superficiali quelle che possono trovarsi sul piazzale predisposto nell’area d’impianto, bisogna distinguere quelle relative alla conduzione dell’impianto e quelle relative alle precipitazioni meteorologiche.

Le prime saranno presenti durante ogni attività lavorativa, derivanti come sono dalla nebulizzazione diffusa su tutto il piazzale al fine di evitare il sollevamento di materiale pulverulento e/o dal lavaggio pneumatici dei mezzi conferitori. Le seconde sono relative alle acque piovane.

Qualche anticipazione è d’obbligo per meglio comprendere le analisi condotte.

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L’area d’impianto è stata pensata per assecondare la pendenza naturale del terreno, in direzione nord, con una serie di canalizzazioni atte a convogliare le acque, a mezzo di alcune grate a caduta e tramite tubazioni in PVC, nell’apparato Disoleatore/Dissabbiatore, che rappresenta il presidio significativamente rilevante ai fini del loro corretto smaltimento.

Per il dimensionamento è stata considerata soprattutto la portata delle piogge, in ragione del fatto che durante le lavorazioni il quantitativo di acqua è notevolmente inferiore e, in caso di pioggia, vengono sospese le lavorazioni. Ciò significa che se si riescono a smaltire le acque piovane, sicuramente ce la si fa con quelle derivanti dalla pratica lavorativa.

Sono state preliminarmente considerate le serie storiche delle precipitazioni atmoseriche per la zona di Catanzaro nel decennio 2002‐2011 (in quanto gli ultimi anni sono ancora in fase di elaborazione) rilevati dalle stazioni della Rete Agrometeorologica Nazionale (BDAN) del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (MiPAF) e da alcune stazioni della Rete del Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare, per avere un riscontro in merito all’attendibilità delle tabelle tecniche per il calcolo volumetrico degli impianti Disoleatori/Dissabbiatori.

Quanto emerso sono i valori delle precipitazioni totali mensili riportati nella tabella seguente:

Graficizzati come di seguito (ciascuna colonna blu indica il numero totale di giorni di pioggia mensili).

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Dalla constatata possibilità di confronto con le tabelle tecniche applicative si è passati al dimensionamento dell’apparato di smaltimento acque, per la cui descrizione tecnica si rimanda alla relazione tecnica del progetto. Qui di seguito solo le caratteristiche peculiari.

A tutto vantaggio di sicurezza, preso in considerazione il valore di 1,5 litri/minuto/m² di piazzale relativo a “fortissime precipitazioni piovose” (vedasi tabella seguente)

Valori di riferimento delle precipitazioni ‐normali precipitazioni piovose: 0,5 litri/minuto/mq di piazzale ‐forti precipitazioni piovose: 1,0 litri/minuto/mq di piazzale ‐fortissime precipitazioni piovose:1,5 litri/minuto/mq di piazzale e considerando un piazzale di 5000m² (800m² in più rispetto alla superficie impianto) si è dimensionato un impianto costituito da 3 vasche di cui una (95x95)cm ed altezza 108cm e due (220x300)cm ed altezza 210cm, per un ingombro totale dell’apparato di (220x700)cm ed altezza 210cm.

Procedendo dall’ingresso delle acque di piazzale verso la loro uscita si ritroveranno (le dimensioni, benché realistiche, potrebbero subire delle variazioni in sede di progettazione esecutiva):

 Un pozzetto scolmatore da cui si diparte la condotta di scolmatura by‐pass ø25cm ed il collegamento alla vasca dissabbiatore ø20cm. Durante minime precipitazioni atmosferiche tutta l’acqua in arrivo passa direttamente alla seconda vasca, mentre viceversa, nel caso di forti precipitazioni atmosferiche, sale il livello dell’acqua nella vasca scolmatore e la quantità di scarico in eccesso viene incanalata in condotta a parte (by‐pass) e diretta al pozzetto d’ispezione situato a valle dell’Impianto Disoleatore/Dissabbiatore; naturalmente, onde evitare la fuoriuscita di oli minerali, l’uscita della condotta di scolmatura è schermata.  Vasca dissabbiatore. Nel fondo vasca, mediante decantazione, si accumulano tutti i fanghi pesanti (terriccio, sabbie).  Vano di disoleazione gravimetrica con filtri adsorbioil. In questo primo vano, facente parte della vasca disoleazione, per effetto fisico di gravità, vengono trattenuti in superficie circa il 75÷85% degli oli minerali liberi contenuti nell’acqua che verranno, con azione immediata, assorbiti da speciali filtri adsorbioil.  Vano di filtrazione con filtro a coalescenza. Questo secondo vano, facente anch’esso parte della vasca disoleazione, è attrezzato di filtro a coalescenza idoneo a catturare e trattenere oli minerali liberi residui, oli minerali in emulsione e sostanze sospese.

Le tubazioni di collegamento tra le vasche saranno in PVC presumibilmente ø20cm.

L’intero impianto sarà conforme alla norma UNI EN 858‐1‐2. Le acque depurate in uscita depurate saranno conferite all’impluvio naturale di cui si è già parlato, con improbabilità di raggiungere il Torrente Spinzo per ragioni legate alla natura del terreno. Si è inoltre abbondantemente discusso in merito all’impossibilità di inquinamento delle acque superficiali e profonde.

L’intero impianto di smaltimento acque verrà periodicamente manutenuto e frequentemente ispezionato, al fine di garantirne il costante funzionamento alla regola dell’arte.

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10.1.2 Realizzazione del fondo Si è già parlato della previsione progettuale di estendere a tutta la superficie d’impianto autorizzata e pari a 4200m2 l’intera area di trattamento, e la pavimentazione, di tipo industriale, verrà realizzata con matrice in calcestruzzo debolmente armato dello spessore di 12÷15cm previa predisposizione di massicciata di fondazione, ed avrà pendenze variabili d’invito alle grate per la raccolta acque da realizzarsi con preventiva sagomatura della massicciata stessa.

Gli impianti (tubazioni, pozzetti d’ispezione, etc.) verranno alloggiati senza rinfianco ed evitando la posa sopra la massicciata, al fine di non ridurre lo spessore della pavimentazione. In ogni caso si terrà conto di non ridurre oltre il 10% lo spessore per non portare a fessurazione la piastra di calcestruzzo.

In considerazione del fatto che le variazioni di temperatura ed il ritiro del calcestruzzo innescano tensioni e deformazioni nel pavimento legate alle dimensioni della piastra, verranno realizzate nello stesso alcune soluzioni di continuità, così da ridurre le dimensioni delle lastre, ovvero i cosiddetti giunti di controllo, che non impegneranno l’intero spessore della pavimentazione e verranno dimensionati a seconda della tipologia di “adesione” con il sottofondo.

Successivamente alla loro realizzazione, i giunti verranno riempiti e sigillati con particolari materiali, anche al fine di migliorarne la resistenza degli spigoli allo sbrecciamento da urti. La sigillatura, di tipo polimerico garantirà la tenuta al passaggio di liquidi alla pressione atmosferica, possiederà adeguata resistenza chimica e sosterrà, senza lacerarsi e distaccarsi dal supporto, i movimenti previsti per il giunto stesso.

Il valore massimo di tolleranza sulla planarità previsto è di ±5mm su 2m, intendendo con questo lo stato di una superficie piana che non presenta irregolarità, sia convesse che concave, indipendentemente dalla pendenza e dall’orizzontalità.

Le pendenze per il deflusso delle acque verso i punti di raccolta verranno predisposte in maniera tale da evitare ristagni, per cui avranno valori non inferiori a 15mm/m secondo lo schema esemplificativo seguente, ove con Lr è indicata la distanza determinante la quota di colmo della pendenza minima necessaria (1,5%) anzidetta.

Il pavimento sarà comunque conforme alle norme tecniche di riferimento per le pavimentazioni industriali, e la sua conformazione sarà tale da prevenire il dilagamento di liquidi al di fuori del perimetro d’impianto.

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10.2 Tecniche adottate per la prevenzione degli impatti e la riduzione di utilizzo di risorse naturali

10.2.1 Tecniche per migliorare il riconoscimento dei rifiuti in ingresso Un fattore chiave nella gestione di un centro per la raccolta e smaltimento rifiuti è la conoscenza del flusso di conferimento; questa permette infatti di poter prevedere anche le eventuali emissioni e la composizione dei flussi in uscita, con una notevole riduzione dei rischi di lesione dell’ambiente circostante e della salute umana.

Ad impianto in esercizio, si continuerà ad appurare la natura e la conformità del materiale conferito a discarica, in conformità ai citati criteri di ammissibilità e, quindi, alle categorie CER autorizzate, con una preventiva caratterizzazione analitica propedeutica all’accettazione. Talora i rifiuti possono essere costituiti da un complesso insieme di sostanze per cui è indispensabile indagarne, oltre che la loro composizione, anche il processo che li ha generati.

Questo primo esame consente di evitare i problemi legati al loro futuro trattamento, abbattendo le probabilità di incidenti.

La procedura di pre‐accettazione consiste nella raccolta di informazioni, presso il produttore, inerenti il processo produttivo originario, le caratteristiche chimico‐fisiche principali ed alcune considerazioni sulla salute e la sicurezza; solo a seguito di questa attenta caratterizzazione qualitativa se ne valuta l’accettazione.

Più nel dettaglio bisognerà:

 Sottoporre il carico ad un primo controllo visivo‐organolettico;  Determinare la compatibilità del rifiuto ai requisiti specificati nell’autorizzazione ed alle caratteristiche dell’impianto;  Quantificarli e constatare la disponibilità del sito in quel momento al fine di non superare i quantitativi ammissibili autorizzati;  Analizzare il formato e valutarne il trattamento in sicurezza in funzione delle potenzialità dell’impianto;  Caratterizzare fisicamente e chimicamente il materiale;  Identificare i rischi legati alla tipologia del materiale in modo da lavoralo con tutte le precauzioni necessarie a prevenirli;  Selezionare dei parametri dei verifica da misurare al momento del conferimento per verificarne la congruenza con le possibili tipologie ammissibili;  Verificare che il soggetto conferitore (il trasportatore) sia al corrente delle specifiche norme relative alla sicurezza nel particolare luogo di lavoro (D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.).

Dopo questo screening, il carico in ingresso, se programmato ed accompagnato dalla documentazione corretta, verrà inviato alla zona di accettazione per la pesatura in entrata. Infatti, prima dello scarico di ciascun conferimento, i rifiuti dovranno essere pesati per constatarne il quantitativo in funzione di quanto dichiarato nei documenti di accompagnamento.

Confermata l’identità del rifiuto, la descrizione e la coerenza con quanto accertato precedentemente, si potrà passare all’ammissione, ed il conferimento verrà registrato.

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Al fine di prevenire problemi in fase di trattamento, per i materiali che si presentano sotto forma di aggregati eterogenei, la Ditta si è dotata di una procedura di campionamento pre‐scarico, che ora dovrà implementare a tutte le nuove categorie CER.

La responsabilità dell’accettazione resterà a capo della direzione dell’impianto, con tutti gli oneri relativi all’acquisizione delle menzionate informazioni.

10.2.2 Tecniche di gestione La gestione dell’operatività del centro prevedrà tutte le misure opportune al miglioramento dell’efficienza ambientale, includendo in questa anche l’ambiente prettamente dedicato alle lavorazioni; si avrà quindi cura di:

 Monitorare e mantenere in efficienza le infrastrutture, anche con periodici interventi manutentivi;  Mantenere in buono stato di conservazione le strutture di supporto, intendendo con queste le recinzioni perimetrali, la segnaletica, l’illuminazione, l’impianto idrico, etc.;  Monitorare operativamente i processi lavorativi;  Controllare i flussi di materiale anche in uscita;  Aggiornare periodicamente, secondo quanto stabilito dal D.Lgs. 81/2008 e s.m.i., le competenze del personale qualificato ed esperto.

La conoscenza dettagliata dell’attività lavorativa e dei presidi predisposti per il controllo e l’abbattimento dei rischi in generale è fondamentale per la Direzione, oltre che per le responsabilità a suo onere, anche per la proposta di miglioramenti che con l’evoluzione della tecnica potrebbero adottarsi.

Già nel progetto originario sono state previste idonee misure per il corretto funzionamento del centro di raccolta e smaltimento, e per l’ampliamento proposto si prevede di adottarne altre ad integrazione delle precedenti.

10.2.3 Gestione dell’energia elettrica e del carburante I principali consumi energetici imputabili all’impianto sono relativi:

 all’energia elettrica per il funzionamento dei macchinari, l’illuminazione e la climatizzazione degli uffici;  al carburante per i mezzi d’opera.

Per quel che attiene l’energia elettrica si avrà cura di abbattere i consumi a mezzo dell’utilizzo di apparecchiature efficienti, ed in caso di acquisto di nuove la scelta ricadrà su quelle a maggior rendimento. Da un primo audit energetico si è constato come un notevole risparmio possa conseguirsi con l’adozione di corpi illuminanti, soprattutto del piazzale, con lampade a basso consumo (SAP, LED, etc.) dotati di riduttori di flusso che nel periodo invernale, dopo l’orario di lavoro, attenuino l’intensità luminosa al minimo indispensabile per il controllo notturno dell’area.

Per quel che riguarda il carburante molto dipende dai mercati nazionali, ma senza alcun dubbio la manutenzione programmata dei mezzi contribuisce non poco ad evitarne gli sprechi. Il prevedere cicli lavorativi senza “circolazione a vuoto” è uno dei punti cardine per evitare consumi inutili. A tal proposito giova ribadire come la possibilità di poter gestire in maniera più compiuta le risultanze delle lavorazioni edili abbatterà senza dubbio le emissioni di gas climalteranti imputabili ai mezzi d’opera che oggi si trovano a

73 dover percorrere diversi chilometri per poter raggiungere siti idonei allo smaltimento dei loro rifiuti; si rammenta come siano assenti impianti analoghi nel circondario e come il primo più vicino disti alcune decine di chilometri. In ragione di questo, si è già registrato un intenso favore da parte delle imprese edili locali a poter conferire il loro materiale di scarto presso la Ditta Bova.

10.2.4 Gestione dell’acqua Molto si è detto delle misure adottate per la prevenzione delle interferenze con le acque superficiali e sotterranee, e si è accennato anche all’utilizzo dell’acqua come una delle misure adottate per la prevenzione della contaminazione dell’ambiente.

L’abbattimento degli gli sprechi d’acqua è legato essenzialmente alle buone abitudini dei lavoratori, sicuramente il mantenimento dell’efficienza dell’impianto eviterà inutili perdite a tutto vantaggio per l’ambiente.

10.2.5 Tecniche per la riduzione delle emissioni di rumore Si è già relazionato esaurientemente in merito all’abbattimento delle emissioni sonore e di come queste siano confrontabili a quelle delle altre attività presenti in zona. Ad ogni modo si ribadisce che le stesse rimarranno al di sotto dei limiti normativi.

10.2.6 Tecniche per prevenire gli incidenti e le loro conseguenze I rischi principali associati alle operazioni di trattamento dei rifiuti derivano dalle emissioni generate in seguito a reazioni incontrollate tra i rifiuti stoccati e dalla mancanza di controlli sulle attività svolte. I primi sono scongiurati dalla natura inerte di materiale, che per definizione con da luogo a reazioni chimiche con i materiali adiacenti, i secondi verranno evitati con la pianificazione delle lavorazioni. Quest’ultima verrà gestita in relazione al quantitativo di materiale presente, di volta in volta, nell’impianto, al fine di mantenere alta l’efficienza dello stesso anche in concomitanza degli afflussi più cospicui di rifiuti. L’approccio previsionale delle attività evita, infatti, inutili affannamenti in occasione delle grosse moli di lavoro, che rappresentano i momenti più critici ed in cui aumentano le probabilità d’incidente.

Ogni rischio verrà comunque valutato, congiuntamente agli approntamenti nel suo verificarsi, con gli appositi piani previsti dalla vigente normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/2008).

Si rammenta come l’azienda, anche se in riferimento all’impresa di costruzioni, sia certificata relativamente alla qualità del processo produttivo; questo vuole solo essere indicativo delle politiche aziendali.

10.2.7 Tecniche per la chiusura dell’impianto Si è già visto come, a meno di ulteriori proroghe, sia previsto, previo assenso degli Enti competenti, l’utilizzo del piazzale per esigenze legate all’adiacente impresa di costruzioni sempre della Ditta Bova. Le stesse valutazioni verranno fatte anche in merito alle infrastrutture predisposte.

Per quel che invece attiene il materiale, verrà preventivamente smaltito in modo da non trovarsi con delle giacenze alla data di scadenza del titolo autorizzativo.

Qualora non fosse possibile l’adeguamento dell’area a pertinenza dell’impresa di costruzioni, si riporterà tutto in conformità alle precedenti previsioni urbanistiche, riadeguando tutto all’attività rurale della zona.

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In ogni caso tutte le attività di dismissione verranno approcciate evitando qualsiasi rischio di inquinamento, e si precisa che verrà stipulata una polizza assicurativa a favore dell’Amministrazione per la responsabilità civile d’inquinamento (RCI) a copertura di eventuali danni ambientali causati dalla costruzione o dismissione dell’impianto.

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11 Descrizione delle principali alternative esaminate

L’analisi delle alternative ha lo scopo di illustrare le possibili soluzioni diverse da quelle di progetto e di confrontarne i potenziali impatti con quelli determinati dall’intervento proposto, e, per il progetto in essere, ha richiesto tre step fondamentali:

1. La definizione delle esigenze dello stato attuale; 2. La determinazione dei bisogni; 3. L’identificazione di specifici obiettivi e finalità; in considerazione del fatto che nella Regione Calabria lo stato di emergenza ambientale è ancora attuale e duro a risolversi, e che, per come nei capitoli precedenti, in ambito regionale la normativa nazionale di settore la fa da padrone.

11.1 “Alternativa zero”

L’indagine delle eventuali alternative è rimasta sempre permeata dalla natura dell’intervento proposto, l’ampliamento di quell’opera che, nel panorama locale, si è vista porsi come la valida alternativa a delle forti mancanze in materia. Le carenze previsionali che l’hanno portata originariamente ad autorizzazione, sono state causa del suo parziale sviluppo, avendo tarpato le ali a quella che negli auspici di tutti e non ultima l’Amministrazione Comunale (D.C.C. n.23/2010), rappresentava la possibilità concreta di un risparmio economico ed ambientale nella gestione degli scarti edili. È questo il concetto cardine su cui prima ed ora si è imperniata la validità dell’iniziativa, per cui trovare delle alternative concrete a quella che pare essere l’implementazione dell’esistente, risulta difficile in termini economici, di salvaguardia ambientale, di sviluppo, e di nuove possibilità lavorative.

L’alternativa “0”, anche conosciuta come “do nothing” (non far nulla) si utilizza quando un’opera risulta così impattante, dal punto di vista ambientale, da preferirne il rigetto alla realizzazione. Nel caso in esame, alla luce di quanto detto, l’alternativa “0” forse sarebbe riferibile all’ambiente in senso generale, ed al contesto della ATO in particolare, dal momento che la soluzione progettuale resta la più valida fra le eventuali perseguibili.

11.2 Descrizione delle alternative possibili

11.2.1 Le alternative progettuali L’iniziativa di creare un centro per il conferimento ed il trattamento di rifiuti non pericolosi derivanti dalle lavorazioni edili è nata originariamente dalla constatazione che avrebbe rappresentato sia un risparmio economico per l’impresa di costruzioni Bova che per tutte le imprese locali che trovavano unico appoggio nella discarica più vicina sita in Lamezia Terme. In forza dell’inquinamento derivante dal trasporto su gomma di cui si è detto, questo risparmio si poteva tramutare anche in nella riduzione delle emissioni nocive a carico dell’ambiente.

È stata anche sviscerata l’impossibilità di mettere a regime l’impianto secondo le sue reali potenzialità, con conseguente decadimento della sua validità.

Trovare delle alternative progettuali seriamente competitive con quella proposta non sarebbe stato possibile, dal momento che si lascia invariato “fisicamente” quanto già autorizzato migliorandone l’efficienza.

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Vista l’importanza per la realtà locale è stato dimostrato il ridotto impatto ambientale che le competerebbe, ed i benefici per l’ambiente in genere che ne deriverebbero.

Le modalità di trattamento dei rifiuti non fanno rilevare l’impiego di ingenti quantità di energia primaria, ricordando che la gran parte delle macchine adoperate hanno alimentazione elettrica e che l’utilizzo di mezzi con motore a combustione interna è limitato alla sola movimentazione di carichi all’interno dell’impianto.

Per quanto esposto si conclude che la previsione di cicli produttivi differenti avrebbe senza alcun dubbio rappresentato un aggravio delle emissioni in natura, benché potessero rimanere comunque monitorate, con un aggravio di spesa che avrebbe reso antieconomico, quindi irrealizzabile, l’intervento; non bisogna dimenticare che, per quanto utile alla comunità, si tratta di un piccolo centro, per cui l’aspetto economico deve essere ad esso rapportato.

Le macchine operatrici rimarranno invariate da quelle già esaminate nella precedente autorizzazione, ed il fatto che siano ancora macchine efficienti e commercializzate implica una loro indiscutibile valenza, per cui particolari alternative progettuali, anche sotto questo profilo, non potevano essere particolarmente significative.

11.2.2 Alternative localizzative Così come trovare un’alternativa all’ampliamento proposto sarebbe significato creare un altro centro nella zona o lasciare ridotte le capacità di smaltimento dell’impianto, non è stata ritenuta valida alcuna diversa localizzazione per le seguenti ragioni:

 la proposta progettuale prevede lo sfruttamento di un’area già autorizzata;  dal punto di vista urbanistico l’area si trova in un contesto al di fuori del centro abitato in una zona a vocazione prettamente agricola;  in forza della destinazione di Piano l’area d’impianto è stata assimilata a “Zona Industriale – D” (D.C.C. 23/2010);  è stato stipulato un contratto di comodato per l’area già nel novembre 2009;  si resta al di fuori di ogni vincolo tutorio ed inibitorio;  la posizione rispetto ai grossi centri cittadini limitrofi è pressoché baricentrica e di agevole fruizione per l’esistenza di una rete stradale, in riferimento al C.d.S., principale, secondaria, locale e terminale.

Da non sottovalutare, inoltre, che una dislocazione alterativa avrebbe, con ogni probabilità, innescato il fenomeno “NIMBY” (Not In My BackYard), che avrebbe visto la collettività concorde nel riconoscere la necessità del centro di raccolta in contrapposizione alla scelta localizzativa. Il fatto che la particella su cui insiste l’impianto sia pressoché circondata da terreni di proprietà della stessa Ditta a di persone ad essa vicine, ha favorito il consenso pressoché unanime.

11.3 Motivazioni della scelta progettuale

Lo spirito motore della proposta progettuale di ampliare l’area di trattamento a tutta la superficie autorizzata per l’impianto, con la possibilità di trattamento di un numero maggiore di codici CER non pericolosi, nasce dalla constatazione che la disattenta previsione progettuale originaria non ha potuto far incarnare all’impianto le comuni e manifestate aspettative di cui si è detto.

Questa sorta di ottimizzazione darà la possibilità di un trattamento più esaustivo dei materiali provenienti dagli scarti del settore “costruzioni e demolizione” con ripercussioni positive fra gli operatori del settore e 77 l’ambiente tutto. Se il centro asservisse la sola Impresa di Costruzioni Bova, posta in adiacenza, l’intervento di che trattasi risulterebbe sicuramente antieconomico, o comunque discrezionalmente giustificabile; il fatto che già ai primordi fosse stato manifestato favore dalle imprese edili locali prima e dall’Amministrazione Comunale poi, è sintomatico della reale necessità per il territorio di dotarsi di questa struttura.

Da quando è stato attivato, è stata registrata una crescente domanda di conferimento rifiuti, cui si è sempre dovuto dare parziale assenso a causa dell’impossibilità di poter trattare tante categorie CER e del sottodimensionamento dei quantitativi di materiale autorizzati.

Il progetto attuale, ha quindi tenuto conto di quest’insieme di fattori ed ha dato lo sprone a migliorare un servizio che, in forza delle positive ripercussioni sociali, potrebbe essere definito “pubblico”.

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12 Analisi dei potenziali impatti del progetto proposto sulle componenti ambientali

12.1 La popolazione

L’impianto in oggetto ricade in Località Argadi, all’interno del terreno catastalmente censito al foglio di mappa n.4 particella 117 del Comune di Amaroni, urbanisticamente inquadrato come “Zona Industriale – D” (D.C.C. 23/2010).

Dista oltre 300m dalla più vicina abitazione ed ad una distanza maggiore dal centro abitato più vicino, quello di Amaroni. Procedendo in senso orario è lontano circa 3450m da Girifalco, 5000m da Borgia, 5200m da Squillace, 2400m da Vallefiorita.

Si è dimostrato come le emissioni ad esso imputabili non siano nocive anche a seguito dell’ampliamento proposto e vengano costantemente monitorate.

L’unico potenziale nocumento alla popolazione potrebbe dunque addursi al rumore negli orari di lavoro, ma si è già considerato che i cicli lavorativi sono strettamente dipendenti dalla mole di materiale di volta in volta conferito e possa prevedere delle temporanee sospensioni del ciclo di trattamento; inoltre, lo stesso impatto, dal confronto con quello analogo imputabile alle attività agricole ed artigianali esistenti in questo contesto rurale e contadino, è risultato pienamente compatibile ed addirittura assimilabile.

Pertanto, anche in forza delle oggettive considerazioni esposte fin qui nella trattazione, si ritiene che la popolazione non subirà alcuna molestia dall’attività.

12.2 La flora e la fauna

L’analisi della vegetazione e della fauna, a monte di ogni intervento, è molto importante, perché in grado di fornire informazioni importanti sull’uso che fino a quel momento si è fatto del territorio, sulle condizioni ambientali, sul clima e sulla pedologia.

Una riflessione è però d’obbligo come anticipazione: il fatto di ricadere al di fuori di ogni vincolo, anche quelli legati proprio alle zone riconosciute come habitat permanenti o transitori (es. Zone IBA), è significativo di quanto non si ravvedano impatti, definibili tali. Secondo la sua definizione formale un impatto ambientale “è la modifica del sistema ambientale determinata dall’incontro tra un agente esterno (sorgente d’impatto) ed un elemento ambientale (bersaglio) che ne risulta modificata” e per quest’intervento di ottimizzazione, benché di ampliamento, risulta arduo constatarne uno significativo.

12.2.1 Gli aspetti vegetazionali Ancor prima del manifestato favore all’iniziativa da parte di Enti e realtà imprenditoriali locali, che ha portato all’emissione di un atto d’impulso, da parte dell’Amministrazione Comunale, che nel 2010 fece assimilare la particella 117 a “Zona Industriale – D”, l’area d’impianto ricadeva in Zona Agricola “perché posta al di fuori del centro abitato” (D.C.C. 23/2010), in un contesto rurale ed artigianale a vocazione prettamente agricola.

Proprio la possibilità di essere trattata come superficie da cui trarne “i frutti della terra” implica una forte antropizzazione della stessa, con inevitabile compromissione del primordiale aspetto vegetazionale.

Sulla stessa, quindi, antecedentemente all’originaria autorizzazione provinciale n.8579 del 22 dicembre 2010, non poteva esser riconosciuta alcuna specie vegetale meritoria di tutela o di particolare pregio naturalistico. 79

Valendo le stesse considerazioni per l’ambiente circostante, costellato di attività agricole ed artigianali più o meno intense, non si ravvede alcuna interferenza con l’aspetto vegetazionale.

12.2.2 Aspetti faunistici Concettualmente simile a quanto esposto per la flora e la valutazione espressa per la fauna, anche in considerazione di attendibili fonti bibliografiche che hanno fornito indicazioni sulle specie animali presenti, più o meno cospicuamente, sull’area.

Per quel che riguarda l’avifauna è stata già constata l’assenza di “Important Bird Areas”, ovvero aree considerate importanti per la salvaguardia degli habitat di popolazioni di uccelli.

In merito agli animali “terrestri” si rinviene invece la presenza di piccoli comuni roditori e predatori.

Quindi, prima di passare in rassegna le specie più comuni nella zona, c’è da fare una considerazione relativa alla destinazione d’uso prevalente dell’area, quella agricola, che, per come si è visto, rappresenta di per sé una forte antropizzazione: gli animali prevalentemente afferenti a queste porzioni di territorio si stanziano spesso in funzione delle coltivazioni e/o dei piccoli allevamenti locali, trovando in essi (soprattutto nei frutti) fonti di approvvigionamento alimentare; in conseguenza dei danni arrecati, agricoltori e/o allevatori spesso adottano presidi per allontanare sia gli uccelli dalle piantagioni che i piccoli predatori dagli allevamenti.

Escludendo le specie più comuni di cui si può tener conto anche senza esplicita dichiarazione, fra gli uccelli maggiormente presenti nell’area esaminata si annoverano:

Corvus Frugilegus – Corvo Comune Si insedia su campi coltivati o su praterie costituite prevalentemente da boschetti, piccole foreste o filari di alberi. I terreni verdi che provano una certa quantità di superfici di terreno coltivabile sono particolarmente convenienti per loro. Preferisce regioni pianeggianti o collinari ed evita le montagne. La vegetazione del suo terreno di nutrizione non dovrebbe essere troppo alto anche se cerca il cibo anche nell'erba più alta in caso di rapporti convenienti. La vicinanza dell'uomo non lo spaventa. Per questo molti impiantano la propria colonia di cova e i propri spazi per dormire nell'immediata vicinanza di insediamenti umani, molto spesso anche nei parcheggi delle grandi città, dove il loro atteggiamento stridulo e i loro escrementi sulle auto e sulle vie pedonali vengono percepiti come elementi di disturbo.

Corvus Corone – Cornacchia In Italia è uccello molto comune, e nidifica al di sotto dei 2000 m s.l.m., in zone antropizzate, ma anche nei boschi. Specie di ambienti parzialmente alberati, la Cornacchia è nettamente favorita dalle trasformazioni ambientali operate dall'uomo e ne segue gli insediamenti sino a quote elevate. Può nidificare localmente sino a circa 2000 m e sale in estate sino ai più frequentati rifugi alpini. Evita le aree forestali, mentre un ridotto numero di alberi in vaste estensioni di coltivi è sufficiente per la costruzione dei nidi. Sono molto diffuse ovunque e grazie alla loro intelligenza ed alla loro capacità nel trovare il cibo hanno un basso rischio di estinzione.

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Coturnix Coturnix – Quaglia Le regioni del vecchio mondo dalle quali la quaglia è completamente assente sono ben poche: in Europa si incontra dovunque, a parte le regioni più settentrionali. Tenendosi sempre piuttosto isolate, scelgono per dimora le località che meglio si accordano ai loro gusti, vale a dire le stoppie, le zone coltivate e le steppe. La residenza preferita dalle quaglie nella stagione estiva è data dalle pianure fertili e ricche di cereali, mentre le regioni elevate e montuose, le paludi e i luoghi acquitrinosi vengono attentamente evitati. Subito dopo il ritorno si trattengono nei campi di frumento e di segala, ed anche se più tardi si mostrano meno esigenti, si può dire che, di regola, non si trovino bene se non laddove vi siano coltivazioni di frumento.

Con analoghe premesse, le specie animali “terrestri” più rappresentativesono:

Apodemus Sylvaticus – Topo Selvatico Questa specie è fra quelle presenti da più lungo tempo nella penisola italiana: la sua presenza è attestata già a partire dal Pleistocene. Mentre la popolazione siciliana di questi animali si è impiantata spontaneamente sull'isola grazie alle frequenti connessioni di quest'ultima con la terraferma, la popolazione sarda di topo selvatico è frutto di un'introduzione involontaria da parte delle prime popolazioni che si stabilirono sull'isola. Nonostante il nome, preferisce vivere tra le siepi, piuttosto che in aree boschive. Questi animali si adattano comunque a qualsiasi biotopo che comprenda una seppur rada copertura vegetale, e li si può perciò trovare in una grande varietà di ambienti, dal livello del mare al limite superiore della vegetazione boschiva: frequente è la loro presenza in zone rurali o nelle pinete, anche nelle immediate vicinanze delle abitazioni od addirittura all'interno di esse, mentre nelle aree collinari la specie cede solitamente il passo all'affine

Felis Silvestris – Gatto Selvatico Il gatto selvatico è la specie di felino dall'areale più vasto. Estremamente adattabile e opportunista, il gatto selvatico è presente in quasi ogni habitat del proprio areale, dai deserti e dalle savane arbustive alle foreste secche e miste. vive perlopiù nelle foreste di latifoglie o in quelle miste, ma anche nella macchia mediterranea, nelle foreste rivierasche, ai margini delle paludi e lungo le aree costiere.

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Vulpes Vulpes – Volpe Si tratta di animali estremamente adattabili (come testimonia l'enorme areale occupato dalla specie), che colonizzano qualsiasi ambiente a disposizione, trovandosi un posto anche nelle periferie delle aree urbane: in generale, le volpi vivono a più ampie densità nelle zone con ecosistemi diversificati e risorse distribuite in modo disomogeneo, mentre tendono a vivere in densità assai basse nelle aree montane, dove il cibo a disposizione è scarso.

Sus Scrofa – Cinghiale I cinghiali europei sono tipici abitatori dei boschi ben maturi ed in particolare dei querceti, mentre le sottospecie africane ed asiatiche sembrano preferire le aree aperte e paludose: in generale il cinghiale si dimostra però assai adattabile in termini di habitat, e colonizza praticamente ogni tipo di ambiente a disposizione. Nei territori occupati dai cinghiali deve tuttavia essere sempre presente una fonte d'acqua, dalla quale l'animale non si allontana mai molto. Pertanto, il cinghiale evita le aree desertiche, rocciose e quelle a forte precipitazione nevosa, dove per l'animale risulta disagevole grufolare. I cinghiali, tuttavia, tollerano molto bene il freddo (resistono a temperature di decine di gradi al di sotto dello zero), mentre sono meno adattabili a climi eccessivamente caldi, dove danno segni di sofferenza: l'umidità dell'ambiente li interessa relativamente poco, grazie al pelo altamente isolante.

Mantenendo le stesse premesse di brevità, le specie d’insetti più rappresentative sono:

Oryctes nasicornis Lo scarabeo rinoceronte è un coleottero strettamente crepuscolare e notturno: difficilmente infatti lo si potrà reperire di giorno. Di notte gli adulti escono dai propri nascondigli nel terreno per cercare un compagno. Essi sono spesso attratti fatalmente dai lampioni, e non è difficile trovarli (anche schiacciati) lungo le strade in estate. Questi scarabei non si nutrono, consumando durante le poche settimane di vita adulta le riserve accumulate nel corso degli stadi larvali. L'accoppiamento avviene a livello del terreno e, spesso, sotto di esso. le uova, biancastre, vengono deposte dalle femmine nel legno in decomposizione così come nel materiale vegetale in disfacimento. Gli adulti muoiono dopo una vita libera di un paio di mesi.

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Coccinellidae – Coccinella I coccinellidi sono prevalentemente zoofagi predatori a spese di insetti e Acari. All'interno della famiglia si riscontra anche la presenza di specie micetofaghe e specie fitofaghe. Queste ultime sono presenti solo nella sottofamiglia degli Epilachninae. Non mancano casi di variazioni del regime alimentare, fenomeno indicato con il termine di allotrofia. In generale però si può fare una distinzione abbastanza netta tra specie entomofaghe, e quindi utili, e altre fitofaghe, alcune delle quali sono responsabili di danni economici.

Data la scarsa diversità ambientale presente e, conseguentemente, la scarsa ricchezza di nicchie ecologiche, la fauna risulta povera sia in numero di specie che in numero di individui per ogni popolazione.

Va in ogni modo detto che tutte le specie rilevate non sono specifiche solo dell’area di interesse, ma sono caratteristiche di tutto l’ambiente circostante, e quindi assolutamente non minacciate dall’opera progettata, in quanto perfettamente in grado di interagire con la stessa, modificando il proprio areale.

In considerazione di tutto questo e prescindendo da qualsivoglia giudizio individuale sulle pratiche di allontanamento dalle coltivazioni e dagli allevamenti, non si ravvede l’esistenza di un ecosistema naturale che possa essere disturbato dall’iniziativa prospettata.

12.3 Il suolo

12.3.1 Inquadramento geomorfologico dell’area

“L’ambito geomorfologico vigente è rappresentato da un tipico contesto collinare e di dosso collinare, caratterizzato da gradienti clivometrici non particolarmente esasperati e da terrazzamenti naturali e ripiani morfologici variamente distribuiti e armonicamente inseriti nel suo contesto, senza apprezzabili disomogeneità nell’andamento clivometrico del versante stesso, il quale immerge in direzione est, con valori di pendenza inferiori al 10%.

La morfologia è quindi tipicamente collinare, e si raccorda con i contrafforti montuoso‐collinari della dorsale delle Serre centro‐orientali ad ovest e con un’ampia spianata interna verso la costa del versante ionico centrale verso est.

Le forme vigenti, tipicamente collinari, non presentano particolari asperità o gradienti clivometrici elevati, anche se fenomeni di ringiovanimento hanno contribuito ad una parziale tendenza all’incassamento dei fondivalle.

La zona in oggetto insiste morfologicamente sul versante est di una dorsale collinare a direzione grossomodo SW‐NE, discendente dalle cime dell’altopiano verso NE, a mò di dosso allungato, compresa tra due corsi d’acqua aventi all’incirca medesima direzione.

Il dosso in oggetto si raccorda con le dorsali montuose sovrastanti e, per l’appunto, è inciso sui due lati da ste fluviali di basso ordine, che mantengono un decorso convergente e delimitano il tipo morfologico in questione

83 con vallecole che, da inizialmente strette e piuttosto incassate, si aprono in corrispondenza dello sbocco a valle su di un ampio ripiano interno, di probabile origine lacustre quaternaria.

I corsi d’acqua interessati (T. Spinzo a NW e T. Ferrera a SE) sboccano a valle, sul ripiano alluvionale interno, nel T. Ghettarello, tributario in sinistra idrografica del T. Alessi, al bacino del quale pertanto appartiene l’area in oggetto.

Trattasi di un contesto condizionato dall’idrografia, impostata su un reticolo comunque piuttosto largo, con corsi d’acqua discendenti lungo linee di massima pendenza dai rilievi retrostanti.

Localmente il dosso è caratterizzato da interventi antropico‐agricoli di terrazzamento, che contribuiscono non poco a mitigare le pendenza vigenti. Tali terrazzamenti, ben eseguiti in corrispondenza delle curve di livello, hanno ripreso in parte quelli naturali, contribuendo alla stabilità complessiva dei tratti in oggetto, soggetti ad attività agricola.

Le morfologie vigenti appaiono del tutto naturali e non sottoposte a condizionamenti estranei agli usuali elementi di modellazione del paesaggio, quali ad esempio la tettonica o l’intensa attività antropica, e denotano le tipiche connotazioni del versante pedemontano est delle Serre, senza particolari elementi di diversità rispetto a quelle usuali e naturali”.

12.3.2 Inquadramento geolitologico dell’area

“L’inquadramento geologico generale del territorio in esame e l’origine dei litotipi presenti è dettato essenzialmente dalla seguente situazione: la zona è caratterizzata dal basamento metamorfico Paleozoico, identificato a scala regionale con l’unità tettonica Polia‐Copanello.

Tale basamento è costituito da litotipi metamorfici rappresentati da scisti e paragneiss biotitico‐granatiferi, con associate metabasiti e frequenti intrusioni filoniane, generalmente concordanti con la scistosità generale.

Trattasi di rocce sulle quali si sono succeduti diversi eventi metamorfici sovrapposti e spesso obliterati tra loro, i quali hanno conferito alla roccia una struttura complessa e non sempre univocamente decifrabile.

Esse infatti presentano una copertura di alterazione, di circa 10‐20m, frammista a sottili e sporadici lembi di depositi continentali, ove il litotipo appare sabbionizzato e degradato, specie nelle porzioni più superficiali.

La diffusa alterazione si è esplicata con argillificazione dei feldspati e caolinizzazione ed ossidazione dei femici, trasformatisi in ossidi di ferro, i quali conferiscono all’ammasso il caratteristico colore rossastro.

Questi fenomeni, assieme alla profonda fratturazione del complesso, hanno contribuito ad un netto decadimento delle caratteristiche meccaniche. La spinta alterazione e degradazione superficiale porta la roccia a perdere la sua consistenza lapidea e ad assumere caratteristiche pari a quelle di un litotipo clastico, più o meno coesivo.

Il litotipo infatti mantiene le caratteristiche strutturali della roccia madre, come la scistosità, la grana, etc., ma si sgretola ad un semplice contatto. Tutto ciò in superficie, giacché a poca profondità il litotipo, pur restando alterato, assume compattezza quasi di tipo lapideo.

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Non meno rilevante appare la profonda fratturazione di tale litotipo, che non mostra tendenza alla chiusura in profondità, ma che in alcuni casi ricalca o è comunque conseguente alle vicissitudini tettoniche di ambito regionale ed ai sistemi di faglie conseguenti, lunghi diversi chilometri, con presenza spesso di fratture beanti riempite d’acqua, per cui si assiste ad una permeabilità di tipo secondario, per fratturazione, contrariamente a quella di superficie, primaria per porosità.

Tali rocce, oltre che dal manto di alterazione sopracitato, sono ricoperte nella zona esaminata da sottili coperture di depositi marini del Pliocene Inferiore‐Medio, rappresentate prevalentemente da conglomerati grossolani, con ciottoli discretamente arrotondati di rocce cristalline e metamorfiche, con colorazionee prevalente bruno‐rossastra, discretamente costipati e resistenti all’erosione e di elevata permeabilità, del tutto simile a quella del manto di alterazione.

Risulta così definita la situazione stratigrafica locale”.

12.4 L’acqua

12.4.1 Idrologia superficiale Per come precedentemente indicato, la zona in oggetto è compresa tra due piccoli corsi d’acqua a carattere torrentizio, discendenti dalle cime più elevate dell’altopiano.

Il dosso morfologico su cui insiste è inciso su due lati da aste fluviali di basso ordine, che mantengono un decorso convergente e delimitano il tipo morfologico in questione con vallecole che da inizialmente strette e piuttosto incassate, si aprono in corrispondenza dello sbocco a valle, su di un ampio ripiano interno, di probabile origine lacustre quaternaria.

I corsi d’acqua in questione, Torrenti Spinzo e Ferrera, sboccano a valle sul ripiano alluvionale interno nel Torrente Ghettarello, tributario, in sinistra idrografica, del Torrente Alessi, al bacino del quale l’area appartiene.

Entrambi i torrenti non possiedono caratteristiche idrauliche capaci di determinare scompensi idrodinamici nei corpi rocciosi affioranti, né energia tale da provocare fenomenologie di intensa erosione lineare.

Le loro acque, governate da regimi torrentizi, esercitano un’efficace azione erosiva solo lungo le linee di talweg ed instaurano cicli attivi di erosione spondale unicamente nell’ambito degli alvei, notevolmente incassati e posti a quote nettamente inferiori.

Sul dosso in esame sono localmente presenti modesti impluvi, che si attivano soltanto in occasione di copiosi eventi idrometeorici, che convogliano le acque piovane verso i torrenti in oggetto.

In conclusione, così come l’idrologia superficiale è pienamente compatibile con l’impianto in argomento, si è visto come lo stesso non ne vada ad alterare i sui naturali regimi né la qualità delle sue acque, per cui si ritiene che non vi sia alcuna interferenza con le acque di superficie.

12.4.2 Idrologia sotterranea Lo schema della circolazione idrica sotterranea e quindi della situazione idrogeologica dell’area è dettato dal rapporto stratigrafico tra le litologie presenti e discusse precedentemente.

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Lo spessore superficiale (litotipi sedimentari e coltre di alterazione del basamento) possiede una permeabilità da discreta a buona e smaltisce in tempi più o meno brevi gli apporti idrometrici, determinando infiltrazioni idriche rilevanti nella zona; in quest’ambito si assiste alla formazione di una falde acquifera sotterranea poiché l’entità dello spessore è tale da costituire un idoneo serbatoio di ritenuta idrica.

Questa condizione idrogeologica è ben conosciuta in letteratura; nell’area infatti si riscontra una situazione ove è possibile distinguere un substrato di roccia integra sottostante un certo spessore di roccia fessurata. Le fessure, dovute a fenomeni di decompressione in conseguenza a sforzi tettonici, pur proseguendo per centinaia di metri all’interno della crosta terrestre, sono più aperte nella parte alta, dove è minore il carico litostatico.

In superficie si rinviene la coltre del sabbione di alterazione, risultato di una serie di fenomeni, che a volte può essere stato rielaborato in ambiente continentale ed organizzato in deposito sedimentario.

Si resta quindi alla presenza di due zone a diversa permeabilità:

 Una prima dovuta alla coltre superficiale permeabile per porosità;  Una seconda conseguente alla fratturazione della roccia, quindi permeabile per fratturazione.

Quest’ultima a sua volta può suddividersi in ulteriori due porzioni:

 Una più superficiale ove le fratture risultano anastomizzate dalla pressione litostatica, assistendo ad una certa circolazione idrica;  Una più profonda ove le fratture, prevalentemente sub‐verticali, sono costantemente sature d’acqua, poco circolante.

Il passaggio tra le due zone a diverso tipo di permeabilità è generalmente graduale: la coltre superficiale porosa, con spessori di circa 20‐30m, è complessivamente più permeabile (k>10‐6m/s) della sottostante zona fratturata (k<10‐7m/s), la quale ha uno spessore della prima parte a circolazione più attiva di circa 50‐60m.

La circolazione idrica è piuttosto lenta ed avviene solo in senso verticale nella parte sottostante delle fratture che, sature d’acqua, risultano beanti fino a profondità di qualche centinaia di metri. È invece più veloce nella zona porosa ed è attiva al passaggio con la zona fratturata, per la minore permeabilità di quest’ultima e per la minore accentuazione dei fenomeni di argillificazione, che tendono a chiudere i pori.

Riassumendo, le acque idrometeoriche infiltrate nel sottosuolo defluiscono velocemente nella zona porosa e nella parte superiore di quella fratturata, mentre si assiste a cospicui immagazzinamenti nella parte inferiore delle fratture, qualora queste non già sature d’acqua.

Per come già esposto, la presenza di acque sotterranee non inficia la stabilità del sito né tantomeno le stesse sono da questo compromesse. L’attuato piano di monitoraggio in tutto il periodo di vita dell’impianto non ha mai fatto registrare alcun problema di rilievo afferente all’attività di trattamento dei rifiuti, per cui si è indotti ad escludere che la proposta progettuale possa generare interferenze.

12.5 L’aria

Per quel che riguarda la salubrità dell’aria a seguito dell’intervento proposto si è già discusso su come verranno adottate tutte le precauzioni necessarie a prevenire la sospensione di materiale polverulento, a mezzo di bagnatura delle aree di transito dei mezzi, la copertura del materiale a fine lavorazione, etc..

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La prevista alberatura sempreverde ed ad alto fusto, contribuirà ad abbattere l’innesco di fenomeni pulverulenti, rappresentando una barriera al vento.

Proprio a proposito delle correnti ventose, i dati meteo storici della banca dati dell’Aeronautica Militare e quelli rilevabili sull’atlante eolico (redatto dal CESI con la collaborazione della Facoltà di Fisica dell’Università di Genova nel 2002), fanno rilevare come i venti abbiano direzione preferenziale ovest‐est, con prevalenza ovest e velocità medie dell’ordine dei 5m/s (vedasi immagini seguenti); questi valori coincidono con le più diffuse medie anemometriche registrate sul territorio provinciale, e non sono tali da preoccupare al fine delle emissioni, anche fortuite, in atmosfera.

Si ritiene pertanto che le misure cautelative proposte e che verranno adottate siano valide ai fini della prevenzione del rischio di inquinamento atmosferico da materiale pulverulento, anche in forza della natura inerte dei materiali di risulta trattati.

12.6 Fattori climatici

Mediante l’estrapolazione dalle rilevazioni meteo riferite ad un periodo d’osservazione di 40anni (1958‐ 1998), rintracciabile negli annali Istat, è stato possibile ricavare i dati climatici della zona. 87

Le stazioni di monitoraggio sono relative sia all’area in esame che a quelle limitrofe che, per omogeneità altimetrica ed esposizione, sono assimilabili a quella del territorio in esame.

I dati disponibili per ciascuna stazione sono i seguenti:

 temperatura massima media mensile;  temperatura minima meda mensile;  piovosità totale mensile;  temperature massime estreme mensili;  temperature minime estreme mensili. e da questi sono stati elaborati i parametri utili all’indagine climatologica.

Risulta che il territorio presenta un clima di tipo mediterraneo, con inverni freddi e caratterizzati da piovosità abbondante prevalentemente concentrata nel periodo autunnale, ed estati calde. La temperatura media mensile varia dai 10°C del mese di gennaio, ai 25°C in agosto. L’escursione termica annuale è pari a 10,5°C.

In media, per sei mesi l’anno la località in esame può essere soggetta a temperature inferiori a 0°C e la probabilità che si verifichino eventi gelivi passa dall’8% del mese di novembre fino al 35% del mese di gennaio, con ancora il 18% nel mese di marzo.

La piovosità media annuale è distribuita prevalentemente nei mesi autunnali e invernali, con circa 97 giorni di pioggia. Il mese più piovoso è generalmente quello di dicembre, mentre quelli meno piovosi giugno ed agosto. Il fatto che le precipitazioni risultino concentrate nel periodo autunno‐inverno influisce in modo determinante sui fenomeni di infiltrazione ed evapotraspirazione dell’acqua nel terreno.

Dai dati climatici, altimetrici, esposizionali e vegetazionali a disposizione, risulta che l’area in esame, rispetto alla Classificazione Fitoclimatica del Pavari, rientra nella fascia della Macchia Mediterranea.

Non si rileva alcuna reciproca influenze tra la climatologia locale e l’intervento proposto.

12.7 Il paesaggio

Per quel che attiene l’impatto della proposta progettuale sul paesaggio c’è da rilevare che l’area d’impianto non verrà variata, per cui non vi saranno ulteriori fenomeni d’impatto estetico rispetto a quelli già valutati in prima autorizzazione.

Il contesto all’interno del quale ricade l’area è già fortemente antropizzato, con vocazione agricola ed artigianale, caratterizzato soprattutto dalla presenza di oliveti.

A sud‐est, alla distanza di circa 300m dalla strada di accesso principale (S.S.181), la presenza degli ulivi ne ostacola fortemente la percezione visiva, mentre dal versante opposto, a nord‐ovest, l’impianto resta occultato dalla vegetazione spontanea, per come visibile nella figura sottostante.

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Vista da sud‐est, dalla S.P.162/2, in direzione dell’impianto

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Vista da nord‐ovest, in direzione dell’impianto

Per quanto sin qui detto ed illustrato, non si ravvede pertanto alcun incremento dell’impatto paesaggistico rispetto a quello che si è potuto già constatare in sede autorizzativa nel 2010.

12.8 Osservazioni conclusive

Le osservazioni sin qui condotte inducono alla conclusione che l’intervento progettato non genera alcuna compromissione sulle componenti ambientali ad esso riferibili. Questa conclusione, pressoché ovvia, scaturisce fondamentalmente che quella in questione non è una nuova realizzazione, bensì l’ottimizzazione di una già esistente, che ha motivo di esser valutata sotto l’aspetto dell’impatto ambientale solo in ragione dell’incremento dei quantitativi dei materiali che verranno trattati. Si è però detto come, potenzialmente, l’impianto fosse già in grado di gestire un numero più esaustivo di rifiuti non pericolosi e quantitativamente più cospicuo, e di come il problema abbia origine nella sottostima delle stesse.

Ancora, la natura “inerte” del materiale, che formalmente si è visto come rappresenti l’incapacità dello stesso di dar luogo ad interazioni chimico‐fisiche con le sostanze adiacenti, impedisce a questo genere di rifiuti di poter interferire autonomamente con l’ambiente circostante.

Per quest’insieme di ragioni non è pregnante la scansione di queste analisi fra le fasi di cantiere‐gestione‐ dismissione, dal momento che l’intervento consta, in soldoni, nell’ampliamento di un piazzale che anche a fine della vita utile dell’impianto potrà essere utilizzato a pertinenza dell’adiacente Impresa di Costruzioni della stessa Ditta, ma è da ritenersi valida per tutto il ciclo di vita dell’impianto.

A titolo prettamente esemplificativo, ma riassuntivo, di seguito la matrice delle interferenze stimata con scala cromatica. È bene precisare che l’entità degli impatti rappresentata è in rapporto a quanto sin qui espresso relativamente all’iniziativa.

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La rappresentazione cromatica degli impatti, realizzata tenendo conto delle mitigazioni previste in sede progettuale, consente un’immediata e sintetica, seppur qualitativa, individuazione degli elementi critici di impatto su cui eventualmente intervenire.

Ad ogni modo, si ricorda che la progettazione dell’ampliamento è stata condotta nel rispetto del D.Lgs. 36/2003 e che per come rappresentato nel paragrafo specifico costituisce le Best Available Technologies.

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13 Misure previste per evitare, ridurre o compensare gli eventuali impatti sull’ambiente

Questa sezione dello studio d’impatto ambientale individua, ulteriori misure di mitigazione per la gestione degli impatti ambientali analizzati sinora, al fine di ridurre ulteriormente o contenere gli stessi.

13.1 L’aria

13.1.1 Emissioni di gas di scarico Per quanto analizzato in precedenza, prima di scendere nello specifico dell’impatto derivante dai gas di scarico dei mezzi, bisogna operare una distinzione fra quelli d’opera di proprietà della Ditta istante e quelli conferitori, dal momento che per questi ultimi, malgrado rappresentino la parte più cospicua, poco si può fare se non redarguire qualche evidente violazione del C.d.S..

I mezzi impiegati durante le lavorazioni saranno invece gli stessi già sottoposti all’esame della commissione giudicatrice in sede della prima Conferenza dei Servizi, di cui, quelli maggiormente adoperati, sono ad alimentazione elettrica.

Il problema delle emissioni dei gas di scarico può quindi ascriversi ai soli mezzi per la movimentazione dei carichi, ma, anche in ragione della discontinuità dei cicli lavorativi, questo avrà un impatto sulla salubrità dell’aria trascurabile.

Al fine di ridurre al minimo l’emissione dei gas climalteranti, come da prassi per la Ditta, i mezzi saranno sempre manutenuti ed in buono stato, oltreché sottoposti ai prescritti controlli periodici.

13.1.2 Emissione di polveri Per quanto attiene la possibilità di sollevare polvere nel trattamento di materiale pulverulento verrà sempre nebulizzata acqua nelle zone di lavorazione, a mezzo di nebulizzatori fissi, ubicati nelle zone ritenute più “critiche”, e mobili, da dislocare all’occorrenza laddove i fissi non si rivelino sufficienti per una particolare lavorazione.

In generale è prevedibile come l’intera area di trattamento resterà costantemente bagnata, per cui pare improbabile la possibilità di sospensione di particole di materiale nell’atmosfera; in ogni caso si consideri la natura inerte e non pericolosa di ogni materiale, che scongiura ogni rischio per l’ambiente circostante anche per una fortuita emissione di polvere.

Per quel che attiene il temporaneo accumulo di materiali nel piazzale, gli stessi rimarranno sempre coperti fino alla successiva movimentazione.

Inoltre, sia ai mezzi conferitori che a quelli in uscita (quando carichi), verrà fatto obbligo di mantenere coperti i cassoni con gli appositi teloni, ed in ogni caso le loro ruote saranno adeguatamente sciacquate.

13.1.3 Esalazione di cattivi odori La natura inerte dei materiali da conferirsi presso l’impianto progettato, e l’assenza all’interno degli stessi di sostanze aromatiche, scongiura l’esalazione di odori, sgradevoli e non, per cui non si ravvede l’esigenza di adottare alcuna misura cautelativa.

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13.2 L’acqua

Si è già visto come non vi siano interferenze con le acque superficiali e sotterranee presenti, in ragione della loro distanza dall’impianto e dalle modalità di gestione dello stesso.

In ogni caso, per come previsto in via cautelativa dall’A.R.P.A.Cal., il predisposto e validato sistema di monitoraggio delle acque verrà mantenuto e sistematicamente esaminato al fine di mantenere intatti gli equilibri idrogeologici dell’area.

L’impianto di canalizzazione e purificazione delle acque superficiali verrà predisposto per come anzidetto, quindi in ottemperanza a tutte le prescrizioni tecniche e normative, al fine di gestire al meglio sia le “acque di piazzale” che quelle meteoriche. Tutto il sistema verrà mantenuto in efficienza, periodicamente mantenuto e frequentemente ispezionato.

13.3 Il suolo

L’impatto per il suolo è probabilmente quello più consistente, anche se irrilevante ai fini ambientali, andando ad aumentare l’area di trattamento pavimentandola con una pavimentazione industriale.

Per come anticipato, durante la realizzazione del piazzale si avrà cura che questo venga eseguito a perfetta regola d’arte, al fine di risultare adeguatamente liscio e privo d’irregolarità, imperfezioni, o addirittura lesioni. Particolare attenzione verrà prestata ai giunti ed alla loro successiva sigillatura, al fine di scongiurare il passaggio di liquido attraverso la pavimentazione stessa.

13.4 Il clima acustico e le vibrazioni

Dal momento che si è già sufficientemente dimostrato come le emissioni acustiche siano assimilabili alle abituali pratiche agricole nella zona, ci si può esprimere in merito al clima acustico ed alle vibrazioni sul luogo di lavoro. Fermo restando che quanto messo a disposizione dei lavoratori per l’espletamento delle rispettive funzioni sarà conforme ai requisiti normativi, al fine ridurre l’eventuale molestia di rumori e vibrazioni, verranno messi a disposizione dei lavoratori specifici ed adeguati Dispositivi di Protezione Individuale (DPI), secondo quanto prescritto dal D.Lgs.81/2008.

È però improbabile che, data la natura delle lavorazioni e le macchine utilizzate si possano avere problemi simili con carattere di disturbo.

13.5 Il paesaggio

Il contesto fortemente antropizzato di Località Argadi è costellato di attività artigianali e agricole sparse in fondi coltivati particolarmente ad oliveti.

Si è visto come il tipo di lavorazioni e l’ubicazione defilata dell’impianto, mitighino di per sé la percezione dello stesso, ed in ogni caso, non è ipotizzabile un disturbo paesaggistico di rilievo.

13.6 Il traffico veicolare indotto

Quello dei mezzi conferitori non si ritiene possa generare disturbo all’ambiente circostante il centro di raccolta, per via dell’attuale vocazione agricola dell’area, della presunta affluenza degli stessi, e per l’esistente rete viaria che serve la zona.

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Il fatto di aver previsto delle discontinuità nel ciclo di trattamento è dovuto alla mole di materiale conferito, che anche nelle più ottimistiche aspettative, a meno di particolari periodi, non impegnerà la Ditta per più di alcuni giorni alla settimana; ciò implica il contenuto afflusso di mezzi conferitori dovuto all’attuale crisi economica in generale e di settore nello specifico, ma soprattutto che ci si troverà ad operare in un contesto che per quanto grande non potrebbe comunque paragonarsi alle entità cittadine. Indubbiamente anche da questo fattore nasce la sua utilità sociale, in quanto, alle piccole imprese, i costi di trasporto in centri di raccolta più distanti gravano maggiormente che alle grandi realtà aziendali.

Ancora, anche qualora potessero ipotizzarsi problemi di congestione, ci sarebbe da tener presente la disponibilità di spazi per la fermata scongiurerebbe i conseguenti disagi al traffico veicolare.

Anche per questo fattore di rischio si ritiene di non dover adottare particolari misure di salvaguardia.

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14 Misure previste per il monitoraggio

Il D.Lgs.36/2003 prevede la predisposizione di un Piano per il Monitoraggio, la Sorveglianza ed il Controllo per la prevenzione e la protezione dell’ambiente da tutti quegli agenti inquinanti eventualmente prodotti da una discarica, in cui siano previste tutte le attività necessarie volte anche a prevenire il rischio di incidenti da malfunzionamento della stessa e limitarne le conseguenze durante tutto il ciclo di vita.

Estendendo il concetto ad un centro per la raccolta ed il recupero di rifiuti inerti, provenienti dall’attività edilizia, detto piano si ridimensione notevolmente, sia per la natura non pericolosa del materiale trattato, sia per l’assenza di emissioni nocive propriamente dette.

Ad ogni buon fine si è già parlato del Piano di monitoraggio a cui l’A.R.P.A.Cal. ha subordinato il proprio parere favorevole nel 2010, in occasione della Conferenza dei Servizi, e di come lo stesso sia stato predisposto ed attivato nel 2011. Questo in ragione che, esaminati i processi di trattamento, si è riscontrato che l’unica componente ambientale suscettibile di interferenza con l’impianto poteva essere “l’Acqua”.

Pertanto esiste già un Piano di Monitoraggio impostato come documento unico relativo all’intero ciclo di vita dell’impianto, e data l’estensione dell’area controllata, si è visto come possa essere ancora ritenuto valido anche a seguito dell’ampliamento oggetto di trattazione.

Ferma restando la responsabilità in capo al Gestore, il sistema di monitoraggio, a seguito dell’intervento proposto, prevedrà quanto segue (anche in considerazione dei controlli svolti sinora):

 Prove semestrali sulle acque sotterranee, per il dettaglio delle quali si rimanda all’elaborato piano di monitoraggio;  I campioni per le prove sulle acque sotterranee verranno prelevati dai pozzi esistenti, indicati nei paragrafi precedenti;  Verranno condotte una prova a monte e due a valle rispetto al sito di lavorazione;  Per quel che concerne le acque superficiali i campioni verranno prelevati in dei pozzetti esistenti di raccolta delle acque;  I soggetti di riferimento per la partecipazioni di eventuali risultanze anomale saranno individuati nella Regione Calabria, in quanto Autorità competente, nella Provincia (per conoscenza), e nell’A.R.P.A.Cal., in quanto Ente di controllo;  Il gestore conserverà su idoneo supporto informatico tutti i risultati dei dati monitorati per un periodo di almeno 10 anni;  Entro 30 giorni di ogni anno solare il Gestore trasmetterà all’Autorità competente una sintesi dei risultati raccolti nell’anno solare precedente ed una relazione che ne evidenzi la conformità dell’esercizio alle condizioni prescritte dall’Autorità;  Nel caso di rilevamento di dati anomali verranno attivate repentine misure di salvaguardia, e, nel contempo, concordati i presidi da adottarsi con l’autorità competente.

14.1 Attendibilità del Piano di Monitoraggio

A seguito dello studio idrogeologico dell’area in oggetto, finalizzato alla ricostruzione dello schema della circolazione idrica sotterranea e dell’eventuale presenza di falda freatica, espletato in ottemperanza alle vigenti normative ed eseguito come evidenziato in precedenza, ha consentito la definizione delle condizioni idrodinamiche delle falde nell’intorno dell’impianto, sulla base delle caratteristiche idrogeologiche dei terreni

95 interposti tra il piano di imposta dello stabilimento e la superficie della falda, nonché la natura e le caratteristiche dell’acquifero che contiene la falda stessa.

La matrice ambientale indagata, peraltro l’unica eventualmente suscettibile d’inquinamento, è quindi rappresentata dalle acque sotterranee.

Per come riportato sulla documentazione concordata con l’Autorità di Controllo, datata maggio 2011, “al fine del prescritto piano di monitoraggio della qualità delle acque, potenzialmente suscettibili d’inquinamento dovuto all’eventuale mancata tenuta idraulica delle aree di stoccaggio e trattamento dei rifiuti all’interno dell’impianto, si esprime parere favorevole alla scelta dei punti di controllo individuati poiché, alla luce della ricostruzione delle caratteristiche idrogeologiche e della superficie piezometrica nel sito in esame, è possibile affermare la loro correttezza e rappresentatività; gli stessi punti sono numericamente sufficienti e significativi delle condizioni idrogeologiche riscontrate”.

14.2 Affidabilità degli impianti

Al fine di garantire la validità di detto Piano, bisognerà mantenere in efficienza tutti gli impianti, in senso stretto e lato, per cui tutti i mezzi d’opera utilizzati dal personale dell’impianto saranno conformi alle normative vigenti e manutenuti nel rispetto di quanto previsto dagli specifici manuali di uso e manutenzione.

Tutti gli automezzi in ingresso all’impianto non dovranno presentare problemi di tenuta dei rifiuti e, quelli con cassoni a cielo aperto, dovranno essere sempre dotati di apposito telo o rete di copertura che può essere rimosso, a cura del conducente, solo in area attiva prima dello scarico.

L’effettuazione dei controlli sui mezzi e sulle attrezzature prima di ogni messa in funzione, al fine di garantire la sicurezza e la normale operatività degli stessi, sarà affidata all’operatore, che ne registrerà le attività effettuate su specifica modulistica. Altrettanto dicasi per le manutenzioni periodiche che, al contrario, verranno effettuate a cura di personale specializzato.

Per assicurare l’effettuazione delle manutenzioni preventive, secondo quanto previsto dai manuali d’uso e manutenzione, sono previsti specifici programmi di manutenzione che il Responsabile designato all’interno della struttura, garantirà nel rispetto delle tempistiche e nella verifica degli operatori e dei fornitori, archiviando le registrazioni relative a tutte le manutenzioni effettuate.

Gli impianti elettrici di messa a terra saranno soggetti alla verifica biennale a cura di professionista abilitato.

14.3 Interventi in caso di imprevisti ed accorgimenti per ridurre i rischi ambientali

La salvaguardia delle persone, dell’ambiente e dei beni, rappresenta uno degli obiettivi cardine della politica aziendale, che vede la Ditta Bova, per attività affini, certificata qualitativamente UNI EN ISO 9001:2000.

Nel contesto del conseguimento di questo obiettivo, verranno indicate alcune procedure organizzative e comportamentali che verranno seguite nei casi di emergenza prevedibili, nel rispetto della normativa vigente.

È prevista l’esposizione in impianto delle suddette procedure e la loro distribuzione ai lavoratori, ai conferitori ed ad ogni soggetto terzo che dovesse accedere all’impianto per qualsiasi ragione, dal momento che le procedure potranno coinvolgere chiunque sia presente al momento dell’accadimento di un’emergenza.

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14.3.1 Sicurezza fisica delle persone Prima di ogni altra valutazione si è ritenuto opportuno ragguagliare su quanto attiene la sicurezza degli operatori e/o degli avventori sul luogo di lavoro.

Non è oggetto della presente trattazione il dettaglio di tutte le misure adottate nella gestione della sicurezza all’interno della Ditta per come indicato dal D.Lgs.81/2008 e s.m.i., ma si ragguaglia sull’impegno che si profonderà nella redazione degli opportuni piani, anche per la gestione delle emergenze, per quanto normativamente previsto.

Dal momento che la prevenzione è il modo migliore per arginare casi di pericolo, gli operatori saranno preventivamente edotti sulle lavorazioni, verranno ascoltati e considerati i loro suggerimenti in merito alle procedure di lavorazione, e saranno muniti degli opportuni Dispositivi di Protezione Individuale (DPI). Periodicamente dovranno seguire degli incontri di aggiornamento ed informati delle eventuali variazioni ai piani di sicurezza.

Si avrà premura di distinguere le aree di lavorazione da quelle prettamente carrabili, in modo da favorire la distinzione delle persone anche in rapporto alle specifiche mansioni.

14.3.2 Allagamenti Non è prevedibile alcun allagamento dell’area in forza delle considerazioni espresse sui dati storici delle precipitazioni della zona, sulla conformazione del centro, e sull’impianto idrico presente.

Ancora, ci si è già espressi in merito alla portata ed all’ubicazione dei torrenti più vicini, e si è visto come il loro carattere, benché torrentizio, non desti preoccupazioni; sono posti a sufficiente distanza dall’impianto, e comunque a valle rispetto allo stesso.

Ad ogni buon fine, per come riportato negli elaborati dedicati, l’impianto di smaltimento delle acque sarà sovradimensionato nella misura da poter smaltire senza problemi le acque di piazzale anche provenienti congiuntamente dall’impianto idrico e da piogge torrenziali.

14.3.3 Incendi Data la natura dei materiali presenti si ritiene scongiurato il pericolo di veri e propri incendi, ma ad ogni modo qui di seguito verranno riassunti i principi cardine su cui si baseranno i piani che verranno predisposti per la loro gestione in caso di accadimento. Si fa presente che saranno comunque presenti, ben visibili, ed ubicate nei punti ritenuti “strategici”, adeguati mezzi estinguenti.

Rilevamento incendio

Può avvenire visivamente da parte di qualsiasi persona presente, che provvederà a darne immediata comunicazione al personale interno.

Ricevuta la segnalazione il personale provvederà repentinamente a:

 Recarsi sul posto;  Valutare la situazione;  Qualora fosse possibile senza cacciarsi in situazioni di pericolo, far intervenire la squadra di emergenza con i mezzi a disposizione, altrimenti richiedere l’intervento dei Vigili del Fuoco;

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 Se la situazione si presentasse subito con una certa gravità o se l’intervento della squadra dà esito negativo, bisognerà far sgomberare l’area d’impianto.

Gestione dell’incendio

Esercitare un’azione estinguente sui materiali circostanti che avessero preso fuoco solo dopo aver stimato la natura dell’incendio; in tal senso verranno presi in considerazione mezzi estinguenti alternativi (acqua e/o estintori). In ogni caso chi opererà sulle fiamme dovrà indossare i dispositivi di protezione delle vie respiratorie messi a disposizione.

Incendio apparecchiature elettriche

L’intervento sulle apparecchiature elettriche andrà gestito con gli idonei mezzi di estinzione portatili

(estintori a CO2) messi a disposizione preventivamente in numero adeguato. In questi casi non verrà mai utilizzata acqua.

Precauzioni per l’impatto ambientale

In fase di spegnimento dell’incendio, soprattutto con acqua, dovrà aversi cura di gestire il getto in modo da confinare le acque entrate in contatto con il materiale in combustione all’interno del piazzale, in modo da consentirne il deflusso obbligato attraverso l’impianto di smaltimento.

Terminata la fase di emergenza, dovrà eventualmente attivarsi la fase di bonifica mediante:

 Asportazione delle ceneri e del materiale contaminato dalle acque di spegnimento, con eliminazione anche di quelli semi‐combusti;  Confinamento del materiale di risulta all’interno di contenitori protetti;  Lavaggio del piazzale e recupero delle acque di lavaggio con le stesse modalità adottate per le acque di spegnimento incendio;  Conferimento a discarica autorizzata del materiale raccolto e stipato per lo smaltimento.

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15 Misure di compensazione

L’intervento proposto consta dell’ampliamento all’intera area d’impianto autorizzata (4200m2) dell’area di trattamento, con la possibilità di trattare un numero più completo di Codici CER non pericolosi, sempre afferenti gli scarti di lavorazione edilizi (costruzione e demolizione).

Si è già visto come non venga stravolto l’ambiente in cui si andrà ad operare, soprattutto dal momento che trattasi di una sorta di ottimizzazione delle potenzialità di un impianto esistente.

Parlare di specifiche misure di compensazione, alla luce di quanto sin qui esposto sarebbe improprio, dal momento che sono state adottate tutte le misure di mitigazione già prescritte in sede di prima autorizzazione e la normativa in materia può ritenersi invariata dal dicembre 2010.

In ogni caso si avrà cura, sia in fase di realizzazione che di gestione e dismissione, di procurare all’ambiente il minor disagio possibile, implementando le tecniche di prevenzione nel tempo in aggiornamento alle variazioni normative ed al progresso tecnologico.

Il centro di recupero e smaltimento dei rifiuti di che trattasi è nato nel manifestato auspicio di dare alla comunità, ed in particolare alle piccole e medie imprese locali, la possibilità di smaltire i propri rifiuti senza eccessivi aggravi degli oneri per lo smaltimento, ma, per le ragioni esposte, l’impianto non è mai potuto entrare a pieno regime.

Le previsioni progettuali presentate si ritiene possano essere esaustive di quanto l’impianto possieda per sua natura una valenza ambientale, per cui si ritengono esaustivi le misure ed i presidi rappresentati al fine di garantire una buona conduzione perfettamente in linea con la normativa in materia e la salvaguardia ambientale.

Ad ogni modo, qualora emergesse l’opportunità di adottare ulteriori misure cautelative in sede autorizzativa, la Ditta s’impegnerà ad adottarle senza riserva alcuna e nella maniera più esaustiva possibile.

16 Conclusioni

Dallo studio condotto non sono emersi elementi rilevanti in contrasto né con gli strumenti di programmazione e pianificazione, né con le caratteristiche ambientali del territorio. Si può pertanto ritenere l’intervento pienamente compatibile dal punto di vista ambientale.

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