Action Poetry in Italia, Pubblicato in “Territori”, N° 12, Settembre 2001
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Action Poetry in Italia, pubblicato in “Territori”, n° 12, settembre 2001. ISSN 2284-0540 Giovanni Fontana ACTION POETRY Il corpo in azione nello spazio della ricerca poetica performativa 1. Parole sui muri e corpi d’artista Grazie all'iniziativa di un artista, Claudio Parmiggiani, e alla complicità di un Sindaco amante del nuovo, Mario Molinari, nel mese di agosto del 1967 viene scritta una interessante pagina d'arte. Si trattava di "Parole sui muri", un festival che vede un piccolo centro dell'Appennino modenese, Fiumalbo, letteralmente occupato da un centinaio di artisti italiani e stranieri che ne impegna gli spazi con installazioni, sculture, grandi poster di poesia, slogan sulle case, parole sugli alberi, nuova segnaletica urbana (un cartello di Ketty La Rocca indica il "senso di responsabilità"); ma lo spazio è presidiato anche con voci, suoni e azioni poeticamente sottolineate da lanci di mongolfiere. Sarenco (al secolo Isaia Mabellini, allora giovane leva della “poesia visiva”) ricorda che le performance di Fiumalbo "divennero vere e proprie prove pre-rivoluzionarie. Il clima era incandescente e altamente provocatorio".1 Trasformato per l’occasione in uomo-sandwich, egli si ribattezza "body poem" e, analogamente, F. Tiziano (alias Tiziano Spatola, fratello di Adriano) porta sul petto la scritta "Io sono una poesia". In quei giorni, tutti gli artisti presenti alla manifestazione decidono di rendere omaggio alla figura di Piero Manzoni, scomparso prematuramente quattro anni prima, riprendendo un suo gioco-esperimento: chi entra in un cerchio dipinto nella piazza principale del paese è dichiarato opera d'arte permanente, con un attestato numerato e firmato dal sindaco. Manzoni [1933- 1963] aveva progettato nel 1961 i suoi "Certificati di autenticità", così concepiti: "Si certifica che [nome della persona] è stato firmato per mano mia e pertanto considerato, a partire dalla data sotto riportata, opera d'arte vera e autentica. Firmato: Piero Manzoni". Con Manzoni, quindi, si entra in una dimensione concettuale; sulla scorta della lezione delle avanguardie storiche, l'ampiezza dei confini dell'arte si estende molto al di là di quelli convenzionali; nello stesso tempo, si pone attenzione ai valori del corpo, che è proclamato opera d'arte non in quanto corpo-che-vive-e-che-agisce, ma solo in quanto oggetto; nella fattispecie oggetto della considerazione dell'artista, oggetto cui l'artista riferisce il suo gesto elettivo: più o meno lo stesso tipo di considerazione che Manzoni riserva ai propri escrementi inscatolati con l’etichetta "Merda d'artista". 2. Il corpo in azione L'attenzione da parte degli artisti nei confronti del corpo ha sempre goduto di ampio rilievo, fin dall'antichità; ma un atteggiamento nuovo che intende il corpo come matrice, come luogo, come struttura linguistica, come significante e cassa di risonanza dei significati, coniugandolo a uno spazio non solamente geometrico, né solamente deputato all'azione, ma riferito anche alla vita, si affaccia agli inizi del XX secolo: basti pensare ai futuristi e ai dadaisti, ad Artaud e a Duchamp. In Italia Balla e Depero parlano di "arte-azione" nella loro ipotesi di ricostruzione dell'universo,2 Marinetti allarga i domini dell'arte a ogni aspetto della vita e introduce indicazioni tecniche sull'uso del corpo nel manifesto della "declamazione dinamica e sinottica";3 perfino nel circoscritto campo della pittura si vuole che l'artista diventi "un vortice di sensazioni": Carrà parla di "pittura totale", di "cooperazione attiva di tutti i sensi" e conclude il suo manifesto del '13 dicendo che "bisogna dipingere, come gli ubbriachi (sic) cantano e vomitano, suoni, rumori e odori!".4 1 La provocazione e lo scandalo suscitano spesso forti reazioni del pubblico, che non di rado è coinvolto in improvvise azioni svincolate da qualsiasi programma precostituito. Basta un input dissacratore per dare il via a serate che dire movimentate è di gran lunga riduttivo. I futuristi, in particolare, teorizzano la voluttà di essere fischiati e contestati. E le contestazioni, appunto, costituiscono l'alimento principale di quegli happenings ante litteram. Ma non solo allora! Ricordo, per esempio, il poeta sonoro Arrigo Lora Totino, abile interprete del progetto futurista, che, preso di mira da un gruppo di contestatori con lanci di cocomeri, riesce, con calibrati rilanci, a trasformare l'evento in una godibilissima pantomima che finisce per rappresentare, con tagliente ironia, una denuncia dell'intolleranza,5 oppure Adriano Spatola, che tratta con il pubblico, gli si rivolge direttamente, accetta il colloquio e la sfida. Emblematico è lo scambio di battute, anche pesanti e violente della sua ultima performance romana:6 un clima teso, di grottesca irruenza verbale che rimanda alla “poesia come aggressione”, alla “poesia come scandalo”, alla “poesia come rapporto feroce col mondo” di cui egli stesso aveva parlato introducendo un’antologia di poesia italiana sul n° 20 della rivista fiumana “La Battana” nel 1969.7 Come è noto, eventi artistici basati sulla presenza del corpo in azione (ma ben al di là dei confini canonici della danza o del teatro) hanno grande successo e massima diffusione negli anni Sessanta, grazie ad artisti come John Cage [1912-1992], Jean Jacques Lebel [1936], Wolf Vostell [1932-1998], il gruppo Fluxus in generale e, soprattutto, grazie ad Allan Kaprow [1927-2006], al quale si deve la spinta che condizionerà in maniera determinante le successive ricerche in ambito performativo. Kaprow rivolge tutta la sua attenzione alla vita "che è tanto straordinaria purché si riesca a lasciare che agisca come vuole". L'artista dà pieno e libero corso al flusso degli avvenimenti, ai dati materiali della realtà spazio-temporale, al di là della finzione, al di là della rappresentazione, ricercando un impatto forte con gli oggetti che riempiono la dimensione del quotidiano, con il prodotto di consumo, con l'universo mercificato dai condizionamenti industriali e dalle logiche politiche ed economiche. In quegli anni, grazie anche alla convinzione che il fenomeno dell'intermedialità debba rappresentare un momento centrale del linguaggio artistico, si assiste alla trasformazione in chiave spettacolare di tutte le arti, dove il corpo, nel senso di Leib, assume il ruolo di vero e proprio centro di gravitazione. 3. Sotto il segno della Body Art In Italia, nel decennio che va dal 1967 al 1977, si diffonde, destando la curiosità della critica ma raccogliendo un pubblico esiguo e perplesso, il fenomeno della Body Art, dove il training del corpo è il denominatore comune del lavoro di molti. La schiera dei pittori e degli scultori attirati, anche occasionalmente, dalle valenze corporee si fa molto fitta a partire dal 1968, anche sulla scia dei movimenti di contestazione: si è contro il prodotto corrente, l'oggetto istituzionale, la merce, la convenzionalità repressiva, a favore del gesto eversivo, dell'azione demistificante, dell'atteggiamento politico-filosofico di stampo marcusiano, che si pone a favore di una liberazione dell'Es, fonte di energia psichica ed espressione di forze pulsionali, contro una psicoanalisi intesa come strumento di normalizzazione. Alcuni agiscono in diretta, altri preferiscono la mediazione della fotografia, del film, del videotape. In una rapida carrellata si possono ricordare le esperienze di Cioni Carpi [1932], Giovanni Anselmo [1934], Claudio Cintoli [1935-1978], Jannis Kounellis [1936], Fabrizio Plessi [1940], Pier Paolo Calzolari [1943], Emilio Prini [1943], Giuseppe Penone [1947] e ancora quelle di chi preferisce agire sull'altrui corpo, come Gino De Dominicis [1947-1998], più interessato alla definizione della situazione che all'azione, Fabio Mauri [1926-2009], che predilige temi storici e socio-politici agendo in una dimensione parateatrale, Vettor Pisani [1934-2011], ossessionato da pulsioni autopunitive, il napoletano Giuseppe Desiato [1935], che agisce in situazioni tra il mistico e il folklorico, Elmerindo Fiore [1947], fin dal ’70 alla continua ricerca di anime improbabili, tra travestimenti, proiezioni e sparizioni, in un processo automitologico equamente distribuito tra parola, immagine e gesto; e ancora si può ricordare Luca Maria Patella [1938], coinvolto a pieno titolo nell'Arte Concettuale, il quale agisce analizzando ironicamente il linguaggio e attivando il meccanismo del motto di spirito, oppure giocando con segni ed oggetti in un rapporto molto stretto 2 con il pubblico, finalizzato alla liberazione di energie positive in una sorta di psicodramma. Ma principalmente vanno indicate Gina Pane [1939-1990], di nazionalità francese, ma di padre italiano, e Ketty La Rocca [1938-1976]. La prima, con un taglio sado-masochista, costruisce performance estremamente calibrate e poetiche, talvolta addirittura raffinate, nonostante siano pervase da sconcertanti azioni, durante le quali l'artista si trafigge con spine, si ferisce con lamette affilate, si fa attraversare il volto da vermi, mangia cibo avariato, addirittura si impegna in lunghissimi gargarismi fino a provocare la fuoriuscita del sangue. Ma, sudore, lacrime e sangue, tutto, tra lucidità e allucinazione, è dominato da una spiccata componente estetica che trae tensione e ragione in una forte carica libidica e nella convinzione che la complessità della struttura corporea disponga di inesauribili valenze espressive. Dice Gina Pane: "Il corpo è una creazione permanente, una continua costruzione".8 Ketty La Rocca, invece, partendo dallo studio di linguaggi pre-verbali, fin dai primi anni settanta, utilizza