Religiosita E Societa in Valdelsa · Nel Basso Medioevo

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Religiosita E Societa in Valdelsa · Nel Basso Medioevo BIBLIOTECA DELLA « MISCELLANEA STORICA DELLA VALDELSA » DIRETTA DA SERGIO GENSINI N. 3 RELIGIOSITA E SOCIETA IN VALDELSA · NEL BASSO MEDIOEVO ATTI DEL CONVEGNO DI S. VIVALDO 29 Settembre 1979 SOCIETÀ STORICA DELLA VALDELSA 1980 I ·I In copertina: S. Vivaldo, Cappelle del sec. XVI. • BIBLIOTECA DELLA « MISCELLANEA STORICA DELLA VALDELSA » DIRETTA DA SERGIO GENSINI N. 3 RELIGIOSITA E SOCIETA IN VALDELSA NEL BASSO MEDIOEVO ATTI DEL CONVEGNO DI S. VIVALDO 29 Settembre 1979 SOCIETÀ STORICA DELLA VALDELSA 1980 Per rendere più spedita la lettura e dare alle relazioni il rilievo che meritano, si sono omesse le consuete « formule ,. che ricorrono durante lo svolgimento di un convegno. PRESENTAZIONE La pubblicazione degli atti del convegno di studi storico-religiosi organizzato in San Vivaldo dalla Società storica della Val d'Elsa ripro­ pone alcune considerazioni che già venivano alla mente partecipando al­ l'intensa giornata di ascolto e di dibattito. Significativo è stato l'instaurarsi, nel corso di quel convegno, di un amichevole dialogo fra insigni Maestri, giovani collaboratori dell'inse­ gnamento universitario, e studenti ancora impegnati nei loro studi; al­ trettanto ricca di significato è stata la partecipazione di studiosi non italiani, i quali hanno comunicato i risultati delle loro già lunghe ricer­ che sugli aspetti più diversi della storia delle popolazioni di questa terra toscana, rinnovando ancora una volta lo scambio di esperienze storiografiche che, con particolare efficacia negli ultimi decenni, ha fatto progredire notevolmente gli studi di storia fiorentina e toscana del­ l'età medievale: Il convegno di San Vivaldo ha confermato anche la validità scien­ tifica di quanto si va facendo dalle società storiche cosiddette locali, particolarmente numerose e vive in Toscana; società che - come la Valdelsana - si sono fatte da tempo promotrici di ricerche e di studi su aspetti peculiari della civiltà di ambienti sociali periferici; quelli che a torto sono stati per lungo tempo considerati come fenomeni marginali, e che si configurano, invece, con sempre maggiore evidenza in tutta la loro complessità se studiati valendosi di una metodologia sensibile ai rapporti che li collegano con la fenomenologia della grande storia. Le relazioni presentate al convegno di San Vivaldo approfondi­ scono nel fatto religioso l'aspetto di motivazione centrale della vita sociale delle popolazioni della Val d'Elsa, di espressione compiuta dei bisogni spirituali e delle tendenze culturali dei ceti subalterni di quelle contrade, di rapporto corale fra le aspirazioni morali e spirituali delle moltitudini e la personalità degli individui che emergono per la loro consuetudine col divino. Impegnate in questo quotidiano colloquio, le sante Valdelsane - 6 PRESENTAZIONE ché di donne principalmente si tratta - sembrano quasi realizzare in sé il bisogno dei conterranei di superare, attingendo il soprannaturale, la dura realtà terrena di una giornata vissuta nel grigiore delle incom­ benze quotidiane, di riscattare con la dignità conseguita mediante l'in­ timità col divino le umiliazioni inflitte dagli obbligati rapporti di su­ bordinazione . inerenti alla posizione sociale degli umili. La biografia di queste sante, le tappe della loro esperienza reli­ giosa, sono considerate non solo e non tanto come momenti di una vicenda individuale, ma come termine di paragone -di una tensione in­ teriore che, nel confronto con la loro spiritualità, si afferma nelle co­ scienze dei contemporanei. Nell'ascesa delle loro anime questi ultimi vedono quasi realizzate le proprie interiori potenzialità di migliora• mento; dalla presenza di queste donne nella terra natale i concittadini traggono la sicurezza di una continuità del rapporto desiderato fra la loro pochezza terrena e gli splendori, la felicità, la serenità inerente alla loro concezione del soprannaturale. La presenza nella Val d'Elsa di una Gerusalemme ideale, che nella disposizione topografica e nella similitudine esteriore dei monumenti testimoni dei fatti della Passione vuol essere strumento concreto di sempre nuova commozione religiosa, è un altro segno di questa vo­ lontà di partecipazione corale al dialogo col divino, della vivacità di un bisogno del soprannaturale che vuol realizzarsi nel rinnovarsi delle emozioni destate da quei segni esteriori. Il fatto religioso emerge in queste relazioni come componente vitale del divenire sociale. La stessa vicenda istituzionale ed artistica della . pieve di Sant'Appiano si configura come momento nodale di questo complesso rapporto; la storia dell'istituzione ecclesiastica e quella del monumento trovano una nuova e più intima significanza se sono con­ siderate come aspetto della storia religiosa e culturale di un popolo che in quel tempio prega e quel tempio vuole edificare come materiale espressione del suo modo di sentire il rapporto col divino. Impostati cosl come sono, gli studi presentati al convegno di San Vivaldo, se non sono esaustivi della problematica dibattuta, costitui­ scono un sicuro punto di riferimento per approfondimenti ed amplia­ menti ulteriori di quella tematica. La sicurezza e, per molti aspetti, l'originalità dei risultati raggiunti fa ben sperare che altri problemi sollevati nel corso di questo interessante dialogo possano essere affron­ tati con pari fecondità di risultati in incontri preparati con uguale com­ petenza ed amore. .ARNALDO D'.Al>DARIO SERGIO GENSINI SALUTO DEL COMITATO COMUNALE «ESTATE MONTAIONESE » Quale rappresentante della ·società Storica della Valdelsa, organizza­ trice di questo convegno, nel Comitato comunale «Estate Montaionese », che si sente lusingato e onorato di averlo potuto patrocinare, il Sindaco di Montaione, Mario Ulivieri, ha voluto riservare a me il gradito compito di fare, come si dice, gli onori di casa. Nel porgere, dunque, il saluto e il benvenuto del Comitato suddetto a tutti gli intervenuti e particolarmente ai relatori e agli illustri ospiti stranieri, Proff. André Vauchez e Charles de la Roncière, mi sia consentita qualche breve considerazione prendendo spunto da un passo di un saggio di Raffaello Morghen pubblicato in Civiltà medievale al suo tramonto: « Tra la seconda metà del secolo XII e la fine del XIV - egli scrive - maturò in Europa una sl profonda trasformazione negli ideali e nei modi della spiritualità e della devozione .che, a tanta distanza di secoli, non sembra azzardato considerare quel periodo come un momento significativo ed uno dei fattori determinanti dei nuovi orientamenti della civiltà euro­ pea ... Ed alla nuova età San Francesco si faceva banditore di una religione più umana e meno teologica, che, pur nell'ideale del ritorno al V angelo, rivalutava la natura e la vita ». È un passo che mi pare in piena sintonia con. questa nostra giornata. A parte, infatti, il richiamo a S. Francesco, che ha uno stretto riferimento all'ambiente che gentilmente ci offre ospitalità (della quale ringrazio viva­ mente, a nome di tutti, il Guardiano P. Pasquale Buriani), la citazione ha, mi sembra, più di un legame col tema del nostro convegno e, in qual­ che misura, lo inquadra. Rileggendo quel passo, mi veniva da chiedermi quanto di tutta la religiosità che si manifestava in quei secoli, anche in forme eterodosse e persino fanatiche (penso a certe confraternite - le sole associazioni, d'al­ tronde, nelle quali fosse concesso riunirsi ai dipendenti delle Arti, come a 8 SERGIO GENSINI dire ai proletari del tempo; o a certe profezie insieme apocalittiche e palin­ genetiche come quella dei « fraticelli della povera vita », « propaggine del grande albero francescano», come la definisce il Volpe, e in alcune delle quali N. Rodolico scorgeva un qualche rapporto col tumulto dei Ciompi); quanto - dicevo - di quella religiosità sia veramente espressione di una fede sincera (come nei santi valdelsani che qui verranno ricordati) e quanto - in un periodo in cui si va impiantando un ordinamento capitali­ stico che toccherà nel '.300 la sua massima espansione - non sia anche, da un lato, singolare manifestazione di rivolta delle angariate classi subal­ terne, del sottoproletariato in particolare e, dall'altro lato, manifestazione puramente formale di una classe dominante, che contraddice, nella pra­ tica quotidiana, i più elementari dettami del Vangelo (si ricordino - per tutti - i « contratti usurari illeciti et abominevoli » contro i quali si levano lamenti e proteste alla vigilia dei Ciompi) e che sfrutta per­ sino il « comptemptus mundi » di alcune fanciulle destinate alla santità per ridurre ad esse il già misero salario di serve (come si dimostra in una delle relazioni che verranno presentate). Occorre, dunque, scrutare a fondo in questa società, composita e com­ plessa anche nelle manifestazioni della sua religiosità ,e nella quale, men-, tre gli ideali religiosi si stemperano, in parte, nell'ossequio formale al culto esteriore, gli ideali stessi della vita laica si colorano, per converso, di una loro intima religiosità ed ogni aspirazione di novità cerca il suo soddi­ sfacimento in una mutazione religiosa. Anche questo ci riporta a S. Francesco, che il nuovo spirito diffon­ de nel mondo del lavoro (al quale egli stesso è molto vicino, tanto da im­ porre ai suoi fratelli e seguaci di lavorare) e che il suo biografo, Tomma­ so da Celaro, definisce «semplice ed ignorante»: una definizione che ri­ corda quella, di gente « illitterata e idiota » con la quale gli avversari de­ finivano gli eretici (che son, poi, fabbri, sarti, scardassieri, contadini ecc.) e con la quale essi stessi amavano autoproclamarsi.
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