Onoranze Al Prof. Girolamo Caruso Il Giorno 12 Novembre 1925, Come

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Onoranze Al Prof. Girolamo Caruso Il Giorno 12 Novembre 1925, Come Onoranze al prof. Girolamo Caruso Il giorno 12 novembre 1925, come coronamento all’iniziativa di un gruppo di laureati della Scuola superiore agraria di Pisa, venne scoperto nell’aula di Agronomia un busto del compianto prof. Girolamo Caruso. In tale circostanza i dottori in scienze agrarie d’Italia si riunirono a congresso e venne stabilito che lo scoprimento del busto del prof. Caruso e l’inaugurazione del congresso venissero riuniti in un’unica cerimonia. Ad essa aderirono, scusando l’assenza perché trattenuti a Roma per motivi di governo, S. E. Belluzzo, ministro dell’Economia nazionale; S. E. Fedele, ministro della Pubblica istruzione; S. E. Peglion, sottosegretario all’Agricoltura; gli alti funzionari del Ministero dell’Economia nazionale, grand’uff. Brizi, comm. Stringher, ecc. Intervennero le autorità locali, numerosi rappresentanti di istituti superiori e medi d’Italia, di sindacati, di ordini; il corpo accademico dell’Università e degli istituti superiori di Pisa; un largo stuolo di congressisti, di amici, di ammiratori, di discepoli del venerato maestro. Allo scoprimento del busto il prof. Ravenna, direttore del R. Istituto superiore agrario, spiegò il significato della cerimonia e dopo una felice improvvisazione del Prefetto di Pisa grand’uff. Cotta, presero la parola il prof. Todaro, presidente del Comitato ordinatore delle onoranze; il prof. D’Achiardi rettore della R. Università, il dott. Calzavara, per i discepoli e a nome dell’Associazione dottori in scienze agrarie delle Tre Venezie; il dott. Ferrucci, come presidente del Comitato ordinatore del congresso e del sindacato pisano dei dottori in scienze agrarie. Infine il senatore prof. Passerini lesse il discorso commemorativo. Parole del prof. Ciro Ravenna, direttore del R. Istituto superiore agrario Signori, l’anno accademico che da pochi giorni si è inaugurato, non poteva iniziarsi con maggiore fortuna. Se è un imperioso bisogno delle anime gentili quello di rivolgere un memore pensiero a coloro che senza calcoli, senza sottintesi, ma per purissimo sentimento d’amore prodigarono le migliori virtù a vantaggio della Scuola, è pur vero che un tale omaggio tributato agli uomini che ne sono altamente degni si riflette sui luoghi dove essi esplicarono la loro nobile operosità e li illuminano di luce radiosa infondendovi nuovi motivi di grandezza e di gloria. Ed è perciò che io, come direttore del R. Istituto superiore Agrario, sono esultante della cerimonia che qui si sta compiendo. Nel commemorare Girolamo Caruso, oggi si esaltano i fasti della Scuola pisana poiché può ben dirsi che questa formi con lui pressoché un’unica cosa. Siano quindi rese vive grazie alle autorità che hanno voluto con la loro presenza conferire maggiore solennità alla cerimonia e grazie ai colleghi e ai discepoli e agli estimatori dell’insigne scomparso, che così numerosi sono accorsi per rendergli i meritati onori. Ma sopratutto un riconoscente pensiero vada al Comitato ordinatore di questa rievocazione ed al suo presidente prof. Francesco Todaro allievo dilettissimo di Girolamo Caruso ed a lui legato da indissolubili vincoli di devozione e di affetto. E siate benvenuti, voi, dottori in Scienze agrarie, che rappresentate le migliori forze di propulsione della Patria nostra adorata e che nel nome della Maestà del Re avete voluto inaugurare il vostro congresso sotto l’egida sicura dell’indimenticabile maestro. Quale uomo fosse Girolamo Caruso, lo dirà fra poco con mente di scienziato e con cuore di amico l’illustre oratore rituale di questa riunione. Basti a me ora, mentre qui vibra il suo spirito, in quest’aula ove per mezzo secolo squillò la sua voce, rilevare con sommo compiacimento che l’eco di quella voce è più viva che mai perché il risuono delle sue parole ha fatto qui convenire da ogni parte d’Italia per celebrare il maestro, gli antichi discepoli che lo amarono e lo ammirarono in questo santuario che fu la passione della sua esistenza. La scuola alla quale profuse i tesori del suo sapere gli è grata. Dell’opera da lui compiuta ed egli addita a noi, suoi successori, le norme da seguire per renderla sempre più meritevole della rinomanza di cui gli è debitrice. Grave è perciò il peso della nostra responsabilità, ma altrettanto grande lo stimolo a perseverare sulla via luminosamente tracciata affinché la Scuola agraria di Pisa possa un giorno raggiungere le mète più elevate a cui egli ha saputo destinarla. In quel giorno soltanto, signori, Girolamo Caruso avrà la commemorazione degna di lui. Parole del prof. Francesco Todaro, Presidente del Comitato ordinatore delle onoranze Signori, quasi due anni or sono, nel gennaio del 1924, un gruppo di laureati pisani della nostra Scuola. prese la iniziativa di queste onoranze, le quali hanno raccolto larghe e fervide adesioni tra gli allievi, gli amici ed ammiratori del maestro. Fu costituito un Comitato d’onore che si ornava dei nomi di Giacomo Acerbo, Napoleone Passerini, Vittorio Alpe, Alesandro Brizi, Giovanni D’Achiardi, Guido Guidi Buffarini, Angelo Menozzi, Nicola Miraglia, Vittorio Peglion, Filippo Silvestri, Alessandro Vivenza e del Sindaco signor Bambina di Alcamo, dove il maestro ebbe i natali. Del Comitato esecutivo - di cui l’egregio prof. Pericle Galli è stato Segretario veramente infaticabile - furono chiamati a far parte Francesco Ruschi, Enrico Avanzi, Manlio Battaglia, Arturo Bruttini, Prospero Ferrari, Domenica Santucci e - come cassiere - Ferdinando Zaccagnini. Faceva parte di questo Comitato anche il compianto professore Giovanni Emilio Rasetti, spentosi immaturamente or fa un anno nel pieno della non comune sua attività a servizio dell’agricoltura pisana, che assieme a noi amaramente lo piange. Del Comitato stesso venne a me conferito l’alto onore della Presidenza. E debbo a questa carica la ventura di essere io a compiere il gradito dovere di ringraziare - anche a nome degli altri membri del Comitato esecutivo - tutti coloro, enti e persone, che in qualsiasi misura vollero partecipare alla sottoscrizione; di esprimere i sensi di viva gratitudine ai colleghi del corpo accademico dell’Istituto pisano, particolarmente al chiarissimo direttore prof. Ciro Ravenna, che tanto a cuore prese la nostra iniziativa; a tutti i buoni signori - e, s’intende, prima ancora alle gentili signore - che con la stessa lor presenza a questo sacro rito, recano il massimo tributo di sentimento e di onore a cui, pel maestro, noi potevamo ambire. Penso, o signori, che quest’ora solenne che qui ci aduna vecchi e giovani allievi, attorno al maestro, debba essere ora di gaudio - non di lacrime e cordoglio - perché siamo qui venuti a glorificarlo, a rendere omaggio non alla memoria di lui, ma a lui in persona, che è sempre vivo nell’anima e davanti agli occhi dei suoi discepoli e degli agricoltori italiani. Questo miracolo di sopravvivenza è, principalmente, opera di Girolamo Caruso: cuore gagliardo, impetuoso e generoso, che alla parola detta o scritta - conferiva la irresistibile forza di quelle onde di passione e di fede che traggono l’umanità ai più alti suoi destini. Mi par di ieri - ed è ormai vecchia di mezzo secolo - l’ascoltazione di quelle lezioni alle quali venivamo in quest’aula come a festa; sento ancora vivo e potente il fascino di quello sguardo agilissimo che col mistico solenne gesto del seminatore egli faceva correre senza posa sulle attente file della scolaresca. Che seminatore egli era: non idee fluidificate e con l’atto banale del travaso ci vennero da lui; ma germi di pensiero e di vita, che - dove più dove meno - si svilupparono. E vanno ora fruttificando: a vantaggio nostro, ma anche - oso dirlo - della agricoltura del nostro Paese. L’agricoltura non apre le sue officine al controllore freddo e rigido del lavoro, che comanda le manifatture; non può asservire l’uomo alla macchina. E se un giorno lo potesse di certo non vorrebbe, poiché vive nel capriccio del tempo, negli adattamenti di ogni ora che solo dalla libera personale iniziativa possono scaturire. L’amore alla terra madre - sconfinato inestimabile amore - deve governare pertanto - e muovere - la economia e la tecnica dell’azienda agraria. La quale invano cercherebbe all’infuori di esso quel fecondo sviluppo che è cagione - non effetto dell’eterno cammino dei popoli verso il meglio. Questa santa passione per la terra - fonte prima della vita - ha saputo in noi suscitare il maestro con la parola fervida, con tutta l’opera Sua assidua e poderosa. Della quale voglio qui ricordare - quasi ad esponente e simbolo - le auree pagine sulla Colonia parziaria e la magnifica storia naturale e culturale dell’olivo. È scolpito in quelle pagine un pensiero d’avvenire: la chiara visione del maestro di quell’assetto economico-sociale verso cui deve tendere l’agricoltura del nostro Paese per assicurare - nel pieno benessere di questo ed in quanto umanamente possibile - la felicità a tutti coloro che all’arte divina dei campi braccio e mente avranno dedicato. È nell’«albero di Minerva» che con vera passione il maestro più che studiare, ha «cantato» l’albero che non muore - il simbolo dell’opera Sua imperitura. Da questa trae l’adamantina saldezza delle proprie strutture anche l’Istituto agrario pisano - il quale, sul vasto monolitico basamento gettato da Cosimo Ridolfi e Pietro Cuppari, è già all’altezza degli edifici monumentali, geloso custode dei blocchi massicci di gloria che ad esso affidarono - assieme a Girolamo Caruso - gli altri nostri venerati maestri Antonio Pacinotti, Fausto Sestini, Vittorio Niccoli ed Italo Giglioli: potenti «seminatori» anch’essi, suscitatori di energie fattive; figli elettissimi - come il Caruso - della nuova Italia, che vuol rivivere la grandezza di Roma. A tutti questi numi tutelari del nostro vecchio glorioso Istituto, da cui tanta luce è venuta alla scienza agronomica e all’agricoltura italiana; a Girolamo Caruso, che tutti li rappresenta nella nostra festa di resurrezione, il saluto reverente, la nostra riconoscenza memore e devota; all’Istituto Agrario pisano l’augurio di un avvenire - prossimo e lontano, che, sviluppandolo vigorosamente, possa degnamente coronare il suo passato.
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