Reati Politici E Brigantaggio (Bb. 87-271)
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Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ARCHIVIO DI STATO DI SALERNO Tribunale Civile e Correzionale e Corte d’Assise di Salerno Serie: Reati Politici e Brigantaggio ELENCO ANALITICO BB. 87-271 (1857-1909) A cura di E. GRANITO n. 24.2 Introduzione Il fondo qui inventariato contiene incartamenti processuali sia della Sezione Penale del Tribunale Civile e Correzionale di Salerno che della Corte d’Assise. All’indomani dell’Unità d’Italia, con la legge del 2 aprile 1865 n. 2215, il governo fu autorizzato dal Parlamento ad estendere i codici civile e di procedura civile e penale e di procedura penale del 1859 del Regno di Sardegna al Regno d’Italia, con le modifiche ritenute necessarie. Il codice penale sabaudo non venne però esteso alla Toscana, dove era stata abolita la pena di morte con il codice penale del 1853, che rimase in vigore, in quanto non si potette reintrodurre la pena capitale nei territori dell’ex Granducato di Toscana, né la si volle eliminare dal codice penale sabaudo. Pertanto, ad eccezione della sola Toscana, questo codice fu applicato in tutto il resto del Paese, prendendo il nome di codice sardo- italiano, e rimase in vigore fino al 31 dicembre 1889, quando fu sostituito dal codice Zanardelli, che entrò in vigore il 1° gennaio 1890. Oltre ai nuovi codici, dopo l’Unità, furono istituite nuove magistrature, che avrebbero regolato, al posto di quelle borboniche, l’amministrazione della giustizia, le quali videro la luce con il regio decreto del 6 dicembre 1865 n. 2626 sull’ordinamento giudiziario. Nei capoluoghi di mandamento furono poste le Preture, che costituivano il primo grado di giudizio e sostituivano le Giudicature Circondariali preunitarie. Contro le sentenze proferite dai pretori era previsto l’appello ai Tribunali Civili e Correzionali, che in provincia di Salerno erano tre, con sede a Salerno, Sala Consilina e Vallo della Lucania. Mentre sotto il regno borbonico i tribunali – sia il Tribunale Civile che la Gran Corte Criminale – avevano giurisdizione provinciale, dopo l’Unità ebbero circoscrizione circondariale. Ad essi spettava giudicare, sia in materia civile che penale, in prima istanza ed in appello tutte le cause che erano loro deferite dalla legge (art. 41 del r.d. 6 dicembre 1865). Le sentenze di detti tribunali potevano essere impugnate davanti alle Corti d’Appello, sia nel civile che nel penale. Per la provincia di Salerno era competente la Corte d’Appello di Napoli. In campo penale le Corti d’Assise giudicavano i reati contro la sicurezza interna ed esterna dello Stato e di provocazione a commetterli, anche a mezzo stampa; era altresì di loro competenza il giudizio sugli abusi commessi dai ministri dei culti nell’esercizio delle loro funzioni (art. 9 del Codice di procedura penale del Regno d’Italia), nonché sugli attentati all’esercizio dei diritti politici, previsti dagli artt. 190-193 del Codice penale e sui reati previsti dall’art. 471 del medesimo Codice, riguardanti ogni discorso o scritto «che siano di natura da eccitare lo sprezzo ed il malcontento contro la sacra Persona del Re, o le Persone della Reale Famiglia, o contro le istituzioni costituzionali». 1 Contro una sentenza emanata dalla Corte d’Assise si poteva fare ricorso alla Corte di Cassazione che, come previsto dal Titolo V del Codice di procedura penale sardo-italiano, Del modo di procedere nei casi di ricusazione o di rimessione delle cause da una ad altra corte, tribunale o giudice (art.. 746-777), nel caso di accettazione del ricorso, annullava la sentenza e rinviava la causa ad un’altra Corte d’Assise. Ciò spiega perché, tra i processi dibattuti davanti a questa magistratura, se ne rinvengano alcuni per reati consumati fuori provincia. I più numerosi sono quelli che riguardano la Basilicata, concernenti insurrezioni filo-borboniche ed episodi di brigantaggio. Tra essi si segnala il processo per l’insurrezione avvenuta in Potenza il 18 agosto 1860, in concomitanza con il passaggio dello Stretto di Messina da parte di Garibaldi. La gendarmeria, sotto la guida del capitano Castagna, dopo tre squilli di tromba, alle grida di “Abbasso la costituzione, viva il re, sacco e fuoco!”, attaccò la Guardia Nazionale e la popolazione inerme, che lasciò alcuni morti e numerosi feriti sul terreno1. È altresì da segnalare il processo per il moto reazionario avvenuto a Rapolla nell’aprile del 1861, che fu accompagnato da devastazioni, stragi e saccheggi e dalla distruzione dell'archivio comunale2. Ma senza dubbio il processo più rilevante per fatti avvenuti al di fuori della provincia è quello per l’insurrezione reazionaria scoppiata nell’agosto del 1861 a Casalduni e nei comuni limitrofi di Pontelandolfo, Fragneto l’Abate e Fragneto Monforte, tutti in provincia di Benevento3. Alcune bande brigantesche, appoggiate dai filo-borbonici di quei paesi, li invasero, abbatterono gli stemmi sabaudi e saccheggiarono le case dei sostenitori del nuovo regime. Furono consumati atti di efferata ferocia: un sarto di Casalduni, Rosario De Angelis, inviso ai rivoltosi perché era stato garibaldino, fu catturato, legato e trascinato sulla montagna tra lo scherno e gli insulti dei presenti ed alla fine fu ucciso a colpi di fucile. Un drappello di soldati dell’esercito italiano, accorso per ripristinare l’ordine, fu sconfitto, i superstiti furono fucilati o uccisi a colpi di pietre. La reazione da parte dell’esercito italiano fu durissima: Casalduni e Pontelandolfo furono dati alle fiamme e la popolazione massacrata. Numerosi processi riguardano episodi insurrezionali verificatisi in vari comuni della provincia nel periodo immediatamente successivo all’Unità, soprattutto in occasione del plebiscito del 21 ottobre 1860. Particolarmente violente furono le insurrezioni scoppiate a Romagnano4, Palomonte5 e Montesano6, che registrarono un largo concorso di popolo. A 1 ARCHIVIO DI STATO DI SALERNO, Tribunale Civile e Correzionale di Salerno – Sezione penale – e Corte d’Assise, Reati politici e brigantaggio, b. 146, f.li 1-6. 2 Ivi, b. 100, f.li 1-8. 3 Ivi, b. 189, f.li 3-4, b. 190, f.li 1-3. 4 Ivi, b. 87, f.li 2-6. 5 Ivi, b. 87, f.lo 7. 6 Ivi, b. 120, f.li 10-17. 2 Romagnano il moto insurrezionale, iniziato il 21 ottobre, si protrasse per più giorni e culminò nell’efferata uccisione di Francesco Rienzi, odiato perché favorevole al nuovo regime, che fu finito a colpi di scure, di bastone e di pietre, dopo essere stato stanato a furor di popolo dalla casa di due sacerdoti presso i quali si era rifugiato. Si segnalano altresì gli incartamenti processuali riguardanti la reazione filo-borbonica scoppiata alla fine di luglio del 1861 in Auletta, dove furono rimossi e distrutti i ritratti di Vittorio Emanuele II e di Garibaldi e venne innalzata la bandiera borbonica. La reazione divampò anche in alcuni comuni limitrofi (Galdo, Petina, Salvitelle e Pertosa)7. La maggior parte dei processi riguarda episodi di brigantaggio a carico delle varie bande che infestavano la provincia (Cerino, Ferrigno-Pica, Boffa, Gravina, Manzo, La Gala, Tardio, Tranchella, Scarapecchia, ed altre). Vi è anche documentazione sulle bande di Ninco Nanco e di Crocco, che nell’ottobre del 1861, insieme ad altre bande, si unirono sotto il comando del generale Borjes. Si segnala in particolare l’incartamento processuale concernente l’assalto a Ricigliano, perpetrato da queste bande nel novembre del 1861, con violenze e depredazioni commesse ai danni di alcuni “galantuomini” del paese8. Di notevole interesse è l’atto di accusa a stampa, datato Salerno, 18 febbraio 1865, a carico dei vari componenti di queste bande, che contiene la descrizione dei reati da loro commessi nel biennio 1861-1862 nei comuni di Buccino, Ricigliano, Romagnano e Sicignano9. Ai processi per fatti di brigantaggio si affiancano quelli a carico dei repubblicani, che rifiutavano il nuovo ordine costituitosi all’indomani dell’Unità. Uno di essi riguarda un ungherese, Alessandro Simony, che aveva partecipato alle spedizioni garibaldine di Aspromonte e di Mentana e che venne processato con l’accusa di essere promotore di una cospirazione repubblicana, in seguito alla denuncia presentata contro di lui da un individuo che alloggiava nella sua stessa locanda nel largo Dogana Regia di Salerno, secondo il quale il Simony gli avrebbe rivelato le sue trame sovversive in una sera del giugno 187010. Altri imputati furono accusati di aver diffuso scritti sediziosi in Oliveto Citra per indurre i cittadini a cambiare in senso repubblicano la forma di governo e per aver affisso cartelli sovversivi in Campagna11. In questo incartamento processuale si conserva come corpo di reato il testo di una canzone di ispirazione garibaldina, intitolata La Camicia Rossa, rinvenuta in casa del sacerdote Antonino Rivelli di Campagna. 7 Per Auletta cfr. b. 88, f.li 4-8 e b. 103, f.li 1-5; per Galdo cfr. b. 88, f.lo 1; per Petina cfr. b. 88, f.li 2-3; per Salvitelle cfr. b. 89, f.li 1-6; per Pertosa cfr. b. 111, f.li 1-3. 8 Ivi, b. 119, f.li 10-11 e b. 216, f.li 2-3. 9 Ivi, b. 148, f.lo 3. 10 Ivi, b. 257, f.lo 2. 11 Ivi, b. 257, f.lo 1. 3 Numerosi sono altresì i processi riguardanti i brogli elettorali commessi in vari comuni, che consentono di gettare luce su alcuni episodi di corruzione o perlomeno di malcostume che caratterizzavano la vita politica ed amministrativa della provincia. Si segnalano gli incartamenti processuali sui brogli commessi in occasione delle elezioni politiche del 1880 e del 1882 nel collegio di Campagna a favore di Emilio Giampietro12, nonché per quelli perpetrati nelle elezioni amministrative di Acerno del 188713 e di Sant’Egidio del Monte Albino del 188814. Per quanto riguarda le elezioni politiche del 26 maggio 1895 si conservano ben due processi: uno ha per oggetto un tentativo di corruzione verificatosi a Felitto, dove fu promesso danaro a chi avesse votato per un determinato candidato15, ed un altro riguarda Capaccio, dove vennero attribuiti voti a persone che, di fatto, erano assenti16.