Provincia di Roma – Assessorato alle Politiche Agricole e Ambientali Dipartimento V, Servizio 4 "Geologico"

Cartografia della suscettibilità da frana della Provincia di Roma Territori comunali di di Papa, , , , , , , Ardea, (zona nord)

RELAZIONE FINALE

Rovigo, novembre 2012 M6 s.r.l. Dott. Geol. Roberto Cavazzana Dott. Geol. Pietro Semenza ______

Provin cia di Roma - Dip ar time nto V, Serv izio 4 " Geologi co" Cartografia della suscettibilità da frana della Provincia di Roma Territori comunali di , Albano Laziale, Ariccia, Nemi, Genzano di Roma, Lanuvio, Anzio, Ardea, Velletri (zona nord) ______

INDICE

1. PREMESSA...... 3

2. DATI DI BASE E PROGETTO GIS...... 3

3. ATTIVITÀ DI TERRENO...... 5

4. CARTA GEOLOGICA ...... 6

4.1 PREMESSA ...... 6

4.2 INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO DELL'AREA DI STUDIO ...... 6

4.3 INQUADRAMENTO GEOLOGICO DELL 'AREA DI STUDIO ...... 6

4.4 LE UNITÀ GEOLOGICHE AFFIORANTI...... 9

5. CARTA LITOTECNICA...... 14

6 LAYER COPERTURE...... 16

7 LAYER FRANE……………………………………...... 17

7.1 PREMESSA ...... 17

7.2 MODO OPERATIVO ...... 18

7.3 CENSIMENTO DEI FENOMENI FRANOSI...... 18

7.4 LAYER PUNTI STABILI...... 24

8 ANALISI DELLA SUSCETTIBILITÀ ...... 25

8.1 PRESUPPOSTI METODOLOGICI...... 25

8.2 METODOLOGIA OPERATIVA ...... 27

9. SERIE STORICHE DELLA PIOVOSITÀ ...... 33

10. STUDIO DELLA SISMICITÀ STORICA ...... 38

10.1 INTRODUZIONE...... 38

10.2 SISMICITÀ STORICA ...... 38

10.3 SISMICITÀ REMOTA……………………………………………………………………………………... 40

10.3 STORIE SISMICHE LOCALI ...... 40

11. INDAGINE STORICO-ARCHIVISTICA ...... 52

11.1 RELAZIONE TRA DISSESTI E PIOVOSITÀ ...... 53

11.2 RELAZIONE TRA DISSESTI E SISMICITÀ ...... 56

12. CONCLUSIONI ...... 57

10.3 ANALISI DEI RISULTATI E INDICAZIONI IN PROSPETTIVA DI PIANIFICAZIONE TERRITORIALE ...... 58

13. BIBLIOGRAFIA ...... 60

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1. PREMESSA

Il presente studio è stato commissionato dalla Provincia di Roma, Assessorato alle Politiche Agricole e Ambientali, Dipartimento V, Servizio 4 "Geologico", a seguito dell'espletamento del bando di gara codice CIG 0643080E63, stipulando il Contratto rep. 10799 del 17/11/2011, per il servizio di "Cartografia della suscettibilità da frana della Provincia di Roma" relativamente ai territori di 9 comuni nella porzione sudorientale del territorio provinciale (Fig. 1.1). L'area di studio, così come individuata dal contratto, è costituita dai territori dei comuni di Nemi (7,1 kmq), Rocca di Papa (39,77 kmq), Lanuvio (43,9 kmq), Genzano di Roma (18,19 kmq), Ariccia (18,62 kmq), Ardea (72,05 kmq), Anzio (43,51 kmq), Albano Laziale (23,66 kmq) e Velletri – zona nord (69,30 kmq), per un totale di circa 336 kmq, (Fig 1.2).

Lo studio ha avuto inizio alla data di stipula del contratto e termina con la consegna di questa relazione finale. Si presenta come la continuazione del progetto pilota realizzato, tra il 2006 e il 2007, dal Dipartimento di Scienze Geologiche dell'Università Roma Tre, in base ad una convenzione di ricerca stipulata dal Dipartimento V, Servizio 4 "Geologico" della Provincia di Roma. L’applicazione del metodo esposto nel Progetto Pilota è gia stata effettuata da un’altra Società in una zona adiacente verso nordest a quella oggetto di studio.

In particolare detto progetto pilota aveva come scopo la “Definizione dell’approccio metodologico per la realizzazione di una carta di predisposizione al dissesto franoso, l’individuazione dei fattori scatenanti e il calcolo delle curve di risposta, rispetto ad un elemento scatenante per sti- mare la distribuzione degli eventi franosi ed i danni ad essa legati ”, applicato ad un'area poco a nord.

Il presente studio ha quindi seguito la metodologia sviluppata nel progetto pilota, che è stata attentamente studiata, oltre che ottemperare, in particolare per i dettagli delle attività da svolgere e dei dati da produrre, alle specifiche del Capitolato Speciale d'Oneri che fa parte integrante del contratto che regola questo appalto. Alcune parti di carattere generale di questa relazione, tra l'altro, sono state riprese tal quali, o con leggere modifiche, dalla relazione finale del precitato studio pilota.

2. DATI DI BASE E PROGETTO GIS

I risultati del progetto pilota realizzato dal Dipartimento di Scienze Geologiche dell'Università Roma Tre, sono stati presentati sotto forma di un progetto GIS, denominato "franarisk_rm". Questo progetto è stato il modello per il progetto analogo costruito per il presente studio, denominato "Franarisk_Roma_2012".

Del progetto "franarisk_rm" sono stati riutilizzati diversi dati di base, come ad esempio, la viabilità, l'idrografia, i limiti di sottobacino, i confini comunali, l'uso del suolo, ecc.

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Fig. 1.1 – Inquadramento dell'area di studio nell'ambito del territorio provinciale.

Fig. 1.2 – Territori comunali interessati dallo studio.

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L’ISPRA (Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale – Dipartimento Difesa Suolo) ci ha fornito i dati relativi alla cartografia geologica di base dei territori compresi nei fogli 1:50.000 attualmente pubblicati (F 397 – Albano Laziale). Altre serie di dati di base ci sono state fornite dal Servizio Geologico della Provincia di Roma. In particolare, i dati sui dissesti, facenti parte del proprio catasto dissesti, degli archivi regionali, delle autorità di bacino (Tevere e Liri-Garigliano) e dell'archivio IFFI, i dati storici provenienti dalle relazioni che sono state selezionate e raccolte dal nostro personale presso l’archivio del Servizio, relative ad interventi non censiti in altre banche dati, la Carta dell'uso del suolo del a scala 1:25.000 realizzata nel 2003.

Il Servizio Geologico della Provincia di Roma ci ha inoltre fornito, come dati di base per lo svolgimento del lavoro: - le fotografie aeree stereoscopiche (scansioni) del volo a colori 2002, a scala 1:15.000 e del volo b/n 1984, a scala 1:30.000, - le CTR, 1990-91, in formato raster, - le curve di livello vettoriali da 25.000 IGM - le ortofoto B/N AIMA del 1996 - le ortofoto a colori ITNR del 2005 - i dati sulla cartografia geologica di base, per i territori non compresi nei fogli CARG attualmente pubblicati, poi controllati ed integrati mediante l’attività in campagna.

La base topografica di riferimento è la CTR a scala 1:10.000, del 1990-91, nel sistema di riferimento UTM ED50, fuso 33, importata in formato raster.

3. ATTIVITÀ DI TERRENO

Attraverso il lavoro svolto sul terreno, effettuato nei mesi estivi del 2012, è stato possibile innanzitutto effettuare un controllo della cartografia geologica di base, confrontando le evidenze di campagna con i dati acquisiti, modificandoli ed integrandoli di conseguenza.

Le attività di campagna hanno inoltre riguardato i rilievi geomorfologici relativi alla franosità del territorio oggetto di studio, ed in particolare hanno avuto lo scopo di controllare tutti i fenomeni franosi rilevati per fotointerpretazione e quelli segnalati in base ai dati d'archivio, ma non riconosciuti sulle fotografie aeree, oltre che individuare eventuali fenomeni di nuova formazione o altre situazioni particolari.

Nel corso dei rilievi in campagna sono stati raccolti i dati per la compilazione delle schede-frana ed è stata raccolta una nutrita documentazione fotografica.

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4. CARTA GEOLOGICA

4.1. PREMESSA

Come detto più sopra, i dati geologici di base sono stati forniti per i fogli geologici CARG già pubblicati (397 – Albano Laziale) dall’ISPRA – Dipartimento Difesa Suolo, mentre per le restanti aree sono stati utilizzati dati geologici derivanti da altre fonti (Carta geologica del complesso vulcanico dei Colli Albani “Vulcano Laziale” redatta da CNR-Università di Roma La Sapienza, e Carta Lito-Stratigrafica della Regione dei Colli Albani, redatta dalla Provincia di Roma a cura di Ventriglia et al.).

4.2. INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO DELL 'AREA DI STUDIO

L’area si estende da Rocca di Papa al litorale di Ardea e Anzio, e comprende quindi territori sia collinari-montuosi con rilievi di oltre 7-800 m.s.l.m. che zone francamente costiere e di spiaggia. Vi è compresa una buona parte del complesso vulcanico dei Colli Albani, ed in particolare il settore sudorientale, con parte del lago di Albano, il lago di Nemi, il cratere di Ariccia e quello dei Campi d’Annibale presso Rocca di Papa. I crateri spenti su cui si sono impostati i suddetti laghi presentano pendii dolci e regolari sui versanti esterni mentre sono piuttosto ripidi, con pendenze anche oltre i 45°, lungo i versanti interni dei crateri. Nella maggior parte dei casi i versanti interni sono soggetti a movimenti gravitativi che interessano estese porzioni dei rilievi intracalderici. Quello di Albano costituisce il lago craterico più profondo d’Italia (-173m) a testimonianza delle eruzioni recenti di questo apparato. La zona dei Colli Albani costituisce nel suo complesso un ampio rilievo di forma tronco-conica leggermente allungato in direzione NW-SE, le cui pendici esterne sono solcate da valli generalmente piuttosto incise, nelle quali è spesso ben visibile la successione dei depositi vulcanico-ignimbritici presenti. La zona di raccordo fra la fascia costiera e quella degli apparati freatomagmatici è caratterizzata da un esteso plateau ignimbritico le cui sviluppate incisioni dendritiche sono dovute alle basse pendenze ( < 5°) e alle caratteristiche di permeabilità ed erodibilità delle unità pozzolanacee che lo costituiscono. Qui la morfologia è contraddistinta da creste molto ampie e subpianeggianti che si raccordano con i fondovalle mediante pendii irregolari e pendenze dolci, se si trovano su materiali poco coerenti come le pozzolane, mentre piuttosto ripidi se sono interessati tufi litoidi e/o lave. La fascia dell’area di studio in prossimità della costa, costituita dal di Anzio e dalla zona costiera del comune di Ardea, è rappresentata da una piana alluvionale-costiera, con pendenze molto basse o suborizzontali, delimitata da una costa principalmente bassa e sabbiosa, ma in certi casi rocciosa, con pareti di depositi sabbiosi cementati, dalle caratteristiche geomeccaniche generalmente piuttosto scadenti, che spesso danno origine a fenomeni di crollo e ribaltamento, in particolare legati all’effetto del moto ondoso.

4.3. INQUADRAMENTO GEOLOGICO DELL 'AREA DI STUDIO

La struttura dell’area è segnata dalle coperture sedimentarie e vulcaniche che durante il Pliocene e il Quaternario hanno profondamente modificato il territorio. Tuttavia studi più approfonditi hanno dimostrato che il substrato dell’intera zona sia costituito dalla medesima successione meso- cenozoica che costituisce la catena appenninica; in particolare sono presenti unità carbonatiche in facies umbro- sovrastate dalle coltri di flysch alloctone in facies ligure. Le unità

______M6 srl P. 6 Provin cia di Roma - Dip ar time nto V, Serv izio 4 " Geologi co" Cartografia della suscettibilità da frana della Provincia di Roma Territori comunali di Rocca di Papa, Albano Laziale, Ariccia, Nemi, Genzano di Roma, Lanuvio, Anzio, Ardea, Velletri (zona nord) ______mesocenozoiche sono strutturate in sovrascorrimenti risultanti dalle fasi orogenetiche mioceniche; successivamente le stesse unità sono state interessate da tettonica distensiva alto miocenica- pliocenica che ha portato alla formazione del bacino tirrenico. Nei bassi strutturali che si venivano a creare è iniziata una sedimentazione clastica , fortemente condizionata nelle geometrie e negli spessori dai movimenti tettonici in atto. Nel corso del Pliocene hanno termine i grandi movimenti distensivi legati all’apertura del bacino tirrenico e ha inizio la sedimentazione marina di mare aperto. La fase tettonica che interessa i terreni pliocenici è legata alla formazione del bacino antiappenninico di Ardea (Faccena et alii , 1994) con una cinematica di tipo estensionale. Anche la successiva formazione di Monte Mario (Pleistocene inferiore) che affiora in discordanza sulla formazione di Monte Vaticano, è dislocata verso sud-est. Il definitivo processo di continentalizzazione dell’area romana avviene con la formazione con la superficie di unconformity alla base del supersintema Aurelio-Pontino. Nel Pleistocene medio- superiore le superfici correlabili a scala regionale, sia a terra che a mare, sono legate alle variazioni eustatiche del livello marino, mentre la tettonica sviluppa zone ad alto rilievo localizzate nelle aree a grande deformazione. Le successioni sedimentarie rappresentano a terra gli alti stazionamenti del livello marino, mentre a mare i depositi di caduta eustatica e di basso stazionamento. Da qui in poi nei settori emersi inizia la crescita del vulcano dei Colli Albani, l’elemento morfostrutturale principale dell’area.

4.3.1. Distretto vulcanico dei Colli Albani

Il vulcano dei Colli Albani è un apparato centrale complesso che occupa la cosiddetta Campagna Romana situata a circa 20km a sud-est della città di Roma ed è il più meridionale di una catena di vulcani quaternari a chimismo alcalino-potassico che si sviluppano lungo la costa tirrenica del Lazio. L’attività vulcanica in questa area che, durante la sua evoluzione, è stata piuttosto complessa e caratterizzata da numerosi ed importanti cambiamenti nella tipologia e nei tassi eruttivi, tanto che anche i primi studiosi avevano organizzato la stratigrafia dell’apparato vulcanico in periodi (Brocchi, 1820; Sabatini, 1900), ha avuto origine circa 600 ka (De Rita et alii , 1995) e si è protratta fino all’Olocene (Funiciello et alii, 2003). Tutt'oggi il vulcano mantiene una discreta attività, costituita prevalentemente da emissioni gassose, deformazioni nel terreno e frequenti deboli scosse sismiche, tanto da essere classificato come quiescente. La storia del vulcano dei Colli Albani può essere ricostruita attraverso la formazione successiva di quattro Litosomi, unità stratigrafiche che raggruppano i prodotti emessi da ogni singolo edificio vulcanico, dei quali viene data una breve descrizione in questo capitolo.

4.3.2. Litosoma Vulcano Laziale

Il litosoma Vulcano Laziale ha un’estensione areale di circa 1600 km 2 e corrisponde ad un complesso calderico privo di uno stratovulcano centrale, caratterizzato da eruzioni di tipo parossistico (con tempi di ricorrenza di circa 40ka) che hanno determinato la formazione di un ampio recinto calderico poligenico, circondato da un grande cono con pendenze piuttosto basse. Questo litosoma racchiude in sè tutte le principali unità ignimbritiche eruttate, intercalate dagli espandimenti lavici e dai prodotti di ricaduta e di rimaneggiamento. Dal punto di vista morfologico il litosoma corrisponde alla geometria tabulare ed aggradante determinata dalla messa in posto delle ignimbriti a basso rapporto d’aspetto ( low aspect ratio ignimbrites ) che formano un plateau continuo con pendenze molto basse (2° - 5°) distribuito a 360° intorno all’area calderica centrale che ne rappresenta la zona di provenienza. I depositi ignimbritici, anche se simili per geometria, possono essere suddivisi in due distinte successioni. Le prime ignimbriti hanno infatti

______M6 srl P. 7 Provin cia di Roma - Dip ar time nto V, Serv izio 4 " Geologi co" Cartografia della suscettibilità da frana della Provincia di Roma Territori comunali di Rocca di Papa, Albano Laziale, Ariccia, Nemi, Genzano di Roma, Lanuvio, Anzio, Ardea, Velletri (zona nord) ______un forte carattere freatomagmatico rappresentato da ceneri piuttosto fini, presenza di lapilli accrezionari e sviluppo significativo di facies stratificate intercalate alle facies massive. Le caratteristiche del freatomagmatismo testimoniano un’interazione con grandi volumi di acque superficiali tali da far ipotizzare che durante le fasi iniziali del vulcanismo fosse presente un grande lago nella zona attualmente occupata dalla caldera. L’esaurimento di questo lago causato dalla progressiva edificazione del Vulcano Laziale avrebbe poi determinato le caratteristiche pozzolanacee delle tre unità ignimbritiche superiori (Pozzolane Rosse, Pozzolane Nere e Formazione di Villa Senni). La superficie di base del litosoma è esposta raramente solo nelle zone distali e coincide di fatto con la base dei primi prodotti vulcanici sul substrato sedimentario. La superficie di tetto del litosoma corrisponde invece con la superficie topografica a debole pendenza che caratterizza in tutta l’area il plateau ignimbritico.

4.3.3. Litosoma -Artemisio

Il litosoma Tuscolano-Artemisio è costituito da un bastione continuo che può raggiungere qualche centinaio di metri di altezza, costituito da una serie di coni di scorie, scorie saldate e lave emessi da fratture di tipo concentrico. Questo litosoma poggia al di sopra di una superficie articolata che degrada verso l’esterno del vulcano dove è caratterizzata da un paleosuolo sviluppato al tetto della formazione di Villa Senni, mentre si presenta con forti pendenze verso l’interno della caldera. Queste relazioni fanno comprendere come nella formazione del litosoma il versante interno della caldera abbia subito un importante processo di arretramento prima di essere chiuso dai coni finali che costituiscono il bastione Tuscolano. Dopo l’ultimo collasso della caldera a seguito dell’eruzione relativa alla formazione di Villa Senni l’attività vulcanica subisce un brusco calo in termini di volume, indicando un cambiamento significativo nel sistema di alimentazione. Questo processo, unito allo svuotamento della camera magmatica, può esser causa della risalita di magmi degassati, i quali hanno prodotto eruzioni effusive o lievemente esplosive da cui ha avuto origine la struttura del Tuscolano- Artemisio.

4.3.4. Litosoma Faete

Il litosoma Faete costituisce l’edificio intracalderico delle Faete: uno stratocono principale che si eleva a partire dal piano della caldera da 600 m s.l.m. fino a 1000 m s.l.m., con versanti di inclinazione pari a 45° lungo i quali sono presenti coni di scorie di ridotte dimensioni. I prodotti di eruzione sono principalmente scorie e lave relative ad attività di fontana di lava e stromboliana. La successione stratigrafica presenta significative discordanze angolari, paleosuoli e depositi vulcanoclastici relativi a periodi di quiescenza che vanno ad indicare come questo edificio vulcanico abbia avuto origine da fasi eruttive di tipo distinto. Sulla sommità si trova un grande cratere, denominato Campi di Annibale, la cui struttura può aver avuto origine da un collasso calderico e/o da eruzioni esplosive. L’attività di questo edificio si conclude con la formazione dei coni di scorie Colle Iano e , lungo il margine del cratere sommitale.

4.3.5. Litosoma Via dei Laghi

Il litosoma Via dei Laghi racchiude i prodotti dell’attività eccentrica freatomagmatica che ha caratterizzato la parte finale dell’attività vulcanica dei Colli Albani a seguito dell’edificazione dello stratovulcano delle Faete. Si tratta in realtà di un litosoma composito, costituito da tanti litosomi indipendenti quanti sono i maar ed i coni di scorie che intersecano la struttura del vulcano, localizzati tutti lungo i versanti occidentale e settentrionale. Questi sono sia monogenici, ossia relativi ad un’unica eruzione, che poligenici, ovvero costituiti dalla compresenza di più crateri, ad indicare che la zona sorgente di queste eruzioni è ancora legata alla presenza di una

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4.4. LE UNITÀ GEOLOGICHE AFFIORANTI

Unità litologiche (denominazione CARG) h - Deposito antropico. Depositi eterogenei dovuti all'accumulo e allo spostamento dei materiali per rilevati stradali, ferroviari, terrapieni, colmate. Spessore fino a 30 m. Olocene. h1b – Deposito di bonifica. Depositi di colmata dovuti alle opere di bonifica storica di aree paludose di retro-duna costituiti principalmente da terreni limoso-sabbiosi. Argille e limi torbosi di colore scuro ricchi in materia organica, a volte con concrezioni calcaree. Spessore di alcuni metri. Olocene.

SFT a – Detrito di versante . Depositi eterometrici e poligenici, variabili da brecce a sabbie grossolane, deposti ai piedi dei versanti derivanti da fenomeni gravitativi. Olocene.

SFT d – Deposito eolico. Dune consolidate costituite di depositi sabbiosi grigi giallastri. Sabbie generalmente poco classate costituite da granuli arrotondati di quarzo, selce, miche , ossidi di ferro e titanio e scarsa calcite. Spessore variabile fino a 10m. Olocene.

SFT ba – Depositi alluvionali. Depositi siltoso-sabbiosi e siltoso-argillosi delle piani alluvionali. Spessore fino a 60m. Olocene.

SFT e2 – Deposito lacustre. Depositi di riempimento dei laghi craterici di Valle Marciana, Quarto Laghetto, Valle Ariccia e sedimenti attuali di spiaggia del Lago Albano. Sono costituiti da depositi ad elementi vulcanici siltoso-sabbiosi alternati a livelli argillosi. Spessore > 10m. Pleistocene superiore p.p.-Olocene.

SFT g2 – Deposito di spiaggia. Depositi sabbiosi grigi e giallastri. Sabbie classate medio-fine quarzose, ricche in minerali vulcanici e magnetite. A seguito del ripascimento del litorale è presente anche una componente calcarea. Spessori tra 1 e 10 m. Olocene.

AEL – Formazione Aurelia. Sabbie quarzose da fini a grossolane con scorie color ruggine, pomici, clasti di Tufo Lionato. Presentano laminazione incrociata a basso angolo in facies fluviale di bassa energia e passano verso l’alto a limi argillosi in facies palustre. Spessori fino a 20m. Pleistocene medio p.p.

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CLZ – Unità di Castelporziano. Sabbie medio-grossolane, prive di matrice, quarzose con granuli di selce, miche, pirosseni e ossidi. Alla base sono presenti ghiaie silicee di dimensioni pari a 2- 3cm ed esigui spessori di argille grigie o limi. L’unità è interessata da intensi fenomeni pedogenetici e sono evidenti, inoltre, strutture tipiche di ambiente fluviale. Spessori di 10-20 m. Pleistocene medio p.p.

DSN – Unità di Coste dei Laghi. Deposito piroclastico formato da alternanze di livelli cineritici e lapillosi a stratificazione incrociata, molto zeolitizzati e litoidi nella facies prossimale. Verso l’alto aumentano i livelli con blocchi lavici fino a 60cm di diametro e impronte da impatto. Affiora all’interno del cratere di Albano. Pleistocene superiore p.p.

FKB – Formazione di Madonna degli Angeli. Depositi relativi agli apparati eccentrici peri- calderici del litosoma Tuscolano Artemisio ed all’attività esplosiva del vulcano delle Faete, formatosi al centro della caldera del Vulcano Laziale successivamente all’eruzione della formazione di Villa Senni. I prodotti sono essenzialmente le porzioni distali di lunghe colate di lava e subordinatamente livelli di piroclastiti la cui area di provenienza è localizzata nei limitrofi fogli 388 “Velletri” e 375 “Tivoli”.

FKB b – Formazione di Madonna degli Angeli (litofacies piroclastica). Alternanze di depositi di scorie e ceneri da ricaduta in livelli e bancate tabulari, pedogenizzati al tetto. Spessori massimi 20m. Pleistocene medio p.p.

FKB i1 – Formazione di Madonna degli Angeli – Insieme di colate del Tuscolo. Lungo il lineamento pericalderico Tuscolano-Artemisio, è presente una superficie di unconformity di natura vulcanotettonica su cui si individuano coni di scorie e lave associati a fratture pericalderiche. Una sola età disponibile per questo membro: 356±3 ka. Spessore massimo 300m.

FKB i1a – Insieme di colate del Tuscolo (litofacies lavica). Lave grigio-scure in colate, da porfiriche a microcristalline, da compatte a vacuolari, con contenuto variabile di fenocristalli di leucite spesso in individui centimetrici, clinopirosseno ed occasionalmente olivina. Composizione da tefritica a K-foiditica.

FKB i1b - Insieme di colate del Tuscolo (litofacies scoriacea). Bancate di lapilli scoriacei, da porfirici, a leucite e pirosseno, ad afirici, da saldati a sciolti, con intercalati livelli cineritici a giacitura quaquaversale associati a coni di scorie.

ICA – Unità di Ariccia. Deposito piroclastico con alternanze di livelli di colore grigio, a stratificazione incrociata con scorie millimetriche, leucite, clinopirosseno e biotite, litici lavici e sedimentari carbonatici centimetrici, che si intercalano a livelli scoriacei lapillosi con scorie grigie e rossastre. Verso l’alto il deposito passa a caotico e massivo, granulometria cineritica, fortemente zeolitizzato. Spessori 30-40m. Pleistocene superiore p.p.

IEM – Unità di Campo Iemini. Sabbie silicee giallastre medio-grossolane, da massive a stratificate, con stratificazione incrociata a basso angolo. Testimonianza di un ambiente costiero di retroduna. Spessore fino a 5m. Pleistocene medio p.p.

RED – Pozzolane Rosse. Deposito piroclastico a matrice cineritica grossolana con scorie fino a 15cm di diametro, litici lavici, leucite e biotite. Massivo e caotico da rosso, viola a grigio scuro. Spessori fino a 15m. Pleistocene medio p.p.

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KLG – Unità di Quarto Laghetto. Deposito piroclastico composto da alternanze di livelli cineritici e lapillosi a stratificazione pianoparallela e incrociata a basso angolo, con impronte da impatto di bombe e blocchi lavici. Verso l’alto aumenta la frazione cineritica. Spessore massimo 40m. Pleistocene superiore p.p.

PVN – Unità di Pavona. Deposito piroclastico con alternanze di livelli cineritici e lapillosi con abbondanti blocchi lavici, a stratificazione incrociata e pianoparallela. Alla base è presente un livello cineritico centimetrico color avana seguito da una breccia in matrice cineritica grossolana di circa 1m. L’unità passa verso l’alto a livelli cineritico lapillosi organizzati in dune progradanti. Spessore massimo 25m. Pleistocene superiore p.p.

TGO – Unità di Montagnaccio. Deposito piroclastico con alternanze di livelli cineritici e lapillosi con abbondanti blocchi lavici, a stratificazione incrociata e pianoparallela, di colore da grigio ad avana, a vario grado di zeolitizzazione, con scarse bombe laviche ed impronte da impatto. Affiora all’interno del cratere di Albano alla base della successione freatomagmatica. Pleistocene superiore p.p.

MAK – Unità di Valle Marciana. Deposito piroclastico composto da livelli cineritici e lapillosi, di 5-20cm di spessore ciascuno, a stratificazione incrociata e pianoparallela con frequenti bombe balistiche, litoide per zeolittizzazione della facies prossimale, di colore da grigio chiaro a giallognolo. Xenoliti principalmente di natura vulcanica (lave e tufi) e sedimentaria (calcarei e terrigeni). Affiora intorno al cratere di Valle Marciana e nei pressi di . Spessore massimo 30m.

KRL – Unità di Corona del Lago. Deposito piroclastico con alternanze di livelli cineritici e lapillosi con abbondanti blocchi lavici, a stratificazione incrociata e pianoparallela fortemente zeolitizzati e litoidi nella porzione inferiore, con abbondanti lapilli accrezionari. Alla base è presente un caratteristico livello cineritico ricco in lapilli scoriacei neri, molto zeolitizzato. Affiora all’interno del cratere di Albano, sopra l’unità Coste dei Laghi. Spessore massimo 40m. Pleistocene superiore p.p.

MNN – Peperino di Albano. Deposito piroclastico massivo e caotico, grigio, litoide per zeoilitizzazione, a matrice cineritica costituita da vetro vulcanico frammentato, frammenti di leucite, clinopirosseno e biotite. Il deposito è ricco di frammenti di lave e tufi, calcari, flogopite, clinopirosseno e litici intrusivi olocristallini a leucite, clinopirosseno, sanidiniti, pirosseniti, biotititi. Nelle zone prossimali sono presenti livelli di breccia. Spessori massimi fino a 35m. Pleistocene superiore.

MNN a – Peperino di Albano (litofacies sabbioso-conglomeratica). Depositi conglomeratico- sabbiosi da matrice a clasto sostenuti, ad elementi vulcanici, con alternanze di livelli massivi e stratificati, con strutture di deposizione da piano parallele ad incrociate di spessore massimo 6,5m. Pleistocene superiore p.p.

SDV – Unità di Villa Doria. Presenti due livelli distinti. 1) Livello basale, 10-100cm di spessore, massivo, litoide a matrice cineritica composta da vetro vulcanico e scorie grigie di 2mm di diametro, cristalli di leucite, miche e granati. 2) Livello intermedio costituito da livelli stratificati di cenere grossolana agglutinata in ash-pellets e armored lapilli sferici di dimensioni maggiori di 2mm. L’unità affiora intorno ad Albano Laziale. Spessore di circa 6m. Pleistocene superiore p.p

UAL – Unità di Albalonga. Deposito piroclastico da massivo-caotico a malstratificato in bancate, grigio-giallastro, a matrice cineritica, con cristalli di pirosseno, leucite, biotite e abbondanti lapilli

______M6 srl P. 11 Provin cia di Roma - Dip ar time nto V, Serv izio 4 " Geologi co" Cartografia della suscettibilità da frana della Provincia di Roma Territori comunali di Rocca di Papa, Albano Laziale, Ariccia, Nemi, Genzano di Roma, Lanuvio, Anzio, Ardea, Velletri (zona nord) ______e blocchi lavici, carbonatici, marmi ed intrusivi. Generalmente litoide per zeolitizzazione. Parte basale ricca in scorie nere fino a 20cm di diametro, leucite e pirosseno. Spesso alla base è presente un caratteristico livello ben classato di pomici gialle e bianche di massimo 20cm di spessore. L’unità affiora principalmente intorno all’abitato di Albano e nel foglio 388 “Velletri”. Spessore massimo 10m. Pleistocene superiore p.p.

VSN – Formazione di Villa Senni. Raccoglie al suo interno due unità ignimbritiche che si differenziano per litofacies. Termine inferiore: Tufo Lionato. Termine superiore: Pozzolanelle.

VSN 1 - Tufo Lionato. Deposito piroclastico massivo e caotico, localmente malstratificato e fratturato, litoide per zeolitizzazione. Presenti due facies sovrapposte: quella inferiore di colore giallo, ha una abbondante matrice cineritica con presenza di scorie giallastre grandi 1cm circa; i litici sono di tipo lavico ed i cristalli, piuttosto scarsi, sono rappresentati da leucite. La facies sovrapposta è quella dal tipico colore arancione-rossastro, più grossolana, con scorie da marroni a grigiastre che possono superare i 10cm di diametro. Spessori massimi fino a 25m. Pleistocene medio p.p.

VSN 2 - Pozzolanelle. Deposito piroclastico massivo e caotico, di colore da marrone a marrone- arancio, localmente anche violaceo o tendente al nero, da incoerente a litoide: in quest’ultimo caso simile a VSN 1 - Spessori fino a 30 m. Pleistocene medio p.p.

VSN 2a - Pozzolanelle (litofacies Occhio di Pesce). Facies superiore caratterizzata da percentuali maggiori di cristalli di leucite fino a 2 cm di diametro, che conferiscono al deposito il tipico aspetto punteggiato di bianco. Affiora nei pressi di Cecchina. Pleistocene medio p.p.

VSN 2b - Pozzolanelle (breccia di Colle Fumone). Breccia grossolana senza la frazione cineritica, con blocchi lavici e scorie che affiora nei pressi di Marino. Pleistocene medio p.p.

TSV – Unità di Tenuta di Campo Selva. Scorie medio-grossolane, prive di matrice, con granuli di selce, miche, pirosseni ed ossidi. Presenti livelli locali di ghiaie costituiti quasi interamente da clasti di selce. Presenti intensi processi pedogenetici. Spessore superiore ai 10m. Pleistocene medio p.p.

NCF – Unità di Nuova California. Sabbie silicee grossolane, con abbondanti pirosseni, a stratificazione incrociata a basso angolo, di ambiente di spiaggia. Affiora lungo la costa nei pressi di Ardea. Pleistocene medio p.p.

PNR – Pozzolane Nere. Deposito piroclastico nero, massivo e caotico a matrice cineritica scoriacea, con scorie nere vescicolate fino a 15 cm di dimensione. La parte alta spesso litoide per zeolitizzazione con colore dal grigio-giallastro all’arancione-rossastro. L’unità presenta gradazione inversa nei primi 20-50 cm dalla base, mentre generalmente è non gradata o gradata grossolanamente inversa e poi diretta. Spessori da 5 a 20 m. Pleistocene medio p.p.

RDM - Unità di Riserva della Macchia. Sabbie medio-grossolane, prive di matrice, quarzose, con granuli di selce, miche, pirosseni. Sabbie grigie e sabbie limose con clasti di lava e tufo, frammenti di selce, scorie e cristalli di pirosseno ed analcime. Limi ricchi di materia organica. Argille grigio marroni fittamente laminate con resti vegetali e molluschi. Alla base sono localmente presenti ghiaie costituite d clasti di selce di dimensione massima 2-3 cm. Interessate da intensi processi pedogenetici e di rimaneggiamento. Ambiente costiero. Spessore di 10 m circa. Pleistocene superiore p.p. (Tirreniano)

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STL – Unità del Cantone. Deposito piroclastico composto da alternanze di livelli cineritici e lapillosi, a stratificazione pianoparallela e incrociata, da parzialmente a completamente zeolitizzati, con impronte di impatto. Alla base sono presenti aggregati di cenere grossolana mentre verso l’alto aumenta la percentuale di litici lavici e carbonatici, da lapilli a blocchi. A metà deposito è presente un livello di breccia spesso 20-50 cm. Affiora intorno al cratere di Albano sopra l’unità di Corona del Lago. Spessore di 8-10 m massimo. Pleistocene superiore p.p.

NMI a – Unità idromagmatica superiore di Nemi. Livelli cineritici e sabbioso-lapillosi con strutture antidunari, impronte d’impatto e lapilli accrezionari. Pleistocene superiore p.p

NMI b - Colata piroclastica di Nemi. Massiva, litoide, presenta alla base un lag-fall deposit; verso l’alto si arricchisce gradualmente in litici del basamento sedimentario e presenta i caratteri di una colata piroclastica “wet” con pseudostratificazioni. Si evolve a lahar nelle paleomorfologie a sud del cratere. Pleistocene superiore p.p

NMIc - Unità idromagmatica inferiore di Nemi. Livelli cineritici e lapilloso sabbiosi con strutture antidunari, impronte di impatto e lapilli accrezionari.

MVA – Formazione di Monte Vaticano. Sedimenti marini pliocenici di mare aperto, presenti in corrispondenzxa di un alto strutturale a direttice NO-SE parallelo alla costa. Si divide in due membri distinti: MVA 1 e MVA 2.

CDB – Formazione di Campi d’Annibale, costituita da lave e piroclastiti dell’attività finale del cratere i Campi di Annibale. Lave leucitico-augitiche e leucitiche, alternate a lave e piroclastiti; comprende anche coni di scorie edificati a chiusura dell’attività dei Campi di Annibale. 0,27 m.a. In tale formazione sono ricompresi anche lapilli, scorie, pomici, cristalli di leucite e pirosseno, litici lavici, olocristallini a leucite e pirosseno e sedimentari, aventi struttura caotica con locali fenomeni di pseudostratificazione, in particolare nei crateri dei laghi di Nemi ed Albano. Vi è inoltre una serie di coni di scorie allineati lungo una fascia di andamento NE-SW, sorti dopo il principale collasso della caldera tuscolano-artemisia e contemporaneamente alle prime fasi dell’attività dei Campi di Annibale. Olocene-Pleistocene superiore .

Tutte le informazioni relative alla litologia ed ai rilievi eseguiti sono state rappresentate nel tematismo “carta litologica” e nella tavola 1 (Carta litologica – in allegato).

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5. CARTA LITOTECNICA.

La legenda della carta litotecnica è stata elaborata a partire dalle descrizioni delle unità geologiche presenti sugli studi di rilevamento geologico di base, supportate dalle integrazioni derivanti dalle osservazioni di campagna.

Le unità della Carta geologica, definite con criteri bio-litostratigrafici coerentemente alle specifiche del Progetto CARG, sono state accorpate in unità litotecniche omogenee, in base alle loro caratteristiche di comportamento meccanico.

Le unità così definite, con la caratterizzazione litotecnica e la loro corrispondenza con le unità formazionali della Carta geologica, sono descritte nelle seguenti tabelle, per i tre grandi tipi di unità che affiorano nell'area di studio: depositi recenti e terreni di copertura, unità vulcaniche, unità sedimentarie. La carta litotecnica è rappresentata nelle tavole 2 (a scala ridotta) e 4a-4b (di maggior dettaglio).

depositi recenti e terreni di copertura

unità litotecnica descrizione comportamento SIGLA CARG h) deposito antropico deposito eterogeneo sciolto granulare h h1b deposito limo-sabbioso SFTba AEL a) alluvioni inconsolidato granulare duttile IEM d) detriti deposito eterogeneo sciolto granulare SFTa SFTd CLZ TSV NCF co) depositi costieri deposito dunare e costiero granulare RDM lc) deposito lacustre deposito lacustre granulare duttile SFTe2

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unità vulcaniche

unità litotecnica descrizione comportamento SIGLA CARG KLG PVN TGO NMI a Pcl) piroclastico, ceneri e NMI b lapilli da litoide a granulare mai coesivo rigido granulare NMI c granulare a granulomentria Pb) piroclastico, breccia grossolana granulare VSN2b

granulare a granulomentria CDB FKB i1a Ps) piroclastico, scorie grossolana granulare FKB i1b ICA FKBb Pcs) piroclastico ceneri e da granulare a coesivo secondo il da granulare a SDV scorie grado di alterazione degli strati coesivo CDB granulare, granulomentria mal Pp) piroclastico, classata, grossolana in matrice VSN VSN2 pozzolanelle cineritica granulare VSN2a granulare, granulomentria mal POZ) piroclastico, classata, grossolana in matrice pozzolane cineritica granulare PNR RED Pt) piroclastico, tufo litoide per zeolitizzazione, densità litoide 1.6-1.8 rigido VSN1

KRL STL Pz) piroclastiti litoide per zeolitizzazione, densità MNN MNNa zeolitizzate 1.8-2.1 rigido UAL DSN FKBa L) lave litoide, densità fino a 2.9, fratturato rigido CDB

unità sedimentarie

unità litotecnica descrizione comportamento SIGLA CARG alternanza MC) marne e calcari litoide rigido-duttile MVA

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6. LAYER COPERTURE.

Il layer coperture è costituito da un layer di poligoni, in cui sono stati riportati tutti gli affioramenti dei depositi cartografati sulla Carta litotecnica come corpi litologici distinti e cioè le unità con sigla h, a, d, co, lc. Si tratta quindi di depositi alluvionali e lacustri, depositi di versante ed accumuli di frana, coltri eluviali e colluviali, depositi costieri ed anche depositi antropici.

Per quanto riguarda le coperture, si possono fare le seguenti considerazioni. Nell'area occupata dalle formazioni vulcaniche, le quali, nell'area dello studio, sono prevalenti e si trovano in gran parte in assetto orizzontale, le coperture sono frammiste a detriti di carattere eluviale-colluviale e di composizione, da sabbiosa ad argillosa, dipendente più dal grado di alterazione che dal tipo litologico da cui derivano. Nelle aree occupate da litologie di origine sedimentaria, in minoranza nell’area di studio, le coperture hanno di norma spessore inferiore a 1,5 m e sono caratterizzate da livelli clastici alternati ad altri a forte componente argillosa, secondo la maggiore o minore presenza di intercalazioni marnose nel substrato. Nelle zone a minore pendenza prevalgono le frazioni eluviali sabbioso-argillose.

Le valutazioni riferite a molte aree sono frequentemente abbastanza costanti, ma in altre possono oscillare entro un’ampia gamma di valori. Questo fatto accade soprattutto in corrispondenza di zone situate su substrati costituiti da alternanze di litotipi a comportamento rigido-plastico, che secondo i casi sono soggetti ad un diverso grado di alterazione, o su rocce prevalentemente calcaree frammentate da sistemi di fatture e interessate da processi di dissoluzione chimica.

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7. LAYER FRANE

7.1. PREMESSA

Questo paragrafo riprende l'analogo paragrafo del capitolo 5 della Relazione Finale del progetto pilota realizzato dal Dipartimento di Scienze Geologiche dell'Università Roma Tre. É stato riportato qui per facilitare la comprensione della procedura adottata per realizzare l'analisi della suscettibilità da frana.

Le frane rappresentano uno dei fenomeni naturali più fortemente calamitosi attivi sul territorio nazionale, essendo ogni anno causa di danni ingenti per persone e beni. Secondo quanto riportato dal Catalogo AVI, realizzato a cura del CNR-GNDCI, sono almeno 17.000 gli eventi franosi che hanno interessato il territorio nazionale nel periodo intercorrente fra il 1918 e il 1998. Di questi, 2.620 hanno compromesso la totalità del bene oggetto del danno, mentre 1.352 hanno provocato vittime o feriti. É per questo motivo che gli organi amministrativi centrali e locali si stanno sempre più dotando di strumenti normativi, a partire dalla L. 183/89 per giungere alla L. 267/98, volti ad ottenere un più razionale utilizzo del territorio, mediante l’acquisizione di conoscenze di base, derivanti dalla mappatura dei processi di versante e delle loro interazioni con insediamenti urbani ed altre infrastrutture. L’area in esame non è certo immune da questo tipo di fenomeni che evidenziano vari livelli di rischio a cui sono soggette diverse porzioni di territorio.

Il Decreto Legislativo 180 dell’11 giugno 1998 (cosiddetto Decreto Sarno), convertito successivamente nella Legge 267/98, precedentemente enunciata, prevede che le Autorità di Bacino Nazionali, Interregionali e Regionali, adottino i Piani Stralcio per l’Assetto Idrogeologico, già previsti dalla Legge 183/89 (Legge Quadro) sulla Difesa del Suolo, in maniera urgente entro il 30 giugno 1999; i Piani suddetti devono contenere la perimetrazione delle aree a rischio di frana e alluvione, al fine di prevedere opportune misure di salvaguardia. Questa procedura è sostanzialmente confermata dal Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 (Testo Unico sull'ambiente).

Il principale criterio suggerito per la perimetrazione delle aree a rischio è l’individuazione delle zone in cui “la maggiore vulnerabilità del territorio si lega a maggiori pericoli per le persone, le cose ed il patrimonio ambientale”; i criteri tecnici con cui i Piani Stralcio devono essere redatti sono contenuti negli Atti di Indirizzo e Coordinamento che accompagnano la Legge 267/98 (DPCM 29/09/98) (Piano Straordinario).

Nei suddetti Atti di Indirizzo e Coordinamento, ove è espressamente individuata una metodologia per valutare i livelli di rischio in quattro classi, viene esplicitamente enunciato quanto segue: “(…) la pericolosità (…) può essere realizzata attraverso metodologie capaci di calcolare la probabilità di accadimento in aree mai interessate in epoca storica (…). Tuttavia i limiti temporali (…) consentono di assumere quale elemento essenziale per l’individuazione del livello di pericolosità, la localizzazione (…) di eventi del passato (…)”. Da quanto enunciato appare evidente la sensibilità del Legislatore sulla necessità di valutare il rischio connesso ai fenomeni di neoformazione che però in prima istanza viene rimandato ad una seconda fase,

considerando come prioritario il censimento dei fenomeni in atto o del passato. Un approccio di tale tipo, pur valido per i fenomeni franosi di riattivazione, non è idoneo per l’identificazione di aree soggette a fenomeni di prima generazione. Risulta però evidente che per una corretta pianificazione territoriale è necessario disporre sia di un accurato censimento dei fenomeni avvenuti sia, almeno, di una previsione spaziale (suscettibilità) che consenta di valutare quali aree possano essere interessate nel futuro da frane e da quali tipologie di frane.

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Nel presente lavoro viene applicata una metodologia idonea sia a valutare l’evoluzione spaziale dei fenomeni in essere, sia ad individuare le aree predisposte alla genesi di fenomeni di neo-formazione per le diverse tipologie di frana che interessano l’area di studio.

7.2. MODO OPERATIVO

Per dare un quadro aggiornato della situazione di stabilità dei versanti ed arrivare alla caratterizzazione della suscettibilità da frana dell'area di studio, che è lo scopo ultimo di questo studio, si è seguita la metodologia elaborata per il progetto pilota realizzato dal Dipartimento di Scienze Geologiche dell'Università Roma Tre, con alcune modifiche, legate soprattutto alla diversità delle condizioni geologiche e geomorfologiche di alcune parti dell'area.

Come prima operazione si è proceduto ad acquisire nella banca dati gli archivi dei dati esistenti, in particolare quelli fornitici dal Servizio Geologico Provinciale (che comprendevano anche quelli dell'Autorità di Bacino del Tevere, dell'inventario IFFI, dell'Autorità di Bacino del Liri- Garigliano), in parte già contenuti nel progetto "franarisk_rm", integrati dai dati dell'archivio SIRDIS regionale, e i dati provenienti dalle specifiche relazioni selezionate e raccolte da nostro personale presso l’archivio del Servizio Geologico Provinciale, relative ad interventi non censiti in altre banche dati. Questi dati sono stati posizionati sulle CTR e tenuti come termine di confronto per indirizzare la fotointerpretazione e i controlli sul terreno.

La fotointerpretazione dei fenomeni franosi è stata eseguita su tutta l'area di studio, sulle fotografie aeree stereoscopiche a colori del 2002, con confronti con la situazione del 1984, come presentata nelle foto in bianco e nero di quell'anno.

Il layer frane è stato costruito digitalizzando e inserendo in banca dati tutti gli elementi costitutivi dei fenomeni franosi rilevati, areali, lineari e puntuali, con riferimento alle CTR. Ciascun tipo di fenomeno è stato classificato secondo le cinque tipologie previste dal metodo: crolli, scorrimenti rotazionali, scorrimenti traslativi, colate lente, colate rapide. A questi cinque tipi, già presenti nel progetto pilota, sono stati aggiunti due altri tipi: le aree interessate da deformazioni superficiali lente e/o soliflusso, perchè presenti in maniera interessante nell'area di studio, e le frane complesse, cioè la combinazione nel tempo e/o nello spazio di più fenomeni franosi, come ad esempio uno scivolamento rotazionale evoluto in colata. Per tutti è stato indicato lo stato, se attivo o quiescente.

A tutti gli elementi mappati sono stati associati i codici dei dissesti presenti nelle diverse banche dati preesistenti, dovunque è stato possibile stabilire una corrispondenza o anche una correlazione genetica.

7.3. CENSIMENTO DEI FENOMENI FRANOSI.

Il censimento dei fenomeni franosi, realizzato secondo la procedura illustrata al punto precedente, ha portato alla preparazione del layer frane e di una serie di schede rappresentative dei fenomeni più tipici osservati nell’area di studio, schede che sono state inserite all'interno del progetto GIS.

7.3.1. Tipologie di frana

La classificazione riprende quanto già definito per il precedente progetto pilota realizzato dal Dipartimento di Scienze Geologiche dell'Università Roma Tre, con qualche variante legata in

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particolare alle diverse caratteristiche geologiche e geomorfologiche dell'area del presente studio, in cui il vulcanico è di gran lunga prevalente, che però non modificano la procedura d'analisi successiva.

Le descrizioni che seguono si riferiscono alle tipologie dei fenomeni gravitativi rilevati nell’intera area analizzata, le quali sono da considerarsi di carattere generale, perché sono basate sul meccanismo che ha prodotto il fenomeno senza tener conto della natura dei materiali coinvolti e delle loro varie e diverse litologie. Di fatto, la maggior parte del territorio analizzato è costituita esclusivamente da prodotti vulcanici e piroclastici, ed una parte minoritaria da tipi di rocce sedimentarie variamente stratificate.

Premesso quanto sopra, di seguito riportiamo le descrizioni delle tipologie dei fenomeni gravitativi che sono stati inseriti nella banca dati.

- Crolli e ribaltamenti – I Crolli sono fenomeni caratterizzati da caduta libera di diedri litoidi, e talora dei terreni eventualmente sovrastanti, dipendenti dalla presenza in rocce a comportamento rigido di sistemi di fatture con andamento prevalentemente sub-verticale. La dimensione degli elementi dipende dalla spaziatura, ossia dalla distanza esistente tra le fratture dei vari sistemi. I Ribaltamenti differiscono dai precedenti per la presenza di discontinuità anche sub-orizzontali che determinano appunto questo tipo di movimento caratterizzato da una componente laterale. In questa tipologia sono compresi anche gli Scorrimenti planari ad alto angolo , dei quali però non sono stati rilevati casi certi. - Scorrimenti rotazionali – Sono fenomeni gravitativi caratterizzati da movimenti di rotazione che avvengono intorno ad un punto, esterno al versante e situato in posizione superiore al ba- ricentro della massa mobilizzata, secondo una superficie di taglio di forma arcuata e concava verso l’alto. Sono tipici dei terreni poco coerenti, ma si possono verificare molto frequente- mente anche in sequenze fliscioidi intensamente fratturate. - Scorrimenti traslativi o traslazionali – Sono caratterizzati da movimenti di scivolamento lungo superfici di taglio planari, in genere costituite da superfici di debolezza preesistenti e spesso coincidenti con discontinuità strutturali, piani o giunti di stratificazione tra litotipi diversi, disposte a franapoggio, ossia nello stesso senso del versante, con valori d’inclinazione uguali o minori dello stesso. - Colate lente in detrito o terra – Consistono in movimenti lenti per deformazione plastica e possono assumere forme molto diverse e coinvolgere spessori di terreni di copertura altrettanto variabili. - Colate rapide areali e lineari – Sono fenomeni dalle forme piuttosto particolari perché generalmente sono molto più sviluppati in lunghezza che in larghezza. Le colate si formano in materiali scarsamente coesivi con elevata percentuale d’acqua e s’impostano lungo impluvi preesistenti o di nuova formazione, spesso coincidenti con linee di debolezza sulle quali si sono impostati fenomeni d’erosione concentrati. L’origine, la composizione e la granulometria dei materiali di copertura determinano le caratteristiche morfologiche di questo tipo di fenomeni gravitativi. In questa tipologia rientrano anche i debris-flow che sono fenomeni costituiti da materiale prevalentemente litoide di varia pezzatura frammisto ad una componente plastica.

Oltre ai predetti fenomeni, che rientrano nella classificazione già adottata nello studio pilota precedente, sono state considerate altre due tipologie, ritenute necessarie per la caratterizzazione del territorio attualmente studiato. Ciò è dipeso dal fatto che questi fenomeni sono stati frequentemente rilevati sulle foto aeree e/o direttamente in campagna, e perché riportati nella bibliografia relativa a questa area di studio. Queste tipologie sono le seguenti.

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- Aree interessate da deformazioni superficiali lente (Soliflusso)- La nuova distinzione è stata introdotta con lo scopo di rappresentare le numerose aree che sono state individuate in uno stato di parziale e talvolta temporanea instabilità, ma che non possono essere classificate nelle tipologie di frane precedentemente descritte, pur essendo fenomeni chiaramente dipendenti dall’azione della gravità. Questi casi, distinti in forme areali o puntuali secondo le loro dimensioni, comprendono soprattutto fenomeni di creeping e di soliflusso che interessano coltri detritiche o di suolo anche estese ma molto superficiali. In taluni casi essi possono indicare una modesta e parziale riattivazione di accumuli relativi a fenomeni non completamente stabilizzatisi, così come possono essere più spesso localizzati in corrispondenza di vecchie o antiche frane delle quali restano solo le vestigia dell’orlo di distacco o la morfologia dell’alveo o del canale di transito. Questi modesti sintomi denunciano un leggero grado d’instabilità in atto, che in certe condizioni può evolvere in fenomeni di maggiore importanza.

- Frane complesse . Le frane ascrivibili a questa tipologia sono fenomeni in cui il movimento risulta dalla combinazione di due o più delle tipologie precedentemente descritte. Molte frane sono complesse, ma generalmente un tipo di movimento predomina, spazialmente o temporalmente sugli altri.

7.3.2. Schedatura delle frane

Per la preparazione delle schede delle frane sono stati presi come spunto i modelli già esistenti, che erano stati predisposti secondo le diverse tipologie di fenomeni gravitativi prese in considerazione dal metodo di analisi adottato. Le schede base, tuttavia, sono state leggermente modificate in alcuni punti, senza cambiarne la struttura, soprattutto per renderle più chiare nelle descrizioni e meglio rispondenti alle esigenze delle situazioni riscontrate nell’area investigata. Queste modifiche riguardano soprattutto l’inquadramento geografico ed amministrativo del fenomeno, alcuni cambiamenti nelle terminologie sintetiche per meglio farne comprendere il significato, e l’introduzione di nuove voci, quali lo stato di attività quiescente, la fratturazione di tipo concoide e un’ulteriore distinzione nei rapporti litologici.

Esse riportano informazioni di vario genere, più o meno dettagliate secondo le circostanze, relative ad esempi di frane che sono state considerate rappresentative di quel tipo di fenomeno, alle quali spesso sono associate le relative fotografie esplicative, panoramiche e/o di dettaglio.

In taluni casi una scheda è stata utilizzata per descrivere più eventi dello stesso tipo, avvenuti su un’area estesa o lungo un tracciato stradale ma caratterizzati da identiche condizioni geologiche, morfologiche e strutturali che hanno favorito il loro verificarsi.

7.3.3. Archivio fotografico

Durante i controlli in campagna sono state riprese numerose fotografie. Molte di queste fotografie hanno come scopo principale quello di documentare i fenomeni franosi, ma altre possono essere utili per mostrare situazioni morfologiche generali o locali, oltre che le diverse litologie e i rapporti tra loro esistenti, oppure situazioni strutturali particolarmente interessanti, tipo e densità di fatturazione, ecc.

Tuttavia, a proposito della documentazione fotografica dei fenomeni franosi è doveroso far presente che in molti casi non è stato possibile, per vari motivi tra i quali l’accessibilità, effettuare una ripresa soddisfacente, oppure, com’è verificabile consultando l’archivio stesso, il

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fenomeno è individuabile sull’immagine solo da un occhio molto esperto. Casi particolari a sè stanti sono quelli relativi a fenomeni antichi e di grandi proporzioni, il cui rilevamento è stato possibile solo tramite l’analisi delle fotografie aeree, dei quali in campagna sono riconoscibili a posteriori solo alcuni elementi, in parte mascherati dalla vegetazione o nascosti da barriere fisiche.

7.3.4. Ricorrenze tipologiche e stato di attività

Le considerazioni che emergono dagli elementi che sono stati rilevati mediante l’analisi delle fotografie aeree ed i controlli sul campo, oltre a quelli forniti da informazioni di carattere bibliografico, sono riassumibili nelle seguenti. - Il numero totale delle frane rappresentate in forma areale è di 222 fenomeni. Nelle frane vere e proprie le tipologie più frequenti sono quelle di scorrimento rotazionale (77) e i crolli (43). La tipologia meno rappresentata è quella delle frane di scivolamento traslativo alla quale sono stati attribuiti due soli casi. - Le frane puntuali, ossia quelle non rappresentabili con un poligono, in totale sono 40

- Dall’insieme dei dati relativi ai fenomeni gravitativi emerge che la maggior parte di loro è avvenuta in un passato più o meno recente, se non lontano, e che per la stragrande maggioranza si sono esauriti per motivi naturali. Le forme oggi visibili consistono soprattutto in orli di distacco e nicchie di crollo, volumi di materiale ribassato, ossia quello che giace sotto la superficie originaria del versante, mentre raramente sono ancora riconoscibili porzioni consistenti dei loro accumuli. - Il numero delle frane in atto, che assommano a poche decine, è molto esiguo rispetto al totale dei fenomeni rilevati e, in genere, esso si riferisce a frane del tipo di crollo o di scivolamento rotazionale. Le numerose piccole frane di crollo, delle quali sono stati individuati i punti di distacco, sono state classificate come fenomeni quiescenti, coerentemente con la definizione della loro tipologia, ma questi eventi costituiscono tuttavia un importante indicatore di potenziale instabilità delle pareti sulle quali essi sono avvenuti, e di questo fatto va tenuto specialmente conto se i crolli si sono verificati per fattori esclusivamente naturali.

- Le frane del tipo colata lenta sono state anch’esse classificate quiescenti non avendone riconosciute nessuna attiva. Tuttavia, è probabile che in occasione di particolari eventi meteorici possa verificarsi una riattivazione in quei fenomeni che presentano ancora un modesto deposito residuo. - Le aree interessate da deformazioni superficiali lente, tipo soliflusso, come detto precedentemente sono piuttosto numerose ed attive. Molte di loro, tuttavia, non rappresentano fenomeni particolarmente importanti, ma in alcune zone si è rilevato che esse sono impostate su aree precedentemente interessate da altri tipi di fenomeni gravitativi e che in altre potrebbero rappresentare i sintomi precursori di probabili futuri movimenti più profondi. Di conseguenza, proprio per queste caratteristiche, tutte le zone interessate da detto tipo di manifestazioni, di qualsiasi dimensioni, sono state anch’esse inserite nel sistema come punti instabili.

7.3.5. Distribuzione areale dei fenomeni franosi per tipologia

Nella seguente tabella 7.1 è riportato per le varie tipologie di frana il numero di eventi rilevati in ciascun territorio comunale compreso nell’area di studio, la cui realizzazione è stata ottenuta intersecando la banca dati delle frane di forma areale.

Il metodo utilizzato fornisce solo un’informazione statistica riferita al numero effettivo di

______M6 srl P. 21 Provin cia di Roma - Dip ar time nto V, Serv izio 4 " Geologi co" Cartografia della suscettibilità da frana della Provincia di Roma Territori comunali di Rocca di Papa, Albano Laziale, Ariccia, Nemi, Genzano di Roma, Lanuvio, Anzio, Ardea, Velletri (zona nord) ______

eventi verificatisi in un comune, senza alterare quello totale con il conteggio di eventuali porzioni di frane che possono avere invaso parte di un territorio comunale adiacente. Di seguito ai fenomeni ricadenti nei territori comunali dell’area di studio sono stati inseriti anche quei fenomeni ricadenti nella fascia aggiuntiva con buffer di 500 metri esterna, considerata sia nei rilievi che nel censimento allo scopo di dare completezza allo studio ed alla rappresentazione del territorio in esame nella sua interezza, non trascurando eventuali fenomeni a cavallo dei confini. Sono stati considerati così complessivamente altri 21 fenomeni franosi, ricadenti nei territori comunali di Castelgandolfo, , , Grottaferrata, Marino, , .

Tabella 7.1 - Numero di fenomeni gravitativi presenti in ciascun comune

Scorrimento Scorrimento Colata Colata Comune Crollo rotazionale traslativo lenta rapida Soliflusso Complesso Totale Albano Laziale 6 5 11 Anzio 5 6 11 Ariccia 2 2 4 1 9 Ardea 5 2 7 Rocca di Papa 13 1 2 14 1 1 32 Lanuvio 4 4 8 1 17 Velletri 10 38 15 4 21 88 Genzano di Roma 5 2 3 5 15 Nemi 10 1 11

Castel Gandolfo 5 1 1 7 Artena 1 3 2 6 Pomezia 3 3 Grottaferrata 1 1 Marino 1 1 Rocca Priora 1 1 Lariano 1 1 2 Totale 43 77 2 31 19 47 3 222

I suddetti dati mostrano che il comune interessato dal maggior numero di eventi, indipendentemente dalla superficie coinvolta, è quello di Velletri, seguito da Rocca di Papa, dove si osserva un’elevata prevalenza di frane del tipo di crollo, scorrimento rotazionale (prevalenti), colate e fenomeni di soliflusso. Il comune interessato dal minor numero di fenomeni gravitativi risulta quello di Ardea, ta estensione.

Nella tabella 7.2 sono invece rappresentate le superfici in ettari di ciascun comune coinvolte dai vari fenomeni gravitativi, calcolate sommando le aree di ciascun fenomeno rappresentabile arealmente.

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Tab. 7.2 – Superfici in ettari dei fenomeni gravitativi presenti in ciascun comune.

Scorrimento Scorrimento Colata Colata Comune Crollo rotazionale traslativo lenta rapida Soliflusso Complesso Totale Albano Laziale 25.35 6.45 41.21 Anzio 6.34 3.07 9.41 Ariccia 10.84 4.61 25.77 1.44 42.66 Ardea 7.78 4.20 11.97 Rocca di Papa 2.51 60.85 8.45 87.10 1.97 0.24 161.12 Lanuvio 4.77 2.92 8.13 4.10 19.93 Velletri 5.47 21.38 22.33 35.49 17.40 102.06 Genzano di Roma 9.98 4.51 8.50 3.44 26.43 Nemi 63.79 6.42 70.21

Castel Gandolfo 22.15 1.39 17.42 40.96 Artena 0.46 30.91 28.19 59.56 Pomezia 4.52 4.52 Grottaferrata 2.00 2.00 Marino 0.83 0.83 Rocca Priora 1.03 1.03 Lariano 1.06 3.61 4.68 Totali 143.92 56.89 78.27 98.88 126.20 74.25 10.76 598.58

La superficie totale dei terreni coinvolti in qualche forma di dissesto è risultata di circa 600 ettari sui 33600 ettari di territorio indagato.

I comuni maggiormente colpiti dal punto di vista dell’estensione areale interessata sono Rocca di Papa, Velletri e Nemi. Il territorio comunale con estensione minore di superficie coinvolta è il comune di Anzio, nel quale vi sono solo fenomeni di crollo lungo le pareti della costa rocciosa.

7.3.6. Problematiche nell'applicazione del metodo.

Le descrizioni e le considerazioni in precedenza riportate si riferiscono naturalmente alle caratteristiche dell’area esaminata dal presente studio, le quali differiscono notevolmente, almeno in buona parte di essa, da quelle esistenti nell’area precedentemente analizzata dal Dipartimento di Scienze Geologiche dell'Università Roma Tre. Questo fatto ha creato problematiche diverse nell’applicazione della metodologia adottata per la determinazione della suscettibilità al dissesto, perché in realtà si riscontrano fenomeni gravitativi in situazioni che non sono facilmente indivi- duabili e definibili dal semplice incrocio di parametri.

Infatti, nei terreni vulcanici esistono litotipi, o loro sequenze, che in condizioni normali, ossia naturali, non presentano alcun rischio di frana, mentre sono potenzialmente soggetti a crolli o scorrimenti rotazionali se intaccati da scarpate artificiali, anche d’altezze molto modeste, come quelle che frequentemente interessano la porzione direttamente a monte di strade principali e secondarie costruite a mezza costa, anche in condizioni di acclività modesta, o le secondarie realizzate sul bordo di pianori o terrazzamenti con un tracciato parallelo a quello della valle sottostante. Di conseguenza va tenuto conto che parte dei piccoli fenomeni rilevati, verificatisi in corrispondenza di modificazioni del versante dovute ad interventi antropici, non possono

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Infine, appare evidente che le due nuove tipologie di fenomeni gravitativi introdotte nell’analisi in oggetto, ossia le Frane complesse e le aree interessate da deformazioni superficiali lente, o Soliflusso, non sono ben definibili, in termini di suscettibilità, applicando l’incrocio dei dati previsto dal metodo; ma sono comunque molto importanti perché, specialmente per i fenomeni di soliflusso, sono diffusamente presenti sul territorio e perché possono talvolta rappresentare indizi di potenziale instabilità di un versante. Di conseguenza, com’è già stato esposto, queste manifestazioni sono state inserite nel sistema considerandole come punti instabili a tutti gli effetti, indipendentemente dalle loro dimensioni.

7.3.7. Considerazioni su alcune situazioni particolari

Nell’area di studio esistono alcune situazioni, in particolare legate alla geomorfologia della zona fortemente influenzata dalla presenza del complesso vulcanico dei Colli Albani. La conformazione a catino dei crateri spenti, specialmente nel lago di Albano, di Nemi e in Vallericcia, con versanti esterni aventi pendenza abbastanza debole e versanti interni piuttosto ripidi, determina situazioni particolarmente predisponenti ai fenomeni gravitativi, accentuate dalle caratteristiche delle litologie presenti, di origine vulcanica, a luoghi fortemente alterate e fratturate. I versanti che insistono sui suddetti crateri spenti sono infatti interessati da numerosi fenomeni gravitativi, in particolare di crollo, che interessano a volte anche edifici ed infrastrutture. Tipico ed emblematico il caso dell’abitato di Nemi, che è situato proprio sopra un’estesa parete interessata da frequenti crolli, che coinvolgono anche la strada che scende al lago verso ovest, che è stata chiusa per ragioni di sicurezza.

Un’altra situazione particolare è legata alla zona costiera in comune di Anzio, dove esistono pareti rocciose insistenti sulla spiaggia, soggette a frequenti fenomeni di crollo, anche piuttosto estesi lateralmente, che interessano porzioni del litorale anche intensamente antropizzate e sfruttate dal punto di vista turistico-balneare, tanto che in alcuni casi le autorità locali hanno dovuto emettere ordinanze di divieto di passaggio e balneazione.

Altro caso molto particolare è rappresentato dal centro storico di Ardea, arroccato su di uno sperone roccioso di tufo che si eleva di 15-20 metri dalla pianura circostante. I frequenti fenomeni di crollo che hanno coinvolto le pareti rocciose tufacee hanno costretto nel tempo le autorità preposte ad effettuare numerosi e ripetuti interventi di sistemazione e di consolidamento, per la messa in sicurezza dell’intera area.

7.4. LAYER PUNTI STABILI .

Per la creazione di questo tematismo è stato seguito il criterio adottato nel progetto pilota realizzato dal Dipartimento di Scienze Geologiche dell'Università Roma Tre, i punti stabili vengono definiti come quei punti che si trovano in condizioni di pendenza di versante al di sotto del minimo necessario per l'innesco di fenomeni franosi e ad una certa distanza, ritenuta di sicurezza, dalle zone soggette a dissesto. Ne deriva la delimitazione di zone che in sostanza, secondo il metodo adottato, non presentano condizioni tali da poter dare innesco a fenomeni franosi. Rimane il fatto, comunque, che questo tipo di dato non influisce sui risultati, in quanto non entra nell'elaborazione dei parametri per l'analisi della suscettibilità da frana.

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8. ANALISI DELLA SUSCETTIBILITÀ

8.1. PRESUPPOSTI METODOLOGICI

Per effettuare l’analisi sono stati esaminati i principali metodi presenti in letteratura per giungere alla valutazione della suscettibilità da frana. Dal punto di vista operativo ciascun metodo prevede l’individuazione di un’unità di terreno di riferimento (o unità di mappatura o dominio omogeneo), definibile come quella porzione di superficie di terreno che contiene una serie di caratteristiche che la differenziano dall’unità adiacente attraverso limiti ben definiti (Hansen, 1984).

Sono stati proposti vari metodi per la suddivisione in unità territoriali di riferimento per la determinazione della suscettibilità da frana (Meijerink, 1988; Carrara et alii , 1995; Guzzetti et alii , 1999):

− Unità Geomorfologica: si basa sull’assunzione che in un ambiente naturale le relazioni fra materiali, forme e processi diano per risultato elementi territoriali che frequentemente sintetizzano differenze di base di ordine geomorfologico e geologico;

− Matrice di Celle: il territorio viene suddiviso in celle quadrate di dimensioni predefinite che diventano le unità territoriali di riferimento per la mappatura del territorio.

− Unità Territoriale Omogenea: ogni fattore di instabilità viene descritto mediante poche classi sufficienti ad esprimere la sua variabilità interna e vengono prodotte delle carte tematiche per ciascun fattore di franosità; l’intersezione delle carte tematiche evidenzia porzioni di territorio aventi elementi a comune il cui numero e dimensioni sono funzione dei criteri utilizzati nella classificazione dei fattori di instabilità.

− Unità di versante: sono unità territoriali derivate in modo automatico da modelli digitali del terreno di alta qualità. Sono sostanzialmente riconducibili a elementi geomorfologici evidenziabili mediante aree di drenaggio superficiale e linee spartiacque. A seconda del processo di versante investigato possono essere usati bacini idrografici di vario ordine oppure soltanto loro porzioni corrispondenti a versanti.

La definizione delle unità territoriali di riferimento è necessaria per la creazione di un database di parametri, finalizzato alla descrizione di un determinato fenomeno fisico e alla costruzione di un modello previsionale che tenga conto della distribuzione spaziale e temporale di questi parametri. Sarebbe inoltre sbagliato non ricordare che i modelli di suscettibilità e la scelta dell’unità di terreno di riferimento sono concettualmente e operativamente correlati; quindi in diversi casi la scelta del metodo per valutare la pericolosità sembra essere la naturale conseguenza del tipo di unità di terreno adottata.

Una volta che i fenomeni franosi e i parametri di instabilità sono stati immagazzinati in un database mediante l’utilizzo di un GIS, vari metodi possono essere applicati per ordinare e pesare i parametri di instabilità e assegnare diversi livelli di suscettibilità. Questo specifico obbiettivo può essere raggiunto attraverso vari percorsi (Brabb, 1984; Hansen, 1984; Carrara 1989; Van Westen, 1993).

I più appropriati per il presente lavoro sono i metodi qualitativi, basati su di un unico modello concettuale che consiste delle seguenti fasi:

− inventario e realizzazione di una carta delle frane sulla regione in studio o in un sottoinsieme di essa (area di prova);

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− identificazione e realizzazione di carte tematiche per quei parametri geomorfologici che sono ritenuti direttamente o indirettamente correlati con l’instabilità dei versanti;

− stima del contributo di ogni parametro all’instabilità del versante;

− classificazione dell’area di studio in domini di diverso grado di suscettibilità da frana.

In generale i metodi qualitativi (detti anche metodi euristici o diretti) si basano interamente sul giudizio della persona o delle persone che conducono la valutazione della suscettibilità da frana, attraverso però l'elaborazione di parametri predefiniti. I dati sono acquisiti da osservazioni di campagna e dall'interpretazione di foto aeree.

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8.2. METODOLOGIA OPERATIVA

La metodologia adottata è definita come Metodologia ENEA – Roma TRE, elaborata per il progetto pilota realizzato dal Dipartimento di Scienze Geologiche dell'Università Roma Tre. Tale metodologia è stata applicata integralmente, per assicurare la continuità di analisi e la confrontabilità dei risultati, tranne che per alcune modifiche, legate soprattutto alla diversità delle condizioni geologiche e geomorfologiche dell'area studiata. La descrizione della metodologia è riportata qui di seguito, con le varianti che sono state ritenute opportune per questo progetto.

Si tratta di una metodologia essenzialmente qualitativa derivata dal metodo di sovrapposizione di dati tematici indicizzati. L’evoluzione principale rispetto alla semplice sovrapposizione di mappe (overlay mapping ) riguarda due passaggi:

1. in primo luogo vengono individuati e classificati i Parametri discriminanti (PD) che rappresentano le condizioni necessarie ma non sufficienti per il verificarsi di una data tipologia di frana;

2. secondariamente vengono analizzati tutti i Parametri predisponenti (PP), cioè i fattori di qualsiasi natura che concorrono, direttamente o indirettamente, ad aggravare le condizioni di stabilità, ma non sono sufficienti a determinarla.

I parametri discriminanti sono la geologia, considerata come unità litotecniche su cui è impostata la superficie di rottura e la pendenza del versante.

L’intersezione in ambiente GIS dei tipi litotecnici con i relativi intervalli di pendenza, identifica per tutta l'area di studio le aree ove sussistono le condizioni necessarie ma non sufficienti per cui quell’area sia suscettibile ad una certa tipologia di fenomeno: tali aree vengono dette Unità Territoriali Lito-Morfometriche (UTLM). La prima zonazione per parametri discriminanti “discrimina”, appunto, le aree in cui sussistono entrambe le condizioni di substrato litologico e pendenza che l’inventario delle frane ha permesso di riconoscere all’origine di almeno un fenomeno.

Naturalmente, in base a tale distinzione fondamentale, è anche possibile escludere il territorio in cui non si realizzano le condizioni discriminanti e quindi organizzare le successive fasi di rilevamento e analisi.

La definizione delle UTLM procede quindi attraverso l'identificazione delle classi di pendenza e delle unità litotecniche, su cui ricadono dei punti instabili, associati a ciascuna delle sei tipologie di dissesto. Successivamente, viene condotta un'analisi critica dei punti instabili che si trovano in condizioni di pendenza inferiori al limite di 8°, assunto come necessario per l'innesco di fenomeni. Questi punti vengono esclusi dalle elaborazioni successive, ma esaminati nelle loro caratteristiche e mantenuti in un archivio separato. In generale si tratta di dissesti puntiformi e/o areali di piccole dimensioni, legati ad attività antropiche localizzate, o a sbancamenti lungo le strade, dei quali sarà opportuno tenere conto per quanto significano, ma che, se inseriti nell'analisi della suscettibilità, potrebbero alterarne i risultati.

Le UTLM così definite sono state mantenute come prodotto intermedio all'interno del progetto, in quanto rappresentano il primo livello di individuazione delle aree dove è presente un rischio di frana, che dovrà essere successivamente definito in base ai parametri

predisponenti. Il rapporto tra tipologia di frana, unità litotecnica e pendenza del versante, che stabilisce l'insieme dei fattori discriminanti in base ai quali sono definite le UTLM, è mostrato nella tabella 8.1 che segue, dove sono indicate le occorrenze di punti instabili per unità litotecniche e per intervalli di pendenza.

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Tab. 8.1: Numero di frane rilevate per tipologia, classe litotecnica e intervallo di pendenza Colate rapide UNITA' MIN MAX RANGE MEAN STD CONTEGGIO SIGLA LITOTECNICA SLOPE SLOPE SLOPE SLOPE SLOPE FRANE pirolastico, Pcl ceneri e lapilli 2.80 28.42 25.62 14.09 6.55 7 piroclastico, Ps scorie 19.93 38.19 18.26 29.57 4.33 1 piroclastico, Pcs ceneri e scorie 7.90 40.67 32.77 24.02 6.96 11 TOTALI 19

Colate lente UNITA' MIN MAX RANGE MEAN STD CONTEGGIO SIGLA LITOTECNICA SLOPE SLOPE SLOPE SLOPE SLOPE FRANE deposito lc lacustre 10.71 15.94 5.23 12.40 0.82 1 pirolastico, Pcl ceneri e lapilli 5.51 41.28 35.78 17.66 10.73 2 piroclastico, Pp pozzolanelle 5.33 33.43 28.10 16.80 5.40 7 piroclastico, Ps scorie 4.33 27.41 23.09 15.71 6.01 4 piroclastico, Pcs ceneri e scorie 4.70 31.54 26.85 13.24 4.98 13 piroclastiti Pz zeolitizzate 8.87 47.30 38.43 30.39 7.43 3 L lave 12.13 36.68 24.56 25.64 6.34 1 TOTALI 31

Crolli UNITA' MIN MAX RANGE MEAN STD CONTEGGIO SIGLA LITOTECNICA SLOPE SLOPE SLOPE SLOPE SLOPE FRANE piroclastiti Pz zeolitizzate 7.91 51.96 44.05 35.31 9.34 4 L lave 1.98 53.98 52.00 33.79 9.33 6 pirolastico, Pcl ceneri e lapilli 2.35 51.50 49.15 31.21 8.69 10 co depositi costieri 6.74 37.46 30.71 21.04 6.33 5 piroclastico, Ps scorie 14.35 52.22 37.87 36.18 7.11 5 piroclastico, Pcs ceneri e scorie 4.82 30.73 25.91 11.48 5.07 10 piroclastico, Pp pozzolanelle 7.28 14.36 7.08 9.18 1.61 2 TOTALI 42

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Scorrimenti traslativi UNITA' MIN MAX RANGE MEAN STD CONTEGGIO SIGLA LITOTECNICA SLOPE SLOPE SLOPE SLOPE SLOPE FRANE piroclastiti Pz zeolitizzate 21.11 56.10 34.99 39.89 5.82 1 L lave 2.31 44.89 42.57 23.33 7.83 1 TOTALI 2 Scorrimenti rotazionali UNITA' MIN MAX RANGE MEAN STD CONTEGGIO SIGLA LITOTECNICA SLOPE SLOPE SLOPE SLOPE SLOPE FRANE piroclastiti Pz zeolitizzate 9.51 40.06 30.55 17.39 6.85 3 L lave 12.55 32.72 20.17 22.86 4.74 7 pirolastico, Pcl ceneri e lapilli 1.31 28.46 27.15 13.16 7.03 4 piroclastico, Pcs cenerie e scorie 4.19 27.61 23.42 13.65 4.69 25 co depositi costieri 13.45 33.90 20.45 21.94 5.27 6 piroclastico, Pp pozzolanelle 4.18 33.15 28.97 15.00 6.92 16 deposito lc lacustre 12.18 26.45 14.27 18.17 3.74 2 piroclastico, Ps scorie 13.66 21.27 7.62 15.85 1.65 2 piroclastico, Pt tufo litoide 6.24 38.83 32.59 22.57 6.52 7 TOTALI 72

Soliflussi UNITA' MIN MAX RANGE MEAN STD CONTEGGIO SIGLA LITOTECNICA SLOPE SLOPE SLOPE SLOPE SLOPE FRANE pirolastico, Pcl ceneri e lapilli 2.22 20.58 18.36 8.03 3.97 7 piroclastico, Pcs cenerie e scorie 4.15 36.47 32.32 12.63 4.44 25 piroclastico, Pp pozzolanelle 4.48 28.21 23.74 12.78 4.33 8 piroclastico, Ps scorie 2.57 22.17 19.59 10.86 5.13 3 L lave 3.59 19.60 16.01 9.19 3.32 2 co depositi costieri 6.21 37.74 31.53 21.91 5.02 2 TOTALI 47

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Fenomeni complessi UNITA' MIN MAX RANGE MEAN STD CONTEGGIO SIGLA LITOTECNICA SLOPE SLOPE SLOPE SLOPE SLOPE FRANE L lave 16.59 31.94 15.35 26.29 4.55 1 piroclastico, Ps scorie 4.69 50.15 45.45 23.43 12.02 2 TOTALI 3

I parametri predisponenti sono rappresentati dalle condizioni geomorfo-idrologiche, morfometriche, litotecniche, tettoniche e di uso del suolo il cui contributo, differenziato per ciascuna tipologia di fenomeno franoso, determina la maggiore o minore suscettibilità. Essi non bastano a determinare la suscettibilità di un’area, ma il loro contributo distinto permette di qualificare un’area già riconosciuta suscettibile in base ai soli parametri discriminanti (UTLM).

I parametri riconosciuti sono i seguenti:

PARAMETRI DISCRIMINANTI (PD) PARAMETRI PREDISPONENTI (PP) Unità litotecnica Uso del suolo Pendenza Contatto litologico Zona tettonica per sistema di faglie Idrografia Litologia Pendenza Distanza da asse viario

I dati relativi al parametro Unità litotecnica si riferiscono al rilevamento originale eseguito per questo studio e alle sue successive elaborazioni.

Il DEM che è servito per ricavare i parametri Pendenza ed Esposizione, è stato costruito a partire dai dati altimetrici esistenti. Sono state acquisite nella banca dati le curve di livello esistenti in forma digitale che ci sono state fornite dal Servizio Geologico Provinciale. Dai dati di cui sopra è stato costruito un DEM, con passo 10 metri, utilizzato nelle elaborazioni per l'analisi di suscettibilità sull'area, oggetto di questo studio.

I parametri di Litologia (Unità litotecnica) e Pendenza , utilizzati come fattori discriminanti nella definizione delle UTLM, sono stati ovviamente considerati anche nella valutazione dei parametri predisponenti, attribuendo punteggi diversi in funzione delle caratteristiche geomeccaniche dei terreni e dell’inclinazione del versante.

Come rappresentazione dell’ Uso del suolo è stato impiegato lo strato informativo fornitoci dal Servizio Geologico Provinciale e realizzato dalla Regione Lazio nel 2003, il cui contenuto informativo è riferito alla legenda derivata da quella del CORINE Land Cover con dettaglio fino al 4° livello.

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Il Contatto litologico rappresenta la discontinuità che si crea su di un versante al passaggio tra due litologie a comportamento differente, come ad esempio, rigido e granulare. Tale parametro è rappresentato dalla fascia di 20 metri a cavallo del contatto litologico ed il suo contributo alla suscettibilità dipende anche dalla tipologia di movimento franoso.

La Zonazione tettonica per sistema di faglie, consiste nella valutazione dell'influenza dei singoli elementi tettonici nella determinazione del rischio di dissesto. L’influenza di tale parametro, derivante sostanzialmente dalla vicinanza rispetto alle principali linee di dislocazione rilevate, è stata valutata creando un buffer d'influenza di 200 m dall’asse della lineazione, attribuendo un valore di suscettibilità inversamente proporzionale alla distanza dalla faglia.

Per la rappresentazione della Distanza da asse viario è stato considerato un intorno significativo relativamente alla viabilità stradale, considerando massimo il contributo di tale parametro nei primi 6 metri di distanza dall’asse viario e tendente gradualmente all’annullamento oltre i 20 metri. Tale parametro intende qualificare il contributo all’instabilità di versante dato dai tagli stradali come elementi di discontinuità nel profilo del versante. Nelle aree dove la pendenza del versante è inferiore a 8°, che quindi non rientrano nell'analisi della suscettibilità, questo parametro è servito a giustificare una serie di punti instabili che sono stati esclusi dall'analisi perchè non ricadenti in nessuna delle UTLM.

E’ stato inoltre introdotto un nuovo parametro predisponente, l’ Idrografia , non presente nella metodologia ENEA-Roma Tre. Per la valutazione di tale parametro, aggiunto poiché ritenuto molto importante per il contributo che gli aspetti idrologici determinano sui fenomeni franosi, è stata considerata la classificazione gerarchica dei corsi d’acqua, e sono stati attribuiti un punteggio ed una larghezza della fascia di influenza crescenti con l’importanza del corso d’acqua.

Operativamente, nella procedura di analisi della suscettibilità, sono stati spazializzati tutti i parametri predisponenti attraverso la realizzazione di uno strato informativo per ogni tematismo. Tutti gli strati informativi sono costituiti da layer in formato GRID con cella di 10 metri. L’integrazione in ambiente GIS degli strati informativi relativi a ciascun parametro e il layer dei punti instabili, ha permesso di caratterizzare i punti instabili in funzione di una specifica combinazione di parametri predisponenti.

In seguito al rilevamento e alla valutazione dei fenomeni reali, i parametri predisponenti sono stati classificati in funzione del contributo all’insorgenza di un fenomeno franoso. Alle varie classi di ogni parametro predisponente, e separatamente per ogni tipologia di frana, è stato attribuito un indice (i) crescente (da 0 a 9) in funzione del contributo di ciascuna classe all’instabilità. In questo modo per ogni parametro predisponente è stata realizzata una tabella in cui per ciascuna classe vengono riportati i valori degli indici relativamente a ciascuna tipologia di frana. A ciascun parametro, poi, viene attribuito un peso che esprime il contributo del parametro nel suo insieme, rispetto agli altri parametri, indipendentemente dalla tipologia di frana.

L'attribuzione degli indici alle singole classi e dei pesi ai parametri, ha seguito, come nel progetto pilota, un approccio euristico, basato comunque, per quanto possibile, su di un'analisi preliminare di tipo statistico. Le tabelle con i valori relativi sono contenute all'interno di un file Excel allegato al progetto, nel CD di consegna allegato a questo rapporto.

Dal momento che gli indici sono espressi da numeri, tale relazione si può configurare come una funzione matematica: una funzione di suscettibilità. Per non appesantire l’elaborazione e consentire

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un approccio intuitivo alla procedura si è scelta una funzione elementare ma sufficientemente efficace: la Funzione di Suscettibilità proposta è sostanzialmente una somma pesata degli indici associati ai parametri predisponenti, applicata alle sole UTLM che verificano le condizioni discriminanti. La funzione generale applicata per il calcolo della suscettibilità di ciascun fenomeno franoso (f) è la seguente:

( × ) ∑ in Pn S = (I × I )× n f geol pend P ∑n n

dove : Sf : Suscettibilità alla tipologia di fenomeno franoso f Igeol : indice del parametro discriminante geologia Ipend : indice del parametro discriminante pendenza in : indice del parametro predisponente n-simo Pn : peso del parametro predisponente n-simo

I parametri discriminanti hanno indice 0 o 1 a seconda, rispettivamente, che non sussistano o che sussistano le condizioni che danno luogo a suscettibilità. Di conseguenza il primo fattore assume significato (1) solo se sussistono entrambe le condizioni di geologia e pendenza perché esista suscettibilità non nulla. Il secondo fattore rappresenta al numeratore la vera e propria somma degli indici i relativi agli n parametri predisponenti considerati moltiplicati per il peso P, che serve a bilanciare il contributo di ciascun parametro; al denominatore invece presenta la somma dei pesi P, necessaria alla normalizzazione del risultato secondo la stessa scala degli indici (da 0 a 9).

Naturalmente l’attribuzione degli indici è stata ricavata dalle osservazioni di terreno e dalla prenalisi statistica succitata, ma la semplicità e la flessibilità della funzione consente di intervenire facilmente sugli indici e/o sui pesi per tarare il modello, in modo da renderlo il più possibile coerente con le osservazioni. Inoltre è possibile correggere le inevitabili approssimazioni determinate dalla non perfetta conoscenza o possibilità di rappresentazione dei parametri.

Il lato negativo della metodologia sta nel fatto che i valori dei parametri sono attribuiti in base alla casistica dei fenomeni rilevati e sono quindi strettamente dipendenti dalle condizioni dell'area studiata. Per dare un esempio, il valore massimo di pendenza rilevato per frane di crollo, di 51°, è dovuto al semplice fatto che nell'area non esistono zone significative con pendenze maggiori. Questo aspetto limita probabilmente la confrontabilità di aree vicine ma studiate separatamente, in quanto i parametri su cui si basa l'analisi di suscettibilità hanno valori diversi.

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9. SERIE STORICHE DELLA PIOVOSITÀ

I dati relativi alle serie storiche pluviometriche che interessano l’area di studio sono stati acquisiti dall’archivio online della Regione Lazio ( www.idrografico.roma.it ), il quale mette a disposizione gli Annali Idrologici compilati dall’attuale Ufficio Idrografico e Mareografico, a partire dall’anno 1951 fino ad arrivare, con l’edizione più recente prodotta nel 2007, al 2002. Per questo studio sono stati utilizzati, inoltre, dati più recenti raccolti dai Bollettini Idrologici presenti nel medesimo archivio, dove si possono trovare i dati di piovosità cumulativi giornalieri e mensili per alcune stazioni fino all’anno 2012. Le stazioni pluviometriche delle quali si è ritenuto necessario trattare i dati vista la loro significatività nell’ambito di questo studio sono state in tutto cinque, e sono: Anzio, Ardea, , Rocca di Papa e Velletri. Per queste stazioni si è presa in esame, in particolar modo per la correlazione con l’occorrenza dei dissesti studiati, la serie temporale di dati che va dal 1980 al Gennaio 2012, anche se non tutti gli anni sono coperti interamente come si può vedere dalla seguente tabella.

Stazione Anni di inattività Anzio 1958, 1960, 1963, 1967, 1968, 1970, 1973, 1997, 1998, 1999, 2001-2008, 2010 Ardea 1962-1965 Frascati nessuno Rocca di Papa 1951, 1971-2000, 2002-2007 Velletri 1970, 1979-1981, 1983-1986, 1993

Negli Annali Idrologici sono riportate le seguenti tabelle: − Tab I – Osservazioni pluviometriche giornaliere. (vedi Fig. 9.1) − Tab II – Totali annui e riassunti dei totali mensili della quantità delle precipitazioni. − Tab III – Precipitazioni di massima intensità registrate ai pluviografi. − Tab IV – Massime precipitazioni dell’anno per periodi di più giorni consecutivi. − Tab V – Precipitazioni di notevole intensità e breve durata registrate ai pluviografi.

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Fig. 9.1 – Esempio di tabelle relative alle osservazioni pluviometriche giornaliere,

Tutti i dati che riguardano le osservazioni pluviometriche giornaliere per le varie stazioni sono stati inseriti in fogli elettronici per l’elaborazione e l’analisi. L’organizzazione e l’elaborazione dei dati hanno consentito di fornire i valori dei totali mensili ed annui della piovosità per ciascuna delle cinque stazioni in modo tale da poter realizzare i diagrammi delle serie temporali di piovosità di ogni singola stazione per l’intero intervallo considerato e la media delle piovosità totali annue complessiva di tutte le stazioni (vedi figure seguenti).

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La stazione con la continuità di dati maggiore si è rivelata quella di Frascati, ragione per cui è stata presa come riferimento per le considerazioni successive.

Piovosità annuale - Stazione di Frascati - Periodo 1980-2011

1400

1200

1000

800

600

400

200

0 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Dal grafico della piovosità annuale della stazione di Frascati si può osservare che gli anni più piovosi, con valori superiori a 1000 mm sono stati 1984, 1996, 2004, 2008 e 2010. Il picco massimo è stato nel 2008, con quasi 1200 mm. Il minimo si è verificato nel 2007, con poco meno di 500 mm. La piovosità media sul periodo 1980-2011 è risultata di 795 mm. Inoltre confrontando i diversi diagrammi si può notare una certa corrispondenza nei valori di precipitazioni fra le cinque stazioni sia durante l’anno medio che su tutto il periodo considerato. Sono state elaborate inoltre anche le medie mensili di tutto l’intervallo temporale, e l’istogramma di frequenza (vedi figure seguenti).

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L’andamento riscontrato è sostanzialmente simile a quello medio tipico delle stazioni dell’Italia centrale con piovosità massima nel periodo autunnale/invernale di Ottobre, Novembre e Dicembre, ed un submassimo nel periodo primaverile.

Nella maggior parte dei casi le frequenza di piovosità mensile si aggira tra 30 e 100mm (289 mesi su 379 complessivi) e solo in 10 mesi abbiamo il superamento dei 200 mm. Per quanto riguarda la stazione di Frascati il mese più piovoso è stato dicembre del 2008 con 297,4 mm ed i mesi con piovosità media più elevata sono stati complessivamente Novembre e Dicembre con medie mensili comprese tra 100 e 120 mm. Nelle cinque stazioni considerate il picco massimo di piovosità è avvenuto a Velletri nel novembre 1997 con 417,6 mm e l’anno più piovoso per singola stazione è stato il 1996 dove a Velletri sono caduti 1543.2 mm.

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10. STUDIO DELLA SISMICITÀ STORICA

10.1. INTRODUZIONE

Allo scopo di valutare eventuali correlazioni tra la sismicità dell’area, la franosità e l’innesco di determinati eventi franosi di cui si conosce con sufficiente precisione la data di mobilizzazione, è stato condotto uno studio sulla sismicità storica dei comuni presenti nell’area di studio.

Lo studio della sismicità storica dell’area ha come scopo infatti quello di definire il massimo grado di intensità sismica registrato nell’area al fine di valutare la possibilità di eventi sismici come possibili fattori di innesco di fenomeni franosi. La ricerca si è basata sull’analisi dei dati bibliografici e delle banche dati della sismicità storica e strumentale dell’INGV.

La costruzione del catalogo dei terremoti di origine locale è stata condotta essenzialmente aggiornando e incrementando i dati estratti dal Catalogo dei terremoti italiani del CNR- Progetto Finalizzato Geodinamica (CNR-PFG; Postpischl, 1985), il più recente che contenga scosse di ogni intensità e tipologia, e il Catalogo macrosismico del Lazio di Dell’Olio & Molin (inedito). Sono stati inoltre utilizzati i risultati ottenuti dalle ricerche di sismologia storica svolte dall’INGV relativamente all’area -bassa Sabina (Molin et alii , 2002).

Per quanto riguarda le fonti informative relative ai terremoti di origine locale, le indagini sono state condotte attraverso la ricerca di nuova bibliografia, il recupero dei lavori pubblicati dopo il 1980, la consultazione di giornali ed il reperimento di documentazione inedita presso biblioteche di Roma, e l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), dove sono attualmente conservate le cartoline sismiche pervenute all’Ufficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica (o Geofisica, o Ecologia Agraria) di Roma (UCMG) dal 1900 al 1975 circa (Molin et alii , 2002). Per le scosse caratterizzate da Io>V grado MCS sono stati anche consultati il Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani , il Catalogo dei forti terremoti in Italia dell’Istituto Nazionale di Geofisica e SGA storia geofisica ambiente, e NT4.1, un catalogo parametrico di terremoti di area italiana del Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti, nonché i relativi database macrosismici.

Per le scosse posteriori al 1980 sono stati utilizzati anche i dati sismometrici e macrosismici del database marcosismico italiano, disponibile sul sito dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, dati che hanno permesso di prolungare il catalogo fino al luglio 2000. Anche per quanto riguarda l’esame dei più importanti terremoti di origine esterna, quasi tutti caratterizzati da intensità epicentrali relativamente elevate, si è fatto in genere riferimento al catalogo CPTI e quindi ai database macrosismici dei cataloghi del GNDT e di ING- SGA.

10.2. SISMICITÀ STORIC A

La zona dei Colli Albani è uno tra i più imponenti complessi vulcanici quaternari ad affinità alcalino-potassica della catena appenninica peritirrenica, ed è interessata da una frequente attività sismica. L’attività vulcanica ha unteressato la regione a partire da circa 0,7 fino a circa 0,027 milioni di anni fa, con volumi di magma decrescenti durante tre distinte fasi. L’attività più recente, a carattere idromagmatico, ha interessato prevalentemente il settore occidentale del vulcano, portando alla formazione di numerosi crateri eccentrici, alcuni dei quali occupati oggi da laghi (Albano, Nemi). La documentazione storica riguardo la sismicità dei Colli Albani assume caratteri di affidabilità soltanto a partire dal 1700 (Amato et al., 1993). Prima di quasta data si ha notizia certa solo di tre scosse, avvenute nel 1256, 1577 e 1582, di intensità non superiore al VI grado MCS (Molin, 1981). Dal 1700 in poi si hanno informazioni su circa 3000 eventi. Il periodo di massima attività è quello relativo al trentennio 1870-1900, anche se va ricordato che proprio in qugli anni si

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cominciarono ad effettuare le prime osservazioni sismologiche strumentali. Il periodo sismico avvenuto negli anni 1892-1893 elenca da solo oltre mille scosse. In Tabella 10.1 sono riportate le sequenze di maggiore durata.

Anno Durata Max Intensità Località 1773 Febbraio-Ottobre VII grado 1800 1 anno e mezzo VII grado Velletri 1829 Maggio-Dicembre VII grado Albano 1876 6 mesi VII grado 1892 2 anni VII-VIII grado Lanuvio Tab. 10.1 – Le sequenze sismiche di maggiore durata registrate nella zona dei Colli Albani

I terremoti più forti presenti in catalogo, ai quali è stata assegnata un’intensità pari all’VIII grado MCS, sono stati quello di Rocca di Papa del 1806 e quello di Nemi del 1927. La caratteristica principale della sismicità dei Colli Albani è la sensibile variabilità della durata delle sequenze, da poche ore fino ad oltre un anno, e la lunghezza dei periodi di quiescenza, come quelli avvenuti durante gli anni 1829-1870 e 1940-1975. Il numero delle scosse all’interno delle singole sequenze è anch’esso affetto da notevole variabilità: da poche decine a diverse migliaia. Le ultime sequenze, prima del 1989, sono state quelle del 1981 e del 1987, la cui durata è stata di circa tre mesi. Va tuttavia notato che il concetto di durata di una sequenza è funzione della soglia minima di detenzione della rete. La rete sismica nazionale è in grado di rilevare, in questa area, l’attività microsismica soltanto al di sopra di M ~2.

10.2.1. La sequenza del 1989-1990

L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha installato una rete microsismica digitale nella zona dei Colli Albani tra l’aprile del 1989 ed il marzo 1990, che ha permesso di registrare in maniera molto dettagliata la lunga sequenza sismica verificatasi nell’area. L’esperienza della rete temporanea installata nel 1989 ha mostrato, infatti, che la maggior parte dei microterremoti non sono stati registrati dalla rete nazionale. I terremoti più forti registrati nell’area, da quando si dispone di dati strumentali, non hanno mai avuto magnitudo superiore a 4. L’andamento temporale della sismicità mostra un primo periodo (aprile-settembre 1989) caratterizzato da un basso tasso di sismicità, con circa due eventi localizzati al giorno, con pochi terremoti di magnitudo speriore a 3,5. A partire da ottobre 1989, il tasso di simicità è raddoppiato, e nello stesso periodo sono avvenuti i terremoti più forti, fino a M ~4. In concomitanza di questi, sembra che l’intera fascia sismogenetica locale, costituita da una regione di circa 6 x 12 km, allungata in direzione appenninica approssimativamente da al Lago di Nemi, venga attivata simultaneamente, in poche ore o giorni, com moltissimi terremoti di piccola entità, per tutto il suo spessore (da 3 a 7 km di profondità). Si tenga presente che le dimensioni spaziali delle sorgenti associate a terremoti di queste magnitudo sono dell’ordine di poche decine o centinaia di metri. La regione sismogenetica coincide all’incirca con la zona dove l’orlo calderico si presenta morfologicamente ribassato, sede delle ultime manifestazioni freatomagmatiche avvenute fino a circa 27 mila anni fa. Poiché non si dispone di dati stratigrafici profondi, non si è riusciti a capire in quali formazioni si è concentrata l’attività sismica. Da considerazioni geologico-strutturali, è possibile però ipotizzare che la sismicità abbia interessato la base della successione carbonatica meso-cenozoica, ovvero il basamento cristallino (Amato e Valensise, 1986) I rilievi eseguiti hanno permesso, integrati dai dati storici di archivio, hanno permesso di stabilire che nella zona dei Colli Albani gli sciami sismici registrati hanno le caratteristiche tipiche di aree vulcaniche attive o recenti. In particolare, la sismicità superficiale con profondità comprese tra i 3 e i 7 km si concentra in due volumi crostali adiacenti, interessando principalmente il settore

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occidentale del complesso vulcanico, dove si sono manifestate le ultime eruzioni “freatomagmatiche”. Tale settore sembra subire un’estensione in direzione approssimativamente NE-SW, come suggerito dai meccanismi focali delle scosse più forti.

10.3. SISMICITÀ REMOTA

I terremoti con epicentro al di fuori dell’area considerata che sono stati risentiti nella zona, riportati nello studio di Molin et alii , 2002, si sono verificati nel 1349, 1456, 1461, 1654, 1703,

1706, 1877, 1915 e 1979. In generale, si può osservare che i terremoti considerati hanno avuto origine nel tratto di catena appenninica compreso tra la Valnerina, l’Aquilano ed il Molise; le relative intensità massime (Ix) ed epicentrali (Io) sono quasi sempre elevate (≥VIII-IX grado MCS), tranne che per gli eventi del 1877 e del 14 gennaio 1915 (≤VII grado). La frequenza media con cui i terremoti di origine esterna vengono risentiti con danni nella zona di studio (intensità ≥V-VI grado MCS) risulta, sulla base dei dati degli ultimi 130 anni generalmente considerati completi per eventi di questa intensità, dell’ordine di un evento ogni 32-33 anni.

Praticamente impossibile stimare con attendibilità la frequenza con cui si sono verificati risentimenti di intensità ≥VI-VII grado MCS, in quanto i dati disponibili sono in buona parte desunti dall’andamento dei campi macrosismici e, prima del 1870, dovuti solo ad eventi con elevata intensità epicentrale (Io≥IX-X grado). Si può solo notare che, considerando tutti i dati disponibili, si perviene mediamente ad un’evento ogni 100 anni circa. Per quanto riguarda i risentimenti di intensità ancora superiore (≥VII-VIII grado) possiamo invece osservare che se ne contano 2 negli ultimi sette secoli, uno di VIII-IX e uno di VIII osservati rispettivamente in occasione dei grandi terremoti del 1349 e 1915 (magnitudo vicine a 7.0), entrambi con epicentro in aree relativamente vicine alla zona di studio (50-60 km). Dato che per gli eventi di tale magnitudo il catalogo italiano è generalmente considerato pressocché completo almeno per gli ultimi otto secoli, la frequenza media di un risentimento ogni 400 anni circa appare abbastanza attendibile. In conclusione, i terremoti di origine esterna risultano molto importanti nel definire la sismicità della zona, in quanto hanno prodotto le massime intensità storiche, pari all’VIII-IX e all’VIII grado MCS, osservate rispettivamente in occasione dei terremoti del 1349 e del 1915; inoltre, varie volte potrebbero aver avvicinato o raggiunto il massimo storico dovuto ai terremoti di origine locale (VII grado MCS).

Il 6 aprile 2009 alle ore 3:33 la zona de L’Aquila, com’è noto, è stata colpita da un forte terremoto. La magnitudo della scossa principale è stata valutata sia come magnitudo Richter (Ml) 5.8 che come magnitudo momento (Mw) 6.3. Gli eventi di M>5 sono avvenuti il 6, 7 e 9 aprile (rispettivamente Ml=5.8, 5.3 e 5.1). I terremoti di Ml compresi tra M=3.5 e 5.0 sono stati in totale 31. Gli effetti di questo terremoto, pur essendo stati avvertiti anche nell’area di studio non hanno prodotto conseguenze particolari di cui si abbia avuto segnalazione.

10.4. STORIE SISMICHE LOCALI

Nella seguente Tabella 10.2, sono riportate le massime intensità macrosismiche che hanno interessato i comuni della Provincia di Roma. Analizzando i dati in essa riportati emerge che le intensità massime registrate nella zona di studio (evidenziati in grassetto) hanno valori compresi tra 7 e 9, con i valori massimi nella zona dei Colli Albani.

______M6 srl P. 40 Provin cia di Roma - Dip ar time nto V, Serv izio 4 " Geologi co" Cartografia della suscettibilità da frana della Provincia di Roma Territori comunali di Rocca di Papa, Albano Laziale, Ariccia, Nemi, Genzano di Roma, Lanuvio, Anzio, Ardea, Velletri (zona nord) ______

Tab. 10.2 – Massime intensità macrosismiche osservate nella provincia di Roma.

Comune Re Pr Com Lat Lon Imax AFFI LE 12 58 1 41 .88376 13 .09684 9 AGOSTA 12 58 2 41 .98083 13 .03250 9 ALBANO LAZI ALE 12 58 3 41 .72774 12 .65868 8 12 58 4 42 .15534 11 .90347 <=6 ANGUILLARA SABA ZI A 12 58 5 42 .09076 12 .26952 7 ANTI COLI CORRADO 12 58 6 42 .00958 12 .98852 8 ANZIO 12 58 7 41 .46551 12 .61079 7 ARC INAZZO ROMANO 12 58 8 41 .88073 13 .11477 9 ARICC IA 12 58 9 41 .71990 12 .67115 8 12 58 10 42 .04042 13 .01946 9 ARTENA 12 58 11 41 .74005 12 .91215 8 12 58 12 41 .88433 13 .02712 8 BRACC IANO 12 58 13 42 .10280 12 .17563 <=6 CAMERATA NUOVA 12 58 14 42 .01802 13 .10838 9 12 58 15 42 .13868 12 .38137 7 12 58 16 42 .13644 12 .10282 <=6 CANTERANO 12 58 17 41 .94212 13 .03701 8 12 58 18 42 .14150 12 .54040 8 CAPRAN ICA PRENESTINA 12 58 19 41 .86192 12 .95180 8 12 58 20 41 .60483 13 .08405 8 12 58 21 41 .90638 12 .88614 8 CASTEL GANDOLFO 12 58 22 41 .74634 12 .65072 8 12 58 23 41 .97399 12 .86818 8 12 58 24 42 .12767 12 .49733 8 CASTEL S. PIETRO ROMANO 12 58 25 41 .84550 12 .89458 8 CAVE 12 58 26 41 .81832 12 .93136 8 CERRETO LAZI ALE 12 58 27 41 .94381 12 .98229 8 12 58 28 41 .98769 13 .06840 9 12 58 29 41 .99721 12 .09881 <=6 CICILIANO 12 58 30 41 .96112 12 .94112 8 12 58 31 42 .04918 12 .96195 9 CIVIT AVECCH IA 12 58 32 42 .09031 11 .79899 <=6 CIVIT ELLA SAN PAOLO 12 58 33 42 .19568 12 .58167 8 12 58 34 41 .73015 13 .00589 8 COLONNA 12 58 35 41 .83480 12 .75182 7 FI ANO ROMANO 12 58 36 42 .17037 12 .58988 8 FI LACC IANO 12 58 37 42 .25518 12 .60080 8 12 58 38 42 .07908 12 .40063 7 FRASCATI 12 58 39 41 .80750 12 .68105 7 GALL ICANO NEL LAZIO 12 58 40 41 .87114 12 .81882 8 12 58 41 41 .69773 13 .05244 8 12 58 42 41 .83309 12 .97319 8 GENZANO DI ROMA 12 58 43 41 .70684 12 .68841 8 12 58 44 41 .93266 12 .99450 8 GORGA 12 58 45 41 .65549 13 .11028 8 GROTTAFERRATA 12 58 46 41 .78668 12 .67728 7 12 58 47 41 .99218 12 .72156 7 JENNE 12 58 48 41 .88680 13 .16884 9 LAB ICO 12 58 49 41 .78523 12 .88517 8 LANUVIO 12 58 50 41 .67690 12 .69919 8 12 58 51 42 .07158 12 .90261 8 12 58 52 42 .15891 12 .43669 7 MANDELA 12 58 53 42 .02723 12 .92208 8 MANZI ANA 12 58 54 42 .13036 12 .13031 <=6 MARANO EQUO 12 58 55 41 .99310 13 .01606 9

______M6 srl P. 41 Provin cia di Roma - Dip ar time nto V, Serv izio 4 " Geologi co" Cartografia della suscettibilità da frana della Provincia di Roma Territori comunali di Rocca di Papa, Albano Laziale, Ariccia, Nemi, Genzano di Roma, Lanuvio, Anzio, Ardea, Velletri (zona nord) ______

MARCELL INA 12 58 56 42 .02341 12 .80553 8 MARINO 12 58 57 41 .76981 12 .66103 8 ROMANO 12 58 58 42 .20345 12 .40036 7 12 58 59 42 .03624 12 .63767 8 MONTECOMPATRI 12 58 60 41 .80673 12 .73627 7 12 58 61 42 .10752 12 .83093 8 12 58 62 41 .64964 13 .03958 8 12 58 63 42 .13432 12 .73916 8 12 58 64 41 .81527 12 .71550 7 12 58 65 42 .05431 12 .62287 8 12 58 66 42 .13915 12 .80659 8 12 58 67 42 .11664 12 .77107 8 12 58 68 42 .14263 12 .49098 8 12 58 69 42 .22923 12 .59633 8 NEM I 12 58 70 41 .71663 12 .71685 8 12 58 71 42 .15974 12 .78681 8 12 58 72 41 .45865 12 .66329 7 12 58 73 41 .86024 13 .03298 8 PALESTRINA 12 58 74 41 .83874 12 .89113 8 PALOMBARA SAB INA 12 58 75 42 .06584 12 .76568 8 PERC ILE 12 58 76 42 .09425 12 .90951 9 12 58 77 41 .90627 12 .95872 8 POL I 12 58 78 41 .88714 12 .89202 8 POME ZI A 12 58 79 41 .67781 12 .50019 7 12 58 80 42 .25719 12 .57153 8 RIANO 12 58 81 42 .09064 12 .52301 7 RIGNANO FLAM INIO 12 58 82 42 .20650 12 .47906 8 12 58 83 42 .05955 12 .99967 9 ROCCA 12 58 84 41 .95584 13 .02193 8 12 58 85 41 .84583 12 .94456 8 ROCCA DI PAPA 12 58 86 41 .76035 12 .70984 8 12 58 87 42 .04907 12 .89929 8 ROCCA PRIORA 12 58 88 41 .78974 12 .75522 7 12 58 89 41 .90999 13 .02425 8 12 58 90 41 .87363 13 .06461 9 ROMA 12 58 91 41 .89534 12 .48238 8 12 58 92 42 .02501 12 .99470 9 12 58 93 42 .10504 12 .44739 7 SAMBUC I 12 58 94 41 .98667 12 .93736 8 12 58 95 41 .91780 12 .87118 8 12 58 96 42 .00979 12 .84013 8 12 58 97 42 .04118 11 .87980 <=6 SANT`ANGELO ROMANO 12 58 98 42 .03431 12 .71285 7 SANT`ORESTE 12 58 99 42 .23340 12 .52220 8 12 58 100 41 .88139 12 .97969 8 12 58 101 42 .00337 12 .95336 8 SE GNI 12 58 102 41 .69009 13 .02182 8 SUBIACO 12 58 103 41 .92523 13 .09479 9 TI VOLI 12 58 104 41 .96360 12 .79787 8 12 58 105 42 .14982 11 .93671 7 TORR IT A TI BERINA 12 58 106 42 .23588 12 .61859 8 12 58 107 42 .15533 12 .24685 7 VALLEP IETRA 12 58 108 41 .92557 13 .23109 9 VALL INFREDA 12 58 109 42 .08400 12 .99548 9 12 58 110 41 .77521 12 .91885 8 VELLETRI 12 58 111 41 .68828 12 .77813 8 12 58 112 42 .01656 12 .89552 8 12 58 113 42 .09977 13 .00670 9 ZAGAROLO 12 58 114 41 .83862 12 .83108 8

______M6 srl P. 42 Provin cia di Roma - Dip ar time nto V, Serv izio 4 " Geologi co" Cartografia della suscettibilità da frana della Provincia di Roma Territori comunali di Rocca di Papa, Albano Laziale, Ariccia, Nemi, Genzano di Roma, Lanuvio, Anzio, Ardea, Velletri (zona nord) ______

LARIANO 12 58 115 41 .72518 12 .83297 7 12 58 116 41 .94962 12 .07804 <=6 ARDEA 12 58 117 41 .60899 12 .54660 7 CIAMP INO 12 58 118 41 .79985 12 .60419 7 12 58 119 41 .82069 12 .79969 7 FI UMICINO 12 58 120 41 .77170 12 .22930 <=6

Per ottenere una più precisa caratterizzazione sismica dell’area di studio sono state prese in considerazione le storie sismiche dei comuni compresi in detta area, estraendole dalla pagina del sito dell’INGV relativa al database macrosismico italiano, nel quale i comuni sono catalogati in base a tutte le osservazioni disponibili, indipendentemente dalle intensità dei sismi, oppure secondo il numero di osservazioni macrosismiche con valori di intensità Is (x10) ≥45, ossia al di sopra della soglia del danno.

Le storie sismiche di ciascun territorio sono rappresentate da una lista degli eventi con valore di intensità disposti in ordine decrescente, dei quali è riportata la data, l’effetto e l’area epicentrale del terremoto; le intensità sono inoltre riportate in un diagramma che evidenzia visivamente la loro distribuzione nel periodo storico considerato. Questi dati sono stati inseriti in un apposito archivio. Non vi compare il comune di Ardea, che non ha registrato sismi al di sopra della soglia del danno.

Storia sismica di Albano Laziale Numero di eventi: 20

Effetti In occasione del terremoto del: Is Anno Me Gi Or Mi Area epicentrale Np Ix Mw 6-7 1806 08 26 07 35 Colli Albani 35 8 5.47 7 1829 06 01 09 Colli Albani 25 7 5.17 NF 1857 12 16 21 15 Basilicata 337 11 6.96 4 1874 12 06 15 50 Monti della Meta 43 8 5.47 3 1877 08 16 12 24 ROCCA DI PAPA 15 6 4.63 5 1877 08 24 02 45 Lazio meridionale 54 7 5.29 F 1883 09 02 07 03 FRASCATI 27 5-6 4.63 3 1884 02 06 23 30 ALBANO 4 7 5.17 4-5 1885 04 10 01 44 M. SIMBRUINI 43 D 4.63 4 1886 01 17 07 10 ALBANO 6 7 5.17 5 1895 11 01 CASTELPORZIANO 98 6-7 4.83 4 1898 06 27 23 38 RIETI 186 8 5.48 6-7 1899 07 19 13 18 Colli Albani 123 7 5.18 5-6 1915 01 13 06 52 AVEZZANO 1040 11 6.99 5 1919 10 22 06 10 ANZIO 142 7 5.53 3 1922 12 29 12 22 SORA 102 7 5.60 3 1927 10 11 14 45 MARSICA 77 7 5.27 6 1927 12 26 15 06 Colli Albani 38 8 5.02 4 1980 11 23 18 34 Irpinia-Basilicata 1317 10 6.89 NF 1990 05 05 07 21 POTENTINO 1374 7-8 5.84

______M6 srl P. 43 Provin cia di Roma - Dip ar time nto V, Serv izio 4 " Geologi co" Cartografia della suscettibilità da frana della Provincia di Roma Territori comunali di Rocca di Papa, Albano Laziale, Ariccia, Nemi, Genzano di Roma, Lanuvio, Anzio, Ardea, Velletri (zona nord) ______

Storia sismica di Anzio Numero di eventi: 11

Effetti In occasione del terremoto del: Is Anno Me Gi Or Mi Area epicentrale Np Ix Mw 3 1873 03 12 20 04 Marche meridionali 196 9 5.88 5 1892 01 22 COLLI ALBANI 81 7 5.17 4 1895 11 01 CASTELPORZIANO 98 6-7 4.83 6 1899 07 19 13 18 Colli Albani 123 7 5.18 NF 1901 04 24 14 20 MONTELIBRETTI 44 8 5.15 NF 1902 10 23 08 51 REATINO 77 6-7 4.83 5 1915 01 13 06 52 AVEZZANO 1040 11 6.99 7 1919 10 22 06 10 ANZIO 142 7 5.53 4 1927 12 26 15 06 Colli Albani 38 8 5.02 4 1980 11 23 18 34 Irpinia-Basilicata 1317 10 6.89 NF 1990 05 05 07 21 POTENTINO 1374 7-8 5.84

Storia sismica di Ariccia Numero di eventi: 14

Effetti In occasione del terremoto del: Is Anno Me Gi Or Mi Area epicentrale Np Ix Mw 6-7 1806 08 26 07 35 Colli Albani 35 8 5.47 6 1829 06 01 09 Colli Albani 25 7 5.17 5 1877 08 16 12 24 ROCCA DI PAPA 15 6 4.63 5 1877 08 24 02 45 Lazio meridionale 54 7 5.29 4-5 1883 09 02 07 03 FRASCATI 27 5-6 4.63 7 1884 02 06 23 30 ALBANO 4 7 5.17 7 1886 01 17 07 10 ALBANO 6 7 5.17 5 1895 11 01 CASTELPORZIANO 98 6-7 4.83

______M6 srl P. 44 Provin cia di Roma - Dip ar time nto V, Serv izio 4 " Geologi co" Cartografia della suscettibilità da frana della Provincia di Roma Territori comunali di Rocca di Papa, Albano Laziale, Ariccia, Nemi, Genzano di Roma, Lanuvio, Anzio, Ardea, Velletri (zona nord) ______

4 1898 06 27 23 38 RIETI 186 8 5.48 6-7 1899 07 19 13 18 Colli Albani 123 7 5.18 5-6 1915 01 13 06 52 AVEZZANO 1040 11 6.99 5-6 1919 10 22 06 10 ANZIO 142 7 5.53 6 1927 12 26 15 06 Colli Albani 38 8 5.02 3 1990 05 05 07 21 POTENTINO 1374 7-8 5.84

Storia sismica di Genzano di Roma Numero di eventi: 19

Effetti In occasione del terremoto del: Is Anno Me Gi Or Mi Area epicentrale Np Ix Mw 6-7 1703 01 14 18 Appennino reatino 196 11 6.81 8 1806 08 26 07 35 Colli Albani 35 8 5.47 6 1829 06 01 09 Colli Albani 25 7 5.17 5 1876 10 26 14 18 PALESTRINA 29 7 5.03 4 1877 08 16 12 24 ROCCA DI PAPA 15 6 4.63 5 1877 08 24 02 45 Lazio meridionale 54 7 5.29 4-5 1883 09 02 07 03 FRASCATI 27 5-6 4.63 3 1884 02 06 23 30 ALBANO 4 7 5.17 6 1886 01 17 07 10 ALBANO 6 7 5.17 7 1892 01 22 COLLI ALBANI 81 7 5.17 4 1895 11 01 CASTELPORZIANO 98 6-7 4.83 4 1898 06 27 23 38 RIETI 186 8 5.48 6 1899 07 19 13 18 Colli Albani 123 7 5.18 6 1915 01 13 06 52 AVEZZANO 1040 11 6.99 NF 1919 09 10 16 57 PIANCASTAGNAIO 67 8 5.38 5-6 1919 10 22 06 10 ANZIO 142 7 5.53 7 1927 12 26 15 06 Colli Albani 38 8 5.02 NF 1990 05 05 07 21 POTENTINO 1374 7-8 5.84 3 1997 09 26 09 40 Appennino umbro-march. 869 9 6.05

______M6 srl P. 45 Provin cia di Roma - Dip ar time nto V, Serv izio 4 " Geologi co" Cartografia della suscettibilità da frana della Provincia di Roma Territori comunali di Rocca di Papa, Albano Laziale, Ariccia, Nemi, Genzano di Roma, Lanuvio, Anzio, Ardea, Velletri (zona nord) ______

Storia sismica di Lanuvio [Civita Lavinia] Numero di eventi: 9

Effetti In occasione del terremoto del: Is Anno Me Gi Or Mi Area epicentrale Np Ix Mw 6-7 1806 08 26 07 35 Colli Albani 35 8 5.47 6 1829 06 01 09 Colli Albani 25 7 5.17 6-7 1892 01 22 COLLI ALBANI 81 7 5.17 4 1895 11 01 CASTELPORZIANO 98 6-7 4.83 6 1899 07 19 13 18 Colli Albani 123 7 5.18 6 1915 01 13 06 52 AVEZZANO 1040 11 6.99 7 1927 12 26 15 06 Colli Albani 38 8 5.02 4 1980 11 23 18 34 Irpinia-Basilicata 1317 10 6.89 4 1997 09 26 09 40 Appennino umbro-march. 869 9 6.05

______M6 srl P. 46 Provin cia di Roma - Dip ar time nto V, Serv izio 4 " Geologi co" Cartografia della suscettibilità da frana della Provincia di Roma Territori comunali di Rocca di Papa, Albano Laziale, Ariccia, Nemi, Genzano di Roma, Lanuvio, Anzio, Ardea, Velletri (zona nord) ______

Storia sismica di Nemi Numero di eventi: 14

Effetti In occasione del terremoto del: Is Anno Me Gi Or Mi Area epicentrale Np Ix Mw 7 1806 08 26 07 35 Colli Albani 35 8 5.47 6 1829 06 01 09 Colli Albani 25 7 5.17 5 1877 08 24 02 45 Lazio meridionale 54 7 5.29 7 1892 01 22 COLLI ALBANI 81 7 5.17 5 1895 11 01 CASTELPORZIANO 98 6-7 4.83 4 1898 06 27 23 38 RIETI 186 8 5.48 5 1899 07 19 13 18 Colli Albani 123 7 5.18 2 1901 07 31 10 38 Monti della Meta 76 7 5.29 6 1915 01 13 06 52 AVEZZANO 1040 11 6.99 5-6 1919 10 22 06 10 ANZIO 142 7 5.53 3-4 1922 12 29 12 22 SORA 102 7 5.60 3 1927 10 11 14 45 MARSICA 77 7 5.27 8 1927 12 26 15 06 Colli Albani 38 8 5.02 NF 1971 02 06 18 09 TUSCANIA 89 8-9 4.90

______M6 srl P. 47 Provin cia di Roma - Dip ar time nto V, Serv izio 4 " Geologi co" Cartografia della suscettibilità da frana della Provincia di Roma Territori comunali di Rocca di Papa, Albano Laziale, Ariccia, Nemi, Genzano di Roma, Lanuvio, Anzio, Ardea, Velletri (zona nord) ______

Storia sismica di Rocca di Papa Numero di eventi: 71

Effetti In occasione del terremoto del: Is Anno Me Gi Or Mi Area epicentrale Np Ix Mw 8 1806 08 26 07 35 Colli Albani 35 8 5.47 7 1829 06 01 09 Colli Albani 25 7 5.17 4 1873 03 12 20 04 Marche meridionali 196 9 5.88 5 1873 07 12 06 06 Monti della Meta 62 7-8 5.40 4 1874 12 06 15 50 Monti della Meta 43 8 5.47 2 1875 03 17 23 51 Romagna sud-orient. 143 8 5.74 6 1876 10 26 14 18 PALESTRINA 29 7 5.03 6 1877 08 16 12 24 ROCCA DI PAPA 15 6 4.63 5 1877 08 24 02 45 Lazio meridionale 54 7 5.29 F 1878 09 15 MONTEFALCO 25 8 5.55 4 1882 06 06 05 40 Monti del Matese 52 8 5.28 5-6 1883 09 02 07 03 FRASCATI 27 5-6 4.63 5 1884 02 06 23 30 ALBANO 4 7 5.17 5-6 1885 04 10 01 44 M. SIMBRUINI 43 D 4.63 2 1886 01 17 07 10 ALBANO 6 7 5.17 7 1892 01 22 COLLI ALBANI 81 7 5.17 RS 1892 06 06 TREMITI 72 7 5.07 5 1895 11 01 CASTELPORZIANO 98 6-7 4.83 RS 1898 03 04 CALESTANO 260 7 5.07 5 1898 06 27 23 38 RIETI 186 8 5.48 6 1899 07 19 13 18 Colli Albani 123 7 5.18 RS 1900 05 19 16 55 ARRONE 16 7 5.03 3 1901 04 24 14 20 MONTELIBRETTI 44 8 5.15 3-4 1901 07 31 10 38 Monti della Meta 76 7 5.29 RS 1902 06 27 16 48 CASENTINO 21 6 4.83 3 1902 10 23 08 51 REATINO 77 6-7 4.83 RS 1903 05 04 03 44 VALLE CAUDINA 80 7-8 5.17 NF 1903 11 02 21 52 VALNERINA 33 6-7 5.03 4 1904 02 24 15 53 Marsica 56 9 5.67 RS 1904 04 08 08 22 GARGANO 32 7 4.98 3 1905 08 25 20 41 SULMONA 39 7 5.28 RS 1905 11 26 IRPINIA 136 7-8 5.32 RS 1906 04 21 06 35 VAL D'ELSA 50 6-7 5.03 NF 1909 01 13 00 45 BASSA PADANA 799 6-7 5.53 RS 1909 08 25 00 22 MURLO 283 7-8 5.40 RS 1911 09 13 22 29 CHIANTI 103 7-8 5.14 2-3 1913 10 04 18 26 MATESE 205 8 5.40 6 1915 01 13 06 52 AVEZZANO 1040 11 6.99 RS 1915 03 26 23 37 25 7 5.03

______M6 srl P. 48 Provin cia di Roma - Dip ar time nto V, Serv izio 4 " Geologi co" Cartografia della suscettibilità da frana della Provincia di Roma Territori comunali di Rocca di Papa, Albano Laziale, Ariccia, Nemi, Genzano di Roma, Lanuvio, Anzio, Ardea, Velletri (zona nord) ______

4 1916 01 26 12 22 VALLE DEL LIRI 29 7 4.93 RS 1916 07 04 05 06 MONTI SIBILLINI 23 7 4.91 RS 1917 04 26 09 35 MONTERCHI-CITERNA 128 9-10 5.80 RS 1917 10 13 16 04 CASTELSARACENO 8 6 4.83 RS 1918 04 14 01 56 GIANO DELL'UMBRIA 23 6-7 5.03 RS 1918 11 24 13 38 TRENTA 4 6 4.83 RS 1919 02 13 02 20 LAGO TRASIMENO 20 6 4.83 2 1919 09 10 16 57 PIANCASTAGNAIO 67 8 5.38 RS 1919 10 21 00 24 GARGANO 28 6 5.02 4-5 1919 10 22 06 10 ANZIO 142 7 5.53 5 1920 09 07 05 55 Garfagnana 638 10 6.48 RS 1921 08 28 10 45 SARNANO 13 7 5.06 RS 1922 06 08 07 47 CALDAROLA 52 6-7 5.00 4 1922 12 29 12 22 SORA 102 7 5.60 RS 1925 03 08 15 46 NICOSIA 19 7 4.93 3 1925 09 24 13 33 Molise occidentale 50 7-8 5.40 2 1927 05 25 02 50 CERRETO 54 6-7 5.16 4 1927 10 11 14 45 MARSICA 77 7 5.27 RS 1927 10 28 21 49 BEDONIA 51 6 5.13 6-7 1927 12 26 15 06 Colli Albani 38 8 5.02 RS 1928 04 21 13 56 MONTALCINO 10 6-7 4.83 RS 1928 06 13 08 CARPI 35 7 4.85 RS 1928 07 20 19 53 ALTA VAL DI TARO 20 6 4.56 RS 1930 04 27 01 46 SALERNITANO 30 7 4.72 3-4 1930 07 23 00 08 Irpinia 509 10 6.72 2 1930 10 30 07 13 SENIGALLIA 263 8-9 5.94 3 1933 09 26 03 33 Maiella 326 9 5.68 4 1961 10 31 13 37 ANTRODOCO 84 8 5.13 NF 1971 02 06 18 09 TUSCANIA 89 8-9 4.90 4 1984 05 07 17 49 Appennino abruzzese 912 8 5.93 NF 1990 05 05 07 21 POTENTINO 1374 7-8 5.84 4 1997 09 26 09 40 Appennino umbro-march. 869 9 6.05

______M6 srl P. 49 Provin cia di Roma - Dip ar time nto V, Serv izio 4 " Geologi co" Cartografia della suscettibilità da frana della Provincia di Roma Territori comunali di Rocca di Papa, Albano Laziale, Ariccia, Nemi, Genzano di Roma, Lanuvio, Anzio, Ardea, Velletri (zona nord) ______

Storia sismica di Velletri Numero di eventi: 46

Effetti In occasione del terremoto del: Is Anno Me Gi Or Mi Area epicentrale Np Ix Mw 5-6 1484 01 19 MONTEROTONDO 6 6-7 5.06 4 1703 01 14 18 Appennino reatino 196 11 6.81 4 1703 02 02 11 05 Aquilano 70 10 6.65 F 1805 07 26 21 Molise 223 10 6.57 8 1806 08 26 07 35 Colli Albani 35 8 5.47 4 1829 06 01 09 Colli Albani 25 7 5.17 NF 1857 12 16 21 15 Basilicata 337 11 6.96 4 1873 03 12 20 04 Marche meridionali 196 9 5.88 5 1873 07 12 06 06 Monti della Meta 62 7-8 5.40 2-3 1873 09 17 LIGURIA ORIENTALE 68 6-7 5.52 4 1874 12 06 15 50 Monti della Meta 43 8 5.47 2 1875 03 17 23 51 Romagna sud-orient. 143 8 5.74 3-4 1875 12 06 S.MARCO IN LAMIS 97 8 6.07 5 1876 10 26 14 18 PALESTRINA 29 7 5.03 5 1877 08 16 12 24 ROCCA DI PAPA 15 6 4.63 5 1877 08 24 02 45 Lazio meridionale 54 7 5.29 2 1879 02 23 SERRAVALLE 13 7 5.22 2 1882 06 06 05 40 Monti del Matese 52 8 5.28 4-5 1883 09 02 07 03 FRASCATI 27 5-6 4.63 2 1885 02 26 20 48 SCANDIANO 78 6 5.22 5 1885 04 10 01 44 M. SIMBRUINI 43 D 4.63 NF 1886 01 17 07 10 ALBANO 6 7 5.17 2 1887 02 23 05 21 Liguria occidentale 1515 10 6.29 2 1889 12 08 APRICENA 122 7 5.55 7 1892 01 22 COLLI ALBANI 81 7 5.17 4 1895 11 01 CASTELPORZIANO 98 6-7 4.83 NF 1897 12 18 07 24 Appennino umbro-march. 132 7-8 5.18 4 1898 06 27 23 38 RIETI 186 8 5.48 6 1899 07 19 13 18 Colli Albani 123 7 5.18 NF 1901 04 24 14 20 MONTELIBRETTI 44 8 5.15 3 1901 07 31 10 38 Monti della Meta 76 7 5.29 4 1902 10 23 08 51 REATINO 77 6-7 4.83 4 1904 02 24 15 53 Marsica 56 9 5.67 6 1915 01 13 06 52 AVEZZANO 1040 11 6.99 6 1919 10 22 06 10 ANZIO 142 7 5.53 4 1922 12 29 12 22 SORA 102 7 5.60 4 1927 10 11 14 45 MARSICA 77 7 5.27 6 1927 12 26 15 06 Colli Albani 38 8 5.02 4 1933 09 26 03 33 Maiella 326 9 5.68 3 1950 09 05 04 08 GRAN SASSO 137 8 5.73 2-3 1961 10 31 1 3 37 ANTRODOCO 84 8 5.13

______M6 srl P. 50 Provin cia di Roma - Dip ar time nto V, Serv izio 4 " Geologi co" Cartografia della suscettibilità da frana della Provincia di Roma Territori comunali di Rocca di Papa, Albano Laziale, Ariccia, Nemi, Genzano di Roma, Lanuvio, Anzio, Ardea, Velletri (zona nord) ______

NC 1972 11 26 16 03 MONTEFORTINO 73 8 5.34 NF 1984 04 29 05 02 GUBBIO/VALFABBRICA 709 7 5.68 4-5 1984 05 07 17 49 Appennino abruzzese 912 8 5.93 3-4 1990 05 05 07 21 POTENTINO 1374 7-8 5.84 3-4 1997 09 26 09 40 Appennino umbro-march. 869 9 6.05

Dall’esame di questi diagrammi possono essere tratte le seguenti considerazioni di carattere generale.

- La maggior parte dei sismi registrati con intensità superiore alla soglia del danno nei comuni considerati è concentrata negli ultimi anni del XIX secolo ed i primi del XX, sebbene in alcuni territori comunali siano stati registrati terremoti con elevata intensità anche in anni precedenti.

- Le intensità registrate nella zona dei Colli Albani sono maggiori di quelle registrate nella zona costiera, sia per quanto riguarda terremoti con epicentro nell’area di studio, sia per quanto riguarda la sismicità remota, relativa a terremoti aventi epicentro più lontano, i cui effetti però si sono avvertiti nei territori comunali studiati

______M6 srl P. 51 Provin cia di Roma - Dip ar time nto V, Serv izio 4 " Geologi co" Cartografia della suscettibilità da frana della Provincia di Roma Territori comunali di Rocca di Papa, Albano Laziale, Ariccia, Nemi, Genzano di Roma, Lanuvio, Anzio, Ardea, Velletri (zona nord) ______

11. INDAGINE STORICO-ARCHIVISTICA

11.1. ANALISI STORICA DEI DISSESTI

Lo studio storico-archivistico degli eventi franosi nell’area è stato effettuato attraverso una ricerca, nell’archivio del Servizio Geologico della Provincia di Roma, delle pratiche esistenti relative a dissesti e sondaggi geognostici ubicati all’interno dell’area di studio. I dissesti riconosciuti, i relativi sondaggi geognostici e le relazioni geologiche sono stati censiti, esaminati, catalogati e inseriti in un archivio digitale confluito nello shapefile delle frane presente nello studio e nei file pdf delle relazioni selezionate.

Oltre a questi, sono stati utilizzati nell'analisi quelli esistenti nell'archivio del sit_provRM ("Dissesticatasto_font_point.shp"), opportunamente selezionati per l'area di studio.

Nell'insieme, sono stati acquisiti in totale dall’archivio provinciale 37 dissesti e 9 relazioni di interventi.

Tuttavia, per l'utilizzazione di questi dati per gli scopi dell'indagine storico-archivistica e nella fattispecie della correlazione con gli eventi di piovosità e sismicità, una difficoltà primaria è risultata la scarsità di localizzazione temporale degli eventi. Nonostante l'abbondanza di archivi, da quelli citati sopra, a quelli più generali (IFFI, AVI, SIRDIS, ABT, ABLG), sono veramente molto rare le informazioni riguardo alla data dell'evento, informazioni peraltro essenziali per un'analisi delle cause e delle previsioni.

In conclusione, gli eventi per i quali si è potuto individuare una data certa o presunta e che si sono potuti selezionare per la nostra indagine, sono risultati in tutto 30, riportati nella Tab. 11.1, qui di seguito.

______M6 srl P. 52 Provin cia di Roma - Dip ar time nto V, Serv izio 4 " Geologi co" Cartografia della suscettibilità da frana della Provincia di Roma Territori comunali di Rocca di Papa, Albano Laziale, Ariccia, Nemi, Genzano di Roma, Lanuvio, Anzio, Ardea, Velletri (zona nord) ______

Cod N° Fonte Data ID Fonte Dissesto riferimento Località Evento 1 dissesticatasto_font 9 16/05/1977 S.P. Albano Cecchina Caduta Massi 2 dissesticatasto_font 19 22/06/1989 S.P. Per Ardea Sistemazione Rupe Centro Storico 3 dissesticatasto_font 54 26/11/1981 S.P. Cappuccini In Albano Frana Lato Valle 4 dissesticatasto_font 55 17/09/1984 S.P. Cappuccini In Albano Progetto Sistemazione Frana 5 dissesticatasto_font 56 15/11/1984 S.P. Cappuccini In Albano Lavori Di Costruzione Muro 6 dissesticatasto_font 57 01/04/1985 Cappuccini In Albano Frana Lato Valle 7 dissesticatasto_font 58 10/11/1992 S.P. Cappuccini In Albano Frana A Valle 8 dissesticatasto_font 186 05/05/1984 S.P. Anzio Nettuno Stabilita Parete Rocciosa Lato Valle 9 dissesticatasto_font 191 09/11/1993 S.P. Velletri Nettuno stabilità versante 10 dissesticatasto_font 309 24/01/1984 S.P. Velletri Cori Sistemazione Idraulica 11 dissesticatasto_font 310 19/01/1995 S.P. Velletri Cori Sistemazione Muretto 12 dissesticatasto_font 312 17/12/1987 S.P. Velletri Nettuno Sistemazione Frana 13 dissesticatasto_font 313 17/06/1991 S.P. Velletri Nettuno Giudizio D'achille Progetto Manutenzione 14 dissesticatasto_font 373 20/11/1996 S.P. Ardeatina Straordinaria 15 Progetto AVI 10200286 13/02/2001 Ardea - Centro storico stabilità versante 16 Progetto AVI 6200011 11/10/1992 Nemi - Lago di Nemi colata di detrito Velletri - Lungo la linea ferroviaria Roma- 22/11/1997 17 Progetto AVI 10200437 Velletri stabilità versante Velletri - Lungo la linea ferroviaria Roma- 10/11/1997 18 Progetto AVI 10200433 Velletri stabilità versante Sant'Eurosia - Lungo la linea ferroviaria 07/11/1997 19 Progetto AVI 10200434 Ciampino-Velletri al km 38+190 stabilità versante 20 Progetto AVI 8200067 09/01/1996 Velletri - Via delle Stimmate stabilità versante 21 Progetto AVI 200048 28/02/1984 Velletri stabilità versante 22 Progetto AVI 200092 15/03/1983 Velletri - Via della Torre stabilità versante Velletri - Stazione Sant'Eurosia al km 37 23/01/1973 23 Progetto AVI 200091 sulla linea Roma - Velletri stabilità versante 24 Progetto AVI 2200691 07/07/1967 Velletri complesso 25 Progetto AVI 200165 25/11/1966 Acqua Lucia - Lungo la SS n. 7 Appia scorrimento 26 Progetto AVI 2200731 26/04/1959 Lanuvio scorrimento 27 Progetto AVI 2200753 29/02/1984 Genzano di Roma (Comune di) stabilità versante Genzano di Roma - Lungo la SS n. 7 Appia 18/11/1975 28 Progetto AVI 4200080 al km 31 stabilità versante 29 Progetto AVI 10200345 07/10/2000 Rocca di Papa stabilità versante 30 Progetto AVI 6200012 11/10/1992 Rocca di Papa colata

Tab. 11.1 – Eventi considerati nell'indagine storico-archivistica

11.1. RELAZIONE TRA DISSESTI E PIOVOSITÀ

Allo scopo di verificare la relazione tra i dissesti e la piovosità, è stato fatto un primo confronto tra l'andamento delle piovosità mensili della stazione di Frascati, presa come riferimento per la completezza dei suoi dati, come detto prima, e le date di riferimento degli eventi. Questo rapporto è mostrato dal diagramma di Fig. 11.1, nel quale si può notare come una certa corrispondenza esista, ma non è sempre verificata. Riteniamo, tuttavia, che questa scarsa corrispondenza sia dovuta più alla povertà dei dati disponibili, che non ad una situazione reale.

______M6 srl P. 53 Provin cia di Roma - Dip ar time nto V, Serv izio 4 " Geologi co" Cartografia della suscettibilità da frana della Provincia di Roma Territori comunali di Rocca di Papa, Albano Laziale, Ariccia, Nemi, Genzano di Roma, Lanuvio, Anzio, Ardea, Velletri (zona nord) ______

Relazione tra dissesti e piovosità

450

400 350

300 250 P mensile (mm) 200 Dissesti

150 100

50 0

gen-80 gen-82 gen-84 gen-86 gen-88 gen-90 gen-92 gen-94 gen-96 gen-98 gen-00 gen-02 gen-04 gen-06 gen-08 gen-10 gen-12

Fig. 11.1 – Relazione tra piovosità mensile ed eventi franosi nell'area di studio.

Si nota infatti che:

- in generale esiste una discreta correlazione tra data riferita di innesco degli eventi franosi e piovosità - in quasi tutti i casi la piovosità mensile risulta maggiore di 150 m ed in alcuni casi anche di 200 e 250 mm, che sono sicuramente valori abbastanza elevati per la zona di studio, pari a un quarto-un quinto della piovosità annuale media - si può ragionevolmente ipotizzare che nell’80-90 % dei casi il fattore piovosità abbia influito sull’innesco dei fenomeni presi in considerazione

Per approfondire lo studio di correlazione tra i dissesti e e la piovosità, allo scopo di avere un dettaglio maggiore, sono stati analizzati i dati giornalieri di piovosità ed inoltre ricostruiti i grafici cumulativi di piovosità per gli intervalli di tempo che precedono la frana di 5, 10, 20 e 40 giorni; si è cercato così di individuare se esistono soglie di piovosità locali e quale sia la distribuzione temporale che maggiormente innesca i fenomeni franosi nell’area.

I risultati di questa elaborazione sono riassunti nel grafico di Fig. 11.2.

Andamento delle precipitazioni 5, 10, 20, 40 gg prima di ogni dissesto 400 350 300 250 5 gg 200 mm 10 gg 150 20 gg 100 40 gg 50 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30

n° identificativo dissesto

Fig. 11.2 – Andamento della piovosità nel periodo precedente i dissesti.

______M6 srl P. 54 Provin cia di Roma - Dip ar time nto V, Serv izio 4 " Geologi co" Cartografia della suscettibilità da frana della Provincia di Roma Territori comunali di Rocca di Papa, Albano Laziale, Ariccia, Nemi, Genzano di Roma, Lanuvio, Anzio, Ardea, Velletri (zona nord) ______

Di seguito è riportato il dettaglio dei dati di piovosità riportati in Fig. 11.2. L’ID dei dissesti è riferito a quello di tabella 11.1. Vi sono riportati i valori cumulati per 5, 10, 20 e 40 giorni prima della data riferita dell’evento.

ID 5 gg 10 gg 20 gg 40 gg 1 0.3 10.9 10.9 39.8 2 4 7 21.4 43.8 3 1.9 5.4 5.4 74.6 4 20 20 33.4 95.3 5 5.1 21.4 26 53.4 6 0 3 72.4 127.1 7 0 19.4 34 245 8 4 4 16 109.3 9 57.5 73.8 177.6 188.9 10 64.2 64.2 95.4 208.6 11 0 0 7.2 83.4 12 32.5 41.8 100.3 181.8 13 0 7.2 7.2 20.8 14 37 37 37 139.5 15 3.2 3.8 85 176.6 16 31.6 129.8 160.4 160.4 17 10.6 24.4 156.6 235.8 18 116.6 120.2 178.2 257.4 19 5 42 66.2 145.4 20 43.4 108.4 133 214.8 21 195 206.7 209.5 350.8 22 0 0 10 187.9 23 44 62.1 66.7 109 24 0 0 0.2 18.2 25 87.9 94.1 154.3 359.6 26 9.5 10.1 10.9 11.1 27 106 154.5 154.5 293.4 28 59.7 90.6 90.6 283.6 29 6.6 42.8 43 62.2 30 31.6 129.8 160.4 160.4

Tab. 11.2 – Valori di piovosità nei 5, 10, 20, 40 giorni precedenti la data di innesco dei dissesti

Come si può notare, per 6 eventi nei 40 giorni precedenti si hanno precipitazioni considerevoli, prossime o superiori a 250 mm ed in un paio di casi superiori a 350 mm. Il picco maggiore è quello del dissesto 25, occorso nel novembre del 1966, periodo che ha causato in tutta Italia frane e dissesti, oltre che eventi alluvionali considerevoli. Analizzando anche il periodo breve di 5 giorni prima dei dissesti, si può notare che in alcuni casi vi sono stati eventi meteorici con piovosità piuttosto elevata, come nel caso del n. 21 e del n. 18, con valori cumulati anche ben superiori a 100 mm.

Qualora si disponesse di datazioni degli eventi più precise e circostanziate, si potrebbe procedere ad analisi anche più approfondite, che potrebbero essere utilizzate poi ai fini di una pianificazione efficace in termini di previsione e prevenzione dei dissesti e dei rischi di carattere idrogeologico, sia a scala locale che di area più vasta. E’ opportuno quindi che qualunque organismo sia preposto alla raccolta dei dati e alla catalogazione dei fenomeni di dissesto gravitativo, specialmente se in vista di un'analisi della suscettibilità e del rischio in prospettiva, proceda in maniera precisa e sistematica all’archiviazione della datazione degli eventi censiti.

______M6 srl P. 55 Provin cia di Roma - Dip ar time nto V, Serv izio 4 " Geologi co" Cartografia della suscettibilità da frana della Provincia di Roma Territori comunali di Rocca di Papa, Albano Laziale, Ariccia, Nemi, Genzano di Roma, Lanuvio, Anzio, Ardea, Velletri (zona nord) ______

11.2. RELAZIONE TRA DISSESTI E SISMICITÀ

Se per un’analisi efficace della correlazione tra piovosità e dissesti vi è la necessità di datazioni precise per il momento dell’innesco degli eventi, tale considerazione vale ancora di più per la correlazione tra dissesti e attività sismica. Sono stati quindi analizzati i dati raccolti sulla simicità della zona di studio, esposti nel precedente capitolo 10, e si è cercato di verificare se era possibile riscontrare una connessione tra gli eventi franosi censiti e i dati disponibili sui terremoti avvenuti nell’area, o comunque in corrispondenza dei quali si fossero rilevate intensità considerevoli nei territori comunali indagati.

Dai dati disponibili sui risentimenti nei singoli comuni , relativamente a terremoti sia locali che esterni, si può osservare che le intensità massime, osservate o presunte, variano notevolmente a seconda dei casi e di conseguenza variano anche le frequenze con cui i comuni stessi sono stati interessati da terremoti;

Evento Sisma Ambiente Area Tipol Numero Località Data fisiografic Nord Est epicentral N ogia Anno Me Gi Or Comune o Is Mi e p Ix Mw Albano Laziale 29/12/192 2200763 Collina Albano (Comune 7 46225 30548 1927 12 26 15 Colli 3 Laziale di) 19 8 crollo 6 06 Albani 8 8 5.02 Nemi 29/12/192 2200763 (Comune Collina 46225 30548 1927 12 26 15 Colli 3 7 Nemi di) 19 8 crollo 8 06 Albani 8 8 5.02 Velletri 29/12/192 2200763 (Comune Collina 46225 30548 1927 12 26 15 Colli 3 7 Velletri di) 19 8 crollo 6 06 Albani 8 8 5.02

Dal punto di vista delle relazioni tra eventi sismici e innesco dei fenomeni franosi, gli unici dati in cui è possibile ipotizzare una connessione sono quelli relativi al terremoto del 26 dicembre del 1927, messo in correlazione con gli eventi del 29/12/1927, tre giorni dopo, tutti fenomeni di crollo, verificatisi ad Albano Laziale, Nemi e Velletri. La data di riferimento per i fenomeni franosi citati è possibile che si riferisca, come spesso succedeva all’epoca, alla data di rilevamento dei danni, di conseguenza, dato anche il tipo di fenomeno, a crolli innescatisi in seguito alla scossa registrata con epicentro proprio nella zona dei Colli Albani. In tutti gli altri casi non è stato possibile stabilire connessioni temporali, attribuendo a determinati eventi sismici l’innesco dei fenomeni franosi censiti.

La correlazione tra fenomeni franosi di crollo e ed eventi sismici è sicuramente la più frequentemente verificata, in quanto le scosse spesso favoriscono la mobilizzazione di diedri di roccia instabili, in cui soprattutto per le condizioni di fratturazione si vengono a creare le condizioni favorevoli al distacco, in particolare se la pendenza del versante è maggiore di 70-80°. In misura minore si ha correlazione tra fenomeni di scivolamento, traslativo o rotazionale, ed eventi simici, anche se in letteratura esistono diversi riferimenti a casi in cui, magari in concomitanza con condizioni predisponenti particolarmente gravose, come in corrispondenza di eventi piovosi intensi, sono stati registrati casi in cui è stato possibile attribuire una connessione certa fra scuotimento e innesco di simili fenomeni.

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12. CONCLUSIONI

Lo studio condotto su incarico del Servizio Geologico della Provincia di Roma aveva lo scopo di arrivare a definire la suscettibilità ai fenomeni franosi dell'area studiata. Il progetto fa seguito a progetti analoghi realizzati negli anni passati su aree adiacenti, verso Est, dal Dipartimento di Scienze Geologiche dell'Università Roma Tre e dall’ATI GEOMAP-AGRISTUDIO e dovrebbe essere seguito da progetti futuri che permettano di costruire una cartografia di suscettibilità per tutto il territorio provinciale.

Il lavoro svolto è consistito nella produzione di una serie di documenti di base dai dati originali: − Carta geologica, alla scala 1:10.000, conforme alle norme CARG, - Modello altimetrico digitale (DEM) partendo dai dati disponibili delle curve di livello

e di una serie di documenti ed elaborazioni derivate: − Carta litotecnica, − Layer frane − Layer dei punti stabili, − Carta delle coperture, I dati raccolti ed elaborati sono stati utilizzati poi per la definizione della carta della suscettibilità da frana dell’area studiata.

Sono stati inoltre assemblati dati d'archivio, da varie fonti, in particolare dal servizio SIT e dal sito della Provincia di Roma (già in gran parte raccolti per il progetto pilota precedente), dai siti di Regione Lazio, Autorità di Bacino, INGV e APAT, CNR-Progetto AVI.

La metodologia adottata per l'elaborazione dei dati in funzione della creazione dei layer di suscettibilità, è quella messa a punto per il progetto pilota dal Dipartimento di Scienze Geologiche dell'Università Roma Tre, con gli adattamenti che sono risultati opportuni per le

caratteristiche dell'area studiata. A proposito della metodologia, si deve osservare che i fattori che entrano nelle elaborazioni, derivano da un'analisi delle occorrenze dei fenomeni di dissesto rilevati nell'area studiata, rispetto ai parametri discriminanti e predisponenti e quindi dipendono dalle condizioni geologiche, geomorfologiche e di copertura del suolo dell'area stessa. Ciò significa che, sia gli indici che i pesi dei parametri che entrano nella valutazione, sono influenzati dalle predette condizioni e questo limita la confrontabilità di aree vicine ma studiate separatamente, in quanto i parametri su cui si basa l'analisi di suscettibilità hanno valori diversi.

La Carta di suscettibilità ai fenomeni franosi, che rappresenta il prodotto principale del progetto, è in realtà costituita da sette layer, ciascuno corrispondente ad una tipologia di dissesto: crollo, scorrimento rotazionale, scorrimento traslazionale, colata lenta, colata rapida e soliflusso, a cui è stata aggiunta la settima classe, relativa alle frane complesse . All'interno di ciascun layer, la propensione del territorio a favorire l’innesco di una determinata tipologia di fenomeno franoso è divisa in 5 classi: nulla , bassa, media , elevata e molto elevata .

Questi layer, prodotti a un livello di dettaglio corrispondente alla scala 1:10.000 degli strati informativi, forniscono indicazioni attendibili sulla distribuzione della suscettibilità al livello del territorio ma non possono essere utilizzati per interventi alla scala di sito localizzato. Per questi, infatti, devono essere condotte indagini puntuali in maniera tale da individuare le opere più appropriate, in funzione delle condizioni locali di pericolosità e della vulnerabilità dei beni da proteggere. Più in particolare, le analisi devono prevedere l’identificazione delle cause della franosità locale sulla base di rilevamenti di dettaglio di ordine geologico, geomorfologico, litotecnico, idrogeologico (es. grado di fratturazione degli ammassi rocciosi, caratterizzazione puntuale degli assetti giaciturali, caratteristiche geotecniche delle coperture e del substrato,

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individuazione della presenza e delle caratteristiche di falde acquifere sospese e/o in pressione ecc.) integrate da opportune analisi di laboratorio.

12.1. Analisi dei risultati e indicazioni in prospettiva di pianificazione territoriale

I risultati ottenuti sono sintetizzati nell tavole 3a-3g per le suscettibilità alle singole tipologie di fenomeno franoso, e nella tavola 3h per la suscettibilità totale cumulata. Come è possibile notare dalla tavola 3h (suscettibilità totale) i comuni in cui si concentrano i valori di suscettibilità più elevata sono quelli appartenenti al complesso vulcanico dei Colli Albani. Nella fattispecie il comune in cui il rapporto tra superficie a suscettibilità elevata e suuperficie comunale è più elevato è il comune di Nemi, in cui si ha la quasi totalità del territorio suscettibile di frana, seguito da Rocca di Papa e Velletri (per la parte settentrionale studiata). Presenta inoltre una suscettibilità elevata anche il Comune di Albano Laziale, per la parte nordorientale in adiacenza al lago. Il grado di suscettibilità più rappresentato dal punto di vista areale è il grado medio (in giallo nelle tavole). Esistono poi zone in cui la distribuzione areale della suscettibilità risulta molto sfrangiata, su valori medi e bassi, in corrispondenza delle valli che scendono dal complesso vulcanico dei Colli Albani, lungo le quali vi sono aree anche piuttosto estese, in cui tuttavia la somma delle caratteristiche di fattori predisponenti dà luogo a suscettibilità diffusa. Scendendo nei particolari relativi alla suscettibilità per le singole tipologie di fenomeni, le zone più suscettibili ai crolli sono quelle molto acclivi che circondano, in particolare nel versante interno, i crateri di Albano, Nemi e Ariccia, ed inoltre intorno a Rocca di Papa. Per quanto riguarda gli scorrimenti oltre alle zone acclivi intorno ai laghi, si hanno diverse aree a suscettibilità elevata sui versanti delle valli che scendono a raggiera dal litosoma vulcanico. La distribuzione della suscettibilità ai fenomeni di soliflusso è abbastanza rappresentata in tutti i territori comunali, in particolar modo nelle zone con detrito o con litologie lapidee ma alterate e fratturate.

Ciò premesso e facendo riferimento alla scala del lavoro, si può considerare che le diverse classi di suscettibilità forniscano le seguenti in indicazioni, riguardo al modo di intervenire sul territorio.

Aree a suscettibilità molto elevatI risultati ottenuti sono sintetizzati nelle tavole a • In queste aree sono fortemente sconsigliate: − la realizzazione di nuove opere progettuali (edifici, strade ecc.); − la fruizione naturalistica, culturale, educativa e ricreativa (nel caso di fenomeni franosi rapidi); • al loro interno sono raccomandati: − interventi di demolizione senza ricostruzione; − interventi volti a ridurre la vulnerabilità degli edifici esistenti ed a migliorare la tutela della pubblica incolumità, senza cambiamenti di destinazione d’uso che comportino aumento del carico urbanistico; − interventi di bonifica e di sistemazione dei movimenti franosi.

Aree a suscettibilità elevata • In queste aree sono sconsigliate: − la realizzazione di nuove opere progettuali fatta esclusione per quelle di rilevante importanza socio-economica e previa approfondite indagini geologiche, geomorfologiche e geotecniche alla scala locale; − la fruizione naturalistica, culturale, educativa e ricreativa (nel caso di fenomeni franosi rapidi);

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• al loro interno sono raccomandati: − interventi di demolizione senza ricostruzione, fatta eccezione per le opere di rilevante importanza socio-economica di cui sopra; − interventi volti a ridurre la vulnerabilità degli edifici esistenti ed a migliorare la tutela della pubblica incolumità; − interventi di bonifica e di sistemazione dei movimenti franosi.

Aree a suscettibilità media e bassa • In queste aree la realizzazione di nuove opere progettuali (edifici, strade ecc.) è possibile ma dovrebbe essere comunque preceduta da una analisi geologico-geomorfologica preliminare a scala di grande dettaglio, seguita ove necessario da indagini geognostiche e geotecniche che dovessero risultare necessarie

Aree a suscettibilità nulla • L’uso di queste aree non è soggetto a particolari limitazioni, almeno con riferimento al possibile impatto di fenomeni franosi. Fanno eccezione le strette fasce al piede di versanti ripidi e scarpate raggiungibili dai materiali mobilitati da frane ad evoluzione rapida (crolli e colate di detrito).

Riguardo agli eventuali interventi volti a ridurre i livelli di rischio rispetto agli elementi esposti, si possono considerare due categorie di situazioni.

1. Fenomeni a rapida evoluzione (crolli e colate rapide). Dall’analisi a scala 1:10.000 il rischio relativo ai crolli è elevato sia in corrispondenza della rete viaria (a causa della frequente presenza di tagli artificiali), che in corrispondenza dei principali contatti tettonici, specialmente in prossimità dei centri abitati. Le opere di mitigazione in questo caso devono essere di tipo strutturale (reti paramassi, tiranti ecc.).

Nel caso delle colate di detrito, le opere di mitigazione vanno finalizzate al miglioramento del fattore di sicurezza del versante attraverso l'incremento della resistenza al taglio dei terreni e la diminuzione degli sforzi. Particolarmente raccomandate sono la regimazione delle acque di ruscellamento superficiale e le opere di ingegneria naturalistica comprendenti tra l’altro l’impianto di specie arbustive capaci di ridurre l’infiltrazione superficiale e di consolidare il suolo.

2. Fenomeni a lenta evoluzione (scorrimenti rotazionali, scorrimenti traslativi, colate lente, so- liflusso). Anche in questo caso sono raccomandabili gli interventi di regimazione delle acque su- perficiali e le opere di ingegneria naturalistica. Qualora dagli studi di dettaglio emergano condi- zioni d'instabilità per cui questi ultimi interventi risultino inadeguati (come ad esempio nel caso di piani di scorrimento profondi che determinino scenari di rischio potenziale su insediamenti e infrastrutture esistenti e di progetto), potrà essere necessario impiegare tecniche di consolida- mento convenzionali, previa analisi di impatto ambientale.

É stata poi effettuata un'indagine storico-archivistica con lo scopo di individuare le eventuali relazioni esistenti tra i fenomeni di dissesto ed i fattori d'innesco, segnatamente la piovosità e la sismicità e definire le curve di risposta del terreno che permettano di stimare le probabilità del verificarsi di un dissesto al verificarsi di certe condizioni.

In realtà, questo tipo d'indagine ha dato scarsi risultati, soprattutto per la scarsità di localizzazione temporale degli eventi. Nonostante l'abbondanza di archivi, da quelli provinciali, a quelli regionali (IFFI, SIRDIS, ABT, ABLG), sono risultate veramente molto rare le informazioni riguardo alla data degli eventi, informazioni peraltro essenziali per un'analisi

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delle cause e delle previsioni.

Per quanto riguarda la piovosità, alcune correlazioni sono state individuate in maniera abbastanza probabile (vedi capitolo precedente), tra eventi meteorici piuttosto intensi e il conseguente innesco delle frane censite, laddove si disponeva di datazioni abbastanza precise: l’analisi dell’andamento delle pioggie cumulate negli intervalli di giorni precedenti (5,10, 20 e 40), ha permesso di stabilire una correlazione abbastanza evidente, anche se bisogna riconoscere che dati più precisi sulla datazione di innesco e eventuali registrazioni di piovosità su stazioni meteo più vicine potrebbero aumentare notevolmente il grado di certezza nella definizione dei rapporti tra mm di pioggia e mobilizzazione dei dissesti. Per quanto riguarda la correlazione tra eventi sismici e innesco di fenomeni franosi, l’analisi ha portato all’individuazione di un solo evento sismico che si possa correlare con l’innesco degli eventi franosi censiti. Se da un lato la registrazione della data e dell’ora degli eventi sismici storicamente viene archiviata in maniera abbastanza precisa, in particolar modo nelle ultime decine di anni, così non è per la registrazione degli eventi franosi; ne consegue che su questa area di studio bisognerebbe disporre di dati molto più precisi sulla data e l’ora dell’innesco dei fenomeni franosi per avere risultati soddisfacenti in tal senso.

Teniamo a ripetere qui una conclusione importante che scaturisce da questo studio, e cioè che qualunque organismo sia preposto alla raccolta dei dati e alla catalogazione dei fenomeni di dissesto gravitativo, specialmente se in vista di un'analisi della suscettibilità e del rischio in prospettiva, non può prescindere da un dato essenziale, rappresentato dalla datazione, la più precisa possibile, dell'evento censito.

Dott. Geol. Roberto CAVAZZANA Dott. Geol. Pietro SEMENZA

13. BIBLIOGRAFIA

Riferimenti bibliografici esaurienti sono presenti nella Relazione Finale del progetto pilota rea- lizzato dal Dipartimento di Geologia dell'Università Roma Tre, alla quale si rimanda.

In questo capitolo, riportiamo quindi, qui di seguito, solo i riferimenti che sono utilizzati in questa relazione. Abu Zeid N., Mazzini E., Turrini M.C., Semenza P. (1994) Applicazione di un metodo cartografico-numerico al bacino dell’Alpago (BL) per la zonazione della pericolosità potenziale da frana. Geologia Tecnica e Ambientale, n. 3, pp. 45-55.

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______M6 srl P. 60 Provin cia di Roma - Dip ar time nto V, Serv izio 4 " Geologi co" Cartografia della suscettibilità da frana della Provincia di Roma Territori comunali di Rocca di Papa, Albano Laziale, Ariccia, Nemi, Genzano di Roma, Lanuvio, Anzio, Ardea, Velletri (zona nord) ______

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