Carlo Ed Amedeo Di Castellamonte
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26 ATTI DELLA SOCIETÀ DEGLI INGEGNERI E DEGLI ARCHITETTI IN TORINO ATTI DELLA SOCIETÀ DEGLI INGEGNERI E DEGLI ARCHITETTI IN TORINO 27 metodico nelle sue abitudini; lindo, corretto nel già annunziata, di un'opera d'arte, che a torto vestire; di modi ugualmente affabili, cortesi con pretendevasi essere offensiva per la Persona Di- tutti; compiacente, conciliante, indulgente, benefico; vina dalla quale si intitolava. senza ostentazione. GLI ARCHITETTI Amante delle belle arti, si compiaceva circon- darsi di quadri di pregio; frequentava, anche nei suoi ultimi tempi, i teatri ed i concerti. Compro- Organismo sano, robusto, perfettamente equili- prietario del teatro Alfieri e per qualche tempo brato, Barnaba Panizza sopportò con ammirevole CARLO ED AMEDEO DI CASTELLAMONTE amministratore del Carignano, ebbe più volte oc- forza d'animo (che poteva fors'anche parere in-: E LO casione di provare, con sacrifizi personali, come differenza a chi di quell'animo non conoscesse la Egli non speculasse sull'arte, ma ne proteggesse gentilezza) le avversità della sorte, che gli rapi- i cultori. rono l'un dopo l'altro, quasi tutti i suoi cari; e SVILUPPO EDILIZIO DI TORINO NEL SECOLO XVII Il suo conversare era piacevole ed istruttivo; prima l'unico figlio maschio nella fiorente età di il suo modo di esprimersi semplice, piano, cor- 19 anni, poi la consorte nel 1868, indi le tre figlie retto, chiarissimo tanto nel parlare che nello scri- più giovani, ed i mariti di queste (tra i quali due vere; ed i suoi scritti avevano poi anche il pregio nostri colìeghi, Edoardo Pecco e Pietro Carrera); materiale, non comune, di essere vergati con belli tantochè Egli, già più che ottuagenario, si trovò MEMORIA e nitidi caratteri, che non variarono punto dai nella condizione di dover attendere all'amministra- letta la sera del 25 Gennaio 1895 dal Socio Ing. CAMILLO BOGGIO giorni della sua giovinezza. zione di tre famiglie ad all'educazione di nove mino- renni, che lo ebbero tutore o protutore di nome, secondo padre di fatto. (Con 11 figure). Ed Egli accettò con animo sereno questo nuovo Nato e cresciuto in un tempo, nel quale il sen- compito, e vi adempì fino all'ultimo, senza nulla timento religioso era ancor fortemente radicato in perdere della sua abituale calma di spirito, senza I. si consolidavano, i nobili, all'ombra della corte, tutte le classi, Egli si mantenne sempre fermo che mai gli si potesse leggere in volto, o intravve- acquistavano forza. Divenuti potenti sentirono il credente e rigido osservatore delle pratiche isti- dere negli atti, alcun segno delle interne non Torino, causa le calamità che afflissero per tanti bisogno d'imporre alle masse il concetto della tuite in onore della Divinità. poco fastidiose preoccupazioni, neppur quando i secoli le nostre contrade, poco avvertì quel soffio loro grandezza: quindi il meraviglioso, lo splen- Ma, pur rimanendo fedele a questo altissimo suoi interessi e quelli dei suoi pupilli trovaronsi potente di vita artistica e di rinnovamento ar- dore delle decorazioni, la stranezza degli ardi- obiettivo, seguì i progressi dei tempi nuovi, e nei impigliati nelle conseguenze di quella terribile chitettonico, che nel Rinascimento le aleggiava menti, tutto fu messo in opera a glorificazione rapporti civili fu di sensi liberali ed amante di crisi finanziaria, di cui furono vittime in Torino d'intorno. della chiesa trionfante e per far spiccare la ma- ogni provvida, matura innovazione; ma indipen- tante famiglie. Emanuele Filiberto, riacquistato l'avito dominio, gnificenza dei signori e dei re. dente dalle influenze di partito, schivo dalle lotte Nel cospetto di tanta costanza ed imperturba- chiamò bensì le arti e le scienze ad ingentilire i Ora, siccome nessun' arte come 1' architettura politiche. bilità d'animo, tornavano spontanei alla mente i suoi grandi concetti politici, ma dell'architettura può rendere un'esatta immagine del pensiero fon- Della sua indipendenza e fermezza di carattere versi di Orazio: dei suoi tempi poco o nulla rimase. Le opere di damentale di un'epoca, così il fasto ed il lusso do- diè ancora prova recentemente, quando, or son Lodovico De-Molini, di Pellegrino Tibaldi, quelle vevano riflettersi in un nuovo stile architettonico, pochi mesi, e già presentendo la sua prossima « Iustum et tenacem propositi virum, che voglionsi progettate dal Palladio, gli stessi e sorse lo stile barocco che caratterizza queste fine, Ei seppe resistere alle pressioni, che gli ven- » lavori d'architettura militare di Francesco Paciotto note salienti del seicento. nero fatte per indurlo ad impedire, col suo veto di » si fractus illabatur orbis, e di maestro Vittonetto o furono distrutte o de- Quei meravigliosi ingegni del Borromini e del proprietario del teatro Alfieri, la rappresentazione, » impavidum ferient ruinae ». vastate dai restauri posteriori. Il duomo, sola co- Bernini, sulle traccie di Michelangelo, furono i struzione che rimanga del cinquecento è così poca primi a tentarlo e la celebrità che questi due ar- cosa a confronto dei tanti e mirabili edifizi sôrti chitetti acquistaronsi in breve con la nuova ma- nelle altre città dell'Italia settentrionale e centrale, niera, loro trasse dietro una legione di scuolari e che non pare esagerazione l'affermare che Torino di seguaci, i quali, subita l'influenza delle nuove restò medioevale sino al seicento. tendenze, le abbracciarono con ardore e concor- L'èra nuova per l'architettura piemontese co- sero a portarle all'ultima loro espressione, ponendo mincia solo al tempo di Carlo Emanuele I. Sotto in non cale e manomettendo le stesse costruzioni il suo regno Torino prese quello speciale carattere romane antiche sulle quali avevano studiato e edilizio che si mantenne fino a quando tramontò, disprezzando tutta l'architettura medioevale che coll'impero francese, l'arte fantastica, bizzarra, chiamarono barbara. audace, per dar luogo alla scuola severa, inaugu- E così, quando Carlo Emanuele I iniziò in To- ratasi a Roma, dell'esclusiva adorazione delle tra- rino i primi sventramenti ed i primi ingrandi- dizioni italo-greche. menti, tanto già era diffuso questo nuovo stile; Quando Carlo Emanuele salì al trono, tanto in che gli architetti del suo tempo non seppero al- arte quanto in letteratura già era sôrto lo spirito trimenti concepire alcuna nuova costruzione nella di novità ; letterati ed artisti volevano battere trasformazione e nell'ampliamento di Torino che una via che non fosse ancora stata da nessuno non fosse barocca. calcata. Roma papale usciva vittoriosa dalla for- Gli architetti piemontesi però giacciono quasi midabile lotta col protestantesimo, le monarchie ignorati. Nè recherà meraviglia quando si pensi 28 ATTI DELLA SOCIETÀ DEGLI INGEGNERI E DEGLI ARCHITETTI IN TORINO ATTI DELLA SOCIETÀ DEGLI INGEGNERI E DEGLI ARCHITETTI IN TORINO 29 che per barocco si ritenne per molto tempo una tetti di corte, col concorso della munificenza so- di Stato di Torino trovasi una lettera in data » per suo ordinario trattenimento e per dargli cosa mal fatta, sì che il Milizia la chiamava arte vrana, col denaro della nobiltà e del clero, fecero da Roma 25 ottobre 1575, di Latino Orsino (1), » più comodità d'attendere alle cose del disegno da pazzarelli ed il Ticozzi compiangeva le città sorgere delle costruzioni abbastanza importanti il quale, scrivendo ad Emanuele Filiberto, dice che » alle quali si va applicando». Al qual fine il che ebbero piuttosto la sventura che la sorte di nei nuovi isolati dei primi ingrandimenti di To- ebbe nuova dal conte Carlo Castellamonte della Duca ordinò « di assentarlo o porlo sopra il libro avere edifizi dell' immaginazione del Guarini. rino da essi progettati: cooperarono a rendere restituzione fatta al duca delle fortezze d'Asti e » o sia rollo di detti arcieri per detta somma Ond'è che le storie dell'architettura in generale, fortificato il Piemonte contro le nemiche aggres- Santhià, e se ne rallegra. » di scudi 18 ogni mese quali vogliamo essergli quando arrivano al seicento, terminano tutte con sioni e frammezzo ai maggiori lavori trovarono Parrebbe quindi che a quel tempo fosse a Roma » pagati ogni quartiere seben la compagnia non pochissimi cenni sul Guarini, sul Juvara e su ancora tempo ad apprestare scene ed apparecchi a perfezionarsi nell'arte sua, completando le co- » fosse pagata, discaricandolo d'apportare arme qualchedun altro per l'Italia, e su Mansart, Me- per funerali, giostre, rappresentazioni e balletti, gnizioni matematiche che forse aveva incominciato » nè cavalli alla mostra che si farà di detti ar- tezau, Debrosse, Lemercier, Holl e Wren per l'e- di cui si allietava la corte dei Duchi di Savoia ad apprendere in Torino da Francesco Ottonaio, » cieri » (1). stero. quando taceva il suono dell'armi. fiorentino, figlio del poeta Giambattista, già pro- Quantunque agli stipendi del Duca, egli lavo- Eppure il barocco dovrebbe avere la sua storia. Non presento due sommi maestri, ma due ar- fessore allo studio pisano e chiamato nel 1563 rava tuttavia per conto proprio, poiché, come ve- Se ha servito al fasto della sua epoca, è pure lo stile tisti originali. Ispirati ai grandi capolavori ar- ad insegnare matematica ed astronomia prima a dremo, fu nel 1604 dai Disciplinanti di S. Rocco che più d'ogni altro ha richiesto immaginazione chitettonici, non produssero nelle loro opere una Mondovì, poi a Torino. Ottonaio era ancora pro- incaricato della costruzione del loro oratorio (2). negli artisti, creato difficoltà statiche e che meglio accozzaglia di elementi qua e là ricavati e più o fessore nel 1586, e cedette poi il posto a Giambat- Applicavasi eziandio alle opere di fortificazioni, è riuscito a fondere fra loro negli edifizi archi- meno bene insieme collegati. Le loro creazioni tista Benedetti, che fu considerato come il precur- giacchè nel 1610, con Carlo Vanello e Guiserandi tettura, scultura e pittura, facendole concorrere ad furono lavori di getto ed il prodotto della propria sore di Galileo (2). andò a riconoscere le frontiere di Nizza (3).