La Resistenza Dalla Foce Quale Nazione Per Gli Italiani Postmoderni

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La Resistenza Dalla Foce Quale Nazione Per Gli Italiani Postmoderni Giovanni Bianchi, Andrea Rinaldo LA RESISTENZA DALLA FOCE Quale nazione per gli italiani postmoderni Eremo e Metropoli Saggi Nota sul Copyright: Tutti i diritti d’autore e connessi alla presente opera appartengono agli autori Giovanni Bianchi e Andrea Rinaldo L’opera per volontà degli autori e dell’editore è rilasciata nei termini della licenza: Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia. Per leggere una copia della licenza visita il sito web http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/3.0/it/ Progetto grafico e copertina: www.walterferrario.it Giovanni Bianchi, Andrea Rinaldo LA resIsteNzA dalla foCe Quale nazione per gli italiani postmoderni Sesto San Giovanni, aprile 2017 Incertamente la memoria grava Il mucchio del passato, E preciso al suo luogo spietato Con paura e dolore il presente s’incastra. Clemente Rebora, Frammenti Lirici Sommario PrImA PArte CAPItoLo PrImo UN PUNto dI vIstA NAzIoNALe 19 Il cuore di una cosa 19 L’esame di coscienza 20 Il problema 21 La prospettiva europea 22 Un progetto al crepuscolo? 23 Due approcci 25 Come prendere posizione 27 secondo approccio 28 La regia dossettiana 30 Il patriottismo costituzionale 30 La svolta a gomito 32 Credibilità e ampiezza del mito 33 Il piano Marshall e la riconoscenza degli italiani 35 CAPItoLo seCoNdo esIste IN ItALIA IL patrIottIsmo CostItUzIoNALe? 37 Da dove 37 La salvaguardia ambientale nella Costituzione 39 Alex Langer: la faccia notturna della politica 41 Lo spirito costituente 43 Costituzione europea, Trattato e generazione Erasmus 45 I materiali eterogenei di una nazione 48 Lo stigma del familismo amorale 50 La vera anomalia 51 Tra rappresentanza e governabilità 53 Il lascito dell’antifascismo 54 Oltranzismo cattolico 55 Il complesso rapporto della Chiesa con il fascismo 57 Il vecchio sogno teocratico 58 Un quadro condiviso 60 La responsabilità verso la storia 62 Il senso della lezione dossettiana 65 Il referendum del 2006 66 La formazione 68 CAPItoLo terzo IL seNso deLLA memoria 71 Cosa resta 71 Le associazioni che fanno memoria 73 Eroi non si rimane 73 Un mese e uno Stato partigiano 75 Il limite della lotta armata 77 Gli studenti della Rosa Bianca 79 La quotidianità 80 La memoria oltre la memoria 82 L’attualità del “giorno della memoria” 83 La “zona grigia” 84 Cos’è lotta di popolo 86 Resistenza, ovvero la formazione di una nuova coscienza civile 88 Rispondere alle provocazioni 89 Memoria e democrazia 93 CAPItoLo Quarto LA ProvoCAzIoNe deLL’Attualità 95 Schermaglie 95 Il dilemma delle forme del politico 98 L’anniversario del 25 Aprile 99 Un inedito che fare 100 Il compito preliminare 101 CAPItoLo QUINto PArtIgIANI seNzA fUCILe 103 Un interrogativo ineludibile 103 Revisionismi 105 Antitaliani? 107 Una cagionevole identità di ferro… 111 La dialettica delle parti 115 Il nemico comune 117 Antifascismo e Costituzione 120 La nuova spinta del 25 Aprile 122 Le donne 124 CAPItoLo sesto IL moNdo CAttoLICo mILANese e IL CroLLo deL fAsCIsmo 127 “Mondo cattolico” 127 La curia ambrosiana 130 Il potere espresso dall’altezza degli edifici civili e sacri 133 Epopea e quotidianità 135 Un crescente disincanto 139 La cifra di Schuster 142 La cattedra di Milano 146 La classe dirigente 147 L’abate Schuster 151 La tradizione ambrosiana 155 L’esperienza delle “Aquile Randagie” 159 Due versanti 159 CAPItoLo settImo Le dUe mILANo 163 Anche l’hinterland è un mito 163 Il “paradiso” della classe operaia 166 Il dialetto dei giorni feriali 169 Metropolis 171 Morfologia dell’hinterland 172 La propaganda 175 La radio 176 Il rapporto con le tecnologie 179 La fabbrica e l’antifascismo quotidiano 181 Un diario operaio 183 La pesantezza della fabbrica 187 Nella città 189 Il recupero urbano 192 I quartieri 195 La Milano della ricostruzione nei films d’epoca 197 La San Clemente 198 Alcune istituzioni sociali dei milanesi: le Stelline, i Martinitt, il Pio Albergo Trivulzio 201 Un silenzioso contributo 202 CAPItoLo ottAvo L’Attualità dI eNrICo mAtteI NeLL’ItALIA Che CAmbia 205 Il mito 205 L’eccezione Mattei 208 Lo stile 211 Successi e durissimi contrasti 212 Il populismo di Mattei 215 Supercortemaggiore 218 Le energie fossili figlie dell’Italia del boom e del passato 219 Oltre il mito 221 Destino di un carisma 223 Una storia minima ma non minimale 224 seCoNdA PArte CAPItoLo NoNo PArtIgiani 229 Giancarlo Puecher: partigiano e cristiano 229 Mariuccia Carretti e Ferdinando Visco Gilardi 232 Laura Conti 234 Gli italiani coraggiosi di Unterlüss 236 Elvia Bergamasco 238 Ettore Zilli 239 Alfonso Lissi 240 Giuditta Muzzolon 242 Questi erano gli uomini che il nazismo considerava indegni di vivere 243 Don Enrico Mapelli prevosto di Sesto San Giovanni 243 tItoLI dI Coda 247 Mood 247 Kairos 248 Non rimuovere 249 PrImA parte pag 17 pag 18 Capitolo Primo Un punto di vista nazionale Il cuore di una cosa Monsignor Francesco Olgiati, non per tutti in odore di antifascismo, è stato, con padre Agostino Gemelli, uno dei grandi educatori delle masse giovanili cattoliche ambrosiane tra le due guerre. La sua pro- duzione vastissima – che raggiunse edizioni molteplici, assurgendo in allora al ruolo inedito di bestseller – fu ad un tempo documentata, acuta, pedagogicamente militante. Ebbene, quel che raccomandava a se stesso e alla massa dei suoi discepoli l’Olgiati era di non perdersi nei meandri di una erudizione senza bussola, ma di cogliere di una stagione storica, di un testo e di un problema anzitutto il cuore. Il luo- go, il punto di vista cioè, dal quale guardare alle vicende e alle pagi- ne. Credo che un procedimento di tale sorta debba interessare, dopo settant’anni, la ricostruzione di un punto di vista intorno ai fatti e alle interpretazioni della Lotta di Liberazione. Dove l’attenzione non può riguardare esclusivamente l’epopea sulle montagne né tantomeno le molteplici e diversificate interpretazioni dei fatti resistenziali, abbon- dantemente cristallizzate in ideologie, ma il complesso dei “partigiani senza fucile”, e cioè le vaste e diversificate aree degli italiani coinvol- ti, senza i quali la lotta dei partigiani con il fucile non sarebbe stata pensabile. Gli italiani nel loro complesso, nelle diverse gradazioni di pag 19 prossimità e di partecipazione. Quegli italiani tuttora bisognosi di ripensare e rinnovare il proprio profilo nazionale proprio a partire dalla Lotta di Liberazione. Perché un popolo non è un dato etnico, ma una lunga e contrastata costruzione politica, con i suoi testimoni, i maestri e i vati, i miti condivisi, le ragioni permanenti e deperibili di un idem sentire. Ed è saggezza non considerarlo un processo com- piuto una volta per tutte. L’esame di coscienza A tanti anni dai fatti resistenziali non è sufficiente soltanto gettare un “ponte emotivo” tra l’ umanità attuale e quella di chi ha sacrificato la propria giovane vita nel nome di un più alto ideale del vivere insie- me. La memoria dei fatti, delle persone, delle vicende è necessaria, è magari di utilità anche stabilire una sorta di “empatia spirituale”, ma quella libertà di cui oggi disponiamo esige un esame di coscienza sia individuale che collettivo, su come abbiamo raccolto l’eredità che la Resistenza ci ha lasciato. Quella di chi allora ha imbracciato un fucile ed anche l’insegnamento di chi ha soltanto aiutato quei tanti giovani perché prendessero quella strada. Dal gorgo della Storia che inghiotte, digerisce, cristallizza, dobbiamo trarre degli elementi utili per sistematizzare un pensiero condiviso, che sono alla radice della nostra convivenza. L’esame di coscienza in questo caso è in primis un viaggio, una riflessione su se stessi e sul nostro operato, in modo da verificare la coerenza di visione e dei comportamenti con il deposito ideale che i combattenti per la libertà ci hanno trasmesso. Perché nel nostro tempo la crisi economica ed anche quella della politica non minacciano soltanto un’intera generazione di giovani: intaccano dalle fondamenta le ragioni della democrazia. Se si celebrano ogni giorno le “virtù” della ricchezza ad ogni costo, dell’individualismo, dei com- portamenti egoistici, si stravolge oltre che il tessuto sociale anche la memoria della Lotta per la Liberazione. Ne siamo consapevoli? Non fu la Resistenza eminentemente un insieme di gesti altruistici? Che cosa c’è di più grande e generoso che mettere in gioco la propria vita, pag 20 oltre che per se stessi, magari per le generazioni che verranno? Per chi ha una memoria labile, la società potrà anche essere interpretata tathcherianamente come “somma di individui”, ma chi quel “ponte emotivo” è riuscito a costruirlo nella meditata consapevolezza, senti- rà un debito non cancellabile verso quei tanti “partigiani Jonny” che oltre a contribuire a liberare l’Italia, hanno offerto anche una immen- sa lezione morale. Il problema Non dunque il problema della crescita economica è preliminare e neppure la doverosa sortita dalla crisi infinita delle istituzioni repub- blicane. Neppure il ripensamento, altrettanto cogente, di un profilo europeo ed europeista. Il primo problema è ancora quello di d’Aze- glio e di Leopardi. Ma anche di Prezzolini e di Guido Dorso. Non siamo lontani dal giudizio disincantato che il pensatore di Recanati – che in troppi si ostinano a considerare soltanto grandissimo poeta – già emetteva nel 1824: questi italiani mancano di dimensione morale e di classe dirigente. Il resto viene di conseguenza. L’aver dimenticato che anche la Lotta di Liberazione si inscrive comunque dentro il per- corso della difficile creazione di un’identità nazionale su una penisola troppo lunga ha finito per deviarne la prospettiva, per sottovalutarne l’utilità di materiale storico ricostruttivo e per dissiparne l’indispen- sabile magistero politico. In fondo la Lega Nord di Umberto Bossi, il più vecchio oramai dei partiti superstiti, il problema se lo era dovuto porre. Prodotta da un lato dalle rovine di quella che è invalso chia- mare “Prima Repubblica” e dall’altro dall’ansia di aderire ai territori, ancora dialettali (era proprio Prezzolini ad osservare che gli italiani quando si recano all’estero tornano a parlare gli idiomi regionali), intuirà che muoversi in questo popolo e provare a organizzarlo si- gnifica ritrovarne e rinnovarne le radici.
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