Le Motivazioni Della Sentenza
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Svolgimento del processo Nei confronti di Alberto Stasi (in atti generalizzato) veniva richiesto il rinvio a giudizio da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Vigevano con atto datato 31 ottobre 2008. Nella conseguente udienza preliminare, alla presenza dell’imputato, si costituivano in giudizio come parti civili Poggi Giuseppe, Preda Rita e Poggi Marco prossimi congiunti della vittima del reato, Poggi Chiara. Preliminarmente il Tribunale respingeva la richiesta (da parte del pubblico ministero) riunione del presente processo con quello (n. 3038/2007 R.G.N.R.) nel quale vengono contestati ad Alberto Stasi i reati di detenzione e divulgazione di materiale pedopornografico. Le parti depositavano, quindi, diverse memorie tecniche e conseguenti controdeduzioni che il Giudice dell’udienza preliminare ammetteva ai sensi degli artt. 419 e 421 c.p.p. con conseguente concessione di richiesto termine per esame delle suddette produzioni. La difesa dell’imputato formulava, poi, diverse eccezioni processuali aventi carattere preliminare; il pubblico ministero ed il difensore delle parti civili replicavano ad esse: il Giudice decideva con ordinanze lette all’udienza del 17 marzo 2009. Il Giudice dichiarava, poi, l’inizio della discussione: il pubblico ministero esponeva i risultati delle indagini preliminari e gli elementi di prova a fondamento della richiesta di rinvio a giudizio. Al termine della discussione del pubblico ministero, l’imputato personalmente chiedeva di essere giudicato nelle forme del rito abbreviato; le parti civili accettavano il rito abbreviato ai sensi e per gli effetti degli artt. 441 e 75 c.p.p.. Le parti (pubblica e private) svolgevano, dunque, la loro discussione. In forza dell’art. 441 V comma c.p.p., il Giudice con ordinanza datata 30 aprile 2009 disponeva ex officio: un sopralluogo sui luoghi ove si è consumato il delitto, l’audizione di alcuni testimoni e lo svolgimento di quattro accertamenti/valutazioni peritali (tecnico/informatica; medico/legale; chimico/sperimentale; c.d. semi-virtuale). Svolta questa attività processuale, il pubblico ministero ed il difensore delle parti civili sollevavano alcune eccezioni processuali che venivano respinte dal Giudice: veniva, quindi, disposta l’audizione dei periti nel contraddittorio delle parti. Venivano, inoltre, ammesse le memorie tecniche redatte dai consulenti tecnici delle diverse parti sia nell’ambito dell’operazioni peritali sia come osservazioni conclusive ex art. 121 c.p.p.. Le parti procedevano, dunque, ad una nuova discussione finale: il pubblico ministero rinunciava alla repliche che venivano invece svolte dal difensore delle parti civili e dai difensori dell’imputato. Il Giudice, ritiratosi in camera di consiglio, dava pubblica lettura del dispositivo ed indicava in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione. Motivi della decisione Bisogna svolgere una considerazione di fondo. Come emerge da quanto sopra riportato in sede di “svolgimento del processo” l’imputato chiedeva di essere giudicato nelle forme del rito abbreviato semplice: il Tribunale provvedeva ad una complessa ed articolata attività d’integrazione probatoria. Se le specifiche ragioni che hanno indotto all’assunzione ex officio di questi diversi elementi istruttori emergeranno analiticamente dalla trattazione dei diversi argomenti che verranno sotto trattati, in linea generale si possono evidenziare a fondamento di tale consistente applicazione nel caso di specie della norma di cui all’art. 441 V comma c.p.p., da un lato, le plurime e significative criticità del quadro istruttorio portato dinnanzi al Giudice dell’udienza preliminare e, dall’altro, un’articolata attività difensiva di natura (anche) tecnica che si è espletata fino in seno all’udienza preliminare (e quindi poco prima che l’imputato chiedesse di essere giudicato allo stato degli atti, ivi compresi, dunque, quelli ammessi ex art. 421 III comma c.p.p.) introducendo anche argomenti nuovi (come le questioni che vedremo delle caratteristiche e tempistiche di essiccamento del sangue e delle c.d. strategie di evitamento implicito) non adeguatamente trattati ed esaminati dalla controparte pubblica. In presenza di questo quadro lacunoso e sicuramente meritevole di un multidirezionale approfondimento, la strada dell’accertamento dibattimentale era ormai preclusa dalla scelta processuale (divenuta insindacabile ai sensi della riforma di questo rito speciale disposta dalla legge 479/1999) compiuta dall’imputato: tuttavia, in coerenza con un principio dispositivo attenuato ed in previsione di situazioni di questo tipo, il legislatore ha appunto previsto la facoltà che il Giudice possa disporre ex officio una attività d’integrazione probatoria anche complessa ed articolata. La Corte Costituzionale, ripercorrendo l’evoluzione normativa e giurisprudenziale degli ultimi anni in merito al presente rito speciale, ha avallato la ragionevolezza di questo sistema normativo (sentenza n. 115/2001). Del resto, la scelta del legislatore di eliminare la valutazione del giudice sull'ammissibilità del giudizio abbreviato - salvo che nell'ipotesi di cui all'art. 438, comma 5, cod. proc. pen. – si innesca sicuramente nel solco della giurisprudenza costituzionale in materia. Infatti, la Consulta - sul presupposto che, in presenza delle condizioni per addivenire al giudizio abbreviato, all'imputato che ne abbia fatto richiesta deve essere riconosciuto il diritto di ottenere la 2 riduzione di un terzo della pena - dichiarava l'illegittimità costituzionale della disciplina che non prevedeva la motivazione del dissenso del pubblico ministero (sentenze nn. 66 e 183 del 1990, n. 81 del 1991) e il controllo giurisdizionale sull'ordinanza di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato (sentenza n. 23 del 1992): con la conseguenza che in entrambe le ipotesi il giudice del dibattimento, ove ritenesse ingiustificato il dissenso del pubblico ministero, ovvero non fondato il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari aveva dichiarato il procedimento non definibile allo stato degli atti, applicava egli stesso la riduzione di un terzo della pena. Dal canto suo il legislatore, raccogliendo i reiterati inviti ad evitare che permanesse la più volte constatata distonia dell'istituto con i principi costituzionali (sentenza n. 442 del 1994), eliminava sia la valutazione di ammissibilità da parte del giudice (salvo che nell'ipotesi di cui all'art. 438, comma 5, cod. proc. pen.), sia la necessità del consenso del pubblico ministero. Con riferimento ad entrambe le soluzioni, il legislatore ha evidentemente tenuto presenti le considerazioni svolte dalla Corte Costituzionale circa i profili di incostituzionalità derivanti dall'essere il requisito della definibilità allo stato degli atti subordinato alla scelta discrezionale del pubblico ministero di svolgere indagini più o meno approfondite. Di fronte, dunque, ad un diritto insindacabile dell’imputato di chiedere il giudizio abbreviato pure dinnanzi ad un quadro istruttorio non adeguatamente completo e ciò anche in conseguenza delle proprie articolate e meritevoli di adeguato approfondimento controdeduzioni difensive, l’art. 441 V comma c.p.p., in quanto norma di garanzia e di rispetto del principio di ricerca della verità processuale, non determina certo (anche ove il giudice disponga d'ufficio una integrazione probatoria lunga e complessa) l'irragionevolezza complessiva del giudizio abbreviato. Argomenta, infatti, la Corte Costituzionale sul punto che “ove si debbano compiere valutazioni in termini di economia processuale, il nuovo giudizio abbreviato va posto a raffronto con l'ordinario giudizio dibattimentale, e non con il rito esclusivamente e rigorosamente limitato allo stato degli atti previsto dalla precedente disciplina. Movendosi in quest'ottica, non è neppure producente il confronto tra giudizio abbreviato "puro", accompagnato dalla mera eventualità di integrazione probatoria disposta ex officio, e giudizio condizionato dalla richiesta dell'imputato di integrazione probatoria. Si deve infatti tener presente, da un lato, che sarebbe incostituzionale, come in precedenza già ricordato, fare discendere l'impossibilità di accedere al giudizio abbreviato da lacune probatorie non addebitabili all'imputato; dall'altro che nelle situazioni in cui è oggettivamente necessario procedere ad una anche consistente integrazione probatoria, non importa se chiesta dall'imputato o disposta d'ufficio dal giudice, il giudizio abbreviato si traduce sempre e comunque in una considerevole economia processuale rispetto all'assunzione della prova in dibattimento: chiedendo il giudizio abbreviato e rinunciando, conseguentemente, all'istruzione dibattimentale, 3 l'imputato accetta che gli atti assunti nel corso delle indagini preliminari vengano utilizzati come prova e che gli atti oggetto dell'eventuale integrazione probatoria siano acquisiti mediante le forme previste dall'art. 422, commi 2, 3 e 4, cod. proc. pen., espressamente richiamate dall'art. 441, comma 6, cod. proc. pen., così da evitare la più onerosa formazione della prova in dibattimento; infine, presta il consenso ad essere giudicato dal giudice monocratico dell'udienza preliminare. Anche se viene richiesta o disposta una integrazione probatoria, il minor dispendio di tempo e di energie processuali rispetto al procedimento ordinario continua dunque ad essere un carattere essenziale del giudizio abbreviato” (sentenza n. 115/2001). Tutto ciò premesso, deve essere in primo luogo esaminata l’eccezione di merito sollevata dalla