Domenico Guglielmini E La Sua Opera Scientifica
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DOMENICO GUGLIELMINI E LA SUA OPERA SCIENTIFICA Icilio Guareschi ALLA MEMORIA DELL'AMATO ZIO GIOVANNI GUARESCHI CON GRATO ANIMO "L'historien ne peut être vrai qu'en étant juste, il ne peut être juste qu'en étant impartial. Le patriotisme est une partialité, partialité nécessaire et sainte, quand il s'agit de défendre ou de servir son pays, partialité pitoyable et menteuse, quand il s'agit de juger à leur point de vue local et relatif les grands hommes qui, après leur mort, n'ont plus de parti que la posterité" (A. DE LAMARTINE, Portraits et Biographies: William Pitt, pag. 1). INTRODUZIONE Già discorrendo della legge della dilatazione dei gas di Volta, ho chiaramente detto che il far rivivere delle antiche Memorie dimenticate o poco conosciute, o il rivendicare al proprio autore i lavori scientifici erroneamente attribuiti ad altri, è semplicemente giustizia e null'altro; penso e sono convinto che il far ciò sia dovere altissimo, morale; l'agire diversamente sarebbe una forma di indifferentismo che io disprezzo. Col dare a Cesare ciò che è di Cesare è atto doveroso; in questo caso speciale, il riconoscere i meriti di Guglielmini non vuol dire togliere i meriti al Romé de l'Isle ed all'Haüy, ma vuol dire riconoscere come proprie a Guglielmini quelle idee che poi meglio furono svolte dai due grandi mineralogisti e cristallografi francesi, senza ricordare il nostro grande naturalista. Si deve scorgere in Guglielmini il vero precursore di Romé de l'isle e di Haüy. L'opera scientifica di Guglielmini si è prodotta dal 1680 al 1710, cioè essenzialmente alla fine del secolo XVII, quando il metodo sperimentale era in pieno svolgimento, specialmente in Italia. È bene avere almeno un poco di entusiasmo per la scienza, ma non dobbiamo solamente elogiare la scienza moderna. Il dire che all'epoca attuale si può qualificare la scienza non solamente in senso relativo, ma anche assoluto, come meravigliosa, parrebbe quasi che anche in altri tempi non fosse meravigliosa. La meraviglia è più o meno grande secondo il grado di cultura di chi pensa a queste cose. E ai tempi di Franklin, quando questo grand'uomo dimostrava che il fulmine era dovuto all'elettricità, non era questo un fatto meraviglioso? E le scoperte di Lavoisier, di Spallanzani, i metalli alcalini di Davy, la pila di Volta, non erano e non sono cose ancora meravigliose? E non era meravigliosa la scoperta della legge della conservazione dell'energia, e tutte le esperienze sulla termocrosi (Melloni) e la scoperta della spettroscopia, ecc. ecc.? E non sono meravigliose le leggi di Kepler? In ogni tempo, specialmente dopo Galileo, si sono fatte delle scoperte meravigliose; quelle attuali non sono che graduali e continuative conseguenze del metodo sperimentale, che nel vero senso moderno ci fu dato da Galileo, e solamente da Galileo. Già da tempo avevo pensato di esporre in un ampio quadro lo stato della scienza e della coltura scientifica in Italia nel secolo XVII; e non ho ancora abbandonata del tutto questa idea, perchè ho raccolto molto materiale. Però ora voglio qui limitarmi, nel mentre discorro di Guglielmini, di dare un brevissimo cenno sullo stato della scienza e particolarmente della Chimica in quel tempo. Brevi cenni sullo stato della scienza e particolarmente della Chimica ai tempi di Guglielmini. Un quadro completo dello stato delle scienze in Italia nel secolo XVII, che io ho chiamato il secolo del vero rinascimento, ci manca. È doloroso a dirsi, ma ci manca. E ciò indipendentemente da quanto ci ha lasciato il Libri nel vol. IV della sua famosa Storia delle scienze matematiche in Italia sia perchè egli non trattò che della prima metà del secolo, ed anche di questa incompiutamente, sia perchè, nell'opera sua, prese in esame solamente le scienze fisicomatematiche. È assai difficile dire qualche cosa di nuovo intorno al secolo XVII, sul quale tanto si è scritto, e anche a sproposito. Io non ho certo la pretesa di esporre qui delle idee nuove, dei fatti o racconti non conosciuti. A me basta il tentare di dimostrare che il Seicento, nel suo grande complesso, non fu tanto brutto quanto si crede generalmente, e che in fondo in fondo la scienza attuale, non solo in Italia, ma in tutti i paesi del mondo, deriva da questo secolo. I due secoli XVI e XVII stanno scientificamente collegati insieme; formano una meravigliosa continuità. Non si può discorrere dell'uno senza ricordare anche l'altro. Ed invero, ad es.: lo sviluppo delle matematiche in Europa, nel secolo XVII, non è forse preceduto dai grandi matematici italiani del XVI, quali: Niccolò Tartaglia, Cardano, Scipione Ferro, Luigi Ferrari, Benedetti, Maurolico, Raffaele Bombelli? Così fu nelle altre scienze: il grande movimento delle idee promosso dalla scoperta del Nuovo Mondo, dalla Riforma e dai primi Novatori, ha dato una enorme spinta anche alle scienze già al principio del XVI. Gli avvenimenti di soli sei anni, che vanno dal 1492 al 1498, determinarono l'enorme ampliamento geografico con Colombo, e da allora il potere dell'intelligenza, prima racchiuso in limiti ristretti, prese libero volo con le nuove idee sociali, politiche e religiose di Lutero, con l'infinitamente grande dell'Universo di Copernico, col pensiero filosofico di Giordano Bruno, ed infine col metodo e colla nuova fisica sperimentale di Galileo. Chi guardi bene dunque scorgerà che successivamente: Colombo, Lutero, Copernico, Bruno e Galileo aprono e percorrono la grande via della scienza moderna. È un'aurea catena. Si chiude il secolo XVI con due grandi naturalisti: Andrea Cesalpino e Aldrovandi, i cui immensi lavori furono poi tanto utilizzati da altri. E si chiude anche con un altro grande avvenimento: colla morte di colui, che primo accolse con entusiasmo e diffuse gli insegnamenti di Copernico, di colui che ci diede il largo concetto dell'immensità dell'Universo, della natura planetaria delle comete, della filosofia monistica, e che fu abbruciato vivo il 17 febbraio 1600. Giordano Bruno si deve riguardare, ed è bene ripeterlo, come il vero precursore o banditore del pensiero filosofico moderno. La grande simpatia, che noi proviamo per questo uomo, non è tanto per la miseranda e atroce fine a cui fu condannato, quanto perchè le sue idee hanno precorso i secoli, ed ora possiamo dire che tutti noi pensiamo come pensava il grande nolano. Noi sentiamo vivi i suoi dolori, perchè il pensiero suo è parte ora del nostro e con lui ci immedesimiamo. Ma il secolo XVI ci ha lasciato un'altra grande manifestazione utile alla umanità: il De jure belli, libri tres (Lugd. Dat., 1589, e Hanau, 1598) di Alberigo Gentile; libro che preludeva al De jure bellis et pacis ed al Mare liberum di Ugo Grozio, ed infine al Trattato di Westphalia (1648). La reazione cattolica del secolo XVI generò per contraccolpo il Rinascimento del secolo XVII. Il trattato di Westphalia, che chiuse l'êra della guerra prettamente di religione, è vanto di quel secolo; esso fu voluto e conchiuso da un italiano, dal Mazzarino, che governava la Francia. Questo trattato significa che la vittoria rimase al principio di libertà di coscienza, ossia che la vittoria fu del pensiero. Ed è precisamente il pensiero filosofico e scientifico che primeggiava in Italia. L'Italia allora affermò i diritti della scienza contro la prepotente teologia, separò nettamente l'autorità scientifica dalla fede, proclamò altamente il metodo sperimentale, beneficio questo non inferiore a quello della libertà di coscienza promosso da Lutero (G. Bovio). Questo distacco della fede dalla scienza fu subito notato dai grandi pensatori e storici che vennero dopo. L'Accademia del Cimento, fondata nel 1657, è stata la prima associazione che coltivò con vero profitto la scienza. Il famoso motto provando e riprovando è giustamente interpretato dall'Hallam come la regola fondamentale dell'Accademia, nel senso che “si esige come articolo di fede di abiurare ogni fede, e di prendere la risoluzione di ricercare la verità senza preoccuparsi di qualunque setta filosofica„. Relativamente alla scienza dei secoli anteriori, quella del secolo XVII era eminentemente sperimentale. “Nella evoluzione della scienza, scrive Claude Bernard, il periodo d'esperimentazione appare in ultimo; è il periodo scientifico il più elevato, che rappresenta la scienza già adulta„. Se il secolo XVI fu chiamato l'età dell'oro, lo deve essere non tanto per la sublime emanazione artistica, quanto, io dico, per le scienze che vi incominciano il loro trionfale cammino. La corruzione del periodo dell'età dell'oro diede origine alla Riforma, il centro di gravità della cultura si sposta ed è portato oltr'Alpi. La causa? Dovremmo forse incolparne le arti, il cui sviluppo quasi eccessivo ha prodotto anche l'eccessivo godimento materiale? Che sia vero il detto di Shakespeare che la bellezza abbia più potere di trasformare la virtù in vizio, che non ne abbia la virtù di trasformare la deformità in bellezza? In questo secolo l'Italia era senza dubbio in decadenza, e forse si accentuò allora quella emigrazione di molti dei nostri migliori ingegni, la quale tanto crebbe nel secolo successivo. Ma questa decadenza, esagerata da molti scrittori, era essenzialmente letteraria ed artistica, relativamente al secolo precedente. In tutto il resto dello scibile fu un secolo di reale progresso. Non avevamo più, è vero, i grandi letterati ed artisti, ma fiorirono i pensatori, i grandi scienziati, che ci portarono gloria immensa e duratura. Vi fu un momento in cui nella sola Università di Pisa si trovarono: Borelli, Malpighi, Redi, Stenone, Bellini. Certo, è ancora un problema la coesistenza