Storia D'italia, Volume 2, 1250-1600

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Storia D'italia, Volume 2, 1250-1600 Piano dell'opera: STORIA D'ITALIA Voi. I 476-1250 STORIA D'ITALIA Voi. II 1250-1600 STORIA D'ITALIA Voi. Ili 1600-1789 STORIA D'ITALIA Voi. IV 1789-1831 STORIA D'ITALIA Voi. V 1831-1861 STORIA D'ITALIA Voi. VI 1861-1919 STORIA D'ITALIA Voi. VII 1919-1936 STORIA D'ITALIA Voi. Vili 1936-1943 STORIA D'ITALIA Voi. IX 1943-1948 STORIA D'ITALIA Voi. X 1948-1965 STORIA D'ITALIA Voi. XI 1965-1993 STORIA D'ITALIA Voi. XII 1993-1997 MONTANELLI GERVASO STORIA D'ITALIA I25011600 INDRO MONTANELLI | ROBERTO GERVASO L'ITALIA DEI SECOLI D'ORO Il Medio Evo dal uso al 1492 INDRO MONTANELLI | ROBERTO GERVASO L'ITALIA DELLA CONTRORIFORMA Dal 1492 al 1600 STORIA D'ITALIA Voi. II EDIZIONE PER OGGI pubblicata su licenza di RCS Libri S.p.A., Milano © 2006 RCS Libri S.p.A., Milano Questo volume è formato da: Indro Montanelli - Roberto Gervaso LItalìa dei secoli d'oro © 1967 Rizzoli Editore, Milano © 1997 RCS Libri S.p.A., Milano Indro Montanelli - Roberto Gervaso LItalìa della Controriforma © 1968 Rizzoli Editore, Milano © 1997 RCS Libri S.p.A... Milano Progetto grafico Studio Wise Coordinamento redazionale: Elvira Modugno Fotocomposizione: Compos 90 S.r.L, Milano Allegato a OGGI di questa settimana NON VENDIBILE SEPARATAMENTE Dh'ettore responsabile: Pino Belleri RCS Periodici S.p.A. Via Rizzoli 2 - 20132 Milano Registrazione Tribunale di Milano n. 145 del 12/7/1948 Tutti i diritti di copyright sono riservati £~>f e volessimo riassumere brevemente gli anni che vanno dal 1250 al 1600, potremmo definirli "crescila, apogeo e deca- K^J denza dell'Italia". Sebbene divisa in piccoli Stati sovrani e rissosi tra loro, in questo periodo l'Italia raggiunge in campo arti­ stico e letterario uno splendore senza precedenti nella storia. Dopo la solitaria lezione di Dante, Petrarca e Boccaccio dettano i canoni letterari che saranno seguiti dall'Europa per ben tre secoli, i pittori italiani stupiscono per i capolavori con cui adornano le chiese e le corti dei potenti, gli architetti rielaborano la grande lezione greca e romana per giungere a una sua nuova interpretazione. La quasi totalità del commercio del Mediterraneo è in mano ai mercanti ita­ liani e fiumi dì denaro affluiscono nelle mani dei banchieri e dei si­ gnori delle diverse corti della penisola. Ma a questa grandezza arti­ stica e economica si accompagna una debolezza polìtica che verrà a galla dopo la morte, nel 1492, di Lorenzo il Magnifico e nello stes­ so anno la scoperta dell'America avrebbe cambiato per sempre le rotte del grande commercio mondiale. Nel 1494 la calata in Italia di Carlo Vili di Francia avrebbe posto fine all'effimera libertà ita­ liana. In questo periodo, inoltre, si diffondeva in Europa la Rifor­ ma di Lutero, insorto contro la Chiesa di Roma. Un messaggio che non raggiunse l'Italia che abbracciò (o subì) la Controriforma, piombando in un oscurantismo spirituale e culturale che l'avrebbe segnata nei secoli a venire. INDRO MONTANELLI (Fucecchio 1909 - Milano 2001) è stato il più grande giornalista italiano del Novecento. Laureato in legge e in scienze politiche, inviato speciale del «Corriere della Sera», fonda- tore del «Giornale nuovo» nel 1974 e della «Voce» nel 1994, è tor­ nato nel 1995 al «Corriere» come editorialista. Ha scritto migliaia di articoli e oltre cinquanta libri. Tra i suoi ultimi successi, tutti pubblicati da Rizzoli, ricordiamo: Le stanze (1998), LItalìa del Nove­ cento (con Mario Cervi, 1998), La stecca nel coro (1999), LItalìa del Millennio (con Mario Cervi, 2000), Le nuove stanze (2001). ROBERTO GERVASO è nato a Roma nel 1937. Ha studiato in Italia e negli Stati Uniti. Collabora a quotidiani e periodici, alla radio e alla televisione, e da decenni si dedica alla divulgazione storica. I suoi libri sono stati tradotti in numerosi Paesi. Tra le sue opere ri­ cordiamo: La bella Rosina (1991), I destri (1999), Appassionate (2001), Amanti (2002). Indro Montanelli - Roberto Gervaso L'ITALIA DEI SECOLI D'ORO // Medio Evo dal 1250 al 1492 AVVERTENZA Questa Italia dei secoli d'oro segue a L'Italia dei Comuni, che a sua volta seguiva L'Italia dei secoli bui. Si tratta cioè del­ la terza puntata di una ricostruzione della nostra civiltà che, al­ meno nell'intenzione degli autori, dovrebbe arrivare sino ai giorni nostri. Il periodo che questo volume abbraccia è quello compreso fra la morte di Federico II (1250) e la scoperta dell'America (1492). È un periodo splendido, forse il più splendido del nostro passato, ma che tuttavia prepara la miseria di quelli successivi. Noi abbiamo appunto cercato di chiarire per quali motivi ciò che fece lì per lì la grandezza dell'Italia ne propiziò anche la decadenza. E perciò, in­ vece di correre dietro alle vicende dei singoli staterelli italiani, alla loro complicata diplomazia e alle loro guerricciòle, che mai o quasi mai superarono i limiti della piccola cronaca, e spesso del pettego­ lezzo, abbiamo preferito seguire le grandi linee dello sviluppo civile del nostro popolo, l'evoluzione del suo costume, del suo pensiero, della sua arte: che furono le grandi palestre in cui gl'italiani sfoga­ rono le loro energie, purtroppo dispensate dall'impegno di costruire una Nazione e uno Stato. Non abbiamo avuto dì mira nessuna tesi preconcetta. Abbiamo solo accettato e registrato le lezioni die ì fatti c'impartiscono, cer­ cando di non farci influenzare dai soliti miti e luoghi comuni. Co­ me al solito ci diranno che abbiamo esagerato l'importanza, di certi avvenimenti e personaggi a scapito di altri. E come al solito noi ri­ spondiamo che non c'è libro di Storia che non sì presti a queste criti­ che. Ci diranno anche che il nostro modo dì raccontare non rispetta abbastanza i canoni della storiografia ufficiale e accademica. E noi rispondiamo che non li rispetta affatto perché dì proposito non in- 5 tendiamo rispettarli. Noi ci rivolgiamo a quella grande massa di lettori che solo ora si svegliano alla coscienza della propria Storia appunto perché la storiografia ufficiale e accademica li ha sempre da essa esclusi. E in che misura siamo riusciti a raggiungerli lo di­ mostrano le tirature di questi libri, tutti al di là delle centomila co­ pie e qualcuno (la Storia di Roma, per esempio) delle duecentomi­ la. Il successo, siamo d'accordo, non è l'unico metro su cui si debba misurare il valore di un'opera; ma la sua efficacia, sì. A questo volume seguirà L'Italia della Controriforma, cioè il Cinquecento. Ma non sappiamo se riusciremo ad approntarlo per il Natale dell'anno venturo. La Controriforma è l'avvenimento che decise la nostra sorte di Nazione, cioè che la fece abortire. E grazie alla nuova atmosfera introdotta dal Concilio, crediamo che sia fi­ nalmente suonata l'ora di ricostruire quel grande dramma della co­ scienza cristiana non più in termini di ortodossia ed eresia, ma di Storia, pura e semplice, un'impresa in cui siamo impegnati già da un anno, ma che forse ce ne richiederà altri due per condurla a ter­ mine. Ringraziamo il lettore dì averci accompagnato fin qui. È lui non solo il destinatario, ma anche il vero ispiratore di quest'opera. Se ci avesse abbandonato, noi avremmo già smesso di scriverla. I.M. R.G. Ottobre '67 Ad Augusto Guerriero alias Ricciardetto per la sua amicizia per la sua lezione PARTE PRIMA LA SCENA ITALIANA CAPITOLO PRIMO RINASCIMENTO E UMANESIMO Fu il Vasari che nelle sue Vite de'più eccellenti Architetti, Pittori e Scultori italiani diede il nome di Rinascimento al periodo che va dall'inizio del Tre alla fine del Cinquecento. Su queste date fervono ancora le discussioni. C'è chi fa cominciare il Rinascimento un po' dopo, c'è chi lo fa finire un po' prima. Ma a noi tutto questo sembra piuttosto ozio­ so. Un po' meno oziosa ci sembra la polemica sul significato da attribuire alla parola, perché vi sono coinvolti i motivi che provocarono questo straordinario fenomeno e fecero sì che avesse per patria l'Italia. Il Vasari lo chiamò Rinascenza perché ai suoi occhi ap­ parve come la pura e semplice resurrezione della cultura classica dopo mille anni di tenebre medievali. Secondo lui, si trattava dunque di una specie di vendetta che l'elemento latino si prendeva, dopo averle assimilate, sulle orde goti­ che, longobarde e franche, che lo avevano soggiogato e schiavizzato. Questa concezione è solidamente fondata. Non c'è dub­ bio che, fra le province dell'antico Impero romano, l'Italia fu quella che per prima assorbì gl'invasori tedeschi nono­ stante la loro politica di segregazione razziale, e li convertì alle civili strutture che Roma aveva dato alla società. Questo avvenne un po' perché le invasioni furono in Italia meno al­ luvionali che in tutto il resto dell'Occidente; un po' perché il nostro Paese era, per ovvi motivi geografici, il più profon­ damente intriso di civiltà romana, e finalmente perché Ro­ ma, anche se non era più la capitale dell'Impero, ormai tra­ sferitasi a Costantinopoli, era rimasta la capitale della Chie- 11 sa. Via via che i barbari si convertivano al cristianesimo, ne diventavano virtualmente vassalli. Per pregare Dio e parla­ re col Papa, i tedeschi dovevano imparare il latino. E, una volta imparatolo, compresero la superiorità delle leggi e dell'organizzazione romane, e dovettero rivolgersi a legisla­ tori e funzionari latini. Da quel momento essi rimasero pri­ gionieri di una cultura cui non avevano nulla da contrap­ porre se non la primitiva poesia della «Saga» e la rozza leg­ ge della «Faida». Ma credere che il Rinascimento non sia stato che la risco­ perta della civiltà classica sarebbe un diminuirlo.
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