Aree Archeologiche Dell'altopiano Delle Rocche
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Aree archeologiche dell’Altopiano delle Rocche Sono ubicate nelle seguenti località dell’Altopiano delle Rocche: Fontavignone, Piani di Pezza, Rocca di Cambio, San Leucio, Campi di Rovere, Prati del Sirente, Ovindoli e Valle d’Arano. Nei pressi di Fontavignone, frazione di Rocca di Mezzo, vi sono due complessi megalitici: Preta Pezzuta e, a ridosso del paese, una struttura megalitica a gradoni circolari, tipo ziggurath. Altri due complessi megalitici si trovano in località Cerri di Rocca di Cambio, non distante dall’Abbazia di Santa Lucia, che, a sua volta, dovrebbe sorgere su un esteso complesso megalitico, e in località Brecciara di Rocca di Cambio, dove il sito archeologico è formato da terrazzamenti degradanti, accanto ai quali passava l’antica via proveniente da Casamaina. Un grande tholos dovrebbe essere il Colle di San Leucio su cui fu edificata in epoca cristiana l’omonima chiesa, mentre il basamento roccioso su cui sorge l’attuale Rocca di Mezzo doveva essere una grande ara sacrificale, così come l’attuale Rovere di Rocca di Mezzo. Si notano nell’area dei Prati del Sirente numerose tombe a circolo, una probabile tomba a cupola (tholos) vicino al cratere meteoritico e sotto le pendici del Monte Sirente numerosi megaliti in parte affioranti dal terreno (cromlech). Analoghe strutture si rinvengono in località Valle d’Arano di Ovindoli e, meno visibili, in località Campi di Rovere, tra Rocca di Mezzo e la frazione di Rovere. Le strutture interrate potrebbero essere comparabili, per origine e datazione, con quelle del Monte d’Accodi, in provincia di Sassari, o anche anteriori: vedi l’interessante videoclip su http://www.luoghimisteriosi.it/sardegna_montedaccoddi.html e le informazioni archeologiche su http://it.wikipedia.org/wiki/Altare_preistorico_di_Monte_d'Accoddi , dove si ipotizza l’appartenenza del complesso alla cultura akkadica e di Sardi. Sardi, come poi il nome Sardegna, deriva dal greco σάρξ, σαρκός, latino caro, carnis, che significa carne, in ragione del fatto che tale civiltà praticava rituali e sacrifici cruenti, alla stessa stregua della civiltà fenicia (non escluso il cannibalismo). I Fenici, infatti, erano così chiamati dal greco φοῖνιξ, -ικος, latino phoenix, phoenicis che significa porpora, colore del sangue. Erano soliti tingersi i capelli di rosso, utilizzando vari tipi di coloranti: una traccia enigmatica della Fenice rimane nel vestimento dei Porporati della Chiesa Cattolica. Singolare è l’allineamento di Monte d’Akkodi (SS) con Roma, l’Altopiano delle Rocche e Chieti in Abruzzo. Fontavignone resti di un’ara circolare sulla sommità del paese, la probabile Ara della Fonte. Il toponimo Fontavignone significa Fonte del Vignone, dove vignone, grande vigna è una metafora per riferirsi ad un’ara (area) in cui venivano consumati numerosi sacrifici cruenti a sfondo orgiastico, simboleggiati dal vino (rosso) di Diòniso o Bacco. A Rocca di Mezzo si trova una zona denominata Aia della Fonte, da riferirsi a Fonte Avignone, ed un’altra Fonte Nascosta, parimenti da riferirsi alla Fonte del Vignone, cioè alla grande ara destinata ai sacrifici rituali, attualmente nascosta dalla terra e dai detriti. Il nome aia o aja è rimasto nella linguaggio corrente, depurato del suo significato atavico, come termine per indicare il luogo dove vengono allevati e macellati i polli1 o anche come termine per designare l’area dove si deposita il grano trebbiato. 1 La parola pollo è legata alla figura mitologica di Apollo ed è una crittazione di cioè si riferisce alle moltitudini delle vittime alfa Erano le stesse vittime che venivano immolate nell’antico Egitto presso le Piramidi. Infatti, la lettera alfa maiuscola A è il simbolo grafico della Piramide A, mentre la lettera alfa minuscola ruotata verso l’alto è il simbolo della capra: khepri, kaphren, kefhren, khafra. Il nome della lettera alfa deriva da aleph, prima lettera dell’alfabeto fenicio ed ebreo, a l ph. In arabo è alif. Da aleph ha preso il nome la città siriana di Aleppo, famosa per l’ al – Qal‘a, l’acropoli fortificata che anticamente era un’enorme ara sacrificale a forma di uovo o di ellissi, motivo simbolico ricorrente nella cultura ebraica, in primo luogo nella parola shoa, da interpretare correttamente come SH – OVA (da cui Yeova, Jeova, Geova, Giovanni etc.). Forse non è del tutto azzardato supporre che il pollo fosse l’allegoria per coprire la figura della vittima portata nell’aia e destinata al sacrificio. Vedi l’analoga funzione dell’Aja Nazca in Perù, presso la quale si tenevano i riti sacrificali incaici e preincaici. Probabilmente la vera Ara o Aja della Fonte (del vino) è da identificare con la grande ara nei pressi di Ovindoli, situata sulla destra prima di arrivare al paese, vicino ad Aia Decina2 . E’ una struttura a ziggurath o a gradoni, una specie di piramide tronca, dei quali affiorano i resti di alcuni muri in pietra. La sua struttura rispecchia, per quanto è dato vedere dal satellite, la geomorfologia dell’Altopiano a forma di Fiore a cinque petali o anche di Stella a cinque punte (pentalfa). Il fatto che aleph è la prima lettera dell’alfabeto ebraico lascia supporre che la regione di Aleppo possa essere stata l’ara principale per lo sterminio o decimazione degli ebrei, forse anche in ordine di tempo. Tuttavia, se si prende in considerazione l’aleph fenicio , sembrerebbe che l’origine dello shoa vada riportata all’antico Egitto, dato che l’occhio visto di profilo guarda da Aleppo in direzione dell’Egitto. Il verso di Dante Alighieri, in Inferno, VII, vv. 1-6: “Pape Satàn, Pape Satàn Aleppe …” depone nello stesso senso, dato che il Papa, cioè Pietro, è una figura che simboleggia la Pietra, vale a dire La Piramide (in senso collettivo). Il nome Pietro (petro) deriva proprio da pietra (petra). Vedi anche Petra Al Khatzne al Faroun, il Tesoro del Faraone, dove è rappresentata La Piramide e lo Zed, il dispositivo ad energia solare per la produzione di energia elettrica, utilizzato anche per seviziare o arrostire le vittime. 2 Il toponimo Aia Decina potrebbe essere una crittazione di “Aia Decima[zione] di moltitudini (”. La stessa parola decima ha un’etimologia che rimanda velatamente al concetto di decimazione ed olocausto: ma‛ăśêr, in greco δεκάτη, dekatē) è l'offerta regolare al Tempio della ,מעשׂר Nella Bibbia, la decima (in ebraico>> decima parte dei prodotti del suolo e del gregge (Levitico, 27:30-32). La decima era già praticata in tempi antichissimi come segno di riconoscenza a Dio dal quale proviene ogni cosa (Genesi, 14:20; 28:22). Il Deuteronomio insiste su questo carattere di riconoscenza, manifestato anche dal gioioso banchetto che ne accompagnava la presentazione (Deuteronomio, 12:18; 14:22-26; 12-15)>>. Da Wikpedia, voce Decima. Anche il nome ziggurath o ziqqurat rivela la destinazione della struttura di origine babilonese al compimento di sacrifici ed olocausti: l’accadico ziggu è passato nel sardo sigu, che significa seguo od inseguo, mentre urat è passato nel latino uro, urere, ussi, ustus, urere, verbo che significa bruciare. Peraltro anche il toponimo dell’antica città di Ur aveva a che fare con la pratica dell’olocausto, allo stesso modo del nome πυραμις, piramide, derivante dal greco πῦρ, fuoco. I riti di purificazione erano per l’appunto riti basati sull’olocausto, avendo la parola purificazione la stessa radice πῦρ (vedi la festività ebraica di purim). La Piramide tronca può essere vista anche come una vittima sacrificale di sesso femminile – dato l’ovale al centro della struttura - con braccia aperte e gambe divaricate, in attesa di essere sacrificata dallo ierofante. L’Altopiano doveva essere un importante centro per i sacrifici rituali con più di un’ara predisposta a tale scopo. D’altra parte lo stesso toponimo Ovindoli è da riportarsi etimologicamente all’Ovino, cioè alle pecore o agnelli sacrificali, allegoria delle vittime, e al vino, metafora del sangue. Bisogna rilevare che l’ara di Ovindoli è allineata in linea retta con Preta Pezzuta di Fontavignone, il Colle di San Leucio (probabile tholos o tomba a cumulo), Rovere e lo stesso Ovindoli. Utilizzando i toponimi Fontavignone e Fonte Nascosta si potrebbe ricavare la indicazione che <<l’ara della Fonte del Vignone è nascosta di fronte a Fontavignone>>. A ridosso di Ovindoli vi è poi un altro grande manufatto umano, a gradoni o a terrazze, questa volta a forma di stivale o anche di braccio piegato all’altezza del gomito. Potrebbe essere una rappresentazione dello Stivale d’Italia, una specie di plastico in scala della penisola italiana, se si considera che il suo orientamento geografico rispecchia quello dell’Italia. Foto dell’Ara in Aia Decina di Ovindoli Ara Preta Pezzuta di Fontavignone I megaliti di Preta Pezzuta, vicino Fontavignone, dei quali oggi ne rimane solo uno in piedi, dovrebbero essere della stessa età dei megaliti dei Prati del Sirente. Tra questi ne affiora uno analogo scanalato ma consumato nel corso dei secoli dagli agenti atmosferici. I megaliti di Fontavignone sono allineati con gli altri insediamenti megalitici presenti sull’Altopiano, secondo una geometria ancora da decifrare bene. Piani di Pezza Nei Piani di Pezza è presente più di un insediamento megalitico, risalente probabilmente al periodo paleolitico inferiore. Vicino al Vado di Pezza, percorrendo la strada bianca, si nota sulla destra una struttura circolare in pietra. Proseguendo oltre, a metà circa della strada che conduce a Capo Pezza, si trova un altro insediamento megalitico: sulla destra in particolare si nota una struttura rettangolare, suddivisa in sezioni, formata da mura affioranti. Nella zona dell’antico insediamento si può far passare una linea immaginaria che partendo dalla Villa Romana scavata recentemente a San Potito di Ovindoli giunge fino a Pizzoli, l’antico Piczulo, passando in prossimità dell’antica città romana di Amiternum. Interpretando il toponimo Pìzzoli come sinonimo di piccolo pizzo, cioè come una crittazione di piccolo triangolo, sarà quindi possibile disegnare su Google Earth una figura geometrica triangolare: a tal fine bisognerà unire Pizzoli a Tione e questo a San Potito.