Saverio Bettinelli Lettere Virgiliane, Lettere Inglesi E Mia Vita Letteraria
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Saverio Bettinelli Lettere Virgiliane, Lettere Inglesi e Mia Vita Letteraria www.liberliber.it Questo e-book è stato realizzato anche grazie al sostegno di: E-text Editoria, Web design, Multimedia http://www.e-text.it/ QUESTO E-BOOK: TITOLO: Lettere Virgiliane, Lettere Inglesi e Mia Vita Letteraria AUTORE: Bettinelli, Saverio TRADUTTORE: CURATORE: Finzi, Gilberto NOTE: L'edizione princeps delle "Lettere Virgiliane", è Venezia, Fenzo 1758 (ma in realtà fine del 1757), col titolo: "Dieci Lettere di Publio Virgilio Marone scritte dagli Elisi all'Arcadia di Roma sopra gli abusi introdotti nella poesia italiana". L'edizione princeps delle "Lettere Inglesi" è Venezia, Pasquali 1766, col titolo: "Dodici Lettere Inglesi sopra varii argomenti e sopra la letteratura italiana", mutato, dall'edizione Zatta in poi, in "Lettere sopra vari argomenti di letteratura scritte da un Inglese ad un Veneziano". Nelle due edizioni complete delle opere del Bettinelli (Opere, Venezia, Zatta 1780-82, in 8 volumi; In "Opere edite e inedite in prosa e in versi", ediz. Cesare, 1799-1801, in 24 volumi) è praticamente raccolta tutta l'opera letteraria del Bettinelli, tranne due poemi ("L'Europa punita" e "Bonaparte in Italia") e il vasto carteggio. In appendice alla edizione della Rizzoli da cui è stata tratta la presente edizione elettronica, veniva pubblicato un inedito (conservato nella Biblioteca Comunale di Mantova, "Miscellanea Bettinelliana", fasc. I): "Mia vita letteraria a risparmio di fatica per chi volesse scriverne giacché ancor de' mediocri autori si vuoi dar conto al publico", in cui il valore letterario lascia posto a un interesse di curiosità dovuto all'essere stata redatta dal Bettinelli ormai sul finire dell'attività letteraria e poco prima della citata edizione completa delle Opere (1799-1801). DIRITTI D'AUTORE: no LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet: http://www.liberliber.it/biblioteca/licenze/ TRATTO DA: "Lettere virgiliane ; Lettere inglesi ; e Mia vita letteraria" di Saverio Bettinelli; a cura di Gilberto Finzi; Biblioteca Universale Rizzoli 1803-5; Rizzoli editore; Milano, 1962 CODICE ISBN: informazione non disponibile 2 1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 4 agosto 2003 2a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 16 dicembre 2003 INDICE DI AFFIDABILITA': 1 0: affidabilità bassa 1: affidabilità media 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima ALLA EDIZIONE ELETTRONICA HANNO CONTRIBUITO: Ferdinando Chiodo, [email protected] REVISIONE: Elena Elena, [email protected] PUBBLICATO DA: Claudio Paganelli, [email protected] Alberto Barberi, [email protected] Informazioni sul "progetto Manuzio" Il "progetto Manuzio" è una iniziativa dell'associazione culturale Liber Liber. Aperto a chiunque voglia collaborare, si pone come scopo la pubblicazione e la diffusione gratuita di opere letterarie in formato elettronico. Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito Internet: http://www.liberliber.it/ Aiuta anche tu il "progetto Manuzio" Se questo "libro elettronico" è stato di tuo gradimento, o se condividi le finalità del "progetto Manuzio", invia una donazione a Liber Liber. Il tuo sostegno ci aiuterà a far crescere ulteriormente la nostra biblioteca. Qui le istruzioni: http://www.liberliber.it/sostieni/ 3 LETTERE VIRGILIANE, LETTERE INGLESI E MIA VITA LETTERARIA di Saverio Bettinelli DIECI LETTERE DI PUBLIO VIRGILIO MARONE SCRITTE DAGLI ELISI ALL’ARCADIA DI ROMA SOPRA GLI ABUSI INTRODOTTI NELLA POESIA ITALIANA (1757) 5 L’EDITORE A CHI LEGGE 5 LETTERA PRIMA - PUBLIO VIRGILIO MARONE A' LEGISLATORI DELLA NUOVA ARCADIA, SALUTE. 6 LETTERA SECONDA - AGLI ARCADI 8 LETTERA TERZA - AGLI ARCADI 10 LETTERA QUARTA - AGLI ARCADI 14 LETTERA QUINTA - AGLI ARCADI 16 LETTERA SESTA - AGLI ARCADI 20 LETTERA SETTIMA - AGLI ARCADI 22 LETTERA OTTAVA - AGLI ARCADI 24 LETTERA NONA - AGLI ARCADI 27 LETTERA DECIMA - AGLI ARCADI 29 CODICE NUOVO DI LEGGI DEL PARNASO ITALIANO PROMULGATE E SOTTOSCRITTE DA OMERO, PINDARO, ANACREONTE, VIRGILIO, ORAZIO, PROPERZIO, DANTE, PETRARCA, ARIOSTO, NE’ COMIZI POETICI TENUTI IN ELISIO. 31 LETTERE SOPRA VARI ARGOMENTI DI LETTERATURA SCRITTE DA UN INGLESE AD UN VENEZIANO (1766) 33 A MILADI N. N. 33 L’EDITORE A CHI LEGGE 35 LETTERA PRIMA 36 LETTERA SECONDA 38 4 LETTERA TERZA 40 LETTERA QUARTA 44 LETTERA QUINTA 47 LETTERA SESTA 49 LETTERA SETTIMA 52 LETTERA OTTAVA 58 LETTERA NONA 63 LETTERA DECIMA 68 LETTERA UNDECIMA 73 LETTERA DUODECIMA 79 MIA VITA LETTERARIA A RISPARMIO DI FATICA PER CHI VOLESSE SCRIVERNE GIACCHÉ ANCOR DE' MEDIOCRI AUTORI SI VUOL DAR CONTO AL PUBLICO 84 DIECI LETTERE DI PUBLIO VIRGILIO MARONE SCRITTE DAGLI ELISI ALL’ARCADIA DI ROMA SOPRA GLI ABUSI INTRODOTTI NELLA POESIA ITALIANA (1757) L’EDITORE A CHI LEGGE Se questo libretto poetico non risveglia dal sonno la gioventù d’Italia e non la ritragge dalla insulsa maniera di poetare imitando, già non si vede qual altro miglior soccorso a lei si possa offerire. L’esempio ha qui di tre diversi poeti, che non sol versi, non suoni, e non rime vacue, ma poesia vera, armoniosa, franca, nobile, colorita, e spirante estro e ardimento, presentano loro in vario stile e in tre generi differenti di dipignere e di cantare. Con l’esempio v’ha l’istruzione; non in precetti, che l’anime legano nate a volare; ma nel disinganno, che le sprigiona e fa gir libere e sciolte ove natura le chiama. Virgilio è quegli che con alcune sue lettere tenta l’impresa, ma piacevolmente, perché la magistrale severità è troppo odiosa nimica di poesia. Or queste lettere scritte furono familiarmente e senza studio ad amico lontano. Si fanno pubbliche per consiglio d’alcuni, che dicono poter quelle agli studiosi giovare di poesia, e lo scrittore ci perdonerà se, in grazia di questo, senza lui risaperlo, si stampano. 5 Ben sarebbe ingiustizia citar esse e lui davanti a critico tribunale. Che se pure la collera letteraria (atroce collera, e inesorabile) vuol usar de’ suoi denti, perché mai non irruginiscano, che a troppo gran vitupèro si reca il non averli sempre ben tersi e aguzzi, sì il faccia, che già l'autor innocente non morderanno, il qual, da gran tempo le Muse lasciate, or lontan dalla patria ben altro ha in mente che i mastini e le bisce del Parnaso, tra il fragor dell’armi e lo scoppiar de’ cannoni prussiani. LETTERA PRIMA - PUBLIO VIRGILIO MARONE A' LEGISLATORI DELLA NUOVA ARCADIA, SALUTE. Tutto l’Elisio, o Arcadi, è posto in tumulto dagl’italiani poeti, che, d’ogni età, d’ogni stato, qua scendono in folla ogni giorno a perturbare la pace eterna de’ nostri boschetti. Par che la febbre, per cui gli abderiti correvan le strade recitando poemi, sia venuta sotterra co’ vostri cantori, verseggiatori e poeti importuni, a profanare con barbare cantilene ogni selva, ogni fonte, ogni grotta, sacra al silenzio e alla pace dei morti. Ogn’italiano che scende tra noi, da alcun tempo in qua, parla di versi, recita poemetti, è furibondo amatore di rime, e recasi in mano a dispetto di tante leggi infernali o tometto, o raccolta, o canzoniere, o sol anche sonetto, e canzone, che vantasi d’aver messa in luce, benché a tutt’altro mestier fosse nato. Or pensate, arcadi magistrati, in qual confusione sia tutto il nostro pacifico regno poetico. Orazio, Catullo, Properzio, e gli altri miei vecchi compagni latini e greci, che non han meco tentato per calmar questa insania? Ma peggio abbiam fatto. Costor ci trattano con disprezzo, non fan conto di greci né di latini, e dicono apertamente di voler oscurare la nostra fama e scuotere il giogo dell’antichità, per tanti secoli e da tante nazioni portato. Giunse talun di loro a rimproverarci l’ignoranza del linguaggio italiano, per la quale non possiamo noi giudicare (essi dicono) della moderna poesia. Mi son dunque applicato con esso gli amici a conoscere la vostra lingua, né difficile è stato a noi l’impararla, poiché in gran parte è la stessa che noi parlammo, vivendo in mezzo a Roma, con gli schiavi e col popolo e con le femminette. A voi non è ignoto che, oltre alla lingua latina più nobile e più corretta, che gli scrittori e i patrizi usavano, un’altra era in uso tra ’l volgo, che popolare dicevasi, come legger potete in Cicerone, e molti de’ vostri dotti han mostrato, se il ver mi disse un certo vostro autore, per nome Celso Cittadino, già tempo fa, e recentemente Scipione Maffeio, uomo che alla modestia, all’eloquenza, al sapere mi parve più tosto del mio, che del secolo vostro. Lo studio da me postovi nuovamente m’ha fatto più familiare l’italico idioma, e in questo vi scrivo, temendo assai non sia forse usato abbastanza il latino tra voi, né molto inteso, come vediamo di tanti poeti che a noi vengon d’Italia oggidì. Che se voi trovate tuttor nel mio stile qualche aria di latinità, mi scuserete, sapendo non giugnersi mai al possesso d’una lingua non propria, e molto men della vostra presente, che sembra diversa da quella de’ vostri padri dell’ottimo secolo, e forestiera lor sembra oggi quaggiù. Per altro, qual essi la scrissero, e quale anche oggi si scrive da chi ben la studia, a noi parve bellissima. Riconosciamo in essa ricchezza e pieghevolezza mirabile, chiarezza, armonia, dignità e forza, con altre doti acquistate da lei ne’ cinque ultimi secoli, in che maggiormente da chiari ingegni fu coltivata. L’amico Orazio al leggere un giorno certe poesie (frugoniane si nominavano, io credo) d’armonia piene, di colori e di grazia, preso da un estro improvviso, gridò a noi rivolto: O matre pulcra filia pulcrior , applicando a questa figlia della lingua latina quel verso da lui fatto in altro proposito. E, nel vero, piace a noi tutti singolarmente la figlia, perché ha schifati con gran vantaggio que’ suoni troppo conformi, e quelle tante e sì tetre terminazioni in um , ur , us , che disfiguravan la madre. Egli è ben vero che nell’italica poesia trovammo da prima qualche spiacevole novità.