Piero Della Francesca E Il L'umanesimo Matematico

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Piero Della Francesca E Il L'umanesimo Matematico Piero della Francesca e il l’Umanesimo matematico La vita e le opere La vita di Piero della Francesca ci appare dai contorni sfumati e comunque del tutto priva di eventi memorabili, quasi interamente consacrata al mestiere della pittura. Sappiamo che Piero è nato nella cittadina di Borgo San Sepolcro da una famiglia di artigiani e commercianti probabilmente tra il 1415 e il 1420. La tappa fondamentale della sua giovinezza è la sua presenza a Firenze, ad un’età forse ancora inferiore ai vent’anni. Già nei primi anni ’40 Piero dovette tornare a Borgo San Sepolcro dove nel 1442 è documentato come consigliere comunale. Risale a questo periodo la sua prima e importante commissione,quella per il “battesimo di Cristo”. Sempre di questo periodo sono gli affreschi del “polittico della Misericordia” commissionati dalla compagnia della Misericordia di Borgo San Sepolcro. Posteri sono invece gli affreschi della “Flagellazione” e della “Sacra conversazione” dove maggiormente si riversano i caratteri della visione geometrica di Piero della Francesca. Il pittore morì il 12 ottobre 1492 , il giorno della scoperta dell'America e della fine del Medioevo, una data che segna una svolta nella storia. Nei secoli seguenti l'armoniosa coesistenza e simbiosi tra arte, cultura umanistica e scienza, gloria e vanto del Rinascimento, è venuta gradualmente a meno ed è logico chiedersi il perchè. Tra le varie cause la caduta del sistema geocentrico seguita dal successo spettacolare della nuova astronomia e della legge di Newton, un susseguirsi di rivoluzioni scientifiche che hanno generato sospetti non solo nella gerarchia ecclesiastica ma anche in chi si sentiva escluso dagli eletti; purtroppo per certi scienziati la modestia non era una virtù. Il periodo e le idee degli artisti contemporanei Grandi cose e grandi pensieri scuotevano le menti di quel gruppetto di intellettuali, artisti e scienziati, che nel '400 avrebbero riempito con i loro lavori i musei del mondo e dato la gioia nei secoli a venire di rivedere in quello una rinascita dell'Umanità. La riscoperta dei classici greci e latini riusciva a diffondere in quel gruppo la voglia di capire, di scoprire, di realizzare opere straordinarie. Queste potevano nascere solo all'interno di un pensiero scientifico e da una ricerca del bello e della misura, tutta umana come lo era quella di Euclide, Socrate o Fidia. Sia Alberti, che Leonardo, che Piero della Francesca che per primi hanno scritto tesi sulla prospettiva, cercano una risposta nei metodi della geometria. Scriverà Leonardo: ... quelli che si innamorano della pratica senza scientia sono come nocchieri che entrano in naviglio senza timone o bussola, che mai hanno certezza dove si vadano. Sempre la pratica deve essere edificata sopra la buona teoria, della quale la prospettiva è guida e porta e senza questa nulla si fa bene. E Piero della Francesca parlerà di prospettiva come di vera scientia. La riscoperta della cultura classica, e in particolare di quella scientifica, ha ovviamente un ruolo centrale in questa svolta. Euclide e i suoi Elementi, variamente tradotti e commentati, diventeranno un modello a cui riferirsi. I trattati matematici Piero della Francesca è considerato uno tra i più grandi pittori del nostro Quattrocento, ma pochi studiosi lo ricordano come uomo di scienza. I trattati scientifici di questo famoso pittore, sono ben tre opere di matematica: il "De corporibus regularibus", il "Trattato d’abaco" e il "De prospectiva pingendi". Il "De Prospectiva Pingendi" è stato il primo vero organico trattato compilato sulla scienza prospettica del Rinascimento e tanta è la sua validità che, per un lungo arco di tempo sarebbe rimasto come esempio e fonte per successivi autori di opere di prospettiva. Fu scritto verso il 1475, quando il suo autore era circa sessantenne ed aveva dato già tante prove della sua eccezionale bravura pittorica. Articolato in tre libri, questo trattato sviluppa in senso nettamente matematico i problemi della rappresentazione prospettica offrendo esempi operativi non solo riferiti a complesse forme geometriche e architettoniche, ma a qualsiasi forma naturale. Il primo libro, di geometria piana, ha propositi didattici dimostrati da nitidi e precisi disegni. Il secondo, di geometria solida, verte sulla rappresentazione prospettica dei solidi. Il terzo libro determina obiettivamente l’immagine prospettica di oggetti complessi. Negli altri due scritti minori, il "De corporibus regularibus" e il "Trattato d’abaco", il pittore approfondisce l’analisi dei corpi regolari e quasi regolari. Il matematico e il geometra L’arte di Piero della Francesca si impone come una delle più conclusive espressioni della prima generazione rinascimentale. Ascendenti diretti sono il Masaccio e Beato Angelico, di cui egli esprime le rispettive conquiste prospettiche. La prospettiva dava una risposta all’esigenza, propria delle culture umanistiche, di ricondurre l’esperienza del mondo alle norme chiare della ragione umana. Nei dipinti nasceva il problema di rappresentare gli uomini e le cose su una superficie piana, aggiungendo alle due dimensioni di altezza e di larghezza, quella illusoria della profondità. Proprio con il "De Prospectiva Pingendi" la prospettiva avrà una formulazione più analitica e costantemente fondata su basi geometriche euclidee, specialmente nel ‘400 fiorentino, per questo motivo Piero della Francesca riceverà anche il nome di Euclide rinascimentale. Con la prospettiva dei quadri di Piero della Francesca, i nuovi criteri di rappresentazione del reale sostituiscono le immagini statiche della pittura duecentesca e ricercano nella geometria delle forme e dei rapporti prospettici il rapporto con le cose. Le figure astratte e metafisiche di Piero della Francesca dimostrano che la prospettiva non è necessaria soltanto a quelle culture che, tendendo al realismo, affidano all’immagine il compito di riprodurre la realtà. Le opere artistiche del pittore di Borgo San Sepolcro evidenziano la tendenza dell’uomo del Quattrocento a indagare, a studiare la realtà in cui vive, che lo porta a definire le leggi della prospettiva, a considerare le immagini nel loro volume, nelle loro proporzioni. Concludendo, possiamo ritenere Piero della Francesca, oltre che pittore eccellentissimo, anche un matematico di notevole validità; tuttavia quella eccezionale cultura matematica non fu mai di disturbo nella realizzazione artistica giacché se ne avvaleva fin tanto che gli era utile ed era pronto a lasciarla quando stava per mutarsi in una presenza gravosa. L'intento di Piero della Francesca, il più grande geometra dei suoi tempi come dirà Vasari, è invece quello di comporre, per la prima volta, sull'esempio degli Elementi di Euclide, un trattato geometrico formato da una serie completa di proposizioni, ognuna con una propria dimostrazione, concatenate logicamente tra loro per dar vita alla prospettiva come vera scientia. Piero rappresenta senza dubbio e più di ogni altro quella straordinaria commistione tra arte e matematica che se in Leonardo si diffonde come un nuovo pensiero su ogni frammento della scienza, della tecnica e dell'arte, in Piero diventa consapevole oggetto di studio, fondamento teorico della propria vicenda culturale . Le sue tre opere matematiche, il Trattato d'abaco, il De corporibus regolaribus e il De prospectiva pingendi testimoniano un lavoro intenso ed originale sui vari aspetti della matematica rinascimentale. La cura nel trattare i calcoli algebrici anche molto complicati, la centralità della teoria delle proporzioni, il gusto per le forme poliedriche e per il loro comporsi e decomporsi in altre forme, il tutto filtrato dalla genialità creativa del grande pittore, contribuiscono, crediamo, ad imprimere alla scienza occidentale, che da lì riprende avvio, quel gusto per il bello, per l'armonia che ancora oggi perdura in alcuni scienziati. Tuttavia il tentativo di Piero resta ancora non completamente svincolato dalla cultura medievale, con veri e propri errori di ragionamento, con una logica spesso discutibile, senza un chiaro quadro metodologico di tipo deduttivo caratteristico della scienza ellenista e del pensiero scientifico in generale. Le figure e i solidi di Piero della Francesca Nell'antichità classica il ruolo della simmetria come principio ispiratore nella concezione del mondo fisico veniva accentuato dalla rarità di figure solide simmetriche analoghe ai poligoni regolari. Mentre infatti nel piano abbiamo un'infinità numerabile di poligoni regolari corrispondenti alle rotazioni finite, nello spazio tridimensionale si possono realizzare soltanto cinque poliedri regolari: il Cubo, il Tetraedro, l' Ottaedro, il Dodecaedro, e l' Icosaedro. Questi poliedri regolari sono tradizionalmente chiamati Solidi Platonici per il ruolo fondamentale che giocano nella cosmogonia elaborata da Platone. Costui nel suo dialogo, Timeo, associa il tetraedro, l'ottaedro, il cubo, e l'icosaedro rispettivamente a quelli che erano allora ritenuti i quattro elementi fondamentali: fuoco, aria, terra, e acqua. Il dodecaedro, non realizzabile unendo opportunamente triangoli (come invece avviene per gli altri poliedri citati), veniva invece associato all'immagine del cosmo intero, realizzando la cosiddetta quinta essenza. Questa identificazione suggerisce un'immagine di perfezione che indubbiamente nasce anche dal fatto che il dodecaedro, approssima più degli altri poliedri regolari la sfera. La fortuna dei solidi Platonici nell'immaginario scientifico della cultura occidentale è stata enorme, ed è forse connessa ad un punto di vista filosofico che riteneva di poter penetrare profondamente nei segreti della creazione guardando a questi simulacri euclidei del mondo delle idee di Platone. Arte e Scienza si mescolano in maniera profonda nel Libellus de corporibus regularibus di Piero della Francesca. L'idea che ispira un tale progetto è di una singolare modernità nel senso che si vuole sostenere (siamo alla fine del XV secolo), contro i pregiudizi umanistici, come la scienza non sia solo astrazione o pura tecnica ma anche arte liberale. .
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