PANO RAMI QUES VALLE d’AOSTA – VALLée d’AOSTE Periodico semestrale – Sped. in a.p. – art. comma 20/c legge 662/96 – Filiale di Aosta – Tassa riscossa / Taxe perçue / Taxe riscossa – Tassa legge 662/96 – Filiale di Aosta – Sped. in a.p. art. comma 20/c Periodico semestrale

Aleksandr sokurov •DAN SAID Il Peggior Gabriel abrantes • ERAN Natale kolirin • ÉRIC BAUDELAIRE della mia Vita al Castello 53 MARTÍN BOULOCQ • JET LEYCO Savoia ARNAUD DES PALLIÈRES di Gressoney I semestre 2012

Rivista di cinema edita dall’assessorato istruzione e cultura della regione autonoma valle d’aosta E éDITORIAL

Il Castel Savoia di Gressoney-Saint-Jean sul grande schermo

Grazie ad un’operazione condotta in del film precedente: Fabio De Lui- smontaggio, a queste vanno ag- sinergia tra l’Assessorato Istruzione gi, sfortunato protagonista di mille giunte varie professionalità locali: e Cultura della Regione autonoma buffi contrattempi, e la sua sposa, oltre a figuranti, manovali e aiuto- Valle d’Aosta e la Film Commission Cristiana Capotondi, sono la coppia sarte, la Colorado Film ha richiesto Vallée d’Aoste il grande cinema ri- al centro delle vicende che vedo- aiuto scenografi, runner, un opera- torna nella nostra regione per am- no, fra gli altri interpreti, Antonio tore backstage e capo gruppo. bientarvi una pellicola che ha tutte Catania e Diego Abatantuono, in Abbinando promozione culturale ad le caratteristiche per ottenere un un divertente ruolo a sorpresa cu- occupazione e qualificazione delle ottimo riscontro di pubblico e al cito sulle sue corde. Questa prima risorse professionali valdostane, è contempo valorizzare uno dei tanti importante produzione cinemato- un progetto che bene esemplifica beni culturali di proprietà regionale. grafica, che fa seguito alla nascita una strategia di intervento che per Da metà marzo, infatti, Castel Sa- della Film Commission, fortemente l’Assessorato è prioritaria. L’essere voia, l’antica residenza che ospitò voluta dall’Assessorato in quanto riusciti ad attrarre una delle più im- i soggiorni estivi della regina Mar- importante strumento di promo- portanti società di produzione ita- gherita tra il 1889 e il 1925, si è zione per attrarre produzioni e liane e l’aver portato un progetto di trasformato in un prestigioso set film in Valle d’Aosta, non solo of- alto respiro sul territorio valdostano cinematografico. La Valle del Lys e fre evidenti ricadute d’immagine conferma come la scelta di creare la il suo sontuoso castello ha ospitato ma ha inoltre il pregio di un altret- Film Commission, quale veicolo di la troupe della commedia Il peggior tanto cospicuo ritorno economico promozione culturale, economica e Natale della mia vita, sequel di La in ragione dell’investimento che professionale del territorio, fosse peggior settimana della mia vita, la società di produzione effettuerà corretta ed opportuna. che è stato uno dei film italiani più sul territorio valdostano. La pro- visti del 2011. I personaggi della duzione ha visto impegnate circa Laurent Viérin pellicola «valdostana» – prodotta 60 persone, per 7 settimane di Assessore all'Istruzione e Cultura dalla Colorado Film - sono gli stessi riprese, 4 di preparazione e 1 di della Regione autonoma Valle d'Aosta

Pratiche «alte» e pratiche «basse» Fedele al suo progetto di raccon- scorrendo dalla storia personale a sono messe a confronto in questo tare il presente, anche attraverso quella del proprio paese, le conver- numero di «Panoramiques», come il passato, la rivista ha cercato di sazioni con Dan Said e Jet Leyco ci a voler sfidare la presunta unitarie- aprirsi verso quelle forme di rap- introducono alla familiarizzazione tà del cinema. Se ancora è visto in presentazione che dai vari festival con la realtà malese e quella filip- una sala, il film è ormai al di là del del mondo ci sono apparse come pina, in un percorso che cerchere- meccanismo che lo presiede; il lin- più significative, originali, sedu- mo di approfondire con altre voci. guaggio multimediale, le tecniche centi. Da questa perlustrazione Chiude il numero il ritratto ad un di scrittura derivate dall’uso per- scaturisce l’immagine di un qua- cineasta singolare, tanto coerente vasivo dell’e-mail sono solo alcune dro astratto, che affianca la profon- nel suo percorso quanto vario nei delle caratteristiche che in modo da e, a tratti, vertiginosa riflessio- risultati. Nonostante sia poco co- quasi naturale sono entrate dentro ne di Alexandr Sokurov (e del suo nosciuto (almeno in Italia), il lavoro il corpo del cinema. I film incontrati Faust) alla carica politica espressa di Arnaud Des Pallières ci appare nello spazio dedicato alle intervi- dal colombiano Boulock, la surrea- una forma imprescindibile di rac- ste bene descrivono questo nuovo le visione del mondo di Eran Koli- conto del presente, di questo tem- universo. Un mondo che non esita rin al racconto a più dimensioni dei po immemore farcito di icone del a recuperare formati desueti, come portoghesi Abrantes e Schmidt. passato. accade con il super8 nel lavoro di Pensato in maniera più organica è Eric Baudelaire, o che si rivolge alla lo spazio concesso a due cinema- Carlo Chatrian grande tradizione narrativa ameri- tografie del sud-est asiatico che cana per dare forma ad un collage da qualche anno stanno cataliz- di frammenti eterogenei assoluta- zando l’attenzione degli addetti mente straordinario – è il caso di ai lavori. Combinando annotazioni Poussières d’Amerique di Arnaud cinematografiche a considerazioni Des Pallières. di carattere sociale e storico, tra-

panoramiques Editoriali 2

Année XXIII, n°53 CINÉMA EN NOIR ET ROUGE Revue de cinéma Film Commission Vallée d’Aoste - Progetti sostenuti 4 Fondateur Film Commission Vallée d’Aoste - Servizi 8 Luciano Barisone Babel, Festival della parola in Valle d'Aosta 9 Agenda 10 Directeur éditorial Sandra Bovo SCHEDE L’altra Verità di Marco Gianni 11 Directeur responsable Le amiche della sposa di Alessandro Stellino 12 Carlo Chatrian Cielo senza terra di Giona A. Nazzaro 13 Cirkus Columbia di Simone Emiliani 14 Rédaction Raphaël Bixhain, Andrea Carcavallo, The Conspirator di Leonardo Gandini 15 Alessandra Miletto, Federica Vastarini Corpo celeste di Giuseppe Gariazzo 16 A Dangerous Method di Daniele Dottorini 17 Collaborateurs Detective Dee e il mistero della fiamma fantasma di Simone Emiliani 18 Luciano Barisone Giuseppe Gariazzo Le donne del sesto di Sergio Sozzo 19 Paolo Bertolin Charlotte Garson Massimo Causo Roberto Manassero Drive di Mauro Gervasini 20 Emmanuel Chicon Giona A. Nazzaro Faust di Leonardo Gandini 21 Silvia Colombo Grazia Paganelli Le Gamin au vélo par Charlotte Garson 22 Alexine Dayné Daniela Persico Nora Demarchi Cristina Piccino In Purgatorio di Daniele Dottorini 23 Daniele Dottorini Sergio Sozzo The Hunter di Giuseppe Gariazzo 24 Simone Emiliani Irina Spinella Jane Eyre di Daniela Persico 25 Leonardo Gandini Alessandro Stellino London Boulevard di Mauro Gervasini 26 Melancholia di Leonardo Gandini 27 Michel Petrucciani: Body & Soul di Marco Gianni 28 Propriété Miracolo a Le Havre di Giuseppe Gariazzo 29 Région autonome Vallée d’Aoste The Next Three Days di Massimo Causo 30 Nostalgie de la lumière par Charlotte Garson 31 Direction et rédaction One Day di Alessandro Stellino 32 33, rue de – 11100 Aoste – Italie Tél. : +39 0165 26 17 90 Il primo incarico di Silvia Colombo 33 Courriel : [email protected] Questa storia qua di Alexine Dayné 34 I ragazzi stanno bene di Roberto Manassero 35 Administration Ruggine di Grazia Paganelli 36 Shame di Roberto Manassero 37 Terraferma di Massimo Causo 38 This Is England di Mauro Gervasini 39 Tomboy par Thierry Méranger 40 L’ultimo terrestre di Silvia Colombo 41 Il villaggio di cartone di Daniela Persico 42 When You’re Strange di Umberto Mosca 43

FESTIVAL 1, place Deffeyes – 11100 Aoste – Italie Mostra internazionale del Cinema, Venezia 2011 Tél. : +39 0165 27 34 13 / 32 La cultura dell'anima. Conversazione con Alexandr Sokurov Fax : +39 0165 27 33 96 Courriel : [email protected] a cura di Cristina Piccino 44 Identità, corpi, violenza, memoria. Conversazione con Gabriel Abrantes, a cura di Roberto Manassero 47 Graphisme et mise en page Il quotidiano nel fotogramma. Pier Francesco Grizi Conversazione con Eran Korilin, Charvensod (AO) – Italie a cura di Nora Demarchi 51

Impression ITLA - Aoste Festival dei Popoli, Firenze 2011 I segni del passato nel presente. Conversazione con Eric Baudelaire a cura di Cristina Piccino 54 Enregistrement au tribunal d’Aoste n°8/90

Revue semestrielle Torino FIlm Festival, Torino 2011 Expédition par abonnement postal La nebbia del tempo. Conversazione con Martín Boulocq Art. 2, alinéa 20/c de la loi n°662/96 – Aoste a cura di Roberto Manassero 57 Pour recevoir Panoramiques Assessorat de l’éducation et de la culture Festival internazionale del Film, Rotterdam 2012 Activités culturelles, musicales, théâtrales Una favola per audlti. et artistiques Conversazione con Dan Said 1, place Deffeyes – 11100 Aoste – Italie a cura di Paolo Bertolin 60 Courriel : [email protected] Come un treno in corsa. Conversazione con Jet Leyco

En couverture : a cura di Paolo Bertolin 65 Il peggior Natale della mia vita, foto di scena ©2012 Loris Zambelli Visions du réel, Nyon 2012 Le cinéma comme autobiographie des autres. Par Charlotte Garson 70 Si on peut le faire, pourquoi le faire ? Entretien avec Arnaud Des Pallières, par Luciano Barisone et Emmanuel Chicon 71 4

VALLE D'AOSTA P R OGETT I SOSTENUTI

IL COMANDANTE E LA CICOGNA

Regia: Silvio Soldini. Sceneggiatu- senza saperlo è diventata prota- di appassionati nascono Paesag- ra: Doriana Leondeff, Marco Pette- gonista di un filmato erotico su gio con figure (1983) e Giulia in nello, Silvio Soldini. Fotografia: Ramiro internet. Ai loro destini si intrec- ottobre (1985). Insieme a Giorgio Civita. Montaggio: Carlotta Cristiani. Sce- nografia: Paola Bizzarri. Musica: Banda ciano quelli di Elia, un ragazzi- Garini e Daniele Maggioni fonda Osiris. Interpreti: Alba Rohrwacher, Clau- no che va male a scuola e che in la casa di produzione Monogatari dia Gerini, Giuseppe Battiston, Valerio segreto ha allevato una cicogna, con la quale realizzerà, nel 1990, Mastandrea, Luca Zingaretti. Produzione: Amanzio, che ha mollato il lavo- il suo primo lungometraggio L’a- Lionello Cerri per Lumière & Co. Distribu- ro per vivere come una specie di ria serena dell’ovest. Autore colto zione: Warner Bros. Pictures Italia. Paese: eremita metropolitano, Teresa, la e raffinato, Soldini ha dimostrato Italia-Svizzera. Anno: 2012. moglie defunta di Leo che gli fa di trovarsi a proprio agio sia con visita ogni notte per fare quattro film più impegnativi, come Brucio Leo, un idraulico con due figli da chiacchiere… nel vento e Un’anima divisa in due, crescere, e Diana, una giovane che con commedie sentimenta- artista piena di idee e senza una Nato a Milano nel 1958 ed ori- li e rocambolesche, come Pane e lira, s’incontrano nello studio ginario del Canton Ticino, Silvio tulipani, Agata e la tempesta e Le dell’avvocato Malaffano, potente Soldini e si trasferisce a New York acrobate. e truffaldino, dove lei per pochi per studiare cinema. Da questa soldi affresca una parete della esperienza nasce Drimage, il suo Due giornate di riprese, dal 10 al 12 ot- sala d’aspetto e lui è venuto in primo cortometraggio. Torna a Mi- tobre 2011, nel villaggio di Soussun in cerca di aiuto per la figlia, che lano e dall’amicizia con un gruppo Val d’Ayas. Pellicola in post-produzione. 5

HURZELER… LE DERNIER CHERCHEUR D’OR

Regia: Pietro Giglio e Pietro Taldo. galena argentifera di Tête Carrée, di cielo” e “QM quimontagne” ed il Sceneggiatura: Pietro Giglio e Pie- posta a 3400 metri di quota nell’alto documentario “Il Cristo delle vette”. tro Taldo. Montaggio: Pietro Taldo. Mu- bacino del ghiacciaio del Miage. Tutte queste produzioni lo hanno vi- sica: Raffaele D’Anello. Interpreti: Pierre Lucat, Simone Gandolfo. Produzione: Pie- La miniera fu oggetto di uno sfortu- sto protagonista in qualità di regista, tro Giglio. Paese: Italia. Anno: 2012. Gene- nato tentativo di sfruttamento nel cineoperatore e autore. re: docu-fiction. Durata: 50 minuti. 1925 da parte del figlio Jean Hurze- Pietro Taldo è un giornalista presso ler che costruì nei pressi dell’imboc- la sede regionale RAI per la Valle Agli inizi del Novecento Emile Hur- co dell’antica miniera una capanna d’Aosta. Nella sua carriera ha cura- zeler decise di emigrare nel Tran- in legno. Lo sfruttamento del giaci- to in qualità di reporter-telecineo- svaal in Sudafrica per dedicarsi alla mento si rivelò ben presto impresa peratore i testi e le immagini di re- ricerca dell’oro. Fermato a Marsiglia pericolosa ed infruttuosa, e fu infine portage, documentari ed interviste. dai medici, si stabilì in Svizzera, poi abbandonato. Ha partecipato come responsabile a Chamonix e infine a Courmayeur della fotografia alla realizzazione di nel 1909, insieme alla moglie e ai fi- Giornalista e autore di guide e libri di documentari in Alaska e in Patago- gli. Allo scoppio della Grande Guer- carattere alpinistico, sciistico e turi- nia e ha realizzato diversi documen- ra Emile fu espulso con la famiglia stico, Pietro Giglio è l’ideatore della tari fra i quali “Tour del Monte Bian- dall’Italia per le sue idee pacifiste rivista “Environnement” edita dal- co”, “Tour del Monte Rosa, e “Trofeo e vi poté far ritorno solo a conflitto la Regione Valle d’Aosta. Fra le sue Mezzalama”. finito. Al rientro riprese il suo lavoro esperienze televisive e cinematogra- di falegname e rilevò la concessione fiche si ricordano in modo particola- Le riprese interessano la zona del Ghiac- per lo sfruttamento della miniera di re iprogrammi RAI “Valle d’Aosta a fil ciaio del Miage. Pellicola in produzione.

LA SUISSE D’EMILIO

Regia: Joseph Péaquin. Sceneggia- vive solo nella casa di famiglia e va all’Università di Grenoble. Dal tura: Joseph Péaquin. Produzione: non ha mai abbandonato il suo 1997 ad oggi, ha realizzato diver- RTS Radio Télévision Suisse e DOCFILM. villaggio natale di cui oggi è l’u- si documentari selezionati in vari Diffusione: TSR1 (RTS), TV5 Monde, 3SAT. Genere: documentario. Paese: Svizzera/ nico abitante, non si è mai preso festival internazionali (Locarno, Italia. Anno: 2012. Durata: 26 minuti. un giorno di vacanza e non ha mai Tokyo, Milano, Trento, Torino, Pa- visto il mare; nonostante questo rigi, Marsiglia, Namur, Hanoi…) e Emilio ha oggi ottant’anni. È nato non manca di nulla. È semplice- trasmessi in televisione (RAI, Tele- a Suisse, frazione del comune di mente felice e non si annoia mai. visione Svizzera RTS/RSI, France 3, Chamois nella Valtournenche e Il documentario racconta la quoti- Planète, VRT). ancora oggi vi abita. Quando era dianità di quest’uomo singolare. giovane, in estate lavorava i cam- pi insieme ai genitori e in inverno Joseph Péaquin è laureato in Le riprese, nella zona di Chamois, sono era solito confezionare gerle e Scienze della Comunicazione state effettuate fra febbraio e dicembre cestini. Non si è mai sposato. Ora con indirizzo in regia audiovisi- 2011. Pellicola in post-produzione.

IL PEGGIOR NATALE DELLA MIA VITA

Regia: Alessandro Genovesi. Sce- Margherita alle prese con un Natale e Gabriele Salvatores. Con quest’ulti- neggiatura: Alessandro Genovesi, davvero indimenticabile, con una mo collabora alla scrittura del film Fabio De Luigi. Interpreti: Fabio De Luigi, gravidanza alle porte e una vacanza Happy Family (2010). È co-sceneg- Cristiana Capotondi, Diego Abatantuo- no, Antonio Catania. Produzione: Co- piena di buffi imprevisti nel magnifi- giatore e regista della fortunata com- lorado Film Production. Distribuzione: co Castel Savoia di Gressoney Saint- media La peggior settimana della mia Warner Bros Pictures Italia. Paese: Italia. Jean, ribattezzato per l’occasione vita (2011) che rappresenta il suo Anno: 2012. Castello Caccia. esordio dietro la macchina da presa.

Sequel della fortunata pellicola “La Alessandro Genovesi nasce a Milano Periodo di riprese in Valle d’Aosta, peggior settimana della mia vita”, nel 1973. Inizia a collaborare con la compreso fra il 12 marzo e il 28 aprile il film narra le vicende di Paolo e Colorado Production di Maurizio Totti 2012. Pellicola in produzione. 6

T.I.R.

Regia: Alberto Fasulo. Sceneggia- si riflettono nel paesaggio durante cini. Diventa fonico di presa diretta tura: Alberto Fasulo. Produzione: le interminabili ore di viaggio: il sé e avvia collaborazioni con Gian- Genere: Paese: Faber Film. documentario. e l’altro, la distanza da casa, il sen- franco Pannone, Massimo Coppola Italia. Anno: 2012. so di estraneità… e Alessandro Rossetto e operatore Un lavoro alienante che nasce da alla macchina in L’Orchestra di Piaz- una passione e si trasforma in una Alberto Fasulo è nato a San Vito al za Vittorio di Agostino Ferrente. Nel dipendenza. Un “non-luogo” di Tagliamento. Ha iniziato il suo per- 2008 realizza Rumore bianco, film 5000 km abitato da una strana tri- corso di formazione cinematogra- documentario che ha ottenuto rico- bù di nomadi: i camionisti. Unisco- fica attraverso le opere di alcuni noscimento in vari festival interna- no l’est con l’ovest, attraversando maestri del cinema documentario: zionali ed è stato distribuito in Italia sette nazioni europee da Kiev a Wiseman, De Seta, Van Der Keuken, dalla Tucker. Nel 2011 il suo corto- Lisbona. Uomini e donne solitari Kramer. Il suo primo approccio con metraggio Atto di dolore è seleziona- che seguono una passione traman- il cinema documentario avviene nel to in concorso a Visions du réel. data, abitando dentro enormi case 1998 come personaggio-attore in ambulanti. Storie che si sfiorano e Bye Bye One di Alessandro Rossetto. Le riprese hanno interessato la Valle s’incrociano lungo la strada o nelle Dal 2001 inizia a collaborare con al- d’Aosta nel periodo novembre-dicem- aree di sosta. Flussi di coscienza che tri registi, tra cui Francesca Comen- bre 2011. Pellicola in lavorazione.

LEGS OF STEEL

Regia: Andre Nutini. Fotografia: bazie fra Canada e Valle d’Aosta. Il Grande appassionato di cinema e di Andre Nutini. Interpreti: Tobi Reindl, valdostano Andrea Miletto (Tracks sport estremi cerca da sempre di co- Paddy Graham, Bene Mayr, Thomas Hla- European Adventures) ha coordi- niugare le sue passioni nella realiz- wischka. Produzione: Legs of Steel, Oakley, Red Bull Media House. Distri- nato la parte di riprese che hanno zazione di filmati ad alto contenuto buzione: Red Bull Media House. Genere: interessato le piste di La Thuile e spettacolare. Esordisce nel settore Film sportivo. Paese: Germania. Anno: Courmayeur nei mesi di febbraio e con la pellicola Life Cycles dedicata al 2012. Durata: 50 minuti versione per aprile 2012, affiancando la troupe e mondo della mountain bike e prose- cinema e per download digitale, 15 min. versione online. il regista canadese Andre Nutini. La gue la sua esperienza collaborando produzione rientra nell’ambito del con diverse realtà produttive inter- I migliori freeskiers del mondo ri- circuito internazionale “Red Bull”. nazionali. uniti in uno “skimovie” realizzato nei paradisi del freeride di Europa e Giovane filmmaker canadese origi- Dodici giorni di riprese, da febbraio ad America. Gli atleti di “Legs of Steel” nario della British Columbia, Andre aprile 2012, fra La Thuile e Courmayeur. si cimentano in spericolate acro- Nutini ha studiato al Selkirk College. Pellicola in lavorazione. 7

NON COSÌ LONTANO

Regia: Hervé Barmasse. Testi: affrontare l’ascesa delle tre prin- tagna, diventando prima maestro Enrico Camanni. Montaggio: Gia- cipali vette valdostane (Monte di sci e poi, a soli 22 anni, guida como Berthet, Alessandra Conti, Enrico Bianco, Monte Rosa e Cervino). alpina. Inizia quindi una fortunata Deni. Riprese: Giacomo Berthet, Damia- no Levati, Hervé Barmasse. Musica: Vin- Il suo approccio è comunque ori- carriera da alpinista che lo porta cent Boniface, Remy Boniface e il grup- ginale, attraverso l’esplorazione in giro per il mondo offrendogli po Abnoba. Interpreti: Hervé Barmasse, di rotte poco battute in periodi la possibilità di scalare le più im- Marco Barmasse, Ike Pou, Eneko Pou. dell’anno del tutto inusuali. Le portanti vette del globo e di aprire Produzione: A.S.D. Les Yeux du Mont immagini mozzafiato offrono allo nuove vie agli appassionati. Hervé Cervin. Genere: documentario. Paese: spettatore un punto di vista privi- Italia. Anno: 2012. è anche un appassionato e compe- legiato sulla natura che circonda i tente autore di documentari a ca- giganti delle Alpi. Il progetto nasce dall’esigenza rattere alpinistico. di confrontarsi, dopo aver visita- to diversi angoli del pianeta, con Discendente di una famiglia di Periodo di riprese in Valle d’Aosta com- le montagne della valle d’Aosta. guide alpine, Hervé Barmasse de- preso fra marzo e ottobre 2011. Pro- In compagnia di pochi amici sca- dica la sua intera esistenza, fin da iezione della pellicola al Trento Film latori Barmasse decide quindi di ragazzo, alla passione per la mon- Festival 2012.

VIRUS

Un programma di Francesco Cin- VIRUS è un format unico nel suo ge- RAI Movie. Cinquemani è anche uno quemani. Regia: Monica Gambino. nere, riunisce, infatti, le caratteri- degli ideatori dell’Ostia Film Festi- Sceneggiatura: Francesco Cinquemani. stiche della Sitcom, del Reality, del val, rassegna cinematografica, giun- Con: Gip Cutrino, Roberta Garzia, Mec Pi- programma di attualità e d’informa- ta nel 2011 alla terza edizione, che cello, Paco Rizzo. Produzione: Rai Movie. Genere: Sitcom/Reality/informazione ci- zione cinematografica. Il contagio si propone di promuovere le migliori nematografica. Paese: Italia. Anno: 2012. si diffonderà nel mondo dello spet- pellicole italiane e internazionali in- Durata: 21 puntate (4 in Valle d’Aosta) da tacolo, coinvolgendo attori, attrici, sieme alla creatività di giovani artisti 15 minuti in onda su Rai Movie. registi, produttori, cantanti e uffici emergenti. stampa nazionali e internazionali. Grazie a un cv di Bruno Vespa scari- Le riprese hanno interessato molte loca- lità valdostane (Courmayeur, Val Ferret, cato da internet Gip e Robbie sono Francesco Cinquemani è uno scritto- Breuil Cervinia, Saint- Barthélemy, Ao- incaricati dal network di realizzare re e regista televisivo, autore di una sta, Verrès, Hône) nel periodo dal 6 al 12 un programma d’approfondimento serie di iniziative originali e speri- dicembre 2011. Quattro puntate in onda cinematografico serio e rigoroso... mentali come la trasmissione RAI Vi- a partire da martedì 10 aprile 2012 sul Con Gip Cutrino e Roberta Garzia rus, trasmessa dal canale satellitare canale satellitare Rai Movie. 8 film commission vallee d’aoste

CONTATTI FILM FUND 2012

Sede il Film Fund è lo strumento operativo attraverso il quale Fondazione Via Parigi, 33 Film Commission Vallée d’Aoste può realizzare interventi in conformità 11100 Aosta ai propri scopi e finalità. Il regolamento, scaricabile in versione PDF dal sito della Film Commission, si articola in quattro capi. Il personale di Film Commission Vallée d’Aoste riceve su appuntamento Capo I Capo III Fondo per lo sviluppo Fondo per lo sviluppo Consiglio di della produzione audiovisiva della produzione documentaria Amministrazione e delle opere prime Destinato a opere audiovisive, mul- timediali e cinematografiche dal Tale capo intende promuovere e Luciano Barisone, Presidente comprovato valore artistico e dalle valorizzare la realizzazione di ope- Claudio Mus, Vice Presidente riconosciute potenzialità a livello re a carattere documentario e delle Roberto Domaine, Consigliere distributivo o presso i vari circuiti c.d. opere prime e promuovere lo Marco Morelli, Revisore dei conti di diffusione, tale capo ha l’obiet- sviluppo delle imprese valdostane tivo di promuovere e valorizzare il che operano nel settore della pro- STAFF patrimonio culturale, ambientale, duzione audiovisiva di qualità. Il paesaggistico, turistico, rurale, sto- sostegno alle opere è regolamen- Direttore rico e le tradizioni della Valle d’A- tato da un bando, scaricabile sul Carlo Chatrian osta e incentivare l’imprenditoria sito della Film Commission, le cui [email protected] regionale. Le richieste di sostegno sessioni scadono il 30 aprile 2012 sono esaminate mese per mese e e il 17 settembre 2012. Il contri- Funzionari il contributo, erogabile fino a una buto, erogabile fino a una cifra di Andrea Carcavallo cifra di 80.000 euro, è corrisposto 50.000 euro, è corrisposto a fronte [email protected] a fronte di fatture quietanziate per di fatture quietanziate per spese spese sostenute sul territorio val- sostenute sul territorio valdostano Alessandra Miletto dostano pari al 150% del finanzia- pari al 120% del finanziamento ri- [email protected] mento richiesto. chiesto.

Amministrazione Capo II Capo IV Monica Amato Fondo per il sostegno Fondo per il sostegno [email protected] ad opere audiovisive di particolare alla post-produzione rilevanza artistica ed economica e alla distribuzione Tale capo è destinato a opere Ha come obiettivo principale soste- Tel/Fax: +39 0165261790 audiovisive e cinematografiche nere la finalizzazione e la diffusio- E-Mail: [email protected] dall’alto potenziale artistico ed ne di opere che contribuiscono alla Web: www.filmcommission.vda.it economico. È rivolto a opere audio- promozione dell’immagine della visive e multimediali da realizzarsi Valle d’Aosta e del suo patrimonio prevalentemente sul territorio val- o che stimolano il suo tessuto pro- dostano. Le richieste di sostegno duttivo e sostengono l’occupazio- sono valutate in due sessioni an- ne locale. Le richieste di sostegno nuali (15 marzo e 15 settembre) e sono esaminate mese per mese e il contributo, erogabile fino a una il contributo, erogabile fino a una cifra di 180.000 euro, è corrisposto cifra di 20.000 euro, è corrisposto a fronte di fatture quietanziate per a fronte di fatture quietanziate per spese sostenute sul territorio val- spese sostenute sul territorio val- dostano. dostano pari al 120% del finanzia- mento richiesto.

Tutte le informazioni relative al FILM FUND, al suo regolamento e al bando sono reperibili sul sito web www.filmcommission.vda.it

Info: [email protected] Regione autonoma Valle d’Aosta Assessorato Istruzione e Cultura

VENERDì 27 APRILE MERCOLEDì 2 MAGGIO 11.00 CASA DI BABEL 18.00 CASA DI BABEL RICONOSCIMENTO E CONTROLLO LIBERTÀ D’AMARE DEL DIRITTO DI LIBERTÀ Anna Kanakis e Aldo Cazzullo Salvatore Guglielmino film commission vallee d’aoste 19.00 LIBRERIA AGORÀ 16.00 e 20.00 THéÂTRE DE LA VILLE

ASSAGGI LETTERARI: GLI AUTORI VALDOSTANI FILM PARADISO AMARO Renato Dattola 17h00 CASA DI BABEL

21.00 PALAIS SAINT-VINCENT LE GRAND TOURNANT GIORGIA: DIETRO LE APPARENZE. TOUR 2012 DES SOCIéTéS HUMAINES Paul Jorion la libertà SABATO APRILE 28 18.00 CASA DI BABEL 11.00 CASA DI BABEL LIBERTÀ DELL’EROS LIBERTÀ DI SOGNARE Domenico Starnone Younis Tawfik 18.00 e 22.00 THéÂTRE DE LA VILLE 14.00 / 16.00 CASA DI BABEL FILM E ORA DOVE ANDIAMO? laFESTIVAL DELLAlibertà PAROLA IN VALLE D’AOSTA TOCCA/GUARDA/CONFRONTA GLI E-BOOK READER 19.00 LIBRERIA AGORÀ ASSAGGI LETTERARI: GLI AUTORI VALDOSTANI VENERDì APRILE LUNEDì APRILE 16.00 CASA DI BABEL Paolo Curtaz 20 23 LIBERTÀ DI VINCERE 17.00 PIAZZA éMILE CHANOUX 9h00 CASA DI BABEL Manuela Di Centa GIOVEDì MAGGIO APERTURA UFFICIALE DEL FESTIVAL PRINTEMPS ARABE: LE RÔLE DES 3 CASA DI BABEL E DELLA LIBRERIA DI BABEL RéSEAUX SOCIAUX 18.00 18.00 CASA DI BABEL LIBERTÀ DI ESSERE SE STESSI con la partecipazione della Banda Frédéric Encel LIBERTÀ DI LOTTARE Mauro Corona musicale Musikkapelle La Lira di Issime Sonia Alfano CASA DI BABEL 10h30 CENTRO SAINT-BéNIN CASA DI BABEL LA LIBERTé DANS LA LITTéRATURE 19.00 19.00 LIBRERIA AGORÀ 17.30 GIORGIO DE CHIRICO. LIBERTÀ DI PENSIERO FRANCOPHONE DU XXE SIECLE ASSAGGI LETTERARI: GLI AUTORI VALDOSTANI IL LABIRINTO DEI SOGNI E DELLE IDEE Fabrizio Del Noce Simonetta Valenti Virgilio Giacchetto Inaugurazione esposizione CASA DI BABEL / LIBRERIA AGORÀ 18.30 9.30 16.45 CASA DI BABEL VENERDì MAGGIO LIBERTÀ DELLA SPERANZA UNIVERSITÀ DELLA VALLE D’AOSTA A BABEL 20.30 4 LIBERTOù D’ESPRéCHON: Franco Scaglia CASA DI BABEL LO TéATRO EUN PATOUé 9.00 17h00 CASA DI BABEL LIBERTÀ DELL’AVVENTURA 19.30 LIBRERIA AGORÀ PRINTEMPS ARABE: SUCCèS ET éCHECS Pierdomenico Baccalario ASSAGGI LETTERARI: GLI AUTORI VALDOSTANI Frédéric Encel DOMENICA APRILE Daniele Gorret 29 16.30 CASA DI BABEL 18.00 CASA DI BABEL 11.00 CASA DI BABEL LIBERTÀ DI CAMBIARE IL MONDO 20.30 CASA DI BABEL LIBERTÀ DI RACCONTARE IL DOLORE LIBERTÀ DI CRONACA Giorgia Meloni LIBERTÀ NELLA MUSICA D’AUTORE Dacia Maraini Roberta Mani e Roberto Rossi Dario Salvadori 18.00 CASA DI BABEL 19.00 LIBRERIA AGORÀ 16.00 CASA DI BABEL LIBERTÀ DI SOGNARE IL MONDO 21.00 BIBLIOTECA REGIONALE ASSAGGI LETTERARI: GLI AUTORI VALDOSTANI LIBERTÀ IN AFRICA E LIBERTÀ DELLA POVERTÀ Dario Franceschini LA PAROLA E L’INGANNO: TECNICHE Fiorenza Cout e Marco Gal Alberto Salza DI SIMULAZIONE DA OMERO ALLA 19.00 LIBRERIA AGORÀ PRIMA REPUBBLICA 20.30 CASA DI BABEL 18.00 CASA DI BABEL ASSAGGI LETTERARI: GLI AUTORI VALDOSTANI “SOLO” DEDICATO A LUCIO LIBERTÀ DI INDIGNARSI Carlo Curtaz Marco Alemanno e Beppe D’Onchia Maurizio Viroli SABATO APRILE 21 LIBRERIA AGORÀ SABATO MAGGIO CASA DI BABEL MARTEDì APRILE 19.00 5 11.00 ASSAGGI LETTERARI: GLI AUTORI VALDOSTANI IL CARATTERE TIPOGRAFICO 24 CASA DI BABEL Maria Gemma Vigna 11.00 «VALLéE D’AOSTE»: LA GRAFICA 16.00 e 20.00 THéÂTRE DE LA VILLE LA LIBERTÀ D’IMPRESA: PER RESTITUIRE LA STORIA FILM LA TALPA CRITICITÀ E PROSPETTIVE LUNEDì APRILE 15h00 CASA DI BABEL 18.00 CASA DI BABEL 30 14.00 / 17.00 CASA DI BABEL AUTOUR DE CHANOUX. LA RENAISSANCE LIBERTÀ DI RICOSTRUIRE IL MONDO 18.00 CASA DI BABEL TOCCA/GUARDA/CONFRONTA DES LIBERTéS VALDÔTAINES Don Mazzi e Elio Matassi LIBERTÀ DI SENTIRSI LIBERI GLI E-BOOK READER Vittorino Andreoli 16.30 CASA DI BABEL 18.15 e 22.10 THéÂTRE DE LA VILLE 18h00 CASA DI BABEL IL FUTURO DEI LIBRI E I LIBRI DEL FUTURO FILM CESARE DEVE MORIRE 19.00 LIBRERIA AGORÀ PORTRAIT DE JEANNE ASSAGGI LETTERARI: GLI AUTORI VALDOSTANI TROIS ARTISTES POUR JANNE D’ARC 18h00 CASA DI BABEL 19.00 LIBRERIA AGORÀ Emanuela Sebastiani LE PRINTEMPS ARABE ASSAGGI LETTERARI: GLI AUTORI VALDOSTANI 19.00 LIBRERIA AGORÀ Luciano Gratteri e Marina Bari MARTEDì MAGGIO ASSAGGI LETTERARI: GLI AUTORI VALDOSTANI 19.00 LIBRERIA AGORÀ 1 Claudia Nardon THéÂTRE GIACOSA ASSAGGI LETTERARI: GLI AUTORI VALDOSTANI 21h00 CASA DI BABEL CHATROOM 11.00 Erika Diémoz LIBERTÀ DI NON DIMENTICARE 21.00 PALAIS SAINT-VINCENT Maria Teresa Milano EUGENIO FINARDI IN CONCERTO 20.30 CASA DI BABEL MERCOLEDì APRILE LIBERTOù DE RIIE EUN MEZEUCCA 25 16.00 CASA DI BABEL DOMENICA MAGGIO 14.30 CASA DI BABEL DESTINAZIONE MEMORIA: 6 DOMENICA APRILE GIOCHI IN LIBERTÀ E LIBERTÀ DI GIOCO ANDATA E RITORNO 11.00 CASA DI BABEL 22 LIBERTÀ DI PENSARE LA STORIA e THéÂTRE DE LA VILLE 11.00 CASA DI BABEL 16.20 20.15 16.00 e 20.00 THéÂTRE DE LA VILLE Paolo Di Paolo e Salvatore Silvano Nigro LIBERTÀ DI DENUNCIA FILM CESARE DEVE MORIRE FILM E ORA DOVE ANDIAMO? Furio Colombo e Bruno Quaranta CASA DI BABEL CASA DI BABEL 16.00 18.00 18.00 CASA DI BABEL LIBERTÀ D’ESSERE RICCHI LIBERTÀ DELL’INVENZIONE NARRATIVA / CASA DI BABEL LA LIBERTÀ DENTRO E FUORI Antonio Caprarica 14.00 16.00 Enrico Pandiani TOCCA/GUARDA/CONFRONTA Alessandro Marchetti CASA DI BABEL GLI E-BOOK READER e THéÂTRE DE LA VILLE 18.00 18.00 22.00 18.00 e 22.00 THéÂTRE DE LA VILLE LIBERTÀ DELL’ARTE FILM LA TALPA 16.00 CASA DI BABEL FILM PARADISO AMARO Giovanni Allevi LIBERTÀ DI RIDERE 19.00 LIBRERIA AGORÀ LIBRERIA AGORÀ Paolo Villaggio 19.00 ASSAGGI LETTERARI: GLI AUTORI VALDOSTANI ASSAGGI LETTERARI: GLI AUTORI VALDOSTANI Loredana Faletti Sofia Cossard 18.00 CASA DI BABEL LA LIBERTÀ DI UNA CITTÀ POETICA GIOVEDì APRILE Giampiero Mughini 26 AOSTA CASA DI BABEL LIBRERIA AGORÀ 18.00 PIAZZA éMILE CHANOUX 19.00 LIBERTÀ DI SVELARE I SEGRETI ASSAGGI LETTERARI: GLI AUTORI VALDOSTANI Enzo Ghinazzi in arte PUPO Deborah Scanavino www.regione.vda.it | www. babelfestival.it 19.00 LIBRERIA AGORÀ ASSAGGI LETTERARI: GLI AUTORI VALDOSTANI segui le dirette su www.vivila.tv Bruno Germano ricorda Rosanna Monami L'Assessore Laurent Viérin con Fabio de Luigi e Diego Abatantuono sul set di Il peggior Natale della mIa vita

• Concorso Internazionale (opere dedicate ai Parchi o XVI Gran Paradiso ambientate nelle aree protette, con un focus partico- lare sul rispetto per la natura e sull’approfondimento International Nature delle tematiche ambientali) Film Festival/ • CortoNatura (sezione inaugurata nell’ambito della Trofeo Stambecco d’Oro presente edizione e riservata ai cortometraggi, di ogni 20-25 agosto 2012 genere, sul tema della Natura, della durata massima di 15 minuti) L’edizione 2012 – organizzata in occasione del • Rassegna 90 anni di storia (filmati storici provenienti 90° anniversario dall’istituzione del Parco Nazionale dai parchi nazionali italiani e dedicati alla storia delle Gran Paradiso – è dedicata alle aree protette e aree protette) vedrà coinvolti i comuni di Cogne (sede prin- cipale del Festival), Aymavilles, Rhêmes-Saint- • De Rerum Natura (Ciclo di appuntamenti dedicati Georges, Valsavarenche, Locana. Il tema del all’approfondimento del rapporto tra uomo e natura. Tra essi si segnala il “Concorso di idee De Rerum Na- Festival è in sintonia con la vocazione natura- tura” per lo sviluppo di progetti di film-documentari listica e la ricca biodiversità del territorio del naturalistici, tra i quali il Gran Paradiso International Gran Paradiso. L’edizione speciale del Festival Nature Film Festival – Trofeo Stambecco d’Oro finanzie- si articolerà in 4 sezioni: rà con 5.000 € il progetto ritenuto migliore)

Strade del Cinema taglia nel 2012 il traguardo Strade del cinema della sua decima edizione. E lo fa all’insegna del- Festival internazionale la commedia, presentando una selezione di medio e lungometraggi muti interpretati dai grandi attori del cinema muto comici dell’epoca del muto. Ad accompagnarli dal musicato dal vivo vivo alcuni tra i migliori esponenti della musica Aosta, 7-11 agosto 2012 contemporanea. In programma anche una master- class per compositori di musica per l’audiovisivo. il giro del mondo saison culturelle in 60 film 11 L’ALTRA VERITÀ Route Irish

Regia: Ken Loach. Sceneggiatura: Paul Laverty. Fotografia: . Mon- taggio: Jonathan Morris. Musica: George Fenton. Interpreti: Mark Womack, John Bishop, Najwa Nimri, Trevor Williams, Stephen Lord, Andrea Lowe, Geoff Bell, Jack Fortune, Talib Rasool, Craig Lundberg, Russell Anderson, Jamie Mi- chie, Bradley Thompson, Daniel Foy, Maggie Southers, Anthony Schumacher, Donna Elson, Jaimes Locke. Produzione: Sixteen Films. Distribuzione: Bim. Pae- se: Francia, Gran Bretagna, Italia. Anno: 2010. Durata: 109 minuti.

Tra le nuove corrispondenze generate due spazi nei quali affonda il proprio ria, industriale o militare. Scorrendo dalla fruizione audiovisiva nell’epoca sguardo: le acque dell’oceano e una tuttavia la sua produzione, fatta di della frammentazione mediale, ce n’è bara sigillata. poco più di 20 lungometraggi dai una, particolarmente leggibile a chi ha Mettiamoci di conseguenza a dialoga- tempi di Kes (1969), si può davvero cominciato la propria vita di spettato- re con l’autore di L’altra verità come si dire che l’interesse di Loach sta so- re all’epoca della sacralità del film e fa con un regista di genere con il quale prattutto nella volontà di indagare del suo autore, e che riguarda la proli- si stringe un patto in apparenza con- il rapporto quasi sempre conflittua- ficità della produzione di un determi- traddittorio: perché la nostra conver- le tra l’interiorità della persona e il nato regista e la serialità nella quale sazione sia personale, affettiva, viva, suo essere sociale. Fergus Malloy ne è oggi obbligatoriamente suddivisa assolutamente non deroghiamo dalla è un esempio evidente, con la du- ogni nostra aspirazione emotiva di convenzionalità delle regole narrative plicità della sua identità (il Fergus spettatore. che entrambi conosciamo così bene. sentimentale, dipendente dai pro- Ken Loach autore seriale? Per chi lo Ecco allora che nelle pieghe di una vi- pri affetti, si alterna al Fergus arido segue da questo lato dello schermo, cenda estremamente convenzionale e spietato, dominato dall’ansia di il passo della sua produzione è solido (non ci sono vere battaglie, in L’altra vendetta). Ma come lui anche l’Eric e regolare, la natura della sua ispira- verità: gli scontri a fuoco, le esplosio- Bishop di Looking for Eric, diviso tra zione codificata e condivisa, la rico- ni, anche le torture più cruente com- la voglia di andare a picco e le solle- noscibilità della sua firma universale. pongono uno sfondo di frammenti citazioni degli amici e dei famigliari Ma soprattutto, il piacere di rivedersi che arreda uno spazio che resta alle a ridare una direzione alla propria periodicamente non sta tanto nel pre- spalle dei protagonisti), ritroviamo il vita. Per non parlare del Damien testo narrativo (l’«invito» che il regi- gusto di alcune scene intime, come la O’ Sullivan di Il vento che accarezza sta ci rivolge ogni due anni), quanto gita sul traghetto nel corso della quale l’erba, innamorato della causa indi- nel gusto di ritrovare e riconoscere Fergus spiega a Rachel di essere due pendentista irlandese al punto da l’inflessione di una voce conosciuta e persone l’una all’opposto dell’altra, farsene inflessibile testimone, con- amata, nella singolarità di ogni cellula inconciliabili, e che quando non sono tro i suoi stessi compagni di lotta. narrativa più che nel quadro d’insie- insieme lui è altro dall’uomo che le sta Un’altra traccia che resterà di L’altra me dell’opera che ci propone. parlando in quel momento. Oppure la verità è quella della classicità del suo Proviamo allora a raccontarci L’altra nettezza di una contraddizione che stile: il film ha una cornice (si apre e verità come un film di genere, o me- esplode con forza quando Fergus ca- si chiude alla stessa maniera, con le glio come un film multigenere nel pisce di aver smarrito la via del ritorno onde della baia di Liverpool che in- quale prevale il noir con qualche pun- dal labirinto di violenza che pensava crespano la superficie dello scher- tata nel war-movie e nel thriller. Dal di conoscere meglio di chiunque. mo), un tema principale (un mistero noir, in particolare, mutua il tropismo Loach, molto simile in questo al suo da svelare) e dei sottotemi (l’amici- della maledizione del protagonista, protagonista, è un artista tenace nel zia, l’amore, l’attualità della guerra in del suo destino segnato dall’inizio, ricondurre ogni cosa a sé, un artista Iraq). E soprattutto declina la propria dell’impossibilità di sfuggire al ci- che resta affezionato a un linguag- morale attraverso una molteplicità clo di una violenza subìta/generata/ gio piano, controllato, concentrato di punti di vista. Il dramma di Fergus, subìta. Dalla prima inquadratura, dalla sulla ricerca della semplicità. L’abi- come quello di tutti gli eroi classici, prima sequenza (introduzione/titoli/ tudine vuole che lo si etichetti come è quello di non poterli conciliare tut- prima scena), prima ancora di sapere autore interessato al sociale, inteso ti, se non annientando se stesso e la dove si trova, intuiamo che la «Route come scontro tra la debolezza di propria umanità. Irish» del titolo originale del film con- un singolo e l’arbitraria autorità di durrà Fergus Malloy a dividersi tra i un’oligarchia istituzionale, finanzia- Marco Gianni il giro del mondo 12 in 60 film saison culturelle LE AMICHE DELLA SPOSA Bridesmaids

Regia: Paul Feig. Sceneggiatura: Annie Mumolo, Kristen Wiig. Fotografia: Robert D. Yeoman. Montaggio: William Kerr, Mi- chael L. Sale. Musica: Michael Andrews. Interpreti: Kristen Wiig, Maya Rudolph, Rose Byrne, Melissa McCarthy, Ellie Kem- per, Wendi McLendon-Covey, Jon Hamm, Chris O’Dowd, Matt Lucas, , Jessica St. Clair, Kali Hawk, Rebel Wilson, Greg Tuculescu, Lynne Marie Stewart, Andy Buckley, Michael Hitchcock, Joe Nu- nez, Tim Heidecker. Produzione: Apatow Productions, Universal Pictures. Distri- buzione: Universal Pictures. Paese: USA 2011. Durata: 125 minuti.

Negli ultimi vent’anni Judd Apatow un’interminabile esibizione di equi- viaggio in aereo). È evidente la vo- ha ridefinito la commedia hollywoo- librio lungo la striscia bianca sull’a- glia di restituire all’immaginario po- diana, imponendo uno stile di scrit- sfalto. C’è una sola gag a spezzare polare una forma comica più conte- tura riconoscibile e contrassegnan- l’andamento pacato, ed è quella che, nuta ed equilibrata, in cui i momenti do con il proprio marchio una serie alla lontana, richiama la comicità de- esilaranti (il personaggio di Megan, di opere che, anche se non da lui menziale dei Farrelly: le amiche si irresistibilmente caratteriale e so- firmate o dirette, risultano a tutti gli recano nel negozio di abiti da sposa, vrappeso, fornisce gli strappi più effetti come sue. Rientra in quest’ul- dove una dopo l’altra vengono colte evidenti in questo senso) si alter- tima categoria anche Le amiche della da un incontenibile subbuglio inte- nano a quelli più introspettivi, an- sposa, tesa a scandagliare con ironia stinale che provocherà imbarazzo e che se non sempre il tutto funziona le dinamiche proprie dell’amicizia danni. Ma quella che a prima vista alla perfezione: la scelta di optare al femminile, ribaltando molte delle potrebbe sembrare una concessio- per tempi dilatati è tanto coraggio- attese di chi si aspetterebbe l’enne- ne alla volgarità, a ben vedere non sa quanto rischiosa e il regista, che sima variante di Sex and the City. Il è altro che l’ennesimo sberleffo viene dalla pratica televisiva, forse sesso latita e la città non è la metro- nei confronti di un genere che ri- manca della personalità necessaria poli che mai non dorme, ma la defi- trae spesso e volentieri l’universo a gestire l’impianto. Ma anche que- lata e sonnacchiosa Milwaukee, nel femminile come popolato da oche sta potrebbe essere una scelta ben Wisconsin. È a partire dall’insolita strillanti di fronte al lusso dei capi precisa e resta da capire fino a che ambientazione che si può comincia- firmati. punto Apatow sia in grado di condi- re a ragionare sul film: lontani dai Quella di Apatow è una commedia zionare i progetti che produce e in- viali delle città californiane e dal del disagio: al di là del lieto fine (ra- dirizzarli secondo le proprie inten- forsennato shopping newyorkese, i ramente evitato, ma spesso sempli- zioni. A favore di quest’ipotesi vi è ritmi più rilassati di una città che in cemente ripristinatore di uno status la considerazione che, se nel finale pochi visiterebbero informano quel- quo non necessariamente positivo), la pace viene ristabilita, come sem- li del film. Nell’immobilità di certe è l’amarezza di certe incompren- pre, nei film firmati Apatow, resta in inquadrature e nell’assenza di conci- sioni e la banale tragicità della vita primo piano la difficoltà nell’impo- tazione tra botta e risposta, causa ed quotidiana a contraddistinguere stare rapporti maturi e dalle basi so- effetto, sta la virtù di un film che si i personaggi del film e la loro vita, lide (40 anni vergine), di affermare sottrae alla moda imperante e sem- così come lo scarto tra aspirazioni la propria individualità in maniera bra voler guardare al cinema delle e risultati. I preparativi per il matri- serena e al di là delle rivalità, così origini, quando lo «slapstick» im- monio della sposa, infatti, mettono come l’inadeguatezza di fronte alle mobilizzava la risata o la proiettava a repentaglio i rapporti interni al scelte importanti (Quasi incinta). fuori campo. L’espediente burlesco gruppo di amiche e finiscono per ti- Allo stesso tempo, il messaggio ul- vive di ripetizione e ripiegamento su rare fuori il peggio di ciascuna, tra timo riguarda proprio tale inade- se stesso: ad esempio quando le due invidie e bassezze. In un film dove guatezza uniformemente diffusa: testimoni si sfidano a forza di discor- le figure maschili sono pressoché tutto si gioca sulle potenzialità di si di ringraziamento sempre più as- assenti non stupisce che a firmare la accettazione e riscatto di ciascuno, surdi e incomprensibili, o quando la sceneggiatura siano due donne: la e la consapevolezza della propria protagonista fermata al volante per protagonista Kristen Wiig e un’altra imperfezione è il punto di partenza sospetta guida in stato di ebrezza si attrice, Annie Mumolo, che si ritaglia per la ricostruzione di una parvenza oppone alla multa testimoniando la una breve apparizione (è la donna in di socialità. propria condizione non-acolica con preda a una crisi di nervi durante il Alessandro Stellino il giro del mondo saison culturelle in 60 film 13 CIELO SENZA TERRA

Regia: Giovanni Davide Maderna, Sara Pozzoli. Sceneggiatura: Giovanni Davide Maderna, Sara Pozzoli. Montaggio: Gio- vanni Davide Maderna, Sara Pozzoli. In- terpreti: Eugenio Maderna, Giovanni Da- vide Maderna. Produzione: Quarto Film, Vivo Film, Rai Tre Radiotelevisione Italia- na. Distribuzione: Vivo Film. Paese: Italia. Anno: 2010. Durata: 123 minuti.

Cielo senza terra segna una fertilis- terra i registi ipotizzano con grande de corpo a contatto con i corpi che lo sima frattura negli equilibri estetici lucidità che il cinema è soprattutto popolano. del cinema di Giovanni Maderna. Per un muoversi insieme. Maderna con Per certi versi Maderna e Pozzoli si quanto interessanti, i suoi preceden- il figlio, l’immagine come altro rea- muovono in un territorio non diver- ti lungometraggi soffrivano di un’e- le della cosa vista e come lotta con so da quello esplorato da Terrence vidente claustralità che impediva al l’esistente. Malick. Il sentimento di una natura cinema di respirare tra i fotogrammi In questo modo il cinema diventa potente misteriosa, per quanto priva dei suoi film. Giunge quindi come una mappatura del territorio, inte- del respiro confessionale del regista un’entusiasmante sorpresa la rive- so anche in senso fisico; e al tempo statunitense, si offre come punto di lazione di questo Cielo senza terra stesso viene concepito un attraver- fuga del progetto cinematografico. nella quale il regista si offre a una samento di luoghi e tempi che è an- Il cinema si ritrova elemento fra gli sensuale danza senza rete di sicurez- che traccia di un paesaggio interiore. elementi, luogo dove riorientarsi per za come felice preda di una ritrovata Cielo senza terra riporta il cinema ritornare nel mondo come presenza. ebbrezza del fare cinema. in una zona di estrema libertà, dove Sono molteplici quindi gli elemen- Strutturato in tre diversi filoni narra- le differenze accademiche fra do- ti di lettura che offre un film ricco e tivi, il film procede lungo tre strade cumentario e cosiddetta finzione complesso come Cielo senza terra. che non sono né parallele né condu- cessano di esistere. Resta solo l’atto Probabilmente il più importante è di cono a un esito comune. Nel primo del filmare come testimonianza di presentarsi come esempio concreto tracciato il regista si mette in scena una presenza del corpo che guarda di una pratica cinematografica final- insieme al figlio Eugenio mentre e del territorio in cui questo filmare mente svincolata dalle leggi del ci- intraprende una lunga escursione avviene. L’avventura è il muoversi, nema italiano e di ritrovare il piacere nella Grigna settentrionale filmato seguendo l’andare del cinema, per- del racconto in una dimensione pro- da Sara Pozzoli. Nel secondo il di- dendosi in un movimento finalmente duttiva e narrativa fatta di pochissi- scografico Giovanni Grandis rievoca sottratto alla finalizzazione del sen- me certezze e di moltissimi rischi. il suo lavoro con i Morgan, band pro- so e restituito al rischio e al fare. In questo il film è davvero un’avven- gressive italiana degli anni Settanta. Cielo senza terra, in questo senso, tura per lo spettatore disposto a con- Nel terzo, infine, Maderna racconta consegna il fare cinema ad una di- dividere i piaceri, le incertezze e le l’occupazione degli stabilimenti INN- mensione nella quale la produzione inquietudini di un film aperto come SE da parte degli operai. I movimen- ufficiale non osa più mettere piede Cielo senza terra, dimostrando così ti fondamentali del film sono verso da moltissimo tempo. Una dimensio- che il cinema in Italia, e non solo, è l’alto (il viaggio di Eugenio e Giovan- ne che ritrova il piacere della speri- ancora tutto da pensare e da fare. ni), nella memoria (il ricordo di una mentazione in un rapporto diretto Condividere questo progetto signi- band e di una musica che avrebbe con il dispositivo di riproduzione in- fica, di fatto, rimettersi in viaggio e potuto essere) e, infine, di nuovo, trecciandolo strettamente con il ter- provare a ricominciare a guardare verso l’alto (gli operai che si chiudo- ritorio e gli affetti. In questo senso sì, alle cose del mondo con uno sguardo no nella gru per protesta). Maderna il film di Maderna e Pozzoli è stretta- nuovo. Lo sguardo di chi si sta per la- e Pozzoli, ovviamente, si guardano mente documentario, ma non perché sciare alle spalle il mondo per muo- dall’insinuare similitudini o banalità privo di una drammaturgia presunta vere alla scoperta di un altro. Tutto simili che potrebbero sottrarre po- tradizionale o di una sceneggiatura da scoprire come solo può esserlo un tenza alla vertigine che provoca lo di ferro. Documentario perché per- «cielo senza terra». smarrimento di un movimento po- mette di osservare il farsi di relazioni tentemente filmico. In Cielo senza mentre il film assume forma e pren- Giona A. Nazzaro il giro del mondo 14 in 60 film saison culturelle CIRKUS COLUMBIA

Regia: Danis Tanovic. Soggetto: dal ro- manzo omonimo di Ivica Djikic. Sce- neggiatura: Danis Tanovic, Ivica Djikic. Fotografia: Walther van den Ende. Mon- taggio: Petar Markovic. Scenografia: Du- san Milavec, Sanda Popovac. Costumi: Jasna Hadziahmetovic Bekric. Interpreti: Miki Manojlovic, Mira Furlan, Boris Ler, Jelena Stupljanin, Strljic, Mario Knezovic, Svetislav Goncic, Almir Mehic. Produzione: Amra Baksic Camo, Marc Baschet, Cédomir Kolar, Mirsad Puriva- tra per Asap Films/Autonomous/Studio Maj/Razor Film Produktion GmbH/Man’s Films/2006/Art & Popcorn. Distribuzio- ne: Archibald Film. Paese: Bosnia-Erzego- vina, Francia, Gran Bretagna, Germania, Slovenia, Belgio, Serbia. Anno: 2010. Du- rata: 113 minuti.

Un volo sulla giostra e sullo sfondo giovane fidanzata che vuole sposare furtivi, a tratti di desiderio, fino ad i bombardamenti. C’è una distanza dopo aver ottenuto il divorzio dal- una scena di sesso tanto intensa che progressivamente si accorcia la moglie. Non sa che qui ci abita il quanto leggera. Il cinema di Tanovic tra le azioni ripetute della quoti- giovane figlio Martin, 18 anni, e pur diventa aereo, avvolgente, filtran- dianità e la guerra in Cirkus Colum- cercando di ricostruirsi una nuova te quando si libera di dialoghi che bia, felice «ritorno a casa» di Danis vita non può negare quella prece- a volte lo appesantiscono. Questo Tanovic che, dopo il bell’esordio di dente. Il provvisorio spaesamento film è pieno di ombre di guerra, che No Man’s Land (premio Oscar come del personaggio coincide con quel- inizialmente fanno fatica a prende- film straniero nel 2002), si era per- lo regista, cioè il ritorno a un luogo/ re forma proprio perché il cineasta so con i successivi L’enfer (2005) e cinema che si conosce ma del quale tende a tenere la luminosità più alta Triage (2009). Il conflitto bellico e le c’è bisogno di riappropriarsi, dove possibile e ciò si può vedere, per separazioni familiari, filo condutto- gli elementi concreti non sempre esempio, nelle scene al fiume oppu- re che raggruppava i tre precedenti coincidono con quelli immaginati. re nella prima passeggiata di Divko lungometraggi, ritornano anche in Un lavoro quindi sugli elementi re- con la nuova fidanzata con un vesti- quest’ultimo film ma stavolta il regi- alistici ricreati sullo schermo attra- to rosso. Da lontano, in tv, arrivano sta sembra aver fatto astrazione dal- verso la memoria dello stesso cine- le immagini della caduta del muro di la realtà. E non si tratta tanto di una asta in un luogo di frontiera dove si Berlino o dei serbi che combattono semplice lettura in chiave metafori- trovano a convivere il vecchio e il a Dubrovnik. Frammenti che tendo- ca. Piuttosto Tanovic sembra avvici- nuovo. Il tono è quello di una com- no già a deteriorare questa impassi- narsi a certe commedie francesi, con media grottesca che s’incrocia col bile monotonia e che si accumula- riprese sui tetti che ricordano alcuni fantastico. Cirkus Columbia, tratto no troppo velocemente nell’ultima film di Jacques Rivette (Chi lo sa?) e dall’omonimo romanzo di Ivica Dji- parte, con i soldati in azione e la lo straniamento del cinema migliore kic (co-sceneggiatore assieme al fuga precipitosa. Ma l’opera di Ta- di Cédric Klapisch. Il tutto è poi com- regista), sembra spingersi spesso novic per gran parte ha creato un binato con traiettorie impazzite, ri- verso l’alto, con quegli slanci nel illusorio rifugio, fatto di attese (la baltamenti di situazioni, suoni che si vuoto che forse guardano a Miracolo giovane fidanzata di Divko in attesa mescolano quasi alle voci (la stazio- a Milano (1951) di De Sica. Qui non del divorzio e soprattutto la dispe- ne radio), corse in bici, tuffi in acqua: ci sono voli con le scope, ma la fi- rata ricerca del gatto che è sparito) un universo che guarda ai movimenti gura di Martin potrebbe sembrare farcite da situazioni comiche ben frenetici dell’opera di Kusturica (ma un aggiornamento di Totò, corpo calibrate che convivono anche con senza la musica di Bregovic). Il pro- distratto in un luogo già assente e quelle più drammatiche, come la tagonista Miki Manojlovic è infatti lontano dal resto del mondo, che scena dello sfratto in cui Lucija pri- uno degli attori rappresentativi del come si è detto cammina sui tetti, ma tira dell’acqua calda addosso ai famoso regista serbo; è stato prota- cerca contatti con gli americani visti poliziotti poi la pomata per curarsi. gonista di Papà...è in viaggio di affari come degli alieni amici, vive spes- Quella di Cirkus Columbia è quasi (1985) – e di quel film c’è anche Mila so con pacifica rassegnazione ogni una giostra umana, nella quale il Furlan qui nei panni di Lucija - Un- situazione (dall’arresto al ritorno cineasta non solo ritrova quell’ispi- derground (1995), Gatto nero, gatto alla stazione di servizio dove è sta- razione che sembrava aver smarrito bianco (1998) e Promettilo! (2007). to licenziato) e soprattutto sembra ma lascia intravedere anche delle In Cirkus Columbia l’attore incarna galleggiare più che camminare ogni svolte differenti rispetto a No Man’s Divko, un uomo che torna a casa dal- volta che è a contatto con la fidanza- Land. la Germania dopo 20 anni con la sua ta del padre. Tra loro ci sono sguardi Simone Emiliani il giro del mondo saison culturelle in 60 film 15 THE CONSPIRATOR

Regia: Robert Redford. Sceneggiatura: James Salomon. Fotografia: Newton Tho- mas Sigel. Montaggio: Craig McKay. Musi- ca: Mark Isham. Interpreti: Robin Wright, James McAvoy, Jonathan Groff, Alexis Bledel, Danny Huston, James Badge Dale, Evan Rachel Wood, Justin Long, Kevin Kline, Norman Reedus, Stephen Root, Tom Wilkinson, Johnny Simmons, Toby Kebbell, Chris Bauer. Produzione: The American Company, Wildwood Enterpri- ses. Distribuzione: 01 Distribution. Paese: USA. Anno: 2010. Durata: 123 minuti.

È, questo di Redford, un film antico sfatto trascendono inevitabilmente Immune alle suggestioni della nar- e nuovo al tempo stesso. Per un ver- al livello di una caccia alle streghe. razione postmoderna, il cinema di so affonda le radici in certo cinema Mary Surratt, le cui reticenze vanno Redford mette in scena, con nitidez- hollywoodiano degli anni settanta, ricondotte a motivi di ordine affetti- za da teatro brechtiano, personaggi di cui peraltro il regista è stato uno vo più che ideologico, diventa il ca- a tutto tondo, esponenti di posizioni dei principali interpreti. Un cine- pro espiatorio ideale per uno stato ideologiche altrettanto riconoscibili. ma socialmente impegnato, nobile che vorrebbe riabilitarsi attraverso La semplicità della messa in scena per vocazione e intenti, schematico sentenze esemplari e finisce invece e dell’impianto drammaturgico, che quanto bastava per mettere a nudo per infliggersi una ferita ancora più molti hanno preso per un limite, ri- piaghe e contraddizioni della socie- profonda di quella che ha subito in mandano in realtà alla necessità di tà americana. Se ne ritrova traccia, in principio. Come bene ha scritto un costruire una narrazione esempla- The Conspirator, nell’austerità della critico, siamo qui di fronte ad una re, nelle premesse e negli sviluppi. messa in scena, nella preponderan- sorta di peccato originale della na- Dalla quale emergono domande za dei dialoghi, in qualche prolissità zione americana: il sentimento di ri- ineludibili: può una democrazia dir- narrativa che ha fatto storcere il naso torsione e l’ansia di vendetta, allora si davvero matura, quando si rivela a parte della critica. Il punto di forza come oggi, invece di riparare i torti incapace di tenere il diritto al riparo – o di debolezza, a seconda del punto ne producono di ulteriori. Il sogget- dai soprassalti emotivi che scuoto- di vista – del film va dunque indivi- to del film risale alla metà degli anni no l’opinione pubblica? E ancora, duato nel suo deliberato anacroni- novanta, ma è chiaro che, dopo 9/11, la giustizia non viene messa sotto smo, stilistico prima che narrativo. i riferimenti all’iniquità processuale scacco dalla condanna di un inno- The Conspirator rifugge da qualsiasi e alla condanna dell’innocente che cente nella stessa misura in cui lo tentazione spettacolare, né prova a fanno seguito all’attentato acquista- è dalla propria incapacità di indivi- dare spessore melodrammatico ad no tutt’altro rilievo. duare i veri colpevoli? una vicenda che pure è incentrata Da un certo punto di vista, quello di Non sempre i film complessi poggia- sull’amore di una madre per il figlio. Redford è un film pessimista come no su una struttura che lo è altrettan- Non è la dimensione familiare ad in- pochi altri nel panorama del cine- to. In qualche caso l’urgenza dell’ar- teressare Redford, ma quella politica. ma americano contemporaneo: la gomento richiede una trattazione ca- E qui veniamo all’elemento di novi- Storia viene trattata alla stregua di pace – nella sua essenzialità - di di- tà, o meglio di stringente attualità, un copione già scritto, dove gli er- stillare i punti focali della questione. del film, che parla dell’assassinio di rori si ripetono immutabili a secoli Redford con The Conspirator prende Lincoln, e soprattutto dell’ansia di di distanza, con l’aggravante che a questa strada: lo schematismo è fun- individuare un colpevole, per poi commetterli, al di là delle pulsioni zionale alla possibilità, per lo spet- punirlo in modo esemplare davanti individuali, sono le istituzioni. Nello tatore, di sovrapporre idealmente agli occhi della nazione intera. Non stesso tempo c’è qualcosa di confor- le ingiustizie di un tempo a quelle è difficile tracciare una linea -diret tante nell’ostinazione con cui il regi- odierne, e soprattutto di verificare ta fra la vicenda raccontata dal film sta, qui come nel precedente (e a sua come, ieri come oggi, le istituzioni e il clima emerso negli Stati Uniti volta sottovalutato) Leoni per agnelli, siano ben lontane dall’agire con il all’indomani dell’undici settembre: crede in un cinema che risvegli le co- senso di responsabilità ed equanimi- il panico e la paura alimentano una scienze, capace di mettere gli spetta- tà su cui dovrebbe essere fondata la caccia al colpevole condotta in modo tori davanti alle contraddizioni e alle loro autorevolezza. scriteriato e frettoloso, al punto che colpe che segnano, evidentemente le indagini sui responsabili del mi- non da oggi, la politica americana. Leonardo Gandini il giro del mondo 16 in 60 film saison culturelle CORPO CELESTE

Regia: Alice Rohrwacher. Sceneggiatura: Alice Rohrwacher. Fotografia: Hélène Louvart. Montaggio: Marco Spoletini. Scenografia: Luca Servino. Costumi: Lo- redana Buscemi. Interpreti: Yile Vianello, Salvatore Cantalupo, Pasqualina Scuncia, Anita Caprioli, Renato Carpentieri, Mo- nia Alfieri, Licia Amodeo, Maria Luisa De Crescenzo, Gianni Federico. Produzione: Amka, Films Productions, Jba Production, Tempesta, Rai Cinema, ARTE France, RTSI Televisione Svizzera, SRG SSR Idée suis- se. Distribuzione: Cinecittà Luce. Paese: Svizzera, Italia, Francia. Anno: 2011. Du- rata: 100 minuti.

Che cosa sia accaduto a Marta, alla scena: la documentazione dei prepa- bile sopravvivenza. sorella più grande, Rosa, e alla loro rativi dell’annuale processione in uno Sono questi dei luoghi dove possono madre, Rita, nei dieci anni trascorsi in spazio degradato, fangoso, sotto un accadere i «miracoli», verso i quali Svizzera, prima del rientro nella terra ponte, fra i rumori delle auto, dove è si dirige Marta, oltre il tunnel colmo d’origine in Calabria, rimane un miste- radunata la popolazione, la banda co- d’acqua che non stabilisce la fine del ro. Questo lungo periodo è evocato in munale, con il parroco sul palco im- territorio (come viene fatto inizial- un paio di frasi (durante la cerimonia provvisato su un camion… Il luogo, il mente credere alla protagonista) ma religiosa nella scena d’apertura e una tempo, il contesto sociale sono lì. Os- l’apertura a nuovi posti e corpi non in- cena con i parenti) e consegnato così servati con sguardo antropologico, a scritti nelle gerarchie delle istituzioni all’immaginazione dello spettatore. È distanza ravvicinata, con una camera religiose e familiari. Posti non a caso questo una sorta di fuori campo, fatto a mano sensibile e grazie ad un siste- situati in geografie estreme. L’accam- di luoghi lontani, che si nascondono ma unico che prevede la compresenza pamento dei ragazzi tra la spiaggia e nella memoria delle tre figure femmi- di finzione e documentario, da Alice il mare; oppure il paese di Roghudi, nili. Alcuni segni di quella permanenza Rohrwacher e dal suo «doppio» da- dove Marta accompagna il parroco alla in Svizzera emergono sui corpi delle vanti alla macchina da presa. Quel per- ricerca di un vecchio crocefisso in una donne, inadeguati al contatto con una sonaggio che «arriva da lontano», da chiesa in apparenza abbandonata e realtà in continuo stridore fra segni altre esperienze, proprio come la regi- invece custodita da un anziano prete dell’antichità, esperita attraverso ri- sta, chiedendosi, entrambe e in manie- quasi cieco che fa scoprire alla ragazza tuali religiosi contaminati con pratiche ra silenziosa, non invadente, qual è il un altro volto di Gesù. Non il Gesù ras- televisive quasi a renderli più «attua- loro posto in quell’ambiente. sicurante del catechismo, ma quello li», e scempio del territorio. Tra corru- “Ero dentro quel mondo o non lo sarei sofferente, abbandonato sulla croce. zione e sottomissione. Di fronte a tale mai stata? Aveva senso fingere un’ap- In quella chiesa ridotta a un rudere, situazione il disagio espresso da Rita, partenenza oppure dovevo dichiarare eppure più vera di quella moderna con dalla diciottenne Rosa e soprattutto il mio stupore, la mia estraneità?” le il Cristo al neon della parrocchia fre- dalla tredicenne Marta è palese, ancor parole della regista e sceneggiatrice quentata da Marta, Alice Rohrwacher più evidente perché messo a reagire si trasformano nel suo sguardo filmi- costruisce una delle scene migliori di con l’attività di una piccola parrocchia co, nelle scelte estetiche coraggiose Corpo celeste. Quella in cui la protago- e con la preparazione alla cresima. e «impure», nell’andatura variabile nista pulisce dalla polvere del tempo Corpo celeste, opera d’esordio di Ali- adottata, fra scene narrative e accen- il crocefisso, accarezzandolo con gesti ce Rohrwacher (che in precedenza si tuazione di alcuni personaggi (in par- d’amore. Si respira, tra quelle mura e è occupata di musica e documentari), ticolare quello di Santa, animatrice del quelle strade di montagna disabita- descrive lo spaesamento di una ragaz- catechismo e «perpetua» del parroco, te, quello che l’antropologo Vito Teti, za nei confronti di un mondo che non che deve reprimere il suo desiderio profondo studioso della Calabria e dei conosce e, in sovrimpressione, la sco- per lui). Ma soprattutto in immagini li- suoi paesi abbandonati, chiama «il perta del cambiamento del suo corpo bere dal peso di ambienti sociali clau- senso dei luoghi». Corpo celeste, il cui e la tensione verso una fuga a lungo strofobici (la parrocchia, le abitazioni) titolo si rifà al testo di Anna Maria Or- pensata e infine attuata. con le quali avventurarsi, insieme a tese (“anche se la storia di Marta non Tre «limiti» si è data Alice Rohrwacher Marta, nei meandri di una città violen- ha direttamente nulla a che fare con il per realizzare il film: un luogo, Reggio tata da una edilizia selvaggia, segnata suo libro”), è, con il ritratto di una co- Calabria; un tempo, contemporaneo; dalle fiumare che la attraversano, letti munità, anche il viaggio nella memoria un contesto sociale, la vita di una chie- di fiume dove gettare ogni genere di di un territorio. sa collocata alla periferia dell’Italia. I cose, oggetti poi recuperati da ragazzi tre «limiti» coesistono fin dalla prima per costruire altrove «isole» di possi- Giuseppe Gariazzo il giro del mondo saison culturelle in 60 film 17 A DANGEROUS METHOD

Regia: David Cronenberg. Sceneggiatura: Christopher Hampton. Fotografia: . Montaggio: Ronald Sanders. Musica: Howard Shore. Interpreti: Viggo Mortensen, , Keira Knightley, Vincent Cassel, Sarah Gadon, Katharina Palm, André Hennicke, Arndt Schwering Sohnrey, Christian Serritiello. Produzione: Recorded Pictures Company, Lago Film, Prospero Pictures. Distribu- zione: BIM Distribuzione. Paese: Canada, USA 2011. Durata: 93 minuti.

Il cinema di Cronenberg si è sempre siva – come Fassbender (Jung) e Mor- lago di Ginevra. L’arrivo di Sabine nella concentrato su un doppio interrogati- tensen (Freud) – così come non stupisce clinica svizzera dove il giovane Jung sta vo, che riguarda la potenza della mente la scelta di Keira Knightley (per la parte sperimentando il rivoluzionario meto- e del corpo. Interrogarsi sulla poten- di Sabina Spielrein, paziente di Jung do freudiano costituisce il primo passo za, significa chiedersi: “che cosa può e poi a sua volta psicoanalista), corpo verso la consapevolezza che il metodo un corpo?”, “che cosa può la mente?”; evanescente al limite dell’anoressia. psicoanalitico può essere come un vi- significa, cioè, interrogarsi su ciò che Fassbender e Mortensen, due corpi rus per il pensiero (“Sono consapevoli l’immaginario e il materiale, il pensiero «action» costretti all’interno dei codi- che gli stiamo portando la peste?” si e il corporeo possano esprimere attra- ci che essi stessi rappresentano, due chiede Freud al suo arrivo negli Stati verso e su uno schermo (ma anche oltre corpi dalla potenza limitata, costretta a Uniti); un virus capace di portare la ri- esso). Variamente articolate e declinate castrarsi, a reprimersi. voluzione ovunque (come speravano i al loro interno, queste domande pre- È in questo senso, anzitutto che il me- surrealisti), di liberare il mondo. mono urgentemente, incessantemente todo (analitico) è «pericoloso»: perché Ma quale liberazione è possibile se i lungo le immagini dei suoi film. esso costringe i corpi a sottostare al due padri della psicoanalisi, consape- Esplorare le forme della potenza del- controllo della parola, non importa se voli della pericolosità del loro metodo, la mente e del corpo significa toccare, si tratta della parola sessuata e deside- decidono essi stessi di controllarne la sfiorare cinematograficamente i loro rante del discorso freudiano, o la paro- forma e la forza? Certo, se ciò non acca- limiti, immaginarli e ricrearli, fino a rag- la/gesto che rappresenta l’immaginario desse, se la psicoanalisi non cercasse di giungere, ovviamente, anche il limite di cui si interessa Jung. In ogni caso, la limitare se stessa, il rischio che si corre della loro rappresentabilità. Se questo parola è censoria, limitante, costringe è quello di trasformarsi in una sorta di è l’evidente percorso delle immagini, i corpi a non esprimere la propria po- nichilistica parodia, di perdersi senza rintracciabile sin dalle prime opere del tenza. In entrambi, in modi diversi, il scampo (come il dottor Otto Gross). regista, allora non stupisce che il suo ci- discorso è più importante del corpo. A Dangerous Method non vuole dun- nema abbia potuto/dovuto confrontarsi Sabina sfugge a tale collocazione, a que ridicolizzare il metodo psicoana- con il discorso che più di altri nel secolo questa costrizione maschile. La donna litico attraverso il racconto della sup- scorso ha prepotentemente rilanciato è e rappresenta un elemento desta- posta relazione tra Sabine Spielrein e lo stretto rapporto tra il pensiero imma- bilizzante nella gerarchia dell’ordine Jung (e Freud), ma vuole mostrarne lo teriale e il corpo materiale, appunto la discorsivo; un elemento fecondo forse, statuto sospeso tra controllo e follia, psicoanalisi. Incontro scontato si dirà, o un elemento che arricchirebbe la po- tra razionalità e fede, tra linearità ed perlomeno atteso. Ma nulla è scontato tenza della psicoanalisi – è Jung a dire erranza. Tutto è quindi estremamen- nel cinema di Cronenberg, anche nella che bisogna essere folli per fare bene te, rigorosamente controllato, dalla riconoscibilità delle sue forme e delle il lavoro di psicoanalista – ma proprio costruzione dell’inquadratura ai rap- sue ossessioni, film dopo film. per questo, un elemento pericoloso del porti luminosi (la dialettica della luce A Dangerous Method sancisce dunque metodo (e per il metodo). tra Ginevra e Vienna costituisce uno l’incontro del cinema di Cronenberg Nella prima parte del film la struttura dei tanti motivi di fascino del film). non tanto con una teoria o una pratica narrativa lineare e discorsivamente tra- Ma il controllo è, sembra concludere discorsiva (appunto la psicoanalisi), ma sparente ricorda quasi l’essenzialità di non senza una punta di amarezza Cro- con due corpi e due «funzioni» del di- un «découpage» rosselliniano. Tutto è nenberg, l’unica forma attraverso cui scorso psicoanalitico, due nomi propri apparentemente in campo, tutto è fun- il cinema può parlare di ciò che non anzitutto: Jung e Freud. Due corpi, in zionale alla necessità del racconto. Ma può mostrare. “La follia, la morte e l’a- primo luogo. Non è casuale la scelta di in Cronenberg c’è sempre qualcosa di more”, direbbe forse Bazin. due attori la cui fisicità è spesso ele- oscuro, qualcosa che rovescia l’appa- mento centrale della loro carica espres- rente trasparenza della superficie del Daniele Dottorini il giro del mondo 18 in 60 film saison culturelle DETECTIVE DEE E IL MISTERO DELLA FIAMMA FANTASMA Di Renjie

Regia: Tsui Hark. Soggetto: Lin Qianyu. Sceneggiatura: Zhang Jialu. Fotografia: Chan Chi Ying, Chan Chor Keung. Mon- taggio: Yau Chi Wai, Xiao Yang. Musica: Peter Kam. Scenografia: James Chiu. Costumi: Bruce Yu. Interpreti: Andy Lau, Carina Lau, Li Bingbing, Tony Leung Ka Fai, Deng Chao, Richard Ng, Teddy Robin Kwan, Yao Lu. Produzione: Wang Zhon- glei, Wang Zhongjun, Tsui Hark per Film Worksop Co. Ltd/Huayi Brothers Media Corporation. Distribuzione: Tucker Film. Paese: Cina, Hong Kong. Anno: 2010. Du- rata: 122minuti.

E se Detective Dee e il mistero della della dinastia Tang in Cina, è immi- prima di materializzarsi concreta- fiamma fantasma fosse in 3D e non nente l’incoronazione della regina mente – si veda ad esempio la sce- ce ne fossimo accorti? È sempre stu- Wu come prima sovrana del paese. na della barca che gira su se stessa. pefacente il rapporto tra la figura e Alle sue spalle forze oscure stanno Il film, al tempo stesso, si apre a lo spazio nel cinema di Tsui Hark: il tramando. Quando la costruzione squarci visionari come le immagini regista è in grado di riprendere una della statua è bloccata da una serie del porto con la figura della regi- stessa scena da molteplici, infinite di morti misteriose per autocombu- na a far da sfondo, quasi un dipinto prospettive. Verso il basso, verso stione, la regina decide di rivolgersi che all’improvviso si anima sul tema l’alto, in orizzontale, in verticale. al detective Dee, che aveva fatto della raffigurazione dell’ambizione e Ma in questi movimenti c’è sempre condannare anni prima per averla dell’ambiguità del potere, o quelle qualcosa che sembra andare verso sfidata. Prende così le mosse un affa- del cervo che parla e della tigre nel- lo schermo cinematografico quasi scinante gioco di intrighi politici, ma la gabbia. Sono queste come delle a sfondarlo: così accade con l’enor- anche un torbido noir dove il detec- fantasmagorie, proiezioni visive che me statua di Buddha, alta 220 metri, tive - interpretato da Andy Law, uno prendono forma in un cinema che con le gambe dei cavalli e soprat- degli attori più importanti del suo non ne vuole sapere di controllarsi. tutto con le fiamme, segno di un paese, protagonista di Infernal Affai- Il dettaglio dell’occhio è il punto di cinema della materia composto an- rs e La foresta dei pugnali volanti - si partenza. Tsui Hark elimina del tutto che da acqua, aria, terra. È un cine- muove come un eroe chandleriano. Il lo scarto tra quello che si può inqua- ma privato della sua tattilità, come rapporto con la favorita della regina drare e quello che si vuole inquadra- bene si vede nei combattimenti è pieno di sospetti, di doppi giochi, re, ed è per questo che in lui c’è la ri- «wuxia», trasformati in grandiose ma anche di un sentimento che sta cerca del proprio «sogno assoluto». coreografie grazie anche al talento a metà tra desiderio e fatalità. Basta Proprio come accade in Steven Spiel- di Sammo Hung. Il film di Tsui Hark vedere il momento in cui Dee chie- berg. Tanto è vero che molte visioni va oltre quel sospetto di forma trat- de alla ragazza di raderlo, una scena sembrano passare direttamente dal- tenuta emersa alla prima visione al dove l’erotismo si sprigiona in modo la sua testa allo schermo, quasi sen- Festival di Venezia del 2010, laddo- originale dal fatto che ogni sempli- za bisogno di doverle filmare. L’oc- ve avevamo avuto il sentore che la ce contatto può essere mortale. Le chio del cinema di Tsui Hark si nutre spettacolarità limitasse l’esplosività esercitazioni/combattimenti tra i continuamente della luce: si vedano di opere come Time and Tide, Once due appaiono invece come la riusci- i ripetuti sguardi verso l’alto, verso Upon a Time in China, o anche Seven ta trasposizione degli accesi duelli il sole, il cielo, le nuvole, quasi la Swords. In realtà, Detective Dee e il verbali della commedia sofisticata ricerca del necessario ossigeno. De- mistero della fiamma fantasma tra- americana. tective Dee e il mistero della fiamma sfigura quello che mostra, crea illu- All’interno della variegata produ- fantasma è pieno di punti di apertu- sioni in cui divampa una fantastica zione di Tsui Hark, Detective Dee e ra, di immagini che nascondono altre energia creativa capace di costruire il mistero della fiamma fantasma è immagini. Con le scene d’azione che e poi far crollare davanti ai nostri l’ideale punto d’equilibrio tra intrat- ogni volta vengono come reinventa- occhi un set maestoso, riportandoci tenimento e ricerca. Il ritmo non ha te, per scoprirne altre variazioni. Da- ai tempi di von Stroheim quando un nessun cedimento e utilizza gli effet- vanti a un’opera come questa anche regista poteva far nascere e morire ti per costruire metamorfosi fisiche le felici incursioni «wuxia» di Zhang le proprie illusioni nell’arco della (le mutazioni del volto) o situazioni Yimou appaiono decisamente oltre- durata del film. irrazionali dove l’insidia del pericolo passate. Nel 689 d.C., epoca di prosperità è sempre nascosta nel fuori-campo, Simone Emiliani il giro del mondo saison culturelle in 60 film 19 LE DONNE DEL SESTO PIANO Les femmes du 6 ème étage

Regia: Philippe Le Guay. Sceneggiatura: Philippe Le Guay, Jérome Tonnerre. Foto- grafia: Jean-Claude Larrieu. Montaggio: Monica Coleman. Scenografia: Pierre- Francois Limbosch. Costumi: Christian Gasc. Interpreti: Fabrice Luchini, Sandri- ne Kiberlain, Natalia Verbeke, , Lola Dueñas, Berta Ojea, Nuria Solé, Concha Galàn, Marie Armelle De- guy, Audrey Fleurot. Produzione: France 2 Cinéma, Les Films de la Suane. Distribu- zione: Archibald Enterprise Film. Paese: Francia. Anno: 2011. Durata: 106 minuti.

Lo spazio interstiziale della servi- orizzontale, se non rivolta verso il Donne sull’orlo di una crisi di nervi) tù, l’universo parallelo celato dietro basso, basata sulla planimetria delle e Lola Dueñas (Volver, Gli abbracci le facciate degli ordinati e elegan- case in cui si svolgono i vari film di spezzati): il film è davvero tutto per ti appartamenti signorili e abitato Lubitsch, Renoir o Guitry. Il bravis- loro, a partire dalle finte interviste nell’ombra da cameriere, la vita na- simo Fabrice Luchini (Il ginocchio di poste a incipit della pellicola, con- scosta di generazioni di domestiche Claire, Potiche) dà vita a Jean-Louis, tinuando con belle sequenze corali, che sembra seguire una dimensione un personaggio di ricco annoiato come quella in cui danno tutte una e una quotidianità alternativa, conte- che non ha quasi mai lasciato quel- mano all’ultima arrivata, la giovane nuta in quella «ufficiale» ed «este- le quattro mura dove pure viveva la Maria (Natalia Verbeke), nell’impre- riore» della casa, sono elementi di sua famiglia natale: nel momento in sa impossibile di riordinare la casa racconto che al cinema ricordano le cui scopre l’esistenza del mondo al dei protagonisti o nel fenomenale vicende di Quel che resta del giorno sesto piano, per lui si apre l’esplo- passaparola di finestra in finestra di James Ivory, Gosford Park di Ro- razione di una realtà mai conosciuta, che fa rimbombare di voci festanti bert Altman, o il recentissimo The Eye un pianeta nuovo ed esotico, seppur l’atrio del palazzo. Se l’amore per of the Storm di Fred Schepisi. La real- segnato dai tragici avvenimenti della la moglie vive in Jean-Louis soprat- tà trasversale dell’intermundia della guerra civile spagnola, che resta sul- tutto come ricordo di una passione, servitù in questa altolocata palazzi- lo sfondo di gran parte delle storie quella del viaggio di nozze in Italia, na parigina d’inizio anni Sessanta è delle donne che vivono in soffitta. oramai spenta, è proprio il dolce in- costituita dal sesto piano del palazzo Il protagonista arriva addirittura a namoramento per la cameriera pri- (che dà il titolo del film), concepito ripudiare completamente l’agio ipo- vata Maria, che il film racconta con come una sorta di soffitta magica. Sa- crita in cui ha soffocato la sua vita co- sorprendente discrezione, a convin- lendo le scale sino a quell’ultimo li- niugale, divisa con la frivola consorte cerlo finalmente a lasciare le quat- vello dello stabile si varca la soglia di (interpretata da Sandrine Kiberlain), tro mura che hanno fatto da confine un caotico quanto gioioso quartiere e dopo aver perorato con grande di- invalicabile di tutta una vita, non a spagnolo trapiantato sulla «testa» di sappunto del palazzo in più d’un oc- caso spesa inseguendo i freddi nu- Parigi. Sono tutte iberiche le dome- casione le cause umane e civili delle meri del proprio mestiere di agente stiche che dividono gli appartamenti donne (che nei momenti di contrito di cambio. Nella riuscita scena in cui malmessi e i servizi igienici disastra- orgoglio rivendicativo ricordano il protagonista permette a Pilar, una ti del sesto piano, e quasi tutte lavo- quasi le operaie inglesi, altrettanto delle domestiche del sesto piano, di rano per le famiglie borghesi dello naïf, del divertente We want sex di usare il telefono di casa per parlare stabile: Le Guay, che è soprattutto Nigel Cole), finisce per compierlo con la sorella che in Spagna ha ap- uno sceneggiatore, visualizza questa sul serio questo primo viaggio d’in- pena partorito, e la donna scoppia specie di ambasciata straniera che dipendenza, trasferendosi a vivere in urla di gioia nel sentire le voci vive di regole e tempi propri come in una delle stanze del sesto piano. amate dall’altra parte della cornet- punto di arrivo dell’andamento a Le Guay è bravissimo a cogliere la ta, interrompendo la concentrazio- sviluppo verticale del suo copione spontanea, trascinante, freschez- ne dell’algida partita a carte della e della parabola del suo protagoni- za del suo cast, soprattutto della moglie con le sue sostenute amiche sta. La variazione rispetto ai «clas- compagine spagnola, messa su chia- che sbottano in espressioni di di- sici cinematografici» sul conflitto di mando a raccolta anche icone del sgustato ribrezzo, c’è tutto il senso classe padroni/servitù sta proprio cinema di Almodòvar come le for- e il tono del film di Le Guay. nell’orientare l’epifania verso l’alto, midabili Carmen Maura (Pepi, Luci, contravvenendo a quella struttura Bom e le altre ragazze del mucchio, Sergio Sozzo il giro del mondo 20 in 60 film saison culturelle DRIVE

Regia: Nicolas Winding Refn. Sceneggia- tura: Hossein Amini. Fotografia: Newton Thomas Sigel. Montaggio: Matthew New- man. Musica: Cliff Martinez. Scenogra- fia: Beth Mickle. Costumi: Erin Benach. Interpreti: , , Bryan Cranston, Albert Brooks, Oscar Isaac, Christina Hendricks, Ron Perlman, Kaden Leos, James Biberi, Tina Huang, Cesar Garcia, Tiara Parker, Christian Cage, Chris Muto. Produzione: Bold Films, Odd Lot Entertainment, Marc Platt Produc- tions, Seed Productions. Distribuzione: 01 Distribution. Paese: USA. Anno: 2011. Durata: 100 minuti.

L’autista, impersonato da Ryan grotteschi, perfino lynchiani (Cuore però, in un groviglio di caratteri che Gosling, non ha nome. Però tutti selvaggio in particolare). sfiorano sempre il tono sopra le ri- nell’ambiente lo conoscono come Drive è un poliziesco sui generis che ghe tipico del fumetto, senza mai il migliore. Ha le sue regole ferree. sceglie un’estetica e una tessitura debordare. Refn si convince che il Guida fino al luogo della rapina, sonora molto anni ‘80, rifacendosi noir, fatto di parabole distruttive e aspetta cinque minuti, poi riparte. E a Driver l’imprendibile di Walter Hill atmosfere malate, sia diventato futu- chi c’è, c’è. Chi rispetta queste regole (1978), a sua volta di impianto mel- rista. Si gioca tutto in velocità, senza alla lettera non sarà catturato. Que- villiano per l’utilizzo di personaggi introspezione alcuna. Un flusso di sto perché la città è la sua geografia senza nome (il cineasta però nega coscienza metropolitana dove gli uo- interiore, la sente pulsare e ne cono- qualsiasi influenza diretta dato che il mini e le donne bramano una storia e sce gli anfratti sicuri, le vie di fuga. paragone è già tutto nel libro). un’identità. Driver è senza nome ma Poi un giorno l’autista conosce una I commentatori «cinéphile» si sono vuole «essere», amando e guidando. ragazza (intrepretata da Carey Mul- poi sbizzarriti a scovare tra le pieghe I mafiosi ebrei soffrono di inferiorità ligan), sua vicina di casa e moglie di del racconto altri rimandi, più o meno verso le «famiglie» italoamericane un uomo che sta per uscire di galera. pertinenti, da Vivere e morire a Los e vorrebbero «essere» pure loro. Per amore di lei aiuta lui, ficcandosi Angeles di William Friedkin (1985) Carey Mulligan sogna il principe az- inevitabilmente nei guai. a Crash di David Cronenberg (1996). zurro con il quale essere (finalmente) Drive è il primo film americano del Refn dal canto suo li relativizza, di- famiglia, unione, speranza. Il mondo regista danese Nicolas Winding Refn cendosi casomai vicino alla moder- fuori è folle e cattivo e i protagoni- che, dopo l’immaginifico Valhalla nità visionaria di Gaspar Noé, al qua- sti di Drive si attaccano ai brandelli Rising (2009), sorta di violentissimo le ha chiesto aiuto per realizzare la di vita che schizzano supersonici da- Dreyer aggiornato ai nostri tempi sequenza del massacro in ascensore vanti a loro. Infine, il film di Nicolas devastati e vili, torna all’amore dei che riprende quella dell’uccisione Winding Refn offre allo spettatore suoi esordi in patria, il noir, al quale con l’estintore di Irréversible (2002). anche un’interessante variazione dedicò tra il 1996 e i primi anni zero In verità, molto più semplicemen- del genere. Come la scuola classica la sorprendente trilogia Pusher. At- te, Drive ragiona sul paradigma del americana insegna, non esiste noir tratto e allo stesso tempo angoscia- noir in termini ultramoderni. Oramai, che non sia anche mélo, scegliendo to dalla violenza come linguaggio, dopo Tarantino, è esercizio sterile come marca emozionale della pro- Refn la declina di volta in volta in la conta delle citazioni in un film; il pria narrazione il melodramma. In modo diverso, secondo sfumatu- patrimonio cinematografico, o più in questo caso, sarebbe all’apparenza re che vanno dallo straniamento di generale l’immaginario pop della so- dato da un triangolo persino bana- Bronson (2008) e in certi momenti di cietà dello spettacolo, è esso stesso le (il driver, la fanciulla, il marito di Drive, alla brutalità di Valhalla Rising. un riferimento visivo, un paesaggio, questa) e invece la complicità tra i In questo caso, però, il copione è su proprio come la Los Angeles nottur- due uomini sbaraglia il teorema. Il «ordinazione», nel senso che l’idea na «alla» Michael Mann o gli interni gioco d’amore vero e proprio è quel- di trarre un film dall’omonimo ro- saturi «alla» Cuore selvaggio. Conta lo tra guidatore, donna e macchina, manzo di James Sallis è del protago- cosa si riesce a fare degli elemen- dove alla fine, chiamato a scegliere, nista Ryan Gosling, che in un secon- ti visivi, la sintesi e il senso. Driver l’uomo determina il proprio destino do tempo ha voluto coinvolgere il è imprendibile per definizione e ha semplicemente mettendo in moto e regista danese perché impressionato un che dell’eroe romantico, pronto a ingranando la marcia. dal suo stile così nettamente in equi- redimersi nell’azione. Pochi si sono librio tra realismo estremo e richiami interrogati a fondo sulla sua natura Mauro Gervasini il giro del mondo saison culturelle in 60 film 21 FAUST

Regia: Aleksandr Sokurov. Sceneggiatura: Aleksandr Sokurov, Marina Koreneva, Yuri Arabov. Montaggio: Jörg Hauschild. Foto- grafia: . Musica: Alexan- der Zlamal, Andrey Sigle. Costumi: Lidiya Kryukova. Interpreti: , Antoine Monot Jr., Georg Friedrich, Ma- xim Mehmet, Isolda Dychauk, Joel Kirby, Eva Maria Kurz, Florian Brückner, Johan- nes Zeiler. Produzione: Proline Film. Di- stribuzione: Archibald Film. Paese: Russia. Anno: 2011. Durata: 134 minuti.

I film tratti dai grandi classici della contro fatidico tra l’uomo e il diavolo che l’incontro fra i due protagonisti letteratura inibiscono il pubblico. Per viene spesso tratteggiato con toni en- abbia un’importanza relativa, costi- varie ragioni: non si è letto il testo di fatici, tali da sottolinearne l’eccezio- tuisca un episodio quasi trascurabile partenza (la cui autorevolezza è tale nalità. Sokurov per contro recupera da nell’economia narrativa del film. È una da indurci a ritenere che questo co- Goethe l’idea della tentazione come sensazione della quale non riusciamo stituisca un limite alla visione del film seduzione strisciante, che corrompe il a liberarci nemmeno in seguito, quan- corrispondente), oppure lo si è letto personaggio gradualmente. Nessuna do, a poco a poco, comprendiamo che così tanto tempo fa che non lo si ri- forma di stupefazione o di sottomis- le loro deambulazioni ne costituisco- corda quasi più; o ancora la scuola ha sione all’onnipotenza del male: per il no la vera impalcatura drammaturgica. provveduto a lasciarci dell’opera un Faust di Sokurov, Mefistofele è all’ini- Siamo qui tuttavia ben distanti dall’i- ricordo di pesantezza tale da indurci zio un indebito compagno di viaggio, dea - tutt’altro che rara nel cinema a rimanerle a distanza, persino nelle un seccatore, un intruso, una figura che prende in esame i classici della sue versioni per il grande schermo. della quale non s’intuisce il carisma. letteratura - di un’irriverenza arma- Cominciamo dunque col dire che il Il film viene così ad acquisire una co- ta di trasgressività. Dietro le scelte di film di Sokurov, pur avendo origine struzione narrativa del tutto peculiare, Sokurov non sta un atteggiamento di in un testo letterario, è prima di tutto apparentemente improntata all’episo- noncuranza verso Goethe, ma di estre- una festa per gli occhi. La densità nella dio occasionale, all’incidentalità, alla ma attenzione verso il nucleo della rappresentazione dello spazio, il gu- digressione. In principio sembra quasi sua opera, che coincide con il motivo sto di riempire l’inquadratura di mille che l’incontro con Mefistofele sia, ol- della tentazione. La caduta nel male dettagli, la scelta di una fotografia da tre che casuale, privo di rilievo, poco assume, nello sguardo del cineasta stampa antica, i rimandi iconografici e più di un incidente di percorso sulla sovietico, la forma di un morbo che si cromatici alla pittura tedesca e fiam- strada maestra di Faust (e del film). propaga in modo quasi impercettibi- minga: Sokurov non omaggia Goethe Soltanto in seguito, per gradi, ci ren- le, malgrado il personaggio piuttosto con il cinema, semmai omaggia il ci- diamo conto che l’ometto petulante e che con la sua complicità. Parola dopo nema attraverso Goethe. In un’epoca sgradevole che si mette alle calcagna parola e incontro dopo incontro, Faust dominata dalla fruizione domestica del protagonista ha il potere di influ- si fa avvolgere da un’atmosfera che in dei film, nella quale le dimensioni del- ire profondamente sulla sua esisten- nessun momento dà l’impressione di lo schermo sul quale li si guarda non za. Peraltro, sul piano della messa in avere scelto consapevolmente, quasi rappresenta certo più un ostacolo al scena, la cura nella rappresentazione che il patto col diavolo consista in un loro apprezzamento, Faust ripristina la dello spazio obbedisce al medesimo atteggiamento di condiscendenza ver- centralità del cinema come luogo della principio: l’imponenza del paesaggio so qualcosa di cui non si coglie l’origi- visione: questo è un film per il grande ha l’effetto di rimpicciolire i personag- ne, né la natura. Proprio qui, nell’arren- schermo. A vederlo altrove si perde gi, ridimensionarli al ruolo di figure di devolezza quale chiave espressiva del qualcosa di essenziale, che riguarda una composizione più ampia che al personaggio, sta il punto di maggiore la forza espressiva del paesaggio e la contempo li comprende e li annichili- interesse e modernità del film. Il male sua funzione nella definizione dei per- sce. È evidente che alla base di questa ci prende alla sprovvista, ci coglie di sonaggi. scelta di regia sta uno dei grandi temi sorpresa; disinnesca le nostre scelte Va poi rilevata l’originalità dell’adat- del cinema di Sokurov: l’irrilevanza dei e, di conseguenza, anche la possibilità tamento, non tanto rispetto al testo destini individuali a confronto con la di una morale, basata su una decisione originale, quanto in riferimento alle forza della natura e dell’ambiente che cosciente e responsabile. sue diverse trasposizioni visive (dal li ospita. Nello stesso tempo però lo cinema al teatro alla lirica), dove l’in- stile accentua sul piano visivo l’idea Leonardo Gandini il giro del mondo 22 in 60 film saison culturelle LE GAMIN AU VELO

Réalisation et scénario : Luc et Jean- Pierre Dardenne. Images : Alain Marcoen. Montage : Marie-Hélène Dozo. Son : Jean- Pierre Duret, Benoît De Clerck. Décors : Igor Gabriel. Costumes: Maïra Ramed- han-Levi. Interprétation : Thomas Doret, Cécile de France, Jérémie Renier, Fabrizio Rongione, Egon Di Matteo, Olivier Gour- met. Production : Les Films du fleuve, Ar- chipel 35. Distribution : Lucky Red. Pays : France, 2011. Durée : 87 minutes.

Pour la première fois dans leur bordure de forêt de Rosetta ou le garçon s’agrippe à elle dans une oeuvre de fiction, les frères chantier de leur première fictionLa salle d’attente de médecin qu’il Dardenne ont tourné pendant l’été. Promesse, les frères Dardenne ex- traverse lorsque, furieux, il sort de Ce n’est pas un détail : même sub- cellent à construire un espace sin- l’appartement vide de son père. tilement (la Belgique n’est jamais gulier, à inventer une topographie Pourquoi la jeune femme s’inté- écrasée de chaleur!), cette saison indissociable des enjeux du récit. resse-t-elle à lui au point d’accep- infuse de bout en bout la lumière Mais le vélo n’est pas seulement ter de perdre son amant, agacé par et l’action du Gamin au vélo, le plus l’échelle de locomotion des dépla- les quatre cents coups du gamin? solaire de tous leurs films. cements du film, il est l’attribut Le film ne donne aucune explica- Cyril (Thomas Doret) est une boule attitré du « gamin », le titre en rap- tion dans les dialogues. Méfiants d’énergie, l’incarnation brute du pelant d’autres, mythiques, comme envers la psychologie, les ci- refus logée dans un corps de frêle L’Homme à la caméra. Vélo ? En un néastes misent tout sur les gestes blondinet. Placé dans un foyer, il re- sens, les Dardenne réécrivent ici et leur cadrage, comme dans une cherche ardemment son père, dont à leur façon le classique du néo- belle séquence où Samantha et il visite au début l’appartement. Mis réalisme italien Le Voleur de bicy- Cyril, en promenade, descendent devant l’évidence – celui-ci a démé- clette. Ils y donnent cependant un de leur vélo et s’arrêtent au pied nagé sans laisser d’adresse – le gar- tour d’écrou : chez Vittorio De Sica, d’un arbre pour pique-niquer. De çon refuse de croire à cet abandon. le père avait honte devant son fils leur lien naissant, rien n’est dit Pourtant, le père (Jérémie Renier, d’avoir volé un vélo pour conserver mais tout est montré. qui déjà vendait son bébé dans L’En- son travail, mais ici c’est le vélo de Il y a encore une autre « première fant) a même mis en vente le vélo son propre fils que le père a reven- fois » dans le cinéma désormais fa- de son fils. Le geste est d’autant du avant de fuir sans même faire milier des Dardenne : ils utilisent plus cruel que ce vélo était non l’expérience honteuse du face-à- de la musique – le concerto nu- seulement son moyen de loco- face avec l’enfant. La différence est méro 5 de Beethoven, qui affleure motion quotidien mais ce qui le majeure : même plus tard, lorsqu’il par brèves poussées, à la manière reliait à son père. A chaque étape revoit son père, Cyril est renvoyé à de Godard dans Vivre sa vie ou du récit du film, ce vélo conserve cette solitude première. Deux ou trois choses que je sais un rôle d’embrayeur scénaristique. Autre première fois pour les d’elle. Cet usage du motif musical On peut même dire que les choix Dardenne : grands habitués du tra- qui agit "comme une caresse apai- de cadrage et d’angle de vue sont vail avec des amateurs ou des ac- sante pour Cyril" [Luc Dardenne, entièrement faits « à hauteur de teurs peu connus, ils confient un press-book du film] place les ci- vélo » : une fois sorti de la salle, rôle important à Cécile de France, néastes très près du point de vue comme dans aucun autre film, on « vedette » du cinéma français et de Samantha, la mère d’élection se repasse en tête les parcours belge dans leur film. A la fois so- de Cyril. Trouver une mère alors de Cyril, on relie mentalement la laire et mystérieuse, elle incarne qu’on cherchait désespérément route au sous-bois, les contre-al- à merveille la coiffeuse Saman- un père : c’est à ce déplacement lées de la cité HLM et le retran- tha, qui rencontre par hasard que s’emploie Le Gamin au vélo, chement où, près d’une caravane, l’enfant de douze ans et accepte avec la vigueur d’un bon coup de le garçon a été « séduit » par un de le prendre en charge le week- pédale et la douceur d’une « ca- loubard qui prépare un mauvais end, pour adoucir sa vie au foyer. resse apaisante ». coup. Comme le campement en C’est un « accrochage » mutuel : le Charlotte Garson il giro del mondo saison culturelle in 60 film 23 THE HUNTER

Regia: Rafi Pitts.Sceneggiatura: Rafi Pitts. Fotografia: Mohammad Davudi. Montag- gio: Hassan Hassandoost. Interpreti: Rafi Pitts, Mitra Hajjar, Ali Nicksaulat, Hassn Ghalenoi, Amir Ayoubi, Naser Madahi, Ali Mazinani. Produzione: Aftab Nega- ran Productions, Filmförderungsanstalt (FFA), The Match Factory, Medienboard Berlin-Brandenburg, Twenty Twenty Vision Filmproduktion GmbH. Distribu- zione: Fandango. Paese: Germania, Iran. Anno: 2010. Durata: 90 minuti.

“Tenere aperte le possibilità è un ele- prendente nel quadro del cinema ira- to felicemente con Sara (Mitra Hajjar, mento importante del mio cinema. niano d’oggi, originale nel gestire gli già nel precedente lungometraggio di In Iran, quando invitiamo qualcuno a elementi messi in gioco, esistenziali- Rafi Pitts, Zemestan, del 2006, nonché cena offriamo il maggior numero pos- smo, indagine socio-politica, memoria attrice di Sagkoshi-Killing Mad Dogs, sibile di piatti, poi ognuno è libero di storica, tracce di thriller e poliziesco; e 2001, capolavoro del cinema irania- scegliere cosa mangiare. Allo stesso abile nel mantenerli in equilibrio in una no diretto da uno dei suoi cineasti più modo, io rispetto gli spettatori e offro significativa sobrietà formale. Di que- rappresentativi, Bahram Beizai) e che loro la scelta di pensare come preferi- sti elementi, Pitts fornisce indizi più è padre di una bambina, Saba. È un scono”. che spiegazioni, rendendoli così ancor uomo silenzioso. Rafi Pitts lo fa asso- In queste parole sta il senso di The più intensi. In tal senso, l’inquadratura migliare ad un automa: nel traffico del- Hunter, un’opera che in ogni scena - iniziale è emblematica. Con un lento la metropoli, nelle stanze di casa, nel dalla scoperta di una fotografia sui movimento di macchina, Pitts esplora distretto di polizia, nel bosco. Mentre titoli di testa al nero che inghiotte il una fotografia, «ingrandendola» da un la radio trasmette programmi sulle bosco e i personaggi alla fine - elabo- dettaglio al suo totale (evocando così imminenti elezioni e dalla strada giun- ra con grande rigore espressivo i pen- anche l’inizio di Novecento di Bernardo gono voci di manifestanti che gridano sieri e i comportamenti di un ristretto Bertolucci). Si vede un gruppo di uomi- «libertà». Mentre gli spari punteggia- gruppo di personaggi, affidandosi ad ni in moto in una strada di Teheran. Per no il film, incombenti come un suono una poetica del dubbio, del miste- terra, una bandiera statunitense. Non dell’inquietudine nel silenzio e come ro, dell’ambiguità. Non si sa davvero ci dirà altro, il regista. Eppure quell’im- segno ulteriore di colonna sonora (che come interpretare quel che il regista magine, indelebile, rimane il segno di ha fra le tracce anche Hunting Bears e sceneggiatore privilegia di mostrare memoria storica. Fu scattata nel 1980 dei “Radiohead”). oppure consegna al fuori campo. Non da Manoocher Deghati, noto fotografo La deriva esistenzialista di Ali, oltre il si sa come collocare quelle immagini che documentò gli albori dell’Iran di dolore da cui gli è impossibile liberar- nel mosaico allestito con calligrafia Khomeini, durante le celebrazioni per si (anche dopo avere sparato e ucciso minuziosa; come avventurarsi in un il primo anniversario della rivoluzione due poliziotti da un cavalcavia, in una testo al tempo stesso diretto verso islamica. Gli uomini immortalati dalla scena che fa tornare in mente Un gior- la sua meta (le tappe di una vendetta foto sono «pasdaran», le guardie della no di ordinaria follia con Michael Dou- da compiere da parte di un uomo cui rivoluzione. Afferma Rafi Pitts: “Con- glas giustiziere nel traffico e che prelu- sono state uccise la moglie e la figlia) servo quella foto da quando avevo 14 de alla lunga «seconda parte» del film e labirintico. Il disorientamento del anni. La mia generazione è cresciuta ambientata nel bosco), si manifesta protagonista è infatti trasmesso non con quell’immagine; essa rappresenta con i toni del thriller poliziesco, dove solo dalle sue scelte improvvise e dal- la tensione presente nei personaggi però il tema della caccia all’uomo è le conseguenti repentine deviazioni di del film ma anche quella che si perce- sempre declinato attraverso immagini percorso ma anche dal lavoro sul mon- pisce nell’Iran di oggi”. portatrici di dubbio. In ogni inquadra- taggio e sul sonoro. Invece è oppor- Non si sa molto di più di Ali, il prota- tura abita il suo contrario. Le identità tuno introdursi nella struttura creata gonista interpretato dal regista, del sono infrante, non ricomponibili. E i da Rafi Pitts senza preconcetti, senza suo passato e del suo presente, e delle momenti di felicità (nelle brevi scene chiedere spiegazioni, scegliendo una figure che incontra nel corso delle sue con la famiglia sorridente in strada e linea fra le molteplici suggerite dal ci- giornate. Si sa che è da poco uscito in un parco giochi) sembrano apparte- neasta iraniano. di prigione, che lavora come custode nere a un tempo scaraventato lontano. Dietro l’apparente minimalismo, The notturno in una fabbrica, che ha la Forse mai esistito. Hunter è un lavoro complesso, sor- passione per la caccia, che è sposa- Giuseppe Gariazzo il giro del mondo 24 in 60 film saison culturelle IN PURGATORIO

Regia e sceneggiatura: Giovanni Cio- ni. Produzione: Teatri Uniti, Zeugma Films, Qwazi Qwazi Films. Distribu- zione: Zeugma Films. Paese: Italia, Francia, Belgio. Anno: 2009. Durata: 72 minuti.

Un film è spesso un viaggio, ma in al- ci spinge a fare i conti con le conse- co è proprio il pensiero pseudo-illu- cuni film è la parola «viaggio» a non guenze del viaggio, che sono sempre minista che rilegge ogni sopravviven- essere scontata, ad essere essa stessa – se di vero viaggio si tratta – inaspet- za come residuo da eliminare, cancel- l’oggetto dell’interrogazione. tate. lare, dal pensiero e dallo sguardo. Il "Ho intrapreso un percorso filmico C’è qualcosa che resiste, che guarda, cinema di Cioni si pone agli antipodi senza darmi tante spiegazioni, senza pensa, respira e immagina in modo di tutto ciò; il suo sguardo è immer- sapere dove sarei arrivato e chieden- diverso e che ci costringe a mettere so nelle cose e negli spazi, proprio domi costantemente cosa stato fa- tra parentesi le facili categorie con perché non si pone a distanza di si- cendo", così Giovanni Cioni introduce cui in un certo senso anestetizziamo curezza, non si rifugia nella posizione il suo film. Un viaggio filmico inteso tutto ciò che è altro. Sono quei corpi protetta di chi vuole «testimoniare». come una struttura aperta, in cui lo e quelle esistenze che incontriamo Come spettatori ci troviamo di fronte sviluppo narrativo è in realtà la storia nel film, che parlano delle loro espe- a dei racconti e dei luoghi perturban- di uno sguardo che incontra qualcosa rienze, delle loro vite ai margini del- ti, al tempo stesso familiari e non fa- che lo interroga a sua volta, che pone la visibilità. Sembra quasi uno scar- miliari; ciò che vediamo è riconosci- degli interrogativi muti. Il primo dei to, uno strano accostamento quello bile e non riconoscibile: potenza del quali riguarda il luogo, fisico e menta- dei luoghi del mistero napoletano e cinema, quella di perturbare lo spazio le, nel quale stiamo viaggiando. quello di quei corpi e di quelle storie. e porre con forza la domanda su cosa Napoli. I vicoli dei Tribunali, i Quar- Eppure è proprio lì che è in gioco il stiamo veramente guardando. È in tieri Spagnoli, il Rione Sanità, Monte- senso del viaggio del film. Quei corpi questo senso che lo spazio del film santo, il Cimitero di Poggioreale e il abitano quello spazio, ne sono parte è quello del purgatorio che gli dà il Limbo dei bambini. Luoghi misteriosi, integrante. Il paesaggio della moder- titolo. Come afferma Cioni: "L’anima luoghi di culto, luoghi di sopravviven- nità si gioca appunto in questi spazi e del Purgatorio è un abitante di que- za di un pensiero magico che agisce in questi racconti, che non sono del- sto mondo. Il morto che non ha nome, e attraversa l’atmosfera di una città le eccezioni, ma parte integrante del che appare in sogno, che erra tra i vivi. unica. Luoghi che non vengono at- mondo. Perché la modernità non è Lo sconosciuto incrociato nella foto, traversati con l’approccio etnologi- progresso e costante miglioramento il viso sulla foto di chi è scomparso. co e sociologico di una macchina da rispetto al passato, ma anzitutto un L’Altro". presa che vuole (di)spiegarli di fronte gioco di anacronismi, di sopravviven- Ecco, il Purgatorio è uno spazio so- allo sguardo dello spettatore; appa- ze e di contrasti. È questo, come mo- speso, lo spazio in cui l’Altro si muove re evidente al contrario che qui si ha stra benissimo un film come In Purga- e vive mostrando al tempo stesso di la possibilità di incontrare ciò che si torio, il cuore stesso della modernità. essere diverso, irriducibile al nostro oppone alla chiarezza apparente del- Quindi quei luoghi, quelle persone, sguardo e, allo stesso tempo, asso- lo sguardo filmico, ciò che costringe quei racconti e quegli sguardi sono lutamente familiare, proprio. L’Altro ad interrogarsi su chi siamo, su come inevitabilmente lì, di fronte a noi, dif- sono io, siamo noi - mostra Cioni - ed guardiamo, su chi o cosa stiamo cer- ficilmente identificabili con facili eti- è questa scoperta che dà senso al per- cando. chette. Soprattutto, quei volti e quei corso di un film, ad un percorso che, Ecco che allora lo sguardo della came- luoghi sono a noi contemporanei. Non non ci stanchiamo di dirlo, è un esem- ra di Cioni ci costringe ad interrogarci c’è, infatti, nel film nessuna velleità di pio straordinario di viaggio/scoperta, e a confrontarci con un «Altro» che compiere un viaggio a ritroso nel tem- di viaggio senza rete di protezione, in resiste ad ogni assimilazione, ad ogni po, di vedere i luoghi di Napoli come cui siamo invitati ad entrare, per sco- conciliazione, ad ogni omologazione un anacronismo storico, superato per prire l’Altro da noi, cioè noi stessi. nella globalizzazione delle merci, dei quanto affascinante. corpi e dei gusti. Lo sguardo del film Anzi, ciò che viene messo sotto scac- Daniele Dottorini il giro del mondo saison culturelle in 60 film 25 JANE EYRE

Regia: Cary Fukunaga. Sceneggiatura: Moi- ra Buffini. Fotografia: Adriano Goldman. Montaggio: Melanie Oliver. Musica: Dario Marianelli. Scenografia: Will Hughes-Jo- nes. Costumi: Michael O’ Connor. Interpre- ti: Mia Wasikowska, Michael Fassbender, Jamie Bell, Judi Dench, Tamzin Merchant. Produzione: BBC Films, Focus Features, Ruby Films. Distribuzione: Videa-CDE. Pa- ese: Gran Bretagna. Anno: 2011. Durata: 120 minuti.

Non è certamente semplice offrire ha posto al centro dell’adattamento. eroina della letteratura inglese, nuovo fulgore alla narrazione vivi- L’infelice storia di Jane si sviluppa dopo aver interpretato Alice per da di Charlotte Brontë, che con Jane come un flusso di coscienza, che ), privilegia la riflessio- Eyre compose un ritratto in prima si serve di associazioni visive per ne all’azione, in controtendenza persona di un’affermazione femmi- collegare i diversi momenti della al romanzo che affida alla ragazza nile fuori dagli schemi per il 1847. sua vita. Dapprima misterioso, nel maggiore iniziativa. Il suo volto in- La vicenda della nobile orfana che mettere in contatto l’infanzia fred- corniciato dalle vetrate della dimo- prima deve e poi vuole cercare da da della protagonista e il calore del- ra, la nuca che ondeggia nel verde sola un ruolo nell’atavica società la famiglia che la ospita (le sorelle del parco, la sua silhouette tra le campagnola inglese è stato lo spun- di St. John Rivers), poi puntiglioso, ombre della sera che si tramuta in to di una trentina di adattamenti, nella serie di rimandi sull’educazio- notte sono momenti rivelatori di un soprattutto per il piccolo schermo. ne che fanno diventare Jane un’or- personaggio in divenire. E se Jane La fedeltà al testo sembra un cri- gogliosa maestra per una scuola di conquisterà l’orizzonte (e dunque terio generalmente rispettato, ma ragazze disagiate, il ricordo del pas- l’azione) sarà in questo film soltan- che non sempre gioca a favore dei sato irrompe nel presente con la for- to l’inizio per un ritorno verso ciò risultati: basti pensare che tra le za dell’impossibilità di dimenticare i che ha lasciato per orgoglio e pre- forti interpretazioni attoriali di La momenti bui delle nostre esistenze. sunta dignità. L’orizzonte desidera- porta proibita di Robert Stevenson Jane, la governante che potrebbe ri- to, a lungo ammirato dalle placide (con Joan Fontaine e Orson Welles) scattarsi dal ruolo di subalterna con vetrate, sarà oltrepassato solo nella e le atmosfere brumose di Jane Eyre il matrimonio fasullo con Lord Ro- fuga da Thornfield Hall per ritorna- di Franco Zeffirelli (con una giova- chester, deve maturare per diven- re nel finale con un senso del tutto ne nel ruolo tare la donna che saprà rifiutare un rinnovato. principale), appare un adattamento amore accomodante con il probo St. L’eleganza della messa in scena, più fantasioso ma anche più interes- John: ritirata nella solitudine di una che non cade nella ricostruzione sante Ho camminato con uno zombie brughiera in cui il vento non smet- pretenziosa né nella piattezza tele- di Jacques Tourneur, dove esoteri- te mai di soffiare dovrà distillare visiva, sceglie di non indugiare sul smo, terrore e follia si mescolano ogni attimo della sua vita per uscir- versante simbolico dell’opera d’i- mirabilmente, riportando al presen- ne rinnovata e pronta a ritornare a spirazione, allineandosi in questo te una storia ormai diventata mito. «casa», là dove il destino che si è alle versioni precedenti. Resta un Il regista Cary Fukunaga, con un pa- scelta saprà offrirle una nuova vita. mistero come un simile libro, spes- dre giapponese, una madre europea Oltre agli elementi narrativi che so citato nella liberazione femmi- e un curriculum da filmmaker indi- rendono indimenticabile la sto- nile, non si sia prestato a mostrare pendente (tra cui spicca un premio ria (l’amica morta di tisi accanto a il suo versante più astratto, tutto al Sundance), sceglie evidentemen- Jane bambina, i rumori inquietanti giocato come è su personaggi che te la via della fedeltà, dando ampio di Thornfield Hall, il fascino di Lord tengono nascosto un proprio dop- spazio alle atmosfere gotiche e ad Rochester, la moglie folle chiusa pio, pronto a manifestare il loro la- un’ambientazione sobria ma ele- nella segreta), il regista sembra tente se stesso. Giochi di specchi (o gante. La distanza dagli altri film na- voler sottolineare altro, qualcosa di spettri) che rendono più simile il sce dall’idea di puntare sul racconto che sfugga alle celebri atmosfere romanzo a una fiaba oscura e rive- in prima persona, tratto fondante gotiche delle tre scrittrici inglesi. latrice che a un raffinato feuilleton. e innovatore del romanzo, che la La Jane Eyre di Fukunaga, inter- drammaturga inglese Moira Buffini pretata da Mia Wasikoska (ormai Daniela Persico il giro del mondo 26 in 60 film saison culturelle LONDON BOULEVARD

Regia: William Monahan. Sceneggiatura: William Monahan. Fotografia: Chris Men- ges. Montaggio: Dody Dorn. Musica: Ser- gio Pizzorno. Interpreti: Keira Knightley, Colin Farrell, Jamie Campbell Bower, David Thewlis, Ray Winstone, Anna Friel, Eddie Marsan, Ben Chaplin, Stephen Gra- ham, Matt King, Ophelia Lovibond, David Dawson, Donald Sumpter, Lee Boardman, Daniel Ryan, Kerry Shale. Produzione: GK Films, Henceforth. Distribuzione: 01 Distribution. Paese: Gran Bretagna, USA. Anno: 2010. Durata: 104 minuti.

Tira un vento strano dalle parti del nomi, nonostante le circostanze del sualmente torrida e torbida. Proba- noir «Made in England». Fateci caso: suo arresto non se le ricordi proprio. bile che sul set Colin Farrell non ab- negli ultimi film – o, se volete, nei Avrebbe massacrato un tizio in una bia voluto cedere al fascino di una più recenti romanzi - si respira sem- rissa, cosa peraltro possibile data donna sensibilmente più... matura, pre, o soprattutto, aria di fuga. Avan- l’indole impulsiva e violenta, anche preferendo per ovvie ragioni (anche zi di galera che vorrebbero mollare per questo non protesta. Quando commerciali, avrà pensato il produt- tutto e rifarsi una vita. E salvo ecce- esce, però, spera di poter chiudere tore) Keira Knightley. Secondo: sem- zioni pur splendenti, come nel pur- con il passato da duro. Per questo ac- pre nel romanzo, è assai più lampan- troppo inedito in Italia, ma ottimo, cetta di lavorare come guardiaspalle te il rimando a Viale del tramonto The Disappearance of Alice Creed e «autista tuttofare» per una diva di Billy Wilder, a cui London Boule- (2009, di J. Blakeson), dove i due del cinema: una Keira Knightley, as- vard, fin dal titolo rimanda (Sunset ex-galeotti protagonisti organizza- sediata «night & day» dai paparazzi. Boulevard è l’originale wilderiano). no un rapimento con riscatto come In verità, nella villa dell’attrice già si Anche Monahan, comunque, si di- estrema «exit strategy», negli altri aggira un tipo strambo e losco, forse verte ad omaggiare quell’antico (e casi i personaggi vorrebbero uscire un maggiordomo, interpretato con francamente inarrivabile) capola- dalla porta principale. È il caso dello la solita grottesca verve da David voro, rendendolo ancora più «nero» spacciatore di The Pusher (2004, di Thewlis, ma diciamo che Mitchell ha di quanto già non fosse. Scopriamo Matthew Vaughn, con Daniel Craig), più il fisico del ruolo. divertiti che David Thewlis ricopre del rapinatore di Sexy Beast (2000, Tra i due, diva e tenebroso chauffeur, esattamente lo stesso ruolo che fu di Jonathan Glazer, con Ray Winsto- va da sé, scatta la scintilla, così come di Erich von Stroheim, con (quasi) ne), dell’allibratore ed ex pugile di non sorprende che la vita del bandi- tutte le conseguenze del caso. Cer- Shiner (2000, di John Irvin, con Mi- to, quella di prima, lo reclami indie- to, William Monahan - che pure è chael Caine): tutti sognano di met- tro a gran voce. In particolare il tru- personaggio interessante, ha scritto tere la testa a posto, mantenendo il cido boss Ray Winstone, in combutta The Departed di Martin Scorsese e più possibile pulita la fedina penale. con la mala dell’Est per il controllo pare abbia aiutato, con una brillante Purtroppo è la vita stessa del bandi- dei bassifondi di Londra (il «milieu» intuizione investigativa, la polizia a to a continuare a schizzare fango, al della città, direbbero i francesi) ha catturare Unabomber (!) - non è Bil- di là della singola volontà di reden- per Mitchell altri progetti. Ci sa- ly Wilder. E il film manca a tratti di zione. Se ne accorge il protagonista rebbe anche una sotto-trama fon- quel briciolo di coraggio e durezza di London Boulevard, noir metropoli- damentale: il desiderio di vendetta per diventare a sua volta un classi- tano fin dal titolo, scritto da un astro del protagonista colpito dalla morte co. Ma, il regista-sceneggiatore mo- nascente del genere, Ken Bruen, ora di un amico homeless, assassinato difica in meglio, rispetto al libro, il sceneggiato e trasformato in film da gratuitamente da due ragazzini, uno finale e costruisce intorno a Farrell William Monahan, regista di nazio- dei quali è considerato il prossimo un personaggio insolito e ben defi- nalità americana ma dalle inconfon- Beckham, per come gioca a calcio. nito, circondato da una fauna di fi- dibili ascendenze irlandesi, come lo Stop! Non vi diciamo di più per non gure (dalla sorella matta all’amico stesso scrittore (che è di Belfast: il rovinarvi il finale. tossico, al gigione Winstone) bizzar- suo romanzo in Italia è pubblicato Punto primo: le differenze tra ro- re quanto basta affinché gliaficiona - da Casini editore). manzo e film. Una sostanziale: nel dos del genere noir (con sfumature a Mitchell ha passato gli ultimi tre libro l’attrice ha sessant’anni. Par- tratti pulp) si divertano. anni della sua vita in galera. Quat- ticolare non da poco conto, perché to quatto, zitto zitto, senza mai fare la relazione tra lei e Mitchell è ses- Mauro Gervasini il giro del mondo saison culturelle in 60 film 27 MELANCHOLIA

Regia e sceneggiatura: Lars von Trier. Fotografia: . Mon- taggio: Morten Højbjerg. Costumi: Manon Rasmussen. Interpreti: , Charlotte Gainsbourg, Kiefer Suther- land, Charlotte Rampling, Alexander Skarsgård, Stellan Skarsgård, Udo Kier, John Hurt, Brady Corbet. Produzione: E1 Entertainment, Tristar Pictures, CNC See. Distribuzione: BIM Distribuzione. Paese: Danimarca, Francia. Anno: 2011. Durata: 136 minuti.

“La terra è cattiva”. È con queste pa- del cerimoniale rigido e ingessato di punizione che ne consegue. Sia Justi- role che la protagonista Justine – gio- un matrimonio di lusso per dimostrare ne sia Claire provano, ciascuna a suo vane sposa depressa e malinconica come l’umanità riesca talvolta a farsi modo, ad opporsi: ma si tratta di un anche nel giorno delle sue nozze, son- male da sola. Madri rancorose, padri tentativo inutile. Il matrimonio rappre- tuosamente organizzate dal cognato incontinenti, uomini divorati dalla pro- senta semplicemente il punto di con- – spiega alla sorella Claire le ragioni fessione: la festa nuziale è una giostra fluenza e l’esemplare incandescenza dell’imminente catastrofe planetaria di malignità, meschinità e squallore da di una serie di colpe che l’umanità in che distruggerà la terra. Sulla scia di cui solo Justine può chiamarsi fuori; generale e i personaggi in particolare credenze antiche, il copione attribu- per lei la depressione costituisce, nella sono andati accumulando nel corso isce alla sua malinconia doti straor- circostanza, un’ombra protettiva, un del tempo (lo stesso regista ha dichia- dinarie di preveggenza, in virtù delle cupo antidoto alla stupidità e alla bas- rato di essersi ispirato ad una vecchia quali la ragazza «sa» che il pianeta sezza del mondo che la circonda. commedia di Cukor, The Philadelphia destinato a sfiorare la terra in realtà È in onore della sua strenua resisten- Story, perché “è un film che non parla la centrerà in pieno. La sua consape- za al conformismo del rito matrimo- tanto di una festa, quanto di quello che volezza è poi venata di questa nota niale e della sua splendida solitudine è successo prima”), alle quali è possi- tragica: essendo «cattiva», la terra non esistenziale che la prima parte del bile opporre soltanto una sorta di resi- ha fatto nulla per meritarsi qualcosa film prende il titolo. La seconda inve- stenza passiva; quel che segue, ha di- di meglio di una nemesi improvvisa e ce ha il nome della sorella Claire, che mensioni tali da sottrarsi non solo alla rovinosa. E ad avere il sapore di un de- incarna un’altra forma di resistenza, ribellione dell’individuo, ma persino al stino già scritto è tutto il film, visto che concettuale ed emotiva al contempo, suo tentativo di ricondurlo al territorio von Trier decide di porre all’inizio – in all’idea che l’umanità sia al capolinea. della ragione. una ouverture maestosa e memorabile È qui che il film dà il meglio di sé: nel- Melancholia è un film imperfetto, for- – alcune sequenze al rallentatore che la descrizione di una forma graduale, se persino uno dei meno riusciti di ritraggono i personaggi al momento quieta e dolorosa, di rassegnazione von Trier; ma le sue imperfezioni met- della fine. Si tratta in realtà di (pre) all’idea della fine. Con il suo consue- tono i brividi. Prima scava un abisso visioni della catastrofe della stessa to gusto per le scelte contro corrente, esistenziale, poi invita lo spettatore a Justine, allucinazioni divinatorie che von Trier decide di spogliare il filone guardarci dentro. Perché mai l’umani- in origine, come ha spiegato lo stesso del film catastrofico di tutto l’appara- tà dovrebbe farla franca? Perché non regista, sarebbero dovute essere dis- to che abitualmente lo correda: niente dovrebbe scontare la sua angustia seminate lungo tutto il corso del film, panico, niente urla, niente gente che mentale? Le deliranti dichiarazioni del ma che poi hanno invece finito per co- scappa o prova a ribellarsi. Solo un pu- regista in conferenza stampa a Cannes stituirne il prologo. gno di persone sedute intorno a un ta- (solidarietà verso Hitler e il nazismo) e Ma perché «la terra è cattiva»? Ponen- volo all’aperto, che mangiano, bevono, il clima di isteria collettiva che hanno do il suo film sotto il segno malefico provano a capire, sino a quando – len- determinato, culminato infine in un e funesto di un castigo cosmico, von tamente, inesorabilmente – realizzano assurdo provvedimento di espulsione Trier per così dire si condanna a met- che non c’è niente da capire. del cineasta dal festival, hanno poi – in tere in scena un microcosmo umano Le due parti del film prendono dun- un singolare fenomeno di continuità in grado di legittimare l’imminente que il nome delle sorelle; ma le si può tra il film e l’evento che lo ospitava – punizione. E nel farlo recupera situa- agevolmente ribattezzare con i termi- confermato l’ipotesi di partenza: la zioni e atmosfere di un vecchio film ni aristotelici di «hybris e némesis», terra è cattiva… del suo connazionale Thomas Vinter- che indicano rispettivamente la colpa berg, Festen (1998): nulla di meglio dell’umanità che attira l’ira divina e la Leonardo Gandini il giro del mondo 28 in 60 film saison culturelle MIchel Petrucciani: Body & Soul

Regia: Michael Radford. Sceneggiatura: Michael Radford. Genere: documentario. Produzione: Les Films d’Ici, Looks Film- produktionen, Partner Media Investment. Interpreti: Michel Petrucciani. Distribu- zione: PMI Distribuzione. Paese: Italia, Francia, Germania. Anno: 2011. Durata: 90 minuti.

Body & Soul è un oggetto piuttosto viene fatto in qualche modo «à contre- te nel giorno stesso (o quasi) in cui la strano. Etichettato come documenta- emploi». L’incontro determinante del- loro attenzione nei suoi confronti ha rio, concepito come un ritratto, porta la carriera di Petrucciani, quello che mostrato segni di stanchezza e tutte la nostra attenzione ora su uno, ora l’ha spinto sulla scena internazionale, conquistate con il bisogno assoluto – sull’altro dei due poli attorno ai quali è quello con Charles Lloyd. Il sasso- “questa è la mia nuova moglie”, dice è costruito: il corpo e l’anima di Michel fonista lo accoglie nella sua tenuta sempre Petrucciani presentandole agli Petrucciani. californiana di Big Sur, ospitandolo e amici un minuto dopo averle conosciu- Il corpo separato dall’anima, questo il facendone il suo pianista per cinque te egli stesso – di essere al centro di taglio scelto da Michael Radford per anni. Lloyd è un gigante della musica tutti i palcoscenici. raccontarci la breve vita di un uomo jazz: nato nel 1938, ha cominciato ne- Radford ci propone un film con molti affetto da una grave sindrome, l’osteo- gli anni Cinquanta come «sideman» volti, molte voci, ma incredibilmente genesi imperfetta, e dotato un talento di B. B. King e Howlin’ Wolf per poi ac- poca musica. O meglio con poca ri- unico, come pianista e compositore. compagnarsi a Cannonball Adderley e flessione sulla musica. Per fare un pa- Ma sarebbe forse il caso di dire, se- diventare subito un leader che fa cre- ragone sportivo, è come se nel ritratto guendo l’impostazione del film, di un scere il talento di artisti come Herbie di un calciatore, ci venissero proposte uomo malato ma anche geniale. Hancock, Ron Carter, Keith Jarrett; ma è sequenze della sua esultanza dopo un In questo senso, il film è estremamente anche attento alla spiritualità orientale gol piuttosto che il gol stesso o i suoi rigoroso. I testimoni, chiamati a depor- e la sua ricerca lo porta a sperimentare gesti atletici. In quest’ottica, Body & re davanti ai nostri occhi riguardo alla generi musicali lontanissimi dal jazz. Si Soul è interessante come spunto di ri- vicenda umana di Petrucciani, vengono può dire insomma che Lloyd è tutto il flessione sulla ricezione di Petrucciani assegnati in modo esclusivo o alla sua contrario di Petrucciani, giovanissimo, e della sua musica più che sulla musi- anima (i musicisti, i collaboratori) o al incolto, affamato di esperienza. Colpi- ca stessa. Esemplare, in quest’ottica, suo corpo (le donne, madre o compa- sce allora sentire Lloyd e Petrucciani l’importanza data a figure «tecniche», gne, la famiglia), senza che mai venga parlare, seduti su una scogliera affac- come quella del suo accordatore, che meno il muro che separa la luce della ciata sull’oceano – la ripresa è legger- si dilunga sul rapporto tra rapidità di musica dal buio della deformità. In mente bruciata e sembra arrivare da esecuzione e peso delle ossa o sulla questo senso è curiosa, perché mai un’epoca ancora più lontana (siamo relazione mistica tra Petrucciani e il affrontata, mai spiegata, la determina- in realtà negli anni Ottanta) – con il pianoforte (inteso come oggetto, mar- zione che Radford mette nell’ignorare vecchio saggio che dice al giovanotto: ca e modello), ma sembra ignorare nel lo stesso oggetto della sua indagine: “You’re an old soul”, e Petrucciani che modo più assoluto come quelle ossa e per tre volte, nel corso del film, sentia- ascolta e non risponde. Troppo indeci- quel pianoforte parlano al pubblico. mo Petrucciani spiegare nel dettaglio frabile, per lui, l’idea di un’anima sepa- Chi è stato allora Michel Petrucciani? la natura del suo handicap senza mai rata dal corpo. E troppo irriducibile alla Radford ci propone l’immagine del porlo come alternativo al suo percor- sua esistenza l’idea di vecchiaia. lampo che illumina e brucia un deter- so di musicista, ma proponendolo anzi Più ci si fa accompagnare da Body & minato luogo in un determinato tempo come parte di un’unica identità, la sua. Soul nel conoscere la vita di Petruccia- restando impresso nella memoria di Al punto da spingerlo a una vita vissu- ni, più questo equivoco di sentirsi in chi era lì in quel momento. Body & Soul ta – sono parole sue – «al 150%», per un modo ed essere visto dal mondo in resterà allora come l’istantanea (o me- fare presto, per non perdere uno solo un altro si afferma come vera cifra del glio, la ricostruzione di un’istantanea) di quei giorni che per lui, musicista suo percorso artistico e umano. Come di quel lampo e della meraviglia che ha e uomo nato con un grave handicap, d’altra parte nei racconti di quelle che generato. sono più contati che per altri. sono state le sue compagne, tutte ab- Ma anche l’uso del materiale d’archivio bandonate da un giorno all’altro, tut- Marco Gianni il giro del mondo saison culturelle in 60 film 29 Miracolo a Le Havre Le Havre

Regia: Aki Kaurismäki. Sceneggiatura: Aki Kaurismäki. Fotografia: Timo Salminen. Montaggio: Timo Linnasalo. Musica: Cliff Martinez. Scenografia: Wouter Zoon. Co- stumi: Frédéric. Interpreti: André Wilms, Kati Outinen, Jean-Pierre Darroussin, Elina Salo, Evelyne Didi, Quoc Dung Nguyen. Produzione: Pandora Filmpro- duktion, Pyramide Productions, Sputnik. Distribuzione: BIM Distribuzione. Pae- se: Germania, Francia, Finlandia. Anno: 2011. Durata: 93 minuti.

Miracolo a Le Havre è uno dei migliori tratto sociale che si cela e mostra allo le scenografie povere sostano ogni film di Aki Kaurismäki, uno dei lavori stesso tempo, da scoprire con lentez- giorno, Kaurismäki riserva altri tipi più convincenti del cineasta finlan- za, come se si osservassero dei quadri di miracoli. Lo fa con la complicità di dese. Un’opera che parla del nostro e i loro molteplici livelli. Senza mai interpreti consueti dei suoi film o con presente con uno sguardo rivolto al dimenticare di inserire scie di dolente attori alla prima esperienza su un suo passato, dove argomenti di profonda umorismo, di stupore surreale a pun- set (mentre nei ruoli dell’informato- attualità (l’immigrazione, la crisi eco- teggiare e rendere ancor più intensa re e del medico figurano Jean-Pierre nomica) trovano collocazione in un la lotta per la sopravvivenza ingaggia- Léaud e il regista Pierre Étaix). Kati racconto sospeso nel tempo, lontano ta dai personaggi. Outinen, attrice di quasi tutti i film dal realismo, immerso in un mon- Narra, Miracolo a Le Havre, quel che di Kaurismäki, è Arletty, la moglie do di fantasia. Non sembra di essere accade all’anziano Marcel Marx - riti- malata, che Marcel accompagna in nella Francia, o in un qualsiasi altro ratosi nella città portuale per vivere ospedale in una struggente scena in posto del mondo, di oggi. Eppure, dal- insieme alla moglie Arletty lavoran- auto dove lo sguardo dell’autore si le immagini di una città trasformata do come lustrascarpe - quando entra sofferma sulla coppia che si -abbrac dall’occhio del regista in puro luo- nella sua vita Idrissa, piccolo profugo cia. Una donna il cui destino sembra go di artificio abitato da personaggi arrivato dall’Africa sub-sahariana con segnato e che, invece, in un finale portatori di stratificate memorie di la necessità di sfuggire ai controlli dove favola e melodramma si intrec- cinema, emergono potenti riferimen- della polizia. In questa storia, Kauri- ciano, salirà a bordo di un altro taxi ti al disagio del vivere in una società smäki descrive anche l’esistere e il per tornare a casa insieme al marito. contemporanea dominata dalla paura, progredire di relazioni fra personaggi Ad Arletty si contrappone il personag- dall’esclusione di chi proviene da altri che vivono, per scelta o per necessità, gio del poliziotto Monet interpretato confini. Ed emergono anche la solida- ai margini: Marcel e Arletty, il poliziot- dall’eclettico attore francese Jean- rietà e la complicità che si instaurano to vecchio stile, di nome Monet, la Pierre Darroussin. Un poliziotto che in figure segnate dalla solitudine e proprietaria e gli avventori del bar, il sembra uscito da un «polar» d’epoca, chiamate a reagire di fronte all’intol- droghiere, il cantante rock Little Bob. inflessibile e umano, presente ovun- leranza e al dolore. In quella «città di «Attori» di una commedia umana in que per cercare indizi. Con Monet, cinema» - dipinta da Kaurismäki con un «quartiere senza miracoli» (così lo Marcel stringe un rapporto intenso, suggestioni affioranti da un immagi- definisce Arletty) dove, lentamente, i così come con la bionda proprietaria nario filmico del secondo dopoguerra miracoli accadranno. Idrissa attraver- del bar e con Little Bob, alias Rober- o, ancora più indietro nel tempo, degli sa i luoghi con l’instabilità di chi è in to Piazza. Anche a lui accadrà un mi- anni Trenta - compaiono minimi, si- fuga, apparendo e scomparendo, sal- racolo, ritroverà l’amore della donna gnificativi, elementi riconducibili alla vandosi due volte grazie ad altrettan- amata, e sarà protagonista di un con- società odierna: immagini di migranti ti espedienti. Da notare che in questi certo per raccogliere fondi in una sce- in televisione, titoli allarmanti di gior- il poliziotto ha un ruolo determinante na commovente che contiene tutta la nali, il campo profughi sulla scogliera, lasciando aperte vie di fuga che per il passione di Kaurismäki per la musica il bambino africano... Kaurismäki, da bambino rappresentano veri e propri e i suoi personaggi più incredibili. sempre, utilizza poche parole nei suoi miracoli (nell’attesa di un futuro certo D’altronde, il regista ha scelto Le Ha- film. Alla prosa preferisce la poesia, non facile ma quanto meno sostenu- vre perché “è la Memphis francese, ovvero inquadrature solidamente ra- to da quella solidarietà ricevuta dalla la città del blues, del soul e del rock refatte, dinamiche nella loro staticità, maggior parte degli abitanti). and roll. E Little Bob è l’Elvis di questo che accennano situazioni, evocano Ad altri personaggi indimenticabili, regno”. tormenti interiori, compongono un ri- che in quelle strade e abitazioni dal- Giuseppe Gariazzo il giro del mondo 30 in 60 film saison culturelle THE NEXT THREE DAYS

Regia: Paul Haggis. Sceneggiatura: Paul Haggis. Fotografia: Stéphane Fontaine. Montaggio: Jo Francis. Musica: Danny Elfman. Interpreti: Russell Crowe, Eliza- beth Banks, Ty Simpkins, Olivia Wilde, Brian Dennehy, Jonathan Tucker, RZA, Liam Neeson, Moran Atias, Lennie James, Sean Huze, Jason Beghe, Nazanin Bonia- di, Tyrone Giordano, Michael Buie, Helen Carey, Daniel Stern, Aisha Hinds. Produ- zione: Fidélité Films, Hwy61, Lionsgate. Distribuzione: Medusa Film. Paese: USA. Anno: 2010. Durata: 122 minuti.

Bisogna mettere insieme il Paul Hag- affetti familiari, luogo nel quale Paul intermedie e taglia in due tanto le op- gis sceneggiatore degli ultimi capitoli Haggis regista si muove abitualmente: zioni degli individui quanto le loro ve- di James Bond, quello che ha fornito una donna dalla vita tranquilla viene rità. Haggis non risolve il dilemma e, materia alla maturità del cinema di accusata di omicidio volontario e con- questa volta, si affida alla scappatoia Clint Eastwood con gli script di Million dannata in base a prove che si direb- spettacolare del rocambolesco finale, Dollar Baby e del dittico su Iwo Jima, bero inconfutabili; suo marito, però, lasciando che il tema, in realtà cen- e quello che sì è messo alla prova crede fermamente nell’innocenza che trale, della colpevolezza o innocenza come regista di Crash - Contatto fisico la donna dichiara con ostinazione e si della moglie resti sostanzialmente e Nella valle di Elah, per avere le co- trova nella condizione di dover sce- irrisolto (almeno nello spirito del ordinate adatte a collocare un thril- gliere se rinunciare per sempre a sua protagonista, visto che a noi spetta- ler a dominante etica come The Next moglie e alla madre di suo figlio, ac- tori viene incongruamente offerto un Three Days. Se lo spunto viene da un cettando le regole della società, oppu- postfinale rivelatore). film francese del 2008 (Pour elle di re negare quella legge che, a suo pa- The Next Three Days conferma dunque Fred Cavayé, inedito in Italia), di cui è rere, sta sbagliando e agire nell’ombra in Haggis la capacità di lavorare su il dichiarato remake hollywoodiano, la della criminalità, organizzando una temi fondamentali che concernono il sostanza sulla quale Haggis elabora il rocambolesca evasione per la moglie. rapporto tra le certezze sempre più in- suo lavoro cinematografico è quella ti- Paul Haggis lavora sul plot adottan- troflesse dell’individuo nella società pica di un cinema come il suo, incline do un duplice registro, ponendosi in contemporanea e l’invadenza di una alla speculazione su questioni morali ascolto delle questioni etiche e dando sempre più ampia zona grigia, nella e comportamentali legate alla nostra seguito all’intreccio più spettacola- quale scolorano i confini tra ciò che è vita quotidiana e alle problematiche re legato al piano di evasione: in un giusto e ciò che non lo è, tra ciò che fa sociali dell’attualità. caso e nell’altro, il regista gioca tutto parte della verità e ciò che determina Lo schema è quello, di ascendenza sullo spiazzamento del protagonista, l’inganno. Nel dramma di questo placi- hitchcockiana, dell’uomo tranquillo il quale d’improvviso si trova a dover do insegnante di matematica, costret- posto di fronte a una situazione estre- fare i conti con l’incerta verità che nu- to a tramutarsi in un professionista ma e a scelte umanamente rischiose. tre nei confronti dell’innocenza della dell’evasione, si ritrova la relazione In questo senso va detto che la figu- moglie, tanto quanto con la maldestra sempre più problematica tra la griglia ra di Russell Crowe appare quanto sicurezza che esibisce muovendosi in morale imposta dalla comunità e l’as- mai consona allo scopo, con la sua un territorio che non gli appartiene. solutezza dell’individuo, portato ad aria sospesa tra James Stewart e Cary Il film insiste proprio su questa situa- agire d’istinto nell’ampio spettro che Grant mediata dalla modernità appar- zione «borderline» del protagonista, va dall’egoismo all’individualismo. Il tenuta ad Harrison Ford. Partendo da costretto a stare in equilibrio tra una vero snodo delle scelte operate dal una situazione di assoluta normalità, dimensione morale di fondo e l’in- protagonista di The Next Three Days si Haggis lascia esplodere il dramma in cursione nel lato oscuro della società, colloca infatti nel punto esatto in cui una struttura che pone il protagoni- popolato di criminali e figure in bilico l’effettiva innocenza della moglie si sta di fronte alla necessità di operare sulla legalità. Come spesso accade in prospetta come un’ipotesi che pare scelte che lo collocano al di fuori del Haggis, del resto, il film è un quesito negata tanto dai fatti quanto dalla suo abituale scenario di riferimento senza effettive risposte sul rapporto stessa donna, lasciandolo completa- e sovvertono radicalmente la sua vi- tra ciò che è giusto in senso assoluto e mente solo di fronte a una scelta che sione del mondo. Il nodo è quello del ciò che riteniamo giusto in senso rela- in realtà coinvolge rischiosamente se confronto tra verità e fiducia, giocato tivo, dove la comunità è rappresentata stesso e i suoi cari. nel cuore più intimo dei legami e degli come una macchina che occupa le vie Massimo Causo il giro del mondo saison culturelle in 60 film 31 NOSTALGIE DE LA LUMIÈRE Nostalgia de la luz

Réalisation et scénario: Patricio Guzmán. Images : Katell Djian. Montage : Patricio Guzmán, Emanuelle Joly. Son : Freddy Gonzàlez. Interprétation : Gaspar Calas, Lautaro Núñez, Lúis Henriquez. Produc- tion : Atacama Productions, Blinker Film- produktion, Westdeutscher Rundfunk, El Deseo S.A., France 2 Cinéma, Via Digital, Renn Productions. Distribution : Lucky Red. Pays : Espagne, Allemagne, France, Chili 2010. Durée : 90 minutes.

Nostalgie de la lumière commence vaste fosse commune, une décharge veuves n’est pas plus absurde, pas par l’ouverture majestueuse d’un d’ossements humains : la dictature moins utile que la leur. Mais alors, que gigantesque dôme, dont les parois y a trouvé le lieu idéal où faire dis- fait l’Etat, qui a visiblement contri- s’écartent pour laisser passer un non paraître des corps qu’elle avait déjà bué à financer l’observatoire érigé moins majestueux télescope. Ce dé- enterrés ailleurs mais qui pouvaient dans l’Atacama mais ne prend pas but à la Jules Verne invite au voyage, servir de preuves de ses meurtres la peine d’envoyer une pelleteuse mais c’en est un tout autre, à la fois en- de masse. Guzmán allie donc aux pour réparer l’irréparable ? Pourquoi chanteur et douloureux, auquel nous cadrages admiratifs envers la magie les recherches portent-elles plus invite Patrizio Guzmán. Prisonnier du lieu et l’ambition des astronomes volontiers sur l’archéologie (Guzmán politique en 1973 au Chili puis exilé à d’aujourd’hui des témoignages qui filme une sorte d’archive locale où Cuba, en Espagne et en France, le réa- révèlent l’aspect mortifère de cet en- des momies millénaires sont conser- lisateur de La Bataille du Chili (1973 droit. Ce n’est pas un hasard si l’un de vées) et sur l’astronomie, sinon parce et 1979), Le Cas Pinochet (2001) ou ses films précédents s’intitulaitLa Mé- que le passé le plus récent, celui de encore Salvador Allende (2004) confie moire obstinée : la tâche du cinéaste la fin du vingtième siècle, ne « passe en voix off sa passion enfantine pour est de donner à voir ce qu’un pouvoir pas » ? Le montage de Nostalgie de la l’astronomie, nourrie par les livres de a décidé d’effacer aux yeux du monde lumière entrelace avec tact et délica- science-fiction mais aussi par les dis- en faisant usage d’une vastitude géo- tesse les différents fils, en prenant positions géographiques de son pays logique qui dépasse les proportions garde de ne pas tout amalgamer natal. En raison de la transparence du humaines. Reste qu’un petit groupe sous prétexte de métaphores. Cette ciel et de la sécheresse qui y règne de femmes – veuves depuis le régime impression que tout fait sens dans ce (0% d’humidité), le grand désert de Pinochet – parcourt sans relâche le qu’il rapproche provient sans doute l’Atacama est un poste d’observation désert, gratte le sol pour en extraire de la préexistence de ces liens : ainsi privilégié pour les astronomes, qui les restes, espèrent-elles, de leurs Luis, survivant d’un camp de concen- y ont installé les télescopes les plus chers disparus torturés, enterrés et tration, raconte-t-il qu’un groupe puissants du monde. Mais bientôt, exhumés à nouveaux pour être dis- d’amateurs d’astronomie s’y réunis- dans ce documentaire aux images persés dans les sables. Plusieurs sait régulièrement pour observer le splendides, le spectateur comprend charniers ont déjà été découverts, et ciel. Luis reconnaît sur les lieux les qu’il ne sera pas là seulement pour pourtant, bizarrement, ces femmes noms de ses congénères sur une rêver aux étoiles et à leur lumière déjà âgées viennent ici officieuse- paroi, il déchiffre ce graffiti presque différée qui ne nous parvient que des ment, sans aucune aide. Elles sont effacé, dessine les lieux dont ila années après leur mort. laissées à leur arpentage sans outils gardé l’architecture en tête. Comme En effet, ce désert est un véritable pa- sinon une minuscule pelle : du maté- la poussière d’étoiles (matérialisée limpseste géologique et historique. riel de jardinage. dans le seul effet spécial du film) qui S’y mêlent à même le sol et la roche Peu à peu, la construction du film nous parvient après leur fin, il est la les peintures rupestres et les momies qui met en relation les entretiens trace vivante d’une mémoire que la des bergers précolombiens, les restes avec un astronome, un archéologue dictature a tout fait pour effacer. A des baraquements de mineurs du et ceux avec ces femmes, désigne son tour le cinéma, en filmant ce der- dix-neuvième siècle et ceux (en fait, les veuves infatigables comme des nier témoin, se fait « l’astronome » les mêmes bâtiments) des camps de archéologues, des astronomes : si les d’une tragédie que l’Histoire laisse concentration que le régime d’Au- scientifiques ne recueillent que les sécher dans les sables. gusto Pinochet y a installés dans les traces d’étoiles mortes ou des gra- années 70. Enfin, l’Atacama est une vures dans la roche, la recherche des Charlotte Garson il giro del mondo 32 in 60 film saison culturelle ONE DAY

Regia: Lone Scherfig. Sceneggiatura: Da- vis Nicholls. Fotografia: Benoît Delhom- me. Montaggio: Barney Pilling. Musica: Rachel Portman. Interpreti: Anne Ha- thaway, Jim Sturgess, Patricia Clarkson, Romola Garai, Jodie Whittaker, Georgia King, Ken Stott, Rafe Spall, Joséphine de La Baume, Matthew Beard, Amanda Fai- rbank-Hynes, Heida Reed, Ukweli Roach, Toby Regbo, Emilia Jones, Diana Kent, Ja- mes Laurenson, Sébastien Dupuis, Lorna Gayle, Matt Berry. Produzione: Color For- ce, Random House Films. Distribuzione: BIM. Paese: Gran Bretagna, USA. Anno: 2011. Durata: 107 minuti.

Nel corso degli ultimi anni, pochi ge- Tuttavia, il primo film che viene in e cercare di assecondarlo. Va letta in neri come il dramma sentimentale mente guardando One Day è Dieci in- quest’ottica anche l’assenza del lie- hanno saputo raccontare meglio lo verni, con il quale il film della danese to fine: non si paga lo scotto per aver stato di catalessi emotiva e interrela- Scherfig (all’opera seconda in lingua amato ma per non aver amato. Il punto zionale propria delle nuove genera- inglese dopo An Education) condivide, è che la «paura d’amare» non è più il zioni. Al cinema, la «paura» di amare oltre che l’assunto di fondo, anche la risultato di una serie di relazioni diffi- ha guadagnato spazio a scapito della scelta di scandire la narrazione per cili che hanno segnato in maniera in- «volontà» di amare e si è afferma- mezzo di ricorrenze temporali. Se le delebile il tessuto sentimentale della ta anche laddove non vi sarebbero vite dei due amanti (non dichiarati) persona (adulta) ma vige «a priori», e dubbi, ostacoli, controindicazioni. A del film di Mieli si incrociavano tra connota egoisticamente la gioventù: tenere lontani due ragazzi innamo- Venezia e la Russia ad ogni stagione non ci si tira indietro per timore di ar- rati non sono guerre o malattie, dif- fredda (evidente metafora per lo stato recare del male all’altro con la propria ferenze di classe o veti imposti dai del loro rapporto), qui la relazione tra sofferenza, quanto perché la potenzia- genitori, incomprensioni o disaccordi Emma e Dexter, si snoda lungo un ven- le sofferenza dell’altro non arrechi del ma solo l’incapacità di mettersi in gio- tennio, ma come scritta su un diario le male a noi. La forma del melodramma co, dichiarare i sentimenti e offrire la cui uniche pagine siano sempre e solo sussiste intatta ma svuotata del pro- propria fragilità alle cure dell’altro. quelle del 15 luglio. E come nel film prio cuore pulsante: la passione si tra- Gli adulti latitano o sono di pessimo del regista romano, tutto inizia con una sforma nella sua negazione e il motore esempio, l’instabilità sociale si spec- notte trascorsa nello stesso letto ma primo dell’intreccio non risiede nella chia in quella emotiva, la mancanza di senza «consumare» l’atto sessuale. difesa a tutti i costi dell’amore (riu- traguardi e certezze confina i giovani Indagare le eventuali somiglianze tra sciranno ad amarsi nonostante tutto?) in un limbo in cui la relazione amo- i due film e scoprire se David Nicholls ma nell’affermazione ad oltranza della rosa è cercata e rifuggita allo stesso (autore del libro e della sceneggiatura sua rinuncia (riusciranno a non amarsi tempo. Privi di punti di riferimento da cui è tratto One Day) abbia o meno fino alla fine?). – senza niente da difendere e niente visto il film italiano interessa fino a un È un provvidenziale incidente a risol- contro cui lottare – si consumano sen- certo punto: quel che conta è che in vere il dramma e a togliere d’impiccio i za bruciare e muoiono pazientemen- entrambi si assiste alla messa in scena due (non più giovani) protagonisti, e in te, giorno dopo giorno, come i cloni di di una mancata storia d’amore (o che particolare Dexter, responsabile del- Non lasciarmi o la malata terminale di si configura come tale proprio in virtù la condotta più discutibile e lasciato Restless. Il film di Gus Van Sant – Ha- della sua negazione). Le condizioni in con il fardello del rimpianto per una rold & Maude con le canzoni di Sufjan base alle quali essa potrebbe aver luo- vita vissuta all’insegna dell’effimero, Stevens al posto di Cat Stevens – è go ci sono tutte ma coloro che dovreb- tanto in termini di scelte sentimenta- quello potenzialmente più accattivan- bero viverla si rifiutano di farlo. Prefe- li che professionali. L’unico, parziale, te, ma nonostante la delicatezza del riscono passare da un letto all’altro e elemento di riscatto risiede nel tenero tocco, contribuisce alla mistificazione sposare compagni/e che non amano rapporto con la figlioletta avuta da un secondo la quale solitudine signifi- piuttosto che impostare una relazio- matrimonio fallito: è lei ad assicurare ca non avere niente da condividere ne duratura con «l’anima gemella». A al padre una seppur fragile forma di a parte il proprio vuoto e finisce per trionfare è dunque una sfiducia nell’a- felicità futura, ma costituisce anche il mostrare come l’affermazione della more e nelle risorse emotive del sin- doloroso lascito delle scelte fatte in propria diversità conviva con la voglia golo: si preferisce vivere di rimpianto passato. di essere uguali agli altri. E il disagio si (come illustra l’elegiaco finale) piutto- scioglie in anestesia. sto che affermare il proprio desiderio Alessandro Stellino il giro del mondo saison culturelle in 60 film 33 IL PRIMO INCARICO

Regia: Giorgia Cecere. Sceneggiatura: Giorgia Cecere, Yang Li Xiang. Fotogra- fia: Gianni Troilo. Montaggio: Annalisa Forgione. Scenografia: Sabrina Balestra. Costumi: Sabrina Beretta, Akiko Kusaya- nagi. Musica: Donatello Pisanello. Inter- preti: Isabella Ragonese, Rita Schirinzi, Miriana Protopapa, Alberto Boll, Fran- cesco Chiarello. Produzione: Biancafilm, Rai Cinema. Distribuzione: Teodora Film. Paese: Italia 2011. Durata: 90 minuti

Meridione d’Italia, 1953. La giovane pazione sono poche e si muovono si applicano alla sua condizione di Nena aspetta con impazienza che tutte entro le sponde di una società donna. il ministero le affidi il suo primo fatta di istituzioni repressive: para- Rimanere fedele a se stessa per incarico da maestra. Quando final- dossalmente Nena deve accettare Nena non vuol dire avere fede in- mente arriva la convocazione la ra- un matrimonio riparatore per non crollabile nella missione dell’inse- gazza scopre che la scuola in cui si perdere il proprio lavoro di maestra, gnamento (la regia della Cecere non deve recare è in uno sperduto paese così come deve lasciare l’uomo che delinea un personaggio che arde di dell’entroterra pugliese. Per Nena ama proprio per avere la possibi- passione umanitaria nel portare la non è così facile partire; oltre alla lità di iniziare a insegnare. Nena si scuola agli ultimi); al contrario, si- madre e alla sorella deve lasciare muove in continuazione tra mondi gnifica accettare con dignità l’«in- il suo fidanzato: un giovanotto di che non le sono propri: ragazza di carico» che le è stato assegnato. La estrazione sociale molto superiore modesta estrazione sociale (ha con- protagonista decide di portare sulle alla sua che l’ha aiutata a studiare dotto gli studi da privatista e vive spalle il fardello dell’incombenza e le ha aperto le porte della villa di con la madre che ha sacrificato tutta ed accettarne le leggi e i limiti: fino famiglia. Una volta giunta a destina- la vita per farla diventare maestra) a fare di quei limiti, di quelle leggi e zione, Nena si trova a dover fronteg- frequenta la villa padronale della di quei confini il proprio strumento giare la solitudine, le difficoltà di un grande borghesia latifondista di cui di riscatto. Riscatto sociale, in primo nuovo lavoro e il confronto con la fa parte Francesco, il ragazzo di cui luogo. mentalità contadina. è innamorata. Si muove nelle stan- Il film di Giorgia Cecere si pone a Dopo aver studiato regia al Centro ze della sua villa, ne accarezza i libri metà strada tra il rigore documen- Sperimentale, Giorgia Cecere ha la- della biblioteca, prende il tè con le taristico della ricognizione antropo- vorato con Gianni Amelio in Porte dame riccamente vestite in visita di logica e le accensioni passionali del Aperte (come assistente alla regia) e cortesia. melodramma. E se la vicenda senti- in Il ladro di bambini (di cui ha scritto Una volta raggiunto lo sperduto pa- mentale si muove tra abbandoni e i dialoghi). In seguito ha collaborato esino nel cuore del Salento, è invece tradimenti, matrimoni riparatori e a lungo con Edoardo Winspeare scri- costretta a frequentare i poveri trul- scandali - che danno alla protagoni- vendo il soggetto e la sceneggiatura li dei contadini, a insegnare in una sta l’aura di un’eroina ottocentesca di Sangue Vivo e di Il Miracolo. Dopo stalla e a confrontarsi con i pregiu- (viene in mente Lezioni di piano e l’esordio dietro la macchina da pre- dizi e le diffidenze di una comunità ancora la Campion di Ritratto di Si- sa con Mareterra, Il primo incarico è chiusa. Il percorso di Nena si muove gnora) - la regia invece ferma la ma- il suo primo lungometraggio: storia tra classi sociali differenti, che van- teria con mano sicura e blocca l’o- in gran parte autobiografica (vi si no a configurare il ritratto di un pa- rizzonte visivo in composizioni che narrano le vicende dei genitori del- ese ancora feudale, che sembra non hanno il rigore e la bellezza di un la regista), il film mette al centro di essere molto cambiato dall’Italia di quadro verista: i colori slavati degli un racconto di formazione il volto di due secoli fa. In questo continuo sfondi, la luce mattutina che balla su Isabella Ragonese che spicca come passare tra mondi diversi, Nena per- un muro, la natura morta di un pa- la protagonista assoluta in un cast di de e ritrova se stessa, fino a prende- sto contadino consumato a lume di attori non professionisti. re la sofferta decisione di rimanere candela, i ritratti ingessati nei salot- Nella Puglia degli anni cinquanta fedele solo al proprio lavoro. Ed è in ti della piccola nobiltà di provincia, le cose che una ragazza può fare questo e solo in questo che risiede gli interni scolpiti con pochi tratti di per affermare la propria volontà e la sua opposizione tenace alle re- luce e di ombra. perseguire un cammino di emanci- gole e alle convenzioni feroci che Silvia Colombo il giro del mondo 34 in 60 film saison culturelle QUESTA STORIA QUA

Regia: Alessandro Paris e Sibylle Righet- ti. Fotografia: Valerio Azzali. Montaggio: Ilaria Fraioli. Musiche: Vasco Rossi. Inter- preti: Vasco Rossi, Novella Rossi, Ivana Lenzi, Marco Gherardi, Giulio Santagata, Marco Manzini, Lucio Serra, Manola Ri- ghetti, Maurizio Ferlito, Gaetano Curreri, Giuliano Riva, Angelo Righetti, Floriano Fini, Stef Burns. Produzione: Indigo Film. Distribuzione: Lucky Red. Paese: Italia. Anno: 2011. Durata: 75 minuti.

Non direttamente un documenta- che un’epoca e la narrazione si fa un personaggio pubblico e si ar- rio biografico, ma un ritratto socio- in certa misura corale, quando l’o- resta all’inizio degli anni novanta, antropologico sul mondo della pic- biettivo si sposta su una genera- epoca in cui i mass media ci hanno cola provincia italiana di cui Vasco zione, quella degli anni settanta, di fatto conoscere solo l’immagine da Rossi è rappresentante ed emana- cui si intuiscono speranze e timori. rockstar. Sulle note commoventi di zione. La Zocca, paese natale del Questa ricostruzione è arricchita da E tu chissà dove sei anima fragile, cantautore, è il simbolo di tante una colonna sonora composta dal- le luci dei fari di una macchina at- realtà minori che costituiscono, le canzoni che meglio rappresen- traversano l’oscurità della notte e, nelle loro semplicità e nelle loro tano momenti fondamentali della con la voce roca e densa di pianto, contraddizioni, un pilastro della vita della rockstar e che arrivano a Vasco inizia a raccontare la morte società del nostro paese. Guardan- raccontare l’evoluzione dello stile. del padre camionista e di quanta fi- do il piccolo villaggio emiliano si Anche chi non apprezza particolar- ducia quest’uomo avesse nel figlio. capisce il motivo per cui Vasco sia mente «Blasco» ne conosce i brani Il film di Paris e Righetti tocca qui arrivato in modo diretto al cuore e ne ha due o tre pezzi che hanno la sua parte più intima e malinco- della gente. Tra passato e presente, saputo sovrapporsi ad alcune emo- nica, arrivando al cuore di quella il viaggio di questo personaggio si zioni o situazioni particolarmente contraddizione che ha abitato la sviluppa attraverso le immagini di forti, perché in qualche modo le star. Come a dire che Vasco è, anco- repertorio: vecchie fotografie e fil- sue parole descrivono la vita di ra oggi, quel ragazzo che non desi- mati di famiglia in super8, spezzo- tutti noi. Nel film alcune melodie derava altro che scappare da quel- ni di concerti riesumati da vecchie vengono fatte ascoltare per intero la provincia che inevitabilmente si VHS e registrazioni più recenti, im- per dare la possibilità al pubbli- è impossessata del suo cuore. Ed magini e registrazioni audio delle co di cantarle: da Albachiara, “la è proprio la Zocca l’altro protago- trasmissioni di «Punto Radio» ed canzone in cui c’è una che mangia nista del film. Il villaggio prende interviste ad amici di vecchia data, una mela”, a Siamo solo noi, fino vita attraverso le interviste ai suoi quasi tutti poco noti. Il cantante alla canzone inedita scritta per il familiari e agli amici dell’adole- italiano non è mai inquadrato in film: I soliti. Il film, pur realizzato in scenza, ai membri della sua prima volto, si preferisce mostrarlo quan- stretta collaborazione con l’artista, band, ai compagni dell’avventu- do era un giovane deciso ad ave- non tralascia i guai con la giustizia ra in radio e a quanti lo aiutarono re successo con la musica o farci e le varie dipendenze: sono i fatti ad incidere il suo primo album Ma raccontare dalla sua voce, che al- stessi narrati nel documentario a cosa vuoi che sia una canzone. terna toni nostalgici all’ironia, lo descrivere il percorso di un grande La semplice provincia ripresa nelle stile di vita. talento che, una volta arrivato al sue strade e nelle sue piazze im- Vasco come l’ultimo della sua spe- successo, ha perso la direzione. Po- merse nel cuore dell’Emilia rurale cie. La rockstar che ha bisogno di che parole anche per la perdita del e i suoi bar, fatta in gran parte di evadere in America perché lì suo- miglior amico, Riva, ma bastano le amici e conoscenti del Blasco. nano meglio e non lo riconoscono. immagini a rivelarci la vera unione Un luogo speciale fatto di ricor- L’uomo che ha bisogno di esterna- tra i due e il forte dolore che ha la- di, nostalgie, ribellione, libertà e re, di entrare in contatto con i suoi sciato il compagno di mille avven- talento. Il luogo dove nascono le fans e che oggi si rivela con l’uso ture. canzoni di Vasco. del social-network. Questa storia qua è un ritratto che Le sue parole ci restituiscono an- tende ad analizzare il privato di Alexine Dayné il giro del mondo saison culturelle in 60 film 35 I ragazzi stanno bene The Kids Are All Right

Regia: Lisa Cholodenko. Sceneggiatura: Lisa Cholodenko, Stuart Blumberg. Foto- grafia: Igor Jadue-Lillo. Montaggio: Jef- frey M. Werner. Musica: Carter Burwell. Scenografia: Julie Berghoff. Costumi: Mary Claire Hannan. Interpreti: , Annette Bening, Mark Ruffalo, Mia Wasikowska, Josh Hutcherson, Ed- die Hassell, Zosia Mamet, Kunal Sharma, Yaya DaCosta, Joaquin Garrido, Rebecca Lawrence, Lisa Eisner, Eric Eisner. Produ- zione: Plum Pictures. Distribuzione: Lucky Red. Paese: Francia, USA 2010. Durata: 104 minuti.

Ci sono film che valgono soprattut- tempo stesso l’inizio del processo guo, potrebbe perciò essere un film to per il successo che ottengono e che porta alla sua ricostruzione. Il di passaggio verso una rappresen- per l’importanza che acquisiscono problema è nella struttura genera- tazione più chiara della diversità. in quanto prodotti significativi di un le, in una trama tutt’altro che libe- In questo modo se ne comprende determinato periodo storico. I ra- ratoria, dove da un’iniziale stabilità l’importanza culturale, con il suo gazzi stanno bene è in questo senso si passa attraverso il sovvertimento moralismo borghese che non stona una delle commedie più chiacchie- e si arriva infine a una ridefinizione rispetto a quello altrettanto malce- rate delle ultime stagioni, una sto- della famiglia ancora unita. lato di Una notte da leoni, commedia ria di amore omosessuale realizzata L’irrompere del desiderio, la rimo- fintamente distruttiva che riafferma fuori dal circuito «Glbt» (vale a dire zione del dovere, lo squilibrio di un la necessità di una seconda chance gay, lesbian, bisexual and transgen- ordine ribadito da una coppia omo- per l’americano medio, e al tempo der) e per quanto di produzione sessuale – e per questo ancora più stesso con le strutture del cinema «indie» pienamente hollywoodia- decisivo – sono affermati in modo classico che si adattano alla norma- na, diretta da una regista lesbica imprevedibile o esilarante dal film lità di una coppia lesbica alle prese ben inserita nell’industria cinema- stesso, da elementi che non torna- con le grane dell’adolescenza. tografica e interpretata da due star no, battute che bucano lo schermo, La presenza stessa della figura pa- eterosessuali calatesi senza patemi corpi che affermano la loro carica terna, che coincide con il ritorno del nei panni di due donne innamora- sessuale o la annientano sovver- rimosso eterosessuale di una delle te, alle prese con figli adolescenti tendo l’immaginario collettivo. due protagoniste, si porta significa- concepiti con l’inseminazione arti- L’ossessione delle due protagoniste tivamente appresso un simbolismo ficiale. per i film gay maschili, il mimetismo da melodramma: da un lato la cop- Una commedia che per forza di cose quasi caricaturale della Bening (con pia borghese che abita una magione si è costretti a definire coraggiosa, i capelli corti e il giubbetto da pe- unifamiliare tanto elegante quanto sia per la raffigurazione della fami- scatrice), la frase da applausi escla- chiusa e dall’altro il redentore ses- glia omosessuale come fatto com- mata da Julianne Moore all’incontro suale col suo stile di vita bio, il suo piuto, nucleo benestante afflitto da con un «amico dimenticato», o an- negozio di ortaggi e la sua casa eco- problemi comuni, sia soprattutto, cora l’aspetto sbracato e seducente compatibile. Al di là dell’ironia sui per via di un’incompiuta emanci- del padre biologico Mark Ruffalo, generis, questi sono elementi di base pazione dello sguardo, per come sono particolari o momenti di veri- del cinema medio americano, mate- adatta i corpi di Annette Bening e tà che spezzano il realismo del film, ria di studio per chi impara come si Julianne Moore a una spontaneità cinema che respira al di sotto di una costruisce un racconto. Il fatto che naturale e dirompente. confezione che ha come unico sco- Hollywood li metta in pratica per una In realtà, come spesso accade quan- po quello di annientare ogni possi- commedia omosessuale può essere do le questioni cruciali di una cul- bile squilibrio. in qualche modo un segnale positivo tura incontrano il sistema hollywo- Che la commedia hollywoodiana e per una volta in buona fede: non il odiano, la carica destabilizzante del non sia più sovversiva è chiaro da desiderio di annientare la diversità, film resta più in superficie. La ten- parecchi decenni, da quando la ma al contrario il tentativo di acco- tazione eterosessuale di una delle «slapstick» ha finito di distruggere glierla nelle forme consolidate della protagoniste, ad esempio, essendo i set e la «screwball» si è inchinata produzione commerciale e magari lo snodo narrativo principale, svela a una giusta definizione delle gerar- accettarla. anche l’ideologia del racconto: ne chie sessuali. I ragazzi stanno bene, rappresenta il punto di rottura e al militante e al tempo stesso ambi- Roberto Manassero il giro del mondo 36 in 60 film saison culturelle RUGGINE

Regia: Daniele Gaglianone. Sceneggiatu- ra: Daniele Gaglianone, Giaime Alonge, Alessandro Scippa. Fotografia: Gherardo Gossi. Montaggio: Enrico Giovannone. Musica: Evandro Fornasier, Walter Magri, Massimo Miride. Interpreti: Valeria Solari- no, Filippo Timi, Stefano Accorsi, Valerio Mastandrea, Giampaolo Stella, Giuseppe Furlò, Giulia Coccellato, Giacomo Del Fiacco, Leonardo Del Fiacco, Annamaria Esposito, Alessia Di Domenica, Giulia Geraci, Michele De Virgilio, Anita Kravos, Cristina Mantis. Produzione: Fandango, Zaroff, Rai Cinema. Distribuzione: Fan- dango. Paese: Italia. Anno: 2011. Durata: 109 minuti.

Il passato combatte sempre con il pre- ha il coraggio di parlarne con gli adulti incapaci di dimenticare. In un film sente nel cinema di Daniele Gagliano- perché nessuno crederebbe alle loro dominato dai forti contrasti, quello ne: la memoria non fa che invadere la parole di accusa verso un uomo che, che più colpisce è l’immobilità in cui vita quotidiana creando continue in- invece, tutti rispettano. L’unica pos- Gaglianone sceglie di confinare i pro- terferenze, strappi, inversioni di per- sibilità, dunque, è di sconfiggere da tagonisti adulti. In un minuscolo ap- corso o, semplicemente, l’immobilità soli quest’orco feroce che finisce non partamento è Sandro con suo figlio della vita e dei pensieri. Accade tutto a caso, travolto, dalle lamiere del «ca- piccolo; in un’aula scolastica durante questo anche in Ruggine quarto lun- stello», il silos abbandonato e pieno di gli scrutini è Cinzia insegnante d’arte; gometraggio in una filmografia che, ruggine in cui giocano. Finisce così, con Carmine, infine, trascorre l’intera gior- però, è ben ricca di film di vario for- un crollo, la loro estate terribile e con- nata in un bar, tra falsi amici e antichi mato e durate. temporaneamente s’interrompe anche dolori. Chiusi in se stessi e in una vita Ruggine è un film corale che al tempo la loro infanzia, mentre l’amicizia dei che non sembra avere alcuna prospet- stesso sa essere intimo e personale, tre bambini resterà incastrata nei pe- tiva, come se ogni giorno fosse iden- perché nelle vite di Carmine, Sandro, santi segreti da portarsi come fardello. tico al precedente, come bloccati a ri- Cinzia e di tutti i loro amici (nel pas- Il racconto segue un percorso irrego- petere sempre gli stessi gesti. E infatti sato e nel loro presente di adulti) si lare e impervio, fatto di frammenti a il gioco di Sandro/Stefano Accorsi si fa entra in silenzio e un po’ disorientati. comporre un ampio mosaico di storie, ossessivo fino a diventare inquietante, E ci si lascia travolgere. Tratto dal ro- esperienze, vite, ricordi e paure, che mentre il lungo lamento di Carmine/ manzo di Stefano Massaron, Ruggine appaiono e scompaiono nei neri im- Valerio Mastandrea assume tonalità ha il pregio di non voler raccontare la provvisi e lunghi, nelle immagini sfuo- estenuanti, fino a diventare un mono- realtà con ambizione di realismo, ma cate, nelle cose non dette e non spie- logo di finzioni, in cui nulla traspare cerca direttamente il punto di vista gate. All’opposto di questa tendenza a dalle sue parole, tranne l’incomprensi- dei bambini per trasformare una sto- nascondere e nascondersi, c’è la rap- bile svagata disperazione. Apparente- ria terribile in una favola nera senza presentazione esagerata del medico, mente diversa la situazione di Cinzia. lieto fine. Anzi, si potrebbe facilmen- che rapisce e uccide le bambine. Scel- Si ribella al giudizio superficiale dei te pensare che non esista un finale in ta necessaria se si vuole restare fedeli suoi colleghi a proposito di un’allieva, quanto tutti i personaggi restano so- allo sguardo infantile e spaventato di ma questo non sarà sufficiente a farla spesi tra il bene e il male. chi ha visto una verità troppo grande. uscire dal circolo vizioso iniziato come L’estrema periferia di una città del nord Il dottor Boldrini diventa l’uomo nero per gioco in un giorno d’estate di molti verso la metà degli anni settanta - dove delle favole, la minaccia più cupa per anni prima. il film è in parte ambientato - èl’im- i bambini che sentono la sua voce gra- Ogni scena, ogni personaggio, è at- magine diretta di un discorso storico ve, ascoltano le sue parole violente, e traversato da schegge taglienti e in- e politico che il regista non dimenti- lo osservano in un atteggiamento tea- quietanti. Sono gli effetti della paura ca mai, il riflesso delle migrazioni dal trale e insolito. Appare buffo a prima e della rabbia a far vibrare l’aria, a far Sud Italia che sembra non essersi mai vista, da lontano, quando non si cono- stridere le lamiere. Ci si accorge len- esaurito e che si ripete ancora oggi nei scono ancora i dettagli dei suoi gesti, tamente che il microcosmo descritto suoi schemi più «moderni». In questo ma non appena il film mostra l’esatto da Gaglianone è denso di segni sonori paesaggio marginale, in cui non si rie- controcampo, ecco che il sorriso svani- necessari a riempire gli spazi e a far sce neppure a intravedere la città, un sce e inizia la paura. convergere il passato nel presente e a gruppo di bambini scopre il terribile Devono essere queste le immagini che trasformare sentimenti e paure in cose segreto del nuovo medico/pedofilo tormentano Carmine, Cinzia e San- da vedere. arrivato nel quartiere. Nessuno di loro dro, ormai adulti ma evidentemente Grazia Paganelli il giro del mondo saison culturelle in 60 film SHAME 37

Regia: Steve McQueen. Sceneggiatura: Steve McQueen, Abi Morgan. Fotogra- fia: . Musica: Harry Escott. Montaggio: . Scenografia: Judy Becker. Costumi: David C. Robinson. In- terpreti: Michael Fassbender, Carey Mul- ligan, James Badge Dale, Nicole Beharie, Hannah Ware, Alex Manette, Mari-Ange Ramirez, Rachel Farrar, Eric T. Miller. Pro- duzione: See-Saw Films, Film4. Distribu- zione: Bim. Paese: Gran Bretagna. Anno: 2011. Durata: 99 minuti.

Nel precedente film di Steve- Mc di Money (1984) di Amis, che attra- Shame è un film moralista, non c’è Queen, chiamato Hunger e ispirato versa in trance una New York defi- dubbio. La vergogna del titolo è tan- alla vicenda di Bobby Sands, il de- nita dallo scambio economico e dal to individuale quanto universale. E tenuto dell’IRA che nel 1981 intra- sesso compulsivo, anche Brandon se lascia più di un dubbio il fatto che prese fino alla morte uno sciopero Sullivan è, come direbbe lo stesso la discesa del protagonista tocchi il del cibo e dell’acqua, la fame era Amis, schiavo del XX secolo e del- fondo con un rapporto omosessua- un simbolo di estremo rigore esi- le sue ossessioni: in questo Shame le, resta il fatto che il suo cammino stenziale. La richiesta di un rico- dimostra di essere un film datato, spirituale, per quanto elementare, si noscimento per i detenuti politici o forse – il che è molto peggio per staglia come l’emblema di un mon- irlandesi diventava un’invocazione noi spettatori – di interpretare le do bloccato, capace di vivere solo di liberazione spirituale, con l’uomo pulsioni mortifere del nostro tempo nella paradossale condizione di una pronto a sostituirsi all’icona soffe- come residui di una civiltà postmo- deriva immobile (come la stessa rente di Gesù Cristo. In Shame quel- derna che dagli anni ottanta in poi Manhattan, a pensarci bene: isola la stessa fame diventa un appetito non ha saputo ridestarsi. che galleggia immobile e sempre animale insaziabile; ed è il sesso, Ma se l’attuale crisi economica è uguale a se stessa, simbolo di una non più la moralità delle scelte indi- figlia della deregulation di era rea- decadenza adattabile a ogni gene- viduali, a farsi terreno di confronto ganiana, allora il film di Steve- Mc razione). tra l’uomo e la realtà. Queen è qualcosa in più dell’enne- L’anima ferita di Brandon riverbe- Il protagonista del film, Brandon Sul- sima parabola distruttiva di un eroe ra sull’umanità intera, la sua fame livan, è un animale triste, un preda- solitario e peccatore. È un film sulla impossibile da saziare ne interpre- tore sessuale costretto a nasconder- fine della storia, sull’evoluzione ta le pulsioni onaniste e rabbiose, si nella società non per ipocrisia, ma verso il nulla dell’umanità emersa colmando con la mortificazione del per istinto di sopravvivenza. Ogni dal trionfo capitalista, è un’opera corpo il vuoto lasciato dalla spari- aspetto della sua figura è simboli- a suo modo epocale che interpreta zione di qualsiasi orizzonte emoti- camente connesso con la superficie in chiave disumanizzata la caduta vo. Se l’unico sentimento del film scintillante della contemporaneità dell’individuo. emerge durante una versione sti- e delle sue icone: l’appartamento a La scena finale, con Brandon che racchiata e sofferta diNew York New Manhattan, il lavoro nel mondo del- vaga disperato sul molo di Chelsea, York, ennesima icona popolare rivi- la finanza, il look da duro impenetra- ricorda l’arrivo sulla terra degli an- sta, rivitalizzata e mortificata, il desti- bile. Brandon è egli stesso un’icona, geli di Wenders: un corpo fragile no che attende il personaggio, e la so- una figura piatta e priva di defini- che si accascia sull’asfalto. Se non cietà di cui è immagine, è quello della zione psicologica: di fronte al senti- che questa volta il personaggio non riproduzione continua, una coazione mento, alla richiesta di affetto della va incontro a un nuovo inizio, ma a variare e al tempo stesso a ripete- sorella o alla possibilità di un amo- rimane bloccato in un cul de sac di re che ci condanna a un piacere fine a re, la fierezza della sua solitudine si pulsioni e paure. La figura dell’uo- se stesso. La vergogna, dunque, è per sfalda, non regge un dialogo con- mo che cade dalle Torri gemelle l’11 la prigione espressiva a cui ci siamo dotto con il cuore e non con il corpo. settembre 2001, spaventoso moni- volutamente condannati: se l’eroe di Come gli eroi soprattutto letterari a to alla società occidentale già bloc- Hunger sfuggiva alla vita per sfuggi- cui rimanda, tra il Patrick Bateman cata nella sua iconicità dal De Lillo re alle catene, l’uomo di oggi vive da di American Psycho (1991), che vive di Falling Man, viene ora aggiornata recluso in un mondo che crede libero. in un continuo stordimento da alcol, da un uomo ormai precipitato e per sesso, droga e denaro, o il John Self sua sfortuna sopravvissuto. Roberto Manassero il giro del mondo 38 in 60 film saison culturelle TERRAFERMA

Regia: Emanuele Crialese. Sceneggiatura: Emanuele Crialese, Vittorio Moroni. Fo- tografia: Fabio Cianchetti. Montaggio: Si- mona Paggi. Musica: Franco Piersanti. In- terpreti: Donatella Finocchiaro, Giuseppe Fiorello, Mimmo Cuticchio, Martina Co- decasa, Filippo Pucillo, Filippo Scarafia, Pierpaolo Spollon, Tiziana Lodato, Clau- dio Santamaria. Produzione: Cattleya, Rai Cinema. Distribuzione: 01 Distribution. Paese: Italia 2011. Durata: 88 minuti.

Districarsi tra il senso di appartenenza coincidono aspirazioni contrapposte. possiedono. Questo a testimonianza e l’istinto di libertà, ma soprattutto fare Crialese gioca proprio su questa della loro attualità, del loro essere i conti con il respiro antico di questo coincidenza di opposte tensioni tracce vissute di un presente che parla dilemma, con la tensione che viene da umane, creando il controcampo tra alla contemporaneità anche quando lontano e si disperde nel tempo delle Sara, che sbarca incinta sull’isola sono figure retoriche del passato (si storie che attraversano la Storia. Il assieme al figlio come clandestina che pensi ai protagonisti di Nuovomondo cinema di Emanuele Crialese non cessa vorrebbe raggiungere il marito a Torino, e alla mitologia in tempo reale di lavorare su questa traccia, è questa e Giulietta, che su quell’isola ci vive offerta dalle cartoline con gli ortaggi la sua forza più autentica ed è qui che assieme al figlio Filippo, ma che a sua giganteschi inviate a casa). Quello che trova la sua ragione d’essere. Un film volta da quell’isola sta progettando di Crialese cerca è una forma di èpos alla come Terraferma ne è la prova, col suo andarsene, in cerca di una vita migliore. quale affidare la possibilità di chiarire affrontare uno spunto, come quello La parabola è sin troppo chiara, e trova le cose collocandole in una prospettiva dello sbarco dei clandestini sulle coste ulteriori elementi nei risvolti offerti umana che sappia essere spinta del nostro paese, profondamente dall’arrivo dei turisti, che sbarcano prometeica, per così dire, slancio verso radicato nella più bruciante cronaca sull’isola con la loro sazia incoscienza. il superamento di sé e dei limiti imposti. italiana, in un’ottica che, se da un lato Così come nella pressione portata dalle Terraferma offre in questo senso un tiene ben presente il vissuto reale, forze dell’ordine: poliziotti, finanzieri, chiaro segno proprio nella struttura dall’altro rifiuta di trattarlo come un elicotteri che controllano, contengono, meno ordinata e rigorosa rispetto ai argomento, sforzandosi di spingerlo smistano, circoscrivono un perimetro di film precedenti. È un lavoro che vibra nella profondità prospettica di una inutilità nel territorio da sempre vasto anche nello sforzo che anima ogni narrazione che non dimentica di essere dell’accoglienza. sequenza, nella tensione che richiede antica, che non trascura la distanza Insomma, in Terraferma Emanuele a ogni interprete, nella disposizione delle epoche attraversate dagli Crialese fa coincidere le istanze che delle vicende in una drammaturgia che, uomini, di cui dice e ridice l’eterno erano alla base dei suoi due film come nelle narrazioni dei cantastorie, dramma. L’esigenza di Crialese è precedenti: l’urgenza di altrove che sembra scandita da snodi altisonanti. quella di “raccontare una storia ed bruciava nello spirito della protagonista Va riconosciuto che in Terraferma uscire da parole come «clandestino» di Respiro e la deriva migratoria dei l’esito non è né libero come in Respiro, o «emigrato» o «extracomunitario»”, protagonisti di Nuovomondo, il loro dove la flagranza di luoghi e figure come significativamente ribadisce approdo lontano. Questa coincidenza fa si offriva vibrante, né pieno come in nelle sue note d’intenzione. Lo scarto di Terraferma un film affollato di segni, Nuovomondo, dove il gesto filmico sta tutto nella distanza che sa mettere in cui l’autore deve necessariamente sapeva essere più ampio e definitivo. tra il presente e la sua narrazione, fare ricorso alla traccia offerta da una Qui c’è qualche cedimento al senso ovvero nella capacità di spingere ogni drammaturgia più piena e concreta, plastico della rappresentazione (la personaggio in una sfera che interpreta meno rarefatta di quanto ha fatto scena col mappamondo luminoso, la il suo tempo come una risonanza di sinora. Crialese, d’altro canto, conferma gita in mare dei turisti, ecc.) e al valore altre storie, vissute in altri luoghi ed di essere autore di un cinema che simbolico dei personaggi, ai quali il altri tempi. lavora sul vissuto epico dell’erranza, regista chiede sempre un’espressività L’ambientazione isolana parla il della tensione verso l’altrove, della disegnata. Ma va anche riconosciuto a linguaggio biunivoco dei territori dis-appartenenza, partendo però da Crialese il valore di un cinema fatto di chiusi in se stessi e fatalmente aperti una prospettiva che ignora il tema del sensi e segni, purtroppo sempre più all’altrove, in cui stare, arrivare e nostos: i suoi personaggi non nutrono raro nel nostro paese. andare sono la declinazione di un mai il vissuto del ritorno come risonanza mondo statico ed in transito, nel quale di un’appartenenza che in realtà non Massimo Causo il giro del mondo saison culturelle in 60 film 39 THIS IS ENGLAND

Regia e sceneggiatura: Shane Meadows. Fotografia: Danny Cohen. Montaggio: Chris Wyatt. Musica: Ludovico Einau- di. Interpreti: Stephen Graham, Thomas Turgoose, Jo Hartley, Andrew Shim, Joe Gilgun, Jack O’Connell, Kieran Hardca- stle, Andrew Ellis, Vicky McClure, Rosa- mund Hanson, Sophie Ellerby, Chanel Cresswell, Danielle Watson, George Newton, Perry Benson, Frank Harper. Pro- duzione: Warp Films. Distribuzione: Of- ficine UBU. Paese: Gran Bretagna. Anno: 2006. Durata: 100 minuti.

"Questa è l’Inghilterra. Ciò per cui si vessillo ma abitate da pastori e coloni politiche che inventarono, prime in suppone siamo pronti a morire". Così, di origine britannica. Da qui la frizio- Occidente, pratiche antisociali come ironicamente, cantano i Clash in This ne tra opposti nazionalismi, la guerra, le privatizzazioni selvagge e la dere- is England, il loro ultimo singolo o me- i morti (spesso negati dalle rispettive gulation del lavoro. Ma sono soprat- glio, come dice Joe Strummer, "l’ultima propagande: Meadows, però, nelle tutto la propaganda, i luoghi comuni, grande canzone che abbiamo scritto" immagini di repertorio mostra inequi- le proiezioni mentali di un immagina- (è inserita nell’album Cut the Crap che vocabilmente come in molti si fecero rio - quello creato intorno alla guerra nel 1985 chiude la loro storia). Sha- male...) la vittoria di Londra e la nascita delle Falkland e al neo-nazionalismo ne Meadows coglie l’anima punk del di una grandeur thatcheriana alla quale - a mietere, ideologicamente parlan- brano e la riversa nel titolo del film, si abbevereranno i neoliberisti di tutto do, le principali vittime, specie tra i certamente il suo più celebre in patria il mondo, a partire dal presidente Usa ceti meno abbienti. Lo sguardo di Me- anche se non il migliore (recuperate il Reagan. adows si immerge nelle periferie con folgorante esordio Ventiquattrosette, Shaun va a scuola, viene preso di mira una partecipazione che va al di là de- del 1997), tanto da avere dato vita a dai bulletti del quartiere ma difeso da gli artifici di una sceneggiatura a tratti una mini serie televisiva intitolata This Woody, uno skinhead scanzonato che programmatica. La storia presenta mo- is England 86, inedita in Italia, con gli accoglie il ragazzino (poco più di un menti e situazioni volutamente esem- stessi protagonisti solo «agguantati» bimbo, in realtà) nel gruppo, facendo- plari, quindi didascalici, e questo da un dalla macchina da presa tre anni dopo gli assaporare le prime esperienze da punto di vista narrativo può essere un gli eventi del lungometraggio. «adulto» e sostituendosi, se non a un difetto. Ad esempio, sono ridondanti Il film si concentra sulla vita inquieta e padre, almeno a un fratello maggiore. l’eccesso di simboli (si pensi alle scene obliqua del dodicenne Shaun, solo con L’idillio dura poco. Quando il violento con la bandiera di San Giorgio strap- la madre in un sobborgo di Nottingham, skin Combo esce di prigione e ridiventa pata e custodita prima, affogata poi) tutto gradini di cemento, giardinetti capo della banda, Shaun viene inghiot- o il lungo monologo-comizio di Com- spelacchiati, casupole basse che paio- tito nel gorgo di nazionalismo becero, bo, che pure ha una sua forza visiva no bunker, graffiti alle mura con feroci fascismo, aggressività e sciovinismo e verbale. Appunti critici secondari di insulti ("Maggie is a twat!": dove Mag- ispirati direttamente dagli sgherri del fronte alla complessità dei personaggi, gie sta per Margaret Thatcher e «twat» British National Front. che paiono tutti rimandare a una «se- è in british-english la parolaccia peg- Il cubo di Rubik, i capelli cotonati, le conda possibilità», a partire da Woody giore di tutte), non-luoghi abitati dagli spalline gonfie, i Duran Duran e la il ribelle che sceglie di lasciare il grup- zombi delle canzoni dei Cranberries. Il Thatcher. Nel pregevole montaggio po come Jack Frusciante; o lo stesso nome della città evoca foreste, sceriffi dei titoli di testa scorrono i simboli di Shaun, mente plasmabile affamata di e arcieri che rubano ai ricchi per dare un decennio, gli anni ottanta dell’edo- emancipazione (anche sentimentale) ai poveri, ma la realtà del 1983 è ben nismo e del riflusso, i cui mutamenti a causa di una infanzia troppo breve, diversa. Shaun piange il padre appena sulla politica e l’economia ancora oggi, suo malgrado. In This is England non morto nella guerra delle Falklands, una in tempi di crisi globale e smantella- si ha mai la sensazione che il cineasta assurda campagna bellica voluta dal mento del welfare, si fanno implaca- voglia far passare l’ambiguo concetto primo ministro Thatcher per ribadire bilmente sentire. La Lady di Ferro e secondo il quale sarebbe colpa della al mondo, distratto, come sapesse an- la sua dottrina assolutista: la società, società se i giovani del proletariato cora mordere l’impero britannico. Uno disse un giorno, non esiste. Meadows, urbano rischiano la deriva. Non fosse sparuto arcipelago di isolette geogra- ispirandosi alla propria esperienza di altro perché la società, come dice la ficamente appartenenti all’Argentina, ragazzino cresciuto in periferia, mo- signora Thatcher, non esiste. sulle quali la giunta militare di Buenos stra sul campo gli effetti di quel con- Aires voleva far sventolare il proprio vincimento, messo in pratica dalle Mauro Gervasini il giro del mondo 40 in 60 film saison culturelle TOMBOY

Réalisation et scénario : Céline Sciamma. Photographie : Crystel Fournier. Montage : Julien Lacheray. Son : Benjamin Laurent, Sébastien Savine. Interprètes : Zoé Héran, Malonn Lévana, Jeanne Disson, Sophie Cattani, Mathieu Demy. Production : Bé- nédicte Couvreur, Holp up films, Arte Francia Cinéma, Lilies Film. Distribution : Teodora Film. Pays : France, 2011. Durée : 82 minutes.

Naissance des pieuvres, en 2007, avait sera pas tant de jouer sur l’ambiguïté été préparé en quelques semaines déjà laissé entrevoir le subtil talent du genre que d’inviter le spectateur seulement – n’est pas le seul enjeu de Céline Sciamma. Il s’agissait alors à se demander quand et comment la de cette option : le recours à l’appa- d’observer, au bord d’une piscine où de vérité va être découverte. Et, presque reil photo permet tout aussi bien de délicates adolescentes s’apprêtaient à accessoirement, quelles seront les filmer à la hauteur du groupe que de plonger dans l’âge adulte, les transfor- conséquences ultimes, pour les en- des cadres d’une saisissante mations d’un groupe taraudé par l’en- fants joueurs et les adultes dépassés, rigueur. Et, bien évidemment, de pri- vie et le désir. Filmés entre deux eaux, de ce jeu de faux-semblants. vilégier l’action – voire l’interaction – les corps graciles et maladroits témoi- Entre-temps, en se gardant bien de des corps. C’est ainsi, d’une partie de gnaient de déchirantes hésitations. développer la moindre thèse pesante football à une séquence d’arrosage Quatre ans plus tard, Tomboy scrute sur l’identité sexuelle, Céline Sciamma collectif, du jeu du béret à une séance avec la même sensibilité le quotidien aura su profiter de cette transgression de baignade, que le scénario multiplie d’une troupe d’enfants sensiblement pour brosser le tableau d’une com- les moments ludiques et physiques où plus jeunes. Pourtant, si le passage munauté d’enfants qui, en dehors de les enfants s’amusent tout à la fois à d’un âge à un autre est naturellement toute pression parentale, expérimente chercher et à éviter les contacts. A se souligné dans le film, c’est désormais tous les possibles et semble vivre dévoiler et se dissimuler. A changer de d’une tout autre frontière, finalement l’utopie d’une existence sans adultes. genre comme on change de jeu. Les aussi peu évidente ou tout aussi po- Le terme doit aussi se comprendre au prises de vues s’attardent aussi sur reuse, qu’il est question. L’héroïne du sens littéral tant l’arrière-plan, à l’inté- les visages et révèlent le surprenant film, Laure, dix ans, à la faveur d’un rieur de chaque cadre, semble avant regard bleu de la jeune Zoé Héran, déménagement estival dans une ban- tout un non-lieu. La mise en scène, adressé au spectateur comme une lieue indéfinie et d’un quiproquo favo- lumineuse et inspirée, escamote sou- version préadolescente de celui de risé par ses allures de garçon manqué vent les silhouettes passe-partout des la Monika de Bergman. Peu importe – c’est le sens de l’Anglais «tomboy» grands ensembles pour suggérer le finalement que l’histoire d’amour – profite de la liberté qui lui est lais- détachement de corps qui paraissent ébauchée entre Laure et sa camarade sée pour se livrer à ce qui ressemble flotter en apesanteur. C’est ainsi que la Lisa ait reposé sur une supercherie. d’abord davantage à une substitu- séquence initiale où la nuque, la main L’impression demeure, au delà de tion improvisée qu’à une usurpation puis le visage de Laure paraissent l’ébahissement légitime des bambins d’identité : la fillette aux yeux clairs, s’émanciper du décor et abolir toute après la découverte du pot aux roses, sidérée par la possibilité de se choisir profondeur de champ témoigne d’une que seul le monde des adultes est un nom, cautionne l’erreur de la petite volonté de s’affranchir, pour les exté- réellement ébranlé par ce qui a pu se Lisa - qui la prend pour un garçon - et rieurs, des carcans qu’imposent règles passer. Les parents, contraints d’igno- affirme s’appeler Michaël. Un temps, et conventions. Les intérieurs, quant rer les chimères, n’ont guère d’autre le spectateur est lui-aussi dupé par cet à eux, correspondent généralement choix que de rétablir l’ordre - social et acte volontariste, puisque les parents à la sphère parentale : l’appartement sexuel - en jouant sur les apparences. de Laure n’ont jusqu’alors désigné leur familial est le lieu où le jeu devient Laure finira donc par porter une robe. fille aînée qu’à travers des formules mensonge et où plane le danger d’une Mais Céline Sciamma, cinéaste d’ores dont la neutralité invite à toutes les brutale révélation initiée par la petite et déjà passionnante, aura pleine- hypothèses… et que la petite sœur aux sœur. Significativement, Céline Sciam- ment tenu son pari de réussir à filmer, longs cheveux bouclés, Jeanne, est, de ma et sa chef opératrice Crystel Four- ne serait-ce qu’un temps, en dehors son côté, caractérisée par son hyperfé- nier ont choisi de tout capter à l’aide du système. minité. Le suspense, pourtant, ne dure du fameux Canon 7D. La légèreté du guère : l’essentiel pour la cinéaste ne tournage – qu’on sait aujourd’hui avoir Thierry Méranger il giro del mondo saison culturelle in 60 film 41 L’ULTIMO TERRESTRE

Regia: Gian Alfonso Pacinotti. Sceneggia- tura: Gian Alfonso Pacinotti. Fotografia: Vladan Radovic. Montaggio: Celio Bene- vento. Scenografia: Alessandro Vannucci. Musica: Valerio Vigliar. Interpreti: Ga- briele Spinelli, Anna Bellato, Teco Celio, Stefano Scherini, Paolo Mazzarelli, Luca Marinelli, Roberto Herlitzka. Produzione: Domenico Procacci per Fandango/Rai Cinema. Distribuzione: Fandango. Paese: Italia. Anno: 2011. Durata: 100 minuti.

Finalmente qualcosa di nuovo nel ci- stituire – e lo fa con una certa efficacia dall’altra il film sconta molti dei difetti nema italiano. Un disegnatore tra i – lo spazio e la qualità dei vuoti e dei di un certo cinema «midcult», quello più interessanti del nostro panorama pieni che circondano le figure e i corpi per intenderci “capace di offrire ele- fumettistico – Gianni Pacinotti in arte nei disegni di Monti. A questo propo- menti di simpatica bizzarria all’interno Gipi – che decide di usare il linguag- sito Michele Ginevra scrive: “Quelli di di congegni conservatori e rassicuran- gio cinematografico per raccontare Monti sono personaggi anonimi, quasi ti”, come scrive Roy Menarini. una storia tratta da una delle più belle dei manichini che si muovono in spo- Per intenderci: la messa in scena di un graphic novel di un altro disegnatore. glie vetrine. C’è inoltre un assordante personaggio solitario e mediocre, che L’ultimo terrestre è infatti ispirato a silenzio attorno alle vicende dei per- si macchia di un crimine orrendo (assi- Nessuno mi farà del male, raccolta di sonaggi, come fossimo in un film privo ste senza intervenire all’omicidio del tavole di Giacomo Monti voluta da Ca- di colonna sonora. Spesso non cono- suo unico amico) rispecchia il perso- nicola, la realtà editoriale bolognese sciamo i loro pensieri. Ma li possiamo naggio tipico dell’italiano senza qua- con cui l’autore collabora dal 2005. facilmente intuire. Queste persone vo- lità, capace di commettere le cose più C’erano tutte le premesse per aspet- gliono cose molto concrete. Vogliono turpi solo per scendere meglio le scale tarsi qualcosa di inedito: lo sguardo soprattutto possedere e soddisfare. di una tormentata introspezione. E se del disegnatore sulla realtà ricostru- E sono disposti, per questo, a essere in Nessuno mi farà del male il male è ita nelle tavole di un altro; la messa posseduti e soddisfare a loro volta. inscritto nella meccanica delle azioni in scena di un mondo che vive tra la Solo che quello che vorrebbero non è e dei corpi, nel film di Pacinotti c’è il grafica e il disegno, il fumetto e l’ope- sempre alla portata. È necessario ac- rischio di una compiaciuta ambiguità ra d’arte, e che si svolge e acquista co- contentarsi. E vivono umiliazioni piut- morale che avvicina il personaggio di lore davanti all’occhio differente della tosto forti. Eppure, oltre alla costerna- Carlo alla triste galleria di protagonisti macchina da presa; la ribalta per opere zione per le situazioni rappresentate, che vediamo abitualmente sui nostri sconosciute al grande pubblico, che ecco emergere sfumature divertenti, schermi. Un’ultima cosa: in L’ultimo raccontano storie che traballano sulla ironiche. Ad un certo punto si sorride, terrestre vediamo come, attraverso il linea sottile della surrealtà; un testo pur senza perdere di vista il senso di punto di vista di Carlo, l’elemento alie- finalmente estraneo al sistema degli quanto sta succedendo”. no sia il femminile di cui lui sente la sceneggiatori italiani. La scelta degli ambienti e il taglio del- mancanza e nello stesso tempo la ter- In questo caso la storia conteneva ele- le inquadrature riescono a farci senti- ribile alterità. Sotto questo aspetto la menti di grande interesse, narrando re «l’assordante silenzio» dei perso- presenza degli extraterrestri sul pia- la venuta degli alieni sulla terra, nel naggi che si muovono, anche in spazi neta è la metafora di un (im)possibile quadro di un’umanità perduta in so- molto affollati e chiassosi come la sala incontro tra maschile e femminile. Il gni di squallore esistenziale: Carlo è Bingo, come se galleggiassero in un film di Pacinotti sceglie di marcare un uomo solitario e introverso, che ha acquario dall’acqua limpida e veleno- questo tipo di lettura (la presenza problemi a relazionarsi con le donne e sa. Eppure all’operazione manca il co- del corpo mercificato delle donne che lavora in una squallida sala Bingo raggio di offrire un prodotto davvero è onnipresente, e la galleria dei tipi con colleghi che offrono lo spaccato di alternativo alle logiche mainstream a femminili si conclude l’aliena che una società deprimente. Ad un certo cui ci ha abituato il cinema italiano. Da recita la docilità della casalinga anni punto s’innamora della sua vicina di una parte forse i rapporti con la produ- cinquanta) ma non riesce a tirare le casa. Intanto gli alieni sbarcano sulla zione (Fandango) e una sceneggiatura logiche conseguenze scegliendo di ri- terra e una di loro si rifugia a casa del rimaneggiata più volte hanno alla lun- condurre il proprio film sui binari più papà di Carlo, con cui inizia una curio- ga normalizzato il testo (si veda il fina- convenzionali. sa convivenza. le, o la scelta di caratterizzare alla fine Diciamo subito che il film tenta di re- come buoni e cattivi i personaggi); Silvia Colombo il giro del mondo 42 in 60 film saison culturelle IL VILLAGGIO DI CARTONE

Regia e sceneggiatura: Ermanno Olmi. Fotografia: Fabio Olmi. Montaggio: Paolo Cottignola. Costumi: Maurizio Millenotti. Musica: Sofia Gubaidulina. Interpreti: Mi- chael Londsdale, Rutger Hauer, Massimo De Francovich, Alessandro Haber. Pro- duzione: Cinema Undici, Rai Cinema. Di- stribuzione: 01 Distribution. Paese: Italia. Anno: 2011. Durata: 87 minuti.

Il ritorno di Ermanno Olmi al cinema sogno della Chiesa, destituita della missione televisiva: immagine di di finzione coincide con un film che propria sacralità dai mezzi del po- un’assenza, di una deriva, che solo palesemente si schiera contro l’idea tere, un uomo resta solo a vivere nella sua reiterazione acquista rile- di una società ferma sulla propria il mistero della vocazione in uno vanza. È una televisione a cui serve superficiale «crisi» (ma da quanti spazio vuoto in cui l’immagine del il filtro del cinema per poter anco- anni l’uomo occidentale potrebbe sacrificio di Cristo (il Crocefisso) è ra permettere allo sguardo dello definirsi in crisi?), pronto a ritornare stata deposta. All’immagine di mor- spettatore di vedere, di far suo ogni alle origini della rappresentazione te si sostituisce la messa in scena accadimento per riuscire a sfuggire per ricercarne il suo antico valore. della sua vita, in una sacra rappre- alla cecità di chi è soltanto pronto a Il villaggio di cartone, film accusato sentazione rivolta solo a lui, al vec- giudicare e a tenere a distanza l’al- dai più di non essere «riuscito arti- chio sacerdote, perché è stata la sua tro, il diverso, il clandestino. sticamente», denuncia fin dal titolo accoglienza a renderla nuovamente Se il tempo della realtà sovverte l’esibizione della rappresentazione, possibile, nei gesti e nelle parole quello televisivo, distruggendo ogni senza cedere alle lusinghe del reali- antiche che prendono corpo nell’at- maschera falsificatrice, la rappre- smo, proseguendo un percorso ide- tualità. sentazione deve dichiararsi tale per ale che ha portato il regista berga- Quasi un «fioretto», che racchiude poter arrivare a «dire il vero», se- masco dai documentari dell’Eni alle come la pratica letteraria l’irrazio- guendo l’antica tradizione. L’aprirsi storie della piccola borghesia del nale nell’estremo didascalismo, agli ultimi, messaggio della Chiesa Nord, dalla ricostruzione minuziosa l’ultimo film di Olmi è anche una secondo Olmi, Ravasi e Magris (co- di una tradizione (e di una memoria riflessione sulla sua vocazione, che sceneggiatori del film), è l’unica collettiva) scomparsa al calligrafi- chiama in causa l’uomo e il regista. via per rendere viva la liturgia, ri- smo delle ultime favole storiche. Il Chiuso nella sua stanza l’anziano modellata dagli sguardi profondi e cartone del titolo annuncia così non sacerdote può vedere il mondo tra- sofferenti di Madonne etiopi, pasto- soltanto la ristrettezza in cui i meno mite il filtro della contemporaneità, ri senegalesi, sacrestani dibattuti e fortunati stanno vivendo, ma anche la televisione, che Olmi reinventa. Il traditori, medici leali e pieni di do- il cartoncino con cui si costruisce flusso di immagini, il blob visivo, la mande. Tutti partecipano a un’unica la capanna di Gesù bambino nella falsificazione del vero, incontro al storia, che conservano come il teso- tradizione del Presepe natalizio. Si quale è andata la televisione, si ar- ro più prezioso. Si osa ancora chia- possono leggere in quest’ottica, in- resta in un’immagine reiterata che marlo ribellione, mostrare la sua fatti, i diversi interventi che Olmi ha segna un evento: la zattera degli componente di lotta e di resistenza, rilasciato ai giornali durante questo immigrati, il libro che sembra es- perché alle ordinanze si contrappo- Natale, dove dichiara: “per la prima sere stato inghiottito dalle acque, ne la parola, alla legge la giustizia, volta dopo tanti anni ho tirato fuori assume per un attimo l’importanza alla merce la vita. Così l’imballag- le statuine del presepe”. Una meta- del crollo delle Torri Gemelle (uni- gio diventerà casa, e la più povera e fora che evidenzia la scelta esplicita ca immagine televisiva a cui è stato finta delle scenografie avrà la forza di pensare a una sacra rappresenta- riservato un trattamento speciale). di accogliere l’essenza stessa della zione, quasi oratoriale, interpretata Così la stanza del parroco di provin- rappresentazione, l’immagine della da chi sta vivendo le difficoltà evan- cia mescola elementi quotidiani con trasformazione: un popolo che lotta geliche e porta sulla propria pelle i l’immagine enigmatica che sembra per una rinnovata civiltà. segni di una rinnovata speranza. appartenere più a un’istallazione in In una società dove non si ha più bi- una galleria d’arte che non a un’e- Daniela Persico il giro del mondo saison culturelle in 60 film 43 WHEN YOU’RE STRANGE

Regia: Tom DiCillo. Sceneggiatura: Tom DiCillo. Montaggio: Micky Blythe, Kevin Krasny. Interpreti: Johnny Depp, John Densmore, Robby Krieger, Ray Manzarek, Jim Morrison. Produzione: Strange Pictu- res. Distribuzione: GA&A Productions. Pa- ese: USA. Anno: 2010. Durata: 88 minuti.

Non sta scritto da nessuna parte che impegnativo, scegliendo un titolo che cumentario underground di quaranta un secondo film dedicato a una delle ammicca ai versi di una canzone del minuti del 1968 diretto insieme allo icone della storia del rock debba esse- gruppo. Con lo stile diretto e autorita- stesso Jim Morrison e contenente le re l’antidoto al primo, se non nelle lo- rio che gli è proprio, Stone impugna- preziose immagini dei concerti. Di- giche del lancio promozionale. Ciò per va la parabola dei Doors, vedendoci Cillo insiste molto sulle immagini di dire che When You’re Strange di Tom l’occasione per ricostruire un’epoca An American Pastoral, intrigando gli DiCillo non è così lontano da The Do- non tanto dal punto di vista della cul- spettatori che si chiedono se quello ors di Oliver Stone come tutti si sono tura giovanile bensì del suo modello in auto sia proprio lui, Jim Morrison. precipitati a sottolineare, mancando estetico di riferimento, quella poetica Con il suo stile espressionistico Oli- così di suggerire una verità semplice della «visione» che viene suggerita ver Stone disegnava un ritratto «pe- quanto decisiva: il fatto che la rap- dall’origine stessa del nome del grup- sante» del Jim Morrison uomo e delle presentazione cinematografica di un po (le porte della percezione secondo sue visioni, della sua funzione scia- personaggio, di un fenomeno o di un Aldous Huxley) e che Stone aveva spe- manica e della sua personalissima evento è sempre una visione parzia- rimentato nei corsi di cinema all’UCLA interpretazione della cultura classica le: indica cioè un percorso di lettura frequentati anche dal futuro «Re Lu- e della cultura dei «native indians»; che deve servire a stimolarne altri. Si certola». L’originalità di Stone stava con il minimalismo ereditato dal suo tratta di una pratica necessaria, tanto proprio nell’evitare di trasformare Jim maestro, Jim Jarmusch, DiCillo, che più obbligata quanto complesso e con- Morrison in un paradigma generazio- appartiene a una generazione diversa troverso è il materiale su cui si lavora. nale, facendone invece un esempio da quella di Morrison e Stone, elabora Nel caso del film di Stone risultarono sfolgorante dell’irriducibilità del sin- uno stile «leggero» e invisibile, vaga- decisive al giudizio le reazioni dei mi- golo agli schemi e alle semplificazioni, mente vintage, che punta decisamen- lioni di fans del gruppo, che non sop- anche quando questi appartengono al te a fare di Morrison un paradigma portavano di vedere il loro mito ana- pensiero della controcultura. generazionale. Si vedano al riguardo lizzato e strapazzato così a fondo, e Attraverso la straordinaria performan- i riferimenti alla consapevolezza po- quelle dei componenti del gruppo, Ray ce interpretativa di Val Kilmer The litica di una nuova cultura giovanile Manzarek, in testa, che probabilmente Doors diceva le stesse cose che When e, soprattutto, al conflitto con il padre sopportavano ancora meno che Stone You’re Strange suggerisce attraverso i ammiraglio che comanda le operazio- avesse fatto tutto da solo. materiali di repertorio. In questo caso ni in Vietnam. Le conclusioni, tuttavia, Il nuovo film non sembra aggiunge- le testimonianze riportate negli arti- sono le stesse: la stessa intrigante e re nulla di nuovo a ciò che The Doors coli e nelle interviste sono trasforma- frustrante impressione di un tassello argomentava; tuttavia a renderlo mol- te in storytelling dalla voce narrante che manca, di quella traccia sottile to interessante è il diverso uso dello di Johnny Depp, che funziona come che separa la decisione di ritornare specifico filmico, e non tanto il fatto una sorta di «voce del mito» che vive con la band dalla morte nella vasca da che si tratti di un documentario, ma per sempre, discreta ma oggettiva, bagno dell’hotel parigino, il colto in- perché alla visione tutta in sogget- immortale. A DiCillo non interessa saziabile vitalismo di un soggetto so- tiva dell’approccio di Stone (il titolo l’approccio della visione soggettiva, ciale attivo e provocatorio dall’este- del film che rimanda direttamente al non ha bisogno di Val Kilmer, perché nuante corteggiamento della morte. nome del gruppo), qui fa da contrap- dispone delle immagini di due film Il mito continua a vivere, in attesa punto una prospettiva che vuol far originali diretti da Paul Ferrara: HWY- del 2021 e di una nuova storia nel intendere di prendere le distanze (fin An American Pastoral, con le riprese cinquantennale della morte di Re dal sottotitolo “a Film about The Do- di Jim alla guida della sua famosa Mu- Lucertola. ors”) e di scegliere un approccio meno stang 500GT, e Feast of Friends, un do- Umberto Mosca VENEZIA La cultura dell’anima Conversazione con Alexandr Sokurov, Venezia 2011

aust rappresenta il capitolo spiegazione si rivelano una nuova saggio desolato in cui anche il de- F conclusivo della tetralogia e diversa trappola. monio sarà coinvolto, fino ad es- sul potere che Alexandr Sokurov Il film, Leone d’oro alla Mostra sere sepolto dai sassi dell’Islanda, aveva iniziato con Moloch (1999), del cinema di Venezia 2011, si mentre l’uomo rimane nel bianco proseguito con Taurus (2001) e presenta come una sorta di as- di immagini allucinate. È davvero con Il Sole (2005). Dopo aver in- soluto del cinema. Dense di ri- questo l’esito unico possibile del- dagato le figure di tre dittatori del ferimenti filosofici, letterari, la sete di sapere? O può essere Novecento - Hitler, Lenin, Hirohi- pittorici - nella trama di Goethe questa tensione dell’umano a sfi- to - il regista estende l’orizzonte si affacciano Thomas Mann e le dare la dimensione morale, il pec- della sua indagine, analizzando letture nietszchiane del Faust – le cato originale, un modo per con- il meccanismo che sottosta alle immagini di Sokurov producono trastare l’oscurantismo dei poteri ambizioni dei potenti della storia. «un’esuberanza di senso» che assoluti? Non è forse l’ignoranza Più in generale, Sokurov decide quasi sovrasta lo spettatore, il cui che permette di governare senza di affrontare il tema di una cono- sguardo si trova immerso in que- repliche, usando i fantasmi della scenza esercitata in forma di con- gli universi dello spirito e negli paura per un consenso che que- trollo assoluto. Per far questo si specchi deformanti attraverso i sta stessa ignoranza produce? La ispira all’opera di Goethe e al suo quali diviene possibile intrave- lettura del classico tedesco inter- Faust che, divorato dall’ansia di dere l’essenza della realtà. È una roga l’esperienza del Novecento sapere, vende l’anima al Diavolo. messa in scena assoluta e tanto e si scioglie nell’anima russa che Bene e Male si sfiorano e si intrec- piena di significati che rischia di si affida al principio del «delitto e ciano rivelando la loro essenza: mettere in soggezione e privare castigo». Non a caso, Margherita, se il mondo per il giovane medi- del «diritto di replica». la fanciulla di cui Faust si innamo- co Faust ha un orizzonte troppo Nel Faust di Sokurov, la conoscen- ra, sarà dannata ma rappresenta ristretto, la corsa verso il mistero za produce dunque una solitudi- anche la sola salvezza dell’uomo. dell’esistenza e la sua possibile ne angosciosa e infinita: un pae- C.P. 45

Cosa l’ha spinta al capito come do- Faust di Goethe? vevano lavorare. La mia formazione Per trovare Faust è radicata alla tra- abbiamo fatto più dizione europea. di mille provini, Faust di Goethe e solo Joahennes è un elemento Zeiler mi ha dato fondamentale nel- la sensazione di la cultura dell’umanità. Anche i rano abitualmente i miei operato- poter impersonare qualcuno che grandi scrittori russi come Tolstoj, ri, Bruno Delbonel e Peter Dole. non può più decidere nulla, che Puskin, Dostojevskij ne hanno Il fatto di lavorare in tedesco mi non ha alcuna facoltà di scelta se sentito l’influenza. Questo film è ha permesso di tornare spesso al non manovrato dall’esterno. l’ultimo capitolo di una riflessione testo originale e alla cultura nella sul potere messa in atto attraverso quale si inscrive. Insieme a Yuri Le ultime scene del film sono gi- il cinema; guardando le note di la- Arabov, (lo sceneggiatore del film rate in Islanda, sembra quasi un voro che avevo iniziato a scrivere ndr) abbiamo introdotto delle mo- paesaggio lunare. Come lo ha molti anni fa, ho notato che avevo difiche, e anche nuovi personaggi, scoperto? già definito gli episodi di Moloch, come il padre di Faust, un elemen- Mi piace questo paesaggio auste- Taurus, Il Sole, ai quali poi ho cam- to che ci sembrava essenziale per ro, dominato da una condizione biato il titolo, mentre in questo rendere più esplicito l’aspetto visiva speciale. L’irruenza della caso anche il titolo è rimasto in- umano del protagonista. L’adat- natura che si manifesta nella forza variato. tamento a luoghi e a una lingua dell’acqua dei geyser, la nebbia un diversa dalla propria permette an- po’ acquosa che stempera la luce... È in questo senso che si lega ai pro- che di affacciarsi verso nuovi mon- Mi sembrava la dimensione giusta. tagonisti degli altri episodi? Lenin, di, di intuire nuove connessioni, Hitler, Hirohito sono personaggi personaggi inediti... La letteratura Faust vende l’anima al Diavolo in- chiave della storia del Novecento... è la mia maestra: mi dà tutto. Mi seguendo la sua ambizione. Come Faust è una persona, un essere vi- dice tutto, e questo è lo sforzo pro- si traduce questa idea al presente? vente: confinarlo alla sfera mitolo- grammatico della tetralogia. La lin- Oggi l’anima costa poco, non si gica sarebbe riduttivo. In lui pos- gua di Goethe è molto chiara, rude può più vendere. E non ci sono siamo ritrovare tutto quanto per- persino. Io, da russo, non avrei mai nemmeno tanti acquirenti per le mette di raccontare la dimensione avuto il coraggio di usare la lingua nostre anime. L’anima si sta svi- dell’umano. Se, a primo acchito, in maniera così diretta. L’uso del- lendo e l’individuo ha in questo l’immagine di Faust sembra qua- la lingua è importante, esprime una enorme responsabilità. Se si fuori posto in questa galleria un carattere, dichiara un sottote- nel corso del Novecento l’anima di «grandi giocatori» che hanno sto, un’etica, un’estetica. Faust avesse avuto più valore, i tedeschi perso le più importanti «partite» non esiste senza lingua tedesca. avrebbero sostenuto Hitler? E i della loro vita, a bene vedere egli E il nostro rapporto con quella russi avrebbero appoggiato Lenin condivide con loro l’amore per le cultura ci obbliga a delle scelte. e Stalin? Vendere l’anima oggi è parole, a cui crede con tanta faci- D’altra parte, il film è indipenden- un concetto totalmente desueto: lità, e una patologica condizione te dal testo e si pone all’interno il nostro tempo si basa sugli af- di infelicità nell’esistenza quoti- di una relazione che riguarda la fari, sulla vendita di cose che non diana. Il male nella sua essenza vita umana. Oggi quel testo di esistono... Forse persino vendere è espresso con estrema lucidità Goethe appare quasi dimenti- l’anima oggi potrebbe essere una nella frase di Goethe: “Le persone cato; ma i miei attori tedeschi truffa, visto che l’anima non c’è infelici sono pericolose”. sono stati perfetti, hanno subito più. La spiritualità, infatti, è con- siderata quasi un Ha girato in tede- fastidio, anche nel sco. Come è stato cinema viene guar- il suo rapporto col data in modo osti- testo? le: non rende, non Faust è un film funziona in termini trans-europeo. È di mercato. stato girato nella Repubblica Ceca, Nella sua lettura, in Germania, in più che in quella di Islanda, montato a Goethe, il rappor- Londra, dove lavo- to tra Mefistofele e 46

Faust sembra quasi di «tentazio- può rispondere solo cambiando Faust ha avuto molti problemi ne» reciproca. le priorità in base alle quali si or- produttivi, la sua lavorazione è Il mio Mefistofele non è un dia- ganizza la società. Credo sia fon- durata diversi anni... Ed è stato volo, è un usuraio. Non c’è nulla damentale restituire alla cultura notato, da più parti, alla sua pre- di soprannaturale nelle sue azio- un senso prioritario, perché solo sentazione alla Mostra del cine- ni, la sua abilità potrebbe essere questo è il modo con cui recupe- ma di Venezia, che uno dei mag- quella di un prestigiatore. Nella rare un popolo. giori finanziatori è stato Putin... mia idea la figura del diavolo è un In quanto artista il mio compi- po’ esagerata: se pensiamo a lui Il potere produce inevitabilmente to è fare un buon film; i potenti come a un angelo decaduto, uno corruzione? dovrebbero invece difendere la che va contro dio e che è il ne- L’uomo di potere è contaminato cultura, cosa che spesso non ac- mico dell’uomo, ci perdiamo... In da ciò che lo circonda; intorno cade. Questo film ha avuto pro- Goethe si capisce subito che è in a lui si raccolgono solo anime blemi finanziari enormi, e per atto un gioco tra l’essere umano scure... E per questo è disposto me il fatto di poterlo mostrare al e un personaggio che gli dovreb- a compiere qualsiasi azione. pubblico nel mondo è la cosa più be fare paura. Noi non sappiamo Mi chiedo però se gli uomini di importante. Anche perché conclu- dove sono i limiti dell’inferno: potere abbiano un’anima; pos- de un’opera già iniziata, racconta l’uomo che uccide, inganna, men- siedono quella cultura che per- una storia europea, rimanda alla te, come riesce anche a produrre mette all’anima di vivere dentro filosofia, alla storia, alla cultura capolavori dell’arte? Qual è la all’uomo? Non penso che l’ani- dell’umanità. La cultura non è un frontiera dell’uomo? Sempre più ma sia qualcosa di naturalmente lusso, è il fondamento della no- giù? O sempre più su? Il male non dato quando veniamo al mondo, stra società. Senza i finanziamenti è sovrannaturale, si tende a rap- si deve piuttosto coltivarla, nu- di Putin non avrei mai finito il mio presentarlo come tale laddove è trirla, farla crescere. Mi chiedo film ma, e lo ripeto, i governi do- in atto un degrado morale molto spesso se le persone che defi- vrebbero avere l’obbligo di finan- forte. La società russa in questo niamo potenti abbiano il tempo ziare liberamente l’arte. momento è investita da un de- per fare questo, per coltivare grado violento al quale, forse, si l’anima. A cura di Cristina Piccino Identità, corpi, VENEZIA violenza, memoria Conversazione con Gabriel Abrantes, Venezia 2011

dentità, corpi, violenza, memo- Nella sua indefinitezza è un chiere, pettegolezzi e messaggi I ria. Quattro parole fondamen- esempio perfetto di cinema con- telefonici, ma anche potere po- tali del nostro tempo. Quattro temporaneo, sempre alla ricerca litico e militare, quello che nella parole che spesso diventano im- della propria forma e del proprio storia portoghese è stato utiliz- magini, da lì si tramutano in con- significato: perché è un racconto zato dall’Inquisizione, quando cetti e vanno a costruire i lavori libero e imprevedibile, girato con la Chiesa condannava a morte di un’arte inquieta come quella uno stile lucido, vicino all’ogget- due mori omosessuali, e dal fa- contemporanea, tra cinema foto- tività, e al tempo stesso con un scismo, quando l’arrivo della grafia e videoarte, che da tempo approccio sfumato, quasi anneb- modernità sorprese un Paese si interroga sulle proprie origini biato; costruito secondo un’illogi- intrappolato in una dittatura e e su quelle della società da cui cità di pensiero che si fa tramite fuori dal tempo. prende forma. di un significato ulteriore, acqui- Per questo continuo dialogo tra Palácios de pena, diretto da due sendo come presenze estranee, periodi storici, memoria privata giovani registi al loro primo lun- quasi inquietanti, i simboli di un e memoria nazionale, Palácios gometraggio, Gabriel Abrantes mondo emotivo, corporeo per de pena è un film contempora- e Daniel Schmidt, entrambi con l’appunto, che interpreta istinti neo e necessario, imprevedibile diversi corti e videoinstallazioni più profondi dell’animo umano: nello sviluppo, con echi di sur- alle spalle, reduci dalla scuola di la sete di potere come quella realismo alla Dalì, donne dalla cinema e ben felici di essersene d’amore, il desiderio di vendetta testa di cane, sogni simbolici, smarcati, è un poema visivo, ad- come quello di appartenenza. partite di calcio femminile in dirittura «corporeo», come dice Palácios de pena è il racconto di stadi deserti, scenari industria- nell’intervista uno dei due, il più una nascita, la venuta al mondo li avvicinati ad ambientazioni talentuoso e prolifico, il porto- di due ragazzine che imparano bucoliche, quanto politico nella ghese Abrantes. Un film di poco a vivere imparando le dinami- rappresentazione, alla ricerca di più di un’ora che riflette sulla so- che del potere e la possibilità uno sguardo che sia sperimenta- cietà dell’attuale Portogallo e sul di sfruttarle a proprio favore. le e al tempo stesso universale. rapporto che le persone instau- Potere della parola soprattutto, rano con l’idea di potere. che oggi si esercita tra chiac- R.M. 48

Non può lasciare indifferenti la pri- spazio e il tempo vengono consi- della condanna del diverso, dello missima inquadratura del vostro derati soggetti a sé, indipendenti straniero, dell’omosessuale, come film, una citazione diBlade Runner dalla narrazione, e al tempo stesso seme che passa attraverso l’evolu- quasi fosse uno scorcio naturale, oggetti da manipolare e model- zione storica di un paese e arriva con la stessa musica ipnotica e un lare. Lo stadio è in questo senso ai giorni nostri mutato di segno paesaggio da incubo industriale. perfetto, un contenitore vuoto che ma non di senso. Le due ragazzine Perché avete scelto un incipit così fa pensare alla sua pienezza; vive protagoniste sfogano la loro guer- forte e riconoscibile? di contrasto, di fascino sinistro e ra di potere le une contro le altre, Ci interessava l’idea di costruire diventa un rappresentazione ide- una facendo invidia all’amica, l’al- un mondo che sta al di fuori del- ale del legame che instauriamo tra dando fuoco al castello, e da lì la realtà, senza precise coordinate con i luoghi della nostra società. alla collina intera, ma è come se temporali, per quanto profonda- Ed è questo l’argomento di cui entrambe mettessero in scena un mente legato alla cultura e alla volevamo parlare: il rapporto con antico rito di distruzione che ap- storia del Portogallo. Il riferimen- il nostro tempo e tutte le cose in- partiene al mio paese. to a Blade Runner porta in una di- volontarie che facciamo, spesso mensione fantascientifica, aiuta a ignorando le conseguenze. E poi In questo senso mi piace molto l’i- dimenticare il contesto realistico e sì, è vero, lo stadio ci sembrava dea di unione che emerge nel vo- instaura fin da subito un’atmosfe- un monumento della civiltà in- stro film . C’è il legame di sangue ra di inquietudine e insicurezza. dustriale e stava benissimo con tra le due ragazze, c’è il legame di E ci piaceva poi lo scontro anche l’inizio fantascientifico allaBlade carne tra i due amanti del Medio- visivo con la parte ambientata nel Runner. evo, c’è un’idea dell’amore come Medioevo, più dolce ed elegiaca. attrazione soprattutto fisica a cui è Perché nelle note di produzione al difficile sfuggire… L’inquietudine continua con il resto film avete così insistito sul tema Però ci sono anche i temi del tra- della sequenza, con quello stadio della paura? dimento, della condanna, dunque deserto che sembra un tempio in Be’, non è difficile da capire: per- della separazione violenta. Direi disuso della contemporaneità. Qui ché la paura è il sentimento fonda- che il film è un insieme di emo- lo straniamento è poi aumentato mentale dei nostri tempi, l’istinto zioni e umori legati alle relazioni dal fatto che su un gigantesco cam- naturale sul quale si costruisce il umane. Per cui c’è di tutto, l’alto e po semivuoto si sta giocando una potere. Con il film abbiamo volu- il basso, il bello e il brutto, l’orro- partita tra ragazzine e sugli spalti to raccontare come sia insita nelle re e l’estasi, la visione dell’amore c’è una sola spettatrice. È come se radici della società portoghese: da come forza fisica potente e incon- foste continuamente alla ricerca qui il tema dell’Inquisizione, della trollabile: i due condannati di ori- del contrasto visivo e concettuale condanna a morte dei due arabi e gine araba la interpretano in modo e aveste voluto affermarlo netta- il legame con il tempo presente dolce, mentre le due ragazzine di mente fin dall’inizio… delle due ragazzine e della loro oggi, arroganti eppure affettuose, Credo sia il riflesso della videoarte nonna che in sogno fa rivivere non hanno ancora imparato ad sul cinema, visto che sono pratiche il trauma passato. Il riferimento averci a che fare e ragionano per molto diverse per quanto all’ap- implicito è anche alla dittatu- istinto. Tutto il film ruota attorno a parenza vicine. Nella videoarte lo ra fascista, soprattutto nel tema un concetto: cosa fa la gente quan- 49

do si accorge di avere un corpo e Non saprei cosa dire sul riferi- to solo in corso d’opera. Per me soprattutto del fatto che lo può mento a Kubrick: di certo siamo fare film è sempre un processo, usare per sfruttare le altre perso- un po’ tutti influenzati da un una costruzione pezzo per pez- ne. Da questa consapevolezza na- autore così importante. La par- zo che spesso muta d’aspetto e scono le relazioni con gli altri, che te ambientata nel castello viene spesso il risultato finale è com- sono fatte di parole, di giudizi, di però da un mio lavoro prece- pletamente diverso da quello che commenti, di fatti, a volte violen- dente, Baby Bark Costa Rica, un avevo in mente dall’inizio. Credo ti. Il film è una specie di «poema cortometraggio dove già raccon- dipenda anche da questo la stra- corporale», una riflessione su tavo l’adolescenza aggressiva e nezza dei miei film. come comunichiamo con gli altri allegra di un gruppo di ragazzi- attraverso il corpo e come il corpo ne inconsapevolmente violente C’è una componente politica nel a volte ci dica cosa degli altri che e feroci, con la loro cultura dei tuo cinema? non conoscevamo. messaggi e dei giudizi simili a Sì, assolutamente. Il film ruota pubblicità, con la loro bellezza attorno al tema dell’identità, per- Tornando al surrealismo o all’iper- oscena e stupefacente. Abbiamo sonale ma soprattutto collettiva, realismo della rappresentazione, voluto proseguire in questa dire- meglio nazionale. Cosa signifi- dopo l’incipit alla Blade Runner e lo zione, creando un forte contrasto stadio vuoto, si vede un Portogallo tra l’indifferenza della natura e quasi fuori dal tempo, con castelli, la potenziale distruttività di ogni paesaggi poco abitati, ragazzine azione umana. Credo che la sen- alla moda che pascolano lungo i di- sazione di minaccia che dici di rupi come ninfe classiche, nonnine sentire nel film venga da questo che consultano l’iPad… Al di là del- contrasto. la componente visionaria, che è un aspetto fondamentale del film, c’è Il contrasto è l’elemento che più anche la volontà da parte vostra di si percepisce nel vostro film, per rendere la storia universale, toglien- quanto poi come dicevi avete cer- do qualsiasi contesto realista? cato di fondere le sue diverse com- Credo sia un modo per dire quanto ponenti, così come le diverse fasi il Portogallo sia isolazionista. Addi- storiche. Ma la cosa che colpisce rittura una sorta di paradiso per gli di Palacios de pena è la sua asso- isolazionisti. Fuori dal tempo, dun- luta unicità, il fatto che non asso- que anche dallo spazio: una cosa miglia a nient’altro visto qui a Ve- che avevo già cercato di fare in un nezia. È così originale e misterioso mio lavoro precedente, Visiona- da risultare oscuro. Avendo visto ry Iraq. Al di là degli scherzi, però, altri tuoi lavori precedenti, mi credo che l’ambientazione sia così chiedevo come sei arrivato al tuo astratta perché volevamo ottenere primo lungometraggio trovando una dimensione temporale sospe- una specie di summa dei tuoi temi: sa, una sorta di sogno continuo il legame amore e morte, il surre- ca appartenere a uno stato e far che ci permettesse di parlare del alismo, l’adolescenza come sguar- parte della sua cultura? Al tempo medioevo e del presente nello do malato sul mondo… stesso c’è anche l’elemento dell’i- stesso modo. Non saprei, di certo è un lavoro dentità artistica, che nel cinema, che riunisce diversi temi del mio da firmare un film da soli in cop- Infatti l’impressione è quella di un cinema. Sull’imprevedibilità del pia come in questo caso, prevede flusso unico, di un incubo senza risultato finale penso dipenda sempre un dialogo, un confronto. connessioni logiche. La rappresen- invece dal mio metodo creativo, Con Daniel abbiamo perciò volu- tazione sembra mossa da un sorta che ha in sé qualcosa di curioso e to mettere alla prova le rispettive di razionalità, ma le cause sono che naturalmente ho dovuto met- visioni poetiche e cercare di dar misteriose. Alcuni momenti, poi, tere a confronto con quello di Da- forma alle nostre idee, al di là di sono percorsi da un’inquietudine niel. Sono una persona molto cal- un concetto puro di autorialità. minacciosa. Ad esempio, le scene ma, ma quando mi vengono delle In questa prospettiva ricade an- nel castello, per quanto frequenta- idee che mi piacciono divento che la scelta di lavorare con attori te solamente da ragazzine allegre febbrile, non smetto di pensare e non professionisti, che in realtà e perfide, ricordano i sabba di Eyes ripensare alle cose che scrivo. Di poi sono amici, familiari, oltre al Wide Shut, un mondo spaventoso solito parto da un concetto molto fatto che noi stessi, io e Daniel, nella sua manifestazione di un po- semplice che poi sviluppo e che abbiamo recitato nel film: ci piace tere sinistro… comincio a comprendere del tut- questa idea di rendere il cinema 50

qualcosa che ci ruota attorno e di non rendere realistico un mon- serio e distruttivo. Certo, c’è l’eli- attraverso il quale noi riusciamo do dove è normale parlare di guer- cottero che forse salva tutto. a costruire un mondo. Ad esem- ra o dove l’ignoranza e la violenza, pio, i due attori che interpretano verbale o fisica, possono uccidere Vero, l’elicottero che getta le basi i mori mandati a morire in realtà come cinquecento anni fa. Mi pia- per salvare il vostro mondo uto- sono due ragazzi brasiliani che ce pensare che le frasi e le poesie pico. Perché è questo che sembra abitano a Lisbona che noi abbia- che abbiamo messo nel materiale la realtà ovattata del vostro film, mo coinvolto: è bello poter ma- divulgativo del film (alcuni versi con quella luce opaca e sfumata: nipolare le cose in questo modo. da una poesia di Gregório de Mat- un mondo inesistente e ideale an- E soprattutto farlo con un 35mm tos, poeta satirico portoghese del che nei suoi elementi negativi . Sei così bello, in modo da gestire an- ’600, il passaggio di una lettera d’accordo? che alcune componenti classiche d’amore del medesimo periodo e La dimensione utopica è forte nel del cinema: era la prima volta che un sms tra le due giovani protago- nostro film, ma direi che riguarda lo usavamo. niste, ndr) possano essere consi- più il suo ribaltamento (la disto- derate contemporanee e rendere pia, ndr). Il nostro è un mondo di È possibile compiere un lavoro po- un’idea politica del nostro film, tra mezzo, che sta a metà tra passa- litico con l’arte? la potenza dell’amore e la violenza to e presente, ma soprattutto tra Direi che tutti i miei progetti sono delle parole. crudeltà e innocenza. In definitiva il risultato di uno sforzo per capire credo sia questo il motivo per cui, come si possa agire politicamente In fondo il vostro film si apre con come già in Baby Bark Costa Rica, con l’arte. Nel mondo del cinema le luci fredde di uno stadio in piena abbiamo scelto delle adolescenti si possono fare cose molto costo- notte e si chiude con un fuoco di- come protagoniste: ci piaceva l’i- se e ambiziose, mentre noi ci sfor- struttivo. C’è qualcosa di rituale in dea di un’età dell’inconsapevolez- ziamo sempre di lavorare in modo tutto questo? za che mette in pratica un’opera di indipendente e soprattutto di fare Probabilmente sì. Probabilmente distruzione inconsapevole ma na- le cose in modo molto preciso, tutto è simbolico, anche se que- turale. Lo sappiamo tutti, in fondo, cercando forme narrative aperte sto non tocca a me o a Daniel che la natura dell’uomo è malva- che si aprano alla possibilità di in- dirlo. C’è la torre, la scogliera, la gia. La Storia sta lì a ricordarcelo. terpretazioni politiche. Entrambi, casa vuota, il gorgo… E il fuoco io e Daniel, veniamo dalla scuola arriva a distruggere tutto quanto, A cura di Roberto Manassero di cinema e da quell’esperienza a segnare la necessità di un nuo- abbiamo imparato a costruire i vo inizio. L’idea era di fare una film in modo oggettivo, senza far- cosa molto aggressiva, qualcosa ci guidare eccessivamente da, di- di emotivo e definitivo. Una volta ciamo, l’istinto creativo. Una volta un amico mi disse che i miei film acquisita questa cosa, però, ci pia- gli erano sempre sembrati un po’ ce distruggere dall’interno i nostri folli e buffi, ma in quell’occasione, film, riempirli di incongruenze o di fronte all’installazione Visiona- passaggi poco chiari. Ad esempio ry Iraq, aveva capito come tutto ricorriamo spesso all’ironia, al sur- fosse molto serio. Con Palácios realismo, a un apparente stravol- de pena io e Daniel abbiamo gimento della realtà: e lo faccia- cercato di rendere sinistra la mo per un motivo molto semplice, parte ironica, di trattarla in per mettere in luce l’assurdità del modo surreale, per arrivare mondo in cui viviamo, per cercare a un concetto finale molto Il Quotidiano VENEZIA nel fotogramma Conversazione con Eran Korilin, Venezia 2011

ella fisica quantistica il prin- dopo aver diretto la commedia in cui nessuno dovrebbe esser- N cipio di indeterminazione di interculturale La banda, abbia ci, come un ladro di momenti, di Heisenberg afferma che le leggi realizzato con Hahithalfut (The cose non viste e da non vedere… naturali non possono determina- Exchange) la più chiara e fin trop- Sembra assurdo; lo è anzi, ma non re ciò che accade nello spazio e po esplicita certificazione del potrebbe essere più reale: il cine- nel tempo, poiché gli accadimenti principio di Heisenberg applicato ma è là dove dovrebbe stare, di sono «piuttosto rimessi al gioco al cinema. Come se nella cultura fronte alla realtà, eppure sancisce del caso». Soprattutto, l’osserva- ebraica, dopo anni di letteratu- una distanza infinita tra l’uomo e zione di un fenomeno non può ra e di comicità sulla fallibilità il mondo che abita. stabilirne contemporaneamente dell’individuo di fronte all’im- Hahithalfut emerge in quanto la posizione e la quantità di moto, manenza del reale, l’impotenza film ironico e disperato. È un sag- in quanto l’una esclude l’altra e esistenziale fosse diventata una gio sul dislocamento a cui siamo l’osservatore «resta totalmente condizione di base. condannati e sull’impossibilità estraneo al mondo subatomico». Hahithalfut è un film giocato sul di appartenere a un luogo, a un Pensiamo al cinema e a quanto rapporto tra assenza e presenza, tempo, a una persona. Come il tale principio influenzi lo sguar- vuoti e pieni, esserci e non esser- suo protagonista, una sorta di do: da un lato conduce ad am- ci: un film che certifica la realtà Mattia Pascal moderno, anche il mettere l’impossibilità di com- delle cose nel momento in cui film appare un corpo vivo privo prendere la realtà che si osserva, stabilisce l’impossibilità di co- di vita, svuotato d’ogni emozione. dall’altro determina l’assoluta noscerle. C’è un uomo, un fisico La questione israeliana potreb- libertà di ogni osservazione. I fra- ovviamente, che a un certo punto be essere descritta attraverso la telli Coen, ad esempio, da Barton della sua vita borghese comin- metafora di uno spazio privato di Fink a L’uomo che non c’era e A Se- cia a chiedersi cosa ne sia dello identità, un luogo che da abitabi- rious Man, hanno fondato la loro spazio che occupa, una volta che le diventa estraneo: e non perché idea di mondo su tale indetermi- non lo occupa più. Passa le gior- Korilin cerchi l’aggancio con la natezza percettiva. nate a urlare nei corridoi vuoti realtà politica e sociale del suo Non stupisce, allora, che un altro del suo palazzo, a coricarsi in luo- Paese, ma perché un film che par- regista di origine ebraica, l’israe- ghi pubblici deserti, a osservare la del nulla, in realtà sta parlando liano Eran Korilin, diventato inso- le persone senza essere visto, a del tutto che ci circonda. spettabile teorico dello sguardo visitare la propria casa nelle ore R.M. 52

Il suo film parla del momento in cui È un’indagine sulle reazioni che per molte persone ci siano perio- si cambia punto di vista ed è un film possono verificarsi modificando i di nella vita dove ci si sente nello che cerca anche di rendere straordi- punti di vista. Siamo stati abitua- stesso modo in cui mi sono sentito nario quello che altrimenti sarebbe ti a concepire un modo univoco di io. Forse per proteggere sé stessi, ordinario. esprimere l’atto drammatico, con si ricerca una forma di distacco: a È proprio così. Io credo che questo un inizio, un picco di criticità e una volte vorremmo sentirci un turista, è quello che il cinema fa. Innesta la conclusione, ma nel momento in non vedere, non sentire e non la- magia del fotogramma in qualcosa cui si ascolta un preludio di Bach, sciarsi toccare da quello che capita. di banale e quotidiano: quello che un po’ come in fisica, si trovano Penso succeda più spesso a quelle poi si vede è come se lo si scorges- tre note, che cambiano ogni tanto, persone abituate a caricarsi ogni se per la prima volta. Inserisci la e poi tornano ad essere le stesse, cosa sulle proprie spalle; un gior- quotidianità nel fotogramma e la e c’è sempre un'attenzione verso no si svegliano e si dicono: "io non magia è fatta. Non saprei dire come queste tre note che continuano a voglio questo, io voglio essere lon- mai, ma le piccole cose mi attraggo- cambiare relazione fra loro. Mi vie- tano da qui". Ma una volta che si è no. Per me fare questo film è stato ne da pensare che questo è come la scappati non ci si ricorda più chi si un po’ come andare alla ricerca del- matematica, la fisica, una cosa bel- è veramente ed è necessario ritor- le basi del cinema, che cosa questo lissima perché pulita, chiara, cristal- nare indietro e cercarsi. significhi per me. Chiedermi per- lina. Nel film spero di fare qualcosa ché ogni volta che accendo il vi- di simile, mettere in scena qualcosa Solitamente, sensazioni simili dura- deo sento una sorta di eccitazione, di semplice e cambiarlo continua- no qualche minuto; non di più. Nel indipendentemente da quello che mente: modificare le relazioni fra film lo stato d’animo del protagoni- sto guardando. Sono sempre in at- gli spazi e vedere cosa succede. sta gli provoca una separazione dal- la realtà per varie settimane. Certe volte questo stare immobili a Di norma mettiamo da parte que- guardare va un po’ troppo lontano, sto stato d’animo, perché è un po’ come nel momento in cui il padre come se fosse la parte proibita di del ragazzo cade e i due protago- ognuno di noi. Il mio film racconta nisti decidono di non far nulla, la- invece di una persona che decide sciando che le cose seguano il loro di esplorare questo stato d’animo, corso. È come se percependo la mec- di immergersi il più possibile in canica del mondo ne trovassero una questi dettagli della vita. In un tale completezza da non trovare il certo modo ho cercato di distillare coraggio di intervenire per modifi- questa sensazione, la stessa che si carla. prova quando si torna a casa dal la- Credo che i due uomini cerchino voro prima del tempo, ammalati, e di capire qualcosa. Cercano di os- tutto appare diverso. servare tutto nei minimi particola- ri e alla fine della giornata la sola Come ha trovato finanziamenti per tesa di vedere che cosa succederà, cosa che possono dire è che le cose un film che aveva un soggetto così può essere la cosa più banale del si muovono: di tutto il resto i due particolare? mondo, e in ogni caso la guarderò. non capiscono assolutamente nul- Sono stato fortunato perché ho ri- È il «frame» che è interessante. È la. Esiste il movimento, le persone cevuto un gran successo per il mio il fatto di osservare ad essere in- vanno e vengono. Se si cerca di ca- primo film.La banda ha fatto il giro teressante, non quello che si sta pirne di più, la sensazione che si ha del mondo, ha guadagnato molti guardando. Il fatto di avere la co- è un po’ come quello che si prova a premi e soldi. Il fatto che gli spet- scienza di stare fermi a guardare un guardare il mare, dove a momenti tatori amassero il film mi ha fatto prodotto in movimento. Possiamo di calma succedono ondate impe- sentire la necessità di rispondere applicare questi principi non a una tuose senza ragione apparente. alla loro passione in modo one- storia, che può essere più o meno sto. Tutti avrebbero voluto che ri- interessante, ma anche alle cose E credo che una volta che si entra in facessi un film simile al preceden- più banali e per così dire immobili. questo modo di sentire sia difficile te, ma io, proprio per non tradire la uscirne… fiducia degli spettatori, non potevo Il protagonista è un fisico: non cre- Sì, è davvero difficile. In un certo rifare la stessa storia, divertente, do che la scelta sia casuale. L’uomo senso fare questo film per me è accattivante…. E sono stato fortu- si interroga su quanto di quello che stata la risposta alla necessità di nato a trovare dei produttori che percepiamo attraverso i nostri sen- tornare alla vita «vera». Quella hanno amato questa idea. Vi hanno si sia poi riconducibile a una realtà narrata nel film è una sensazione trovato qualcosa che tocca le basi oggettiva. che crea dipendenza, e credo che del cinema e della vita. Io so che 53

questo non è un film per tutti e grandi…. Ma era impossibile per che non piacerà a tutti, ma quando me applicare la stessa tecnica, la fai qualcosa devi interrogarti sul stessa raffinatezza: Israele non tuo prodotto, e non puoi crescere è un luogo di stile, è un luogo di se non esplori anche l’altra faccia sopravvivenza. Allora ho pensa- di quello che sai fare, se non cam- to: come tradurre Antonioni, in bi radicalmente direzione. Poi, con israeliano? I miei paesaggi sono i il passare degli anni, vedrai come pavimenti e i gradini. Ho cercato la direzione intrapresa si connet- dunque di trasporre gli spazi dei terà con quello che hai fatto fin lì. film che vedevo e la sensazione Ora come ora non lo so e non mi che questi mi davano, nella mia importa. realtà. Spesso mi è stato chiesto perché ci tenevo a fare un film Nel suo film si parla anche di amo- ambientato in una cittadina così re, perché il protagonista che ha in- piccola, così lontana; ma questo è trapreso questo percorso non è da il posto dove vivo. Quando guar- solo, vive in coppia, e questo per- do in basso, vedo un pavimento. corso da cammino solitario diventa Dunque mi sono detto: faccio un qualcosa da vivere in due e da ten- film sul pavimento, perché è un tare di condividere. luogo e se si guarda bene in ogni Sì, perché in fondo questo è anche luogo c’è una storia. Il mio film un film sulla separazione in una è dunque anche un esercizio di coppia, ma non intesa come tradi- mento e quindi con la successiva rottura. È piuttosto la sensazione che hai quando ti svegli al matti- no e trovi la persona accanto a te diversa. La guardi come se fosse uno sconosciuto. Lo stare insieme alla fine è un atto di fede, il fatto di amare la donna che hai accanto da molti anni presuppone un atto di fede. Se si ha fede nello stare insieme va tutto bene, ma quando un dubbio si insinua, i guai arriva- no. È come se avessi voluto fare un film su un uomo che perde la fede e inizia a porsi domande. stile, una risposta a quello che si Pensa che il film descriva una si- può fare con il minimo, un ritorno tuazione tipica della società israe- all’essenza, al fotogramma, a quel- liana contemporanea? lo che si può dire con il non detto. Il modo in cui sono cresciuto non si discosta dal tipo di vita descrit- È soddisfatto del risultato? to dal film. I miei genitori lavora- La prima volta che ho visto il film vano, io avevo le chiavi, andavo è stato qui a Venezia, tra la folla a scuola da solo e dimenticavo stipata durante la serata di gala. sempre le chiavi, perché sono Guardando il film ho sentito che sempre stato molto distratto. Così mi stava ritornando qualcosa di mi sedevo sugli scalini di pietra quello che ho provato mentre lo ad aspettare, toccavo la superfici, giravo; ho pensato che, seduto di guardavo i dettagli dei muri… Pro- fronte al grande schermo, si pote- vo una certa nostalgia per que- va ricreare una certa intimità fra sto rapporto con le cose. Io sono quello che succede nella pellicola cresciuto in Israele, da giovane e lo spettatore. E mi sono sentito guardavo i film di Antonioni e li molto felice. amavo moltissimo, i personaggi erano bellissimi e gli spazi così a cura di Nora Demarchi firenze I segni del passato nel presente Conversazione con Eric Baudelaire, Firenze 2011

In L’Anabase de May et Fusaku seguito Adachi entrerà nell’Arma- sapiente dell’affabulazione di sé. Shigenobu, Masao Adachi et 27 ta Rossa Giapponese, passando Eric Baudelaire ricostruisce que- années sans images, il riferimen- alla clandestinità, spinto soprat- sto intreccio di esperienze e di to al viaggio dell’esercito di Ciro tutto dall’adesione alla lotta per epoche, cercando un’immagine il Giovane dopo la sconfitta nar- la causa palestinese. Ha vissuto che possa rispondergli. Ascoltia- rato da Senofonte è una dichia- nascosto in Libano per lunghi anni; mo le voci dei protagonisti (May in razione di affinità. Il film di Eric arrestato, estradato in Giappone e un ottimo inglese - e Masao Ada- Baudelaire, artista, fotografo, ol- condannato per falsificazione di chi, in giapponese), senza vederli. treché cineasta, racconta infatti passaporto, oggi risiede in patria Il loro è il racconto di un tempo un viaggio, «l’aller-retour» tra ed è ancora sottoposto a un regime vissuto insieme ma analizzato da Tokyo e Beirut dei suoi protago- che gli impedisce di viaggiare fuori differenti punti di vista. La ragaz- nisti che esprime una riflessione dal paese. Fusaku Shigenobu è, in- zina senza immagine e il regista sul senso delle immagini, e del vece, la leader dell’Armata Rossa; costretto a rinunciarvi. Baudelaire fare cinema. anch’essa arrestata in Libano, sta filma invece i luoghi al presente. Masao Adachi è lo sceneggiatore scontando la sua pena in prigione Beirut e Tokio come sono oggi: dei primi film di Koji Wakamatsu, in Giappone. May è sua figlia, nata perché - come afferma Adachi - il e regista lui stesso. Insieme han- in Libano ha vissuto in clandesti- paesaggio contiene sempre una no prodotto un cinema politico, nità fino all’arresto della madre, memoria ed esprime al tempo che si è scagliato contro le ipocri- nel 2000. Fino ad allora May non stesso il senso di un paese, della sie della società giapponese degli esisteva: costretta a cambiare più sua cultura. Le immagini girate in anni sessanta, ed ha assunto po- volte identità e residenza ha vis- super8 da Baudelaire – in nome sizioni vicine ai movimenti ses- suto un’infanzia e un’adolescen- di un patto siglato con il regista santottini, adottando una forma za particolari. Oggi May è un per- nipponico - attraversano il confi- cinematografica sovversiva, libera, sonaggio pubblico in Giappone; ne della Storia e diventano anche nella quale tutti i codici narrativi giornalista, scrittrice, ha colmato memoria del cinema. venivano messi in discussione. In quel vuoto di immagine con l’uso C.P. 55

Come sei arrivato a questo film? i suoi riferimenti prevale il cine- che la sua storia ha un altissimo Ho scoperto Masao Adachi attra- ma di Godard, se la sua riflessio- potenziale d’attrazione, tanto è verso la politica. Avevo ottenuto ne è assolutamente teorica, se i piena di elementi romanzeschi. una borsa di studio per una ricer- suoi film mescolano estetica, fi- Questo grado di coscienza di sé, ca sui movimenti di lotta armata losofia, storia, tutto questo viene che ha maturato anche negli anni in Giappone. La sua opera era in- rielaborato in una forma sempli- in cui viveva nascosta insieme alla fatti completamente sconosciuta ce e, appunto, diretta attraverso madre, le ha permesso di costruire in Francia fino a quando Nicole i personaggi e le vicende che una rappresentazione in bilico tra Brenez (studiosa e critica fran- raccontano. I film di Adachi sono realtà e finzione. Lo stesso ha fatto cese, ndr) ha organizzato una sua straordinari anche per questo: Masao Adachi coi suoi film, dando retrospettiva a Parigi. Poi ho letto esprimono un concentrato di vita a personaggi che appartengo- la storia di May, l’ho incontrata e avanguardia, surrealismo e follia. no a una dimensione romanzesca abbiamo fatto una lunga inter- vista nel 2008. Era un materiale formidabile. Ho subito avuto vo- glia di farne un film ma il proble- ma era trovare un dispositivo che rendesse questa storia altrettan- to forte al cinema. Nel frattempo avevo incontrato anche Masao Adachi e la relazione tra lui e May mi è sembrata il punto di parten- za migliore per trasportare la sto- ria in termini cinematografici.

È stato difficile convincere Adachi ad accettare di far parte del film? Dopo che abbiamo discusso del mio progetto, mi ha detto che avrebbe accettato a una condi- zione: che io girassi per lui delle immagini in Libano, dove dopo l’arresto e l’estradizione non può più tornare. Mi ha accennato che vuole utilizzarle in un film a cui sta lavorando. Mi ha fornito mol- tissime indicazioni sui luoghi che dovevo cercare, le case in cui hanno vissuto lui o May con la madre. Molti di questi posti non esistono più, o sono completa- mente cambiati. Lui è il primo a E May Shigenobu invece? ma incarnano anche le tensioni di saperlo; anzi credo che cercasse Oggi May è un personaggio pub- un’epoca. Per questo, come dice- proprio questo cambiamento. blico. Nel 2002, ha scritto un libro vo, l’intreccio di queste due voci Voleva trovare i segni del passato sulla sua vita (Dalla Palestina al mi sembrava che offrisse la chiave dentro il presente e non una car- paese dei ciliegi: 28 anni con mia necessaria alla messa in scena del rellata nostalgica. Né il racconto madre), ha partecipato a un film mio film. di Masao Adachi né quello di May su di lei, nel quale interpreta se hanno una pretesa di oggettività: stessa (9/11-8/15 Japan Suici- L’«anabase» del titolo fa riferi- i fatti sono narrati in prima per- de Pact di Nobuyuki Oura), è una mento a Senofonte. Perché questo sona, attraverso il filtro della loro giornalista televisiva molto nota, raccordo? esperienza. specializzata sulle questioni del Penso che la geografia dei due Medio Oriente. E sa porsi rispetto personaggi, che oscilla tra il Li- Che impressione ti ha fatto Masao al suo passato con grande lucidi- bano e il Giappone, esprima la Adachi? tà. È anche una donna molto bella. condizione di un essere «qui e È una persona meravigliosa. È È per metà palestinese, visto che altrove», l’idea di un viaggio che molto diretto, anche nel modo di suo padre era un combattente è più un’erranza. Il riferimento a lavorare sul cinema. Anche se tra nel movimento di liberazione. Sa Senofonte, si basa su un’interpre- 56

tazione proposta dal filosofo Alain veva e con chi - come racconta nel na e torna con Ici et ailleurs. Masao Badiou come allegoria di un seco- film. Masao Adachi invece non ha Adachi va in Palestina e gira Ar- lo che si conclude e di un cammi- mai avuto bisogno di costruirsi un mata Rossa PFLP: una dichiarazio- no verso il nuovo che fa del ritor- personaggio: lui esiste per quello ne di guerra mondiale (1971), un no un passo in avanti, inventando che è, per come sono i suoi film, film coprodotto dall’Armata Rossa una traiettoria libera dell’esisten- per le scelte politiche che ha pre- Giapponese, compresa la stessa te. Sono due concetti diversi in so e che continua a prendere. Per Shigenobu Fusaku. Il film è girato un solo movimento, un po’ come i le nuove generazioni giapponesi, nella valle della Bekaa, al confine quelli di finzione e di reale. che fanno parte dei movimenti no con Israele, nei campi dei profughi global, Masao Adachi è una figura palestinesi. Quando Adachi tor- Che sono anche i due estremi tra cui carismatica. Perciò lui ti dice: “Le na in Libano per girare la seconda si pone il racconto dei tuoi protago- cose erano come ve le racconto”. parte del film rimane lì - tra l’altro nisti, May e Adachi. Tra May e lui c’è una distanza ge- va ricordato che questa è la parte Nel caso di May ci sono cose che nerazionale ma soprattutto una andata distrutta nei bombarda- lei non dice o che preferisce ri- profonda differenza di prospettiva. menti avvenuti durante la guer- cordare in modo più bello, quasi ra civile. Nel frattempo lui però è fossero un racconto d’avventura. C’è poi il discorso del cinema. Ma- già entrato nella lotta armata... Tra Negli anni, come dicevo, ha ela- sao Adachi non separa il fare-film e questa scelta e il cinema non c’è borato una sua rappresentazione la politica della rivoluzione; anzi la differenza, sono un terreno di spe- pubblica che controlla con estre- ricerca di uno sembra il compimen- rimentazione reciproca. A un certo ma attenzione. Spesso nei suoi to dell’altra. punto nel mio film dice: “Io resto al ricordi ci sono dettagli che non Sì, per lui non esiste la dicotomia cinema, sennò cosa rimarrei qui a sono veri, ma tutto questo fa parte che può esserci, per esempio, in fare? Il reale mi interessa in questo anche del modo in cui è cresciu- Godard. Questa posizione radicale momento...” Questa presa di posi- ta, del fatto che sin da bambina è lo ha spinto a scelte molto estreme zione è stato un riferimento fonda- stata costretta a inventare una se nel suo impegno. C’è una grande mentale per il mio lavoro. stessa sempre diversa, e a non dire forza e una bellezza speciale nella nulla della sua famiglia, di dove vi- sua persona. Godard va in Palesti- A cura di Cristina Piccino La nebbia TORINO del tempo Conversazione con Martín Boulocq, Torino 2011

o dice spesso, Martin Boulocq, ni quasi astratte, con il paesaggio quadro impressionista, Boulocq L regista trentenne di Los viejos, duro e selvaggio delle alture an- non sottolinea, bensì suggerisce, che il suo paese ha la memoria dine reso etereo da una fotogra- evoca, distorce le immagini e le corta. Si tratta della Bolivia, uno fia desaturata e fredda, votata a immerge in una luce lattea: il suo dei tanti stati del Sudamerica che immergere paesaggi e persone in panteismo non è diverso da quel- negli anni settanta subirono il gio- quella che da Errol Morris in poi lo di Apichatpong Weerasethakul, go della dittatura militare e il po- abbiamo imparato a chiamare nel- per quanto manchi di spiritualità tere eterodiretto del Plan Condor, la sua vaghezza la «nebbia della e dialogo con una dimensione al- e negli anni a venire, una volta tor- storia». C’è il passato alle spalle tra. Ciò che gli interessa è cogliere nata la democrazia, hanno rimosso dei protagonisti di Los viejos, con i resti di un mondo perduto nella i traumi del passato in nome di una un ragazzo che torna a casa dopo memoria, vivo nei luoghi e nelle coesistenza pacifica ma impossibi- un misterioso esilio durato anni e persone che lo abitano, lasciando le, mutilata dalla violenza ai danni una famiglia distrutta impreparata ai silenzi e ai vuoti il compito di degli oppositori, dagli arresti, dal- ad accoglierlo. A ricordare il peso raccontare per sottrazione un pas- le sparizioni, dagli esili. È la Boli- del passato interviene il materiale sato avvolto dall’oblio. via, ma potrebbe essere l’Argenti- video d’archivio, con le immagini E nell’incidere calmo ma inesora- na, l’Uruguay, il Cile: un continente delle deportazioni di oppositori e bile del tempo, Los viejos, con un intero, insomma, che a distanza di l’estratto sonoro di un discorso del approccio quasi astratto che si ar- trent’anni da quegli eventi solo da dittatore Banzer. Ma nel presente ricchisce di connotazioni politiche, qualche tempo, anche grazie al ci- raccontato da Los viejos il confine racconta con intensità, poche paro- nema, ha cominciato a fare i conti temporale è incerto, la realtà sem- le e un’inattesa illuminazione fina- con quella storia. bra un limbo di ricordi, una gene- le, il destino di una nazione che ha Boulocq non è Larraín, e soprattut- razione è perduta (sono i padri a rinunciato al presente per dimenti- to Los viejos non ha la sofferta fisi- mancare, nella Bolivia emersa dal- care il passato, e ora può solo spe- cità di Tony Manero e Post mortem. la dittatura) e un’altra non sa come rare in un futuro di rinascita. Al contrario, è un film di suggestio- ricominciare a vivere. E come in un R.M. 58

Los viejos è un film sulla memoria Fai parte della generazione arrivata indefinita. Dall’altro, volevo- af perduta di una nazione: un tema in dopo la dittatura: è da questa sensa- fogare il tempo presente in una sintonia con l’ossessione contem- zione di oblio che nasce il tuo film? nebbia che sfuma i contorni, che poranea per il passato, che però in Io sono nato nel 1980 quindi non immerge persone e cose in un questo caso, come forse per l’intera l’ho vissuta direttamente, ma ne sentimento di vaghezza. America Latina, si arricchisce di si- ho sperimentato le conseguenze. gnificati politici… Come dicevo, in Bolivia non si e Viene dunque da qui la scelta sti- Per iniziare vorrei dire che appar- parlato molto di questo periodo, e listica, soprattutto per quanto ri- tengo alla generazione nata dopo di conseguenza non se ne ha me- guarda la fotografia, di raffredda- la fine della dittatura. In America moria; lo si e tenuto come nasco- re i colori e generare una continua Latina ci sono state diverse ditta- sto, sepolto. Nel mio film ho cerca- atmosfera opaca? ture militari tra la metà degli anni to di rendere questo fatto creando La prima scena del film, con il pae- sessanta e l’inizio degli ottanta e l’idea di un passato occulto, di cui saggio andino, brullo e selvaggio, la Bolivia non ha fatto eccezione. non si parla direttamente, e che e immerso nella nebbia funziona Dal 1964, anno del colpo di stato presente nella vita delle persone da introduzione al racconto e crea del generale Ortuño (il mandante come conseguenza emotiva, psi- un’atmosfera che sarà mantenuta dell’uccisione di Che Guevara nel cologica, e mai come residuo rea- lungo l’intero film, non solo come 1967, ndr) all’inizio degli anni ot- le. Il protagonista è un reduce, ma sfondo paesaggistico, ma anche tanta, con la fine della dittatura non è specificato di cosa, e questa come riflesso di una condizione più longeva, quella del generale incertezza sul suo passato credo esistenziale comune. Anche il Hugo Banzer, e i suoi strascichi con sia una metafora abbastanza effi- paesaggio, comunque, ha la sua il governo di García Meza, la Boli- cace di quello che è successo alla importanza, perché le montagne via ha vissuto anni di governi auto- società boliviana. della Bolivia, inospitali e grandio- ritari e nazionalisti, durante i quali so, mi hanno aiutato a dare il sen- sono stati commessi gli stessi cri- Lo stesso si potrebbe dire dell’in- so di oppressione che cercavo. mini perpetrati in altri paesi, come certa collocazione temporale del- l’Argentina, l’Uruguay o il Cile. la vicenda: sembra ambientata ai E poi ci sono gli specchi, le inqua- Operando però con l’appoggio di giorni nostri, eppure gli anni del- drature sfuocate, le immagini di- gran parte della popolazione, que- la dittatura sono ancora vicini. È storte, con la lente da cinemasco- ste dittature non sono state af- come se ci trovassimo in una sorta pe applicato al 4:3, che ricorda il frontate con la giusta distanza una di eterno presente? cinema di Sokurov… volta terminate, e negli anni della Volevo che lungo l’intero film Vero, non posso non riconoscere democrazia non sono state mai ri- scorresse una sensazione di in- l’origine della mia ispirazione… In conosciute responsabilità e colpe, certezza. Da un lato non volevo ogni caso, l’idea della distorsione generando una sorta di rimozione rappresentare il passato attraver- deriva a sua volta dalla presenza collettiva. Basti pensare che il ge- so la parola o la ricostruzione, ma costante nel film di specchi: sono nerale Banzer è tornato al potere attraverso il lavoro sul suono e le specchi che riflettono i miei per- a metà degli anni novanta, questa immagini d’archivio, creando una sonaggi snaturandone il fisico, volta eletto democraticamente. tensione, soprattutto temporale, allungandoli in modo innaturale. 59

Tutto ha lo scopo di rendere in gini rende ancora più giustificata quel caso era rappresentato da un termini visivi l’incertezza tra pas- l’atmosfera sfocata del tuo film, elemento concreto, una Volkswa- sato e presente. Tra le due dimen- come se non osassi avvicinarti gen degli anni sessanta di cui il sioni temporali non c’è una chiara alla sconvolgente drammaticità di protagonista cerca in tutti i modi linea di demarcazione e l’im- quelle scene, di quei volti, di quei di sbarazzarsi. La metafora era magine metaforica dello spec- paesaggi carichi di morte? evidente… chio rende proprio la doppiezza Le immagini che si vedono all’ini- Vero, e in tal senso Los viejos è un dell’immagine del tempo, che e zio del film sono state girate nel film molto più maturo e ragiona- distorta perché riflette l’assenza 1971 da uno straniero; per mol- to. Nel mio primo film c’era una di una divisione precisa, l’incapa- to tempo sono poi curiosamente dimensione intimista e nostalgi- cità dei personaggi di superare i sparite. Non molti anni fa sono ca, legata soprattutto ai ricordi di traumi che ancora condizionano state ritrovate in un archivio pri- ciascun personaggio, alla malin- le loro vite. vato e ora sono di dominio pub- conia per la felicità dell’infanzia blico, ragione per cui ho potuto e alla difficoltà dell’età adulta. Quindi il titolo del film,Los viejos, inserirle nel film. È vero, comun- In Los viejos, invece, c’è un sen- i vecchi, ma anche i genitori, visto que, sono un documento ecce- timento collettivo, un’idea di che il titolo internazionale è The zionale: a partire dall’anno in cui abbandono che è data dall’at- Parents, svela l’identità incerta di furono girate, visto che coincido- mosfera, come se il passato una nazione senza padri? no con le prima azioni criminali non fosse più da racchiudere in Non è un caso che nel film il pro- della dittatura di Banzer. qualcosa, ma fosse una presenza tagonista venga dal nulla e ritorni tutt’intorno. in una casa dove nulla è cambia- E il discorso politico che si sente più to. Nessuno dice da dove viene, avanti da dove viene? E poi finalmente c’è la liberazione. dove sia stato durante gli anni Il discorso che ho inserito nel film Il finale è una liberazione? della sua assenza e soprattutto è l’ultimo tenuto da Banzer, nel Ecco, forse il finale del film - con perché se ne sia andato, se per settembre del 1980: in sostan- Toño e la cugina che ritrovano la cercare lavoro, se per essere pu- za il generale dice al suo popolo voglia di stare insieme e la mu- nito per la relazione con la cugina che chi non fosse stato d’accordo sica che li accompagna - viene o perché estradato dall’esercito. con la dittatura, avrebbe dovuto dal mio film precedente. O forse Toño non esiste.Forse non è mai abbandonare il paese. L’ho inseri- riporta tutta la vicenda a una di- esistito. Il padre è un padre adot- to a metà del film per mantenere mensione privata, nella quale gli tivo e della madre non si parla costante l’idea di una presenza individui possono ricominciare mai; la relazione con la cugina estranea che grava sui personag- a vivere. La scelta della musi- è autentica ma al tempo stesso gi, che impedisce loro di liberar- ca «dance», e prima ancora la impossibile, da condannare; e il si del passato e che soprattutto battaglia di cibo in cucina, sono bambino che la donna alleva da li considera stranieri nel proprio momenti molto forti: spezzano sola non fa che perpetrare l’idea stesso mondo. Nel momento in cui la monotonia visiva e sonora del di un mondo senza padri. I vecchi, si sentono le parole di Banzer si film, riportando vitalità e spe- i genitori, sono proprio ciò che vede Toño vagare tra i filari di una ranza. Avevo bisogno di una rot- manca ai personaggi del mio film. vigna, dando quasi l’idea di essere tura, di qualcosa che riportasse prigioniero di un labirinto… il presente alla sua realtà, senza Forse perché i genitori sono mor- comunque preoccuparmi se quel ti sotto la dittatura, come si vede Nel tuo film precedente, l’opera tempo sia oggi o la metà degli nel frammento di «found foota- prima del 2005 Lo más bonito y anni ottanta. ge» che monti all’inizio del film? mis mejores años, il passato ave- La potenza visiva di quelle imma- va già un peso molto forte, ma in A cura di Roberto Manassero ROTTERDAM Una favola per adulti Conversazione con Dain Said, Rotterdam 2012

el contesto del cinema del- conosciuti come «film nazionali» sul loro padre padrone, maestro n la Malaysia, Bunohan di Dain – e godono di incentivi governativi del «wayang kulit», il teatro Said è un oggetto insolito. In anni alla produzione, uscite protette e delle ombre malese-indonesia- recenti, le platee festivaliere han- sgravi fiscali. Un panorama, quindi, no. Intriso di elementi della tra- no conosciuto una «new wave» che vede produzioni indipendenti dizione locale (miti e leggende del paese del sud est asiatico girate in altre lingue, acclamate in- fanno da sostrato a e nutrono fomentata dall’utilizzo delle vi- ternazionalmente, ma invisibili in una narrazione aperta verso la deocamere digitali. Una «new patria, contrapposte a produzioni commistione con il meraviglio- wave» i cui principali esponenti commerciali girate in malese e con so), Bunohan riflette in maniera sono cinesi di Malaysia (Woo Ming il supporto di fondi statali. Il film inusitata sull’identità malese, Jin, Yeo Joon Han, Tan Chui Mui, di Dain Said (che nel 2007 aveva tra tradizioni animistiche e in- Ho Yuhang, Liew Seng Tat, James girato l’horror Dukun, bloccato e duiste pre-islamiche (che ispira- Lee) o, in un caso (Deepak Kuma- reso invisibile dalla produzione no il «wayang kulit», di cui il pa- ran Menon), indiani di Malaysia. in un clamoroso caso di «censura dre del film è maestro, ma che la Registi influenzati dal cinema preventiva») rompe questa dico- cui arte non potrà tramandare ai d’autore internazionale che, per tomia. Girato nello stato setten- figli – legame reciso per una tra- restituire la realtà del proprio vis- trionale del Kelantan, al confine dizione a rischio di scomparsa) suto, hanno girato i propri film in con la Thailandia, nel dialetto ma- e l’avanzare di una modernità lingue cinesi, indiane o in inglese, lese locale (e quindi supportato che minaccia un paesaggio (di creando opere apolidi. Dagli anni da fondi di stato), Bunohan utiliz- bellezza incommensurabile, tra settanta, infatti, in Malaysia (pae- za elementi di genere (thriller e sabbie bianchissime e cieli cupi, se multietnico dove sono in vigore action) per raccontare una vera e gravidi di piogge monsoniche) controverse leggi che favoriscono propria tragedia shakespeariana, che è il vero santuario dello spi- la maggioranza malese versus le incentrata su tre fratelli, figli di rito, della cultura e dell’identità minoranze cinesi e indiane) solo i due madri differenti, che si ritrova- di una gente. film girati in lingua malese sono ri- no a tornare al villaggio natale, e P.B. 61

Come nasce Bunohan? arrivato sullo schermo. pat. Si tratta di una piccolissima Non vi è stato un momento deci- Ci sono poi elementi reali che città al termine della linea ferro- sivo, penso che alcune idee siano hanno contribuito alla nascita del viaria dove sono cresciuto. Qui mi nate quando stavo lavorando ad film. Le lagune di mangrovie, han- ritrovavo, più di trent’anni dopo, un cortometraggio documentario no anch’esse dato forma a parte negli scenari della mia infanzia. che aveva come protagonista un della storia. In fase di scrittura, Sulla strada per Tumpat c’era que- paziente di AIDS. Verso la fine del infatti, ho passato del tempo lì, sta città che, come ho scoperto in progetto, l’uomo mi ha confessato facendo ricerche e lavorando alla seguito, era famosa per gli assas- che per tutta la sua vita - o quasi - prima stesura. sinii. Ero ovviamente allettato da era stato un assassino a pagamen- questa prospettiva e già sapevo to. Il suo personaggio e altre idee Bunohan è anche un luogo reale? che avrei usato questo nome nel hanno circolato nella mia mente Puoi dirci qualcosa sul contesto ge- mio film, ma non senza trepida- per un po’. ografico in cui si situa il film? zione, poiché le persone possono Un’altra fonte d’ispirazione – Tutto è nato per caso. Il nome «Bu- diventare suscettibili. come spesso mi accade – è arriva- nohan» continuava a saltar fuori Da bambino, sono cresciuto al ta dalla musica. Per quanto strano in una conversazione che ebbi con confine nord orientale della Ma- possa suonare, stavo riascoltando un vecchio signore. Ero confuso laysia con la Thailandia, e per una delle mie interpreti preferite, e non capivo di cosa stesse par- me ritornarvi è stata una sorta Patti Smith, e quando Gloria e Hor- lando, finché non gli ho chiesto di epifania. Erano le «badlands» ses sono iniziate, ho visualizzato di spiegarsi meglio. Egli allora mi della Malaysia, nella maniera in alcune immagini del film: l'inizio ha spiegato che stava parlando di cui il Messico lo era per i perso- e la fine. L’apertura è ancora lì in una città o di un villaggio chiama- naggi di Sam Peckinpah: il luogo Bunohan mentre, per ragioni di to Bunohan, la cui traduzione dal dove la vera libertà poteva essere budget, il finale - una sequenza malese è «omicidio». Per ironia raggiunta. Per il cinema italiano documentaria del rituale sciama- della sorte, stavo per ambientare immagino possa essere la Sicilia, nico di guarigione, che abbiamo alcune scene in una città a dieci dove il lungo braccio della legge si effettivamente girato - non è mai minuti di distanza, chiamata Tum- ferma tra paesaggio, dialetto, tra- dizioni e culture. Il film è ambientato nelle paludi di mangrovie presso la costa nord orientale della Malaysia – un luo- go che per molti versi è ancora Far West. Ho sempre percepito queste paludi come un luogo primordiale, un ambiente ideale per una storia di rivalità fraterna, omicidio e parricidio. La scelta di girare nel periodo dei monsoni era deliberata. Volevo conferire un lato oscuro al paesaggio – quasi diventasse un correlativo emotivo del film – e solo il tempo atmosferico poteva fornirla. Per- ciò ho insistito affinché girassimo alla cuspide del monsone, foriero di nuvole cupe e oscure.

Il film fa largo uso di miti, rituali e superstizioni locali. Avevo già girato un paio di altri progetti nella stessa zona, cono- sciuta come le lagune di Setiu. In anni di ricerche ho raccolto ogni tipo di storia legata a questi luo- ghi. Tra queste c’era quella di una donna sciamano che, nel mezzo della performance di un ritua- le drammaturgico di guarigione 62

noto come «Mak Yong», mentre gente che vive la propria storia at- cessario che i loro percorsi ag- era in trance, si è trasformata in un traverso una percezione del tem- giungano profondità al disegno. coccodrillo bianco. È stata la mia po molto diversa da quella linea- Detto in altri termini, i personaggi produttrice, Nandita Solomon, con re dell’Occidente. Essi danno per sono essenziali nel coinvolgere gli la quale lavoro a stretto contatto, scontata la simultaneità di pas- spettatori, proprio grazie alla loro che mi ha suggerito di intrecciare sato, presente e futuro. A questa universalità. Per questo spero che questa storia alla trama del film. visione sincretica concorre anche in tutto il mondo gli spettatori ri- Ho capito immediatamente che la presenza del cinema accanto a conosceranno la natura archetipi- aveva ragione, perché stavo cer- forme più primitive di narrazione, ca della storia. cando gli ingredienti per espri- come il teatro delle ombre. mere le credenze animistiche, che Le interpretazioni degli attori nel avevo già cominciato a intessere I personaggi dei tre fratelli e del film sono tutte notevoli. Puoi dirci nella storia tramite altri elementi. padre sono nitidamente tratteg- qualcosa sulla scelta degli attori e Il film parla della violenza che giati attraverso sceneggiatura, re- sul lavoro con loro sul set? esplode in una storia di rimpianto, citazione e messa in scena. Diresti Sin dall’inizio avevo immaginato perdita e desiderio tra tre fratel- che rappresentano dei personaggi gli attori che volevo per il film. li e un padre. Per rendere viva la universali che trasmettono tratti Sono stato fortunato perché tutti più ampia tela della storia, dove specifici della natura umana? hanno accettato e si sono impe- le credenze di una comunità sono Grazie per averla messa in questi gnati nel progetto. Tra questi c’è rese manifeste nell’ambiente cir- termini. Per me, la buona scrittura chi, come Nam Ron, (il mentore di costante, avevo bisogno di creare e i grandi film presentano sempre Adil il fratello «kickboxer»), è an- un mondo di magia nera. Come in molteplici livelli di lettura. So che che cineasta. Nam Rom gestisce una favola per adulti. ciò è ovvio in certe culture, ma in un gruppo di teatro sperimentale Era importante esprimere come Malaysia, se si eccettuano i film – i cui allestimenti amo parecchio. nella nostra cultura modernità e prodotti dalla Da Huang, c’è anco- È stato in uno dei suoi spettacoli tradizione coesistono o si scontra- ra bisogno di molto lavoro. che ho notato Zahiril Adzim, che no l’una con l’altra. Il quadro più Se le storie hanno a che vedere ha interpretato Adil, e Amerul Af- ampio è fornito da una comunità, con le vite dei personaggi, è ne- fendi, che è Muski, l’amico di Adil. 63

Dal momento in cui li ho visti ho visto e amato alcuni film coreani ogni esterno, ne avevamo altri tre deciso di contattarli non appena o i film di Iñárritu. Avevo rivisi- di riserva. ne avrei avuto l’occasione. E non tato i film di Jean-Pierre Melville Per mantenere un aspetto coe- mi sbagliavo. come pure gli spaghetti western. rente, ho dovuto tagliare alcune In Zahiril, ho visto una persona Ma io stesso fatico a vedere come delle location che mi erano care forte, ma vulnerabile. C’è qualco- tutti questi influssi siano filtrati come anche alcune scene che sa di tragico in lui, come se fosse in Bunohan. volevo avere. Per essere più pre- già condannato, proprio come an- Per quel che riguarda i riferimen- ciso - e non l’ho detto a nessuno che l’attore Faizal Hussein, che in- ti letterari, ho sempre avuto una - avrebbero dovuto esserci altre terpreta il fratello maggiore Ilham, predilezione per gli scrittori pulp, tre o quattro scene in cui il tempo l’assassino. Sebbene differente, la e per la maniera in cui sviluppano si sovrappone, ambientate sulla sua fisicità nasconde una qualità i loro giochi di parole, in partico- spiaggia della sequenza d’apertu- tragica, giacché la sua corporatura lare nei film noir, dove i dialoghi ra, dove la storia del film interseca non è robusta, ma esile e nervosa. sono sarcastici o velati. e si sovrappone con il viaggio dei Appare consumato dalla sua pro- fessione e, in qualche modo, per- so a Bunohan. Come un bambino che cerca i ricordi della madre e la sua presenza nelle ossa e nelle tombe del villaggio natale e che invece trova solo il suo senso di perdita e rimpianto. Durante tut- to il processo di scrittura, Ilham era il personaggio di cui sapevo di più, mentre il fratello malva- gio, Bakar, il maestro di scuola e uomo d’affari, era quello meno definito. Sono quindi molto grato d’aver trovato l’attore Pekin Ibra- him, che era capitato nel nostro ufficio per fare il provino per un altro ruolo. Avendo lavorato con la maggior parte di loro in precedenza, sape- vo che, una volta che ci fossimo immersi nelle prove, tutto sareb- be cresciuto organicamente. Non mi piace provare troppo, così da lasciare spazio sul set ad ulteriori sviluppi. Non volevo che gli at- tori si sentissero limitati durante narratori/sciamani che vediamo le prove e che poi portassero tali Bunohan è un film piuttosto spe- nella sequenza di apertura. Vole- limiti sul set. Anche perché poi ciale, che non rientra nelle conven- vo che queste scene contribuisse- c’era da fare tutto il lavoro sulla zioni del cinema della Malaysia; è ro a dare il senso di pienezza e il lingua e sul dialetto; volevo che stato difficile produrlo? brulicare di attività, vita e colori, sentissero i dialoghi come il prin- Avendo deciso di girare nel bel che volevo inserire nella narra- cipale motore delle azioni. mezzo del monsone, la pianifi- zione principale - come un’inter- cazione della parte logistica era ruzione - come lo strappo nello Nonostante i riferimenti a cul- molto importante. Per avere la schermo di tela del teatro delle tura e usi locali, la narrazione di particolare luce che richiedevo, ombre del vecchio uomo, che si Bunohan è modellata secondo i sapevamo di avere una finestra gonfia e fugge nel nostro scher- canoni di una vera e propria tra- di due settimane, all’aperto. Una mo cinematografico e nella nostra gedia. Ci sono influenze letterarie settimana prima e non avrei otte- storia. L’intenzione era di riempi- o cinematografiche? nuto tale risultato; una settimana re il fotogramma fino al punto di Non in maniera consapevole. Ma dopo e saremmo stati rovinati da scoppiare. Questo affollamento ovviamente ognuno porta con sé piogge e alluvioni che ogni anno di elementi diversi era funzionale un bagaglio di riferimenti. Duran- colpiscono quell’area. Alla fine ci a tradurre le condizioni ricche e te il processo di scrittura avevo siamo riusciti, anche perché per controverse della nostra cultura, 64

quella della modernità e tradi- vorrei suonare eccessivamente È strano che tu la metta in que- zione, dell’animismo e Islam, e drammatico, ma durante le ri- sti termini, perché mi è capitato dell’Induismo. Come le storie prese mi sono venute in mente di girare l’intero film in una sor- incorniciate nello schermo del le parole di Jean-Pierre Melville, ta di modalità «effetto notte», «wayang kulit» o teatro delle “Il tuo primo film, devi farlo con come se il tempo fosse eterno ombre, che si sovrappongono il tuo stesso sangue”. e se giorno o notte non potes- con storie che sono incornicia- sero essere distinti. Ma non è te dal nostro schermo cinema- Il kickboxing e il «wayang kulit» una di quelle cose che mi hanno tografico. svolgono un ruolo rilevante nel preso a livello istintivo; quin- Ma il tempo era ristretto, un film; sono da intendersi come di non è rimasta cosi impressa allarme rosso di ciclone ci ave- metafore? nel film. La sospensione della va già bloccato per tre giorni... Sono metafore in quanto creano temporalità è un’arma a doppio Dopo alcune discussioni con un mondo dove la lotta sul ring taglio può affascinare ma anche Nandita e il direttore della foto- ha i suoi codici e la sua condotta allontanare dal racconto. Aven- grafia thailandese Jarin Pengpa- per Adil, Ilham e anche per noi, do già avuto un film che non è nich, sapendo che non potevo e dove la violenza minaccia di stato fatto uscire dai produttori, sacrificare altre scene più im- riversarsi sulla comunità; cosa sono stato molto cauto nel do- portanti, abbiamo dovuto rinun- che succede nella maniera in cui sare questo elemento. Anche ciarvi. Nel complesso, le riprese Bakar - il fratello che ha un to- se non sei il primo a farmelo avrebbero potuto rivelarsi ben tale disprezzo per qualsivoglia notare. Penso che quel che dici più problematiche: avevamo forma di etica - utilizza la pro- abbia molto a che vedere con previsto diverse scene sull’ac- pria violenza morale e fisica per la location: le sabbie bianche qua, abbiamo dovuto raggiun- strappare il tessuto stesso su cui come la carta, che paiono inna- gere certi esterni con piccole teniamo assieme le nostre vite. turali, come pure con il modo in imbarcazioni e abbiamo dovu- cui ho presentato il contesto in to combattere contro le maree. Il film ha nel suo complesso una cui Ilham, il fratello assassino, Siamo riusciti a girare l’ultima qualità onirica, come se molte del- recita il proprio dramma di per- scena di uccisione solo approfit- le azioni avvenissero in un tempo dita e rimpianto, la sua persona- tando della bassa marea: abbia- sospeso. Si tratta di qualcosa che le discesa all’Ade concorrono a mo così potuto piazzare la mac- hai deliberatamente cercato di produrre questa sensazione. china da presa e gli equipaggia- trasmettere attraverso la messa in menti sul terreno fangoso. Non scena di talune situazioni? A cura di Paolo Bertolin Come un treno ROTTERDAM in corsa Conversazione con Jet Leyco, Rotterdam 2012

a fertile coniugazione di im- di cinema spesso provocatorie e cinematografiche e di memoria L pegno politico e sperimen- destabilizzanti – le durate epiche storica, individuale e collettiva. tazione formale/narrativa è uno dei film di Diaz, lo sperimentali- In un affascinante intreccio di im- dei tratti che ha reso il cinema smo post-warholiano di Martin, le magini documentarie e di fiction indipendente filippino dell’ulti- voci over da video diario di Torres, che si maschera da documentario, mo decennio una delle realtà ci- la sfrenata prolificità e impudici- Leyco invita lo spettatore ad un nematografiche più ammirate nel zia di De La Cruz. Sul solco trac- doppio viaggio: quello squisita- circuito dei festival internazio- ciato da questi autori, ora vengono mente sensoriale di un’esperien- nali. Registi come Lav Diaz, Raya a innestarsi nuovi talenti e all’ulti- za visivo-sonora che, con mezzi Martin, John Torres e Khavn De mo festival di Rotterdam uno dei limitati ma totale libertà, rielabora La Cruz hanno saputo riflettere debutti più promettenti è arrivato i motivi d’immagini e rumori con- sulla travagliata Storia e sul non da un giovane che ha fatto il suo nessi alla corsa di un treno e quello riconciliato presente del proprio tirocinio proprio con Diaz e De La metaforico-politico di un’esplora- paese, ciascuno secondo perso- Cruz, Jet Leyco. Il suo Ex Press è zione del tessuto storico e sociale nali idiosincrasie e preferenze di un ricco ed evocativo compendio evocato dal Bicol Express, il treno gusto che, attraverso l’uso del di- sull’immagine della ferrovia e del che ha ispirato il suo estro creativo. gitale, si sono espresse in forme treno, come catalizzatori di forme P.B. 66

Prima di trattare del tuo film, vor- Ho poi lavorato come assistente rumore era fortissimo e sorpren- rei sapere come hai cominciato a di produzione in Melancholia - vi dente. Manila-Bicol è un viaggio fare film? ho anche partecipato come com- di 14 ore. Il treno si fermò a qua- Durante il secondo anno al corso parsa. Quasi tutto quel che avevo si tre ore dall’ultima stazione. Era di laurea in Comunicazione presso bisogno d’imparare, l’ho appreso mattino quando ho sentito che gli la Far Eastern University - dove poi durante quelle riprese. Lav Diaz altri operatori dei media stava- mi sono laureato - ho scoperto il è una delle mie fonti d’ispirazio- no correndo a riprendere il treno potere del concatenamento del- ne. Guardando al suo modo di la- deragliato a causa delle piogge. le immagini grazie ad un corso di vorare con un piccolo gruppo di In quel momento, ho pensato che base di montaggio. All’epoca, non persone, amici e collaboratori di quell’incidente potesse fungere avevo alcuna idea degli elementi lungo corso, ho deciso che avrei da trama per un cortometraggio. del cinema, la mia passione era il cercato di seguire la stessa strada, Lo spunto era ancora molto con- teatro. Con i miei amici, abbiamo perché penso che io e i miei amici fuso. Ho poi chiesto al coordina- iniziato a riprendere qualsiasi im- condividiamo lo stesso gusto nel tore di produzione, Don Fulgado, magine ritenuta bella o sorpren- cinema. e al cameraman, Nestor Depositar, dente. Le montavamo, ci mette- Al quarto anno di università, sono di recitare nel film, senza sapere vamo della musica, e realizzava- stato inviato all’University of Sou- quali fossero le loro motivazioni. mo saggi filmici o composizioni thern California per un laboratorio Erano dei non-attori, quindi ho visive. Giravamo e assemblavamo di cinque settimane su Sceneggia- pensato che la cosa migliore fos- senza pensare a regole, teorie e tura e Produzione Cinematografi- se avvalersi delle emozioni che alle persone che avrebbero amato ca, sponsorizzato dal Dipartimen- in quei momenti erano nel loro o odiato i nostri film. to di Stato degli Stati Uniti. È stata animo Avevo messo in piedi due Al terzo anno di università, avevo una grande opportunità per colla- progetti in parallelo: un documen- già iniziato a guardare film inter- borare con altri studenti di cinema tario per la televisione e un film nazionali, soprattutto cinema in- da diverse parti del mondo. senza sceneggiatura. Questo è quanto. Non sapevo se il Cosa ti ha portato prodotto finale sarebbe stato un ad interessarti del- lungo o un cortometraggio, una la «Bicol Express»? fiction o un documentario. Nel bel Perché hai pensato mezzo delle riprese nel Bicol un che poteva essere il uomo mi ha avvicinato. Sapeva soggetto di un film e che venivo da Manila e che ero un come hai sviluppato rappresentante dei media. Mi ha tale spunto? raccontato la storia di un brutale È stata una casuali- agente di polizia ferroviaria, e di tà. Nella vita di tutti come costui uccidesse le persone i giorni, mi occu- che tiravano sassi al treno negli po di un program- anni ottanta e novanta. Ho pensa- ma documentario to che la storia fosse una sorta di chiamato Patrol ng leggenda urbana. Ma poi, ho com- Pilipino, dove se- preso che si trattava di qualcosa di guiamo dei reporter diverso, connesso con la società mentre realizzano i in cui viviamo. La storia aveva il loro servizi. All’epo- suo spessore. Ho pensato che non ca, mi era stato as- si trattava giusto di un massacro dipendente europeo, americano e segnato di seguire Zen Hernandez compiuto da una mente malata. asiatico. Ho anche scoperto i film il cui compito era quello di fare un Così ho voluto ricrearla, attraverso di Rox Lee, John Torres, Lav Diaz reportage sulla «Bicol Express» - è sogni e ricordi con l’estetica del e Khavn De La Cruz. Da quel mo- un treno di seconda mano rinno- documentario e del mio genere mento, ho compreso che il cinema vato nelle Filippine che fa la tratta preferito, il cinema sperimentale. è davvero vasto, come ogni altra andata e ritorno da Manila al Bicol. forma di arte. A inizio 2008, ho Ho passato la prima notte in treno Quale è stato il budget del film e fatto il mio tirocinio con Lav Diaz dormendo. Di notte, a momenti, si come l’hai racimolato? Quanto sono e Khavn De La Cruz grazie ad una sentiva il rumore di pietre che ve- durate riprese e post-produzione? mia ex-compagna, Kristine Kin- nivano tirate contro il treno. Era la Il film non ha attraversato una fase tana, che nel frattempo lavorava prima volta che viaggiavo su quel di pre-produzione perché era un come manager di produzione per treno. Non so perché quella notte documentario, eccezion fatta per entrambi i registi. delle persone tirassero pietre. Il la parte con i gemelli Paliparan e il 67

paesano (Jose Mariano De La Cruz) menti o le sperimentazioni con il che modo, riflette qualcosa della per cui ho scritto una sceneggiatu- materiale che ho girato. Che sia un società o delle persone attorno a ra. Ho passato il mio tempo a mon- documentario o un film di finzio- noi. E io penso che confondere i tare e a scrivere la sceneggiatura ne, penso sempre all’estetica più confini tra documentario e fiction delle sequenze d’intervista, ad adatta per tale storia. Ex Press non ottenga lo stesso effetto. Forse analizzare gli eventi e la relazio- è un film facile per lo spettatore. perché sto ancora esplorando il ne tra le varie sequenze. Ho girato Mia madre mi ha detto che il film è vasto spettro di questa speciale quasi il 70% del film da solo, con troppo lento e lo stesso commen- forma di arte chiamata cinema. la mia videocamera e il treppiede. to l’ho ricevuto da uno dei relatori Le altre scene le ho girate con i della mia tesi. Ma io volevo davve- Il film alterna colore e bianco e nero. miei compagni di classe, la mia fi- ro che il film fosse lento. Si tratta Potresti darci alcuni esempi delle danzata, amici e colleghi - due, tre del carattere del film, perché ri- scelte dietro questa alternanza? persone per ripresa (un fonico, un flette ciò che sta succedendo nel- Queste scelte sono intese per incaricato del dietro le quinte e un la società delle Filippine in questo spezzare la distinzione tra quel assistente di produzione). momento. Il sistema giudiziario è che è presente, passato o futuro. Le riprese sono state finanziate lento. Quando c’è un problema le Il film è come una macchina del dalla paga ricevuta per le riprese persone lo risolvono, ma non im- tempo. Quando la realtà irrompe di due giorni nel Bicol, all’incirca parano da esso. Ex Press è connes- nella sala, sembra che tu stia an- 350 dollari USA. Sono stati spesi so al processo di sviluppo delle cora sognando. Non perché il film per pasti e onorario dei quattro Filippine: impariamo, poi dimen- sia una via di fuga, ma perché è attori principali (che sono anche tichiamo; ripariamo le cose, poi le anche una forma di meditazione, miei amici e colleghi di teatro), l’o- rompiamo di nuovo. uno strumento per ricordare il norario delle comparse (i lanciato- proprio passato. Alcune persone ri di pietre e il bambino che corre) Puoi darci qualche informazione sul dicono che il bianco e nero rap- e per la traduzione dei dialoghi tuo approccio nel confondere i con- presenti flashback. Ma lo sono (Kristine Kintana). E ad ogni modo, fini tra documentario e finzione? davvero? Quando penso al mio il biglietto del treno è gratuito per La mescolanza di documentario e passato, i miei ricordi sono a colo- giornalisti e operatori dei media! finzione penso derivi da una sor- ri, che siano malinconici o pieni di Il film è stato girato in tre giorni. ta di reazione al mio lavoro per il felicità. Quando penso al presen- Due giorni sul treno e nell’area del programma televisivo. Avendo lì te, talvolta è a colori, talvolta in Bicol. Un giorno per le tre sequen- l'obbligo di realizzare un docu- bianco e nero. ze di interviste, più le scene sui bi- mentario tradizionale, volevo qui nari a Sta. Mesa, Manila. concedermi la pos- sibilità di esplorare Ex Press mescola elementi di docu- tecniche diverse. mentario, finzione e cinema speri- Siccome poi non mentale. È un film estremamente c’erano possibilità teorico. Puoi dirci qualcosa in me- di ritrovare l’agente rito al tuo approccio? di polizia ferroviaria All’inizio, volevo fare un film nar- o la sua famiglia, ho rativo con una struttura in tre atti. deciso d’immagina- I limiti del budget hanno giocato re la sua vita. Forse contro questo progetto; oggi, però, non ha una famiglia penso che anche se avessi avuto a o forse ce l’ha. Forse disposizione un vero budget l’a- ha dei figli gemelli o vrei comunque fatto nella stessa forse no. Ho anche maniera. Mi piace girare senza immaginato la per- sceneggiatura e credo che offra sona che ha ucciso, grandi libertà espressive. e le amicizie e rela- Sin da quando ho imparato a mon- zioni che sono state tare e a schiacciare il bottone «re- influenzate dalle cord» della videocamera, cinque uccisioni brutali. anni fa, ho realizzato video d'arte Infrangere le barriere tra docu- L’interazione tra immagine e suo- e film sperimentali. Non voglio mentario e finzione per me è come no nel film è potente e spesso in- essere differente a tutti i costi, ma dire la verità attraverso le bugie, ventiva. Talvolta funzionano come trovare la maniera più adatta per o l'inverso. La finzione potrebbe spunto l’uno per l’altro, talaltra si raccontare una storia, per raggiun- non essere verità, potrebbe essere commentano a vicenda e talvolta gere il pubblico attraverso i senti- pura immaginazione ma, in qual- sono in conflitto. 68

Penso al film come ad uno stru- dovuto essere liberi. E invece, sia- che gli venga richiesto. Ho quindi mento «musicale» che trascende mo metaforicamente colonizzati introdotto l’idea che fossero loro le immagini in una forma differen- da quasi ogni cosa intorno a noi. fatte domande fuori campo. In tal te. Il sound design che ho compo- Non possiamo identificare le radi- caso, una possibile soluzione po- sto aiuta a far sembrare le scene ci della nostra cultura. Non siamo teva essere quella di introdurre le più lunghe. Quando montavo le familiari con le nostre stesse tra- domande con sottotitoli. sequenze, ho osservato che Ex dizioni. Cerchiamo di avanzare, Volevo anche rompere la conven- Press ha un suo battito, un ritmo e veloci come un treno, nondimeno zione che regola l'alternanza di una melodia. quasi tutto è lasciato alle spalle. voci tra domanda e risposta - pro- Va anche detto che a causa dei vin- Il percorso è chiaro, le ferrovie prio come accade nella prima in- coli di budget e di tempo (il film sono ora ripulite dalle abitazioni tervista. E poi aggiungere la voce era pensato come prova di tesi per illegali costruite lungo i binari, di un intervistatore avrebbe alte- una borsa di studio), ho deciso di ciononostante ci sono squatter rato il mio progetto di restare fo- usare il sonoro che avevo registra- ovunque, sia in aree urbane sia calizzato sugli intervistati. Senza to sul treno. Lo trovo bello e molto rurali. Avanziamo di un passo e la voce, i personaggi hanno mag- commovente, anche se non è sem- retrocediamo di due. giore spessore, perché ci concen- pre pulitissimo. Ho poi ottimizza- Treno e ferrovia possano attivare triamo sui loro movimenti, reazio- to alcuni suoni e li ho usati come molte metafore; direi però che il ni e maniera di raccontare. sfondo per le immagini al ralenti, motivo principale di Ex Press è ba- sequenze di sogni e di ricordi. sato sull’identità filippina. È la me- In quelle sequenze si vedono delle Un dettaglio aggiuntivo: nella tafora di una società disfunzionale videocamere, ma non sono quelle scena dove intervistiamo il primo che cerca di essere in uno stato di che filmano. gemello, si può sentire il rumore progresso, senza risolvere la pro- Le videocamere sono state usate di un treno che si avvicina. Il per- pria storia di conflitti. È la critica come registratori del suono ma sonaggio (John Elbert Paliparan) dell’evoluzione di una famiglia fi- anche come strumento nella mes- si ferma per un istante, attende lippina verso l’era moderna. sa in scena. Ho usato la videoca- che il treno passi, come se si ri- Ex Press contiene anche la critica mera principale (con grandangolo) cordasse di suo padre (l’agente contro migliaia di violazioni dei come la sola verso cui gli intervi- di polizia ferroviaria). Il rumore in diritti umani che non sono state stati si rivolgessero. Volevo che quella scena è naturale, perché c’è mai punite, dai tempi di Marcos parlassero allo spettatore mentre una stazione del Metro Rail Transit fino alla presente amministra- raccontano i propri ricordi, per far (MRT) lì vicino. Ho usato il rumore zione. È una critica di quella che sentire come se anche noi fossimo del treno non solo come sonoro chiamiamo «Amnesia Selettiva», dei partecipanti. ambientale, ma anche come di- «Emorragia Culturale», perdonia- spositivo che innesca il passato o mo e dimentichiamo. E non impa- Le interviste nel film non sono forse il futuro. Anche il secondo riamo mai. dunque reali; facevano parte di gemello sente il rumore, ma non una sceneggiatura? reagisce. Forse perché è così che Perché hai scelto di non avere una La prima intervista, che inclu- lui reagisce normalmente quando voce reale – e invece solo sottotitoli de la reporter (Zen Hernandez), sente il brusio del treno. – per fare le domande nelle sessioni il cameraman (Danny Piedad) e di interviste? l’uomo (Estelito Lacdao) che ha Alcuni hanno sottolineato la scel- Le interviste in solitaria, come fermato il treno, è l’unica reale. ta del motivo della ferrovia, come quelle ai gemelli, sono intese Le interviste ai gemelli Paliparan, quello del treno, quale chiara me- come dei semi-monologhi. Sicco- come pure a Jose Mariano De La tafora dell’avanzamento della mo- me in quelle scene avevo posizio- Cruz sono sceneggiate. Ho scrit- dernità. Era parte del tuo progetto? nato una videocamera sul set per to le battute dopo aver finito di O diresti che Ex Press è un film più la registrazione del suono, mi sono montare tutte le sequenze docu- specificamente filippino, dove il di- reso conto che dovevo presentarle mentarie, incluse quelle con i lan- scorso politico e sociale innescato come interviste, e non come puri ciatori di pietre e il ragazzo che da quegli archetipi è più connesso monologhi. Quando ho rivisto corre lungo i binari. alla storia (recente) del tuo paese? il girato durante il montaggio, i Il concetto dell’avanzamento monologhi davano dapprima una Hai una risposta alla domanda sul dell’occidentalizzazione è presen- sensazione di documentario, ma perché le persone tirano pietre con- te fin all’inizio. È talvolta un ele- man mano che procedevano senti- tro il treno? mento diretto, talvolta indiretto. vo che si poteva avere l’impressio- Prima ragione: le persone che sca- Siamo stati colonizzati dagli spa- ne che fossero recitate. Nessuno gliano pietre contro il treno erano gnoli, dagli americani e dai giap- parlerebbe così a lungo in quella quelle le cui case lungo i binari ponesi anni e anni fa. Avremmo maniera e di tali argomenti senza sono state demolite a causa del 69

progetto di ampliamento della ran, che è attualmente ricercato vittime sono la famiglia di un ferrovia, di costruzione di pensi- per omicidio plurimo/rapimen- desaparecido. Torture e rapi- line d’attesa o di stazioni. to/tortura di attivisti politici, menti sono esempi di quanto è Seconda ragione: perché sono leader degli studenti e ribelli. capitato a queste persone che stufi del rumore del treno. O forse È noto come «il macellaio». Il combattono per i propri diritti, no. O forse è giusto una tradizio- film si è concluso nel settem- e i diritti dei loro compatrioti. ne, o perché è un treno nuovo, e bre 2011; ma solo nel novembre La casa bruciata rappresenta le quindi hanno un nuovo giocattolo 2011 è stato aperto un fascicolo migliaia di case di squatter che con cui baloccarsi. contro di lui ed è stato emesso il vengono bruciate e l’uso de- Terzo: la mancanza di scolarizza- mandato di arresto. Ora, le auto- gli incendi come un modo per zione e disciplina dà adito a quel- rità gli danno la caccia e anche ricollocarli o rimuoverli dalla la che si potrebbe chiamare un i ribelli sono sulle sue tracce, società. Queste vittime stanno impulso di vendetta. Ad un certo mentre la taglia aumenta. Il cac- ancora combattendo, sperando momento negli anni novanta e ciatore ora è divenuto la preda. di poter ottenere quel che è nei primi duemila, gettavano per- giusto per loro. sino la propria spazzatura contro Sentiamo due volte una voce il treno. Si poteva vedere la coda over femminile che parla dell’as- Perché il titolo è scritto come Ex del treno piena di sacchetti di sassinio del padre, del rapimento Press? plastica riempiti di spazzatura, della madre, e di altre nequizie È un gioco di parole. «Ex-Press» escrementi e così via... compiute contro la sua famiglia (Ex-stampa) o «Ex-Media». e la sua casa. Potresti fornirci Quando stavo girando le prime Paliparan è un personaggio rea- il contesto di questi passaggi? sequenze di Ex Press, sentivo le? C’è della verità nelle storie su Inoltre che lingua è parlata? di essere più un cineasta che di lui? La lingua è il gaelico. Ho un ami- non un giornalista. Ho girato Ex Come ho detto, Paliparan è il co che ha una nipote che è tor- Press per dare risposta ai sen- personaggio di una leggenda ur- nata dall’Irlanda. Ho voluto spe- timenti che ho scoperto, per bana. Non ci sono notizie certe rimentare con la loro lingua. Ex interrogare la mia soggettività su di lui, solo storie provenienti Press vantava già parti recitate in nei Quando ho poi pensato al da quella parte del Bicol. Nessu- tagalog, bikol e lingua di Marawi; titolo come una singola paro- no ha sentito di lui da quando ha in sede di montaggio ho scelto di la, Express, mi sono reso conto accidentalmente sparato ad un adottare una lingua straniera per che avrebbe significato veloce. ufficiale dell’esercito. È fuggito renderlo più diverso. Diviso in due parole, il titolo e si è nascosto in preda al timore Questi specifici passaggi sono acquista un altro significato. di essere lui a beccarsi una pal- un compendio dell’odio di tut- Lo spazio tra le due parole per- lottola in testa. Nel film, ho usa- te le vittime di crimini contro i mette il respiro. to il nome Paliparan come criti- diritti umani, contro ogni ingiu- ca al Comandante Jovito Palpa- stizia e ineguaglianza. Queste A cura di Paolo Bertolin 70 Le cinéma comme autobiographie des autres Portrait de Arnaud Des Pallières

epuis son premier long mé- cinquantenaire solitaire ne cesse conçoit le son et l’image de telle D trage, Drancy Avenir, une en- jamais de raconter des histoires, manière que ces deux éléments quête poétique et philosophique même si parfois, les vies paral- ne soient jamais redondants. Héri- sur les traces de l’extermination lèles de ses personnages ne se tier du travail sur le montage et le des Juifs sur le sol français (1997), croisent jamais, tels les destins son entamé par Jean-Luc Godard Arnaud Des Pallières creuse un d’Ismaël, l’immigré clandestin dans les années soixante, il fait un sillon absolument singulier dans algérien d’Adieu (2003) dont on usage habité de la voix off, que ce le cinéma français. Il occupe une attend durant tout le film qu’il soit dans le très beau film de com- place à la fois massive et décalée, rencontrera la famille de paysans mande Disneyland, mon vieux pays nourrissant son exigence de son auvergnats bouleversée par le natal, parcours inquiet, onirique goût pour la musique et la poé- deuil d’un fils. Si son cinéma est et mélancolique du parc d’attrac- sie, filmant tantôt avec des non- puissamment incarné, il n’est pas tions de la banlieue parisienne professionnels, tantôt avec des sûr qu’il soit toujours peuplé de (2002) ou dans l’histoire d’une acteurs confirmés (Sergi Lopez, « personnages », tant ceux-ci se jeune fille du Dakota du Sud qui a Olivier Gourmet, Laurent Lucas, révèlent parfois figures dépassées disparu il y a fort longtemps, Diane Jean-Marc Barr, Géraldine Chaplin par leur charge métaphoriques : Wellington (2010). De cette évo- ou pour sa prochaine adaptation ainsi des deux couples de Parc cation d’une inconnue au « portrait d’un roman d’Heinrich von Kleist, (adapté d’un roman de John Chee- incomplet » qu’il a fait de Gertrude le Danois Mads Mikkelsen), il al- ver en 2009), dont les patronymes Stein dans Is Dead en passant par terne sans le moindre souci carrié- sont à la fois cocasses et lourds de les émouvants fragments de home riste des essais et des fictions, des sens : les Marteau et les Clou. movies de Poussières d’Amérique, courts et des longs, des projets De l’écriture au montage, Des Arnaud Des Pallières travaille sans initiés par lui et des œuvres de Pallières est pleinement auteur relâche à faire à nouveau exister commande. Seul point commun : de ses films. Parfois en collabora- d’autres vies que les siennes. Le une écriture reconnaissable à sa tion avec les techniciens les plus cinéma comme autobiographie densité poétique et des films qu’il doués du cinéma contemporain (le des autres : voilà une conception définit comme autant de « sculp- preneur de son Jean-Pierre Duret, qui fait mentir tous les clichés sur tures temporelles ». le directeur de la photographie le cinéma d’auteur français. Volontiers expérimentateur mais Julien Hirsch ou le compositeur pas cinéaste expérimental, ce Martin Wheeler), Des Pallières Charlotte Garson

Diane Wellington Si on peut le faire, NYON pourquoi le faire ? Entretien avce Arnaud Des Pallières, Nyon 2012

Nous voudrions commencer avec votre formation avant d’arriver au cinéma. J’ai commencé à travailler au théâtre vers 15 ans. J’ai d’abord essayé d’avoir une formation d’acteur, j’ai ensuite fait des mises en scènes de théâtre amateur. J’ai suivi des formations auprès de personnes comme Christian Rist, qui a été notamment assistant de Strehler. J’ai travaillé avec Attilio Maggioli, qui est un spécialiste de la comédie italienne, et avec Jean-Pierre Sarrazac, qui était en- seignant à Nanterre. A l’époque, ce que je souhaitais, c’était être acteur. En même temps, je me suis mis à faire de la mise en scène, à mettre en place une petite troupe avec Jean-Pierre Rehm. On m’a proposé de passer le concours de la nouvelle Fémis. Je l’ai réussi et j’ai donc suivi le parcours de la Fémis en réalisation en pen- sant quasiment pendant toutes Adieu mes études que rien ne valait le théâtre ; mais à l’occasion d’un film, qui s’appelleLa mémoire d’un une sorte d’emblème : « Si on peut est mon endroit, parce que c’est à ange et qui est le premier que je le faire, pourquoi le faire ? ». la fois un lieu où je contrôle mon revendique, j’ai eu l’impression de temps de travail et le temps de toucher du doigt quelque chose En vous écoutant parler de votre l’œuvre. Et je pense que l’objet dans le cinéma. parcours, nous entendons une commun à tous les films que j’ai résonnance entre deux manières faits, c’est le temps. Evidemment, Comme vous le savez, nous avons d’appréhender la représentation: je fais de l’image, un peu, je fais du suivi votre parcours, à partir de d’une part le théâtre et d’autre part son, un peu plus, mais au fond, ce Gertrude Stein jusqu’à Poussières le travail de montage au cinéma. que je fabrique, c’est des tempora- d’Amérique. Ce qui reste, comme un Je crois que pour moi ce qui est lités, ce sont des objets de temps. trait d’union dans ces expériences le plus commun à tous mes films par ailleurs très différentes, c’est c’est le montage, contrairement à Nous sommes d’ailleurs frappés cette envie d’expérimenter... d’autres qui pourraient dire que, par une certaine unité stylis- Je viens justement de tourner un pour eux, c’est le tournage. Etran- tique, qui est liée au rythme des nouveau film et je me retrouve gement, le tournage, c’est ce qui images, à une certaine lenteur. Il toujours dans la même situation : ressemble plus au théâtre, alors y a quelque chose de l’ordre d’une j’ai toujours l’impression de ne que le montage pour moi est pro- unité temporelle et rythmique pas savoir faire des films. Pour- bablement plus à la croisée de dans tous vos films. quoi ? Parce que je me lance dans mon goût pour la musique, pour la Oui, de la même manière qu’il y a des entreprises en sachant per- littérature, pour la solitude, pour des cinéastes qui font toujours le tinemment que je ne sais pas les la poésie, pour les objets hétéro- même film, qui approfondissent faire. Il y a une phrase de Gertrude gènes et puis de mon besoin de quelque chose, moi je me sens Stein dont je me suis fait comme prendre mon temps. Le montage plus proche de quelqu’un comme 72

Stein, par exemple, qui a écrit des forte qui passe dans les films, dans l’époque, je n’avais pas lus inté- textes pour enfants, des opéras, le rythme du montage des films, gralement les deux livres de de la poésie, des romans. Elle a dans le temps de maturation du Deleuze, Image-temps, Image- voulu absolument tout traverser. travail… Le tournage, comme on mouvement. Je les avais compul- C’est la même chose pour moi. le sait, coûte et il faut aller sés, travaillés, feuilletés, avant Très modestement, j’essaie de ne vite. Je peux aller vite, mais c’est de décider de proposer la ren- pas faire un film qui ressemble à douloureux pour moi, ce n’est contre avec son auteur. Il a ré- un autre. pas très plaisant, je m’en fais une pondu très gentiment en disant : « Je viendrai si les étudiants me posent des questions ». Du coup, j’ai lu in extenso son texte et je lui ai fait une grille d’une ving- taine de questions. Je lui ai dit : « Une des choses que j’attends de vous, c’est que vous démon- tiez cette espèce de cliché atroce, qui nous pourrit la vie, sur le rap- port entre art et communication. » Mon objectif intellectuel de petit combat d’apprenti cinéaste au milieu de l’école était de faire venir quelqu’un qui allait poser une parole d’autorité et faire passer un message qui était un objet de combat quotidien pour moi. Autre chose contre laquelle je combattais, c’est qu’il n’y a ni fond ni forme, il n’y a qu’un rap- port entre une idée et la manière de le dire, et pour un artiste, le fond, c’est la forme. Je pensais à Adieu ce que Peter Brook disait dans un livre qui est une sorte de journal de travail : « Au théâtre il n’y a pas de questions techniques, toutes Ils ne se ressemblent pas mais il y a contrainte. Après, je suis très heu- les questions sont artistiques. » ce rythme… reux de la matière que je travaille, Au cinéma, c’est pareil. Ce que Quand j’ai fait des films très inat- mais le moment de plaisir, de j’aime énormément au cinéma, tendus, les gens qui connaissaient bonheur, c’est le moment de ce moi qui ne suis pas technicien, bien mon travail disaient, en re- qu’on appelle la post-production. c’est que je peux profiter d’une gardant le rythme, c’est-à-dire le espèce d’inexpérience, puisque rapport des images et des sons, Un moment important dans votre la technique ne cesse d’évoluer que ça ne pouvait pas être fait par parcours, c’est la rencontre avec et de changer. Cela permet de quelqu’un d’autre. Je pense que Deleuze. poser des questions aux profes- l’endroit où ce rythme s’imprime A la Fémis, les mardis soir, il y sionnels avec qui je travaille : le plus fortement, c’est évidem- avait des invités. C’étaient des ces questions-là m’inspirent des ment le montage. espèces de conférences pour idées dont les conséquences sont enrichir un peu la vie culturelle toujours des gestes d’art. Parce que c’est un rythme mental… et intellectuelle de l’école et la C’est un rythme profondément culture générale des étudiants, L’intervention de Deleuze a aussi physique… Mais mental et phy- qui était souvent assez limitée. déclenché la question du cinéma sique ont le même sens, c’est On était dans la fin des années 80, comme acte de résistance. quelque chose de très intime. Je et il y avait un poncif qui circulait C’est étrange, parce que c’est une suis quelqu’un d’assez grand, d’as- et qui me mettait hors de moi, et chose qui a pris beaucoup d’im- sez lourd. J’ai un grand corps. J’ai qui était comme un maître-mot portance, et dont on a parlé, mais un gros cœur qui bat lentement. même chez des enseignants de personnellement c’est la partie la Je suis quelqu’un de lent, et évi- cinéma et des cinéastes : « L’art, moins intéressante de l’interven- demment, j’ai une conscience très c’est de la communication ». A tion de Deleuze. 73

Dans quel sens ? a changé dans votre rapport à C’était quasiment de l’informa- Au sens où les artistes seraient for- Deleuze, au moment où vous avez tique, ce n’était pas du tout tactile, cément des résistants. Je pense qu’il capté sa parole, son corps ? Vous c’était extrêmement laborieux, y a de grands artistes de l’envers de aviez lu le texte avant, est-ce qu’il puisqu’il s’agissait de monter la résistance. On peut résister et on y a quelque chose qui se joue au un discours. Monter, cela voulait peut aller dans le sens du courant. moment du tournage ? dire garder ou ne pas garder des On peut faire du karaté et de l’aïki- Quand on a tourné l’enregistre- phrases, à quel moment changer do, mais je pense qu’il n’y en a pas ment de la conférence de Deleuze, de caméra. J’avais commencé à une qui est meilleure que l’autre. on était au tout début de la mani- monter lorsqu’on nous a envoyés pulation de la vidéo. C’était très faire un stage d’été, où il s’agissait Est-ce qu’il y a quelque chose qui rebutant de monter en vidéo. de filmer le corps, la danse. Au re-

Is Dead 74

tour, j’apprends que le film sur De- absolument en parfaite coïnci- c’est autre chose. leuze non seulement a été monté dence avec ce qu’étaient mes Dans mes films, c’est souvent dans notre dos – alors que je me problématiques à moi. D’où le l’image qui explique le son. J’aime sentais déjà auteur de ce film – fait que probablement pour moi, beaucoup inverser les rapports, et par un intervenant vidéo qui s’ap- c’est un des films les plus intimes souvent le son raconte plus l’his- pelle Philippe Bernard qui n’était que j’ai fait, où je suis dans une toire, et l’image est comme une qu’un encadrant, mais qu’il avait espèce d’identification et d’ac- sorte d’accompagnement, d’am- été déjà diffusé à la télévision, sur cord parfait avec tout ce qui se biance, par exemple c’est une des Océaniques... Et là il y a eu une dit, y compris la manière, fausse- opérations que j’essaie de faire espèce de frustration énorme. Et ment naïve, de le dire. dans Drancy Avenir. L’image et le les rushes ont été perdus. son ne racontent pas la même his- Il y a souvent un manque de corres- toire, plutôt l’un explique l’autre. Dans votre travail, prenons par pondance entre ce qui est montré Vos yeux et vos oreilles ne font pas exemple Is Dead ou Gertrude et ce qui est dit, une absence de la même chose, et dans le cinéma, Stein, il y a un rapport avec la lit- continuité entre image et son. il faudrait qu’ils soient inféodés térature. Je monte l’image et le son en en permanence ? C’est comme en Pour ce film, j’ai fait une chose très même temps, j’ai toujours lutté montage, Godard s’est amusé à le simple : j’ai lu tout ce dire, une machine-maîtresse est que je pouvais lire de une machine esclave. A l’époque Gertrude Stein et j’en où je faisais Adieu, je me suis ren- ai gardé tout ce que du compte de la richesse d’avoir je trouvais intéres- une espèce de rapport démocra- sant comme matière tique, égalitaire entre l’image et autobiographique. le son, de les avoir exactement au L’idée était de racon- même niveau, à la même valeur, à ter sa vie, mais de la la même force – avec évidemment raconter en faisant des irrégularités –, et j’ai toujours connaître son texte. pensé que la chance du cinéma, La vie des gens n’est c’était la rencontre inattendue pas toujours très inté- entre l’image et le son. ressante, ou en tout cas elle a un rapport Ça se ressent assez fortement dans très faible que les au- la séquence d’ouverture d’Adieu, teurs écrivent. Et j’ai sur la musique de Martin Wheeler toujours pensé que et dans Disneyland, qui est com- c’étaient les phrases plètement saturé, c’est comme si qui étaient intéres- on était dans votre corps. Comment santes. Alors, je fais un portrait, si contre cette idée qu’on vous avez travaillé sur ces deux cela a un intérêt, et pour le ciné- montait l’image d’un côté séquences en particulier, et plus ma, et pour la littérature. En quoi et le son de l’autre, ou l’image généralement, pourquoi Martin ça a un intérêt de faire un film sur d’abord et le son après, ce qui Wheeler est-il devenu votre com- Gertrude Stein ? J’ai vu surtout donne d’ailleurs des films où plice à longueur de films ? deux raisons. La première tenait l’image et le son rejouent la Je faisais des films économique- au fait que Stein était un écrivain même partition. Au fond ils ne ment faibles, et je savais que qui avait beaucoup mis d’auto- produisent rien dans leur rapport, j’avais la possibilité d’enrichir la biographie dans ses textes. Et tandis que ce qui m’importe, c’est puissance de feu de mon travail l’autre raison c’était que, au fond, le rapport de l’image et du son. avec le son, pour aucun argent toutes ses questions étaient les L’image et le son correspondent supplémentaire, ce qui n’est pas miennes. C’est drôle, parce que en permanence dans mes films, à le cas de l’image ; l’image, objec- j’enseignais dans une école d’art, mon avis, plus que dans d’autres tivement, pour l’enrichir, il faut et j’avais un étudiant qui était très films où ils se ressemblent, où ils beaucoup plus d’argent. Etran- amateur de cinéma. Je lui ai pro- sont en miroir. gement, ce travail s’est opéré sur posé d’être mon assistant, et il m’a Disneyland, un film pour lequel je dit : « Mais au fond, dans ce film tu Un spectateur, en regardant le n’avais pas le choix, c’est-à-dire parles beaucoup plus de toi que film, trouve que peut-être il ya que ne pouvant pas utiliser, pour de Gertrude Stein ! » C’est surtout une discontinuité, parce que sou- des raisons de droits d’auteur, le que j’avais choisi un écrivain dont vent on est habitué à ce que le son que j’aurais saisi sur les lieux, toutes les problématiques étaient son explique l’image, alors que là j’ai relevé le défi en me retournant Adieu vers Martin Wheeler en lui disant : On a l’impression que vos person- arrivé pour Is Dead et Disneyland « Puisqu’on va raconter l’histoire nages, leurs corps – une fois de plus où, avec le chef opérateur, Julien d’un espace artificiel, tout sera – sont les dépositaires d’un récit Hirsch, on a procédé à un petit jeu, mental. » Evidemment, c’était qui ne leur appartient pas, mais qui consistait qu’à chaque fois qu’il à la fois démiurgique, enivrant, dont ils sont nécessairement les y en avait un qui avait une idée, il et d’ailleurs le principe du film, héritiers. Dans, Drancy Avenir, par prenait la caméra. On a tourné tout c’est de tenir le spectateur en état exemple… le film comme ça : c’était comme d’hypnose auditive et visuelle. Et L’étymologie du mot « métaphore », du jazz, on prenait chacun un ins- j’ai tenté de perpétuer ça dans c’est un corps qui porte. Les per- trument. Pour Is Dead, je lui avais Adieu, dans Parc… Je pense que sonnages sont des corps porteurs fait découvrir les films de Mekas, déjà pour Diane Wellington et de texte, d’histoire… Ce n’est pas qu’il ne connaissait pas, et je lui Poussières d’Amérique, ce n’est pour rien que le premier cinéaste ai dit : « Bon, ça c’est le langage, plus de l’hypnose. Il y a une plon- que j’ai invité quand j’étais étu- la base, la liberté par rapport à la gée en apnée, qui vient du fait que diant à la Fémis, c’est Hans-Jurgen vitesse ». Et il était complètement ce sont des films muets, qu’il n’y Syberberg. Je pense que c’est le enthousiaste. a pas de parole. Là, par exemple, cinéaste qui m’a probablement je démarre le montage d’un film donné envie de faire du cinéma. Donnez-vous beaucoup d’impor- où je ne suis même pas sûr qu’il Et pour moi, qui ne comprends pas tance à la composition du cadre ? y ait de la musique un jour. C’est l’allemand, c’est probablement les Ça dépend du film. Je donnais un film tourné principalement en plus belles voix que j’ai entendues beaucoup d’importance à la com- Cévennes, quasiment en son di- au cinéma ; je pense que la douceur position du cadre pour Drancy, rect et probablement uniquement et la tendresse à laquelle j’ai tou- c’étaient des plans fixes, c’est moi avec les sons des plans, un film jours tenu dans les voix off de mes qui faisais les cadres, c’est moi qui très sec d’un point de vue sonore films, que ce soit pour Adieu, pour cherchais le cadre, et ensuite c’est et très silencieux. Ce qui ne veut Disneyland, pour Is Dead, elles sont lui qui tenait la caméra. J’ai besoin pas dire un film où il y a peu de toutes liées à l’enfance. D’ail- d’avoir un médiateur entre l’image son. J’ai aussi travaillé avec Jean- leurs, elles viennent toutes de là. et moi. J’ai besoin de ne pas être Pierre Duret, qui est l’ingénieur du La première version du scénario seul. Je fais des films pour ne pas son aussi de Straub et des frères de Parc était intégralement écrite être seul, pour dialoguer avec un Dardenne et qui a fait un travail en voix off. ingénieur du son, un acteur, un très profond. producteur, un chef opérateur, un Est-ce que vous faites l’image vous- cadreur. Si je voulais être seul, je Un motif récurrent est celui de la mêmes ? ferais de la poésie. Pour moi, l’inté- voix off qui devient notre voix off. Jamais pour un film en entier. C’est rêt du tournage, c’est le collectif. 76

Dans la composition du cadre, pen- comprendre tant d’acteurs, tel dia- tué entre autres par le son qu’il sez-vous à d’autres films ou à la logue. C’est très intime, très primor- produit. C’est étrange, mais ça peinture ? dial. Quand on pense au cadre, on comme ça. Jamais. Mais d’abord, je n’ai pas pense plus souvent aux plans fixes, l’impression de composer. Les mais il y a aussi les plans en mou- Sur la façon dont il résonne dans seules fois où j’ai vraiment passé vement ; pour Kohlhaas (titre provi- l’espace… du temps sur la composition des soire du dernier film, ndr), j’ai fait Ou dont il ne résonne pas, mais cadres, c’est vraiment Drancy Ave- beaucoup de panoramiques à 360°, dont l’espace résonne autour de nir et Parc, qui sont deux extrêmes. une catastrophe pour l’ingénieur du lui. Tout ça pour dire que c’est très Parc, je pensais à d’autres films ; son car il ne sait pas où se mettre. difficile de parler de comment on Drancy aussi, mais pour le souffle compose un cadre. Le cadre se et le sentiment du film, pas pour les Parce que vous travailliez là sur du compose, c’est un des éléments cadres. Quand tu fais un film de fic- son direct ? qui se met en place dans la mise tion, pendant 50 semaines, comme Oui. quand on travaille en fiction, en scène. A posteriori, on peut celui que je viens de faire, avec des on veut travailler sur du son direct parler de composition de cadre. chevaux, des figurants, des acteurs, parce que le son direct, on a beau Ce qui est intéressant justement du vent, du brouillard, des nuages, dire, c’est ce qui peut arriver de dans la correspondance entre des choses qui arrivent comme ça, mieux, et c’est surtout une part de l’image et le son, c’est qu’au fond tu ne passes pas des heures à pen- ce que fait l’acteur, le sujet filmé, ils ne procèdent pas de la même ser, tu composes. Tu as une réalité ; le cheval… Même s’il ne fait rien, démarche, on ne fait pas du son cette réalité, c’est un plan qui doit son être est un être qui est consti- comme on fait de l’image.

Disneyland, mon vieux pays natal 77

A propos des acteurs, qu’est-ce Cela rejoint ce que disait Godard Par rapport au travail d’écriture, que vous leur demandez ? Com- quand il parlait de la fiction comme comment travaillez-vous ? ment vous les choisissez ? un documentaire sur les acteurs au Le scénario, c’est toujours un tra- La période de casting est tou- travail. vail en mouvement, pour des rai- jours très longue et laborieuse. Quand je choisis un acteur, ce qui sons différentes. Les films gagnent Quand j’engage un acteur, je m’intéresse est chercher l’endroit à refléter les différentes étapes et l’engage autant parce que je de coïncidence entre le person- les différentes réalités qui ont été pense qu’il est proche du rôle, nage et lui, mais pas au détriment celles de leur création. Il y a plein que parce qu’il serait intéressant de lui. Les acteurs avec lesquels de raisons pour lesquelles un que le rôle se rapproche de lui. ça se passe bien vous diraient : ma scénario se modifie, se déplace, Je demande à l’acteur de se rap- demande est excessive et elle est c’est que les conditions mêmes procher du rôle, mais moi je fais très envahissante pour les acteurs. de son adaptation évoluent… Par un énorme travail pour rappro- Je suis insatiable. exemple, tu tournes une scène qui cher le rôle de lui, et de m’ins- était écrite pour être en plein so- pirer de ce qu’il est, pour que ça C’est votre demande ou la marge leil, et le jour où tu tournes, elle est devienne lui. Par exemple, lors de liberté que vous leur laissez ? sous la pluie ou il fait froid. Donc du tournage de Parc la manière Ça ne se joue pas en termes de tu as deux solutions : soit tu l’an- dont j’ai été pris de très fortes liberté mais en termes de désir. nulles, soit tu tournes une scène sympathies pour mes deux per- J’ai un désir très fort, une exigence pour laquelle tu n’étais pas prêt… sonnages principaux a été extrê- folle, obscène. Quand on a fini ce Je sais que les différentes réalités mement importante. Mais je me travail avec Mads Mikkelsen sur qui interfèrent enrichissent tou- rends compte qu’au bout d’un le tournage de Michel Kohlhaas, jours l’histoire, et quelque fois il y moment, la personne m’inté- il était très heureux. On a eu une en a qui sont d’ordre économique resse plus que le personnage. intimité extrêmement forte, alors ou climatique, ou de l’ordre de Et ça devient rencontres humaines. A ce Mads Mikkel- propos, j’ai toujours pensé sen qui m’in- que c’est un vrai problème téresse plus d’utiliser des acteurs pro- que Michael fessionnels ; c’est un pro- Kohlhaas, ou blème de vraisemblance. David Bennent Il faut demander au spec- qui m’inté- tateur une croyance suffi- resse plus que samment forte, pour qu’il le personnage oublie qu’il a déjà vu ce de César ; ou mec dans 58 rôles… C’est tout d’un coup aussi un problème de tra- quand je trouve vailler systématiquement que Bruno Ganz avec des non-acteurs. C’est fait un truc pour ça que j’aime bien bizarre avec la mélanger, travailler avec scène que j’ai des non-professionnels, écrite pour des enfants, des animaux le gouverneur, qu’on est des gens assez diffé- et des professionnels. je l’accepte et je n’ai pas envie rents. Mais il m’a dit : « Jamais on de le changer. Donc je pense ne m’a demandé ce que tu m’as Et pour ce qui est de l’adaptation que j’arrive dans le domaine de demandé. Chaque fois qu’on du texte au corps des acteurs ? la fiction avec des obsessions aborde une scène, je finis tou- L’adaptation du texte, on peut de documentariste, c’est-à-dire jours par me dire que c’est celle- la prendre dans le sens inverse : qu’au fond, je fais des documen- là la scène la plus importante du comment tu représentes un per- taires sur les acteurs. Je prends film ». Il n’était pas obligé de me sonnage de littérature ? C’est l’ac- des acteurs ce qu’ils sont en vrai, le dire, et moi c’est probablement teur qui lui donne vie. C’est drôle leurs vraies émotions, leurs vrais un des boulots les plus heureux la relation que chacun de nous corps, leurs vraies voix. J’essaie que j’ai fait avec un acteur. Je l’ai entretient avec les personnages de m’approcher le plus d’eux, et épuisé ! Mais j’étais très heureux de littérature. Il y en a certains qui, effectivement dans mon rapport de mon travail avec Sergi Lopez le long d’un roman, changent de à ce qu’on appelle le réel, je ne aussi. On a retravaillé ensemble visage ou d’aspect physique. Tu fais rien d’autre que lui injecter sur Michel Kohlhaas, où il fait un lis un roman, tu en lis 100 pages, de la fiction. petit personnage. puis au bout d’un moment, on Parc

lit : « elle est blonde ». Mais il ne l’œuvre originelle il faut un cer- Un film, c’est d’abord un objet l’avait jamais dit ! tain nombre de métamorphoses, qu’on a longtemps porté menta- dont la réappropriation par des lement, et vient le jour où il faut Par exemple à De bruit et de fu- corps totalement étrangers. Cer- le tourner, et il se passe tout un reur de Faulkner, où la description taines adaptations pêchent par tas de choses, et on collabore physique... leur excès de fidélité à la littéra- avec tout un tas de gens, et donc …elle vient très tard, et tu t’en ture, il faut « dé-littératuriser » pour moi le tournage est un vrai es fait une idée avant ! Je pars la littérature pour lui restituer exercice de dépropriation. Par- d’un principe très simple, c’est quelque chose en cinéma. don pour ce détour, mais ma que les textes et les première réaction à des rushes acteurs sur lesquels produits d’un film longtemps je travaille, je les rêvé, sur lesquels on travaille aime vraiment. Moi au montage, a toujours été une qui suis un homme réaction de... très fidèle dans la vie, très mono- …de stupeur ? game, je pense que Mais de rejet, aussi. En disant : le seul endroit où « Ce n’est pas ça mon film ! Mon je peux être infi- personnage, la lumière, ce n’est dèle, c’est dans le pas ça! » Ce n’est pas toujours travail avec les ac- réussi, il y a des détails aux- teurs. Je les aime quels on n’avait pas pensé : le et je les connais tapis est moche, la lumière, on suffisamment pour l’avait pensée jour, finalement être capable de on l’a tournée la nuit… prévoir comment ils feraient. J’ai le Quelles images retenez-vous ? même rapport avec Qu’est-ce que monter ? Monter, les textes, qui est c’est choisir. Choisir quelque un rapport d’intimité très forte, Vous avez parfois évo- chose d’autre, quelque chose et donc je me sens absolument qué ce travail de décou- qui est de l’altérité. Mais des autorisé à prendre plein de liber- verte des images d’archive sur acteurs qui interprètent votre tés. C’est que plus je suis infidèle, Internet comme un exercice de texte, qu’ils ont joué plus ou plus je prends des libertés, plus, pauvreté, comme si vous faisiez moins bien, le cadreur qui l’a ca- au fond, le sentiment est res- une sculpture avec des objets dré plus ou moins bien, l’ingé- pecté. Pour traduire l’esprit de trouvés... nieur du son qui a mis la perche 79

là plutôt que là, le machiniste et moi j’ai failli citer ce texte choses ; je me suis mis à en accu- qui est parti à un endroit… Eux comme une des raisons pour les- muler au moment où j’ai com- aussi ils ont été dans l’interpré- quelles je faisais ce projet sur les mencé le montage de Poussières tation, ils ont produit quelque images d’archive. Je me disais : d’Amérique. J’avais à peu près chose qui est plus ou moins « Mais au fond, j’ai une espèce six heures de rushes constitués proche de ce que vous avez tou- de dégoût presque incestueux de poussières. C’est pour ça que jours eu en tête, qui est peut- pour mes propres archives ». En je les ai appelés ainsi. Après, le être beaucoup mieux parce qu’il revanche, j’ai une tendresse pour travail a été de laisser reposer et est différent. les archives des autres infiniment de faire remonter des histoires plus grande dans le sens où elles qui me venaient de lectures an- C’est bien là, dans ce processus pourraient être les miennes. Je ciennes. Je n’ai pas forcé la ma- de dépropriation du tournage, le suis un peu dégoûté par les gens tière, j’ai tout fait pour que les rapport amoureux que vous en- qui s’intéressent à leurs propres histoires viennent des images. tretenez avec les acteurs… archives, par une forme d’amour C’est une opération de décanta- Il y a un texte que j’aime beau- de soi-même, que je n’ai jamais tion. J’essaie finalement de trou- coup de Mandelst’am dans Le eu, ni pour ma famille, ni pour ver un chemin qui soit un accès Bruit du temps, où il explique mes origines, ni pour mon papa, à la vérité de ce que les acteurs comment il n’a jamais compris ni pour ma maman, ni pour mes sont, aussi bien du corps que de la fascination de Tolstoï et de photos. En revanche je pourrais la parole, que du regard… plusieurs écrivains pour leurs m’intéresser à l’infini à la vie des archives personnelles et fami- autres : c’est comme si j’avais des par Luciano Barisone liales, et donc pour l’autobio- réminiscences d’autres vies que et Emmanuel Chicon graphie. Il dit qu’il a un certain la mienne. Et ces films-là, ces retranscrit par Alessia Bottani dégoût pour l’autobiographie, plans-là me donnent accès à des mise en page par Irina Spinella

Is Dead L’Assessorato Istruzione e Cultura della Regione autonoma Valle d’Aosta presenta

THÉÂTRE ET LUMIÈRES Tutti i lunedì di luglio e agosto 2012

AOSTA CLASSICA 23 luglio - 4 agosto 2012

STRADE DEL CINEMA 7 - 11 agosto 2012

GIOVANI TALENTI AL TEATRO 12 - 14 - 17 agosto 2012

FESTIVAL DES PEUPLES MINORITAIRES 7 - 8 - 9 settembre 2012

Per informazioni: Assessorato Istruzione e Cultura della Regione autonoma Valle d’Aosta T +390165273430 Infoculture

T +390165265113 Assessorat de l’Éducation et de la Culture Assessorato Istruzione www.regione.vda.it e Cultura