San Michele di e la Chiesa di San Michele Arcangelo

Filomeno Moscati

San Michele di Serino e la Chiesa di S. Michele Arcangelo dalle origini ai giorni nostri

La premessa è di Gerardo Sangermano Ordinario di Storia medievale dell‟Università di Salerno

1 Filomeno Moscati

2 e la Chiesa di San Michele Arcangelo

3 Filomeno Moscati

4 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

5 Filomeno Moscati

6 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

I

Origini di San Michele di Serino e della Chiesa di S. Michele Arcangelo

1- La centuriazione. 2- S. Angelo ad Peregrinos. 3- S. Angelo ad Peregrinos inclusa nella Diocesi di Salerno. 4- Il Patto di Spartizione dell‟anno 848. 5- San Michele feudo di Serpico. 6-La chiesa di S. Michele Arcangelo della Foranìa di Serino.

La prima notizia concernente il territorio dell‘attuale Comune di San Michele di Serino, che possa essere considerata un dato di carattere storico, è piuttosto recente perché ricavata, avvalendosi delle moderne tecniche per lo studio archeologico di superficie, da Werner Johannowski, il quale ha scoperto i segni della ―centuriazione‖ nell‘agro di San Michele di Serino.1 Il tipo di ―centuriazione‖ rinvenuto nella piana di San Michele di Serino ha un modulo di 13 ―actus‖, che è un modulo di età graccana,2 ciò che consente di fissarne la data fra il 133 a, C:, anno in cui fu tribuno della plebe Tiberio Gracco, e il 123 a. C., anno in cui divenne tribuno il suo fratello minore Caio. La ―centuriazione‖ consente, inoltre, di affermare che il territorio dell‘attuale Comune di San Michele di Serino era incluso in quello della ―colonia‖ Abellinum, fondata proprio in quegli anni.3 La seconda notizia, concernente il territorio dell‘attuale Comune di San Michele di Serino, riguarda la sua chiesa all‘epoca del Ducato Longobardo di Benevento e ci è data da Generoso Crisci e Angelo Campagna, che, in Salerno Sacra, parlando dell‘origine dell‘Arcipretura, affermano che <

1 Werner Johannowski, Intervento, in La Romanisation du Samnio, Naples 1991, pp. 248, 249. 2 Giuseppe Camodeca, Istituzioni e società, in Storia Illustrata di e dell‟Irpinia, Ed. Sellino e Barra, (AV) 1996, Vol. I. p. 168. 3 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005, pp. 44, 45.

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Angelo ad Peregrinos in San Michele di Serino, S. Maria a Rota di S. Severino, S. Quirico di Boiano, S. Vincenzo di Olevano, >> e, in quella stessa pagina alla nota 3, chiariscono che esse sono << chiese di cui si hanno documenti sicuri. >>4Questa notizia è attendibile perché legata a un‘antica tradizione religiosa cristiana, quella dei pellegrinaggi in santuari e luoghi di culto famosi.Uno dei luoghi di culto più famosi e fra i più frequentati come meta di pellegrinaggio, almeno a partire dal V secolo dopo Cristo, era il Santuario di San Michele sul Monte Gargano, perché legato, oltre che al culto di S. Michele, alla tradizione cristiana della grotta, diffusa in tutto il territorio dell‘antico Ducato Longobardo di Benevento. Queste grotte, situate in luoghi difficilmente accessibili, come a Valva, Campagna, Olevano sul Tusciano, S. Angelo a Fasanella, S. Michele a Carpineto e Pizzo di S. Michele di Fisciano, S Michele di , etc., sono tutte legate, nella tradizione popolare, all‘apparizione in esse dell‘Arcangelo Michele in perenne contrapposizione vittoriosa con il diavolo,5 a simboleggiare la vittoria del bene sul male. La più antica e famosa di queste apparizioni è quella riguardante la Grotta dell‘Angelo, sul Monte Gargano. Secondo il “ Liber de apparitione sancti Michaelis in Monte Gargano” L‘Arcangelo apparve al vescovo di Siponto il 29 settembre del 490 d, C., in epoca bizantina, per dirgli: <>6 Dopo quella consacrazione iniziarono i pellegrinaggi al Santuario dell‘Angelo del Gargano. Questi pellegrinaggi preesistevano, perciò, all‘arrivo dei Longobardi almeno di 80 anni, perché il culto di S. Michele era diffuso anche fra i Bizantini e il Santuario del Gargano ha, infatti, origine bizantina, accertata da documenti che risalgono

4 G. Crisci, A. Campagna, Salerno Sacra, Edizioni della Curia Arcivescovile, Salerno 1962, p.142. 5 Filomeno Moscati, opera citata, p. 86. 6 P. Jan Rogacki, Guida al Santuario di S. Michele sul Gargano, Ed. del Santuario, 1997, p.5.

8 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo alla fine del V secolo d. C., quali le lettere di Papa Gelasio al Vescovo di Larino, Giusto, del 493 – 494 d. C., e al Vescovo di Potenza, Herculentius, della stessa epoca. Ad esso si recavano in pellegrinaggio i cristiani residenti nel territorio bizantino di Salerno. La via per l‘Apulia, che questi pellegrini percorrevano per raggiungere il santuario del Gargano, era l‘antichissima via Sabe Maioris, esistente già in epoca sannitica come tratturo per la transumanza delle pecore, una via denominata dai ―Serinesi‖ Via della mezza costa, perché attraversa, a mezza costa, la montagna che sovrasta l‘abitato di . Questa si innestava su di un‘altra antica via, la Via Antiqua Maior, denominata anche Strata Maiore in alcuni documenti medievali.7 La Via Antiqua Maior partiva da Benevento e, seguendo la riva sinistra del fiume Sabato, giungeva ad Avellino, da dove proseguiva passando attraverso il territorio dell‘antica Serino, che includeva anche l‘attuale San Michele, e, attraverso i valichi dei monti Picentini, di Turci e Taverna dei pioppi, metteva in comunicazione Benevento con Picenzia, Salerno e Nuceria. Era questa la via percorsa dai pellegrini di Salerno e Nocera per giungere a Serino, e, più specificamente, a San Michele di Serino, da dove, attraverso un ponte di legno gettato sul fiume Sabato al termine di Via Corticelle, essi raggiungevano la Sabe Maioris, che congiungeva Serino con la Piana del Dragone, Cassano, Ponteromito, Guardia, Bisaccia8e, infine, con la Puglia. Il luogo dell‘attuale insediamento abitativo di San Michele di Serino costituiva, perciò, una tappa pressoché obbligata per i pellegrini provenienti dal territorio salernitano – nocerino, e proprio qui sorse un Hospitium, un ospizio per il ricovero e il raduno dei pellegrini diretti al Gargano, ciò che spiega la denominazione di Ad Peregrinos con cui il luogo veniva designato. Il luogo di sosta e di raduno dei pellegrini, per il sorgere di una chiesetta con l‘immagine dell‘Angelo del Gargano, fu ben presto indicato anche col toponimo di S. Angelo ad Peregrinos. Attorno a questa chiesetta si formò il primo nucleo abitativo di San Michele di Serino e, come affermano Crisci e

7 Mario De Cunzo, Vega De Martini, Le città nella storia d‟Italia, Avellino, Ed. La Terza, Bari 1985, p.32. 8 Mario De Cunzo, Vega De Martini, idem, p. 32.

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Campagna, << Con l‟andar del tempo il Santo diede il nome al paese e scomparve l‟antica denominazione.>> 9 Il luogo dove la chiesa e l‘abitato sorsero può essere individuato e stabilito, con assoluta sicurezza, grazie al Patto di Spartizione del Ducato Longobardo di Benevento che fu stipulato nell‘anno 848 d. C., un documento scritto che è conservato nel Codice Vaticano Latino 5001. Questo trattato stabilisce che. << Tra Benevento e Salerno il confine sia posto in località detta i “Pellegrini” dove per ciascuna parte sono venti miglia.>> Un‘antica carta viaria, la ―Tavola di Peutinger‖, consente di stabilire che la località detta ― I pellegrini‖, situata esattamente a mezza strada tra Benevento e Salerno, si identifica con l‘attuale abitato di San Michele di Serino.10 Queste sono le notizie certe, perché suffragate da reperti archeologici o da documenti scritti riguardanti le origini di San Michele di Serino, altre supposizioni, riguardanti insediamenti abitativi diversi, debbono allo stato attuale essere considerate come semplici e pure ipotesi, perché non sorrette da nessun supporto archeologico o documentale. Il patto di spartizione dell‘anno 848, oltre a stabilire i confini fra i due ducati longobardi, fissò anche i confini delle diocesi ed è infatti da quell‘anno che la ―Chiesa di S. Angelo ad Peregrinos‖, poi denominata di S. Michele Arcangelo, venne a far parte della Diocesi di Salerno. Questa chiesa dipendeva infatti dall‘Arcipretura di Serino, la cui esistenza in epoca molto antica è confermata da una bolla di Papa Alessandro III (1159 – 1181) del 1168, un documento importante perché in essa venivano elencate tutte le Arcipreture della Diocesi di Salerno e se ne definivano i confini.11 Il contenuto della bolla di Papa Alessandro III viene riaffermato in una sentenza, emessa nel luglio del 1219 dai giudici Costantino, vescovo di Scala, e Matteo, arcidiacono di Amalfi, delegati da Papa Onorio III (1216 – 1227) a dirimere la controversia fra Ruggiero, vescovo di Avellino, e Nicola, vescovo di Salerno, controversia in cui il vescovo di Avellino sosteneva che Serino, di cui San Michele era parte,

9 G. Crisci, A. Campagna, Salerno Sacra, Ed della Curia Arcivescovile, Salerno 1962, pp. 142 – 144. 10 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA), 2005, pp. 96 – 101. 11 G. Crisci, A. Campagna, idem, pp. 142 – 144.

10 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo apparteneva alla sua diocesi. Nella sentenza i giudici affermarono, invece, che la questione, riguardante il possesso di Serino e di , era stata già decisa in favore di Salerno, fra gli anni 1076 – 1080, dal Cardinale di S. R. C. Desiderio, abate di Montecassino, quando questi era stato chiamato dalla Santa Sede a dirimere la controversia insorta fra Rodfrit, Arcivescovo di Benevento, e Alfano, Arcivescovo di Salerno, circa quel possesso. Per chiarire ancora meglio le cose i giudici, nella sentenza del luglio 1219, affermarono che la Chiesa salernitana già da lunghissimo tempo era stata costituita in diocesi e definita con confini certi, nei quali era stato incluso il castro di Serino su cui verteva la controversia. La sentenza precisava, inoltre, che la diocesi di Salerno, assieme ad altri castelli, possedeva il castro di Serino da 400 anni e più e anche allora pacificamente e quietamente lo possedeva,12 e da allora fino all‘anno 1998 la ―Chiesa di S. Angelo ad Peregrinos‖, poi di S. Michele Arcangelo, ha fatto sempre parte della diocesi di Salerno. La terza notizia certa, riguardante il territorio dell‘attuale Comune di San Michele di Serino, è contenuta in un documento che reca la data del 4 novembre 1275, quando si era già instaurata la dinastia degli Angioini. Questo documento assume per la storia di San Michele di Serino un‘importanza particolarmente rilevante perché in esso, per la prima volta, il casale viene identificato col nome che ancora oggi esso porta. Il documento è importante anche perché in esso S. Michele viene identificato come un feudo a sé, sito nel territorio di Serpico, e di questo feudo descrive la consistenza che è fatta di <>13 L‘importanza del documento è accresciuta ancora di più dal suo contenuto, che è costituito da un ordine impartito al mastrogiurato ( giudice, magistrato) di Montoro di citare a comparire in giudizio un certo Marcoaldo di Serpico, che aveva spogliato il suo legittimo possessore, il milite Giovanni de Bernardo di Serpico, del feudo di S.

12 G. Crisci, A. Campagna, idem, pp. 357, 358: <> 13 Filomeno Moscati, opera citata, p. 137, 138.

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Michele sito nel territorio di Serpico.14 La vicenda della spoliazione è, con tutta evidenza, collegata con gli avvenimenti legati alla sconfitta e alla morte di re Manfredi, nel 1266, e alle torbide vicende connesse al tentativo di riconquista del regno da parte di Corradino di Svevia, tentativo che terminò con la sua esecuzione nella Piazza del Mercato di Napoli, il 29 ottobre 1268, e con la persecuzione e la confisca dei beni dei suoi seguaci, come si evince anche dalle vicende di Serpico in quel periodo. Il castello di Serpico fu, durante il regno di re Manfredi (1259 – 1266), tenuto in possesso dal milite Giovanni, ma <> ma, <> il quale <>15 La vicenda della confisca dei beni, e della successiva reintegra nel possesso di essi del minorenne Pietro, costituisce una plausibile spiegazione sia della spoliazione che della successiva ordinanza. Dal documento risulta comunque che il territorio dell‘attuale Comune di S. Michele di Serino costituiva un feudo a sé, di cui era feudatario, all‘epoca di re Manfredi, il milite Giovanni de Bernardo di Serpico, ma non ci spiega né come né quando ciò sia avvenuto, visto che l‘esistenza di un feudo di San Michele non si evince dal Catalogus Baronum. Il Catalogo dei Baroni, o Feudatari, è un censimento dei feudatari fatto eseguire, nel 1158, dal re normanno Guglielmo I (1154-1166) e fatto aggiornare, nel 1167, dal suo successore Guglielmo II (1166- 1189), indotti a compiere la ricognizione di tutti i feudi e di tutti i vassalli esistenti nel loro regno dalla grande confusione che si era creata, dopo l‘instaurazione dello Stato feudale, per l‘intreccio di protezioni feudali e proprietà private appartenenti a una moltitudine di feudatari e sub-feudatari, vassalli, valvassori e valvassini. Il

14 1275, novembre, 4, Reg. Ang. 23. 15 Francesco Scandone, Profilo di storia feudale dei comuni compresi nell‟antica contea di Avellino, Tip. Pergola, Avellino, 1951, p. 65.

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Catalogo dei Baroni ci fa conoscere che il primo feudatario di Serpico è Trogisio, che era suffeudatario di Helias de Gisualdo, e che successore di Trogisio fu il figlio Guido, il quale acquistò con la sua frazione , e , al paragrafo 708, riporta che << Guido, figlio di Trogisio di Serpico, disse che possiede, dallo stesso Trogisio, Serpico, che è, come egli disse, feudo di due soldati e con l‟aumento offrì quattro soldati,>>16 ma non menziona affatto l‘esistenza di un feudo, interessante il territorio dell‘attuale Comune di San Michele di Serino,17 di cui egli sia feudatario. La mancanza di citazione di questo feudo in una ricognizione di feudi e feudatari, così accurata come quella del Catalogo dei Baroni, induce a pensare che, in epoca successiva ad esso, il territorio di San Michele sia stato acquistato da un feudatario di Serpico come feudo allodiale,18 cioè di sua piena ed esclusiva proprietà perché non ricevuto attraverso la cerimonia dell‘investitura o del feudo oblato.19 L‘anno 1309 risulta molto importante per la storia di Serino. Ciò è dovuto al fatto che questo è l‘anno in cui la Curia Arcivescovile di Salerno decise di registrare le ratifiche delle decisioni che essa prendeva, e, perciò, da quest‘anno si hanno notizie documentate, perché consacrate in questo registro, di tutte le chiese esistenti nella Foranìa20 di Serino, delle parrocchie, col titolo delle chiese parrocchiali che di essa facevano parte e col nome dei casali in cui esse erano ubicate. La Foranìa di Serino era costituita da nove parrocchie, proprio come oggi, cosa che sta a significare che Serino, nel 1309, aveva assunto la struttura, ben definita, che conserva tuttora. Le nove chiese parrocchiali erano.

16 Catalogus Baronum, a cura di Evelin Jamison, in Fonti della Storia d‟Italia, Ed. Istituto Storico Italiano, Roma, 1963, p. 126, par. 708: << Guido filius Trogisii de Scapico (sic. corr. Serpico) dixit quod tenet de eodem Trogisio ( this is Trogisio de Grutta) Serpicum quod est sicut dixit feudum duorum militum et cum aumento obtulit milites iiij>> 17 Filomeno Moscati, idem, p. 137. 18 N. d. A., Allodio, bene non soggetto a feudo o a vincolo feudale. 19 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA), 2005, pp. 131, 175. 20 N. d. A., Foranìa, Circoscrizione di parrocchie rurali. Il termine deriva dal latino foras = fuori, di fuori.

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La Chiesa di S. Luca Evangelista di Ponte, sita nel casale che allora si chiamava come la sua chiesa, Casale S. Luca; La Chiesa di S. Giovanni Evangelista di Ferrari, che allora si chiamava Casale S. Giovanni; La Chiesa di S. Lorenzo di Canale, che allora si chiamava Casale S. Lorenzo; La Chiesa di S. Stefano, sita nella zona di S. Gaetano, poco distante da Ribottoli, in un casale che si chiamava come la chiesa, Casale Santo Stefano; La Chiesa di S. Eustachio di Dogana Vecchia, che allora si chiamava Casale S. Eustachio; La Chiesa di S. Sossio, ubicata nel Casale omonimo La Chiesa di S. Biagio, dal popolo denominata Santo Biasiello, ubicata poco distante dal casale S. Biagio, in una strada da sempre conosciuta come Cupa del pigno per la presenza in essa di un pino secolare; La Chiesa di S. Lucia nel casale omonimo; La Chiesa di S. Michele Arcangelo, nel casale di San Michele di Serino che da essa aveva preso nome. Il registro ci fa sapere che nell‘anno 1309 questa chiesa aveva un rettore, Nicola Marino di Sorrento, e un cappellano, Consulo.21

21 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA), 2005, pp. 161, 162, 163, 164, 165, 166.

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Bibliografia

Camodeca G., Istituzioni e società, in Storia illustrata di Avellino e dell‟Irpinia, Ed. Sellino e Barra, Pratola Serra (AV) 1996. Crisci G., Campagna A., Salerno Sacra, Edizioni della Curia Arcivescovile, Salerno, 1962. De Cunzo M., De Martini V., Le città nella storia d‟Italia, Avellino, ed. La Terza, Bari, 1985. Jamison E., (a cura di) Catalogus Baronum, Ed. Istituto Storico Italiano, Roma, 1963. Johannowski W., Intervento, in La Romanisation du Samnio, Naples 1991. Moscati Filomeno, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005. Rogacki Ian, Guida al Santuario di S. Michele sul Gargano, Ed. del Santuario, 1997. Scandone F., Profilo di storia feudale dei comuni compresi nell‟antica contea di Avellino, Tip. Pergola, Avellino, 1951.

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L‘antica chiesa di S. Michele Arcangelo distrutta dal sisma del 1980

16 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

II

San Michele di Serino e la Chiesa di S. Michele Arcangelo nei secoli XV e XVI

1- Il contratto di fitto del 1419. 2- Il Convento delle monache di San Michele di Serino. 3- La Charta Traditionis del 1430. 4- Il giuramento di vassallaggio e di ligio omaggio del 1468. 5- Il “Privilegio” del 1464. 6- Il diploma di vendita del 1469. 6- Le liti con Serino e il trasferimento del mulino.

La seconda citazione di S. Michele, col nome che adesso esso porta, si trova in un documento recante la data del 6 giugno 1419 e, pertanto, posteriore al primo di circa 150 anni e riguarda un contratto di fitto. In questo contratto San Michele compare non più come feudo del signore di Serpico, ma come feudo di un monastero di suore benedettine, il Monastero di S. Michele di Salerno, e viene designato come il <> il casale che viene detto e chiamato Santo Michele, situato e posto nelle pertinenze della terra di Serino della Diocesi di Salerno. Documento importante perché, a differenza del primo, evidenzia in modo preciso che il feudo non fa parte del territorio di Serpico, ma è situato e posto nelle pertinenze del territorio di Serino e soggetto alla giurisdizione della diocesi di Salerno e non a quella di Avellino, cui era invece soggetto Serpico. Il contratto fu stipulato da Giovanni Donato Gallo, pubblico notaio della città di Salerno, alla presenza di Matteo de Aulisio, giudice ai contratti della città di Salerno, e dei testimoni Giovanni Francesco Marescalco, giudice, Guillotto Manganario, Nicolao Fundicario, Lisulus …Salaroso, per questo scopo specificamente convocati. La stipula avvenne nella chiesa del Monastero di S. Michele delle monache di Salerno alla presenza

17 Filomeno Moscati della badessa Mariella de Maffia, delle monache professe Berta e Isabella Scotta, e di parecchie altre monache, riunite in capitolo al suono della campanella, secondo l‘uso. Nel contratto le monache concedevano in fitto per la durata di anni tre , al presbitero Andrea Barone, il feudo di S. Michele così dettagliatamente descritto: <> 22 Il fitto fu fissato in <> da pagarsi << in questo modo, due once all‟epoca del mercato di Salerno, che si tiene ogni anno nel mese di settembre, ed altre due once nella festa della resurrezione del nostro gloriosissimo signore Gesù Cristo e cento uova di gallina nella stessa festa, in pace e senza discussione.>>23 Le parti più importanti di questo contratto, dal punto di vista storico, sono costituite dal preambolo, dalla parte riguardante la consistenza del fitto e, infine, dalla clausola di salvaguardia. Nel preambolo viene affermato che il casale intero appartiene al monastero di pieno diritto, o, come recita il contratto: << per vero la signora badessa e le monache, conventualmente riunite come sopra dicemmo, davanti a noi concordemente affermarono che al detto monastero spettava e apparteneva di pieno diritto l‟intero casale, con tutti i suoi diritti vassalli e pertinenze, che viene detto e chiamato di Santo Michele, sito e posito nelle pertinenze del territorio di Serino della diocesi di Salerno;>>24 Nella parte, in cui è descritta con minuzia la consistenza del fitto, balza subito all‘occhio l‘esclusione del mulino, che le monache riservano espressamente al convento, o, come recita testualmente il

22 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005, p. 172 23 Filomeno Moscati, idem, p.172. 24 1419, giugno 6, Ind. XII – Salerno. Giovanna II, a. 5°:…Que quidem domina abbatissa moniales conventualiter congregate ut supra coram nobis pariter asseruerunt ad dictum monasterium pleno jure spectare et pertinere integrum casale unum cum omnibus vassallis juribus et pertinentiis suis omnibus quod dicitur et nuncupatur Sancto Michele situm et positum in pertinentiis terre Sirini salernitanensis diocesis…

18 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo contratto : <>25 Questo passo del contratto riveste, a nostro giudizio, una particolare importanza storica perché afferma che il mulino era posto all‘interno del casale. Il mulino era infatti situato in via Corticelle, nelle case che, ancora nella seconda metà del secolo XX, erano di proprietà della famiglia Molinari, che doveva il suo cognome proprio al mestiere dei suoi antenati. Esso unitamente al forno ( situato dietro la Chiesa di S. Michele Arcangelo alla fine di Via Cruci, assieme alla casa delle monache con cui costituiva un unico fabbricato) e al vinacciaio (situato proprio all‘inizio di Via Cruci) faceva parte del complesso dei diritti proibitivi, o di privativa, di cui si avvalevano i feudatari per incrementare i loro redditi. Questi diritti obbligavano i vassalli a servirsi, a pagamento, esclusivamente del mulino, del forno e del vinacciaio del feudatario e proibivano a chiunque di poterli costruire in proprio, ma, nel contempo, obbligavano il feudatario a mantenere forno, mulino e vinacciaio in perfetta efficienza. Il mulino riceveva l‘acqua per il suo funzionamento attraverso un canale, che, partendo da una ―palata‖ 26 sita nel territorio di Serino,27 arrivava fino a Via Corticelle. A causa della mancanza d‘acqua, provocata dall‘ostruzionismo del feudatario di Serino, che pretendeva che i vassalli delle monache si servissero del suo mulino, le monache spostarono il proprio mulino in Via Zappelle, nel fabbricato poi adibito a centrale elettrica, perché fosse alimentato con le acque del torrente Barra, che non potevano essere deviate.28

25 preter et excepto molendino ipsius casalis sito in eodem casale quod dicte domina abbatissa et moniales eis et dicto monasterio expressius reservaverunt cum juribus et pertinentiis suis omnibus 26 N. d. A. diga costruita con tavole di legno sostenute da una palafitta 27 N. d. A. questa diga era detta “palata „e coppa‖, diga di sopra, diga superiore o a monte 28 N.d.A. Mulino, forno e vinacciaio furono acquistati , dopo l‘abolizione della feudalità (1806), dall‘avo di mio padre Francesco Moscati per il censo annuo di 260 ducati. Alcune delle notizie, riguardanti il mulino, il forno con abitazione e il vinacciaio, le ho apprese da mio padre che le aveva apprese dal suo avo.

19 Filomeno Moscati

La clausola di salvaguardia stabiliva :<< 29 che la detta signora badessa e le monache e i loro successori e aventi parte del detto monastero non sono tenuti né debbono fare alcuno sconto al detto presbitero Andrea, o ai suoi eredi e successori, per qualsiasi causa giusta o ingiusta e in qualsiasi modo [verificatasi] se non ed eccetto il fatto che detto Casale nella sua totalità fosse sottratto a detto monastero a causa di signori temporali o spirituali [che essendo più potenti] per questo [facciano] forza e violenza al detto monastero e anche se, che Dio ce ne scampi, ci fosse qualche contesa generale o particolare per impedimento delle quali i diritti, i frutti, i redditi e i proventi non possono essere percepiti, allora il detto presbitero Andrea e i suoi eredi e successori sono tenuti a detto pagamento, se mai per il solo tempo in cui hanno percepito i diritti, i frutti, i redditi e i proventi predetti, e neppure [sono tenuti a pagare] nel caso che il signore della detta terra di Serino, quello attuale (qui presens est), e chiunque altro in futuro lo fosse (et qui alius pro tempore futuro fuisset ) facesse forza e violenza a detto monastero privandolo e alleggerendolo di tutti i diritti, di tutti i frutti, redditi e proventi di detto casale …>> La clausola di salvaguardia, tesa a proteggere i diritti del presbitero Andrea Barone, era imposta dalla nequizia dei tempi. Essa ci offre una visione esatta della vita e dei costumi del casale di San Michele di Serino nel secolo XV, evidenziando il clima di sopraffazione e di violenza che regnava fra i feudatari per il possesso o per l‘ampliamento dei propri feudi, un clima provocato anche dal fatto che il regno angioino mancava di un potere centrale forte.

29 quod dicta domina abbatissa et moniales et earum successores et partes dicti monasterij dicto presbitero Andrea vel eius heredibus et successoribus non teneantur nec debeant excomputare nec aliquod excomputum facere ex quacumque causa justa vel jnjusta modo quocumque nisi et excepto si dictum casale in totum fuisset sublatum dicto monasterio per dominos temporales vel spirituales utique [ potentiores] et vim atque violentiam dicto monasterio propterea [facientes] quodque si quod absit fuisset briga generalis vel specialis per quarum impedimentum jura fructus redditus et proventus non possint percipi quod dictus presbiter Andreas et eius heredes et successores tantum teneantur ad dictam pensionem pro rata siquidem temporis in quo percipit jura fructus redditus et proventus predictos, Nec non jn casu quo dominus dicte terre Serinj qui presens est et qui alius pro tempore futuro fuisset dicto monasterio vim et violentiam commicteret et omnia jura omnesque fructus redditus et proventus dicti casalis et bonorum eius auferret …

20 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

Una testimonianza di questo clima era stata offerta appena due anni prima, nell‘anno 1417, proprio dal feudatario di Serino Iacobo Antonio de Marra, che, alleatosi con un suo lontano parente, Filippo II Filangieri detto il prete, tentando di impadronirsi del <>30 Egli, perciò, non poteva essere presente alla stipula del contratto, cosa peraltro illogica, né lo potevano i suoi figli, poiché, essendo egli morto da tempo ( pridem ) senza testamento e i suoi figli tutti minorenni, compreso il primogenito Matteo, l‘amministrazione delle loro terre spettava al re di diritto ed essi erano stati affidati, per decreto reale, alla tutela del nobile Antonello Sannella di Scala.31 Frutto di pura fantasia appaiono, di conseguenza, le illazioni di tresche fatte scaturire da un‘assurda presenza del feudatario di Serino alla stipula del contratto, presenza basata sulla errata traduzione32 del testo latino basso medioevale, cosa che si evince d‘altronde tal contesto della frase. Il documento recante il testo del contratto è importante per la storia di S. Michele di Serino perché in esso le monache affermano, con certezza e senza possibilità di dubbio, che il casale di San Michele è di loro assoluta ed esclusiva proprietà (pleno iure), tanto da poterlo concedere in fitto col procedimento del pubblico incanto. Il documento non ci spiega però come e quando il casale, prima appartenente al feudatario di Serpico, sia divenuto feudo delle monache del monastero benedettino di S. Michele di Salerno. Lo Scandone afferma che ciò avvenne <

30 Erasmo Ricca, Istoria dei Feudi delle Due Sicilie, Stamperia di Agostino De Pascale, Napoli, 1862, Vol. II, pp. 317, 318, Vol. IV, p.450. 31 Reg. Ang. 1419 – 20, fol. 235: Nobili Antonello Sannellae de Scala privilegium baiulatus Mattei, Johanni et Johannellae de Marra, filiorum et eredum quondam Jacobi Antonii de Marra, dicti de Serino, pridem ab intestato decedentis, et eorum terrarum gubernum nobis spectat de iure 32 L. Agnes, Parva populi historia, dattiloscritto inedito, p. 116. N. d. A. Letteralmente qui presens est= quello attuale. Qui presens est et qui alius pro tempore futuro fuisset= quello attuale e chiunque altro lo fosse in tempo futuro.

21 Filomeno Moscati erede del feudatario di Serpico>>,33 mentre Crisci e Campagna dicono che ciò accadde dopo la distruzione di Serpico, ma << non si può precisare la data quando divenne feudo del Monastero di S. Michele di Salerno. Sembra nel secolo XIV.>>34 L‘incertezza delle notizie, la confusione delle date e la mancanza di un documento comprovante la donazione, ha dato luogo, ancora una volta, a supposizioni immaginarie e prive di qualsivoglia prova, insinuanti un impossessamento di natura ambigua del feudo di San Michele da parte delle monache del Monastero di S. Michele di Salerno. Uno sprazzo di luce, sul modo in cui il Monastero delle monache benedettine di S. Michele di Salerno possa essere venuto in possesso del feudo, ci viene da uno scritto ( riportato in fotocopia in questo libro ) che ha per titolo “Libro dello Stato spirituale e temporale della Chiesa Parrocchiale di S. Michele Arcangelo di Serino, fatto da D. Vincenzo Perrottelli parroco di essa in quest‟anno 1692 .” Nel libro il parroco, D. Vincenzo Perrottelli, ci informa che, secondo la tradizione, nel casale esisteva un conventino di monache, cui apparteneva la cappella di S. Michele, e che queste monache <> La controversa donazione , di cui non si è trovata traccia, potrebbe riguardare le monache che stanziavano nel conventino di San Michele di Serino e non il Monastero di Salerno. Questa ipotesi, per quanto plausibile, potrà essere considerata una notizia di carattere storico solo se confermata da una fortunata ricerca di archivio. L‘appartenenza del feudo al convento di S. Michele di Salerno è comunque ufficialmente confermata, nel 1425, da una “lettera dell‟erario reginale” con cui si ordinava all‘esattore delle collette che il casale predetto “non fosse molestato perché era di detto monastero ed immune da detti pagamenti.” 35 Essa venne ribadita pochi anni dopo, nel 1430, in un documento in cui vengono elencati tutti i vassalli e tutti i beni che componevano il feudo di San Michele

33 F. Scandone, Profilo di storia feudale dei comuni compresi nell‟antica contea di Avellino, Tip. Pergola, Avellino 1951, p.65. 34 G. Crisci, A. Campagna, Salerno Sacra, Ed. della Curia Arcivescovile di Salerno, 1962, p.369. 35 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA), 2005, p.176.

22 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo di Serino.36 Questo documento venne redatto durante un evento calamitoso, la peste che in quell‘epoca imperversava nella città di Salerno ( pestem de presenti concurrentem in ipsa civitate Salerni). Fu proprio per sfuggire al contagio che alcune monache, fra cui la badessa Martuccia Marchisana, decisero di abbandonare Salerno per rifugiarsi nel loro feudo di S. Michele e, quivi giunte, ritennero opportuno procedere alla ricognizione, davanti ad un giudice e ad un notaio, di tutti i beni che il monastero possedeva in quel casale. Le monache possedevano già un inventario dei beni di questo feudo, ma il quaderno che lo conteneva <> e ciò indusse le monache a procedere a un nuovo inventario, che costituisce una vera e propria “charta traditionis”, un contratto con il quale gli “homini censiles” , i lavoratori vincolati in perpetuum alla terra, regolavano i loro rapporti con il padrone, o dominus, mediante una scrittura il cui contenuto veniva confermato con giuramento.37 La “charta traditionis” ci offre un quadro reale del casale di San Michele nell‘anno 1430. Con questo documento affiorano dalle nebbie del passato, accanto a tante cose e nomi scomparsi o dimenticati, tante antiche strade e località che costituiscono, ancora tuttora, la rete viaria dell‘attuale Comune di San Michele di Serino, le Corticelle, Campo, le terre di Santa Maria, le Felloniche, Filettelle, Ulmitello, Serroni, Gauri, Nocelleto, Cirrito, Cirritiello, Santa Candida, a quel tempo pertinenza di Serino, Lisca, la Pezza, la famosa ―Palata‖, che fino a pochi anni or sono ancora si costruiva per deviare il corso del fiume Sabato allo scopo di irrigare i campi.38 Riaffiorano anche tante attività ora scomparse, come il mulino ad acqua ( cum aquis suis), allora situato in Via Corticelle nelle case dei Molinari e poi spostato, in Via Zappelle, in una costruzione munita di una piccola torre rotonda che fungeva da piccionaia. Questa caratteristica costruzione fu adibita dalla ―Società Elettrica Vitale e Moscati ‖, all‘epoca del primo impianto di illuminazione elettrica del casale, nel 1923, a officina per la produzione di energia elettrica, con l‘installazione di un‘apposita turbina, e l‗antico mulino delle

36 Filomeno Moscati, idem, pp. 177 – 197. 37 Filomeno Moscati, ibidem, p. 176. 38 Filomeno Moscati, idem, p. 197.

23 Filomeno Moscati monache venne trasferito in Via Augello, dove ha continuato a funzionare all‘incirca fino agli anni sessanta del secolo XX. Riaffiora il forno, dove le famiglie di San Michele, a causa dei diritti feudali di privativa, o proibitivi, si recavano settimanalmente a cuocere il pane,39 un‘usanza rimasta nel costume del casale anche dopo l‘abolizione della feudalità, nel 1806, quando, dopo qualche tempo, mulino, forno e vinacciaio vennero acquistati da D. Francesco Moscati dietro pagamento di un censo annuale di 260 ducati. La conferma che il mulino e il forno erano situati nell‘area abitativa del casale ci viene proprio dalla charta traditionis, nella parte in cui la badessa afferma di detenere in proprio esclusivo dominio il mulino con le sue acque, situato all‘interno del casale ( molendinum unum cum aquis suis situm in dicto casali) e il forno con case attigue coperte da tavole (Jtem furnum unum cum domibus scandolis copertis intus dictum casale),40 siti in Via Cruci e costituenti il conventino per le monache stanzianti nel casale di San Michele di Serino, prima del loro trasferimento al Monastero di S. Michele di Salerno di cui parla il parroco Don Vincenzo Perrottelli sopra citato. Dal documento emergono anche tanti cognomi che, ancora oggi, contraddistinguono i discendenti delle antiche famiglie di San Michele di Serino e di Serino, Renzulli, Rapolla, Perrottelli, Cotone, Gogliormella, Vitagliano, Barone, etc.,41 ed emerge anche il significato dell‘appellativo Felloniche, dato alla zona ed alla via omonima e conservatosi immutato attraverso i secoli, un appellativo derivante dal fatto che in un campo della zona erano stati giustiziati e sepolti dei felloni42 ( ribaldi traditori che non potevano essere sepolti in terra consacrata), campo che, proprio per questa sua destinazione,

39 Filomeno Moscati, ibidem, p. 197. 40 Filomeno Moscati, ibidem,192 : <> 41 Filomeno Moscati , ibidem, p.197 42 Ottorono Pianigiani, Vocabolario etimologico della lingua italiana, Edizioni Polaris 1993, voce fellone, p. 518.

24 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo veniva chiamato lo fellito scomonecato, da cui ha preso il nome sia la via che la vasta zona ad esso attigua (ubi dicitur felloneca). 43 In questo documento rivive, in modo impressionante, il passato con tutti i suoi problemi di vita quotidiana, fra cui, fondamentale, il pagamento del censo enfiteutico, costituito da denaro e da prestazioni in natura, che assicurava il godimento di abitazioni e terre da coltivare ai possessori e ai loro eredi.44 Questi possessori, pur essendo vincolati alla terra, non potevano essere considerati come veri e propri servi perché il loro rapporto col Monastero feudatario, pur legando i discendenti all‘infinito, aveva carattere di censo, o enfiteusi, ed era regolato dalla “Charta traditionis” , il contratto scritto in cui erano gli stessi ―homini censiles” a dichiarare il loro stato e ciò che possedevano, consacrando la dichiarazione con un giuramento solenne effettuato tenendo la mano sulla Bibbia ( et sancta evangelia per eum corporaliter tacta iuravit). Sulla base di questo contratto erano i possessori enfiteutici a coltivare la terra, a seminarla, a piantarvi nuovi alberi e ad effettuare il raccolto, senza ingerenza alcuna da parte del feudatario. I coloni enfiteutici erano però tenuti a comunicare tempestivamente al padrone feudatario il tempo in cui avveniva il raccolto, affinché questi potesse inviare sul posto un suo rappresentante (missus o inviato), che provvedeva a riscuotere, secondo i termini del contratto, la terza parte dei prodotti del suolo e la metà dei frutti degli alberi e del vino. Al messo i coloni erano tenuti a fornire il vitto, l‘alloggio e un compenso giornaliero secondo la consuetudine ( palmetica ut consuetudo est).45 Essi erano inoltre tenuti a trasportare i prodotti costituenti il censo nel palazzo delle monache, sito nel luogo che da secoli viene indicato col nome di ―Piazza Palazzo‖, palazzo che aveva sostituito il più antico conventino con forno attiguo, di Via Cruci, dimora delle monache

43 Filomeno Moscati, ibidem, pp. 182 <>, 183, 185, 186, 187,189, 190, <> 191,192, 44 Filomeno Moscati, idem, p. 198. 45 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA), 2005, p.308.

25 Filomeno Moscati fino al momento del loro trasferimento al Convento Benedettino di S. Michele di Salerno.46 Il legittimo possesso del feudo di San Michele, da parte del Convento di S. Michele di Salerno, viene ribadito in un documento del 1443, in cui si ordinava che, proprio perché feudo di quel monastero,<< detto casale fosse franco, eccetto che dai carlini 4 a fuoco per la regia corte,> > ordine che fu reiterato nel 1501.47 Il possesso del feudo da parte delle monache benedettine del Monastero di S. Michele di Salerno, che indossavano l‘abito bianco delle monache virginiane, fu d‘altronde confermato dagli stessi vassalli con il giuramento di obbedienza e di ligio omaggio, prestato a Salerno nella chiesa di S. Michele delle monache il 22 gennaio del 1468 e consacrato in un documento notarile che così, testualmente, recita: 48+Nel nome di Dio Amen. Nell‟anno dalla nascita di lui medesimo mille quattrocento sessantotto, indizione seconda, a Salerno, e propriamente nella chiesa di San Michele delle monache, con la dichiarazione del giorno ventidue del mese di gennaio, sotto il Pontificato del Santissimo padre e signore nostro in Cristo Paolo secondo, per divina provvidenza papa per il quinto anno. Sia chiaro a tutti, attraverso questo attuale strumento pubblico, che [chiamati e

46 N. d. A. Per notizie più ampie sui Monasteri di S. Michele e di S. Giorgio di Salerno vedi Filomeno Moscati, Storia di Serino, pp. 198, 199, 304, seg.. 47 1443. Intestazioni feudali. 48 In Dey nomine Amen. Anno a nativitate eiusdem millesimo quattrocentesimo sexagesimooctavo indictione seconda Salerni et proprie in ecclesia monasterij santi Michaelis monialium de Salerno,Pontificatus santissimi jn Christo patris et domini nostri dominj Paulj divina providencia pape secundi anno quinto. Pateat universisis per hoc presens publicum jnstyrumentum quod [accersitis] me notario apostolico publico jnfrascriptoet testis subscriptis ad dictam ecclesiam sancti Michaelis monialium de Salerno ad requisitines et preces nobis factas per abbatissam et moniales [ ipsius monasterij], et dum essemus intus ecclesiam ipsius monasterij invenimus jbidem venerabilem et religiosam dominam Cobelluccia Rassicam de Salerno abbatissam dicti monasterij, videlicet Antonium de Renzullo, Amatum de Perottello, Minicum de Perrottello, Carlucium de Perrottello, Perrum de Perrottello, Rencio de Renczullo, Jacobum de Renczullo, Gregorium de Renczullo, Colam de Diletto, Valentinum de Diletto, Johannem de Mola, dompnum Blasio de Mola, Roy Fanfa, Andream de Crisullo, Bartholomeum de Crisullo, Fuczo de Goglumrello, Matheum de Cotone, Agostinum Vitaglianum, Paulum de Czardo, Philippum de Czardo, Sansonem de Ginnaro, Pellegrinum de Rapolla, et Agostinum de Goglurmella, et nobis jbidem existentibus prefati Antonius

26 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo fatti venire], insieme ai testimoni sotto scritti, da me notaio apostolico pubblico sotto scritto, alla detta chiesa di San Michele delle monache di Salerno, dietro richieste e preghiere a noi fatte dalla badessa e dalle monache [dello stesso monastero], e mentre eravamo nella chiesa dello stesso monastero incontrammo lì la venerabile e religiosa signora Cobelluccia Rassica di Salerno, badessa del detto monastero, sicuramente Antonio de Renzullo, Amato de Perrottello, Minico de Perrottello, Carlucium de Perrottello, Perro de Perrottello, Rencio de Renczullo, Jacobo de Renczullo, Gregorio de Renczullo, Cola de Diletto, Valentino de Diletto, Giovanni de Mola, Don Blasio de Mola, Roy Fanfa, Andrea de Crisullo, Bartolomeo de Crisullo, Fuczo de Goglumrello, Matteo de Cotone, Agostino Vitagliano, Paolo de Czardo, Filippo de Czardo, Sansone de Ginnaro, Pellegrino de Rapolla e Agostino de Goglurmella e, a noi che lì stavamo, i predetti Antonio 49e gli altri con lui prima nominati desiderando prestare il dovuto giuramento di assicurazione nelle mani della stessa signora badessa e in presenza del venerabile uomo Don Antonello de Palma di Salerno, vicario della cappella regia di San Pietro a Corte, che interveniva in nome del detto monastero, soggetto a detta cappella regia, per prestare questa obbedienza e il ligio omaggio come vassalli della stessa chiesa, in quanto fu ed è nel possesso di quella stessa chiesa, perciò oggi, nella data suddetta, davanti a noi, inginocchiati davanti alla predetta signora badessa, ed in presenza del detto vicario in nome della stessa signora badessa e per parte dello stesso monastero, tenendo le loro mani sopra un messale, mentre toccavano col corpo i santi vangeli prestarono il ligio omaggio e il dovuto giuramento di

49 et alij superius nominati desiderantis debitum assecurationis juramentum jn manibus jpsius domine abbatisse ac in presencia venerabili virj dompnj Antonello de Palma de Salerno vicarij regalis cappelle sancti Petri ad curtim intervenientis nomine dicti monasterij subietti dicte regalis cappelle prestare ac hobedientiam ligium et homanagium tanquam vaxalij ipsius ecclesie de qua ecclesia ipsa fuit prout est in poxexione, protterea hodie die predicta coram nobis flexis genibus coram prefata domina abbatissa et jn presencia dicti vicarrij eidem domine abbatisse nomine et pro parte ditti monasterij ligium homanagium et fisdelitatis debitum juramentum ac assecurationis tenentes eorum manus super quodam messale ad sancta dey evangelia corporaliter taptis prestiterunt per modum quj sequitur jnfrascrittum videlicet:

27 Filomeno Moscati fedeltà e di assicurazione nel modo seguente, che si può vedere scritto sotto: 50Noi Antonio de Renzullo, Amato de Perrottello, Minico de Perrottello, Carlucio de Perrottello, Perro de Perrottello, Rencio de Renczullo, Giacomo de Renczullo, Gregorio de Renczullo, Cola de Diletto, Valentino de Diletto, Giovanni de Mola, Don Blasio de Mola, Roy Fanfa, Andrea de Crisullo, Bartolomeo de Crisullo, Fuczo de Goglumrello, Matteo de Cotone, Agostino Vitagliano, Paolo de Czardo, Filippo51 de Czardo, Sansone de Ginnaro, Pellegrino de Rapolla, Agostino de Goglurmella, giuriamo e promettiamo in mano di voi sorella Cobelluccia Rassica, badessa del monastero di San Michele di Salerno, in nome e per parte del detto monastero, di essere da oggi in avanti vassalli fedeli e leali al detto monastero, ed a voi in nome di esso, e di portare tutta la dovuta reverenza, onore e fedeltà che deve portare il vassallo al suo signore e di non essere mai né con i fatti, né con le opere, né con le parole contro il detto monastero e [ qualsiasi] cosa che sentissimo fosse fatta o ordinata contro il detto monastero rivelarla a voi

50 Nuj Antonij de Renzullo, Amato de Perrottello, Minico de Perrottello, Carlucio de Perrottello, Perro de Perrottello, Renczo de Renzullo, Jacobo de Renzullo, Cola de Diletto, Valentino de Diletto, Joanni de Mola, dompton Blasio de Mola, Roy Fanfa Andrea de Crisullo, , Bartholomeo de Crisullo, Fuczo de Goglurmello, Matheo deCotone, Agostino Vitagliano, Paulo Czardo, Philippo 51 de Czardo, Sansone de Jennaro, Pellegrino de Rapolla, Agostino de Goglurmella ej joramo et promittimo in mano de vui soro Cobellucza Rassica abbatesso de lo monasterio de sancto Michele de Salerno nomine et pro parte de lo ditto monasterio da ogi jn nanti essere fidilj et lialj vassallj a lo ditto monasterio et ad vui nomine ipsius et portare omne debita reverencia honore et fidelita che deve portare suo vassallo ad singnore et no essere maij ni jn fatti ni jn opere ni jn parole contro lo ditto monasterio….cosa che sentessemo fosse fatta ordenata contro lo ditto monasterio lo revelare ad vui madamma la abatessa nomine ipsius reservata sempre la fidelita de la Magestade lo signore nostro re Ferrante….cossì dio ni aiute…..sancte dey Evangelie. Quibus omnibussic perattis secutuis et gestis ut supra tam dicta domina abbatissa et vicarius nomine dicti monasterij quam dicti vassalj pro cautela ipsius voluerunt et requisiverunt nos prefatos notarium apostolicum et subscriptos testes conficere deberemus publicum jnstrumentum, jdeo ad cautelam dicto monasteri ac ad requisitione dictorum domine abbatisse et vicarij nomine dicti ipsius et ceritudine veram omnium quorum et cuius inde [ jnterest et interesse ] poterit quolibet jn futurum de predictis omnibus et qualiter predicta omnia jn nostri presentia atta et gesta fuerunt fattum est ex jnde hoc presens puplicum jnstrumentum per…

28 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo signora badessa in nome dello stesso, fatta salva sempre la fedeltà del nostro signore il re Ferdinando…. Così dio ci aiuti….il santo Vangelo di dio. Ai quali tutti così riuniti, stimolati e condotti tanto la detta signora badessa e il vicario, in nome del detto monastero, che i vassalli, per cautela dello stesso monastero, vollero e richiesero che noi predetto notaio apostolico e sottoscritti testimoni dovremo fare un pubblico istrumento perciò, a cautela del detto monastero e a richiesta della detta signora badessa e del vicario, in nome dello stesso e per vera certezza di tutti quelli a cui interessa, o di chiunque altro cui possa poi interessare, dovunque in futuro, di tutte le cose predette, e come tutte le cose predette in nostra presenza furono fatte e compiute, è stato fatto quindi questo attuale pubblico istrumento per 52mano di me sopraddetto pubblico notaio apostolico essendo presenti il reverendo in Cristo padre e signore Carlo di San Severino, protonotario e commendatario del monastero di San Benedetto di Salerno, Antonello di Don Musco, milite, signor Francisco Capudgrasso, dottore in medicina, signore Nicolao Capudgrasso, abate, Francischello Macza, abate, Orlando de Judice, signor Jachetta de Granita, dottore in medicina, Jacobo Grillo, Tommaso de Judice, notaio, Filippo de Orlando, Don Mattia Jnpernate, don Stefano de Marvicis, don Vinciguerra Rugio, chierico, Nicolao Matteo Cafaro, don Roberto Frabello, don Monte de Alferio, e il chierico Domenico de Barbarito di Salerno, testimoni chiamati per le cose innanzi dette e in modo speciale richiesti. [ L. S.] 53 + E io Cipriano Cafaro di Salerno, per autorità apostolica pubblico notaio, maestro degli atti e segretario della detta cappella manus mey notari puplici apostolici supradicti presentibus reverendo jn Christo patre et domino Carulo de Santo Severino sedfis apostolice protomotario ac commendatario monasterij sancti Beneditti de Salerno, Antonello de dopno Musco milite, domino Francisco Capudgrasso artium et medicine dottore, domino Nicolao Capudgrasso abbate, Francischello Macza abbate, Orlando de Judice domino Jachetta de Granita artium et medicine dottore, Jacobo Grillo, Thomasio de Juduce notario, Philippo de Orlando,dopno Mathia Jnpernate, dopno Stefano de Marvicis, dopno Vinciguerra Rugio clerico, Nicolao Maztheo Cafaro, dopno Roberrto Frabello, dopno Monte de Alferio et clerico Dominico de Brabarito de Salernotestibus ad premissa vocatis spetialiter et rogatis.[ L. S.]

53 + Et ego Ciprianus Cafarus de Salerno puplicus apostolica auctoritate notarius ac magister attorum ditte regalis cappelle santi Petri ad curtim et scribaquia

29 Filomeno Moscati regia di San Pietro a corte, fui presente, insieme ai testimoni innanzi citati, alla prestazione dell‟omaggio predetto, alla prestazione del giuramento, all‟assicurazione e a tutte le altre cose predette, affinché nel modo predetto fossero fatte e avvenissero, ed esse tutte vidi e ascoltai che fossero fatte e in questa pubblica forma e scrittura si redigesse il presente pubblico istrumento e poi lo feci e scrissi di mia propria mano, per cautela dello stesso monastero e per certezza vera di tutti quelli a cui interessa e di chiunque poi possa averne interesse in futuro, e con il sigillo, la sottoscrizione e il nome miei soliti, ai quali sono aduso, con l‟autorità apostolica sopra detta contrassegnai in fede e testimonianza delle cose premesse, nell‟anno , nel giorno, nel mese, nel luogo e sotto il pontificato predetti alla presenza dei testimoni sopra detti. [ L. S.] Il presente istrumento fu presentato da Bernardo….di Salerno e dal sottoscritto procuratore della venerabile badessa e del monastero di San Michele di Salerno MCCCCLXXIII – Giovanni de Rotundi maestro d‟atti.

Il giuramento di vassallaggio e il ligio omaggio, resi in forma solenne nella chiesa del Convento di S. Michele delle monache di Salerno, trovano la loro ragione in un avvenimento, risalente a quattro anni prima, riguardante direttamente l‘Università di Serino, ma in cui venne coinvolto anche il feudo di San Michele. Era accaduto che nel 1443 alla dinastia angioina era succeduta, nel Regno delle Due Sicilie, la dinastia aragonese e re Ferrante I d‘Aragona non perdonò completamente al feudatario di Serino, Camillo della Marra, il fatto di essersi schierato, contro di lui, a predittj homagij prestacione sacramentique prestacione et assicuracione ac omnibus alijs predittis dm in modo preditta agerentur et fierent una cum prenominatis testibus presens interfuj eaque omnia fierj vidi et ascultavj et in hanc puplicam formam et scripturam reddegi presens puplicum jnstrumentum exinde confeci et scripsi manu propria pro cautela jpsius monasterij et certitudinem veram omnium quorum et cuius jnde jnterest et jnteresse poterit infuturum, [ singnoque ] et subscriptioneac nomine meis solitis quibus usus sum auctoritate apostolica supradicta consignavi jn fidem et testimonium premissorum sub anno die mense loco et pontificatu predittis presentibus testibus supradittis. [ L. S. ] Presens jnstrumentum presentatum fuit per Bernardum ….de Salerno et subscriptum procuratorem venerabilis abatisse ac monasterij sancti Michaelis de Salerno MCCCCLXXIII – Johanes de Rotundis actorum magister.

30 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo favore di Renato d‘Angiò e, con un ―privilegio‖ <> restituiva << a Camillo della Marra di Serino, figliuolo primogenito ed erede del già defunto Giacomo Antonio II, tutti i feudi con esclusione di Serpico e del feudo di Serino.>>54 Questa strana e insolita decisione aveva un motivo ben preciso, le ristrettezze economiche in cui si era venuto a trovare il re aragonese, che, allo scopo di rinsanguare le proprie finanze, con un diploma del 13 luglio 1469, << vendeva, attesi gli urgenti bisogni della corte, a‟ coniugi Lodovico della Tolfa ed Agnesa de Ursinis la terra di Serino in Provincia di Principato Ultra con i casali di S. Lucia, S. Biagio, S. Sossio, Ribottoli, La Dogana, Ponte, Ferrari, S. Giovanni, Toppola, Canale, Sant‟Agata e San Michele.>>55 L‘importanza di questo diploma non è costituita dalla vendita in sé, ma dal fatto che nella vendita era stato incluso anche il casale di San Michele, costituente un feudo a sé, di cui era feudatario e possessore il Monastero Benedettino di S. Michele di Salerno, feudo e possesso che venivano, così, messi in discussione. Le monache dovevano aver subodorato qualcosa, o essere state informate di quel che bolliva in pentola e, per difendersi, avevano coinvolto nella vicenda la stessa chiesa cattolica mediante l‘intervento al giuramento di ligio omaggio del pubblico notaio apostolico Cipriano Cafaro, di Carlo di S. Severino, protonotario e commendatario del Monastero di S. Benedetto di Salerno, e di Antonello de Palma, vicario della Cappella regia di S. Pietro a Corte da cui, a quell‘epoca, dipendeva il convento di S. Michele delle monache. Le conseguenze dell‘inclusione del casale di San Michele nel feudo e nella vendita di Serino non si fecero attendere a lungo, com‘è dimostrato da un provvedimento della R. Camera, che, dietro ricorso delle monache, imponeva nel 1493 che il casale di S. Miele, nello Stato di Serino, essendo di chiesa fosse esente da provvedimenti fiscali. Nel 1501, le monache dovevano intervenire ancora, come già avevano fatto ripetutamente in precedenza, perché il casale di S.

54 Erasmo Ricca, Istoria dei Feudi delle Due Sicilie, Stamperia di Agostino de Pascale, Napoli 1869, Vol. IV, p.427. 55 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA), 2005, p.208

31 Filomeno Moscati

Miele <> non era tenuto a pagare i 5 tornesi a fuoco, perché era <>56 e, nel 1503, esponevano che i 20 fuochi del casale di S. Miele in P. U. erano sempre stati franchi della tassa dei fuochi e del sale. A Serino infatti erano stati numerati 300 fuochi, ma l‘Università ne pagava solo 280 perché i 20 di S. Michele erano stati dedotti.57 Le monache, a causa di quella vendita, furono costrette a difendere il casale non solo dal fisco, ma anche dal feudatario di Serino, cui nel contratto era stato attribuito. Questi, infatti, volendo far valere in pieno i diritti che scaturivano da quella vendita, aveva imposto vari dazi, fra cui quello sul mulino e sul forno, anche agli abitanti di San Michele. Questi si appellarono alla badessa e alle monache, che, nel 1518, produssero un esposto nel quale affermarono che i loro vassalli dell‘Università del casale di S. Miele erano in lite col feudatario di Serino, Ludovico della Tolfa II (1497 – 1539), che li voleva costringere a pagare dei dazi sul mulino e sul forno, da cui essi erano immuni. A seguito di questo esposto fu ordinato al barone della Tolfa di non fare alcuna novità fino a quando la lite non fosse stata risolta.58 La lite, tuttavia, nel 1520 era ancora in corso, come risulta da un documento della Sommaria nel quale viene precisato che Ludovico della Tolfa II, signore di Serino, pretendeva che gli uomini del casale di San Michele andassero a macinare nel suo mulino e a cuocere il pane nel suo forno come se fossero suoi vassalli .59 È questa l‘epoca in cui il feudatario di Serino fece mancare l‘acqua che serviva a far ruotare le macine del mulino delle monache, acqua che proveniva dal suo feudo. Le monache, allo scopo di non perdere il reddito principale del loro feudo per molto tempo e per evitare ogni complicazione e limitare i danni che potevano derivare da un giudizio lungo, durante il quale il mulino non poteva funzionare perché privato delle acque che alimentavano il movimento delle macine, presero una decisione drastica e trasferirono il loro mulino dalla Via Corticelle alla Via Zappelle, dove le acque di alimentazione delle macine non potevano

56 1501, maggio, 5, Part. Summ., vol. 52, fol. 9 t 57 1503, luglio, 27, Part. Summ., vol. 153, fol. 152. 58 1518, novembre, 14, Part. Summ., vol. 174, fol. 198. 59 1520, marzo, 10, Part. Summ., vol. 106, fol. 114 t.

32 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo essere deviate. Lo situarono in una costruzione munita di una rotonda torre piccionaia, dove rimase per più di 400 anni , fino all‘anno 1923, quando, al posto delle macine, fu impiantata una turbina per la produzione di energia elettrica e le antiche macine del vecchio mulino, appellate comunemente ―mole‖, furono trasferite in Via Augello dove continuarono a funzionare almeno fino al sesto decennio del XX secolo. La controversia riguardante i diritti di privativa sul mulino, iniziata da Ludovico della Tolfa II, fu ripresa in modo diverso dall‘Università di Serino, che, nel 1554, impose la gabella di 23 grana a tomolo sulla farina <> Contro questa gabella ricorsero la badessa e le monache, da cui il casale dipendeva feudalmente, esponendo che <> in quanto vassalli di un ente religioso- ecclesiastico, <>. In seguito a questo ricorso <>.60 L‘Università di Serino ebbe invece ragione quando ricorse contro alcuni forestieri, che erano venuti ad abitare a San Michele e non volevano pagare tasse e gabelle, perché in questo caso la questione non riguardava il solo fisco, ma coinvolgeva le competenze giurisdizionali e feudali. I nuovi venuti, infatti, pur abitando in San Michele, non erano vassalli delle monache, per cui, non godendo dei privilegi dei vassalli degli enti ecclesiastici, erano tenuti a pagare le imposte dei residenti in Serino, di cui San Michele fu considerato un casale, e, poiché non risultavano iscritti altrove per i fuochi, <>61 L‘Università di Serino ebbe ancora ragione, qualche mese dopo, quando fece ricorso <> recandosi a Serino a vendere i loro prodotti, <>In seguito al ricorso la Sommaria ordina che <

60 1554, novembre 5, Part. Summ, Vol. 366, fol.70. 61 1554, novembre 19, Part. Summ., Vol. 371, fol.214t.

33 Filomeno Moscati

Serino.>>62Evidentemente l‘immunità fu, in questo caso, considerata valida solo nell‘ambito territoriale del feudo delle monache e un ingiusto privilegio fuori di esso. Trent‘anni dopo, nel 1588, le questioni di competenza ancora persistevano, dando adito a nuove controversie, tanto è vero che gli assuntori dei fiscali dell‘Università di Serino avevano incassato anche le entrate dell‘Università di San Michele, ma, poiché l‘appalto era stato stipulato con la formula <> il rimborso all‘Università di San Michele doveva essere effettuato dagli esattori, e, qualora essi non fossero stati solvibili, dall‘Università di Serino63 Le ingerenze del feudatario di Serino negli affari del feudo delle monache sembrano finiti nel 1539 con la morte di Ludovico II della Tolfa, cui successe nello stesso anno il figlio Giovan Battista della Tolfa II (1539 – 1566), almeno a giudicare dal documento che consacra il pagamento della tassa di successione, o relevio, da cui si evince che egli <>64 Come si vede nella ―Terra di Serino‖ non è più incluso il casale di San Michele, evidentemente perché alle monache era stato riconosciuto il diritto e il pieno possesso feudale sul casale, da loro costantemente rivendicato. Ciò nonostante i tentativi d‘ingerenza del feudatario di Serino negli affari del feudo delle monache continuarono, giacché egli non si fermò alle sole competenze civico - amministrative, perché , forte di un contratto di vendita in cui l‘altra parte contraente era stata lo stesso re, ritenne che, sulla base di quel contratto, fosse suo diritto anche la nomina del parroco della chiesa di San Michele Arcangelo.

62 gennaio 20, Part. Summ., Vol. 377, fol 215t 63 1588, marzo 30, Part. Summ., Vol. 1060, fol. 191t. 64 Erasmo Ricca, Istoria dei Feudi delle Due Sicilie, Stamperia di Agostino de Pascale, Napoli 1869, Vol. IV, p.429.

34 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

Bibliografia

Agnes L, Parva populi istoria, dattiloscritto inedito. Crisci G., Campagna A., Salerno sacra, Ed. della Curia Arcivescovile di Salerno, 1962. Moscati F., Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005. Ricca E., Istoria dei Feudi delle Due Sicilie, Stamperia di Agostino De Pascale, Napoli, 1869 Scandone F., Profilo di storia feudale dei comuni compresi nell‟antica contea di Avellino, Tip. Pergola, Avellino 1951.

35 Filomeno Moscati

Cappella di S. Maria delle Grazie al Castello

36 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

III La chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo nell’anno 1564

1- La nomina del Parroco Don Vinciguerra Magotolo. 2- La confraternita di S. Michele Arcangelo.3- La confraternita del Ssmo Rosario.

La conoscenza della storia dell‘antichissima cappella di Sant‟Angelo ad Peregrinos (VII sec. d. C.), risalente ai tempi dell‘invasione longobarda,65 divenuta col passare dei secoli Chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo, da cui ha preso il nome il casale di S. Michele di Serino, riceve un validissimo contributo dalle visite pastorali effettuate in essa nei due secoli successivi al Concilio di Trento. L‘interpretazione dei verbali di queste visite ci permette di gettare lo sguardo sul modo di vivere, sulle tradizioni, sui costumi religiosi e sulla fede del popolo cristiano – cattolico, oltre che sulle condizioni materiali di vita degli uomini che abitarono questo casale della terra di Serino, e sull‘influsso che su di essi ebbe l‘applicazione delle decisioni del Concilio di Trento (1537 -1564). L‘azione di questo concilio fu tutta tesa a combattere le dottrine scaturite dalla Riforma protestante e, soprattutto, quelle riguardanti l‘essenzialità della fede. Queste dottrine possono essere così riassunte: 1) Valore dell‘Eucarestia. Il Sacramento dell‘Eucarestia è privo di valore reale perché, anche se in Essa fosse presente Cristo, la salvezza dell‘uomo non dipende da quella ma solo dalla grazia, che Dio concede solo ai predestinati. Lutero in realtà, a differenza di Calvino, credeva nell‘effettiva presenza di Cristo nelle due specie del pane e del vino, ma per consustanziazione e non per transustanziazione, vale a dire che il pane e il vino non si trasformano nel corpo e nel sangue di Cristo ma rimangono pane e vino,66 e, perciò, nelle due specie del pane e del

65 Moscati Filomeno, Storia di Serino, Edizioni Gutenberg , Penta di Fisciano (SA), maggio 2005, pp. 97 e seg. 66 Lutero, De captivitate babilonica.

37 Filomeno Moscati vino c‘è solo l‘apparenza ma non la sostanza del corpo e dell‘anima di Cristo; 2) Unicità della fonte della fede individuata nella sola Scrittura (sola Scriptura); 3) La salvezza può provenire solo da Dio poiché l‘uomo è soltanto peccatore (sola Fides); 4) Una visione della Chiesa puramente concettuale e soggettivistica. Contro queste dottrine il Concilio, oltre a riaffermare la presenza di Cristo nell‘Eucarestia, in conformità alla tradizione cattolica, stabilì, con i suoi decreti ed i suoi canoni, che: 1) Tutti i Sacramenti consentono la salvezza, perché essi avvicinano l‘uomo a Dio concedendogli il dono della grazia; 2) Anche la tradizione dogmatica è fonte di rivelazione e di fede; 3) La Scrittura ha bisogno di una spiegazione che può provenire soltanto dalla Chiesa; 4) Non tutti i libri possono essere considerati Sacra Scrittura, e, con un apposito canone, stabilì quali fossero; 5) Fra i libri, inclusi nel canone, la Vulgata latina deve essere definita la riproduzione autentica della dottrina di Cristo; 6) Il Sacerdozio ha valore sacramentale; 7) La Messa è un sacrificio satisfattorio e chi la celebra (sacerdoti e popolo dei fedeli) con fede, pentimento e penitenza, riceve la remissione dei peccati.67 La Riforma cattolica, comunemente conosciuta come Controriforma, non si limitò soltanto alla definizione dei principi dottrinari e di fede, ma stabilì anche, con una precisa normativa, la nomina e i doveri dei cardinali e dei vescovi, la visitazione delle diocesi da parte dei vescovi, il conferimento delle parrocchie e la predicazione parrocchiale.68 In ossequio a questi decreti, che costituiscono il nucleo della Riforma cattolica, vennero eseguite le visite pastorali che formano una parte rilevante di questo libro. I canoni e i decreti del concilio tesero anche a rafforzare il potere dei vescovi sul clero secolare e regolare delle proprie diocesi, a rimuovere gli ostacoli provenienti da esenzioni, da ricorsi non

67 Joseph Lortz, Storia della Chiesa, Edizioni paoline 1973, Vol. II, p.212 68 Hubert Jedin, Breve storia dei concili, Ed. Herder Morcelliana, Brescia 1989, p.160.

38 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo giustificati e da interventi ed ingerenze dello Stato e dei feudatari in materie di pertinenza della Chiesa.69 L‘applicazione dei canoni e dei decreti conciliari appare evidente fin dalla prima delle visite pastorali da noi esaminate. L‘esordio della relazione di questa visita risulta sommamente interessante perché tende a stabilire in primo luogo chi sia il parroco e se, nella celebrazione della Santa Messa, egli segua il Rito romano. Esso riporta, inoltre, l‘ora , il giorno ed il mese, ma non l‘anno in cui la visita viene compiuta. Questa manchevolezza è stato possibile colmarla perché proprio il parroco citato nella visita, Don Vinciguerra Magotolo, costituisce un chiaro esempio di quelle ingerenze e di quegli ostacoli statali e feudali che il Concilio voleva eliminare. La vicenda prende inizio dal fatto che il Monastero delle monache di S. Michele di Salerno, all‘epoca feudatario del casale di S. Michele di Serino, deteneva anche lo iuspatronato della chiesa di S. Angelo del casale di S. Michele , iuspatronato cui era legato il diritto di nomina del parroco della chiesa con l‘assegnazione del relativo beneficio. In essa si era però inserito il feudatario di Serino di quell‘epoca, Giovan Battista della Tolfa II (1539 – 1566), il quale, aspirando ad impadronirsi del feudo delle monache, di cui si riteneva assegnatario in base al contratto di vendita del 1469, e volendo dimostrare di essere il vero feudatario del casale di S. Michele, cominciò col sostituirsi alle monache nello iuspatronato della chiesa, nominandone parroco don Vinciguerra Magotolo al posto di don Fabrizio Lucido nominato dalle monache. Il fatto diede luogo a una controversia giudiziaria che si concluse, in primo grado, con una sentenza emessa il 22 marzo 1565 da Giusto Corbellido, vicario generale di Salerno. Le conclusioni della sentenza furono che il diritto spettava al monastero e, pertanto, il beneficio doveva essere assegnato a don Fabrizio Lucido perché questi era stato legittimamente scelto dal detto monastero. Il feudatario G. B. della Tolfa II e don Vinciguerra si appellarono al papa, chiedendo che si sospendesse e si annullasse la sentenza, ma il giudice dell‘appello, l‘abate del Convento di S. Maria di Napoli, Paolo Tasso, sentenziò, in data 26 giugno 1566, che si era fatto male ad appellare (male fuisse et esse appellatum) e che bene era stato sentenziato, in prima

69 Hubert Jedin, opera citata, p.159.

39 Filomeno Moscati istanza, a favore del monastero di S. Michele. Il feudatario si appellò ancora , portando la causa all‘esame dell‘Uditorio della Rota. A questo punto la badessa e le monache fecero una supplica, nella quale esponevano la loro impossibilità a proseguire la causa in Rota <>. Α seguito di questa supplica il giudice di terzo grado, Daniele de Barbobo, vescovo e vicario generale di Napoli, si espresse a favore del monastero e rese esecutiva la sentenza emessa dal primo giudice,70 esecuzione che fu ordinata con un Breve del 13 ottobre 1567. In seguito a quest‘ordine Don Fabrizio Lucido, nominato dalle monache, prese possesso della sua chiesa il 28 marzo 1568, come in fede attesta il notaio Alfonso de Piano di Serino.71 Questa vicenda giudiziaria ci consente di collocare la visita in una data anteriore al 28-3-1568, perché nel verbale di detta visita si afferma che il parroco della Chiesa di S. Michele Arcangelo è Don Vinciguerra Magotolo (ecclesiam Sancti Michaelis Archangeli cuius parochus est D. Vinciguerra Magotulus). Questo parroco, nominato da un‘autorità illegittima e insediato col potere della forza, celebrava però la Messa secondo il rito romano (celebrat pias Missa secundum romanum ritum). L‘altare maggiore, non idoneo per la celebrazione della Messa, veniva sostituito con un altare portatile, ma anche questo fu ritenuto non idoneo e, perciò, fu ordinato di sostituirlo con uno più grande, costruito rispettando le misure stabilite dal precedente visitatore, e, a dimostrazione della aumentata considerazione e del maggiore rispetto dovuti dai fedeli alle particole consacrate, viene ordinato ai filiani che facciano, entro un anno, un conopeo72 in cui deporre le particole consacrate e quelle che rimanevano dopo il rito della Comunione. La constatazione più importante, che scaturisce dalla lettura del verbale di visita, è data dalla presenza in questa chiesa di alcune

70 Moscati Filomeno, opera citata, p.309. 71 Archivio di Stato di Salerno, Pergamene del Monastero di S. Giorgio, Vol. XV, segn. Q, perg. N.7. 72 N. d. A. Conopeo = Drappo del colore liturgico del tempo, che copre il ciborio e le particole.

40 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo confraternite, dal popolo denominate e conosciute, fin dall‘inizio della loro esistenza, come congreghe. Nel verbale di visita si afferma che una confraternita era eretta nell‘Altare maggiore e che essa era intitolata al Santo Patrono, cioè a S. Michele Arcangelo. L‘esistenza di questa confraternita, intitolata a S. Michele Arcangelo, giunge a me, e credo a tutti i ―Sanmichelesi‖, del tutto nuova. . Questa confraternita era infatti inattiva, non aveva né mobili né redditi e il visitatore, nel tentativo di attivarla, prescrisse <> ( diligentius se adhibeant ut pussent habere nominam quam solita concedi omnibus confratibus). Ben diversa era la situazione di un‘altra confraternita, eretta presso l‘Altare del Santissimo Rosario. Il verbale afferma che quest‘Altare era stato eretto per devozione universale di tutto il casale (altare Smi Rosarij, quod fuit erectus ex devotione universa dicti casalis) su licenza della curia, era munito di bolla di erezione e, in esso, dovevano essere celebrate quattro messe alla settimana a spese dei confratelli. La deduzione che ne scaturisce è che l‘altare del Smo Rosario era stato eretto, con l‘autorizzazione della curia, a spese della confraternita dallo stesso nome ed era frequentato con grandissima devozione da tutto il popolo, com‘era dimostrato dal fatto che davanti ad esso c‘era un continuo ardere di ceri per cui il visitatore ordinò che ciò si continuasse a fare nel futuro ( dixerunt cappellanus et filiani confrates continuo ardere ante Santissimus Sacratus, fuit mandatus quod manuteneant in futurum). La vasca del fonte battesimale era stata di recente rifatta e il visitatore, volendo richiamare alla memoria dei fedeli la più antica tradizione cristiana sul Battesimo, ordinò che sulla parete fosse fatto dipingere S. Giovanni Battista mentre battezza (facere depingi curet imaginem Jovannis Baptiste baptizantis), evidentemente Gesù nel fiume Giordano, a significare che il Battesimo era un Sacramento istituito dallo steso Cristo come tramandato nei Vangeli.73 Questa chiesa era, nel suo insieme, in condizioni pessime, perché risultava evidente che dal tetto scorreva acqua da diversi punti (cum appareat ex multis partibus flui aqua) e, cosa ancora più grave,

73 Matteo 3, 13-17; 3, 11; 28, 19; Marco 1, 9-11; Luca 3, 21-22;

41 Filomeno Moscati faceva nutrire dubbi sulla sua stabilità perché, a dire del cappellano, essa tremava per l‘incuria. I sepolcreti apparivano bisognevoli di riparazioni e mancava la sacrestia e, perciò, il visitatore ordina ai filiani che, entro un anno, costruiscano la sacrestia dalla parte del cornu epistulae dell‘altare maggiore, atteso che, per la riparazione della chiesa, imposero una gabella col regio assenso. Il verbale afferma che il curato rispettava l‘obbligo della residenza. e, poiché in questa chiesa così malandata esistevano dei dipinti, il visitatore gli ordinò di preservarli radunandoli, assieme ad ogni altra cosa duratura, nella destrana parte quadrata del cornu Evangelij Diamo di seguito, tradotto, il testo del verbale della visita pastorale, scrivendo in corsivo le parole di dubbia interpretazione:

Chiesa Parrocchiale di S. Michele Arcangelo Il giorno otto del mese di aprile, di mattina, lo Spettabile Illustrissimo visitatore, dopo aver delibato, si portò alla Chiesa Parrocchiale di S. Michele Arcangelo, di cui è parroco Don Vinciguerra Magotolo e non ha rettorìa e celebra le sante Messe secondo il romano rito. Visitò il Santissimo Consacrato, che trovò tenuto nell‘Altare maggiore, dentro un tabernacolo ligneo dorato, foderato di seta rossa, in una pisside d‘argento con piede sotto, dorato, ben tenuta. Ha un‘altra sacra pisside, ma senza piede, che il volgo chiama per quel che rimane, che, per decisione dello stesso visitatore, fu dentro dorata. Visitò l‘Altare maggiore, che non è custodito e vi si celebra con un altare portatile, che, poiché fu trovato privo di tela, fu concesso che il cappellano possa usarlo per un anno, nel qual termine gioverà averne un altro più grande, secondo la misura indicata nelle prescrizioni dettate dal precedente visitatore, sotto pena di libbre di cera 25. Possiede dei mobili, annotati in un quaderno delle visite, ha due candelieri lignei, dorati, e un Messale nuovo, grande. Fu ordinato ai filiani che facciano, entro un anno, un conopeo per il tabernacolo del Santissimo Consacrato (Sacratus) e per quelle che rimangono, che decentemente debbono essere tenute. Il reddito e gli oneri furono descritti nella precedente visita. In detto altare maggiore si asserisce che è eretta una confraternita, intitolata a S. Michele, e, al presente, non è attiva e non ha niente né in mobilia né in redditi, perciò fu ordinato che più diligentemente si

42 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo adoperino perché possano avere copia della nomina che, solitamente, si concede a tutte le confraternite. Visitò l‘Altare del Santissimo Rosario, che fu eretto per devozione universale (universa) di detto casale, su licenza della Curia, e, nella precedente visita, fu esibita la bolla di erezione da Gerardo Carmine e dal fratello Domenico. Ha l‘onere di celebrare quattro messe alla settimana, che attualmente sono celebrate dal Rev. Don Vincenzo Perrottiello, cappellano nominato dai confratelli, approvato dalla Curia, per le quali percepisce, per ogni singolo anno, carlini 3 ducati 10 dall‘Università del detto Casale e altri ducati 10 con reddito fornito dai confratelli. Gli emolumenti (venusa) li stabilì Don Vinciguerra Magotolo e disse che erano stati stabiliti sotto pena, in caso di arbitraria assenza, di depauperare il cappellano con gli altri celebranti. Riferirono, il cappellano e i filiani confratelli, il continuo ardere [ dei ceri] davanti al Santissimo Consacrato, fu ordinato che sia mantenuto nel futuro. La stessa chiesa ha due calici argentei, tre pianete di colore bianco, sopra, e di rosso colore con suoi manipoli e robe, due bianche, e le cibalee indispensabili e tutte le altre cose necessarie per celebrare. Fu ordinato che i filiani facciano fare (quo faciant) una tela incerata sopra l‘altare, per coprire le altre cibalee, entro un mese. Visitò il fonte battesimale, le sue cose sacre e il sacrarium, tutti ben tenuti, e la vasca, che era stata rinnovata come ordinato nella visita precedente. Fu ordinato al curato che curi di far dipingere l‘immagine di S. Giovanni Battista, mentre battezza, sul muro che separa l‘intervano. Fu ordinato ai filiani che, entro un mese, curino di riparare (resarciri) il tetto della chiesa che appare far fluire acqua da molte parti. Fu ordinato al cappellano di riferire sui redditi della chiesa. Disse che, di sicuro, detta chiesa tremava per l‘incuria e che la chiesa non ha rettorìa. Fu ordinato al cappellano di riparare i sepolcreti, sotto pena di libbre di cera tre, di esibire il libro e l‘inventario di tutti i beni della chiesa, sia quelli mobili che gli immobili, con i confini e i confinanti, antichi e contemporanei, e di quelli rilasciasse copia entro otto mesi, e, nello stesso termine, di censire ogni cosa. Trovò i cibori parrocchiali ben coperti. Il parroco abita in parrocchia.

43 Filomeno Moscati

Riferì il cappellano che in maniera equa esige le decime e i diritti dei morti dai suoi filiani. Disse che in quanto alle decime ne esige da ogni una e, circa le quote dei morti, prima si riscossero quattordici carlini per morto, come ora si riscuote per tutto il resto di Serino, in verità------quello che pagano, al detto cappellano, sono solo carlini cinque per morto, confusi grandi e piccioli, perché ingannati dalli figliani, convinti che erano liberi e bene se spontaneamente ne versano cinque. Fu ordinato che esibisca copia del libro dei morti, e, in quanto al diritto dei morti, fu ordinato al predetto cappellano che da ora innanzi esiga dai filiani, per qualsivoglia morto, carlini quattordici al di sopra dei sette anni, e, dai sei anni in giù, carlini cinque per qualsivoglia anno, come percepiscono gli altri parroci di Serino, e che quelli che pretendono opporsi vadano dall‘arcivescovo. Fu ordinato ai filiani che, dalla parte del cornu epistole dell‘altare maggiore, entro un anno facciano la sacrestia, atteso che per la riparazione della chiesa imposero una gabella sulla farina col regio assenso. Fu ordinato al cappellano che preservi i dipinti( observi pincta), intorno alla destrana parte radunati del cornu evangelij, e ogni altra cosa duratura. Visitò la cappella del Santissimo Rosario, nella quale è eretta una confraternita dallo stesso nome, di cui maestri, al presente, sono Donato Antonio Perrottiello e Vincenzo Cotone, i quali esibirono i conti per la ratifica, e furono approvati, come in essi [risulta], esibirono anche la bolla delle indulgenze, in cui si evidenzia l‘erezione e la licenza con il rescritto. La stessa confraternita ha un reddito di annui grani dieci all‘incirca. Fu ordinato di riparare l‘incensiere col suo appoggio. Fu demandato ai confratelli l‘onere della confessione, quando che fanno celebrare una Messa la settimana da donno Alesio Perrottiello nel primo sabato, a loro devozione,------con la sentenza arcivescovile. Fu comandato ai maestri e al detto Alesio che, come prima cosa che eseguire deve, insegni loro a ben morire, assieme alle altre cose, mentre celebra, sotto pena di scomunica. Fu anche comandato, a maestri e cappellano, che in detto altare facciano un antialtare di seta con un ciambellotto e comprino un messale nuovo con fodere moderne.

44 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

La cappella predetta ha inoltre l‘onere parrocchiale annuo di celebrare Messe, delle quali trenta per un legato di Pascharellus Renzulli, altre dodici Messe per legato di Nicolao de Ciardo, sei altre legate da Matteo de Cotone, da Guardalini Cesare e da Andreana Manfreda ai quali ha ------Fu ordinato al cappellano che, entro sei giorni, curi di porre i quadri dipinti entro sacconi, chiusi avanti con legacci Fu chiesto al cappellano se nella sua parrocchia avesse qualche peccatore blasfemo, o altri cattivi soggetti e pubblici peccatori. Disse di non conoscerne. Il cappellano------sibi------parere eius novea scritture ------

Bibliografia

Jedin H., Breve storia dei concili, Ed, Herder Morcelliana, Brescia 1989. Lortz J., Storia della Chiesa, Edizioni paoline 1973. Lutero, De captivitate babilonica. Luca, Vangelo, Marco, Vangelo. Matteo, Vangelo. Moscati F., Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005.

45 Filomeno Moscati

46 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

47 Filomeno Moscati

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50 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

IV

La chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo nell’anno 1625

1- Il Monastero di S. Giorgio feudatario di San Michele. 2-Rito d‟investitura del parroco. 3- Aumento della popolazione.

Questa visita pastorale fu eseguita il giorno 22 del mese di agosto 1625, quando ne era divenuto parroco, da poco più di un anno, Don Biagio Giovanni Battista Brescia, come si evince dal verbale. Il primo fatto saliente, che si evince dalla lettura di detto verbale, è il cambio del feudatario, che non è più il Monastero di S. Michele di Salerno, ma quello di S. Giorgio di Salerno. Ciò era avvenuto in ottemperanza alla riforma dei monasteri, voluta ed attuata proprio da un monaco, un francescano di umilissime origini, che divenne Papa col nome di Sisto V. Egli, oltre a riformare la Curia trasformandola, con l‘istituzione di quindici congregazioni cardinalizie, nel vero governo della chiesa,74 procedette ad una drastica riforma dei monasteri,75 e fu proprio a seguito di un suo ―breve‖, una lettera chiusa e sigillata ―sub anulo piscatoris‖, che, nell‘anno 1589, furono riuniti in quello di S. Giorgio altri due monasteri benedettini femminili di Salerno, quelli di S. Sofia e di S. Michele Arcangelo.76 Un altro fatto importante si evince dal verbale di questa visita e riguarda il rito, ed il modo, con cui si procedeva all‘investitura del parroco della Chiesa Parrocchiale di S. Michele Arcangelo in quell‘epoca. Ciò è stato possibile conoscere perché, essendo il parroco Brescia di nomina recente, il visitatore volle accertarsi della

74 Juan Dacio, I Papi da Pietro a Giovanni XXIII, Società Editrice Internazionale, Torino 1963, p.178 75 Joseph Lortz, Storia della Chiesa, Vol. II, Evo Moderno, Edizioni Paoline, Alba, 1973, p.238. 76 Moscati Filomeno, Storia di Serino, Edizioni Gutenberg, Penta di Fisciano (SA), 2005, p.304.

51 Filomeno Moscati

legalità della sua nomina. Il verbale riporta, infatti, che << egli fu inviato dalla Sede Apostolica, con la data Roma presso il Santo Padre tredici marzo 1624, alla Sede Arcivescovile Salernitana>>. In seguito a questo l‘Arcivescovo di Salerno, con una ―bolla‖ in data 19 Maggio 1624, gli concesse l‘incarico. Ricevuto l‘incarico il parroco fece la sua professione di fede nel giorno 13 luglio 1624 e, trascorso il tempo stabilito, fu insediato nella parrocchia. Il testo del verbale aggiunge che l‘insediamento avveniva ad opera delle monache, recitando testualmente che : <>. Da questo verbale si evince anche un importante avvenimento di ordine civico, costituito dall‘aumento della popolazione residente, un aumento tanto considerevole da costringere il visitatore precedente a concedere al parroco un coadiutore. Questo significa che la comunità , e l‘Università che la rappresentava, erano fiorenti e la vita degli abitanti del casale era di buona qualità, almeno per quei tempi. Non è difficile intuire che la popolazione era aumentata perché le condizioni di vita, degli abitanti di questo casale della ―terra di Serino‖, dovevano essere buone, se paragonate alle condizioni normali di vita di quel tempo. Il casale, infatti, godeva di una situazione di reale privilegio perché, essendo feudo di un ente ecclesiastico, era esente dai pagamenti fiscali, dalla tassa dei fuochi e del sale e, a volte, anche dalle spese di alloggiamento dei soldati, perché i suoi abitanti erano considerati ―vassalli de Ecclesia‖.77 Questi vassalli, inoltre, anche essendo legati alla terra, non potevano essere considerati come veri e propri servi, perché il loro rapporto con il feudatario, pur legando i discendenti all‘infinito, aveva carattere di censo, o enfiteusi, un contratto sulla cui base erano i coloni a coltivare la terra, a seminarla, a piantarvi nuovi alberi e ad effettuare il raccolto, senza nessuna ingerenza del feudatario. I vassalli - coloni erano tenuti soltanto a comunicare tempestivamente, al padrone – feudatario, il tempo in cui avveniva il raccolto (tempore

77 Moscati Filomeno, Storia di Serino, Edizioni Gutenberg, Penta di Fisciano (SA), 2005, p.301,302.

52 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo escunie ) perché questi potesse inviare un suo rappresentante (missus), che provvedeva a riscuotere, secondo la formula del contratto, la terza parte dei prodotti del suolo e la metà dei frutti degli alberi e del vino.78 Il verbale di visita ci fa capire che anche la vita religiosa, e del casale e della chiesa, era fiorente, giacché in detta chiesa esistevano cinque altari, tre congreghe e una cappella. Nell‘Altare maggiore era eretta la Confraternita di S. Michele Arcangelo, che, inattiva al tempo della precedente visita, risulta adesso pienamente funzionante, in quanto dotata di due maestri eletti dai confratelli, i quali <>. La Confraternita del Santissimo Rosario è anch‘essa pienamente funzionante, ha due Maestri, fa celebrare una Messa cantata nella prima domenica di ogni mese, seguita da una processione attraverso il casale. La Confraternita del Santissimo Crocefisso, eretta nell‘Altare omonimo, aveva l‘obbligo di far celebrare una messa ogni venerdì per i confratelli defunti. C‘era un Altare, eretto dalla stessa Università del casale, dedicato alla Madonna delle Grazie, dotato di una icona (quadro) di S. Maria delle Grazie. L‘altare di S. Maria del Carmelo era di iuspatronato della famiglia Perrottelli, e, poiché non era dotato di un‘immagine della Madonna del Carmine, fu ordinato ai patroni di far dipingere un‘icona con l‘immagine della Madonna e di rifare l‘Altare, che appariva troppo piccolo. Il testo del verbale di visita, tradotto, è questo:

Chiesa Parrocchiale di San Michele Arcangelo dello stesso Casale

Il giorno 22 del mese di agosto 1625 nello stesso modo l‘Illmo Revmo Visitatore, di mattina, si recò alla Chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo, di cui è parroco Biagio Giovanni Battista Brescia, inviato dalla Sede Apostolica, in data (sub data) Roma, presso il Santo Padre, tredici Maggio 1624, alla Sede Arcivescovile

78 Moscati Filomeno, idem, p.308.

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Salernitana, fu prodotta la Bolla, ottenne l‘incarico il giorno 19 Maggio 1624, fece la professione di fede nel giorno 13 luglio 1624, trascorso il tempo stabilito gli fu data la Parrocchia. Circa i frutti nel frattempo percepiti con soddisfazione personale provveda per il meglio. Sogliono presentare il parroco, in detta Chiesa, le monache del Monastero di S. Giorgio di Salerno, alle quali è passato il mandato delle monache di San Michele Arcangelo della stessa città, alle quali spettava il diritto di nominare il parroco. Visitò il Ssmo Sacramento, che si conserva nell‘Altare Maggiore in un tabernacolo. Ha due pissidi, [vi si] celebra con un altare portatile e tutte le cose sono ben tenute. Il parroco abita in parrocchia, spiega il Vangelo, insegna la dottrina cristiana, come i parrocchiani riferirono, non ha nessuna preoccupazione di pubblici peccatori. Esibì i libri parrocchiali, e il libro dello stato delle anime, ben fatti. Ha l‘onere del canto parrocchiale e l‘onere di alquante Messe nelle cappelle, come [ è scritto] nel registro che fu esibito e non completato nella precedente visita Ha un reddito di ducati sei all‘incirca, consistenti in alcuni censi, come nel sommario che fu esibito. Ha anche le decime di tutte le ―victualia‖ (viveri), in ragione di uno ogni quindici, e il diritto dei morti per i quali riscuote in ragione di carlini quindici per qualsiasi defunto. Ha mobilia, registrata nella precedente visita. Fu ordinato al parroco che, entro sei mesi, faccia un conopeo di bianco colore, con l‘aiuto dei filiani, e una balaustra sull‘altare, sotto pena di libbre di cera dieci. Non fu adempiuto l‘ordine, della precedente visita, che i parrocchiani facessero una pianeta di colore bianco e un pallio dell‘Altare maggiore, un conopeo violaceo per il tabernacolo, un messale e la Sacrestia. Subito dopo continuare fu corretto sei in altri sei mesi sotto la pena conferita nel detto decreto. Nella precedente visita fu concesso un coadiutore al parroco, a causa del numero dei parrocchiani, e fu incaricato dell‘amministrazione Nicholaus Perrottellus con l‘Università di detto Casale. Rende, per ogni anno, ducati cinque. Nell‘altare maggiore c‘è una confraternita intitolata a San Michele Arcangelo,

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di cui sono maestri Antonello Cotone e Annibale Rapolla, ai quali fu ordinato che entro sette giorni esibiscano la bolla di erezione e i conti dell‘amministrazione, [ a partire] dalla precedente visita, sotto pena di scomunica. I confratelli indossano sacchi bianchi e si prendono cura di seppellire i morti e di altre opere pie. Ha l‘onere di fare un libro e, per ogni seconda domenica del mese, una messa cantata, e all‘anno, di messe per ognuno di essi secondo quanto è scritto nel registro settimanale, messe che i confratelli fanno celebrare dal proprio parroco. Pagano per ogni messa cantata carlini tre e, per l‘assistenza, ad ogni prete carlini uno. La confraternita non ha reddito, ma ognuno dei confratelli paga, per ogni Messa della seconda domenica del mese, grana due ---- Ha mobilia, annotata nella precedente visita. Fu ordinato ai confratelli che tengano i sacchi nella chiesa, sotto pena di tre libbre di cera bianca, con la forma stabilita nelle precedenti visite. Visitò l‘Altare del Ssmo Rosario, nel quale c‘è una confraternita dallo stesso nome, di cui sono Maestri Nicolangelo Vulsone e Manfredo Giliberti, ai quali fu ordinato che assolvano i loro compiti, esibiscano i conti dell‘amministrazione, a partire dalla precedente visita, e la bolla sotto pena di scomunica. Ha l‘onere di quattro messe alla settimana, che, con un permesso, celebra don Teseo Perrottelli, al quale la confraternita paga annui denari dieci, e altri dieci li paga l‘Università di detto casale. I confratelli fanno celebrare anche una Messa cantata nelle prime domeniche del mese, con una processione, per la quale pagano al parroco tre carlini per ogni rione. Ha un reddito di sedici ducati, annotati in un registro esibito nella precedente visita, di cui una copia ivi stesso è stata trascritta. Ha anche altri dieci carlini all‘anno, in una proprietà lasciata per sua devozione da Jocin Grazia, del luogo, sopra i beni di Camillo, del luogo, l‘atto fu compilato per mano del notaio Felice Iannelli. Possiede mobilia, annotata nella precedente visita. Visitò l‘Altare intitolato a Santa Maria delle grazie, che è libero, e fu eretto per devozione dell‘Università. Ha l‘onere delle Messe, e la mobilia annotata nella precedente visita.

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E poiché il detto altare è in una cappella vicino alla fossa dei defunti, e ad altri incomodi, fu ordinato che l‘icona i maestri la trasportino all‘altare posto in Cornu Evangelij, contiguo alla Cappella del Crocefisso, e che in esso sia fatto un baldacchino e una festa annuale ( matralìa) e che nel precedente altare sia scritto ―interdetta la celebrazione‖. Visitò l‘Altare del Ssmo Crocifisso, teneno una Confraternita, come descritto nella precedente visita, a richiesta dell‘Università e degli uomini del detto casale, con l‘obbligo di far celebrare una Messa nel giorno del venerdì, su domanda di chi piaccia, per i fratelli defunti, e di pagare alla Curia secondo l‘elemosina [ fatta] da colui cui piaccia contribuire, le quali [ Messe ] debbono essere celebrate dal parroco di detta Chiesa. Fu ordinato al parroco, e ai confratelli di detta Chiesa, che, entro quattro giorni, facciano i libri sui quali dovranno annotare la soddisfazione delle Messe per singoli giorni, con l‘annotazione dell‘altare in cui, e da chi, sia celebrato, sotto pena di quindici libbre di cera. Visitò l‘Altare intitolato a S. Maria del Carmelo, in cornu epistolae, nel quale è eretto un diritto di patronato a favore di Antenore Perrottelli e Vincenza Luciano, coniugi, ed ha in dote ducati sette per pegni di ducati settanta sopra un territorio, là dove si dice ― lo nocelleto‖, entro i confini di detto Casale, vicino ai beni di Michele Angelo Perrottelli, Angelo Perrottelli e altri, con l‘onere di far celebrare una Messa nei giorni domenicali, come nella bolla è stato stabilito, [ bolla ] già redatta con data Salerno, giorno 4 del mese di luglio 1625, con l‘onere di pagare una muliam di libbre di cera bianca all‘Arcivescovo Salernitano , nella festa del trasferimento del santo corpo del Beato Matteo, che deve pagare il beneficiato. Il beneficiato è il Diacono Giovanni Antonio Renzulli, il quale esibì la bolla dell‘istituzione, fatta dall‘ordinario in data Salerno, giorno settimo del mese di luglio 1625. Fu ordinato ai patroni che entro sei mesi facciano una icona per detta cappella, e l‘altare in più ampia forma rifacciano, e facciano le altre cose necessarie per celebrare la messa, sotto pena di scomunica. Ha un palio con patena, una pianeta di damasco di bianco e rosso colore, un messale con quattro tovaglioli. Visitò il fonte battesimale con i sacri oli e il sacrario, e, poiché è indecente che stia sotto il campanile, fu ordinato al parroco che,

56 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo entro due mesi, lo trasferisca alla cappella nella quale c‘era l‘altare di Santa Maria delle Grazie e lì sia collocato con cancelli che, dentro, chiusi li mantengano. Visitò il confessionale, alla bolla conforme ed ai casi.

Bibliografia

Dacio J., I Papi da Pietro a Giovanni XXIII, Società Editrice internazionale, Torino 1963. Lortz G., Storia della Chiesa, Edizioni Paoline, Alba 1973. Moscati F., Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA), 2005.

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V La Chiesa Parrocchiale di San Michele Arcangelo nell’anno 1625

1- La cappella di S. Maria dello nome sulla porta.

All‘anno 1625 si riferisce anche il verbale di una seconda visita avvenuta a poca distanza di tempo dalla prima, appena tredici giorni dopo, cosa che a prima vista sembra strana e inspiegabile. Essa inizia con un‘annotazione, in alto a sinistra, di non facile lettura. Il verbale risulta importante per due cose. La prima riguarda l‘esistenza di una cappellam pictam, una cappella dipinta, la seconda l‘esistenza di un altare del Salvatore. Il verbale della Visita inizia dicendo che: <> La spiegazione del nome di questa cappella si evince dall‘annotazione, scritta in alto a sinistra, che, nella parte che è stato possibile decifrare dice . <

63 Filomeno Moscati collegamento reale, oltre che ideale, con l‘antica chiesa di S. Maria delle Grazie al Castello feudale.79 La cappella di Santa Maria delle Grazie, sita nella località S. Maria che da essa ha preso nome, era di iurepatronato della chiesa di S. Maria delle Grazie al castello, come afferma lo stesso verbale di visita, e probabilmente collegata alla cappella di S. Maria delle Grazie eretta nella chiesa di S. Luca evangelista di Ponte di Serino, località dove si erano trasferiti i della Tolfa, feudatari di Serino, e ciò spiega la stranezza di questa visita pastorale effettuata appena tredici giorni dopo quella precedente. Dopo la cappella dal nome sulla porta il visitatore si recò alla chiesa di S. Michele Arcangelo, evidenziando in essa l‘esistenza di un Altare del Salvatore. Ecco il testo del verbale di visita: Ascanio perrottiello [esibisce]lo registro di Sta Maria dello nome sulla Porta di Sto Luca del Ponte Ecclesia Parlis Sti Michaelis Arcangeli dti Casalis (Chiesa Parrocchiale di San Michele Arcangelo del detto casale) Il giorno 3 settembre 1625, allo stesso modo, l‘Illmo, Revmo Visitatore si recò ad una dipinta Cappella, o Porta, di iurepatronato della Chiesa Mad[onna delle Grazie] e coi segni della carità solenne, come da bolla conservata in Cur[ia] e Parroco è il Rev. D. Franciscus di Masi, come dalla bolla esibita nella visita passata. E, fatta l‘adorazione e la Turificazione al santissimo, quello visitò, riposto nell‘Altare Maggiore, ben tenuto in un tabernacolo dorato finemente e foderato dentro, in piside d‘argento c‘è quanto rimane. Questa chiesa ha reddito e mobilia come in inventario con onere di Messe come in registro, le cui copie esibì nella precedente visita, e, al presente, dimostrò di aver celebrato le Messe. Ispezionò due confessionali con bolla , idonei ai casi della confessione, il fonte battesimale con gli oli sacri, e il Sacrario, i libri parrocchiali, la fonte dell‘acqua santa, il tetto, il pavimento grande, i sepolcrari, il Campanile, ben tenuti. Il Parroco abita in parrocchia, insegna la dottrina settimanale e spiega gli Evangeli, nei giorni di domenica confessa.

79 Moscati Filomeno, Storia di Serino, Edizioni Gutenberg, Penta di Fisciano (SA), 2005, p.270 seg.

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Visitò l‘altare del Smo Crocefisso, in cornu Evangelij eretto. C‘è una Confraternita sotto il titolo di S. Angelo. I Maestri sono Ascanio Perrottelli e Andrea Gogliormella, cui fu ordinato di rendere i conti al Curato entro due mesi sotto pena di scomunica. I confratelli indossano sacchi con mantello di rosso colore, ai quali fu ordinato che li tengano in chiesa, sotto pena di scomunica, e di fare, entro due giorni, copia della fondazione, col juspatronato e il registro delle Messe e con la bolla che fu esibita nella visita precedente. Visitò l‘Altare di S. Maria delle Grazie, libero di Chiesa. Visitò l‘Altare di S. Maria del Carmelo, di diritto patronato dell‘Università, come in una copia che conservano in Curia, e beneficia don Michele Angelo Renzulli, come da registro compilato nella precedente visita. Fu condannato, il detto beneficiante, a libbre di cera sei a causa ------fondazione e registro, a rinnovare il Messale, e, con il Juspatrono riaffermino circa la soddisfazione delle Messe. per tutte ------sotto pena di sei libbre di cera. Visitò l‘Altare del Santissimo Rosario, nel quale è eretta una confraternita , con bolla presentata nella visita precedente. Non vi sono Maestri. Fu ordinato al parroco che quelli elegga, con il consenso e le croci (firme) dei confratelli, entro sei mesi, sotto pena di sei libbre di cera, ne scriva copie con i fratelli sotto la medesima pena. I descritti maestri scelgano i suffragi, le Messe, che debbono essere celebrate dal Rev. D. Prospero de Aurìa, che è autorizzato, come [ descritto] nella bolla esibita nella precedente visita, nella quale fu esibita copia della Fondazione, della mobilia e del reddito e il registro delle Messe e con promessa giurò di soddisfare. Visitò l‘altare del Santissimo Crocefisso, libero di Chiesa, e ugualmente l‘Altare del Santissimo Salvatore. Fu ordinato al Curato, e agli altri beneficiati, che------nella presente visita, entro sette giorni, sotto pena di sette libbre di cera------Fu ordinato all‘Università che, entro un anno, debba conferire le pianete, con panno davanti all‘Altare di colore violaceo, e rifacciano il tetto della Chiesa, sotto pena che sarà decisa dall‘ Illmo Arcivescovo.

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VI

Inventario delle rendite della Chiesa Parrocchiale de San Micheli Archangeli della terra di Serino Fatto dallo Rev. D. Alessandro di Auria curato di detta chiesa nell’anno 1634

L‘inventario dei beni della Chiesa Parrocchiale di San Michele Arcangelo, fatto nel 1634 dal curato Don Alessandro di Aurìa, presenta, per prima cosa, la novità della lingua. Esso è infatti scritto in volgare, quasi sicuramente per renderlo comprensibile, se non a tutti almeno ai non analfabeti, che all‘epoca costituivano la stragrande maggioranza degli abitanti del casale ed erano individuati con il termine di ―idiota et scribere nesciens ‖, ignorante che non sa scrivere.80 Ciò si spiega ancora meglio se si pensa che l‘inventario, oltre a includere i beni prettamente ecclesiali, quali altari, suppellettili, vestiario e quant‘altro necessario per la celebrazione delle Messe e delle funzioni religiose, comprende anche i redditi della chiesa, costituiti quasi interamente da terreni dati in enfiteusi, il cosiddetto censo, agli abitanti del casale. La seconda novità di rilievo è costituita dalla presenza in detta chiesa di un orologio, che, oltre a segnare le ore su di un quadrante situato sul muro frontale della chiesa, era dotato di un meccanismo che scandiva le ore e le mezze ore col suono di due campane situate proprio sulla sommità di essa, fatto di grandissima importanza per la popolazione contadina del casale, abituata a calcolare l‘ora soltanto col percorso del sole. La terza novità è data dalla presenza, sull‘altare intitolato alla Madonna delle Grazie, di una statua, presenza che viene così descritta: <> La presenza di questa statua costituisce la dimostrazione palese della devozione popolare e della considerazione in cui veniva tenuto il culto di ―Sancta Maria Gratiarum ‖, il cui altare era stato eretto per devozione dell‘Università, come è riportato nel verbale della visita effettuata il

80 Moscati Filomeno, Storia di Serino, Edizioni Gutenberg, Penta di Fisciano (SA),2005, p. 197.

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22 agosto 1625, che, testualmente afferma: <>, visitò l‘Altare di Santa Maria delle grazie, che è libero e fu eretto dalla devozione dell‘Università. Assume perciò notevole importanza, nel quadro della devozione popolare per la Madonna delle Grazie, la presenza della piccola cappella dipinta, con l‘intestazione alla Madonna delle Grazie sulla porta a sottolineare la sua dipendenza da quella del Castello feudale, <>, una volta esistente nella zona ―Santa Maria‖ che proprio da essa ha preso la denominazione che tuttora conserva. A conferma di ciò sta il fatto che l‘altare maggiore, intitolato al Santo patrono, è dotato di una icona, sia pure con cornice indorata, ma non di una statua. L‘inventario è, inoltre, importante perché cita molti luoghi dell‘antico casale con i nomi che portano anche adesso. Trascriviamo il testo dell‘inventario nella sua stesura originale, salvo qualche insignificante modifica, per renderlo più comprensibile nei punti meno chiari.

Inventario delle rendite della Chiesa parrocchiale de San Micheli Archangeli della terra di Serino Fatto dallo Rev. D. Alessandro di Aurìa curato di detta chiesa nell‘anno 1634. ----- nell‘altare maggiore di detta chiesa vi è una icona di San Michele Archangelo con la cornice indorata. C‘è anco il Tabernacolo, dove se tene il Santissimo, di legno indorato. In detto Tabernacolo si Conserva una pisida de argento sopra indorato. In ditto Tabernacolo si Conservano una pisida de argento sopra indorato , con una cappetella di lana di Siponto. Vi è anco una altra pisida piccola di argento. In detto altare su uno dei muri ci have uno Pincto di colore rosso. Vi sono anco due Cappelle supra tabernacolo [ una] con una finestra et un‘altra niente. Sono in ditto altare quattro Cortina di colore rosso. Vi sono quattro sonagli per l‘altare. Vi sono due paia di Agnelli et quattro candelabri. C‘è una Carta di gloria et una Croce.

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Vi è un pallio sopra per quanto sta il Santissimo. Vi è un Cappetto rosso di lana di Campagna per quanto sta il Santissimo. Vi sono dui paia di Sacris. Vi sono tre Calici, uno novo un altro usato et un altro vecchio. Vi è una efera d‘argento nova. Vi è uno lungo Camicem. Vi sono tre buste, una rossa, una violacea et un‘altra verde. Vi sono cinque veli de sofà, uno verde, uno bianco et un altro turchino. Vi sono sei Corporali con maccaturi et purificatori. Vi sono tre Missali. Vi sono due pianete bianche, una verde, una turchina, una rossa e due nere. Vi sono tre camici superiori. Vi è un Rituale Romano et due bavette. Vi è una finestrella a cornu evangelii, dove se conserva uno vasetto de argento con l‘oglio santo e di estrema unzione, con una busta verde et viola. Vi è la fonte battesimale di pietra, dentro vi sta una concolina con il coperchio di rame. Vi è un vasetto di legno per portare l‘ acque. Vi è uno vaso dove si conserva l‘ oglio della cresima e dei catecumeni. Vi è l‘altare delli morti con tovaglie et altre cose necessarie per l‘altare. Vi è una confrateria con venti cinque sacchi bianchi et altri tanti cappucci rossi. Vi è uno stendardo di tomasco rosso con l‘effigie di Nostro Signore et dall‘altra parte di S. Michele Arcangelo. Vi è una croce di argento con un panno di tomasco bianco con l‘effigie della madonna delle gratie. Vi è l‘altare della Madonna delle Gratie con la sua effigie di statua con il vetro avanti et de fuori vi sta uno panno di tomasco rosso e l‘altro di oro pelle. Vi sono tovaglie, candelieri et sonagli et ultima patiu metu. Vi è l‘altare della cappella del Santissimo Rosario, l‘icona della Madonna con li Martiris sopra indorata.

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Vi è l‘antialtare con tutte l‘altre cose necessarie per dire Messa e gli usi di Confessione per il beneficiato. Vi è l‘altare di Sta Maria del Carmine. Vi è il quadro con l‘effigie di detta Madonna, contene ancho la copia [ della] notificazione a dire Messa e per confessare per il beneficiato. Vi è l‘altare del Santissimo Crocefisso con l‘antialtare con planeta et tutti altre cose necessarie per la Messa. In ditta chiesa vi sono Campanile con due campane. In ditta Chiesa anco vi è uno rilogio murato fisso con una altra campana. Vi è uno incensario vecchio. Vi è uno Crocefisso portabile. Vi sono anco tre bacili, uno grande e due piccoli. Have di entrate per tanti renditi ditta chiesa ducati --- Du ------p 6 Quale entrata di renditi sue per li sotto detti modi, septe ---- sia come inventario dello quale si è fatta copia in seguito ---In ------pagano Jesus maria come de seguito: Nota dell‘Inventario delli Renditi della Parrocchiale chiesa di San Michele Arcangelo dello Casale Santo Miele della terra di Serino------Tommaso et Santo Cotone possedono una terra detta lo Gaudo vicino ai beni di Jennaro et fratelli Romei tra la via pubblica et altri confinanti, rende a dicta Ecclesia ogni anno grana tre in tutto-go.3 Il Bosco di. Giovanni et Giuseppe renzullo, fratelli, possidono tre boschetti detti le Cesine (boschi cedui), vicino ai beni di ferrante et fratelli Romei di toto Vitagliano via pubblica e altri confinanti, rendono ogni anno a detta chiesa carlini quattro-go-2 Angelo Renzullo possede uno fondo in zoni Sta Candida vicino li beni dei germani Tomaso et Cesare renzullo et altri confinanti, rende ogni anno, a detta chiesa, carlini tre--go---i--i0 Nicola Vitagliano possede una terra detta Aglianico vicino li beni di Domenico Vitagliano, quelli di Stefano renzullo via publica da sotto et altri confinanti, rende per anno a detta chiesa carlini tre------go--i----- 4 Andrea perrottiello possiede una terra detta l‘Ischa vicino ai beni di Paulo renzullo, lo Cerrito di dicto Stefano et altri confinanti, rende ogni anno a detta Chiesa grana cinque---go --5

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Giovanni Donato renzulli posside una terra detta Sta Candida, vicino ai beni di Angelo et Cesare Renzulli, il corso dello mulino et aliis confinis (ed altri confinanti) , rende per anno a detta chiesa carlini tre------go---i----10 Cesare Renzullo possede un‘altra terra detta Santa Candida, vicino ai beni che furono delli quondam (defunti) Jennari Bruno Romeo vicino ai beni di Angelo renzulli et aliis confinis ( ed altri confinanti) rende ogni anno a detta chiesa carlini cinque------go----i Lo dicto antonio renzullo pssede una terra detta Aglianico vicino ai beni di Donato Vitagliano , di Cesare renzullo via publica ed altri confinanti, rende ogni anno a detta chiesa carlini dui ------go –i--o Cesare renzulli delli qm(defunto) Domenico renzullo possede una Ischia detta Aglianico vicino ai beni di donato renzullo, via publica ed altri confinanti, rende ogni anno alla detta chiesa grani dui ------go----o---io Sabato Ciardo possede una terra detta li Corticelle, vicino ai beni di santo renzullo, di Martino Ciliberto, via publica et altri confinanti, rende ogni anno a detta chiesa carlini tre go------i--io Santo renzulli possiede un‘altra terra detta le Corticelle vicino ai beni di Sabato Ciardo, di Mattia Covelluzzo, via publica et altri confinanti, rende per anno alla detta chiesa carlini due-go.i-o Augustino et Paulo Cotone, fratelli, per sé possiedono una terra detta l‘Ischa de servitione al detto Stefano, vicino ai beni detti del fu Antonio perrottiello, lo Cerrito della Sigra [Signora ?], del fiume Sabato ed altri confinanti, rendono carlini tre a detta chiesa – go---o- ----g Fortunato antonio rapolla possede uno horto vicino ai beni di Prospero Ciliberto, vicino alla via pubblica---ed altri confinanti, rende ogni anno a detta chiesa carlini dui –go------i---io Prospero Giliberto possede una terra detta la Corte vicino ai beni di Donato Antonio renzullo, li beni del fu Marco renzullo, via publica et altri confinanti, rende ogni anno alla detta chiesa carlini dui------go---i----o Donato gogliormello possede un‘altra terra detta lo Cerrito in territorio di Santo Stefano, vicino ai beni di Paulo renzullo, del fu Giuseppe renzullo ed altri confinanti, rende ogni anno a detta chiesa grana undici e Carlini tre ------go----o--ij----o3

73 Filomeno Moscati

Fortunato Ciliberto possede una terra detta lo Cerrito, in territorio di Santo Stefano, vicino ai beni del sopra detto Donato, lo cerrito della Sigra ed altri confinanti, rende ogni anno alla detta chiesa grana undici e Carlini tre-go---o---ij ---o3 Federico renzullo possede una terra detta la Selva, vicino ai beni di toto renzullo et altri confinanti, rende ogni anno a detta chiesa grana sedici et mezzo ------go------o------i6 Il sopra detto Marco renzullo possede una terra detta la Corte vicino ai beni di prospero Ciliberto, via publica et altri confinanti, rende ogni anno a detta chiesa carlini quattro-go-z-o Antonino et toto Vitagliano possedono una terra detta le Cesine vicino ai beni del su detto defunto Antonio renzullo, di Paulo renzullo, vicino alla via pubblica e ad altri confinannti, rende ogni anno grana dieci ------go------o----1° Thomaso carzolano possede una terra detta la Corte che fu dello defunto Lorenzo spinto, vicino ai beni di Mattia Ciardo, delli beni del defunto Giuseppe renzullo rende ogni anno a detta chiesa grana nove------go----o-----9 Lorenzo renzullo possede lo nocellito che fu dello defunto Decio crescillo, vicino ai beni di Giovanni di Ciauro de Ayello, li beni di federico perrottiello, Amo Dio de Gayta e altri confinanti, rende ogni anno a detta chiesa grana quindici------go----1°-----15 Giovanni Carullo delli possiede una terra ditta lo Gaudo, vicino ai beni che furono dello defunto Francisco renzullo, vicino al ponte de papalisio Giovanno di Carmino, di Giuseppe di Gayta, vicino alla via pubblica e ad altri confinanti, rende ogni anno a detta chiesa carlini cinque ------go----z-----io Vincenzo de Candia et alfonzo , pascale et Agostino de candia suoi figli, delli Cesinali, fratelli, possedono una terra ditta la toppola , vicino ai [ beni] che furono del defunto Giovanni battista de Santis de francisco de orciolo et altri confinanti, rende ogni anno a detta chiesa grani otto------go------o---8 Cesare renzullo et rev. D. Giovanni Zutto et D. giuseppe renzullo possedono, come beneficiati dello defunto Cesare, una terra detta la toppola vicino ai beni di Stefano di Candia Luca ----via pubblica et altri confinanti, rendono------go------15 Paulo renzullo possiede una terra seminativa vicino ai beni di Minico et fratello suo Santillo et altri confinanti, rende ogni anno a detta chiesa grana cinque------go------5

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Olimpia pisano possiede una terra vicino li beni di fortuna pisano, sua sorella, di Paschale Vitagliano, da sopra Giovanni Concino, via pubblica et altri confinanti , rende ogni anno a detta chiesa grana sei------go------6 Teresa pisano possede una altra terra nel medesimo loco, vicino ai beni della detta Olimpia pisano sua sorella, Dominico Ingino da sopra Giovanni Concino via pubblica et altri confinanti, rende ogni anno alla detta chiesa grana sei------go--6 Vincenzo perrottiello possiede uno pezzo di terra seminativa, la Sozza, vicino ai beni di Giovanni ------di mattia Sabato et paulo renzullo ------rende ogni anno a detta chiesa------Donato Vitagliano possede un pezzo di terra seminativa, la selva, dopo lo nocelleto, vicino ai beni di Olimpia e teresina pisano e toto renzullo, rende ogni anno a detta chiesa grana sei------g o------6 ------Francisco di mola ------Sic! et Fabrizio perrottiello possiedono una terra detta l‘Ischa che fu dello defunto Giovanni Antonio di mola vicino ai beni dello defunto Decio Cotone, lo cerrito dello defunto di Stefano, lo fiume Sabato, rende ogni anno a detta chiesa grani diciannove-gr-19 Fabrizio rapolla possiede una terra detta la selva dove si dice li ortali ------fu venduta dalli defunti Andrea Zeolo et Giulia Pisulino, vicino ai beni che furono dello defunto Sabino Cotone, da supra la via publica, et altri confinanti, rende ogni anno grani sei------gr------6 Giovanni battista de mattia possede una terra vicino ai beni di Francesco di mola , di prospero di masi, toto renzullo et altri confinanti, rende ogni anno a detta chiesa grana dieci----go---10 Ferdinando Battaglino possede una terra nominata fellonica, vicino ai beni di Giulio perrottiello, di N------via publica et altri confinanti, rende ogni anno grana cinque—go--5 Paulo Cotone possede una terra seminativa vicino ai beni di ------rende ogni anno grana tre------go------3 Laudomia Cotone, erede dello defunto Manfredo Ciliberti , possede una terra seminativa rende ogni anno------go-----io

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Santi renzullo possede una terra detta la Cesina, vicino ai beni di toto Vitagliano, fortunato romeo, alla via pubbica et altri confinanti, rende ogni anno a detta chiesa carlini tre-----go-----3

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VII

Chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo nel 1640

1- La confraternita del Ssmo Rosario.

Il verbale di questa visita non mostra nulla di eccezionale. Il visitatore si limita alla ispezione degli altari, a constatarne la efficienza, la buona manutenzione, e, dove non la riscontra, a ordinare che si faccia quanto egli ritiene opportuno per migliorarne il decoro oltre che l‘efficienza. Pur tuttavia anche da un verbale così semplice e piano vengono messi in evidenza un modo di vivere e una tradizione, umana oltre che religiosa, cui abbiamo già fatto riferimento nel commentare i verbali precedenti, l‘associazionismo in confraternite ed il culto dei morti. Il visitatore, infatti, nell‘ispezionare l‘altare del SSmo Rosario, mette in rilievo che in questa cappella è eretta una confraternita sotto lo stesso nome e che i confratelli sono provvisti di sacchi bianchi con mozzette e cappucci neri, che indossano nel seppellire i morti e per altre opere pie ( Visitavit Cappellam Ssmi Rosaris in qua est erecta Confraterias sub eodem nomine. Confrates induunt sacchos albos cum muzzettis, et pilis nigris, cincunt se in seppellendis mortuus, et aliis operibus piis). Nel verbale viene dato particolare rilievo all‘ispezione dei confessionali, che furono trovati privi di bolla e di grate, com‘era invece prescritto specificamente dal diritto canonico. Di ciò fu chiesta ragione al parroco, che, minacciato di scomunica, si discolpò adducendo di non riuscire ad udire, attraverso le grate, i peccati dei fedeli. Nel complesso dalla lettura di questo verbale emerge il quadro di un casale i cui abitanti vivevano una vita semplice, legata al lavoro dei campi e alla celebrazione delle solennità religiose, tanto che in esso non esistevano né scomunicati né pubblici peccatori, tutti adempivano il precetto pasquale e quello festivo, il culto di Dio, confessando a vicenda i propri peccati prima dell‘Ufficio della Messa (in praedicta Ecclesia nullus adest Excomunicatus nec publicus peccator, omnes satisfaciunt preceptum Paschale praeter

89 Filomeno Moscati festivales, Deus Cultus, et peccata personalia qui ante officium invicem confessantur) . Ecco il testo: Chiesa Parrocchiale di San Michele Arcangelo del detto Casale Il giorno 9 del mese di agosto 1640 il Reverendissimo Signor Visitatore, proseguendo la sua visita, si recò alla chiesa predetta, di cui è parroco il Rev. D. Scipione Renzullo, come è riportato nella bolla. Visitò la Ssma Eucarestia Consacrata, che si conserva nell‘Altare Maggiore, entro un tabernacolo finemente dorato, dentro foderato di seta di rosso colore, nel quale ci sono due pissidi, una d‘argento dorata dentro, e l‘altra finemente dorata dentro il Santo. Fu ordinato al parroco, sotto pena di libbre tre di cera, che, entro un mese, faccia apporre una croce sulla pisside piccola---- In detto Altare si celebra con un Altare portatile, che, sotto la stessa pena e tempo, fu ordinato che lo si faccia coprire di tela incerata. Questa Chiesa parrocchiale ha redditi per cinquanta denari, descritti in una carta, consistenti in denari, censi e territorio. Fu al medesimo [parroco] ordinato che, nello stesso tempo di cui sopra, sotto pena di sedici libbre di cera, ne esibisca copia in Curia con nomi e cognomi, confini e confinanti.81 Ha in immobili come in fundiario. Fu ordinato che ne esibisca copia in Curia, sotto lo stesso tempo e pena, distinguendo i mobili parrocchiali, dei compatroni e dell‘Università, e porti copia del reddito dei fondi (fundiario). Visitò il fonte battesimale con gli oli sacri, e il Sacrario, e fu dato al parroco il mandato della visita precedente. Visitò l‘olio degli infermi, conservato in una finestrella in cornu Evangelij dell‘Altare maggiore, chiusa con seta. Ha l‘onere delle Messe riportate in registro. Nello stesso tempo, e sotto la stessa pena, ne esibisca copia e produca copia della [ celebrazione]. delle Messe in registro, ammonendo il parroco, e gli uomini dell‘Università, che ad addurre prova compaiano in Curia allo scopo di dovere assoggettare i fondi alla detta Chiesa, ragione per cui fu dato mandato alla divisione nella precedente sacrosanta visita fatta-----.

81 Una nota a margine dice che <>,esibì la copia entro il settimo giorno.

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Il parroco insegna la dottrina ogni settimana ed espone il Vangelo nei giorni di Domenica e festivi di Precetto Nella predetta Chiesa non c‘è nessuno scomunicato, né pubblico peccatore, tutti adempiono il precetto Pasquale e nei giorni festivi e di Domenica praticano il Culto di Dio, e i peccati personali prima dell‘Ufficio (prima della Messa) vicendevolmente si confessano. Fu ordinato di rimuovere gli ostacoli che impediscono le confessioni. Ispezionò i libri parrocchiali, fatti con competenza. Ispezionò i due confessionali. In uno mancano le grate e la bolla, fu condannato il parroco alla pena di libbre tre di cera lavorata, e alla stessa pena ogni singolo prete che amministrava la Santa Penitenza. Fu poi ordinato al parroco di deporre la verità, sotto pena di scomunica, in ultimo gli fu ordinato di apporre le grate e la bolla, sotto la stessa pena. Disse che non udiva i peccati dei fedeli Visitò la cappella del Crocefisso, in Cornu Evangelij dell‘Altare della Chiesa. Fu ordinato ai Maestri che facciano murare una lapide sacra, di coprirla con tela incerata e di apporre una chiudenda, e nel frattempo sia sospesa. Visitò la cappella di Santa Maria del Carmelo , in cornu Epistole dell‘Altare della Chiesa, che si asserisce essere di iurepatronato degli eredi del Signor Antonio Perrottiello, e ha un reddito come nella visita precedente, di cui beneficia il Rev. Don Antonio Renzullus, il quale, sotto la stessa pena demandata nella precedente visita, fu condannato alla pena di cinque libbre di cera e rinnovato l‘ordine di costruire Croce e candelabri, e la Carta parrocchiale e la cartula di elezione a miglior conferma, e, poiché c‘è l‘onere di due Messe nella Chiesa, fu allo stesso ordinato che riferisca circa la celebrazione delle Messe.

Visitò la Cappella del Ssmo Rosario, nella quale è eretta una confraternita sotto lo stesso nome. I confratelli indossano Sacchi bianchi con mozzette e cappucci neri, che indossano nel seppellire i morti e per altre opere pie. I maestri attuali sono Donato de frasio, Scipione Cotone e Bartolomeo de Gorgiommella, fu ad essi ordinato che ai competenti rendano i conti dell‘amministrazione fatta, sotto pena di scomunica, entro dodici giorni riferiscano circa i redditi, gli oneri e le cose mobili, e facciano coprire la lapide con tela incerata e pongano una

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Croce sull‘altare, sotto pena di libbre di cera sette, e nel frattempo siano sospesi. In questa cappella c‘è un Beneficato di iurepatronato della detta Università, e il beneficiario è Don Prospero di Aurìa. Fu ordinato al beneficiato che riferisca circa i redditi, gli oneri e la soddisfazione delle Messe entro sette giorni, sotto pena, in caso di arbitrio, di incorrere in una peggiore. Visitò l‘Altare del Crocefisso, vicino alle porte della Chiesa, libero di Chiesa. Fu ordinato che, fino a quando sia fatto un altare portatile, sia coperto di tela incerata, e in esso celebrare le Messe. Vi sono altri due altari liberi di Chiesa. Fu ordinato che in essi non si celebri la Messa, né ad alcuno sia concesso alcunché senza permesso della Curia. Fu ordinato al parroco, ai Beneficiati e ai Maestri, di procurare copia della presente visita entro dodici giorni, sotto pena di tre libbre di cera per quelli cui spetta, e fu ordinato che quella il parroco curi di trascrivere nel libro della Chiesa, affinché siano consacrate ed eseguite. Fu ordinato al parroco, ed agli altri nelle cose sacre avvisati, di osservare le cose decretate nei termini prescritti, e quelle che nelle altre cose parrocchiali ordinammo, sotto la stessa pena.

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VIII

La Chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo nel 1652

1- La congrega “Monte dei Morti”. 2- L‟Università di San Michele.

Il verbale della visita parrocchiale, eseguita nel 1652, non è dissimile da quello della visita precedentemente esaminata. Anche questo verbale evidenzia, con chiarezza, la vita tranquilla e laboriosa delle persone che abitano nel casale, una vita in cui hanno una importanza notevole la fede religiosa ed il culto dei morti. Circa la vita di religione e di fede questo verbale, oltre a confermare la presenza di una statua della Madonna delle Grazie sull‘altare omonimo, ci dà notizia della presenza di una icona della Beata Vergine Maria, sull‘altare maggiore, e di icone di S. Maria del Carmelo, della Vergine del Rosario, e dell‘Assunzione di Maria (icona Assuntionis), quasi a voler mettere in rilievo l‘importanza acquisita, nella vita religiosa del casale, dal culto della Vergine madre di Dio. Importanza notevole acquistano anche le notizie della presenza di una statua del Crocefisso e di uno spazio con i cosiddetti ―Misteri‖, statue rappresentanti la passione di Cristo, morto per la salvezza dell‘Umanità. A questa presenza va collegato il Culto dei morti, che nel verbale di questa visita viene posto in particolare rilievo dalla notizia dell‘erezione, proprio nell‘altare del Crocefisso, di una confraternita sotto il titolo di ―Monte dei morti‖ ( Visitavit Altarem Ssmi Crucifissi cum pariete depicta in quo est erecta confrateria sub titulo montes mortuorum ). Collegata alla Congrega del ―Monte dei morti‖ è un‘altra notizia, assai importante per la storia di S. Michele. Il verbale, infatti, riafferma la presenza della cappella col nome di S. Maria delle Grazie sulla porta, esistente nella zona che da essa ha preso nome, quando dice che ai Maestri della Congrega del ―Monte dei morti‖, Pompilio d‘Anna e Orazio Figliolino, fu affidata anche S. Maria delle Grazie della Chiesa di Ponte di S. Lorenzo di Canale ( et magistri sunt Pompilio d‟Anna et Horatius figliolino quibus fuit mandatum M S gratia Ecclesiae Ponti S. Laurentij Canalis ).

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Di notevole importanza risulta la notizia dell‘ampliamento della Chiesa con una sacrestia munita di tutti gli arredi. In quanto alla vita civile, o, se si vuole, con un termine oggi di moda, laica, il verbale, oltre a confermare la presenza di una ―Università‖, termine con cui all‘epoca venivano designati i Comuni dotati di un‘Amministrazione autonoma,82 ne mette in rilievo l‘importanza da essa assunta non solo nella vita civile, ma anche religiosa, del casale. Lo evidenzia il fatto che il Visitatore, avendo rilevato la presenza di un Tabernacolo vetusto e rotto, dà mandato al curato di notificare al Sindaco ed agli eletti, cioè all‘Amministrazione comunale, di farne fare uno nuovo, se non si vuole che la chiesa sia chiusa. L‘importanza, ed il ruolo, assunti dall‘Università nella vita del paese sono delineati ancora meglio nel corso dell‘ispezione all‘altare del Ssmo Rosario, quando il Visitatore, dopo la constatazione che esso e lo spazio con i ―Misteri‖ intorno è di juspatronato dell‘Università, impone al Sindaco ed agli eletti di provvedere di buon animo (cum affectu) alle elemosine per mantenerlo. Il testo del verbale dice:

Chiesa Parrocchiale di S. Michele Arcangelo Il giorno 4 del mese di luglio 1652 allo stesso modo il Revmo Signore, proseguendo la sua visita, di mattina si recò alla predetta chiesa di S. Michele Arcangelo, di cui è curato il Rev. Don Alessandro de Aurìa, come [ risulta] dalle bolle esibite, e, fatta l‘adorazione e la turificazione al Ssmo, quello il Visitatore venerava, che si conserva in un tabernacolo ligneo finemente dorato, dentro foderato di seta, con un conopeo di taffettà bianco, e il detto Santissimo si conserva in una pisside grande, d‘argento dorato, con un piede e un sacro calice similmente dorato e con un conopeo dalla base argentea.. C‘è anche un‘altra pisside piccola, argentea, dorata dentro, per l‘aiuto che deve essere portato agli infermi ed ai convalescenti. Nel Santo Altare Maggiore c‘è una icona lignea con le effigi della Beata Maria Vergine, il titolo della Chiesa e altri santi dipinti con intorno cornici dorate. Ha tutte le cose necessarie sia per celebrare le Messe che per le incombenze riportate in registro, le

82 Moscati Filomeno, Storia di Serino, Edizioni Gutenberg, 2005, Penta di Fisciano (SA), pp.148, 302, 303.

98 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo quali devono essere eseguite dal curato, il quale asserì di averle soddisfatte. Il Tabernacolo fu trovato abbastanza vetusto e rotto. Fu ordinato al Sindaco ed agli eletti, di detto Casale di S. Michele Arcangelo, che entro sei mesi fare debbano un tabernacolo nuovo, sotto pena di chiudere la Chiesa, e fu ordinato al Curato che sia notificato quanto ordinato al Sindaco ed agli eletti ( sub pena Ecclesiam serrandi et mandatus Curato ut notificetur mandatum dicti Sindaco et Electis ) perché ne abbiano notizia . Visitò l‘Altare del Ssmo Crocifisso, in una parete dipinta, in cui è eretta una confraternita sotto il titolo di monte dei morti I confratelli indossano sacchi bianchi con mozzette rosse, e i Maestri sono Pompilio d‘Anna e Horatius figliolino, ai quali fu affidata S. Maria delle Grazie della Chiesa di Ponte, di San Lorenzo di Canale. Visitò l‘Altare di Santa Maria delle Grazie, con la statua di essa, in cui si debbono celebrare alquante Messe stabilite, ed è libero di Chiesa. Visitò l‘Altare di S. Maria del Carmelo, con una icona ed una tela con l‘effigie di essa e con altri Santi dipinti con cornici nere intorno. Si asserisce che appartiene alla famiglia delli Perrottielli, come [ si evince] dalla bolla esibita e il Beneficiato è Don Francesco Antonio Renzulli, come [ si evince] da altre bolle esibite, in cui c‘è l‘onere di due Messe alla settimana. Visitò l‘Altare con una icona su tavola con le effigi della Vergine del Santissimo Rosario e con altri Santi dipinti, con cornici dorate intorno, lo spazio con i Misteri intorno, e si afferma essere juspatronato dell‘Università, e il Beneficiato è Don Prospero d‘Aurìa, come da bolla esibita, e le messe sono celebrate dallo stesso Beneficiato. Fu di nuovo ordinato al Sindaco ed agli Eletti che, di buon animo (cum affectu), versino le elemosine tanto per il passato come per il futuro, sotto pena di interdizione della Chiesa, entro due mesi. Fu concessa al detto Beneficiato licenza ( curam ) di poter scegliere, al suo posto, un sacerdote approvato dalla Curia per la celebrazione di due Messe alla settimana nell‘altare del Ssmo Rosario, per aiuto del detto Beneficiato, soprattutto perché lo stesso Beneficiato del Sto Rosario è Curato Parrocchiale e con pena espleta [ i suoi compiti]. In detto Altare c‘è una confraternita. I confratelli indossano sacchi. I Maestri sono Cesare Renzulli e Sabato Cotone ai quali fu ordinato di eseguire.

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Visitò l‘Altare con la statua del Crocefisso e con l‘icona dell‘Assunzione, e ha tutte le cose necessarie alla celebrazione, ed è libero di Chiesa, e vi si celebra con licenza della Curia. Visitò la Sacrestia, con le sue vesti per celebrare le Messe secondo qualsivoglia tempo. Il curato risiede entro i confini della Parrocchia, e i filiani sono pienamente soddisfatti di lui circa le cose sacre, l‘amministrazione dei Sacramenti, l‘amministrazione della Dottrina cristiana e la spiegazione degli Evangeli nei giorni di Domenica. Visitò due confessionali con grate regolari, i libri parrocchiali, il pavimento, il tetto, il campanile con una campana, il pulpito, la vasca dell‘acqua santa e le porte della Chiesa con le serrature. Visitò il fonte battesimale con i suoi registri e il Sacrario, dentro un ciborio ligneo coperto con tela incerata, munito intorno di cancelli e chiuso con serrature. Furono rinnovati gli ordini fatti precedentemente nella Chiesa Parrocchiale di S. Michele di detto Casale. Fu ordinato che provino di avere copia della precedente visita, entro sette mesi, sotto pena di libbre di cera cinque.

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Congrega di S. Gregorio in processione

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IX Chiesa Parrocchiale di San Michele Arcangelo nel 1665

1-La peste del 1656 e il cimitero in contrada “Macchie”. 2- Santo Miele. 3- La sacrestia. 4- La cappella di S. Anna.

Questa visita riguarda l‘anno 1665. Fu eseguita, infatti, il 19 aprile del 1665, come riportato all‘inizio del verbale. Essa avvenne, perciò, nove anni dopo la terribile epidemia di peste del 1656. L‘epidemia, che colpì tutto il Vicereame, coinvolse anche le tre Università del ―Serinese‖, ma, fra queste, la più colpita fu quella di S. Michele, la cui popolazione fu decimata in modo tale da ridursi ad un quinto di quella preesistente, come risulta dai libri parrocchiali.83 Il numero dei morti per peste fu così alto che la maggior parte di essi non fu tumulata in chiesa nel vano apposito situato sotto il suo pavimento, secondo l‘usanza del tempo, ma inumata in aperta campagna in un fondo detto ―Macchie‖, che l‘Università aveva acquistato nel 1636 da Fabrizio Stefanellis per la somma di 400 ducati .84 Di tutto ciò non vi è traccia nel verbale esaminato. Questo verbale inizia col dirci che il visitatore si recò alla chiesa di S. Michele Arcangelo dopo aver celebrato la Messa nella Chiesa dei Frati Francescani Conventuali. Il convento nominato è quasi sicuramente quello dei Frati Minori Conventuali, intitolato allo Spirito Santo e situato a Mercato Nuovo, cioè lungo il muro Est dell‘attuale Acquedotto di Napoli. Questo convento, la cui costruzione fu iniziata nel 1577, fu chiuso, nel 1653, perché non aveva redditi sufficienti per la sopravvivenza della comunità monastica in esso residente. Il Monastero dello Spirito Santo fu però riaperto nel 1663, perché le sue rendite furono aumentate con donazioni fatte sia dal popolo che dall‘Università di Serino ed era, perciò, funzionante nel 1665, anno della visita. Il convento, a seguito della costruzione dell‘Acquedotto, è completamente scomparso. Il quasi sicuramente, riferito al convento,

83 Moscati Filomeno, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano ( SA ) , 2005, p. 231 e seg. 84 Masucci Alfonso, Serino (Ricerche storiche), Tipografia Giuseppe Rinaldi, piazza S. Gaetano, 1923, Vol. I, p. 185.

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è d‘obbligo perché all‘epoca era già funzionante un altro convento, quello, tuttora esistente alla frazione San Giacomo di Serino, intitolato ai Santi Francesco e Giacomo e appartenente ai Francescani Riformati.85 Un fatto molto importante, evidenziato nelle prime righe di questo verbale, è costituito dal nome con cui veniva designato il casale nell‘accezione popolare,“Santo Miele”, nome volgarmente in uso, ancora nella prima metà del secolo XX, fra i contadini che usavano annunciare il loro arrivo, nei paesi in cui si recavano a vendere i loro famosi cavoli, col grido “‟E cavuli „e Santo Miele”. Nel verbale viene, per la prima volta, data notizia dell‘esistenza di una Sacrestia, munita di tutti gli arredi per poter celebrare in qualsiasi tempo. Viene riconfermata la presenza di una congrega avente come scopo il culto dei morti, quella del Ssmo Crocifisso, ma, come segno dell‘evoluzione dei tempi e dei costumi, anche quella di una congrega per lucrare indulgenze per i vivi, la Confraternita del Ssmo Rosario. Cosa di importanza notevole è il fatto che, in questa Chiesa, per la prima volta viene riportata l‘esistenza di una Cappella di S. Anna, così chiamata anche all‘epoca del terremoto del 1980, cappella in cui era situato il quadro di Angelo Solimene, un notevole pittore serinese di quell‘epoca, rappresentante la ―Sacra Famiglia‖, dal popolo conosciuto e ricordato come quadro di S. Anna86. Il testo del verbale dice: Chiesa Parrocchiale di S. Michele Arcangelo Il giorno 19 dello stesso mese di aprile 1665 il Reverendissimo Signor Visitatore, dopo aver celebrato la Messa nella Chiesa Parrocchiale dei Frati Francescani Conventuali, si recò alla Chiesa Parrocchiale di S. Michele Arcangelo esistente nel casale detto Santo Miele ( Accessit ad Ecclesiam Parrocchialem Sancti Michaelis Archangeli existentem in casali ditto San Miele ), che è di diritto patronato del venerabile Monastero delle Monache di S. Giorgio Martire della Città di Salerno, e il curato è il Rev. Don Alessandro de

85 Moscati Filomeno, Storia di Serino, Edizioni Gutenberg, Penta di Fisciano (SA) 2005, p.279 e seg.. 86 Moscati Filomeno, idem, p.250.

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Aurìa, e, entrato in Chiesa, visitò il Santissimo, che è tenuto in un Tabernacolo ligneo finemente dorato, e, dentro, di seta foderato, nel quale ci sono (adsunt) due pissidi argentee dorate con coppe, una grande, l‘altra più piccola per quel che rimane, quella del Santissimo da portare agli infermi, e, allo stesso modo, sono ben tenuti. Visitò l‘Altare Maggiore, nel quale c‘è il predetto Tabernacolo ligneo, con un‘icona sotto l‘invocazione di San Michele con altre immagini di Santi, ed è decentemente adorno, e, all‘Altare del Santissimo, i Maestri sono Gregorio Bellofatto e Domenico Volzone Visitò la Sacrestia, vicino al detto Altare, con i suoi paramenti. Fu ordinato al detto curato, ed ai maestri, che indorare faccia il calice con la patena entro due mesi, con l‘avviso di non celebrare in quello sotto pena di tre libbre di cera. Tutti gli altri paramenti sono ben tenuti. Visitò il primo altare in cornu Evangelij, intitolato al Ssmo Crocifisso, al quale è annesso il monte dei morti ed è decentemente ornato. Nell‘Altare è eretta una Confraternita e i Confratelli indossano sacchi bianchi con mozzette di rosso colore e la governano i maestri, che, al presente, sono i maestri Gregorio Bellofatto e Domenico Volzone. Visitò l‘altare di S. Maria delle Grazie, nel quale c‘è una icona sotto l‘incoronazione di essa, ed il libro di chiesa, ed è decentemente adorno. Visitò il primo altare, in cornu Epistole dell‘altare maggiore, sotto il titolo di Santa Maria del Monte Carmelo, che appartiene ( attenit ) alla famiglia Perrottielli. Fu comandato ai Compatroni che costruire facciano i candelieri e un altare portatile, e quell‘altro adeguare facciano, entro due mesi, maggiormente davanti, affinché più facilmente e più comodamente contenere possa il calice con l‘Ostia, e questoentro due mesi. Nell‘altare c‘è l‘onere di Messe, che è espletato dal Rev. D. Giuseppe Renzullo per vacanza del Beneficiato. Fu ordinato che dimostri di averlo soddisfatto. Visitò poi l‘altare sotto il titolo del Ssmo Rosario, nel quale c‘è una icona sotto l‘incoronazione di essa, ed è di iurepatronato del predetto casale, e c‘è una confraternita con confratelli e consorelle per lucrare indulgenze al donante, e la reggono i maestri, i quali al presente sono

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Innocenzo Gogliolmello e Francesco Figliola, e poiché è decentemente adorno è lecito in esso celebrare. In detto altare c‘è un beneficio di iurepatronato dell‘Università e l‘odierno beneficiato è il Rev. Don Salvatore de Aurìa, e ha l‘onere di celebrare quattro Messe alla settimana, nel giorno di domenica e nei giorni di lunedì, giovedì e sabato, se non capitino feste di precetto, perché allora assolve nei giorni feriali quello che era tenuto a celebrare il festivo. Fu ordinato che dimostri di averlo fatto, di avere in possesso le bolle, e gli inventari in visione personale. Visitò la cappella sotto il titolo di S. Anna, in cornu Epistole, ed è libero di Chiesa e, poiché asseriscono ci sia un legato di ducati duecento ( ducatus bis centum ) lasciato dalla famiglia Celiberto per la riparazione della Chiesa, fu ordinato al Sindaco attuale, Blasio renzullo, che abbia cura di recuperarlo e di quanto riscosso cessione faccia alla Curia di Salerno al fine di disporne. Visitò l‘Altare sotto il titolo del Ssmo Crocefisso, che è libero di Chiesa e, poiché è decentemente adorno, è lecito in esso celebrare. In detto altare ci sono due legati, con l‘onere di Messe che celebra il predetto Rev. Curato. Fu ordinato al Curato che dimostri di averlo soddisfatto. Visitò il fonte battesimale con i suoi oli sacri, e tutte le cose sono ben tenute. Visitò l‘olio degli infermi e fu ordinato al detto Curato che rifaccia la finestrella e apponga una intersezione verso l‘olio degli infermi, e questo entro due mesi sotto pena di libbre di cera cinque. Visitò la fonte dell‘acqua santa, i confessionali, il campanile con due campane, l‘orologio, e tutte le cose sono ben tenute. Fu ordinato che in visione personale presenti i libri parrocchiali, al fine di visionarli.87 Fu ordinato al detto Curato che in visione personale presenti le ―habeat bullas‖ e gli inventari.88 Fu parimente ordinato che, entro due mesi, conservi e curi la ―habeat copiam‖ della precedente visita sotto pena di venti libbre di cera.

87 N. d A. A margine vi è una nota che dice. << adimplevit mandatum>>, adempì l‘ordine. 88 N. d. A. A margine vi è una nota che dice: <>, fu adempiuto l‘ordine.

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110 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

111 Filomeno Moscati

112 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

X Il terremoto del 1627 La pioggia di ceneri del 1631 La peste del 1656

1- Il cimitero nel bosco “Le Macchie”.

L‘inventario dei beni della chiesa parrocchiale del 1634 e la visita pastorale del 1665, riguardando in modo specifico la Chiesa di S. Michele Arcangelo, non ci forniscono alcuna notizia circa due calamità naturali che colpirono l‘Università di San Michele nel secolo XVII, la pioggia di ceneri causata dall‘eruzione del Vesuvio del 1631 e la peste del 1656. L‘eruzione del Vesuvio del 1631, al dire dei molti che si sono interessati di quegli eventi calamitosi, fu preceduta da alcuni episodi, premonitori di quello che doveva poi accadere. Il più importante di essi fu il “terremoto garganico” del 1627, un terremoto che interessò soprattutto il territorio della provincia di Foggia, ma ebbe ripercussioni anche in Irpinia come ci fa sapere Scipione Bella Bona, che, nei suoi Ragguagli, così lo riporta: <

  • >89 Questo terremoto non produsse gravi danni nella terra di Serino, perché di essi non v‘è traccia documentale in nessuna delle tre Università di quella Terra. Il Bella Bona, proseguendo nella sua narrazione, così descrive l‘eruzione del Vesuvio del 1631: <
  • 89 Scipione Bella Bona, Ragguagli della CITTA‟ D‟AVELLINO, per Lorenzo Valeri, Trani MDCLVI, p.260.

    113 Filomeno Moscati tuoni, e vedersi folgori e di sì fatta maniera fu l‟aria ricoverta da dense nubi, che l‟un l‟altro non vedeva, tanto che ciascun pensava che il suo final giorno fosse giunto. Si vidde poi piover cenere mischiata con grosse e picciole lamette, che l‟Arabi Talch nella loro lingua chiamano, portato dal vento, e d‟appresso sabione e poi di più minuto in tanta quantità ch‟alzò quasi un palmo in questa Città. Tal era il peso ch‟una casa e una bottega, non sostenendolo, vi cascarono, in quella un Prete passagiere [ che passava] con un cittadino morendovi, l‟altre al certo sariano cascate se gli lor tetti non fossero stati fermi. Di continuo seguirono gli scotimenti ed horribili mugiti, quasi tuoni, che la seguente notte tutti gli Cittadini, ritiratisi alle Chiese, credevasi esser fatti preda della morte, onde ciascuno, ricorrendo alla Divina pietà, fè atti di contrizione e confessò le sue colpe…..Il Mascolo, per relazione d‟altri, dice che questa Città solo de ceneri ed acqua fu oppressa; “Montefortium, Abellinum, Tripaldam, Serinum , Solofram, Bruscianum,aqua ac cinere obnuerunt”, però anche di sabione e di minuta arena fu l‟oppressione, e da noi il tutto con propri occhi si vidde.>>90 Come si vede anche Serino, e con essa San Michele che di quella terra era parte, fu oscurata dalla gran quantità d‘acqua e di cenere, con gravi danni sia per le coltivazioni che per le abitazioni, ma di gran lunga più tremenda fu la peste che sconvolse le nostre contrade nel 1656. Uno fra i paesi più colpiti fu San Michele. Una prova della tragedia che si consumò in quell‘anno nel nostro paese ci viene infatti fornita proprio dai registri della parrocchia di S. Michele Arcangelo della terra di Serino (terrae Sereni). Il registro dei defunti, nelle pagine che si riferiscono ai morti nei mesi di luglio, agosto e settembre dell‘anno 1656, presenta questo drammatico esordio .

    Anno contagioso1656 Nota filianorum Ecc. Parr.lis Sti Michaelis Arcangeli Tre Sereni qui Mortui sunt in Anno contagioso 1656 In mensibus Julij, Augusti, et Sep tembris sunt infrascripti

    90 Scipione Bella Bona, idem, pp. 260, 261.

    114 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    Anno contagioso1656 Nota dei filiani della chiesa parrocchiale di Santo Mìchele Arcangelo della Terra di Serino che sono morti nell‘Anno contagioso 1656 nei mesi di Luglio, Agosto e Set tembre, che sono scritti sotto.

    L‘elenco consta di 25 pagine, che riportano soltanto il nome e l‘età dei morti, senza alcuna notizia circa la data e la circostanza della morte, ma con qualche scarna e lapidaria annotazione per ricordare i parroci che li assistettero prima di morire anch‘essi, Don Vincenzo Petti e Don Carlo Perrottelli, o per dirci che qualcuno di essi fece testamento (condidit tentum) con un lascito alla chiesa di S. Michele Arcangelo, o per messe da dirsi in perpetuo per l‘anima sua. Tutte le famiglie furono colpite dall‘epidemia, senza eccezione alcuna, e questo ci consente di conoscere di quali famiglie era composto in quell‘anno il casale, le famiglie Perrottelli, allora la più numerosa del casale almeno a giudicare dai morti, Renzulli, Rapolla, De Mattia, Giliberti, Gogliormella, Vitagliano, Vitale, Luciano, Cobelluzzo, Barone, Romeo, de Auria, de Cardo, Pinto, Cocullo, Troncone, Cavallo, Maurello, molte delle quali ancora esistenti nel nostro paese.91 I morti per peste furono 588, equivalenti ai quattro quinti della popolazione residente a San Michele in quell‘anno. Fu una decimazione della popolazione così massiccia che i sepolcrari, esistenti sotto la pavimentazione della chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo, dove venivano sepolti i morti secondo l‘usanza del tempo, non bastarono alla bisogna e , per questa ragione, molti dei morti in quell‘anno contagioso furono sepolti nel bosco detto ― Le Macchie‖, un terreno che l‘Università di San Michele aveva acquistato, nel 1636, da Fabrizio Stefanellis. Lo Stefanellis, appartenente all‘Università di Serino, aveva ereditato il bosco dalla madre, Porzia De Leonardis, ma, poiché questo bosco era sito nelle pertinenze dell‘Università di San Michele, questa e i suoi abitanti sostenevano di avere su quel fondo dei diritti inerenti ai cosiddetti

    91 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano ( SA) 2005, pp.230, 231, 232, 233.

    115 Filomeno Moscati usi civici, e cioè di avervi libero accesso per potervi raccogliere legna (legnare), far pascolare il bestiame e farvi provvista d‘acqua (acquare) in determinati mesi dell‘anno. Allo scopo di porre fine ai contrasti e alle liti lo Stefanellis, con istrumento redatto dal notaio Felice Pauciello in data 5 giugno 1636, vendette quel bosco all‘Università di San Michele per il prezzo di 400 ducati, da pagarsi in ragione di 24 ducati annui e gli interessi del sei per cento fino all‘estinzione del debito.92 In questo bosco vennero sepolti tutti i morti che fu impossibile tumulare nei sepolcrari della Chiesa di S. Michele Arcangelo, sepolcrari a cui si accedeva dal pavimento della chiesa, attraverso buchi quadrati coperti da lastre di pietra e scendendo piccole scale anch‘esse di pietra.

    Bibliografia

    Bella Bona S., Ragguagli della città di Avellino, per Lorenzo Valeri, Trani MDCLVI. Masucci Alfonso., Serino (Ricerche Storiche), Tipografia Giuseppe Rinaldi, Napoli m1923. Moscati F., Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005.

    92 Masucci Alfonso, Serino (Ricerche storiche), Tipografia Giuseppe Rinaldi, Napoli 1923, pp 185 seg

    116 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    XI Chiesa Parrocchiale di San Michele Arcangelo nel 1672

    Il verbale di questa visita, semplice e piano, non evidenzia nulla di importante, né per la chiesa né per il casale, salvo la conferma della esistenza di congreghe laicali, aventi per scopo opere di carità oltre quello, sempre presente, del culto dei morti e delle onoranze ai defunti Il testo di questo verbale dice:

    Chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo del detto Casale Il giorno sei del mese di febbraio del 1672, di mattina, allo stesso modo i Reverendissimi visitatori si recarono alla Chiesa Parrocchiale sotto il titolo di San Michele Arcangelo, di cui è Parroco il Rev. Don Scipione Renzulli come [ risulta ] dalle bolle esibite. Visitò l‘Altare Maggiore, dove si conserva la Ssma Eucarestia consacrata in un tabernacolo ligneo finemente dorato, dentro foderato di seta di rosso colore, e ci sono due Pissidi. Lo stesso altare fu reputato ben tenuto. La Chiesa Parrocchiale ha un reddito di denari cinquanta in censi enfiteuti. Ha l‘onere parrocchiale e, inoltre, ha l‘onere di Messe quattrocentoventiquattro all‘anno, dette sei alla settimana da diversi sacerdoti. Visitò il fonte battesimale con gli oli sacri e il Sacrario. Visitò i confessionali, con bolla della Curia e Casi. Esibì i libri parrocchiali, ben fatti. Il Parroco abita in Parrocchia. Il parroco dimostrò di aver soddisfatto le Messe, come [ risulta] dal libro a noi esibito. Visitò l‘Altare del Crocefisso, in cornu Evangelii. Ha un reddito di carlini 38, con l‘onere di celebrare Messe dodici per ogni anno, dei quali il Parroco percepisce carlini 18 per celebrare 12 Messe all‘anno. Depose di aver soddisfatto l‘obbligo, e lo dimostrò. In detto Altare c‘è una Confraternita, sotto il titolo di S. Angelo, e questa Confraternita ha un reddito di carlini 20, oltre 10 altri che assegna allo stesso Parroco perché siano utilizzate in elemosine, per Opere di

    117 Filomeno Moscati

    Carità e per Cerimonie solenni, che gli stessi Confratelli versano in ogni Messa grani due che debbono spendersi in beneficio di detta Cappella. I Confratelli indossano sacchi bianchi con mozzette rosse. Visitò l‘altare di S. Maria delle grazie, libero di Chiesa.. Ha un reddito di denari cinque e grani due per la celebrazione delle Messe, con altri grani 15 per qualsivoglia Messa, con denari legati (lasciati in eredità) come in registro. Visitò l‘altare sotto il titolo di S. Maria del Carmelo, che dicono essere di iuspatronato di Antonino Perrottiello, e il beneficiato è Don Giuseppe Angelo Renzulli. Ha un reddito di denari 25 con l‘onere di due Messe in ogni settimana e dimostrò di averle soddisfatte. Gli fu comandato di rifare i libri. Visitò l‘Altare del Ssmo Rosario, in cui è eretta una Confraternita dallo stesso nome. Lo stesso Altare è di iuspatronato dell‘Università. In esso c‘è un beneficio e il beneficiato è il Rev. D. Prospero di Aurìa, come dalle bolle a noi esibite. Fu (a lui) ordinato di voler osservare (gli obblighi) come (espressi) nel memoriale in data 22 Settembre 1637 e confermato nella successiva visita del 26 novembre 1638, a noi presentati e allo stesso Rev. Don Prospero restituiti, e se l‘attuale Parroco (ha da obiettare) qualcosa si rivolga alla Curia. Dimostrò di aver soddisfatto le Messe. I Confratelli indossano sacchi bianchi, con mozzette e cappucci neri, da indossare nel seppellire i morti, con gli occhi coperti, pregando (piis). Visitò l‘Altare del Crocefisso, vicino alle porte della Chiesa. Ci sono altri due altari, liberi di Chiesa

    118 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    119 Filomeno Moscati

    120 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    XII

    Chiesa di S. Michele Arcangelo nell’anno 1677

    La visita eseguita il 6 giugno 1677 fu effettuata da due visitatori, come quella precedente. Al contrario di quella essa è minuziosa, particolareggiata, e, in modo speciale, attenta al decoro, al rituale, ai compiti ed ai doveri del curato, delle confraternite e dei filiani, emanando per tutti ordini, prescrizioni e consigli, comminando punizioni, che vanno fino alla minaccia di demolizione di un altare tenuto male, quello del Santissimo Salvatore, che, per la seconda volta, viene nominato come esistente nell‘antica chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo. Questo altare, anche se mal tenuto, è il segno chiaro di una devozione risalente ai tempi lontani dell‘invasione longobarda, quando questi fondendosi alle popolazioni assoggettate si convertirono alla religione cattolica, accettando la doppia natura divina e umana di Cristo, oltre che la sua funzione salvifica.93 Il Verbale di visita, nel solco di una tradizione ormai consolidata, riporta l‘esistenza di congreghe laicali dedite ad opere pie e di carità cristiana, mettendo in particolare risalto quelle che si ricollegano al culto dei morti e alla salvezza delle loro anime. Il testo del verbale di visita dice:

    Chiesa Parrocchiale di San Michele Arcangelo del detto Casale Il giorno sei del mese di giugno 1677 i reverendissimi Signori Visitatori, di mattina, si recarono alla Chiesa Parrocchiale di S. Michele Arcangelo, di cui è Parroco il Rev. D. Francesco de Masi, nominato dall‘Illustrissimo Reverendissimo Signore Sabino Sabello, Arcivescovo di Salerno, come [ risulta ] dalle bolle approntate il giorno 29 marzo 1673, e, fatta l‘adorazione e l‘incensazione alla Ssma Eucarestia consacrata, quella visitò, custodita entro un tabernacolo ligneo finemente dorato, dentro foderato di seta di colore

    93 Paolo Diacono, Historia Langobardorum, IV c. 48; Moscati Filomeno, Storia di Serino, Edizioni Gutenberg, Penta di Fisciano (SA), 2005, p.84.

    121 Filomeno Moscati rosso, e vi sono tre pissidi, delle quali una serve per portare la Ssma Eucarestia agli infermi, l‘altra in vero per quel che rimane. Visitarono l‘Altare maggiore, non bene tenuto, perché in esso, dietro l‘icona, furono trovate sporcizie. Fu , per colpa, condannato il parroco a libbre tre di cera bianca lavorata. Detta Chiesa ha un reddito di ducati cinquanta, come in fondiario,94 in diversi censi. Fu ordinato al Curato che, entro sei giorni, esibisca copia del fondiario dei beni immobili, dei redditi e dei mobili, sotto pena di cinque libbre di cera.95 Visitò i due confessionali, nei quali non ci sono le Censure. Fu ordinato di apporvele e nel vano interno di detti confessionali fu ordinato di apporre grate di ferro entro un mese, sotto pena di libbre di cera due. Visitò il fonte battesimale, con gli oli sacri e il sacrario. Fu ordinato al Curato che , entro quindici giorni di dovuto permesso, procuri di ampliare la vasca per comodità del battezzante con l‘aiuto dei filiani del Casale. La detta Chiesa ha l‘onere di quarantatre messe, come in registro, il quale fu ordinato al Curato che sia entro dieci giorni esibito e che dimostri l‘adempimento di esse. Il Parroco abita in Parrocchia, insegna la dottrina settimanale e spiega il Vangelo nei giorni di domenica e festivi di precetto. Il Parroco esibì i libri parrocchiali, che non sono fatti in conformità del rituale romano. Fu ordinato al Parroco che in futuro siano in conformità del detto rituale, sotto pena di libbre di cera venti. Visitò l‘Altare del Ssmo Crocifisso, in cornu Evangelii, nel quale è eretto il monte dei morti, così come una non eretta Confraternita sotto l‘intestazione di Sant‘Angelo, di cui i maestri sono Salvatore Vitagliano e Francesco Antonio Renzulli, ai quali fu ordinato che, dopo questa amministrazione, rendano i conti perché possano essere esaminati dalla Curia di Salerno. I Confratelli indossano sacchi bianchi, con mozzette di rosso colore, e si obbligano in opere pie.

    94 N. d. A. Registro in cui venivano annotati i redditi e la loro provenienza ( fondi, case, etc.) 95 N. d. A. Una nota a margine dice: <> esibì il fondiario e la copia.

    122 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    Fu ordinato ai Confratelli che intervenire debbano a tutte le processioni o messe dei defunti, in conformità al regolamento di detta confraternita. Ha un reddito, detta Confraternita, come in Fondiario della congrega, che fu ordinato ai maestri di esibire entro tre giorni sotto pena di interdizione dalla Chiesa. Visitò l‘Altare di Santa Maria delle Grazie, libero di Chiesa, e ha un reddito di denari cinque e carlini quattro, per la celebrazione di Messe, ed altri grani quindici lasciati per qualsivoglia Messa in favore di defunti, come in registro. I Maestri di detto Altare sono Agostino Cotone e Francesco Gogliolmella, ai quali fu ordinato che dimostrino di avere adempiuto i loro doveri, entro sei giorni, sotto pena comminata dall‘Illmo Ordinario. Visitò l‘Altare sotto il titolo di Santa Maria del Carmelo, di iuspatronato di Rinaldo e Antenore Perrottelli, ai quali fu ordinato che informino circa la bolla di emissione, entro tre giorni, sotto la pena precedente. Beneficiato è il Rev. Don Giovanni Antonio Renzulli, come da bolla esibita in visione personale. Ha un reddito di denari quindici circa, consistenti in territori e case. Fu ordinato al beneficiato che esibisca il sommario dei beni, dei possessori con nomi e cognomi, di confini e confinanti, e dimostri di utilizzare il supplemento della soddisfazione di due Messe a settimana, assicurato a detto beneficio, sotto pena di libbre di cera quindici, entro sei giorni Visitò l‘Altare del Ssmo Rosario, nel quale è eretta una confraternita sotto lo stesso nome, e il medesimo Altare è di iuspatronato dell‘Università. In esso c‘è un beneficio sotto il titolo del Ssmo Rosario di cui è beneficiato il rev. Don Prospero de Aurìa, come [risulta] nelle bolle esibite, aventi la data del 22 agosto 1637. Ha un reddito di denari trenta, con l‘onere della celebrazione di quattro Messe alla settimana. Fu ordinato al beneficiato che dimostri di averle soddisfatte e presenti copia del Fundiario dei beni, degli stabili, dei redditi e dei censi, se ce ne sono, entro dieci giorni, sotto pena di libbre di cera cinque. Visitò l‘Altare del Ssmo Crocifisso, che è libero di Chiesa.

    123 Filomeno Moscati

    Visitò l‘Altare del Ssmo Salvatore, che fu trovato nudo. Fu ordinato che se, entro un mese, non sia adornato per i divinis (per la celebrazione delle Messe) siano portati via i libri e che compaia, chi pretende consacrare in detto Altare, e dimostri circa la sua erezione, se qualcuna ce ne sia, altrimenti si demolisca. Fu ordinato al Curato che, entro quindici giorni, sotto pena di libbre di cera otto, adegui l‘altare portatile all‘Altare Maggiore Fuit firmatus Visitator..

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    127 Filomeno Moscati

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    XIII

    Libro dello Stato spirituale e temporale della Chiesa Parrocchiale di San Michele Arcangelo di Serino, fatto da D. Vincenzo Perrottelli parroco di essa in quest’anno 1692

    1- Lo Stato spirituale (storia) della Chiesa di S. Michele Arcangelo. 2- Il Convento delle monache di S, Michele Arcangelo. 3- L‟Oratorio della Congrega di S. Gregorio.

    Il ―Libro dello Stato spirituale e temporale della Chiesa di S. Michele Arcangelo‖ è, in realtà, una breve relazione sulla chiesa parrocchiale. Questa relazione, che ad un prima e superficiale osservazione può apparire di scarsa rilevanza, si rivela, ad un più attento esame, assai importante per la conoscenza della chiesa, della vita e della storia del Casale di S. Michele di Serino. La prima cosa, che colpisce immediatamente la nostra attenzione, è il fatto che il ―Libro‖ è scritto in volgare, cosa che lo rende di lettura più accessibile anche se non facile La data in cui esso fu scritto ci viene rivelata dallo stesso autore, il parroco Don Vincenzo Perrottelli, che, nel titolo, oltre a dichiararsene autore precisa che esso fu scritto nell‘anno 1692. Egli nel titolo chiarisce inoltre due cose, la prima, che l‘argomento del libro è la Chiesa di S. Michele Arcangelo e che essa costituisce parte integrante di Serino, la seconda , che la materia, trattata nel ―Libro‖ da Lui scritto, riguarda lo <> di questa Chiesa. La parte più importante è quella che il Parroco definisce “Stato Spirituale”, espressione con la quale viene denominata una breve storia della Chiesa parrocchiale, così come essa era stata tramandata attraverso la tradizione orale, ancora presente e viva all'epoca del parroco Vincenzo Perrottelli. Questa tradizione, pur con i limiti e le precauzioni che si debbono sempre usare in presenza di storie tramandate oralmente e perciò soggette a variazioni e distorsioni, riesce, molto probabilmente, a gettare uno sprazzo di luce su un periodo della storia del Casale di S. Michele assai oscuro e controverso.

    129 Filomeno Moscati

    Un documento, del 4 novembre 1275, afferma infatti che <> è <>, e, perciò, sotto il dominio e nel possesso del feudatario di Serpico.96 Un contratto di fitto, del 6 giugno 1419, afferma, invece, che esso è in possesso assoluto (pieno iure) delle suore benedettine del Monastero di San Michele di Salerno. Secondo Francesco Scandone il passaggio è avvenuto, in maniera legale, attraverso una donazione. Il documento di donazione non è stato rinvenuto e, pertanto, l‘epoca ed il modo in cui avvenne il passaggio di possesso del feudo, dal feudatario di Serpico alle monache di S. Michele di Salerno, rimane oscuro e controverso, anche se Crisci e Campagna affermano che ciò avvenne <>97 Il parroco, Don Vincenzo Perrottelli, nel descrivere lo <> della Chiesa di S. Michele Arcangelo, rifacendosi alla tradizione descrive il passaggio in questo modo: << Del tempo della fondazione di detta Chiesa non si ha certezza. Vogliono le tradizioni che fusse stata Cappella delle Rev. Monache che stanziavano al Convento di detta Università, gli forno trasferite al Convento di S. Miele di Salierno, da quello passato il ius alle Rev. Monache di S. Giorgio dell‟ istessa Città, come successivamente si nota nella collazione della Parvola totiùs, quotiùs vacare contigerit, havendone le medesime il ius conferendi di Parroco; si che si trova che le fundatrici di detta Cappella fussero le suddette Rev. Monache>>. Questo brano del ―Libro‖ è, a nostro giudizio, estremamente importante, perché individua un passaggio del possesso del feudo di S. Michele, a noi completamente sconosciuto, quando dice che lo ―ius‖ della Chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo fu trasferito al Monastero di S. Michele di Salerno non dal feudatario di Serpico, come da tutti ritenuto, ma dalle monache del convento che esisteva nella stessa Università di Santo Miele. Questo fatto induce a pensare che la famosa donazione del feudatario di Serpico, di cui non si è trovata traccia, in base a questa tradizione risulterebbe fatta alle monache dell‘Università di S. Michele di Serino, e, da queste, il

    96 Moscati Filomeno , Storia di Serino, Edizioni Gutenberg, Penta di Fisciano (SA), 2005, p.137,138, 169.. 97 G. Crisci, A. Campagna, Salerno Sacra, Ed. della Curia Arcivescovile di Salerno, 1962, p.369; Moscati Filomeno, idem, p.174, 175.

    130 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo diritto feudale sarebbe passato al Monastero benedettino di S. Michele di Salerno. Ciò non solo riempirebbe, ma spiegherebbe il vuoto di notizie intercorrente fra il documento del 1275 e quello del 1419. La conferma si potrà avere soltanto da una fortunata ricerca di archivio. Il racconto dei vari passaggi del dominio feudale, fatto dal ―Libro‖, assume un‘importanza e una valenza ancora maggiori, se si pensa che , in esso, si asserisce che <>. Questa fondazione, attribuita proprio alle monache, risulta infatti di gran lunga anteriore al 1275, giacché la chiesa già esisteva nel 700 d. C., sotto il nome di ―ad Peregrinos‖, e va , perciò, collocata nel VII secolo d. C..98 Questa primitiva Cappella subì, col tempo, un prolungamento, assumendo l‘aspetto e le dimensioni della chiesa esistente nel 1692, che era destinata a durare fino alla sua definitiva distruzione nel terremoto del 1980. Questa chiesa i ―Sanmichelesi‖ dell‘epoca potevano ammirarla in due dipinti, poiché il ―Libro‖, proseguendo, dice che fu << poi allungata detta Chiesa, nella forma che si vede da cittadini in due altre ustie,99 come da vecchi scene di Palustrata>>. “Lo stato temporale” della Chiesa è una sommaria descrizione del suo aspetto interno, con la sistemazione degli altari, l‘annotazione delle suppellettili, dell‘anno di fondazione degli altari stessi e delle congreghe in essi erette, e, dopo avere sottolineato che i cittadini la dotarono di una Sacrestia, termina con la descrizione del sito in cui era sistemato <> Il ―Libro‖ termina con un ―Indice‖, costituito da una descrizione più minuziosa dei vari altari, con quadri, statue e suppellettili, e della sacrestia, con i suoi arredi, la mobilia e la <>. La parte finale dell‘Indice risulta di estremo interesse, sia per la storia della chiesa che per quella del Casale, perché porta alla nostra conoscenza un fatto nuovo, l‘esistenza di un ―Oratorio‖, una nuova

    98 G: Crisci, A. Campagna, idem, p. 142; Moscati Filomeno, ibidem, p. 98, 99, 100. 99 N. d. A. Ustie = Dipinti fatti con la tecnica dell‘encausto

    131 Filomeno Moscati costruzione, attaccata alla chiesa e con essa comunicante attraverso una porta creata nella parte centrale della sua parete occidentale. Questo Oratorio, conosciuto, da tutti coloro che hanno vissuto la tragica esperienza del terremoto del 1980, col nome di ―O Ritorio”, era la sede di una confraternita intitolata a S. Gregorio Magno,<>100 In questo oratorio si riunivano ―E Fratielli” per pregare, per recitarvi il Rosario, seduti negli stalli di un coro ligneo che copriva le pareti dell‘intero Oratorio, e per effettuare le penitenze dei peccati con una grossa pietra legata al collo con una fune, che li costringeva a stare, curvi, in ginocchio. Sotto il pavimento dell‘Oratorio venivano tumulati i confratelli morti, sia maschi che femmine, a conferma dell‘antica e mai spentasi tradizione del culto dei morti e delle onoranze ai defunti, presente in questo Casale.101 La confraternita è tuttora esistente, con numerosi confratelli. L‘Indice del Libro getta nuova luce sulla conoscenza di questa Congrega, poiché afferma non solo che essa era già esistente nel 1692, ma che dai suoi membri era stata costruita questa cappella- Oratorio circa 25 anni prima, cioè nel 1667, quasi duecento anni prima della sua fondazione legale, avvenuta con << il Real Decreto del 16 maggio 1858>>. 102 Il testo del ―Libro‖ è questo:

    Libro dello Stato spirituale e temporale Della Chiesa Parrocchiale di S. Michele Arcangelo di Serino, fatto da D. Vincenzo Perrottelli Parroco di essa in quest‘anno 1692 …….per Titolo della suddetta Chiesa Parrocchiale e del Glorioso S. Michele Arcangelo Prittettore di questa Università di S. Miele. Del tempo della fondazione di detta Chiesa non si ha certezza; Vogliono le tradizioni che fusse stata Cappella delle Rev. Monache che stanziavano al Convento di detta Università, gli forno trasferite al Convento di S. Miele di Salierni, e da quello passato il ius alle

    100 Moscati Filomeno, Storia di Serino, Edizioni Gutenberg, Penta di Fisciano (SA), 2005, p. 347, 348, 349. 101 Moscati Filomeno, idem, p.343. 102 Moscati Filomeno, ibidem, p.349.

    132 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    Rev. Monache di S. Giorgio dell‘istessa Città, come successivamente si nota nella collazione della Parvola totiùs, quotiùs vacare contigerit, haventone la medesima il ius conferendi di Parroco, si che si trova che le fundatrici di detta cappella fussero state le suddette Rev. Monache, benché poi allungata detta Chiesa nella forma che si vede da cittadini in due altre ustìe, come da vecchi scene di Palustrata, quale viene coverta dallo …..maggiore, a mano destra nci sta la Cappella del Smo Rosario, nella di cui scena nci sta la suddetta Sma Vergine, et altre varie imagini, fondata da circa 140 anni, Le di cui entrade l‘amministrano i Mastri seu economi, che s‘eligono dal Rev. Parroco pro tempore; benché ci stia il Cappellano Bullato, che tiene peso di lette Messe quattro la settimana, della quale cappellanìa ne tiene il Jus conferendi la Confrateria da circa 50 anni fundata. Sta ornata di tutte le suppellettili necessarie, come sonaglie, candelieri, etc.. Nci sta medesimamente una statua di legno della suddetta Beatissima Vergine con veste di Damasco rosso dentro uno stipo di legno. Di sotto alla stessa parte destra di detta Chiesa nci sta la cappella sott‘il titolo di S. Maria delle Grazie, come dalla sua emagine si vede fatta di pietra molle, con panno d‘armosino bianco con vesta fuore dell‘urna posita, e d‘altre due colonne di stucco. Per tradizione s‘ha che sia Cappella di detta Chiesa, mentre il Mastro, seu Economo si dice; et ultimo da me suddetto Parroco della chiesa di Dio benedetto, come dei Cittadini, prolungata con la Sacristia.

    Il sito attuale di tutto l‘edificio di detta Chiesa stà nel mezzo di detta Università, commoda à tutti bensì à due case, ch‘habitano huomini e tiene due Porte; una la grande della parte anteriore, per dov‘entra tutt‘il Popolo e l‘altra picciola, che dà l‘ingresso et egresso alla suddetta Sacristia. Indice … Tiene la suddetta Chiesa otto Altari Il primo ch‘è l‘Altare Maggiore, sta ornato ….et icona del glorioso S. Michel‘ Arcangelo Protettore come…sopra; et altre sacr‘ Immagini, sopra dell‘Altare stà situata la Custodia, ove vi stanno in una Pisside d‘argento indorata il Sagramento; coverta da custodia di cappetta serica. Tiene tutte le cose necessarie; come candelieri, giarre etc..

    133 Filomeno Moscati

    Innanzi al detto Altare dall‘una parte e l‘altra stà il Coro, e Presbiterio, racchiuso con balaustrata di legno, s‘ellige dal parroco e tiene una lampada d‘argento, sonaglie, candelieri etc. Di sotto alla suddetta Cappella medesima , alla parte destra nci stà situata la Cappella sott‘il titolo di S. Anna, fondata dal Reverendissimo D. Alessandro d‘Auria mio predecessore, circa anni dieci [ fa , con ] Bulla di Cappellania, e Jus conferendi ai suoi eredi, essa è ornata con quattro colonne di stucco, baldacchini, calice, due Pianete, due Camisi, tovaglie, candelieri, giarre e altre cose necessarie. Dall‘altra parte sinistra di detta Chiesa, e proprio sotto la Palustrata del Presbiterio, nci sta fondata la Cappella di S. Maria del Carmine, come dal suo Quadro si vede, dalli coniugi Antonio Perrottelli e Vittoria Luciano, e in ….spedite, che si conservano dal Rev. D. Antonio Perrottelli compadrone. Sta ornata con candelieri, giarre, sonaglie etc. Sotto alla sopradetta Cappella all‘istessa parte sinistra nci sta situata la Cappella di S. Antonio di Paduva con statua di legno, due colonne. Si trova fondata di carità e devozione dei cittadini, eliggendosi l‘economo per il Rev. Parroco. Sta ornata di candelieri, giarre, sonaglie etc. Vi stanno un panno di Ormisino che copre detta statua. All‘ultimo luogo sta edificata la Cappella del Smo Crocifisso con quattro colonne di stucco, quadro dell‘Assunta, non vi si celebra per essere scongio d‘Altare né vi è il necessario secondo la visita. La Sacristia sta dietro l‘Altare maggiore, capace di tenere tutta la sacra suppellettile della Chiesa. Nci sta un fonte per il lavatorio dei sacerdoti, stipo per conserva delle cose necessarie alla celebrazione della Santa Messa e ministrazione dei Sagramenti per uso del Parroco. Una cascia dove si conserva la suppellettile per il Cappellano di S. Anna. Il Campanile che sta attaccato alla detta Chiesa, in canto alla Porta maggiore dalla parte destra conserva tre campane, una delle quali serve per l‘orologio, che sta nel medesimo luogo. Il fonte battesimale sta nell‘Angolo sinistro della Chiesa nell‘ingresso, con fonte di pietra e conca di marmo per l‘acqua santa battesimale, dentro del cui conopeio stanno i vasi dei sacri ogli della Cresima e Catecumeni e tutte l‘altre cose necessarie per il Sacramento del Battesimo.

    134 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    L‘oglio santo dell‘Estremunzione si conserva in vaso di stammio, dentro d‘un cascettino in fenestrella del Pilastro dell‘Altare maggiore in cornu d‘unghia. Nel mezzo della destra parte di detta Chiesa nci sta una porta per la quale s‘entra nell‘Oratorio, seu Congrega de‘ fratelli, quali ogni festa di precetto non in piedi vi recitano il Ssmo Rosario. Nci stà libro d‘essigenza perché gli huomini pagano grana due, e le donne sorelle uno il mese , de‘ quali nella loro morte se nci fà il funerale rispettivamente et altre migliorazioni, scofettini, suppellettili della Cappella fundata dalla medesima circa 25 anni son‘ora.

    135 Filomeno Moscati

    136 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

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    138 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

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    141 Filomeno Moscati

    La nuova cappella della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo in Via Taverna Ferriera, eretta nel 2007

    142 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    XIV

    La Chiesa Parrocchiale di San Michele Arcangelo del Casale di San Michele nell’anno 1692

    Il verbale di questa visita pastorale alla Chiesa di S. Michele Arcangelo del Casale di San Michele di Serino, come dice la sua intestazione, non riporta la data in cui essa venne effettuata e, perciò, non è possibile stabilire il giorno preciso in cui essa avvenne. Nel verbale viene però affermato che il parroco era, all‘epoca della visita, il Rev. Don Vincenzo Perrottelli, autore del ―Libro‖ scritto nel 1692, ciò che rende possibile collocarla nello spazio di tempo che va dal 1692 al 1712, in cui egli fu parroco.. Il verbale di visita, oltre a riaffermare la presenza di congreghe, mette in risalto la presenza di un nuovo altare, quello di S. Antonio di Padova, un segno chiaro del diffondersi della devozione verso questo Santo anche dalle nostre parti. Particolare importanza riveste la parte finale del verbale, perché ci consente di ampliare la nostra conoscenza della Chiesa e degli usi e costumi degli abitanti del casale alla fine del secolo XVII. Il verbale, infatti, oltre a confermare la presenza dell‘Oratorio, chiarisce che in esso c‘era un altare intitolato a S. Gregorio, patrono della omonima confraternita, e che in questo altare venivano celebrate Messe con licenza della Curia, licenza che venne prorogata. Ancora più importante è la notizia che in questo casale non solo si celebravano Messe tutte le domeniche, ma era possibile effettuare processioni ed esposizione del Santissimo in qualsivoglia domenica del mese, ma che ciò non poteva accadere in occasione delle festività della Madonna del Rosario, alla quale, come abbiamo appreso da tutti i verbali delle visite precedenti, l‘Università di San Michele aveva eretto, in chiesa, un altare di cui aveva il patronato. Riportiamo, tradotto, il verbale della visita:

    Visita della Chiesa di San Michele Arcangelo del Casale di San Michele. Il giorno successivo il Reverendissimo Signor Vicario Ecclesiastico e Visitatore si recò alla Chiesa Parrocchiale, di cui è Curato il Rev.

    143 Filomeno Moscati

    D. Vincenzo Perrottelli, e, fatte le rituali cerimonie per la commemorazione dei defunti e la turificazione, visitò la Santissima Eucaristia Consacrata, ben tenuta nella Pisside e in un Tabernacolo indorato, c‘è anche un‘altra Pisside per il poco che rimane. Fu demandato al Rev. Curato, che, entro due mesi, sotto pena di libbre cinque di cera bianca lavorata, faccia un portellino di seta davanti al Ciborio. Visitò il fonte battesimale con i sacri oli. Fu dato mandato al Curato che sia foderato con tela incerata dalla parte interiore, entro due mesi, e di apporre l‘immagine di S. Giovanni Battista che battezza, e, poiché non c‘è, sia fatta una cancellata entro sei mesi, sotto pena di cinque libbre di cera bianca lavorata per qualunque trasgressione. Visitò il Sacrario, ben tenuto. Visitò l‘olio degli infermi, in cornu Evangelij, ben tenuto nella celletta. Visitò l‘Altare Maggiore, decentemente ornato, con l‘onere di Messe come in registro. Fu ordinato al Curato che , entro due mesi, dimostri in Curia di averlo soddisfatto dalla precedente visita fino al giorno presente, sotto la stessa pena. In detto Altare è eretta una confraternita di laici con il suo sacco di tela bianca e mantello di rosso colore, di cui al presente sono Maestri Domenico Vulzone et Geronimo Guglielmello, ai quali fu ordinato che entro due mesi, sotto pena di libbre dieci di cera bianca lavorata, rendano i conti in Curia Arcivescovile, e, con riserva di scomunica, che, negli stessi termini e sotto l‘anzidetta pena, dimostrino l‘erezione e la facoltà di usare i sacconi bianchi con gli almusini rossi. Visitò l‘Altare del Smo Rosario, decentemente ornato, di iuspatronato dell‘Università del detto Casale, con onere di Messe come in registro a carico del Beneficiato, e di altre Messe come in detto registro a carico del Curato, ai quali fu ordinato che, entro due mesi, sotto pena di libbre cinque di cera bianca lavorata, dimostrino circa la soddisfazione delle Messe dalla visita precedente fino al giorno presente. Nello stesso Altare è eretta la confraternita di laici del Santissimo sangue di Gesù, per lucrare indulgenze, di cui attualmente sono Maestri Giovanni Renzullo e Geronimo Guglielbello, ai quali, e ai maestri loro predecessori, fu demandato che, negli stessi termini sopraddetti e con riserva di scomunica,

    144 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo rendano i conti in Curia dalla precedente visita fino al presente giorno. Visitò l‘Altare di S. Maria delle Grazie, decentemente adorno, con l‘onere di Messe come nel registro, fu demandato al Curato che, entro gli anzidetti sei mesi e sotto la precedente pena, dimostri di soddisfare in Curia.. Visitò l‘Altare di S. Anna, ornato decentemente, e fu asserito che è di iuspatronato del Reverendissimo Don Alessandro de Aurìa. C‘è l‘onere di 300 Messe, che sono celebrate dal Rev. Don Salvatore Vitagliano, al quale fu ordinato che, entro il suddetto termine e sotto la pena anzidetta, dimostri, in Curia, di averlo fatto dalla precedente visita fino al giorno presente. Fu anche ordinato che il sacro altare alquanto dovesse essere sollevato. Fu similmente ordinato ai Compatroni che, nello stesso termine, dimostrino in Curia il Patronato secondo quanto dichiararono. Visitò l‘Altare del Smo Crocifisso, libero affidato alla Chiesa, con l‘onere di Messe. Fu ordinato al Curato che qualora in esso celebri, prima si facciano le suppellettili necessarie, e che le Messe che si debbono celebrare in detto altare [ lo] siano in altro altare ad arbitrio del curato, al quale fu ordinato che, entro due mesi, sotto pena di libbre cinque di cera bianca lavorata, dimostri in Curia di averlo fatto dalla precedente visita fino al giorno presente, e, nello stesso termine faccia le dette suppellettili necessarie, sotto la stessa pena. Visitò l‘Altare di S. Antonio di Padova con la sua statua, libero di Chiesa, completamente adorno. C‘è l‘onere di Messe. Fu ordinato al Curato che entro sei mesi e sotto la stessa pena dimostri, in Curia, di averlo soddisfatto dalla precedente visita fino al giorno presente. Visitò l‘Altare di Santa Maria del Carmelo, completamente ornato, con l‘onere di Messe come da registro. Fu asserito che sia della famiglia delli Perrottielli. Fu ordinato al Curato che, entro l‘anzidetto termine e sotto la medesima pena, dimostri di averlo fatto, fu demandato al Curato che entro due mesi, sotto pena di libbre cinque di cera bianca lavorata, apponga in esso copia ------del fundicario dall‟anno della fondazione affinché possa avere lo Statuto. Visitò la Sacrestia, con sacre suppellettili decentemente adorna. Fu ordinato al curato che , nel termine suddetto e sotto la stessa pena, presenti l‘inventario dei libri, dei mobili e degli stabili di detta Chiesa in Curia Arcivescovile.

    145 Filomeno Moscati

    Ispezionò i libri parrocchiali, ben tenuti, secondo il Santo Rituale Romano. Ispezionò il campanile con tre campane, ispezionò parimente i muri e il tetto. Allo stesso modo ispezionò l‘Oratorio, nella stessa Chiesa, con l‘altare sotto il titolo di San Gregorio papa, decentemente adorno, in esso fu prorogata la licenza di celebrarvi Messe fino alla prossima visita. In detta Chiesa Parrocchiale, su istanza del Curato e dell‘Università fu confermata la licenza, in altre visite concessa, di Messe in qualsivoglia domenica, di fare processioni e di esporre la Santissima Eucarestia come al solito, ma che non sia fatta altra processione e sia esposta la statua della Beata Maria Vergine del Santissimo Rosario in tutte le festività della Beata Maria Vergine. Fu strettamente demandato al curato di insegnare la dottrina cristiana, di spiegare il Vangelo e di esercitare le altre cose che sono proprie del dovere parrocchiale, per la salute dell‘anima (pro spirituali salute) dei suoi parrocchiani, e che debba in verità [ insegnarla anche] ai suoi Accoliti, Suddiaconi e Diaconi mancanti della dottrina di cui sopra, e della sua spiegazione nei singoli mesi [faccia] una separata relazione in Curia Arcivescovile, sotto le pene decretate nell‘editto emanato dall‘Illustrissimo Diocesano Arcivescovo in principio del mese prossimo passato. Fu strettamente ordinato allo stesso Curato di risiedere nell‘ambito della sua parrocchia, per quanto al presente risieda in sede, perché più facilmente possa venire incontro alle necessità dei suoi parrocchiani, e questo sotto le pene comminate dal suddetto editto. Fu similmente ordinato che , entro due mesi, procuri una copia della precedente visita, sotto pena di libbre cinque di cera bianca lavorata.

    146 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    147 Filomeno Moscati

    148 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

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    151 Filomeno Moscati

    Antica cappella di Madonna delle Grazie a Pontefravito

    152 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    XV

    Chiesa Parrocchiale di S. Michele Arcangelo della terra di Serino nell’anno 1712

    Il verbale, che ora prendiamo in esame, riguarda una visita compiuta il 10 agosto 1712, quando era ancora Curato Don Vincenzo Perrottelli. Il verbale, scritto con una calligrafia elaborata ed elegante, con caratteri grandi e nitidi, risulta di facile lettura, se paragonato ai verbali precedenti Da esso apprendiamo che la Chiesa, pur essendo dotata di diverse statue di Santi, aveva, sull‘Altare maggiore, soltanto un‘icona del Santo Patrono. In questo altare viene riaffermata la presenza di una Congrega laicale << con i suoi sacchi di bianca tela e gli almuzzi di rosso colore >> che, come viene dimostrato al visitatore, i confratelli hanno facoltà di indossare. In questa chiesa c‘erano le reliquie << dei Santi Vincenzo, Crescenzo e altri fortunati Martiri >>, ritenute autentiche dalla popolazione, che solo in virtù di questa sua fede aveva ricevuto il permesso di esporle. Un fatto nuovo è rappresentato dalla presenza di un organo, elemento essenziale per la buona riuscita delle funzioni solenni. Quest‘organo, rifatto e rinnovato in forma istrumentale, nel 1899, ad opera della ditta Luigi D‘Orsi e figlio e per l‘interessamento del parroco dell‘epoca, mons. Giuseppe De Mattia,103 ancora esisteva al tempo della distruzione della Chiesa, nel terremoto del 23 novembre 1980. Era un organo maestoso, situato proprio all‘ingresso della Chiesa, subito dopo il suo grande portale, sistemato su di una balconata da cui si aveva una visione completa di tutta la chiesa, e, quindi, di tutte le funzioni che in essa si svolgevano, e in qualsivoglia altare. Era costituito da innumerevoli canne, di diversa dimensione e lunghezza, di altrettanto innumerevoli registri, di due tastiere e due pedaliere, di un enorme mantice di cuoio, sul quale era posato un grosso masso di pietra, ed era alimentato d‘aria facendo

    103 Un nuovo organo, La gazzetta popolare, Avellino, Anno 2, n° 25 del 23-9- 1899.

    153 Filomeno Moscati girare, con grande fatica, un volano costituito da una ruota di ferro di discreta dimensione. Malgrado la fatica, la spinta di questa ruota era molto ambita da tutti i ragazzi, che, per questa ragione, avevano molto rispetto dell‘organista ufficiale, che nella prima metà del secolo XX era il Rev. Don Camillo Luciano. E‘ stata quest‘ambizione a permettere la descrizione dell‘organo. Viene riaffermata la presenza dell‘orologio, ma, a sottolinearne l‘importanza, si precisa che << per la sua manutenzione sono pagati venti carlini dall‟Università>>. Il verbale, dopo aver ricordato l‘usanza di chiamare i bambini all‘ascolto della dottrina cristiana, comunemente definita ― a‘ duttrina‖, col suono di una campana, termina con la descrizione dell‘Oratorio, sede della Congrega di S. Gregorio. Il testo del verbale, tradotto, è questo:

    Chiesa Parrocchiale di San Michele Arcangelo della Terra di Serino. Il giorno 10 del mese di agosto 1712 il Reverendissimo Signor Canonico ed Eccellentissimo …..Anteo Silveri si recò alla sopradetta Parrocchiale di cui è curato il Rev. Don Vincenzo Perrottelli, come da nomina della Rev. Abbadessa del Monastero di San Giorgio, Monastero che si trova a Salerno, e, fatte le debite cerimonie, visitò la Ssma Eucarestia consacrata, custodita in una pisside d‘argento, all‘interno dorata, ben tenuta con un‘altra pisside similmente argentea, all‘interno dorata, per il caso che rimanga. Visitò il fonte battesimale, con i suoi sacri oli, e fu ordinato di rinnovare i vasi di stagno ( vasa stachenea) per la conservazione degli oli, entro un mese, sotto pena di libbre cinque di cera bianca lavorata. Visitò il Sacrario, ben tenuto, con chiave di ferro. Visitò gli oli degli infermi, conservati in una celletta, in cornu Evangelij, ben tenuta. Visitò l‘Altare maggiore, con l‘icona del divino Michele Arcangelo, suo titolare, e altre cose, invero nobilmente tenuto. Ha l‘onere di messe trecento circa, come da registro, le quali sono celebrate tanto dal curato quanto da altri da lui incaricati, e l‘adempimento appare dal libro, che è ben tenuto in sacrestia, fino al presente giorno. Nel detto altare è eretta una confraternita laicale, con i

    154 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo suoi sacchi di tela bianca e gli almuzzi di rosso colore, e fu informato della facoltà di indossarli. Si regge ed è governata da Maestri, che debbono essere eletti dal curato, che sempre è il primo Maestro e al presente essi sono Bartolomeo Cotone e Capserius. Essi vengono eletti il giorno ventesimo ottavo di dicembre. Ha redditi propri, che ascendono alla somma di ducati otto circa, che essi spendono per i detti almuzzi, e, con il consenso del Parroco, per feste e per altre necessità. Visitò le sacre reliquie dei Santi Vincenzo, Crescenzo e con i fortunati Martiri, che ritengono autentiche ed espongono alla pubblica adorazione per decreto della Curia Arcivescovile Visitò l‘Altare del Ssmo Rosario, libero di Chiesa, nel quale l‘Università del Casale di San Michele ha il diritto di eleggere un cappellano bollato, dal quale sono celebrate quattro Messe alla settimana, come si vede dal registro, e il suo Economo è il Rev. Don Giuseppe de Feo in assenza del Reverendo Don Nicolao Renzullo, cappellano bollato, il quale aiuta nell‘adempimento. Ha similmente l‘onere di messe quarantadue circa, in proporzione del reddito, che sono celebrate dal Curato, e da altri da quello designati, e, come si vede dal libro, furono celebrate fino al presente giorno. Detto altare è retto e governato da Maestri, che debbono essere eletti dal Curato nella prima domenica del mese di settembre, e al presente sono Domenico Renzullo e Ferdinando de Mattia. Ha redditi propri, ascendenti alla somma di ducati dieci e carlini otto, che provengono da censi, terreni, e da certe case esistenti in detto casale, che essi spendono tanto per i detti almuzzi quanto per i pagamenti annuali dovuti al Parroco, per l‘ornamento della Chiesa, col consenso del Curato . Per le altre cose necessarie per la conservazione di detto Altare viene provveduto da detta Università secondo quanto appare dalla bolla ( prout apparet ex bulla). Visitò l‘Altare di Santa Maria delle Grazie, libero di Chiesa, comprende una pedana con la sua statua di stucco custodita entro un cancello niveo. Ha l‘onere di Messe quaranta, da celebrarsi il sabato e sono state soddisfatte come appare dal libro. Visitò l‘Altare di S. Anna, una volta della famiglia Aurìa, ora della Famiglia Vitagliano, [che] acquisì il diritto attraverso un testamento rogato dal Chmo Notaio Carmine Iannelli, comprende una pedana. In esso c‘è un semplice beneficio di sovvenzione della famiglia

    155 Filomeno Moscati

    Vitagliano, con l‘onere di Messe in proporzione al reddito e l‘elemosina fu stabilita in ragione di grani quindici per qualsivoglia Messa, e tutto quello che supera si spende per feste, come si evince dalla bolla compilata nella Curia Arcivescovile il giorno 14 del mese di aprile 1683. Le dette Messe sono celebrate il sabato e l‘odierno beneficiato giurò di averle soddisfatte fino al giorno presente. Visitò l‘Altare del Santissimo Crocifisso, libero di Chiesa e completamente adorno, con l‘onere di Messe cinquantotto circa, che furono celebrate dal Curato e da altri sacerdoti come si evince dal libro. Visitò l‘Altare di S. Antonio di Padova, libero di Chiesa, con la sua statua lignea, con l‘onere di Messe da celebrarsi il Sabato, che furono adempiute , come [ risulta] dal libro. Visitò l‘Altare di S. Maria del Carmelo, della famiglia dell‘Illmo Antinori Perrottiello, diritto stabilito dalla bolla compilata il giorno 4 di giugno 1629, con l‘onere di Messe quaranta in ogni anno, le quali celebra il Rev. Don Andrea Perrottiello per il fatto che è di famiglia. Similmente ha un altro onere di Messe dodici, per legato del Chmo Mattia Gerardo, il Giovedì e il Sabato, e dal libro appare che siano state celebrate il Giovedì dal Curato e da altri come sopra. Visitò la statua della Beata Vergine del Rosario custodita in un cancello ligneo, bene adorna, e con due corone argentee. Visitò la Sacrestia, bene adorna con stipi, che si vedono annotati in inventario. Ispezionò i libri parrocchiali bene scritti e divisi. Visitò il corpo della Chiesa, comprese le sedi dei confessionali, il tetto, le pareti, i pavimenti con due sepolcrari, l‘organo, il Sagrato e la fonte marmorea per l‘acqua lustrale. Ispezionò le porte con le chiavi, che sono conservate dal Curato. Visitò il Campanile, con tre campane e l‘orologio, per la cui manutenzione sono pagati venti carlini dall‘Università. Fu ordinato di rifare l‘inventario col reddito dei beni, degli stabili, dei mobili spettanti al Curato, quali ai confratelli e agli altri uomini privati e le cose comuni, entro due mesi, sotto pena di ducati venti per casi pietosi. Fu prorogata licenza di esporre l‘Ostia, in qualsiasi terza domenica

    156 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo del mese, e di sostare intorno alla statua del Ssmo Rosario e del divino Antonio fino alla prossima visita. Fu ordinato di fare (impartire) in ogni giorno di domenica la dottrina cristiana ai fanciulli, richiamandoli con una campanella, di spiegare il Vangelo durante le Messe solenni, di pubblicare i giorni festivi di Precetto e quelli di penitenza che capitano durante la settimana, e le indulgenze per quelle che si associano con lo scopo del Viatico, sotto le pene emanate nell‘editto dell‘Illustrissimo signore (vescovo) e negli altri ad esso anteriori. Fu infine comandato, entro mesi due, di procurarsi copia dei predetti, sotto pena di libbre dieci di cera bianca lavorata

    +

    157 Filomeno Moscati

    158 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    159 Filomeno Moscati

    160 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    161 Filomeno Moscati

    162 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    163 Filomeno Moscati

    Nuova cappella di Madonna delle Grazie a Pontefravito in costruzione

    164 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    XVI

    L’Oratorio e la Congrega di S. Gregorio Magno

    La visita pastorale, del 10 agosto 1712, termina con l‘ispezione dell‘Oratorio, luogo di riunione della Confraternita intitolata al grande Papa Gregorio. Il verbale di questa ispezione risulta illuminante, non tanto per la descrizione dell‘Oratorio quanto per gli scopi della Congrega stessa. Esso dice: Oratorio Successivamente visitò l‟Oratorio, eretto dentro la cinta della Chiesa sotto la denominazione del divino Gregorio, nel quale si radunano i confratelli per praticare una nuova pia opera, e vengono versati da ogni maschio iscritto grani due e da ogni femmina grani uno, per ogni mese, i quali essi stessi esigono e conservano in una loro celletta annessa all‟Altare maggiore, e spendono per i funerali dei defunti iscritti, e, per ogni maschio si celebrano Messe dodici, delle quali una è cantata, e per ogni femmina Messe sei, delle quali una è anch‟essa cantata. Ha un unico altare, con l‟icona di S. Gregorio decorosamente tenuta, e, nel pavimento di detto Oratorio, ci sono due sepolture, delle quali una è per i confratelli e per le consorelle, l‟altra, in verità, per i pargoletti (corpuscolis). Oggi dell‘antica Chiesa Parrocchiale, e dell‘Oratorio ad essa annesso, non resta più nulla se non poche reliquie, le più importanti delle quali sono la statua di S. Michele Arcangelo e quella di Papa Gregorio, che sempre la precedeva, in ogni processione del Santo Patrono, dietro la Congrega schierata al completo con priore, maestri, economi, confratelli e palio. Nonostante la sua totale distruzione l‘antica chiesa vive ancora, di vita vera, grazie all‘antica Congrega di S. Gregorio Magno, che, risorta come per un miracolo dalle rovine della guerra e del terremoto, rivendica a sé l‘onore di portare a spalla le statue di S. Michele Arcangelo e di S. Gregorio in ogni processione, facendo così rivivere, in un‘epoca in cui lo scetticismo sembra imperare, l‘antica fede e con essa le antiche tradizioni, che

    165 Filomeno Moscati costituiscono la linfa vitale della storia di questo e di ogni altro paese. L‘esame dei verbali delle visite pastorali ha permesso la ricostruzione completa della storia di questa confraternita, fin dal suo inizio, fornendoci notizie fino ad ora sconosciute. Il “Libro dello Stato spirituale e temporale della Chiesa Parrocchiale di S. Michele Arcangelo della Terra di Serino‖ (vedi Cap. X) , scritto dal parroco Don Vincenzo Perrottelli nel 1692, afferma che l‘Oratorio fu edificato dalla Congrega di S. Gregorio Magno almeno 25 anni prima. La Confraternita doveva, perciò, essersi già costituita, almeno di fatto, negli anni precedenti all‘inizio della costruzione dell‘Oratorio, sua sede, e la sua fondazione di fatto può, quindi, essere fissata con assoluta sicurezza nell‘anno 1667, anno di edificazione dell‘Oratorio, assunto come termine a quo. L‘esistenza di questa ―congrega‖ doveva, comunque, essere di parecchi anni più antica, come si può dedurre da una più attenta lettura delle visite pastorali effettuate alla Chiesa di S. Michele Arcangelo. Il verbale della visita effettuata nel 1652 ci informa, infatti, che nell‘Altare del Santissimo Crocifisso era eretta una confraternita sotto il titolo di ―Monte dei morti‖, lo stesso sottotitolo della Congrega di S. Gregorio, e che i confratelli indossavano sacchi bianchi con mozzette rosse, proprio come i membri della Congrega di S. Gregorio (Visitavit Altarem Ssmi Crocifissi cum pariete depicta in quo est erecta confrateria sub titulo montem mortuorum). L‘esistenza di questa congrega intitolata ―Monte dei morti‖, eretta nell‘Altare del Santissimo Crocefisso, è riconfermata nella visita del 1665, il cui verbale, testualmente, dice: <> È presumibile che il ―Monte dei morti‖ sia stato il nucleo originario della Congrega di S. Gregorio <>, a cui spese fu edificato l‘Oratorio annesso alla Chiesa di S Michele Arcangelo, e, perciò, la sua esistenza di fatto può essere fatta, verisimilmente, risalire all‘anno 1652. L‘Oratorio di S. Gregorio fu, fin dall‘inizio, sede della Congrega che lo aveva edificato e in esso si riunivano i confratelli per pregare

    166 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo e recitarvi il Rosario nei giorni domenicali e festivi ,<< non in piedi >>, come afferma il parroco Perrottelli nel suo ―Libro‖. Essi vi avevano infatti fatto costruire un coro di legno di buona fattura artigianale disposto su tre pareti, con esclusione della parete posteriore all‘unico altare in esso esistente, altare intitolato a S. Gregorio Magno, patrono della congrega, raffigurato in una icona.104. Questo coro ancora esisteva all‘epoca del terremoto del 1980 e, sui suoi stalli, sedevano ‖e fratielli“ della Congrega di S. Gregorio per recitare il Rosario ed ascoltare la Messa. La descrizione dell‘Oratorio, fatta dalla visita del 1712, ci permette anche di individuare gli scopi per cui la confraternita era sorta. Questi scopi erano fondamentalmente due, le opere pie e le onoranze ai defunti. Il verbale afferma infatti che nell‘Oratorio << si radunano i confratelli per praticare una nuova opera pia >>e i funerali dei defunti iscritti, maschi e femmine. Il verbale precisa anche che i confratelli, oltre a funerali solenni con Messe lette e cantate, avevano il privilegio di essere sepolti nella stessa loro cappella, sotto il cui pavimento erano stati costruiti due sepolcrari, uno per i confratelli adulti, sia maschi che femmine, l‘altro più piccolo destinato ai loro familiari, morti quand‘erano ancora bambini, o, come dice il verbale, per i ―Corpuscoli”, ossia per i corpi piccoli. L‘usanza di seppellire i confratelli morti nella cripta dell‘Oratorio continuò fino a quando, in ossequio alla legge, non fu costruito il cimitero nel luogo ove ora si trova, com‘è confermato dalle relazioni scritte nei libri defunctorum della parrocchia di S. Michele Arcangelo e da quella relativa all‘ultima persona che vi fu sepolta, Maria Capozzi, morta il 18 dicembre 1847, che termina dicendo che il suo corpo è sepolto nella Cripta della nostra Congrega, sotto il titolo di S. Gregorio Papa, eretta nella stessa chiesa di S. Michele Arcangelo (eiusque corpus sepultum est in Cripta nostre congregationis sub titulo Sancti Gregorii Papa erecta in eodem ecclesia dicti Sancti Michaelis Archangeli)105. Questo fatto spiega anche il titolo di << Monte dei Morti >>, che la Congrega prese quando venne costituita anche legalmente, davanti al notaio Domenico Renzulli, in data 13 marzo 1752. Le regole della

    104 N. d. A. Icona = immagine sacra. 105 Moscati Filomeno, Storia di Serino, Edizioni Gutenberg, Penta di Fisciano (SA), 2005, p. 343.

    167 Filomeno Moscati

    Confraternita, stabilite davanti al notaio, furono approvate con Regio beneplacito rilasciato in data 30 aprile 1752, e, in proposito stabiliscono, testualmente, che: << finalmente quando passerà da questa a miglior vita qualche Fratello o Sorella, siano tenuti i Confratelli accompagnare il cadavere, con torce accese, o nella sepoltura di detta Congregazione o pure in quella il defunto si sarà lasciato, purché la morte succeda nello stato di Serino, e chi dei confratelli mancherà d‟intervenire senza legittima causa, o di assistenza o d‟infermità, sia tenuto di portare, per l‟uso di Congregazione, mezza libbra di cera lavorata, e in oltre i Fratelli letterati siano tenuti recitare tre offici dei defunti e l‟illetterati tre Rosarii di quindici poste. E la Congregazione a sue spese debba fare al Fratello defunto un funerale ed officio dei defunti, Messa cantata, e 11 altre messe lette, ed alla Sorella defunta un funerale col officio dei Defunti, Messa cantata, e 5 altre messe lette, tutto a sue spese >>.106 La ―Congrega di S. Gregorio, o sia Monte dei Morti‖ , pur avendo regole legalmente approvate con Regio beneplacito, era priva di un documento che ne sanzionasse la fondazione, cosa cui si provvide mediante una sanatoria, che fu concessa, più di un secolo dopo, << con Real decreto del 16 Maggio 1858 >>107 La Congrega di S. Gregorio, << o sia Monte dei Morti >>, non rinunciò a questo scopo fondamentale, sancito nell‘articolo 9 del suo Statuto, neppure quando venne costruito il nuovo cimitero, poiché, da una delibera del Consiglio Municipale di S. Michele di Serino datata 28 Maggio 1872, si apprende che << detto Consiglio Municipale, su dimanda di Componenti, e Rappresentanti della Congrega di S. Gregorio Papa di questo Comune, i quali chiedono comprarsi are 3 e mezzo del fondo destinato a Camposanto, onde costruirvi una cappella per uso della Congrega medesima,....………delibera…… di vendere alla Congrega di S. Gregorio Papa le are 3 e mezzo di terra per il prezzo di lire 510…>>.108 L‘espressione più alta, di fede e di onoranze ai defunti, la Confraternita di S. Gregorio Papa la manifestava nella processione

    106 Moscati Filomeno, idem, p. 348. 107 Moscati Filomeno, ibidem, p. 349 108 Moscati Filomeno, ibidem, p.348

    168 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo serale del Venerdì Santo, quando tutti i suoi componenti, con i ceri accesi, si schieravano immediatamente davanti al Cristo morto, preceduti da un confratello, che, vestito del solo sacco bianco, incoronato di spine e indossando il cilicio per il perdono dei peccati, procedeva, ad imitazione di Cristo, zoppicando e cadendo sotto una pesante croce. L‘antica Chiesa, sopravvissuta al terremoto del 1731, in una visita pastorale del 19- 6-1765, eseguita dal visitatore Don Matteo Greco, risultava dotata di altre due statue lignee, quella della Madonna delle Grazie e quella di S. Michele Arcangelo (visitavit statua lignea di S. Michele Arcangelo et laudavit). L‘immagine dell‘antica chiesa, completamente distrutta dal terremoto del 23 novembre 1980, vive ormai soltanto nelle foto e nel nostalgico ricordo di qualche anziano. Il sito, in cui era situato il suo altare maggiore, viene ricordato da un monumento a S. Michele Arcangelo, eretto con il contributo della famiglia di un emigrante, Vittorio Perrotta,109 dei cittadini residenti ed emigrati, dell‘Amministrazione comunale, e, soprattutto, grazie all‘opera meritoria del parroco Don Mario Pierro. Questo monumento, eretto a ricordo dell‘antica chiesa, è diventato, ora, per il cambiare dei tempi e dei costumi, un monu mento all‘emigrante, giacché il paese, una volta di soli emigranti, si sta progressivamente trasformando in un paese di immigrati, che, tutti, emigranti ed immigrati, il Santo Michele accoglie e protegge sotto le sue ali. L‘ultimo parroco di questa chiesa distrutta è stato il rev. Don Pasquale Lamberti, che, travolto dalle rovine della chiesa terremotata, fu da esse tratto fuori, ancora vivo, grazie all‘opera e alla devozione dei cittadini sopravvissuti,110 per poi morire, un mese dopo, a causa dei danni riportati. Un anno dopo la sua morte comparve sul giornale ―Anno zero‖, una pubblicazione quindicinale locale nata dopo il terremoto, un breve scritto in sua memoria, e, proprio per questo, intitolato ―In memoria di un prete‖. Fu scritto dal medico condotto, un modesto medico di campagna, che, fattosi interprete del sentimento che vedeva diffuso in ogni casa, così lo dipinse:

    109 Moscati Filomeno, ibidem, p.424 110 Moscati Filomeno, opera citata, p. 458, 459.

    169 Filomeno Moscati

    IN MEMORIA DI UN PRETE

    Eri un prete. Prete all‟antica indossavi quotidianamente ed umilmente l‟abito talare sul quale, ogni tanto, mettevi un basco alla Nenni con un sorriso un po‟ canzonatorio ed un po‟ provocatorio. Eri un prete non facile al compromesso e ad alcuni sgradito, perché difendevi i principi della fede con la tenacia del credente, con l‟autorità del ministro. Eri un prete solo e che si sentiva solo. La rivelazione di questa tua umana solitudine l‟avemmo in quella notte tragica, quando, liberato finalmente il viso dalla morsa delle macerie, con il corpo ancora tutto imprigionato, apristi quegli occhi parlanti ed indimenticabili, e, scorgendo i nostri volti ansiosi, quasi incredulo mormorasti: Amici, amici, quanti amici che ho! Tu, invece, ci fosti amico sempre, castigando i nostri vizi, perdonando le nostre colpe, addolcendo le ferite dolorose dell‟anima, confortando la nostra umana miseria. Fosti un prete di grande fede e di grande coraggio, ed il coraggio della fede dimostrasti di possedere anche in quei momenti terribili, quando, sicuri di averti ormai liberato, ci trovammo di fronte a quella trave che ti inchiodava le reni e uno di noi (Pierino manager dello "Scacciapensieri”?) esplose in una bestemmia che era, allo stesso tempo, un grido di disperazione, di delusione, una invocazione e quasi un comando. Fosti il nostro parroco, colui che fu partecipe delle nostre gioie e dei nostri dolori, fosti parte, nel bene e nel male, della nostra vita e lo sei anche oggi, giacché la tua immagine sorridente campeggia, al posto d‟onore, in tante umili case e prefabbricati, abitazioni di un popolo che non ti ha dimenticato. Don Pasquale Lamberti, oggi che il tempo e la forza della verità hanno spazzato via le fole e le menzogne, che sempre allignano là dove incombe la tragedia e la morte, oggi che le tue spoglie mortali riposano nel nostro cimitero, ove Ti vollero, “Sanmichelese” fra i

    170 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    “Sanmichelesi”, l‟affetto e il cordoglio di tutto un popolo, noi Ti salutiamo sacerdote in eterno.111 A Don Pasquale Lamberti, ultimo parroco della chiesa distrutta, l‘Amministrazione Comunale ha intestato una piazza, quella antistante la neo costruita chiesa di Via Cremona. L‘antica chiesa sembra dunque scomparsa sotto il peso del tempo, delle macerie e della morte, ma, malgrado tutto questo, essa è ancora presente e viva in mezzo a noi perché il suo spirito vive in un‘associazione di laici, la Congrega di S. Gregorio Magno, esistente con sicurezza fin dal 1667 e verisimilmente di fatto fin dal 1652, e, fin quando questa Congrega vivrà, l‘antica Chiesa vivrà.

    111 Filomeno Moscati, In memoria di un prete, in ―ANNO ZERO‖ (supplemento de IL PAESE)del 6-12-1981, n° 13, p.6

    171 Filomeno Moscati

    Antica casa comunale

    172 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    XVII

    San Michele di Serino nei secoli XVII e XVIII

    1- L‟Università di San Michele. 2- Calamità naturali- 3- Violenze e sopraffazioni. 4- La cappella della Madonna del Carmine. 5- I terremoti del 1694 e del 1732.- 5- Fine della feudalità.

    L‘antico casale di San Michele ( o Santo Miele ) di Serino, pur continuando ad essere spesso designato come facente parte della Terra di Serino, raggiunge nel secolo XVII una completa autonomia amministrativa. Segno di questa autonomia è l‘esistenza in esso di una Università (Amministrazione municipale) perfettamente funzionante anche dal punto di vista dell‘imposizione di tasse e gabelle, com‘è dimostrato da un ricorso del 26 maggio 1604 in cui un suo cittadino, Angelo Ciardo, ricorre contro l‘Università di Santo Miele che gli aveva imposto una significatoria di 15 ducati.112 L‘indipendenza e la piena funzionalità amministrativa dell‘Università vengono confermate da un documento del 1606 in cui l‘ex sindaco di << s. Miele, seu s. Michele Arcangelo di Serino >>, Giovan Vincenzo de Ciliberto, ricorre alla Sommaria perché, avendo effettuato molte spese su richiesta degli eletti (consiglieri comunali) i razionali ( revisori dei conti ) dell‘Università intendevano farle pagare a lui, e la Sommaria, a seguito del ricorso, ordina ai revisori che, <>.113 La figura del sindaco era importante perché dalle sue decisioni dipendeva il buon andamento dell‘amministrazione della Università ed è questa la ragione per cui, nel 1607, essendo stata ventilata la proposta di eleggere sindaco un pecoraio, Jacobo Cotone, <>, alcuni particolari (cittadini) di San

    112 1604. maggio, 26. Part. Summ., Vol. 1636, fol. 26. 113 1606, ottobre, 3, Part. Summ., vol. 1762, fol. 190

    173 Filomeno Moscati

    Michele scrivono al capitano di Serino perché si faccia in modo che la scelta cada su altra persona.114 Questo ricorso al capitano di Serino è la dimostrazione evidente che l‘Università di San Michele, pure avendo raggiunto l‘autonomia amministrativa, non lo era affatto dal punto di vista territoriale – giurisdizionale, dipendendo essa, per queste competenze, dal capitano dell‘Università di Serino. La nomina del capitano spettava infatti al feudatario di Serino, il quale aveva non solo il diritto, ma l‘obbligo, di nominare il capitano. Questi, a norma della legge del 1584, doveva essere un dottore in utroque, nativo di una terra distante almeno 15 miglia da Serino e non poteva durare in carica più di un anno. A lui spettava il compito di mantenere l‘ordine pubblico, di amministrare la giustizia con l‘aiuto di giudici annali, che venivano nominati per metà dal feudatario e per metà dall‘Università, e di aiutare il sindaco nella riscossione dei fiscali ( tasse e imposte) e di <>. Il capitano << doveva stare e reggere corte allo Mercato de Serino>>, cioè a Mercato Nuovo,115 nella zona dove attualmente è posizionato il muro di cinta Est dell‘Acquedotto di Napoli, al centro del territorio delle tre Università della ―Terra di Serino‖. L‘Università di San Michele era formata da un sindaco e due eletti e, come dice il Colletta, era deputata << alla amministrazione dei beni comunali, che per le costituzioni di Federico II, perciò da tempi antichissimi, affidavasi a un sindaco e a due eletti scelti dal popolo in un largo Parlamento, che non altri erano esclusi dal votare fuorché le donne, i fanciulli, i debitori della comunità, gli infami per condanna o per mestiere>>[Il Parlamento] Si adunava in [ un] certo giorno d‟estate nella piazza e si facevano le scelte per grida >> .116 In questo modo furono tenuti il Parlamento dell‘ otto di giugno del 1642 e quello, più importante, dell‘otto settembre 1669 per l‘elezione di alcuni deputati. Quest‘ultimo fu consacrato in un atto

    114 1607, agosto, 27, Part. Summ., vol. 1789, fol. 242 115 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA), 2005, p.291, 292. 116 Pietro Colletta, Storia del reame di Napoli, Libreria Scientifica Editrice, Napoli 1951, vol. I, p. 91.

    174 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo notarile redatto dal notaio Natale Renzullo, che riporta il Parlamento con il quale l‘Università di San Michele Arcangelo deliberò di eleggere deputati Aniello Rapolla, Domenico Vulsone, Salvatore Covelluzzo, Sabato Ciardo, Francesco Renzullo, Cesare Renzullo, Benedetto de Tore e Giovanni Perillo, perché <> in luogo del Parlamento Generale.117 La funzione più importante del sindaco e degli eletti, nel corso del secolo XVII, è quella di procurare all‘Università un reddito sufficiente ai suoi bisogni, ciò che, a causa della mancanza di beni demaniali sufficienti, poteva essere ottenuto soltanto con l‘imposizione di tasse e gabelle e l‘ottenimento del successivo assenso regio. Lo prova il Regio Assenso del 6 ottobre 1620, col quale si concede all‘Università di San Michele la proroga per l‘esazione della gabella di un tornese a rotolo sulla carne fresca e salata, sul cacio, sull‘olio e su ogni altra cosa commestibile che si vende a peso, di grani cinque per ogni barile di vino che viene venduto e di grani quindici per ogni tomolo di farina., con la precisazione che il ricavato servirà <>.118 Il riferimento all‘ampliamento della chiesa è importante perché mette in luce un fatto rilevante della storia del casale, l‘aumento della popolazione residente, ciò che rendeva l‘antica chiesa, sorta sulla cappella di S. Angelo ad peregrinos, insufficiente a contenerla già da molti decenni, come afferma il verbale di un Parlamento, tenuto il 5 luglio 1585, nel quale viene deciso di imporre una gabella di 5 grani a tomolo sulla farina, 5 grani su ogni barile di vino, 1 tornese per ogni rotolo di carne fresca e salata, cacio ed olio perché, fra l‘altro, si deve ampliare la chiesa, la << quale è incapace per tutti gli uomini del casale per esserne per grazia di nostro Signore augumentati>>.119 L‘aumento della popolazione è confermato dalla documentazione riguardante la tassazione dei fuochi esistenti nel casale, che erano 20 nel 1501,120 36 nel 1546, 12167 nel 1620, anno in cui Santa Lucia ne contava 100 e Serino 465.122

    117 1669, settembre, 8, Provis. Coll., Vol. 222. fol. 42 118 1620, ottobre, 6, Decrt. Coll., Vol. 31, fol. 217. 119 1585, luglio, 5, Provi. Coll., Vol. 12, fol. 160. 120 1501, maggio, 5, Part. Summ., Vol. 53, fol. 9 t.

    175 Filomeno Moscati

    L‘importanza assunta dall‘Università nel governo del casale risulta ancora meglio dal regio assenso del 31 marzo 1656, col quale si autorizzava << l‟Università di S. Miele di Serino alla spesa di 80 ducati per accomodare i forni e il di più spenderli per li accomodi alla chiesa parrocchiale >>,123 e da quello del 12 agosto 1663, che autorizzava l‘imposizione di una tassa inter cives di 200 ducati, per una volta sola, per riparare << la chiesa che è cadente e minaccia ruina >>, decisione presa in un Parlamento tenuto il 28 gennaio di quello stesso anno alla presenza del sindaco Sabato Ciardo e degli eletti Sabato Perrottiello e Giuseppe Renzullo.124 e ribadita nell‘anno 1672. Il cattivo stato della chiesa parrocchiale era probabilmente una conseguenza dei danni causati dalla pioggia di ceneri del 1631 ( vedi capitolo X ) di cui non abbiamo traccia documentale, come invece è avvenuto per la chiesa di S. Pietro di Santa Lucia la cui Università <>.125. Tra le calamità naturali più frequenti in quei tempi vanno annoverate le alluvioni e le frane causate dall‘inclemenza del tempo, ma facilitate dall‘insipienza e dall‘imprevidenza degli uomini, che, con disboscamenti ampi e indiscriminati, le favorivano ampiamente. Uno dei paesi più colpiti, assieme a Rivottoli e , era il casale di San Michele,126 che veniva spesso danneggiato e, a causa dell‘inesistenza di argini validi, addirittura minacciato dalle piene del fiume Sabato susseguenti alle piogge torrenziali. Alle calamità naturali vanno aggiunte quelle causate dagli uomini perché, contrariamente a quanto si è potuto arguire dalle visite pastorali, la vita del casale, che solitamente si svolgeva nella pace e nella concordia, era a volte turbata da azioni violente e delittuose, come risulta dai documenti della Curia del Giudice Collaterale. Da essi si apprende che il 1 luglio 1609, su mandato di Leombruno Cotone, Altobello Vitagliano e Antonio di Martino, << notar Cola

    121 1546, R. Camera della Sommaria, Intestazioni feudali.., 122 1620, marzo, 29, Part. Summ.,Vol. 2057, fol. 140 t. 123 1656, marzo, 31,Decret. Coll., Vol. 136, fol. 69 t. 124 1663,agosto, 12, Prov. Coll.,Vol. 210, fol 201. 125 1634, giugno, 30, Part. Coll., Vol. 188, fol.201 t. 126 Alfonso Masucci, Serino, ricerche storiche, Tipografia Giuseppe Rinaldi, Napoli 1923, Vol. II, p. 223

    176 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    Guglielmello di San Michele di Serino>> era stato condotto in territorio di S. Stefano del Sole da Simone Renzullo e, quivi, proditoriamente ucciso. Antonio Cotone, uno degli uccisori, messo alla tortura aveva svelato la complicità del Renzullo.127 Un altro documento ci fa sapere che nel maggio 1610 Alessandro Perreca, un guidatico (confidente della polizia), era stato sorpreso da Vincenzo Perrottiello e Giovanni Renzullo mentre cercava di arrestare <> Essi, smontati dai cavalli, lo assalirono e, con l‘aiuto di Giovanni Angelo Magnacervo e di altri otto uomini armati, lo legarono e lo nascosero in un folto nocelleto. Di notte andarono poi a prelevarlo per condurlo a S. Miele, ma, giunti sopra un ponte nel pieno della notte, dopo averlo molto maltrattato gli tirarono una schioppettata e lo ferirono alla testa con un coltellaccio, lasciandolo a terra per morto.128 Questi episodi spiegano perché, nel 1634, << si permette all‟Università di Serino di convocare il Parlamento per deliberare la concessione di un sussidio di 150 ducati che, uniti a quelli di S. Lucia e S. Michele, possano servire alla costruzione di nuove carceri, civili e criminali, trasferendone la sede dal palazzo vecchio (non più abitato dal feudatario in un casale fuori mano) nell‟area del mercato nuovo di Serino >>,129 cioè nel luogo di residenza del capitano di Serino, da cui dipendeva anche San Michele per tutto ciò che riguardava l‘ordine pubblico e la giustizia. In quest‘epoca si deve collocare, in San Michele di Serino, la costruzione di una piccola chiesetta , << la cappella rurale di S. Maria del Carmine>>, che nel 1838 risultava << di proprietà del reverendo Flavio Muscato>>130 (di Santa Lucia). La cappella, situata proprio nel punto ove iniziano e s‘incrociano le vie Taverna Ferriera e Santa Candida, è ormai scomparsa perché distrutta dal terremoto del 1980 e, al suo posto, è stata costruita, nell‘anno 2007, una piccola edicola con l‘immagine in ceramica della Madonna del Carmine, a ricordo dell‘antica cappella.

    127 1609,agosto, 3, Coll. Curiae, Vol.59, fol.217. 128 1610, giugno, 9, Coll. Curiae, Vol. 71, fol. 13. 129 1634, novembre, 18, Part. Coll., Vol. 196, fol. 33 t. 130 Alfonso Masucci, Serino, ricerche storiche, Tipografia Giuseppe Rinaldi, Napoli 1927, Vol. II, p.220

    177 Filomeno Moscati

    Il secolo XVII, caratterizzato da tante calamità, si conclude con un altro evento disastroso, il terremoto del 1694, che a Serino, S. Michele e S. Lucia, arrecò danni per 35000 ducati, 131somma rilevantissima per quei tempi, ma ben più grave doveva rivelarsi il terremoto che colpì le nostre contrade nella prima metà del secolo successivo. Questo terremoto, per molte sue caratteristiche e conseguenze, sembra quasi premonitore di quello che colpì i tre Comuni dell‘alta Valle del Sabato 248 anni dopo. Esso avvenne nell‘anno 1732, nel mese di novembre, il giorno 29 alle ore 13, 30, e causò la distruzione dell‘intero paese con 25 morti e 50 feriti,132 mese, distruzione e numero di morti esattamente identici a quelli del terremoto del 23 novembre 1980. Un chiaro segno dell‘autonomia acquisita dal casale ci perviene da una controversia di tipo religioso di cui fu protagonista la Congrega di S. Gregorio <>. La notizia della controversia ci viene data da Francesco Scandone, che così riporta, succintamente, la decisione su di essa emessa dalla Camera Regia: “In S. Michele di Serino, entro la chiesa di S. Michele Arcangelo è stata eretta la Congrega laicale di S Gregorio. Il procuratore di questa espone che la vicina Università di S. Lucia di Serino vuole obbligare i confratelli ad intervenire nella processione del SS. Sacramento, mentre l‟Università di S. Michele vive e si governa separatamente con sindaco ed eletti propri e con catasto separato. Non è neppure sottoposta al governatore di Serino perché il suo feudatario è il Monastero di S. Giorgio di Salerno”133 …………. La processione e il suo percorso vengono esattamente descritti in una dichiarazione giurata, fatta a S Lucia davanti al notaio Fabio Pelosi il 24 gennaio 1666 e da questi riportata nell‘atto notarile avente la stessa data. Questa dichiarazione a cui parteciparono anche due ―Sanmichelesi‖ , Pietro Covelluzzi di anni 75 e Gabriele Perrottelli di anni 60, afferma che:” la processione generale che si fa in terra di Serino e Casali nel giorno solenne del Corpus Domini… ab antiquo è uscita e al presente è solita uscire dalla venerabile chiesa parrocchiale di S. Pietro dell‟Università di S. Lucia…cammina per

    131 Salvatore Pescatori, I terremoti dell‟Irpinia, Estratto della rassegna economica della Provincia di Avellino –anno VIII – Tipografia Gaetano Ferrara, 1915, p. 15. 132 Salvatore Pescatori, idem, p.18. 133 Salvatore Pescatori, idem, p.18.

    178 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo detta Università di S. Lucia, di Serino e suoi Casali, e termina nella chiesa dello Spirito Santo dei Padri conventuali di detta Terra” >>.134 La processione era troppo lunga e faticosa e perciò confratelli e preti di San Michele, seguendo l‘esempio del casale Rivottoli, a partire dall‘anno 1702 non vi parteciparono più e, come le congreghe e i sacerdoti di Ferrari e di Canale, preferirono fare la processione nel loro casale ognuno per conto proprio. Nel documento riportato dallo Scandone viene decisamente affermato che il feudatario di San Michele di Serino è il Monastero di S. Giorgio di Salerno. In realtà il Monastero benedettino di S. Giorgio di Salerno era divenuto feudatario del Casale succedendo al monastero benedettino di S. Michele di Salerno dal 1589, quando il Papa Sisto V stabilì una riforma dei monasteri. Fu in seguito a questa riforma che i quattro monasteri femminili di Salerno, ossia quello di S. Michele, di S. Sofia, di S. Maria delle donne e di S. Giorgio, furono tutti riuniti in quello di S. Giorgio, con un ―breve‖ del 10 giugno 1589, e solo da quest‘anno il casale non fu più feudo delle monache di S. Michele ma di quelle di S. Giorgio.135 L‘antico e mai interrotto possesso feudale del casale, ripetutamente riaffermato attraverso i secoli dai monasteri di S. Michele e di S. Giorgio, fu improvvisamente messo in discussione, nel 1774, non da feudatari o dal sovrano, come ci si sarebbe aspettato, ma dal fisco. Fu il Regio Fisco, infatti, che il 20 dicembre del 1774 citò << la venerabile Chiesa e Monistero di Donne Nobili della Città di Salerno sotto il titolo di S. Giorgio possessore del casale di S. Miele, seu S. Michele di Serino in Provincia di Principato Ultra acciò dimostrasse il titolo di possesso di quel feudo…>> Il Monastero presentò i suoi documenti e cinque anni dopo, nel 1779, ottenne l‘intestazione del feudo di San Michele, o Santo Miele, nel regio cedolario della provincia di Principato Ultra,136 ma la feudalità era ormai in declino ed essa, che già nel 1741 aveva subito un duro colpo con l‘abolizione di molti dei privilegi goduti da feudatari ed

    134 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005, pp. 349, 350, 351. 135 Filomeno Moscati, idem, pp. 174,175,198,199, 303, 304, 305, 306. 136 Erasmo Ricca, Istoria de‟ Feudi delle Due Sicilie, Stamperia di Agostino De Pascale, Napoli 1869, Vol. IV, p.153,154,

    179 Filomeno Moscati enti ecclesiastici, fu definitivamente abolita nel 1806, durante il regno di Giuseppe Bonaparte.

    Bibliografia

    Colletta P., Storia del reame di Napoli, Libreria Scientifica Editrice, Napoli 1951. Masucci A:, Serino, ricerche storiche, Tipografia Giuseppe Rinaldi, Napoli 1923. Moscati F., Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005. Pescatori S., I terremoti dell‟Irpinia, Tipografia Gaetano Ferrara 1915. Ricca E., Istoria de‟ Feudi delle Due Sicilie, Stamperia di Agostino De Pascale, Napoli 1869.

    180 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    XVIII

    San Michele di Serino durante il regno dei Borbone

    1-La Carboneria a San Michele 2- Municipio e Decurionato. 3- Il “camposanto” e la”Strada della Starza” . 4- La cappella della Madonna delle Grazie a Pontefravito.

    I primi decenni del Regno di Napoli e di Sicilia (1738 – 1860) , sotto la dinastia dei Borbone, non furono senza conseguenze per la storia del Meridione d‘Italia a causa delle riforme che furono attuate in questo periodo, riforme che interessarono anche San Michele di Serino, il feudo delle monache, con la riduzione dei privilegi ecclesiastici, il ridimensionamento dei poteri dei feudatari, la proibizione dell‘abuso, largamente praticato, di costringere i vassalli a non vendere i frutti dei campi da essi coltivati prima che il barone avesse venduto i suoi, l‘abolizione dei ―passi‖ e dei ―pedaggi‖, l‘istituzione dei catasti onciario e del commercio e di apposite magistrature destinate a regolare la materia. Nel 1788 fu abolita l‘annona e, nel 1799, il Comune di San Michele fu compreso nel Cantone di Avellino, nel Dipartimento del Volturno. L‘anno 1799 rese evidente, anche nel ―Serinese‖, l‘esistenza di una classe dirigente formata da una pattuglia di giacobini, aperti alle nuove idee di libertà predicate dalla Rivoluzione francese. Essi, all‘epoca della Repubblica napoletana del 1799, impiantarono a Serino un‘amministrazione repubblicana resa visibile anche materialmente con l‘erezione in piazza degli alberi della libertà. Secondo la moda di quel tempo alberi della libertà vennero eretti a Sala di Serino, San Michele di Serino e Santa Lucia di Serino. Fu una libertà che durò poco, perché la reazione borbonica non si fece attendere e le masse sanfediste guidate da Costantino de Filippis, un ufficiale borbonico di Santa Lucia di Serino, invasero il ―Serinese‖ il 26 aprile del 1800 e abbatterono gli alberi della libertà.137

    137 Francesco Barra, La rivoluzione del 1799, in Storia Illustrata di Avellino e dell‟Irpinia, Ed. Sellino e Barra, Pratola Serra (AV) 1996, Vol. IV, L‘Età moderna, p.22.

    181 Filomeno Moscati

    Fu questa classe dirigente a dare, al tempo della restaurazione borbonica, forma, vita ed ideali alle vendite carbonare. Queste vendite si diffusero per tutta l‘Irpinia <>, come si evince dalla denominazione ―I figli di Bruto”, presa dalla vendita di San Michele di Serino, e ― I seguaci di Cassio” da quella di Serino,138 con chiaro riferimento ai congiurati che organizzarono e guidarono l‘uccisione di Cesare. La presenza di queste vendite carbonare spiega anche perché il tenente colonnello Lorenzo De Concilj, che andava organizzando la rivolta nel ―Montorese‖ e nel ―Serinese‖, si fermò a San Michele di Serino per avere un colloquio coi carbonari del luogo. Il colloquio avvenne il 2 luglio del 1820 in casa del sindaco Michele Molinaro, che era sita in Via Corticelle, e ad esso parteciparono i maggiori esponenti della Carboneria serinese, Raffaele Anzuoni di Dogana Vecchia , Sabato Perreca sindaco di Serino, Don Baldassarre Tedeschi (parroco), capitano Enrico Tedeschi di Rivottoli, e insieme a loro due ―Sanmichelesi‖ , Nicola Cotone fu Michele e Ciriaco De Cicco fu Matteo. Il 6 agosto del 1806, durante il decennio francese e sotto il regno di Giuseppe Bonaparte ( 1806 – 1808), fu abolita la feudalità e, con essa, furono abolite tutte le giurisdizioni baronali, quali il diritto di amministrare la giustizia, i diritti cosiddetti proibitivi, che si risolvevano in veri e propri monopoli ( mulino, forno, vinacciaio), le prestazioni di natura personale ( giornate lavorative gratuite e corvèe), tutti i privilegi di natura fiscale e le immunità di cui godevano i feudatari. Tra le leggi varate nel periodo napoleonico (1806 – 1815) particolarmente rilevanti per il casale di San Michele risultarono quella riguardante l‘organizzazione amministrativa dei Comuni e quella relativa all‘istituzione dei cimiteri, perché recepite e fatte proprie dalla monarchia borbonica dopo la sua restaurazione, nel 1816. La legge 12 dicembre 1816 abolì le Università e istituì, nel Reame di Napoli e di Sicilia, i Municipi amministrati dai ―decurioni‖, il cui numero variava da 10 a 30 a seconda della popolazione. L‘innovazione di maggiore importanza era costituita dal fatto che i

    138 Vincenzo Cannaviello, Lorenzo De Concilj o Liberalismo Irpino, a cura di Andrea Massaro, De Angelis Editore, Avellino 2001, pp. 31, 32.

    182 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    ―decurioni‖ non erano elettivi, ma venivano designati o dal Capo della Provincia o direttamente dal Re, scegliendoli da un‘apposita lista di cittadini eleggibili, formata sulla base del censo, in cui erano inclusi soltanto cittadini benestanti, esercenti le professioni liberali e padroni di bottega. I ―decurioni‘ designavano, a loro volta, il sindaco e gli eletti, i quali per entrare nella pienezza della carica dovevano ricevere l‘approvazione del sovrano. La seconda importante innovazione fu quella apportata con la Legge dello 11 marzo 1817, che, recependo e facendo propria una legge varata nel decennio napoleonico, vietò la sepoltura dei defunti nelle chiese e stabilì che, per questa bisogna, ogni Comune si dovesse munire di un ―camposanto‖. La sepoltura dei morti nelle chiese era usanza radicata fra i cristiani, derivante da quella in uso ai primi tempi della cristianità, quando i seguaci della nuova religione amavano farsi seppellire nelle catacombe, vicino al corpo di un martire, perché era credenza comune che la vicinanza a chi aveva testimoniato la sua fede col sangue facilitasse l‘accesso al paradiso. Nelle chiese i sepolcrari si trovavano sotto il pavimento e, in essi, i preti venivano tumulati vicino al gradino dell‘altare maggiore, i laici adulti al centro della chiesa e i bambini vicino all‘ingresso, come abbiamo visto parlando della cripta dell‘oratorio della Congrega di S. Gregorio (vedi cap. XVI). Fuori dalle chiese, a breve distanza dal centro abitato, venivano invece inumate in un ―cemeterio‖ le persone di più umile condizione.139 La costruzione del cimitero di San Michele risultò particolarmente lunga e laboriosa. La progettazione del costruendo cimitero fu affidata all‘ ingegnere Ubertis il quale, ultimato il progetto in tempi brevi, lo consegnò nel novembre 1819, Questo progetto prevedeva l‘edificazione del camposanto nel territorio del Comune, accosto alla Cappella del Purgatorio, detta comunemente del cimitero perché era la cappella del ―cemeterio‖ destinato ai poveri, situato proprio all‘inizio di Via Felloniche, ma, poiché la spesa di ducati 600 prevista per il nuovo cimitero era onerosa e, inoltre, occorrevano anche 150 ducati per la rettificazione del catasto provvisorio e altri 105 per congrue da pagare al parroco,

    139 N. d. A. Forse perché, avendo patito il Purgatorio nella vita, avevano meno bisogno d‘aiuto per conquistare il ―Regno dei cieli‖ dopo la morte.

    183 Filomeno Moscati

    Don Francesco Covelluzzo, denaro che mancava, il Decurionato deliberò, quand‘era sindaco Michele Molinaro (1820), d‘imporre un dazio di 10 grani a tomolo sia sulla molitura del grano che del granone. Il Consiglio d‘Intendenza, visto che la legge sui cimiteri obbligava solo ai lavori urgenti, considerò non necessari i lavori ornamentali e decorativi e dispose che il gettito totale, del dazio proposto, poteva essere valutato solo dopo che il progettista del cimitero e il Direttore delle Contribuzioni dirette avessero indicato la somma occorrente sia per l‘uno che per l‘altro. Malgrado le riduzioni effettuate dal progettista la somma totale occorrente risultò di 750 ducati. Il Decurionato, giudicando la popolazione di San Michele << ridotta all‟estrema indigenza >>, deliberò di ricavare dal dazio sulla molitura soltanto ducati 600, da riscuotersi per transazione e non per appalto, e di <>. A seguito di questa deliberazione il Consiglio d‘Intendenza ordinò che il ruolo della riscossione doveva essere compilato dai Decurioni insieme con il parroco, che ogni individuo doveva essere tassato << per tomola 5, a grana 10 a tomolo se di grano, a grana 5 se di granone al massimo>>. Non ritenendo questa imposta sufficiente alla bisogna, il Consiglio d‘Intendenza ordinò inoltre che << i proprietari d‟industrie, oltre al consumo per gl‟individui di famiglia, siano tassati per ciò che presuntivamente consumeranno per le persone addette al loro servizio , alla coltura dei fondi, ed al mantenimento delle rispettive industrie>>, e, << non giungendo il prodotto al pieno che si reclama, si proporranno altri fondi, donde supplire tanto agli enunziati bisogni quanto al pagamento della congrua dovuta al parroco per la corrente ( per l‘anno in corso ) e per gli arretrati>>. Il Decurionato ritenne queste imposizioni chiaramente vessatorie e insostenibili dalla popolazione e, sebbene convocato per cinque volte, pur di non votarle per cinque volte rifiutò di riunirsi . Di questa situazione, che suonava come aperta ribellione, il sindaco ritenne opportuno informare l‘Intendente, Giuseppe Caracciolo marchese di Sant‘ Agapito, con una lettera del 1 giugno 1820 in cui gli comunicava che << per cinque convocazioni il Decurionato non si è voluto riunire sia per il cimitero sia per le altre spese delle opere pubbliche provinciali, strade e ponte della Starza; ed il cassiere del Comune di Serino a

    184 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo momenti sta mandando il piantone per il pagamento di ducati 160, ratizzo di San Michele per la strada di Atripalda >>. La strada, definita di Atripalda, doveva congiungere con Atripalda attraverso il valico di Turci, e, per poterla costruire, i Comuni di Solofra, Serino , Santa Lucia, San Michele, Santo Stefano e Atripalda erano stati tassati per 1500 ducati all‘anno per cinque anni. La rata annua di San Michele era di 100 ducati e , siccome cassiere ed amministratore di questo tributo era il cassiere comunale di Serino, ciò spiega l‘accenno al piantonamento del Comune di San Michele, debitore insolvente del rateo annuale, da parte del cassiere del Comune di Serino. A seguito della lettera del sindaco l‘Intendente convocò presso di sé per il 10 giugno 1820 sia il sindaco che i ―decurioni‖ di San Michele e questi, dopo essere stati acerbamente rimproverati, e forse minacciati di sanzioni personali, finalmente si decisero a votare il dazio. L‘approvazione del dazio non servì allo scopo perché 18 anni dopo, nel 1838, il nuovo cimitero non solo non era stato costruito ma neppure iniziato. Lo prova una riunione del consiglio comunale, in data 25 novembre 1838, in cui il Sindaco, Alfonso Rapolla, rese noto ai ―decurioni‖, Rocco Perrottelli, Salvatore Romei, Michele Renzullo, Antonio Perrottelli, Giovanni Antonio Perrottelli, Francesco Femina e Vito Romei, un dispaccio di S. E. il Ministro che ordinava la chiusura a gesso delle sepolture interne alle chiese, la sepoltura dei morti in aperta campagna, in un luogo apposito, e di stabilire i fondi per la costruzione dei cimiteri nei Comuni dove esso non esisteva. In ―obbedienza‖ all‘ordinanza del Ministro la deliberazione del Decurionato dice che: <>, disobbedendo così, in modo chiaro e palese, all‘ordinanza del Ministro. Si spiega perciò la dura reazione dell‘Intendente che, a sua volta con un‘ordinanza, dispose che i sepolcrari nelle chiese fossero chiusi sotto la personale responsabilità del sindaco, che l‘interro dei cadaveri avvenisse in una cappella rurale sita a debita distanza dal centro abitato del casale, il tutto a spese del Comune compreso il trasporto delle salme

    185 Filomeno Moscati e, infine, che il Decurionato votasse le imposte sufficienti a ricavare il denaro occorrente per costruire il camposanto. Neppure questa ordinanza produsse gli effetti voluti perché il sindaco, in data 7 dicembre 1838, inviò all‘Intendente una lettera di risposta in cui affermava che: <> . Il Decurionato di Serino, con una deliberazione in data 31 dicembre 1838, respinse la proposta, adducendo che la promiscuità era contraria alla legge e che essa col trasporto dei cadaveri poteva favorire il contagio in caso di epidemia. In realtà la ragione vera era una soltanto, la proposta era giunta in ritardo e ciò comportava che <>. Dopo questo rifiuto il sindaco di San Michele propose per la tumulazione la cappella rurale di S. Maria del Carmine, di proprietà del Reverendo Don Flavio Muscato (di Santa Lucia), ma l‘Intendente la respinse << sia perché i cadaveri devono essere inumati e non tumulati, sia perché i fondi devono servire per il camposanto. Sia quindi adibito un luogo in campagna>>.

    186 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    Il Decurionato di San Michele decise allora, in data 28 gennaio 1839, che:<< considerato che fuori dell‟abitato esiste un cimitero con cappella… crede che questo può adibirsi a camposanto …ed ivi l‟operazione riesce con economia e risparmio >>. La decisione fu subito osteggiata da Don Giacomo Cotone di Pietro per impedire l‘esproprio di un suo suolo adiacente al cimitero. Egli con una protesta scritta espose, fra l‘altro, che il luogo prescelto non rispondeva ai requisiti previsti dalla legge, trovandosi a breve distanza dall‘abitato ed essendo per sua natura paludoso, ma, siccome molti cittadini si espressero in senso contrario a questa protesta, l‘Intendente nel marzo 1839 ordinò che si eseguisse il progetto primitivo, quello dell‘ ingegnere Ubertis del 1819 che prevedeva il camposanto proprio nel luogo adibito a ―cemeterio‖. A questa decisione si oppose il sindaco adducendo che ciò risultava impossibile, perché la distanza dall‘abitato era << meno della metà di un quarto di miglio, ( meno di 200 metri) il posto si trova fra due vie pubbliche; a sette palmi si trova certamente acqua, sia d‟estate per l‟irrigazione delle terre limitrofe, sia d‟inverno per la caduta di acqua piovana, e l‟acqua esce a rivoli dalla terra avanti al cimitero>>. A questa opposizione si contrapposero di nuovo i cittadini, i quali questa volta accusarono il sindaco, notaio Alfonso Rapolla, di voler favorire il cognato, Don Giacomo Cotone. Il sindaco dopo questa nuova opposizione si rivolse di nuovo all‘Intendente e, ergendosi a paladino delle ―anime purganti‖, chiese per iscritto che fino alla costruzione del nuovo camposanto fosse consentito di seppellire i morti nella cripta della confraternita << a nome delle anime sante del purgatorio, che certamente per il favore che sperasi di ottenere pregano il Signore Dio per la nostra salute temporale [ affinché duri] per una lunghezza tale che oltrepassi gli anni di Nestore, oltre che per il felice passaggio della bella Anima da questo mondo all‟Eterna Beatitudine>>. La risposta dell‘Intendente malgrado l‘intercessione delle anime del purgatorio fu ancora una volta negativa, sollecitando anzi la costruzione del camposanto, e proprio allo scopo di affrettarla inviò sul posto l‘ingegnere Marino Massari per studiare e risolvere la questione. Questi sentenziò che il luogo proposto dal Decurionato, l‘antico ―cemeterio‖ dei poveri, era inadatto all‘uso perché poco lontano dall‘abitato, distando da esso appena 425 passi, e suggerì come sede del futuro cimitero un fondo di proprietà della chiesa

    187 Filomeno Moscati situato presso la ferriera. L‘ Intendente fu d‘accordo, ma non fu invece d‘accordo il Decurionato di San Michele che di nuovo accusò il sindaco. Il disaccordo generò, come per miracolo, un accordo tra Popolo, Decurionato e Sindaco i quali, univocamente, chiesero all‘Intendente e al Ministro che: <>. L‘intendente inviò allora sul posto l‘ingegnere Ballerino, il quale, a sua volta, espresse parere negativo sul ―cemeterio‖ e suggerì di costruire il camposanto in contrada ―Campo‖, suggerimento che ricevette l‘approvazione dell‘Intendente, del Consiglio d‘Intendenza e dell‘ing. Massari, ma neppure un‘approvazione così concorde e autorevole risultò sufficiente allo scopo, perché il Decurionato la disapprovò in modo così fermo e deciso che si rifiutò perfino di pagare la perizia. Nel 1843 fu il nuovo sindaco, Bartolomeo Cotone, a rispondere alle reiterate sollecitazioni delle autorità, ma la sostanza della risposta non mutò, giacché fu praticamente un rifiuto, giustificato dalla spesa eccessiva e da una carenza di denaro tale che mancava perfino l‘appaltatore. Dopo questo rifiuto l‘Intendente inviò un nuovo tecnico, l‘architetto Don Federico Rota, che approvò il progetto Ballerino ( quello di contrada Campo) e questa volta il sindaco promise di indire il bando per l‘appalto dei lavori; ma nel 1844 il sindaco non era più lo stesso perché era stato nominato sindaco Giuseppe Giliberto, il quale avanzò una ―nuova proposta‖, quella della tumulazione nella cappella del ―cemeterio‖.140 Questa proposta dovette aspettare altri quattro anni prima di essere accolta, e non senza contrasti. Si può infatti affermare, con assoluta sicurezza, che almeno fino all‘anno 1848 la sepoltura dei morti del Comune di San Michele di Serino avveniva nella chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo. La certezza ci viene data dalle relazioni dei registri parrocchiali e, più specificamente, dal ―Liber defunctorum‖ che va dall‘anno 1836 all‘anno 1847. In questo libro tutte le relazioni hanno lo stesso tenore. Di esse, tutte redatte a mano, riportiamo a titolo d‘esempio l‘ultima, redatta di propria mano dal parroco, Don Francesco Covelluzzi, che dice:<

    140 Alfonso Masucci, Serino, ricerche storiche, Tipografia Giuseppe Rinaldi, Napoli 1927, p.221.

    188 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    Decembris, Maria Capozzi vidua quondam Nicolai di Napoli Casali Sancti Michaelis Arcangeli Status Sereni mihi infrascripto parocho peccata sua confessa, Sanctissimo Viatico refecta et oli untione roborata, etatis suae annorum octaginta circiter, Anima Deo redditit, eiusque corpus sepultum est in Cripta nostre congregationis sub titulo sancti Gregorii Papa erecta in eadem ecclesia dicti Sancti Michaelis Arcangeli >> ( Nell‘anno del Signore 1847, il giorno 18 del mese di dicembre, Maria Capozzi, vedova del fu Nicola di Napoli, dello Stato di Serino, a me sottoscritto parroco avendo confessato i suoi peccati, confortata dal santissimo Viatico e rafforzata dall‘estrema unzione, all‘età di anni 80 circa, rese l‘Anima a Dio, e il suo corpo è stato sepolto nella Cripta della nostra congrega di S. Gregorio Papa, che è eretta nella stessa chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo ). A partire dal 1848 i libri parrocchiali compiono una brusca svolta, con una variazione almeno all‘apparenza decisiva, perché lo schema delle relazioni dei defunti è a stampa e termina sempre con questa identica dicitura, << eius corpus die…sepultum est in publico cemeterio>>, e il suo corpo dal giorno …è sepolto nel ―cemeterio‖ pubblico.141 La vicenda del camposanto, che sembrava risolta, in realtà non si era affatto conclusa perché cinque anni dopo, nel marzo 1853, l‘Intendente con una nuova ordinanza ingiungeva al sindaco che <> e, per evitare ogni opposizione, invitò la Direzione di Ponti e Strade a dire se <>. La volontà di Sua Maestà si rivelò del tutto inefficace perché due anni dopo, nel 1855, il Decurionato stabilì di non volere il camposanto neppure nel sito dell‘antico ―cemeterio‖ con cappella, e, infischiandosi dell‘altissimo volere, espresse il suo volere bassissimo, che fu questo: << ritornare alle sepolture nella chiesa parrocchiale >>. Visto che non era possibile dare la pace ai morti si tentò di darla almeno ai vivi con l‘invio di un nuovo tecnico, l‘ing. Biancardi, il quale ripropose il ritorno al primiero progetto del 1819, quello

    141 ―Libro dei defunti‖ della parrocchia di S. Michele Arcangelo, anno 1848

    189 Filomeno Moscati dell‘Ubertis, con in più l‘acquisto dell‘attiguo podere di proprietà Cotone. Ma pace non fu , perché l‘Intendente respinse questa proposta e la costruzione del camposanto rimase in sospeso almeno fino all‘anno 1872, anno in cui l‘opera era sicuramente iniziata, ma altrettanto sicuramente non ancora terminata. Lo conferma una decisione della Giunta Municipale ( che sotto la monarchia sabauda aveva sostituito il decurionato) che, riunitasi il 6 settembre 1872, accoglie la proposta del sindaco, Mele Raimondo, che << a completare l‟opera del camposanto è mestiere chiedere un sussidio all‟Onorevole deputazione Provinciale perché questo infelice disgraziato Comune difetta di mezzi, vive su gravosi balzelli, non esclusa una onerosa tassa di famiglia, la quale a malincuore si soffre dai cittadini>> e, perciò, << delibera che l‟Onorevole Deputazione Provinciale si degni accordare a questo miserabilissimo comune un sussidio almeno di lire 1000, prelevandole dalle somme disponibili nella Cassa Provinciale, e così completare l‟opera del camposanto richiesta dalla civiltà dei tempi e dalla pubblica igiene>>142 Come si sia svolta, e infine risolta, la vicenda del camposanto di San Michele lo possiamo evincere da alcune decisioni di Consiglio e di Giunta Municipale riguardanti il periodo che va dall‘anno 1871 all‘anno 1875. Da una delibera della Giunta Municipale del giorno 8 agosto 1873, riguardante la controversia insorta fra il Comune e Rocco Scarano, muratore – costruttore delle mura del camposanto, apprendiamo infatti che << il progetto d‟arte per la costruzione del Camposanto fu elevato dall‟architetto sig. Giliberti Salvatore a‟ 31 Dicembre 1868…per la quale opera si stabilisce la somma complessiva di lire 4933, 71>>.143 Ma tre anni dopo, nel novembre 1871, la costruzione non è ancora iniziata perché, dati i “tenui prezzi” previsti, l‘asta è andata deserta e il Consiglio stabilisce perciò di costruire il muro di cinta in tufo.144

    142 Registro delle decisioni di Giunta del Comune di San Michele di Serino dall‟anno 1872 all‟anno 1877, p. 2. 143 Deliberazione di Giunta Municipale di san Michele di Serino del 8 agosto 1873, in Registro delle Decisioni di Giunta Municipale di San Michele di Serino dal 1872 al 1877, p. 4 144 Deliberazione di Consiglio Municipale del 1 novembre 1871, in Registro delle D. C. M. dal 1871 al 1877, p. 5.

    190 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    Il Genio Civile rigettò le modifiche al progetto, apportate il 1 novembre 1871, << rilevando che le fondamenta debbono costruirsi a pietra e non già a congia e tufo nero perché questo è soggetto a disfacimento >> e consigliò che << per rinvenire oblatori si aumentasse il 100% sul prezzo >>, ma, poiché << tutti, in diversi tempi intesi, sonosi negati nonostante l‟aumento del prezzo >>,145 e visto che il Prefetto, con una sua nota del 30 maggio 1871 aveva ordinato, << sotto la più stretta responsabilità del Sindaco che si fosse cinto il Camposanto con fitta siepe o con muro a secco quando non potevansi costruire i muri regolari a fabbrica per difetti di mezzi >>,146 il sindaco, avendo constatato che la costruzione dei muri di cinta è necessaria perché richiesta dalla legge, che << il popolo è dolentissimo poiché i cadaveri si seppelliscono in aperta campagna >>, che << qui difettano cave di pietra e prendendosi altrove il Comune non può sopperire alla straordinaria spesa >>, invita i consiglieri << a deliberare novellamente sull‟oggetto >>.147 Infine, visto che non fu possibile reperire appaltatori, il Sindaco, << facoltatovi con nota del 9 Agosto 1871, Decisione 29, Sezione 1, n° 10824 >> procedette a trattativa privata col muratore Rocco Scarano, di Contrada, << convenendo vocalmente … eseguire l‟opera, meno la cappella, sulla base del progetto d‟arte del sig. Giliberti e per i prezzi designati dal medesimo >>148 La costruzione ebbe effettivo inizio nel mese di aprile 1872 e, nel maggio, si provvide a dare un acconto di lire 644, 06 sulle opere già eseguite dal muratore Scarano << traendole dall‟avanzo del passato bilancio>>.149 Nell‘agosto 1873 << buona parte dei lavori sonosi eseguiti, giusta l‟annesso certificato dell‟architetto Direttore sig. Giliberti >>, ma << considerando per fatti costanti e permanenti che buona parte dei muri di cinta del camposanto si è fatta e deve

    145 Deliberazione del consiglio Municipale del 1 febbraio 1872, idem, p. 9 146 Decisione di Giunta Municipale del 8 agosto 1873, in Registro delle D. G. M. dal 1871 al 1877, p. 4. 147 Deliberazione di Consiglio Municipale del 1 febbraio 1872, in Registro D. C. M. 1871-1877, p. 9. 148 Deliberazione di Consiglio Municipale del 1 febbraio 1872, in Registro D. C. M. 1871-1877, p. 9. 149 Decisione di Consiglio Municipale del 15 maggio 1872, in registro delle D. C. M. 1871 –1877, p. 10.

    191 Filomeno Moscati completarsi >>, la Giunta, << difettando assolutamente di ogni mezzo a soddisfare lo Scarano sulla resta che avanza, la quale va dovuta, à deliberato che l‟Onorevole Deputazione Provinciale si degni rilasciare mandato a favore di questo Municipio [di] lire 1000, prima danda delle 2000 accordate nella tornata del 13 ottobre 1872 >>.150 Il mancato pagamento generò una controversia giudiziaria con lo Scarano, secondo la Giunta << per proteste ingiuste ed illogiche nonché contrarie allo stesso progetto d‟arte da lui giudizialmente accettato>>, controversia in cui il Comune fu difeso dall‘avv. Serafino Soldi, uno dei massimi esponenti della politica provinciale di quei tempi.151 L‘annosa vicenda della costruzione del camposanto si avviò finalmente a conclusione definitiva il 17 settembre 1875, quando, nella sessione autunnale, il Consiglio, discutendo in << 21° luogo del Camposanto>>, stabilì che << viste le pratiche relative all‟oggetto, all‟unanimità di voti delibera completarsi il camposanto, sempre in base al primitivo progetto in quanto a lavori, e redigendo analogo progetto …completarsi il muro al lato orientale …e al più presto possibile il cancello>>. Dopo di che ebbero pace sia i morti che i vivi.152 Connessa al culto dei morti, e all‘antica consuetudine della sepoltura dei morti in chiesa, è anche la vicenda della costruzione della Chiesetta della Madonna delle Grazie a Ponte Fravito, costruzione avvenuta proprio in questo secolo e precisamente nell‘anno 1825. La fece costruire D. Arcangelo Renzulli per soddisfare un voto, come si evince dall‘epigrafe situata sul portale , che dice: <>, (Questo sacro edificio il signor Arcangelo Renzulli, del Comune di San Michele, per propria devozione e per soddisfare un voto, con nuova spesa fece edificare nell‘anno del Signore 1825).

    150 Decisione di Giunta Municipale del 8 agosto 1873, in Registro delle D. G.M. 1871-1873, p. 4 151 Decisione di Giunta Municipale del 6 agosto1873, in registro delle D G. M. 1871-1878, p.18. 152 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005, pp. 342-347

    192 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    Questa chiesetta da cui ha preso nome la frazione Madonna delle Grazie di San Michele di Serino, presenta due evidenti connessioni, quella con il culto e la devozione a S. Maria delle Grazie, assai diffuso in San Michele di Serino, e quello con il culto dei morti , reso visibile da un riquadro di stucco che delimita il luogo di sepoltura di D. Lorenzo, padre del costruttore D. Arcangelo. La cappella, situata sulla riva destra del torrente Barra, restaurata nell‘anno mariano 1953-54, dichiarata inagibile a causa dei gravi danni subiti nel terremoto del 23 novembre 1980, è oggi chiusa e puntellata, e, ove non si provveda con un rapido ed efficace restauro, destinata a perire e con essa perirà la testimonianza di una parte della storia di San Michele di Serino.153 Per motivi di devozione, ma anche per evitare che questa storia perisca, è in avanzata fase di costruzione (anno 2007), sulla riva sinistra dello stesso torrente Barra, una nuova e più ampia chiesa da dedicare al culto della Madonna delle Grazie.

    153 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005, p. 356

    193 Filomeno Moscati

    Bibliografia

    Barra F., La rivoluzione del1799, in Storia illustrata di Avellino e dell‟Irpinia, Ed. Sellino e Barra, Pratola Serra (AV) 19960. Cannaviello V., Lorenzo De Concilj o Liberalismo Irpino, De Angelis Editore, Avellino 2001. Masucci A., Serino, ricerche storiche, Tipografia Giuseppe Rinaldi, Napoli 1927. Moscati F., Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005.

    194 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    XIX

    San Michele di Serino durante il Regno sabaudo

    1- La modernizzazione. 2- Le strade. 3- L‟Acquedotto del Serino e la lotta per l‟acqua. 4- Le fontanine. 5- La “Casa Municipale e scuola elementare”. 6- La collettoria postale. 7- La condotta medica e ostetrica. 8- L‟illuminazione pubblica. 9- La Società di mutuo soccorso e il Comitato Comunale di emigrazione. 10- Giornalisti e politici: Fiorentino Cotone, Vincenzo Cotone, Oberdan Cotone. 11- Personalità notevoli: Mons. Giuseppe De Mattia, Antonio Sarno.12- Raffaele Perrottelli. 13- Una figura importante e controversa, Ugo Girone. 14- La Seconda Guerra Mondiale a San Michele.

    A seguito della spedizione dei ―Mille‖ Francesco II di Borbone perse il suo regno e questo, con il plebiscito del 20 – 21 ottobre 1860, fu annesso al Regno di Piemonte, A seguito di questa annessione il Parlamento nazionale, riunitosi a Torino il 16 marzo 1861, proclamò Vittorio Emanuele II di Savoia re d‘Italia. Il nuovo regno, di cui era venuto a far parte anche San Michele di Serino, si trovò di fronte alla necessità di dovere affrontare e risolvere un problema basilare per il progresso della Nazione, la modernizzazione del Paese da attuarsi soprattutto con mezzi di comunicazione più rapidi ed efficienti, opere pubbliche e servizi pubblici fondamentali ( Pubblica Istruzione e Sanità Pubblica ). Fu proprio la modernizzazione ad interessare in modo diretto il territorio del Comune di San Michele di Serino con l‘inaugurazione , nel 1879, del tratto ferroviario che congiunse Mercato Sanseverino con Avellino passando per Solofra, Serino e San Michele di Serino, ma, mentre Solofra e Serino ebbero la loro stazione ferroviaria, San Michele dovette attendere fino all‘anno 1936 per potere ottenere, dopo molte richieste, << una fermata impresenziata la quale dovrà adibirsi esclusivamente al servizio viaggiatori >>.154

    154 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005, pp.393, 394

    195 Filomeno Moscati

    Per migliorare le comunicazioni fu dichiarata opera di pubblica utilità anche la costruzione della strada carrabile destinata a congiungere Solofra con Atripalda passando attraverso i territori dei Comuni di Serino, Santa Lucia e Santo Stefano, una strada già dichiarata obbligatoria in epoca borbonica e alla cui costruzione, nel 1820, era stato obbligato a concorrere con la somma di 100 ducati annui anche il Comune di San Michele, come abbiamo visto nel capitolo XVIII. Nel 1872 la congiunzione di San Michele con la strada Serino - Atripalda non era ancora stata attuata e, proprio allo scopo di realizzare il congiungimento con questa strada obbligatoria, la Prefettura di Avellino con una nota del 14 maggio 1872, n° 4378, impose al Comune di San Michele di dare in appalto la costruzione di una strada, che, partendo dall‘abitato, lo congiungesse con la strada Turci – Serino – Santa Lucia – Santo Stefano – Atripalda. La Giunta Comunale di San Michele, riunitasi il 25 maggio1872, cercò di evitarne l‘esecuzione asserendo che la strada ―Lavine‖, che congiungeva l‘abitato al ponte della ―Starza‖, era in buone condizioni di manutenzione, ma la Prefettura replicò imponendo che << il Comune deve proseguire il tratto della strada medesima sino alla strada provinciale che mena a Turci, quindi devesi eseguire il relativo progetto d‟arte, e per tale oggetto devesi nominare l‟ingegnere per compilarlo >>. La Prefettura avvertiva, infine, che << in difetto, dopo il termine di giorni 6 l‟ingegnere sarà nominato di Ufficio dalla lodevole Prefettura>>. La Giunta, finalmente convinta e ossequiente, nominò << il signor Giliberti Salvatore, architetto di questo comune, affinché esegua il progetto d‟arte per il proseguimento della strada dal ponte sul Sabato, lungo la strada Starza (di ) sino alla strada provinciale >>.155 Anche la costruzione della strada Puntarole di Avellino – Cesinali - San Michele di Serino -Stazione ferroviaria di Serino iniziò il suo iter in questo periodo. Essa prese infatti l‘avvio con una decisione del Consiglio Comunale di Cesinali, in data 19 novembre 1872, ed era prevista come una “strada consortile” alla cui costruzione avrebbero dovuto concorrere i Comuni di Cesinali, Tavernola San Felice, San Michele di Serino e Serino. Questa deliberazione fu

    155 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Edizioni Gutenberg, Penta di Fisciano (SA) 2005, p. 369.

    196 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo inviata per primo al Comune di San Michele di Serino che vi aderì a condizione che << nel proposto consorzio siano invitati a concorrere tutti i comuni che possano avere interesse all‟augurata strada>> e che << assolutamente e come condizione cardinale la strada attraversi l‟abitato di S. Michele di Serino>>. In realtà la costruenda strada ebbe un iter lungo e travagliato, perché il Comune di Serino vi aderì soltanto nel 1895 con nota dello 11 novembre n° 1000, nella quale invitava il Comune di San Michele <>. Il Comune di San Michele aderì all‘invito, ma, poiché il suo interesse immediato e maggiore era la congiunzione del suo territorio con lo scalo ferroviario di Serino, l‘adesione fu subordinata all‘accettazione << fra le condizioni di appalto di doversi prima costruire il tratto che scorre nel territorio di questo Comune, ed in seguito quello in territorio di Serino>>. La costruzione della strada Puntarole - Serino ebbe infatti inizio con la costruzione del solo tratto San Michele - Serino, ma con una modifica, perché per renderla meno dispendiosa e più rettilinea essa non doveva più attraversare l‘abitato di San Michele, com‘era stato inizialmente richiesto. Questo tratto fu ultimato e collaudato nel 1902, mentre per il completamento del tratto San Michele - Puntarole occorsero molti decenni. Esso fu infatti completato in epoca repubblicana, quand‘era sindaco il professore Generoso Fiorillo (1956-1964).156 Quasi in quello stesso periodo una nuova opera pubblica interessò i comuni del ―Serinese‖, la costruzione dell‘Acquedotto di Napoli, comunemente ma erroneamente denominato Acquedotto del Serino. Proprio perché si potesse realizzare questo acquedotto il decreto reale 11 luglio 1877 << autorizzò la città di Napoli a procedere all‟espropriazione delle acque di Serino ed Urciuoli…tralasciando ogni altra investigazione sopra altre acque >>. Con questo decreto l‘opera può considerarsi avviata, ma l‘avvio non fu senza contrasti ed opposizioni. Di queste opposizioni rimane documentazione nelle delibere dell‘epoca, riguardanti tutti i Comuni interessati e, in particolare, il Comune di San Michele di Serino che si riteneva il più danneggiato. Rappresentativa di questo clima è proprio una ―delibera‖ del consiglio comunale di San Michele, del 29 novembre

    156 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005, pp. 369-371.

    197 Filomeno Moscati

    1874, perché in quel giorno il sindaco, Michele Cotone, convocato il consiglio in seduta straordinaria << fa dar lettura dal Segretario d‟una nota del sig. Prefetto della Provincia, in data del 14 di questo spirante mese, colla quale si rimettevano a quest‟uffizio comunale i Manifesti del Sindaco del Municipio di Napoli che inoltrava dimanda a Sua Eccellenza il Ministro dei Lavori Pubblici, per far dichiarare opera di pubblica utilità quella della conduttura dell‟acqua delle sorgenti di Serino, denominate Acquara – Pelosi ed Urciuoli, pel comune di Napoli>>, e precisa di essersi più volte opposto in antecedenza , ma ora <>. Dopo avere affermato che << anche quando una rivalsa per l‟espropriazione si offerisse al Comune e ai possidenti, ogni mezzo tornerebbe inutile perché illimitato e incalcolabile il danno>>, il sindaco Michele Cotone concluse dicendo : <> e il Consiglio, all‘unanimità, gli conferì l‘incarico. Qualsiasi opposizione delle Province, dei Comuni e dei privati interessati si rivelò inutile e la costruzione dell‘acquedotto, dopo aver superato tutte <>, prese materialmente inizio nel 1882 con la captazione delle sorgenti Urciuoli, proseguì nel 1925 con la captazione delle sorgenti Pelosi e << fu effettivamente completata nel 1936 - 37 con l‟allacciamento delle sorgenti Acquara>>157 Alla costruzione dell‘Acquedotto di Napoli è strettamente connessa la vicenda dell‘impianto delle fontane a getto continuo, che fanno bella mostra di sé nelle principali piazze del paese. Essa ebbe origine con il rifiuto, da parte del Comune di San Michele, all‘invito di partecipare alla costruzione dell‘Acquedotto della Tornola,158 e raggiunse il suo culmine nella seduta consiliare del 5 luglio 1925, quando <

    157 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005, pp.362-368 158 Filomeno Moscati, idem, pp.371-373.

    198 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo sorgenti Pelosi e conseguente disseccamento del fiume Sabato, verrebbe a mancare l‟acqua non solo per i bisogni agricoli, ma anche per gli usi civici,…tenuto presente lo stato di agitazione che serpeggia tra la popolazione per l‟incanalamento delle acque in favore di Napoli, e le sue aspirazioni quasi secolari per un rifornimento d‟acqua potabile non inquinata né inquinabile, …considerato che il canale di convogliamento delle acque del Serino deve attraversare ben quattro strade di questo Comune di cui una proprio nel centro abitato, a voti unanimi Delibera farsi voti allo Ill.mo Signor Prefetto che interponesse i suoi buoni uffici sia presso il Governo del Re che presso il Comune di Napoli, allo scopo di far cedere, in cambio dell‟autorizzazione all‟attraversamento delle strade,… gratuitamente un congruo quantitativo di acqua potabile non inferiore a litri dieci al minuto da servire ad uso civico>>. La vicenda si concluse, dopo un‘azione di tipo insurrezionale programmata e guidata dal sacerdote Don Giovanni Moscati, nella seduta consiliare del 26 maggio 1926 quando lo stesso Don Giovanni, che la presiedeva nella sua qualità di vice sindaco, <> e <>.159 Tra le opere pubbliche, realizzate in questo periodo in San Michele di Serino, rilievo non piccolo assume la costruzione della ―Casa municipale e scuola elementare‖, ubicata in Piazza Vittoria, un edificio che fu demolito a causa dei danni riportati nel terremoto del 1980 e sulla cui superficie è stato realizzato un parcheggio. La sua costruzione, deliberata nel 1877, era già iniziata nel 1881 e fu completata in un breve lasso di tempo. In questa ―Casa Municipale e scuola elementare‖ la parte assegnata alle scuole era costituita dai due locali al piano terreno e in essi i ―maestri‖, Teresa Renzulli di Valentino e Giuseppe Forcellati di Luigi, coniugi nella vita,

    159 Filomeno Moscati , Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005, pp. 375-381

    199 Filomeno Moscati insegnarono a numerose generazioni di ―Sanmichelesi‖ il leggere lo scrivere e il far di conto per oltre quarant‘anni.160 Quasi contemporanea alla costruzione della ―Casa Municipale‖ è l‘istituzione, in San Michele di Serino, di un ufficio postale. Questo servizio primario delle comunicazioni era prima espletato da un pedone rurale previo prelievo dei dispacci dall‘Ufficio Postale di Serino, risultando perciò dispendioso, lento ed impreciso. Fu nel 1890 che il Ministro delle Poste e Telegrafi <>, con dispaccio del Prefetto del 30 maggio, n° 144688, << di essere disposto ad istituire in questo comune una collettoria postale>>, aderendo alla richiesta avanzata dal Consiglio Comunale nella seduta dello 8 febbraio 1885, in cui si chiedeva << alla Direzione Generale delle Poste in Roma l‟impianto di una collettoria postale di prima classe con incarico di emettere e pagare vaglia ordinari unitari nel limite di lire 50, di vendere francobolli e cartoline e di accettare e distribuire lettere raccomandate ed i pacchi postali>>.161 Fra i servizi pubblici, che sempre più in quest‘epoca si vennero affermando come servizi indispensabili per la comunità, vi fu il Servizio Sanitario, che, con la legge Bertani del 1887, portò all‘istituzione obbligatoria delle ―condotte mediche ed ostetriche‖ in ogni Comune. Quest‘obbligo fu assolto dai Comuni di Santa Lucia e San Michele di Serino soltanto nel 1895, come si evince da una deliberazione del Consiglio Comunale di San Michele, del 29 dicembre 1895, avente ad oggetto ―Nomina del Medico Condotto‖. In questa seduta consiliare il presidente De Cicco Ferdinando, sindaco funzionante, <> medico condotto il dottor Salvatore Molinari << con i seguenti patti e condizioni: 1- Il comune di S. Michele è unito in consorzio con il comune di S. Lucia di Serino>>. Il capitolato stabiliva, fra l‘altro, l‘obbligo della residenza a Santa Lucia e lo stipendio, fissato in <>. Le norme del capitolato precisavano inoltre che <>, che egli era <

    160 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005, pp.383,384. 161 Filomeno Moscati, idem, p.392.

    200 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo della vaccinazione senza compenso…e dovrà in tutti i giorni dispari visitare gli infermi e, se richiesto, nei giorni pari, ed anche di notte tempo nei casi di urgenza non potrà rifiutarsi>>, sancendo così la presenza continuativa sul territorio dei due Comuni di un medico con compiti di diagnosi e cura, oltre che di medicina preventiva.162 Di qualche decennio posteriore risulta invece l‘istituzione del servizio dell‘illuminazione pubblica mediante energia elettrica. Il contratto d‘appalto, redatto sulla base del progetto presentato dalla ditta Vitale- Moscati, fu stipulato in data 22 dicembre 1923 e prevedeva l‘impianto e l‘esercizio di una officina idroelettrica, atta a provvedere all‘illuminazione pubblica e privata di San Michele di Serino, e l‘ illuminazione pubblica mediante l‘impianto di una lampada da 33 candele, 17 lampade da 16 candele, 12 lampade da 10 candele, per un totale di 30 lampade e 425 candele <>. L‘accensione delle lampade era fissata a <> e terminava <>. La ditta s‘impegnava, inoltre, a fornire gratuitamente l‘energia occorrente per l‘illuminazione del palazzo municipale <>. L‘illuminazione elettrica del paese fu completata nel 1925 quando, nella seduta del 19 luglio, il Consiglio Comunale, <>, deliberò di concedere, prelevandola dal fondo spese impreviste, la somma di lire 200 <>. 163 Nella seconda metà del secolo XIX con il diffondersi del Socialismo si andarono affermando anche gli ideali della solidarietà e, sulla base di essi, il sorgere delle ―Società di mutuo soccorso‖ fra lavoratori. Una ―Società operaia‖ esisteva sicuramente anche a San Michele, agli inizi del secolo XX, e proprio uno dei suoi iscritti, Giliberti Michele, il 1 marzo 1902 venne dal Consiglio Comunale di San Michele nominato, quale <

    162 Filomeno Moscati, idem, pp.385-387. 163 Filomeno Moscati, ibidem, pp. 389-391.

    201 Filomeno Moscati

    Mutuo soccorso di questo comune, a far parte, in qualità di membro, del Comitato Comunale di emigrazione>>. L‘esistenza di questo comitato mette in luce un altro fenomeno in cui fu coinvolto il nostro il paese, quello dell‘emigrazione. Il flusso migratorio dei lavoratori delle nostre contrade assunse dimensioni rilevanti <, Baiano>>.164 Questo flusso, che nella seconda metà del secolo XIX e nei primi decenni del XX fu rivolto soprattutto verso le Americhe, assunse l‘aspetto di migrazione temporanea interna negli anni trenta del secolo XX, al tempo della bonifica delle Paludi Pontine intrapresa dal regime fascista.165 I decenni che precedettero la prima guerra mondiale furono caratterizzati da una grande passione politica. Espressione di questa passione, in San Michele di Serino, furono alcuni rappresentanti della famiglia Cotone, che la manifestarono nel campo del giornalismo, come Oberdan e Fiorentino Cotone, o della politica provinciale, come Vincenzo e Oberdan Cotone. Fiorentino Cotone fu fondatore e direttore di un periodico quindicinale, che divenne espressione dell‘opinione pubblica moderata ed uno dei più importanti di Avellino, il ―Don Basilio‖, un titolo chiaramente ispirato al celebre personaggio del ―Barbiere di Siviglia ― di Gioacchino Rossini e all‘ancora più celebre aria della ―Calunnia‖ . Egli con la sua penna diede ampia testimonianza degli avvenimenti mondani, e delle vicende amministrative della provincia di Avellino, nel periodo che va dal 1909 al 1931.166 Di ben altra levatura fu Oberdan Cotone (1887-1971) , figlio di secondo letto di Vincenzo Cotone, nato a Napoli nel 1887, ma ―Sanmichelese‖ sia per le origini familiari che per l‘appartenenza spirituale e sentimentale. Oberdan Cotone dopo aver diretto nel 1914 il periodico ―Il Maglio‖, assunse nel 1919 la direzione del giornale ―La libera parola‖, diretto prima di lui da Guido Dorso e da Augusto Guerriero, passò poi alla ―Irpinia fascista‖, giornale che egli diresse dal 1923 al 1925, anni in cui fu anche segretario della ―Federazione

    164 Francesco Barra, Economia e Società, in Storia illustrata di Avellino e dell‟Irpinia, Ed. Sellino e Barra, Pratola Serra , Avellino 1996, Vol. V, Lo Stato unitario, p.30. 165 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005 p,394. 166 Filomeno Moscati, idem, p. 396.

    202 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    Irpina dei Fasci‖. Da questo giornale si trasferì come redattore al ―Popolo di Roma‖, giornale ove rimase fino al 1931, anno in cui fondò il ―Marc‟Aurelio‖, un giornale satirico - politico che in breve tempo divenne celebre e di diffusissima lettura. Nel 1933 fondò il ― Settebello‖, anch‘esso molto diffuso e a cui collaborarono scrittori divenuti poi famosi, come Zavattini, Achille Campanile e Saul Steinberg.167 La più vera espressione della passione politica diffusa a quel tempo nelle nostre contrade fu Vincenzo Cotone, nato a San Michele di Serino il 15 gennaio 1866. Figlio del notaio Michele Cotone, da lui ereditò le sue innate qualità oratorie, qualità così evidenti e spiccate fin dalla prima giovinezza che i suoi compagni del Liceo Colletta di Avellino, alla morte di Giuseppe Garibaldi nel 1982, lo designarono oratore ufficiale della manifestazione organizzata in suo onore. La sua passione per la politica divenne manifesta nel periodo degli studi universitari, compiuti presso l‘Università di Napoli, in cui era il promotore e l‘organizzatore di tutte le manifestazioni irredentistiche per Trieste e Trento, manifestazioni in cui divenne <>. Laureatosi in Legge nel 1988, Vincenzo Cotone affinò le sue qualità oratorie nell‘agone forense, ma questo non placò la sua passione politica, anzi la esaltò, per cui da fervente mazziniano qual era divenne l‘esponente di spicco del ―Partito repubblicano‖ e l‘espressione più viva del ―Blocco Popolare‖, formato da repubblicani, socialisti e radicali. Come tale partecipò alla vita politica del mandamento di Serino, presentandosi candidato alla carica di consigliere provinciale nelle elezioni del 1903, contro il consigliere uscente Gaetano Anzuoni, e conseguendo una sorprendente vittoria. Segno del suo valore e della stima di cui godeva, sia come professionista che come politico, sono le due cariche a cui lo elessero i suoi colleghi, quella di ―Presidente dell‘Ordine degli Avvocati‖ e quella di ‖ Presidente del Consiglio Provinciale‖ di Avellino, cariche che egli ricoprì fino a quando non decise, spontaneamente, di dimettersi. Morì a Napoli il 24 novembre 1952. Oggi Vincenzo Cotone viene ricordato, nel suo paese natio, da una strada e da una piazza che portano il suo nome e da una lapide apposta, a cura dell‘Amministrazione comunale nell‘agosto 2003,

    167 Filomeno Moscati, idem, pp. 396, 397,

    203 Filomeno Moscati sulla facciata del ricostruito palazzo dei Cotone, completamente distrutto dal terremoto del 1980.168 Fra i personaggi di questo periodo degni di essere ricordati vanno menzionati il maestro e direttore di banda musicale Antonio Sarno e il parroco monsignor Giuseppe De Mattia. Giuseppe de Mattia nacque a San Michele di Serino il 18 giugno 1844, ordinato sacerdote nel 1868 divenne parroco di San Michele nel 1869. Ecclesiastico, colto e letterato, fu autore di opere teologico - filosofiche quali : “La mente di S. Tommaso intorno all‟origine dell‟anima”, “L‟Italia ed il papato”, “Gli pseudoevangelici”. Amato dalla comunità di cui era pastore la sua vita fu stroncata dalla mano assassina di uno squilibrato, comunemente individuato col nomignolo di ―Piribiffio‖ per il corpo sgraziato e l‘insania della mente , il quale, a torto e con odio continuamente crescente rimuginando nella sua mente malata di essere stato da lui deriso e sbeffeggiato, lo colpì all‘addome, la sera del 13 aprile 1902, con un trincetto da calzolaio reso ancor più dannoso con l‘immersione in una soluzione irritante di peperoncino e piante venefiche Morì due giorni dopo, il 15 aprile del 1902, e un anno dopo la sua morte l‘Amministrazione Comunale, facendosi interprete del sentimento popolare, volle immortalarne il ricordo facendo apporre sulla facciata della Chiesa di San Michele Arcangelo una lapide con questa epigrafe: MONSIGNOR GIUSEPPE DE MATTIA PARROCO DI S. MICHELE DI SERINO ESEMPIO DI BONTA‘ DI OPEROSITA‘ INFATICABILE PER LA RELIGIONE E LA SOCIETA‘ ORATORE FILOSOFO SCRITTORE POLEMICO ONORATO CON PIANTO VISSE E MORI‘ BENEFICANDO NEL PRIMO ANNIVERSARIO MUNICIPIO E POPOLO UNANIMI Antonio Sarno, anch‘egli nativo di San Michele, diplomato al conservatorio, fu compositore, ma raggiunse ai suoi tempi notevole notorietà come clarinettista e, soprattutto, come direttore di una banda musicale le cui esibizioni erano molto richieste e apprezzate nelle feste patronali, banda che dalla conformazione del suo celebre

    168 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005, pp.397, 398.

    204 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo clarinetto, molto simile allo stelo di una grossa pianta di granoturco, dal popolo comunemente denominato ―stucchio”, veniva da tutti e ovunque individuata con l‘appellativo di ―banda 'e stucchione”. Di questo periodo è anche Raffaele Perrottelli. Nato a San Michele il 28 gennaio 1889 si era laureato in Legge e si avviava alla carriera forense quando scoppiò la prima guerra mondiale. Sebbene come laureato fosse candidato al grado di Ufficiale, egli volle servire la Patria come semplice soldato e, come tale, entrò a far parte della terza compagnia del 64° Reggimento di fanteria. Nel luglio 1915 egli era nelle assolate trincee di Polazzo quando si offrì, volontario, a comandare un drappello incaricato di rompere i reticolati nemici che ostacolavano l‘avanzata dei fanti. Ferito per ben due volte non volle rinunciare all‘impresa e, per proteggere i suoi compagni, rimase al posto assegnatogli fino a quando un terzo colpo di fucile non lo uccise, ma il suo eroismo non fu vano, perché, attraverso il varco aperto da lui e dai suoi compagni, poterono passare i fanti per la conquista di una importante posizione. Tanto eroismo non passò inosservato e la Patria, riconoscente, onorò la sua memoria col massimo riconoscimento del valor militare, la medaglia d‘oro, con la seguente motivazione: <>. Il suo paese natio gli dedicò la piazza antistante la casa dove egli era nato, un bassorilievo con la sua effigie nel monumento ai caduti e, dopo il terremoto del 1980, la villa comunale costruita sul giardino della sua casa. Il paese in cui era nato non fu il solo ad onorarne la memoria, perché anche la città di Avellino volle ricordarlo intestandogli una strada che collega il Viale dei Platani a Via Cavour, strada che porta appunto il suo nome, Raffaele Perrottelli. Lo stesso re Vittorio Emanuele III volle essere presente quando, il 15 dicembre 1923, il 64°Reggimento di fanteria, cui egli apparteneva, lo

    205 Filomeno Moscati onorò affiggendo una lapide con un‘epigrafe all‘ingresso della sua caserma, a Salerno. 169 Il decennio successivo alla prima guerra mondiale vide l‘affermarsi, anche in San Michele, del ―Partito Nazionale Fascista‖ che vi aprì una sezione, ma, fatto di notevole rilievo, nel 1923 contemporaneamente a questa esisteva in paese una sezione del ―Partito Comunista‖ con ben 6 iscritti, numero non esiguo se si pensa che in tutta la provincia di Avellino gli aderenti al Partito Comunista erano in tutto 64.170 La presenza di una sezione comunista a San Michele nel 1923 va, con tutta evidenza, collegata alla presenza in paese di Ugo Girone (1897-1977), <> Egli insieme a Amedeo Bordiga, uno dei più importanti esponenti del Partito Comunista d‘Italia nato dalla scissione di Livorno del 1921, aveva fondato la rivista ―Prometeo‖, che fu soppressa nel 1924 da Palmiro Togliatti, un provvedimento che non piacque né a Girone né a Bordiga i quali, pur protestando in modo vivacissimo, finirono con l‘accettare la soppressione a patto che la loro protesta fosse inoltrata all‘Internazionale Comunista. Nel 1925 Ugo Girone era uno dei sei redattori dell‘Unità, giornale del Partito Comunista, ma nel novembre di quello stesso anno, dopo la dissociazione di Bordiga dal partito, egli formò un ―Comitato d‘Intesa‖. Questo comitato fu ritenuto un elemento di rottura e di frazionamento del Partito Comunista e Girone ne fu perciò espulso assieme a tutti i componenti del Comitato. Qualche tempo dopo , quando il Comitato fu sciolto dietro disposizione dell‘Internazionale, Girone venne riammesso nel partito assieme a tutti gli altri suoi componenti. Successivamente Girone espatriò in Francia, ma trovandosi ormai in dissenso sempre più forte con le linee ufficiali del partito, ritornò in Italia e, malgrado un incontro con Togliatti, fu definitivamente espulso dal partito perché ritenuto ―trozkista‖ 171

    169 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005, p. 401. 170 Francesco Barra, Il regime fascista, in Storia Illustrata di Avellino e dell‟Irpinia, Vol. V, Il Novecento, p.158. 171 Francesco Barra, idem, p.159.

    206 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    L‘importanza della figura di Ugo Girone nella fondazione e nella vita del Partito Comunista d‘Italia e quale esponente di primo piano della sinistra del partito, definita come l‘ala intransigente di Amedeo Bordiga, si evince da alcun numeri dell‘Unità dell‘anno 1925. Sull‘edizione del 16 giugno 1925 compare un comunicato in cui il Comitato Esecutivo del Partito rende noto che <>172 In realtà le cose non stavano proprio come il Comitato Esecutivo le aveva descritte, trattandosi invece di un fortissimo dissenso, ideologico e per la conquista del potere all‘interno del Partito, portato avanti con decisione dall‘ala sinistra intransigente di Bordiga e violentemente contrastato dall‘ala cosiddetta centrista che, guidata da Togliatti, occupava il Comitato Esecutivo detenendo il potere nel Partito. Le accuse rivolte a Girone erano infatti del tutto strumentali e volte a screditarlo di fronte alla base , come chiaramente si evince da una lettera comparsa sull‘Unità del 22 giugno 1925 sotto il titolo ‖ANCORA UN DOCUMENTO DELL‘EX COMITATO D‘INTESA‖. Essa dice: << 22 giugno 1925- Alla Centrale del PCd‟I  Partito Comunista d‘Italia . Cari Compagni, il vostro comunicato apparso nell‟Unità del 16 giugno sulla espulsione o pretesa

    172 Da L‟Unità del 16 giugno 1925

    207 Filomeno Moscati espulsione dal Partito del compagno Ugo Girone…ci obbliga dichiararvi quanto segue: Il vostro provvedimento è nullo anzitutto perché rientra nella sfera di quelli presi a scopo frazionistico in quanto la Centrale abusivamente adopera i propri poteri per influenzare e falsare le decisioni del Congresso del Partito secondo i suoi interessi di frazione>>. Dopo aver elencato diverse cause di nullità del provvedimento di espulsione la lettera prosegue affermando che la Centrale, nel prenderlo, si è avvalsa di elementi falsi di cui conosceva benissimo la falsità. Essa infatti prosegue dicendo: << Il provvedimento è poi ancora nullo in quanto… si basa su elementi di fatto falsi e di una parte dei quali la falsità vi era nota. Falso è che Girone fosse stato “allontanato dal posto di lavoro che occupava nel Partito per gravissime mancanze disciplinari”….ed il più grave falso sta nel dire che “ha assunto il posto di funzionario del Comitato d‟Intesa”. Possiamo trascurare le menzogne minori per protestare contro le insinuazioni contenute nel commento a proposito dei mezzi coi quali si sarebbe provveduto alla vita di Girone e al suo abbonamento ferroviario. Prendete atto che non è mai esistito un abbonamento, e che Girone, disoccupato, vive assai stentatamente aiutato da suoi parenti in posizione modesta, procurando di trovarsi un‟occupazione che tuttora gli manca. Girone, avvalendosi di un biglietto parlamentare ancora servibile in parte, e con una piccola somma anticipatagli da alcuni compagni, ha visitato effettivamente alcuni centri dell‟Italia meridionale avvicinando i compagni e discutendo con essi di cose di Partito, ovunque, altra vostra bugia e motivo evidente del livore, assai bene e fraternamente accolto, perché nulla compiva di men che degno di un comunista. Tanto faceva di intesa con noi… Ugo Girone ricorre intanto a tutti i mezzi di ricorso consentitigli dalle norme della vostra organizzazione, ma noi vi avvertiamo, anche agli effetti del vostro sadismo sul corpo del nostro Partito, che lo consideriamo oggi come sempre un comunista e un compagno e come tale sentiamo il dovere di seguitare a trattarlo: il che è l‟opinione di moltissimi compagni del Partito, il quale, se liberamente su onesta informazione rappresentato al regolare Congresso, casserà questa come tante altre delle vostre deliberazioni che lo danneggiano e lo disonorano. Con saluti comunisti

    208 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    Onorato Damen – Cecchina Grossi – Amadeo Bordiga – Bruno Fortichiari – Mario Lanfranchi – Luigi Repossi – Carlo Venegoni>>.173 Ciò che emerge dalla lettura delle copie dell‘Unità, edite nell‘estate del 1925, è che la presenza e l‘iniziativa di Amedeo Bordiga, nella Napoli del primo dopoguerra, aveva fatto della città uno dei centri motori del bolscevismo italiano e la roccaforte della frazione più intransigente, una realtà che fu possibile smantellare solo con gli arresti di Ugo Girone ed Eugenio Mancini nel 1928. Gli arresti sono l‘indice delle dimensioni raggiunte dalla personalità politica di Girone che, dopo la scarcerazione, espatriò in Francia e , al tempo della guerra civile spagnola (1936-1939) in Spagna come corrispondente fotografo. La valutazione della figura di Girone rimane comunque controversa. Ritornato infatti in Italia ed essendo sempre di più in contrasto con il Partito, fu da esso espulso in modo definitivo, nel 1945, con l‘accusa di essere trozkista, ma anche perché gravato dell‘accusa di essere stato una spia dell‘OVRA, il servizio segreto del Fascismo. L‘ultimo quinquennio del regno sabaudo e del regime fascista fu contrassegnato dalle conseguenze di una guerra disastrosa. I primi segni della tempesta che si avvicinava San Michele li avvertì il giorno 11 gennaio del 1943. Ecco come Don Mariano Vigorita, all‘epoca parroco di San Michele di Serino, descrisse quel giorno nella ‖platea‖ della Chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo : << Il giorno 11 gennaio (1943) le sirene fanno sentire il loro acuto e straziante sibilìo; si avvicinano gli aerei nemici. Infatti dal monte Terminio si vedono apparire 6 apparecchi ad una altezza media, e con una grande scia di fumo, che si dirigono verso Napoli. Vengono accolti dalla bella Napoli con un nutrito fuoco e dopo pochi minuti 4 apparecchi prendono la via del ritorno. All‟altezza di si vede un nostro caccia che insegue i nemici. Scena drammatica. Si osservano ad occhio nudo i colpi di cannone che gli aerei nemici tirano sul nostro caccia, ma tutto va a nostro vantaggio. Il caccia colpisce uno dei quattro all‟altezza di Serino e

    173 Da L‟Unità del 22 giugno 1925.

    209 Filomeno Moscati va a cadere in fiamme, al di là della “Colla” ed in seguito anche un secondo aereo nemico è abbattuto dall‟ardire del nostro pilota.174 Questo episodio, che sembrava segno di vittoria, era invece la prima avvisaglia della catastrofe che si avvicinava. Ecco infatti come prosegue la descrizione degli avvenimenti di quell‘anno nella ―platea‖ di S. Michele Arcangelo: <>. In questo modo terminò la guerra a San Michele e la popolazione rientrò nelle sue abitazioni.175

    174 Aldo Renzulli, Sul filo dei ricordi, edito a cura della Parrocchia di S. Michele Arcangelo, San Michele di Serino (AV) 1990, p.103. 175 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005, p. 410.

    210 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    Fra gli avvenimenti notevoli che interessarono San Michele in questo periodo vanno ricordati l‘eruzione del Vesuvio e il ritorno dei reduci dalla guerra. L‘eruzione del Vesuvio fu caratterizzata dalla pioggia di cenere mista a neve, una pioggia che non raggiunse l‘intensità e non provocò le conseguenze di quella del 1631, ma che, a partire dal 23 marzo 1944, oscurò il cielo per qualche giorno Il ritorno di 60 soldati, reduci da una guerra tanto disastrosa, fu contrassegnato, nella solennità dello 8 di maggio, da una processione di penitenza e da solenni messe per ringraziare il Santo patrono e implorare il ritorno dei deportati in Germania. Coloro che non tornarono sono ricordati nel monumento ai caduti da un‘epigrafe che dice. ―Durante l‘immane conflitto 1939-1945 caddero nello adempimento del dovere: De Maio Remigio, Esposito Antonio, De Feo Pellegrino, Femina Giovanni, Sirena Giovanni, Oliva Carmine, Giliberti Pietro, Cimminiello Michele, Femina Carmine, De Mattia Raffaele, Raia Carmine. Al loro posto di lavoro: De Piano Francesco, Venezia Anna, Potenza Domenico‖. Il giorno 30 settembre 1945 le Associazioni Cattoliche locali fecero celebrare, per onorarli, un funerale solenne con elogio funebre.176 Tra coloro che non tornarono c‘era il muratore ciclista Remigio De Maio, che nel corso degli anni trenta, all‘epoca delle imprese di Binda, Guerra e Bartali, aveva entusiasmato gli animi con le sue numerose vittorie divenendo l‘idolo della gioventù sportiva . Nell‘anno 1945, quand‘era parroco Don Mariano Vigorita, ebbero inizio i lavori di restauro della chiesa parrocchiale , che, iniziati con la pavimentazione, continuarono con la riparazione dell‘organo, del tetto, del campanile e del pulpito, per terminare , nel 1947, con la decorazione pittorica, ad opera del decoratore Pierro di Solofra, e con i dipinti dell‘abside, riproducenti la ―Disputa del Santissimo Sacramento‖ di Raffaello, ad opera del pittore prof. Grasso di Solofra.177

    176 Platea della Parrocchia di S. Michele Arcangelo, anno 1945, 30 settembre. 177 Platea della parrocchia di S. Michele Arcangelo, anni 1945-1947.

    211 Filomeno Moscati

    Bibliografia

    Barra F., Economia e Società; Il regime fascista; in Storia illustrata di Avellino e dell‟Irpinia, Ed. Sellino e Barra, Pratola Serra (AV) 1996. Moscati F., Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005. Renzulli A., Sul filo dei ricordi, Ed. Parrocchia di S. Michele Arcangelo, San Michele di Serino (AV) 1990,

    212 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    XX

    San Michele nell’epoca repubblicana

    1- Salvatore „o Sinneco. 2- „o Tosello. 3- Le elezioni del tradimento. 4- Il terremoto del 1980. 5- Il Comitato di Base. 6 - Il giornale”Anno Zero”. 7 – La ricostruzione. 8 - Mario Giliberti, poeta della natura. 9- La fine di un ciclo storico.

    La liberazione del territorio nazionale può ritenersi completa alla data del 25 aprile 1945 e, con essa, si ebbe la progressiva ripresa della vita democratica che era stata interrotta nel ventennio fascista. Segni di questa ripresa furono la resurrezione e l‘affermazione dei partiti politici e, fra essi, soprattutto di quelli che si fecero portatori delle istanze della popolazione, che chiedeva trasformazioni profonde nella vita economica, sociale e politica del Paese. Queste aspirazioni furono fatte proprie principalmente da tre partiti, la Democrazia Cristiana, il Partito Socialista, il Partito Comunista, che furono i protagonisti della vita politica italiana del dopoguerra e della vita politico-amministrativa del Comune di San Michele di Serino, e ne fecero la storia nel periodo dello Stato repubblicano, subentrato a quello monarchico sabaudo con le elezioni del 2 giugno 1946. Le prime elezioni amministrative del dopoguerra ebbero luogo nel marzo del 1946 e, a seguito e come conseguenza di esse , a San Michele fu eletto sindaco il sottufficiale Luigi Vitale cui successe dopo pochi mesi il sig. Salvatore Renzulli, sindaco di San Michele dal dicembre 1946 al maggio 1952. Fu quest‘uomo l‘emblema e la prova visibile del cambiamento. Salvatore Renzulli, agricoltore contadino, era uno di quelli che avevano inforcato la bicicletta per recarsi a bonificare l‘Agro Pontino. Uomo di spiccata intelligenza, di una grande nobiltà d‘animo che dimostrava in ogni sua azione, di forte carattere, egli fu il vero interprete del cambiamento avvenuto e delle aspirazioni della popolazione. Queste sue non comuni capacità egli le mise in luce fin dal momento del suo insediamento, con un breve ma nobilissimo

    213 Filomeno Moscati discorso in cui disse: << Questa è la prima volta che udite la parola di un agricoltore. Questo onore è tutto merito della lista della bilancia, simbolo di giustizia. Grande è l‟onore, più grande ancora è l‟impegno assunto verso la cittadinanza. Qualcuno dubita che un consiglio, formato quasi tutto di agricoltori, possa decidere delle sorti di un comune come quello di S. Michele di Serino, che ha tante e tante necessità. Ma dove c‟è coscienza c‟è anche cultura e capacità e, se viene meno la coscienza, la cultura e la capacità servono solo ad occultare le malefatte. Il programma esposto al popolo non deve restare lettera morta. Le opere devono parlare, perché soltanto esse sono destinate a restare. Salvatore Renzulli tenne fede agli impegni assunti, ma ciò che lo contraddistinse, e per cui ancora oggi viene ricordato da chi lo conobbe, fu la gentilezza e la disponibilità verso tutti i suoi concittadini, nessuno escluso, una gentilezza e una disponibilità che, non intaccate dalla carica di primo cittadino cui era stato chiamato, gli consentivano, pur di venire incontro ai desideri e ai bisogni dei suoi amministrati, di firmare i documenti sulla lama della sua lucentissima zappa, con lo stilo appoggiato alla terra che stava dissodando. Fu per queste sue rare qualità che il popolo identificò in Salvatore Renzulli ( la cui amicizia altamente mi ha onorato) il Sindaco per antonomasia, attribuendogli quel nome che lo ha poi contraddistinto per tutta la vita, ―Salvatore ‗o Sinnico‖.178 Segno della sua operosità sono alcune decisioni che il Consiglio Comunale adottò quando era sindaco, che, fra le tante, ci sembrano di particolare rilievo perché ancora tuttora sono sotto gli occhi di tutti; la costruzione di un ―fabbricatino‖ che servisse di riparo ai viaggiatori alla fermata ferroviaria, il 19 settembre del 1948; la costruzione di un edificio scolastico il 31 luglio 1949; l‘estensione della pubblica illuminazione alle strade Felloniche, Corticelle, Campo S. Maria, Nocelleto, Ferriere, Palata, Gaudi, e Macchia.179 Cose non da poco, se si tiene conto dei tempi grami in cui amministrò, e segno tangibile che ciò che aveva detto nel discorso inaugurale (le opere devono parlare, perché solo esse sono destinate a restare) non era fatto di parole vane.

    178 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005, p. 415. 179 Filomeno Moscati, idem, p. 429.

    214 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    Gli succedette nella carica di sindaco il dottore Alfonso Speranza , che, il giorno 7 dicembre 1952, annunciò in Consiglio Comunale la scomparsa di Vincenzo Cotone,<>180 In quella stessa seduta il Sindaco rese noto che <>. Con questo appalto l‘annoso problema del rifornimento idrico domiciliare di San Michele sembrava definitivamente risolto. In realtà non fu così perché l‘acquedotto, che doveva essere rifornito dall‘Acquedotto di Napoli, una volta costruito rimase praticamente vuoto. La Cassa per il Mezzogiorno, con i cui fondi l‘acquedotto era stato costruito, si rivolse allora al Comune di Serino per ottenere, allo scopo di riempirlo, almeno l‘acqua di esubero dell‘Acquedotto della Tornola. La questione fu discussa nella seduta Consiliare del Comune di Serino del 21 febbraio1957. L‘argomento principale all‘ordine del giorno di quella seduta aveva infatti la seguente dicitura: ―Autorizzazione attacco acqua alla Cassa del Mezzogiorno per alimentare i Comuni di S. Lucia e S. Michele di Serino‖. Ad inizio di seduta venne letta la nota diretta ai Comuni di Serino, S. Lucia e S. Michele, in cui la Cassa del Mezzogiorno, dopo avere annunciato che <>, rendeva noto che << detti lavori hanno rese disponibili portate di gran lunga esuberanti ai bisogni presenti e previsti per il futuro per Serino>>. La nota proseguiva dicendo che << visto che il Comune di Serino ha fatto sapere di essere disposto a cedere l‟esubero ai Comuni di S. Michele e S. Lucia, la cui alimentazione è prevista con derivazione dal canale principale dell‟Acquedotto di Napoli,…si prega di voler promuovere formale deliberazione del Consiglio >> in merito. Dopo la lettura di questa nota prese la parola il consigliere, geometra Gaetano Cirino, il quale, parlando anche a nome di un nutrito gruppo di altri consiglieri, dopo aver messo in rilievo <>, lesse una relazione dell‘ing. Domenico Renzulli in cui si

    180 Filomeno Moscati, Storia di Serino, idem, p.429.

    215 Filomeno Moscati evidenziava la <>, perché << è una sorgente superficiale la cui portata d‟acqua non dà assoluto affidamento>>. Dopo questo intervento il Consiglio Comunale di Serino decise di rinviare la discussione ad altra seduta, da tenersi dopo aver consultato un tecnico idrico e un legale. La seduta fu tenuta il 14 marzo 1957 e, a seguito di una discussione burrascosa, la richiesta della Cassa del Mezzogiorno fu bocciata con una votazione quasi plebiscitaria, sedici voti e due astenuti su diciotto votanti. Con questa votazione la questione sembrava definitivamente morta e sepolta. Ma non era così, perché la richiesta, forse a causa di forti e autorevoli pressioni, fu di nuovo messa in discussione il 21 dicembre 1957 e questa volta fu accolta, ma solo per essere revocata, a distanza di appena sei giorni, il 27 dicembre1957. 181 Nel mentre queste altalenanti vicende tenevano occupato il Consiglio Comunale di Serino i Consigli Comunali di San Michele e di Santa Lucia non rimanevano inerti. Il 21 giugno 1957, infatti, il Comune di San Michele decise di unirsi alle proteste del Comune di Santa Lucia per il pessimo funzionamento del Consorzio idrico dell‘Alto Calore, minacciando di sospendere i pagamenti dovuti e, nella stessa seduta di Consiglio, fu anche deciso di informare del grave disservizio sia il Prefetto che il Ministro dei Lavori Pubblici. Il 29 dicembre di quello stesso anno 1957 il Consiglio Comunale di San Michele decide, con l‘accensione di un mutuo, l‘ ampliamento della rete idrica estendendola alle vie Cruci, Corticelle, Palata, Campo S. Maria, Ferriera, Viaticale, Felloniche, S. Maria, Serroni, Nocelleto, Zappelle, Contrada De Mattia, e l‘impianto di sei fontanine pubbliche nelle località Madonna delle Grazie, Nocelleto, Contrada De Mattia, Viaticale, Felloniche e Serroni. Una decisione che, visto quello che era accaduto in precedenza, sembrerebbe assurda e del tutto cervellotica se non fosse confortata da una lettera della Cassa del Mezzogiorno del 14 dicembre 1957, a firma del suo Presidente, il ―serinese‖ professore Gabriele Pescatore. Essa aveva per oggetto ― Alimentazione sussidiaria dell‘acquedotto di S. Lucia e S. Michele di

    181 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005, p.418, 419.

    216 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    Serino con acqua della sorgente Tornola‖ e diceva che l‘alimentazione del nuovo acquedotto sarebbe stata attuata << con una condotta a gravità fra il serbatoio di Guanni e quello di S. Lucia.>>. Precisava inoltre che la portata dell‘Acquedotto Tornola era di 14 litri al secondo, invece dei 10 previsti anche per l‘anno 2000, e aggiungeva che tutti i serbatoi di Serino sfiorano pressoché in continuità e che la cessione dell‘acqua di supero rendeva <>. La lettera precisava infine che << l‟alimentazione per S. Lucia e S: Michele ha carattere di alimentazione sussidiaria perché l‟acquedotto di S. Lucia e S. Michele è stato costruito per derivare acqua con sollevamento dall‟Acquedotto di Napoli ed è solo per attività contingenti , che si risolveranno nel giro di due o tre anni, che la derivazione non può essere attivata>>. La lettera terminava chiedendo l‘adesione formale del Comune di Serino, pur non essendovene <> Come si è visto non se ne fece nulla per l‘opposizione del Comune di Serino e, visto che l‘acquedotto costruito ormai da quattro anni restava completamente vuoto, l‘Amministrazione di San Michele decise di rivolgersi direttamente all‘Acquedotto di Napoli che, spinto dalle pressanti richieste, concesse << il nulla osta per la captazione della polla d‟acqua, esistente nel Comune di S. Michele di Serino,…da utilizzare per il fabbisogno del paese. Polla d‟acqua che si trova a circa 600 metri dal serbatoio dell‟Alto Calore >, serbatoio che incombeva come una minaccia sull‘abitato e che la popolazione, vista la sua mole, la sua altezza e la sua totale inutilità, aveva sarcasticamente denominato ― o Tosello‖. La captazione della polla d‘acqua di Campo S. Maria non risolse il problema perché a distanza di sei anni, il 27 agosto del 1964, il sindaco Generoso Fiorillo riportò il problema dell‘acqua in Consiglio Comunale affermando che <> per cui << da alcuni anni si ha una forte deficienza d‟acqua nell‟acquedotto gestito dall‟Alto Calore, specie nei mesi estivi,>> mesi nei quali << l‟erogazione viene sospesa nel paese e nelle campagne per diverse ore al giorno con grave disagio della popolazione e con numerose lamentele e

    217 Filomeno Moscati proteste>>. Aggiunse che <> e che esso Acquedotto di Napoli <>. Concluse dicendo che << l‟Acquedotto di Napoli ha depauperato e impoverito proprio questa zona, per averne attinto tutte le risorse idriche, per cui è giusto, anche sotto il profilo morale, soddisfare con precedenza le esigenze dei Comuni nell‟ambito dei quali trovansi le sorgenti>>.182 Il richiamo alla giustizia e alla morale non sortì effetto alcuno, per cui il 4-2-1965 il Consiglio Comunale, presieduto dal nuovo sindaco Avv. Carmine Renzulli, ritenne necessario rivolgersi ancora una volta all‘Acquedotto di Napoli <>183 La strana vicenda dell‘acquedotto di San Michele e Santa Lucia terminò con l‘abbattimento del ― Tosello‖, il 4-5-1998, ossia 33 anni dopo, quando il problema era stato già da qualche anno risolto mediante l‘allacciamento alle condotte dell‘Alto Calore di Aiello e S. Stefano.. Durante il periodo in cui si combatteva per l‘acqua, le Amministrazioni che si succedettero alla guida del paese non rimasero inattive. Il 17 ottobre 1954 il Consiglio Comunale incarica l‘ing. Domenico Renzulli di redigere il progetto per la costruzione di un elettrodotto rurale destinato a servire le contrade De Mattia, Nocelleto e Cerreto, che ne erano prive. Il 1954 fu anche l‘anno che vide risorgere a San Michele l‘antica e mai sopita passione per il ciclismo, passione che aveva avuto come idolo nel periodo anteguerra il giovane Remigio De Maio, morto da soldato in Tunisia, e ora il giovanissimo e promettente Lorenzo

    182 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005, pp.432-434. 183 Deliberazione di Consiglio Comunale di S. Michele di Serino del 4-2-1965.

    218 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    Mastroberardino, che proprio in quest‘anno divenne Campione Regionale dei Dilettanti suscitando l‘entusiasmo irrefrenabile della tifoseria locale. Nel 1956 fu istituito l‘asilo infantile. Nel 1957 furono approvati il ―Regolamento Edilizio‖, . l‘adesione ad un consorzio per le fognature, di cui il paese era sprovvisto, e la costruzione di un edificio scolastico in località Madonna delle Grazie, che potesse abbracciare Madonna delle Grazie , Cerreto e Serroni e che funzionasse << anche in sostituzione della scuola sussidiaria di via Cerreto,>> che era stata istituita nell‘anno precedente. Nel 1958 fu deciso l‘acquisto del suolo per costruire un edificio scolastico in San Michele centro. Nel 1959 il Consiglio Comunale decide di intestare il nuovo edificio scolastico a Teresa e Giuseppe Forcellati << medaglie d‟oro al valore scolastico, impareggiabili insegnanti, che per otto lustri istruirono ed educarono, in S. Michele di Serino, più generazioni, esempio di vivo attaccamento alla scuola, di grande amore per i giovani, di infaticabile laboriosità>>, e Via Cruci, ove era situata la sua casa natale, alla Medaglia d‘Oro Raffaele Perrottelli. L‘anno 1961 un‘alluvione fece gravi danni nella zona di Campo S. Maria, in località Isca e a via Capozze, distruggendo le strade per qualche centinaio di metri. Nel 1963 mediante lo sventramento di alcune abitazioni si provvide ad allargare Via del Sabato, dove esisteva una pericolosa strozzatura che ostacolava la viabilità. Nel 1971, essendo sindaco Sabino Quartulli, fu approvato il ―Regolamento Edilizio‖ . Nel 1972 fu approvato il progetto per la realizzazione del campo sportivo. Attraverso la realizzazione di queste opere, che scandirono la vita e riempirono la cronaca quotidiana del nostro paese in quell‘epoca, si giunse alle elezioni amministrative del 1975 e la passione politica riesplose più forte che mai. Queste elezioni furono definite, dai socialisti dell‘epoca, le ―elezioni del tradimento‖. Il tutto prese avvio dalla formazione delle liste. La contesa amministrativa a San Michele di Serino era stata sempre limitata a due liste, quella delle ―Sinistre‖, costituita da socialisti, comunisti e

    219 Filomeno Moscati indipendenti, avente a simbolo prima la bilancia e successivamente le tre spighe di grano, e quella della ―Democrazia Cristiana‖, anch‘essa con qualche indipendente, contraddistinta sempre col simbolo storico del partito, lo scudo crociato con la scritta Libertas. La condizione indispensabile per la vittoria delle ―Sinistre‖ era sempre stata la loro unione in un‘unica lista e anche in quella occasione, pur tra forti contrasti, si giunse alla formazione di una lista unitaria. I contrasti erano stati determinati dalle forti divergenze sorte sul numero dei rappresentanti i due partiti, socialista e comunista, da includere nella lista unitaria. I socialisti, che erano i più forti nel paese, ne concessero soltanto quattro ai comunisti, che invece ne pretendevano cinque allo scopo di poter condizionare le scelte della futura amministrazione. Queste le ragioni apparenti delle divergenze e del contrasto, che trovava le sue ragioni vere e profonde nel fatto che i comunisti non potevano sopportare che, a San Michele, i socialisti fossero in numero maggiore dei comunisti, dato di fatto in contrasto sia con la realtà provinciale che nazionale. La causa di questo deficit fu individuata in alcuni degli elementi di spicco del Partito Socialista locale, partito che, dopo l‘apertura nell‘immediato dopoguerra (1944) di una sezione ad opera del reduce Adolfo Renzulli,184 era divenuto forte. Gli elementi di spicco vennero identificati in Roberto Papa, figlio di Emanuele, che aveva fatto rifiorire a San Michele l‘ideale di un socialismo pacificamente riformista, e nel sindaco uscente, Sabino Quartulli, ritenuto troppo dispotico e accentratore. Fu dunque studiata a tavolino una manovra per liberarsi dei due scomodi personaggi. Il piano, ideato da Ugo Girone dopo diverse riunioni nella sua abitazione, sfruttava la legge elettorale che consentiva di esprimere il voto per una delle liste e, contemporaneamente, di designare anche i tre della minoranza, purché si depennassero tre nomi della lista votata. Fu così che i comunisti ( si disse che l‘avessero fatto anche i quattro candidati nella lista delle spighe ) votarono la Democrazia Cristiana, esprimendo la loro preferenza per tre dei comunisti presenti nella lista delle spighe. La Democrazia Cristiana vinse le elezioni, l‘avv. Vittorio Renzulli fu eletto sindaco e i comunisti espressero i tre consiglieri di minoranza. Il Partito Comunista locale

    184 Aldo Renzulli, In nome della Patria, Amministrazione Comunale S. Michele di Serino 2006, p.261.

    220 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo espose le sue bandiere per festeggiare la vittoria sul nemico, fino ad ieri alleato. I socialisti, mangiandosi il fegato, gridarono al tradimento, e i democratici cristiani, gioiosi e contenti, se la risero sotto i baffi. Dopo 4 anni di governo democristiano, in cui la minoranza comunista fu pressoché invisibile, per non dire inesistente, si giunse alla tornata elettorale del 1980. Furono i comunisti a prendere l‘iniziativa e a cercare l‘intesa con i socialisti, ma questi, con un inusitato scatto di orgoglio, che si dimostrò anche un‘astuta mossa politica, decisero che ci si doveva contare e che, se nel paese ci fosse stato anche un solo socialista, quell‘unico socialista doveva essere evidenziato col voto. I comunisti, non potendo accettare di presentarsi davanti al popolo uniti ai democratici cristiani, loro avversari di sempre, e per di più in una posizione di sudditanza, furono costretti a presentare una lista propria. Fu così che nelle elezioni amministrative del 1980 furono, per la prima volta nel dopoguerra, presentate tre liste. La Democrazia Cristiana vinse per 20 voti sulla lista socialista. Lontanissima la lista comunista. La sera delle elezioni, quando si conobbero i risultati, davanti al bar di Pasquale Boccia, in Piazza Cotone, si festeggiò la vittoria con una grande tavolata a base di fave, sopressate, formaggi, e vino a fiumi, ma, a dimostrazione che il tradimento non paga, a festeggiarla non furono i democratici cristiani bensì i socialisti, che si ritennero i veri vincitori.185 Con queste elezioni fu di nuovo evidenziata la consistenza delle forze politiche esistenti in San Michele di Serino e il loro ruolo nell‘amministrazione comunale, ma, a cambiare la visione delle cose, intervenne il destino con un avvenimento tragico e inatteso che sconvolse tutto il Serinese, il terremoto del 23 novembre 1980. Il sisma danneggiò in modo rilevante i tre Comuni dell‘Alta Valle del Sabato, ma dove il terremoto assunse veramente la dimensione di una catastrofe fu a San Michele di Serino..La dimensione della tragedia, che si consumò in questo Comune nella sera del 23 novembre 1980, è data dal numero dei morti, che furono ben 25, come nel terremoto del 1731. Il centro storico del paese fu completamente distrutto dal sisma e fra le macerie rimasero

    185 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005, pp, 436-438.

    221 Filomeno Moscati imprigionati anche i due giovanissimi figli del sindaco, Arcangelo e Maria Grazia, intorno ai quali iniziò una lotta disperata contro il tempo e le macerie per restituirli alla libertà e alla vita, ma tutto fu vano. La drammaticità di ciò che avvenne in quella notte a San Michele di Serino si evince da alcune pagine scritte dal medico condotto per proprio ricordo : << …. Scesi immediatamente in paese con la mia borsa. Il silenzio mi accolse! I superstiti, inebetiti dall‟immane sventura, erano divenuti muti per il dolore e per lo spavento. Forse le mia grida, annuncianti che il loro medico era lì per aiutarli, rincuorarono quelli che mi sentirono e incominciarono subito ad arrivare notizie e richieste di soccorso, ma, stranamente, erano notizie che riguardavano soltanto dei morti. Fu questo che mi fece valutare la vera entità del disastro e mi costrinse a prendere una decisione, i morti dovevano essere portati nel luogo più vicino e più facilmente accessibile, senza pericolo per i trasportatori e per i familiari alla ricerca dei loro cari, il campo sportivo. Gridai che a me fossero recate soltanto notizie dei vivi. Gli unici che io potevo soccorrere>>. Dopo aver ricordato l‘incredibile episodio di solidarietà del giovane laureando Raffaele De Cicco, che pure avendo appena constatato la morte della madre si dedicò al soccorso dei superstiti; la lotta del vice sindaco Aldo Salomone, coadiuvato da Raffaele Favorito, per estrarre dalle macerie e salvare l‘amico Alfredo Speranza, e altri episodi e momenti tristi di quella tragica notte, il medico descrive come fu sottratto alle macerie e avviato all‘ospedale il parroco del paese, Don Pasquale Lamberti: << Quando giungemmo sulle rovine della chiesa fui colto da un grande stupore. S‟era formata una squadra di soccorritori, forse di una ventina di persone.Fu data la voce, si udì la flebile risposta del parroco.Fu individuato il posto da cui veniva e, sotto la direzione del vigile del fuoco, ( e di un ex minatore di Serino di cognome Mariconda, che ci fu di grande aiuto) fu iniziato il lavoro di scavo. Anche la sorella del parroco era viva e imprigionata a qualche metro di distanza. Gli uomini si divisero e furono formate due squadre. Il cielo era limpido e terso per il vento di tramontana e la splendida luna illuminava la scena. Non so come né dove furono trovati vanghe, zappe e badili, e le due squadre, formate dai più abili e forti

    222 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo fra cui il muratore Antonio Potenza e mastro Ciro Visconti,cominciarono un cauto e prudente lavoro di scavo. Fu estratta per prima, attraverso un foro praticato nelle macerie, la sorella del parroco, miracolosamente incolume perché protetta dalle pareti della stanza, che l‟avevano custodita come in una cassaforte. Si continuò a lungo a lavorare per liberare il parroco e, finalmente, si riuscì a liberare il suo viso e i suoi occhi.Quando li aprì egli vide sulle macerie quegli uomini ansiosi di salvarlo e, con espressione stupita, disse quasi mormorando, ma in modo perfettamente intelligibile, “Amici! Amici! quanti amici che ho!” Gli fu subito detto che la sorella era salva e incolume e fu ripreso il lavoro. La liberazione del parroco sembrava cosa fatta, ma non era così. Bisognò lavorare ancora molto per liberarlo dalla porta, che facendo ponte sul suo corpo l‟aveva salvato, e proprio allora, quando si era ormai sicuri di trarlo fuori, si presentò l‟imprevisto ostacolo di una trave che lo teneva inchiodato. Fu in quel momento che Pierino Renzulli, il proprietario del ristorante “Scacciapensieri”, bestemmiò ad alta voce ricevendo l‟accorato rimprovero del parroco. Dopo un lungo lavoro Don Pasquale, finalmente liberato, dovette essere adagiato su una scala per poterlo trasportare attraverso le macerie. Le ore erano passate, il freddo era pungente per la gelata notturna, ma nessuno se n‟era accorto. S‟era appena iniziato il trasporto del parroco quando sopravvenne un‟altra forte scossa di terremoto. Tutti scapparono e il povero Don Pasquale rimase abbandonato sulla sua scala, in mezzo alle macerie. Ma fu solo per pochi istanti, perché tutti tornarono e Don Pasquale Lamberti fu immediatamente inviato in ospedale. Giunto nella zona percorribile del paese la trovai deserta. Non c‟era anima viva, non un lamento, non una voce. Si avvertiva un freddo gelido, pungente, insopportabile. La luna, tersa e lucente, illuminava uno spettacolo di desolazione e di morte……..>>.186 Così il medico ricordò le vicende da lui vissute nelle prime ore dopo il terremoto. La settimana che seguì fu una settimana contrassegnata da piccoli e sconosciuti eroismi quotidiani. Ma durò solo una settimana! Poi

    186 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005, pp.454-460.

    223 Filomeno Moscati prevalsero la faziosità politica, l‘egoismo, le rivalità e le meschinerie, e fiorirono le menzogne, le calunnie che si andavano man mano ingigantendo, alimentate dalla sventura e dalla sofferenza. I meschini, i corti di vista e piccoli di cuore, si persero in una critica sterile e per gran parte non veritiera sull‘assenza del Governo, sulla distribuzione delle coperte, del formaggio, dei maccheroni, dei forni. In una parola su tutto.187 In questo clima rovente si cominciò a parlare di ricostruzione e, con l‘elezione dei rappresentanti popolari l‘11-1-1981 , fu formato il ― Comitato di base per la ricostruzione di S. Michele di Serino‖. L‘opera di questo comitato fu particolarmente utile ed efficace quando affiancò quella dell‘Amministrazione nella scelta dei prefabbricati, nel censimento e nell‘insediamento in ―roulotte‖ e in prefabbricati dei cittadini terremotati, ma, per divergenze intervenute al suo interno circa il suo ruolo e le sue funzioni, esso ebbe vita breve e nel giugno 1981 può considerarsi praticamente sciolto.188 Il 12 maggio 1982 fu adottato il primo Piano di Recupero del paese, redatto dai tecnici del ―Comitato di Coordinamento pro terremotati ― della Provincia di Cremona, architetti Benassi e Borrini, ed il P.I.P. (Piano degli Insediamenti Produttivi) ma questo piano, redatto da tecnici estranei alla nostra realtà, non corrispondeva ai bisogni della comunità, era sovradimensionato e perciò, discusso di nuovo il 26 novembre 1982, fu rinviato e, sebbene discusso e adottato il 4-1- 1983, non attuato.189 La cronaca degli avvenimenti del periodo successivo al terremoto, del clima in cui si agì, degli incontri e degli scontri fra le forze politiche, fra amministratori e oppositori, è possibile conoscerla attraverso un giornale locale a pubblicazione quindicinale dal titolo emblematico di ―Anno Zero‖, supplemento de ―Il Paese‖. Il suo primo numero, classificato come numero zero, fu pubblicato il 5 aprile 1981 e reca la spiegazione di quel titolo in una frase di Orazio Cimminiello, suo direttore, che dice:<< Siamo tutti coscienti che a S. Michele bisogna partire da “Zero”, pertanto ci preoccuperemo di

    187 Filomeno Moscati, idem, p. 461. 188 Filomeno Moscati, idem, pp. 461-465, 471-475. 189 Filomeno Moscati, ibidem, pp. 466, 474.

    224 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo farvi conoscere tutta la problematica riguardante lo sviluppo e la rinascita socio- economica del ns. Paese>>190 Tra i tanti provvedimenti adottati dall‘Amministrazione Comunale nel periodo che va dal 1981 al maggio 1985, due ci appaiono particolarmente meritevoli di menzione, la vibroflottazione dei suoli, in previsione della futura ricostruzione, e l‘approvazione del progetto per la costruzione di un acquedotto rurale a servizio delle contrade S. Candida, Macchie, Zappelle, Felettelle, Capozze, Cerreto, Lardari, Gaudi –Nocelleto, ma la più importante delle decisioni prese dal Consiglio Comunale all‘avvicinarsi delle elezioni amministrative del 1985, fu l‘adozione di una variante al Piano di Recupero adottato il 4 –1- 1983 e mai attuato. L‘adozione di questa variante, appena un mese prima delle elezioni del maggio 1985 sembrava quella decisiva, ma anch‘essa risultò non attuabile, perché sospesa dal Co. Re. Co, (Comitato Regionale di Controllo) a seguito di ricorso presentato dall‘ing. Domenico Renzulli. Si giunse così, senza un Piano di Recupero pienamente operativo, alle elezioni del maggio 1985. Queste, dopo una dura battaglia verbale incentrata dalle ―Sinistre‖ soprattutto sulla necessità di un radicale cambiamento di quel Piano, furono vinte proprio da queste, che, superando il contrasto dei numeri si erano presentate con una lista unitaria formata da 7 socialisti e 5 comunisti. La durezza della battaglia fu confermata dallo scarto minimo, di appena tre voti, che separò i vincitori dai vinti. L‘esiguità dello scarto determinò un ritardo nell‘insediamento della nuova amministrazione, ritardo di cui approfittarono le imprese che si erano aggiudicate la costruzione dei comparti, che, temendo di perdere gli appalti, si lanciarono in una costruzione indiscriminata in presenza di un Piano di Recupero non operativo, generando una situazione di illegalità dei comparti in costruzione che fu possibile sanare, il 31 ottobre 1985, attraverso una variante al Piano che riportava nella legalità i comparti già iniziati, e con l‘adozione, il 27 giugno 1986, del Piano di recupero definitivo e delle Linee programmatiche del Piano Regolatore Generale, redatti dall‘ing. Marcello Vittorini, professore di Urbanistica nell‘Università di Roma. Il 14 maggio 1987, a seguito delle dimissioni del suo predecessore, che con l‘adozione del Piano di Recupero e l‘avvenuta progettazione

    190 ―Anno Zero”, n° 0 del 5 aprile 1981.

    225 Filomeno Moscati del Piano Regolatore Generale ritenne concluso il suo compito, fu eletto sindaco Teodoro Renzulli e il 16 novembre 1987 fu approvato il Piano Regolatore Generale. La ricostruzione, iniziata con l‘adozione di quei due essenziali strumenti urbanistici, proseguì con celerità e può ritenersi conclusa con l‘edificazione dei due principali edifici pubblici, il Municipio nel 1992, e la chiesa nel 1993.191 Dell‘antico casale del Serinese era rimasto ben poco. Sulle sue rovine era sorto un paese moderno, al passo coi tempi e proiettato verso il futuro, ma l‘immagine del vecchio casale viveva nel cuore e nel ricordo di tutti quei suoi cittadini che avevano vissuto i momenti tragici ed eroici del terremoto e, soprattutto, di quelli dotati di un‘anima poetica, come il direttore didattico Mario Giliberti che così lo ricorda in una sua poesia, mentre dall‘alto di una collina vede, o crede di vedere fra le brume, il suo antico paese: Mi vapora davanti il vecchio paese, quello vero dell‟infanzia felice. Rivedo la chiesa E il campanile alto, col grato risveglio delle campane, L‟orologio a rintocchi. Gli antichi antri solitari e bui, il selciato consunto, secolare, sede eletta di giochi infantili. E il giardino, (ahi, il mio giardino) fiorito a primavera, con sogni e voli, solchi e aiuole,

    191 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005, pp. 475- 487.

    226 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    luci e colori, prati e cielo >>192 Nato a San Michele di Serino il 18-10 1912, morto a Solofra il 7-12- 2001, Mario Giliberti dedicò alla scuola, senza riserve, tutta la sua esistenza. Nell‘intimo del suo cuore egli coltivava però una passione segreta, un impulso insopprimibile per la prosa e la poesia, passione e impulso che pochi dei suoi compaesani conobbero. L‘esperienza di prosatore di Mario Giliberti è tutta racchiusa in un solo libro, che reca un titolo emblematico: “Un antico contemporaneo: E‘ un libro di racconti autobiografici in cui ciò che più colpisce è appunto il titolo, giacché in esso con appena tre parole ha delineato la sua personalità e scritto la sua autobiografia, che è quella di un uomo all‘antica, vissuto in un‘epoca di grandi rivoluzioni, tecniche, sociali e morali, qual è il mondo contemporaneo. Pur vivendo in questo tumultuoso fermento egli infatti conservò, nel profondo del suo ―Io‖, valori e sentimenti antichi. Questi valori e questi sentimenti, che hanno costituito il fondamento e la guida di tutta la sua vita, egli li ha individuati, e a noi additati, nelle sue poesie. Sono la speranza, la fede, la vita stessa, se questa è illuminata dall‘amore per gli altri, e, infine, la libertà. E‘ perciò nei suoi libri di poesie, “Rifugio delle ore amare”, del 1948, Filo d‟erba”, del 1952, “Vecchie colline”, del 1991, “Il sentiero della speranza”, del 1994, che egli realizza veramente se stesso ed esprime il meglio della sua personalità. Non mancano, nella poesia di Giliberti, composizioni di intento filosofico –didascalico di grande chiarezza e di sicura efficacia, ma egli è poeta vero solo quando canta la natura che lo circonda e il paesaggio agreste parla non solo ai sensi ma all‘anima del poeta, che ne avverte il respiro tra l‘ondeggiar del grano, ne ode la voce nel frusciare del granturco, e, godendo del suo lavoro, bea la vista e l‘anima nel contare i peschi carichi di frutti carnosi, e i peri, e i fichi, e i lunghi filari delle viti congiunti da vincoli tenaci. In questi momenti magici la natura si rivela in tutta la sua bellezza, risvegliando in lui, e attraverso i suoi versi in noi, sentimenti antichi, lontane sembianze del passato che sembravano svanite nel tempo. E‘ questa la ragione per cui il paesaggio naturale cantato da Mario Giliberti non è mai puramente descrittivo, non diventa mai immagine

    192 Mario Giliberti, Dalle colline, in Il sentiero della speranza, Edizioni del Giano, Roma 1994, p.31.

    227 Filomeno Moscati da cartolina e si avverte nella sua poesia un‘aura di sogno, una vena sottile d‘illusione, che ci rimandano a tempi lontani e felici, tempi che egli rivive, nella memoria, con una reminiscenza velata di nostalgico rimpianto. Questa nostalgia e questo rimpianto penetrano nell‘animo del lettore per risvegliarvi sensazioni e sentimenti antichi e dimenticati e rivelargli quelle bellezze e quelle armonie che, pur presenti nell‘animo di ognuno, mai avremmo potuto immaginare esistessero nel piccolo mondo che ci circonda,193 il mondo di quel paese la cui immagine egli ha evocato, come in una nebbia, guardando giù dalla collina. Questa immagine fu fatta rivivere, con una pazienza, una veridicità e una bravura incredibili, in un ―plastico‖ che oggi si trova, a disposizione di chi vuole ammirare l‘antico , bellissimo casale, in un apposito locale sito sotto la pavimentazione della risorta chiesa parrocchiale. Autori ne furono Sarno Aldo e Spagnuolo Carmine, due ―terremotati‖, che, con quest‘opera di una precisione e di una minuziosità inverosimili, vollero dimostrare tutto il proprio amore per il loro antico e nuovo paese. Un nuovo paese, un nuovo municipio, una nuova chiesa, che, quasi a segnare la fine di un ciclo storico più che millenario, a partire dal 1998 non appartengono più alla Diocesi di Salerno ma a quella di Avellino. A contrassegnare la fine di un‘epoca e l‘inizio di un nuovo millennio, perché la memoria del passato non andasse perduta e fosse di monito e di sprone per le generazioni future, sull‘area di sedime della chiesa millenaria, distrutta dal terremoto, fu eretto un monumento al protettore del paese, S. Michele Arcangelo. Lo vollero la moglie e i figli di un emigrante, Vittorio Perrotta, bracciante a San Michele, minatore a Marcinelle, nel Belgio, operaio nelle fattorie degli Stati Uniti d‘America, che con un sostanzioso contributo diedero avvio alla costruzione dell‘opera monumentale. L‘esempio di questi figli della nostra terra, residenti negli U. S. A., generò la costituzione di un ―Comitato spontaneo pro erigendo monumento‖, che, con il contributo di tutti i ―Sanmichelesi‖, realizzò l‘opera monumentale su suolo concesso dal Comune, e al Comune la consegnò con atto pubblico il giorno otto di maggio del

    193 Filomeno Moscati, Mario Giliberti, poeta della natura, Ed. Comune di S. Michele di Serino, 7 novembre 2004.

    228 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    2002, festa del Santo Patrono, perché inserisse nel suo patrimonio questo monumento alla storia e alla laboriosità del popolo di San Michele di Serino.

    Salvatore Renzulli, il Sindaco contadino

    229 Filomeno Moscati

    Bibliografia

    Moscati F., Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005; Mario Giliberti, poeta della natura, Ed. Comune di S. Michele di Serino 2004. Renzulli Aldo, In nome della Patria, Amministrazione Comunale, S. Michele di Serino 2006.

    230 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

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    232 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    Anno Zero. Il quindicinale del terremoto

    233 Filomeno Moscati

    234 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    Nuova chiesa Parrocchiale di San Michele di Serino

    235 Filomeno Moscati

    Nuovo Palazzo Comunale

    236 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    Monumento a S. Michele Arcangelo

    237 Filomeno Moscati

    Indice

    Prefazione ------p. 3

    Premessa ------p. 4

    I – Origini di San Michele di Serino e della Chiesa di S. Michele Arcangelo ------p. 7

    II- San Michele di Serino e la Chiesa di S. Michele Arcangelo nei secoli XV e XVI------p. 17

    III – La Chiesa Parrocchiale di S. Michele Arcangelo nell‘anno 1564------p. 37

    IV – La Chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo nell‘anno 1625------p. 51

    V – La Chiesa Parrocchiale di S. Michele Arcangelo nell‘anno 1625 ------p.63

    VI – Inventario delli beni della Chiesa parrocchiale di S. Micheli Archangeli della terra di Serino fatto dallo Rev. D. Alessandro di Aurìa curato di detta chiesa nell‘anno 1634------p. 69

    VII - Chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo nell‘anno 1640------p. 89

    VIII –La Chiesa Parrocchiale di S. Michele Arcangelo nel 1652 p. ------97

    IX - Chiesa Parrocchiale di S. Michele Arcangelo nel 1665---p.105

    X – Il terremoto del 1627. L‘eruzione del Vesuvio del 1631. La peste del 1656.------p.113 XI - Chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo nel 1672------p.117

    238 San Michele di Serino e la Chiesa di San Michele Arcangelo

    XII - Chiesa Parrocchiale di S. Michele Arcangelo nell‘anno 1677------p.121 XIII – Libro dello Stato spirituale e temporale della chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo di Serino fatto da D. Vincenzo Perrottelli parroco di essa in quest‘anno 1692------p 129

    XIV- La Chiesa Parrocchiale di S. Michele Arcangelo del Casale di S. Michele nell‘anno 1692 ------p. 143

    XV – Chiesa Parrocchiale di S. Michele Arcangelo della Terra di Serino nell‘anno 1712------p. 153

    XVI – L‘Oratorio e la Congrega di S. Gregorio Magno ------p.165

    XVII –San Michele nei secoli XVII e XVIII ------p. 173

    XVIII - San Michele durante il Regno dei Borbone ------p. 181

    XIX - San Michele durante il Regno sabaudo ------p. 195

    XX - San Michele in epoca repubblicana ------p.213

    Bibliografia------p. 231

    239 Filomeno Moscati

    Finito di stampare nel mese di maggio 2007 presso la tipografia LUBIGRAF Montoro Inferiore (AV) © Copyright. Tutti i diritti riservati

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