Da indossatrici a top Elsa Martinelli fotografata da Willy Rizzo nel 1967, per . Nell'altra pagina, Mariacarla Boscono sulle pagine di Harper's Bazaar dell'ottobre 2016. Tutte le foto di questo servizio sono tratte dal libro In posa. Modelle italiane dagli anni Cinquanta a oggidi Gabriele Monti (Marsilio, pp. 191, € 25). GIOIA?come eravamo

81 GIOÌ Afcome eravamo

Un esempio? Nella mostra del 2009 The model as a muse, al Met di New York, le modelle italia- ne sono passate quasi inosservate. «La ragione di questa assenza», spiega Monti, «è indubbiamente legata a un fatto: la moda da noi continua a esse- re poco considerata come fenomeno culturale». Eppure di cover girl italiane ce ne sono state mol- te e bellissime. Già alla fine degli Anni 50 la mo- della veniva annoverata fra le nuove professioni più ambite dalle italiane. Su Annabella del 16 novembre 1958, una giovane Natalia Aspesi scri- veva un pezzo dal titolo Sono una ragazza coper- tina e guadagno 40mila lire al giorno, compilan- do un vademecum che oggi fa sorridere (tipo: andare dal parrucchiere ogni tre giorni, sapersi truccare con gusto e abilità, dedicare un'ora al giorno alla ginnastica ecc.), perché «oggi le ragaz- ze lavorano sia per necessità economica, sia per- ché sono troppo attive e intelligenti per non occu- pare il tempo in attesa di un marito: ma non si Se chiedete a una signora di una certa età il nome accontentano più degli impieghi comuni, preferiscono orien- della prima fotomodella che ricordi, vi risponderà tarsi verso professioni più interessanti, meglio remunerate, di con il titolo di un film, Blow up, e con un nome esotico per più larga soddisfazione». La professione modella viene sdo- l'epoca: Veruschka. Negli anni Sessanta, icona di raffinata ganata dall'equivoca reputazione del passato quando, a fine bellezza e animalesco sex appeal. Se lo chiedete alle 40enni vi Ottocento, si trascinava ancora dietro la fama di musa liber- daranno il nome di Cindy Crawford, Claudia Schiffer, dell'e- tina e tentatrice di artisti e poeti. Ed esce anche dagli atelier di terna ,e di un'intera schiera di top model. Se moda dei primi del '900, quando la parola mannequin ri- fate la stessa domanda alle ragazzine di oggi snoccioleranno mandava a un manichino meccanico e passivo più che a un una serie di figli di celeb dai volti e corpi acerbi. Se chiedete i soggetto in carne e ossa. Scrive Clara Grifoni nel 1966, in un nomi di modelle italiane, forse salteranno fuori tre fuoriclasse: saggio divulgativo intitolato L'indossatrice (Vallecchi): Isabella Rossellini, Carla Bruni e Monica Bellucci. E basta. La «Sono ragazze lunghe, sottili e lucenti che camminano ragione di tanta dimenticanza la spiega Gabriele Monti nel per la strada facendo innervosire al loro passaggio fidan- bel saggio In posa. Modelle italiane dagli Anni Cinquanta a zate e mogli. Sguardi ammirativi o maligni volano dietro le oggi (Marsilio, € 25), in cui indaga l'evolversi di una profes- splendide ragazze che vengono paragonate a purosangue, sione che in Italia ha attraversato fasi alterne e le cui protago- gazzelle e pantere, come se la moda fosse un circo. E, dopo- niste sono state dimenticate anche fuori dai confini nazionali. tutto, l'idea non è sbagliata. Per molti versi la moda somiglia

82 oca i\ M ASCI IKK Carla Bruni e Vincent Perez in Giorgio su Vogue America 1993, foto Dewey Nicks. NEVEMODA I \ A C ASA veramente a un circo con i suoi acrobati e gio- ROMANTICA colieri, le sue belve, i suoi fenomeni, le sue leg- NI gende. Molte di queste leggende riguardano le H!E ragazze levigate che girano per il mondo con la (AIA parola "indossatrice" sul passaporto». Fra queste, negli Anni 50, Isabella Albonico, 19 Benedetta Barzini per Elizabeth Arden su Novità del 1965, anni, fiorentina di nascita, notata da un'esper- foto di Bert Stern. ta di moda, passa dall'atelier alle copertine di Vogue, Harper's Bazaar, Life. La sua specialità erano cappelli e gioielli "difficili". Irving Penn, «Ero così esotica che mi chiamavano William Klein, Bert Stern sono i fotografi che jap. Non potevo essere più stridente lavorano con lei, trasformandola in un nome, nell'epoca delle valchirie bionde un viso, un personaggio. Su Life del 1964 ap- pare come testimonial del nuovo sapone Pal- americane e svedesi» molive e il testo recita: «Perché le donne sem- brano più giovani a Firenze?». La sua italianità diventa in stridente all'epoca delle valchirie bionde americane, svedesi, America sinonimo di giovinezza, eleganza, stile. canadesi». Da modella diventerà poi collaboratrice di Yves Ma non è la sola: Iris Bianchi indossa su Vogue del settem- Saint Laurent. L'intenzione di Diana Vreeland è di lavorare bre 1966 le parrucche Dynel in una pubblicità che enfatizza sulle personalità, sulle diversità, non sulla modella come il suo profilo: in quegli anni era meglio l'irregolarità di un viso corpo astratto. Non sembra quindi casuale che, nel 1969, de- differente ed esotico che la prevedibilità di un volto wasp. Poi dichi un intero numero all'Italia, in cui in apertura si legge : «Il c'erano Mirella Petteni, fotografata da Helmut Newton, Lo- suffisso più usato a Roma è "issimo": una gonna è short-issi- redana Zeina, prediletta da Irving Penn. Alla fine dei Sessan- ma, una ragazza è cute-issima, nell'alta moda c'è molto nude- ta, alcune divennero muse di Diana Vreeland, direttrice di issimo. La vita è normale, naturale, tragica, divertente, bellis- Vogue America. Racconta Benedetta Barzini, modella dal sima! Ogni donna italiana è una personalità, una star. Amano 1963 alla fine del decennio: «È successo per caso, camminavo ciò che è mistico - non hanno mai paura a fermarsi e capisco- per strada, mi vide Consuelo Crespi (promotrice della moda no il silenzio; possono camminare per ore da sole, con una italiana e editor di Vogue, ndr), mi fece una foto, la leggera mantella scarlatta che ondeggia come quella di un mandò a Vogue America, e la potentissima Diana Vreeland artista, riempiendo ogni strada di magia e mistero. Sono don- mi chiamò a New York. In quegli anni rappresentavo un tas- ne terrene perché conducono vite sane, vicino alla terra e sotto sello del puzzle chiamato Exotic mediterranean look». Stessa il cielo e fuori e dentro l'acqua. Il lusso della bellezza è ovun- cosa per Marina Schiano che, arrivata a New York nel 1967, que e gli abiti di ragazzi e ragazze ti fanno impazzire». Chi racconta: «Non conoscevo una parola d'inglese, ero conside- avrebbe più scritto parole così? Forse ricordarle e farne mate- rata così esotica da venire chiamata jap, non potevo essere più ria di studio più approfondito varrebbe davvero la pena. G

84