Luigi Pulli, Rodolfo Patera e Raffaele

Luigi Pulli, 52enne; Rodolfo Patera, di 32 anni e Raffaele Arnesano, di 37 anni sono i tre vigilantes uccisi 18 anni fa, il 6 dicembre 1999, in uno dei fatti di cronaca tra i più cruenti e drammatici del . Un assalto armato eseguito sulla via provinciale che congiunge a San Donato di , una strada piuttosto larga, che consente un’andatura veloce. Due furgoni della Velialpool percorrevano quel tratto con a bordo le sei guardie giurate che dovevano consegnare il denaro agli uffici postali del basso Salento per il pagamento delle pensioni. Improvvisamente un camion spinse il primo furgone contro il guardrail, bloccandolo. Alcuni dei rapinatori, a bordo di un fuoristrada Nissan, attaccarono il secondo furgone dal retro. Le guardie giurate non riuscirono subito a rendersi conto di quanto stava accadendo anche se il conducente del secondo furgone tentò una disperata inversione a U, ma fu bloccato da diverse vetture. Poi il commando aprì il fuoco all’impazzata: il piano prevedeva il massacro. I proiettili, sparati con Kalashnikov e altre armi potenti (forse anche fucili a pompa), non riuscirono a perforare il secondo furgone e così i rapinatori decisero di far saltare in aria il mezzo. L’esplosione fu tremenda: Raffaele Arnesano e Rodolfo Patera, entrambi di , furono annientati dallo scoppio. Insieme con loro era Giuseppe Quarta, 38 anni, di Copertino, che incredibilmente rimase quasi illeso nello scoppio. La terza vittima, Luigi Pulli, sempre di Veglie, si trovava nel primo furgone e morì probabilmente nell’impatto. Gli altri due colleghi Claudio e Giovanni Palma furono feriti ma riuscirono a salvarsi. Dal primo furgone venne portata via la cassaforte con un miliardo e 900 milioni di lire. La seconda cassaforte che conteneva un altro miliardo e 300 milioni rimase incastrata tra le lamiere del furgone esploso tanto che i banditi dovettero desistere e fuggirono via.

Per la strage furono condannati all'ergastolo, con sentenza definitiva della Cassazione nel mese di marzo del 2007, Pasquale Tanisi, di Ruffano, Antonio Tarantini, di Copertino, e il pastore Marcello Ladu, originario della provincia di Nuoro, già protagonista di un tentativo di fuga dal carcere sardo, dove aveva nascosto un telefono cellulare e una cinquantina di lame. Gli altri componenti del commando hanno ottenuto condanne più miti nei processi-stralcio: 18 anni a Vito Di Emidio, grazie allo sconto di pena riservato ai collaboratori di giustizia; 27 e 30 anni ai cugini e pastori sardi Pierluigi Congiu e Gianluigi De Pau, fermati nella stessa giornata dell'efferato episodio.

Sul luogo della “Strage della Grottella”, nei pressi dell'omonimo santuario, a Copertino è stato eretto un monumento al ricordo, ai piedi del quale ogni anno in memoria degli uomini uccisi viene deposta una corona di fiori.

Nel febbraio del 2002, durante una cerimonia nella prefettura di Lecce, sono state consegnate le medaglie d'oro al valor civile alla memoria di Raffaele Arnesano, Rodolfo Patera e Luigi Pulli per l’altissimo senso del dovere ed elette virtù civiche che li hanno portati all'estremo sacrificio.

Alla luce dei nuovi elementi di valutazione sulla “Strage della Grottella”, riportati nella sentenza n. 3/2011 del 19.7.2011 della Corte di Assise di Lecce che hanno inquadrato la vicenda delittuosa di Copertino in un contesto esponenziale ed emblematico della criminalità organizzata di tipo mafioso (Sacra Corona Unita), lo Stato ha potuto onorare il sacrificio delle vittime, con il riconoscimento concesso a favore dei loro familiari, costituitisi parte civile nel processo, dal Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso di cui alla legge n. 512/99.