Graduale Conquista Della Tonalità Moderna E Dei Nuovi Mezzi Espressivi - Strumenti a Pizzico, Ad Arco E a Fiato
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13- Graduale conquista della tonalità moderna e dei nuovi mezzi espressivi - Strumenti a pizzico, ad arco e a fiato. I GRADUALE CONQUISTA DELLA TONALITA’ E DEI NUOVI MEZZI ESPRESSIVI Si è più volte accennato alla crescente sensibilità armonico-tonale che si sviluppa nel corso del ‘500, affiancandosi o integrandosi nel contrappunto. Schematizzando, si potrebbe indicare questo processo come una tendenza verso la progressiva “verticalizzazione” della scrittura polifonica, per cui il tessuto contrappuntistico non viene più concepito esclusivamente nei suoi sviluppi lineari ma anche nelle sue risultanze accordali tra le quali si definiscono, a poco a poco, nella pratica musicale, definiti e costanti rapporti di tensione. Significativa a questo riguardo è l’introduzione, verso la metà del’500, della notazione IN PARTITURA. Lo studio scientifico del concetto di armonia viene effettuato già nel 1496 da FRANCHINO GAFFURIO(1451-1522), attraverso lo studio delle fonti teoriche antiche (si era fatto tradurre da greco i testi di Bacchio , Platone e Aristotele). Nel trattato Practica musicae che ne uscì da tale studio usò per la prima volta la parola armonia in senso “moderno”, come scienza degli accordi. Ma la svolta decisiva si ebbe a metà ‘500 grazie all’opera dello svizzero HEINRICH LORIS detto il Glareanus (dalla città d’origine) e GIOSEFFO ZARLINO1. Al Glareanus (teorico musicale e umanista) si deve la stesura, nel 1547, del trattato Dodekacordon in cui viene teorizzato un sistema musicale basato su dodici modi: agli otto modi della tradizione medievale vengono aggiunti quello di DO e quello di LA nati con la pratica musicale ma mai ufficializzati. Glareanus li denominerà coi termini di EOLIO e IONIO, a cui faranno seguito i relativi ipomodi. Ma di fatto i nuovi modi non sono altro che il modello delle future scale maggiore e minore che si andranno via via soppiantando l’octoechoes medievale. A Zarlino si deve la esposizione di tre importanti trattati: Le istituzioni armoniche (1558), Le dimostrazioni armoniche (1571), I sopplimenti musicali (1588). L’opera fondamentale resta comunque la prima, divisa in 4 parti (2 teoriche e 2 pratiche), in cui Zarlino cerca di conciliare la vecchia tradizione medievale con i principi della scienza umanistica basata sulla RAGIONE, NATURA ed ESPERIENZA. Le novità più significative di questo trattato sono contenute nella prima parte, al capitolo XII, in cui viene dimostrato che dalla divisione armonica (secondo calcoli matematici Zarlino ricavava le lunghezze sul monocordo per ottenere i diversi armonici di una nota generatrice) del monocordo sulla lunghezza del 4°, 5°, e 6° armonico, si ricava la triade perfetta maggiore. Per divisione aritmetica, ovvero invertendo specularmente i rapporti ottenuti (con questa operazione Zarlino si proponeva di trovare i 6 armonici sotto al suono generatore: grande errore dello studioso in quanto, analizzando un suono con strumentazioni moderne come l’analizzatore di spettro, sappiamo che gli armonici hanno solamente frequenze superiori), egli ricavava anche la triade perfetta minore. L’importanza dei trattati zarliniani è dovuta: - distinzione dell’accordo maggiore e minore a seconda della terza - il concetto di MODO viene associato a quello di SCALA e inteso come schema intervallare da trasporre su altezze tonali differenti - nuovo tipo di accordatura degli strumenti, diverso da quello pitagorico ormai superato Il tipo di accordatura proposto da Zarlino, ricavato dalle due scale maggiore e minore, si basava su 4 tipi di intervalli: il tono grande il tono piccolo, il semitono diatonico e il semitono cromatico. La scala che si veniva così formando era composta da 35 suoni (fra naturali, diesis, doppi diesis, bemolli e doppi bemolli) per ogni ottava. Tale accordatura si rivelò di difficile applicazione 1 Vedi TESI 11 al paragrafo TEORICI E COMPOSITORI Tesi 13.doc 1 soprattutto agli strumenti ad intonazione fissa (es. a tastiera): furono costruiti pochi esemplari di strumenti che riportavano la scala completa, ma la difficoltà esecutiva costrinse, per oltre un secolo, l’uso delle tastiere tradizionali temperate ad orecchio e le composizioni limitate a modulazioni ai toni vicini o addirittura evitare le modulazioni. Solo alla fine del ‘600, con il temperamento equabile (ossia la suddivisione dell’ottava in 12 semitoni uguali) ad opera de dei tedeschi Andeas Werckmeister (1645-1706) e Johann Georg Neidhardt (1685-1739) si deve la formulazione teorica del sistema di accordatura che corregge gli inconvenienti della scala zarliniana, annullando la differenza tra diesis e bemolli. Il frutto più evidente della nuova concezione armonica fu il BASSO CONTINUO (chiamato così per distinguerlo dal basso melodico, e quindi interrotto, delle composizioni polifoniche), detto anche FIGURATO o NUMERATO per via della sua notazione, che consiste nel sostegno armonico di una linea melodica (composizione monodica). Ad essere notate per esteso erano solo la linea melodica, affidata al canto o ad uno strumento solista, e il basso, affidato ad uno strumento di registro grave come la tiorba o la viola da gamba. Sopra ad ogni nota del basso uno strumento “polifonici”, come il cembalo, l’organo o il liuto, eseguiva triadi allo stato fondamentale. Nel caso in cui dovessero essere inserite nell’accordo alterazioni o note estranee all’armonia, il compositore scriveva sopra alle note del basso dei numeri corrispondenti agli intervalli di ogni nota sopra al basso e i simboli delle alterazioni (#, b…) in corrispondenza delle note da alterare. Inizialmente la realizzazione del basso continuo si limitava allo stretto necessario; col tempo vennero introdotte note di passaggio e di abbellimento, o motivi melodici della melodia o del basso, specialmente nei brani solistici in costituiva la sola impalcatura armonica. Le sue lontane origini si possono far risalire alla vecchia pratica di sostituire con strumenti le voci inferiori di una composizione polifonica (queste erano trascritte in intavolature): frequente era la pratica, a Venezia in San Marco, del basso seguente ovvero dell’accompagnamento organistico del canto corale. Soltanto verso la fine del ‘500, con il consolidarsi del senso armonico-tonale, si ha la sua piena affermazione come elemento strutturale portante della costruzione musicale: sono da ricordare i Mottetti a 8 voci (1594) di Giovanni Croce e i Concerti ecclesiastici di L.G. Viadana in cui sono trascritti mottetti a 5 voci con accompagnamento di organo. Via via l’intavolatura venne sostituendosi con la sola linea melodica della voce del basso a cui è associata l’indicazione cifrata della diteggiatura: agli inizi del ‘600 tale pratica diventerà prassi fondamentale del recitar cantando2 della Camerata Bardi in quanto soddisfaceva i principi umanistici e classicheggianti volti a riaffermare la subordinazione della musica alla parola (intelligibilità della parola). Nel 1607 il basso continuo troverà la sua prima codifica tecnica e teorica nel trattato Del sonar sopra ‘l basso con tutti gli stromenti di Agostino AGAZZARI e Li primi albori musicali (1684) di L. Penna. Un’altra importante manifestazione della nuova sensibilità armonica fu rappresentata dalla cosiddetta INTAVOLATURA, uno speciale sistema di notazione riservato agli strumenti “polifonici” (liuto, vihuela, tastiere) così denominata in quanto raccoglieva in un’unica tabula le varie parti di una composizione a più voci che fino a quel momento erano cantate separatamente. Per il LIUTO ogni tradizione musicale (italiana, spagnola, francese, tedesca) elaborerà un proprio sistema; il criterio che rimane comune a tutte consiste nella riproduzione della cordiera dello strumento con una serie di 6 linee (corrispondenti alla cordiera dello strumento) disposte nella loro successione reale (dal basso verso l’alto = dal grave all’acuto: tipico delle intavolature francesi e spagnole) o a specchio (dal basso verso l’alto = dall’acuto al grave: tipico delle intavolature italiane). Su queste linee, anziché riportare l’altezza, si indicava con dei numeri (0, 1, 2…: tipico delle intavolature italiane e spagnole) o con delle lettere (a, b, c…: tipico delle intavolature francesi) il tasto da premere per produrre il suono desiderato: pertanto a 0 o “a” corrispondeva la corda vuota, 2 o “b” il primo tasto, 3 o “c” il secondo e così via. In corrispondenza di ogni lettera o numero venivano collocati i simboli ritmici che definivano la durata di quei suoni; inoltre, per la prima volta, lettere e note venivano raggruppate all’interno di stanghette, in quelle che diventeranno le battute. 2 Vedi TESI 14 la monodia e la nascita del melodramma Tesi 13.doc 2 Per francesi, italiani e spagnoli l’intavolatura era un sistema pratico di scrittura che consentiva un accesso facilitato allo strumento anche a strumentisti dilettanti. In Germania, invece, tale sistema notazionale era non disposta su cordiera ma simile a quella organistica: la complicanza e la artificiosità era tale da essere in uso solamente tra i professionisti. Anche per le TASTIERE si usavano vari sistemi di intavolatura: ad esempio una linea orizzontale separava i numeri corrispondenti ai tasti per la mano destra e sinistra. Il sistema più pratico che prevalse fu quello francese, dotato di due righi, tuttora in uso. STRUMENTI A PIZZICO, AD ARCO E A FIATO Per far fronte alla crescente domanda di musica strumentale d’intrattenimento o di accompagnamento al canto e alla danza, gli artigiani rinascimentali approntarono un’estrema varietà di STRUMENTI A FIATO (flauti, trombe, tromboni, organi) e a CORDE