Relazione Sviluppo Policentrico E Diffuso Provincia Di Teramo, Città Diffusa

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Relazione Sviluppo Policentrico E Diffuso Provincia Di Teramo, Città Diffusa O PROVIN TERAM CIA PROVINCIA DI TERAMO Piano Territoriale della Provincia di Teramo (Approvato con delibera di Consiglio Provinciale n. 20 del 30 marzo 2001) Relazione Sviluppo policentrico e diffuso Provincia di Teramo, città diffusa. Comincia con una dicotomia il Piano territo- riale della Provincia di Teramo, uno dei pochi operativi in Italia, frutto del lavoro appassionato di tecnici e professionisti ma anche di amministratori locali, di as- sociazioni, di consiglieri comunali, di semplici cittadini; di tutti coloro che con le loro osservazioni e con la loro partecipazione hanno fatto del Piano non la foto- grafia dello status quo ma la proiezione dello sviluppo futuro. La città confina, delinea, delimita. Noi abbiamo allargato idealmente i suoi con- fini, forzando la semantica ma non la sostanza. Perché la Provincia di Teramo è già questo: un territorio dove i diversi pezzi, seguen- do vocazioni antiche e ben radicate, si sono caratterizzati con dinamiche immedia- tamente identificabili; tutti con la stessa dignità, autonomia e importanza. Non ab- biamo forzato queste vocazioni ma le abbiamo assecondate introducendo quegli ele- menti di indirizzo e di governo che possono rafforzarli e farli diventare sistema. Teramo cuore dei sistemi Teramo capoluogo al centro, cuore dei servizi direzionali, dell’Università e della Ricerca, polo culturale con le passeggiate archeologiche e i musei, unica “struttu- ra urbana complessa” del Piano; attorno ad essa sistemi e poli di attrazione. Fuori dai campanili, dentro i sistemi e i poli. Si potrebbe sintetizzare così la filo- sofia del Piano che tenta, noi pensiamo riuscendoci, di dare delle risposte a feno- meni dinamici che, proprio per la loro velocità, devono essere governati. Il Piano Territoriale è uno strumento, in larga parte, di “indirizzo”; laddove indi- vidua aree e ambiti che hanno valenza di salvaguardia e di valorizzazione diven- ta “prescrittivo” con norme ad efficacia giuridica differita che diventano operative quando sono recepite dai Piani Regolatori. Questi ultimi, con la nuova normativa, vengono approvati direttamente dai Comuni e la Provincia si limita a verificarne la conformità con il Piano Territoriale. Un procedimento che semplifica e soprat- tutto dimezza i tempi di elaborazione degli strumenti urbanistici. Vincoli e raccomandazioni Proprio per questo uno dei nodi più delicati è stato quello di individuare dei pa- rametri, soprattutto quelli relativi al dimensionamento dei piani comunali, man- tenendo un impianto snello e flessibile. Crediamo che i tecnici abbiano fatto un buon lavoro e che il Piano abbia fissato un numero limitato di indirizzi base, pre- scrittivi per i Comuni, mentre ha sviluppato e circostanziato una serie di racco- mandazioni alle quali i Comuni possono scegliere di attenersi. La scelta di orientarsi verso le raccomandazioni del Piano rappresenterà, per gli enti territoriali, un valore aggiunto, in quanto la Provincia parteciperà al finan- ziamento di quei progetti che ne sviluppano le indicazioni. È il caso dei Piani d’A- rea. Ne sono previsti otto, sei lungo le aste fluviali e due in area montana. Indivi- duano progetti di sviluppo di tipo ambientale e infrastrutturale e sono pensati per essere realizzati in partnership con i privati, gli altri enti territoriali e la Regione. La Provincia e il rapporto con gli altri enti territoriali In questi ultimi dieci anni sono emerse con forza due esigenze: da una parte la ri- chiesta di una maggiore partecipazione delle comunità locali alle scelte strategi- che di governo e dall’altra la necessità di gestire in maniera efficiente le risorse. Da queste due istanze deriva la necessità di far viaggiare parallelamente due livelli am- ministrativi: quello comunale, che garantisce partecipazione, ascolta e da voce alle esigenze delle parti sociali; quello di area vasta che coordina gli aspetti più generali, assiste i Comuni nello svolgimento di compiti sempre più complessi. Il Piano territoriale sintetizza questo ruolo della Provincia, diventa lo strumento di riferimento per le future politiche di sviluppo, per l’assetto urbanistico e territoriale, per la tutela dell’ambiente. Lo sviluppo sostenibile Lo sviluppo sostenibile è uno degli obiettivi del Piano: creare opportunità valoriz- zando il territorio e usando l’ambiente come valore aggiunto. Una scelta convinta e strategica, considerato che la maggior parte dei finanziamenti comunitari e nazio- nali sono legati a progetti di sviluppo sostenibile. Ambiente e cultura, non a caso, rappresentano uno dei tre sistemi territoriali; ci so- no, poi, quello insediativo e quello della mobilità. Lo sviluppo sostenibile, legato all’innovazione, all’ambiente e ad un sistema di mobi- lità e comunicazioni più razionale ed efficiente, è, quindi, il motore di questo piano al quale arriviamo dopo un ampio percorso di condivisione con gli enti territoriali e le parti sociali. I contributi al Piano Al Piano sono state presentate osservazioni da parte di Comuni, enti, associazioni e privati. Le maggior parte di esse sono state recepite. Abbiamo lavorato molto per fa- vorire la partecipazione, organizzando due convegni, sei assemblee territoriali, nu- merosi incontri con professionisti e tecnici, rendendo disponibile il materiale su un apposito sito web. Da questo percorso di partecipazione il Piano esce migliorato in numerose parti: da quella relativo alle costruzioni rurali alla previsione delle localizzazioni commercia- li, agli indirizzi sul sistema insediativo e sul dimensionamento dei piani regolatori. Adesso ci vuole condivisione È chiaro che l’efficacia del Piano e la sua potenzialità potranno essere esplicati solo se attorno ad esso si creerà una forte condivisione. In realtà, il lavoro più importante, comincia ora. Con azioni che tenderanno a mi- gliorare la conoscenza delle opportunità e degli strumenti che il Piano mette a di- sposizione di Comuni e cittadini. Ambiente, mobilità e innovazione. Su questi tre assi poggiano le nostre strategie fu- ture, dovranno diventare il motore e il punto di riferimento di ogni progetto, di ogni programmazione, rafforzando il senso di identità e di appartenenza ad un territorio nel quale abbiamo deciso di dare valore alla cooperazione, alla concertazione, alla partecipazione, alla qualità. Claudio Ruffini Presidente della Provincia Gabriele Rapali Assessore all’urbanistica e alla pianificazione territoriale Piano Territoriale della Provincia di Teramo Relazione Capitolo 1 Premessa La vicenda del Piano Territoriale Provinciale di Teramo inizia tra la fi- ne degli anni 80 e l’inizio degli anni novanta, in un periodo in cui già si annunziava la crisi istituzionale, sociale ed economica oggi evidente e dei cui caratteri ancora non se ne è colto a pieno il profilo ma che, cer- tamente, mostra oramai tutto il livello strutturale proprio di un profon- do cambiamento storico. I caratteri di questa crisi che è nazionale e internazionale si riflettono anche su due profili produttivi: a) per alcuni “Stati” in quello dell’organizzazione pubblico-privata dell’economia; b) per tutto lo scenario mondiale in quello del rapporto tra “economie finanziarie” ed “economie reali”. L’organizzazione pubblico-privata dell’economia è in progressiva modi- ficazione ovunque, ma lo è in particolare in un Paese come il nostro. È proprio di un Piano Provinciale il compito di porre l’attenzione alla di- mensione produttiva, com’è sottolineato nell’istituzione e nella redazio- ne del Piano Territoriale Provinciale, dalla presenza congiunta di urba- nisti e di economisti. Vi è una proposizione di fondo da cui non si può prescindere: il riasset- to fisico connesso ad un Piano, per essere attuato senza restare “Piano di carta”, ha bisogno delle risorse adeguate. Indipendentemente da un fenomeno più generale che andrà in futuro at- tentamente esaminato e studiato del “dare-avere” interno al sistema ita- liano, e quindi del “dare-avere” tra nord e sud e, infine, del “dare-ave- re” tra base del Paese e i suoi vertici nazionali o regionali, al di là quindi di letture banali che non è qui il caso di riesaminare, esiste una tendenza degli anni passati secondo cui l’individuazione e la valorizzazione più adeguata delle “risorse” sono state patrimonio dei vertici; di conseguen- Relazione generale 7 za si è andata diffondendo una consolidata attesa, intellettuale e psicolo- gica, di questi apporti esterni alla “città produttiva”. Certo risorse finanziarie di provenienza “esogena” dovranno continuare ad essere sollecitate e ad essere ottenute dalla CEE, dal governo centra- le e dai vertici Regionali, ma è ben noto come questi ambiti di prove- nienza nel breve e nel medio periodo, offriranno un gettito più contrat- to che nel passato, e molto più che nel passato, bisognerà sollecitare una levitazione delle “risorse endogene”. Il Meridione dovrà darsi concrete prospettive di compensazione con nuovi livelli del suo “valore aggiunto”, la sua riorganizzazione con lo stimolo alla “società produttiva”, accelerando la messa a frutto delle sue risorse reali e delle modalità che ne fanno moderna la scoperta o la riscoperta, fino a condurle a nuove condizioni di produttività. Per questo nel redigere gli strumenti urbanistici, grande attenzione va messa nelle prospettive di aumento della produttività della città!. Il grande cambiamento di livello strutturale in atto si manifesta sempre più in un aumento del ruolo guida delle “economie reali”, e questo non è nell’ordine naturale di questi due protagonisti della produzione, dal momento che le “economie finanziarie” dovrebbero sviluppare
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