Mehta Beethoven Teatro Antico Di Taormina
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8 LUGLIO 2017 MEHTA BEETHOVEN TEATRO ANTICO DI TAORMINA REGIONE SICILIANA ASSESSORATO DEL TURISMO DELLO SPORT E DELLO SPETTACOLO ASSESSORATO BENI CULTURALI E IDENTITÀ SICILIANA SOCI FONDATORI PARTNER PRIVATI REGIONE SICILIANA ASSESSORATO DEL TURISMO DELLO SPORT E DELLO SPETTACOLO ALBO DEI DONATORI Fondazione ART BONUS Teatro Massimo Tasca d’Almerita Francesco Giambrone Sovrintendente Angelo Morettino srl CONSIGLIO DI INDIRIZZO Leoluca Orlando (sindaco di Palermo) Presidente Giovanni Alongi Leonardo Di Franco Vicepresidente Daniele Ficola Sais Autolinee Francesco Giambrone Sovrintendente Enrico Maccarone Agostino Randazzo Anna Sica Marco Di Marco COLLEGIO DEI REVISORI Maurizio Graffeo Presidente Filippone Assicurazione Marco Piepoli Gianpiero Tulelli Giuseppe Di Pasquale Alessandra Giurintano Di Marco MEHTA / BEETHOVEN Ludwig van Beethoven (1770-1827) La Nona è l’esplorazione del suono concepita e preor- Sinfonia n. 9 in re minore op. 125 dinata da un sordo, che finisce in canto di fratellanza e gioia. Allegro ma non troppo, un poco maestoso Percorso assurdo, musicalmente e mentalmente, quando nacque Molto vivace nel 1824. Oggi d’acchito logico, importante, necessario. Sinfonia Adagio molto e cantabile ardua e popolare. Presto L’inizio è il nulla. Dirigerlo è terribile, quando si voglia viverne e darne l’esperienza. Far risuonare le prime battute, con quel- le corde vuote sollecitate appena, e poi quelle quinte e quarte Direttore Zubin Mehta giuste all’ingiù senza ancora dire se andremo in maggiore o in Soprano Julianna Di Giacomo minore, come se si mettesse a nudo una non ancora musica che Mezzosoprano Lilly Jørstad doveva esserci prima della musica, il primo suono dell’universo. Tenore Michael Schade Arrivare per tensioni di suoni dentro se stessi a trovare un campo Basso Wilhelm Schwinghammer magnetico. L’atomo, è stato detto. E anche l’obbligatorio indugio davanti al mare, all’alba. Ma è perché le parole c’entrano poco Orchestra e Coro del Teatro Massimo con i suoni, e i concetti della musica non sono quelli delle parole, Maestro del Coro Piero Monti né lo sono le immagini. E si bara. È stato detto anche: procedere dentro il suono come in un’inda- sabato 8 luglio 2017, ore 21.30 gine scientifica. Teatro Antico di Taormina Ma qui non è procedere per gradi, come per un’invenzione. Piut- tosto è come deve essere stata la scoperta del fuoco: appena entrati nel cerchio del re minore, un’esplosione, un lungo scata- fascio, terribile, ordinato e fatale. Poi di nuovo, sùbito, l’orecchio teso, la breve, lenta pioggia di stille lucenti, altra immagine fuo- rviante che si è usata. Ma non ci sono analogie. Il primo tempo della Nona è se stesso e solo se stesso. MEHTA / BEETHOVEN Lo scienziato ricerca la realtà come ritiene possa essere in se disegni dei temi, fino alla chiusa sull’unisono fortissimo. Ma è stessa, il musicista scopre la realtà com’è in lui. I suoni portano come leggere gli schemi delle cantiche di Dante, viverle è altro: memorie di suoni, e le sequenze di sequenze, tutto trascina ver- corse, indugi, vertigini, il tempo che s’aggruma e precipita. so uscite e libertà infinite. Per Beethoven il suono era tutto nella I manuali spiegano anche come, dopo l’immersione nell’indistinto passata esperienza: ormai non avrebbe potuto più sperimentare e il lavorìo lungo e vittorioso, toccasse adesso necessariamente ‘in diretta’ i risultati, udirli da quella combinazione fra matemati- una sferzata di energia, di azione. E fu il secondo tempo, che è ca, sensi e fantasia, che è la musica. Il senso dell’udito per lui era uno Scherzo, messo contro ogni tradizione prima dell’Adagio. ormai tutto ‘in memoria’, come diciamo adesso nelle operazioni Non potevamo non incontrarci, dicono gli innamorati. Ma dopo ai computer o ai telefoni cellulari. che si sono uniti. Prima, non c’era alcuna ragione perché doves- Alla prima esecuzione avrebbe dovuto dirigere l’orchestra, ed era se accadere, e cantavano per prevederlo e dichiararlo. Scoppia lì presente, e girava le pagine, ma di fatto era il collaboratore l’attacco del secondo tempo perché scoppia, ecco tutto. Ed è un Umlauf a coordinare. Dei 24 violini, delle 10 viole, dei 12 violon- ritmo ‘in tre’ violento, scatenato, in progressioni che percorrono celli e contrabbassi, dei doppi fiati, l’autore non udiva nulla: gli tutto il paesaggio dell’orchestra, in estensione e in timbro. Ine- strumentisti erano stati avvertiti di non far caso ai suoi gesti. Non sorabile ritmo. udì nemmeno quando il pubblico, all’attacco dei timpani nello A tratti nudo nel suono del timpano, crudele come una frustata, Scherzo, si lasciò andare ad un applauso fragoroso. Fu Caroline impressionante. Il tema, la melodia, sembra quasi in funzione del- Unger, il soprano, che capì subito e lo spinse verso il proscenio, la perentorietà ritmica, e invece ad un tratto si dipana, si moltipli- perché guardasse la gente entusiasta. E allora lui vide e rispose ca, lascia che dai violini secondi, i più sacrificati nell’orchestra, con un cenno garbato di ringraziamento. Ma per comporla il suo nasca un movimento fugato che gli altri archi, andando all’ingiù, suono ‘in memoria’ era bastato. viole, violoncelli, contrabbassi e alla fine anche i violini primi, Oggi i manuali di musica forniscono le mappe dell’itinerario di costruiscono. Nella gran corsa esce un tema in maggiore, che questa partitura. E del primo tempo, eroico e spericolato, avver- ci rimane nelle orecchie, come un annuncio, un’apertura verso tono le varie esposizioni del tema, sempre legato strettamente al non sappiamo ancora che cosa; si crea una grande tensione fra suo sviluppo, e il suo passare dall’uno all’altro ambito tonale, i le due forze maggiori che costituiscono l’impianto della tonalità: disegni di fasce sonore in moto contrario che percorrono a tratti dominante/tonica, la/re. E si sprigiona una lotta ancor più forte, lo spazio ed il tempo, il nascere di forza, dal materiale stesso dei l’unità della battuta si divide di colpo non più in due ma in tre, di- temi, d’un ritmo, cellula imperiosa, ‘tàn, tan, tatàn’, che diventa venta quasi una forza opposta, e tutto questo appare, non come ordine dominatore, e quel chiamarsi per analogie tra un tema e momenti successivi, ma come se accadesse tutto insieme e ne- l’altro, che chiama in causa i timbri strumentali quasi alla pari coi cessariamente. E ci sono pause di sospensione prolungate e ra- MEHTA / BEETHOVEN pido rilanciarsi. E la ripresa del movimento iniziale non dà riposo compimento; ed egli stesso si deve esser chiesto come i tre tem- o senso del ‘da capo’, ma slancio e corsa, inesorabile, finché una pi stiano insieme, e come possano far scaturire un Finale. Così, sferzata finale, come una sintesi secca e incontrastata, chiude il prima di scatenare l’ultimo momento, quello conclusivo, li ricor- tempo. È passato troppo in fretta, senza scampo: se ci fosse una da e riepiloga, con citazioni, come memorie d’una realtà appena lunga pausa, ci ricanteremmo i richiami quasi da caccia dei corni, vissuta, ancora densa di interrogativi, o meglio di fecondità. Ma ci ripenseremmo il fitto disegnare fra staccati e legati dell’oboe, qui l’idea si manifesta in un sussulto, una sorpresa senza prece- e altre cose. Ma i clarinetti e i fagotti già stanno schiudendo, come denti: l’approdo, il punto d’arrivo, la verità che raccoglie le altre un’ostrica, un’attesa, perché è incominciato il terzo tempo. non è un far quadrare i conti, ma un buttarsi in una cosa nuova E il terzo tempo sembra cominciato da sempre. Chi parla della che a tutto darà senso e risposta. E qui non basta più la musica. Nona, in genere, sottolinea la coscienza religiosa, l’anelito pro- Ci vuole anche la parola. La volontà va espressa e la poesia deve fondo, la contemplatività di fronte al compirsi solenne d’un de- venire in soccorso. stino provvido. Se passa all’analisi musicale, quasi sempre de- Ed è l’ode Alla Gioia di Schiller, il grande autore, che Beethoven scrive modulazioni ed elaborazioni accuratissime. Ma nell’uno e meditava di musicare fin dalla prima giovinezza. L’inno alla fratel- nell’altro discorso, arrivati all’Adagio, terzo tempo, s’incontrano lanza, al superamento di tutto nel vincolo d’amicizia, d’amore, tra aggettivi ricorrenti: ‘intimo’, ‘segreto’, si parla di bellezza empi- tutte le persone. Quest’inno si presenta ‘naturale’, per citare una rea e di commozione interiore. Non si descrive, non si spiega. parola e un’idea care a Beethoven, intrise di speranze alla Rous- Come se non le parole fossero la misura dell’Adagio, ma l’Adagio seau. Pronunciabile, cantabile senza sforzo: il tema d’una vera la misura, il riferimento, l’evidenza assoluta. Due grandi idee: una canzone. Poi cresce, si sviluppa, si lascia interrompere da una raccolta in se stessa e poi espansa soavemente, che lascia appe- marcia entusiastica e potente, si arrampica e dirama senza altre na, ad un tratto, lo spazio per un’eco alla maniera antica, barocca, più ragioni che se stesso e la sua vita, così che le voci escono dalla ma con tutt’altra densità, e continua in un discorso che s’innalza loro tessitura normale, devono forzare la loro educazione e la loro e torna a ripiegarsi; l’altra che genera continuamente se stessa, in tecnica per slanciarsi ardimentosamente al limite delle possibilità. una progressione che pare non finire mai. Via per tonalità, mutando E non ha molta importanza sapere quanto Beethoven fosse poco colori, trasfigurando gli strumenti. Trasfigurazione senza morte. esperto di vocalità e quanto volesse invece proprio il gesto di Che cosa tiene assieme nella logica questi tre momenti? Qualche azzardarsi alle soglie del limite: questo accade. Nella tensione si cellula che riconosciamo, un modo d’andar dentro alla materia sprofonda e risale, si costruisce e si esplode, fino a una terrifi- della composizione variandola e annodando le variazioni, l’am- cante dissonanza con trombe e timpani.