Stignano Storia Ok
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Gabriele Tardio Il santuario della Madonna di Stignano sul Gargano tra storia, fede e devozione Edizioni SMiL _____________________________________________________ TESTI DI STORIA E DI TRADIZIONI POPOLARI 71 Edizioni SMiL Via Sannicandro 26 San Marco in Lamis (Foggia) Tel 0882 818079 ottobre 2008 Edizione solo per biblioteche e ricercatori Non avendo nessun fine di lucro la riproduzione e la divulgazione, in qualsiasi forma, è autorizzata citando la fonte. Le edizioni SMiL divulgano le ricerche gratis perché la cultura non ha prezzo. le edizioni SMiL non ricevono nessun tipo di contributo da enti pubblici e privati Non vogliamo essere “schiavi di nessun tipo di potere”, la libertà costa cara e va conservata. Chi vuole “arricchirci” ci dia parte del suo sapere. © SMiL 2008 2 Tu viandante, pellegrino, devoto, fermati e fa un saluto alla Madre di Dio e Madre nostra. Una preghiera e una rosa in una lacrima, o in un sorriso, si riveleranno e la tua strada sarà più lieta. Volgi lo sguardo e rendi lode alla Madonna riempirai il tuo tesoro nel cielo e la Madonna sarà la cinosura per condurti a Cristo nel Paradiso. 1 1 Anonimo, La cinosura del Gargano, Maria SS.ma di Stignano , manoscritto. 3 4 PRESENTAZIONE Si vuole rendere omaggio alla Nostra Signora di Stignano che dalla valle garganica protegge i pellegrini in transito e gli agricoltori che con il sudore della fronte aiutano il creato a portare frutti copiosi per gli uomini. I pellegrini che si dirigono alla grotta angelica di Monte Sant’Angelo o al santuario di san Pio a San Giovanni Rotondo rivolgono a Lei una preghiera di saluto e di ringraziamento. Lei come guardiana della porta di accesso li benedice e li prepara a un pellegrinaggio di penitenza e conversione. Gli agricoltori che dalla piana vedono la montagna santa invocano la loro Madonna di Stignano. Gli agricoltori della montagna del Gargano scendono alla loro Madonna per implorare la sua protezione. Anche gli agricoltori che da lontane regioni andavano in pellegrinaggio a Monte Sant’Angelo nella grotta di San Michele la invocavano come protettrice contro la siccità. I pastori della transumanza erano attratti da questo luogo per la miracolosa Madonna e per vivere le montagne abruzzesi. E’ sempre stato considerato un santuario mariano dove gli addetti all’attività agro- silvo-pastorale si ritrovavano per portare le loro lacrime, le loro speranze, le loro gioie. Ancora ora è lì a essere la porta di ingresso alla montagna sacra, al grande “Santuario garganico”, alla montagna mistica. P. Mario Villani dice: La Madonna di Stignano è la Paradisi Porta attraverso la quale Dio dona agli uomini suo Figlio unigenito, Gesù nostro fratello e redentore, ed esorta i pellegrini a vivere le promesse battesimali. 2 Presso questo santuario mariano nei secoli «vi furono in ogni epoca di quei, che zelanti dei voti a Dio giurati, ed amanti del ritiro claustrale, rubandosi alla vigilanza dei custodi, si raccoglievano negli angoli più remoti di questo augusto Tempio, e quivi trattare a solo con Dio, a Dio solo mostrare le loro vampe, e spargere innanzi a Dio gli affetti tutti degli innamorati loro cuori. Ed oh! quanti di essi mortificando i loro corpi con cilizi e con digiuni, fra le dolcissime estasi, di cui li ricolmava l'amorosissimo Signore, si offrivano in olocausto perenne di carità ». 3 2 Così scrive padre Mario Villani ne “Le Vie e La Memoria dei Padri”: “Il cammino di conversione inizia con la benedizione di Maria Santissima di Stignano, prosegue nel segno di San Matteo, P. Pio, San Michele e San Leonardo – i nostri avvocati -. Termina con l’abbraccio dolcissimo della Madonna Incoronata di Foggia. San Matteo con il suo vangelo rappresenta la via della Parola di Dio. Padre Pio e San Leonardo sono esempi splendidi di uomini che hanno seguito sino in fondo il Vangelo. La Grotta di San Michele è il punto culminante dell’itinerario spirituale del pellegrino, dove l’uomo si trova solo con la sua coscienza, sospeso sulla montagna tra cielo e terra”. 3 N. Pitta nel suo libro Apricena riporta parte del discorso pronunciato in occasione della riapertura del Convento di Stignano nel 1864 desunto da un manoscritto di ignoto autore. 5 Con questa ricerca voglio rendere omaggio: alla gloriosa Madonna di Stignano che è la stella polare del Gargano; ai francescani che per secoli sono stati suoi umili servitori; agli umili e anonimi devoti che si sono rivolti a Lei come ad una madre che a tutto provvede; a questa magnifica valle ricca di natura e di storia che mi ha ospitato per diversi anni. La ricerca sul santuario mariano e sul culto alla Madonna di Stignano si può dire che è arrivata a un buon punto, anche se non può considerarsi conclusa perché c’è bisogno di ulteriore approfondimento e perché gli archivi spesso riservano grosse sorprese. Si è voluto presentare oltre che gli avvenimenti storici anche la devozione mariana dei pellegrini e dei pastori, dando anche un rapido accenno agli altri aspetti cultuali, devozionali, culturali e storici legati a questo santuario e alla sua amena valle. Mi scuso con il lettore se in alcuni casi, forse troppi, la lettura sarà ostica e difficile ma non ho saputo fare meglio. Diversi problemi mi “attanagliano” in questo momento della mia vita. Spero mi comprendiate e vogliate usare un po’ di compassione, Vi ringrazio per questa gentile concessione. In alcuni capitolo per non essere prolisso rimando ad altre ricerche per l’approfondimento. Tutta la storia degli eremiti che erano legati al padre guardiano di Stignano sono trattati in altre ricerche. Non ho svolto tutto il compito che mi era prefissato lascio ad altri il compito di migliorare, io do questo modesto e semplice contributo, nel mio stile francescano. Vi chiedo ancora scusa se ho dovuto chiudere il lavoro non limatolo troppo ma in questo momento non ho saputo fare di meglio. Continuate voi a studiare, ma principalmente mettervi in ginocchio davanti al Crocifisso dove c’è il mistero della nostra salvezza e ove c’è il figlio di questa grande Madre. 6 Dacci oggi la pioggia necessaria La Madonna di Stignano è sempre stata pregata nei momenti di difficoltà nelle attività agricole e per un maggiore approfondimento teologico ho voluto presentare questo bel brano di Enzo Bianchi del Monastero di Bose, pubblicato in Avvenire il 19 luglio 2003. “O Dio, nel quale viviamo, ci muoviamo e siamo, concedici la pioggia di cui abbiamo bisogno”: sono queste le parole dell’ oremus che la Chiesa ripete da secoli quando si prolunga la siccità in una regione. Chi ha la mia età anagrafica ed è di origine contadina le ricorda a memoria in latino tante erano le occasioni in cui venivano pregate, così come ricorda le invocazioni che chiedevano di allontanare la grandine dai campi e dalle vigne. In quei tempi si recitavano ancora con fede, sicuri di essere esauditi, riponendo tutte le speranze in Dio, dal quale ci si attendeva la liberazione dalla miseria. Sì, perché negli anni del dopoguerra, siccità e grandine nelle nostre campagne significavano non solo povertà, ma vera e propria miseria. Oggi la siccità provoca sì danni, ma questi si limitano a una riduzione dei nostri consumi e a qualche rinuncia nel nostro stile di vita con i suoi bisogni e le sue comodità. Anche a chi vive del lavoro della terra, sussidi, previdenza e assicurazioni consentono di non essere esposti alla miseria e alla fame. Ora, tornare a pregare per il dono della pioggia, in questo contesto mutato, nell’epoca della tecnologia in cui si crede solo alla scienza, è operazione infantile o regressiva? Forse che Dio interviene per spostare un po’ di nuvole dal cielo della Francia, dove stanno procurando alluvioni, per distribuire l’acqua tanto attesa nell’Italia arida? I credenti che pregano per la pioggia sono allora degli ingenui da compiangere? Molti lo penseranno e irrideranno per questo i cristiani, ma forse bisognerebbe leggere più in profondità questa preghiera. Innanzitutto, la preghiera cristiana non dovrebbe mai essere disgiunta da un agire coerente, fatto di giustizia e di rispetto della natura, di condivisione della terra e dei suoi beni, di qualità della vita umana e di uso intelligente delle risorse mondiali. Quindi, quando i credenti pregano per chiedere il dono della pioggia non compiono una semplice operazione di domanda a Dio, rischiando di “affaticare gli dèi perché siano propizi”, come sentenziava Lucrezio. I credenti, infatti, sanno che 7 il loro Dio non esaudisce tutti i loro desideri ma adempie tutte le sue promesse, sanno che Egli conosce ciò di cui hanno bisogno, sanno che quando pregano pongono tra se stessi e il bisogno il “Terzo”, e questo li porta a elaborare i desideri, a pesarne l’autenticità, a mantenersi in un atteggiamento di gratuità e non di abuso verso la realtà. I cristiani così riacquistano anche consapevolezza di non essere determinati dal bisogno né dalla logica della soddisfazione e del consumo e, nel contempo, sanno di poter chiedere ogni giorno a Dio il pane quotidiano, come ha insegnato loro Gesù, manifestandogli anche il bisogno della pioggia. Se la preghiera resta autenticamente cristiana, pregare per il dono della pioggia non è regressione infantile né ricorso alla magia, bensì fiducia in un Padre misericordioso. Se un tempo pregare per la pioggia era volto a essere liberati dalla miseria, oggi significa recuperare la propria, ontologica, condizione di povertà, che è anche condizione di verità: non tutto ci è im -mediatamente disponibile, non noi siamo i signori del mondo e della vita. Non solo, ma pregare per la pioggia è anche l’occasione per interrogarsi sul rapporto con l’acqua, sul modo di usarne e abusarne, sul rispetto verso quella creatura che san Francesco chiamava “sorella umile, preziosa e casta”.