Addio Ad Anna Maria Ferrero Dimenticata, Dolce E Tenera Attrice Dell’Italia Del Boom Economico
Total Page:16
File Type:pdf, Size:1020Kb
Il cinema italiano e il calcio Il calcio è notoriamente lo sport più popolare nel nostro Paese, quello per cui si litiga, si gioisce, si piange, quello per cui un intero popolo ritorna ad essere finalmente unito sotto un’unica bandiera, magari per un Europeo o un Mondiale di calcio. Scandali, complotti, trionfi, moviole, var, marketing, cocenti sconfitte…insomma il calcio rimane un turbinìo di emozioni, e unisce proprio perché la passione per essa, coinvolge senza distinzioni di sorta tutte le classi sociali, dagli intellettuali ai proletari. E l’altra cosa che unisce più di tutti, che fa sognare, che fa riflettere è il Cinema. Nella storia del glorioso cinema italiano, numerosi sono stati i connubi tra lo sport più amato dagli italiani e il cinematografo, certo non sempre memorabili: ad onor del vero il calcio non ha mai trovato sullo schermo una messinscena che fosse in grado di renderne al meglio le peculiarità agonistiche. Ma non mancano di certo casi eclatanti, interessanti, professionali, rimasti nella memoria collettiva. Negli anni della commedia brillante post-seconda guerra mondiale il calcio si va affermando come pretesto per raccontare storie divertenti, spensierate ed allegre. E’ il caso di Undici uomini e un pallone (1948), una delle prime commedie brillanti che vuole sfruttare il successo popolare del calcio. Il film ha molti punti a favore. In primis l’utilizzo di numerosi giocatori professionisti dell’epoca: Campatelli, Parola, Amadei, Puricelli, Biavati, Costagliola, Remondini. E poi, l’argomento terribilmente attuale della frode sportiva, ovvero il tentativo di truccare l’ultima partita di campionato. A tener le redini del tutto ci sono però, Carlo Dapporto e Carlo Campanini, che assicurano un sano divertimento, da fuoriclasse, dato che siamo in tema calcistico. Dapporto è trascinante nel ruolo del portiere colabrodo imposto in squadra dal centravanti goleador, per un debito infantile, che ironia della sorte parerà il rigore decisivo, nella scena più divertente del film; mentre Campanini è l’arbitro che viene ricattato nell’incresciosa combine. Un film da vedere, grazie ai due assi della risata. Ed è nei primi anni ’50 che il calcio, raccontato al cinema, raggiunge un livello elevato, come fenomeno di massa e di costume. In Parigi è sempre Parigi (1951) Luciano Emmer, dopo Domenica d’agosto (1950), continua a descrivere i desideri e i sogni della piccola borghesia narrando la trasferta francese di alcuni italiani al seguito della nazionale, tra gli interpreti Aldo Fabrizi, Ave Ninchi, Lucia Bosè ed un giovanissimo Marcello Mastroianni. Mario Camerini, in Gli eroi della domenica (1952), utilizza Raf Vallone, ex giocatore del Torino, per portare in scena un giocatore corruttibile in una squadra che ha la possibilità di passare in serie A. In L’inafferrabile 12 (1950) di Mario Mattoli, Walter Chiari fa la parte di un portiere della Juventus con un gemello che scatenerà la commedia degli equivoci. Nel film di Mattoli compaiono i ‘veri’ giocatori della squadra dando il via a un fenomeno che diventa in breve una caratteristica del film calcistico: la costante apparizione di calciatori o operatori del settore nel ruolo di sé stessi. Citiamo anche il grande Totò, delizioso presidente di calcio di una scalcinata squadra della provincia pugliese, nel film Gambe d’oro (1958). Ben riuscita appare anche la parodia del cinema di Sergio Leone nella regia accorta di un calcio di rigore contenuta nel divertente film Don Franco e don Ciccio nell’anno della contestazione (1970) di Marino Girolami, con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia deliziosi mattatori della pellicola. E in quello stesso anno Alberto Sordi convince nei panni del Presidente del Borgorosso football club. Nell’omonimo film Sordi è perfetto nel tratteggiare questo carnale e sanguigno presidente, che dapprima disinteressato, piano piano si appassiona al calcio e alla sua squadra, diventandone il più accanito tifoso. Storie del passato, in chiave nostalgica, ambientate nel mondo del calcio e del consumo che gli ruota attorno sono messe in scena in Italia-Germania 4 a 3 (1990) di Andrea Terzini e in Figurine (1997) di Giovanni Robbiano. In Pane e cioccolata (1974) di Franco Brusati, Nino Manfredi ha il ruolo di un cameriere emigrato in Svizzera, il quale, pur essendosi tinti i capelli di biondo per apparire più simile al modello nordico, non si contiene di fronte a un gol della nazionale italiana, denunciando così le proprie origini. Questa scena codifica una situazione tipica del film ad argomento calcistico: l’incapacità di autocontrollo emotivo da parte del tifoso. Il tifoso semplicemente non riesce a contenere umori e rabbie. Degni di nota, nell’ambito di una comicità grezza, al passo con l’involuzione culturale degli anni ’70 e ’80, sono da evidenziare sia I due maghi del pallone (1970), con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, sia L’allenatore nel pallone (1984), con Lino Banfi. Il suo personaggio di Oronzo Canà,ha avuto talmente tanto successo, da essere rimasto nella memoria collettiva. Struggente e nostalgico è invece Ultimo minuto (1987), film di alta scuola diretto da Pupi Avati e interpretato da Ugo Tognazzi, in una delle sue ultime memorabili interpretazioni. Un film bellissimo sul mondo del calcio, con una storia appassionante, attuale e popolare, certamente la migliore interpretazione dell’ultimo Tognazzi. Ciò nonostante, Tognazzi, non riceve alcuna candidatura in nessun premio nostrano, e inspiegabilmente in un paese di fanatici del pallone il film non avrà grande successo al botteghino, ma rimane il miglior film italiano sul mondo del calcio. Continuando a parlare di calcio al cinema, certo non si può non ricordare la partita di calcio in Mediterraneo (1991) della “truppa Salvatores” e l’arrivo sull’isoletta greca di Antonio Catania in groppa al suo bimotore alato; o ancora la partita tra scapoli e ammogliati del primo Fantozzi (1976), un gioiello di comicità grottesca e delirante. E come scordare, rimanendo ancorati al personaggio del ragionier Ugo Fantozzi reso immortale da Paolo Villaggio, il programmino irrinunciabile del ragioniere ad una partita della Nazionale in tv? “Infradito, mutande, canotta rigorosamente macchiata, frittatone di cipolle, familiare di birra ghiacciata, tifo indiavolato e rutto libero”. Scrivendo viene in mente anche un’altra sequenza epocale, di un film, che da molti è ritenuto il migliore di Lino Banfi, quel Al bar dello sport (1982), in cui l’attore pugliese fa 13 al Totocalcio, grazie ad un’intuizione di Parola, uno splendido Jerry Calà muto e ad uno storico Juventus-Catania 1- 2. La sequenza in cui Banfi si accorge di aver vinto e pone fine alle sue angherie familiari è da antologia della risata. Per completezza è giusto citare altri film del genere, non particolarmente rilevanti seppur molto popolari: Il tifoso, l’arbitro e il calciatore (1983), con Pippo Franco, Mario Carotenuto e Alvaro Vitali; ancora Alvaro Vitali protagonista nel terribile Paulo Roberto Cotechino, centravanti di sfondamento (1983); per concludere con il superiore Mezzo destro, mezzo sinistro (1985), oggi divenuto un cult, con protagonista la coppia composta da Gigi e Andrea (Gigi Sammarchi e Andrea Roncato), molto popolari negli anni ’80. Caso a parte quello di Eccezziunale…veramente (1982), film incentrato interamente sul tifo calcistico e sulla macchietta del terrunciello, che ha reso famoso Diego Abatantuono. Il film è infatti uno dei suoi maggiori successi, nonostante non ci sia un’inquadratura decente: ma in questo caso l’attore ha saputo creare icone, modi di dire e tormentoni alla stregua di un grande comico. Quello di questo film è lo spaccato di un’Italietta sottoproletaria e piccolo-borghese, cialtronesca e naìf, dotata di una vitalità incosciente e genuina. Negli anni 2000 va nominata l’accoppiata oleografica e nostalgica inventata da Fausto Brizzi: Notte prima degli esami (2006), in cui il regista racconta i giovani degli anni ’80, e lo fa ambientando il film proprio durante le epiche notti mondiali dell’82, in cui l’Italia vinse il suo storico terzo mondiale di calcio. E l’anno dopo nel trasferire ai giorni d’oggi l’esame di stato, cosa fa? Ambienta Notte prima degli esami-oggi (2007), proprio nell’estate del 2006, l’anno dell’incredibile quarto mondiale azzurro. Due chiari escamotage, in cui lo sfondo (ovvero le vittorie della Nazionale ai Mondiali), conta più di ciò che avviene in primo piano, e senza questa furba operazione “nostalgia”, sarebbero risultati insignificanti prodotti dello scadente cinema popolare italiano di inizio millennio. Molto meglio allora la bellissima opera di Luca Lucini, dal titolo Amore, bugie e calcetto (2008), con Claudio Bisio, Giuseppe Battiston e Pietro Sermonti. Una brillante commedia calcistica che costruisce un mondo di sentimenti contrastanti risolti in campo. Amore, bugie e calcetto registra e racconta il calcio dilettantistico anche per parlare d’altro. Per parlare di un gruppo di sette amici, ognuno con i propri problemi, lavorativi, sentimentali, ma che si ritrova ogni settimana su un campetto da calcio, classico appuntamento fisso del maschio italico. Il calcetto è un elemento del quotidiano (soprattutto) maschile, che ha il sapore dell’amore e dell’amicizia, dello spirito di aggregazione e di squadra, che riflette su più generazioni ed è contraltare ludico delle vite più o meno risolte e più o meno felici dei personaggi. Mancava un film sul mondo del calcio giocato dalla gente comune e Lucini lo ha realizzato con una “buona visione del gioco”, aiutando le donne a capire perché i loro uomini si divertono così tanto con una palla di cuoio cucita a mano e con una cosa banale e umida come lo spogliatoio. Il risultato tecnico è poi un ottimo affiatamento di squadra tra gli attori, proprio come una squadra di calcio unita, con il capolavoro della macchietta di Giuseppe Battiston, capitano del gruppo e della squadra, grasso e tabagista, che entra in campo solo per battere le punizioni, e non fallisce un colpo.