Giulia Baratta, Su due iscrizioni del Sepolcreto Salario…

Sylloge Epigraphica Barcinonensis (SEBarc) xvii, 2019, pp. 183-192 issn 2013-4118 data de recepció 14.7.2019 data d’acceptació 24.10.2019

Su due iscrizioni del Sepolcreto Salario a Roma On two inscriptions from the Sepolcreto Salario in

Giulia Baratta*

Riassunto: Il lavoro verte su due iscrizioni funerarie del Sepolcreto Salario a Roma rinvenute nei primi anni del ‘900 e relative a due distinti recinti funerari.

Abstract: The work focuses on two funerary inscriptions from the Sepolcreto Salario in Rome, which were found in the early 1900, related to two distinct funerary enclosures.

Parole chiave: Roma, Sepolcreto Salario, cippo, recinto funerario, liberti Keywords: Rome, Sepolcreto Salario, cippus, funerary enclosure, liberti

i recente, e del tutto casualmente, è stato possibile localizzare nel giardino di Dun villino in via Piemonte 62 a Roma due iscrizioni già pubblicate delle quali, però, si ignorava il luogo di conservazione.

1. Il primo dei due reperti è un cippo funerario in travertino con la parte superiore centinata e mancante di una porzione di quella inferiore, alto 80 cm e largo 36 cm1 (fig.1 -2). Il pezzo è stato rinvenuto a Roma nel 1909 in occasione della realizzazione delle fondazioni per la costruzione di un palazzina nei terreni del marchese Almerici, in Corso d’Italia all’altezza dell’attuale civico 35b al lato della chiesta di Santa Te- resa d’Avila. Il reperto è stato pubblicato subito dopo la sua scoperta da A. Pasqui in Notizie degli Scavi e ripreso nel Corpus Inscriptionum Latinarum senza alcuna

* Università di Macerata, Dipartimento di Studi Umanistici. Questo lavoro è realizzato nell’ambito del progetto FFI2015-68571, del Grup consolidat LITTERA 2017SGR241. Ringrazio l’amico e collega Thomas Fröhlich con cui ho condiviso alcuni momenti della riscoperta delle due iscrizioni. 1. Purtroppo non è stato possibile controllare lo spessore della stele.

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Fig. 1. CIL VI, 38671a

Fig. 2. CIL VI, 38671a fac simile da Pasqui, «Roma. Nuove sco- perte…» (1909), cit., p. 451, nr. 8

184 SEBarc xvii, 2019, pp. 183-192 Giulia Baratta, Su due iscrizioni del Sepolcreto Salario… indicazione sul luogo di conservazione che tuttora, nella relativa scheda EDR, risulta essere sconosciuto2. Sul terminus3 corre il seguente testo:

C(aius) Norbânus C(ai) l(ibertus) Mama In fr(onte) p(edes) XIIII In a(gro) p(edes) XII

L’anno successivo al suo ritrovamento nello stesso cantiere del marchese Almerici a Corso d’Italia è venuto alla luce un cippo gemello caratterizzato dalla stessa iscri- zione, uguale sia nel testo che nella disposizione, e pertanto pertinente alla medesima area sepolcrale (fig. 3). Brevemente descritto da A. Pasqui in Notizie degli Scavi del 1910, e poi ripreso nel Corpus4, sembra misurasse 142 cm di altezza e 36 cm di larghezza e che avesse uno spessore di 14 cm. Queste o analoghe misure vanno dunque supposte anche per il summenzionato esemplare parzialmente mancante individuato nel villino di via Piemonte. È incerto se nel medesimo cantiere del marchese Almerici in Corso d’Italia sia stato rinvenuto anche un terzo cippo con lo stesso corredo epigrafico. Non è infatti chiaro se il terminus pubblicato da G. Gatti (fig. 4) nelle sue notizie dedicate ai «recenti trovamenti di antichità a Roma e nel suburbio» nel Bullettino della Commissione Archeologica Comunale del 19115, coincida con uno dei due summenzionati esem- plari, senza che si possa stabilire a quale, o sia piuttosto un ulteriore terzo cippo pertinente al medesimo locus sepolturae e caratterizzato dallo stesso testo. I due, o forse tre, cippi delimitavano dunque l’area della sepoltura di uno dei li- berti dei Norbani6. Non è purtroppo possibile stabilire con sicurezza a quale dei membri di questa gens il defunto sia riferibile anche se è fortemente probabile che

2. A. Pasqui, «Roma. Nuove scoperte nella città e nel suburbio», in NSc 1909, p. 451; CIL VI, 38671 a. Si veda inoltre EDR 165562 (S. Orlandi); C. Cupitò, Il territorio tra la via Salaria, l’Aniene, il Tevere e la via «Salaria vetus». Municipio II (Quaderni della carta dell’Agro romano 1), Roma 1997, p. 75, tabella 24 (ove il riferimento al CIL non presenta la distinzione tra a e b). 3. Per l’uso del termine cippus e terminus nel linguaggio epigrafico si veda I. di Stefano Manzella, Mestiere di epigrafista. Guida alla schedatura del materiale epigrafico lapideo (Vetera 1), Roma 1987, pp. 89-90. 4. A. Pasqui, «Roma. Nuove scoperte nella città e nel suburbio», in NSc 1910, p. 287; CIL VI, 38671 b; EDR 165563; Cupitò, Il territorio tra la via Salaria, l’Aniene, il Tevere…, cit., p. 75, tabella 24 (ove il rimando a CIL è privo di distinzione tra a e b). 5. G. Gatti, «Notizie di recenti trovamenti di antichità in Roma e nel suburbio», in BCom 39, 1911, p. 218 nr. 27. Neanche la descrizione del lemma CIL VI, 38671 contribuisce a far luce sulla que- stione poiché dopo la menzione della bibliografia delle due iscrizioni distinte dalle lettere a e b segue la notazione «exemplum alterum Gatti bull. comun. 1911 p. 219 nr. 27» ove l’aggettivo alterum può riferirsi al secondo dei due pezzi citati in precedenza, ossia a quello contraddistinto dalla lettera b (ma il fac simile non mostra segni di mancanze), o a un terzo esemplare diverso da a e b. 6. Nello stesso sepolcreto sono attestate altre tombe di schiavi e liberti Norbanorum, cf. PIR V, p. 385. Sui Norbani si veda con ricca bibliografia M. Mayer i Olivé, «Una nota sobre Cornelia Nor- banorum mater en CIL VI, 16357», in SEBarc 14, 1016, pp. 69-75.

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Fig. 3. CIL VI, 38671b fac simile da Pasqui, «Roma. Nuove scoperte…» (1910), cit., p. 287, nr. 1

Fig. 4. Fac simile da Gatti, «Notizie di recenti trovamenti di antichità…», cit., p. 218 possa trattarsi di Norbanus Flaccus, console nel 24 a.C.7, o dell’omonimo figlio a sua volta console ma nel 15 d.C.8. Infatti, in mancanza di informazioni precise sul contesto di rinvenimento, che comunque ricade nell’ambito della grande necropoli nota come Sepolcreto Salario (fig. 5)9, i soli dati paleografici, che rimandano ad un

7. PIR V, p. 384-385. 8. PIR V, p. 385. 9. Per alcune informazioni sul contesto archeologico che caratterizza la proprietà Almerici ove sono stati individuati almeno tre colombari si veda Pasqui, «Roma. Nuove scoperte…», cit., pp. 450-451; Carta archeologica di Roma, tavola II, Firenze 1964, p. 54 (nr. 120), p. 63 nr. 120; Cupitò, Il territorio tra la via Salaria, l’Aniene, il Tevere…, cit., pp. 73-76. Inoltre, più in generale sul Sepolcreto Salario, la cui frequentazione si concentra perlopiù tra la tarda età repubblicana e l’epoca flavia, ma presenta anche frange cronologiche alte che raggiungono il IV-III secolo a.C. e basse sino al II secolo d.C., G. Gatti, «Se- polcri e memorie sepolcrali dell’antica via Salaria», in BCom 33, 1905, pp. 154-188; E. Lissi Caronna, «Roma – rinvenimento di un tratto del diverticulum a Via Salaria vetere ad portam Collinam e di tombe della necropoli tra via Aniene e via di Santa Teresa», in NSc 23, 1969, pp. 72,-113; G. Messineo, «Nuovi dati dalla necropoli tra via Salaria e via Pinciana», in Archeologia Laziale 12, 1, 1995, pp. 257- 266; C. Buzzetti, «Il sepolcreto salario (Municipio I ex II)», in BCom 114, 2013, pp. 207-208. Per altre iscrizioni del sepolcreto «riapparse» in diverse zone di Roma si veda G.R. Bellini, «Tre iscrizioni inedite del sepolcreto salario», in RendLinc s. VIII, 35, 1980, pp. 19-26 e P. Grandinetti, «Sette nuove iscrizioni dal sepolcreto salario-», in Epigraphica 63, 2001, pp. 147-154.

186 SEBarc xvii, 2019, pp. 183-192 Giulia Baratta, Su due iscrizioni del Sepolcreto Salario… , «Sette nuove iscrizioni…», cit ., p. 152 . r a ndinetti Il riquadro evidenzia la proprietà A lmerici in Corso d’Italia Fig. 5. Dettaglio del Sepolcreto Salario elaborato da Buzzetti, G 5. Fig.

SEBarc xvii, 2019, pp. 183-192 187 Giulia Baratta, Su due iscrizioni del Sepolcreto Salario… orizzonte tardo-repubblicano o augusteo, non aiutano a fare chiarezza anche in virtù del fatto che non si conoscono le date di morte dei due Norbani consoli, ammesso che uno dei due sia stato il patronus del defuto. Il cognomen di questo, Mama, che trova alcune altre attestazioni a Roma10, sembra tradire un’origine microasiatica11.

2. Anche l’altro reperto è un cippo funerario in travertino, mancante, per quanto si può vedere, di una porzione della terminazione superiore, alto 90 cm, largo 36 cm e caratterizzato dalla presenza di un foro circolare nella parte inferiore destinato all’inserimento di un tronco per assicurare la stabilità della pietra (fig. 6). Anche questo pezzo è stato rinvenuto nel 1909 nella proprietà del marchese Almerici in Corso d’Italia, all’altezza dell’odierno civico 35b, insieme ad un terminus gemello. Entrambi sono stati pubblicati a ridosso del loro rinvenimento da E. Ghislanzoni in Notizie degli Scavi del 190912 e poi recepiti nel Corpus13. Dagli apografi di E. Ghi- slanzoni, che seppure molto sommari e semplificati mettono però bene in evidenza le perdite di entrambi i cippi e le lacune dei loro corredi epigrafici (figg. 7-8), è oggi possibile identificare con il nr. 16 della sua relazione, e dunque con CIL VI, 37485, il terminus di via Piemonte, il cui testo recita14:

L(ucius) Orbius [L(uci) l(ibertus)] Galata Orbia (mulieris) l(iberta) Acume M(arcus) Naneius M(arci) l(ibertus) Mena In f(ronte) p(edes) XII in a(gro) pedes XII

10. Cf. CIL VI, 4069, 4572, 4705, 5901, 7452, 13988, 28622, 28623; NSc 1923, p. 371 e R. Frig- geri, La collezione Gorga. Museo Nazionale, Roma 1999, p. 160. 11. H. Solin, Die stadtrömischen Sklavennamen. Ein Namenbuch, III, Berlin 1976, p. 607; H. Solin, O. Salomies, Repertorium nominum gentilium et cognominum Latinorum, Hildesheim, Zürich, New York 1988, p. 357 (nella versione con la geminazione della M, Mamma). 12. E. Ghislanzoni, «Roma. Nuove scoperte nella città e nel suburbio», in NSc 1909, p. 311, nr. 15 (90x37 cm) e p. 312, nr. 16 (90x39 cm). 13. CIL VI, 37584 e 37585. Si veda inoltre S. Panciera, «Qualche nuova iscrizione urbana d’interesse onomastico», in Studia in honorem Iiro Kajanto (Arctos suppl. 2), Helsinki 1985, p. 166, nota 24 = S. Panciera, «Novità onomastiche in iscrizioni inedite di Roma», in S. Panciera, Epigrafi, epigrafia, epigrafisti: scritti vari editi e inediti (1956-2005) con note complementari ed indici, II vol., (Vetera 16), Roma 2006, p. 1873 e nota 24; Cupitò, Il territorio tra la via Salaria, l’Aniene, il Tevere…, cit., p. 73, tabella 21. 14. CIL VI, 37584 presenta maggiori lacune alla prima riga: [L(ucius) O]rbi[us L(uci) l(ibertus)] / Galata / Orbia (mulieris) l(iberta) Acume / M(arcus) Naneius M(arci) l(ibertus) / Mena / In f(ronte) p(edes) XII in a(gro) pedes XII.

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Fig. 6. CIL VI, 37485

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Fig. 7. CIL VI, 37484, fac simile da Ghislanzoni, «Roma. Nuove scoperte…», cit., p. 311, nr. 15

Fig. 8. CIL VI, 37485, fac simile da Ghislanzoni, «Roma. Nuove scoperte…», cit., p. 312, nr. 16

Un terzo cippo15 (fig.9 ) pertinente alla medesima tomba è venuto alla luce tre anni dopo il rinvenimento degli altri due a qualche centinaia di metri di distanza dal loro luogo di ritrovamento, in un contesto non esattamente localizzabile in direzione di Piazza Fiume. Secondo la descrizione di G. Mancini, infatti, il pezzo, apparso «fra le macerie di un antico muro demolito» in occasione della costruzione di un fabbricato delle Imprese Fondiarie, nel terreno della ex-villa Caetani, sarebbe stato trovato in via Tevere-angolo via Nizza, un incrocio di fatto inesistente poiché le due strade, pur vicine, non arrivano mai toccarsi. Il fac simile pubblicato in Notizie degli Scavi (fig.9 ) è indicativo del cattivo stato di conservazione di questo esemplare, all’origine forse del suo reimpiego in un muro che non è purtroppo databile16.

15. G. Mancini, «I. Roma. Nuove scoperte nella città e nel suburbio», in NSc 1912, p. 272; CIL VI, 38700 a.; Panciera, «Qualche nuova iscrizione urbana…», cit., p. 166, nota 24 = Panciera, «Novità onomastiche…», cit., p. 1873 e nota 24. Questo testo non è menzionato nel lavoro di C. Cupitò, Cupitò, Il territorio tra la via Salaria, l’Aniene, il Tevere…, cit. 16. Rispetto agli altri due questo testo presenta una diversa impaginazione e problemi di lettura alla riga 5, almeno stando all’apografo: L(ucius) O. r[bius L(uci) l(ibertus)] / Galata / Orbia (mulieris) l(iberta) Acu[me]/̣ M(arcus) Naneiu[s]/ M(arci) l(ibertus) Ṃenạ / In f(ronte) p(edes) XII in a(gro) pedes XII.

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Fig. 9. CIL VI, 38700a, fac simile da Mancini, «I. Roma. Nuove scoperte…», cit., p. 272

Come si ricava dalle iscrizioni di questi tre cippi i primi due defunti sono liberti degli Orbii, rispettivamente di un uomo e di una donna, e potrebbero essere acco- munati da una parentela non meglio definibile. Il cognomen dell’uomo, Galata17, potrebbe indicare una sua origine microasiatica mentre quello della donna, Acume, è una variante del più corrente Acme18. Il terzo personaggio è invece liberto di un membro della poco attestata gens Naneia / Nanneia19 e porta un cognome, Mena20, derivato dal nome del dio Μήν21, che potrebbe ugualmente rimandare ad un’origine microasiatica, forse addirittura dallo stesso ambito geografico dal quale potrebbe venire Lucius Orbius Galata. I tre termini sono dunque pertinenti alla medesima area sepolcrale22 caratterizzata dalla frequente pedatura 12 × 1223. La diversa impaginazione del testo è forse da ricondurre alla loro differente collocazione rispettivamente sulla fronte o sul retro del locus sepolturae24. Anche in questo caso i dati a disposizione sul loro rinveni-

17. H. Solin, Die griechischen Personennamen in Rom. Ein Namenbuch, I, Berlin, New York 1982, p. 602. 18. Cf. Solin, Die griechischen Personennamen…, III, cit., pp. 1193-1194. 19. Un C(ai) L(uci) Nanei è attestato da un bollo (CIL XV, 4921). Si vedano inoltre un Benignus Nanneius Caesianus (CIL VI, 13550) ed una Nanneia con un cognomen solo parzialmente conservato (NSc 1919, p. 341) entrambi documentati a Roma, oltre a sporadiche attestazioni del nomen a Dougga (CIL VIII, 27084, 26529, AE 1914, 176) e Paestum (CIL X, 493). 20. Solin, Die griechischen Personennamen…, I, pp. 373-374; Solin, Die stadtrömischen Sklaven- namen…, cit., p. 300. 21. Sul dio si veda E.N. Lane, Corpus monumentorum religionis dei Menis, III. Interpretations and Testimonia, Leiden 1976. 22. Secondo S. Panciera questi tre testi ed altre iscrizioni menzionanti altri liberti di un Lucius Or- bius (CIL VI, 23558 e nr. 17 del suo lavoro) sarebbero pertinenti al medesimo sepolcro, cf. Panciera, «Qualche nuova iscrizione urbana…», cit., p. 165. 23. Sulle misure dei sepolcri si veda W. Eck, «Iscrizioni sepolcrali romane. Intenzione e capacità di messaggio nel contesto funerario», in W. Eck, Tra epigrafia, prosopografia e archeologia. Scritti scelti, rielaborati, aggiornati (Vetera 10), Roma 1996, p. 241. Per un’area non urbana A. Mazzer, I recinti funerari in area altinate. Le iscrizioni con indicazioni di pedatura (L’Album 11), Villotta, 2005. 24. Sulle differenze dei testi nei cippi funerari di un medesimo recinto si vedano gli esempi aquile-

SEBarc xvii, 2019, pp. 183-192 191 Giulia Baratta, Su due iscrizioni del Sepolcreto Salario… mento non consentono di risalire all’esatta ubicazione del terreno che delimitavano, pertinente, comunque, al grande Sepolcreto Salario (fig. 5)25. La loro cronologia, come indicano anche i dati paleografici, va fissata alla fine del I secolo a.C. o al più ai primi anni di quello successivo.

In conclusione l’attuale luogo di riscoperta dei due cippi sepolcrali, a Roma in via Piemonte 62, non sembra affatto casuale. Il villino in cui si trovano, infatti, nei primi del ‘900 era di proprietà del marchese Almerici26, lo stesso nei cui terreni siti a poca distanza subito oltre il limite delle Mura Aureliane, in Corso d’Italia, all’altezza dell’odierno civico 35b, sono venute alla luce. Il marchese deve averle fatte trasportare nel suo giardino scegliendo allo scopo proprio due tra i tanti reperti rinvenuti nelle sue proprietà suburbane che non erano «pezzi unici» ma che si caratterizzavano per avere almeno una replica, un doppione27.

iesi in C. Zaccaria, «Recinti funerari aquileiesi: il contributo dell’epigrafia», in G. Cresci Marrone, M. Tirelli (curr.), «Terminavit sepulcrum». I recinti funerari nelle necropoli di Altino. Atti del convegno. Venezia 3-4 dicembre 2003 (Studi e ricerche sulla Gallia Cisalpina 19), Roma 2005, pp. 201-202. 25. Sul sepolcreto in generale e più nello specifico per i ritrovamenti nella proprietà del marchese Almerici si veda supra nota 9. 26. A conferma si veda una cartolina illustrata con la didascalia «Villino Almerici – Via Piemon- te 62 – Roma», cf. https://www.romasparita.eu/foto-roma-sparita/75145/via-piemonte-2. 27. Assai verosimilmente il marchese non conosceva il terzo esemplare del sepolcro che accoglieva i resti dei liberti degli Orbii e dei Nanei pubblicato nel 1912 e non ritrovato nei suoi possedimenti, cf. supra nota 15.

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