Studio di Compatibilità geologica geotecnica e di supporto alla compatibilità idraulica relativo all’adeguamento del P.U.C. del Comune di Capoterra al Piano Paesaggistico Regionale e al Piano di Assetto Idrogeologico ______
PREMESSA...... 2
INQUADRAMENTO TOPOGRAFICO...... 3
PERIMETRAZIONE DELLE AREE A PERICOLOSITA’ DI FRANA E INONDAZIONE SECONDO IL VIGENTE PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO ...... 4
INDIRIZZI DI PIANO E PREMESSE RELATIVE ALLA COMPATIBILITA’...... 5
ANALISI DEI FENOMENI ED EVENTI STORICI DI DISSESTO NEL TERRITORIO ...... 7 1) eventi alluvionali...... 7 Alluvione del 12 13 Novembre 1999 ...... 8 Alluvione del 22 ottobre 2008...... 10
2) analisi del progetto AVI (aree vulnerate italiane) e IFFI (inventario dei fenomeni franosi).12
INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO...... 18 a) evoluzione geomorfologica generale e forme del rilievo ...... 18 b) caratteristiche geopedologiche ...... 23 c) Uso reale del suolo (tav. VI)...... 24
INQUADRAMENTO GEOLOGICO GENERALE...... 27
INQUADRAMENTO IDROGEOLOGICO ...... 29 a)...... idrologia superficiale 29 b) idrologia sotterranea ...... 37 c) considerazioni sul trasporto solido...... 38
PREMESSA AGLI STUDI GEOTECNICI ...... 45
DEFINIZIONE GEOTECNICA DEI LITOTIPI PRESENTI...... 45
INDICAZIONI SUGLI SCAVI E STABILITA’ DELLE PARETI...... 50
EVENTUALI VERIFICHE DELLA PORTANZA E CRITERI DI ANALISI DELLA STABILITA’ ...... 51
METODOLOGIA ED ANALISI DEI FENOMENI FRANOSI E DELL’INSTABILITA’ POTENZIALE DEI VERSANTI; PERICOLOSITA’ DA FRANA NEL TERRITORIO DI CAPOTERRA ...... 57
DEFINIZIONE DELLA PERIMETRAZIONE DEL RISCHIO FRANA A SEGUITO DELLO STUDIO DI COMPATIBILITA’ ...... 66
COMPATIBILITA’ DEL PIANO URBANISTICO AI SENSI DELLE NORME DI ATTUAZIONE NELL’AMBITO GEOLOGICO E GEOTECNICO...... 67
PROPOSTE GENERALI DI INTERVENTO E MITIGAZIONE PER I SISTEMI FRANOSI...... 73
MONITORAGGIO ...... 77
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE ...... 78
______1 Dott. Ing. Giovanni Perfetto Dott. Geol. Antonello Frau
Studio di Compatibilità geologica geotecnica e di supporto alla compatibilità idraulica relativo all’adeguamento del P.U.C. del Comune di Capoterra al Piano Paesaggistico Regionale e al Piano di Assetto Idrogeologico ______
PREMESSA Con incarico conferito ai sottoscritti dal Comune di Capoterra, è stato realizzato il presente studio di compatibilità geologica, geotecnica e di supporto allo studio di compatibilità idraulica (presentato con elaborazione separata), per l’adeguamento del P.U.C. al P.P.R. ed al P.A.I. L’obbligatorietà della redazione del presente elaborato discende dall’art. 8 delle N.d.A. del P.A.I. nel quale, al comma 2, si riporta: “indipendentemente dall’esistenza di aree perimetrate dal PAI, in sede di adozione di nuovi strumenti urbanistici anche di livello attuativo e di varianti generali agli strumenti urbanistici vigenti i Comuni tenuto conto delle prescrizioni contenute nei piani urbanistici provinciali e nel piano paesistico regionale relativamente a difesa del suolo, assetto idrogeologico, riduzione della pericolosità e del rischio idrogeologico assumono e valutano le indicazioni di appositi studi di compatibilità idraulica e geologica e geotecnica, predisposti in osservanza degli art. 24 e 25 delle N.d.A. medesime , riferiti a tutto il territorio comunale o alle sole aree interessate dagli atti proposti all’adozione” . Inoltre sempre nel medesimo art. 8 al comma 5 si rileva che “in applicazione dell’articolo 26, comma 3, delle norme negli atti di adeguamento dei piani urbanistici comunali al PAI sono delimitate puntualmente alla scala 1: 2.000 le aree a significativa pericolosità idraulica o geomorfologica non direttamente perimetrate dal PAI” . In osservanza a quanto sopra esplicitato, il presente elaborato è stato quindi redatto ai sensi degli artt. 24 e 25 delle Norme di Attuazione del Piano di Assetto Idrogeologico e secondo i criteri di cui agli allegati E ed F delle citate norme e comprende pertanto i contenuti geologici e geotecnici, che integrano lo studio stesso, oltre alla definizione degli aspetti geologici di supporto a quelli idrologici ed idraulici di compatibilità. La parte geologica , che integra lo studio di compatibilità geologica e geotecnica, e che costituisce il quadro di riferimento della compatibilità idraulica, secondo quanto richiesto dalla normativa illustra: • l'assetto geologico di inquadramento; • la situazione litostratigrafica locale; • la definizione dell'origine e natura dei litotipi, del loro stato di alterazione e fratturazione e della loro degradabilità; • i lineamenti geomorfologici della zona, gli eventuali processi morfologici nonché i dissesti in atto e potenziali che possono interferire con l'opera da realizzare e la loro tendenza evolutiva; • i caratteri geostrutturali generali, la geometria e le caratteristiche delle superfici di discontinuità; • lo schema della circolazione idrica superficiale e sotterranea. • Analisi delle permeabilità dei suoli e dei substrati, analisi dei bacini idrografici in relazione alla compatibilità idraulica. L’analisi geologica è stata eseguita in conformità alla normativa vigente (Norme Tecniche sulle Costruzioni di cui al D.M. 14/01/2008) che definiscono i principi per il progetto, l’esecuzione e il collaudo delle costruzioni, nei riguardi delle loro prestazioni richieste in termini di requisiti essenziali di resistenza meccanica e di stabilità anche in caso di incendio e curabilità. Esse forniscono i criteri generali di sicurezza, precisano le azioni che devono essere utilizzate nel progetto e definiscono le caratteristiche dei materiali e dei prodotti e più in generale trattano gli aspetti attinenti alla sicurezza strutturale delle opere. Nello specifico si è fatto esplicito riferimento a quanto riportato al paragrafo 6.1.2 delle NTC 2008 secondo il quale “ le scelte progettuali devono tener conto delle prestazioni attese delle opere, dei caratteri geologici del sito e delle condizioni ambientali. I risultati dello studio rivolto alla caratterizzazione e modellazione geologica di cui § 6.2.1, devono essere esposti in una specifica relazione geologica. La caratterizzazione e la modellazione geologica del sito è stata quindi eseguita effettuando la ricostruzione dei caratteri litologici, stratigrafici, strutturali, idrogeologici, geomorfologici e, più in generale, di pericolosità geologica del territorio. Il modello geologico definito è inoltre elemento di riferimento per il progettista per inquadrare i problemi geotecnici e per definire il programma delle indagini geotecniche.
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La parte geotecnica che integra lo studio di compatibilità geologica e geotecnica comprende ed illustra: • la localizzazione dell'area interessata dall'intervento; • i criteri di programmazione ed i risultati delle eventuali indagini in sito e di laboratorio e le tecniche adottate con motivato giudizio sulla affidabilità dei risultati ottenuti; • la scelta dei parametri geotecnici di progetto; • la caratterizzazione geotecnica del sottosuolo in relazione alle finalità da raggiungere, effettuata sulla base dei dati raccolti con le indagini eseguite; • il dimensionamento dell'intervento; • i risultati dei calcoli geotecnici; • le verifiche di stabilità del pendio; • le eventuali interazioni con altre opere; • le conclusioni tecniche; • le diverse tipologie delle opere di consolidamento e le finalità di ognuna di esse con valutazione di tipo analitico che ne evidenzino l’efficacia in riferimento alle condizioni pre intervento; • il piano di manutenzione degli interventi; • il piano di monitoraggio per il controllo della efficacia degli interventi di consolidamento ed il programma delle misure sperimentali. L’analisi geotecnica è stata eseguita in conformità alle Norme Tecniche sulle Costruzioni di cui al D.M. 14/01/2008 che forniscono i criteri generali di sicurezza, precisano le azioni che devono essere utilizzate nel progetto e definiscono le caratteristiche dei materiali e dei prodotti e più in generale trattano gli aspetti attinenti alla sicurezza strutturale delle opere. Inoltre si è fatto riferimento alla Circolare 2 febbraio 2009 n. 617 C.S.LL.PP. (G.U. n. 47 del 26 febbraio 2009 S.O. n. 27) Istruzioni per l’applicazione delle “Nuove norme tecniche per le costruzioni” di cui al D.M. 14 gennaio 2008.
INQUADRAMENTO TOPOGRAFICO Il territorio comunale di Capoterra è individuabile nella Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Foglio 565 sez. I (Capoterra) e 566 sez. IV (La Maddalena) e nella C.T.R.N. Sez. 565040 (Capoterra), 565070 (Monte Lattias), 565080 (Santa Barbara), 566010 (Ponte Maramura), 566050 (Villa D’Orri). E’ localizzato nel settore occidentale del Golfo di Cagliari e confina con i comuni di Sarroch a Sud, Assemini a Nord ed Ovest, Uta a Nord e Cagliari ad Est.
fig. 1 : Localizzazione topografica
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E’ Geograficamente delimitato, nel tratto compreso tra Cala d’Orrì e Ponte Maramura, dal Golfo di Cagliari, mentre il settore Ovest del territorio è delimitato da una cintura montuosa in cui svettano Monte Is Pauceris Mannus (quota 720 m. s.l.m.), Monte Capeddu (704 m.), M.te Conchioru (740 m.) , P.ta Is Postas (612 m.); P.ta Su Aingiu Mannu (605 m). A partire dalla quota di circa 25 m. s.l.m., si sviluppa il settore pedemontano e montano che mostra comunque uno scarso sviluppo edificatorio. Gran parte dell’edificato occupa le vaste aree subpianeggianti interne dell’entroterra costiero e quelle del settore costiero così come rappresentato nella fig. n° 2
fig. 2: distribuzione dell’edificato all’interno del territorio comunale
PERIMETRAZIONE DELLE AREE A PERICOLOSITA’ DI FRANA E INONDAZIONE SECONDO IL VIGENTE PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO
Nel presente paragrafo viene riportato un quadro riepilogativo della situazione di pericolosità e rischio sia di frana che di inondazione individuate nel vigente Piano di Assetto Idrogeologico Il suddetto Piano (PAI) individua le aree a rischio idraulico e di frana e ha valore di piano stralcio ai sensi della L. 183/89. Il PAI è entrato in vigore con Decreto dell’Assessore ai Lavori Pubblici n. 3 del 21/02/2006 ed è stato adottato e approvato limitatamente alla perimetrazione delle aree a pericolosità H4, H3 e H2 e a rischio R4, R3 e R2. Il Piano ha lo scopo di individuare e perimetrare le aree a rischio idraulico e geomorfologico, definire le relative misure di salvaguardia sulla base di quanto espresso dalla Legge n. 267 del 3 agosto 1998 e programmare le misure di mitigazione del rischio. Ha inoltre valore di piano territoriale di settore e prevale sui piani e programmi di settore di livello regionale provinciale e comunale in quanto finalizzato alla salvaguardia di persone, beni, ed attività dai pericoli e dai rischi idrogeologici (Norme di Attuazione del PAI, Art. 4, comma 4). Le previsioni del Piano producono pertanto effetti sugli usi del territorio e delle risorse naturali e sulla pianificazione urbanistica anche di livello attuativo, nonché su qualsiasi pianificazione e programmazione territoriale insistente sulle aree di pericolosità idrogeologica (N.A. PAI, art. 6).
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Le Norme di Attuazione del PAI prescrivono che i Comuni e le altre Amministrazioni interessate, provvedano a riportare alla scala grafica della strumentazione urbanistica vigente, i perimetri delle aree a pericolosità idraulica Hi e geomorfologica Hg e delle aree a rischio idraulico Ri e geomorfologico Rg , e ad adeguare contestualmente le norme dello strumento urbanistico (N.A. PAI, Art. 4, comma 5). Prevedono inoltre che nell’adeguamento della pianificazione comunale vengano delimitate le aree di significativa pericolosità idraulica e geomorfologica non perimetrate in precedenza dal PAI (N.A. PAI, Art. 26). Indipendentemente dall’esistenza di aree perimetrale dal PAI, i Comuni, in base all’articolo 8 comma 2, devono produrre appositi studi di compatibilità idraulica e geologico tecnica riferiti all’intero territorio comunale, approvati dall’Autorità Idraulica competente per territorio, integrandoli negli atti di Piano che costituiranno oggetto della verifica di coerenza (art. 31 commi 3, 5 L.R n.7/02). Gli ambiti di riferimento del Piano sono i sette Sub Bacini individuati, all’interno del Bacino Unico Regionale, ognuno dei quali è caratterizzato in generale da una omogeneità geomorfologica, geografica e idrologica: Sulcis, Tirso, Coghinas Mannu Temo, Liscia, Posada – Cedrino, Sud Orientale, Flumendosa Campidano Cixerri. Il Comune di Capoterra è compreso nel sub bacino n° 7 del Flumendosa Campidano Cixerri. Il territorio comunale nella stesura del P.A.I. originario, è stato dapprima perimetrato (Deliberazione della Giunta Regionale n° 54/33 del 30/12/2004) nella Tavola n° 3 del sub bacino n° 7, indicando sia gli areali inclusi nelle zone Hi 1, Hi 2, Hi 3, Hi 4 e sia gli areali interessati dagli eventi alluvionali del 12 13 Novembre 1999 e l’area esondabile, definita dall’Ufficio Geologico Provinciale di Cagliari, sulla base di stime morfologiche (si osservino a tal proposito le Tav. II e III allegate alla presente). Successivamente, a seguito della realizzazione di alcuni interventi infrastrutturali di mitigazione, nell’anno 2006 (con Deliberazione della Giunta Regionale n° 17/12 del 26/04/2006 avente per oggetto: Comune di Capoterra. Approvazione nuove perimetrazioni, a seguito della realizzazione di interventi di mitigazione e studi di maggiore dettaglio, delle aree a pericolosità e rischio di inondazione ai sensi degli artt. 4 comma 5 e 37 comma 7, delle Norme di Attuazione del Piano Stralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico (P.A.I.). è stata approvata una variante al Piano che ha riperimetrato alcuni degli areali ad elevata pericolosità e rischio. Il rischio frana nella perimetrazione iniziale (2004) non è stato adeguatamente indicato se non per un settore estremamente ridotto del territorio (confinante con la miniera di San Leone nel territorio di Assemini). La variante dell’anno 2006 ha invece interessato solo ed esclusivamente l’aspetto idraulico. I recenti e tragici eventi alluvionali sia del 22 ottobre 2008 e sia quello successivo del giorno 13/04/2009 hanno però indicato che la pericolosità di inondazione e il rischio effettivo devono necessariamente essere rivalutati con specifici studi di dettaglio che riguardino l’intero territorio di Capoterra. Inoltre a seguito dell’applicazione delle norme del P.A.I. si ritiene necessaria la definizione della pericolosità e rischio frana sull’intero territorio. Con il presente studio di compatibilità geologica geotecnica e di supporto alla compatibilità idraulica potranno quindi essere individuate, con riferimento all’intero territorio comunale, le zone di criticità sulle quali poter adeguatamente sviluppare una adeguata pianificazione urbanistica previa valutazione della sicurezza del territorio. Al fine di inquadrare correttamente le situazioni di rischio evidenziate nella perimetrazione originaria del P.A.I. adottato nel mese di Dicembre dell’anno 2004, si rimanda alle relative schede di riferimento allegate al P.A.I. originario.
INDIRIZZI DI PIANO E PREMESSE RELATIVE ALLA COMPATIBILITA’
Nel presente paragrafo sono indicati i macro obiettivi del P.U.C. attualmente in adeguamento al P.P.R ed al P.A.I..
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verifica del dimensionamento del Piano, sulla base degli attuali fabbisogni, sia per le aree turistiche, residenziali che per quelle destinate ad attività produttive; adeguamento della struttura dei servizi; contenere l’espansione edilizia al fine di limitare la sottrazione di suolo alla sua naturale vocazione e vincolare l’espansione alle aree compatibili dal punto di vista paesaggistico ambientale e di sicurezza del territorio. Obiettivi di sostenibilità ambientale riconosciuti a livello nazionale e internazionale per conseguire uno sviluppo sostenibile e che prevedono di contrastare i cambiamenti climatici, tutelare la biodiversità, ottenere una qualità dell’ambiente che garantisca la salute umana, utilizzare le risorse naturali in modo sostenibile e ridurre la produzione di rifiuti. Definizione degli interventi di difesa del suolo atti ad assicurare l’incolumità delle persone coerentemente alle risultanze degli studi di maggior dettaglio; Le scelte che, nell'ambito del PUC, la comunità farà sul proprio futuro devono: identificare i grandi valori ambientali, capaci di determinare invarianti, nei sistemi geologici, vegetativi, montani e vallivi, e di scorrimento delle acque; valorizzare le grandi infrastrutture e provvedere a compensarne e limitarne gli effetti negativi; caratterizzare le parti di territorio in rapporto alle risorse e vocazioni prevalenti; definire la distribuzione dei ruoli nelle diverse parti di territorio per orientare gli investimenti, e minimizzare la conflittualità di usi entro le singole parti; riorganizzare il complesso delle reti infrastrutturali locali in rapporto alle destinazioni, in particolare la rete stradale, ma anche le reti tecnologiche e delle tecnologie avanzate; riorganizzare le reti civiche e dei servizi puntuali pubblici e privati in rapporto alla distribuzione concreta della popolazione nel territorio. Nel contesto appena delineato, per effetto della localizzazione del territorio di Capoterra entro l’area metropolitana, prossima agli insediamenti produttivi, di comunicazione e di innovazione tecnologica di Macchiareddu, ed ai grandi sistemi ambientali costiero, lagunare, pedemontano e montano, in tutto il territorio oggetto di studio sono state concentrate e raffittite infrastrutture di rango metropolitano, regionale, nazionale e comunitario quali la nuova S.S. 195 e in particolare la pipe line. Ne deriva che la ricerca e attuazione delle scelte future appena delineate, in un ambito così infrastrutturato, deve essere perseguita in un ottica di compatibilità delle diverse componenti sia ambientali che infrastrutturali e di sviluppo del territorio. Il processo di adeguamento del P.U.C. dovrà avvenire verificando la coerenza esterna con i piani e i programmi che interessano il territorio comunale, in modo da definire l’importanza degli stessi in fase di redazione e onde consentire il conseguimento di due obiettivi: • costruzione di un quadro di insieme strutturato contenente gli obiettivi ambientali già definiti e gli effetti ambientali attesi nell'ambito degli strumenti pianificatori esistenti; • il riconoscimento delle questioni già valutate negli altri piani e programmi di diverso ordine. Concordemente a tali obiettivi, si osserva che al fine di ottenere un raggiungimento degli stessi risulta necessario ed indispensabile che le scelte da attuare siano coerenti anche con la disciplina dell’assetto idrogeologico che si prefigge sia la messa in sicurezza delle aree già antropizzate attraverso azioni strutturali e non strutturali e sia la prevenzione
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del rischio attraverso norme d’uso del territorio. Tralasciando la messa in sicurezza che appartiene alla pianificazione e programmazione regionale, si osserva la contrario che la prevenzione deve essere tenuta in debito conto proprio nelle fasi di pianificazione locale attraverso un’accurata indagine e approfondimento delle problematiche di sicurezza del territorio, quale quella rappresentata nel presente studio. L’individuazione delle aree di pericolosità, ovvero di quelle aree soggette a fenomeni di dissesto per fenomeni franosi o di inondazione, porterà alla pianificazione dell’uso del territorio con la definizione della sua zonizzazione e conseguente disciplina relativa alla realizzazione di opere, attività e interventi compatibili. Analogamente l’individuazione degli elementi a rischio presenti nella aree pericolose, porterà a riconoscere le aree a rischio ovvero le aree dove il verificarsi di un fenomeno di dissesto idrogeologico può comportare danni, quantificabili con perdita di vite umane o di risorse del territorio. Da quanto detto appare quindi imprescindibile che a seguito della redazione dello studio di compatibilità, si possano meglio definire le previsioni urbanistiche effettuando l’eventuale rilocalizzazione o comunque l’adeguamento di quelle non compatibili già definite anche negli indirizzi di piano.
ANALISI DEI FENOMENI ED EVENTI STORICI DI DISSESTO NEL TERRITORIO
1) eventi alluvionali Dall’analisi delle diverse fonti emerge che nella cronistoria degli eventi alluvionali alcuni di questi hanno interessato il territorio comunale di Capoterra. Di seguito si tralascia l’analisi totale tratta da www.geologi.sardegna.it, che ha riguardato diversi settori della Sardegna ma della stessa si riportano unicamente i casi indicati nei quali viene citato il territorio di Capoterra.
1951 La pioggia cadde dal 15 sino al 19 ottobre, smettendo nel meridione dell'isola e proseguendo verso l’Ogliastra e il Sassarese per qualche giorno. Nel cagliaritano i danni più ingenti furono a Flumini di Quartu e a Capoterra , dove furono allagate le campagne per un totale di 1200 ettari.
1961 , 22 23 novembre L'evento interessò diversi comuni del Campidano di Cagliari e della piana del Cixerri tra cui Decimomannu, Decimoputzu, Assemini, Uta, Elmas, Sestu, Capoterra , Siliqua, Villasor, Villaspeciosa e la zona industriale di Macchiareddu. Le precipitazioni ebbero inizio nella giornata dal 22 e terminarono il giorno successivo.
1965 , 17 18 e 25 ottobre Dopo le piogge intense del 17 18 che colpirono le regioni settentrionali ed orientali dell’Isola i fenomeni si localizzarono nella giornata del 25 nel Campidano di Cagliari coinvolgendo oltre al Capoluogo anche i comuni di Uta, Assemini, Capoterra e Pula dove vi furono ingenti danni e molte furono le operazioni di salvataggio.
1985 , 28 29 ottobre Le precipitazioni iniziarono nella zona di Cagliari e Capoterra , nella notte tra sabato 27 e domenica 28 Ottobre; smisero durante la giornata del 28 per riprendere verso le 13 del giorno successivo con uguale intensità. Le piogge del giorno 29 interessarono invece la zona del Sarrabus.
1986 , 14 17 ottobre Le zone interessate furono il Cagliaritano e Capoterra , già colpite dall'alluvione del 1985, con la differenza questa volta il nubifragio fu molto più violento, con precipitazioni assai elevate, accompagnate da isolate trombe d'aria. La piena del Rio Santa Lucia fu responsabile dell'inondazione della piana di Capoterra Poggio dei Pini Saline Contivecchi Maddalena spiaggia . Determinante anche l'apporto di una certa quantità d'acqua del rio Cixerri, il quale però riuscì a trovare immediatamente sbocco a mare, attraverso lo stagno di Santa Gilla.
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1990 , 9 ottobre Un'ondata di maltempo colpì la provincia di Cagliari ed in particolare le zone attorno al capoluogo quali Capoterra , Uta, Assemini, San Sperate, Sestu, Dolianova e del Sulcis (Carbonia, San Giovanni Suergiu, Tratalias). A Capoterra i danni all'agricoltura furono notevoli ed in particolare vennero compromessi i raccolti di colture pregiate; il danno maggiore fu comunque la distruzione pressoché completa di decine di serre.
1999 , 11 12 13 novembre Un'ondata di maltempo colpì la provincia di Cagliari e il Sarrabus. La violenta perturbazione provocò un’alluvione che colpì Capoterra , Assemini e Uta: i danni furono ingentissimi e ci furono 2 vittime. In 8 ore caddero 376 mm di pioggia.
2005 , 5 6 aprile Un nubifragio si abbatte su varie zone della Sardegna meridionale determinando numerose inondazioni e gravi danni alle colture e alle attività. Particolari danni si hanno in territorio di Pula, Domusdemaria, Sarroch e Capoterra . Inondazioni anche a Solanas.
2008 , mattina del 22 ottobre Nubifragio nel settore di Capoterra e dell’hinterland cagliaritano. Gravi allagamenti a Capoterra (Poggio dei Pini, Frutti D’oro II, Su Loi), Pirri e Monserrato. Allagamenti anche nelle campagne di Sestu ed Elmas. In territorio di Capoterra, tra Poggio dei Pini e Fruttidoro II; muoiono annegate 4 persone. Un’altra vittima viene segnalata a Sestu.
Data l’intensità dei fenomeni e comunque la possibilità di reperire dati cartografici e metereologici di dettaglio , sono di seguito riportate le analisi svolte sia sull’alluvione del 1999 che dell’anno 2008.
Alluvione del 12-13 Novembre 1999 La cartografia del Piano Assetto Idrogeologico per il Comune di Capoterra riporta, oltre alle aree a pericolosità idrogeologica, le perimetrazioni delle aree colpite dall’alluvione del 12 13 Novembre 1999; in quelle giornate si ebbero infatti precipitazioni di particolare intensità che determinarono estesi fenomeni di inondazione nelle campagna e nell’abitato di Capoterra. Alcuni dati reperiti su diversi siti internet riportano immagini sat che vanno in ordine dal pomeriggio del 12 Novembre 1999 alle 18:10 del giorno 13 Novembre. Esse evidenziano come la causa dell'alluvione sia stata una potente cella temporalesca a “V” con vertice puntato nel basso campidano, stabile per parecchie ore tra la serata del 12 e le prime ore del 13, e incudine della cella sospinta dalle forti correnti in quota sino alle coste meridionali della Corsica. La rigenerazione in loco di tale sistema precipitativo ha portato, a fine fenomenologia, accumuli davvero eccezionali. Per dare un'idea si riportano le località maggiormente interessate: Uta il giorno 12 ha avuto una precipitazione di 345,2 mm, mentre il giorno 13, 263,6 mm, Decimomannu il giorno 12 ha avuto 255 mm , il giorno 13 invece 278,4 mm .
Fig.3 : immagini sat relative all’evento del 12 13 novembre 1999
Di seguito si riporta la cronistoria dell’evento in funzione degli orari di registrazione delle precipitazioni:
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Ore 00-06 del 12 Novembre 1999: Dai dati del Servizio Idrografico si evincono le seguenti precipitazioni:
Stazione Ore 00 - 03 Ore 03 - 06 Uta 95.6 mm 46.8 mm Decimomannu 11.8 mm 74.6 mm Villasor 4.8 mm 30.0 mm Nuraminis 0.2 mm 6.2 mm
Tab. I: Accumuli triorari tra le ore 00 e le ore 06 del 12/11/1999
Ore 06 -18 del 12 Novembre 1999: Nella mattinata le precipitazioni sono pressoché minime o nulle. Il Rio Santa Lucia, nella zona di Capoterra, è già in piena nonostante nella parte della foce non vi siano state precipitazioni.
Ore 18 -21 del 12 Novembre 1999: Nonostante manchino i dati di Capoterra, per questo intervallo orario, si rileva che fino alle ore 20 nella zona costiera di Capoterra, soffiò solamente un forte vento di scirocco, senza pioggia. I dati del Servizio Idrografico riferiti ad alcune stazioni sono così riassumibili:
Stazione Ore 18 - 21 Uta 72.6 mm Decimomannu 69.0 mm Villasor 22.4 mm
Tab.II: Accumuli triorari tra le ore 18 e le ore 21 del 12/11/1999
Ore 21 -24 del 12 Novembre 1999: E’ la fase più intensa e devastante del fenomeno. Dal sito internet di www.sardegna clima.it si rileva un’accurata descrizione dell’evento. “La cella convettiva presente nelle ore precedenti sopra Uta si è ulteriormente sviluppata. A questo punto viene interessato pure il comune di Capoterra, con accumuli persino maggiori a quelli di Uta. Considerando le correnti in quota e al suolo e gli accumuli registrati nelle varie stazioni, possiamo dire che la cella che andò a interessare Capoterra era la stessa che poche ore prima era già presente su Uta, ma non ci fu uno spostamento di questa verso sud, bensì un ingrossamento della stessa nella sua parte interessata da correnti ascendenti. Molto probabilmente pure questa cella si presentava a forma di V, ricordando che le piogge più intense si trovano nel vertice della V, possiamo immaginarci la zona di correnti ascendenti più intense collocata nella vallata tra il Monte Arcosu e il Monte Is Pauceris, con una incudine della nube, che si apre a ventaglio da SW a NE e va a interessare i paesi di Capoterra Uta Decimomannu Assemini Vilasor Sestu Villaspeciosa e San Sperate. Gli accumuli registrati dalle stazioni a terra confermano questa evoluzione, perché diminuiscono più ci si sposta da SW verso NE, fino a divenire delle normali piogge nella Trexenta e nel Sarrabus. I danni in questa fase sono già elevatissimi, il terreno è saturo di acqua e i fiumi sono in piena, la pioggia caduta in un intervallo di tempo così limitato non riesce a essere smaltita nei letti dei torrenti e dei canali, spesso ostruiti o dalle dimensioni insufficienti per un evento fuori dagli schemi della climatologia della zona. A Capoterra, l’acqua scende dalla montagna con notevole forza e si incanala nelle vie del paese, allagando case ma anche trascinando macchine, distruggendo case e spazzando via muri, una donna perde la vita. Il cuore del paese, dove un vecchio torrente era stato imbrigliato in un tubo, viene spazzato via da una ondata di piena che distrugge completamente la zona sportiva. A Macchiareddu l’acqua cercando, una via per il mare, sommerge le strade e molte industrie e scava nuovi letti di torrenti che non si riempiranno più nei 10 anni successivi ”. Di seguito i dati del Servizio Idrografico
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Stazione 21 - 24 Uta 126.8 mm Decimomannu 99.6 mm Capoterra 163.0 mm Nuraminis 48.0 mm
Tab.III : Accumuli triorari tra le ore 21 e le ore 24 del 12/11/1999
13 Novembre 1999: Le piogge sull’area di Capoterra pian piano cessano mentre gli accumuli sono più consistenti verso i territori di Uta e Decimomannu. Anche per le ore successive della giornata del 13 Novembre non si ebbero sostanziali piogge nell’area di Capoterra mentre le stesse tenderanno gradualmente a diminuire a causa dello spostamento della cella temporalesca che è andata ad esaurirsi lentamente nella zona alluvionale oltre Decimomannu ed Uta. La perimetrazione delle aree colpite dall’inondazione del Novembre 1999 nella quale perse la vita un’anziana donna, è indicata nella Tav. II; nella medesima tavola è stato effettuato anche un confronto con le perimetrazioni P.A.I. degli anni 2004 e 2006
Alluvione del 22 ottobre 2008 Nella giornata del 22 ottobre 2008 precipitazioni intense, prevalentemente a carattere temporalesco, hanno interessato parte della regione Sardegna, e in particolare modo il territorio del Comune di Capoterra nel quale si sono manifestati eventi alluvionali di particolare intensità. Sono numerosissime le testimonianze rilevabili sia dai mass media che dai diversi siti internet; anche alcuni documenti regionali redatti dall’unità di crisi istituita dalla R.A.S. all’indomani dell’evento, riportano dettagliatamente un quadro della situazione. In questa sede si è scelto di riportare, seppure in via sintetica, il resoconto dell’evento del 22 ottobre effettuato dal Centro Funzionale Centrale della Protezione Civile Nazionale ed elaborato dal servizio meteorologico e settore rischio idrogeologico ed idraulico integrandolo inoltre con ulteriori dati ufficiali desunti dalle elaborazioni della RAS.
A) Descrizione dell’evento: I massimi quantitativi di precipitazione puntuali, sono stati registrati tra l’area di allertamento Sard A (Iglesiente) e Sard B (Campidano), con epicentro nel comune di Capoterra nella Provincia di Cagliari. Le precipitazioni si sono distribuite temporalmente in due impulsi principali: dalle ore 5 alle 10 locali (dalle 03 alle 08 UTC) sulla provincia di Cagliari, e successivamente dalle ore 8 alle 12 locali (dalle 06 alle 10 UTC) sulla provincia dell’Ogliastra. Il fenomeno è stato caratterizzato da un flusso da ovest distinguibile in due passaggi. Alla stazione di S. Lucia di Capoterra, dalle ore 6:00 alle ore 7:00, si sono registrati 71,4 mm di pioggia, dalle 7:00 alle 8:00, 68,4 mm e dalle 8:00 alle 9:00 altri 80,6 mm, Il dato cumulato relativo all’intero evento è di 276,4 mm in circa 6 ore. L’evento appare ancora più gravoso se si considerano i dati registrati dalla stazione di Capoterra in località Poggio dei Pini che ha presentato durante l’evento delle discontinuità di registrazione e trasmissione dei dati. Tali valori indicano dalle ore 6:00 alle ore 7:00 valori registrati di 90 mm di pioggia, dalle 7:00 alle 8:00 quasi 150 mm e dalle 8:00 alle 9:00 altri 94 mm. Il massimo sulle tre ore parrebbe essersi verificato dalle ore 6:30 alle ore 9:30 per un totale di 350 mm ca. di pioggia. Le precipitazioni registrate sono state quindi critiche soprattutto per le durate minori tra 1 e 3 ore. I valori riportati corrispondono ad un più che deciso superamento delle soglie di criticità idrogeologia e idraulica “elevata” (definita in relazione a tempi di ritorno ventennali). Il dato di 350 mm, registrato per la durata di tre ore, sarebbe anch’esso paragonabile a quello osservato durante l’evento di Villagrande del 2004 e pari a 330 mm, nella stazione di Bau Mandara. Valori non lontani sono stati osservati ancora a Santa Lucia nel 1999. Gli afflussi hanno determinato la crisi diffusa del reticolo idrografico e dello stesso tessuto territoriale, producendo episodi, anche significativi, di inondazione.
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Fig. 4 : Cumulato di precipitazione periodo ottobre 2008 gennaio 2009; rapporto tra il cumulato e la media climatologica (1961 1990)
Si noti come il valore del cumulato risulta superiore al doppio della media climatologica nelle due zone interessate dalle alluvioni di ottobre (area di Capoterra) e novembre (Baronie)
B) Analisi metereologica : L’avvio di una attività elettrica significativa sull’area è stata osservata verso le 6:00 ora locale del 22.10.2008. Il monitoraggio del fenomeno mediante i radar meteorologici facenti parte della rete nazionale operante presso il DPC, della quale fa parte anche il radar gestito dal Servizio Agrometeorologico della Sardegna (SAR) ha permesso di osservare lo sviluppo e l’evoluzione dei sistemi precipitativi. Dall’analisi agrometereologica e climatologica svolta dall’ARPAS , secondo quanto si può trovare nella banca dati del Dipartimento Idrometeoclimatico dell’ARPAS che copre il periodo 1932 2008, i cumulati giornalieri misurati a Capoterra Poggio dei Pini sono i massimi di cui si abbia traccia nella serie pluviometrica di Capoterra (il tempo di ritorno stimato con apposite tecniche statistiche è di circa 800 anni), mentre nella serie pluviometrica più vicina a Uta è presente un solo evento superiore: 400.0 mm misurati il 23 novembre 1961. Se, invece, si considera la distribuzione delle precipitazioni sul territorio per capire se questo tipo di eventi meteorologici siano già occorsi nel passato, si possono Fig. 5 : cumulato precipitazioni del 22/10/2008 (SAR) individuare almeno due eventi simili, sia
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come struttura spaziale del campo di precipitazione sia come valori dei massimi, e numerosi altri con cumulati di precipitazione inferiori. I due eventi più simili occorsero il 22 23 novembre 1961 e il 12 13 novembre 1999. Entrambi furono caratterizzati da precipitazioni eccezionali nell’area immediatamente a Est/Nord est della città di Cagliari e precipitazioni molti abbondanti nella costa orientale della Sardegna. Il 22 23 novembre 1961, si osservarono 400 mm/24h a Uta, 200 mm/24h a Villasor e cumulati di precipitazione superiori ai 100 mm/24h nel Basso Campidano. Nel secondo episodio, invece, le precipitazioni cumulate su due giorni del Basso Campidano raggiunsero i 374.6mm/48h a Decimomannu e superarono i 200m in molte località circostanti (221.0mm a Capoterra).
C) Effetti e danni: Di seguito si riporta quanto definito nell’indagine conoscitiva svolta dall’Unità di crisi della RAS. ……..Già durante le prime due ore i versanti del bacino hanno mostrato i primi segni di cedimento idraulico. Il suolo è stato saturato rapidamente d'acqua e questa ha cominciato a scorrere sempre più copiosa sulla superficie dei campi, invece di infiltrarsi nel terreno. Ogni singolo impluvio di ogni singolo versante del piccolo bacino idrografico ha riversato sul Rio San Girolamo una considerevole massa d'acqua, pari a circa 750.000 mc, che ha confluito tumultuosamente lungo l'alveo naturale del fiume, travolgendo gli ostacoli che incontrava nel suo percorso, come alberi, strade, ponti, abitazioni. Durante la corrivazione l'acqua ha messo in movimento una rilevante massa di materiale solido, presumibilmente 250.000 mc, costituito in parte da massi e ciottoli spostati lungo l'alveo e prevalentemente da sabbia e limo provenienti dal suolo eroso lungo il percorso, in particolar modo da quei suoli lasciati nudi dai recenti incendi di fine estate, privi di quella copertura vegetale in grado di proteggere i versanti. Si sono prodotti così numerosi solchi di ruscellazione estemporanei, anche molto profondi. Gran parte di questo materiale solido, quello con granulometria più grossolana, è stato deposto all'interno del lago artificiale di Poggio dei Pini che ha funzionato come vasca di decantazione, riducendone però il volume d'acqua invasabile. Di conseguenza l'acqua che è arrivata a valle ha portato in carico materiale solido a granulometria più fine, come limi e argille, insieme al materiale costituente la diga stessa, seriamente danneggiata. Questa torbida ha travolto le infrastrutture e le abitazione a valle, provocando la morte di quattro persone e intrappolando a lungo decine di altri sopravissuti.
2) analisi del progetto AVI (aree vulnerate italiane) e IFFI (inventario dei fenomeni franosi) Nel 1989 il Dipartimento della Protezione Civile commissionò al Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche (GNDCI) del Consiglio Nazionale delle Ricerche, il censimento delle aree del paese colpite da frane e da inondazioni per il periodo 1918 1990. Successivamente si è provveduto ad estendere il censimento al periodo 1991 1994. Nel 1996 venne pubblicata una prima carta sinottica delle principali località colpite da movimenti franosi e da inondazioni. Da allora, si era provveduto a localizzare, come punti ed a scala 1:100.000, tutte le località note per essere state colpite da frane od inondazioni. Le notizie per le quali non è stato possibile individuare con ragionevole certezza la località colpita sono state cartografate in corrispondenza del capoluogo comunale . Ad ogni località è stato anche assegnato il grado di certezza nella localizzazione. Nonostante le numerose limitazioni, dovute alla complessità del territorio italiano, alla diversa sensibilità e conoscenza sia attuale che storica dell'impatto che le frane e le inondazioni hanno sul territorio, ed alle risorse limitate, il censimento rappresenta il più completo ed aggiornato archivio di notizie su frane ed inondazioni avvenute in questo secolo mai realizzato in Italia. Altro progetto di interesse nazionale e regionale utilizzato al fine di valutare la storicità dei fenomeni franosi, è il Progetto IFFI (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia), realizzato dall’ISPRA e dalle Regioni e Province Autonome, e che fornisce un quadro dettagliato sulla distribuzione dei fenomeni franosi sul territorio italiano. L'inventario ha censito ad oggi 485.000 fenomeni franosi che interessano un’area di 20.721 km 2, pari al 6,9% del territorio nazionale.
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Con riferimento al territorio di Capoterra si osserva che il database relativo all’archivio frane del progetto AVI non segnala alcun avvenimento nel territorio in esame. Anche il database del progetto IFFI non segnala alcuna problematica. Diversamente, dall’analisi dell’archivio delle piene del progetto AVI, emergono invece diversi eventi alluvionali che hanno interessato l’area in esame e per gli stessi sono riportate apposite descrizioni. Quasi tutti i casi citati si riferiscono all’area del Rio Santa Lucia prima delle operazioni di sistemazione idraulica avvenute negli anni 80. Le notizie riportate sono comunque generali e dalle stesse non è possibile stabilire con esattezza ne la localizzazione ne tantomeno gli effetti sul territorio di Capoterra differenziandoli da quelli adiacenti, specie se si considera che il limite urbano di Capoterra è prossimo al territorio di Assemini. Pur tuttavia si osserva che la fenomenologia maggiormente diffusa sui versanti del territorio di Capoterra, così come si osserva nei rilievi diretti, è un’associazione dei fenomeni di franamento ed inondazione con trasporto tipo debris flow. Ma nel database queste situazioni non sono comunque previste o vengono censite nella sola parte relativa alle piene. I 18 casi sono di seguito riassunti estrapolando le notizie principali che hanno interessato il territorio.
Codice Evento 600012 . Data 10/07/1921. La causa principale determinante è stato un evento meteoclimatico che ha causato danni ai seminativi e agli edifici civili. Tra gli effetti indiretti ristagni d’acqua. Le località investite sono parte integrante del Campidano meridionale (Guasila, Senorbì) ma si segnalano danni anche nel territorio di Capoterra nel Foglio IGM 234 quadrante IV orientamento SW.
Codice Evento 600018 . Data 01/11/1923. Coordinate dell’evento X: 1497800 Y:4337200. La causa principale determinante è stato un evento meteoclimatico che ha causato danni ad edifici civili. Tra gli effetti indiretti ristagni d’acqua. Viene segnalata 1 vittima. L’evento viene localizzato nel Foglio IGM 234 quadrante IV orientamento SW.
Codice Evento 600177 . Data 16/03/1960. Coordinate dell’evento X: 1497100 Y:4336300. Viene segnalata la morte di un ragazzo colpito da un fulmine. L’evento viene localizzato nel Foglio IGM 234 quadrante IV orientamento SW.
Codice Evento 600194 . Data 13/11/1961. Non è stato possibile definire esattamente gli effetti sul territorio di Capoterra in quanto l’evento ha interessato tutto il Campidano meridionale. Globalmente si riporta comunque che la causa principale è stata un evento meteo climatico e il sovralluvionamento, mentre secondariamente si sono verificate rotture arginali. Durata d’emergenza pari ad 1 giorno a causa delle operazioni di protezione civile. Vengono segnalati danni quali la perdita terreno agrario, vigneti e seminativi. Danni di grave entità anche agli edifici civili, strade provinciali, strade statali, ferrovia. Stimati 100 senza tetto e 200 sfollati. Tutto il Campidano è rimasto pressoché allagato dall'esondazione del rio Mannu. Crolli, allagamenti e numerosi sfollati nei paesi del circondario e nelle campagne.
Codice Evento 600195 . Data 22/11/1961. Anche in questo caso si tratta di un evento generale che ha coinvolto il Campidano di Cagliari ma vengono riportate alcune informazioni di dettaglio. La Durata dell’emergenza è stata di 4 giorni a causa delle operazioni di protezione civile. Sono segnalati interruzione di servizi con intensità grave (Strade Statali, Provinciali, Ferrovia), Danni agli edifici sia nei centri abitati che nelle case sparse nei comuni di Villaputzu, Uta, Decimomannu, Capoterra, Assemini, Cagliari. Inoltre si definisce la perdita di terreno agrario, prati e pascoli. Stimati 10 feriti, 1000 senza tetto, 1500 sfollati. I danni della tremenda alluvione ammontano a dieci miliardi, centinaia di case distrutte. Dovunque gli argini sono stati travolti e le acque si sono riversate nell'immensa pianura del Campidano inondando una superficie che si aggira approssimativamente sui cinquemila ettari. Il centro più colpito è Decimomannu dove un numero altissimo di abitazioni sono crollate. Drammatiche notizie anche da Capoterra dove il torrente Bau Mannu, straripando, ha invaso i campi. Rimasto bloccato un pastore con il
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suo gregge e nessun soccorso hanno potuto prestargli i Vigili del Fuoco a causa dell'estrema violenza della corrente, il giorno successivo, è stato finalmente tratto in salvo, seppur con enormi difficoltà ed il ferimento di un volontario. L’evento viene localizzato anche nel Foglio IGM 234 quadrante IV orientamento SW.
Codice Evento 600234 . Data 25/10/1965. Anche in questo caso si tratta di un evento generale che ha coinvolto però i territori di Uta e Capoterra. La Durata dell’emergenza è stata di 1 giorno a causa dell’interruzione del traffico causata dai danni alla viabilità comunale. Vengono segnalati anche danni agli edifici sia nel centro abitato che alle case sparse ed inoltre si riferisce tra i danni la perdita di terreno agrario. Stimati 10 senza tetto e 30 sfollati. L’evento viene localizzato nel Foglio IGM 234 quadrante IV orientamento NW.
Codice Evento 600352 . Data 24/09/1973. Si tratta di un evento generale che ha colpito parte della Sardegna meridionale. La causa principale determinante è stato un evento meteoclimatico che ha causato danni ai seminativi, case sparse, edifici civili, Strade statali e provinciali, linee ferroviarie ed elettrodotti. Tra gli effetti indiretti ristagni d’acqua. Le località investite sono parte integrante del Campidano meridionale (Senorbì, Cagliari, Teulada) ma si segnalano danni anche nel territorio di Capoterra.
Codice Evento 600426 . Data 02/12/1976. Si tratta di un evento meteoclimatico generale che ha colpito parte della Sardegna. Tra i dati generali dell’evento si segnalano danni anche nel territorio di Capoterra.
Codice Evento 600435 . Data 10/11/1978. Si tratta di un evento meteoclimatico generale che ha colpito i territori dei comuni di Selargius, Cagliari Pirri, Monserrato, Elmas, Capoterra, Cagliari.Tra i dati generali dell’evento si segnalano danni anche nel territorio di Capoterra.
Codice Evento 600516 . Data 28/09/1983. Si tratta di un evento meteoclimatico generale che ha colpito i territori dei comuni di Villacidro, Capoterra, Assemini, Cagliari, Torpè. Tra i dati generali dell’evento si segnalano danni anche nel territorio di Capoterra.
Codice Evento 600547 . Data 26/10/1985. Coordinate dell’evento. X: 1497300 – Y: 4336400. Tra le località colpite si cita Capoterra. Intensità dei danni è lieve su edifici civili e infrastrutture a rete.
Codice Evento 600548 . Data 27/10/1985. Coordinate dell’evento. X: 1497300 – Y: 4336400. Si tratta di un evento meteo climatico generale che ha colpito parte della Sardegna meridionale e tra le località si cita anche Capoterra. Tra le cause secondarie si indicano i fenomeni franosi e di sovralluvionamento. La durata d’emergenza è stata pari a 3 giorni a causa delle operazioni della protezione civile. Si segnalano danni ai beni con intensità grave, interruzione di servizi, perdita di terreno agrario, vigneti, frutteti prati e pascoli. Stimati 50 sfollati. 450 perdite di patrimonio zootecnico. Effetti indiretti: altri danni, ristagni d’acqua ed erosione. L’evento viene localizzato nel Foglio IGM 234 quadrante IV orientamento SO.
Codice Evento 600549 . Data 29/10/1985. Coordinate dell’evento. X: 1497300 – Y: 4336400. Si tratta di un evento meteo climatico generale che ha colpito parte della Sardegna meridionale e dell’Ogliastra e tra le località si cita anche Capoterra. Tra le cause secondarie si segnalano colate di detriti e sovralluvionamento, Tra i fiumi principali interessati si segnalano il Rio Picocca e il Rio S. Lucia. Tra i danni gravi la perdita di terreno agrario, vigneti, frutteti, Effetti indiretti: altri danni ristagni d’acqua. Il nubifragio abbattutosi nelle campagne di Capoterra ha colpito fortemente il settore agricolo, l'allevamento del bestiame e le vie di comunicazione. I danni più ingenti sono quelli riguardanti il patrimonio zootecnico, sono infatti annegati migliaia di animali tra capi ovini
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e vaccini, lasciando in serie difficoltà gli allevatori. Il centro abitato, nella cui piana si raccolsero le acque provenienti dal Rio Santa Lucia e da piccoli affluenti, si trovò nelle prime ore della mattinata isolato su tre lati ed al centro, da un vasto lago, dal quale spuntavano solo gli alberi, i pali dell'energia elettrica, in parte abbattuti da fortissime raffiche di vento, e numerose case isolate. La rete stradale e quella fognaria inesistente. L’evento viene localizzato nel Foglio IGM 234 quadrante IV orientamento SO.
Codice Evento 600561 . Data 13/10/1986. Come nel caso delle alluvioni dell'Ottobre 1985, le zone colpite furono il Sarrabus, la zona di Capoterra Uta, quella del Cixerri ed in maniera meno grave l'Ogliastra. Anche questo evento interessò le zone colpite dall'alluvione dell'anno precedente, con la differenza che fu molto più violento, con precipitazioni assai elevate, accompagnate da isolate trombe d'aria. Le fonti non riportano una stima esatta dei danni subiti dalle popolazioni isolane e dalle strutture pubbliche. Si può affermare che in ordine di gravità, questo evento possa considerarsi tra i più gravi dal dopoguerra (dopo le alluvioni del 1951 e del 1971). Tra le località colpite si cita Capoterra ma la maggior parte degli eventi, almeno quelli più gravi, riguardano l’Ogliastra. La causa principale è l’evento meteo climatico mentre tra le cause secondarie si segnalano le frane e il sovralluvionamento. Durata d’emergenza 6 giorni a causa delle operazioni di protezione civile. Tra i corsi d’acqua principali interessati si segnalano il Rio Cixerri e il Rio Santa Lucia. Danni ingenti con perdita di terreno agrario, vigneti, frutteti prati e pascoli, danni agli edifici pubblici, industriali, case rurali, infrastrutture a rete. Si segnala 1 disperso, 5 vittime, stimati 250 senza tetto e 500 sfollati; 2000 unità le perdite di patrimonio zootecnico. Tra gli effetti indiretti si segnalano ristagni d’acqua e ulteriori danni e franamenti. Le Località colpite sono comunque numerose: Tortolì, Siniscola, Tertenia, Lanusei, Capoterra, Castiadas, Villasor, Muravera, Muravera San Priamo, Villaputzu, San Vito, Jerzu, Ilbono, Uta, comune di Siliqua, comune di Iglesias, comune di Burcei, comune di Vallermosa, comune di Domusnovas. Per la zona in oggetto si segnalano danni ingenti ed inconvenienti per le popolazioni, nelle zone di Capoterra e Uta. A nord del primo comune nella zona prossima alla chiesetta campestre di Santa Lucia, si verificò un incidente mortale dovuto certamente alla fatalità. Una donna fu vittima di un tentativo di attraversamento disperato del rio omonimo. Il corpo della sfortunata venne trovato due giorni dopo, impigliato su dei cespugli a vari chilometri dal luogo della sciagura. La piena del Rio Santa Lucia fu la responsabile dell'inondazione della piana di Capoterra Poggio dei Pini Saline Contivecchi Maddalena spiaggia. Determinante anche l'apporto di una certa quantità d'acqua del Rio Cixerri, il quale però riuscì a trovare immediatamente sbocco a mare, attraverso lo stagno di Santa Gilla. Tutte le opere di difesa idraulica lungo il Rio Santa Lucia, vennero cancellate dal moto impetuoso dell'acqua.
Codice Evento 600579 . Data 19/01/1988. L’evento ha colpito gran parte dei comuni della Sardegna meridionale e dell’Ogliastra. La causa principale è al solito l’evento meteo climatico; tra le cause secondarie si cita il sovralluvionamento. I danni di intensità grave hanno coinvolto reti infrastrutturali e tra i comuni colpiti si indica anche Capoterra sebbene non sia dato di capire quale sia l’entità del danno.
Codice Evento 600599 . Data 12/05/1990. Coordinate dell’evento X: 1497300 Y:4336400. La causa principale determinante è stato un evento meteoclimatico che ha causato danni ad edifici civili e infrastrutture di comunicazione (viabilità comunale). Tra gli effetti indiretti ristagni d’acqua. L’evento viene segnalato nel Foglio IGM 234 quadrante IV orientamento SW.
Codice Evento 600606 . Data 09/10/1990. Si tratta di un evento generale che ha colpito parte della Sardegna meridionale nei comuni di Uta, Sarroch, Carbonia, Capoterra, Cagliari, Giba. La durata d’emergenza è stata pari a 1 giorni a causa delle operazioni di protezione civile, interruzione di servizi. Stimati 20 senza tetto e 60 sfollati. Effetti indiretti: altri danni ristagni d’acqua. Per Capoterra, tra i dati generali si riporta la notizia che i danni all'agricoltura furono notevoli, in particolare vennero compromessi i raccolti di
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colture pregiate, ma il danno maggiore fu la distruzione quasi completa di decine di serre. L’evento è segnalato nel Foglio 234 quadrante IV.
Codice Evento 4600004 . Data 22/11/1961. Si tratta di un evento generale dove tra i tanti centri si segnala anche il territorio di Capoterra. Questi i dati indicati: Corsi d’acqua: Bau Mannu, Riu Mannu, Flumineddu, Mogoro, Fluminimannu, Tirso, F. Flumini e Spinosa. Ad Oristano 48 ore di pioggia ininterrotta dove l'acqua ha raggiunto anche i 30 centimetri di tirante. Tra le località secondarie colpite si segnala Capoterra su f’une e coccu, 5 case crollate e 20 edifici lesionati.
Gli eventi segnalati nel Progetto AVI e qui riportati per ciò che concerne le inondazioni, non sono accompagnati da cartografie di delimitazione degli eventi. A prescindere da qualsiasi altra considerazione in merito, si osserva che dai dati storici emerge comunque una forte predisposizione al dissesto idrogeologico limitatamente alle inondazioni per l’intero territorio comunale di Capoterra. Il dato, a parere dei sottoscritti, deve comunque essere relazionato anche con gli aspetti propri di dissesto da franamento in quanto al superamento di determinate soglie, specie sui depositi sedimentari recenti ed attuali, si verifica il superamento della resistenza al taglio dei materiali con conseguente mobilizzazione degli stessi e presa in carico da parte dei corsi d’acqua. Il trasposto solido evidenziato e documentato specie nell’evento dell’ottobre 2008, deve infatti essere relazionato con la forte pericolosità da franamento specie in seno ai depositi detritici e colluviali dell’area montana.
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STUDIO DI COMPATIBILITA’ GEOLOGICA GEOTECNICA E DI SUPPORTO ALLA COMPATIBILITA’ IDRAULICA
PARTE GEOLOGICA
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INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO a) evoluzione geomorfologica generale e forme del rilievo L’evoluzione geomorfologica del territorio di Capoterra è il risultato della combinazione dei processi di natura endogena ed esogena e come tale è quindi influenzata dalla struttura geologica, intesa, sia come caratteristiche mineralogico petrografiche delle rocce, sia come giacitura e diversa competenza, in relazione alla resistenza che le stesse rocce presenti oppongono agli agenti del modellamento esogeno. Da un punto di vista strettamente geografico, nel territorio possono essere distinti due diversi complessi geomorfici; uno di tipo pianeggiante e con una certa omogeneità litologica per via della presenza del complesso alluvionale recente ed antico mentre l’altro con caratteristiche geomorfologiche collinari e montuose, con forti dislivelli e ripide pareti rocciose e in presenza di condizioni geologiche e processi geomorfici differenti dalle restanti parti della piana antistante. Il limite geomorfologico tra queste due macro unità è netto e di origine tettonica, essendo rappresentato dalla faglia occidentale a grande rigetto del graben campidanese. Data la variabilità dei processi geomorfologici agenti, distingueremo di seguito le caratteristiche dell’unità geomorfologica montana e collinare da quella subpianeggiante e pianeggiante che confina con il settore costiero. Il primo sistema geomorfico (in cui ricadono i settori montani dei principali bacini idrografici) è quello rappresentato dalle aree di affioramento dei litotipi scistosi e granitici paleozoici. All’interno delle sequenze paleozoiche si può talora differenziare, almeno in via generale, l’aspetto a tratti maggiormente ondulato di alcuni settori nei quali l’omogeneità litologica permette un modellamento progressivo non differenziato da quello in cui sia per effetto della variabilità litologica all’interno delle formazioni metamorfiche o al passaggio tra queste e quelle granitiche, o per la presenza di manifestazioni filoniane o spesso in presenza di estese discontinuità di tipo tettonico o fratturazioni diffuse, sono presenti testate emergenti fratturate, forme aspre e acclivi con forti dislivelli e pendenze.
Foto n°1 : Forme aspre e fratturate sulle metamorfiti (S’Arcu de Is Sennoras) e sui graniti
Tali settori maggiormente aspri sono abbastanza visibili nel settore posto in sinistra idrografica del Rio San Girolamo, nei tratti apicali di tale bacino (foto n° 1), nel settore compreso tra Arcu S. Antoni e sino al limite del bacino idrografico del Rio Baccu Tinghinu , oppure nella vallata del Canale Baccu Liconosu , o ancora nel settore montano posto in destra idrografica del Rio Lacunedda . Per effetto dei forti dislivelli e dell’erodibilità delle rocce i settori di versante sottostanti tali litologie sono in genere ricoperti da spesse coltri di detrito, attive. Gli spessori delle coltri sono talora metrici specie nelle zone dove sono presenti canaloni in detrito (specie negli affluenti del 1° e 2° ordine posti sulla sinistra idrografica del Rio San Girolamo – foto n° 3). La loro granulometria e grossolana e assumono l’aspetto di una breccia con blocchi litoidi a tratti metrici immersi in una matrice sabbioso ghiaiosa.
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Foto n°2: canalone detritico (vers. Est P.ta Aingiu Mannu) e falda detritica (Baccu Liconosu)
In tutti i settori montani si ha una forte organizzazione della rete fluviale e un approfondimento vallivo talora lungo linee principali di frattura, con tratti ad elevatissima acclività e valli strette e tortuose con incisioni prevalentemente a “V”. Tutte le valli montane, localizzate in seno alle medesime formazioni litologiche, sono in genere simmetriche. In netta contrapposizione con l’Unità geomorfologica costituita dalle rocce scistose e da quella massive sia granitiche che metamorfiche, per effetto di una rottura di pendio più o meno accentuata, si sviluppa l’unità geomorfologica (secondo sistema geomorfico ) dei depositi quaternari costituita dalle forme più dolci e scarsamente acclivi. Nella piana trovano sviluppo sedimenti e materiali talora sciolti per accumulo detritico di falda (specie nella zona pedemontana di transizione alle litologie granitiche), materiali granulari più o meno addensati dei terrazzi fluviali antichi a tessitura prevalentemente sabbiosa e ghiaiosa, materiali a tessitura eterogenea dei depositi di conoide di deiezione torrentizia (glacis auct.) che degradano verso la piana dove si raccordano alle alluvioni antiche terrazzate. Lo sviluppo morfologico della piana è comunque stato fortemente condizionato dalle attività antropiche che hanno talora interrotto la continuità dei terrazzi alluvionali. Questi ultimi hanno la classica morfologia piatta, debolmente inclinata verso i corsi d'acqua principali (Rio S. Lucia, Rio S. Girolamo) e la costa. Gli orli dei medesimi hanno altezze in genere comprese tra 0 e 5 metri ma nei casi più evidenti posti a ridosso degli alvei principali attivi, l’orlo raggiunge altezze anche di 10 metri. Sia le alluvioni terrazzate antiche sia quelle recenti sono incise dagli alvei attuali e coperti dai sedimenti successivi. Il forte dislivello tra i punti più elevati del bacino e i tributari principali e quindi l’elevata energia del rilievo, determinano attualmente un forte modellamento fluviale della piana in cui scorrono il Rio Masoni Ollastu, il Rio Santa Lucia e il Rio San Girolamo. Mentre infatti le zone a monte sono principalmente modellate per effetto del ruscellamento diffuso ed incanalato e quindi sono sede di importanti fenomeni erosivi e di forme di tipo gravitativo e di ruscellamento, il tratto a valle risente più spiccatamente di un modellamento di tipo fluviale data la presenza di un alveo principale sufficientemente largo nel quale si manifestano forme tipiche ed erosioni dovute alla presenza dell’acqua. I corsi d’acqua indicati scorrono su tratti subpianeggianti con pendenze dell’ordine dell’1%, generando un alveo largo ma scarsamente inciso che si snoda, nel caso del Rio San Girolamo e del Rio Masoni Ollastu, con andamento scarsamente meandriforme sino alla sezione di chiusura. Alcuni meandri sono abbastanza larghi ma non sempre regolari, le rive concave hanno scarpate di erosione leggermente incise, e nella riva convessa si notano apporti solidi maggiori per eccessiva sedimentazione; le sponde sono a tratti molto basse ma sono state anche rimodellate o rivestite a seguito degli interventi di messa in sicurezza. Per ciò che concerne il tratto costiero litoraneo si osserva invece che lo stesso è compreso nel settore occidentale del golfo di Cagliari, tra il Ponte Maramura e Cala d'Orri. Sono presenti sabbie fini e depositi di spiaggia talora ciottolosi; la tendenza evolutiva
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generale è in erosione fatta eccezione per un settore posto a ridosso della bocca lagunare dove si manifesta una tendenza della linea di riva all’avanzamento. Per ciò che concerne la dinamica geomorfologica si evidenzia che per effetto della morfologia del territorio, a seguito anche dell’analisi dell’acclività, particolarmente elevata in tutto il settore centro occidentale a partire dalla zona pedemontana, considerato che quasi il 50% del territorio di Capoterra ha una acclività maggiore del 20% e che circa il 30% del medesimo ha un’acclività di oltre il 40%, si comprende che per effetti morfostrutturali l’energia del rilievo sia particolarmente forte e tale da favorire condizioni di instabilità sia nei versanti con ripercussioni nella piana antistante. E’ quindi evidente che le condizioni di pericolosità da franamento siano notevoli, specie laddove sono presenti pareti verticali e forme aspre, ai piedi delle quali si depositano estese conoidi di detrito, come è altrettanto prevedibile una forte pericolosità idraulica nella piana. Nella presente saranno comunque meglio esplicitate le diverse situazioni di criticità presenti sul territorio e negli appositi paragrafi le tipologie di dissesto sia per fenomeni gravitativi e sia per fenomeni di inondazione. Le azioni e i processi agenti sul territorio sono state distinti in funzione dell’azione che li ha generati distinguendo anche le diverse forse in funzione della struttura, forme fluviali e di versante dovute al dilavamento, forme marine ed antropiche.
• le forme influenzate dalla litologia e dalle strutture Nel territorio in esame sono largamente diffuse le forme del paesaggio che mostrano di derivare o comunque di essere state condizionate nella loro evoluzione dai motivi strutturali e litologici che interessano le diverse formazioni rocciose. La concentrazione di tali forme è certamente elevata in seno alle litologie metamorfiche e a quelle granitiche dove possono essere meglio identificate, le discontinuità tettoniche, gli orli di scarpata di faglia, le faccette di scarpata tettonica, orli di scarpata ripida influenzata dalla struttura, creste e picchi rocciosi. Le faglie sono distribuite con andamento prevalente NNW SSE ma sono abbastanza distribuite lineazioni con andamento quasi ortogonale SW NE. Tipiche forme di erosione sui graniti (alterazione sferoidale, torrioni, tafoni etc.) sono direttamente dipendenti dalla struttura. Foto n° 3 : erosioni sui graniti (tafoni)
• le forme e processi di versante dovuti alla gravità e al dilavamento Le forme di accumulo più diffuse relative ai processi guidati dalla gravità sono i detriti di falda (foto n° 2) presenti specie nell’area montana al piede delle ripide pareti delle metamorfiti paleozoiche. Assumono spessori e caratteristiche diverse nelle aree invece granitiche dove la granulometria tende a volte ad essere più fine. Alle falde dei versanti occupati dalle metamorfiti, come appare diffusamente su tutto il settore in sinistra idrografica del Rio San Girolamo, i detriti, specie lungo i canaloni, sono distribuiti con continuità come coperture talvolta spesse anche diversi metri, messi in posto durante Foto n° 4 : frana di crollo nei graniti diverse fasi morfoclimatiche dal Pleistocene
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superiore all'attuale; si tratta di accumuli caotici di brecce e blocchi rocciosi anche di dimensioni metriche, talvolta pseudostratificati per quelli più antichi. Le falde detritiche presentano elevata attività determinata sia dalla saltuaria alimentazione di detriti provenienti dal disfacimento della cornice rocciosa soprastante, sia dalla elevata acclività del substrato roccioso si cui poggiano, il quale localmente ha un angolo di scarpa superiore all'angolo di attrito interno delle coperture detritiche; questo fattore insieme alla infiltrazione delle acque al contatto tra basamento e copertura, predispongono la falda all'instabilità. E’ inoltre da non sottovalutare la presenza di accumuli di frane antiche e recenti, determinate dal crollo o ribaltamento di blocchi , che indicano fenomeni gravitativi attivi . Tali fenomenologie sono invece maggiormente diffuse in seno alle masse granitiche. Sempre all'interno di questa classe sono stati cartografati, con una diversa simbologia, i depositi di conoide che si rinvengono nella fascia sia pedemontana che subpianeggiante antistante. Si tratta di superfici aventi pendenza tra il 2% e il 10 % connesse a processi di erosione, trasporto e accumulo di materiale detritico ad opera dei corsi d’acqua. Tale fenomenologia è osservabile attualmente al piede di affluenti di secondo ordine dei principali corsi d’acqua ma hanno avuto una notevole espansione in passato caratterizzando la dinamica geomorfologica della zona antistante la piana alluvionale. Le conoidi sono attualmente localmente incise ai margini da orli di scarpata sui quali scorrono i principali corsi d’acqua. E’ comunque evidente che tutti gli aspetti direttamente legati ai fenomeni dovuti alla gravità devono essere strettamente connessi a quelli fluviali; i complessi montani sono infatti soggetti a intensi fenomeni di dilavamento, e nei settori più acclivi possono essere messi in movimento i blocchi isolati dall’alterazione che lavora principalmente nelle discontinuità più superficiali. A secondo dell’energia erosiva delle acque potranno essere presi in carico i materiali che potranno appunto essere trasportati e depositati a valle dando origine alle diverse forme geomorfologiche caratteristiche di accumulo Il ruscellamento diffuso delle acque superficiali genera superfici con forme attive di erosione areale determinando localmente la totale asportazione dell'orizzonte superficiale del suolo fino a causare un vero e proprio troncamento degli orizzonti pedogenici. Tali processi, sono funzione di molti fattori tra cui la distribuzione e la concentrazione della intensità pluviometrica, la struttura e la tessitura del suolo; tuttavia la maggiore frequenza si riscontra sui versanti a profilo regolare e media pendenza delle aree granitiche arenizzate, soprattutto in quelle aree in cui è carente la protezione di una adeguata copertura vegetale, immediata conseguenza dei ripetuti incendi. L'evoluzione di questo processo in alcune località dove aumentano gli spessori delle arenizzazioni o sono presenti le coltri detritiche, determina la formazione di solchi di erosione ; si tratta di forme attive, generate dall'incanalamento delle acque su superfici non protette dalla vegetazione o favorite da pratiche agricole non idonee, come le arature secondo le linee di massima Foto n° 5 : solco erosivo (M. Arbu) pendenza. Generalmente il fenomeno presenta una progressione di erosione regressiva verso monte ( testate di erosione regressiva ). I processi morfogenetici caratteristici del dilavamento e della dinamica fluviale sono particolarmente diffusi nella piana e strettamente connessi con la concentrazione e l'intensità delle precipitazioni. Lo studio dei medesimi è direttamente connesso agli aspetti idrologici; per l’identificazione di alcune forme si è quindi proceduto alla definizione del reticolo idrografico e delle linee di displuvio principali. I patterns di drenaggio risultano nettamente diversi in relazione alle litologie che attraversano. Nel complesso magmatico (graniti) il drenaggio è fortemente controllato dalla tettonica; le incisioni vallive sono
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chiaramente impostate sul sistema di fratturazione caratteristico (NNW SSE e SW NE), e danno origine ad un pattern di tipo angolato. Le vallecole, spesso simmetriche hanno un profilo caratteristico a “V” e danno luogo a una morfologia aspra caratterizzata da forti dislivelli ed elevate pendenze. Nell’area subpianeggiante e sui depositi di conoide, il reticolo idrografico si semplifica notevolmente; in genere i corsi d’acqua maggiori (S. Lucia, Masoni Ollastu e San Girolamo) proseguono il loro corso verso il mare, con andamento meandriforme e alveo a tratti fortemente inciso e attivo (come mostrano chiaramente gli orli di terrazzo fluviale) mentre tutte le linee secondarie di ruscellamento si disperdono nelle coltri detritiche e nei sedimenti delle conoidi o ancora nelle opere di sistemazione eseguite per l’edificazione. L’analisi geomorfologica della piana consente di definire le aree di terrazzo definite da orli a tratti ripidi aventi altezza anche di 10 metri (ad esempio Rio S’acqua e Tomasu o Rio Masoni Ollastu) in genere caratterizzate da forme di erosione particolarmente attive e insistenti con erosioni a solchi, fenomeni gravitativi, erosioni basali etc.; altrove gli orli dei terrazzi fluviali sono oramai manifestamente inattivi ma gli stessi interferiscono e favoriscono, specie in occasione di fenomeni di deflusso particolari (come in occasione dell’ultima alluvione) l’incanalamento delle acque correnti. La piana alluvionale ad est di Capoterra, verso lo stagno di Cagliari, è attraversata, come già detto, dal Rio di S. Lucia, principale corso fluviale del comune che sbocca nello stagno al limite del territorio comunale. Qui la morfologia è decisamente pianeggiante e segnata frequentemente dai canali artificiali dovuti alla bonifica del margine ovest della fossa campidanese. In tali settori inoltre la morfologia ed i caratteri dei suoli presenti danno localmente luogo a zone con caratteristiche di drenaggio lento, con la presenza di falde stagionali superficiali, che potrebbero determinare zone di ristagno d'acqua temporaneo. Qualche zona di ristagno d'acqua stagionale, depressa, è inoltre individuabile sempre nella piana (zona Is Piscinas) sebbene la loro origine sia direttamente connessa comunque alla rete idrografica in parte scomparsa.
• Le forme e i processi di origine marina, lagunare e lacustre Gli stagni occupano solo una piccola porzione del territorio comunale di Capoterra e sono caratterizzati dalla presenza di depositi fluvio lacustri idromorfi e a tessitura fine con appunto scarso drenaggio delle acque superficiali. A ridosso di questa fascia si stende la piana caratterizzata come già detto da una fitta rete di canali di bonifica. La zona costiera appare come già detto in erosione, questo anche a causa del limitato apporto di sedimento dai corsi d’acqua maggiori intercettati con opere di sbarramento fluviale. Fatta eccezione per il tratto posto in corrispondenza della bocca lagunare, tutta la zona costiera manifesta una tendenza all’arretramento. Il verso del trasporto solido lungo riva è orientato in direzione SW NE, mentre alcuni apporti solidi fini provengono proprio dall’area del canale lagunare.
• Le forme di origine antropica Le attività antropiche hanno modificato in maniera sostanziale le caratteristiche naturali del paesaggio; sebbene nell’analisi geomorfologica si sia tenuto conto e siano state definite le principali opere di sbarramento fluviale, le ex attività di cava e miniera etc., appare certamente evidente che sia stata l’urbanizzazione talora incontrollata la principale causa di modifica dei sistemi morfologici e idrogeologici del territorio. Le modificazioni del reticolo idrografico secondario attraverso operazioni di bonifica atte a garantire l’edificazione; l’intercettazione dei compluvi al fine di favorire l’incanalamento delle acque per uso agricolo; l’edificazione in corrispondenza delle aree soggette a forti processi di dinamica erosiva, la realizzazione di opere viarie spesso non accuratamente definite in funzione delle caratteristiche geomorfologiche del territorio e altre che non stiamo qui ad elencare, hanno modificato in maniera sostanziale l’assetto geomorfologico del territorio. Tutto ciò incide in maniera sostanziale specie sul deflusso delle acque superficiali così come sarà meglio esplicitato nelle parti della relazione riguardanti la compatibilità idraulica.
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b) caratteristiche geopedologiche L’ambiente pedologico del territorio va visto in relazione alle caratteristiche delle formazioni geo litologiche presenti, ai diversi aspetti morfologici, climatici e vegetazionali. Poiché la litologia del substrato o della roccia madre ha una importanza fondamentale quale fattore nella pedogenesi dei suoli, le unità principali sono state delimitate in funzione delle formazioni geologiche prevalenti, e successivamente all'interno di esse sono state individuate delle sub unità, distinte dalla morfologia del rilievo, dall'acclività e dall'uso del suolo prevalente. Le unità cartografiche così definite comprendono associazioni di suoli , cioé suoli differenti distribuiti armoniosamente in un dato paesaggio. La classificazione dei suoli utilizzata é quella proposta da Servizio del Suolo degli Stati Uniti ("Soil Taxonomy" del U.S.D.A.). Nel settore considerato, è stato possibile evidenziare diverse unità cartografiche. Sui litotipi metamorfici scistosi (Formazione di Pala Manna e Genna Muxerru) affioranti nel territorio, il suolo è generalmente assente o con roccia affiorante, con profilo A C e subordinatamente A Bw C, poco profondo, tessitura da franco sabbiosa a franco argillosa, mediamente permeabile, subacido, parzialmente desaturato o poco spesso e caratterizzato da un eccesso di scheletro. Nell’area in cui affiora invece la Formazione di San Vito il profilo di suolo più diffuso è A Bw C, A Bt C e subordinatamente A C, da poco profondo a profondo, con tessitura da franco sabbiosa a franco argillosa, da permeabile a mediamente permeabile, subacido, parzialmente desaturato. Per ciò che concerne i pedotipi che si sviluppano sulle aree magmatiche (unità intrusive, campo filoniano etc.) si hanno ugualmente settori in cui i profili maggiormente diffusi sono A C, A Bw C, con roccia affiorante e subordinatamente suoli a profilo A Bt C, da poco a mediamente profondi, da sabbioso franchi a franco sabbioso argillosi, permeabili, da subacidi ad acidi, parzialmente desaturati. Localmente Nell’area pianeggiante i suoli assumono invece un profilo A Bt C, A Btg Cg e subordinatamente A C. Sono in genere profondi, con tessitura da franco sabbiosa a franco sabbioso argillosa in superficie, da franco sabbioso argillosi ad argillosi in profondità. La permeabilità è in genere variabile da permeabili a poco permeabili, con reazione da subacidi ad acidi, da saturi a denaturati. Ai fini della valutazione dello scorrimento superficiale conseguente ad eventi estremi, è stata effettuata una classificazione dei suoli dal punto di vista della capacità di infiltrazione. In particolare, sulla base dei tematismi di base definiti nei paragrafi dedicati, è stata mappata la distribuzione della permeabilità dei suoli raggruppandoli in funzione della loro capacità di infiltrazione. Considerato che nelle aree caratterizzate dalla presenza di litologie, lo spessore del suolo è sempre in genere assai esiguo, sono stati definiti i diversi caratteri di permeabilità sia distinguendoli sulla base della capacità di infiltrazione dei Fig. 6: Legenda permeabilità dei suoli e substrati suoli e sia sulla base della permeabilità dei substrati (porosità, fratturazione). Per i dettagli si osservi la Tav. VII
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c) Uso reale del suolo (tav. VI) L’analisi diretta eseguita in sede di elaborazione del P.U.C., integrata anche con l’osservazione delle fotografie aeree, ha consentito di elaborare una carta dell’Uso reale del suolo dalla quale sono emersi dati significativi riguardanti la distribuzione dei diversi ambienti naturali e colturali e quindi di potenziali effetti stabilizzanti per ciò che concerne le aree a rischio di frana. Di seguito si riporta la legenda della Carta di Uso del suolo utilizzata (che deriva dalla Legenda Corine Land Cover e che è stata utilizzata nell’ambito del presente studio). La struttura della legenda prevede 4 livelli di approfondimento gerarchici, partendo da un primo livello in cui il territorio viene diviso in 5 grandi classi: 1. SUPERFICI ARTIFICIALI 2. TERRITORI AGRICOLI 3. TERRITORI BOSCATI ED ALTRI AMBIENTI SEMINATURALI 4. TERRITORI UMIDI 5. CORPI IDRICI Partendo da questa classificazione, per approfondimenti successivi, sia nel contenuto informativo, che nel dettaglio geometrico e quindi cartografico, si è arrivati ad un IV livello di approfondimento. La descrizione delle voci di legenda (laddove disponibili) intende fornire un quadro di riferimento dei criteri seguiti per la discriminazione delle classi nella Carta di Uso del suolo (con leggeri accorpamenti rispetto alla legenda usata a livello regionale); riveste un’importanza notevole come riferimento per la terminologia utilizzata nei diversi contesti tecnici e scientifici. La condivisione di questa classificazione permette di armonizzare, secondo uno standard europeo, informazioni descrittive di estrema importanza non solo in questa fase di pianificazione ma anche nella pianificazione paesaggistica. Di seguito si riportano i tematismi individuati nella carta dell’uso reale del suolo (tav VI)
1) Superfici articiali Tessuto residenziale denso e compatto: Spazi strutturati dagli edifici e dalla viabilità. Gli edifici la viabilità e le superfici ricoperte artificialmente occupano più del 50% della superficie totale. La vegetazione non lineare e il suolo nudo rappresentano l'eccezione. Sono compresi i tessuti storici, quelli novecenteschi e comunque quelli strutturati ad isolati chiusi, continui. I tessuti composti da palazzine e villini con spazi aperti intervallati agli edifici.
Tessuto residenziale rado Zone urbane discontinue con ampi spazi aperti dove comunque gli edifici, la viabilità e le superfici ricoperte artificialmente coprono oltre il 50% della superficie totale.
Tessuto residenziale rado e nucleiforme Superfici occupate da costruzioni residenziali distinte ma raggruppate in nuclei che formano zone insediative di tipo diffuso a carattere estensivo. Gli edifici, la viabilità e le superfici coperte artificialmente coprono meno del 50% e più del 10% della superficie totale dell'unità cartografata. Devono risultare evidenti forme di lottizzazione nell'area individuata.
Fabbricati rurali Superfici occupate da costruzioni rurali, fabbricati agricoli e loro pertinenze – stalle, magazzini, caseifici, cantine viticole, frantoi, ecc.. che formano zone insediative disperse negli spazi seminaturali o agricoli. Gli edifici, la viabilità e le superfici coperte artificialmente coprono meno del 30% e più del 10% della superficie totale dell’unità cartografata.
Insediamenti industriali/artigianali e commerciali e spazi annessi Comprende strutture ospedaliere o scolastiche, uffici, impianti di smaltimento rifiuti e depurazione acque etc..., che da soli o in associazione occupino più di 1 ha di superficie. Devono risultare inclusi gli spazi annessi (parcheggi, viabilità, verde di arredo).
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Reti ed aree infrastrutturali stradali e ferroviarie Reti stradali e spazi accessori Aree eliportuali ed eliporti
Aree estrattive Estrazione di materiali inerti a cielo aperto, anche in alveo (cave di sabbia, nghiaia e di pietra) o di altri materiali (miniere a cielo aperto). Sono qui compresi gli edifici e le installazioni industriali associate oltre a superfici pertinenti a cave o miniere abbandonate e non recuperate.
Discariche Depositi di rottami a cielo aperto, cimiteri di autoveicoli
Cantieri Spazi in costruzione, scavi e suoli rimaneggiati
Aree verdi urbane Spazi ricoperti da vegetazione compresi nel tessuto urbano Ne fanno parte parchi urbani di varia natura (ville comunali, giardini pubblici e privati, compresi gli edifici e i manufatti interni al perimetro).
Aree ricreative e sportive Cimiteri
2) Territori agricoli Comprendono gli edifici sparsi e i relativi annessi, quando non classificabili nella classe dei territori modellati artificialmente perché di estensione inferiore all’unità cartografabile.
Seminativi in aree non irrigue: Sono da considerare perimetri non irrigui quelli dove non siano individuabili per fotointerpretazione canali o strutture di pompaggio. Vi sono inclusi i seminativi semplici, compresi gli impianti per la produzione di piante medicinali, aromatiche e culinarie.
Prati artificiali Colture foraggere ove si può riconoscere una sorta di avvicendamento con i seminativi e una certa produttività, sono sempre potenzialmente riconvertibili a seminativo, possono essere riconoscibili muretti o manufatti.
Seminativi semplici e colture orticole a pieno campo Vivai Colture in serra
Vigneti Superfici piantate a vite, comprese particelle a coltura mista di olivo e vite, con prevalenza della vite.
Frutteti e frutti minori Impianti di alberi o arbusti fruttiferi. Colture pure o miste di specie produttrici di frutta o alberi da frutto in associazione con superfici stabilmente erbate. Sono compresi i noccioleti e i mandorleti da frutto.
Oliveti Superfici piantate a olivo, comprese particelle a coltura mista di olivo e vite, con prevalenza dell’olivo.
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Prati stabili Superfici a copertura erbacea densa a composizione floristica rappresentata principalmente da graminacee non soggette a rotazione. Sono per lo più pascolate, ma il foraggio può essere raccolto meccanicamente. Sono comprese inoltre aree con siepi.
Colture temporanee associate all’olivo Colture temporanee associate ad altre colture permanenti Colture temporanee associate al mandorlo
Sistemi colturali e particellari complessi Mosaico di appezzamenti singolarmente non cartografabili con varie colture temporanee, prati stabili e colture permanenti occupanti ciascuno meno del 50% della superficie dell'elemento cartografato.
Aree prevalentemente occupate da colture agrarie con presenza di spazi naturali importanti Le colture agrarie occupano più del 25% e meno del 75% della superficie totale dell'elemento cartografato
Aree agroforestali Colture temporanee o pascoli sotto copertura arborea di specie forestali inferiore al 20%. La specie forestale arborea è diversa dalla sughera.
3) Territori boscati e ambienti seminaturali Bosco di latifoglie Formazioni vegetali, costituite principalmente da alberi, ma anche da cespugli e arbusti, nelle quali dominano le specie forestali latifoglie. La superficie a latifoglie deve costituire almeno il 75% della componente arborea forestale. Sono compresi in tale classe anche le formazioni boschive di ripa e gli uliveti abbandonati ricolonizzati da vegetazione naturale anche in una fase avanzata di evoluzione a bosco. Sono comprese anche le sugherete miste con altre latifoglie, qualora non possano essere classificate come boschi puri di sughera.
Pioppeti, saliceti, aucalitteti etc. anche in formazioni miste
Sugherete Popolamenti puri di querce da sughera con copertura >25% con evidenti cure colturali.
Boschi di conifere Formazioni vegetali costituite principalmente da alberi, ma anche da cespugli ed arbusti, nelle quali dominano le specie forestali conifere. La superficie a conifere deve costituire almeno il 75% della componente arborea forestale, altrimenti è da classificare bosco misto di conifere e latifoglie.
Macchia mediterranea Associazioni vegetali dense composte da numerose specie arbustive, ma anche arboree in prevalenza a foglia persistente, in ambiente mediterraneo.
Area a ricolonizzazione naturale Aree in ambito agricolo caratterizzate dall’avanzata reinvasione di specie arbustive.
Area a ricolonizzazione artificiale Aree in cui sono evidenti gli interventi e le opere preparatorie agli impianti come gradonamenti, buche ecc. anche se talvolta, attualmente, la vegetazione spontanea può avere preso il sopravvento sulle specie impiantate.
Spiagge di ampiezza superiore ai 25 metri
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Aree dunali coperte da vegetazione di ampiezza superiore ai 25 metri Aree con vegetazione rada > 5% e < 40%
4) Territori umidi Saline
5) Corpi idrici Fiumi, torrenti e fossi Canali e idrovie Bacini artificiali Lagune laghi e stagni costieri
INQUADRAMENTO GEOLOGICO GENERALE Ai fini della valutazione della compatibilità geologica geotecnica ed idraulica, è stato eseguito un rilevamento geologico diretto di dettaglio atto ad aggiornare le basi geologiche già conosciute quali appunto la base dati fornita dalla R.A.S. (Carta geologica ex progetto CARG) ed inoltre la Carta geologica allegata al vigente P.U.C. di Capoterra. La definizione dei diversi tematismi è basata su criteri di distinzione litologica, differenziando cioè unità dotate di caratteristiche litologiche, petrografiche e/o mineralogiche, sedimentologiche ecc. riconoscibili sul terreno e distinguibili da quelle adiacenti. Sono stai poi distinti i limiti tra Unità litologiche e terreni di copertura significativi, le faglie, le strutture principali. Questo elaborato costituisce la base informativa, assieme alla carta dell’uso reale del suolo e a quella dell’acclività, per la definizione della carta dell’instabilità potenziale dei versanti. Dall’esame e rilievo si osserva che l’ossatura geologica del territorio è rappresentata dalle litologie metamorfiche paleozoiche di anchizona epizona appartenenti alle falde esterne e alla zona esterna (Iglesiente –Sulcis) e da quelle magmatiche granitiche connesse all’orogenesi ercinica. Tali litologie occupano tutto il settore pedemontano e collinare posto a Ovest del territorio. Il settore Est del medesimo e che si sviluppa sino alla piana costiera, è invece occupato dai depositi a diversa consistenza, derivati dall’erosione dei rilievi e che si sono depositati nella piana antistante. Nello specifico, la successione litologica riscontrata nel territorio e uniformata con la nomenclatura ufficiale, può essere così riassunta dall’alto verso il basso riportando quando esplicitamente indicato negli elaborati grafici (Tav. IV)
Depositi quaternari Depositi lacustri, palustri. Età: Olocene Depositi di spiaggia. Sabbie e ghiaie, talvolta con molluschi, etc. Età: Olocene Depositi alluvionali attuali dei principali corsi d’acqua costituiti da ghiaie poligeniche con ciottoli e blocchi. La sedimentazione, specie verso il mare, è localmente fine di tipo sabbioso e limoso argilloso. Età Olocene Depositi alluvionali recenti ed attuali, a granulometria grossolana, costituiti da ghiaie con intercalazioni di sabbie, legati prevalentemente alle fasce golenali ma non terrazzati. Età Olocene Depositi di versante. Detriti con clasti angolosi, talora parzialmente cementati, età Olocene. Sono particolarmente diffusi sui versanti degli elementi fisiografici principali e presentano spessori anche di anche diversi metri. Depositi alluvionali terrazzati costituiti prevalentemente da ghiaie poligeniche con limitate lenti e livelli di sabbie, limi e ghiaie a stratificazione incrociata, associati prevalentemente a meccanismi di deposito di cono torrentizio Età Olocene. Sintema di Portovesme: subsintema di Portoscuso costituito da ghiaie alluvionali terrazzate, poligeniche, subordinatamente da sabbie e ghiaie a stratificazione incrociata e planare, detriti di versante e brecce a clasti mediamente grossolani a spigoli angolosi. Età Pleistocene sup.).
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Complesso Intrusivo e filoniano tardo palezoico. Unità intrusiva di Villacidro Filoni idrotermali a prevalente quarzo, spesso mineralizzati a barite e fluorite, con solfuri metallici (Pb, Zn, Cu, Fe, etc). Età: Carbonifero Permiano Porfidi granitici, di colore prevalentemente rosa e rosso, a fenocristalli di Qtz e Kfs, a giacitura prevalentemente filoniana, talvolta in ammassi. Età Carbonifero – Permiano Filoni intermedio basici a composizione andesitica o basaltica, a volte porfirici, con fenocristalli di anfibolo in pasta di fondo da afirica a microcristallina; generalmente molto alterati. Età Carbonifero –Permiano Facies Punta de Peis de Pruna (UNITÀ INTRUSIVA DI VILLACIDRO). Leucomonzograniti a biotite a grana media o medio fine, rosati, da equigranulari a moderatamente inequigranulari, tessitura isotropa. Litofacies di bordo da porfiriche a microgranulari con frequenti lenti aplo pegmatitiche metriche. In località Monte Pauliaria è assai notevole l’abbondanza di vene quarzose ed ossidi di ferro. Età Carbonifero Permiano
Unità intrusiva di Santa Barbara Facies S'Arcu Varzia (UNITÀ INTRUSIVA DI SANTA BARBARA). Il litotipi è particolarmente diffuso nell’area del M. Santa Barbara, vicino all’abitato di Poggio dei Pini, dove vasti affioramenti di microgranodioriti si rinvengono intrusi dalle manifestazioni di leucomonzogranito a biotite. Dal punto di vista tessiturale la microgranodiorite si presenta macroscopicamente isotropa a struttura porfirica con abbondanti fenocristalli di pl, qz, Kfeld, Età: Carbonifero – Permiano Facies S'Arriu de Sa Figu (UNITÀ INTRUSIVA DI SANTA BARBARA). Masse tonalitico granodioritiche microgranulari, da metriche a ettometriche (P.ta Moru Nieddu, M. S. Barbara), talora associate a xenoliti del basamento metamorfico. Età Carbonifero Permiano.
Basamento metamorfico Paleozoico. Unità Tettonica dell’Arburese: Arenarie di San Vito ARENARIE DI SAN VITO. Alternanze irregolari, da decimetriche a metriche, di metarenarie medio fini, metasiltiti da brune a grigie, caratterizzate da laminazioni piano parallele, ondulate ed incrociate e/o convolute, di spessore dal millimetri al centimetro (P.ta Su Aingiu Mannu), e metasiltiti micacee di colore grigio. Localmente sono presenti intercalazioni di metamicroconglomerati poligenici minuti, a prevalenti clasti subarrotondati di quarzo e di subordinate quarziti cui si associano metarenarie microconglomeratiche con clasti subarrotondati di quarzo e con frequenti granuli detritici di plagioclasio e muscovite nella matrice, Età: Cambiano – Ordoviciano
Zona esterna dell’Iglesiente –Sulcis. Successione “post discordanza sarda” Formazione di Pala Manna La formazione di Pala Manna è di tipo vulcano sedimentaria sinorogenica (flysch ercinico tipo Culm). Si tratta di materiali deposti nell’avanfossa della catena ercinica e ripresi poi successivamente nei movimenti traslativi. Si distinguono: FORMAZIONE DI PALA MANNA. Alternanza di metarenarie e metasiltiti con laminazioni incrociate e piano parallele; localmente metaconglomerati ad elementi di liditi e rare metavulcaniti basiche cloritizzate e metavulcanoclastiti., Età Carbonifero Litofacies nella Formazione di pala Manna: Metaquarzoareniti listate in bancate, Età Carbonifero
Formazione di Genna Muxerru (Scisti a Graptoliti auct.) FORMAZIONE DI GENNA MUXERRU. Metapeliti e metasiltiti nere carboniose, talora sottilmente stratificate, grafitose, in genere con pirite e localmente fossilifere. Nella parte alta sono presenti intercalazioni di lenti e/o livelli di originari calcari e marne
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con livelli pelitici , trasformati in skarn mentre nella parte inferiore della formazione gli scisti carboniosi contengono intercalazioni di liditi. Età: Siluriano.
Per ciò che concerne l’area marina sono state identificate le seguenti categorie: sabbie fini, Età Olocene Prateria a Posidonia oceanica su matte morta, Età Olocene
Nella Carta geolitologica sono stati associati tutti gli elementi simbologici connessi alla stratigrafica e struttura. In particolare: Stratificazione a polarità sconosciuta Stratificazione rovesciata; Superficie di scistosità della II fase ercinica. Contatto stratigrafico Faglia certa, presunta Faglia trascorrente certa, presunta Sovrascorrimento principale certo, presunto
INQUADRAMENTO IDROGEOLOGICO a) idrologia superficiale L’area in questione, secondo la classificazione dei bacini sardi riportata nel Piano di Assetto Idrogeologico, è inclusa nel Sub – Bacino n° 7 Flumendosa – Campidano – Cixerri. Le acque del settore non si immettono però in alcuno dei bacini idrografici delle aste principali ma all’interno dell’area sono presenti diversi bacini montani che saranno meglio caratterizzati nel proseguo della presente relazione, che drenano le acque direttamente verso il tratto costiero antistante. All’interno del territorio di Capoterra possono essere quindi distinti i seguenti bacini idrografici secondari: Bacino idrografico dello Stagno di Cagliari che occupa la porzione Nord orientale del territorio e sul quale non si rileva un’idrografia incanalata ben definita; Bacino idrografico del Rio Santa Lucia che drena le acque della vallata del Gutturu Mannu e sul quale si riversano le acque del settore urbano e collinare antistante l’abitato di Capoterra. Il bacino è impostato globalmente su litologie prevalentemente metamorfico scistose e nel tratto ricadente nel territorio di Capoterra è impostato sui depositi alluvionali antichi e recenti fatta eccezione per l’area granitica di Monte Arbu e delle aree scistose retrostanti (Punta S’acquaferru, Punta Sa Stiddiosa). All’interno del territorio l’asta principale è orientata in direzione NNW SSE per una lunghezza di circa 4,3 Km prima di riversare le sue acque direttamente nello stagno. Gli affluenti principali nell’area del territorio comunale provengono tutti dalla destra idrografica e possono essere così distinti. Il Rio S’acqua e Tomasu , che nasce nel versante occidentale di Monte Arbu e che con andamento E W si snoda a nord dell’abitato di Capoterra su una vallata che nel tratto antistante l’abitato si presenta a fondo prevalentemente piatto, profonda ed incisa e sui cui fianchi sono evidenti intensi processi erosivi attivi. Nel territorio di Capoterra drena un bacino idrografico avente superficie di circa 1,8 Kmq di cui il 25% circa è occupato da metamorfiti granitiche e scistose impermeabili mentre la restante parte è impostata sull’unità idrogeologica detritico quaternaria e su quella delle alluvioni plio quaternarie. Il
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settore costituito dalle unità litologiche è anche quello caratterizzato da pendenze maggiormente elevate maggiori del 20% e nella parte apicale maggiori dell’80%. I tratti montani del bacino e alcuni settori del tratto medio basso sono comunque caratterizzati da processi erosivi di rilievo in aree franose che danno origine al trasporto solido a tratti grossolano del corso d’acqua. Alcuni compluvi del settore orientale del versante del Monte Arbu e sino alla località Santa Rosa, si sono riattivati unicamente in occasione dell’evento del 2008. L’analisi della cartografia storica, svolta ai fini della valutazione dell’evoluzione della rete idrografica, evidenzia la presenza all’interno del bacino di numerose incisioni vallive con testate di erosione regressiva che si approfondivano in corrispondenza del passaggio tra le coperture detritiche colluviali e l’area granitica del rilievo (M. Arbu). Tali compluvi che confluivano all’interno del centro urbano (Rio Liori), sono attualmente intercettati dal canale di guardia e immessi direttamente nel Rio S’acqua e Tomasu. Il Rio Liori che così come già detto raccoglieva le acque del settore orientale del Monte Arbu e con orientamento E W, convoglia i deflussi direttamente nel Rio Santa Lucia dopo aver accolto anche le acque del Rio Congia (canale interno all’edificato). Il corso d’acqua è attualmente parzialmente tombato e attraversa il centro abitato di Capoterra. Parte dei deflussi che lo alimentavano, dal tratto montano, sono attualmente incanalati a seguito della realizzazione delle opere di bonifica idraulica, verso il Rio S’acqua e Tomaso. Di seguito sono riportate alcune ricostruzioni dell’andamento della rete idrografica citata (Rio S’Acqua e Tomaso, Rio Liori e tratto iniziale del Rio Santa Lucia) in relazione all’espansione dell’abitato a partire dalla fine del 1800. In via del tutto generale si osserva che rispetto alla situazione attuale, le differenze sostanziali sono da porre in relazione con le opere di bonifica eseguite a seguito dell’alluvione del 1999 con le quali sono stati intercettati alcuni compluvi per immetterli in bacini idrografici differenti. L’espansione residenziale ha inoltre modificato in modo particolare, l’assetto idrografico superficiale nell’area della frazione di Santa Rosa e all’interno del centro urbano che negli anni si è inoltre spinto ad inglobare le fasce spondali del Rio S’Acqua e Tomaso. Inoltre il riordino fluviale del Rio Santa Lucia ha regolarizzato i deflussi in tutto il settore orientale del territorio.
Fig. 7: Rete idrografica (rosso) e margine dell’edificato (tratteggio giallo) alla fine del 1800
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Fig. 8: Rete idrografica (blu) e margine dell’edificato (tratteggio giallo) intorno al 1970
Fig. 9: Rete idrografica (giallo) nella situazione attuale
Il Rio Baccu Tinghinu scorre nel margine meridionale dell’abitato; raccoglie le acque del settore posto tra Punta Sa Stiddiosa e Monti Arrubiu; con un alveo ben definito attraversa la compagine paleozoica impermeabile sino all’ingresso della zona di bonifica antistante l’area del cimitero. Da qui è comunque incanalato con opere di bonifica sino al Rio Santa Lucia. Il suo bacino ha una superficie di circa 3,5 Kmq di cui circa 1 Kmq è occupato da litologie metamorfiche e granitiche paleozoiche caratterizzate da un’acclività medio elevata, a tratti fittamente boscate. Vaste aree montane sono caratterizzate dalla presenza di estese aree detritiche che alimentano il trasporto solido del corso d’acqua. La ricostruzione dell’andamento del suo corso, a partire dall’area in cui sorge il cimitero comunale, risulta difficoltosa a causa della mancata indicazione nella cartografia, del deflusso principale del corso d’acqua.
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Fig. 10: Confronto nel tempo della rete idrografica del Rio B. Tinghinu
Nella figura 10 si osserva chiaramente che sia nella cartografia di fine 1800 (I.G.M. in scala 1:25.000) e sia nella Carta Tecnica Regionale di fine anni 70, l’asta fluviale veniva segnata sino al tratto antistante dell’abitato. L’analisi della figura 11 svolta sull’ortofoto del 1954 sembra invece mostrare un percorso del Rio Baccu Tinghinu a Nord dell’area cimiteriale (segnata in rosso).
Fig. 11: Rio Baccu Tinghinu nei pressi dell’area cimiteriale (ricostruzione ipotetica da ortofoto del 1954)
In effetti analizzando le caratteristiche geomorfologiche dei luoghi, osservando che il tratto collinare granitico antistante il cimitero orienterebbe i deflussi in fase di piena verso NE, si ritiene probabile che il corso d’acqua seguisse un percorso immediatamente a Nord del cimitero. ______32 Dott. Ing. Giovanni Perfetto Dott. Geol. Antonello Frau
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In definitiva si ritiene comunque che il deflusso si disperdesse poi nella conoide alluvionale antistante formata proprio dal trasporto operato nel tempo dal corso d’acqua
Fig. 12: Ricostruzione del deflusso del Rio Baccu Tinghinu nei pressi dell’area cimiteriale
Le acque del Rio Baccu Tinghinu , disperdendosi nella conoide antistante, andavano in parte ad alimentare le falde freatiche della piana e in parte riemergevano in funzione della geomorfologia e della stratigrafia prima del Rio Santa Lucia e si immettevano o direttamente nel medesimo oppure nel Rio S’acqua is Margianis immediatamente adiacente che scorreva più a sud ed ora attualmente quasi totalmente bonificato. Il Rio S’Acqua is Margianis attualmente bonificato e che riceve le acque del Rio Baccu Tighinu dai canali artificiali eseguiti a monte dell’area cimiteriale, segue attualmente un percorso artificiale orientato prevalentemente in direzione E W e che ricalca comunque l’andamento storico del medesimo desunto dalla cartografia storica. Il bacino idrografico è estremamente limitato e impostato totalmente nell’area costituita dai depositi alluvionali. Poco più a sud si sviluppa, con andamento prevalentemente meandriforme e con alveo definito all’interno del complesso alluvionale, il Rio de Is Coddus che si immette sul Rio Santa Lucia a valle della zona di Is Pixinas. La superficie del Bacino imbrifero che confina con quello del Rio San Girolamo è di circa 6,15 Kmq. Parte dello stesso, per una superficie di circa 1 Kmq, è impostato sulle litologie granitiche. In questi settori l’acclività è in genere medio elevata mentre nella parte restante del bacino è in genere al di sotto del 10 %. L’asta principale è orientata in prevalenza in direzione E W e comunque ha un alveo a tratti ben delineato e inciso. Il bacino si trova comunque in condizioni medio basse di erodibilità di materiali grossolani e il trasporto solido è limitato a materiali a granulometria medio fine. Si noti anche come l’area depressa di Is Piscinas rappresenta la zona di recapito delle acque di tali settori.