CAPITOLO PRIMO
Dalle crociate alla fine dell'Ordine dei Templari
1. Le origini dell'ordine Nella seconda metà dell'XI secolo l'Europa era devastata da un'ondata di violenza, portata avanti da gruppi di aristocratici, pressoché giovani, che distruggevano le coltivazioni, depredavano villaggi, uccidevano uomini inermi. Da un lato vi erano le famiglie aristocratiche in declino, il cui l'obiettivo era quello di recuperare con la forza ricchezze e rispettabilità per poter risalire la scala sociale. Dall'altro lato c'erano i figli cadetti appartenenti ad aristocrazie non floridissime, per i quali il saccheggio era l'unico strumento di arricchimento, soprattutto in zone come la Francia, dove la legge salica favoriva esclusivamente i primogeniti nella consegna dell'eredità. Invano i vescovi avevano cercato di arginare queste violenze, organizzando periodicamente grandi assemblee e impegnando i cavalieri in solenni giuramenti di pace, affinché venissero risparmiati i poveri e le fondazioni religiose. Queste <
1 Inoltre, le continue richieste di aiuto all'occidente da parte dell'imperatore bizantino per arginare l'avanzata dei turchi in oriente suggerivano alla Chiesa una valida opportunità per mettere alla prova i nuovi milites Christi, dando la possibilità a tutti i cavalieri, desiderosi di emergere tramite l'utilizzo delle armi, di aiutare concretamente la Chiesa e i suoi fedeli. Così si espresse S. Bernardo nei riguardi di una cavalleria troppo degradata:
<<È una vera soddisfazione sapere che nella vasta moltitudine che si accalca verso la Terra Santa sono ben pochi coloro che non siano stati degli incredibili malfattori, saccheggiatori sacrileghi, omicidi, spergiuri, adulteri, la cui partenza dall'Europa costituisce senz'altro un doppio vantaggio: gli europei sono ben contenti di vederli andar via, e coloro in aiuto dei quali essi accorrono in Terra Santa sono deliziati di vederli arrivare! È senz'altro vantaggioso per quanti vivono su entrambe le sponde del mare, dato che essi ne proteggono una, e cessano di molestare l'altra.>>.1
Il pensiero cristiano è passato, così, dal condannare ogni tipo di guerra, sempre cattiva e illecita, al condannare soltanto quella privata, combattuta con il solo scopo di accrescere ricchezza e onore. Tutte quelle guerre che hanno una funzione punitiva e di rimedio alle ingiustizie diventano guerre giuste. Quando poi essa viene combattuta per difendere il vero Dio, la vera fede e la vera Chiesa, la guerra diventa anche santa e ha come presupposto una vera e propria conversione interiore. Ce ne dà una testimonianza il monaco Guiberto de Nogent:
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All'inizio del 1095 papa Urbano II, al secolo Oddone di Lagery, invitò tutti i capi della cristianità occidentale a raggiungerlo a Piacenza, dove si sarebbe tenuto il primo grande concilio del suo pontificato. Urbano intendeva risolvere molte
1 Citato in P. PARTNER, I Templari, Torino, Einaudi, 2005, p. 8, nota n. 2.
2 Citato in A. DEMURGER, Vita e morte dell'ordine dei templari, Milano, Garzanti, 2005, p. 31.
2 gravi questioni che affliggevano la Chiesa, tra le quali la simonia, il nicolaismo e il difficile rapporto con il re di Francia, Filippo I, dopo lo scandalo dell'adulterio con la terza moglie del conte Folco d'Angiò. Oltre ai diversi prelati arrivarono a Piacenza anche gli ambasciatori di Alessio I Comneno, imperatore bizantino, con l'obiettivo di chiedere al papa di inviare cavalieri in sostegno di un impero sempre più minacciato dai turchi. Il papa non poteva sottovalutare questa richiesta d'aiuto perché, come aveva fatto capire lo stesso imperatore, i rapporti tra la Santa Sede e la Chiesa di Costantinopoli, creatasi dopo lo scisma del Patriarca Michele Cerulario (1054), ne avrebbero tratto grandi benefici. Urbano II si ricordò della richiesta di Alessio I qualche mese dopo, quando nel novembre dello stesso anno a Clermont si tenne in concilio generale. In quest'assemblea i Padri conciliari rinnovarono il divieto ai principi e ai signori castellani di procedere all'investitura dei chierici e vietarono ai chierici, vescovi in particolar modo, di omaggiare i laici. In questo modo la separazione tra laici e chierici si faceva più netta. Tuttavia il concilio è rimasto alla storia per l'appello lanciato del papa a partire verso la Terra Santa per difendere i luoghi sacri.
<<È necessario che vi affrettiate a soccorrere i vostri fratelli orientali, che hanno bisogno del vostro aiuto e lo hanno spesso richiesto. [...] Per la qual cosa insistentemente vi esorto – anzi, non sono io a farlo, ma il Signore – affinché voi persuadiate con continui incitamenti, come araldi del Cristo, tutti, di qualunque ordine (cavalieri e pedoni, ricchi e poveri), ad accorrere subito in aiuto dei cristiani per spazzare dalle nostre terre quella stirpe malvagia. Lo dico ai presenti e lo comando agli assenti; a quelli poi di voi che dovessero venir a morte in viaggio o durante la traversata o in battaglia contro i fedeli, sarà concessa l'immediata remissione dei peccati. Ciò io concedo ai parenti, per l'autorità che Dio mi accorda. [...] E quante accuse il Signore stesso vi muoverà, se non avrete aiutato chi al pari di voi fa parte nel novero dei cristiani! Si affrettino dunque alla battaglia contro gli infedeli, che avrebbe già dovuto incominciare a essere portata felicemente a termine, coloro che fin qui sono stati solito combattere illecitamente contro altri cristiani le loro guerre private! Diventino cavalieri del Cristo quelli che fino a ieri sono stati briganti! Combattano a buon diritto contro i barbari coloro che finora han combattuto contro fratelli e consanguinei! Conseguano un premio eterno quanti han fatto i mercenari per pochi soldi! [...] Né indugino a muoversi: ma passato
3 quest'inverno, mettano a frutto o impegnino i propri beni per procurarsi il necessario al viaggio e si mettano risolutamente in cammino>>.3
Nelle parole di Urbano si percepisce chiaramente la volontà di ridurre gli episodi di violenza gratuita tramite l'impegno a difendere i pellegrini nelle Terre Sante, dopo il fallimento delle tregue di Dio. Il papa non aveva, forse, l'intenzione di far partire una vera e propria missione di conquista e <
3 Citato in F. CARDINI, La tradizione templare, Firenze, Vallecchi, 2007, p. 53, nota n. 9.
4 con la Terra Santa. Tra questi ci fu un cavaliere al seguito del conte di Champagne, chiamato Hugues de Payns, del quale parleremo in dettaglio più avanti. Si formarono schiere di <
4 Ibidem p. 57.
5 appoggio incondizionato e intransigente durante lo scontro con la Chiesa, per questo il papato fu molto contento di vederlo allontanarsi dall'Europa. La lingua più diffusa era il francese, ma si mescolavano anche inflessioni del dialetto veneziano e altri elementi dovuti alla presenza delle due città marinare: Genova e Venezia. Il difficile equilibrio che le due rivali non riuscirono a mantenere fu una delle cause che contribuì a dissestare i regni d'outremer. Pur mantenendo gran parte della Palestina, il controllo dei territori conquistati fu sempre molto precario. A nulla servì una ulteriore spedizione partita dall'Occidente nel 1101, visto che quattordici anni più tardi Baldovino I fu costretto a lanciare un appello a tutti i cristiani d'Oriente, affinché popolassero quei territori. Gran parte delle preoccupazioni per i nuovi signori proveniva dalle insidie che si nascondevano nelle strade, laddove si incamminavano i pellegrini. Daniele, un abate russo che visitò i luoghi sacri dal 1106 al 1107, descrisse i pericoli e le sofferenze sperimentate con queste parole:
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Per ovviare a questi problemi iniziarono a nascere dei sodalizi (fraternitates) di cavalieri, che per un certo periodo o per sempre si dedicavano ad un vita in comune e all'assistenza dei poveri, dei pellegrini e degli ammalati, seguendo il modello dei canonici regolari o dei monaci. Nacquero così ordini religiosi nuovi, costituiti principalmente da laici che, non abbandonando le armi, facevano della difesa dei cristiani un valore fondamentale della loro esperienza di conversione. Nel centro di Gerusalemme un gruppo di questi convertiti si insediò in un ospizio attorno alla chiesa di San Giovanni, prendendone il nome: è l'Ordo Hospitalis
5 Citato in M. BARBER, La storia dei Templari, Milano, Piemme, 2005, p. 13.
6 sancti Johannis Ierosolimitani, meglio conosciuto come l'ordine degli ospitalieri e divenuto poi <
6 Ibidem p. 15.
7 Ibidem.
8 Ibidem p.16.
7 afferma che l'iniziativa partì dai cavalieri e solo in seguito il re e il patriarca diedero il loro sostegno. Se la paternità della nascita dell'ordine non può essere definita in maniera più chiara, data la discordanza delle fonti, neanche sul suo anno di nascita possiamo citare una data univocamente accettata da tutti gli storici. Il concilio di Troyes, grazie al quale i Templari ottennero l'ufficializzazione dell'ordine da parte del papa, avvenne nel nono anno della loro istituzione. Infatti gli atti del concilio, redatti dal notaio Jean Michel, riportano la data della festa di Sant'Ilario (13 Gennaio) del 1128, <
9 Ibidem p. 17.
10 Ibidem p. 17, nota n. 10.
11 R. HIESTAND, Kardinalbischof Matthaus von Albano, das Konsil von Troyes und die Enstenbung des Templer ordens, in <
8 stereotipata e, come vedremo successivamente, poco affidabile. Di opinione diversa è invece Michele il Siriano che ci narra di ben trenta templari, arruolati dalla nascita dell'ordine al concilio.13 Guglielmo ci assicura che il re Baldovino II fu un convinto sostenitore del nuovo ordine, tanto da inviare Ugo in Occidente per reclutare forze nuove per una campagna contro Damasco. Il concilio di Troyes fu anticipato da una forte campagna volta a sollecitare donazioni da parte dei nobili e ad attrarre novizi e nuovi crociati per la causa militare. Per circa tre anni, dal 1127 al 1130, Ugo de Payns, insieme ad altri cinque dei suoi cavalieri,14 viaggia e prende molti contatti con i personaggi più importanti d'Europa. Si ferma nella Champagne, sua probabile terra d'origine, nell'Angiò e nel Maine, dove stringe ottimi rapporti con il conte Folco, futuro genero di Baldovino II, nel Pitou e in Normandia, In Inghilterra e in Scozia, e prima di ritornare in Francia visiterà anche le Fiandre. Nelle terre d'outremer, però, la vita non è iniziata sotto i migliori auspici. Nel 1129 i templari combattono per la prima volta come soldati veri e propri ma vengono sconfitti. L'esito dei combattimenti mette a dura prova l'animo dei cavalieri, non meno delle critiche che sin da subito molti ambienti muovevano contro di loro. Contro queste accuse Ugo reagisce attaccando su due fronti: da un lato invitando i suoi confratelli-cavalieri a purificarsi dai vizi, a perseguire il loro obiettivo senza esitazioni, convinti della propria missione di difesa della cristianità; dall'altro rivolgendosi ad un'autorevole personalità del mondo ecclesiastico affinché lo aiuti a legittimare la causa e la missione del suo ordine. In un manoscritto conservato a Nimes (Bibliotheque municipale, 37)15 un certo Hugo Peccator rivolge una lettera indirizzata ai suoi fratelli (Christi militibus) nella quale si fa riferimento alle critiche relative all'attività perniciosa, qual è la loro professione militare, che non può portare alla salvezza. Hugo esorta i templari a non dar credito a questi rimproveri perché astuzia dello spirito del
13 BARBER, La storia dei Templari, p. 19.
14 DEMURGER, Vita e morte, p. 287 nota n. 11.
15 Per un'analisi del contenuto di questo manoscritto vedi S. CERRINI, La rivoluzione dei Templari. Una storia perduta del dodicesimo secolo, Milano, Mondolibri, 2009, cap. I.
9 male, dubbi da respingere. In passato Hugo Peccator era stato identificato con il teologo Ugo di San Vittore, ipotesi confermata dagli studi di Joseph Fleckenstein, il quale aveva riconosciuto il teologo tramite le dotte conoscenze palesate nell'ambito del diritto canonico. Nel suo libro La Rivoluzione dei templari,16 la storica Simonetta Cerrini ipotizza, invece, che l'autore di questa lettera possa essere lo stesso fondatore dell'ordine del Tempio, Ugo de Payns (magister Hugo secondo i Padri del concilio di Troyes). Secondo la Cerrini è ipotizzabile che il termine <
2. Il riconoscimento ufficiale e le prime accuse Il concilio di Troyes fu uno dei tanti che si tennero in quegli anni per fare il punto sulla riforma della Chiesa dopo la fine della lotta per le investiture.
16 CERRINI, La rivoluzione dei Templari, pp. 27-30.
17 Ibidem p. 28, nota n. 42.
10 Simonetta Cerrini ci offre un elenco dettagliato delle personalità che parteciparono il concilio.18 Durante il concilio venne approvata la regola dell'ordine che in maniera molto anomala non venne redatta dal fondatore dell'ordine. Chi fu quindi l'autore della regola? In molti hanno pensato subito a Bernardo di Chiaravalle, ma non ci sono fonti che possano attestarlo con chiarezza. Sappiamo che a redigere gli atti del concilio fu un certo Giovanni Michaelensis, che ha <
18 Ibidem pp. 70-84.
19 Ibidem p. 72.
20 Ibidem.
21 La datazione dell'opera è molto incerta. FRALE (2007) p. 35: 1135-1137; CERRINI (2009) p. 185: 1128-1129; DEMURGER (2005) p. 288 nota n.11: 1130-1131; CARDINI (2007) p. 66: 1132-1136; BARBER (2005) p. 58: 1136. 22 CERRINI, La rivoluzione dei Templari, p. 66.
11 incombe sui cavalieri templari, contrapponendo la loro cavalleria (militia) a quella secolare (malitia). I templari conducono <
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La regola dell'ordine, la lettera di Hugo peccator (Christi militibus) e il De laude novae militiae sono i tre testi fondamentali sui quali si fonda la teoria della <
23 DEMURGER, Vita e morte, p. 41.
24 Citato in CERRINI, La rivoluzione dei Templari, p. 69.
25 PARTNER, I Templari, p. 29.
12 sua cronaca, Guglielmo critica le ricchezze dei templari e ama ricordare la loro povertà originaria, non tollera la piena indipendenza dalle autorità ecclesiastiche, ricordando che senza di queste i templari non avrebbero potuto vivere, date le loro precarie condizioni iniziali (nove cavalieri per nove anni). Alcune vicende narrate da Guglielmo vennero raccolte successivamente anche da altri cronisti: Walter Map, scrittore inglese del XII secolo autore del De nugis curialium (Facezie di cortigiani), e Matthew Paris, cronista del XIII secolo di St. Albans autore della Chronica maior. L'inaffidabilità di alcuni cronisti ci viene offerta proprio dalla testimonianza diretta di alcuni di essi. Matthew Paris, molto attento ai vizi e ai difetti di ciascun ordine, autore delle peggiori critiche addossate fino ad allora ai Templari alla fine della sua vita si accorse di essere stato ingiusto nei confronti dei cavalieri e a margine delle sue considerazioni più sfacciatamente improbabili annotò che il brano andava soppresso per l'offesa che avrebbe potuto arrecare.26 Altre accuse provenivano direttamente dal papato, in merito all'abuso del privilegio loro concesso di esenzione dal pagamento delle decime. Fin dal Concilio Laterano del 1179 si condannò questo atteggiamento, ma fu Innocenzo III a manifestare il più duro rimprovero all'ordine in una bolla datata 13 settembre 1207.27 Dopo alcuni anni di discredito, l'ipotesi dell'influenza del ribat musulmano nella struttura degli ordini monastico-cavallereschi viene ripresa oggi su basi differenti. Il ribat era un centro militare fortificato ma allo stesso tempo religioso, posto ai confini del mondo musulmano. Chi vi entrava era consapevole dell'atto di ascesi che il gihad (guerra santa) implicava. Si poteva prestare servizio solo volontariamente e per un periodo determinato. Questi centri erano abbastanza numerosi in Spagna.
3. La rete e la quotidianità templare Nel 1120 re Baldovino consegnò la moschea di al-Aqsà a Ugo di Payns, occupando lui stesso il nuovo palazzo reale, collocato accanto alla torre di David. Davanti alla moschea si apre una spianata sulla quale sorge la Cupola della
26 Ibidem p. 31, nota n. 4.
27 Ibidem p. 34, nota n. 6.
13 Roccia, divenuta proprietà dei canonici del Tempio del Signore (Templum Domini), che ne avevano fatto una loro chiesa consacrata nel 1142. Inizialmente il patrimonio dell'ordine constava essenzialmente delle ricchezze dei primi cavalieri. Ugo cedette i suoi beni di Payns; Goffredo di Sant- Omer concesse la sua dimora di Ypres, nelle Fiandre; Pagano di Montdidier diede la sua signoria di Fontaine. Alcuni partecipanti del concilio di Troyes non furono da meno, come ad esempio l'arcivescovo di Sens che donò loro due case, a Joigny e a Coulaines. Fiandre, Piccardia, Borgogna e Champagne sono i luoghi in cui i Templari iniziarono a creare i primi insediamenti, e ciò non ci deve stupire data l'origine della gran parte dei fondatori. In Portogallo la prima donazione non avviene prima del 1128, quando la contessa Teresa dona loro il castello di Soure. Contemporaneamente si ebbe una <
28 Ibidem p. 50, nota n. 6.
29 BARBER, La storia dei Templari, p. 32.
30 Ibidem p. 35.
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Sebbene fosse vero che Alfonso I non avesse eredi, è molto azzardato affermare che le sue reali intenzioni coincidevano perfettamente con ciò che egli stesso aveva scritto. Molti in passato avevano visto in questo documento la prova della mancanza di senso politico da parte del sovrano oppure come <
31 Ibidem p. 37, nota n. 80.
32 Ibidem p. 39, nota n. 85
33 DEMURGER, Vita e morte, p. 51.
15 Il regno d'Aragona è però vassallo della Santa Sede e, in mancanza di eredi, il papa potrebbe facilmente insediarvi un sovrano di suo gradimento. La scelta a questo punto cadrebbe sul sovrano di Castiglio e Leon, Alfonso VII, che ha anche mire espansionistiche su tutta la Spagna cristiana. La designazione dei tre ordini come eredi di Alfonso I è stata voluta appositamente per creare un forte imbarazzo e notevoli problemi di carattere politico, risolvibili solo a lungo termine, in maniera tale da rendere possibile l'allontanamento di Ramiro dal convento, il suo matrimonio e la nascita di un erede. In effetti le cose andarono realmente così: nel 1137 Ramiro divenne re e unì l'Aragona e la Catalogna, lasciando poi la corona al conte Raimondo Berengario IV. Il testamento restò lettera morta, ma ciò non nascose il fatto che esistesse realmente, infatti i tre ordini rifiutarono volentieri di adempiere le precise volontà di Alfonso in cambio di denaro. Il testo, però, può anche essere considerato come la volontà del sovrano di voler inserire i tre ordini, Templari specialmente, nella politica della reconquista. Le trattative furono condotte dal maestro degli Ospitalieri. Ugo di Payns morì prima della fine di queste trattative e il suo successore, Roberto di Craon, ebbe un notevole interesse per le vicende spagnole.34 Per tutta la seconda metà del XII secolo continuarono le donazioni all'ordine da parte delle famiglie reali di Spagna, nei regni di Aragona-Catalogna e Navarra, e di Portogallo. Le donazioni avevano un duplice aspetto: da un lato, come si legge in molti documenti, il donatore era molto preoccupato per la salvezza della propria anima e, come condizione per la remissione dei peccati, concedeva volentieri edifici o terreni; dall'altro vi era un aspetto più politico e riguardava la volontà di contribuire all'insediamento di questi ordini nei propri territori per poter portare avanti la campagna di riconquista cristiana della penisola. L'attaccamento di questi sovrani all'ordine del Tempio è così grande che con molta riluttanza all'epoca del processo obbedirono alle direttive del pontefice. Infatti dopo la soppressione dei Templari, il re portoghese Diniz favorì la creazione di un nuovo ordine, fondato in larga misura su proprietà e funzionari di origine templare.
34 Ibidem pp. 51-52.
16 In origine il Tempio non si diede un ordine gerarchico: Ugo di Payns era il maestro e gli altri era frati. Con il successivo sviluppo dell'ordine si decise di andare oltre e sotto la guida del secondo maestro, Roberto di Craon, l'organizzazione acquisì le sue caratteristiche più durature. Il templare, per un semplice motivo pratico (cioè militare), non poteva che provenire dai ranghi dell'aristocrazia militare, ma una volta entrato nell'ordine diveniva un frate a tutti gli effetti, facendo fede ai tre voti di castità, povertà e obbedienza. L'ideale templare pensato da san Bernardo e proposto durante il concilio del 1129 era concepito in forma molto elitaria. L'aspetto esteriore doveva essere curato per dare un'immagine di ordine e di pulizia; armi e vestiti non dovevano essere minimamente decorati, così come non doveva essere smodata la cura del proprio volto o dei propri capelli; era proibito accettare bambini, come accadeva invece nell'ordine benedettino, poiché la mentalità infantile e adolescenziale non si armonizzava con l'aspirazione all'equilibrio interiore del cavaliere; si doveva mangiare tutti insieme, due volte al giorno, e la carne era ammessa soltanto per tre giorni alla settimana; secondo Demurger, fu Bernardo a indicare il colore degli abiti, facendo riferimento agli ordini di Cluny e a Citeaux: ai soli cavalieri spettava l'abito bianco, mentre ai coniugati, ai servi e ai protetti che facevano parte stabilmente della comunità spettava l'abito nero; la consegna del mantello certifica l'entrata nell'ordine, perciò la punizione maggiore che poteva spettare a un templare era la perdita del proprio mantello; era proibito l'uso di dare la fratellanza templare alle donne, così come era severamente vietato baciare persino le proprie parenti più strette; la regola, però, prevedeva che, qualora il frate non riusciva a stare lontano dalle donne, facesse almeno in modo di non farlo sapere agli altri fratelli; ai templari era ridotta, ma non vietata, la partecipazione alla caccia, con forti restrizioni su ciò che riguardava le intemperanze della voce e dei gesti, e l'utilizzo di armi particolari; non si fa nessun riferimento al divieto di gareggiare in tornei che, sebbene fosse un atteggiamento disprezzato da san Bernardo, risultava pur sempre un buono strumento di addestramento in tempi di pace; l'educazione era anche basata sul disprezzo per la propria vita che implicava la capacità di non risparmiarsi durante lo scontro; ogni templare aveva il dovere di vigilare sui
17 propri compagni; ogni slancio individualista era frenato; la venerazione per gli anziani, il culto per i confratelli caduti e il rispetto per i malati erano presentati come cardini dell'ideologia templare. Tutti questi precetti sono contenuti nella regola dell'ordine. Recentemente Simonetta Cerrini ha lavorato ad una nuova edizione critica della regola, rispetto a quella di Gustav Schnurer del 1908, e ipotizza che il prologo sia stato redatto da due diverse mani: inizialmente dallo stesso Bernardo, successivamente da Giovanni Michaelensis, che lo ha completato nel 1130, dopo la morte del patriarca Stefano e del papa Onorio II.35 Molti decenni dopo la bolla di Innocenzo II del 1139, Omne datum optimum, la regola del Tempio venne tradotta in francese in maniera non proprio letterale, intorno agli ultimi due decenni del XII secolo. Le due versioni <
35 CERRINI, La rivoluzione dei Templari, pp. 85-90.
36 Ibidem p. 62.
18 dell'ordine gerarchico, divise in vari gruppi a seconda della sfera di competenza. Nel settore militare il controllo delle azioni spettava al Maresciallo e al Siniscalco; sul piano logistico e amministrativo la carica principale era quella del Comandante della Terra di Gerusalemme, seguita dal Comandante della città di Gerusalemme; il settore patrimoniale era gestito dal Tesoriere, che in genere era un sergente. A mano a mano che l'ordine cresceva in possedimenti e ricchezze, si decise di organizzare i territori in province, affidate a un Comandante o Precettore. Queste erano divise a loro volta in balivie, affidate a balivi, che raccoglievano le diverse commende di un territorio: era questa l'organizzazione a rete del territorio templare. Questa è la struttura che regola i dignitari dell'ordine, ma anche il popolo dei templari è organizzato seguendo una struttura gerarchica. Al suo interno si ritrova lo schema delle tre funzioni della società feudale: cavalieri e sergenti (bellatores), cappellani (oratores) e frati lavoratori (laboratores). Inoltre, cavalieri, sergenti e cappellani rispecchiano il ruolo di frati conventuali al contrario dei frati lavoratori, seguendo la divisione cistercense di monaci da un lato e conversi dall'altro. Era netta anche la differenza tra cavalieri e sergenti (chiamati anche serventi), che rispecchiava la posizione nella scala sociale di provenienza. Anche i sergenti possono combattere a cavallo, ma non in prima linea, hanno armi più leggere, sono meno ben equipaggiati e hanno un addestramento diverso. Con loro sul campo di battaglia si uniscono i milites ad terminum, i quali prestano servizio per un periodo determinato (come accadeva nel ribat musulmano). Una volta finito il <
37 Ibidem p. 77.
19 affidarono all'ordine la custodia di tutto il denaro che arrivava alla Santa Sede con lo scopo di finanziare la crociata. A causa della loro posizione di frontiera tra due culture e istituzioni diverse, i Templari riuscirono a sviluppare una grande capacità diplomatica. Per questo i papi, i sovrani europei e gli imperatori bizantini utilizzarono i dignitari templari per le loro missioni diplomatiche. Anche nei confronti del nemico musulmano riuscirono ad adottare spesso un atteggiamento più diplomatico che strettamente militare. Questa loro capacità di dialogo, resa possibile solo grazie ad una sviluppata elasticità mentale, sarà un facile strumento utilizzato dagli uomini di Filippo IV per infangare l'immagine dei crucesignati.
4. Ascesa e caduta del regno d'Outremer Nel 1144 il governatore di Mosul, l'atabeg 'Imad ad-Din Zangi, attaccò la contea di Edessa e ne conquistò la capitale. L'eco di questa disfatta, giunto in Occidente, alimentò la volontà del nuovo papa per una nuova crociata. Nel 1147 dopo aver attraversato l'impero bizantino, l'esercito di crociati più grande che l'Occidente abbia mai mosso verso oriente si trovò in forti difficoltà dopo aver subito forti perdite ad Antiochia. L'espansionismo messo in atto dal governatore di Mosul e da suo figlio, Nur ad-Din, preoccupava anche l'emiro di Damasco, che a questo punto vedeva di buon occhio un'alleanza con i cristiani in funzione anti- islamica. Ma l'assemblea dei grandi capi crociati avvenuta ad Acri nel giugno del 1148, mossa da interessi personali, decise di attaccare Damasco e di impossessarsi di tutte le sue ricchezze. Naturalmente, l'emiro di Damasco si avvicinò a Nur ad- Din dopo l'assedio cristiano, andando a rinforzare il fronte anti-cristiano e segnando il fallimento della spedizione dei crociati. Dopo la seconda spedizione dei crociati la situazione politica dei regni che circondavano l'Outremer cristiana non presentava una forte unità. L'Egitto fatimida era diventato un regno molto corrotto al suo interno, tanto da indurre uno dei generali di Nur ad-Din, Shirkuh, ad intraprendere una sorta di crociata interna per riportare il Cairo sotto la giuda dell'emiro di Baghdad. Nel frattempo anche il re di Gerusalemme, Amalrico, stava progettando di attaccare l'Egitto, mossa che preoccupò non poco il Cairo che subito provò a riavvicinarsi a Damasco. Da
20 questa alleanza trasse forti vantaggi il nipote di Shirkuh, Saladino, che nel giugno 1183 dopo diverse campagne poté rientrare a Damasco con in mano le immense ricchezze dell'Egitto. Il nuovo sovrano incontrò subito l'appoggio del califfo di Baghdad, del sultano di Anatolia e degli altri principi islamici. Contemporaneamente la corona di Gerusalemme si trovava fortemente indebolita dopo la morte del giovane re Baldovino IV (1161-1185) e del nipote, suo successore, Baldovino V (1177-1186). Mentre nel regno ci si scontrava duramente su chi avrebbe dovuto prendere la corona, Saladino marciava indisturbato in direzione di Gerusalemme. Nel luglio del 1187 le truppe del sultano si accamparono nel villaggio di Hattin e furono subito raggiunte dalle truppe cristiane, accampate su una collina con due cime, soprannominata <>. I soldati musulmani, abituati alla guerriglia in quei territori irregolari, riuscirono ad accerchiare i cristiani e centinai di Templari e Ospitalieri caddero in quella che è stata la più grave sconfitta dei crociati in Terra Santa. Il 20 ottobre del 1187, dopo meno di un secolo dalla vittoriosa conclusione della prima crociata, Gerusalemme tornò in mano islamica. La clemenza del sultano nei confronti della popolazione di Gerusalemme non venne riservata anche ai cavalieri del Tempio e dell'Ospedale, che subirono violenze di inaudita ferocia. Questa epocale disfatta rappresentò per i due ordini un evento che aumentò l'insicurezza e fece abbassare notevolmente il morale di chi era partito volontariamente per difendere e curare i pellegrini cristiani, e che solo successivamente si era ritrovato con le armi in mano a dar mano forte alla causa crociata. Fondamentale per la ripresa dell'ordine furono gli anni del pontificato di Innocenzo III (1198-1216), che fece delle casseforti templari il luogo più sicuro nel quale far convergere tutto il denaro che arrivava a Roma per la causa crociata. Inoltre, rese meno elitaria la procedura per l'accesso al Tempio, in maniera tale da ampliare le forze destinate a difendere Outremer. Fu probabilmente sotto il pontificato di Innocenzo III, inoltre, che venne redatta la traduzione francese della regola, che modificava i limiti imposti nella regola latina per quanto riguarda l'avvicinamento dei templari agli scomunicati.
21 La terza crociata, che nacque dalla voglia di rivalsa dopo la perdita di Gerusalemme, fu una vera e propria parata dei sovrani europei. Alla spedizione, caldeggiata nella bolla papale di Gregorio VIII Audita tremendi, vi parteciparono il sovrano inglese Riccardo Cuor di Leone, quello francese Filippo II Augusto e l'imperatore Federico I Barbarossa. Quest'ultimo morì in Anatolia durante il viaggio del 1090 in circostanze sconosciute, che l'abile penna di Umberto Eco ha reso molto più misteriose di quanto non lo siano state realmente.38 L'unico sovrano ad ottenere un risultato utile fu il re inglese che riconquistò la città costiera di Acri, divenuta nuova capitale del regno, e strappò ai bizantini l'isola di Cipro. Nel giudizio che ne dà Malcolm Barber, <
38 U. ECO, Baudolino, Milano, Bompiani, 2000.
39 BARBER, La storia dei Templari, p. 143.
22 senza dover ricorrere all'impegno militare. Infatti, in accordo con il sultano d'Egitto al-Kamil riuscì ad ottenere una tregua decennale e ad <
23 inattività bellica. In un concilio tenutosi a Lione nel 1274 per la prima volta si avanzò l'ipotesi di fondere i due ordini in un unico organo monastico-cavalleresco. La proposta divenne subito un affare internazionale, ma i due Maestri rifiutarono subito tale progetto. Della stessa opinione era anche il re d'Aragona Giacomo I che, dovendo preoccuparsi già dei Saraceni nel sud della penisola iberica, vedeva nella nascita di un unico ordine cavalleresco, che riuniva tutte le proprietà dei due ordini esistenti, un'ulteriore minaccia per il proprio regno. Il sogno crociato fallì miseramente nel 1291 con la caduta dell'ultimo baluardo d'Outremer, la città costiera di Acri. Il Gran Maestro del Tempio Guillaume Beaujeu morì eroicamente sul campo di battaglia, nel tentativo disperato di salvare la città. <
5. La caduta del Tempio Dopo la perdita di Acri i Templari e gli Ospitalieri si rifugiarono a Cipro, facendone il loro quartier generale, data la sua posizione strategica di avamposto sui territori siriano-palestinesi. In Occidente, però, si faceva sempre più pressante la discussione sulla fusione dei due maggiori ordini. Papa Niccolò IV nel concilio di Arles del 1292 decretò l'unione dei due ordini, ma la sua morte prematura insieme alle molte difficoltà materiali resero inattuata la disposizione. Nel 1294 salì al soglio pontificio Benedetto Caetani, eletto col nome di Bonifacio VIII, dopo il <
40 Ibidem p. 208, nota n. 111.
41 FRALE, I Templari, p. 111.
24 <
42 FRALE, I Templari, p. 115.
25 milites, i templari divennero abilissimi banchieri. Un'importanza centrale l'assunsero anche alcune cariche quali quella di Tesoriere centrale, l'amministratore che risiedeva nella fortezza della Torre del Tempio di Parigi e aveva un ruolo centrale nella finanza del regno francese, e il Recettore della Champagne, che faceva fruttare le imposte regie di quella ricchissima contea. La Cronaca del Templare di Tiro ci narra che agli inizi del 1307 il Gran Maestro Jacques de Molay, chiedendo di vedere i libri contabili custoditi dal tesoriere, scoprì un prestito di circa 3.000 fiorini d'oro in favore di Filippo IV, senza che egli ne fosse mai venuto a conoscenza. Adirato con il tesoriere, Molay espulse il frate dall'ordine e a nulla valse l'intermediazione del re per far recuperare l'abito al cavaliere. Alla pressione del papa, però, Molay non poteva tirarsi indietro e così Jean de la Tour poté recuperare il suo posto come Tesoriere centrale. Il cronista usa parole molto dure nei confronti del Gran Maestro e attribuisce a lui tutte le colpe per la frattura con il papato e con la corona francese, sebbene ogni suo atto risponda perfettamente alla normativa templare. Lo storico inglese Malcolm Barber ha ben evidenziato43 come l'intero regno di Filippo IV fu gravato da continue crisi finanziarie con una forte punta nel 1306, che scatenò una rivolta a Parigi e costrinse il re a rifugiarsi nel Tempio e a chiedere un sussidio economico all'ordine, senza preoccuparsi di far sapere nulla al Gran Maestro. La rottura fu inevitabile quando Filippo capì dall'ostilità di Molay che non poteva attingere liberamente dalle casse dl Tempio ogni qualvolta ne aveva bisogno, sopratutto in periodi di forte crisi come quello che stava attraversando agli inizi del XIV secolo. Per quanto riguarda l'elezione al soglio pontificio di Clemente V esiste un curioso resoconto tramandato da Giovanni Villani nella sua Cronica.44 Per superare i contrasti tra i fedeli della politica di Bonifacio VIII e i fedeli della corona francese, dopo la morte di Benedetto XI venne compilata una lista di tre nominativi, composta da personaggi non italiani graditi alla corona francese. Tale lista sarebbe dovuta finire nelle mani di Filippo il Bello ad opera dei cardinali
43 EAD., L'ultima battaglia dei Templari. Dal codice ombra d'obbedienza militare alla costruzione del processo per eresia, Roma, Viella, 2007, p. 56, nota n. 50. 44 Ibidem p. 59, nota n. 55.
26 francesi. La lista fu arricchita di diverse note sulla figura di Bertrand de Got, arcivescovo di Bordeaux. Il sovrano volle subito incontrare in segreto l'arcivescovo e fissò un appuntamento in un bosco della zona della Saintonge nel maggio del 1305. Filippo avrebbe promesso il suo appoggio affinché Bertrand divenisse papa a patto di ricevere cinque favori e una <
45 Ibidem p. 59.
46 Ibidem p. 60, nota n. 57.
47 Ibidem p. 60, nota n. 60.
27 segreto con il papa, abbia confessato la strana procedura che prevedeva il rinnegamento del Cristo e l'oltraggio contro la croce.48 Filippo, probabilmente, spinse il Visitatore a confessare questi crimini al papa, auspicando un cambio al vertice dell'ordine, una sostituzione di Molay con lo stesso Perraud, più propenso a seguire le direttive politiche di Filippo. All'alba del 13 ottobre del 1307 un contingente di militari armati arrestò tutti i membri dell'ordine templare della magione del Tempio di Parigi. Contemporaneamente in tutto il territorio francese gli ufficiali del sovrano imprigionarono i frati delle commende. Filippo e i suoi consiglieri si erano mossi privatamente, senza nessun accordo con il papa, sebbene fosse nota la sua volontà di procedere con un'inchiesta pontificia. Il re aveva affidato il compito di procedere con le indagini all'inquisitore di Francia, il domenicano Guillaume de Paris. Il pontefice, però, colto alla sprovvista, non aveva nessuna intenzione di lasciare all'Inquisizione il compito di interrogare i Templari, ma voleva svolgere in piena autonomia, consapevole della propria autorità, l'indagine che il Gran Maestro in persona gli aveva chiesto. Inizia così una lunga opposizione tra la direttive del sovrano e quelle del pontefice, subita a caro prezzo dai frati dell'ordine. Riassumiamo in alcuni punti le accuse che vennero mosse all'ordine del Tempio:
1. i Templari rinnegano Gesù Cristo, falso profeta, morto sulla croce non per riscattare l'umanità ma per le sue colpe; sputano e calpestano la croce, urinandovi sopra durante le cerimonie; 2. non credono ai sacramenti e i sacerdoti templari dimenticano le formule di consacrazione durante la messa; 3. in sostituzione del Salvatore adorano strani idoli, come gatti o teste a tre facce; 4. i dignitari laici dell'ordine assolvono i peccati dei confratelli; 5. esercitano pratiche oscene e omosessualità;
48 Ibidem pp. 77-79.
28 6. si riuniscono in segreto di notte, punendo anche con la morte chi faceva rivelazioni sui capitoli tenuti.
Filippo si servì di due uomini esperti ed astuti per abbattere il Tempio: il guardasigilli Guillaume de Nogaret e l'inquisitore di Tolosa Bernard Guy. Il primo lavorò sulla normativa dell'ordine per trovarne deficienze e punti deboli, il secondo filtrò la realtà attraverso le maglie dell'immaginario comune. La storica Barbara Frale definisce la tecnica con la quale procedeva Nogaret con il termine di <
<
La Frale sostiene che <
49 Ibidem p. 213.
50 Ibidem p. 170.
51 Ibidem p. 174.
29 schiavo e servo del Tempio. Qual era l'origine di questo codice d'obbedienza militare o < 52 Ibidem p. 192, nota n. 90. 53 Ibidem p. 104, nota n. 14. 54 Per approfondimenti sul problema della datazione delle due bolle vedi FRALE, Il Papato e il processo, pp. 144-156. 30 riforma dell'ordine templare, in un momento storico in cui Clemente V credeva ancora possibile tutelarne la sopravvivenza.>>.55 La volontà del papa di redigere un nuovo statuto per l'ordine sembra, però, svanire nell'agosto del 1309.56 Cosa portò a questo ripensamento? Già nel luglio del 1308, gli avvocati regi incalzavano la Curia per ottenere la damnatio memoriae di Bonifacio VIII. Clemente non poteva sottrarsi al baratto di Filippo, perché se l'illegittimità dell'elezione di Bonifacio VIII fosse stata dichiarata, tutti gli atti successivi alla sua elezione erano da considerarsi illegittimi, tra i quali l'elezione stessa di Clemente V. Il concilio di Vienne, che doveva esprimersi sulla sorte dell'ordine dei Templari, si aprì il 16 ottobre 1311 e il 22 marzo 1312 Clemente V promulgò la bolla Vox in excelso, nella quale si dichiarava che il Tempio non poteva essere condannato per via canonica dalla Chiesa ma poteva essere solo sciolto a causa delle colpe di alcuni suoi membri. I dignitari del Tempio, invece, dovevano essere giudicati da una speciale commissione di nomina pontificia, presieduta dall'arcivescovo di Sens. Il Gran Maestro Jacques de Molay e il Precettore di Normandia Geoffroy de Charny proclamarono l'innocenza dell'ordine, lasciando ancora una volta interdetti i cardinali che sospesero il concilio. Filippo IV, irritato da quel gesto, strappò i due templari al concilio e li condusse quello stesso giorno su un'isoletta della Senna, dove furono messi al rogo all'insaputa del pontefice.57 Dopo aver subito per anni i ricatti di Filippo il Bello e gli abusi del suo potere, Clemente V riuscì ad imporre fermamente la propria volontà nella bolla Ad Providam, nella quale trasferiva le proprietà dei Templari agli Ospitalieri e non alla corona francese, contrariamente ai desideri del re.58 Malgrado la triste sorte dell'ordine, causata dalla cupidigia di un sovrano, non ostacolata efficacemente da un pontefice stretto dalla morsa del ricatto, va sottolineato l'aspetto < 55 FRALE, Il Papato e il processo, p. 7. 56 Ibidem p. 275, nota n. 20. 57 Ibidem p. 293. 58 BARBER, La storia dei Templari, p. 349. 31 (oratores e bellatores), aspirando ad una < 59 CERRINI, La rivoluzione dei Templari, p. 177. 60 Ibidem. 61 Ibidem p. 179. 32 CAPITOLO SECONDO Massoneria, leggende e verità occulte a prezzi stracciati. 1. <> Nonostante la sospensione dell'ordine avvenuta nel 1312 con la bolla papale Vox in excelso, il fascino dei Templari non ha mai smesso di incantare uomini e donne negli ultimi seicento anni. Il mondo rinascimentale, distante ormai due secoli dalla caduta dei regni d'Outremer, guardò con molto interesse il mondo dei cavalieri, delle crociate e della contrapposizione tra Occidente e Oriente. Ne è una testimonianza la produzione letteraria nella penisola italiana con il Morgante di Luigi Pulci, l'Orlando Innamorato di Matteo Maria Boiardo, l'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto e la Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso. All'interno del mondo cavalleresco e crociato non esiste nessun ordine monastico-militare che abbia suscitato tanta curiosità come l'Ordine dei Templari. È facile ipotizzare che il < 33 Bloch affermava che: < 62 MARC BLOCH, Apologia della storia o Mestiere di storico, Torino, Einaudi, 2009, p. 72. 63 PARTNER, I Templari, p. 103-104. 34 chiamato Panor [...]. Né tali pratiche dovevano essere molto diverse dalla detestabile eresia dei Templari, se ciò che leggiamo è verità e non fantasia; come dello stesso genere dovevano anche essere le trasgressioni cui notoriamente si abbandonavano le streghe nella loro senile follia>>.64 Pur non avendo mai affermato che i Templari avessero praticato la magia nera, l'accostamento dei Templari ai rituali < 64 Ibidem p. 106 nota 6. 35 sistema capitalistico. Avvocati, mercanti, funzionari civili fecero il loro ingresso in massa negli Ordini cavallereschi esistenti in tutta Europa. Su questa spinta si diffuse con forza esplosiva la Massoneria, la cui nascita convenzionalmente viene fatta risalire al 24 giugno 1717 nella Taverna dell'Oca e della Graticola a Londra. Questa < 65 Ibidem p. 119. 66 Ibidem p. 121-122. 36 più alto della conoscenza esoterica, vennero chiamati < 67 Ibidem p. 124-125. 68 Ibidem p. 127. 69 Ibidem p. 128-129. 70 Ibidem p. 129. 71 Ibidem p. 133 nota 1. 37 solo. Nel 1769 si diffusero logge templariste negli Stati Uniti, seguite nel 1778 anche in Inghilterra.72 In Germania il ricco proprietario terriero Karl Gotthelf von Hund arrivò a controllare quasi tutto l'apparato massonico tedesco. La sua più grande eredità fu il sistema organizzativo che riuscì a creare: divisione del territorio in nove province templari, rette da un < 72 Ibidem p. 134 nota 4. 73 Ibidem p. 135-136 nota 5. 38 Questa ascesa sociale fu possibile perché la massoneria tedesca fu da sempre sostenuta dal mondo aristocratico.74 Dopo la scomparsa di Hund e Starck le due logge massoniche iniziarono a sfaldarsi e a perdere adepti. Alcuni iniziati si affannavano a scovare i < 74 Ibidem p. 138-142. 75 Ibidem p. 143. 76 Ibidem p. 150-151. 39 il templarismo di origine tedesca, tra le tante vi era la capacità di fantasticare e di falsificare gli eventi storici a proprio piacimento. Infatti, Ledru nel 1804 fabbricò un nuovo statuto medievale, datato 1324 e redatto dall'allora Gran Maestro dell'Ordine templare, un tale < 77 Ibidem p. 156-157. 78 Ibidem p. 161. 40 e Barruel individuano nei massoni templari i responsabili della rivoluzione francese e dell'odio verso le monarchia, verso la fine dell'Ottocento le dottrine magiche dell'abate francese Alphonse-Louis Constant si unirono alle idee dell'inglese Buwler Lytton che predicava la dissoluzione della democrazia decadente e l'ascesa di una classe dominante illuminata chiamata Vril.79 Sulla stessa scia si trovava anche il < 2. I Templari e i Catari Tra la fine del XII e l'inizio del XIII secolo il catarismo era considerata l'eresia per antonomasia. Dal greco katharòi, cioè < 79 Ibidem p. 191. 80 Ibidem p. 197. 81 C. AZZARA, Le civiltà del Medioevo, Bologna, Il Mulino, 2004, p. 184. 41 identificare il Male nel Dio del Vecchio Testamento, e a vedere in Cristo uno spirito sceso sulla Terra per combattere le tenebre e svelare la verità. Rifiutavano la proprietà privata, l'ostentazione della ricchezza, l'eucarestia, il battesimo, l'esercizio del potere, tra cui quello della Chiesa di Roma, alla quale opponevano una propria Chiesa con tanto di sacerdoti e strutture particolari. Nel 1179 ci fu una dura condanna del catarismo nel concilio lateranense III, nel 1184 papa Lucio III li accusò nella bolla Ad abolendam. Nel 1208, però, papa Innocenzo III decise di adottare il pugno di ferro, preparando una vera e propria crociata interna al cristianesimo, passata alla storia come la < 82 M. BAIGENT - R. LEIGH - H. LINCOLN, Il Santo Graal. Una catena di misteri lunga duemila anni, Milano, Mondadori, 2003, p. 56. 42 Chateau. A questo punto parte un altro filone della leggenda, che analizzeremo successivamente. I tre scrittori sostengono che durante le loro ricerche trovarono diversi punti in comune tra la teologia catara e le accuse che i Templari ricevettero durante il processo. Uno tra i tanti la scarsa importanza che entrambi i gruppi davano alla Croce. Sappiamo che l'Ordine del Tempio aveva diversi possedimenti sia nei Pirenei che in Provenza, laddove l'eresia catara si era radicata maggiormente.83 Ma è davvero possibile affermare che l'eresia catara abbia influenzato il modo di pensare e di agire dei Templari, a tal punto da ritenere vere le accuse mosse contro di loro dagli uomini di Filippo il Bello? Dopo aver analizzato i mezzi con i quali il Nogaret estorceva le confessioni ai cavalieri, dalla tortura al metodo della < 83 BARBER, La storia dei Templari, p. 290-291. 84 FRALE, L'ultima battaglia dei Templari, p. 240. 85 Ibidem. 43 collaborò con Filippo IV.86 L'uomo che organizzò le inchieste nella Linguadoca, principalmente a Tolosa e a Carcassonne, fu Bernard Guy.87 È ipotizzabile che l'accostamento dei Templari ai Catari per quanto riguarda il tema dell'Eucarestia abbia fatto credere che i due gruppi fossero profondamente in relazione tra loro. Da qui l'origine della leggenda. È opportuno, però, soffermarsi sulle molte differenze che esistono tra i due gruppi di religiosi. I Catari ritenevano che la Chiesa fosse un prodotto di Satana, mentre i Templari erano fedelmente legati all'autorità papale; l'accusa affermava che i Templari consideravano Gesù come un uomo qualunque, crocifisso per le sue colpe e non per la remissione dei peccati, mentre i Catari ritenevano che Gesù fosse un'entità spirituale e che non fu mai crocifisso; ai Catari era proibito giurare, mentre i Templari facevano del giuramento il momento saliente del loro impegno nell'ordine.88 Nel libro di Henry Lincoln si fa anche riferimento al legame tra Templari, Catari e il paesino di Rennes-le-Chateau. A questo punto dobbiamo spiegare la presenza di questo paesino all'interno della mitologia templare. 3. I Templari a Rennes-le-Chateau Dalle < 86 Ibidem, p. 245. 87 Ibidem, p. 248. 88 Ibidem, p. 252. 44 spiegare l'origine della grande quantità di denaro di cui disponeva Sauniere. Il 17 gennaio del 1917 il parroco ebbe un attacco cardiaco e morì cinque giorni dopo. Il suo confessore, dopo averlo ascoltato in privato, rifiutò di concedergli l'estrema unzione. Il mistero sulla sua persona si infittisce quando Lincoln & co., secondo una ricevuta in loro possesso,89 scoprono che dieci giorni prima del decesso, sebbene godesse di un'ottima salute, tramite la sua governante Marie Denarnaud si fece recapitare a casa una bara. L'intero patrimonio finanziario di Sauniere passò quindi alla governante e amica Marie. Lincoln sostiene che alla base delle fortune di Sauniere ci fosse la scoperta di un tesoro durante le attività di restauro della Chiesa. Oltre al tesoro, però, Sauniere trovò anche qualcos'altro, forse un segreto, grazie al quale riuscì a ricattare persino il Vaticano.90 L'ipotesi91 dei tre inglesi è che Berenger Saunier nella chiesetta di Rennes- le-Chateau aveva scoperto dei documenti che testimoniavano l'esistenza di una dinastia molto particolare: quella nata dall'unione di Gesù Cristo e di Maria Maddalena. Unendo in un unico calderone i romanzi medievali del Graal, le leggende popolari riguardanti la sacra reliquia, la figura di Maria Maddalena e alcuni vangeli gnostici, Lincoln, Baigent e Leigh hanno dedotto che Gesù e la Maddalena avessero avuto una relazione e, dopo la crocifissione, la donna sarebbe sbarcata sulle coste della Francia meridionale, precisamente a Marsiglia, portando con sé il frutto dell'unione con il figlio di Dio. Il Santo Graal in realtà sarebbe la discendenza di Gesù, il < 89 Ibidem, p. 28. 90 Ibidem, p. 35. 91 Ibidem, p. 410-413. 92 Ibidem, p. 412. 45 punto di vista logico e affascinante>>.93 Con un incredibile tasso di autocritica si accorgono che lo scenario < 93 Ibidem. 94 Ibidem. 95 Ibidem, p. 435-436. 96 M. BAIGENT - R. LEIGH - H. LINCOLN, Il Santo Graal, p. 443-447. 97 Ibidem, p. 447. 46 Quest'ultima ipotesi, sostenuta dai nostri tre autori è confermata dall'opera di un autore inglese, alla quale i tre fanno riferimento: Jesus Scroll di D. Joyce. Secondo una lettera non meglio specificata, pervenuta ai tre ricercatori,99 i documenti che Sauniere aveva trovato nella chiesetta a Rennes contenevano la < 4. I Templari e il Priorato di Sion Il primo a parlare delle scoperte del parroco Berenger Sauniere fu l'inventore del personaggio di Arsene Lupin, il francese Maurice Leblanc, tra gli anni Dieci e gli anni Trenta del Novecento. Negli anni cinquanta l'intero racconto raccolse una folta schiera di creduloni, tra i quali un certo Pierre Plantard (1920-2000), da sempre appassionato di esoterismo e fondatore nel 1956 di una società esoterica che asseriva esistere da secoli: il Priorato di Sion. Nel 1967 l'appassionato d'arte Philippe de Cherisay (1925-1985) fabbricò falsi documenti, che avrebbero dovuto provare l'esistenza del priorato fin dalla notte dei tempi, e insieme al Plantard li introdusse nella Bibliotheque Nationale di Rue Richelieu, a Parigi. Nello stesso anno il giornalista anticlericale Gerard de Sède (1921-2004) pubblica L’Or de Rennes ou la Vie insolite de Bérenger Saunière, curé de Rennes-le-Château, nel quale mischia abilmente le carte.100 Cerchiamo di capire qual è il rapporto tra il Priorato di Sion e l'ordine dei Templari nel < 98 Ibidem, p. 459. 99 Ibidem, p. 470. 100 CARDINI, La tradizione templare, p. 172. 47 Templari. Secondo questo racconto, quindi, l'Ordine del Tempio fu creato dal Priorato di Sion come proprio braccio armato.100 Nel 1188, un anno dopo la caduta di Gerusalemme ad opera di Saladino, i rapporti tra Templari e ordine di Sion si rompono, forse a causa dell'inettitudine del Gran Maestro dei Templari, Gerard de Ridefort. I < 100 M. BAIGENT - R. LEIGH - H. LINCOLN, Il Santo Graal, p. 137-138. 101 Ibidem, p. 548-577. 102 Ibidem, p. 558. 103 Ibidem, p. 558-559. 104 Ibidem, p. 563-569. 105 Ibidem, p. 573-575. 106 Ibidem, p. 575-577. 107 Ibidem, p. 168-186. 108 Ibidem, p. 559-561. 109 Ibidem, p. 569-572. 48 Cocteau sarebbe stato il ventitreesimo Gran Maestro a partire dal 1188, quindi Jean XXIII.110 Il poeta francese morì nel 1963, esattamente nello stesso anno in cui morì un altro personaggio che, una volta salito sul gradino più alto della propria istituzione, scelse anch'egli il nome di Giovanni XXIII. Ovviamente stiamo parlando del papa che successe Pio XII al soglio pontificio, cioè il cardinale Angelo Roncalli, conosciuto da tutti come il < 110 Ibidem, p. 198. 49 avrebbe poi rielaborato e pubblicato il manoscritto come L’Or de Rennes ou la Vie insolite de Bérenger Saunière, curé de Rennes-le-Château. È assolutamente certo che sia Les Dossiers secrets sia le pergamene sono documenti falsi compilati nello stesso anno 1967. A testimoniarlo è lo stesso Gérard de Sède, il quale vent'anni dopo L’Or de Rennes in un’opera intitolata Rennes-le-Château. Le dossier, les impostures, les phantasmes, les hypothèses li definiva apocrifi ispirati da un < 111 G. DE SÈDE, Rennes-le-Château. Le dossier, les impostures, les phantasmes, les hypothèses, Parigi, Robert Laffont, 1988, p. 107, in http://www.cesnur.org/2005/mi_02_03.htm. 112 Ibidem, p. 108. 113 P. DE CHERISEY, Circuit, Liegi, presso l’Autore, 1968; L’Or de Rennes pour un Napoléon, Parigi, presso l’Autore, 1975; L’Énigme de Rennes, Parigi, presso l’Autore, 1978, in http://www.cesnur.org/2005/mi_02_03.htm. 114 N. PINOT, L’Interview de M. Pierre Plantard de Saint-Clair, < 50 opere. Se Marc Bloch avesse trovato in un'opera di Lucien Febvre alcune proprie considerazioni riguardo ad un argomento di storia medievale, non si sarebbe mai azzardato di querelare il collega per plagio, perché - si sa - la storia parte dalle ricerche che studiosi prima di noi hanno portato a termine. Se Lincoln, Baigent e Leigh avessero ritenuto veramente che il contenuto della loro opera fosse veritiero e storicamente valido, non avrebbero mai querelato Dan Brown. 5. I Templari e il Santo Graal Il termine Graal indica in francese antico un vaso o una coppa, che la tradizione popolare identifica con il calice dell'Ultima cena di Gesù, coppa poi utilizzata da Giuseppe d'Arimatea per raccogliere il sangue del Cristo sulla croce. La fonte di questa tradizione è Jacopo da Varagine (1228 ca.-1298), che nella sua raccolta di vite di santi intitolata Legenda aurea narra di un condottiero della Repubblica di Genova, Guglielmo Embriaco Testadimaglio, che al fianco di Goffredo di Buglione contribuì alla presa di Gerusalemme.115 Il condottiero avrebbe portato a Genova il piatto o il calice dell'Ultima cena nel 1101 ed è tutt'ora custodito al Museo del Tesoro della cattedrale di San Lorenzo a Genova. È grazie a Jacopo da Varagine che dobbiamo la nascita e la diffusione della leggenda secondo la quale Maria Maddalena, dopo la morte di Gesù, sia sbarcata in Francia. Sotto la forma letteraria il Graal appare per la prima volta con il Perceval ou le conte du Graal di Chrétien de Troyes, scritto nel XII secolo, nel quale l'autore non fa nessun riferimento alla coppa dell'Ultima cena. Anche Wolfram von Eschenbach, poeta tedesco vissuto tra il 1170 e il 1220 circa, parla del Graal in maniera del tutto diversa dal calice di Gesù. Secondo Wolfram la sacra reliquia sarebbe una pietra magica (lapis exillis), che produce ogni cosa che si possa desiderare in virtù della sua sola presenza. Il primo ad identificare il Graal con la coppa dell'Ultima cena fu Robert de Boron, poeta francese vissuto tra XII e XIII secolo, nel suo Roman dou l'Estoire de Graal ou Joseph d'Arimathie. Secondo 115 Per un approfondimento sul testo di Jacopo da Varagine si consiglia la lettura di JACOPO DA VARAGINE, Legenda aurea, a cura di Vitale Brovarone A. e Vitale Brovarone L., Torino, Einaudi, 2007. 51 Robert fu Giuseppe a raccogliere il sangue del Cristo morto sulla croce e a portare il calice sulle isole britanniche e a fondare le prime chiese cristiane. In un articolo del 1996 intitolato Joseph of Arimathea, the Holy Grail and the Turin Shroud, lo storico americano Daniel Scavone ha ipotizzato che il Santo Graal fosse in realtà la Sacra Sindone.116 Egli ipotizza che la leggenda del Graal sia stata ispirata da alcune notizie giunte in Occidente di un oggetto legato alla sepoltura di Gesù e che ne conteneva il sangue. A supporto di questa teoria Scavone nota che, secondo alcune fonti, il Graal offriva una particolare < 116 http://www.shroud.com/scavone2.htm. 52 Convento di Cristo a Tomar; nella Basilica di San Lorenzo fuori le Mura in Roma; nella Cappella di San Galgano a Montesiepi in Toscana; nella Cappella di San Francesco d'Assisi della Chiesa di San Panfilo in Villagrande di Tornimparte (L'Aquila); nella Cattedrale della Virgen del Carmen in Valencia; sotto la Chiesa di Naantali in Finlandia. Tra le tante leggende che circolano intorno ai cavalieri templari ce ne sono alcune che hanno dell'incredibile. Alcuni ipotizzano che se Cristoforo Colombo è arrivato nelle Americhe è solo grazie al merito dei Templari, che gli avrebbero fornito le carte geografiche adeguate. A sostenere una tesi simile c'è anche la fondazione Delphos.117 Forse non sapremo mai la vera realtà di ciò che la leggenda chiama Santo Graal, né tanto meno dove esso possa essere. Esiste, invece, una reliquia la cui genesi affascina da decenni studiosi di tutto il mondo. È considerata la reliquia più importante della cristianità, la sola che potrebbe testimoniare in maniera tangibile e visibile i segni della passione e della resurrezione di Gesù Cristo: stiamo parlando della Sacra Sindone. Molti oggi ipotizzano che sia essa il misterioso volto barbuto che adoravano i templari nelle loro commende e non il < 6. I Templari e la Sacra Sindone Nel 2009 escono in Italia presso la casa editrice Il Mulino due libri della storica e ufficiale dell'Archivio Segreto Vaticano Barbara Frale, uno intitolato I Templari e la Sindone di Cristo l'altro La sindone di Gesù Nazareno. Il primo libro ci offre un breve riassunto sulle diverse tappe che hanno visto la Sindone arrivare fino al Duomo di Torino, partendo dal misterioso idolo che adoravano i cavalieri del Tempio. Con la tecnica della < 117 Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito ufficiale della fondazione: http://www.delphos.com.ar/index.htm. 53 sotto torchio. Alcuni di essi affermavano che lo strano idolo fosse in relazione con qualche ritratto sacro per l'islam. Alcuni frati lo chiamavano Magometum, altri Maguineth e Mandaguorra ma anche Yalla.118 Sappiamo che la cultura musulmana proibisce rigorosamente di raffigurare il dio Allah, mentre il suo profeta, Maometto, poteva essere raffigurato solo nel corpo e non nel volto, altrimenti il pittore musulmano sarebbe stato accusato di idolatria. Per questi motivi non possiamo identificare l'idolo dei Templari come un ritratto musulmano, ma dobbiamo pensare ad altro. Le chiese dovevano essere arredate in maniera tale da diventare le < 118 FRALE, I Templari e la Sindone di Cristo, Bologna, Il Mulino, 2009, p. 54-55, nota 43. 119 Ibidem, p. 58, nota 47. 120 Ibidem, p. 73, nota 3. 121 Ibidem, p. 76. 54 < 122 Ibidem, p. 78-79. 123 Ibidem, p. 81. 124 Articolo apparso la prima volta il 29/06/2009 sul sito http://sindone.weebly.com/frale1.html e poi riveduto l'11/11/2009. 125 M. VALLERANI – J. THERY, I templari e la Sindone: l’ “ipotetica della falsità” e l’invenzione della storia, in «Historia Magistra» 2 (2009), pp. 10-17. 126 A. NICOLOTTI, Quale l’antigrafo e quale l’apografo? Giovanni Aquilanti e Barbara Frale, Mysterium Baphometis revelatum, articolo pubblicato il 30/04/2010 sul sito www.giornaledistoria.net. 55 analisi della storica viterbese. In realtà, guardando bene anche solo una fotografia del testo originale, si riconosce facilmente che la trascrizione corretta è signum fusteum e non signum fustanium, ovvero < 127 FRALE, La sindone di Gesù Nazareno, Bologna, Il Mulino, 2009, p. 100-119. 56 In attesa di scoprire l'evoluzione del dibattito, seguiamo il quadro presentato dalla Frale sui vari spostamenti della Sindone nella storia. Nell'antica città di Edessa, l'attuale Urfa in Turchia, veniva custodita una particolare reliquia chiamata mandylion, che in greco significava < 128 Ibidem, p. 103. 129 Ibidem, p. 107-108. 130 Ibidem, p. 110. 57 legame tra i Templari e la Sindone per tutto il periodo che va dal 1204 al 1353.131 La Frale ipotizza che il de Charny morto nel 1314 e il cavaliere omonimo possessore della Sindone nel 1353 appartenessero alla stessa famiglia, < 7. Il fascino del complotto Una frase divenuta ormai nota di Umberto Eco afferma che < 131 Ibidem, p. 114. 132 Ibidem, p. 117. 133 Ibidem, p. 118. 58 nel XXI secolo, a quasi sette secoli dallo scioglimento dell'ordine, i cavalieri rossocrociati mostrano un fascino ancora vivo è che la maggior parte dei libri che raccontano dei Templari iniziano proprio dove dovrebbero finire. Marc Bloch affermava che l'unica differenza tra lo storico autentico e il lettore di un Alexandre Dumas (o di un Dan Brown) <<è che il primo trova molta maggiore soddisfazione nella verità che nella contraffazione. [...]. Infatti ogni storia “romanzata” è forzatamente redatta a colpi di anacronismi, dal momento che il “romanziere”, volente o nolente, ricava dalle proprie personali esperienze le fantastiche tinte con cui scarabocchia la “realtà”>>.134 La storia è piena di complotti riusciti, falliti, nascosti e dimenticati: dalla congiura di Catilina a quella delle idi di marzo, dalla congiura dei Pazzi alla strage di san Bartolomeo, dai complotti carbonari fino all'Operazione Valchiria. Bisogna, però, saper distinguere il complotto dal < 134 BLOCH, Apologia della storia, p. LXVII. 59 che non hanno nulla in comune tramite un terzo che funge da collante. Questa è credulità. Nella mitologia templare, però, non rientrano soltanto le accuse di complotto, ma molto altro ancora. Recuperando una famosa battuta dell'onorevole Giulio Andreotti, si potrebbe dire che a parte le guerre puniche, i Templari sono stati accusati di tutto! 60 CAPITOLO TERZO Ugo de Payns: cavaliere italiano? 1. Ugo de Payns e la storiografia < 135 S. CERRINI, La rivoluzione dei Templari, p. 21. 136 Ibidem. 137 Ibidem, pp. 21-22. 61 cavaliere di Campania,138 che riporta alla luce una tesi già cavalcata diversi secoli fa, secondo la quale il fondatore dei Templari è originario di Nocera de' Pagani, paesino campano in provincia di Salerno. 2. Critiche alla storiografia < 2.1 La datazione Nel suo libro e in un'intervista rilasciata al Sole 24 ore, intitolata Il fondatore dei Templari? Era un lucano e pubblicata il 30 agosto del 2008, Moiraghi muove diverse critiche a quanti sostengono l'origine francese di Hugo de Paganis. L'architetto sostiene innanzitutto che l'ordine dei Templari sia stato fondato intorno al 1100 e non intorno al 1118 come vorrebbe la storiografia ufficiale. La conferma di questa diversa datazione viene da alcune lettere scritte direttamente dal fondatore dell'ordine, come sostiene Moiraghi nell'intervista al quotidiano finanziario. In una lettera Ugo informerebbe il re di Gerusalemme, Baldovino I, circa la presenza e l'attività dell'ordine da lui fondato già intorno al 1106. Inoltre, esisterebbe una lettera scritta da Ugo a suo zio, tale Leonardo Amarelli, nella quale il cavaliere lo informa della morte del cugino Alessandro durante una battaglia in Terra Santa. Questa lettera datata 1103, a detta di Moiraghi, confermerebbe sia l'esistenza dei Templari ben prima del 1118 sia l'origine campana del fondatore dell'ordine. Sulla < 138 M. MOIRAGHI, L' italiano che fondò i templari. Hugo de Paganis cavaliere di Campania, Milano, Ancora, 2005. 139 S. DI SAN BERTINO, Gesta abbatum Sancti Bertini Sithiensium, O. Holder-Egger (ed.), in Monumenta Germaniae Historica Scriptores, vol 13, p. 600. Simone riceve l'incarico di scrivere le gesta degli abati dell'Abbazia di San Bertino direttamente dal suo abate Lamberto, che 62 testo, scritto ben prima dell'Historia di Guglielmo di Tiro, narra le vicende legate alla Terra Santa dopo la prima crociata e del tentativo di portare Goffredo di Buglione sul trono di Gerusalemme. Il testo che ci interessa è il seguente: < Il regno di cui parla Simone è quello di Goffredo di Buglione, nominato Advocatus Sancti Sepulchri nel 1099 dopo aver rifiutato il titolo di re. Goffredo morirà l'anno successivo la sua incoronazione, per questo la cronaca del monaco inglese getterebbe una nuova luce sulla data della fondazione dell'ordine: non più 1118 o 1119, ma già al tempo del < governò il monastero dal 1095 al 1123. Simone visse fino al 1148, anno in cui Guglielmo di Tiro aveva sicuramente meno di vent'anni. 140 Ibidem, p. 649. 63 2.2 La città di Payns Negli anni settanta due grandi storici hanno approfondito il problema delle origini di Hugo de Paganis, Maria-Luisa Bulst-Thiele e Malcolm Barber,141 ed entrambi hanno confermato che Ugo era originario di un paesino della Champagne, ovvero l'attuale Payns. Ugo era signore di Montigny142 e aveva possedimenti anche dalle parti di Tonnerre. Era sposato e aveva un figlio, Tebaldo, che sarebbe poi diventato abate del monastero di Sainte-Colombe di Troyes. Il nome di Ugo appare anche in alcuni atti privati del 1100, accanto al conte di Bar-sur-Seine e a quello di Ramerupt.143 Demurger ipotizza che Ugo appartenesse alla media aristocrazia francese, imparentato con la famiglia di Montbard, la famiglia della madre di san Bernardo. Questo potrebbe spiegare lo stretto rapporto che il fondatore dell'ordine aveva con il monaco cistercense.144 Ma c'è anche un altro elemento che convince gran parte degli storici sull'origine francese di Ugo: il suo viaggio in Occidente prima del concilio di Troyes. La prima tappa del suo viaggio fu proprio la Champagne, prima di dirigersi verso l'Angiò e il Maine. In questi territori compie un lavoro di mediazione, convincendo il conte Folco V d'Angiò a succedere a Baldovino II come re di Gerusalemme. Ugo riuscirà anche a placare la sete di avidità di un feudatario del conte Folco, Ugo d'Amboise, autore di innumerevoli estorsioni ai danni della celebre abbazia di Marmoutier in Turenna. Ritornerà ancora nella Champagne dopo esser stato in Normandia, Inghilterra e nelle Fiandre. La 141 Vedi M. L. BULST-THIELE, Sacrae domus militiae Templi Hierolymitani magistri. Untersuchungen zur Geschichte des Templer-ordens, Gottingen, 1974 e M. BARBER, The Origins of the Order of the Temple, in < 143 A. DEMURGER, Vita e morte, pp. 20-21. Gli atti delle donazioni sono stati pubblicati da A. Lalore in Cartulaire de l'Abbaye de Saint-Loup de Troyes, Paris, Ernest Thorin, 1875 e in Cartulaire de l'Abbaye de Montieramey, Paris, Ernest Thorin, 1890. Nei due cartolari il nome del fondatore è indicato con < 64 continua presenza di Ugo in queste terre, unita agli incarichi diplomatici che re Baldovino II gli aveva affidato, ci lascia pensare che il fondatore del Tempio fosse molto legato a questi territori e ai suoi signori. Moiraghi elenca tutte le varianti con le quali è stato trascritto in volgare il nome di Hugo de Paganis, e nota che molte tra queste variazioni non possono minimamente essere associate alla località di Payns. Pertanto tutte le trascrizioni rimandano esclusivamente alla famiglia de Paganis e non ad una località geografica francese. Le varie forme con le quali è stato indicato il fondatore dell'ordine sono le seguenti: 1. Pedano, Carte dell'Abbazia di Molesme, 1090; 2. Peanz, Carte dell'Abbazia di Montieramey, 1100; 3. Paenciis, Carte dell'Abbazia di Saint-Loup de Troyes, 1100; 4. Pazence, Cartolario del Santo Sepolcro, 1120; 5. Peans, Carte dell'Abbazia di Notre-Dame de Josaphat, 1123; 6. Sagano, Cartolario del Santo Sepolcro, 1125. 145 I sostenitori dell'origine italiana hanno però molti dubbi sul paesino di Payens, l'attuale Payns. Il termine francese < 145 MOIRAGHI, L’italiano che fondò i Templari, p. 98 nota 27. Moiraghi sostiene che queste varianti del cognome del fondatore dei Templari non possono essere versioni volgari o varianti di Payens. Anche la storica e filologa Simonetta Cerrini ha notato che le occorrenze di Ugo di Payns, signore del villaggio presso Troyes, non corrispondono mai a quelle che si riferiscono al maestro del Tempio, cfr. CERRINI, La rivoluzione dei Templari, p. 23. 65 Villanova o Francavilla, il cui termine deriva dai nuovi villaggi creatisi nel medioevo, dopo l'affrancamento di un terreno da un signore locale. Moiraghi critica la scelta di identificare Payens con il paesino nei pressi di Troyes, affermando che, stando all'etimologia del nome, si potevano scegliere anche altre località.146 Se si considera, oltre alla vastità dei toponimi relativi ed affini a Payens, anche la diffusione del nome Hugo o Hugues nei territori francesi dell'epoca,147 l'accostamento di un Hugues de Payens al fondatore dei Templari sembrerebbe molto sommaria a detta di Moiraghi. L'architetto, poi, sostiene che la ricerca archeologica nell'odierna Payns non attesta nulla che confermi la presenza di un castello o di un borgo appartenente ad eventuali signori di Payens. Un documento dell'aprile 820, citato da A. Giry in Etudes carolingiennes,148 attesterebbe l'esistenza di Payns già all'epoca sotto il nome di < 146 Nel 1620, infatti, il gesuita Odon de Gissey nei suoi Discours Historiques de Notre Dame du Puy sostenne che il fondatore dei Templari fosse nativo di Vivarai, nell' Ardeche (Francia del sud). 147 Il nome "Ugo" era assai diffuso all'epoca e molti personaggi importanti avevano quel nome: il teologo Ugo di San Vittore, il principe di Galilea Ugo di Saint-Omer, il Gran Maestro dell'Ospedale Ugo Revel, il re di Cipro Ugo III, il conte di La Marche Ugo VIII di Lusignano e altri. Anche molti cavalieri templari che avevano ricoperto ruoli importanti portavano quel nome: Ugo di Bourbouton, precettore del Tempio di Richerenches; Ugo di Dampierre, commendatore; Ugo di Jouy, maresciallo; Ugo di Piraud, visitatore del Tempio in Occidente; Ugo di Rigaud, procuratore; Ugo Normanno, missus del Tempio. 148 A. GIRY, Etudes carolingiennes, Parigi, 1823. 149 MOIRAGHI, L'italiano che fondò i Templari, pp. 25-28. 150 M. BUR, Vestiges d'habitat seigneural fortifie en Champagne meridionale. Inventaires des sites archeologiques non monumentaux de Champagne, vol. IV, Cahier des Lettres et Sciences 66 Ma lo scetticismo di Moiraghi nei confronti di coloro che sostengono l'origine francese di Hugo de Paganis, in particolar modo nei confronti di Thierry Leroy,151 è basato soprattutto sulla traduzione della cronaca di Guglielmo di Tiro ad opera di Paulis Paris. Vediamo in dettaglio di cosa si tratta. 2.3 La traduzione < < Mentre Paris scrive così: < Leggendo i due testi, Moiraghi sostiene che la traduzione francese arricchisca e innovi l'originale testo latino. Ecco un esempio: < humaines de l'Université de Reims, Reims, ARERS, 1997. 151 T. LEROY, Hugues de Payns, chevalier champenois, fondateur du Temple, Troyes, Editions de la Maison du Boulanger, 2000. 152 P. PARIS, Guillaume de Tyr et ses continuateurs, texte francais du XIII siecle, revu et annotè par M. Paulin Paris, Paris, Firmin Didot et Cie, 1879-80. 153 MOIRAGHI, L'italiano che fondò i Templari, pp. 55. 154 Ibidem. 67 [In quello stesso anno alcuni nobili uomini della classe di cavalieri, devoti, religiosi e timorati, affidandosi nelle mani del Patriarca di Cristo, giurarono di voler vivere per sempre secondo la regola dei canonici regolari, in castità, obbedienza e povertà], tradotto con: < Nel suo testo Guglielmo di Tiro non specifica che i cavalieri provengono dalle terre d'oltremare (che secondo il punto di vista dell'arcivescovo era l'Europa), non perché non fosse vero, ma semplicemente perché, essendo nato dopo la prima crociata, la cultura del suo tempo aveva già fatto proprio il processo di costituzione dei regni d'Outremer (che dal nostro punto di vista erano i territori della Terra Santa), e quindi la provenienza dei primi crociati era un dato sicuramente sottinteso. A nostro avviso Paulin Paris non può essere accusato di aver < < 155 Ibidem, p.56. 156 Ibidem. 68 [Fra loro i primi e più importanti furono due uomini venerabili, Ugo dei Pagani e Goffredo di Santo Audemaro], così: < L'aggiunta di “delez Troies”, secondo Moiraghi, sarebbe la < 157 Ibidem. 158 Ibidem, pp.56-57. 159 Ibidem, p. 54. 69 abbia specificato meglio la provenienza di Ugo perché non era a conoscenza delle coordinate geografiche del paesino in questione. Il che ci porta a non escludere a priori la < 3. Ugo < 3.1 Il problema delle fonti genealogiche L'ipotesi dell'origine italiana di Ugo de' Pagani non è del tutto recente e nuova, dato che apparve già molti secoli fa proprio in Italia. Nel suo libro Moiraghi passa in rassegna diversi documenti araldici e genealogici, nei quali è attestata l'origine italiana del fondatore dei Templari. Si tratta di testi di diversa origine, che avevano lo scopo comune di attestare la nobiltà e l'antica tradizione delle casate o degli Ordini di appartenenza di alcune famiglie. Prima di analizzare nel dettaglio i documenti relativi al fondatore del Tempio, è opportuno soffermarsi sul genere al quale appartengono tali documenti. Le genealogie come espressioni della storiografia sono da sempre appartenute al genere umano, tanto è vero che sono attestate già ai tempi dei Sumeri, degli Assiri e dei Babilonesi. Anche la Bibbia, ad esempio, inizia con un quello che può essere definito un trattato genealogico, ovvero il Genesi. Anche al tempo di Greci e Romani questo genere era abbastanza diffuso, e nel medioevo signori e principi legittimavano la loro sovranità avvalendosi di genealogie ad usum Delphini. Ma è in età moderna che ci troviamo di fronte ad una progressiva diffusione degli scritti genealogici.. Le genealogie hanno sempre destato molte perplessità, in passato come in presente, a causa del carattere < 160 Ibidem, p. 100. 70 moderna, prestando molta attenzione ai diversi autori, molto spesso falsari, che hanno contribuito a diffondere testimonianze genealogiche al di là dal vero. Un nome su tutti è quello del frate domenicano Giovanni Nanni, più noto come Annio da Viterbo, vissuto tra Quattrocento e Cinquecento, il quale con le sue Antiquitates162 ha dato origine ad un settore molto interessante degli scritti genealogici moderni, partendo dal decimo capitolo del Genesi. Annio, infatti, correggendo gli errori degli autori classici greci, ci mostra la vera storia universale degli uomini partendo dalla stirpe Noachica, ovvero i discendenti di Noè. Il frate sostiene che il popolamento del mondo abbia preso origine dalla Tuscia e da Viterbo, la cui lingua, l'etrusco, era una forma di aramaico ben più antica dell'ebraico.163 Vi è però un intento patriottico e reverenziale negli scritti di Annio. Oltre a identificare la culla dell'umanità nei pressi della sua Viterbo, il frate rende omaggio ai < 161 R. BIZZOCCHI, Genealogie incredibili. Scritti di storia nell'Europa moderna, Bologna, Il Mulino, 2009. Il libro è da intendere più come un saggio che come un trattato sistematico, come affermato dallo stesso Bizzocchi nella sua postfazione. Per avere un'idea precisa su come questo genere si sia sviluppato in tutta l'Europa moderna è opportuno soffermarsi sul primo capitolo del libro (pp. 9-89). 162 Per un approfondimento sulla figura del frate domenicano consigliamo la lettura di R. WEISS, Traccia per una bibliografia di Annio da Viterbo, in < 164 Ibidem, p. 27-28. 165 Ibidem, p. 26. 71 Le storie noachiche di Annio hanno trovato molti seguaci in tutta Europa dal francese Guillaume Postel,166 vissuto nel Cinquecento, al frate spagnolo del Seicento Prudencio de Sandoval,167 dall'umanista alsaziano Hieronymus Gebweiler168 al tedesco suo contemporaneo Volfango Lazio.169 Tutti questi autori seguono, senza distaccarsene mai, il principio anniano secondo cui l'origine della storia non si può ottenere se non tramite genealogie.170 Accostandoci ai testi genealogici, non possiamo limitarci a biasimare quanti scrivono, soltanto perché sono presenti sul libro paga di qualche potente, così come ci suggeriva Lenglet Du Fresnoy nel suo monumentale Methode pour etudier l'histoire,171 tradotto in Italia nel 1726 presso Sebastiano Coleti di Venezia. Lenglet individuava quattro tipi differenti si genealogie: quelle < 166 Ibidem, p. 31. 167 Ibidem, p. 38. 168 Ibidem, p. 42. 169 Ibidem, p. 45. 170 Ibidem, p. 26-27: < 171 N. LENGLET DU FRESNOY, Methode pour etudier l'Histoire, avec un Catalogue des principaux Historiens, et des Remarques sur la bonté de leurs Ouvrages, et sur le choix des meilleures Editions. Par M. L'Abbé lenglet Du Fresnoy. Nouvelle Edition, Augumentée de Cartes Géographiques, Parigi, presso Pierre Gandouin, 1729. La prima edizione risale al 1713, mentre l'aggiunta di due Supplements risale al 1741, stampato a Parigi presso Rollin fils et de Buré l'aisné Libraires. 72 Non possiamo capire a fondo il significato delle genealogie moderne se non analizziamo i loro debiti con la produzione genealogica dell'antichità, greca, romana e cristiana che sia. L'uomo è solito associare al termine < 172 Per approfondire l'argomento si può leggere anche M.J. FINLEY, Il mondo di Odisseo, Bari, 1978. 173 C. LEVI-STRAUSS, Mito e significato. Cinque conversazioni radiofoniche, Milano, Il Saggiatore, 2010, p. 30. 174 Un'accurata sintesi degli sviluppi dei diversi miti che circolarono intorno all'origine di Atene si trova in P. ELLINGER, Il mito: riscritture e riusi, in Storia Einaudi dei Greci e dei Romani, a cura di S. SETTIS, Torino, Einaudi, 2008, vol. VI, pp-841-850. 73 invece, ottenne una notevole diffusione nelle genealogie di epoca romana. Infatti, l'origine dei futuri padroni d'Europa, presentato da Virgilio, Plutarco e Tito Livio (soltanto per citarne alcuni), trae spunto dal mito dello sbarco di Enea nel Lazio, dalla fondazione di Alba Longa e dalla discendenza di Rea Silvia, madre di Romolo e Remo, da Ascanio, figlio di Enea e Creusa. Le genealogie romane, però, presentano una caratteristica che le differenzia notevolmente da quelle greche. Più che dalle divinità o da personaggi mitologici, ai romani piaceva discendere dai consoli, quasi a voler legare la propria famiglia alle importanti vicende che hanno caratterizzato la storia dell'Urbe. L'utilizzo così marcatamente civico delle genealogie romane porta gli annalisti a costruire la storia della città tramite la storia delle famiglie gentilizie, il che significa andare in contro a facili manipolazioni. Ci ammonisce anche Tito Livio di questa conseguenza quando scrive: < Livio non fu l'unico uomo antico ad avere una certa avversione nei confronti delle ricostruzioni genealogiche. Anche Platone e Seneca mostrarono tutto il loro scetticismo contro la vanagloria della nobiltà, a causa del continuo mutare della Fortuna. Così scriveva Seneca: < 175 T. LIVIO, Ab Urbe condita, VIII, 40, 4-5 (trad. M. Scandola), citato in R. BIZZOCCHI, Genealogie incredibili, p. 112. 74 A criticare questo settore della storiografia troviamo anche i cristiani, i quali contrapponevano alla nobiltà e alle differenze di sangue la comune discendenza da Adamo ed Eva, la comune fratellanza con il Messia e la redenzione eterna promessa a ogni singolo uomo della Terra, senza alcuna distinzione. Col passare dei secoli, però, l'atteggiamento della Chiesa è mutato. Infatti, uno dei tanti topoi dell'agiografia medievale era il binomio nobiltà-santità, secondo il quale < 176 SENECA, Ad Lucilium, V, 44, 1, 4-6 (trad. G. Monti), citato in R. BIZZOCCHI, Genealogie incredibili, p. 96. 177 A. VAUCHEZ, La sainteté en Occident aux derniers siécles du Moyen Age, Roma, Ecole française de Rome, 1981 (trad. it. La santità nel Medioevo, Bologna, il Mulino, 1989), p. 129. 178 R. BIZZOCCHI, Genealogie incredibili, p. 241. 179 Ibidem, p. 243-244. Per una panoramica sugli sviluppi delle genealogie cinquecentesche e seicentesche del Regno di Napoli leggere anche A. SANNINO, Le storie genealogiche, in Il libro e la piazza. Le storie locali dei Regni di Napoli e di Sicilia in età 75 Nel complesso quadro dell'Europa moderna è la Francia a vantarsi di avere il primato assoluto in materia di genealogia. Nel regno dei Borbone, infatti, assistiamo ad una sempre più progressiva diffusione del materiale genealogico. Riflettendo sulle ragioni che hanno portato a questo sviluppo, notiamo che tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo il primato della nobiltà antica, detta anche nobiltà di spada e derivante dalle antiche famiglie aristocratiche e cavalleresche medievali, venne scalfito in favore di una nuova classe di nobili, i cosiddetti nobili di toga.180 Questi altro non erano che funzionari della pubblica amministrazione e del governo, che avevano acquistato tali incarichi direttamente dal sovrano. Questa prassi fu tipica della monarchia francese, prima della caduta dell'Ancien régime. I sovrani, in effetti, avevano continuo bisogno di arricchire le proprie finanze e per questo motivo creavano nuovi incarichi amministrativi, che poi venivano venduti ad esperti del settore giuridico (giuristi, notai, docenti universitari, ecc.). Tali funzionari, una volta entrati nel complesso sistema della gestione del potere, tendevano a tramandare ereditariamente il loro incarico.181 Il passaggio delle cariche da padre in figlio favorì la nascita di una coscienza di gruppo molto forte e causò contrasti non solo con i membri della nobiltà di spada ma anche tra i membri stessi della nobiltà di toga. Accadeva sempre spesso che il sovrano istituisse nuove cariche, che poi venivano vendute a quanti aspiravano entrare nella cerchia dei nobili di toga. Questa prassi col passare del tempo causò un forte astio tra coloro che appartenevano alla nobiltà togata già da tempo, perché in questo modo si rendeva il gruppo sempre meno elitario e sempre più aperto alla plebe. Contro la massiccia espansione della nobiltà di toga molte famiglie aristocratiche cercarono di recuperare il prestigio perduto dando lustro al proprio casato grazie alla compilazione di dettagliate genealogie familiari, all'interno delle quali venivano moderna, a cura di A. Lerra, Manduria-Bari-Roma, Lacaita ed., 2004, pp. 109-155. 180 Il termine nobiltà di toga deriva dall'obbligo che avevano i laureandi di indossare la toga nel momento della discussione della tesi. I cosiddetti nobili di toga, infatti, godevano tutti di una preparazione universitaria. 181 Questa prassi fu istituzionalizzata nel 1604 da Enrico IV con l'editto della < 76 inseriti illustri personaggi storici (grandi condottieri, sovrani, papi, santi, ecc.), nella maggior parte dei casi del tutto estranei alla reale genealogia della famiglia. L'invadenza delle genealogie nell'ambiente aristocratico costrinse molti antichi nobili a effettuare una rapida carrellata sulla cultura genealogica nell'Antico Regime. Uno di essi è Louis Rouvroy, duca di Saint-Simon, discendente dei conti di Vermandois, a loro volta discendenti di Carlo Magno tramite il nipote Bernardo.182 Nelle sue Memoires, Rouvroy racconta di aver fatto visita al vescovo di Noyon, appartenente alla famiglia di Clermont-Tonnerre. In casa del prelato il duca di Saint-Simon racconta di aver visto un'immagine raffigurante i santi e le sante della famiglia, e due altre grandi tavole genealogiche, una intitolata Discendenza dell'augustissima casa di Clermont-Tonnerre dagli imperatori d'Oriente, l'altra Discendenza dell'augustissima casa di Clermont-Tonnerre dagli imperatori d'Occidente.183 Nell'ambito di una ricostruzione storica affidabile i documenti genealogici e araldici vanno studiati con particolare attenzione, perché non sempre contengono informazioni storicamente esatte. Come aveva già individuato l'abate francese Lenglet più ci si allontanava dalla contemporaneità e più ci si avvicinava a resoconti fantastici, i quali erano però raccontati < 182 R. BIZZOCCHI, Genealogie incredibili, p. 67. 183 Ibidem, p. 68. 184 M. A. VISCEGLIA, Il bisogno di eternità: I comportamenti aristocratici a Napoli nell'età moderna, Napoli, Guida ed., 1988, p. 165. 77 Tarquinio Longo, tratta della nobile famiglia Pagani o de Paganis in relazione alla località campana di Nocera dei Pagani. Questo il testo di Campanile: < 185 Il testo della donazione è contenuto nel ms. Brindisi, Bibl. De Leo, B 5, fol. 100v . 186 F. CAMPANILE, L'armi, overo insegne de' nobili, Napoli, stampato presso i tipi di Tarquinio Longo, 1610, pp. 252-53. 78 Pagano, figlio di Disigio e nipote di Ugo, il Paganus de Montdidier, uno dei fondatori dell'ordine, presente anche al concilio di Troyes.187 Tale cavaliere compare nella donazione fatta da Thierry di Fiandra nel 1128 e in un'altra fatta poco dopo il concilio di Troyes. Nel 1130 viene nominato Siniscalco e Ugo gli affida la gestione dei suoi beni in Francia. Da Napoli passiamo a Palermo, dove Antonino d'Amico nel 1636 compone l'opera Brevis et exacta noticia originis Sacrae Domus Templi. Il testo relativo al fondatore del Tempio, come riportato da Moiraghi, è il seguente: < Se il testo di Campanile offre all'architetto lo spunto di tracciare un sommario albero genealogico della famiglia di Ugo, il testo di d'Amico non può essere utilizzato come documento provante l'origine del fondatore, perché lo stesso Moiraghi afferma in una nota di non essere riuscito a trovare e a consultare direttamente il testo, perciò egli riporta la citazione < 187 CERRINI, La rivoluzione dei Templari, p. 82. 188 Ibidem, pp. 63-64. 189 Ibidem, p. 64. 79 < L'opera del Giustinian, non appartenendo al genere araldico, potrebbe godere di un’attenzione maggiore rispetto ai testi di Campanile e di d'Amico, se non fosse per alcuni vistosi errori, che macchiano la veridicità dei fatti da lui narrati. Il Giustinian, infatti, afferma che i cavalieri templari ottennero dal patriarca di Gerusalemme la regola di san Basilio, mentre sappiamo per certo che i cavalieri di Hugo, prima che il concilio di Troyes stabilisse la loro regola, entrarono nella comunità dei Canonici del Santo Sepolcro, che seguiva invece la regola di sant’Agostino.191 Ritornando alle fonti araldiche, circa due secoli dopo il commendatore pisano Giovanni Battista di Crollalanza pubblica a Pisa il Dizionario storico 190 Ibidem, p. 65. 191 FRALE, I Templari, p. 20. 80 blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane estinte e fiorenti, nel 1886.192 Nella descrizione della famiglia Pagano egli scrive: < Confrontando il testo di Giovanni Battista di Crollalanza con quello di Filiberto Campanile si può notare come la descrizione dell'origine della città di Nocera dei Pagani sia pressoché identica. Entrambi gli scrittori utilizzano la stessa sequenza di nomi, di eventi e anche il periodare è pressoché identico. L'unica vistosa differenza è che in Campanile la descrizione del blasone viene fatta prima della descrizione della nascita di Nocera dei Pagani, in Giovanni Battista dopo. Queste vistose somiglianze sono causate dal fatto che il Crollalanza ha utilizzato il testo del Campanile come una delle fonti principali per la redazione della sua opera.194 4. La < 192 Il testo è stato anche riedito da Arnaldo Forni nel 1990. 193 G. B. DI CROLLALANZA, Dizionario storico blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane estinte e fiorenti, Bologna, Arnaldo Forni Editore, 1990, vol. II, p. 253. 194 Ibidem, vol. III, p. 315. 81 Calabro. Questa lettera, oltre a fornirci ulteriori dettagli sui legami di parentela di Ugo dei Pagani con membri della nobiltà italiana, testimonierebbe l'esistenza dell'ordine dei Templari già nei primissimi anni del XII secolo. In sintesi, il fondatore dell'ordine inviò la lettera allo zio Leonardo per informarlo della morte del figlio Alessandro, avvenuta durante uno scontro in Terra Santa. Secondo Moiraghi la lettera sarebbe autentica, ed è stata menzionata in precedenza anche da Domenico Rotundo in Templari, Misteri e Cattedrali195 e da Alfredo Gradilone in Storia di Rossano.196 Riportiamo di seguito il testo della lettera così come l'architetto l'ha riportato nel suo libro, dopo aver esaminato il documento per gentile concessione di Giorgio Amarelli. Molto magnifico signor zio padre osservantíssimo. Dopo che gionsimo qua in Hierusalem io et Alessandro vostro figlio e mio cordialissimo fratello con li altri Gentilhomini nostri compagni, tra dieci ch'eramo io et Alessandro fummo eletti che andassimo a baciar la mano et far riverenza alla Maestà del Re Balduino, con condolerci della morte del sig. Duca Goffredo suo fratello et avendoli raggionato della nostra ferma deliberatione di havere a guardare et far sicuri tutti quelli passi per dove li fedeli Christiani veneno a visitare lo Santo Sepolchro, et che sempre da assassini infedeli molestati et che da noi gentilhomini d'honore per l'amore di Nostro Signore Gesù promettemo d'osservare con voto di voler morire in ogni modo che mancare di farlo e tanto più che molti altri dei nostri concorrono a detta difesa. Da Sua Maestà fummo assai lodati et con abbracciamenti come veri figliuoli licentiati. Onde essendo noi quasi ogni dì a crudel battaglia con nemici della Santa Fede, Alessandro, essendo andato ad un aguaito con due suoi servitori e venticinque soldati se trovò di tal maniera intrigato che con havere usato lo suo valore de animoso gentilhomo contro cento infedeli assassini di passo, ottenne la vittoria di tutti fandoli passare per il fil di spada. Però dei nostri morsero li due suoi servidori et cinque soldati, et Alessandro fu ferito in testa malamente che hoggi è passato da questa vita con infinito mio scontento. Però considerato che se ne è andato in Paradiso, resto assai consolato; è stato pianto da tutti per il suo valore, in specie dalla Maestà di Re Balduino; è stato sepolto in un tumulo di marmo con honore grande accompagnato dal Re et infiniti Gentilhomini 195 D. ROTUNDO, Templari, Misteri e Cattedrali, Roma, Ed. Templari, 1983. 196 A. GRADILONE, Storia di Rossano, Cosenza, MIT, 1967. 82 et soldati; mi comandò all'ultimo di sua vita che scrivesse a Vostra Signoria che restasse consolato con il volere di Dio Benedecto; però, signor zio, la prego ad, havere pacienza et stia sicurissimo che l'havemo in Cielo, dove prega per tutti noi; ho scritto a mio padre in Nocera che mi faccia gratia venire a Rossano per consolare V.S. et a Madama Zia Hippolita, e a tutti nostri parenti et che tutti stiamo allegramente che Alessandro è vivo in Paradiso, e che trattando che mio padre non venerà le mandi questa lettera acciocchè V.S. Madama Zia Hippolita vostra moglie et il signor fratello mio carissimo Anzoise, et tutti li parenti preghino Iddio per me, che se haverò vita venerò a starmi in Rossano per l'amore che porto a tutti. Sono restati in mio potere tre suoi vestiti et un altro di scarlato guarnito d'oro et veluto, le arme et un bellissimo cavallo che lo comperò cento et diece scuti; mi sono rimasti ancora in potere ottocento et quaranta scuri d'oro contanti che li cambiò da Roma. A suo tempo spero di soddisfare ogni cosa; tra questo mezzo me ne servirò, et mio padre quando verrà a Rossano porterà tutta la moneta perché cosi l'ho scritto che soddisfacci. Mi disse ancora che V.S. non manchi de consolare alli parenti di suoi servidori perché l'hanno servuto fedelmente fino alla morte et che per amor suo V.S. non manchi di aggiutargli et massime alli loro padri et madri, se saranno vivi. Non altro Nostro Signore ce liberi da ogni male. Da Hierusalemme a 18 ottobre MCIII De Vostra Signoria Figlio et Nepote Ubbidientissimo Ugo dei Pagani.197 La trasmissione di questa lettera è molto curiosa. L'originale in latino è andato perduto ma l'antica famiglia Amarelli di Rossano Calabro avrebbe fatto tradurre la missiva in volgare nel XV secolo e l'avrebbe inserita nel manoscritto Libro nel quale si dimostra la nobiltà dell'antica fameglia Amarelli Della Nobilissima Città di Rossano, datato 1469.198 Tale manoscritto sarebbe stato autenticato dal notaio Johannes Bernardinus Frecentesius il 4 agosto 1617, il quale avrebbe certificato che la traduzione era conforme all'originale latino. Si dovrebbe pensare, quindi, che al 1617 esisteva sia l'originale in latino che la traduzione del XV secolo.199 197 Ibidem, pp. 73-74. 198 Ibidem, p. 76. 199 Ibidem, p. 77. 83 Lo storico Franco Cardini, però, critica coloro che ritengono autentica e veritiera la < < Lo studio dei documenti storici andrebbe effettuato da esperti in materia e non soltanto da appassionati, dotati di pazienza e buona volontà. La storia ci offre una vastissima quantità di documenti falsi. Uno su tutti il Constitutum Constantini, meglio conosciuto come la < 200 CARDINI, La tradizione templare, p. 60 nota 10. 201 G. BRUNO, Le deposizioni davanti al tribunale dell'Inquisizione, a cura di A. GARGANO, Napoli, La Città del Sole, 2007, p. 20. 84 supremazia della Chiesa sull’Impero. Il documento non venne citato per molti secoli fino al XI secolo, infatti né il pactum tra Ludovico il Pio e Pasquale I dell’817, né il pactum Othonis tra Ottone I e Giovanni XII del 962, né i canonisti Reginone di Pruum, Graziano di Bologna e Stefano di Tournai citano mai la donazione di Costantino.202 Anzi, già nel 1001 Ottone III lo considerava un’impostura ad opera di tale Giovanni Diacone dalle Dita Mozze. Nel 1152, il tedesco Wezel, seguace delle idee di Arnaldo da Brescia, attaccava la presunta donazione costantiniana, come fece anche Manfredi nell’Epistola ad Romanos del 1265.203 La definitiva prova della falsità del Constitutum ce la fornì il filologo umanista Lorenzo Valla nella De falso credita et ementita Constantini donatione declamatio, scritta nel 1440 e pubblicata nel 1517. Come ci suggeriva Marc Bloch nella sua Apologia della storia: <<[Ma] constatare l’inganno non basta. Occorre anche svelarne i motivi. Non foss’altro, anzitutto, che per scoprirlo meglio>>,204 ovvero cercare l’impostore dietro l’impostura. Per questo lo studio dei documenti storici andrebbe effettuato da esperti in materia e non soltanto da appassionati, dotati di pazienza e buona volontà. Sarebbe stato di grande aiuto avere l'originale latino della < 202 B. NARDI, La donazione di Costantino, in D. ALIGHIERI, Inferno, la Divina Commedia annotata e commentata da Tommaso di Salvo, Bologna, Zanichelli, 2003, p. 380. 203 Ibidem, p. 381. 204 BLOCH, Apologia della storia, p.72. 85 tempo in cui venne redatta la lettera (1103), pertanto non possiamo dire se l'ordine sia stato creato prima del 1118-1119, come invece sostiene Moiraghi. Sulla storia della famiglia Amarelli vediamo cosa riporta il testo del Crollalanza: AMARELLI di Rossano in Calabria. (Baroni). – Discendente da Ansoise Amarelli, uno dei trenta Duchi venuti dal settentrione in Italia, esiste ancora in Rossano. Fu celebre un Alessandro Amarelli, crociato sotto il re Balduino. Giovan- Leonardo su aggregato alla nobiltà dell'ordine senatorio di Messina, e dichiarato Conte Palatino. Il Barone Giuseppe Amarelli ebbe la conferma della nobiltà messinese nel 1835 per sé e per i suoi discendenti in perpetuo. – ARMA: D'azzurro, al leone d'argento, lampassato di rosso, impungnante con le branche anteriori un mazzetto di fiori del secondo. Crollalanza non fa alcun riferimento al legame di parentela tra il < < 205 MOIRAGHI, L'italiano che fondò i Templari, p. 78. 86 Un'ulteriore prova dell'autenticità della < Albertino Cavalier di Bretagna Sposa la nipote del suo Duca Libera Nocera dai pagani Guglilelmo de' Pagani Duca di Calabria Sigilberto de' Pagani Scende in Sicilia (1080) con Guglielmo Pagano de' Pagani Ippolita Signore di Forenza (Calabria) Sposa Emma Sposa Leonardo Amarelli Alessandro Amarelli Disigio de' Pagani Ugone de' Pagani Nasce a Nocera ca.1080 Pagano de' Pagani Giovanni de' Pagani Siniscalco Protettore dei Templari Abelardo de' Pagani Protettore dei Tempio 206 G. B. SCURO, Expositio aurea, Messina, 1629. 207 MOIRAGHI, L'italiano che fondò i Templari, p. 88. 208 Ibidem, p.68. 87 5. Possedimenti templari in Basilicata Per una piccola comunità locale, come ve ne sono tante in Basilicata, scoprire di essere la terra natia del fondatore dell'Ordine dei Poveri Cavalieri del Tempio è sicuramente un vantaggio, che può portare forti riscontri a livello turistico. Nell'articolo già citato de Il Sole 24 Ore, risalente al 2004, in seguito alla tesi di Moiraghi l'allora assessore alla Cultura del Comune di Forenza dichiarò di volersi impegnare a fondo < 88 contrastare la simonia, proibire le investiture laiche, obbligare i chierici al celibato e riformare la disciplina monastica. La presenza dei templari in diverse comunità lucane è testimoniata in un manoscritto209 conservato nella Biblioteca Nazionale di Napoli e risalente al 1268. A Melfi i Templari erano proprietari di < < 209 Il manoscritto che elenca tutti i possedimenti dell'Ordine dei Poveri cavalieri del Tempio di Salomone in Basilicata è il Ms. XV, D, 15, ff. 22v-27v. 210 Ms. XV, D, 15, f. 23r. 211 Ibidem. 212 Ibidem. 213 Ibidem, f. 23v. 214 Ibidem, ff. 23v-24v. 89 Regis Karoli quoddam Casale de focularibus triginta et digitur Casale Sancti Martini que postea sunt iuxta vineam Guillelmi de fulcone. Item vinea una sita in fluminis iuxta vineam Riccardi de dorabili ex una parte ex alia iuxta vineam Guillelmi de Venusio. […]. Item petia terra una alia que fuit Judicis bernardi sita in plano de meste iuxta terrram panis et vini. […]. Item petia una alia de terra sita in Valle Fellicle. […]. Item yscla de terra que fuit Rogerij de aytardo sita est prope eadem massariam et dictam Ecclesiam et iuxta viam puplicam>>.215 Questo documento ci lascia capire che il casale di San Martino venne costruito nei pressi di Forenza da re Carlo I d'Angiò, quindi dopo il 1266. Sappiamo anche che l'8 gennaio 1306 Carlo II d'Angiò ordinava di non vessare con le tasse gli abitanti del luogo, poiché molto poveri. Il re aggiunge anche che il casale apparteneva ad sacram domum Militiae Templi, facendoci capire che in quella data i Templari erano già lontani da Forenza.216 6. Ugo < 215 Ibidem, ff. 24v-26r. 216 A. PELLETTIERI, I Cavalieri del Tempio e la Basilicata, p. 20, in Normanni e Templari tra nord Europa e sud Italia, Atti del convegno Normanni in terra di Lucania (Forenza 5 giugno 2008), Potenza, EditricErmes, 2008. 90 Già nell'Ottocento si fece strada questa tesi, infatti lo storico napoletano Francesco Capecelatro nel 1850 scrisse Diario di F.C. contenente la storia delle cose avvenute nel reame di Napoli negli anni 1647-1650, all'interno del quale sosteneva che il fondatore dei Templari fosse originario non di Nocera de' Pagani ma di Forenza, paesino lucano della provincia di Potenza. Tale ipotesi è fortemente sostenuta da alcuni storici locali, tra i quali figura il lucano Renato Mancino, che in un'intervista217 rilasciata alla rivista LiberoReporter conferma l'esistenza di altri documenti che attesterebbero la presenza della famiglia dei Pagani nel feudo di Forenza. La biblioteca “Annibale De Leo” a Brindisi, infatti, conserva l'atto di una donazione fatta da Pagano dei Pagani e da sua moglie Emma alla < < Questo documento, che attesta la donazione di alcune terre alla S. Trinità di Venosa da parte dei coniugi Pagano ed Emma, presunti genitori di Hugo de Paganis, non può essere considerato come prova a favore dell’origine italiana del 217 Il testo integrale dell'intervista si può anche trovare sul sito internet http://6oredeitemplari.blogspot.com/2009/12/forenza-patria-natia-di-ugo-dei-pagani.html. 218 Il testo della donazione è presente anche in H. HOUBEN, Il “libro del capitolo” del monastero della SS. Trinità di Venosa (Cod. Casin. 334): una testimonianza del Mezzogiorno normanno, Lecce, Congedo Editore, 1984, p. 33; Id., Die Abtei Venosa und das Mönchtum im normannisch-staufischen Süditalien (Bibliothek des Deutschen Historischen Instituts in Rom, 80) Tübingen 1995, pp.274-275. Un estratto di questa donazione è riportato anche in L. R. MENAGER, Les fondations monastiques de Robert Giuscard. Duc de Pouille et de Calabre, app. nr. 18 p. 94, in < 91 fondatore del Tempio. Dal testo, infatti, non si evince alcun legame di parentela che leghi il primo templare con Pagano ed Emma, perché anche se uno dei testimoni della donazione è un certo Hugo, costui viene però indicato come figlio di un tale Aschittillus. Se l'ipotesi dell'origine campana è presente in diversi testi genealogici, l'ipotesi di un Hugo lucano non è supportata da nessun documento. La donazione di Pagano ed Emma, signori di Forenza, conservata a Brindisi, attesta la presenza di questa famiglia a Forenza, ma soltanto Campanile parla dei signori di questo feudo come i genitori del fondatore dei Templari. Nessun altro testo che abbiamo analizzato presenta questa associazione. 7. Conclusioni Nell'Apologia della storia Marc Bloch scriveva che < 219 M. BLOCH, Apologia della storia, p. XI. 220 Ibidem. 92 da un lato fonti di storia economica, da un altro fonti di storia religiosa e via dicendo. Perché, a seconda della domanda che ci poniamo, quello stesso testo può darci risposte di tipo economico, di tipo religioso o non ci può dare risposta alcuna. Se è vero che i fatti storici si trasformano in storia solo mediante la loro spiegazione da parte dello storico, è altrettanto vero che in alcune occasioni lo storico è costretto a dedurre più che a spiegare. E a volte la deduzione ci può portare risposte che a lungo andare si rivelano inesatte. Per questo è più importante saper domandare, piuttosto che saper affermare. Il problema dell'origine del fondatore dei Templari, l'ordine monastico- cavalleresco più conosciuto della storia, è sicuramente un quesito molto attraente, perché attraente è la storia dell'ordine stesso. Hugo de Paganis non è certo un cavaliere di alto lignaggio come Goffredo di Buglione e altri nobili, per cui la storia ha avuto molto poco da dire su di lui, prima che nascesse l'Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo e del Tempio di Salomone. La vita di magister Hugo prima della fondazione dell'ordine è sicuramente uno dei tanti luoghi bui della storia, e su di essa è necessario porsi alcune domande. Come abbiamo visto, però, non sono molti i documenti che possiamo interrogare. È importante confrontare i documenti che abbiamo a disposizione per capire meglio quali sono le domande che dobbiamo porci. Maria-Luisa Bulst- Thiele e Malcolm Barber hanno confermato che Hugo era originario di un paesino della Champagne, l'attuale Payns, era signore di Montigny e aveva possedimenti anche dalle parti di Tonnerre. I due studiosi hanno riscontrato il nome di Hugo in alcuni atti privati del 1100, accanto al conte di Bar-sur-Seine e a quello di Ramerupt. Non esistono solo questi documenti riguardo alla biografia di Hugo. Esistono anche diversi documenti araldici e genealogici scritti in Italia dal XVII, XVIII e XVIII secolo, che invece attestano l'origine italiana di magister Hugo. Sono documenti antitetici, ovviamente, ma a quali dobbiamo credere realmente? Siccome è impossibile dare una risposta certa a queste domande, ci limitiamo ad aggiungere ancora altre domande. Lo scopo è quello di delimitare 93 con dei paletti il terreno scivoloso sul quale ci siamo imbattuti, lasciando al di fuori del recinto tutto ciò che potrebbe distrarci. Tutti i documenti genealogici o araldici possono distrarci dalla verità storica, perché spesso nascono con l'intento di celebrare i fasti e la nobiltà di una famiglia, narrando una storia non rispondente al vero. Saremmo ingiusti se affermassimo che ogni testo genealogico non è veritiero, però saremmo eccessivamente generosi se considerassimo veri tutti questi documenti, scritti dal XVI secolo in poi. Ci si è spesso imbattuti in genealogie bizzarre, che nulla avevano a che fare con la verità storica. Pertanto è giusto interrogarsi meglio sul concreto aiuto che tali testi possono portare alla ricerca storica. Un testo come la < 94 BIBLIOGRAFIA D. ALIGHIERI, Inferno, la Divina Commedia annotata e commentata da Tommaso di Salvo, Bologna, Zanichelli, 2003;M. BARBER, La Storia dei Templari, Milano, Piemme, 2005; C. AZZARA, Le civiltà del Medioevo, Bologna, Il Mulino, 2004; M. BAIGENT – R. LEIGH – H. LINCOLN, Il Santo Graal, Milano, Mondadori, 2003; R. BIZZOCCHI , Genealogie incredibili. Scritti di storia nell'Europa moderna, Bologna, il Mulino, 2009; M. BLOCH, Apologia della storia o Mestiere dello storico, Torino, Einaudi, 2009; G. BRUNO, Le deposizioni davanti al tribunale dell'Inquisizione, a cura di A. GALGANO, Napoli, La Città del Sole, 2007; F. CAMPANILE, L'armi, overo insegne de' nobili, Napoli, stampato presso i tipi di Tarquinio Longo, 1610; F. CARDINI, La tradizione templare, Firenze, Vallecchi, 2007; S. CERRINI, La rivoluzione dei Templari. Una storia perduta del dodicesimo secolo, Milano, Mondolibri, 2008; G. B. DI CROLLALANZA, Dizionario storico blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane estinte e fiorenti, Bologna, Arnaldo Forni Editore, 1990; P. DELOGU, Introduzione alla storia medievale, Bologna, il Mulino, 2003; A. DEMURGER, Vita e morte dell'ordine dei Templari, Milano, Garzanti, 2005; U. ECO, Baudolino, Milano, Bompiani, 2000; Id., Il pendolo di Foucault, Milano, Bompiani, 2006; D. FO, Mistero buffo, 1969; K. 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Fonti inedite Brindisi Biblioteca Arcivescovile “Annibale De Leo”, Ms. B 5, fol. 100v; Napoli Biblioteca Nazionale, Ms. XV, D, 15, ff. 22v-27v. 96 Siti internet consultati http://www.retimedievali.it; http://www.cesnur.org; http://www.shroud.com; http://www.delphos.com.ar; http://sindone.weebly.com; www.giornaledistoria.net; http://6oredeitemplari.blogspot.com. 97 RINGRAZIAMENTI Al termine di questo lavoro desidero ringraziare tutti coloro che mi hanno accompagnato in questi tre gli anni di vita universitaria, dentro e fuori le mura dell'Ateneo. Dagli amici, che non hanno mai esitato a distrarmi piacevolmente dallo studio, ai parenti che volevano tenersi costantemente aggiornati sull'andamento degli esami e soprattutto sulla conclusione del persorso. Ovviamente il io ringraziamento più grande non può che andare ai miei genitori che hanno speso non poche risorse economiche per far sì che il cammino universitario non incontrasse ostacoli di ogni sorta. Senza il loro sostegno sarebbe stato impossibile farcela. Desidero ringraziare, inoltre, il prof. Panarelli e la prof.ssa Sannino per i consigli che mi hanno offerto nella realizzazione di questo lavoro; la prof.ssa Ellero, che sarà sempre esempio di come debba essere la figura dell'insegnante, sia dal punto di vista didattico, sia dal punto di vista umano; il prof. Di Giovine, la prof.ssa Del Puente e la prof.ssa Lucifora per la professionalità grazie alla quale contribuiscono a mantenere alto il livello della nostra piccola Università. La strada, però, non finisce qui: ci sarà ancora molto da studiare e da aspettare, prima di poter trovare un'occupazione. Se poi alcuni esponenti del governo e delle amministrazioni locali, talmente legati ai propri territori da provare un odio quasi razziale nei confronti di noi meridionali, riuscissero nell'intento di impedire il libero insegnamento sul territorio nazionale, allora sì che ci sarà ancora molto da aspettare! < 98 INDICE CAPITOLO PRIMO: Dalle crociate alla fine dell'Ordine dei Templari...... 1 1. Le origini dell'ordine...... 1 2. Il riconoscimento ufficiale e le prime accuse...... 10 3. La rete e la quotidianità templare...... 13 4. Ascesi e caduta del regno d'Outremer...... 20 5. La caduta del Tempio...... 24 CAPITOLO SECONDO: Massoneria, leggende e verità occulte a prezzi stracciati...... 33 1. <>...... 33 2. I Templari e i Catari...... 41 3. I Templari a Rennes-le-Chateau...... 44 4. I Templari e il Priorato di Sion...... 47 5. I Templari e il Santo Graal...... 51 6. I Templari e la Sacra Sindone...... 53 7. Il fascino del complotto...... 58 CAPITOLO TERZO: Ugo de Payns cavaliere italiano?...... 61 1. Ugo de Payns e la storiografia < 99 BIBLIOGRAFIA...... 95 RINGRAZIAMENTI...... 98 INDICE...... 99 100