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POSTE ITALIANE S.p.A. Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) art. 1, comma 1 - LOM/BS/02953 – Edizioni Studium – Roma - Expédition en abonnement postal taxe perçue tassa riscossa - ISSN 1828-4582-Anno XXXV 07 MARZO MENSILE DI CULTURA, RICERCA PEDAGOGICA E ORIENTAMENTI DIDATTICI EORIENTAMENTI PEDAGOGICA RICERCA CULTURA, DI MENSILE 2018

“Così ègerminatoquestofiore” [PARADISO,XXXIII, 9] THE SCIENTIST, THE ARTIST : NEL CORANO L’UGUAGLIANZA DI GENERE CONOSCENZA E DUBBIO SCETTICO EDUCATIVA RELAZIONE DELLA LE DINAMICHE PSICOLOGICHE DONNE E LAVORO

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cartadeldocente.istruzione.it Nuova Secondaria marzo Mensile di cultura, ricerca pedagogica e orientamenti didattici 2018

Editoriale Percorsi della conoscenza 7 Matteo Negro, L’amore e l’inizio della vita 7 Edoardo Bressan, La formazione degli insegnanti fra pedagogia e storia 3 Ologramma Cristina Casaschi, Il bambino di ghiaccio 8

Nuova Secondaria Ricerca (sezione online) Problemi Pedagogici e Didattici Nuova Secondaria Ricerca n. 7, marzo 2018 Francesco Magni, La nuova disciplina delle professioni Daria Gabusi, La riapertura delle scuole elementari nella Rsi: tra funzione sociale e strumento di propaganda (1943-1945), pp. 1-26 pedagogiche 10 Nicole Bianquin, Fabio Sacchi, Disabilità e curricolo: come promuovere Ilaria Castelli, Le dinamiche psicologiche della atteggiamenti positivi nei confronti della disabilità a scuola. Una proposta per la scuola secondaria di primo grado, pp. 27-38 relazione educativa: alcune riflessioni per la scuola Arianna Taddei, L’inclusione scolastica “in trincea”: la difficile sfida secondaria 15 della scuola secondaria, pp. 39-50 Paola Gandolfi, Ripensare e sperimentare Silvia Zanazzi, Why ‘should we’? A well-grounded argument for refugee acceptance and integration, pp. 51-62 una scuola inter/transculturale nella contemporaneità 18

Dossier: Letteratura per l’infanzia 0-3 anni. Ricerche ed esperienze Nicole Bianquin, Fabio Sacchi, Disabilità e curricolo: educative nazionali ed internazionali come promuovere atteggiamenti positivi 23 a cura di Marnie Campagnaro Introduzione di Marnie Campagnaro, pp. 65-67 tudi Ilaria Filograsso, Fomare lettori in Europa. La prima infanzia come S elemento strategico, pp. 68-74 Ilaria Suffia, Adriana Coppola, Federica Maveri, Bettina Kümmerling-Meibauer, Learning from Picturebooks. On the Aldo Carera, Donne e lavoro: ruoli, questioni sociali, connection between early literacy and the child’s cognitive, linguistic, and narrative development, pp. 75-81 trasformazioni culturali e attività sindacale 27 Marnie Campagnaro, L’utile e il dilettevole della Letteratura per Ilaria Suffia, Il lavoro femminile dall’Unificazione alla l’infanzia 0-3 anni. Riflessioni intorno alla literary literacy e alla reader- response theory, pp. 81-99 seconda metà del Novecento 28 Giulia Mirandola, Visioni sul nascere. Il progetto «Ku-Ku! Leggere le Adriana Coppola, Donne cattoliche e sindacato nella figure dalla nascita», pp. 99-108 seconda metà del Novecento 32 Anna Antoniazzi, Alchimie digitali: dall’albo illustrato alla app (e ritorno), pp. 108-115 Federica Maveri, Il femminismo cristiano di inizio Novecento e il lavoro femminile 36 Aldo Carera, La doppia militanza. Femminismo e Fatti e Opinioni movimento sindacale negli anni Settanta 39 Il Fatto Giovanni Cominelli, Alle fonti del precariato 5 Percorsi Didattici Pensieri del tempo Mario Castellana, Tre figure femminili nell’«ingrato Giuseppe Acone, Le grandi domande, il male del mondo paese della filosofia della scienza» 43 e l’educazione possibile 5 Massimo Campanini, L’uguaglianza di genere nel Corano 49 Interlinea Giorgio Chiosso, Una scuola di tutti, una scuola per Corrado la Martire, Gli studi sul Corano: origini, ciascuno 6 problematiche e prospettive future 53 I genitori a scuola Mario Alai, Conoscenza e dubbio scettico 58 Giuseppe Richiedei, Educare al rispetto: un impegno Daniele Bardelli, Sacralizzazione e nuovo linguaggio comune a famiglia e scuola 6 della politica contemporanea 61 Renata Durando, Un ritratto insolito di Dante. Lingue, Culture e Letterature Conoscenza e amore 63 a cura di Giovanni Gobber Luigi Tonoli, Narciso 66 Andrea Marzocchi, Sherlock Holmes: Paola Bianchi, La grammatica delle valenze 74 the scientist, the artist 89 Fabio Bellissima, Maria Silvestrini, Impossibilità Giuseppe Berno, Im Krieg sind Tapferkeit und matematiche in musica 76 Erfolg schwerer als man Politik und Militärstrategie vorahnen möchten. 94 Diego Lana, La partita doppia come sviluppo di competenze più semplici 80 Libri 95 Saverio Mauro Tassi, Esistono infiniti universi? L’ipotesi cosmologica del multiverso dalla filosofia alla scienza (3) 82

Direttore emerito: Evandro Agazzi Direttore: Giuseppe Bertagna Comitato Direttivo: Cinzia Susanna Bearzot, Cattolica, Milano - Flavio Delbono, Bologna - Edoardo Bressan, Macerata - Alfredo Canavero, Statale, Milano - Giorgio Chiosso, Torino - Claudio Citrini, Politecnico, Milano - Luciano Corradini, Roma Tre - ­Pierantonio Frare, Cattolica, Milano - Pietro Gibellini, Ca’ Foscari, Venezia - Giovanni Gobber, Cattolica, Milano - Angelo Maffeis, Facoltà Teo- logica, Milano - Mario Marchi, Cattolica, Brescia - Giovanni Maria Prosperi, Statale, Milano - Roberto Trinchero, Torino - Stefano Zamagni, Bologna Consiglio per la valutazione scientifica degli articoli (Coordinatori: Luigi Caimi e Carla Xodo): Francesco Abbona (Torino) - Giuseppe Acone (Salerno) - Emanuela Andreoni Fontecedro (Roma Tre) - Dario Antiseri (Collegio S. Carlo, Modena) - Gabriele Archetti (Cattolica, Milano) - Andrea Balbo (Torino) - Daniele Bardelli (Cattolica, Milano) - Raffaella Bertazzoli (Verona) - Fernando Bertolini (Parma) - Lorenzo Bianconi (Bologna) - Maria Bocci (Cattolica, Milano) - Cristina Bosisio (Cattolica, Milano) - Marco Buzzoni (Macerata) - Luigi Caimi (Brescia) - Luisa Camaiora (Cattolica, Milano) - Renato Camodeca (Brescia) - Franco Cardini (ISU, Firenze) - Andrea Cegolon (Macerata) - Luciano Celi (Trento) - Mauro Ceruti (IULM - Milano) - Maria Bianca Cita Sironi (Milano) - Michele Corsi (Macerata) - Vincenzo Costa (Campobasso) - Giovannella Cresci (Venezia) - Costanza Cucchi (Cattolica, Milano) Luigi D’Alonzo (Cattolica, Milano) - Cecilia De Carli (Cattolica, Milano) - Bernard D’Espagnat (Parigi) - Floriana Falcinelli (Perugia) - Vincenzo Fano (Urbino) - Ruggero Ferro (Verona) - Saverio Forestiero (Tor Vergata, Roma) - Arrigo Frisiani (Genova) - Alessandro Ghisalberti (Cattolica, Milano) - Valeria Giannantonio (Chieti, Pescara) - Massimo Giuliani (Trento) - Adriana Gnudi (Bergamo) - Giuseppina La Face (Bologna) - Giuseppe Langella (Cattolica, Milano) - Erwin Laszlo (New York) - Marco Lazzari (Bergamo) - Anna Lazzarini (IULM - Milano) - Giuseppe Leonelli - (Roma Tre) - Carlo Lottieri (Siena) - Stefania Manca (CNR - Genova) - Gian Enrico Manzoni (Cattolica, Brescia) - Emilio Manzotti (Ginevra) - Alfredo Marzocchi (Cattolica, Brescia) - Vittorio Mathieu (Torino) - Fabio Minazzi (Insubria) - Alessandro Minelli (Padova) - Enrico Minelli (Brescia) - Luisa Montecucco (Genova) - Moreno Morani (Genova) - Gianfranco Morra (Bologna) - Amanda Murphy (Cattolica, Milano) - Maria Teresa Moscato (Bologna) - Alessandro Musesti (Cattolica, Brescia) - Seyyed Hossein Nasr (Philadelphia) - Salvatore Silvano Nigro (IULM) - Maria Pia Pattoni (Cattolica, Brescia) - Massimo Pauri (Parma) - Jerzy Pelc (Varsavia) - Silvia Pianta (Cattolica, Brescia) - Fabio Pierangeli (Roma Tor Vergata) - Sonia Piotti (Cattolica, Milano) - Pierluigi Pizzamiglio (Cattolica, Brescia) - Simonetta Polenghi (Cattolica, Milano) - Luisa Prandi (Verona) - Erasmo Recami (Bergamo) - Enrico Reggiani (Cattolica, Milano) - Filippo Rossi (Verona) - Guido Samarani (Ca’ Foscari, Venezia) - Giuseppe Sermonti (Perugia) - Daniela Sorrentino (Calabria) - Ledo Stefanini (Mantova) - Ferdinando Tagliavini (Friburgo) - Guido Tartara (Milano) - Filippo Tempia (Torino) - Marco Claudio Traini (Trento) - Piero Ugliengo (Torino) - Lourdes Velazquez (Northe Mexico) - Marisa Verna (Cattolica, Milano) - Claudia Villa (Bergamo) - Giovanni Villani (CNR, Pisa) - Carla Xodo (Padova) - Pierantonio Zanghì (Genova) Gli articoli della Rivista sono sottoposti a referee doppio cieco (double blind). La documentazione rimane agli atti. Per consulenze più specifiche i coordinatori potranno avvalersi anche di professori non inseriti in questo elenco. Redazione: email: [email protected] Coordinamento: Francesco Magni. Settore umanistico: Alberta Bergomi - Cri- stina Casaschi - Lucia Degiovanni - Fabio Togni. Settore scientifico e tecnologico: Laura Broggi. Nuova Secondaria Ricerca (nsricerca @edizionistudium.it): Anna Lazzarini - Alessandra Mazzini - Andrea Potestio - Fabio Togni. Progetto di copertina e impaginazione: Tomomot. Sito internet: www.edizionistudium.it - riviste.gruppostudium.it Contiene I.P. Direzione, Redazione e Amministrazione: Edizioni Studium Srl, Via Crescenzio, 25 - 00193 Roma - Fax. 06.6875456 - Tel. 06.6865846 - 06.6875456 - Sito Internet: www.edizionistudium.it - Direttore responsabile: Giuseppe Bertagna - Autorizzazione del tribunale di Brescia n. 7 del 25-2-83 - Poste Italiane S.p.A. - Sped. in A.P.-D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) art. 1, comma 1 - LOM/BS/02953 – Edizioni Studium – Roma - Stampa Centro Poligrafico Milano S.p.A., Casarile (MI) - Ufficio marketing: Edizioni Studium Srl, Via Crescenzio, 25 - 00193 Roma - Fax. 06.6875456 - Tel. 06.6865846 - 06.6875456 - email: ­[email protected] - Ufficio Abbonamenti: tel. 030.2993305 (con operatore dal lunedì al venerdì negli orari 8,30-12,30 e 13,30-17,30; con segreteria telefonica in altri giorni e orari) - fax 030.2993317 - email:[email protected]. 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sempre più avvertita l’importanza Generazioni di maestri e di professori della dell’apertura degli studi storici e di scuola secondaria sono stati così chiamati a Èuna conseguente formazione degli esercitare un compito di educazione civile che ha insegnanti a una dimensione più ampia di quella inevitabilmente caratterizzato la loro fisionomia nazionale, superando chiusure ereditate dagli non solo nell’età liberale e durante il fascismo (in schemi politici e culturali della modernità1. Al questo caso, com’è appena il caso di ricordare, riguardo, presentando sulle pagine del «Corriere con un’accentuata sottolineatura ideologica), ma della Sera» l’importante Storia mondiale dell’Italia anche nel secondo dopoguerra. In un’ottica assai da lui curata, Andrea Giardina ha sottolineato differente, Aldo Moro – da ministro della Pubblica un ulteriore risultato di tale differente sguardo, Istruzione – abbina proprio alla storia un’inedita quello di «disorientare» la storia italiana al fine materia, quell’«educazione civica» chiamata di «sottrarla ai vincoli e agli obblighi del racconto a unire il passato e il presente grazie ai valori tradizionale», oltre la «retorica delle radici» della Costituzione democratica e repubblicana. e anche un altrettanto ingannevole richiamo a Con amarezza, proprio su queste pagine Giorgio «eredità» da difendere. «Enucleate dal passato Chiosso ha ricordato come essa si sia defilata in quanto momenti condivisi di una memoria presto «dall’orizzonte scolastico», in parte per identitaria», esse inevitabilmente «convengono la debolezza della sua successiva configurazione al discorso nazionale»2. Si tratta di un’ambiguità ma soprattutto per ragioni destinate a prevalere originaria, che si ricollega all’«invenzione nel corso degli anni, quali appunto «la fragilità della tradizione» di cui ha parlato a suo tempo della nostra idea comune di cittadinanza, il diffuso Hobsbawm a proposito della costruzione dei miti individualismo, la carenza di legami costruttivi nazionali dell’Ottocento europeo3 e dei quali con il passato»6. Banti ha mostrato la significativa corrispondenza Del resto, come è stato osservato, lo stesso con la costruzione della nazione italiana, che si scenario della globalizzazione non favorisce di pensa a sua volta come «immemorabile comunità per sé la costruzione di relazioni in qualche modo di destino» già esistente nella «successione delle generazioni» ed è per questo chiamata a 1. Si vedano, per una recente messa a punto, Sebastian Conrad, Storia globa- raggiungere l’indipendenza e la libertà4. In questa le. Un’introduzione, Carocci, Roma 2015 e Eric Vanhaute, Introduzione alla World History, il Mulino, Bologna 2015. logica la storiografia, con il secolo XIX, non si 2. Andrea Giardina, Viva l’Italia «disorientata». Una prospettiva storica di mette più al servizio delle corti e dei loro principi taglio globale per superare i discorsi sull’eredità e le radici, in «Corriere della Sera», 16 dicembre 2017 (il riferimento è a Storia mondiale dell’Italia, ma di un coerente impegno di Nation building, a cura di Andrea Giardina. Con la collaborazione di Emmanuel Betta, Maria come appare chiaro nell’esempio italiano, in Pia Donato, Amedeo Feniello, Laterza, Roma-Bari 2017). 3. Si veda L’invenzione della tradizione, a cura di Eric J. Hobsbawm e Teren- cui occorreva legittimare lo Stato unitario e ce Ranger, Einaudi, Torino 1983. risorgimentale – con l’inevitabile svalutazione 4. Alberto M. Banti, La nazione del Risorgimento. Parentela, santità e ono- re alle origini dell’Italia unita, Einaudi, Torino 2000, pp. 61-62. delle esperienze precedenti o comunque diverse, 5. Cfr. Anna Ascenzi, Roberto Sani, «Un’altra scuola… per un altro paese». scolastiche e politiche – facendo proprio il «punto Ottavio Gigli e l’Associazione nazionale per la fondazione di Asili rurali per 5 l’infanzia tra lotta all’analfabetismo e Nation building (1866-1873), eum, di vista dei “vincitori”» . Macerata 2014, p. 15.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 3 Editoriale comunitarie, portando piuttosto alla nascita di un Cinquanta del secolo scorso, con l’Italia in «mondo senza centro» e al tempo stesso «segnato una posizione di primo piano – e appunto della da forti diversità cultural-identitarie e da crescenti società globale, ma in cui il dato nazionale non diseguaglianze economiche, che inclinano alla può ragionevolmente scomparire, se non altro frammentazione geopolitica e all’accentuazione perché definisce ancora in larga misura il sistema dei conflitti»7. Individualismo e globalizzazione d’istruzione e in generale la convivenza civile. si possono intendere come due estremi che si Se un rimando esclusivo alla storia di un Paese toccano, in una visione del mondo appiattita sul non basta più e a maggior ragione i richiami a presente, al di là di una pur comprensibile enfasi una perduta sovranità appaiono non solo ambigui sulla tematica glocal? Forse, ma è questo che ma soprattutto vani – anche per l’impossibilità di rende non meno necessario il confronto con il imporre nel terzo millennio un’univoca narrazione proprio contesto di riferimento, certo nella più basata su un’ideologia o magari su vecchi e nuovi ampia libertà e varietà delle interpretazioni. patriottismi, nel quadro di una malintesa ricerca Il problema si pone, in maniera significativa, delle radici che affida ai docenti il compito di anche per quanto riguarda la formazione degli funzionari della memoria – è un’altra la strada da insegnanti, alla luce del nuovo percorso definito cercare. dal legislatore, a cui ora il sistema universitario Di fronte a una società che erode i suoi legami sta offrendo la possibilità di partecipare con il passato in nome di un «culto del presente» attraverso l’acquisizione dei crediti preliminari autoreferenziale e in fondo narcisistico, come di natura antropo-psico-pedagogica (il «PF24» ha notato Sergio Belardinelli8, non si tratta in via di attuazione). In questa prima fase va di fare appello alle ragioni dell’Historismus registrata con favore, da una parte, l’indicazione postkantiano e della lettura dei fenomeni di contenuti storico-educativi per l’àmbito sociali di Durkheim – la cui lezione non è pedagogico e, dall’altra, la presenza in molti piani peraltro superata e tanto meno inutile – ma di studio di corsi di didattica non solo della storia, di riconsiderare la storicità di ogni sistema di ma di numerose discipline per l’àmbito delle pensiero e di ogni sistema formativo. La sfida metodologie, in uno scambio reciproco non solo del placet experiri lanciata dalla cultura del con la letteratura e la filosofia, ma anche con la Novecento va raccolta, per ritrovare non le geografia e le scienze sociali. sirene delle identità collettive, ma il senso di È un primo passo, nonostante le molte una «tradizione» declinata al plurale e aperta al difficoltà burocratiche di questo avvio di futuro, come nei momenti più felici della storia percorso, e la riflessione andrà allargata in vista europea. dell’organizzazione complessiva del «Percorso FIT», in particolare del primo dei tre anni, Edoardo Bressan finalizzato all’abilitazione e all’interno del quale troveranno spazio numerosi insegnamenti. Il 6. Giorgio Chiosso, Interlinea. Educazione civica 60 anni dopo, in «Nuova problema non è evidentemente quello di aprire Secondaria», XXV, 2018, n. 5, p. 6. 7. Lucio Caracciolo, Adriano Roccucci, Storia contemporanea. Dal mondo una contrattazione sui crediti da assegnare europeo al mondo senza centro, Le Monnier Università-Mondadori Educa- a singoli settori disciplinari (se ne sono viste tion, Firenze-Milano 2017, pp. 719-722. 8. Sergio Belardinelli, Che cos’è l’uomo oggi, in «Il Foglio Quotidiano», 17 troppe di contese accademiche in proposito!), ma gennaio 2018. di riflettere sull’importanza di una dimensione storica nella preparazione dei docenti nella scuola secondaria, in termini di conoscenza sia dello sviluppo della pedagogia e del sistema educativo nel corso del tempo sia del quadro istituzionale e sociale entro il quale esso si è svolto. L’orizzonte L’immagine di copertina è divenuto oggi più ampio, aperto alla prospettiva del n. 7 è di dell’unità europea – peraltro già dagli anni Francesco Gallo

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alla settimana. Se una casella salta, Il Fatto non c’è altro modo di riempirla che ricorrere a personale avventizio. Ci di Giovanni Cominelli sarebbe un altro modo: quello di rimodellare l’organizzazione quoti- diana della didattica in base alle esi- genze dei ragazzi e dei docenti. In realtà, già i contratti sindacali e la Alle fonti del precariato legge prevedono che l’orario dei do- Con il Decreto firmato il 13 dicem- centi sia a disposizione delle scuole bre 2017 si rimette in movimento non sulla base di una partizione set- la macchina dei concorsi per il re- timanale, bensì annuale. Si tratta di clutamento dei docenti. Promette il gride spagnole. Per diventare effet- Ministro: «il nuovo sistema di re- tuali, occorrerebbe che l’autonomia Renato Guttuso, La strada, 1956 clutamento andrà a regime nel giro didattico-organizzativa degli Istitu- di un triennio interrompendo, fi- ti scolastici venisse presa sul serio. nalmente, la prassi per cui si entra- In forza dell’autonomia, ogni scuola va nella scuola solo dopo un lungo può organizzare l’offerta didattica recluterà direttamente il personale precariato. D’ora in poi i concorsi in relazione alle proprie disponibi- ordinario. Sì, l’autonomia c’è anche avranno cadenza biennale. Le nuo- lità quotidiane. Può assumere an- nella Legge 107/2015. Ma il DPR ve regole garantiranno una ancor che personale a tempo. Non perciò 275/1999 giace lì come il monolite maggiore qualificazione professio- si trasforma in precario, che avreb- nero di Odissea 2001. nale delle docenti e dei docenti. E be diritti non riconosciuti. Questa consentiranno alle giovani e ai gio- persona accumula esperienze, che Giovanni Cominelli vani che vogliono insegnare di non saranno valutate, quando la scuola Esperto di sistemi educativi dover affrontare percorsi dal futuro incerto». Si tratta di ottimismo in- fondato, stante l’attuale assetto cen- tralistico-amministrativo del siste- ma di istruzione. I tempi del singolo istituto scolastico e quelli dell’appa- Pensieri del tempo rato centrale sono decisamente sfa- sati. L’unità di misura della scuola di Giuseppe Acone sono i giorni, quella dell’Ammi- nistrazione ministeriale sono gli anni. Da questa faglia temporale sgorga e si riproduce perennemente Le grandi domande, il male del limite. Il male come altro/altri (Sar- il precariato. Certamente, il ritmo mondo e l’educazione possibile tre: “l’inferno sono gli altri!”). biennale dei concorsi è destinato a “Spesso il male di vivere ho incontra- Ecco un tema anche pedagogico. ridurne i numeri e i tempi. Già, ora, to” è il verso sublime di Eugenio Mon- Qualcuno ritiene che i pedagogisti l’utilizzo improprio, ma a quanto tale. Già, il male (di vivere) o il male in (e, in ispecie, i didatti) non dovreb- pare diffuso, dell’organico dell’au- quanto tale (assoluto). Lo si può pren- bero interessarsi più di queste cose tonomia per “tappare i buchi” lo dere concettualmente in considerazio- ultime (basterebbero, secondo tali ha già fatto diminuire di qualche ne, il male, da ogni angolazione. insigni scienziati, le cose penultime). punto. Ma anche un ritmo annuale Freud, ad esempio, afferma peren- Non si rendono conto, costoro, che una di concorsi non farebbe scompa- torio: “il male del mondo è malat- qualche fortuna che legittima il cam- rire il fenomeno, perché esso è il tia”. Sant’Agostino ne afferma il po pedagogico (diciamo così), si regge sottoprodotto necessario di un’or- “non-essere” (nel senso della sua proprio su questa domanda ultima sul ganizzazione didattica rigidissima, non-sostenibilità ontologica). La male del mondo e sul limite, sulla fini- fondata sull’orario di lavoro intoc- grande domanda della teodicea, in tudine (in dialettica con l’infinitudine). cabile dei docenti, 18/24 ore setti- ogni tempo, è la seguente: “se Dio è Alcuni dicono: basta con la filosofia, manali, distribuite su cinque giorni bene, donde il male?”. Il male come abbiamo la scienza-tecnologia (e la

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autenticamente democratico del si- Interlinea stema scolastico italiano. Nosengo immortalò in un fortunato di Giorgio Chiosso slogan il senso della riforma: “Una scuola di tutti, una scuola per ciascu- no”. La sua idea di scuola era ispira- ta al giusto equilibrio tra le esigenze Una scuola di tutti, una scuola della crescita della persona umana per ciascuno (cui dedicò un apprezzato volume Il 13 maggio 1968 moriva a Roma nel 1948) e lo sviluppo di una società Gesualdo Nosengo. Di origini asti- democratica guidata dai grandi valo- giane, promotore dell’Unione Cattoli- ri della tradizione classico-cristiana, ca Italiana Insegnanti Medi e di varie principi enunciati della sezione edu- altre iniziative cattoliche, fu una delle cativa del Codice di Camaldoli a lui personalità più attive nel mondo sco- dovuta. Eugenio Montale (1896-1981) lastico tra gli anni ’50 e ’60. Ricordare oggi Nosengo a 50 anni Insieme ad Aldo Agazzi, Giovan- dalla scomparsa non è solo un do- connessa didattica). È come se di- ni Gozzer, Mario Pagella, Camillo veroso omaggio a una personalità cessero: dateci le lavagne luminose, Tamborlini, don Vincenzo Sinistre- di spicco di anni andati, ma è anche le lavagne interattive, le tecnologie ro, in particolare, fu in prima linea un invito a riflettere sul ruolo e sulla dell’istruzione, e non avremo più per la creazione della scuola media funzione della scuola che, conqui- bisogno di considerare il male, il li- unica. Dopo un lungo e comples- stata la fisionomia almeno forma- mite, la finitudine. Non solo vivremo so dibattito la riforma fu approvata le di “scuola democratica”, oscilla a lungo (secondo Boncinelli, più di nel dicembre del 1962 nell’ambito incerta tra le regole del mercato, la centoventi anni, tutti), ma avremo del programma di governo di centro tutela degli interessi dei docenti, le risolto tutti i problemi della vita, e sinistra. Fu questo il primo decisi- sirene digitali. sgombrato il campo dalle fastidiose vo passo verso il superamento del- Giorgio Chiosso domande ultime. la scuola selettiva e l’orientamento Università di Torino Eppure, secondo noi, l’educazione possibile sarà quella che tenterà di rispondere non solo alle domande penultime e, come si vorrebbe, sol- tanto a quelle. Essa sarà il tentativo I genitori a scuola di dare qualche risposta di senso all’eterno ritorno dell’identico e di Giuseppe Richiedei all’iterazione opprimente del non senso che avanza. Certo, la pedagogia possibile e l’edu- cazione possibile non potranno mai rispondere alle domande ultime, alla Educare al rispetto: un controverse di quel comma. L’ema- grande domanda, ma non potranno impegno comune a famiglia e nazione delle Linee Guida ministe- sottrarsi a riproporre sempre la gran- scuola riali “Educare al rispetto per la pa- de domanda sul senso della vita uma- Il comma 16 della legge 107/2015 è rità tra i sessi, la prevenzione della na (e sulla sua tragica condizione). diventato in questi anni oggetto di violenza di genere e di tutte le forme I propugnatori del trionfo delle didat- dibattito, confronto e scontro tra fa- di discriminazione” sta chiedendo tiche tecnologiche salvifiche non si miglie e scuola ed anche tra gli stes- a genitori e docenti un confronto facciano illusioni. Prima o poi incon- si genitori. Il Family Day del 2015 costruttivo per rivedere contenuti e treranno quello che Montale chiama portò in piazza milioni di famiglie procedure da seguire nel progettare “il male del mondo”. E non ci saranno contro il comma 16 e nei mesi suc- le attività scolastiche conseguenti. lavagne interattive che tengano. cessivi si sono moltiplicate le conte- Gli elementi di novità, in questo stazioni di progetti avviati in molte senso, non mancano. Persino l’inte- Giuseppe Acone Università di Salerno scuole in riferimento alle tematiche stazione del documento ministeriale

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è sorprendente: dopo mesi di dibatti- Nella misura in cui la scuola inten- valorizzato nel confronto aperto to sul termine piuttosto ambivalente de farsi carico di problematiche più e accogliente della libertà di inse- della non–discriminazione si dà pri- specificatamente educative e non gnamento dei docenti, della libertà orità al “rispetto” che va riservato solo istruttive, non può non tener educativa dei genitori e del diritto ad ogni persona indipendentemente conto del pluralismo sociale-cultu- di apprendimento degli allievi (art. dalle idee o dai comportamenti. Si rale-religioso presente tra docen- 21 legge n. 59/1997 comma 9). rilancia la “parità tra i sessi e la pre- ti, genitori e ragazzi. Pluralismo Giuseppe Richiedei venzione della violenza” dando più che richiede di essere rispettato e Consigliere nazionale A.Ge. concretezza alle “forme di non - di- scriminazione”. Si fa riferimento preciso al Piano Triennale dell’Offerta Formativa, in- teso come «il principale strumento di Percorsi della conoscenza pianificazione strategica non soltanto a livello di enunciazioni di principio, di Matteo Negro ma anche con la previsione di azio- ni concrete». Si richiama la scuola al compito di non limitarsi a porre il PTOF nel sito ma a «informare, sen- L’amore e l’inizio della vita un uomo? Quante volte può cadere sibilizzare coinvolgere i diversi attori Massimo Recalcati, psicoanalista e per poi rialzarsi? Quante volte si della comunità scolastica». saggista tra i più apprezzati, ci con- può risorgere dalle proprie ceneri? In riferimento ai genitori, si sugge- segna una pagina impareggiabile Quante volte ci siamo sentiti spinti, risce di recepirne puntualmente «il sull’esperienza della maternità e del- gettati fuori? È proprio per questa consenso informato secondo quanto la nascita: «lasciare che il bambino possibilità continua della nascita che previsto dal patto di corresponsa- cresciuto nel proprio ventre si separi, Hannah Arendt – contestando il suo bilità educativa scuola-famiglia». esca fuori, divenga vita propria (…) maestro Martin Heidegger – soste- Con quest’ultima indicazione viene Accade per ogni madre: spingerli neva che gli esseri umani non sono rilanciata e rafforzata l’importanza fuori, lasciarli andare, osservare il fatti per morire ma per nascere»1. A del patto di corresponsabilità edu- segreto della vita del figlio senza cativa, finalizzato a definire in ma- volersene impadronire. Il miracolo niera dettagliata e condivisa diritti e 1. M. Recalcati, I tabù del mondo. Figure e miti della natività consiste, ogni volta, in del senso del limite e della sua violazione, Einau- doveri nel rapporto tra docenti, geni- questo. Ma quante volte può nascere di, Torino 2017, p. 166. tori e studenti. Non per nulla nelle Linee Guida vie- ne riportato, a distanza di settant’an- ni, l’articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti umani, che recita: «Ogni individuo ha diritto all’istruzione. (…) I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli». In conclusione la finalità del docu- mento ministeriale «non è, dunque, quella di promuovere pensieri o azioni ispirati ad ideologie di qual- sivoglia natura, (…) anzi si ribadisce che tra i diritti e i doveri e tra le co- noscenze da trasmettere non rientra- no in nessun modo né le “ideologie gender” né l’insegnamento di prati- che estranee al mondo educativo». Un’immagine tratta dal film Wonder (2017) con Julia Roberts e Owen Wilson.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 7 Fatti e Opoini ni ben vedere, c’è qui poco di sconta- pertanto va rinnovata e non soffoca- all’età di 10 anni ha già subito deci- to o di prevedibile: nulla di ciclico ta nella paura, sta nella strabiliante ne di interventi chirurgici. L’impatto o di automatico nell’esperienza del capacità dei figli di iniziare la loro con i compagni della scuola media nascere. Piuttosto, ciò che accade è vita, di dare forma al dono ricevuto. è a dir poco sconvolgente: a causa un dono, il sacrificio della propria Un esempio commovente, non lonta- del suo aspetto fisico viene messo misura, del limite costituito dal cor- no dalla vita reale di molte famiglie alla berlina, dileggiato e umiliato in po della madre, che si tende sino allo alle prese con situazioni più o meno ogni modo. Benché i riflettori siano spasimo per dare alla luce un altro gravi di disabilità o di malattia dei puntati su di lui, è alla madre che va da sé. È una scelta, dunque, quella figli, ci viene offerto dallo splendido tributato il giudizio migliore. Ogni di portare a compimento la gestazio- film di Stephen Chbosky, Wonder nuovo giorno di scuola è realmente ne nella consapevolezza del distac- (2017), che a sua volta si ispira all’o- un inizio, un sacrificio che si ripete; co definitivo. Non sempre però tale monimo romanzo di R.J. Palacio. È non prevale però in lei la paura, né la scelta viene vissuta fino in fondo: la storia di un bambino, August, il tentazione della chiusura protettiva. la tentazione del possesso, della ri- quale varca per la prima volta la so- Il miracolo accade: il bambino “get- appropriazione è costante e accom- glia di un edificio scolastico, dopo tato” nell’arena del mondo riesce pagna, non senza ferite, il lungo e essere stato scolarizzato a casa dalla faticosamente a conquistare i cuori complesso percorso della relazione mamma negli anni precedenti. Il pic- di tutti e a percepire l’inestimabile affettiva ed educativa della ma- colo August soffre di una grave de- valore della vita ricevuta. dre con il figlio. La verifica, tutta- formazione cranio-facciale causata via, che la scelta è quella giusta, e dalla Sindrome di Treacher Collins e Matteo Negro Università di Catania

Ologramma ha raccolto fondi per la scuola che ha diffuso la sua immagine via web, il di Cristina Casaschi bambino con papà e sorellina è già volato a Pechino, ospite del Parti- to, e al papà è stato offerto un nuo- vo lavoro vicino a casa. Ancora una volta potere mediatico. Il fenomeno Il bambino di ghiaccio dei “bambini lasciati indietro” (留守 E se la scuola fosse un privilegio 儿童) in Cina è importante e riguar- (privus lex)? E smettessimo di con- da, secondo le statistiche ufficiali siderarla solo un diritto? E se andarci Xinhua, 60 milioni di minori che, non fosse una routine, ma piuttosto appena poco più che bambini, nel 7% un dovere per il proprio dover-esse- dei casi vivono da soli. La scrittrice re? E se fosse per molti ma non per Liang Hong, entrando idiografica- tutti? mente nelle loro storie, testimonia L’onda emotiva e le considerazioni come il loro atteggiamento sia per lo che hanno suscitato la foto del pic- più demotivato e arrendevole, oppure Il piccolo Fuman colo Fuman, arrivato a scuola let- frustrato e aggressivo. Crescere da teralmente ghiacciato dopo quattro soli, e bene, non si può. chilometri e mezzo di cammino a -9°, La linea educativa che, almeno da- si dirà, è dettato costituzionale, e, hanno puntato l’attenzione sulla con- gli anni Sessanta del secolo scorso, per certi versi, diritto universale. Poi danna della povertà (il piccolo vive in stiamo perseguendo in Italia è quella si magnifica il valore della consape- una stamberga) e dell’abbandono dei che, viceversa, – nei dichiarata – va- volezza e della responsabilità, fattori minori in Cina (la mamma si è allon- lorizza la scelta personale e l’orien- di crescita personale ed umana, ma tanata, il papà non lo vede da mesi tamento consapevole, offre a tutti si provvede alla salvaguardia di una perché lavora lontano). Una mobili- grandi opportunità, garantisce dirit- gioventù in età scolare sempre più tazione internazionale velocissima ti e condizioni per goderne. Questo, tutelata, facilitata e garantita. Sta

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i ragazzi sapevano che stavano co- struendo il loro futuro. Il diritto-dovere all’istruzione e for- mazione, introdotto nel nostro siste- ma dalla L. 53/03, sancisce che la fruizione di un’offerta che garantisca a ciascuno una qualifica (non neces- sariamente scolastica) è una risposta al diritto di istruzione e formazione. Dunque non si scappa: è diritto di ciascuno assolvere un dovere. Per- ché è attraverso il dovere che il do- ver essere si realizza. Un dovere che nasce da un rapporto profondo con il proprio desiderio di compimento. Il cancello della Zhuan Shan Bao Primary School di Xinjie Fuman queste cose non le sa. Ma noi che abbiamo risorse reali – famiglie, pagando, in termini formativi, tutta prescindere dal fatto che si trovi in- scuole, infrastrutture – rischiamo di questa iperpresenza? Proviamo per teressante ciò che si apprende. Una svilirne la potenza educativa perché un attimo a cambiare registro e a collega in visita presso una scuola ci- accettiamo che il criterio orientativo metterci nei panni, fin troppo legge- nese di adolescenti si trovò a passare del proprio bene si confonda con quel- ri, del piccolo Fuman. di fronte ad una classe aperta, con lo del proprio benessere. E, allora, un Pedagogicamente questo è impossi- un gruppo classe di una sessantina letto caldo come un nido è di certo bile, lo sappiamo, ma giocare a farlo di studenti. Il silenzio era assoluto, meglio che i geloni alle mani. Che, in- ci aiuta a pensare. e il lavoro (individuale) fervente. In tendiamoci, non sono un valore. Che cosa lo porta a scuola tutti i classe non era presente l’insegnan- Vedete il film Non uno di meno, di giorni (perché se ci è andato in quel- te. La collega, paragonando quella Zan Yomu del 1999. Accompagnare le condizioni, non sarebbe certo una inusuale situazione alla quotidianità la giovane maestra Wei nella sua ri- verifica disciplinare, o due ore bu- delle tante scuole italiane visitate, cerca del transfugo Zhang potrà più che, o un raffreddore a dare al pic- espresse il suo stupore al vicepresi- di queste parole. colo la scusa di starsene a casa)? E de che la accompagnava. Egli, stu- Cristina Casaschi che cosa, invece, porta, secondo una pito del suo stupore, le rispose che Università di Bergamo ricerca del sociologo Liu Chengbin dell’università Huazhong (Wuhan, Hubei) il 10% degli adolescenti rura- li cinesi ad abbandonare quella scuo- la che forse, fino ad allora, è stato il loro principale punto d’appiglio? Nel secondo a caso a spingerli pare esse- re, secondo la ricerca, il desiderio di vivere in città e ricalcare le orme di quei genitori tanto assenti (presenza nell’assenza?), oltre che alla ineffi- cacia della scuola cinese nel garan- tire un buon posto di lavoro. Anche laggiù vi sono laureati disoccupati. Ma nel primo il motore qual è? Il senso del dovere? È una domanda che probabilmente il bambino non si è nemmeno posto. L’intuizione e l’evidenza che a scuola si può im- Una bambina passa davanti alla scritta “La scuola si prende cura dei bambini parare? Questo probabilmente sì, a abbandonati”

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 9 Problemi Pedagogici e Didattici La nuova disciplina delle professioni pedagogiche Francesco Magni

Nel mese di dicembre 2017 il Parlamento ha approvato alcune norme che vanno a riformare le professioni dell’educatore professionale socio-pedagogico e del pedagogista. Quali le principali novità? E quali le sfide del prossimo futuro? Un primo commento.

egli ultimi anni sempre più frequentemente le servizi e nei presìdi socio-educativi e socio-assistenzia- istituzioni europee hanno richiamato gli Stati li, nei confronti di persone di ogni età, prioritariamente» Nmembri all’importanza di ampliare ed innalza- (comma 594). A questo primo inquadramento, di per sé re i livelli qualitativi delle professioni relative al settore molto generale e ampio, segue un elenco di ambiti più dell’educazione e alla cura della prima infanzia1. Questa specifico, laddove si prevede che queste figure svolgano attenzione si spiega anche perché la situazione degli edu- la propria attività nei seguenti ambiti: catori – nei loro variegati e differenti ambiti di interven- • educativo e formativo; to – risulta particolarmente eterogenea a livello europeo, • scolastico; come avevamo già avuto modo di sottolineare in prece- • socio-assistenziale, limitatamente agli aspetti so- denza proprio su questa rivista2. In particolare, l’impor- cio-educativi; tanza di un’elevata qualificazione professionale degli edu- • della genitorialità e della famiglia; catori vorrebbe essere finalizzata da un lato a prevenire e • culturale; scongiurare episodi di violenze e maltrattamenti, passati • giudiziario; di recente alla ribalta mediatica anche nel nostro paese in diversi deplorevoli episodi; dall’altro quello di innalzare 1. European Commission, Early childhood education and care: providing la qualità e l’efficacia dei servizi offerti, con i conseguenti all our children with the best start for the world of tomorrow, COM(2011) 66 final, Brussels, 17/2/2011. 3 benefici nella vita giovane e adulta di una persona . 2. Sul punto sia consentito rimandare a F. Magni, L’educatore in Europa, «Nuova Secondaria», n. 2, 2016, pp. 12-13. Si veda a riguardo anche il dossier Che cosa prevede la nuova disciplina di «Nuova Secondaria Ricerca» n. 10/2017 (a cura di Lilli Casano) intitolato È in questo contesto che si inserisce la nuova discipli- “Quale futuro per le professioni di cura? Le politiche europee in materia di anticipazione dei fabbisogni di competenze”, pp. 40-112 in particolare la na delle professioni educative e pedagogiche approvata seconda parte dedicata a “Il futuro delle professioni di cura in Europa”, pp. allo scadere della scorsa legislatura (XVII). La proposta 81-112, con i contributi di G. Rota, L. Celsi, B. Galbusera. 3. Sul tema si veda J. Peeters, C. De Kimpe, S. Brandt, The competent early di legge originaria, che aveva iniziato il suo iter parla- childhood education and care system in the city of Ghent: A long-term invest- 4 mentare nell’ottobre 2014 , ha infine trovato un parzia- ment in continuous professional development, in M. Vandenbroeck, M. Ur- le accoglimento nell’ultima legge di bilancio approvata ban, J. Peeters (a cura di), Pathways to professional early childhood educa- 5 tion, Routledge, London-New York 2016, pp. 57–71; J. Peeters, N. Sharmahd, dalle Camere nel mese di dicembre 2017 , dove è stata I. Budginaitė, Professionalisation of Childcare Assistants in Early Childho- inserita la riforma delle professioni di educatore profes- od Education and Care (ECEC): Pathways towards Qualification, NESET II sionale socio-pedagogico, di educatore socio-sanitario e report, Publications Office of the European Union, Luxembourg 2016 http:// nesetweb.eu/wp-content/uploads/2016/10/AR1_2016.pdf. di pedagogista (art. 1 commi 594-601). Tale dispositivo 4. Per una ricostruzione si rimanda ai contributi di V. Iori, Professioni edu- normativo, atteso da tempo, richiederà molta attenzione cative e cambiamenti legislativi in corso, in «Pedagogia Oggi», n. 2, 2017, pp. 17-30; S. Calaprice, La ricerca pedagogica nel campo delle professioni nella sua attuazione, soprattutto nella delicata fase tran- educative, in «Nuova Secondaria Ricerca», n. 9, 2017, pp. 128-133. Si veda sitoria che si aprirà nei prossimi mesi. anche il recente volume a cura di P. Orefice, E. Corbi, Le professioni di edu- catore, pedagogista e pedagogista ricercatore nel quadro europeo. Indagine 1) Ambito di operatività nazionale sulla messa a sistema della filiera dell’educazione non formale, Edizioni ETS, Firenze 2017. La normativa prevede innanzitutto che l’educatore pro- 5. Legge 27 dicembre 2017, n. 205, entrata in vigore il 1° gennaio 2018. fessionale socio-pedagogico e il pedagogista operino 6. Per le relative definizioni si rimanda al D. Lgs. n. 13 del 16 gennaio 2013 «nell’ambito educativo, formativo e pedagogico, in rap- concernente la “Definizione delle norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni per l’individuazione e validazione degli apprendimenti nonfor- porto a qualsiasi attività svolta in modo formale, non mali e informali e degli standard minimi di servizio del sistema nazionale di formale e informale, nelle varie fasi della vita6 (…) nei certificazione delle competenze”.

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Educatore professionale socio- Educatore professionale Qualifica conseguita Pedagogista pedagogico socio-sanitario Laurea magistrale “abilitante”: Laurea triennale LM-50 “Programmazione e gestione dei servizi “abilitante”: un corso di educativi”; laurea della classe L/SNT2 Laurea triennale: LM-57 “Scienze dell’educazione degli adulti e della Titoli di studio “Professioni sanitarie L-19 “Scienze dell’educazione” formazione continua”; della riabilitazione – corso LM-85 “Scienze pedagogiche”; di studio educazione LM-93 “Teorie e metodologie dell’e-learning e della professionale” media education”. Laureati nel 2016 7.882* 4.485* 687 (posti disponibili da bando Iscritti nel 2016 44.730* 10.413* nazionale MIUR per l’a.a. 2016/17) Inquadramento Professioni non organizzate in ordini o collegi7 professionale EQF8 6° livello 7° livello 6° livello

[*dati estratti dal servizio statistica del MIUR http://ustat.miur.it/]

• ambientale; Il diploma di laurea diventa dunque un requisito obbli- • sportivo e motorio; gatorio (ma nei fatti era già così in molte situazioni) per • dell’integrazione e della cooperazione internazionale. l’esercizio della professione di educatore socio-pedago- Come si intuisce, dunque, un ambito di azione molto va- gico e di pedagogista, entrambe ricomprese – ai sensi sto e diversificato, che comprende situazioni differenti della legge 14 gennaio 2013, n. 4 – nell’ambito delle sia per i soggetti coinvolti (si va dai neonati fino agli professioni non ordinistiche (diversamente, dunque, di anziani, dalle persone con disabilità al sostegno alle fa- quanto avviene per avvocati, ingegneri, notai, chimici, miglie), sia per i luoghi di attività (asili nido, cooperative architetti e molti alti che sono racchiusi appunto in or- sociali, istituzioni scolastiche, case di reclusione, asso- dini professionali). Le professioni non ordinistiche sono ciazioni sportive, ambientali). quelle dove «l’attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di 2) Titoli di studio, qualifiche e inquadramento profes- terzi, è esercitata abitualmente e prevalentemente me- sionale diante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso Come si vede dalla tabella riportata, il percorso forma- di questo» (art. 1 comma 2 legge n. 4/2013). In questa tivo richiesto per conseguire la qualifica di educatore direzione, ci si chiede come mai non si sia percorsa la professionale socio-pedagogico è costituito dalla laurea via del riconoscimento, come associazione di profes- triennale in “Scienze dell’Educazione” (L-19) a cui fa da sione non regolamentata degli educatori professionali corrispettivo, per l’educatore professionale socio-sanita- socio-pedagogici e dei pedagogisti, presso il Ministe- rio la classe di laurea triennale nelle “Professioni sanitarie ro dello Sviluppo Economico10, sulla scia di quello che della riabilitazione” (L/SNT2)9. Se la qualifica conseguita a livello europeo è la stessa (6 livello dell’EQF), molto diversi sono i numeri degli studenti iscritti a tali corsi di 7. Da rilevare che il c.d. “DDL Lorenzin”, approvato in Senato in via defini- tiva lo scorso 22 dicembre 2017, all’art. 5 si istituisce “l’area delle professioni studio: nel 2016 erano iscritti in 44.730 studenti in Scienze sociosanitarie” facendovi ricomprendere «i preesistenti profili professionali dell’Educazione (7.882 invece i laureati sempre nel 2016), di operatore sociosanitario, assistente sociale, sociologo ed educatore profes- mentre per l’a.a. 2016/2017 i posti disponibili banditi dal sionale [socio-sanitario]». La precedente normativa è contenuta nel decreto del Ministro della Sanità 8 ottobre 1998, n. 520. MIUR per il corso di laurea delle Professioni sanitarie – 8. Cfr. Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea sul quadro eu- indirizzo educazione professionale erano appena 687. ropeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente, che abroga la racco- Guardando poi ai quattro differenti corsi di laurea magi- mandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, sulla costituzione del quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento perma- strale che permettono di conseguire la qualifica di “pe- nente, 22 maggio 2017 (2017/C 189/03); Raccomandazione del Parlamento dagogista” – ora definito dalla legge professionista di europeo e del Consiglio dell’Unione Europea sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (EQF: European “livello apicale”, pari al 7° livello dell’EQF – ci si trova Qualifications Framework), 23 aprile 2008 (2008/C 111/01). di fronte a circa metà dei laureati rispetto alla “corri- 9. Sulle affinità e differenze delle due professionalità si veda G. Bertagna, spettiva” laurea triennale L-19 (4.485 nel 2016) e addi- L’educatore e la custodia dei legami sociali, in «Nuova Secondaria», n. 2, 2016, pp. 3-5. rittura poco meno di un quarto come numero di studenti 10. http://www.sviluppoeconomico.gov.it/index.php/it/mercato-e-consuma- iscritti (10.413 nel 2016). tori/professioni-non-organizzate.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 11 Problemi Pedagogici e Didattici hanno fatto da tempo altre professioni (tra queste ar- come le università attueranno il tutto. Ed è vero. Ma una cheologi, traduttori, amministratori di condominio): in tale previsione non fa altro che confermare il paradigma particolare, proprio per salvaguardare gli obiettivi della separativo tra teoria e pratica, studio e lavoro esistente normativa precedentemente richiamata, si sarebbe potu- nel nostro paese e praticato in ogni dove nel nostro siste- ta avviare la richiesta di iscrizione nell’albo tra le asso- ma educativo. È come se si dicesse agli educatori: “visto ciazioni che rilasciano l’attestato di qualità e di qualifi- che non ti sei formato abbastanza prima, adesso devi cazione professionale dei servizi prestati dai soci. Senza tornare in un assetto di istruzione formale, superare aspettare una legge nazionale, si sarebbero dunque già degli esami, recuperare dei CFU aggiuntivi, consegui- potute perseguire quelle finalità di innalzamento della re un diploma avente valore legale, con tanto di marca qualità e di tutela dei servizi offerti. da bollo e solo dopo potrai essere pronto per lavorare”. Magari i fatti ci smentiranno (speriamo!), ma sarebbe 3) La disciplina transitoria e la conferma del paradigma opportuno che almeno in questa fase attuativa le univer- separativo sità facessero di tutto per snellire il carico burocratico/ Un altro punto che merita una breve riflessione è quello formale imposto ex lege e favorissero percorsi fondati della disciplina transitoria. La legge, giustamente, prova sul paradigma dell’alternanza formativa11, valorizzando a fare ordine all’interno di un mondo che come si è visto è quanto già sperimentato da questi educatori in un’ottica molto diversificato, stabilendo che entro tre anni dall’en- critico-riflessiva. Altrimenti il tutto rischia di risolversi trata in vigore della normativa (quindi entro dicembre in una stanca erogazione di CFU da parte degli atenei e 2020), potranno acquisire la qualifica di educatore profes- in una mera rincorsa alla “carta bollata” da parte degli sionale socio-pedagogico coloro che, dopo il superamen- aspiranti educatori professionali socio-pedagogici. to di un corso intensivo di formazione (60 CFU) attivato Infine, occorre ricordare che coloro i quali abbiano svolto presso le università (anche tramite attività di formazione l’attività di educatore per un periodo minimo di 12 mesi, a distanza), siano già in possesso all’entrata in vigore del- anche non continuativi, potranno continuare ad eserci- la legge di bilancio di uno dei seguenti requisiti: tare detta attività: per tali soggetti, il mancato possesso 1) inquadramento nei ruoli delle amministrazioni pub- della qualifica di educatore professionale socio-pedago- bliche a seguito del superamento di un pubblico con- gico o di educatore professionale socio-sanitario non po- corso relativo al profilo di educatore; trà costituire – direttamente o indirettamente – motivo 2) svolgimento dell’attività di educatore per non meno per la risoluzione unilaterale dei rapporti di lavoro in di tre anni, anche non continuativi, da dimostrare corso alla data di entrata in vigore della presente legge mediante dichiarazione del datore di lavoro ovvero né per la loro modifica, anche di ambito, in senso sfavo- autocertificazione dell’interessato; revole al lavoratore. Allo stesso modo, l’acquisizione di 3) diploma rilasciato entro l’anno scolastico 2001/2002 tali qualifiche non comporta per il personale già dipen- da un istituto magistrale o da una scuola magistrale. dente di amministrazioni ed enti pubblici, «il diritto ad In sostanza la legge prevede per tutte le persone che svol- un diverso inquadramento contrattuale o retributivo, ad gono già la professione di educatore – esclusi coloro che una progressione verticale di carriera ovvero al ricono- «sono titolari di contratto di lavoro a tempo indetermina- scimento di mansioni superiori» (comma 600). to negli ambiti professionali elencati sopra, a condizione che, alla data di entrata in vigore della legge, abbiano Un primo commento più di 50 anni d’età e almeno 10 anni di servizio oppure a) Qualche breve considerazione stilistico-formale. abbiano almeno 20 anni di servizio» che acquisiscono Esposta sinteticamente la nuova disciplina, per prima direttamente la qualifica di educatore professionale so- cosa sono doverose alcune considerazioni di carattere cio-pedagogico – la frequenza e il superamento di un stilistico-formale legislativo. Come è possibile, infatti, percorso formativo universitario aggiuntivo. Possiamo inserire un intervento normativo che interessa decine di immaginare con quale spirito intraprenderanno tale ob- migliaia di persone, tutte le università del paese, migliaia bligo normativo professionisti che magari già da diversi di enti, cooperative, istituzioni educative e sociali nel bel anni compiono egregiamente il proprio lavoro, magari mezzo di una legge di bilancio composta da 1.181 commi anche dopo aver superato un regolare concorso pubbli- co. Ma non è questo il punto decisivo, quanto piuttosto 11. Sul tema si rimanda a sul punto si rimanda a G. Bertagna, Condizioni il rischio, semmai, che una tale previsione sia avvertita pedagogiche per non dimezzare il significato dell’alternanza formativa e come un mero aggravio burocratico (conseguimento dei dell’alternanza scuola lavoro, in «Formazione, lavoro, persona», anno VI, n. 18, pp. 117-142; G. Bertagna, Dall’esperienza alla ragione, e viceversa. 60 CFU) e non rappresenti un’effettiva occasione di cre- L’alternanza formativa come metodologia dell’insegnamento, «Ricerche di scita professionale. Certo, si dirà, molto dipenderà da Psicologia», n. 3, 2016, pp. 319-360.

12 Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 Problemi Pedagogici e Didattici riguardanti materie così differenti? Anche solo ad un rapi- do confronto con il progetto di legge originario approvato dalla Camera dei Deputati e depositato al Senato appare evidente come si sia persa gran parte dell’organicità e del- la coerenza interna al testo12. Senza considerare poi l’iro- nia di trovare, all’interno di una legge la cui rubrica recita “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020”, norme che trattano di tutto tranne che di interventi ri- guardanti il bilancio dello Stato, in quanto per l’attuazio- ne di questa nuova disciplina si provvederà «nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o mag- giori oneri per la finanza pubblica» (comma 601). Non si trova, inoltre, l’elenco delle discipline cui dovreb- bero far riferimento i corsi da 60 CFU della fase transi- toria: il rimando al comma 593 appare errato (tratta di tutt’altra materia) e non vi è perciò traccia nell’articolato Vasilij Kandinskij (1866-1944), Park of St. Cloud, Entrance, 1906 legislativo di alcuna indicazione in merito alle discipline che dovrebbero essere ricomprese in questi 60 CFU (può anche essere un bene, ma certo il lettore rimane un po’ sostanziale occorre innanzitutto ricordare la necessità di spaesato non trovando quello che il testo dichiara di for- 13 un forte coordinamento con l’attuazione del D. Lgs. 13 nire) . Forse il testo fa riferimento agli ambiti elencati al aprile 2017, n. 65, istitutivo del “sistema integrato di edu- comma 594 (educativo e formativo; scolastico; della ge- cazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni”, laddo- nitorialità e della famiglia; culturale; giudiziario ecc…) ve si prevede che a decorrere dall’a.s. 2019/2020, l’acces- ma si tratta appunto di “ambiti” e non di discipline vere so ai posti di educatore di servizi educativi per l’infanzia e proprie. Oppure si tratta di un riferimento indiretto è consentito esclusivamente a coloro che sono in possesso alle discipline contenute nelle classi di laurea elencate al di un diploma di laurea nella classe L-19, “Scienze dell’e- comma 595. In ogni caso il tutto è poco chiaro e lasciato ducazione e della formazione”, ad indirizzo specifico per alla libera interpretazione. Meglio a quel punto non scri- educatori dei servizi educativi per l’infanzia o del diplo- vere niente, come richiama un antico brocardo latino: ma di laurea magistrale a ciclo unico nella classe LM- ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit. Viene davvero da 85-bis in “Scienze della formazione primaria”. Ma non domandarsi come sia stata possibile una tale leggerezza solo. L’art. 4, comma 1, lettera e del D.Lgs. n. 65/2017 e approssimazione nella scrittura di un testo normativo stabilisce che la qualificazione universitaria del personale così importante che riguarda migliaia e migliaia di per- dei servizi educativi per l’infanzia debba anche prevede- sone. Evidentemente occorrerà poi un decreto attuativo re, in aggiunta al conseguimento di una delle due lauree ministeriale sul punto: ulteriore elemento di timore poi- sopra richiamate, quella triennale L-19 o quella magistra- ché una regolamentazione sul piano didattico troppo ri- le quinquennale LM-85bis, la frequenza e il superamento gida e dettagliata metterebbe a repentaglio la possibilità di un corso di specializzazione annuale, organizzato dalle di attuare metodologie didattiche fondate sul paradigma stesse università per complessivi 60 CFU distribuiti tra dell’alternanza formativa, nonché segnerebbe l’ennesi- lezioni, laboratori, tirocini diretti e indiretti, finalizzato mo “smacco” alla ormai sempre più bistrattata e dimen- all’approfondimento di aspetti specifici e centrali dello ticata autonomia universitaria. sviluppo e dell’educazione dei bambini da 0 a 3. Per concludere questo primo punto di riflessione, le in- L’ambito della prima infanzia, quindi, era di fatto già certezze e le imprecisioni formali del testo normativo stato in gran parte regolamentato dal decreto legislativo forse nascondono – al di là dell’infelice, ancorché ob- attuativo della legge 107/201514, mentre rimane ancora bligata, scelta della legge di bilancio come contenitore omnicomprensivo – una debolezza culturale di fondo 12. http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLPRES/980756/index.html. nell’impianto approvato dal legislatore. 13. Emblematico in tal senso il fatto che nel Dossier di approfondimento curato dalle Camere si rinvii invece al comma 595, che però elenca semplice- mente i corsi di studio abilitanti e non le singole “discipline” (p. 288). b) Quali cambiamenti sostanziali? 14. In particolare si vedano l’art. 4 comma 1 lett. e) e l’art. 14 comma 3 D. Fatte salve queste osservazioni formali, dal punto di vista Lgs. n. 65/2017.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 13 Problemi Pedagogici e Didattici

professionali a queste figure. Bastino questi due dati de- mografici16: • il tasso di natalità nel nostro Paese, già al minimo storico nel 2015 (486.000 unità) si è ulteriormente ab- bassato nel 2016 (474.000) e per il 2017 si prevede una flessione ulteriore. In 8 anni (2008-2016) le nascite in Italia sono diminuite di circa 100.000 unità; • le persone oltre i 65 anni superano i 13,5 milioni e rappresentano il 22,3% della popolazione totale; quel- li oltre gli 80 anni sono 4,1 milioni, il 6,8% del totale, mentre gli ultranovantenni sono 727mila, l’1,2% del totale. Insomma, siamo un paese dove non nascono più bambi- ni e ci sono (e ci saranno) sempre più persone anziane. Vasilij Kandinskij (1866-1944), The Ludwigskirche in Un utile suggerimento verso quali ambiti potranno ri- Munich, 1908 chiedere e accogliere le decine di migliaia degli studenti attualmente iscritti ai corsi di laurea prima esaminati. Un’occasione, quindi, per re-inventarsi anche in questo contesto mutevole e in costante evoluzione. E anche l’in- precluso l’esercizio delle “nuove” professionalità peda- novazione tecnologica, che minaccia di far scomparire gogiche nell’ambito socio-sanitario, che si conferma di lavori e professionalità antiche e diffuse, sembra non esclusiva pertinenza dei laureati nella classe di laurea possa intaccare e scavalcare quell’ambito caratterizzan- relativa alle “Professioni sanitarie della riabilitazione” te la pratica educativa che trova nella relazione tra due (L/SNT2). Con questa legge, dunque, si estende quanto persone, qualcosa che nessun robot, per quanto sofisti- già previsto per l’ambito dei servizi per l’infanzia, an- cato, potrà mai sostituire. Non è un caso, infatti, per usa- dando a ricomprendere nella sfera d’azione dei laurea- re un’analogia, che il Bureau of Labor Statistics degli ti in scienze dell’educazione anche tutti gli ambiti so- Stati Uniti abbia previsto entro il 2022 580.000 nuovi cio-educativi che sarebbero rimasti finora esclusi (o non posti di lavoro per assistenti domiciliari e 527.000 per esplicitamente previsti). O meglio, così appare ad una infermieri professionali, due tra le professioni che stan- prima rapida lettura. Ma si sa, sono i dettagli che con- no registrando la crescita più notevole negli USA17. tano quando ci si muove sul livello formale/normativo e L’approvazione di questa nuova disciplina delle pro- allora chissà come verrà interpretata e attuata la legge fessioni pedagogiche, dunque, più che rappresentare di per quanto riguarda, per esempio, l’ambito carcerario: per sé un punto di arrivo segnala invece la possibilità finora, infatti, gli educatori assunti tramite concorso dell’avvio di un impegno volto a rendere questi profi- nelle case circondariali provenivano esclusivamente dai li professionali sempre più competenti, rendendo ancor laureati nelle discipline delle “professioni sanitarie”. più coerenti e integrati tra loro i percorsi formativi delle Basterà la sola previsione dell’ambito “giudiziario” per università e le esigenze sociali e territoriali. Solo infatti aprire le porte ai laureati in scienze dell’educazione?; dal continuo confronto tra università e enti territoriali dall’altro non è ancora chiaro se basterà il mero disposi- potrà nascere e svilupparsi un sistema integrato che miri tivo normativo a sbloccare, di per sé, certe incomprensi- alla formazione e all’occupabilità dei giovani educatori bili esclusioni ad oggi esistenti, né se davvero si riuscirà professionali e pedagogisti. a regolamentare in maniera efficace quella vasta area grigia del “sociale” che appare come il grande terreno Francesco Magni di scontro. Università degli studi di Bergamo Infatti, se da un lato è vero che le novità legislative qui riassunte realizzano «la necessaria definizione e stabi- lizzazione di tali figure professionali, dando dignità e prospettiva al loro lavoro e alle competenze che lo ca- 15. S. Ulivieri, S. Calaprice, A. Traverso, Formare Educatori e Educatrici. ratterizzano, a partire dalla formazione necessaria ad Il ruolo della Pedagogia italiana, in «Pedagogia Oggi», n. 2, 2017, p. 16. 15 acquisirle e consolidarle» , dall’altra è vero che ancor 16. ISTAT, indicatori democrafici, 6 marzo 2017. più di una legge sarà l’evolversi stesso della vita della 17. Cfr. M. Ford, Il futuro senza lavoro. Accelerazione tecnologica e mac- chine intelligenti. Come prepararsi alla rivoluzione economica in arrivo, Il società italiana che potrà fornire occasioni e prospettive Saggiatore, Milano 2017, p. 165.

14 Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 SPECIALE FORMAZIONE INIZIALE DEGLI INSEGNANTI Problemi Pedagogici e Didattici Le dinamiche psicologiche della relazione educativa: alcune riflessioni Ilaria Castelli

Le rappresentazioni che insegnante e studente portano nella loro relazione intervengono in modo significativo nel processo di apprendimento. Esserne consapevoli può liberare nuovi spazi e risorse.

n una concezione integrata e sistemica dello sviluppo Questa nuova visione della relazione educativa si inseri- psicologico, che considera l’intreccio delle componen- sce all’interno di una concezione di apprendimento che ti socio-cognitive ed emotivo-affettive, la relazione è è fortemente mutata negli ultimi decenni nella psicolo- I 1 concepita come “chiave di volta dello sviluppo” . Infatti, gia dell’educazione: apprendimento non più inteso come la relazione diadica madre-bambino/a e quella insegnan- semplice trasmissione di contenuti da un maestro a un te-bambino/a, pur con le proprie specificità, presentano discente che passivamente li assimila, bensì come un fe- molte similarità: sono asimmetriche rispetto alle respon- nomeno di costruzione congiunta della conoscenza che sabilità, al potere e alle abilità; includono la dipendenza, avviene all’interno di una relazione2. Questa particolare la protezione, e i bisogni di accudimento e apprendimento relazione si struttura sia attraverso l’azione congiunta del bambino/della bambina. In particolare, la qualità della delle persone coinvolte, sia attraverso le rappresentazio- relazione genitore-bambino/a e insegnante-bambino/a co- ni che ciascuna produce di tale relazione e che la ali- stituisce un buon predittore dell’adattamento scolastico e mentano. L’apprendimento, quindi, è oggi inteso come delle competenze sociali con i pari. un percorso di crescita cognitiva, affettiva, sociale, che si snoda all’interno di – e grazie a – vicende relazionali Apprendimento e relazione significative, uniche per ciascun individuo. Il Professor Robert Pianta, psicologo statunitense e Pre- Quando sinora esposto potrebbe forse risultare maggior- side della Curry School of Education alla University of mente pertinente per educatori dell’asilo nido, e per inse- Virginia, dagli anni Ottanta a oggi ha fornito un ricco gnanti della scuola dell’infanzia e della scuola primaria, contributo scientifico allo studio della relazione educa- in quanto professionisti che operano nei primi contesti tiva nel contesto scolastico, per comprendere come essa educativi extra-famigliari in cui il supporto dell’esperien- possa supportare i processi di apprendimento e di svi- za emotiva e affettiva del bambino/a sono cruciali per il luppo e costituire un fattore di protezione in condizio- buon esito del percorso evolutivo. Tuttavia, anche nella ni evolutive a rischio. Infatti, così come la madre svol- scuola secondaria di I e di II grado la relazione educativa ge una funzione di contenimento fisico e psicologico costituisce un elemento cardine del processo di apprendi- dell’esperienza del figlio/della figlia, l’insegnante svol- mento, che pone l’individuo davanti al nuovo e all’ignoto: ge una funzione di contenimento degli aspetti più dif- si impara qualcosa che non si conosce. Se da un lato que- ficili dell’esperienza dell’apprendimento dell’alunno/a: sto costituisce l’aspetto stimolante e motivante dell’ap- in questa prospettiva, l’insegnante non è solo un pro- prendere, dall’altro lato esso apre all’ansia che l’incontro fessionista che promuove l’apprendimento di contenuti con ciò che non si conosce inevitabilmente genera, mobi- didattici, ma anche un caregiver che favorisce l’acquisi- litando vissuti negativi quali il timore di non farcela, di zione di modalità funzionali di relazionarsi agli oggetti della conoscenza, all’altro, al mondo, all’ignoto, laddove la mente dell’insegnante divenga esempio di una mente 1. R.C. Pianta, Enhancing relationships between children and teachers (1999), American Psychological Association, tr. it. La relazione bambino-in- che riesce a pensare alla propria esperienza cognitiva ed segnante. Aspetti evolutivi e clinici, Raffaello Cortina, Milano 2001. emotiva, e ad apprendere da essa. 2. B. Ligorio - S. Cacciamani, Psicologia dell’educazione, Carocci, Roma 2013.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 15 Problemi Pedagogici e Didattici non essere all’altezza ecc. L’incontro con gli oggetti della definita come l’influenza reciproca che persone concrete conoscenza chiama in causa non solo il mondo cognitivo e reali, fisicamente presenti e osservabili, agiscono l’una dell’alunno/a, ma anche quello affettivo, poiché mobilita sull’altra in uno spazio e in un tempo immediatamente sia le capacità cognitive (per esempio: prestare attenzio- identificabili, nel qui e ora7. Tuttavia, l’interazione non è ne, seguire le consegne, eseguire processi di calcolo o di di per sé sufficiente a definire le dinamiche psicologiche lettura, monitorare tali processi, valutarne gli esiti ...) sia insite nella relazione, dal momento che la relazione non tutto il mondo interno del discente, con il vissuto emotivo è riducibile a una somma di interazioni tra le persone che lo colora3. Tutto questo può divenire una risorsa per coinvolte, né è determinata soltanto da fattori quali il l’apprendimento se l’alunno/a trova un’insegnante atten- temperamento, l’intelligenza o le capacità, i pattern di to/a a cogliere le emozioni implicate nel processo dell’ap- feedback e di rinforzo nel corso dello scambio. Nell’inte- prendere, a riconoscerne il contributo in tale processo e a razione rimane una quota di incompiuto che sfugge alle supportarlo, in quanto medesime persone coinvolte, un “resto” di cui è difficile avere sempre consapevolezza: nell’interazione noi por- una qualunque attività finalizzata alla crescita delle persone tiamo il nostro contributo relativo al presente, ma anche (come l’attività educativa o terapeutica) ottiene dei risultati il nostro passato, tutte le esperienze pregresse che hanno quando è organizzata in modo da promuovere l’integrazione, contribuito a scrivere la nostra storia (si pensi al concet- nella mente, delle sue varie parti e in particolare di quelle pro- 8 blematiche o «cattive» che invece, usualmente, nella scuola to di Modello Operativo Interno di Bowlby, 1988 ). vengono espunte o stigmatizzate4. Nel piano dell’interazione entra in gioco un altro pia- no – invisibile – quale quello delle rappresentazioni, In questa prospettiva, alcune condotte dell’alunno/a, definite come «una sorta di mappa o guida che l’indi- come comportamenti aggressivi, rifiuto del compito, viduo porta con sé e che contiene una serie di regole ribellione alle regole, atteggiamenti di provocazione, o guide comportamentali da osservare all’interno della potrebbero costituire per lui/lei l’unico modo possibile relazione, formulate sulla base delle esperienze rela- con il quale esprimere una condizione di disagio psichi- zionali passate o attuali»9. È come se ogni partecipan- co, cioè espellendolo tramite il passaggio all’azione. In te dell’interazione vivesse, percepisse, interpretasse queste occasioni, l’insegnante viene messo/a a dura pro- l’interazione alla luce di molte e diverse lenti personali: va, proprio perché viene investito/a da ciò che l’alunno/a le lenti del presente (attuali idee, credenze, convinzioni, espelle: se riesce a tollerare come propri i vissuti che aspettative, esigenze…), le lenti del passato (esperienze l’allievo/a evoca in lui/lei, a dargli un nome e a restitu- passate, caregivers, ricordi familiari e scolastici…), le irglieli in una forma pensabile, svolgerà quella medesi- lenti del proprio mondo interno (fantasie, speranze, pau- ma funzione di contenimento mentale che caratterizza re, ansie…). Questo amalgama di storia ricordata e di in modo fondante la relazione madre-bambino/a. In al- relazioni ricordate da un lato, di interpretazioni e attri- tre parole, la mente dell’insegnante dovrebbe divenire buzioni di senso all’interazione in corso dall’altro lato, esempio di una mente che riesce a pensare alla propria vanno a costituire la rappresentazione dell’interazione esperienza emotiva e ad apprendere da essa5: l’insegnan- che ciascuna delle persone coinvolte si costruisce e uti- te non sarà quindi solo il/la professionista che promuove lizza come guida nelle interazioni successive. l’apprendimento di contenuti nuovi con strategie mira- Pensando alla relazione insegnante-alunno, quali sono i te e aggiornate, ma anche l’adulto che testimonia che si modelli rappresentazionali di ciascuno? L’alunno/a por- può affrontare anche ciò che, in quanto non noto, spa- ta il suo schema di essere con il caregiver familiare, il venta (sia questo la matematica, la grammatica, o il co- modello relazionale di cui ha fatto esperienza nella sua noscere nuovi compagni o entrare in un nuovo contesto), e che lo si può affrontare con modalità adeguate, cioè 3. M.H. Immordino-Yang, Neuroscienze affettive ed educazione, Raffaello utilizzando il pensiero piuttosto che il passaggio all’atto. Cortina, Milano 2017. 4. G. Blandino - B. Granieri, La disponibilità ad apprendere. Dimensioni I molteplici rimandi della relazione emotive nella scuola e formazione degli insegnanti, Raffaello Cortina, Mi- lano 1995, p. 13. Eppure, il piano relazionale è sovente quello più fatico- 5. Cfr. G. Blandino - B. Granieri, La disponibilità ad apprendere, cit. so e pesante, che spesso mette a dura prova la tenuta 6. G. Blandino, Quando insegnare non è più un piacere. La scuola difficile, dell’insegnante6: non è facile osservare, descrivere e proposte per insegnanti e formatori, Raffaello Cortina, Milano 2008. 7. A. Trognon, L’interaction en général: sujets, groupes, cognitiones, re- comprendere la dimensione relazionale nel contesto présentations sociales, «Connexions» (1991) 57, pp. 9-27. dell’apprendimento scolastico. Per capire la relazione, 8. J. Bowlby, A secure base (1988), Routledge, London; tr. it. Una base sicu- ra, Raffaello Cortina, Milano 1989. per coglierne il valore e il significato, è necessario 9. R.C. Pianta, La relazione bambino-insegnante. Aspetti evolutivi e clinici, iniziare col porsi al livello di analisi dell’interazione, cit., p. 89.

16 Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 Problemi Pedagogici e Didattici famiglia, e anche lo schema di relazione di cui ha fatto cui attribuire un nuovo significato. La relazione educati- esperienza nei cicli scolastici precedenti. I modelli rap- va ha pertanto una duplice valenza: di vincolo, in quanto presentazionali dell’adulto comprendono, oltre alla sua nessuno può prescindere dalla propria storia, e di senso, in storia relazionale, i sentimenti e le credenze associati al quanto la relazione attribuisce un senso al vissuto presen- mondo dell’infanzia e dell’adolescenza (che cosa inten- te: per capire ciò che accade nel “qui e ora” è necessario de per educazione, per apprendimento, quali strategie rifarsi a un piano altro, a un tempo altro, a un “là e allora” ritiene utili o meno per gestire l’alunno, se ha un atteg- che getti luce sul presente. Del resto, come già riportato in giamento più punitivo e rigido oppure più comprensivo apertura, il processo con il quale il bambino sin dall’inizio e tollerante ecc.), lo stile motivazionale, il suo ruolo di conosce il mondo è un processo squisitamente relazionale, adulto in altri contesti (un insegnante che sia anche ge- che non può fare a meno dell’altro quale interlocutore con nitore o che non lo sia, che abbia famiglia o sia solo, lai- il quale co-costruire significati intersoggettivamente con- co o appartenente a un ordine religioso e via di seguito). divisi: un apprendimento inteso come un fenomeno non I modelli rappresentazionali dell’insegnante giocano allo- solo attivo, ma anche interattivo, in quanto situato in un ra un ruolo notevole sull’interazione e nella relazione che contesto relazionale nel quale il bambino è immerso fin da ne scaturisce, in quanto rispecchiano molteplici aspetti piccolo11. Essendo mediato dal mondo interno del soggetto del proprio sé: l’insegnante come adulto che è oggi (inse- che apprende, mondo interno che si sostanzia nella rela- gnante, marito/moglie, padre/madre); l’insegnante come zione con l’altro, con il caregiver, l’apprendimento è ine- bambino che è stato/a (il figlio/a che è stato/a, l’alunno/a ludibilmente un fenomeno pregno di emotività e di affetti- che è stato/a); l’insegnante quale adulto con le proprie con- vità12 (Blandino e Granieri, 1995; Immordino-Yang, 2017). cezioni dell’altro, dell’alunno, dell’apprendimento, con le Ecco quindi la sfida, per gli/le insegnanti che lavorano sue rappresentazioni dell’altro. Una possibile riflessione nella scuola secondaria: promuovere negli allievi (ma sulla propria modalità di interagire con gli alunni e gesti- prima ancora su di sé), non solo la conoscenza di qual- re il percorso di insegnamento-apprendimento potrebbe cosa, ma anche la conoscenza da qualcosa: non è tanto essere offerta dal seguente quesito: come mi rappresento importante aumentare la quantità di informazioni e di l’alunno/a che incontro in classe? Come un contenitore conoscenze negli alunni, bensì la loro disponibilità ad vuoto, che aspetta di essere riempito da me di regole, di apprendere, lo spazio mentale disponibile ad accogliere conoscenze in quanto portatore solo di bisogni didattici, nuove esperienze e a farne oggetto di riflessione. Que- che non ha una propria mente, oppure come una persona, sta prospettiva potrebbe consentire di rivestire di nuovi che viene a me con una propria storia relazionale e di ap- significati alcuni fenomeni che caratterizzano la scuola prendimento già iniziata, sulla quale io mi inserisco, una secondaria: si pensi, per esempio, ai progetti di alternan- persona con una propria mente con cui si rappresenta il za scuola-lavoro, che in quest’ottica potrebbero assumere mondo, la realtà, gli altri? realmente una valenza formativa per gli alunni; oppure, a fronte del costante aumento di diagnosi di disturbi spe- La consapevolezza rappresentazionale nella cifici dell’apprendimento, potrebbe sollecitare un nuovo scuola secondaria sguardo sulle implicazioni della relazione insegnante-al- Provare a rispondere a questo quesito potrebbe aiutare ad lievo nei casi di fragilità o difficoltà di apprendimento, acquisire una maggiore consapevolezza del ruolo che le come già proposto anni fa da Blandino e Granieri: proprie rappresentazioni giocano all’intento della relazio- la difficoltà di apprendimento, più spesso di quanto non si ne educativa: «I modelli rappresentazionali codificano la creda, non è legata a un deficit di strumenti di tipo logico e storia della relazione e funzionano come memoria storica culturale, né a una semplice inadeguatezza di strategie cogni- della relazione stessa in cui sono registrate le aspettative tive, ma a un particolare uso di sentimenti distruttivi che la di ciascuno dei due componenti relativamente al compor- mente non è in grado di metabolizzare. […] L’insegnante che tamento dell’altro»10. Se l’interazione è una successione di si rapporta con allievi con difficoltà di apprendimento ha a che fare non solo con un problema cognitivo, ma anche con azioni che prende forma e senso nel presente, nel “qui e un disturbo relazionale caratterizzato da vissuti attaccanti13. ora”, la relazione la attraversa, creando connessioni con Ilaria Castelli il passato e con il futuro, con il “là e allora”. La dimen- Università degli studi di Bergamo sione della relazione rimanda a un passato ricco di perso- ne, esperienze, vissuti non sempre e non necessariamente 10. Ivi, p. 90. presenti alla nostra mente, ma inevitabilmente determi- 11. O. Liverta Sempio – A. Marchetti (eds.), Il pensiero dell’altro. Contesto, nanti nel contribuire alla nostra attribuzione di senso al conoscenza e teorie della mente, Raffaello Cortina, Milano 1995. 12. G. Blandino - B. Granieri, La disponibilità ad apprendere, cit.; H. Im- presente; inoltre, la relazione apre a un futuro che attende mordino-Yang, Neuroscienze affettive ed educazione, cit. di essere popolato di altre persone, esperienze, vissuti a 13. G. Blandino - B. Granieri, La disponibilità ad apprendere, cit., pp. 69-70.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 17 SPECIALE FORMAZIONE Problemi Pedagogici e Didattici INIZIALE DEGLI INSEGNANTI Ripensare e sperimentare una scuola inter/transculturale nella contemporaneità Paola Gandolfi

Ciò che permette il passaggio dalla scuola pluri culturale alla scuola inter e trans culturale è la capacità e la volontà di tessere relazioni e accogliere trasformazioni.

n Italia, ci interroghiamo da almeno un quarto di se- molti anni segnata da un pluralismo culturale, lingui- colo su che cosa sia una scuola interculturale e come stico, religioso che non era tale nelle epoche precedenti. Isi possa promuovere. In merito vi sono alcuni aspetti Per l’Europa il la sfida di una scuola che, partendo dalla che vanno messi in luce per non rischiare di cadere in consapevolezza di una molteplicità di appartenenze e di incomprensioni. provenienze al suo interno, provasse a metterle in in- Anzitutto è necessario imparare a ragionare come atto- ter-azione è stata una vera svolta in ambito educativo. ri di una società multiculturale, multilinguistica e multi Se la scuola pluriculturale descriveva una realtà, raccon- religiosa da molti anni, che, quindi, non può interrogarsi tandoci di una coesistenza di diversità (che molti paesi ogni volta su come intraprendere i percorsi di “educazio- europei hanno vissuto alcuni decenni prima di noi), il ne interculturale” come se iniziasse a confrontarsi oggi termine “interculturale” si è posto l’obiettivo di partire con la diversità culturale e con le molteplici appartenen- da questo pluralismo per metterlo in relazione e farlo ze identitarie e religiose dei suoi cittadini. Piuttosto ci interagire nei contesti socio-educativi e scolastici6. sarà da interrogarsi sul perché sino ad ora non siamo ri- Secondo alcune analisi si è passati cosi da una descrizio- usciti a pensarci come società e come scuola “multicul- ne statica della pluralità ad una terminologia che impli- turali”1 in grado di immaginarci strutturalmente come casse una dinamica di reciprocità, interazione, scambio. socità e scuola plurali. C’è uno scarto ancora troppo si- Successivamente, per stare al passo con i rapidi processi gnificativo tra la realtà e la percezione della stessa. di cambiamento in atto, si è fatto strada il bisogno di andare oltre la considerazione delle comunità culturali Realtà e narrazioni in divenire e di provare a raccontare la contemporaneità anche nei Un altro aspetto che va colto è che, al contempo, anche termini del sempre più frequente attraversamento, reale la società italiana è cambiata, segnata con ancora più e immaginario, delle frontiere. Il che rende la società rapidità e intensità da processi di globalizzazione che dialogano con la mobilità migratoria transnazionale2, i 1. Cfr. M. Vieworka, Une societé fragmentée? Le mutliculturalisme en vissuti diasporici, la frantumazione della realtà e la con- débat, La Découverte, Paris 1997. nessione di contesti un tempo distanti, la moltiplicazione 2. Cfr. U. Hannerz, Trasnantional connections. Cultures, People, Places, 3 Routledge, London 1996. L.Basch - N. Glick Schiller, Nations Unbound. e la diversificazione delle frontiere , il (non) diritto alla Routledge, London 1993. 4 5 circolazione e la “gerarchizzazione” delle vite umane . 3. Cfr. C. Withol de Wenden, Les Migrations. Un agenda mondial et eu- Sarebbe allora opportuno provare ad interrogarci su ropéen. La Maison des Scineces de l’Homme, Paris 2016. S. Mezzadra – B. Nielsen, Confini e frontiere, il Mulino, Bologna 2014. come scommettere sulla scuola a partire prima di tutto 4. Cfr. C. Withol de Wenden, Le droit d’émigrer. CNRS, Paris 2013; S. Mez- da una presa di consapevolezza forte rispetto alla con- zadra, Diritto di fuga, Ombre Corte, Verona 2005. temporaneità, alla sua specificità e alla sua complessità. 5. Cfr. D. Fassin, Ripoliticizzare il mondo, Ombre Corte, Verona 2014. Z. Bauman, Vite di scarto, Laterza, Bari 2005; A. Dal Lago, Non persone. Fel- Si deve poi mettere in luce un altro aspetto.. In questo trinelli, Milano 1999. senso è importante osservare l’evolversi dei termini 6. Cfr. J. Demorgon - E. Lipiansky, Guide à l’interculturel en formation, Retz, Paris 1999; M. Abdallah-Pretceille, L’education interculturelle, PUF, che hanno cercato in questo ultimo quarto di secolo di Paris 2013; M. Cohen Emerique, Pour une approche interculturelle en travail rappresentare la scuola. Essa, come si diceva, è già da social, Ecole des Hautes Etudes en Santé Publique, Paris 2011.

18 Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 Problemi Pedagogici e Didattici non solo abitata da comunità diasporiche, ma soprat- tutto, un’unica grande comunità segnata prima di tutto dall’appartenenza all’umanità7. Il termine “transcultura- le” è il tentativo di prendere in considerazione questa trasformazione epocale e di proporre una visione più ampia dell’interazione tra particolarismi e comunitari- smi. Da qui la prospettiva transculturale che ha inteso includere un’attitudine dei soggetti all’attraversamento dei confini (culturali e non) e all’articolazione delle loro molteplici appartenenze8. Ma che, più in particolare, ha inteso far leva su un’appartenenza ad una cittadinanza planetaria9. Al di là del dibattito teorico che questi termini hanno veicolato, senza entrare nello specifico delle criticità che ogni narrazione porta con sé, vorremmo qui considerare quanto, innanzitutto, ci sia stata una trasformazione sia nella realtà, sia nel tentativo di narrarla.

Allenarsi a conversare e a mettersi in relazione Dunque, che si opti per un approccio teorico o un altro, va ormai messo in rilievo che nella scuola inter/tran- sculturale l’obiettivo è creare relazione, inter-azione, conversazione. La finalità è una convivenza che non sia Umberto Boccioni, Visioni simultanee (1912), Von der Heydt Museum, Wuppertal, Germania solo co-esistenza, ossia mera legittimità consentita alle diversità di esistere, ma sia lo sforzo di abitare spazi co- muni, riconoscendo alle diversità cittadinanza e diritto di partecipazione. Ciò sapendo che non si entra in relazione con le culture A ben vedere, costruire relazioni è già di per sé il senso ma con il modo con il quale le culture di provenienza della scuola e del fare scuola. In altre parole, come di- degli individui si realizzano, si articolano, si modificano ceva Morin, insegnare è «insegnare a vivere»10. E pro- e si reinventano nelle pratiche culturali, nel quotidiano, babilmente l’educazione non ha bisogno di un aggettivo in un continuo spostamento tra un qui e un lì, tra più che ce la dica interculturale o transculturale, perché l’’e- appartenenze culturali attraverso le specifiche storie di ducazione quando è radicale, significativa, qualitativa- mente incisiva è già inclusiva, è già attenta alle diversi- 7. Diversi anni fa uno dei primi centri di ricerca e delle prime riviste che si tà, siano esse fisiche, psichiche, culturali, sociali o altre. interrogavano sui significati di intercultura (CEM- Mondialità) proponeva questa direzione sostenendo l’idea della “convivialità delle differenze” e del- Se il nostro obiettivo è insegnare a vivere, nostro com- la necessità di un’educazione alla “mondialità”. Un contributo invece recente pito è anche insegnare a con-vivere con chi è diverso da all’idea di mondialità e di umanità è nello stimolante testo P. Chamoiseau, noi11. Una scuola che sia attenta, rispettosa, che insegni Frères migrants, Suil, Paris 2017. 8. In questo senso, vi sarebbe una componente di transitività, mobilità, cir- ad esplorare, ad andare verso lo sconosciuto, che educhi colarità che ritorna nel “transculturale” e nel “transnazionale”, mettendo in allo sguardo e ad una molteplicità di punti di vista è già risalto i processi di localizzazione e de localizzazione, i vissuti in-between e gli spazi sociali trasnnazionali. Tra gli altri, si veda: H. Bhabha, Luoghi di di per sé inter/ transculturale. cultura, Meltemi, Roma 1996; T. Faist, Transnational spaces, «Ethnic and La vera questione – che è poi la questione educativa per Racial Studies», 38 (2015), IIssue 13, pp. 2271-2274. Sulla relazione tra mo- eccellenza – è come entrare in relazione? Come rispet- bilità e approcci intercuturali si veda anche: C. Momtgomery - C. Bourassa Dansereau, Mobilités internationales et intervention interculturelle, Presse- tarsi, avvicinarsi, allenarsi a convivere con alterità sem- sde l’Université de Quebec, Quebec 2017. pre più diversificate? Qui rientrano in gioco il pluralismo 9. Cfr. E. Morin - A.B. Kern, Terre-Patrie, Points, Paris 2010; Id., I sette culturale e l’importanza di conoscere le specificità delle saperi necessari dell’educazione del futuro. Cortina Raffaello, Milano 2001. 10. Id., Insegnare a vivere, Cortina Raffaello, Milano 2015, p. ? diversità culturali che l’attraversano, con un semplice 11. Un discorso serio intorno all’inter/transcultura non può che essere cor- obiettivo: dotarsi di strumenti di lettura della complessi- relato ad un approccio educativo che lotti contro le diseguaglianze. Cfr. L. Milani, Tutte le opere, Mondadori, Milano 2017 (a cura di E. Ruozzi e A. tà della realtà pluriculturale, per poterne ri-conoscere le Canfora); P. Freire, La pedagogia degli oppressi, EGA, Torino 2002; I. Illich, diversità, facendole tra loro comunicare e relazionare.. Descolarizzare la società, Mimesis, Milano 2010.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 19 Problemi Pedagogici e Didattici vita delle persone. Non solo. La vera grande sfida oggi è abbondonato la propria casa e si è perso. Talora inver- come imparare a relazionarsi con la diversità nella con- tendo i ruoli, provando a spostare la prospettiva e far sapevolezza di dover fare i conti con discriminazioni, vivere la condizione di maggioranza a chi è minoranza razzismi impliciti ed espliciti, xenofobie, che sempre più e viceversa. Come? Attraverso pratiche educative quo- si diffondono nella società12. tidiane che contemplino un’educazione allo sguardo e alla pluralità dei punti di vista. Pratiche educative, ma Ripensare l’inter/transculturale a partire anche scelte didattiche, progettualità che vadano nella dalla mobilità direzione di un esercizio faticoso e continuo volto al ri- Come è possibile, infatti, ripensare oggi i significati di conoscimento di ciò che non è noto, non è il confortevo- inter/transcultura nelle scuole se non a partire anche da le. Un primo passo, questo, per educare anche a gestire un’attenzione profonda alla mobilità, alle migrazioni i conflitti, non necessariamente per fare pace, ma per contemporanee, alla questione dei rifugiati e richieden- «imparare a litigare»16, esercitandosi a una modalità non ti asilo e alla gestione della loro cosiddetta accoglienza violenta17. In altre parole per educare a sconfinare, ad nella nostra società? andare oltre i confini di ciò che si conosce, ad attraver- Già ci si potrebbe interrogare su come sia possibile sare limiti reali ed immaginari. mettere in atto da parte di una società un dispositivo Per questo è così importante ripensare oggi ad approc- dell’accoglienza sino a quando non si metterà in atto ci educativi inter/trans-culturali che cerchino di educare al contempo una seria lotta al razzismo. L’ospitalità alla mobilità, con tutta la difficoltà, lo spaesamento, la naturale è tanto presente quanto il rifiuto e l’ostilità13. perdita di punti di riferimento che ciò comporta, per poi Non si può dare per scontata. Per questo oggi è sempre tornare a ritrovarsi e ad orientarsi nel proprio movimento. più importante nei nostri contesti scolastici sviluppare una riflessione intorno alle forme di discriminazione e Piste di sperimentazione di razzismo, comprendere i nessi nascosti tra cultura, I percorsi possibili nei contesti scolastici per provare a razza e potere14, mettere in atto pratiche di convivenza sperimentare il pluralismo, l’essere straniero, lo spae- consapevoli della necessità di dover gestire il conflitto samento, l’articolazione tra più contesti e appartenenze e, ancor prima, il rifiuto e la paura del diverso ancorato potrebbero essere molteplici. Per esempio, forse sarebbe nella nostra storia collettiva oltre che individuale15. tempo di insegnare la storia dalla prospettiva della riva In questo quadro, se la scuola è luogo dove apprendere a Sud del Mediterraneo invece che solo da quella dell’Eu- stare insieme e dove apprendere a conversare con gli al- ropa, narrandola dal punto di vista dei vinti oltre che tri, emerge il ruolo fondamentale di strategie educative dei vincitori18, ma anche dal punto di vista di chi migra, che vadano verso la costruzione di spazi di sperimenta- si sposta, lascia casa e affetti invece che dal punto di zione del pluralismo. La nostra società contemporanea fatica a promuovere luoghi e tempi di incontro con chi è diverso, proviene da un altrove, ha una storia diversa 12. Cfr. P.A. Taguieff, Il razzismo. Pregiudizi, teorie, comportamenti, Cor- tina Raffaello, Milano 1999; A. Memmi, Razzismo. Paura dell’altro e diritti dalla nostra. Anzi, essa delimita spazi, confina spesso le della differenza, Pagine d’Arte, Tesserete 2016; M. Aime, Contro il razzismo, persone provenienti da altri contesti in luoghi segnati da Einaudi, Torino 2016. 13. Cfr. J. Derrida - A. Dufourmantelle, De l’hospitalité, Clamann-Levy, una extra-territorialità. Paris 1997; G. Le Blanc – F. Brugère, La fin de l’hospitalité, Flammarion, Dal canto suo, la scuola è invece luogo sempre più pri- Paris 2017. vilegiato dove poter esperire l’alterità. Essa può essere 14. Cfr. S. Hall, Cultura, razza, potere, Ombre Corte, Verona 2015. 15. Cfr. M. Mellino, La critica poscoloniale. Meltemi, Milano 2005; G. Gre- arena di conversazione e di convivenza. E per poterlo chi; V. Gravano. Presente imperfetto. Mimesis, Milano 2016; F. Fanon, Pelle essere dovrebbe farsi luogo dove vivere il pluralismo, nera, maschere bianche, ETS Pisa 2015; A. Mbembe, Sortir de la grande luogo di accoglienza e di ospitalità, luogo che garantisca nuit, La Découverte, Paris 2013. 16. S. Spinsanti (ed.), Imparare a litigare, Quaderni di Janus, Zadig, Roma diritto di cittadinanza e di partecipazione a tutti. Esperi- 2008. re significa non solo esercitarsi ad immaginare altro dal 17. Cfr. G. Girardi, Riscoprire Ghandi, Icone, Roma 2001; F. Manara, Una forza che dà vita., Unicopli, Milano 2006. reale vicino e noto, ma talora “masticare” alterità, far 18. Cfr. N. Watchel, La vision des vaincus, Gallimard, Paris 1971. provare la condizione di essere stranieri, nomadi, mi- 19. Già Delueze e Guattari ci ricordavano che la storia si è sempre scritta granti, clandestini, sfrattati, diseredati, sfollati anche a dal punto di vista dei sedentari. Cfr. G. Deleuze - F. Guattari, Millepiani, Castelvecchi, Roma 2010. coloro che non hanno vissuto questa condizione. Attra- Forse c’è bisogno ormai di scrivere la storia dal punto di vista di chi migra per verso progettualità minime e concrete che permettano scelta e chi migra perché non ha più scelta, di chi si muove, di chi transita E ci sarebbe bisogno anche di narrare la storia dal punto di vista di chi resta e ai ragazzi di vivere lo spaesamento di chi abita un’altra vive la perdita di qualcuno di amato che vive altrove o che è morto cercando lingua, un’altra cultura, un altro colore della pelle o ha di arrivare altrove.

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Siamo ancora cullati dall’idea che il nostro sguardo sia quello più complesso, più raffinato (intrinsecamente più giusto) e, al limite, permettiamo che ciò che è diverso possa esistere, non che possa essere portatore di inno- vazione, di un’alternativa possibile o che possa davvero con-versare con quello che è il nostro habitus. Per promuovere una scuola attenta e capace di spostare lo sguardo occorrerebbe forse investire su approcci edu- cativi integrati, interdisciplinari, sperimentali e su me- todologie plurali, partecipative, creative ed innovative. Scommettere sugli immaginari e sull’immaginazione. Si tratta, oltre che di individuare strategie educative che siano in grado di puntare su tutto ciò, di investire nei microcontesti, ovvero nelle tattiche e nelle pratiche edu- cative quotidiane, per far sì che la questione dei confi- ni, delle frontiere, degli attraversamenti e della mobilità non sia una retorica astratta ma un allenamento costante all’inedito, al cambio di prospettiva, ad altri alfabeti, al- tre grafie, altri suoni, altre geografie, altre leggi e altre narrazioni. Al fine di promuovere “logiche del confine e del sentiero” che portino ad una vera inclusione di tutti23. vista quasi esclusivo dei sedentari19. Perché o impariamo Per esempio, investire nell’immaginare, nel “provare ad a «provincializzare l’Europa»20 e insegniamo ai giovani immedesimarsi” in persone che fuggono da conflitti e da a cambiare il punto di vista che abbiamo sempre cono- guerre24 (attraverso racconti, visioni, installazioni artisti- sciuto, oppure rischiamo di risultare ben presto anacro- che, film, performance teatrali, ecc. ) può essere occasio- nistici. Sono molti i progetti che soprattutto con i ragazzi ne per riflettere sul sé, su noi, come persone che fuggono delle scuole secondarie potremmo provare a realizzare, e come persone che accolgono chi arriva, perché ci si da corsi di fotografia e di montaggio di immagini e vi- possa conoscere e ri-conoscere come persone che migra- deo (utili per capire che è il contesto che ci fa fare certe no, che lo hanno fatto in passato o che potrebbero rifarlo scelte e ci fa vedere determinati particolari piuttosto che se fossero nelle stesse condizioni. Mentre in troppi luo- altri), a laboratori teatrali e cinematografici che ci per- ghi della società ancora molto si costruisce intorno ad mettano di narrare /ascoltare storie di vita di chi viene un’opposizione noi-loro, nella scuola bisognerebbe alle- da un altrove21, per capire che oltre alle culture esistono narsi a pensarsi e ad agire come noi e loro. le pratiche quotidiane, le storie individuali e familiari Nanni e Curci ci ricordavano quanto Foucault, più di che ali si intrecciano con quelle collettive. Per cui «nes- ogni altro, ci abbia rivelato quei silenzi e quei dispositivi suna persona trasporta un paese, una cultura, l’assoluto di una lingua, una religione completa. Solo le combina- 20. D. Chakrabarty, Provincializzare l’Europa, Meltemi, Roma 2016. zioni di tutto ciò che gli sono utili per sopravvivere e 21. Tutta l’antropologia interpretativa contemporanea ci racconta dell’im- che sono il frutto dell’esperienza individuale messa in portanza del contesto, del punto di vista di chi osserva, della necessità di essere etnografi, di raccogliere le narrazioni, di dare voce all’altro. Anche circolo con altre esperienze individuali […] Quale sia del rischio di considerare la cultura in senso astratto, piuttosto che nelle con- l’esperienza che costituisce l’altro non può essere chiara nessioni e nelle articolazioni in cui prende forma nei vissuti. Cfr. C. Geertz, Interpretazioni di culture, il Mulino, Bologna 1988; Appadurai, Modernità una volta per tutte, va scoperta o talora constata, viven- in polvere, Meltemi, Roma 2001; J.L. Amselle, Connessioni, Bollati Borin- 22 dola nella relazione» . ghieri, Roma 2001. Certo, bisognerebbe inventare percorsi originali, creati- 22. Cfr. P. Chamoiseau, Frères migrants, Seuil, Paris 2017, pp. 98-99. 23. Cfr. A. Canevaro, Le logiche del confine e del sentiero. Erickson, Trento vi, giochi di ruolo e analisi simulate per fare capire, ad 2016. esempio, anche i limiti della nostra democrazia e di come 24. Cfr. J. Teller, Immagina di essere in guerra, Feltrinelli, Milano 2014. la rappresentatività, la partecipazione o il rapporto con Nella postfazione l’autrice ci ricorda che il solo atto di immaginare nel suo libro edito dapprima in Danimarca è stato considerato segno di politicizza- le istituzioni siano elementi oggi in crisi. Sfida enorme e zione e si interroga se questo non significhi già avere oltrepassato i limiti delicatissima sarebbe, quindi, far conoscere altri model- dell’umano. O come suggerisce D. Trotta «i liimiti ‘radicati nell’assenza di luogo’ di cui profetizzava Si. Weil». Cfr. D. Trotta, Un libro-passaporto per li, altre leggi, altre filosofie, altre teologie per vedere che immaginare la guerra (e capire i rifugiati), «Il Mattino», 23 dicembre 2017. cosa di buono alcune di queste altre realtà possano avere. https://www.ilmattino.it/napoli/periferie/teller_libro_guerra-516073.html

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 21 Problemi Pedagogici e Didattici di occultamento nascosti nella cultura occidentale, in- «andando oltre il modello di sapere occidentale del- terrogandosi al fine di costruire non un sapere dato, ma le singole discipline», andando oltre alla scuola stessa, critico, cioè «in grado di smarrire le proprie certezze uscendo nel territorio, nella città, nei luoghi della società, per chiedersi come si potrebbe cominciare a pensare in impegnandosi a «ripensare l’alfabeto della convivenza e modo diverso»25. Nella consapevolezza che l’etnocentri- dell’etica pubblica»27.. Sapendo che oggi tutto ciò è una simo di tutte le culture genera esclusione e che la de- questione di responsabilità, di dignità umana e di politica, costruzione dei pregiudizi nasce dagli “slittamenti”, da una questione urgente che richiede fatica e coraggio. un relativismo che non è «scetticismo, individualismo, deriva teorica e sociale, ma significa confronto […] stare Paola Gandolfi dentro al dialogo»26. Università degli studi di Bergamo Alla fine allora come non ripensare il rapporto tra scuo- la e potere, tra istituzionalizzazione dei silenzi e del 25. Cfr. M. Foucault, L’ordine del discorso e altri interventi, Einaudi, Torino pensiero dominante? 2004; A. Nanni – S. Curci, Dal comprendere al con-vivere, EMI, Bologna 2009, p. 73. In qualche modo pensare e fare scuola in una prospet- 26. F. Cambi, Incontro e dialogo, Carocci, Roma 2006, p. 110. tiva inter/transculturale significa ridefinire i curricula, 27. A. Nanni – S. Curci, Dal comprendere al con-vivere, cit., p. 6.

Il diritto di cittadinanza passa tu non hai i miei secoli, i miei millenni tu devi entrarci – perché attraverso la cultura sei tu che vieni a casa mia- e acquisterai milioni di vite, anche Leggevo un’intervista a un commissaire - priseur, ovvero ban- io entrerò nelle tue conoscenze e tu sarai in rilievo, e nella luce. ditore d’aste, su Antenne 2, che metteva in rilievo come l’arte Dobbiamo comunicare, dobbiamo raccontarci. Ti devo dare i antecedente l’800 (e questo fuori dal mercato delle speculazio- miei libri di scuola, ti devo dare i miei secoli. Non voglio ignora- ni esclusivamente finanziarie) non trovi interesse nel pubblico. re che cosa mi narri, dammi i tuoi libri, la biblioteca vera o meta- La ragione sta nel fatto – osservava – che per apprezzare opere forica su cui ti sei formato. C’ é una grande distanza tra noi, che è di questi secoli è necessaria una cultura “historique, biblique, obbligo cercare di ridurre., se vogliamo, se dobbiamo convivere. mythologique”. L’assenza di questa cultura provoca l’estranei- Noi Europei non siamo stati sempre simbolo di civiltà ma ci sia- tà, e di conseguenza il rifiuto. Spiegazione razionale, concreta, mo nutriti - e citiamo nel tempo- di Platone, Aristotele, Lucrezio comprovata. Seneca, Michelangelo e Leonardo, Chaucer, Milton, Roman de Credo che questa debba essere la stessa chiave di lettura con cui la Rose, Dante, Shakespeare, Goethe, Hölderlin, corriamo fino ai dovremmo guardare ai flussi migratori nei nostri territori. Mas- poeti dei laghi, e a Leopardi, Schopenhauer a Baudelaire, Ibsen, se in movimento che ignorano tutto di dove si trovano: hanno Proust. Immaginiamoci a caso, come capita, perché tripudio del- solo il bagaglio dei loro ricordi, riti, spesso violenze subite, guer- la mente nei quadri di Rembrandt o di Monet o sotto un lampione re, o solo fame. E una strada di mare. Cosa significa per loro di Magritte, dentro le pagine di Galileo, o Newton, o Einstein, il “giardino d’Europa”? Solo dove sfamarsi, sfuggire a soprusi, afferriamo Marx, Dostoevskij e Kafka, facciamoci intridere di mantenere la vita, possibilmente gli affetti. Terra di conquista, Mozart e di Beethoven come dai cori che esaltano il palcosce- sì. Nessun rispetto, nessuna legge. Essi sono estranei al contesto, nico. Ricordiamo gli dei pagani che vivono ancora nel nome dei non lo capiscono, non hanno interesse a comprenderlo, se non in giorni e dei mesi, come del Vecchio e del Nuovo Testamento, io relazione ai loro specifici fini, che sopra dicevamo. A prescin- leggerò le pagine che mi presenti, per conoscerti. Non dimentico dere dagli irresponsabili giubili sul tipo: “ecco chi ci pagherà le che anche Al-Farabi, Averroè, Avicenna esaltarono, corressero, pensioni”, o altre espressioni da ilarotragedia, ritengo che se si commentarono Aristotele, inglobando Platone e Neoplatonismo vuole veramente “accogliere” qualcuno in casa bisogna che il si- e che lo splendore di Siviglia ha anima tutta d’Oriente, come la gnificato di ospitalità sia condiviso. Esso indica originariamente poesia trobadorica ne include il respiro. So che i nomi dei venti un rapporto di reciprocità, tanto è vero che si chiama poi ospite uniscono il Mediterraneo. nel linguaggio comune sia chi accoglie, sia colui che è accolto. I libri di scuola: la scuola comune per tutti. Di qui passa il diritto Momento di socialità evidentemente, di rispetto, di condivisio- di cittadinanza, per molti paesi, o comunque la agevola del tutto. ne, di beneficio (bene-facere) e di animo grato in chi riceve il E per gli adulti un esame di storia e leggi e costumi del paese di buon gesto e di gioia del dare nel benefattore, come teorizzato cui si chiede la cittadinanza. Questo è il ponte della comprensio- nei millenni. Con “ospite” quindi si suole indicare il “convitato” ne, del dialogo. e questo sta a significare il momento in cui cadono le difese e lo Non si deve pretendere di appartenere a una comunità che ignori. spirito senza filtri con cui ci esponiamo, con fiducia. Di qui la I programmi delle scuole, per quel che ci riguarda, necessitano “comprensione”. La comprensione è un abbracciare con l’anima, di una attenta considerazione anche alla luce di questa realtà, e con la mente e implica la conoscenza dell’altro. Anche attorno al delle impellenti esigenze che si sono create. tavolo ci “raccontiamo”. Il racconto di me che tu devi conoscere è Emanuela Andreoni Fontecedro la mia storia, e io voglio dirtela così come voglio sapere la tua. Se Università Roma Tre

22 Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 SPECIALE FORMAZIONE INIZIALE DEGLI INSEGNANTI Problemi Pedagogici e Didattici Disabilità e curricolo: come promuovere atteggiamenti positivi Nicole Bianquin, Fabio Sacchi

No nostante il luo ng p ercorso i ntrapreso nle n ostro p aese a p artire dagli ann i ‘70, occorre fare a ncora molta strada luo ng il p aradigma i nclusivo a scuola. Come la scuola pòu agire pre modificare certi atteggiamenti ni e co nfronti della disabilità? Qui la si ntesi di un pùi amo pi saggio sullo stesso tema p ubblicato su NS Ricerca (on-line) di q uesto n umero.

el 1977 l’Italia ha sancito l’inserimento degli Come si formano e come si modificano gli alunni con disabilità nelle scuole di tutti, pro- atteggiamenti? Ncesso orientato a favorire relazionalità e ap- Gli atteggiamenti di un soggetto verso un referente si prendimento e a promuovere atteggiamenti di positiva formano nel tempo in relazione a tre fonti primarie: reciprocità, al fine di valorizzare il riconoscimento di esperienze indirette (informazioni dai libri, in suppor- ognuno. ti visivi o attraverso conversazioni), esperienze dirette Nonostante questo processo sia stato avviato da ormai vissute in prima persona con il referente e influenza dei quarant’anni, i cittadini italiani manifestano una parzia- gruppi di socializzazione primaria (famiglie, pari e in- le conoscenza della disabilità e esprimono difficoltà a segnanti). instaurare relazioni positive con le persone con disabili- Gli atteggiamenti di un soggetto verso un referente si tà1. Il 62,9% degli intervistati ritiene che la disabilità sia formano nel tempo in relazione a tre fonti primarie: solo fisica e il 90% afferma di conoscere l’autismo, ma esperienze indirette (informazioni dai libri, in suppor- parla di geni della matematica, della musica o dell’arte. ti visivi o attraverso conversazioni), esperienze dirette Il 50% dichiara di provare tranquillità nel relazionarsi vissute in prima persona con il referente e influenza dei con persone con disabilità, anche se non mancano sen- gruppi di socializzazione primaria (famiglie, pari e in- timenti come l’imbarazzo e il disagio. Infine, interagire segnanti). con persone con disabilità determinerebbe nel 34,6% il timore di poterle offendere con parole e comportamenti Il ruolo della scuola inopportuni. Il quadro presentato dall’indagine prece- La Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del- dente è integrato dallo Special Eurobarometer2 che evi- le Persone con Disabilità (ONU, 2006) attribuisce alle denzia come il 52% degli italiani ritenga la disabilità sia scuole un ruolo centrale nel rafforzare atteggiamenti po- causa di discriminazione. sitivi e a educare la società riguardo alla situazione, ai Poco sembra rimanere dell’esperienza inclusiva vissuta diritti e alla dignità delle persone con disabilità. a scuola. Non si tratta di mettere in discussione il para- Una seria sfida ai pregiudizi nei confronti della disabi- digma inclusivo, ma di continuare la riflessione su come lità può essere ad esempio realizzata riformando i cur- la scuola possa farsi promotrice di competenze sociali ricula scolastici. e civiche che l’Unione Europea (2006) identifica fon- In Italia, sono state realizzate diverse esperienze in que- damentali. Le scuole che promuovono l’inclusione rap- sta direzione, supportando il lavoro quotidiano degli in- presentano il mezzo più efficace per combattere atteg- segnanti per far sì che gli studenti con disabilità siano giamenti discriminatori e costruire una società inclusiva (Dichiarazione di Salamanca, 1994). Il presente contributo intende riflettere su come la scuo- 1. www.superando.it/2010/10/20/la-percezione-e-la-stima-della-disabili- ta-unindagine-del-censis/ (consultato in data 20/12/2017). la possa agire per modificare gli atteggiamenti nei con- 2. https://data.europa.eu/euodp/en/data/dataset/S2077_83_4_437_ENG fronti della disabilità. (consultato in data 7.12.2017).

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 23 Problemi Pedagogici e Didattici protagonisti di un processo di insegnamento/apprendi- mento il più inclusivo possibile. Alcuni di questi pro- getti, ad esempio il progetto ‘Calamaio’ o ‘Insieme per crescere’, rappresentano un supporto per gli insegnanti, ma rischiano di rimanere confinati in momenti dedicati, sovente extracurricolari e gestiti da esperti esterni. Come molti autori sostengono è necessario però che questa tematica possa far parte delle discipline, almeno di quelle ritenute fondamentali, in modo da avere una maggiore ufficialità e visibilità influendo maggiormen- te nel processo di cambiamento.

Disabilità: curricolo, competenze e valutazione L’inserimento della tematica della disabilità all’interno Lorenzo Viani, Lo scolaro (1923) e La scolaretta (1920), delle attività curricolari delle diverse discipline non può tecnica mista su cartone avvenire al di fuori di una riflessione iniziale sulle com- petenze nelle quali esse si inscrivono. A partire dalla All’interno di questo filo conduttore ogni singolo do- Raccomandazione del Parlamento Europeo del 2006 e cente del consiglio di classe può individuare rispetto alla con particolare riferimento alle competenze sociali e propria disciplina uno specifico contributo come di se- civiche riconosciute aventi un ruolo chiave, è possibile guito esemplificato: individuare un insieme di conoscenze, abilità e atteggia- menti che possono costituire il framework teorico entro Lingua italiana cui innestare una progettazione curricolare rispetto alla Lingue straniere dimensione della disabilità: Acquisire consapevolezza delle immagini della disabilità nelle produzioni letterarie. CONOSCENZE Obiettivi Acquisire consapevolezza della dimensione semantica formativi delle parole utilizzate per riferirsi alla disabilità. Conoscere: Imparare ad utilizzare un linguaggio rispettoso della - le espressioni codificate a livello internazionale e socialmente disabilità. accettate per riferirsi alle persone con disabilità; - la definizione di disabilità e il legame col contesto; Analizzare il contenuto delle storie e dei romanzi e - il concetto di temporaneità e permanenza associato alla disabilità; identificare se includono immagini positive di persone - specificità caratterizzanti le diverse disabilità con particolare con disabilità o se rafforzano gli stereotipi negativi. riferimento a quelle incontrate nel proprio percorso scolastico; Spunti Utilizzare libri riguardanti o scritti da persone con - i principali fattori di discriminazione, con riferimento al operativi disabilità, con successivi momenti di discussione. linguaggio e alle barriere fisiche e sociali; Analizzare documenti in lingua originale al fine - i principali strumenti che facilitano le attività e la partecipazione di indagare il linguaggio utilizzato per parlare di delle persone con disabilità; - i diritti delle persone con disabilità; disabilità. - i principali documenti internazionali sulla disabilità. ABILITÀ Saper utilizzare correttamente tali espressioni. Matematica Sulla base delle specificità caratterizzanti delle diverse disabilità, Tecnologia sapere: Acquisire consapevolezza dei fattori ambientali che - avviare relazioni adeguate e costruttive con compagni con rappresentano barriere o facilitatori per le persone con disabilità; disabilità. - chiedere e fornire aiuto; Obiettivi Conoscere i principi tecnici utilizzati nella - individuare barriere e atteggiamenti pregiudizievoli; formativi - individuare i punti di forza di ogni individuo. progettazione di strumenti a supporto della disabilità. Indagare dati quantitativi concernenti diversi aspetti ATTEGGIAMENTI relativi alla disabilità. Essere consapevole che: Esaminare le barriere architettoniche della scuola. - un linguaggio inadeguato può rappresentare una barriera e può essere lesivo nei confronti della dignità; Riflettere su indagini statistiche riguardanti aspetti - ognuno vale indipendentemente dalle limitazioni; Spunti delle popolazioni. - l’attuazione dei diritti passa attraverso l’analisi dei contesti di vita operativi Sviluppare conoscenza circa alcune tecnologie con riferimento ad aspetti di progettazione, di rispetto delle regole e assistive (sintesi vocali, traduzioni in Braille, utilizzo dell’utilizzo di specifiche tecnologie. del pc,…).

24 Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 Problemi Pedagogici e Didattici

Storia La proposta illustrata rappresenta un primo tentativo di Geografia riflessione su come introdurre la tematica della disabili- Acquisire consapevolezza dell’evoluzione del concetto tà nel curricolo, inserendo nel percorso formativo degli di disabilità e dei diritti delle persone con disabilità Obiettivi alunni, la prospettiva di ogni disciplina rispetto a questo nelle varie epoche e nelle varie culture. formativi tema al fine di consentire lo sviluppo, in parallelo, sia Individuare relazioni tra elementi di contesto e condizioni di disabilità. delle competenze proprie di ciascuna disciplina sia di quelle sociali e civiche. Approfondire i cambiamenti di visibilità e di interpretazione della disabilità e i modelli che l’hanno In questo modo il paradigma inclusivo, proprio della accompagnata. scuola italiana, potrebbe trovare una strada nuova at- Analizzare il rapporto tra disabilità e contesti di vita traverso il quale realizzarsi ulteriormente: la disabilità Spunti e riflettere su approcci progettuali inclusivi come il stessa potrebbe trovare una legittimazione anche sul operativi design for all a garanzia dei diritti delle persone con disabilità. piano del curricolo arricchendo le esperienze indirette, Sviluppare la conoscenza di ciò che rappresenta che come detto precedentemente, contribuiscono a mo- discriminazione verso le persone con disabilità, e dei dificare gli atteggiamenti dei singoli verso le persone movimenti per i diritti civili e per la vita indipendente. con disabilità. Questa sua ufficializzazione affianche- Scienze rebbe quelle esperienze extracurricolari, diffuse nella Conoscere elementi genetico-biologici caratterizzanti scuola. alcune condizioni di disabilità. È su queste considerazioni che si basa la proposta che, Obiettivi Acquisire consapevolezza dei modi differenti con formativi partendo da una formulazione di conoscenze, abilità e cui gli essere umani gestiscono comportamenti e atteggiamenti inerenti la tematica, contiene, per ogni emozioni. disciplina, alcuni suggerimenti per arricchire i percor- Studiando il corpo umano comprendere le principali disabilità e riflettere sulle percezioni sensoriali, su si di insegnamento/apprendimento affinché gli studenti questioni relative all’attenzione, all’iperattività e alle possano modificare gli atteggiamenti inerenti alla disa- Spunti emozioni operativi bilità nell’ottica dello sviluppo delle competenze sociali Indagare l’utilizzo dei sensi vicarianti da parte di e civiche introdotte dal Quadro Europeo. persone con disabilità sensoriali. Studiare biografie di scienziati con disabilità. Nicole Bianquin, Fabio Sacchi Università della Valle D’Aosta

Musica Arte e immagine Accrescere consapevolezza del contributo delle persone con disabilità nel campo delle arti e della Obiettivi musica. formativi Acquisire consapevolezza del rapporto tra disabilità e linguaggi artistici. Indagare come nei diversi movimenti artistici o Spunti nelle diverse produzioni musicali la disabilità è stata operativi rappresentata o proposta. Analizzare le opere di artisti con disabilità.

Educazione fisica Acquisire consapevolezza del diritto allo sport per tutti. Obiettivi Conoscere la realtà delle Paralimpiadi. formativi Sperimentare specifiche disabilità all’interno di attività ludico sportive. Indagare la realtà delle paraolimpiadi. Attività sportive di squadra potrebbero essere Spunti l’occasione per sperimentare concretamente come le operativi persone con disabilità possano interagire positivamente Joan Miró (1893–1983), Libellula con ali a punta rossa a con gli altri prendendo parte alle competizioni. caccia di un serpente a spirale verso una stella cadente,1951

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 25 "

DALL’INTEGRAZIONE ALL’INCLUSIONE F. Magni

pp. 180 - € 13,00

La tutela del diritto all’istruzione delle persone con disabilità è al centro dell’attenzione da parte delle istituzioni nazionali ed internazionali ormai da parecchi decenni. Il testo, dopo aver ripercorso le principali tappe dell’evoluzione storica della normativa riguardante l’integrazione scolastica delle persone con disabilità, offre un quadro aggiornato (compresi i recenti decreti attuativi della legge n. 107/2015), delle politiche e della normativa italiana in materia, approfondendo – anche grazie alle più importanti e recenti pronunce giurisprudenziali – il tema dell’integrazione scolastica delle persone con disabilità, dell’inclusione delle persone con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), con Bisogni Educativi Speciali (BES) e degli alunni stranieri. Non mancano, inoltre, cenni comparati utili ad allargare lo sguardo sugli altri paesi europei.

Il pagamento può essere effettuato anche tramite

www.edizionistudium.it CARTA del DOCENTE

cartadeldocente.istruzione.it Studi Donne e lavoro: ruoli, questioni sociali, trasformazioni culturali e attività sindacale Ilaria Suffia, Adriana Coppola, Federica Maveri, Aldo Carera

La donna ha assunto, nel corso del tempo, molteplici ruoli: figlia, moglie, madre e, non ultimo, lavoratrice. Tuttavia, la figura della donna lavoratrice e il lavoro delle donne hanno dovuto attendere a lungo affinché fossero riconosciuti in quanto tali. Infatti, le differenze di genere – maschio vs. femmina – e la condizione di inferiorità in cui è stata di conseguenza relegata la donna hanno persistito nonostante le trasformazioni sociali e culturali vissute dal nostro Paese dal momento dell’Unificazione e per tutto lo scorso secolo. Le donne, quindi, nel processo di industrializzazione e incivilimento italiano sono state una riserva, piuttosto che una risorsa da valorizzare. In questo senso, il lavoro femminile – insieme con quello dei maschi già adulti e degli emigranti – è stato un chiaro esempio di “disimpiego delle capacità di lavoro” che, se- condo Mario Romani, ha contribuito a ritardare e ad avversare il percorso di sviluppo generale dell’Italia. Quanto allo status delle lavoratrici, una questione fondamentale oggetto di contro- versie continue è stata la retribuzione: le disparità salariali sono state all’ordine del giorno delle rivendicazioni femminili e, dal punto di vista economico, non solo hanno inciso sul citato di- simpiego delle potenzialità produttive ma anche sui livelli di consumo e di benessere generale. I primi due saggi di questo inserto sul lavoro femminile prendono in considerazione i diversi aspetti legati all’evoluzione del ruolo delle donne, a partire dall’esame dell’occupazione, per poi passare all’analisi dell’emancipazione sociale, attraverso il sindacato, della loro azione. I due contributi successivi si soffermano, invece, da un lato sulla nascita a inizio Novecento dell’azio- ne femminile e dall’altro sulle vicende del movimento sindacale degli anni Settanta dello scorso secolo, proponendo uno spaccato su due periodi storici.

Woman has several roles: daughter, wife, mother and worker. However, female workers had to wait long to be recognised as useful players for the economic growth and development. In Italy, women were considered a labour pool, a reserve force, instead of a resource to be valued. Their marginal condition and inferiority, compared to that of men, weighed also with wages and labour conditions in general. The first two essays that open this special insert on women’s work take into consideration the different aspects linked to the evolution of the female role in Italy. The first concerns an analysis of the female employment from the Italian Unification up to the end of the Se­ cond World War. The second paper concerns an evaluation of women social emancipation, through the development of women trade unions. After these two essays, the third contri­ bution focuses on the birth of the female movement at the beginning of the 20th century and the last essay explores the vicissitudes of the female trade union movement of the 1970s.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 27 Studi Il lavoro femminile dall’Unificazione alla seconda metà del Novecento Ilaria Suffia

a definizione del lavoro delle donne e della figura Le caratteristiche fisiche sono state un altro elemento della lavoratrice sono stati condizionati, almeno che ha agito fortemente sull’attribuzione dei compiti Lfino alla fine della seconda guerra mondiale, da femminili, perlomeno fino all’introduzione di sistemi e diversi fattori di origine culturale e sociale. Infatti, fino di strumenti – principalmente la meccanizzazione in se- alla seconda metà del Novecento, il ruolo della donna guito alla rivoluzione industriale – che hanno permesso era subordinato al modello familiare “tradizionale”, le di arginare o di abbattere alcuni ostacoli nei mestieri cui radici affondano ben addietro nel corso del tempo. richiedenti una fisicità più marcata e, quindi, di superare In Occidente, gli schemi religiosi dominanti hanno, poi, alcune limitazioni biologiche delle donne. contribuito a rafforzare tale distinzione fra i generi, in In definitiva, l’insieme dei fattori citati ha comportato base alle differenti caratteristiche associate alle figure che, nel periodo considerato, il lavoro delle donne fosse religiose femminili e maschili1. percepito come residuale, o marginale, rispetto a quello maschile3. Nondimeno, la realtà dei fatti ha ampiamente Il modello socio-culturale “tradizionale” dimostrato che le donne hanno sempre lavorato e che il Nello schema tradizionale predominava la visione «pa- lavoro femminile e i ruoli esercitati dalle donne hanno triarcale» della famiglia e il modello del “maschio ca- interessato diverse sfere e tipologie di attività, sostenen- pofamiglia”2. Pertanto, in questo paradigma socio-cul- do e accompagnando lo sviluppo economico-culturale turale erano gli uomini – il padre, il marito, il fratello del Paese. o i fratelli o, più in generale, qualsiasi figura maschile dominante – a fornire, ad assicurare e a provvedere alle Società rurali e lavori femminili risorse e al benessere famigliare. Il compito principale Nel 1861, al momento dell’Unificazione, l’Italia era un affidato alle donne era, al contrario, la tutela e la con- paese essenzialmente agricolo-rurale. Una situazione servazione della vita dell’intera la famiglia, dalla ripro- questa che persisterà almeno sino alle soglie del XX° duzione fino allo svolgimento di tutte quelle attività di secolo4. In tal senso, in questo periodo anche il lavoro cura necessarie alla sua prosperità. femminile era essenzialmente concentrato nelle attività rurali e nelle campagne. Le donne svolgevano una plu- ralità di mansioni, che le vedeva impegnate direttamente nei campi, nelle attività connesse alla gestione del fondo e, dove presenti, in quelle di cura e mantenimento degli

1. Per una sintesi recente sul lavoro femminile in Italia si veda L. Savelli, Il lavoro femminile. Lo sviluppo economico in Italia, Firenze, Edifir-Edizioni Firenze 2009, che contiene anche una bibliografia con la letteratura di rife- rimento. 2. Ibi, p. 9. 3. La questione della «invisibilità» del lavoro femminile sarà, infatti, uno dei nodi alla base delle prime rivendicazioni delle lavoratrici: B. Pisa, Il lavoro femminile nella struttura sociale italiana, in F. Taricone, B. Pisa, Operaie, borghesi, contadine, nel XIX secolo, Roma, Carucci 1985, p. 123. 4. Per un approfondimento sul tema si vedano i diversi contributi in P. Corti (a cura di), Società rurale e ruoli femminili in Italia tra Ottocento e Novecen- to, Istituto ‘Alcide Cervi’, Annali 12 (1990); P. Corti (a cura di), Le donne nel- le campagne italiane del Novecento, Istituto ‘Alcide Cervi’, Annali 13 (1991) Mussino, Dama, sbrigati!, cartolina postale, Tip. e L. Savelli, Il lavoro femminile. Lo sviluppo economico in Italia, Firenze, Elzeviriana, Torino 1915-1916 cit., pp. 91-119.

28 Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 Studi animali. In più, oltre a questi compiti, esse continuavano a occuparsi della casa e della famiglia. Il lavoro rurale delle donne, proprio a causa delle mol- teplici funzioni a loro assegnate, era generalmente non professionalizzato e non specializzato e, quindi, alle loro mani erano demandate le attività «più ripetitive, generiche e meno impegnative»5. Tuttavia, queste ulti- me dipendevano largamente dal tipo di struttura eco- nomico-familiare nella quale era inserita la lavoratrice. In altre parole, l’assegnazione dei compiti e dei ruoli era fatta in base alla modalità di conduzione della terra – piccola proprietà coltivatrice, latifondo o mezzadria – e al conseguente modello familiare in cui si inseriva la famiglia contadina – nucleare o estesa. Si possono di- stinguere due tipologie principali di riferimento: quello della famiglia appoderata e quello della famiglia non ap- poderata o bracciantile6. Giardiniere durante la guerra, 1918 Nelle economie familiari appoderate – quelle dei mez- zadri, dei piccoli proprietari e degli affittuari coltivatori –, ancora in età moderna, persisteva una struttura stret- di fabbrica, soprattutto – come detto – nelle filande, tal- tamente patriarcale e la discriminazione femminile era volta abbandonando il proprio nucleo familiare per tra- molto elevata. In queste famiglie, le contadine erano ad- sferirsi nelle località manifatturiere. La libertà di potersi dette a tre tipologie di lavoro, agricolo, domestico e ma- distaccare dagli obblighi della famiglia di origine e di nifatturiero. La suddivisione dei compiti fra le donne del impegnarsi in modo continuo furono le condizioni alla podere era fatta in modo gerarchico: le più alte in rango, base dell’impiego delle nubili negli opifici, rispetto alla ovvero quelle più vicine al patriarca, si occupavano dei opposta condizione, “vincolata” alla famiglia e ai suo lavori domestici e del cortile, aiutate a volte da alcune obblighi, delle coniugate. giovani ancora nubili. A tutte le donne sposate spetta- Nei nuclei non appoderati, o più in generale in quelli vano, invece, i lavori agricoli. Data la varietà dell’agri- senza terra, il lavoro femminile era parte integrante coltura italiana, è difficile fare una esaustiva rassegna dell’economia di sussistenza della famiglia. Pertanto, le delle funzioni delle donne. Nondimeno, la letteratura ha donne alternavano lavoro agricolo, domestico e a domi- evidenziato alcune mansioni «fortemente femminilizza- cilio per partecipare alle, e in funzione delle, esigenze t[e]. […] per esempio, la raccolta di frutta ed erbe soprat- familiari. Nello specifico, le donne partecipavano alle tutto nel meridione, la lavorazione del lino, alcune fasi attività nei campi come braccianti, di rado come sala- della lavorazione della canapa, l’allevamento del baco riate fisse; esse erano, in altre parole, «coadiuvanti dei da seta, la mondatura del riso»7. Nel complesso, il gentil salariati fissi [, cioè gli uomini] […] [e, tutto ciò,] con- sesso era escluso da lavori “maschili”, che richiedevano tribuiva semmai a sancire la forte marginalità, in quel l’utilizzo della vanga e dell’aratro, anche se non era loro contesto, del lavoro agricolo femminile e la sua fun- risparmiato – sia al Nord sia al Sud – di svolgere lavori zione “aggiuntiva” rispetto a quello maschile»8. Con pesanti, come trasportare pesi sulle spalle o sul capo, sostituendo il bestiame da soma. Il contributo lavorati- 5. L. Savelli, Il lavoro femminile, cit., p. 95. vo delle donne di queste famiglie andava, però, oltre il 6. In linea di massima, le famiglie appoderate erano dislocate al Cen- lavoro domestico e contadino. Esse si occupavano, nei tro-Nord; mentre le famiglie bracciantili erano proprie del Sud e di alcune tempi liberi dal lavoro agricolo, di eseguire altre attività aree del Nord. Inoltre, è utile sottolineare che le condizioni all’interno della medesima categoria potevano variare da zona a zona. Ad esempio, la posi- a integrazione del reddito familiare, per autoconsumo zione dei braccianti tra Nord e Sud era differente. Purtroppo, per ragioni di ma anche per il mercato esterno. Fra queste le più dif- spazio non è possibile approfondire tale aspetto e si rinvia, dunque, alla lette- fuse erano la filatura e la tessitura. L’avvento della ma- ratura citata per maggiori dettagli. Inoltre, sempre per necessità di sintesi si rimanda alla storiografia sui casi, peraltro limitati, di nuclei domestici rurali nifattura – specialmente tessile –, nella seconda metà a diretta direzione femminile. dell’Ottocento, aveva poi avviato un processo di trasfor- 7. M. Palazzi, Famiglia, lavoro e proprietà: le donne nella società contadina fra continuità e trasformazione, in P. Corti (a cura di), Società rurale e ruoli mazione rilevante dell’economia nella famiglia appode- femminili, cit., p. 58. rata. Infatti, le nubili iniziarono ad avvicinarsi al lavoro 8. Ibi, pp. 69-70.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 29 Studi

L’industria tessile, grazie alla meccanizzazione dei pro- cessi di filatura e tessitura, fu il primo settore a fare largo ricorso alle maestranze femminili, unitamente al lavoro minorile. I dati censuari del 1876 rivelano che nel setto- re tessile, quello con il maggior numero di addetti, «le donne erano il 60% della manodopera nella lavorazione della seta, il 50,5% in quella del cotone, il 31% nella la- vorazione della lana»11. In questa prima fase, le attività produttive si svolgevano ancora prevalentemente al di fuori dei centri urbani e l’impiego di donne permetteva alle famiglie di continuare a mantenere i propri legami con la terra. Inoltre, gran parte delle maestranze femmi- nili del tempo era composta da adolescenti e giovani al Donne al lavoro, 1917 di sotto dei 25 anni di età; mentre le adulte difficilmente prolungavano il loro impiego in fabbrica oltre i 30 anni. l’avvento del bracciantato capitalistico e, come nel caso La prima legge italiana di tutela del lavoro operaio fem- delle famiglie appoderate, con lo sviluppo dell’industria minile fu emanata nel 1902 – legge n. 242 del 19 giugno, a domicilio e con la nascita del lavoro di fabbrica, si av- detta legge Carcano –, dopo un primo esame delle con- viò anche un processo di trasformazione del lavoro del- dizioni delle donne nelle fabbriche, costrette fin da bam- le famiglie non appoderate. Le braccianti delle aziende bine a sopportare turni lunghi ed estenuanti di lavoro, capitalistiche, di cui un importante esempio furono le poiché dai 10 anni le ragazzine erano soggette a turni di mondine, le lavoratrici a domicilio dei borghi rurali e le dieci/dodici ore al giorno e uscivano di casa al mattino operaie delle industrie tessili di origine rurale furono le prestissimo per poi rientrare solamente verso le otto o le prime a prendere coscienza del loro ruolo di lavoratrici nove di sera. In realtà, il provvedimento legislativo, che e, di conseguenza, furono le protagoniste degli episodi sanciva i 12 anni quale limite minimo di età per poter iniziali di conflittualità per la rivendicazione della loro essere assunte in fabbrica, tutelava non tanto il lavoro mutata posizione sociale. Uno status non più ai margi- femminile ma, piuttosto, la donna nel suo ruolo tradizio- ni ma, specialmente nei casi in cui il reddito femminile nale di madre di famiglia. Infatti, oltre all’età minima, riusciva ad avere il carattere della continuità, essenziale introduceva il congedo per maternità e si preoccupava di per la famiglia, al pari di quello maschile. dettare una serie di regole per le puerpere. Due tipologie di “segregazione” dividevano le donne Industrializzazione e operaie di fabbrica dagli uomini negli opifici nell’ultima metà dell’Otto- Dalla seconda metà dell’Ottocento – più precisamente, cento: la segregazione settoriale e quella professionale. in Italia, dall’ultimo ventennio del XIX° secolo –, il pro- La maggior parte delle operaie si concentrava in deter- cesso di industrializzazione, grazie alla meccanizzazio- minati comparti, quali la manifattura tessile, l’industria ne e all’introduzione del sistema di fabbrica, permise di dell’abbigliamento, la manifattura dei tabacchi, le fab- ampliare la presenza delle donne nel mondo del lavoro, briche di fiammiferi e quelle chimiche, le industrie poli- creando per loro nuove occasioni di impiego. Le donne grafiche e della carta. Al contrario, gli uomini erano oc- erano già entrate a far parte della manodopera manifat- cupati nei settori “pesanti”, principalmente metallurgico turiera ben prima dell’avvio della rivoluzione industria- e meccanico. In più, persisteva la figura della lavoratrice le, come «lavoratrici nelle filande, nelle cartiere, nelle a domicilio, il cui laboratorio era collocato in spazi ri- fabbriche di fiammiferi, nelle cave, nelle miniere e come cavati in cucina o nella stanza da letto, e che produceva manovali nell’industria dell’edilizia»9. Ciò nonostante, prevalentemente calzature, ombrelli, cravatte, guanti, l’espandersi dell’utilizzo delle macchine facilitò e favorì maglieria, passamaneria, pellicce e abbigliamento in ge- l’uso della forza lavoro “debole”, portando persino alla nere. Le donne, infine, vivevano una segregazione per creazione di «veri e propri “mestieri e professioni da qualifiche, cioè «venivano relegate ai livelli più bassi donna”. […] [ossia] quelli che si presentano come un’e- stensione del classico ruolo familiare […]; così come 9. L. Savelli, Il lavoro femminile, cit., p. 53. quelli che corrispondono alle doti femminili di precisio- 10. Ibi, p. 54. 11. Ibi, p. 56. Inoltre, la stessa fonte riscontrava che, però, il settore con la ne, pazienza, adattabilità, tolleranza, vale a dire lavori percentuale femminile maggiore (donne sopra i 14 anni) era la manifattura noiosi, ripetitivi, poco creativi»10. dei tabacchi, monopolio statale; ibidem.

30 Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 Studi della scala gerarchica, e indicate sempre come “gene- la forza lavoro femminile mobilitata era aumentata del riche” anche se talvolta erano “maestre”, ed istruivano 22%, raggiungendo una quota pari a 200.000 unità15. e guidavano squadre di colleghe o svolgevano funzioni Al termine del conflitto, l’occupazione femminile seguì di responsabilità»12. Il risultato fu un’elevata disparità due percorsi diversi. Da un lato, vi furono licenziamenti e salariale che penalizzava pesantemente le donne; queste dismissioni, dove le donne furono utilizzate quali compo- ricevevano salari ridotti della metà o di un terzo rispetto nente “addizionale” di forza lavoro, in conseguenza degli a quelli maschili. Una situazione che si presentava an- aumenti temporanei di produzione per lo sforzo bellico che nel tessile: le tessitrici dell’industria del cotone della – per esempio nelle fabbriche di armi e munizioni –, e provincia di Milano, nel 1902, guadagnavano all’incir- l’esperienza di guerra fu di natura transitoria. Dall’altro e ca 1,50 lire, nel caso delle operaie provette; mentre un in minor parte, nelle imprese che invece furono soggette tessitore uomo poteva arrivare a percepire fino a 2 lire. a una crescita strutturale sostanziale, l’impiego di guerra Allo stesso modo, le filatrici provette avevano un salario per le donne si trasformò in un periodo di apprendista- di 1,20 lire, contro le 3,25 lire massime di un filatore. to, che ne tutelò l’occupazione nella fase di ricostruzio- ne. La guerra, in più, aveva risvegliato l’attenzione delle La prima metà del Novecento: tra due guerre donne sulle richieste di riconoscimento del loro ruolo di Le due guerre mondiali, nella prima metà del Novecen- lavoratrici e quindi di parità salariale e apertura verso le to, costituiscono due passaggi cruciali nell’evoluzione professioni, così come di quello di cittadine, cioè il voto. del lavoro femminile e, soprattutto, nel riconoscimen- Tuttavia, nonostante la partecipazione delle donne agli to e nell’emancipazione della lavoratrice in quanto tale. inizi degli anni Venti alle lotte del “biennio rosso”, la loro Nello specifico sarà, però, il secondo dopoguerra quello posizione nel mondo del lavoro e in quello politico-socia- che vedrà una realizzazione sostanziale della parità, la- le continuava a rimanere “al margine”. vorativa e non solo, fra i due sessi. La salita al potere del fascismo non contribuì a miglio- Limitandosi agli avvenimenti precedenti il secondo rare lo status delle donne. Le politiche del regime era- conflitto mondiale, è importante sottolineare il punto di no, infatti, studiate per promuovere la figura femminile rottura provocato dalla Grande Guerra13. La letteratura, “tradizionale”: massaia, casalinga e madre prolifica. La nel passato, ha molto enfatizzato il ruolo “sostitutivo” legislazione, inoltre, pur introducendo minimi provve- svolto dalle donne in questo periodo di mobilitazione to- dimenti di welfare statale e, nel 1936, gli assegni fami- tale delle risorse del Paese, per ovviare all’arruolamen- liari adottò un punto di vista maschile. Nonostante ciò, to delle forze maschili. Studi più recenti hanno, invece, nel periodo fra i due conflitti mondiali, le donne conti- dimostrato che esse sono state utilizzate piuttosto come nuarono a lavorare nell’industria e, contrariamente alle manodopera aggiuntiva, a integrazione – e, quindi, non aspettative, fecero l’ingresso in settori considerati fino in sostituzione – degli uomini partiti per il fronte14. L’o c - ad allora riservati in via esclusiva agli uomini, come la cupazione femminile era aumentata in molteplici ambiti meccanica, la chimica e il comparto alimentare. Nello della vita economica italiana: nelle fabbriche, tra i di- specifico, questi cambiamenti seguirono l’introduzione pendenti statali, negli enti locali, nelle banche e negli uf- della “catena di montaggio” e la sempre maggiore mec- fici, ma erano cresciute anche le donne “in divisa”, come canizzazione e, ancora una volta, le donne furono adibi- le postine, le tranviere e le ferroviere. In campagna, le te a ruoli non qualificati e meno retribuiti di quelli ma- donne, spesso rimaste sole con bambini e vecchi, furono schili. In definitiva, sarà solo nel secondo dopoguerra chiamate ad assolvere ruoli fino ad allora riservati agli che l’emancipazione femminile potrà farsi largo – alme- uomini, in particolare a gestire direttamente le attività no sulla carta costituzionale (art. 37) –, sia negli spazi agricole. Nel 1917 l’impiego di manodopera femminile lavorativi sia nella cultura e in seno alla società italiana. raggiunse un punto di massimo, stimolato anche dalla legge sulla Mobilitazione industriale, varata due anni Ilaria Suffia prima, che obbligava gli industriali ad aprire le fabbri- Università cattolica del Sacro Cuore che a questo tipo di forza lavoro. Infatti, le donne attive nelle fabbriche di interesse bellico passavano da 89.000, 12. Ibi, p. 71. agli inizi 1917, a 175.000, del dicembre dello stesso 13. Per un’analisi approfondita del lavoro femminile durante la prima guerra mondiale si veda B. Curli, Italiane al lavoro. 1914-1920, Venezia, Marsilio anno. Le lavoratrici delle aziende ausiliarie si concen- 1998. travano nella produzione di armi e munizioni di medio 14. Più precisamente, la sostituzione vera e propria aveva riguardato solo poche tipologie di impiego, come ad esempio i pubblici trasporti urbani (le e piccolo calibro e nella fabbricazione di spolette. Nel tramviere); B. Curli, Italiane al lavoro, cit., p. 33. complesso, tra il mese di maggio del 1915 e l’estate 1918, 15. L. Savelli, Il lavoro femminile, cit., p. 158.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 31 Studi Donne cattoliche e sindacato nella seconda metà del Novecento Adriana Coppola

ià nella seconda metà degli anni Quaranta, con il – costringere le donne a licenziarsi prima del matrimo- suffragio universale per il referendum del 1946 nio; per alcuni lavori, come ad esempio le vigilatrici Ge l’entrata in vigore della nuova Costituzione re- d’infanzia, che vivevano all’interno degli istituti per mi- pubblicana il 1 gennaio 1948, si delinea in Italia la diver- nori, sposarsi significava perdere l’impiego, poiché non genza strutturale tra un’architettura legislativa piuttosto si poteva più assicurare la presenza costante all’interno moderna e progressista e la situazione reale del Paese. della struttura3. In sostanza, fino alla legge n. 1204 del Nella Costituzione infatti sono affermati la pari digni- 1971 sulla “Tutela delle lavoratrici madri”, lavoro e fa- tà sociale e l’uguaglianza di fronte alla legge di tutti i miglia sono scelte di vita incompatibili. cittadini senza distinzione di sesso; il diritto al lavoro; Spesso imposto, il ritorno alla condizione di casalinga al la libertà di associazione; il diritto di sciopero; l’egua- termine di una fase lavorativa che si concentrava al mas- glianza morale e giuridica dei coniugi nel matrimonio; simo entro i 30 anni di età era tuttavia altrettanto fre- il diritto dei lavoratori a una retribuzione proporziona- quentemente ricercato dalle stesse donne, che si licen- ta al loro lavoro; infine, per la donna lavoratrice, «gli ziavano spontaneamente per seguire adeguatamente il stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzio- marito e i figli che avrebbero avuto. Proprio la legge del ni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro 1971 accelerò un cambiamento culturale che stava ma- devono consentire l’adempimento della sua essenziale turando lentamente, allungando il periodo di protezione funzione famigliare e assicurare alla madre e al bam- legislativa durante la prima fase di vita del bambino: bino una speciale adeguata protezione»1. Soprattutto da cinque mesi obbligatori per la maternità e poi, eventual- quest’ultimo articolo, il n. 37 del Titolo III, emerge la mente, la possibilità di richiedere un’aspettativa di altri difficile sintesi che i padri costituenti cercarono di fare sei mesi, fino a un anno. Questo provvedimento – unito tra la necessaria emancipazione delle donne attraverso alla contemporanea evoluzione delle condizioni econo- il lavoro e la loro funzione di mogli e di madri, che però miche e degli stili di vita – contribuirà a far diminuire è definita «essenziale» e dunque imprescindibile2. Sarà il numero di donne che uscivano volontariamente in via dunque nell’accidentata ricerca di un sentiero tra queste definitiva dal mercato del lavoro; la scelta di continua- due polarità che le donne italiane saranno impegnate nei re a lavorare porterà inoltre, in prospettiva, un’ulteriore decenni seguenti. novità nella condizione femminile: riuscire a maturare i contributi necessari alla pensione e assicurarsi così un I decenni postbellici reddito proprio anche in tarda età. Per tutto il primo quindicennio postbellico e oltre, le disposizioni paritarie previste dalla Costituzione sono Le donne e le organizzazioni sindacali infatti largamente disattese, a tutti i livelli. Nelle fab- È dunque questo il contesto che si trovano ad affrontare briche italiane, da nord a sud, le donne sono inquadrate le donne che, nel secondo dopoguerra, entrano e si impe- nelle fasce più basse del mansionario, di fatto escluse gnano nelle organizzazioni dei lavoratori come delegate dalla categoria degli operai specializzati. I differenziali salariali uomo-donna sono sanciti nei contratti collettivi nazionali, e spaziano tra il 10% e il 30%: dimostrazio- 1. http://www.senato.it/documenti/repository/relazioni/libreria/Costituzio- ne_anastatica.pdf. ne chiara del fatto che anche il sindacato considera il 2. M.V. Ballestrero, Dalla tutela alla parità: la legislazione italiana sul lavo- salario delle donne come accessorio a quello principale ro delle donne, Il Mulino, Bologna 1979. 3. A. Coppola, Per ascoltare: legami di voci, in A. Carera, A. Coppola, Ponti – da tutelare – del capofamiglia. Ancora a metà degli invisibili. Voci di donne, storia della Cisl 1950-2012, Fnp Cisl e Fondazione anni Sessanta è prassi comune – per quanto illegittima Giulio Pastore, Roma 2014, p. 179.

32 Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 Studi o come sindacaliste: si misurano quotidianamente con rigidità e resistenze che affondano le loro origini nel se- colo precedente, e che devono superare in prima persona prima ancora di poterle usare come stimolo per aiutare gli altri. Per le donne cattoliche in particolare, alla base della ri- presa dell’impegno per l’emancipazione femminile at- traverso il lavoro c’è il richiamo a prendere parte attiva alla vita pubblica e alla convivenza civile della Repub- blica a tutela della democrazia «secondo i criteri di giu- stizia e di rispetto della dignità umana» contenuto nella dottrina sociale della Chiesa e ripreso con forza dall’A- zione Cattolica, dalle Acli e dal Centro Italiano Femmi- nile4. Già durante gli ultimi anni di guerra – e ancor più dopo le due Allocuzioni rivolte nel 1945 da Papa Pio XII Festa della donna negli anni Cinquanta alle operaie cattoliche e alle donne italiane – entrambe le associazioni avevano avviato uno sforzo formativo ed educativo imponente rivolto alle classi popolari, senza Donne Italiane, l’associazione femminile formatasi du- distinzione di genere, per «dare agli uomini gli strumen- rante la lotta di Liberazione e che fino agli anni Ottanta ti per elaborare in autonomia e responsabilità»5 le rispo- si adopererà attivamente per l’emancipazione femminile ste al cambiamento dei tempi. Quest’opera proseguirà attraverso l’azione politica, sociale e culturale e per il capillarmente in molte regioni della Penisola (con una raggiungimento della parità di diritti7. prevalenza in quelle del Nord) per almeno tre decenni. L’immagine fortemente politicizzata e militante dell’or- In quegli anni di aspra contrapposizione tra blocco so- ganizzazione sindacale socialcomunista tiene però a di- vietico e occidentale, che in Italia trova espressione nel stanza quella parte di lavoratrici che ricercano una con- partito socialista e comunista da un lato e nella Demo- tinuità con i valori cristiani appresi in famiglia e, anche crazia Cristiana dall’altro, le donne che intraprendono per coloro che non hanno una formazione cattolica, la la via sindacale tra gli anni Cinquanta e Ottanta sono Cisl riesce a essere convincente per il suo approccio più spesso – anche se non esclusivamente – figlie proprio moderato e aperto alla trattativa in caso di conflitto e di quell’insegnamento dispensato negli oratori e nelle per una maggiore libertà di opinione all’interno dell’or- parrocchie, che oppone alla concezione rivoluzionaria ganizzazione. e conflittuale del marxismo una visione dei rapporti so- Questa percezione di maggiore “vicinanza” alla dimen- ciali ed economici fondata sull’idea della centralità della sione femminile va comunque misurata con la condizione persona umana e della sua dignità. Di tale impostazio- numericamente minoritaria che, in quegli anni, le donne ne si fa interprete l’organizzazione sindacale che deriva dalla scissione della corrente cristiana dalla Confedera- 4. M. Chiaia, Donne d’Italia. Il Centro Italiano Femminile, la Chiesa, il Pa- zione Generale Italiana del Lavoro (Cgil) unitaria, che ese dal 1945 agli anni Novanta, Studium, Roma 2014. Il CIF è un movimen- il 1 maggio 1950 costituisce la Confederazione Italiana to di donne cattoliche fondato nel 1944 per la promozione della condizione Sindacati dei Lavoratori (Cisl). Erede delle esperienze femminile. 5. A. Carera, Donne, lavoro e sindacato (1892-2009), in A. Carera, A. Coppo- sindacali cattoliche dell’età prefascista, la nuova confe- la, Ponti invisibili. Voci di donne, storia della Cisl 1950-2012, cit., pp. 38-39. derazione si pone tuttavia come aconfessionale, aperta 6. Il tasso di sindacalizzazione generale, dato il diffuso atteggiamento an- a tutti i lavoratori al di là dei vincoli di appartenenza tisindacale degli imprenditori italiani, si attestava, alla fine del boom eco- nomico degli anni 1950, attorno al 25%. Ha registrato poi un notevole incre- religiosa o politica. mento a partire dalla metà degli anni 1960, raggiungendo il 50% nel 1975. Tuttavia, per quel 25% di lavoratori e lavoratrici che co- A questo ciclo di ascesa della sindacalizzazione ha fatto seguito una fase di ridimensionamento, cominciata nei primi anni 1980, che ha portato a una stituiscono la quota di sindacalizzazione in Italia fino riduzione di 10 punti percentuali tra il 1980, in cui era pari al 49,6%, e il alla metà degli anni Sessanta6, è piuttosto frequente che 1990, anno in cui ha raggiunto il 38,8%. http://www.treccani.it/enciclopedia/ sia l’appartenenza politica a determinare la scelta tra le tasso-di-sindacalizzazione_(Dizionario-di-Economia-e-Finanza) 7. Negli anni Settanta l’UDI partecipa alle numerose battaglie per la riforma organizzazioni sindacali: ad esempio la Cgil è piena- del diritto di famiglia, il divorzio, l’interruzione volontaria della gravidanza e mente, in quel periodo, la “cinghia di trasmissione” del per la modifica del testo di legge contro la violenza sessuale. La sua rete sul territorio nazionale contava su oltre 1200 circoli, con più di 200.000 mila iscrit- Pci, del mondo socialista delle grandi fabbriche fordiste te totali (M. Rodano, Memorie di una che c’era. Una storia dell’UDI, Il Sag- e della lotta di classe. In quest’orbita gravita l’Unione giatore, Milano 2010). Nel 2003 ha cambiato nome in Unione Donne in Italia.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 33 Studi ricoprono nel mondo del lavoro. Al censimento del 1961 raccoglitrici di olive, domestiche od operaie tessili; le rappresentano un quarto di una popolazione attiva com- donne si impegnano nell’azione contrattuale sui luoghi plessiva di 20 milioni di persone. Trovano occupazione di lavoro nei grandi magazzini, fra i metalmeccanici, soprattutto nel terziario (37,6% contro il 28,3% degli fra gli statali e i parastatali, fra i poligrafici, i chimici, uomini), mentre l’industria continua a essere un settore gli alimentaristi. La maggioranza di loro, però, non esce prettamente maschile (con il 43,3% di uomini occupati dai confini delle rappresentanze di fabbrica. Ad alcune a fronte del 31,7% di donne). In agricoltura, invece, la non interessa, sono soddisfatte di quanto riescono a fare percentuale di uomini e donne occupati è simile: rispet- come delegate; altre si accontentano, perché non viene tivamente il 28,4% e il 30,7%8. Il 44% delle occupate ha offerta loro la possibilità di proseguire nella carriera sin- tra i 10 e i 30 anni; le casalinghe “a tempo pieno” sono dacale; altre ancora rinunciano a priori a un impegno oltre 12 milioni9. maggiore perché hanno una famiglia. Il risultato, sin- Il tasso di adesione delle donne al sindacato oscilla a tetizzato alla IV Assemblea dei quadri Cisl del 1980, è seconda dei settori e delle regioni. Rispetto agli iscrit- «tante iscritte, molte militanti, poche dirigenti»16. ti Cisl, le province in cui più alta è la quota femmini- le sono Belluno (48%), Brindisi (44%), Gorizia (42%), Contro il soffitto di cristallo Como (34%)10. Le industrie tessili, le scuole, gli ospedali È il ruolo di moglie – e ancor più, di madre – il deterren- e gli esercizi commerciali sono gli ambiti di impiego a te principale per l’accesso femminile alla carriera sinda- maggiore concentrazione femminile, e a maggiore sin- cale, intesa come passaggio da delegata/rappresentante dacalizzazione. in azienda a sindacalista a tempo pieno. I ritmi e gli ora- ri irregolari di lavoro e la necessità di spostarsi quasi La presenza femminile nei sindacati giornalmente sia sul territorio provinciale che regionale Tali percentuali faticano però a trovare riscontro negli (quando non nazionale) rendono di fatto impossibile la organismi di rappresentanza interni delle organizzazio- conciliazione tra impegni famigliari, lavorativi e sinda- ni. Prendendo come riferimento i Congressi Confederali cali. Chi fa carriera, diventando anche responsabile na- della Cisl, che si svolgono ogni quattro anni, troviamo zionale di categoria, spesso non è sposata, e se è sposata che nel 1955, al II Congresso, su un totale di 952 presen- non ha figli. Nei rari casi in cui sia anche madre, la don- ze le donne erano poco più del 4%. Nella ripartizione na riesce a fare la sindacalista solo perché ha alle spalle per categorie, il drappello maggiore era nel settore tessi- un grande supporto da parte dei nonni o del marito nella le (9 su 45 delegati); seguiva la Federazione dei maestri gestione dei figli, oppure aspetta che i figli siano abba- elementari (due su 40), quella dei braccianti (quattro su stanza cresciuti. L’organizzazione del lavoro, nel sinda- 110) e quella dei pensionati (con tre presenze femminili cato in generale, appare come decisamente lontana dalle su 62 delegati)11. Poco meno di quindici anni dopo, al esigenze femminili17. IV Congresso (1969) su 610 delegati, le donne erano 14 Inoltre, piuttosto diffusa è una certa resistenza da par- (2,3%) e ancora meno al Congresso successivo del 1973: te maschile ad accettare le donne come colleghe di la- solo 9 su 787 delegati (1%)12. Nel 1975, mentre la quota voro. Meno marcata – per quanto comunque presente femminile sulla popolazione attiva cresce rapidamente – a livello di fabbrica, cresce di intensità man mano che – arriverà nel 1981 a quasi 8 milioni su un totale di 2213 – la percentuale media di quadri femminili nelle federa- zioni Cisl resta inferiore al 4%. Leggermente più alto il 8. http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerThread.php?threadId=cen- 14 smento1961 dato riferito alla Cgil, che supera di poco il 6% . 9. A. Carera, Donne, lavoro e sindacato (1892-2009), cit., pp. 74-75. Tali cifre sembrano apparentemente confermare le pa- 10. Ibi, p. 70. 11. Ibi, p. 71. role pronunciate nel 1945 da Giuseppe Di Vittorio, che 12. Ibi, pp. 95-96. lamentava «come difetto essenziale dei nostri sindaca- 13. http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerThread.php?threadId=censi- ti l’assenza delle donne al lavoro sindacale»15. Andan- mento1981. 14. E. Guerra, Una nuova presenza delle donne tra femminismo e sindacato. do oltre l’apparenza, però, si scopre che l’assenza delle La vicenda della Cgil, in G. Chianese (a cura di), Mondi femminili in cento donne non riguarda il lavoro sindacale in generale, ben- anni di sindacato, volume II, Ediesse, Roma 2008, p. 223. sì esclusivamente il loro accesso ai ruoli dirigenti e, di 15. A. Carera, Donne, lavoro e sindacato (1892-2009), cit., p. 42. 16. Ibi, p. 112. conseguenza, agli organismi interni di rappresentanza. 17. Le stesse difficoltà sono emerse da diverse ricerche condotte tra le donne In quei decenni l’Italia è piena di donne che fanno “il impegnate in politica: si veda D. Francescato, Perché le donne al vertice sono così poche? Teorie e dati empirici a confronto, in Le donne nella dirigenza lavoro sindacale”, nelle commissioni interne prima e nei Cisl, a cura del Coordinamento nazionale donne Cisl, Edizioni Lavoro, Roma consigli di fabbrica poi. Non solo mondariso, tabacchine, 2007, pp. 13-28.

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Associazionismo femminile negli anni Settanta si salgono i gradini della gerarchia organizzativa (per organismi dirigenti, per ridurre lo squilibrio tra i due esempio quando le donne sono elette negli organismi di- generi, che allora era di 9 (dirigenti maschi) a 1. rettivi provinciali o di categoria) e dimostra una grande Eppure, negli anni, l’onestà, la responsabilità e spesso capacità di resistenza al tempo. Se è vero che i primi anche il coraggio con cui le donne svolgono il lavoro sin- casi di opposizione anche aperta, subiti e denunciati dal- dacale – che si tratti di guidare uno sciopero, di andare le rare donne dirigenti del tempo, potevano essere fatti in trattativa, di resistere ai comportamenti antisindacali risalire alla convinzione che il sindacato fosse “cosa da degli imprenditori – le portano a conquistarsi un soste- uomini”, va rimarcato che se ne trovano tracce consi- gno tra i colleghi di lavoro che stride ancora di più con lo stenti anche in molti racconti della fine degli anni Set- scarso accesso alle carriere interne. L’ampiamento della tanta, specialmente nelle regioni centro-meridionali. sindacalizzazione femminile ha fatto crescere la consa- Nella quotidianità, più che ostacolate o rifiutate aper- pevolezza che le problematiche del lavoro femminile – e tamente, le donne si sentono costantemente messe alla quindi contrattare non solo gli orari ma anche l’accesso a prova per dimostrare di meritare la posizione cui sono servizi essenziali per le madri lavoratrici come gli asili arrivate. È una situazione che generalmente accettano nido o il doposcuola – non sono temi secondari, ma devo- come dato di fatto, ma che non può mancare di genera- no rientrare a pieno titolo nelle piattaforme contrattuali. re una certa frustrazione e insoddisfazione, quasi fosse Nel 2002 la Cisl dichiarava il 45% di iscritte, la Cgil il un “tradimento” della promessa di lottare per il rispetto 50%18. Oggi, le due maggiori confederazioni sindacali della dignità umana dei lavoratori attraverso la rappre- italiane sono guidate da una donna e al loro interno mi- sentanza collettiva che le aveva portate verso il sinda- gliaia di donne sono presenti negli organismi direttivi, cato. Il disagio e la pressione psicologica conseguenti ai vari livelli. Ma un numero ancora più alto esercita a tale trattamento vengono però affrontati applicandosi quotidianamente una leadership informale, non istitu- con maggiore affidabilità e serietà al lavoro sindacale. zionalizzata ma significativa, spesso rivendicata con Le organizzazioni rispondono con ritardo alla “que- orgoglio proprio per il fatto di essere svolta “all’ombra” stione femminile”, dapprima creando organismi di rap- degli organismi ufficiali. presentanza femminile al loro interno – come le Com- missioni femminili prima e gli Uffici Lavoratrici negli Adriana Coppola anni Sessanta, fino agli attuali Coordinamenti donne Università cattolica del Sacro Cuore – e adottando poi, dalla fine degli anni Ottanta, mec- canismi prescrittivi di “quote rosa” per le elezioni degli 18. http://www.asdo-info.org/public/RappRic.pdf.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 35 Studi Il femminismo cristiano di inizio Novecento e il lavoro femminile Federica Maveri

a nascita e l’affermarsi del femminismo all’ini- la scuola laboratorio per donne e bambini sifilitici; e anco- zio del Novecento, nelle metropoli del nord Italia ra a titolo d’esempio non si può non ricordare Ersilia Majno che per prime vedevano lo sviluppo industriale, Bronzini, il cui nome si associa all’Asilo Mariuccia, casa di L 4 si legava ai profondi cambiamenti del mondo femminile. accoglienza e rieducazione femminile . Non a caso «centro dell’azione femminile»1 fu la città di Milano nella quale la realtà lavorativa si era repenti- Alle origini del femminismo cristiano namente trasformata, con conseguenze particolarmente Le donne cattoliche non rimasero estranee a questo clima pesanti per le donne. Mentre ancora a metà Ottocento di creativa operosità, ma presero parte al rinnovarsi del- gran parte del lavoro si svolgeva nei campi, con mag- la presenza femminile con interventi puntuali a favore giore possibilità di conciliarsi con il ruolo domestico, delle operaie ed elaborando una propria visione cristiana 5 nel 1901 più della metà delle lavoratrici era occupata del femminismo e del lavoro . Le riflessioni delle prime nell’industria manifatturiera, con una altissima occu- femministe cristiane sono da leggersi alla luce sia del ma- pazione giovanile: il 72%, di età compresa tra i 15 e i gistero pontificio di Leone XIII, dal quale si sentivano 20 anni, lavorava nel settore industriale: si trattava della sollecitate a intervenire tra le fila del movimento demo- 6 percentuale più alta d’Italia2. Le operaie lavoravano in cratico cristiano per «un’azione benefica verso il popolo» , condizioni molto difficili, per più di dieci ore al giorno, sia all’interno dell’impegno sociale che si realizzava con chiuse in ambienti affollati e malsani, senza alcuna tute- l’Opera dei Congressi. Già nel 1890, durante il Congresso la giuridica per la maternità. Spesso queste giovani era- di Lodi, era stato messo a tema il lavoro femminile, in par- no costrette a non sposarsi o a rimandare il più a lungo ticolare quello delle operaie. Come nota Paola Gaiotti de possibile il loro matrimonio, risulta infatti che a Milano Biase, fu trattato in maniera concreta e realistica, conside- 7 le donne si sposassero in età più avanzata rispetto alla rando obiettivamente le difficoltà cui andavano incontro . media nazionale, già dai primi anni dopo l’Unità3. Si sollecitò la costituzione di forme associative di mutuo soccorso e si proposero i «punti principali» di un adeguato Milano come «centro dell’azione femminile» In questo contesto nasceva e si affermava il «femminismo 1. L’azione femminile a Milano, «La donna», III, 44 (1903), p. 3. 2. Si vedano al riguardo gli studi specifici di L.A. Tilly, Crescita urbana, in- pratico», così detto perché mirava innanzi tutto a interve- dustrializzazione e occupazione femminile a Milano, in A. De Clementi (a cura nire nel concreto, soccorrendo alle difficoltà delle sempre di), La società inafferrabile. Proto industria, città e classi sociali nell’Italia liberale, Edizioni lavoro, Roma 1986, pp. 257-272; V. Hunecke, Classe operaia più numerose lavoratrici. Le prime femministe domanda- e rivoluzione industriale a Milano (1814-1915), FrancoAngeli, Milano 1987; F. vano per sé una cittadinanza sociale, vale a dire la possibi- Della Peruta, Milano. Lavoro e fabbrica (1814-1915), FrancoAngeli, Milano lità di farsi carico dei bisogni e delle necessità della società, 1987; G. Maifreda - G. Pizzorni - F. Ricciardi, Lavoro e società nella Milano del Novecento, a cura di R. Romano, FrancoAngeli, Milano 2006. cittadinanza che ritenevano più urgente di quella giuridica, 3. Cfr. M. Romani, Il movimento demografico in Lombardia dal 1750 al cioè dell’ottenimento del diritto di voto. Per questo nasce- 1850, «Economia e storia», I, 4 (1950), pp. 412-452. Si faccia riferimento va, già a metà Ottocento per opera di Laura Solera Mante- anche a F. Reggiani, Comportamenti nuziali e fecondità transazionale in un contesto urbano: il caso di Milano, «Storia in Lombardia», VII, 2 (1988), in gazza, presso il quartiere povero di porta Garibaldi, il ri- particolare alle pp. 70-76. covero per bambini lattanti e slattati, che in pratica serviva 4. Sul «femminismo pratico» sono fondamentali gli studi di Annarita But- da asilo nido per dare assistenza ai figli delle operaie, im- tafuoco, di cui si ricorda in particolare Questioni di cittadinanza. Donne e diritti sociali nell’Italia liberale, Protogon, Siena 1997. piegate nelle fabbriche vicine (come la meccanica Elvetica, 5. Riguardo al femminismo cristiano si veda I. Pera, “Camminare col pro- l’industria della gomma Pirelli o la manifattura Tabacchi prio tempo”. Il femminismo cristiano di primo Novecento, Viella, Roma 2016 e la relativa bibliografia. in via della Moscova). Nella stessa zona, alcuni anni dopo, 6. Il Congresso e il femminismo cristiano, «L’Azione muliebre», I, 5 (1901), Alessandrina Massini Ravizza (ironicamente chiamata per pp. 2-4. questo la “contessa del brodo”) apriva una cucina per am- 7. P. Gaiotti De Biase, Movimento cattolico e questione femminile, in Di- zionario storico del movimento cattolico in Italia (1860-1980), diretto da F. malati poveri, alla quale avevano accesso anche le operaie; Traniello e G. Campanini, I/2, I fatti e le idee, Marietti, Casale Monferrato sempre la Ravizza fondava, insieme a Bambina Venegoni, 1981, p. 98.

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ma «nitidamente spiegarglieli ed aiutarla a difenderli»10. Per questo fu promosso, nell’aprile del 1901, il primo congresso femminista11 (che sorgeva all’interno di quello più ampio terziario democratico-cristiano) e tra gli invi- tati vi era anche Giuseppe Toniolo (che non riuscì però a parteciparvi). Intervennero alcuni democratici cristia- ni, tra i quali Angelo Mauri, Paolo Arcari, concordi nel riconoscere come centrale del femminismo cristiano la mobilitazione per ottenere migliori condizioni e un’a- deguata tutela alle lavoratrici12. Già l’anno precedente su «Cultura sociale» Mauri aveva criticato le «astratte» istanze femministe di coloro che si perdevano in una «frivola campagna» per ottenere alle donne l’accesso alle professioni liberali e al divorzio, disinteressandosi di problemi ben più urgenti: le «dure e snervanti condi- zioni in cui versavano migliaia di operaie». Purtroppo – si lamentava – era «ben esiguo» il numero di coloro che si battevano per promuovere «qualche riforma più seria e sostanziosa» a tutela del lavoro femminile. Per lui quello di «alleviare le miserie delle operaie» doveva essere il principale obiettivo di un «sano femminismo, pratico ed efficace»13. A tal fine Paolo Arcari pensava di «L’Azione Muliebre. Rivista femminile di attività sociale» «organizzare cristianamente» queste «migliaia e miglia- (1901-1949) ia di operaie» perché rivendicassero, attraverso un’azio- ne comune, la «difesa dei loro diritti e del loro lavoro»14. Egli auspicava che le operaie, tramite un’organizzazio- intervento legislativo (dal divieto del lavoro notturno, a un ne sindacale cristiana, divenissero «artefici del proprio 8 giusto salario per le operaie) . Ancora durante il Congresso miglioramento e del proprio benessere»: si trattava non dell’Opera, a Roma nel 1900, le cattoliche furono esortate solo di «chiedere, in pro delle misere lavoratrici, carità, da monsignor Giacomo Radini Tedeschi a un più incisivo ma di ottenere loro giustizia»15. impegno sociale, ben oltre i confini domestici entro i quali allora si tendeva a delimitare l’azione femminile. Consi- Associazioni femminili e tutela del lavoro derato per questo una sorta di manifesto del femminismo Con questo obiettivo, grazie all’appoggio dell’Opera dei cristiano, il discorso di Radini Tedeschi fu accolto con en- Congressi e del sacerdote Carlo Grugni, le femministe tusiasmo da quelle cattoliche che intendevano inserirsi a cristiane fondarono il Fascio democratico cristiano fem- pieno titolo nel rinnovato protagonismo femminile. minile – sul modello di quello maschile, considerato il primo tentativo di sindacato nazionale di ispirazione Nascita delle riviste «L’Azione muliebre» cattolica – e diedero vita alla Lega cattolica del lavoro. e «La donna» Tra le due associazioni vi era un legame molto stretto e Queste fondavano nel 1901 a Milano la rivista «L’Azione muliebre», come laboratorio per elaborare un femmini- smo cristiano; tra di loro vi erano Maria Baldo e Elena da 8. Atti e documenti dell’ottavo Congresso cattolico italiano tenutosi a Lodi Persico, donne dell’aristocrazia o medio-alta borghesia, dal 21 al 23 ottobre, parte I, Atti, Tipografia del Seminario Vescovile, Bolo- gna 1890, pp. 17-20. Adelaide Coari e Pierina Corbetta, entrambe maestre, 9. Azione muliebre popolare. Giornaletto quindicinale per le lavoratrici, ma anche Adele Colombo, che era un’operaia. Il perio- «L’Azione muliebre», I, 1 (1901), p. 65. 10. Ibidem. dico annunciava, quale propria «appendice e compimen- 11. Il congresso e il femminismo cristiano, «L’Azione muliebre», I, 5 (1901), to», l’uscita di un altro «giornaletto»: «La donna del po- pp. 2-5. polo» (poi semplicemente «La donna») che era rivolta 12. Queste le notizie che dava in quei giorni «L’Osservatore Cattolico». 13. A. Mauri, Proletariato femminile, «Cultura sociale», III, 19 (1900), pp. 9 espressamente alle lavoratrici . Animata da scopi educa- 293-295. tivi e didattici, la rivista mirava a ricordare i doveri della 14. P. Arcari, Femminismo cristiano, «Almanacco - manuale democratico cristiano pel 1901», Roma 1901, pp. 45-48, riportato in F.M. Cecchini, Il fem- lavoratrice, a «non trascurare i suoi bisogni, non tacere i minismo cristiano, cit., pp. 77-82. suoi diritti, morali, intellettuali, igienici ed economici» 15. Ibi, p. 78.

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Altri orizzonti: lasciare l’ago per prendere la penna La rivista «L’Azione muliebre» non si fermava al solo aspetto rivendicativo del lavoro femminile, ma tentava anche di dare una lettura storica del fenomeno, valutan- do l’impatto che lo sviluppo economico del Paese aveva avuto sulla vita delle donne, in particolare delle operaie. Si riteneva che il processo di industrializzazione avesse penalizzato soprattutto loro, perché le aveva allontanate dal naturale ambito di realizzazione, «il quieto focolare domestico», per portarle in «rumorose città, fra le mura fredde dello stabilimento, in mezzo ad insidie e pericoli infiniti»20. Tra i nuovi compiti che le femministe cristia- ne vedevano delinearsi come propri vi era allora quello di far conoscere e raccontare le fatiche di tante donne, di so- stenerle, di propagandare l’associazionismo operaio per il miglioramento delle loro condizioni, di adoperarsi a favo- Ripresa di alcune suffragette attive negli Stati Uniti, 1911 re di un’equa legislazione «per sanare tante piaghe sociali, per riparare a tante ingiustizie, per preparare un avvenire migliore ai lavoratori»21. Dal momento che – si leggeva – la donna lavoratrice «ha raramente il suo romanziere» una sovrapposizione di attività, tanto che chi militava e «pochi scrittori si sono sforzati finora di descrivere l’o- 16 nell’una apparteneva spesso anche all’altra . La rivista peraia», le femministe cristiane decidevano di scendere in «La donna» proponeva alle aderenti della Lega numerose campo e di impegnarsi come scrittrici perché le vicende di iniziative di formazione religiosa e culturale, come corsi povertà e miseria di altre donne non fossero dimenticate22. professionali, gite e pellegrinaggi. Nel tentativo di non Il francescano padre Antonio da Trobaso, uno tra gli ispira- cedere a un facile paternalismo, il settimanale mirava a tori del femminismo cristiano, sosteneva che nessuna donna mobilitare le operaie, anche coinvolgendole nella reda- fosse esonerata da un personale impegno in ambito sociale, zione. Dunque «Lucia», nella rubrica Parla un’operaia, al fine di soccorrere le necessità della «parte languente e invitava le altre lavoratrici ad aderire alla Lega per «far bisognosa dell’umanità». Seppure in maniera diversa e a valere le nostre ragioni», tra queste vi era la richiesta di seconda delle proprie capacità, tutte erano chiamate a far un compenso adeguato che, a parità di mansioni, non fos- fruttare i propri talenti, la propria sensibilità femminile, se inferiore a quello degli uomini. La «bassezza del sala- senza fermarsi agli stereotipi socio-culturali che volevano rio» – scriveva – era da imputarsi a un «pregiudizio»: «la la donna dedita esclusivamente alle cure domestiche. Tra le donna è debole e produce poco». Lucia sosteneva invece, attività alle quali il francescano invitava vi era «lo scrivere» avversando il preconcetto, che «la donna generalmente per «dipingere al vivo», denunciandola, la questione sociale, lavora con solerzia e premura e riesce alla fine della gior- in modo da commuovere anche gli «indifferenti» grazie ai nata a consegnare la stessa quantità di merce, e forse di «colori vivaci che abbondano nella [sua] tavolozza»23. più, di quanto consegnano gli uomini»17. Anche coloro che scrivevano su «L’Azione muliebre» si Sì ci sono donne che sanno scrivere – affermava – e dovranno erano mobilitate in difesa dei diritti delle operaie, innanzi spezzare la penna per afferrare l’ago o il fuso? Noi uomini lo tutto denunciando le difficoltà nelle quali erano costret- te a lavorare, in ambienti malsani («stridore di macchine, 16. Si veda A. Cova, Economia, lavoro e istituzioni nell’Italia del Novecen- battere cadenzato di telai, odore acre delle sostanze tinto- to. Scritti di storia economica, Vita e Pensiero, Milano, in part. alle pp. 5-7. rie, aria chiusa e pesante della filanda e del cotonificio») 17. Lucia, Parla un’operaia, «La donna», III, 3 (1903), pp. 1-2; La voce 18 dell’operaia, «La donna», III, 4 (1903), pp. 1-2. e nei quali si diffondevano tisi e tubercolosi ; e poi man- 18. La donna lavoratrice, «L’Azione muliebre», I, 4 (1901), pp. 27-28. canza di riposo, assenza di norme di tutela per la mater- 19. Al riguardo, con particolare attenzione al contributo della Kuliscioff, si nità. Su questi temi, in seguito ai dibattiti che avevano veda: P. Passaniti (a cura di), Lavoro e cittadinanza femminile. Anna Kuli- scioff e la prima legge sul lavoro delle donne, FrancoAngeli, Milano 2016. coinvolto in maniera trasversale il mondo femminile, dal- 20. La donna lavoratrice, «L’Azione muliebre», I, 4 (1901), pp. 27-28. le cattoliche alle socialiste, si esprimeva nel 1902 la cosid- 21. Ibidem. 22. Il regno dell’ago, «La donna», III, 6 (1903), p. 1. detta legge Carcano, la prima esplicitamente dedicata alla 23. A. da Trobaso, Donna e democrazia cristiana, «L’Azione muliebre», I, tutela del lavoro della donna19. 4 (1901), pp. 31-32.

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abbiamo detto spesso. […] Io trovo scritto che Iddio a nessuno Elena da Persico, autrice di numerosi romanzi, direttrice dà inutilmente i doni suoi, e vuole che i talenti siano trafficati. per oltre quarant’anni della rivista «L’Azione muliebre» […] Scriva dunque la donna che può e rammenti che dovrà (dal 1904 al 1948), fondatrice delle Figlie della Regina rendere conto al Signore se, nata per usare la penna, adope- degli Apostoli, un ordine di apostolato laico femminile, rerà invece l’ago e la conocchia24. e che è stata dichiarata venerabile da papa Francesco nel Così mentre le femministe cristiane si univano per fonda- luglio del 2014. Per lei la professione dello scrivere fu ef- re due riviste (nel 1904 la Coari ne avrebbe fondata una fettivamente la possibilità di mettere a frutto i propri ta- terza: «Pensiero e Azione»25) si affacciava per loro una lenti e di intervenire in ambito sociale, portando il proprio 26 nuova professione, quella della scrittrice e giornalista. contributo di pensiero e di apostolato nel mondo . Considerato una peculiare vocazione, lo scrivere permet- Federica Maveri teva loro di rompere antiche consuetudini, che miravano Università cattolica del Sacro Cuore a escludere le donne dalla sfera pubblica, e di farsi par- te attiva nei dibattiti culturali del tempo così che emer- gessero i nodi problematici della vita femminile, dalle ingiustizie sul lavoro alla disparità di trattamento nella vita familiare e sociale. Si trattò di una professione che 24. Ibi, pp. 33-34. permise effettivamente alle femministe cristiane di uscire 25. Per la Coari, in particolare, si faccia riferimento C. Besana, Note bio- grafiche e biobibliografiche su Adelaide Coari, in Id. - V. Pollastro (a cura dall’ombra delle pareti domestiche, rivendicando per tutte di), Il movimento femminile cattolico nelle fonti e nella storiografia. Atti del le donne la possibilità di incidere sulla realtà del proprio convegno di studio. Università Cattolica del Sacro Cuore. Milano, 3 dicembre 2011, «Bollettino dell’Archivio per la storia del movimento sociale cattolico tempo, anche attraverso ruoli di particolare responsabili- in Italia», XLVI, 9-12 (2011), pp. 387-400. tà e impegno. Esemplare in questo senso è la vicenda di 26. Si legga L. Gazzetta, Elena da Persico, Cierre, Verona 2005.

La doppia militanza. Femminismo e movimento sindacale negli anni Settanta Aldo Carera

er avere una percezione immediata di quanto gli disagi del lavoro femminile prima del ridimensionamen- anni Settanta abbiano reso visibile il lavoro fem- to del lavoro di fabbrica di stampo fordista in nome del Pminile, vale la copertina del primo numero della restaurato liberismo degli anni Ottanta. Ambigua perché «Famiglia cristiana» del 1971. Sotto il titolo «Le don- la fabbrica identificava la massificazione delle identità ne sono arrivate alla meccanica pesante», la foto di una operaie all’insegna della catena di montaggio. Parziale in donna in tuta blu, nelle sue mani un saldatore1. quanto le donne inserite nel mercato del lavoro formale (nel 1978 non più del 24,5% della popolazione femmi- «Riserve del lavoro» e nuova coscienza sociale nile, la più bassa nella CEE) continuavano a essere re- Era la presa d’atto del rilievo di un nuovo soggetto so- legate nei settori tecnologicamente più arretrati, labour ciale, simbolo del progressivo cambiamento della con- intensive, a bassi livelli salariali, senza tutele a conciliare dizione operaia rilevato senza nessuna espressione di lavoro e famiglia. Anche dopo il ciclo di lotte 1968-73 la radicalismo sociale, anzi con espliciti richiami alla parità salariale sarebbe rimasta un miraggio: nel 1974 il dottrina sociale e al senso di responsabilità. Tuttavia quell’immagine dava rappresentazione ambigua e par- ziale del lavoro femminile dopo il miracolo economico 1. A. Sangiovanni, Tute blu. La parabola operaia nell’Italia repubblicana, Donzelli, Roma 2006, pp. 208-209. Per un inquadramento di lungo periodo si e all’inizio di un decennio di crisi e di profondi processi veda A. Carera - A. Coppola, Ponti invisibili. Voci di donne, storia della Cisl di ristrutturazione produttiva che avrebbero rinnovato i 1950-2012, Fnp Cisl e Fondazione Giulio Pastore, Roma 2014.

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Femminismi Nei paesi occidentali fu il movimento studentesco a ca- talizzare nel 1968 le insoddisfazioni delle adolescenti. La loro politicizzazione passava dall’esperienza delle assemblee e dei sit-in ma in breve le ragazze si trovarono relegate a compiti subalterni (gli «angeli del ciclostile») così come continuavano a essere emarginate dalla vita sociale. Esclusione e ruoli gregari erano un’evidente ne- gazione dell’identità di genere. Guadagnata la propria autonomia, il movimento femminista visse una breve stagione di grandi coinvolgimenti di massa e di rapidi cambiamenti. Animato da giovani donne che si succe- devano per generazioni troppo brevi, ignorava del tutto i problemi delle altre fasce d’età. Le loro assemblee, sicu- re e intime, prive di regole formali considerate maschili, si svolgevano per sussulti e rilanci, prigioniere di defati- ganti discussioni senza fine. Racchiuse nei loro spazi esclusivi, protette dalla asso- lutizzazione delle differenze di genere, non coglieva- no la fragilità delle radici culturali del movimento. Lo salario medio orario era di 1.250 lire per gli uomini e di scambio tutto interno di esperienze, deboli per spessore 2 963 lire per le donne . Un reale riallineamento salariale e incapaci di consolidarsi, alimentò l’illusione che fosse non transitava dagli accordi sindacali e meno ancora dal possibile ripartire costantemente da zero senza consi- quadro legislativo (data 1977 la legge sulla la parità di derare la continuità storica. Una vita vissuta qui ed ora, trattamento). Valga una testimonianza inglese: alla ricerca di una rivoluzione continua che privilegiava il mutamento immediato senza incidere sui ruoli tradi- Dopo la legge sulla parità retributiva, sono andata in una fab- brica di scarpe: “Immagino che la paga sia uguale per le don- zionali di governo che restavano nelle mani maschili. ne che lavorano qui e per gli uomini che lavorano laggiù, sulle Sempre più confuso e involuto il movimento femmini- stesse macchine”. Il direttore mi ha risposto: “Ma certo che sta delle origini si esaurì con la fine degli anni Settanta no! Quegli uomini stanno applicando tacchi su scarpe da uo- lasciando spazio a nuove forme e a nuove aggregazioni mini, mentre queste donne stanno applicando tacchi su scarpe ben più incisive sul piano sociale. 3 da donne. Non è lo stesso lavoro!” . Il femminismo di ispirazione cristiana fu un’esperien- za minore, poco diffusa, inascoltata nello stesso mon- Mentre l’«esercito» maschile del lavoro, ben compatto e do cattolico, restio a cogliere il complesso e articolato visibile, era in grado di affermare il peso politico della spessore storico e concreto degli interessi e delle que- propria centralità sociale, le donne restavano una riserva stioni femminili. Per come veniva intesa, la promozione dispersa nell’economia sommersa: a fine anni Settanta 4 della donna non metteva in gioco lo svuotamento della circa il 60% dei lavoratori in nero erano donne . famiglia ma poteva essere realizzata in parallelo a una Una marginalità che si rifletteva anche sui grandi movi- necessaria trasformazione sociale volta a rompere l’iso- menti operai attecchiti nello stesso terreno in cui cresce- lamento e la marginalità5. va il disagio di intere fasce sociali e del mondo giova- Vi furono anni in cui la lama delle possibili contraddizio- nile. Un composto che, sotto le etichette dello sviluppo ni fu particolarmente tagliente per le donne cattoliche. economico e della trasformazione sociale, alimentava la problematica interazione tra l’addensamento urbano nelle grandi città, la maggior disponibilità di una ric- 2. Donna, lavoro, sindacato, a cura del Centro studi Cisl di Firenze, Tipo- grafia cattolica fiorentina, Firenze 1977, pp. 59-60; L. Merolla, Dal Congres- chezza materiale ripartita in modo ineguale, le insuffi- so di Napoli a quello, di svolta, di «San Marino» (1962-1973), in Lavoratori, cienze del capitale fisso sociale, le insoddisfazioni del banche, assicurazioni in cinquant’anni della Fiba-Cisl, a cura di F. Nucci, mondo operaio delle grandi fabbriche, il disagio di un Edizioni Lavoro, Roma 2001, pp. 140-141. 3. O. Bennet, The Changing Status of Women, Collins, Londra 1987. mondo giovanile che cumulava profonde frustrazioni e 4. S. Musso, Storia del lavoro in Italia dall’Unità ad oggi, Marsilio, Venezia alimentava attese fondate su critiche radicali del sistema 2002, pp. 52-58; P. Willson, Italiane. Biografia del Novecento, Laterza, Ro- ma-Bari 2010, pp. 294-296. politico ed economico, una crescente secolarizzazione 5. P. Gaiotti De Biase, Questione femminile e femminismo nella storia della ma anche un più elevato livello medio di istruzione. Repubblica, Morcelliana, Brescia 1979, pp. 7-14.

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Nel 1974 il referendum sull’abolizione della legge di di- sciplina dello scioglimento del matrimonio aveva chia- mato a esprimersi sul terreno delle libertà civili e sulle possibili strumentalizzazioni politiche dell’istituto della famiglia6. Il 6 dicembre 1975 la partecipazione a Roma alla prima grande manifestazione di massa a favore dell’aborto, racconta una testimone, era stata un’immer- sione nel disagio profondo di conciliare i propri valori con l’esperienza «travolgente» di sentirsi parte di una grande forza lanciata contro lo strapotere del maschili- smo, capace di trasferire in politica sofferenze vissute fino ad allora solo a livello personale7.

L’ambiguità della doppia militanza L’incontro tra movimento femminista e movimen- to sindacale ha le sue premesse a inizio anni Settanta con circostanziate denunce della durissima condizione del lavoro femminile in aziende come la Borletti e la Sit-Siemens, con la costituzione della Federazione lavo- ratori metalmeccanici Cgil, Cisl e Uil (1972), con le dure trattative per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici le persone, i criteri di selezione dei gruppi dirigenti, il siglato nel 19738 in applicazione di quella filosofia egua- modo di trattare le impiegate12. Inevitabilmente la spinta litarista che evocava il difficile compromesso – in via a ridisegnare l’apporto delle donne al sindacato entrava politico-teorica, nelle tutele concrete e nella democrazia in contrasto con le strutture sindacali deputate alla que- sindacale – con le specifiche esigenze di genere9. stione femminile e con l’insieme dell’organizzazione. A metà decennio a Torino e a Genova si costituirono La discontinuità nei contenuti e nei metodi fu chiara a i primi gruppi di donne nel sindacato, favoriti dai cor- un seminario nazionale della Federazione unitaria dei si per le 150 ore10. Nel 1974 all’Università di Torino, a lavoratori metalmeccanici (Flm) sulla condizione della metà di un corso 150 ore sulla condizione femminile, donna, convocato nel settembre 1976 al Centro studi Cisl un gruppo unitario di sindacaliste metalmeccaniche – di Firenze. Ottantadue le partecipanti, delegate, funzio- di provenienza impiegatizia più che operaia – decise narie e dirigenti provenienti tutte dalle regioni settentrio- di autoconvocarsi periodicamente nella sede della Cisl nali, salvo una pugliese. Ai lavori partecipano anche de- per discutere i nodi dell’emancipazione femminile. Al legate della Federazione Cgil-Cisl-Uil, militanti dell’Udi centro delle loro discussioni posero il comune disagio e rappresentanti dei collettivi femministi. Nuovo il lin- a operare in organizzazioni caratterizzate da una forte guaggio, nuovo il metodo, di esplicita derivazione fem- impronta maschile11. L’anno successivo fondarono il pri- minista: partire da sé ponendo le donne come soggetti, mo Coordinamento intercategoriale donne Cgil, Cisl e Uil, poi replicato in altre località nonostante le resisten- ze di molti sindacalisti maschi. 6. Le vite di Carla P. La scuola, il sindacato, le donne, a cura di M. Filippa, L’ambientazione sindacale favoriva la messa a fuoco Edizioni del capricorno, Torino 2017, p. 29. 7. P. Piva, Paola Piva: una fimmina anomala, a cura di I. Camerini, in di obiettivi concreti: le condizioni di lavoro, la parità ASN-Cisl, MemoriaOnline, in www.cisl.it/arc.storico; F. Lussana, Il femmi- nelle prassi di assunzione, gli asili. Ma non ci fu mai nismo sindacale degli anni Settanta, «Studi storici», 1 (2012), p. 79. 8. Ibi, pp. 75-117. piena compenetrazione anche perché quei primi coordi- 9. N. Sgaramella - G. Tavernese (a cura), La partecipazione femminile al namenti, animati da donne che si erano formate politi- lavoro. Mercato del lavoro, diritti e sindacato, Edizioni Lavoro, Roma 1997, camente fuori dal sindacato, ricalcarono la metodologia pp. 49-50; La Cisl ha bisogno delle donne. Riflessioni su cinquant’anni di storia, a cura del Coordinamento nazionale donne Cisl e del Coordinamento propria del femminismo: tutta l’attività si concentrava nazionale donne Fnp Cisl, Edizioni Lavoro, Roma s.d. in riunioni influenzate dalla pratica dell’autocoscienza 10. F. Lauria, Le 150 ore per il diritto allo studio, Edizioni Lavoro, Roma e da una forte carica di aggressività che non risparmia- 2011, pp. 110-116; E. Guerra, Una nuova presenza delle donne tra femmini- smo e sindacato. La vicenda della Cgil, in Mondi femminili in cento anni di va neppure il sindacato. Con l’obiettivo di avviare un sindacato, a cura di G. Chianese, Ediesse, Roma 2008, pp. 229-265. processo di «femminilizzazione» delle organizzazio- 11. A. Cammarota, Donna, identità, lavoro. Il movimento femminista di fronte alla complessità sociale, Giuffrè, Milano 1984. ni dei lavoratori, tutto veniva messo in discussione: il 12. P. Willson, Italiane, cit., pp. 275-276; E. Guerra, Una nuova presenza modo di fare politica, i contenuti operativi, i rapporti tra delle donne, cit., pp. 229-265.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 41 Studi compiere autoanalisi individuali e collettive, interrogarsi lavoro, compresa quella «invisibile» del lavoro dome- su rappresentazioni, sentimenti, emozioni. Intenzionate a stico per strutturarla su esigenze comuni agli uomini e ridefinire il rapporto tra personale e politico, tra pubblico alle donne. Gli effetti, almeno in parte, si sarebbero vi- e privato, affondarono la critica sull’eccessivo «econo- sti solo nel lungo periodo con i tentativi di rivedere sul micismo» che impediva al sindacato di affrontare i nodi campo gli orari e di ottenere il riconoscimento di speci- del rapporto tra donne, famiglia e lavoro, e di andare ol- fiche professionali femminili. Solo nel tempo – con gli tre la ricerca della conciliazione tramite servizi sociali anni Ottanta – si sarebbero affermate le istanze di parità a tutela del lavoro extradomestico. Di fatto, il sindacato e di pari opportunità15 e a seguire – sulle tracce della era considerato garante di una situazione di disparità che IV Conferenza ONU sulle donne (Pechino, settembre impediva l’affermazione piena dei diritti della donna sul 1995) – il superamento delle azioni costruite per separa- lavoro. Il primo passo era la contestazione del ruolo di zione e l’affermazione della logica partecipativa fondata madre, e di moglie, gravata da impegni domestici, per af- sui concetti di empowerment e di mainstreaming. fermare il lavoro fuori casa come preliminare alla messa Negli anni Settanta il coinvolgimento del sindacato in discussione dei paradigmi della dominanza maschile. avrebbe richiesto un maggior sostegno da parte delle la- Il confronto tra chi sosteneva il separatismo e l’assoluta voratrici. Ma per le donne che lavoravano in fabbrica il differenziazione e chi invece era per la ricomposizione problema principale era il lavoro di fabbrica, la dequali- tra la presa di coscienza individuale e la presenza nel ficazione, il part time, la mancanza di senso e di dignità sindacato si risolse a favore di queste ultime. La linea anche solo in termini salariali. Era il posto di lavoro, non antiseparatista dovette trovare una difficile combina- altri, il luogo della condivisione, dove parlare di asili-ni- zione tra la pratica femminista e l’azione «politica» del do, di consultori, di conciliazione casa-lavoro16. sindacato13. Il mese successivo prendeva corpo, in via in- Rispetto alle posizioni femministe espresse in sede formale, il Coordinamento nazionale donne Flm la cui unitaria, la maggior parte delle sindacaliste cattoliche esperienza si sarebbe esaurita un decennio più avanti con che militavano nella Cisl non enfatizzava lo «specifi- la fine della Federazione unitaria. co» femminile alla ricerca di una testarda distinzione dall’uomo, evitando così di tradurre in un rovesciamen- Aspettative e risultati to antimaschilista una diversità fisiologica e un’emar- I primi coordinamenti furono dunque espressione della ginazione storica. Coerentemente con le basi culturali cultura unitaria della Federazione Cgil, Cisl e Uil, alla dell’organizzazione – aconfessionale ma ispirata alla cui iniziativa va riferita un’intensa serie di incontri e se- dottrina sociale –, erano più portate a far prevalere l’at- minari che si susseguirono in un breve torno di anni. tenzione ai problemi reali delle lavoratrici come persone Sul piano organizzativo alcuni coordinamenti femminili impegnate sul lavoro e in famiglia. La dimensione so- avanzarono istanze di legittimazione come interlocutori ciale era un antidoto all’esaltazione della scoperta di sé, diretti dei gruppi dirigenti per tutto quel che riguarda- della soggettività isolata dal tessuto della vita di lavoro va la condizione femminile. Una sorta di doppia mili- e dalle comunità locali. La riduzione di scala dell’emoti- tanza, intesa non come un sindacato dentro il sindacato vità ridimensionava l’enfasi attribuita alle mobilitazioni ma – nelle intenzioni – come un arricchimento di tutta di massa che rischiavano di strumentalizzare le persone l’organizzazione su temi rimossi. Di fatto un’istanza di senza nulla aggiungere al processo di «liberazione». separatismo che accentuava la diffidenza, se non l’aper- Se mai può essere definito tale, il «femminismo sinda- ta ostilità, di gran parte della dirigenza sindacale che te- cale» ha avuto durata breve, esempio di una rivoluzione meva la possibile spaccatura della classe operaia. Non a il cui grande impeto si è diluito nel tempo. Solo il tempo caso i primi coordinamenti si formarono in settori a pre- e la costanza avrebbero consentito di portare avanti, in valenza maschile, come il metalmeccanico, più coinvol- famiglia e sui posti di lavoro, quei valori che più sono to di altri nei rapporti con gli studenti sotto le bandiere legati alla realtà e all’essenza della persona umana. dell’esperienza sessantottina e che più si era trasformato nel corso degli anni Sessanta14. Aldo Carera Sul piano operativo lo snodo era come tradurre queste Università cattolica del Sacro Cuore istanze in vertenze e in nuove politiche contrattuali per coprire lo scarto tra aspettative e risultati, così da rimet- tere in gioco le prassi esistenti, alla ricerca di un arduo 13. F. Lussana, Il femminismo sindacale, cit., pp. 91-92. equilibrio tra uguaglianza e diversità. Il sindacato nel 14. A. Cammarota, Donna, identità, lavoro, cit. 15. E. Guerra, Una nuova presenza delle donne, cit., pp. 229-265. suo insieme non era in grado di accogliere un paradigma 16. P. Crespi, Esperienze operaie. Contributo alla sociologia delle classi su- che implicava la revisione di tutta l’organizzazione del balterne, Jaca Book, Milano 1974, pp. 312-313.

42 Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 Percorsi Didattici Tre figure femminili nell’«ingrato paese della filosofia della scienza» Mario Castellana

In modo diverso, le francesi Hélène Metzger (su questo numero), Simone Weil (NS8) e Suzanne Bachelard (NS9) hanno dedicato i loro studi alla struttura e alla storia della scienza, con un approccio femminile che ha aperto nuovi punti di vista nel campo dell’epistemologia moderna.

l pensiero filosofico francese del ‘900, com’è noto, matematico ed epistemologo italiano Federigo Enriques ci ha consegnato diverse figure che hanno contras- (1871-1946) chiamava le ‘ragioni della scienza’3. Isegnato gran parte del dibattito contemporaneo; ma è meno conosciuto l’altro ricco filone di studi in esso Hélène Metzger, Simone Weil e Suzanne presente sin dalla seconda metà dell’Ottocento, quello Bachelard relativo alla filosofia della scienza e alle ricerche sto- Tali figure femminili Hélène Metzger (1889-1944), Si- rico-epistemologiche. Tale ambito di ricerca presenta mone Weil (1909-1943) e Suzanne Bachelard (1919-2007) una pluralità di prospettive incentrate sulla stretta con- hanno arricchito tale arsenale di ulteriori strumenti ap- nessione fra la dimensione teorica e la struttura storica portandovi dei contributi meritevoli di essere conosciuti, della conoscenza scientifica a partire da quella prodotta anche perché come nel caso soprattutto della Metzger e dalle matematiche; la ricca e non omogenea letteratura della Weil, che hanno operato fra le due guerre, gli studi prodotta, a partire da quel vasto movimento che va sotto condotti sulla struttura e la storia della scienza hanno loro il nome di convenzionalismo, solo ultimamente è al cen- fornito valide ragioni per alcune personali e non comu- tro di rinnovati studi critici che ne stanno mettendo in ni scelte di vita4. Esse vanno accumunate pertanto non evidenza la peculiarità rispetto alla tradizione di orien- perché appartengono al genere femminile o solo perché tamento neopositivista e alle cosiddette epistemologie hanno operato all’interno del pur ricco dibattito epistemo- storiche anglosassoni. Ma ancora meno noto è il ruolo logico francese, ma in quanto ci hanno fornito particolari ivi avuto da alcune figure femminili che hanno arricchi- ottiche tramite le quali si possono comprendere meglio to di ulteriori prospettive tale ambito di ricerche, degne sul piano critico le diverse dimensioni del pensiero scien- di entrare a far parte a pieno titolo di quel vasto capitolo tifico, spesso oggetto di interpretazioni unilaterali e ri- del pensiero contemporaneo rappresentato dalla filoso- duttive che ne hanno messo in secondo piano il pieno e fia della scienza; questa disciplina, definita dal filosofo intrinseco valore teoretico ed insieme umanistico, ribadi- della matematica francese Jean Cavaillès (1903-1944) to nettamente da parte di queste tre figure chiaramente da ‘ingrata’ per le difficoltà nel rendere esplicito il pensiero angolazioni diverse e con precise motivazioni. intrinseco nelle scienze, si è resa autonoma solo nel cor- so del Novecento, con una ricca e variegata storia tale da diventare ultimamente in vari paesi oggetto di rivisita- 1. M. Friedman, History and Philosophy of Science in a New Key, «Isis», XCIX (2008), p. 127. zioni critiche e da coltivare con appropriate metodologie 2. G. Reale - D. Antiseri, Quale ragione?, Cortina, Milano 2001, p. 226. Di tipiche dei «metodi della cultural history», come è stato patrimonio epistemologico, di cui occorre fare una storia critica, abbiamo indicato ultimamente da Michael Friedman1. Essa ci ha parlato nel ns. Alle origini della ‘nuova epistemologia’. Il Congrès Descartes del 1937, Il Protagora, Lecce 1991. consegnato, infatti, un vero e proprio patrimonio episte- 3. Cfr. F. Enriques, Problemi della scienza (1906), Zanichelli, Bologna 1985 mologico sino a costituire nel suo complesso, a dirla con e Il significato della storia del pensiero scientifico (1934), a cura di M. Ca- stellana, Barbieri-Selvaggi Ed., 2007. Dario Antiseri, un indispensabile «arsenale epistemo- 4. Per una prima analisi del pensiero della Weil e di Suzanne Bachelard, cfr. 2 logico-ermeneutico» , per gli strumenti concettuali in ns. Razionalismi senza dogmi. Per una epistemologia della fisica matemati- esso forgiati, diventati sempre più strategici per il pen- ca, Rubbettino, Soveria Mannelli 2004, capp. IV-V e sulla Metzger, cfr. ns. Storia della scienza, epistemologia ed ermeneutica in Hélène Metzger. Intro- siero umano in generale, e ottenuti grazie all’indagare duzione a H. Metzger, Il metodo filosofico nella storia delle scienze, tr. it., in maniera costante e con diversi approcci quelle che il a cura di M. Castellana, Barbieri-Selvaggi Ed., Manduria 20092, pp. 23-55.

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Hélène Metzger: la scienza come armatura Bachelard nell’ultima pagina della sua ultima opera di dello spirito umano carattere epistemologico Le matérialisme rationnel del Non dimentichiamo che la scienza, pur non essendo l’u- 1953, le ‘verità di fatto’ diventano sempre di più ‘ve- nica opera dello spirito umano e della civiltà, costituisce rità di diritto’ sulla scia di ciò che pensavano a vario però l’armatura del nostro spirito e della nostra civiltà. modo i fondatori della scienza moderna, Leonardo da Se insistiamo nel volerla isolare, per disprezzarla o, al Vinci e Galileo. Tali figure come altre fra ‘800 e ‘900 contrario, per metterla sul piedistallo, continueremo a sono dominate da quella che Federigo Enriques nei vivere nell’“età delle macchine” come si potrebbe chia- Problemi della scienza chiamava ‘la volontà del vero’, mare l’epoca attuale. Se, grazie alla conoscenza della ‘ressort profond’ messo in evidenza dalla stessa Metz- sua storia, riusciremo a comprenderne l’ispirazione pro- ger che ha trovato nel matematico italiano un costante fonda, godremo allora dei suoi benefici non soltanto dal punto di riferimento per le sue ricerche storiografiche e punto di vista materiale, ma anche dal punto di vista soprattutto per la riflessione di tipo epistemologico; sia spirituale, ed entreremo nell’“età della scienza” che sarà il filosofo della scienza che lo storico della scienza sono anche l’età del nuovo umanesimo5. invitati, infatti, a fare emergere tale aspetto costante con Queste parole, pure presenti in un testo minore del opportune metodologie nelle sue diverse articolazioni 1931 come la recensione a un libro dello storico delle storico-concettuali se hanno l’obiettivo di comprendere scienze americano George Sarton e ribadite nello scam- quell’avventura tipicamente umana che è la conoscenza bio epistolare, ci aiutano a capire il progetto filosofico e che poi porta alla faticosa costruzione dell’armatura di fondo di questa figura sin dall’inizio orientato alla dello spirito umano. ‘meditazione filosofica’ per fornire una ‘teoria unitaria dello spirito umano’, attraverso quello strumento rite- La dimensione storica della scienza nuto indispensabile che è la storia della scienza; questa In comune con quanto sostenevano con parole diverse disciplina, a cui la Metzger ha dato un contributo deci- in ambito francese Bachelard e Koyré, la Metzger consi- sivo anche dal punto di vista organizzativo nella prepa- dera la storia della scienza, com’è noto aborrita dai neo- razione dei primi importanti congressi internazionali6, positivisti del Wiener Kreis, il territorio privilegiato per è ritenuta cruciale per averne una visione più aderente studiare l’esprit umano alle prese con la realtà nel tenta- ai momenti costitutivi, che la storiografia delle scienze tivo di coglierne la pluralità di significati che acquistano del tempo, quella ancorata alla prospettiva positivistica, non era in grado di esplicitare nelle diverse e complesse 5. H. Metzger, Il metodo filosofico nella storia delle scienze, cit., p. 177. La méthode philosophique en histoire des sciences. Textes 1914-1939 è apparso articolazioni concettuali. Questa posizione decisamente nel 1987 nel Corpus des Oeuvres de Philosophie en Langue Française diretto antipositivistica caratterizza tutto il suo percorso filoso- da Michel Serres; di origine ebraica, nata nel 1889 e nipote dell’antropologo fico come del resto quelli intrapresi da figure coeve più Lucien Lévi-Bruhl, dopo gli studi in cristallografia, Hélène Emilie Bruhl scelse il cognome del marito Paul Metzger, morto nel primo anno della Gran- note, come soprattutto Gaston Bachelard e Alexandre de Guerra, e intraprese a partire dal 1914 per proprio conto studi sulla storia Koyré, impegnati su vari fronti a gettare le basi di una della chimica, fuori dagli ambienti accademici incoraggiata dallo storico e filosofo della scienza Gaston Milhaud. Pubblicò La génèse de la science riflessione più adeguata allo statuto conoscitivo delle des cristaux (1918), Les doctrines chimiques (1923), Les concepts scientifi- varie scienze in una direzione diversa da quella che sta- ques (1926), La philosophie de la matière chez Lavoisier (1935), Attraction va diventando la filosofia della scienza Standard; per universelle et religion naturelle chez quelques commentateurs anglais de Newton (1938); dopo tali studi negli anni ’30 si dedicò all’approfondimento questo, in comune con questi autori, era ritenuto neces- epistemologico delle modalità della storiografia delle scienze con vari scritti sario indagare la ‘formazione’ del pensiero, le diverse racchiusi nel volume La méthode philosophique en histoire des sciences, la tappe, ‘i processi di acquisizione dello spirito umano nei cui edizione italiana contiene anche l’epistolario con Sarton e altri, oltre a una sua lettera del 1933 inviata a Émile Meyerson per rifiutare l’invito da parte diversi domini’, come viene detto in maniera esplicita di quest’ultimo di entrare a far parte della sua scuola, per rimanere libera di già nella prima opera del 1918, La génèse de la science pensare con la sua testa. Durante gli anni dell’Occupazione rifiutò di fug- gire dalla Francia nonostante i continui e accorati inviti da parte di Sarton des cristaux. di andare negli Usa dove per lei era fra l’altro disponibile una cattedra di Anche se le varie opere sono di natura eminentemen- Storia della scienza, collaborò con il Bureau d’études juives sino alla depor- te di ricerca storica, hanno pertanto l’obiettivo di com- tazione ad Auschwitz nel marzo del 1944. Sulle motivazioni della sua scelta di rimanere nella Francia occupata, cfr. ns. Hélène Metzger testimone della prendere la struttura e la natura del pensiero umano, la ragione scientifica verso Auschwitz, in H. Metzger, La scienza, l’appello alla sua specifica evoluzione dove sono stati all’opera quelli religione e la volontà, Pensa Multimedia-ENS ‘Pensée des sciences’, Lecce che vengono chiamati gli sforzi di razionalità con i loro 2014, pp. 51-83. 6. Ricordiamo che sia la filosofia della scienza che la storia della scienza ‘ressorts profonds’ e si fanno i conti coi tortuosi cammi- erano negli anni ’20-‘30 saperi ancora in via di costituzione, ognuno dei quali ni che portano ai kantiani luoghi dell’intelletto; in essi, però procedeva separatamente con vari congressi internazionali in vari paesi europei e negli USA; la Metzger ne finanziò alcuni di storia della scienza, infatti, si producono tanti ‘veri’ sempre ‘più veri’ come rifiutò di organizzarne uno Berlino nel 1934, già programmato, per l’avvento dirà Enriques negli stessi anni e dove solo, come dirà di Hitler, collaborò con la rivista «Isis», ancora oggi esistente, fondata da

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la ricerca e a volte possono portarla su sentieri non conso- ni, e nello stesso tempo sottolinea che i risultati acquisiti si devono confrontare con altre necessarie interpretazioni le quali possono arricchire di ulteriori prospettive lo stes- so documento interrogato diversamente tale da rendere il passato vivo e restituirgli il giusto posto nella storia. La Metzger in tutti i suoi saggi degli anni ’30, che sono scritti pioneristici e non comuni di epistemologia della storiografia delle scienze, è dell’avviso che per fare un onesto lavoro storico è per prima necessario avere una certa immagine della scienza, una teoria della conoscen- za scientifica; e questo pone un problema lessicale di non Hélène Metzger (1889-1944) poco conto per i suoi interpreti, come anche nel caso del matematico, epistemologo e storico della scienza Fede- senso cognitivo attraverso i concetti e simboli7; per que- rigo Enriques in quanto, per rendere meglio il senso del sti autori a cui occorre aggiungere l’epistemologo ita- loro pensiero, non è sufficiente indicarli come ‘storici liano Federigo Enriques, pertanto, la dimensione stori- della scienza’ tout court, ma occorre considerarli come ca della conoscenza scientifica viene ad acquistare una figure di ‘storico-epistemologo’10 per i loro contributi forte valenza epistemica orientata a fornire un contribu- apportati sulla struttura concettuale delle scienze. Ma to non secondario allo statuto stesso delle scienze per ella è dell’avviso che le pur necessarie teorie epistemo- comprenderne la natura e la struttura come strade che logiche devono sempre essere pronte a essere messe da conducono ai ‘veri’. E tutto questo acquista più signifi- parte se i dati interpretati e ottenuti anche grazie a esse cato storico-teoretico per il fatto che questa loro comune non corrispondono ai dati effettivi della prassi che metto- strategia è venuta a situarsi in un periodo, gli anni ’30, no in atto i vari protagonisti nei diversi secoli; essi sono in cui vengono meno i tentativi fondazionali, definiti- chiamati, ancora in polemica con la storia della scienza vamente naufragati con i famosi teoremi di autolimita- di impronta positivista e di certi settori della nascente zione interna di Kurt Gödel; pertanto il loro ricorso alla filosofia della scienza che ritenevano non pertinente lo storia della scienza non è un espediente contingente e generico per permettere al filosofo di ritrovare un suo Sarton dandone un preciso orientamento. 7. Una storia delle idee epistemologiche comparata, attraverso la metodo- ruolo o di elaborare una ‘storia filosofica della scienza’, logia della cultural history, permette di capire meglio la concomitanza di come è stato affermato anche recentemente da più par- risultati ottenuti non solo all’interno di percorsi presenti in una determinata ti, ma un modo di affrontare, per usare un’espressione tradizione di ricerca come quella francese, ma anche fra figure appartenenti a tradizioni culturali diverse come nel caso del pensatore russo Pavel Flo- di Jean Piaget, iuxta propria principia la conoscenza renskij (1882-1937), oggi al centro di una riscoperta critica, la cui avventura scientifica una volta liberata da schemi aprioristicamen- umana e filosofica presenta molte analogie con l’esperienza della Metzger, dalla comune scelta antipositivista all’approdo a una visione pluriarticolata te imposti o incanalata forzatamente in criteri di deter- della conoscenza scientifica e nel cercare di capire dal punto di vista razio- minate ‘epistemologie metascientifiche’8. nale l’esperienza dei totalitarismi sino al sacrificio delle proprie vite; cfr. P. La scelta originale da parte della Metzger si sostanzia in Florenskij, Il simbolo e la forma. Scritti di filosofia della scienza, tr. it, Bol- lati Boringhieri, Torino 2007 e sul concetto di simbolo, cfr. S. Tagliagambe, maniera più netta innanzitutto nel ridare al pensiero con- Il cielo incarnato. Epistemologia del simbolo in Pavel Florenskij, Aracne, siderato ‘prescientifico’9 una autonoma dignità epistemica Roma 2013. Si potrebbe inoltre dire allora, senza nessuna esagerazione, che come una strada obbligata da percorrere per arrivare alle l’epistemologia francese del ‘900 nel suo complesso da una parte e il pensiero di Florenskij dall’altra, proprio per la preminenza teoretica accordata alla di- logiche di fondo e alle modalità con le quali sono stati pen- mensione storico-concettuale della scienza, approdano all’idea di essa come sati e costruiti quei ‘fili di vero’ di cui parlava Leonardo vero e proprio ‘pensiero’ costruito progressivamente dall’uomo nel duro con- tatto con la realtà, pensée de sciences a dirla con Bachelard, e costituiscono da Vinci; ma esso va studiato in base all’autentico spirito una continua e indiretta confutazione del noto punto di vista heideggeriano, storico, che si avvale di quello che ella chiama ‘metodo punto di vista che viene combattuto a volte con strumenti non adeguati. filosofico nella storia delle scienze’, delineato dopo un 8. Cfr. J. Piaget, Logica e conoscenza scientifica, tr. it., Studium, Roma 2016, cap. I. ventennale lavoro sulla storia delle idee chimiche. Sempre 9. Per capire l’interesse della Metzger per tale ambito di indagine sono da in polemica con la storiografia ufficiale dell’epoca, che in tenere presenti gli studi di antropologia dello zio Lévi-Bruhl dedicati allo studio del pensiero primitivo e in generale i dibattiti in Francia sulla nou- nome di una presunta oggettività riteneva importante ri- velle histoire che spaziavano dalla sociologia all’economia, dalla storia delle portare in maniera meccanica le fonti come se i documenti religioni all’etnologia; ma la Metzger si segnala per la capacità di curvarli parlassero da soli, ella insiste sulla necessità di costruire euristicamente nell’ambito della storiografia delle scienze. 10. Anche se le loro posizioni possono entrare grosso modo in quel vasto da parte dello storico una personale griglia metodologica, capitolo delle cosiddette epistemologie storiche o post-popperiane, venute a frutto di necessarie e determinate scelte che a volte aiutano maturazione negli anni ‘60, ciò non sarebbe del tutto consono e anzi riduttivo

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 45 Percorsi Didattici studio del passato in quanto caratterizzato per lo più da modo reale di essere ‘autentici cercatori di verità’, come errori e da pseudoscienza, per lo più ‘studiosi’ per la loro dirà Albert Einstein negli anni’40, in grado di avere una visione d’insieme della realtà da cui sono emerse a volte visione globale della conoscenza scientifica grazie alla quelle che chiama ‘metafisiche bizzarre’, ‘teorie oscure concomitante riflessione filosofica sui contributi appor- e stravaganti’, come l’alchimia che ha avuto però il me- tati che permette di guardare alla foresta e non ai singoli rito storico di introdurre l’idea di trasformazione della alberi17; guardano invece i singoli alberi e non la foresta materia col preparare il terreno all’evoluzione delle idee les scientifiques, termine usato dalla Metzger per indicare chimiche a partire dalla teoria del flogisto sulla combu- l’atteggiamento rinunciatario di molti scienziati a partire stione dei materiali. Se la storiografia tradizionale partiva da fine Ottocento che, concentrandosi su ricerche ultra- da una teoria scientifica già emersa e in parte consolidata, specialistiche, dimenticano ‘les ressorts profonds’ da cui come ad esempio la meccanica razionale o la chimica di esse emergono e danno di conseguenza poca importanza Lavoisier, per la Metzger occorre invece andare più indie- alla riflessione storico-epistemologica. tro, indagare il complesso retroterra culturale dell’epoca e gli ‘impulsi spirituali’ di vario tipo anche provenienti Una svolta antipositivista da campi più disparati come i controversi dibattiti teolo- Da figura di ‘storico-epistemologo’, la Metzger elabora gico-filosofici sulla natura11, le scelte estetiche imperanti inoltre una vera e propria ‘teoria della genesi delle con- e come anche l’uso della prospettiva che ha permesso di cettualizzazioni’ nell’opera del 1926 Les concepts scien- formare l’occhio acuto tipico della lince in grado di guar- tifiques per capire il ruolo euristico avuto dalle visioni dare con maggiore profondità e precisione quello che Fe- generali e da quelle che chiama «rêveries che hanno però derico Cesi nel fondare nel 1603 l’Accademia dei Lincei esercitato su generazioni di scienziati una influenza dura- chiamava il «gran theatro della natura»12. tura e incontestata»18, che poi hanno portato all’evoluzio- ne dei concetti chimici come ad esempio l’idea di metallo ‘Ragione analogica’ e ‘ragione metaforica’ come a partire dalle teorie premeccanicistiche; tali ‘bizzarre strumenti di investigazione e di conoscenza Studiando pertanto gli ‘studiosi esuberanti’ del ‘500 e data la particolarità del loro percorso. del ‘600 e anche quelle particolari figure da contorno che 11. Emblematico da questo punto di vista è il suo lavoro su Newton del 1938, chiama ‘amateurs’ cioè persone che credevano ferma- Attraction universelle et religion naturelle chez quelques commentateurs anglais de Newton, che ancora oggi rimane un lavoro quasi unico nel suo mente nella dottrina alchemica col fare esperimenti e col genere, tale che ne abbiamo riproposto la ristampa per la Hermann, insieme tenere in casa dei piccoli laboratori13, la Metzger mette al collega Enrico Giannetto. 12. Cfr. F. Cesi, Il natural desiderio di sapere, a cura di C. Vinti, Vatican in evidenza la loro specifica ‘ragione scientifica’ rappre- City, 2003, p. 126. sentata da quelle che definisce la ‘ragione analogica’ e 13. La Metzger ha fatto un notevole lavoro di ricerca storica in biblioteche la ‘ragione metaforica’, ritenuti veri e propri strumenti pubbliche e private, in palazzi del ‘600 per lo più, scovando tali ‘laboratori’ con il ruolo determinante delle donne nobili che si dilettavano in esperimenti di investigazione e di conoscenza del reale nel coglierne alchemici; tale comunità di ‘amateurs’ ha fatto pertanto da contorno alle suc- somiglianze, regolarità e invarianti altrimenti non osser- cessive ricerche di Lavoisier, elaborate proprio per demolire tali assunzioni ‘stravaganti’. La Metzger ci ha fornito anche delle indicazioni orientate verso vabili, come ad esempio il ruolo costitutivo per la scienza la storia sociale della scienza, che com’è noto costituirà uno dei percorsi della non solo moderna del rapporto fra microcosmo e macro- storia e della sociologia della scienza. cosmo14. Il ‘pensiero analogico’ operante ad esempio in 14. Ricordiamo che il ruolo delle analogie e delle metafore nella costruzione della conoscenza è stato riconosciuto nella sua piena valenza epistemica solo Paracelso, come in altri scienziati-mistici rinascimentali, negli anni ’60 dalle cosiddette epistemologie storiche anglosassoni grazie ai permette di capirne i concetti di rassomiglianza messi lavori di T. Kuhn, R. Boyd, B. Black e di M. Hesse. Questi autori non cono- in essere come ad esempio la corrispondenza fra i me- scono le opere della Metzger a eccezione di Kuhn che le definisce ‘letture inconsuete’ senza mai però citarne una e cfr. T. Kuhn, La struttura delle talli e i pianeti; perciò in questo periodo per gli studiosi rivoluzioni scientifiche, tr. it., Einaudi, Torino 1975, p. 8. «una comparazione era una ragione, e per estendere la 15. H. Metzger, La Chimie, Boccard, Paris 1930, p. 20. 16. La parola francese savant non ha un equivalente in italiano che si traduce loro scienza moltiplicarono in modo straordinario le ana- per lo più ‘scienziato’; ma è opportuno utilizzare l’espressione ‘scienziato-fi- logie ipotetiche» che la Metzger suddivide in ‘virtuali’, losofo’ per coglierne la portata semantica nell’ambito francese e nel pensiero ‘formali’ e ‘agenti’ (agissante)15. Ogni epoca ha dunque della Metzger in particolar modo. 17. Questa espressione di Einstein si trova in una lettera inviata nel 1944 a un una sua ‘ragione scientifica’ che si avvale dell’apporto di giovane docente che gli chiedeva dei consigli su come impostare il suo primo altri saperi anche non scientifici per coordinarsi in senso insegnamento di Fisica. La Metzger non ha condotto nessuna indagine sulla cognitivo su un oggetto o su una determinata realtà, che scienza a lei contemporanea, ma come si evince da alcune recensioni e lette- re, ha apprezzato la presenza di vari savants nel primo Novecento da Mach, poi porterà alla nascita della figura del savant, figura che Duhem e Poincaré sino a Boltzmann, Enriques, Planck, Einstein e Bohr per emergerà in pieno ‘60016, più orientato alla costruzione di il loro essere stati in grado di produrre teorie concettualmente dense e più onnicomprensive, ma ha denunciato nello stesso tempo il loro essere in pochi teorie più fondate che ne spieghino aspetti e leggi. Per La nella massa di scientifiques, legati a una visione strettamente empiristica del- Metzger la figura dei savants è strategica per capire il loro la conoscenza scientifica che ha alimentato varie forme di scientismo.

46 Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 Percorsi Didattici teorie’ o rêveries sono caratterizzate da una diversità di scienza moderna, più è in grado di far parlare in profon- punti di vista, di cui viene evidenziato l’evolversi nelle dità una fonte, un documento, un testo sia pure breve col diverse fasi dalle idee alchemiche alla dottrina di Para- confrontarli con altri. Ella sottolinea che un ‘a priori dello celso sui principi chimici e alle teorie iatrochimiche di spirito’ come tendenza generale di un’epoca ha agito da Van Helmont, come anche alcune dottrine avanzate da- sottofondo e appartiene a tutta la comunità di studiosi, gli scienziati-mistici del Rinascimento che hanno for- soltanto che si trasforma in tensione più cognitiva in quel- nito delle strutture, dei ‘quadri teorici’ di riferimento. le figure orientate alla conoscenza delle leggi della ‘natu- Però queste dottrine, di cui occorre cercare gli elementi ra’, la cui storia concettuale affrontata con tale strumento portanti, acquistano il loro vero senso storico e dignità si rivela così molto più articolata dove quello che viene storiografica se vengono interpellati alla luce di un altro chiamato ‘pensiero spontaneo’ gioca un ruolo inventivo strumento ermeneutico vero e proprio introdotto dalla insostituibile anche se pieno di contenuti contraddittori. Metzger, come punto di arrivo della sua quasi trenten- Il momento poi del loro consolidamento logico è un punto nale attività storiografica sottoposta a una attenta e non necessario di arrivo per costituirsi come teoria organica comune severa riflessione epistemologica; la sua ‘svolta’ dotata di specifici concetti e procedure sperimentali; a antipositivista, intesa proprio nel senso che ne ha dato tale proposito la Metzger ci dà utili indicazioni di carat- Moritz Schlick nel suo famoso articolo del 1930, la porta tere storico-epistemologico per evitare di assolutizzare i ad arricchire il ‘metodo filosofico nella storia delle scien- vari momenti della dinamica scientifica: ze’ di un altro non secondario elemento e anzi costitutivo del suo pensiero, quello che ritiene essenziale e cioè la Se il pensiero logico può spesso essere studiato formalmente e indipendentemente dal suo contenuto…, il pensiero sponta- ricerca sistematica delle ‘tendenze generali‘ di un’epoca neo non può essere scisso in due; la forma sembra assurda, se che sono necessariamente diverse da quelle di un altro lo si separa dal fondo… Lungi da me l’idea di incoraggiare, momento della storia: perciò, per capire il passato scienti- in nome della storia, l’incoerenza e la contraddizione; quello fico e le varie figure ritiene necessario che ‘lo storico deb- che vorremmo dimostrare è che il pensiero chiaro, limpido e logico non ci è stato gentilmente offerto e non potrebbe pro- ba farsi loro contemporaneo’ il più possibile, entrare nel durre i suoi frutti sulla sua stessa pianta. Ha bisogno di essere loro modo di pensare, farsi ad esempio ‘rinascimentale’, innestato per diventare davvero produttivo21. ‘galileiano’, ‘cartesiano’, ‘newtoniano’ all’occorrenza per capire la giusta posizione dei problemi una volta vaglia- Anche se questa è una critica a certe posizioni più estre- tane la tensione cognitiva in atto, come farà Enriques nel mistiche presenti in quel non omogeneo movimento che rendersi ‘parmenideo’ per fare risorgere la dimensione fu il neopositivismo logico, ci dà degli avvertimenti di geometrica di una delle figure più rappresentative della natura metodologica e insieme concettuale per capire an- Magna Grecia, non capita con le tradizionali armi del- che la natura e la storia del pensiero logico, frutto anch’es- la ricerca storico-filologica e né dagli stessi matematici so di una gestazione del pensiero umano, e soprattutto le sprovvisti della dimensione storico-concettuale. modalità con cui è in grado di portare i suoi autonomi e Ella invita lo storico-epistemologo a mettere metodologi- insostituibili frutti una volta che è stato ‘innestato’ su una camente fra parentesi i parametri scientifici del presente pianta nata magari in modo ‘spontaneo’ ma rigogliosa ed e i suoi pregiudizi per entrare nella mentalità e in quelle ‘esuberante’. Questa è pertanto una vera e propria ‘lezio- che chiama ‘abitudini di pensiero’ di figure lontane nel ne’ che il ‘metodo filosofico nella storia delle scienze’ ci tempo; con sorprendente anticipo rispetto alle più note offre; ma la Metzger, proprio in nome di questo vero e tesi gadameriane, insiste sulla soggettività interpretante dello storico che deve calarsi in un mondo sconosciuto 18. H. Metzger, Les concepts scientifiques, Alcan, Paris 1926, p. 8. per fare emergere ciò che chiama gli «a priori dello spiri- 19. Cfr. H. Metzger, Lo storico delle scienze deve o non deve farsi contempo- to» di un’epoca19, tendenze generali dunque dello spirito raneo degli studiosi di cui parla? (1933) e L’a priori nella dottrina scientifica e la storia delle scienze (1936) in Il metodo filosofico nella storia delle scien- umano che chiama anche ‘intelligenza totale o collettiva’ ze, cit., pp. 57-66 e pp. 79-90. Facciamo notare che la Metzger, pur studiando e che fanno da supporto in maniera implicita alle varie solo la storia della chimica, utilizzi il termine ‘scienze’ al plurale come nella manifestazioni intellettuali tale da rendere le stesse teorie tradizione epistemologica francese, Bachelard in primis, in polemica con la filosofia della scienza Standard che, com’è noto, privilegiava un unico mo- scientifiche incommensurabili fra di loro nel senso poi dello di razionalità scientifica ricavato da una certa idea di fisica a sua volta kuhniano del termine. Più lo storico-epistemologo è in affrontata con gli strumenti della logica matematica. grado di entrare in empatia con una figura o con i proble- 20. Utilizzando ermeneuticamente questa idea, si potrebbe dire ad esem- pio, come prima il tardi Settecento con la figura di Lazzaro Spallanzani, poi mi di un’epoca, più è capace di arrivare a scoprire come l’Ottocento scientifico e soprattutto il Novecento, non studiati dalla Metzger, ha agito un ‘a priori’ o la stessa compresenza di più ‘a siano caratterizzati da una presenza di più ‘a priori dello spirito’ anche in 20 competizione e alternativi fra di loro che possono albergare in una stessa priori dello spirito’ , magari in un periodo anche lungo figura di scienziato col dare così vita a una pluralità di percorsi. come quello che va dal Tardo Medioevo agli albori della 21. H. Metzger, Il metodo filosofico nella storia delle scienze, pp. 133-134.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 47 Percorsi Didattici proprio approccio ermeneutico al continente ‘scienza’, ci sua razionalità e le altre facoltà. Per la Metzger in questo ha lasciato un altro elemento di non secondaria impor- periodo drammatico per l’umanità c’è bisogno di lavorare tanza che la rende quasi unica nel panorama del pensiero insieme nel proporre dei ‘rimedi razionali’ contro tale sta- contemporaneo e che è legato alla sua drammatica scelta to di cose e in questo possono essere d’aiuto la religione di vita, operata in nome della storia della scienza e del e la volontà dell’uomo nel cercare di fare da supporto alla pensiero umano, di rimanere nella Francia occupata sino ripresa della scienza come autentica strada che porti al al lucido e consapevole esito finale della deportazione. vero, da cui ricerca essa è stata momentaneamente sospe- Ne fa fede un suo ultimo e incompiuto testo scritto nel sa. Per questo ella in nome della vera scienza, dell’autenti- 1942, uscito postumo col titolo La science, l’appel de la ca razionalità, è stata a suo modo un altro ‘cuore pensan- religion et la volonté humaine, dove ella si interroga sulle te’, ha voluto dare anche un contributo all’analisi di quel cause culturali che hanno portato l’intera umanità al tota- momento buio, ha combattuto la sua battaglia, e ha scritto litarismo nazista; nonostante le privazioni della guerra e una pagina tutta sua personale di Resistenza morale, spi- il pericolo imminente, il suo bagaglio storico-concettuale rituale e razionale al nazismo sino a scegliere di essere le permette di analizzare col solito rigore alcune di queste con piena lucidità una martire della ragione scientifica. cause che vengono trovate nella situazione scientifico-fi- losofica di fine Ottocento, caratterizzata dal ruolo sempre Mario Castellana più pubblico della scienza per le sue ricadute tecnologiche Università del Salento e dall’uso sociale delle scoperte in ampi settori, dove vie- ne ad avere un ruolo non secondario la stessa divulgazio- Asterischi di Kappa ne scientifica. Il largo successo delle applicazioni tecno- logiche ha finito per enfatizzare la scienza, per produrre Quando lo pseudo-femminismo certe forme di scientismo che hanno permeato l’opinione scambia lucciole per lanterne Lo pseudo-femminismo del #Metoo ha trovato un nuovo pubblica e soprattutto il fatto che spesso semplici ipote- bersaglio da abbattere: il modo in cui gli uomini e le donne si scientifiche o certe volute interpretazioni deformanti bulgare esprimono i loro “sì” e “no” con la testa. Un di alcune teorie, come in primis la teoria dell’evoluzione, video pubblicato dalla Bulgaria per promuovere il paese sono fatte diventare delle verità assolute, dei veri e propri ha provocato una dura reazione di un’influente eurodepu- dogmi che appunto perché dogmi sono indiscutibili a cui tata francese, la verde Karima Delli, conosciuta per il suo impegno a favore delle donne e presidente della commis- tutti devono sottostare in nome della ‘Scienza’ col mette- sione Trasporti all’Europarlamento, che ha chiesto il ritiro re da parte le altre aspirazioni umane. del filmato in nome del rispetto delle donne.All’inizio del video un ragazzo straniero incontra una ragazza bulgara Una scelta di senso su un treno, ma al primo scambio di sguardi e parole la ragazza reagisce scuotendo la testa da destra verso sinistra Per la Metzger questo ha portato alla lunga all’isterilimen- come se dicesse “no”. “Bulgaria, quando la incontri per la to delle capacità critiche dell’uomo anche perché le na- prima volta, puoi ricevere il messaggio sbagliato. Qui un scenti scienze dell’uomo dalla sociologia alla psicologia, ‘no’ può voler dire ‘sì’”, spiega la voce fuoricampo: “Non influenzate dal naturalismo delle scienze biologiche e da sta cercando di confonderti. Ti sta invitando a scoprirla”. Il una loro interpretazione riduttiva e ideologica proprio per video prosegue con il ragazzo che insegue la ragazza, per poi percorrere insieme il paese e le sue bellezze, e alla fine la mancanza di una adeguata riflessione storico-epistemo- innamorarsi. La storia e le immagini del video sono brillan- logica, hanno di fatto favorito una concezione dell’uomo ti. La provocazione pure. E Delli e altri ci sono caduti in quasi ‘deterministica’, passiva di fronte agli eventi dove pieno, ma per le ragioni sbagliate. “Contrariamente a ciò non c’è spazio per altre dimensioni esistenziali. Ciò ha che pretende questo video ufficiale del Consiglio dell’Ue di emarginato le altre facoltà umane e il pensiero critico in cui la Bulgaria prende la presidenza questo mese: un ‘no’ non vuole dire mai ‘sì’!”, ha scritto la Delli su Twitter. primo luogo finendo così per rendere l’umanità schiava di Secondo la Delli questa è la “regola di base del consenso e presunte verità, di ideologie scientifiche che hanno fatto del rispetto delle donne”. In nome di #Metoo, l’eurodeputa- diventare la stessa scienza un ‘diavolo tentatore’ col pre- ta Verde ha chiesto il “ritiro” del video, ottenendo un certo parare così il terreno di coltura agli atteggiamenti totali- consenso su Twitter e altrove. Peccato che, all’opposto di quanto accade in gran parte del resto d’Europa, in Bulgaria tari. Questo breve testo è la testimonianza drammatica di il gesto per dire “no” con il capo prevede di muovere la una ricercatrice che per tutta la vita ha concepito la storia testa dall’alto al basso. Allo stesso modo, se i bulgari vo- della scienza come un percorso di verità e si trova invece gliono dire “sì” scuotono il capo da destra verso sinistra. È a fare i conti con le deformazioni e deviazioni ideologiche proprio come dice il video: la Bulgaria è diversa da come si da essa subite; e dato che essa costituisce ‘l’armatura del- pensa, è un paese dove agli occhi di uno straniero un “no” può voler dire “sì”, e alla fine Delli è riuscita a dimostrare lo spirito umano’, una volta indebolita e fatta deviare su solo la sua ignoranza della cultura europea. binari non consoni, trascina nel baratro con sé l’uomo, la

48 Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 Percorsi Didattici L’uguaglianza di genere nel Corano Massimo Campanini

Qual è la posizione del Corano relativamente al problema dell’uguaglianza di genere? La figura femminile delineata nel Corano è analoga a quella descritta dalla Genesi?

a domanda è importante per quanto può determi- d.C. erano molto diversi dal mondo contemporaneo, cre- nare tutto l’orientamento etico del credente. Biso- do sia più stimolante, per rispondere in modo adeguato Lgna naturalmente premettere che l’accostamento al quesito iniziale, effettuare un’analisi testuale sofisti- ai testi sacri deve, da una parte, contestualizzarli stori- cata che vada alle radici del problema, trattandone, per camente, e, dall’altra, far uso giudizioso degli strumenti così dire, l’essenza “ontologica”. ermeneutici. Orbene, il Corano contiene versetti che af- fermano in modo chiaro l’uguaglianza etico-spirituale Analisi testuale del versetto Q. 4:1, “Delle tra uomo e donna, come per esempio Q. 33:35: donne” A questo proposito è interessante lo studio del versetto Gli abbandonati a Dio e le abbandonate a Dio [al-muslimùn Q. 4:1, tratto dalla sura che non a caso è intitolata “Delle wa al-muslimàt], i credenti e le credenti [al-mu’minùn wa’l- donne” (al-nisa’). Reso nel modo più letterale possibile, mu’minàt], i devoti e le devote, i veraci e le veraci, i pazienti il versetto recita: e le pazienti, i timorosi di Dio e le timorose di Dio, coloro, maschi e femmine, che elargiscono in elemosina, i digiunanti O gente [al-nas]! Venerate il vostro Signore che vi ha creato da e le digiunanti, i casti e le caste, coloro, maschi e femmine, [min] una sola nafs, e ha creato da [min] questa il suo zawj e ha che molto ricordano il nome di Dio – Dio ha preparato per essi disseminato [traendoli] da [min] queste due [la nafs e il zawj] perdono e generosità infinite, uomini molti e donne, e rispettate Dio, nel nome del quale do- mandate, e i grembi (al-arhàm) [che vi hanno portato]. e versetti che, altrettanto chiaramente, implicano una di- sparità giuridico-normativa, come per esempio riguardo Ho mantenuto in prima battuta alcuni termini in arabo all’eredità Q. 4:11: «al maschio spetta una parte eguale a perché è necessario analizzarli e spiegarne il senso. Nafs quella di due femmine». Ma, appunto, il testo va conte- è di genere femminile ed è usato regolarmente in arabo stualizzato e interpretato. All’epoca del Profeta Muham- per indicare il pronome riflessivo: li-nafsihi per esempio mad e della rivelazione coranica, il riconoscimento alla vuol dire “a se stesso”. Nel Lisàn al-‘àrab (La lingua donna della personalità giuridica, implicito nel fatto che degli arabi) il lessicografo Ibn Manzùr collega nafs col il versetto sopra citato prevede comunque il suo diritto “respiro”, l’alito, e soprattutto con la ruh (altro termine a ereditare, rappresentava senz’altro un passo avanti ri- femminile), cioè lo (maschile in italiano, ma ruah è fem- spetto alla situazione femminile dell’epoca pre-islami- minile anche in ebraico) “spirito” animatore e vivifica- ca, quando spesso l’avere una figlia femmina costituiva tore. Inoltre, nel linguaggio della filosofia e della psico- motivo di disonore al punto di arrivare a ucciderla appe- logia nafs è l’anima, il greco psychè. Il Corano dunque na nata (come testimonia lo stesso Corano in Q. 81:8-9). dice qui che Dio ha creato gli “esseri umani” in generale Del resto, san Paolo, nella lettera agli Efesini, afferma: (al-nas) da una sola “anima”, ma è evidente che non si allude certo a una psychè né a un astratto “sé” o “spiri- Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie come Cristo è capo della Chiesa. to”, quanto piuttosto a una “matrice” che appropriata- […] I mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio mente non può che essere femminile: non credo casuale corpo, poiché chi ama la propria moglie ama se stesso (Ef., 5, che, subito dopo, si ammonisca a rispettare i “grembi” 22-23 e 28)1.

Ciò detto, e scontato il fatto che il mondo ellenistico-giu- 1. Tr. a cura di P. Vanetti SJ, La Bibbia testo approvato dalla CEI, Piemme, daico del I secolo d.C. e quello dell’Arabia del VII secolo Casale Monferrato 1988.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 49 Percorsi Didattici

ha successivamente avviato la generazione di infiniti uomini (maschi) e donne (femmine)7.

L’elemento femminile, in primo luogo, sembra conside- rato come il sostrato indispensabile della generazione, su cui poi, eventualmente, si eserciterà in senso biologi- co la forza attualizzante dello sperma, mentre in senso metafisico rimane una sorta di primazia del femminile.

Passi biblici e coranici a confronto Dunque, il Corano non accredita affatto la tesi, ricalcata sulla Bibbia e divenuta poi frequente anche nei commen- tatori medievali musulmani (e in parte moderni), con- vertiti alla misoginia8, per cui Dio avrebbe creato prima un maschio, Adamo, e da lui avrebbe tratto la femmina, Eva. Leggenda che, sotto tutte le latitudini religiose del monoteismo – ebraico, cristiano e islamico allo stesso modo – ha finito per legittimare metaforicamente e sim- bolicamente la subordinazione femminile al maschio. Leggiamo il passo biblico Genesi, 2, 22-23:

Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: Que- materni (al-arhàm dalla radice r-h-m2) che hanno porta- sta volta, essa è carne della mia carne. to i nascituri3. Dalla matrice originaria, Dio ha creato il suo “paio”, Al contrario, di fatto in nessun luogo del Corano si parla zawj. Il dizionario e glossario del Corano di Penrice4, della “costola” del maschio Adamo, da cui Dio avreb- infatti, così definisce zawj: «that in which individual be modellato la femmina Eva. Piuttosto, in Q. 2:35, per are united, as a kind, species, class or sex, also a pair, esempio, Adamo e la sua “sposa” (zawj), non chiamata a couple». Zawj indica in generale «un individuo che per nome, sono presentati assieme mentre sono invitati possiede un/una compagna» e non è in sé caratterizzato da Dio ad abitare il giardino dell’Eden, e insieme (Q. per genere, potendo essere sia femminile sia maschile. 2:36) sono tentati da Satana (Shaytàn). Si pongano a In arabo è uno dei nomi per dire “moglie” in italiano, confronto i due testi. Quello biblico Genesi, 3,1-7: ma non ha ovviamente senso interpretare che Dio abbia 5 creato dalla matrice originaria sua “moglie” : per cui si 2. Si noti che si tratta della medesima radice verbale da cui derivano i nomi tratta più ragionevolmente del suo “paio”, del suo “dop- divini rahmàn e rahìm, ovvero Misericordioso e Abbondante in misericordia. pio” o “coppia”6. Si potrebbe davvero, sembra, utilizzare 3. Peraltro il popolare commentario coranico (tafsìr) detto “dei due Jalal” (Jalàlayn), composto in Egitto nel tardo XV secolo, ma ancora oggi larga- una formula aristotelica. L’interazione tra la materia (il mente utilizzato per l’esegesi popolare, ma esplicativa (e semplificativa) dei sostrato o matrice, cioè la nafs) e la forma (lo sperma) sensi non immediatamente perspicui del Libro, chiosa “unica nafs”, cioè “unica anima”, così (seccamente): “Adamo”, rendendo maschile ciò che nel produce l’individuo “finito”: «Invero creammo l’uomo testo sacro è femminile. [insàn, cioè l’essere umano in generale, il maschio sa- 4. J. Penrice, A Dictionary and Glossary of the Koran, Dover Publications,- rebbe ràjul o equivalente] da una goccia di sperma, poi Mineola (N.Y.) 2004, s.v. 5. Coerentemente, invece, i Jalàlayn chiosano: “Eva”, che però non è nome ponemmo questa goccia in un ricettacolo sicuro [qaràr rintracciabile nel Corano, bensì ereditato dalla tradizione. makìn, l’utero], poi forgiammo dalla goccia un grumo 6. Il famoso filosofo e riformista pakistano Fazlur Rahman (1919-1988) so- stiene che il Corano indica con nafs genericamente la “persona” (Major The- sanguigno (che si aggrappa) [‘àlaqa, l’embrione] e quin- mes of the Qur’an, Bibliotheca Islamica, Minneapolis 1980, p. 17). di forgiammo dal grumo una massa molle [mudgha, cioè 7. Per un confronto non di mera superficie riporto le versioni di Ida Zi- il feto]» (Q. 23:12-14). lio-Grandi (Mondadori): «Uomini, temete Dio il quale vi creò da una per- sona sola. Ne creò la compagna e da essi suscitò molti uomini e donne»; e di In conclusione, il versetto Q. 4:1 andrebbe più corretta- Muhammad Abdel Haleem (Oxford University Press): «People, be mindful of mente interpretato: your Lord, who created you from a single soul, and from it created its mate and from the pair of them spread countless men and women». 8. Per una analisi di questa evoluzione misogina, cfr., tra l’altro, I. Zi- O esseri umani! Venerate il vostro Signore che vi ha creato da lio-Grandi, La creazione della donna nel Corano e il suo ruolo nella tradi- una sola matrice, da cui ha poi tratto un suo paio/una sua cop- zione islamica, in G. Filoramo (a cura di), Le religioni e il mondo moderno pia [doppio] e da questi due elementi fatti interagire insieme vol. IV (Nuove tematiche e prospettive), Einaudi, Torino 2009, pp. 341-373.

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Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giar- dino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete». Ma il serpen- te disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che, quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e di- ventereste come Dio, conoscendo il bene e il male». Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture; e quello coranico Q. 2:35-36:

E Noi [è Dio che parla] dicemmo: O Adamo, dimora tu e la tua sposa (zawj) nel giardino (janna) e mangiate dei suoi [frut- ti] secondo il vostro desiderio come volete, ma non avvici- natevi a quest’albero, onde non diventare iniqui. Ma Satana (shaytàn) li fece deviare entrambi [dal retto sentiero] e li fece uscire entrambi dal luogo dove si trovavano. E Noi dicemmo: Scendete giù [dal Paradiso], sarete l’un dell’altro nemici e sul- qualcosa da un’altra cosa”, conferisce a min il significato di la Terra avrete dimora e godimento per un tempo [circoscrit- “da” [ from], cioè ‘estrazione’. Min suggerisce dunque l’idea to]. Poi Adamo ricevette dal suo Signore parole [la Scrittura] che il primo essere creato (supposto essere un maschio) era (kalimàt) ed Egli lo perdonò poiché Egli è il Perdonatore Ab- completo, perfetto e superiore. Il secondo essere creato, la bondante in misericordia. femmina, non era suo eguale, poiché essa era stata tratta fuo- ri dall’insieme e dunque, derivando dal primo essere, gli era È evidente che, nel Corano, l’uomo e la donna sono ten- inferiore. Allorché min è inteso significare “nello/dello stesso tati e peccano insieme, mentre nella Bibbia è soprattutto tipo” per entrambe le occorrenze in questo [4:1] versetto, lo la donna che trascina il compagno nell’abisso. è spesso perché altri versetti del Corano usano la medesima formula mettendo però nafs al plurale, cioè anfus, e zawj al Un’altra differenza importante consiste nel fatto che nel- plurale, cioè azwaj. Per esempio 16:82 e 42:11: ‘Allah ha fatto la Bibbia il serpente parla di morte e di acquisizione di [ja‘ala] azwaj per voi dalle [min] vostre anfus. L’interpreta- una conoscenza proibita; nel Corano, almeno in Q. 2:36, zione che ne deriva dunque è che “le vostre compagne sono si parla solo del fatto di aver commesso un’azione ini- dello stesso tipo o genere di voi”9. qua. È piuttosto in Q. 7:20 che si legge: «Satana bisbigliò nei loro due [cuori] (wàswasa la-humà al-shaytànu) per In altri termini, mi pare, Amina Wadud arriva alle mie rendere loro manifesto ciò che era loro nascosto, cioè la stesse conclusioni lavorando sulla polisemia della pre- loro nudità», ma comunque non viene particolarmente posizione min. Tuttavia, min resta comunque una pre- enfatizzato l’aspetto prometeico dell’uomo/donna che posizione che intende in primo luogo provenienza e verrebbe a “farsi Dio”, sfidandolo quasi nella sua onni- derivazione. Quindi, la soluzione di Wadud mi sembra scienza, come sembra suggerire la Bibbia. complessivamente meno efficace. Credo possa risultare utile per il lettore, a fini compa- Un secondo punto importante da evidenziare nel pas- rativi rispetto a quanto detto da me, la seguente analisi so Q. 2: 35-36, che lo differenzia da Genesi, è che nel di Q. 4:1 effettuata dalla femminista musulmana afro-a- Corano Dio perdona Adamo ed Eva. Si tratta di un di- mericana Amina Wadud (n. 1952): scrimine fondamentale, poiché implica che nell’Islam non esiste il peccato originale, e questo implica, a sua Nel commentario di al-Zamakhshari [autore mutazilita del volta, che non vi sia bisogno di un redentore, cioè anco- XII secolo] il versetto intende dire che il genere umano è stato ra, in altre parole, di una incarnazione di Dio, in Cristo creato nello/dello stesso tipo come una singola nafs, e che la zawj della nafs è stata tratta da quella nafs. […] Altri verset- ti sul medesimo argomento (7:189; 39:6) riportano che Allah 9. A. Wadud, Qur’an and Woman. Rereading the Sacred Text from a Woman ja‘ala dalla [min] nafs la sua zawj. Ja‘ala che significa “creare Perspective, Oxford University Press, Oxford-New York 1999, pp. 18-19.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 51 Percorsi Didattici ovviamente. È immediatamente intuibile quale straor- Nasr Abu Zayd (1943-2010), esegeta neo-mutazilita e dinaria portata ontologico-metafisica, e di conseguenza dunque razionalista, ne attribuisce la responsabilità al teologico-politica, abbia questa idea. prestigioso al-Shafì‘i (m. 820), fondatore della scuola Ma a noi interessa qui la questione di genere. Facendo giuridica shafi‘ita: leva su esegesi come quella qui presentata, i musulmani modernisti riformatori hanno sostenuto che il Corano L’origine di tutto questo guazzabuglio risiede nell’equipara- pone l’uomo e la donna su un piano di perfetta parità. zione che [al-Shafi‘i] ha stabilito tra la Sunna e il Corano come fonte legislativa, tanto che la Sunna è diventata per lui un te- I più tradizionalisti, tuttavia, appoggiandosi magari a sto di sostegno che necessita di un altro testo per spiegarlo e quel luogo coranico dove si dice che «l’uomo è un grado commentarlo. Facendo della Sunna una sorta di doppione del più in su» (Q. 2:228: wa al-rijàl ‘alayhunna daràjatan), e Corano, Shafi‘i si è venuto a trovare in un circolo vizioso. […] soprattutto a taluni hadìth (racconti) della sunna o com- Shafi‘i fa di tutto per restringere l’ambito del ragionamento e portamento del Profeta10, hanno cercato di sostenere le dell’indagine personale. E questo rivela una preoccupazione proprie tesi restrittive facendo ricorso alla differenza di natura fondamentalmente ideologica che affonda le radici 11 biologica, un dato di fatto innegabile. Biologicamente, il su una sorta di scetticismo nel potere della ragione umana . maschio e la femmina sono diversi, e ciò si rifletterebbe Al di là del merito (può darsi che Abu Zayd esageri un nella divisione di compiti che loro spetta: il maschio sa- poco), l’importanza della questione è di metodo. Un rebbe più forte, più razionale e controllato, e dunque più vero riformismo musulmano, a parere di chi scrive, non adatto a dirigere; la donna sarebbe più debole e soggetta può che far leva sul Corano piuttosto che sulla sunna. alle passioni dei sentimenti, per cui bisognosa di dire- È necessario ritornare al Corano quella centralità che il zione. Questa accentuazione della debolezza organica pensiero conservatore ha troppo spesso attribuito invece femminile non è però reperibile nel Corano: è solo frut- alla sunna. Come ho argomentato altrove12, al termine di to della elaborazione giuridica seriore, seppure basata un’indagine comparata tra Islam e Cristianesimo, le di- talvolta su tradizioni profetiche (la cui autenticità può varicazioni tra le due versioni del monoteismo non sono essere dubitata). dipese dai testi sacri o dalle figure dei loro fondatori. Il Il rapporto tra il Corano e la sunna Corano, come tutti i libri rivelati, non è né un trattato di La questione delicata che si pone è dunque quella del teologia, né tanto meno un trattato di filosofia. Tutta- rapporto tra il Corano e la sunna. Sono numerose le vol- via, esso contiene, in misura assai maggiore rispetto al te in cui la sunna modifica o corregge il dettato cora- Nuovo Testamento, elementi di carattere cosmologico, nico: per esempio, nel Corano la pena dei fornicatori è cosmogonico, teologico e perfino epistemologico, trat- la fustigazione (Q. 24: 2); mentre la lapidazione, pena tati comunque, come hanno insegnato Muhammad ‘Ab- duh e altri modernisti, facendo costante riferimento alla prevista anche nel diritto ebraico (la halakha), è desunta 13 dalla sunna. La tendenza a ritenere la sunna superiore al ragione . Il ritorno a quella fonte che contiene l’ultima Corano e in grado di abrogarlo è presente in numerosi rivelazione è di fatto indispensabile per la rifondazione giuristi di impostazione tradizionalista e conservatrice. del pensiero islamico. Massimo Campanini Università degli studi di Trento

10. La sunna del Profeta integra il testo sacro, tuttavia gli hadìth che la com- pongono, ossia i detti e le azioni di Muhammad, non sono sempre affidabili: vi sono hadìth “sani”, hadìth “deboli” ed altri che possono essere considerati del tutto apocrifi. Ovviamente, ogni singolo giurista (‘àlim plurale ‘ulàma) ha la possibilità, attraverso il ragionamento (ijtihàd), di interpretare, in modo soggettivo e/o pregiudiziale o arbitrario, gli hadìth per sostenere una tesi purchessia e tradurla in prassi normativa. In italiano esistono due raccolte parziali di hadìth tradotti: V. Vacca - S. Noja - M. Vallaro (a cura di), Detti e fatti del Profeta dell’Islam, Utet, Torino 1982; e A. Ventura (a cura di), Vita e detti di Maometto, Mondadori, Milano 2014. 11. N. Abu Zayd, Islam e storia. Critica del discorso religioso, Bollati Bo- ringhieri, Torino 2002, pp. 113-114. 12. M. Campanini, Islam religione dell’Occidente, Mimesis, Milano 2016. 13. M. Abduh, Trattato sull’Unicità divina, a cura di G. Soravia, Il Ponte, Bologna 2005 (la traduzione italiana non è però sempre convincente); mi permetto di rinviare anche a M. Campanini, Il pensiero islamico contempo- Moschea Sheikh Zayed, Abu Dhabi (Emirati arabi uniti) raneo, Il Mulino, Bologna 20163.

52 Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 Percorsi Didattici Gli studi sul Corano: origini, problematiche e prospettive future Corrado la Martire

Il progresso degli studi coranici negli ultimi tre decenni trova riscontro nella nascita di posizioni accademiche per specialisti e nella fondazione di istituti universitari ad hoc. L’avvicinamento agli studi biblici è uno dei temi più attuali.

na disputa legale-religiosa avente sulla parola che esiste un solo Dio, ovvero quello della tradizione “Allah” ha suscitato grande clamore mediatico biblica, e l’Islam conferma la Torah e il Vangelo (Q. 3:4), Uin tempi recenti1. Nel 2007, il ministero dell’In- sottolineando come il messaggio ne sia stato frainteso terno malese ha minacciato di chiudere il «Herald», nelle tradizioni precedenti. Il rapporto intertestuale non giornale cattolico, che – come da tradizione – usava la è limitato alla tradizione cristiana; la tradizione giudai- parola “Allah” per designare il Dio cristiano. Il caso è ca infatti è ugualmente importante nel retaggio storico giunto in tribunale e si è concluso nel 2014, quando i del Corano. Inoltre è possibile anche un influsso da par- giudici della Corte federale di Putrajaya hanno condan- te di fedi pre-islamiche, seppur quest’ultimo sia stato il nato il giornale a sostituire la parola. La Corte federa- meno approfondito. le si è pronunciata un anno dopo il decreto della Corte L’idea sicuramente più interessante è che il Corano sia d’appello malese con cui è stato formalmente proibito stato in origine un documento cristiano. Questa tesi, per l’uso del termine “Allah” per le fedi non musulmane in quanto sostenuta da approfondite ricerche sulla lingua Malesia. Questa scelta ha creato una netta divisione tra del Corano, sembra non tener conto dei contenuti del Li- la comunità islamica e quella cristiana nel paese. bro sacro dell’Islam. In particolare non tiene conto dei Contrariamente alla posizione assunta dalla Corte d’ap- concetti cristiani nel Corano e delle modalità con cui pello malese, parte della comunità scientifica da tempo vengono modificati e adattati alle strutture e alle strate- sostiene che vi sia una affinità “genetica” tra la fede cri- gie retoriche del Corano. In altre parole, questa tesi nega stiana e quella musulmana, sancita da una comunanza implicitamente l’originalità del Corano. In alcuni casi, di concetti e tematiche. Secondo questa tesi, il Corano esperti di siriaco hanno usato questa tesi come prova di sarebbe stato ab origine un testo cristiano, successiva- un dibattito interno alla comunità cristiana. Tuttavia una mente frainteso, falsificato e manipolato nel corso dei analisi più accurata rivela come gli elementi della tra- secoli2. Gli studi coranici moderni si sono concentrati dizione biblica, sia ebraica che cristiana, siano stati più sulla individuazione di un sottotesto biblico all’interno probabilmente modificati e adattati a un contesto distin- del testo coranico. In realtà, la questione si collega al to da quello della Bibbia Ebraica e del Nuovo Testamen- più ampio dibatto sulla ricerca di un metodo adeguato to. L’Islam, in un certo senso, riprende il nocciolo delle per leggere e capire il Corano, questione ampiamente precedenti tradizioni, lo perfeziona e, correlativamente dibattuta sia nella cultura popolare che nel mondo ac- abroga l’ebraismo e il cristianesimo. cademico. Non sorprende che le voci più contrastanti si Le differenze di opinioni su un presunto sottotesto bibli- trovino ai poli opposti. La domanda che si pongono tutti co nel Corano sono frutto di una differenza di metodo. I può essere riassunta in questo modo: il Corano è parte della tradizione biblica o no? La questione potrebbe sembrare di scarsa importanza. 1. L. Declich, Islam in 20 Parole, Laterza, Roma Bari 2016. 2. G. Lüling, Über den Ur-Qurʾan. Ansätze zur Rekonstruktion vorislami- In realtà una valutazione più accurata del testo coranico scher christlicher Strophenlieder im Qurʾan, Lüling, Erlangen 1974; terza mette in evidenza una serie di temi convergenti con tre edizione corretta e revisionata 2004; C. Luxenberg, Noël dans le Coran in Anne-Marie Delcambre - Joseph Bosshard (a cura di), Enquêtes sur l’Islam: tradizioni nettamente distinte: giudaica, cristiana e pa- en hommage à Antoine Moussali, Éditions Desclée de Brouwer, Parigi 2004, gana pre-islamica. Il Corano è il testo giunto per sancire pp. 117-38.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 53 Percorsi Didattici sostenitori di una influenza cristiana tendono a esclude- re la tradizione islamica nell’analisi del Corano, ponendo il testo coranico in perfetta continuità con la precedente tradizione biblica e individuando affinità tra i passaggi del Corano e testi cristiani ed ebraici antecedenti. Altri invece sostengono che uno studio comparatistico con testi non facenti parte la tradizione islamica possa con- durre a risultati erronei e fuorvianti e che quindi ci si debba affidare a fonti puramente islamiche: tafsīr, ḥadīṯ, sīrah del Profeta, ad esempio3. In realtà le fonti sono ugualmente valide nella comprensione del testo, perché permettono di collegare la tradizione religiosa islami- ca ad altre tradizioni monoteistiche e non implicano la non originalità del testo coranico. In quest’ottica si sono mossi molti studi, determinando un dibattito che spesso si è rivelato produttivo. Per altro verso rimangono anco- ra nette divisioni ideologiche, in cui l’eccessiva settoria- lizzazione ha talvolta ostacolato il dialogo e il progresso nella ricerca coranica. Frammento del Corano (4, 176), da un manoscritto Il salto di qualità almoravide del XIII secolo La buona notizia è che gli studi coranici rappresentano un campo di studi in forte crescita. La cattiva notizia è che le ricerche non hanno generato molti consensi. Gli in origine un cristiano eretico e un rinnegato e che nel- studi coranici si sono sviluppati in periodi storici diver- la stesura del Corano si sia ispirato al testo biblico. Ciò si, spesso in maniera caotica e disorganica. La storia de- ha anche permesso di vedere l’Islam come una religione gli studi coranici in occidente può essere classificata in derivata e non originale. Attraverso questa tesi, si giun- cinque periodi storici: se alla prima traduzione del Corano in latino, intitolata 1) Dal dodicesimo al sedicesimo secolo; Lex Mahumet pseudoprophete, del traduttore e arabista 2) Dal sedicesimo al diciannovesimo secolo; inglese Roberto di Chester (m. 1160 circa d.C.) nel 1143. 3) Dal diciannovesimo secolo alla Seconda Guerra Mon- Una nuova fase di interesse storico nel Corano fu sti- diale; molata nel sedicesimo secolo, con l’avvento di studiosi 4) Metà del ventesimo secolo; che cercarono di comprendere le sacre scritture attra- 5) Fine del ventesimo secolo sino a oggi. verso l’analisi linguistica non solo dell’ebraico e del gre- Inoltre, si possono distinguere tre macroaree di inda- co, ma anche di altre lingue come l’aramaico, il siriaco, gine in cui si muovono gli studi coranici. La prima è l’armeno, l’etiopico e via dicendo. Questo periodo vide lo studio del significato “originale” del testo, compren- la fondazione del Collegio Maronita a Roma nel 1584, dendo le fonti, la storia della rivelazione e la storia del- dal quale provennero importanti arabisti, come Gabriel la registrazione dei suoi 114 “capitoli” (in arabo sūra). Sionita (Jibrāʾīl al-Ṣahyūnī, 1577-1648) e Victor Scialac Il secondo campo è lo studio della ricezione del testo (Naṣrallāh Shalaq al-ʿĀqūrī, ?-1635). La grammatica coranico nel corso dei secoli, soprattutto attraverso l’e- araba di Tommaso Erpenio (1584-1624) fu il testo più segesi. Il terzo campo è lo studio del Corano come te- usato per lo studio dell’arabo fino al diciannovesimo se- sto letterario. In generale, il primo campo ha dominato colo. Allo stesso modo, il lessico Arabo-Latino di Jacob gli studi accademici in occidente, mentre il secondo Golius (1596-1667) fu sostituito dal lessico Arabo-Lati- e il terzo campo sono stati ignorati sino alla fine del no di Georg Wilhelm Friedrich Freytag (m. 1788-1861) ventesimo secolo. solo nel diciannovesimo secolo. Solo alcuni di questi Gli studiosi cristiani ed ebrei sono da tempo interessa- studiosi furono sinceramente attratti dallo studio del ti al Corano, soprattutto per criticare gli studiosi mu- sulmani e prevenire la lenta erosione delle popolazioni 3. Questo è l’approccio di molti lavori recenti. Ad esempio C. Segovia, The orientali che si convertono all’Islam. La tesi di questi Quranic Noah and the Making of the Islamic Prophet: Study of Intertextuality studiosi è che il Profeta Muḥammad (m. 11/632) fosse and Religious Identity Formation in Late Antiquity, De Gruyter, Berlino 2015.

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Durante questo periodo sorse una controversia tra due gruppi di studiosi. Uno sosteneva il primato della tradi- zione giudaica nel testo coranico, mentre l’altro sostene- va il primato di quella cristiana. I primi hanno sottoli- neato la presenza di motivi cristiani nel testo coranico, come le storie di Gesù, di Maria e di Giovanni Battista, oltre al contenuto apocalittico del Corano, apparente- mente in accordo con la Apocalisse di Giovanni. Que- sto dibattito è stato produttivo, in quanto ha sollecitato i partecipanti a identificare ulteriori collegamenti e a per- fezionare le loro argomentazioni. Tuttavia è fuorviante presentare la questione come una dicotomia perfetta. Come accennato in precedenza, una lettura più attenta del Corano suggerisce la presenza di tre grandi tradi- zioni: la tradizione ebraica, la tradizione cristiana e la tradizione pagana dell’Arabia e delle regioni circostanti. Delle tre tradizioni, quella sull’influenza pagana è sta- ta quasi completamente ignorata dalla ricerca moderna. La monografia più importante su questo argomento fu Il Sacro Corano, Al-Fâtiha (L’Aprente) quella di Julius Wellhausen (1844-1918), Reste arabi- schen Heidentums, pubblicata per la prima volta nel 1887, con una seconda edizione nel 1897. Alcuni studio- si hanno sostenuto l’influenza pagana non fosse di alcun testo coranico, della lingua e dalle complessità della tra- interesse negli studi coranici, tra cui W. Montgomery smissione testuale, e non dall’esigenza di diffondere la Watt (1909-2006), che descrive la religione degli arabi fede cristiana. Tuttavia sin dal sedicesimo secolo si ini- pre-islamici come «umanesimo tribale». Questa visione ziano a esplorare aree che non erano state oggetto di in- è facilmente contestabile leggendo il testo coranico, che teresse da parte dei loro predecessori, tra cui l’esegetica. sottolinea che gli oppositori pagani non vollero rinun- Il terzo periodo si estende dai primi Ottocento alla ciare alla religione dei loro antenati (es. Q. 9:5). Questo Seconda Guerra Mondiale e coincide altresì con i pro- semplice elemento denota un alto grado di considera- gressi europei della filologia araba in generale, inclusa zione per le credenze tradizionali, considerate al pari di la fondazione del 1795 di una scuola di lingue orientali una religione. a Parigi, all’interno della quale insegnarono importanti Impossibile non citare in questa fase il Geschichte des orientalisti come Antoine Sylvestre de Sacy (1758-1838). Qorans del tedesco Theodor Nöldeke (1836-1930). Gli argomenti principali che ha affrontato sono stati la cro- Verso gli studi coranici moderni nologia interna del testo, il processo di riunificazione Gli inizi degli studi coranici moderni possono essere del testo e la successiva storia testuale del Corano. Se- datati al 1833, quando il rabbino Abraham Geiger (1810- guendo il metodo del filologo Gustav Weil (1808-1889), 1874), fondatore dell’Ebraismo Riformista, ha pubblica- Nöldeke ha diviso i “capitoli” del Corano in quattro to Was hat Mohammed aus dem Judenthume aufgenom- periodi storici: antico meccano, medio meccano, tar- men? («Che cosa ha preso Muḥammad dall’ebraismo?»). do meccano e medinese. Ciò implica necessariamente Questo lavoro cerca di mostrare come molte narrazioni un’indagine sulle origini della comunità, sulla biografia e riferimenti alle figure bibliche nel testo coranico non del profeta, sulla storia della prima comunità musulma- derivino direttamente dalla Bibbia, ma da testi para-bi- na e sullo stile del testo. Il lavoro di Nöldeke non discute blici come i commenti midrashici sulla Genesi e sull’E- i testi ebraici e cristiani correlati al Corano, ma ha forni- sodo. Questo tipo di studi avrebbe avuto successo nei to una base importantissima per gli studi sul sottotesto secoli a venire, sino alla fuga degli studiosi della Ger- condotti in seguito. mania negli anni precedenti alla Seconda Guerra Mon- diale. Il conflitto mondiale segnò un abbandono negli L’interruzione studi coranici, in favore dell’arabistica, dell’islamistica e Il quarto periodo si estende da prima della Seconda degli studi mediorientali. Guerra Mondiale fino alla metà del ventesimo secolo. Il

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 55 Percorsi Didattici quinto periodo è iniziato alla fine del ventesimo secolo e significativo nella materia. Come è avvenuto nel campo continua ancora oggi. Gli studi coranici hanno visto una degli studi biblici, molti studiosi si sono interessati agli significativa continuità nel terzo periodo, poi una inter- studi coranici, spesso con teorie scientificamente poco ruzione nel quarto, e una definitiva ripresa nel quinto valide o senza alcuna formazione rigorosa nella mate- periodo. Gli studiosi hanno continuato a lavorare sul ria. Il mondo dell’editoria è stato coinvolto nel processo, Corano: Richard Bell (1876-1952) e Montgomery Watt richiamando specialisti sull’ebraismo e sul cristianesi- in Inghilterra, Régis Blachère (1900-1973) in Francia, mo, nonché specialisti di diversi campi di studi islamici, Arthur Jeffery (1892-1959) negli Stati Uniti, Rudi Paret come il sufismo, la storia e la filosofia. (1901-1983) in Germania. Tuttavia, non esisteva alcuna La nuova ondata di interesse per gli studi coranici ha disciplina di “studi coranici” in senso stretto e molti stu- prodotto diversi campi di studi. Tra le tendenze più in- diosi hanno lavorato sul Corano a margine delle proprie fluenti se ne possono individuare nove. ricerche. Alcuni argomenti sono stati ignorati, tra cui la 1) Il nuovo biblicismo, che sostiene l’influenza cristiana codificazione del testo e il rapporto tra il Corano e il sul Corano e che il Corano fosse in origine scritto in testo ebraico e cristiano. una lingua mista tra Arabo e Aramaico. Durante questo periodo sono stati compiuti notevo- 2) Il nuovo storicismo, che sostiene che la comunità ai li progressi nel campo degli studi sull’esegesi, in par- tempi delle conquiste fosse essenzialmente araba e ticolare nella comprensione dei commenti di al-Ṭabarī che, una volta costituitasi in impero, essa assunse un (m. 450/1058), al-Jubbāʾī (m. 321/933), al-Ṯaʿlabī (m. carattere più religioso. Questa tesi, sostenuta da Patri- 427/1035), al-Ṭabrisī (m. 620/1223), al-Zamaḫšarī (m. cia Crone (1945-2015) e Michael Cook, si basa sul fat- 538/1144), al-Biqāʿī (m. 885/1480) e altri. Numerosi stu- to che non ci sia alcuna decisiva evidenza che il Cora- di sono stati dedicati all’esegesi moderna. Tuttavia sia- no sia esistito sotto qualsiasi forma prima dell’ultima mo ancora lontani dall’avere una panoramica generale decade del VII secolo. del tafsīr, e il lavoro di Ignaz Goldziher (1850-1921) del 3) La Tarda Antichità. Secondo questa tesi, il Corano si 1888-89 rimane tutt’ora il più completo sull’esegesi mu- basa su tradizioni ebraiche, cristiane e pagane o sin- sulmana del Corano. cretiste, senza che l’una escluda l’altra. Piuttosto si suggerisce che il Corano abbia tratto le sue fonti da Studi coranici contemporanei testi in circolazione nelle culture del Vicino Orien- Gli studi coranici hanno visto una crescita di interes- te. Il Corano viene visto come un documento stori- se negli ultimi tre decenni. Questa crescita ha portato co, frutto di un processo di comunicazione che ha a cambiamenti istituzionali, con la nascita di posizioni accompagnato e gradualmente trasformato i gruppi accademiche per specialisti negli studi coranici e di isti- sociali nella comunità4. tuti specialistici. 4) Nuovo Testualismo, ovvero lo studio del testo cora- Dal 2007 la Berlin-Brandenburgische Akademie der nico non in quanto testo unico, ma in quanto insieme Wissenschaften tedesca ha finanziato un progetto a di “capitoli” e di versetti scritti in epoche diverse e in lungo termine, il Corpus Coranicum, per raccogliere e contesti storici differenti5. documentare manoscritti e altri testi relativi al Corano. 5) Autoreferenzialismo. Un altro argomento che ha rice- Sono stati pubblicati commenti online sui “capitoli” del vuto notevole attenzione è l’unità testuale e la struttu- Corano, avviando anche una serie di studi da parte di ra delle singole sūre. Secondo questa tesi, tutte le sūre Angelika Neuwirth, Nicolai Sinai e altri studiosi. Il go- del Corano mostrano un carattere unitario, ruotando verno tedesco ha anche intrapreso iniziative per formare attorno a un tema centrale, e quindi alcune parti del insegnanti in religione islamica, una mossa che ha l’ef- Corano inevitabilmente ne spiegano altre. fetto di incoraggiare la produzione di una maggiore con- 6) Critica femminista, nata a partire dal diciannovesimo sapevolezza del testo coranico e favorire l’integrazione secolo, che indaga sull’uguaglianza tra gli uomini nel della comunità musulmana. L’ultima di queste iniziative è la fondazione di un Istituto di Teologia Islamica presso 4. Uno dei più importanti studiosi musulmani del Corano del nostro tempo, il l’Università Humboldt a Berlino nel 2017. teologo egiziano Naṣr Ḥāmid Abū Zayd, ha dedicato la sua vita allo studio sul- Inoltre gli studi coranici si sono avvicinati progressiva- la testualità del Corano, allontanandosi dalla nozione di “Corano come testo” e preferendone una lettura più aperta e destrutturata. M. Campanini, Modern mente agli studi biblici. Se da un lato c’è stato un espo- Muslim Interpretations, Routledge, Londra New York 2011. Si veda anche M. nenziale incremento di studiosi interessati agli studi co- Campanini, Il Corano e la sua interpretazione, Laterza, Roma Bari 2013. 5. È l’approccio usato in C.A. Anzuini, I manoscritti coranici della Biblio- ranici, allo stesso tempo c’è stata una quantità crescente teca Apostolica Vaticana e delle biblioteche romane. Studi e testi, vol. 401, di pubblicazioni, a scapito della qualità e del progresso Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 2001.

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In una certa misura, la chiusura ideologica rimane l’ostacolo principale al progresso degli studi coranici oggi. Molti vecchi problemi non sono stati superati e i progressi sistematici nella comprensione del Corano stanno procedendo più lentamente di quanto si possa immaginare. Si pensi ad esempio alle traduzioni del Corano, anche in lingua italiana. La maggior parte dei traduttori non sono specialisti esperti nella resa del te- sto in italiano; altri non hanno formazione da arabisti; pochi sono stati specialisti in studi coranici. Di conse- guenza, ancora oggi, la traduzione di uno dei massimi islamologi italiani del Novecento, Alessandro Bausa- ni (1921-1988), rimane la migliore resa del Corano in lingua italiana. Questo semplice aspetto dimostra una scarsa attenzione agli studi coranici in Italia e l’incapa- cità di seguire i progressi nella materia al di fuori dal territorio nazionale. Infine la chiusura ideologica rappresenta un problema anche sul piano delle resistenze da parte degli intellet- tuali musulmani tradizionalisti, che vedono negli studi Pagina del Corano in caratteri kufici (IX-XI sec.), coranici una minaccia alla loro secolare cultura e ad- Bibliothèque nationale de France (Parigi) dirittura alla stabilità delle società musulmane. Il su- peramento di queste remore è, tuttavia, necessario e lo studio del Corano rappresenta il passato, il presente e il Libro sacro e, in linea di principio, nel rispetto delle futuro di una dialettica che è imprescindibile nel dialogo diversità di genere. tra le religioni. 7) Tipologia, che si è soffermata su particolari aree te- matiche del Corano, come ad esempio la salvezza e la Corrado la Martire punizione ultraterrena o i castighi divini sulla terra. Università Humbolt, Berlino 8) La natura orale del testo coranico e la sua trasmis- sione. 9) La collettivizzazione, secondo la quale il Corano è frutto del lavoro di un gruppo, e non di un singolo autore. BIBLIOGRAFIA Anzuini C.A., I manoscritti coranici della Biblioteca Gli studi coranici oggi Apostolica Vaticana e delle biblioteche romane. Studi e testi, Molti studiosi si affacciano sugli studi coranici con pro- vol. 401, Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano spettive disciplinari e punti di vista differenti, ponendo 2001. seri problemi per quanto riguarda la continuità della Campanini M., Il Corano e la sua interpretazione, Laterza, Roma Bari 2013. ricerca nei suoi singoli campi. Questa situazione vie- Campanini M., Modern Muslim Interpretations, Routledge, ne ulteriormente complicata dalle barriere linguistiche, Londra New York 2011. non solo tra coloro che lavorano con le lingue europee Declich L., Islam in 20 Parole, Laterza, Roma Bari 2016. e le lingue del mondo islamico come arabo, persiano, Lüling G., Über den Ur-Qurʾan. Ansätze zur Rekonstruktion vorislamischer christlicher Strophenlieder im Qurʾan, Lüling, urdu, o indonesiano, ma anche tra inglese, francese, Erlangen 1974. tedesco e italiano. Alcune figure sono state impor- Luxenberg C., Noël dans le Coran, in Anne-Marie Delcambre tanti per colmare il divario tra tedesco e inglese da un - Joseph Bosshard (a cura di), Enquêtes sur l’Islam: en lato – Richard Bell, in particolare – tedesco e francese hommage à Antoine Moussali, Éditions Desclée de Brouwer, Parigi 2004. dall’altro – Régis Blachère in particolare – o inglese e Segovia C., The Quranic Noah and the Making of the Islamic italiano – come Massimo Campanini. Le iniziative a Prophet: Study of Intertextuality and Religious Identity livello istituzionale mirano proprio a contribuire a una Formation in Late Antiquity, De Gruyter, Berlino 2015. accelerazione in questo processo.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 57 Percorsi Didattici Conoscenza e dubbio scettico Mario Alai

In filosofia lo scetticismo è un dubbio di principio fondato sulla “mancanza di motivi”. A p artire da questo numero esamineremo le molteplici forme che il dubbio scettico può assumere, e le strategie per resistergli.

econdo Aristotele, «Tutti gli uomini per natura del tipo più radicale, secondo il quale non potremo mai aspirano alla conoscenza»1. Dante ci dice (per boc- giustificare la pretesa di conoscere alcunché. Buona ca di Ulisse), «Fatti non foste a viver come bruti, parte della filosofia della conoscenza nel corso dei seco- S 2 ma per seguir virtute e canoscenza» . E il lettore che li può esser letta come il tentativo di rispondere a questa legge queste righe, per che motivo lo fa, se non per ac- sfida, perciò lo scetticismo ha avuto se non altro il meri- quistare conoscenza? Ma uno scettico direbbe che è del to di stimolare ricerca in gnoseologia. Inoltre il dibattito tutto inutile: la conoscenza è impossibile, non possiamo contemporaneo, ancora molto acceso3, dimostra che le sapere nulla. questioni che esso pone sono tutt’altro che facili e lungi Oggi siamo bombardati di notizie da ogni parte, ma dall’esser definitivamente risolte. molte fonti sono inaffidabili, e per lo più non abbiamo i Pertanto, nel corso di una serie di articoli che seguiran- mezzi per controllarne la verità. Perciò il dubbio si in- no, esaminerò diversi argomenti scettici e svariati ten- sinua: «L’ha detto la TV … sarà vero?» «È scritto sul tativi, non sempre riusciti, di resistere loro. Da ultimo giornale … sarà vero?». Recentemente si parla tanto an- suggerirò una strategia antiscettica di tipo esplicazio- che di fake news, ma qualcuno a sua volta insinua che nistico e probabilistico, con alcuni illustri precedenti questo discorso sulle fake news sia esso stesso una bufa- storici. Semplice e intuitiva, essa non è eccessivamente la … chi avrà ragione? Perciò si diffonde lo scetticismo, pretenziosa nei suoi obiettivi, ma sicuramente efficace. molti finiscono per non credere più a nulla. Dunque la Inoltre, pur riaffermando la possibilità della conoscenza società odierna vive nel quotidiano quello che per secoli contro le argomentazioni scettiche, essa ci dà modo tut- è stato un problema molto più filosofico che pratico. tavia di riconoscerne anche alcune importanti ragioni. Dopo tutto, se è così difficile confutare lo scetticismo, Lo scetticismo e noi ci deve pur essere qualcosa di vero in esso, che lo ren- Vi sono stati filosofi scettici in tutte le epoche: Pirrone de almeno inizialmente o parzialmente plausibile. Non di Elide (360-275 a.C.) e i suoi discepoli, poi gli espo- solo, ma vedremo che da questi elementi di verità dello nenti della Media Accademia, Arcesilao di Pitane (315 scetticismo possiamo apprendere qualcosa di assai utile a.C - 241/240 a.C.) e Carneade di Cirene (214 a.C. - 129 per una miglior comprensione della natura, della portata a.C.), poi i neoscettici Enesidemo di Cnosso (80 a.C. - 10 e dei metodi della conoscenza. a.C. circa), Agrippa (2a metà del I secolo d.C.) e Sesto Empirico (160 d.C. - 210 d.C. circa). Da quest’ultimo Che cos’è la conoscenza? abbiamo gran parte delle notizie che possediamo sul- Chiariamoci anzitutto su cosa sia la conoscenza, par- lo scetticismo antico. Nell’epoca moderna ricordiamo tendo da come usiamo la parola nel parlare quotidiano. Montaigne (1533-1592), lo scetticismo “metodico” di Posso dire «So che il treno è alle 7 ma non credo che Cartesio (1596-1650), e quello radicale di Hume (1711- il treno sia alle 7»? Oppure «Giovanni sa che Rabat è 1776). Molte e variegate sono anche le posizioni scet- la capitale del Marocco, ma non crede che Rabat sia la tiche oggi, e in più ci sono atteggiamenti scettici meno capitale del Marocco»? No! ciò dimostra che il credere è teorici, ma penetrati anche in certo sentire comune. Storicamente il termine ‘scettico’ denota posizioni assai diverse tra loro, talune più radicali, altre meno. Ma il no- 1. Aristotele, La metafisica, a cura di C.A. Viano, Utet, Torino 1974, libro stro interesse qui sarà più teoretico che storico; perciò, I, cap. 1. 2. Inferno, XXVI. pur prendendo ampiamente spunto da specifici autori e 3. Vedi A. Coliva, Scetticismo. Dubbio, paradosso e conoscenza, Laterza, testi, farò riferimento a una sorta di scettico ideal-tipico, Roma-Bari 2012.

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posizione cognitiva? Perché Lucia non dice di sapere? Platone nel Teeteto chiarisce con un esempio: supponia- mo che in un processo l’accusato sia di fatto innocente. Il suo avvocato tuttavia lo difende con grande eloquen- za, ma senza portare vere prove della sua innocenza. Un giudice superficiale si farebbe convincere dall’abi- lità abilità retorica dell’avvocato, formandosi dunque la credenza che l’imputato sia innocente. Ora, questa cre- denza sarebbe vera, ma non potremmo dire che si tratti di una conoscenza. Le mancherebbero quelle che Pla- tone chiama “ragioni” (λόγοι), e oggi si chiama comu- nemente “giustificazione”. La credenza di quel giudice sarebbe cioè vera ma non giustificata, e per questo non sarebbe una conoscenza. Platone conclude dunque che la conoscenza è una credenza vera e giustificata5. Que- sta concezione è stata pacificamente accettata almeno fino a quando fu messa in dubbio dal famoso articolo di Edmund Gettier Is Justified True Belief Knowledge?6. Ma nonostante tale articolo e le lunghe discussioni che ne sono seguite7, possiamo tranquillamente tenerla per buona per la nostra discussione. Resta ora da chiarire cosa sia la giustificazione. Platone cerca di capirlo, ma nel seguito del dialogo non trova una risposta soddisfacente. Anche su questo oggi fioriscono varie concezioni e ferve la discussione8, ma sostanzial- mente è qualcosa che ti dice che non ti stai sbagliando, che la tua credenza è vera. Può trattarsi di un’esperien- za sensoriale, o di un’altra credenza che sostiene quel- la in oggetto. Ad esempio, se penso che il treno parta Salvator Rosa (Napoli, 1615 - Roma, 1673), Disputa tra alle 7,00, la mia credenza è giustificata se ho guardato filosofi o L’Accademia di Platone, Palazzo Ducale di Urbino l’orario, o se me l’ha detto il capostazione, o se lo so per esperienza perché prendo quel treno ogni mattina, un prerequisito per il sapere. In altri termini, la credenza è una forma di credenza. 4. Platone, Teeteto, Rizzoli, Milano 2011, 187b. Inoltre, posso dire di venerdì: «Giovanni sa che doma- 5. Ibi, 208b. ni è domenica»? o posso dire: «Lucia sa che Parigi è 6. E.L. Gettier, Is Justified True Belief Knowledge?, «Analysis», 23 (1963), pp. 121-123. Tr. it. in A. Bottani e C. Penco (a cura di), Significato e teorie del la capitale dell’Inghilterra»? Certamente no. Dovrò dire linguaggio, Angeli, Milano 2013, 2ed. invece: «Giovanni crede che domani sia domenica», e 7. Vedi T. Piazza, Che cos’è la conoscenza, Carocci, Roma 2017, capp.3- «Lucia crede che Parigi sia la capitale dell’Inghilterra». 4; N. Vassallo, Teoria della conoscenza, Laterza, Roma-Bari 2003, II.2; M. Alai, Conoscenza in Platone e giustificazione oggi. Spunti teoretici e didat- In altre parole, si possono avere credenze false ma non tici dal paradosso di Gettier, in M. Mengozzi - F. Strocchi (a cura di), Il conoscenze false: se una credenza è falsa, non è una co- Liceo e la città 199/95 – 2004/05, Stilgraf, Cesena 2005, pp. 99-117; M. Alai, 4 Subjective and Objective Justification in the Solution of Gettier’s Problem, noscenza. Pertanto, la conoscenza è una credenza vera . in Selected Proceedings of the SILFS 2010 International Congress, edited Ma non tutte le credenze vere sono conoscenze. Infatti, by S.R. Arpaia, «L&PS - Logic and Philosophy of Science», IX, 1 (2011), è possibile che, in una stessa circostanza, Giovanni dica pp. 493-501, http://www2.units.it/episteme/L&PS_Vol9No1/L&PS_Vol- 9No1_2011_48_Alai.pdf.; M. Alai, Conoscenza, verità, giustificazione epi- «So che il treno è alle 7», mentre Lucia dice «Credo che stemica, in La certezza della verità. Il sistema della logica aletica e il proce- il treno sia alle 7», ed è possibile che entrambi stiano dimento della giustificazione epistemica («Sensus Communis. International parlando correttamente. supponendo che il treno parta Yearbook for Studies on Alethic Logic», 18), a cura di A. Livi, Editrice Le- onardo da Vinci, Roma 2013, pp. 31-46; M. Alai, Regimenting the Ordinary effettivamente alle 7,00, sia la credenza di Giovanni Notions of Knowledge and Justification after Gettier, in M.L. Bianca - P. che quella di Lucia sono vere. Perché allora il primo la Piccari (eds.), Epistemology of Ordinary Knowledge, Cambridge Scholars, Newcastle upon Tyne 2015, pp. 247-261. qualifica come una conoscenza, e la seconda no? Che 8. Vedi T. Piazza, Che cos’è la conoscenza, cit., cap. 2.3; N. Vassallo, Teoria cosa distingue la loro condizione epistemica, cioè la loro della conoscenza, cit., II, 3.

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… In tal caso, se vera, è anche conoscenza. Altrimenti, se si tratta solo di un vago ricordo o di un’impressio- ne, potrebbe essere falsa, e io posso solo dire che penso che parta alle 7,00. Allo stesso modo, per il giudice di Platone una giustificazione sarebbero state delle prove, che però l’avvocato non ha portato. Pertanto, nonostante la sua abile retorica, ciò di cui è riuscito a convincere il giudice (l’innocenza dell’imputato) potrebbe essere falso, e dunque il giudice crede, che l’imputato sia inno- cente, ma non sa che lo sia.

La logica del dubbio scettico Quando gli scettici negano che si possa conoscere al- cunché ovviamente non negano che si possano avere credenze, e nemmeno che tali credenze possano esser vere: piuttosto negano che possiamo mai possedere giu- stificazioni sufficienti per le nostre credenze, che dun- que non potranno mai considerarsi conoscenze. Essi poi sembrano aver un metodo infallibile per metter in crisi la nostra fiducia in quel che crediamo e dunque nella possibilità di conoscere: ogni volta che affermiamo qualcosa, lo scettico domanda: «come fai a sapere che è proprio così?». Ci chiede dunque di indicare una giusti- ficazione per la nostra credenza. Al ché normalmente noi daremo una giustificazione: «Lo so perché …» (e Michel de Montaigne (Bordeaux, 28 febbraio 1533 – Saint- qui indicheremo le nostre ragioni). A questo punto, però Michel-de-Montaigne, 13 settembre 1592), qui ritratto con lo scettico ci chiederà di giustificare anche queste ra- la catena dell’Ordre de Saint-Michel conferitagli nel 1571 gioni: «Come fai a sapere che questa giustificazione è vera?» e se proviamo a rispondere rilancerà con la stessa domanda9. non ha compiti per domani, ma so che è un po’ pigro e Sembrerebbe che non ci fosse bisogno di portare questo a volte dice le bugie; quindi ho il dubbio che abbia detto regresso all’infinito, perché a un certo punto potremmo il vero. Oppure, da un certo esame medico risultereb- essere in grado di fornire delle giustificazioni conclusi- be che ho una grave malattia; ma mi informo e scopro ve, per esempio qualcosa che abbiamo visto coi nostri che quell’esame ha un’alta percentuale di falsi positivi occhi, o una dimostrazione matematica, o un’evidenza (casi in cui l’esame dà la malattia per presente anche se logica. Ma lo scettico osserverà che anche su queste il soggetto è sano); quindi nutro il dubbio di non esser cose ci potremmo sbagliare, e concluderà che la nostra realmente malato. Invece il dubbio scettico non si basa credenza è ingiustificata. Se poi volessimo provare a su circostanze precise, ma è un dubbio di principio, che portare ulteriori ragioni per sostenere che no, in questo può esser sollevato su qualunque argomento; non è fon- particolare caso quella giustificazione è davvero con- dato su motivi, ma sulla mancanza di motivi: lo scettico clusiva e non erra, egli sfiderebbe tali nuove ragioni e cioè non avanza nemmeno una ragione per sospettare il regresso ricomincerebbe. A un certo punto, se anche che una credenza sia falsa, ma sostiene che non ne avre- non ci stancassimo noi, lo scettico stesso osserverà che mo mai a sufficienza per esser certi che sia vera. è impossibile dare infinite giustificazioni, concludendo Nei prossimi articoli esamineremo le molte forme che dunque che non possiamo sapere nulla. può assumere il dubbio scettico e le tante strategie che si Bisogna dunque distinguere il dubbio scettico dai dubbi possono mettere in atto per resistergli. ordinari, circostanziati, che tutti noi abbiamo normal- mente ogni giorno: si basano su circostanze precise, e li Mario Alai abbiamo ogni qualvolta troviamo qualche motivo parti- Università di Urbino Carlo Bo colare per supporre che una certa informazione potreb- be esser falsa. Ad esempio, mio nipote mi ha detto che 9. Vedi p. es. Sesto Empirico, Schizzi pirroniani, Laterza, Bari 1926, I, 115-116.

60 Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 Percorsi Didattici Sacralizzazione e nuovo linguaggio della politica contemporanea Daniele Bardelli

Gestualità e stilizzazione formale han n o p roiettato la dialettica di alcuni leader p olitici del p rimo Noveceo nt su un pai no q uasi metafisico. Mussolini e Hitler furono i camo pi ni i ndiscussi di q uesta si ntassi oratoria.

discorsi di Mussolini costituirono la manifestazione Per nulla preoccupato che i concetti fossero espressi con più plateale e diffusiva dello “stile” fascista, coerente argomentazione impeccabile, Mussolini badava a esporli Iespressione dell’idea della politica come arte e dell’uo- con uno “stile” che appariva come il primo e sicuro indi- mo politico come «un artista che plasma la materia uma- zio del cambiamento che il regime stava imponendo alla na»1. Una convinzione che doveva nutrire anche Hitler, nuova Italia. In verità lo aveva già sperimentato durante declinata ovviamente in forme e modi adeguati a farsi la militanza socialista e la direzione dell’«Avanti», susci- intendere da una platea nazionale che aveva un immagi- tando lo stupore e le proteste dei vecchi compagni – lo nario, un repertorio di simboli e una sensibilità estetica documenta Benedetto Croce nella Storia d’Italia dal 1871 differente da quella italiana. Se – semplificando – pensia- al 1915 – per la «faciloneria» e il «miracolismo» di ar- mo all’enfasi mussoliniana come modalità comunicativa gomentazioni che facevano fare al partito «il cammino a efficace per un popolo abituato al melodramma, le folle ritroso, dalla critica e dalla scienza a cui l’aveva portato che osannavano il Führer erano aduse alle atmosfere wa- il Marx, all’utopia». Era invece apprezzato dagli uomini gneriane e dell’espressionismo (diffuso anche nella cine- de «La Voce», ma anche Rodolfo Savelli, collaboratore matografia2), e se i due dittatori appaiono a noi grotteschi dell’«Unità» di Salvemini, considerava nel 1914 i discorsi nelle loro pose, non si può disconoscere che i loro entu- di Mussolini rispondenti al bisogno che aveva il paese «di siasti ascoltatori fossero in qualche modo predisposti a rudezza e di sincerità, dopo tanto… tecnicismo parlamen- recepire gli effetti degli stilemi oratori, dell’espressività e tare e sovversivismo conservatore che hanno contamina- delle coreografie con cui venivano ammaliati. Allo stesso ta ogni più sana aspirazione»4. modo, si può pensare che pure la staticità dello stile co- Furono in molti a essere sensibili a questi richiami, e fra municativo di Stalin avesse la sua efficacia nel corrispon- questi anche non pochi intellettuali, così che Mussolini dere al gusto estetico di un popolo che per secoli aveva divenne il punto di riferimento politico delle avanguardie ammirato la ieratica fissità delle icone. culturali e artistiche. Lo ammirava il pittore Carrà e gli scrittori della rivista di Prezzolini, che ne apprezzavano I totalitarismi e il nuovo linguaggio della politica «più il carattere che la cultura, le qualità morali piuttosto La retorica di Mussolini era tale da proiettarne l’imma- che quelle intellettuali», nonché la «grande energia» che gine su piani tangenti – almeno semanticamente – quello Prezzolini definiva «una specie di barbarie temperata»5. metafisico. Il gerarca e giornalista Asvero Gravelli af- Il fascismo fu dunque percepito come un movimento nel fermava che il fascismo era una religione che nel duce quale – lo scriveva Marinetti – «la volontà è tutto»6, carat- aveva trovato «il suo Dio», e non si trattava soltanto di teristica di cui l’oratoria mussoliniana era rivelatrice e ri- un’iperbole propagandistica, ma dell’oggettivazione del chiamo costante additando mete, battaglie, nemici, con un sentimento che il carisma dell’uomo sapeva suscitare nel- le masse. Lo documentava nel 1934 Corrado Alvaro, scri- 1. E. Gentile, Il mito dello Stato nuovo, cit., p. 270. vendo che «uno dei punti salienti del fascino del Capo sul- 2. Si vedano a questo proposito le riflessioni di S. Kracauer, Da Caligari a Hiter. Una storia psicologica del cinema Tedesco, Lindau, Torino 2001, p. la folla, è che ciascuno si sente in comunione con lui come 359 (tr. it. di From Caligari to Hitler. A Psychological History of the German se egli sapesse tutto, che presto o tardi arriverà, saprà, Film, Princeton University Press, Princeton 1947). provvederà»3. Di questa opera di fascinazione, prodotto 3. E. Gentile, Il culto del littorio, cit., pp. 271 e 290. 4. Id., Il mito dello Stato nuovo, cit., pp. 123, 126 e 130-131. essenziale della mitopoiesi e dell’estetica del fascismo, 5. Ibi, pp. 131-133. il linguaggio del duce era appunto il fattore sostanziale. 6. Ibi, pp. 140-142 e 145.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 61 Percorsi Didattici linguaggio che si prestava all’intensificazione semantica al dettaglio figurativo), ma anche quelle di suono come e alla ridefinizione dei significati di termini già diffusi (si assonanze, allitterazioni e ripetizioni («il bello è venuto pensi a “fascio”, che apparteneva alla retorica socialista, o e più ancora verrà»; «compagine sorda e torbida»; «chi a “duce”, vera nuova categoria politica), diventando “lin- mi ama mi segua»; «questa è la veridica verità»!), che gua sacra” non solo perché mezzo comunicativo efficace rendevano il discorso incisivo, memorizzabile in slogan fra gli adepti, ma strumento funzionale al loro reciproco facilmente riproducibili. Nel complesso, era un parlare e collettivo riconoscimento, e la cui ampiezza d’uso certi- «suggestivo e non referenziale», talora persino parados- ficava l’intensità della fede. sale, se non assurdo, e tuttavia eccitante proprio per la Il rinnovamento radicale del linguaggio fu del resto uno sua “ereticità” rispetto al senso comune, che impediva degli aspetti che connotarono i totalitarismi rispetto a tutte di soffermarsi sull’aspetto grottesco di talune afferma- le altre forme di dominio politico, diventando un parame- zioni («non sono le Alpi che fanno gli Alpini, ma sono tro con cui misurarono la propria capacità di modificare gli Alpini che fanno le Alpi»). La «vacuità semantica», la società. Bottai sosteneva che la lingua «era un terreno l’oratoria essenziale e sostanzialmente priva di complica- su cui valutare i progressi della rivoluzione fascista», con- zioni intellettualistiche e scarsa di contenuti, erano però siderando le novità lessicali immesse nell’uso quotidiano in grado di suscitare «un consenso “emozionale”, “di tipo e le trasformazioni del significato delle parole esistenti. religioso”»10. Mussolini era del resto consapevole fin dal Bruno Migliorini, caporedattore dell’Enciclopedia Italia- 1910 che «concisione» e «precisione» dovevano prendere na e linguista fra i più famosi d’Italia, osservava nel 1938 il posto delle stantie «volate rettoriche» del passato, per che col fascismo la politica esercitava un’influenza sulla dare oggettività indiscutibile a questioni e argomenti di lingua ben più intensa che durante il regime liberale7. Nel spessore relativo. Era nata così, secondo gli stessi com- 1947 il filologo Victor Klemperer descriveva nel suo Lin- mentatori dell’epoca, una nuova categoria linguistica, la gua Tertii Imperii come il regime hitleriano avesse impo- “parola-azione”: il duce stesso affermò che quando par- sto un nuovo linguaggio omogeneo insinuandolo «nella lava alle folle non pronunciava «delle vane parole», ma carne e nel sangue della folla attraverso le singole parole, «preannuncia[va] delle azioni»11. le locuzioni, la forma delle frasi ripetute migliaia di vol- Anche Hitler teorizzò «il primato dell’oralità sulla scrit- te, imposte a forza alla massa e da questa accettate mec- tura», soprattutto se accompagnata e “significata” dalla canicamente e inconsciamente». Si trattava di un lessico gestualità prorompente (vera «protesi» del discorso), e af- povero e monotono, ricco di abbreviazioni, paragonabile fermò che tutti gli eventi decisivi della storia erano stati alla neolingua del romanzo di Orwell, in virtù di queste provocati «dalla parola parlata». La propensione borghese caratteristiche impediva «di esprimere ogni forma di pen- per la scrittura aveva invece comportato la rinuncia «ai siero critico», rendendo «letteralmente impensabile» un discorsi realmente agitatori», conducendo «alla perdita giudizio difforme8. Del resto, se aveva ragione Gramsci dell’istinto psicologico per agire e influire sulle masse». ad affermare che ogni linguaggio contiene gli elementi Per questo egli confessava di essersi adeguato «al pa- di una concezione del mondo e di una cultura, si com- tetico da assemblea e ai gesti necessari in grandi locali prende perché i totalitarismi imposero una sorta di «spoil contenenti migliaia di persone»12, adoperando una dram- system» anche al lessico9. maticità di toni e atteggiamenti che rispetto al discorso Per quanto riguarda specificamente l’oratoria mussolinia- raggiungeva una propria autonomia di funzione nell’in- na, essa era nutrita dalle suggestioni e dalle novità verbali fondere il pathos decisivo nelle folle, tanto che Chaplin e grammaticali dannunziane, futuriste, vociane e in gene- poté parodiare la sua oratoria “gestuale” esprimendosi in rale dalle avanguardie, e adoperava espressioni in cui si un grammelot incomprensibile, ma con altrettanta effica- compendiavano significati militari e religiosi (“religiosa cia comunicativa. milizia”) o si stabilivano equazioni inedite fra termini Daniele Bardelli antitetici (il fascismo “rivoluzionario e insieme reaziona- Università cattolica del Sacro Cuore rio”); oppure ricorreva all’invenzione lessicale (soprattut- to ingiuriosa, come nel caso di “avariato” con significato 7. A. Tarquini, Le parole e i discorsi del fascismo. Riflessioni sulla lingua di morale, “microcefalo”, “pantofolaio”, “panciafichista”, e un regime totalitario, in Il primato della politica nell’Italia del Novecento:- di tutto il repertorio dei neologismi col suffisso -iolo: “ri- studi in onore di Emilio Gentile, a cura di Id., Laterza, Roma-Bari 2016, p. 79. formaiolo”, “schedaiolo”). La sintassi del duce era sempli- 8. Ibi, pp. 67-68. La traduzione italiana dell’opera di Kemplerer è LTI: la lingua del Terzo Reich, taccuino di un filologo, Giuntina, Firenze 1999. ficata, impostata su un periodare paratattico e di peren- 9. E. Golino, Parola di duce: il linguaggio totalitario del fascismo e del nazi- torietà assiomatica. Erano frequenti le forme retoriche di smo. Come si manipola una nazione, Rizzoli, Milano 2010, p. 13. 10. A. Tarquini, Le parole e i discorsi del fascismo, cit., pp. 85 e 88. significato come l’iperbole (e lo si comprende facilmente) 11. Ibi, pp. 90 e 93-94. o la metonimia e la sineddoche (che riducevano la realtà 12. E. Golino, Parola di duce, cit., pp. 42 e 158.

62 Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 Percorsi Didattici Un ritratto insolito di Dante. Conoscenza e amore Renata Durando

Il poeta fiorentino delinea nel desiderio e nella passione i fondamenti propulsivi dell’azione conoscitiva. In questa quinta p arte dello studio su Dante esamineremo le forme che questo binomio assume all’interno della Divina Commedia.

e finora abbiamo considerato la scoperta o rivela- dagliare il mistero della vita e del divino, è necessaria zione della verità come frutto di dubbi risolti con l’esperienza mistica: non basta la ragione, occorre se- Sl’intelletto o superamento di errori o incertezze guire un itinerarium mentis in Deum, un percorso di grazie alle risposte o all’aiuto di persone autorevoli, ora amore che assecondi la tendenza naturale all’infinito, vedremo come tutto questo sia in stretto rapporto con cioè a Dio. l’amore, come il sapere sia conquista dell’intelletto che L’Amore, così, «ha valore euristico rispetto alla cono- si lascia vincere dall’amore. scenza»4, è cioè un procedimento che permette di tro- vare la verità: per questo, per esempio, è a S. Bernardo, Razionalismo e misticismo un contemplante fino all’estasi, che affida il compito di Nella sua relazione dal titolo Dante scienziato e filosofo, pregare la Vergine che interceda perché sia concessa al Cesare Vasoli offre spunti e riflessioni interessanti sul pellegrino la visione beatifica. È mediante un atto di significato dei termini “scienza” e “filosofia” ai tempi amore, anzi è grazie a più intercessioni, che Dante potrà di Dante, informazioni sui testi (aristotelici, tomisti, e assaporare la dolcezza divina. altri) da cui si soleva allora trarre la propria formazione Il Nostro considera le due correnti di pensiero, quella intellettuale e precisazioni sulla stretta connessione tra razionale e quella mistica, sullo stesso piano: vediamo scientia e philosophia che, anche se formalmente distin- come le presenta nei canti X-XI-XII del Paradiso, dedi- te, costituivano, «nella sostanza, un organismo teorico cati agli spiriti sapienti. e speculativo nel quale la stessa interpretazione fisica Siamo nel quarto cielo, quello del Sole; le anime, cantan- della realtà naturale veniva a dipendere da presupposti do dolcemente, si dispongono in successione in tre coro- e concetti metafisici universali»1. In tale cultura non di- ne intorno a lui e Beatrice. In esse vengono citati alcuni mentichiamo poi conoscenze e riferimenti che implica- rappresentanti del filone aristotelico-razionalista, come no rapporti certi con la cultura islamica (v. il contributo Tommaso, e di quello agostiniano e antiaristotelico, come di Maria Corti al convegno di Verona-Ravenna2). il mistico S. Bonaventura e Riccardo di San Vittore. Le possibilità conoscitive della ragione umana insomma La celebrazione di S. Francesco e di S. Domenico, af- affascinano Dante, sia che si tratti di indagare e conosce- fidata l’una a un domenicano (S.Tommaso) l’altra a un re il reale sia che si tratti di pura speculazione filosofi- francescano (S. Bonaventura ), oltre a evidenziare, con ca. È indubbia la sua stima e ammirazione per il mondo perfetti parallelismi, la comune missione dei due “ar- classico e per le sue conquiste scientifiche e filosofiche chimandriti”e la necessità di superare i contrasti allora (Aristotele e i suoi commentatori, arabi appunto), non- esistenti tra i due ordini mendicanti, significa l’apprez- ché per il pensiero di Tommaso d’Aquino. Filosofia e zamento di Dante ai due percorsi (del fare e del dire, scienza concorrono a rispondere a quella sete natural che però può essere saziata solo dalla rivelazione divina: il desiderio di conoscenza non è rivolto infatti solo al 1. C. Vasoli, in Per correr miglior acque… Bilanci e prospettive degli studi danteschi alle soglie del nuovo millennio, Atti del convegno di Verona-Ra- mondo terreno, ma spinge a dispiegarsi nel mondo spiri- venna 25-29 ottobre 1999, Salerno Editrice, Roma, p. 75. tuale: la concreata e perpetua sete del deiforme regno3. 2. M. Corti, Per correr miglior acque, p. 183ss. 3. Par. 2, v.19: Il desiderio innato ed inestinguibile del regno che riceve la Allora, pur mantenendo salda la fiducia nella ragione sua forma direttamente da Dio. e nelle capacità umane, Dante riconosce che per scan- 4. G. Contini, Un’idea di Dante, Piccola Biblioteca Einaudi, 2001, p. 199.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 63 Percorsi Didattici cioè dell’azione mossa dall’amore e del pensiero mosso dall’intelletto) che conducono alla pienezza di sé, del mondo e di Dio. Infine quando appaiono le anime della terza corona, esse sono talmente luminose che Dante resta abba- gliato e quando riacquista la vista si ritrova nel quinto cielo. Forse quelle anime rappresentano proprio coloro che sono riusciti a compiere nella loro vita la sintesi tra la speculazione razionale e l’estasi mistica, tra la conoscenza conquistata dall’intelletto e quella rivelata dall’amore.

Conoscenza e bellezza femminile Vediamo ora come Dante compendia in soli tre versi l’essenza del suo sentire e vivere la conoscenza:

Quel sol che pria d’amor mi scaldò ‘l petto, di bella verità m’avea scoverto, provando e riprovando, il dolce aspetto (Par. 3,1-3)5

In una sola terzina egli celebra la verità come bellez- Dante e Beatrice za, luce, calore, amore, dolcezza! Si sente in questi versi l’entusiasmo, il fervore dell’emozione, espresso in modo immanente, attraverso le parole, i suoni, non per esplici- venticello, quando un fiumicello gli interrompe la via; ta dichiarazione di sentimento. gli appare una bella donna che, cantando, raccoglie i fio- Beatrice ha confutato il suo errore (riprovando) e dimo- ri. Ha l’aspetto di una ragazza innamorata, riscaldata dai strato la vera origine delle macchie lunari: ma vedete raggi d’amore come indica l’espressione del volto. come il poeta riesce a fondere la rivelazione della verità Dante paragona la sua fulgida e splendente bellezza, con la dolcezza e la bellezza della persona di cui è in- giovinezza e innocenza alle qualità che doveva avere namorato. Stabilisce una stretta connessione tra l’amore Proserpina quando fu rapita da Plutone che la sottrasse per Beatrice e l’amore per la conoscenza. alla madre Cerere e la condusse nel regno degli Inferi D’altronde all’interno di una logica di agape tutto diven- privandola così della primavera terrena. A lei chiede di ta espressione d’amore. E infatti non è la sola volta né avvicinarsi verso la riva del fiume, perché vorrebbe ca- l’unica donna che suscita in lui questi sentimenti, che pire che cosa canta. È questo il primo accenno a quanto per noi sono assolutamente distinti, come se cuore e cer- cerco di dimostrare: il desiderio di conoscenza va di pari vello, emozioni e intelletto non facessero parte dell’uni- passo con l’attrazione verso la bellezza. Nei versi suc- co essere. Vediamo come descrive il suo stato d’animo cessivi infatti la bella donna ha movenze e atteggiamen- quando incontra Matelda nella divina foresta dell’Eden: ti che denotano grazia, delicatezza e amabilità. «Deh, bella donna, che a’ raggi d’amore Che lui venga attratto irresistibilmente da Matelda lo ri- ti scaldi, s’i’ vo’ credere a’ sembianti velano anche i versi seguenti: che soglion esser testimon del core, vegnati in voglia di trarreti avanti», 5. Beatrice, quel sole che per la prima volta mi riscaldò il petto d’amore, diss’ io a lei, «verso questa rivera, mi aveva rivelato il dolce volto della bella verità, portando delle prove e tanto ch’io possa intender che tu canti. confutando l’errore. Tu mi fai rimembrar dove e qual era 6. «Deh, bella donna, che ti riscaldi ai raggi dell’amore divino, sedevo cre- Proserpina nel tempo che perdette dere all’espressione del tuo volto, che di solito è specchio dell’anima, ti sia gradito avanzare verso questo ruscello in modo che io possa capire che cosa la madre lei, ed ella primavera». canti. Tu mi fai ricordare il luogo dove si trovava Proserpina e come era bel- (Purg.28, 42-51) 6. la, quando la madre perse lei ed ella l’eterna primavera» (quando fu rapita da Plutone). 7. Il fiume ci distanziava di tre passi, ma l’Ellesponto, nel punto in cui l’at- Dante cammina nella foresta del Paradiso Terrestre am- traversò Serse, ancora oggi esempio che frena l’orgoglio umano, non soffrì mirando la vegetazione, i fiori, gustando i profumi e il maggiore odio da Leandro, per essere in tempesta fra Sesto e Abido, più di quanto fosse odiato quel ruscello da me, per non essersi aperto.

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Tre passi ci facea il fiume lontani; che nascono spontanei. E anche nelle parole di Matelda ma Elesponto, là ‘ve passò Serse, risplende l’entusiasmo dell’amore di chi è felice di con- ancora freno a tutti orgogli umani, più odio da Leandro non sofferse dividere il proprio sapere con chi lo desidera. Quando per mareggiare intra Sesto e Abido, poi Matelda, cantando e quasi danzando, si incammina che quel da me perch’ allor non s’aperse lungo il fiume, Dante la segue a piccoli passi, quasi a (id., 70-75)7. indicare la pace e serenità raggiunte grazie a lei. Sarà ancora lei a concludere la piena purificazione del Il sentimento che il poeta vuole trasmetterci è l’odio poeta immergendolo nei fiumi Letè ed Eunoè in un che provò verso il fiumicello che lo separa dalla bella amorevole abbraccio salvifico, in cui traspare una carica donna: Matelda ha fermato i suoi passi sulla sponda del erotica che Dante non nasconde. bel fiume e ha alzato gli occhi verso Dante che rimane colpito dal suo sorriso, tanto da paragonarla a Venere La bella donna ne le braccia aprissi; innamorata. Egli non può raggiungerla, anche se solo tre abbracciommi la testa e mi sommerse passi lo dividono da lei e allora prova odio per l’ostacolo ove convenne ch’io l’acqua inghiottissi. che si frappone tra loro. Come scrive Erich Fromm nel Indi mi tolse e bagnato m’offerse suo L’arte di amare8 «il conoscere è intimamente legato dentro a la danza de le quattro belle; e ciascuna del braccio mi coperse all’amore. Il bisogno di fondersi con l’altro essere uma- (Purg. 31, 100-105)10. no (serve a) superare la barriera dell’isolamento». È come se Dante si sentisse isolato, escluso, dall’accesso Renata Durando alla piena conoscenza e desiderasse appunto superare Docente scuola secondaria tale barriera per raggiungere Matelda; il passaggio gli è impedito da un fiume che non gli è possibile varcare e che suscita quindi in lui un odio profondo. 8. E. Fromm, L’arte di amare, Oscar Mondadori, p. 40. 9. T. Di Salvo, Commento al Purgatorio, Zanichelli, p. 531. Per rafforzare l’idea accosta e fonde tra loro ben tre pa- 10. La bella donna aprì le braccia e con esse mi cinse la testa e mi sommerse ragoni, tratti da tre ambiti diversi, biblico, mitologico e (nel Letè) per cui fui costretto a inghiottire dell’acqua. storico: egli odia il fiume (che non si aprì come il Mar Rosso al passaggio di Mosè) con l’intensità con cui Le- andro dovette odiare l’Ellesponto che, pur passato da Serse, impedì la realizzazione del suo desiderio. Secondo il mito, Ero e Leandro si amavano ma abita- vano su sponde opposte dello stretto: lui tutte le notti la raggiungeva a nuoto seguendo la luce che lei accendeva. Una notte la luce si spense e il giovane morì annegato. Serse, passato l’Ellesponto su un ponte di barche, ven- ne sconfitto dai greci a Salamina e non riuscì quindi a conquistare la Grecia. L’ultimo verso infine allude all’e- pisodio biblico del passaggio del Mar Rosso. «Dante si induce a tali accostamenti […] perché erano coerenti con la sua visione del mondo e della poesia, forma an- che questa, come la storia e la filosofia, di conoscenza della realtà nelle sue molteplici combinazioni e nella sua sostanziale unità»9. Il legame tra bellezza, amore e conoscenza prosegue in tutto l’episodio, che vede Matelda spiegare a Dante l’o- rigine dei fiumi e del venticello. Sembrerebbe questo (e in parte lo è) un canto didascalico, ma siamo nell’Eden, sede originaria dell’uomo, degli alberi della vita e della scienza, in cui Matelda ride, canta, balla e alla fine per- sino i due poeti che accompagnano Dante (Virgilio e Stazio) sorridono compiaciuti. L’atmosfera in cui si col- loca la spiegazione “scientifica” è quindi gioiosa, pre- gna di bellezza e soavità, profumata dai fiori e dai frutti G. Doré (1832-1883), Dante e Beatrice rivolti verso l’Empireo

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 65 Percorsi Didattici Narciso Luigi Tonoli

Presentiamo la prima p arte di un lungo articolo sulla figura di Narciso, che rileggeremo abbracciando anche aspetti marginali e finora trascurati dalla critica letteraria. Prosegue sui numeri di NS8 e 9.

ella cultura occidentale il mito di Narciso è riflessa e, nel tentativo di abbracciarla, cade in acqua an- molto ricorrente, probabilmente per il suo ca- negando1. Nrattere enigmatico, che si è prestato nei secoli a È un tema molto diffuso nell’arte, che ne mostra sempre riscritture e reinterpretazioni. il momento culminante: Narciso che si contempla nello Certamente l’assunzione del mito come metafora di un specchio dell’acqua. Immobile. Malinconico. Anelante. amore riflessivo, incapace di rivolgersi a un oggetto vero A partire dagli affreschi di Pompei. e proprio, ne ha determinato il successo, ma ha finito In un altro affresco compare anche Eco, la ninfa acco- per far trascurare altri particolari e significati. Prende- stata a Narciso per la prima volta nel racconto di Ovidio, remo in considerazione aspetti secondari che possono che – si vedrà – è all’origine del mito. arricchire la riflessione anche sulla cosiddetta modalità In Caravaggio la contemplazione dell’immagine riflessa narcisistica dell’amore. è resa con l’intuizione della specularità perfetta: l’im- Il contributo si articola in tre parti: la prima è dedicata magine è perfettamente doppia, simile a una carta da all’origine del mito e all’invenzione di Ovidio; la secon- da e la terza a due aspetti del mito: il riconoscimento di 1. Così, ad esempio, Narciso al fonte (da Mediterranee) di Umberto Saba sé; la terza al significato dell’acqua nel mito di Narciso. (che pur, successivamente, rileggerà il mito in chiave freudiana): «Quando giunse Narciso al suo destino / - dai pastori deserto e dalle greggi / nell’ombra Il mito di Narciso di un boschetto azzurro fonte - / subito si chinò sullo specchiante. / Oh, bel volto adorabile! / Le frondi / importune scostò, cercò la bocca / che cercava la Quello di Narciso è un mito semplice nella sua forma sua viva anelante. / Il bacio che gli rese / era di gelo. / Sbigottì. Ritornò al suo vulgata. Un giovane si innamora della propria immagine cieco errore. / Perché caro agli dei si mutò in fiore / bianco sulla sua tomba».

Narciso, affreschi di Pompei, I d.C.

66 Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 Percorsi Didattici gioco. La rappresentazione è accurata. Le pieghe delle maniche, ad esempio, sono raffigurate con esatto rove- sciamento. Narciso sembra visto da dentro la fonte. La postura e lo sguardo dicono interesse esclusivo, indiffe- renza per tutto ciò che non è proiezione di sé. La raffigurazione è ripresa dall’artista brasiliano Vik Muniz che realizza una nuova versione del dipinto ca- ravaggesco utilizzando materiali di discarica e fotogra- fandoli dall’alto. Desiderio e solitudine In Poussin è dato rilievo al tema dell’immobilità e dell’abbandono, inizio della morte per consunzione. Anche nel Regno di Flora Narciso si specchia, in questo caso nell’acqua di un vaso sorretto da una figura fem- minile, forse Eco o forse la madre Liriope. A sinistra un altro mito delle Metamorfosi di Ovidio: Aiace Telamonio si trafigge con la spada e dal suo sangue nasce il garofa- no, così come dal luogo di morte di Narciso germoglia il fiore omonimo. Ancora Narciso che si specchia nella fonte, anelante; os- Eco e Narciso, affreschi di Pompei, I d.C. servato, con desiderio, dalla ninfa Eco. Infine, in Dalì, il tema della metamorfosi. A sinistra la figura di Narciso, a destra la sua trasfor- riassunto dettato e fatto mettere per iscritto dal patriarca mazione. È evidente come la seconda immagine sia già Fozio di Costantinopoli (IX d.C.). dentro la prima: sono due forme dello stesso soggetto. Sullo sfondo, da una parte figurine mitologiche e dall’al- Conone, Narrazioni 24, da Fozio, Biblioteca, 186,134b,28 - 135a tra una statua su piedistallo raffigurante probabilmente A Tespie di Beozia (è una città situata non lontano dall’Elico- Narciso. Il personaggio è in posizione rannicchiata, qua- na) nacque il fanciullo Narciso (Nàrkissos) che era assai bello, si fetale (desiderio della solitudine precedente la nasci- ma anche grande spregiatore di Eros e degli amanti. Gli altri suoi innamorati finirono per rinunziare ad amarlo, mentre il ta), e si riflette nell’acqua. Nella trasformazione i colori solo Aminia (Ameinìas) perseverava nel supplicarlo continua- si fanno opachi, il sogno realtà: l’eroe diventa una mano mente. E poiché Narciso non gli dava retta, e anzi gli aveva che regge un uovo da cui nasce un narciso. La mano, mandato in dono una spada, si trafisse davanti alla porta del percorsa da formiche, allude forse alla morte. L’uovo giovane, non senza aver molto invocato il dio perché lo ven- alla sessualità. dicasse. Così Narciso, contemplando ad una fonte la propria Quindi desiderio, malinconia, immobilità, la metamor- immagine e la propria bellezza riflesse nell’acqua, lui solo, e fosi in fiore, a volte la presenza della ninfa Eco. Ma, per primo, divenne assurdamente amante di se stesso. Infine, preso dalla disperazione, e giudicando di soffrire una giusta sempre, lo sguardo rivolto al riflesso di una fonte. punizione, in cambio delle colpe nell’oltraggiare Che cosa ha visto Narciso nell’acqua della chiara fonte? gli amori di Aminia, si uccise. Da allora i Tespiesi stabilirono di onorare e venerare ancor di più il dio Eros, oltre che con Conone: l’origine della storia sacrifici pubblici, anche con culti privati; le genti del luogo Facciamo un passo indietro e risaliamo all’origine del pensano che il fiore del narciso sia spuntato per la prima volta mito e al definirsi del suo svolgimento narrativo. dalla terra sulla quale fu versato il sangue di Narciso3. Si parla di Narciso a partire dalla fine del I sec a.C. quando in Grecia cominciano a circolare brevi racconti Il testo è riconducibile per tipologia ai racconti di amo- eziologici. ri e corteggiamenti tra coppie omosessuali, incentrati Il primo di cui si abbia notizia sembra essere di un tale spesso sul paradosso della prova d’amore consistente nel Conone2 (autore di cui si sa poco o nulla) che visse a darsi la morte (una prova che comporta la perdita di ciò cavallo fra il I a.C. e il I d.C. Uno scrittore erudito, for- se ateniese. La sua opera, Le narrazioni (Dieghèseis), 2. Per l’analisi del racconto di Conone si fa riferimento a M. Bettini – E. Pel- lizer, Il mito di Narciso. Immagini e racconti dalla Grecia ad oggi, Einaudi, era costituita da una raccolta di curiosità e leggende di Torino 2003, pp. 46-49. tutta la Grecia, in cinquanta capitoli. Ne possediamo il 3. Tr. E. Pellizer (Ibi, p. 181).

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Michelangelo Merisi da Caravaggio, Narciso (1597-1599), Vik Muniz, Narcissus after Caravaggio (2005), MoMA, Galleria nazionale d’arte antica, Palazzo Barberini, Roma New York

per cui la si affronta). In questo genere di narrazioni, ol- Ovidio: l’origine del mito tre che procurarsi la morte con arma da taglio, l’amante Il racconto eziologico diventa vero e proprio mito, pochi può ricorrere a salti nel vuoto (katakremnismòi), a tuffi anni dopo, con Ovidio. Narciso, dunque, è un mito latino. mortali nelle acque di un pozzo, di un fiume, del mare Appartiene alle Metamorfosi, un poema epico in 15 li- (katapontismòi). Se si tratta di una donna la modalità bri di circa 12000 esametri, composto tra il 2 e l’8 d.C. più diffusa di morte volontaria è l’impiccagione. Natu- prima che l’esilio dell’autore ne impedisse la revisione ralmente la morte per suicidio può riguardare anche la finale. Sono proprio le invenzioni di Ovidio a ispirare persona amata. abbondantemente le arti figurative. La narrazione di Conone ha struttura semplice. Non ci Seguiamone lo svolgimento narrativo, con l’avvertenza sono figure femminili, né oracoli, né informazioni sulla che l’analisi letteraria considera aspetti diversi da quelli genealogia del personaggio o sulle circostanze della sua riconosciuti dalla lettura psicologica. nascita. Solo un giovane – amato – che pone le condizio- ni (risolvere l’enigma del dono della spada) sapendo che La nascita di Narciso ne conseguirà la morte dell’amante. In Beozia scorre il fiume Cefiso (gr. Kéfisos) che sgorga Poi, a opera di un destinatore (il dio invocato è proba- da una sorgente chiamata Lilaia (gr. Lìlaia). bilmente Eros), entrano in gioco i meccanismi di col- Come si sa, le sorgenti erano abitate da bellissime fan- pa-punizione, il pentimento, il rimorso, fino all’autoin- ciulle, le ninfe, e il fiume Cefiso, scorrendo vicino alla namoramento, alla disperazione, al suicidio. La fine del città di Tespie, ne incontrò una, Lirìope (= “dal volto di giovane ingrato è un atto cruento (per pugnale o spada) giglio”), e se ne invaghì. La spinse in un’ansa della cor- simmetrico a quello dell’amante. rente, imprigionandola fra le onde, e abusò di lei. Il testo, dunque, è un semplice racconto di fondazione Dalla violenza nacque Narciso. Bellissimo, fin da pic- (serve a giustificare la presenza del culto di Eros a Tespie) colo. L’indovino Tiresia, interrogato dalla madre sul suo ed è un aition, cioè spiega l’origine di un fiore. Il narciso, destino, rispose che il fanciullo avrebbe visto una lunga appunto. vecchiaia, «se non avesse conosciuto se stesso».

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Giovanni Antonio Boltraffio (1467-1516), Narciso, Jan Cossiers, Narciso alla fonte (1636-1638), Galleria degli Uffizi, Firenze Museo del Prado, Madrid

[…] de quo consultus, an esset più di un giovane, più di una fanciulla lo desiderava, tempora maturae visurus longa senectae, ma in quella tenera bellezza v’era una superbia così ingrata, fatidicus vates «si se non noverit» inquit. che nessun giovane, nessuna fanciulla mai lo toccò. (Metamorphoseon liber III, vv. 347-349) Mentre spaventava i cervi per spingerli dentro le reti, lo vide quella ninfa canora, che non sa tacere se parli, […] Interrogato se il piccolo avrebbe visto ma nemmeno sa parlare per prima: Eco che ripete i suoni. i giorni lontani di una tarda vecchiaia, l’indovino Allora aveva un corpo, non era voce soltanto […] aveva risposto: «Se non conoscerà sé stesso». Inizia così la prima fase del racconto5. In incipit, dunque, si pone subito un indizio determinan- Il protagonista è un quindicenne che da puer sta diventan- te. Tiresia dà un monito che sembra ribaltare la massima do iuvenis; ma non entrerà nella giovinezza, il suo destino delfica del «conosci te stesso» con cui Apollo, dio della è breve perché non ha saputo amare nel modo giusto. Non sapienza, fonda la civiltà del pensiero4. essendo riuscito a passare da un amore infantile (incen- In sostanza, un veggente cieco, Tiresia, profetizza al fi- trato su di sé) a un amore adulto (aperto all’altro), è con- glio di una violenza che vedrà la vecchiaia se non vedrà dannato a rimanere per sempre puer. Puer aeternus. se stesso (cioè “se non si riconoscerà”). Ma compaiono anche altri personaggi: i ragazzi e le fan- ciulle che si riflettono in Narciso, nel senso che, guardan- La puerizia do lui, vedono riflesso, e quindi riconoscono, il proprio Il racconto di Ovidio passa poi subito allo snodo centrale desiderio di appagamento fisico (il verbo cupio etimologi- della vicenda: Narciso ha quindici anni e si dedica esclu- camente designa il desiderio ardente, la brama che brucia.) sivamente alla caccia, superbo e indifferente all’amo­re Narciso, invece, è colui che non si specchia: è solo spec- che la sua bellezza suscita in ragazzi e fanciulle. chio per gli altri.

multi illum iuvenes, multae cupiere puellae; sed fuit in tenera tam dura superbia forma, 4. Sul significato di si «se non noverit», si veda anche Aldo Masullo, Il tempo nulli illum iuvenes, nullae tetigere puellae. di Narciso, in sito aldomasullo, 2009, pp. 1-2. Url: http://www.aldomasullo.com/index.php?option=com_content&view=article adspicit hunc trepidos agitantem in retia cervos &id=147:il-tempo-di-narciso&catid=17:scritti. vocalis nymphe, quae nec reticere loquenti 5. Per l’analisi della struttura del racconto si veda Giovanni Bottiroli, Narci- nec prior ipsa loqui didicit, resonabilis Echo. so senza specchio. Un esercizio di tri-logica, «La psicoanalisi», 36 (2004), in Corpus adhuc Echo, non vox erat […] sito giovannibottiroli, pag. web psicoanalisi, Url: http://www.giovannibotti- (vv. 354-360) roli.it/it/psicoanalisi/narciso-senza-specchio.html.

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et verbis favet ipsa suis egressaque silva ibat, ut iniceret sperato bracchia collo; ille fugit fugiensque «manus conplexibus aufer! Ante» ait «emoriar, quam sit tibi copia nostri»; rettulit illa nihil nisi «sit tibi copia nostri!» (vv. 386-393) Insiste e, ingannato dal rimbalzare della voce: «Qui riuniamoci!» esclama, ed Eco che a nessun invito mai risponderebbe più volentieri: «Uniamoci!» ripete. E decisa a far quel che dice, uscendo dal bosco, gli viene incontro per gettargli, come sogna, le braccia al collo. Lui fugge e fuggendo: «Togli queste mani, non abbracciarmi!» grida. «Possa piuttosto morire che darmi a te!». E lei nient’altro risponde che: «Darmi a te!».

Ai versi 354-356, attraverso le ripetizioni, si dà anticipa- zione linguistica del tema del riflesso e dell’eco. L’azione di Eco è guidata dal corpo, che vede, desidera, agisce. Guarda Narciso senza farsi scorgere, lo segue Nicolas Poussin, Echo et Narcisse (1629-1630), Musée du nella caccia, ma il suo comportamento è limitato, perché Louvre, Paris non può parlare di sua iniziativa, non può dominare gli eventi. Può solo risuonare. Quindi chi si riflette in Narciso si innamora, si inna- L’incontro mancato tra Eco e Narciso è, dunque, costru- mora del proprio piacere, cioè di sé. Narciso, invece, è ito sulla incompletezza. Incompletezza del vedere e del indifferente all’amore, indifferente all’alterità; pura su- parlare. Eco guarda, ma non è vista. Narciso interroga perficie riflettente che non si specchia in nessuno. a voce alta lo spazio circostante, ma non vede. Alle sue Tra le innamorate c’è anche Eco, una ninfa che non po- parole Eco non può rispondere se non con suoni. teva parlare liberamente, ma solo ripetere gli ultimi suo- La ninfa, però, a un certo punto, sembra piegare il de- ni che udiva. La triste condanna era dovuta a Giunone stino a esprimere il suo desiderio (vv. 387 ss): ripetendo che l’aveva così punita poiché la ninfa, con i suoi lunghi le parole di Narciso, sembra dire cose diverse rispetto a discorsi, l’aveva distratta, consentendo a Zeus di porta- quelle dell’amato. re a compimento amori furtivi con le ninfe. La trasfor- Per esempio, l’huc coeamus di Narciso è un generico mazione è connessa con la natura di Eco. «Il binomio invito all’incontro rivolto alla presenza misteriosa na- colpa-punizione funziona come esplicitazione della na- scosta nella vegetazione. Ma ripetuto nella forma senza tura specifica della ninfa – vocalis nymphe, re-sonabilis locativo (coeamus) significa “che possiamo (congiunti- Echo. Poiché la sua voce, il “potere della sua lingua”, vo esortativo) avere un rapporto sessuale”. era stata la causa di un inganno perpetrato ai danni Gioco di significati reso possibile dalla doppia accezio- della dea, quella stessa potestas doveva essere colpita, ne del verbo coire, da cui il valore equivoco. di quella vox, che si era espressa longo sermone, ella Oppure al v. 392 (Ante… emoriar, quam sit tibi copia avrebbe fatto brevissimus usus: re-duplicando i suoni e nostri) il congiuntivo ottativo ha valore deprecativo, ma, ri-portando le parole ascoltate»6. nella ripetizione parziale, si trasforma in ottativa deside- Invaghitasi di Narciso, Eco gli si offre, tenta di abbrac- rativa (sit tibi copia nostri)7. ciarlo, ma è bruscamente respinta. Alla fine disperata, Un modo (un sofferto tentativo?) di piegare il destino si lascerà consumare nelle grotte dei monti diventando alla propria volontà o pura casualità? uno scheletro pietrificato. Di lei rimarrà la voce senza Il rifiuto, poi, la induce a rinunciare a esistere come cor- corpo che ancora oggi ripete tra le rocce gli ultimi suoni po ed Eco si rinchiude nel sonoro, perdendo i suoi tratti che sente. Ma a questo punto del racconto ovidiano Eco visivi. Narciso rimane circoscritto alla dimensione del è ancora un corpo. visivo; Eco alla dimensione del sonoro. Il dialogo e l’in- La ninfa è come Narciso. Entrambi sono specchio: Nar- contro sono impossibili. ciso riflette le immagini, Eco le parole.

perstat et alternae deceptus imagine vocis 6. U. Curi, Endiadi, Feltrinelli, Milano 2000, p. 80. «huc coeamus» ait, nullique libentius umquam 7. Cfr. G.L. Grassigli, Parole fragili, parole silenziose. Tre incontri ovidiani, responsura sono «coeamus» rettulit Echo «Medea», I, 1 (2015), pp. 7-11, Url: http://dx.doi.org/10.13125/medea-1834).

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I destini di Eco e Narciso sono paralleli come rivela anche – lo si vedrà – la consunzione finale dei loro corpi8. Ma sono paralleli anche perché senza possibilità d’incontro.

Narciso si invaghisce di un’immagine Inizia la seconda fase: Narciso riceve giusta punizione da Nemesi, la dea della vendetta, invocata da uno degli amanti dopo l’ennesimo rifiuto.

inde manus aliquis despectus ad aethera tollens «sic amet ipse licet, sic non potiatur amato!» dixerat: adsensit precibus Rhamnusia iustis. (vv. 405-407)

Finché una vittima del suo disprezzo non levò al cielo le mani: «Che possa innamorarsi anche lui e non possedere chi ama!». Così disse, e la dea di Ramnunte assentì a quella giusta preghiera.

Per intervento della dea, il giovane, giunto a una fonte Nicolas Poussin, Regno di Flora (1631), Gemäldegalerie, Dresda solitaria, per dissetarsi dopo la caccia, scambia la propria immagine riflessa nell’acqua per un bellissimo fanciullo «Quoque magis doleam, nec nos mare separat ingens del quale s’innamora. Narciso si invaghisce della forma nec via nec montes nec clausis moenia portis; riflessa. Si sdraia per bere e da lì non si muove più. exigua prohibemur aqua! cupit ipse teneri: Quando contempla l’immagine nella fonte, Narciso vede nam quotiens liquidis porreximus oscula lymphis, in essa l’oggetto che porta alla luce il suo desiderio di hic totiens ad me resupino nititur ore. appagamento fisico. Cioè vede se stesso senza sapere posse putes tangi: minimum est, quod amantibus obstat. (vv. 447-454) che il volto riflesso è proprio il suo. La sua immagine, che prima aveva suscitato il desiderio altrui, ora suscita Mi piace, lo vedo; ma ciò che vedo e che mi piace anche in lui lo stesso desiderio. non riesco a raggiungerlo: tanto mi confonde amore. Naturalmente l’immagine (che sembra corpo, ma è solo «E a mio maggior dolore, non ci separa l’immensità del mare, riflesso) non può rispondere alle sue parole. Essa ha, nei o strade, monti, bastioni con le porte sbarrate: confronti di Narciso, lo stesso ruolo che Narciso ha avu- un velo d’acqua ci divide! E lui, sì, vorrebbe donarsi: to con Eco e gli altri amanti. ogni volta che accosto i miei baci allo specchio d’acqua, Come era accaduto per Eco, anche in questo caso pare, verso di me ogni volta si protende offrendomi la bocca. Diresti che si può toccare; un nulla, sì, si oppone al nostro amore. per un attimo, che il destino possa essere forzato: come la ninfa sembrava piegare le parole altrui a esprimere Narciso avverte la vicinanza dell’oggetto dell’amore, ma il proprio desiderio, così, quando Narciso piange, le la- non può raggiungerlo. Ad aumentare la disperazione la crime increspano l’acqua e sembra che anche il riflesso consapevolezza che tra lui e l’amato non si frappone che pianga (vv. 460-461). un sottilissimo velo d’acqua. Gli viene dato di vedere In realtà Narciso dialoga con uno specchio, e la risposta l’oggetto dell’appagamento, ma questo scompare quan- è solo… eco (e il cerchio si chiude). Insomma, il rapporto do cerca di stringerlo. fra Narciso e la sua immagine è uguale a quello fra Eco e Se questo è il destino di Narciso, si capisce perché ne sia Narciso. Il riflesso è pura immagine, come Narciso ave- responsabile non il dio dell’amore, come in Conone, ma va deliberatamente deciso di essere nei confronti di Eco. la terribile Nemesi, la dea della vendetta, la dea che, in Quindi Narciso, fin da subito, si innamora di ciò che gli Ovidio, risponde alle giuste suppliche, la dea detta anche assomiglia perfettamente. E a questo punto scatta l’im- Adrasteia, “colei contro la quale non c’è niente da fare”. possibile. Ma le ragioni dell’impossibilità egli ancora Narciso è punito per non aver ricambiato l’amore, per non le conosce. Avverte solo la frustrazione del deside- non aver amato. rio inappagato.

Et placet et video; sed quod videoque placetque, 8. L’idea della riflessività visiva e riflessività vocale e dell’accostamento non tamen invenio’--tantus tenet error amantem-- Narciso-Eco è frutto dell’originalità inventiva di Ovidio. Cfr. M. Bettini – E.Pellizer, Il mito di Narciso, cit. p. 61.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 71 Percorsi Didattici

John William Waterhouse, Eco e Narciso (1903), Walker Art Gallery, Liverpool

spectat humi positus geminum, sua lumina, sidus l’immagine che sembra corpo, e l’immagine, in quanto […] riflesso, ami Narciso: in realtà la forma verbale recipro- cunctaque miratur, quibus est mirabilis ipse: ca “loro si amano” – nel senso che uno ama l’altro – cede se cupit inprudens et, qui probat, ipse probatur, alla forma riflessiva “loro si amano” – nel senso che cia- dumque petit, petitur, pariterque accendit et ardet. inrita fallaci quotiens dedit oscula fonti, scuno di loro ama se stesso –. E addirittura il plurale in mediis quotiens visum captantia collum equivale a un singolare, il “loro” è in realtà un “lui”). bracchia mersit aquis nec se deprendit in illis! Ogni logica del reciproco finisce nell’assurdo e il termi- quid videat, nescit; sed quod videt, uritur illo, ne di chiusura error sancisce l’impossibilità per Narciso atque oculos idem, qui decipit, incitat error. di possedere l’oggetto dell’amore perché tale oggetto è (vv. 421, 425-432) in realtà il soggetto stesso. Disteso a terra, contempla quelle due stelle che sono i suoi occhi, Si sta compiendo la terribile punizione di Nemesi. […] e tutto quanto ammira è ciò che rende lui meraviglioso. Desidera, ignorandolo, se stesso, amante e oggetto amato, Narciso si riconosce mentre brama, si brama, e insieme accende ed arde. Siamo al terzo momento: Quante volte lancia inutili baci alla finzione della fonte! Quante volte immerge in acqua le braccia per gettarle […] Iste ego sum: sensi, nec me mea fallit imago; intorno al collo che vede e che in acqua non si afferra! uror amore mei: flammas moveoque feroque. Ignora ciò che vede, ma quel che vede l’infiamma quid faciam? roger anne rogem? quid deinde rogabo? e proprio l’illusione che l’inganna eccita i suoi occhi. quod cupio mecum est: inopem me copia fecit. o utinam a nostro secedere corpore possem! L’episodio è costruito sui termini della visualità e votum in amante novum, vellem, quod amamus, abesset. iamque dolor vires adimit, nec tempora vitae dell’inganno (spectat, lumina… quid videat nescit, er- longa meae superant, primoque exstinguor in aevo. ror), con effetti d’eco, e sull’intreccio delle diatesi verba- nec mihi mors gravis est posituro morte dolores, li: attivo e passivo coincidono (petit, petitur, “desidera” hic, qui diligitur, vellem diuturnior esset; equivale a “ è desiderato”) e si ha lo schiacciamento del nunc duo concordes anima moriemur in una». reciproco nel riflessivo (sembra infatti che Narciso ami (vv. 464-474)

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Salvador Dalì, La metamorfosi di Narciso (1936-1937), Tate Gallery, Londra

[…] Io, sono io! l’ho capito, l’immagine mia non m’inganna più! cuno”. Di un soggetto per un oggetto. Ma nel caso di Per me stesso brucio d’amore, accendo e subisco la fiamma! Narciso c’è solo il soggetto. Ecco perché poco dopo egli Che fare? Essere implorato o implorare? E poi cosa implorare? urlerà «Vellem, quod amamus abesset» (v. 469). Vorreb- Ciò che desidero è in me: un tesoro che mi rende impotente. be che l’oggetto dell’amore si allontanasse dal soggetto, Oh potessi staccarmi dal mio corpo! Voto inaudito per gli amanti: voler distante chi amiamo! diventando appunto oggetto vero e proprio, altrimenti Ormai il dolore mi toglie le forze, e non mi resta egli non può amare. Desidera allontanare ciò che ama da vivere più di tanto: mi spengo nel fiore degli anni. per poterlo avere (un paradosso). Una separazione cer- No, grave non mi è la morte, se con lei avrà fine il mio dolore; to c’è («exigua prohibemur aqua»), ma è sottilissima solo vorrei che vivesse più a lungo lui, che tanto ho caro. («minimum est quod amantibus obstat»). E purtroppo il Ma, il cuore unito in un’anima sola, noi due ora moriremo». minimum è troppo poco e quindi troppo grande. Una di- stanza minima equivale a un ostacolo insuperabile. Una «Iste ego sum». Dopo inutili tentativi di toccare la fi- grande, invece, è superabile9. gura riflessa nella fonte, Narciso capisce di essersi in- La vendetta di Nemesi, dunque, non avviene solo per ana- gannato e di amare la propria immagine. Ma dall’amore logia con la colpa, ma è più radicale: getta Narciso diretta- non si può più recedere, il suo desiderio non cambia: non mente nell’assurdo e nella follia connessi con la sua colpa. può che continuare ad amare anche dopo aver capito che Tutto avviene nella mente dell’eroe, in cui si intrecciano l’immagine è sua. desiderio di incontro, passione e senso di impotenza. Ora comprende perché l’oggetto dell’amore era così vi- cino, ma imprendibile. Luigi Tonoli L’identità abolisce la distanza e la troppa vicinanza im- Liceo Leonardo, Brescia pedisce l’amore (v. 474). Potremmo dire (come Platone nel Simposio) che “amo- re” è sempre “amore di”, cioè “amore per qualcosa/qual- 9. Giovanni Bottiroli, Narciso senza specchio, cit. p. 2.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 73 Percorsi Didattici La grammatica delle valenze Paola Bianchi

Poco esplorato in tutte le sue possibilità, lo studio della grammatica italiana secondo il modello valenziale costituisce una potenziale alternativa all’approccio tradizionale.

annoso e discusso problema del “fare gramma- elementi facoltativi che arricchiscono l’informazione tica in classe” presenta un risvolto significativo fornita dal verbo e dai suoi argomenti, comportandosi L’ rispetto alla scelta del modello grammaticale come la scenografia della frase messa in atto. da proporre alla riflessione scolastica. La linguistica del Ci sono verbi che non presuppongono la presenza di al- ‘900 ha prodotto in proposito una serie di modelli teo- cun attore come: NEVICARE, FARE FREDDO, TUO- rici e descrittivi che hanno avuto il merito di ampliare NARE (verbi zerovalenti); altri, detti monovalenti, che le conoscenze sulle lingue umane e di configurare la richiedono sempre il soggetto che dà loro il numero linguistica stessa come disciplina autonoma, oltre che (ABBAIARE, NASCERE, SPLENDERE); altri ancora di chiarire cosa sia il linguaggio umano e come esso si bivalenti transitivi e intransitivi (MANGIARE, PAR- strutturi. TIRE, INVENTARE, LEGGERE, CIRCONDARE) che necessitano sia del soggetto, sia del complemento Alcuni fondamenti oggetto o di un complemento retto da preposizione; i Il modello valenziale del linguista francese Lucien Te- trivalenti transitivi che prevedono anche il complemento snière (1893-1954) costituisce una delle acquisizioni del di termine (DARE, RESTITUIRE, INVIARE) e i triva- grande sforzo di ricerca della linguistica moderna1. Esso lenti intransitivi che coincidono con verbi di moto come: trova la sua applicazione privilegiata nell’osservazione ANDARE, SALIRE, RECARSI, CADERE. Infine ver- della frase come struttura sintattica, cioè come sistema bi come TRASPORTARE o TRADURRE si definisco- di parti legate tra loro da nessi sintattici il cui motore no tetravalenti, perché necessitano di quattro argomenti: è il verbo. In questa prospettiva una frase minima non soggetto, oggetto e due complementi indiretti. è costituita dal soggetto e dal predicato come general- Alcuni schemi sintetizzano in maniera evidente il sistema mente la si definisce, ma dagli elementi necessariamen- di Tesnière presentato qui nelle sue linee generalissime2: te richiesti dal verbo che compare nella frase: predicato e complementi necessari a saturare le valenze del verbo. VERBO ZEROVALENTE È TARDI Si è soliti ricorrere alla metafora del teatro per spiegare (senza argomenti) il concetto di valenza: il verbo è una sorta di piccolo dramma che richiede, chiamandoli a sé, un certo nume- ro di attori perché l’azione si attui. VERBO MONOVALENTE Così, ad esempio, sono frasi minime STA PIOVENDO (1 argomento soggetto + IN CIELO BRILLANO 1 circostanziale) o FA CALDO, ma non: LA BORSA APPARTIENE o LE STELLE QUEI TIPI SEMBRANO. Perché esse abbiano senso compiuto si deve aggiungere del materiale lessicale, de- gli attori appunto, che occupino tutte le posizioni sintat- tiche richieste dai verbi. E infatti: LA BORSA APPAR- TIENE A MIA SORELLA e QUEI TIPI SEMBRANO 1. L. Tesnière cominciò intorno agli anni ’30 a lavorare a una prima organica DEI FURFANTI sono ora frasi accettabili, perché sono sistemazione del suo modello, partendo dalla didattica del latino che ricono- state completate con le valenze o argomenti necessari sce la centralità del verbo. I frutti di tale ricerca furono pubblicati postumi alla realizzazione dell’azione verbale. Tesnière chia- nel 1959 con il titolo di Eléments de syntaxe structurale; la traduzione ita- liana è: L. Tesnière, Elementi di sintassi strutturale, tr. it. G. Proverbio – A. ma attanti: il soggetto, il complemento oggetto, quello Trocini Cerrina (a cura di), Rosenberg & Sellier, Torino 2002. di termine, i predicativi, cioè i completamenti richiesti 2. Si fa riferimento alla rappresentazione grafica elaborata nel capitolo sul- la verbo-dipendenza dalle autrici del testo: D. Notarbartolo, D. Graffigna, dalla semantica del verbo. Sono invece circostanziali gli Grammatica Nuova, Bulgarini, Firenze 2010, pp. 150-157.

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Implicazioni didattiche VERBO BIVALENTE IL NONNO Ora che si sono individuati i singoli elementi fondamen- TRANSITIVO PER IL tali del sistema valenziale, si può ben capire che esso (1 argomento soggetto + TAGLIA CAMINO 1 argomento diretto + porta lo studente a scoprire le funzioni delle parole nel- LA LEGNA 1 circostanziale) la frase e non propone solo un riconoscimento di va- lori semantici tra i numerosi complementi dell’analisi tradizionale. Distinguendo tra complementi necessari (argomenti) e complementi facoltativi (circostanze), la VERBO TRIVALENTE LA FUNICOLARE grammatica delle valenze elimina lunghe tassonomie INTRANSITIVO (1 argomento soggetto + SCENDE e alcune incongruenze (ad esempio: complemento di 2 argomenti diretti) DA BRUNATE A COMO moto da luogo/complemento di provenienza; apposizio- ne/denominazione) che mettono in crisi molti dei nostri studenti, in particolare tutti coloro con difficoltà di me- VERBO TETRAVALENTE morizzazione, come gli alunni dislessici. Essi traggono (1 argomento soggetto + 1 argomento diretto + 2 argomenti indiretti) vantaggio più di altri anche dalla rappresentazione se- In quest’ultimo caso nel riquadro verde è evidenziato il complemento condo schemi grafici a colori, che li aiuta nello sforzo del nome che, unito al nome, costituisce un sintagma unico. di penetrare nel meccanismo della frase, privilegiando L’INTERPRETE uno stile globale e visuale piuttosto che uno sistemati- DALL’ARABO IN ITALIANO co. Dalla tendenza a operare in termini eccessivamente

TRADUCE analitici si passa a individuare i nessi tra le parole e a ri- conoscere il funzionamento degli elementi in una frase. IL DISCORSO ------DELL’AMBASCIATORE Si è educati a una maggiore sensibilità semantica, per- ché gli studenti acquisiscono il criterio dell’osservazione della posizione delle parole e sono condotti a riflettere su come ognuna di esse sia portatrice di proprietà se- La medesima classificazione di verbi vale in presenza di mantiche che determinano la sua sintassi in combinazio- costruzione passiva: ne con gli altri elementi della frase. È sollecitata anche l’attenzione alle reggenze e ai costrutti preposizionali obbligatoriamente richiesti dai verbi. In molti casi essi LA LEGNA lasciano spazio a dubbi e perplessità, perché in genere PER IL CAMINO È TAGLIATA sono impropriamente definiti sul piano della situazione DAL NONNO comunicativa piuttosto che su quello grammaticale. Concludendo, la grammatica può diventare uno stru- VERBO BIVALENTE TRANSITIVO mento per guardare alla lingua come a un oggetto unitario, a fondamento del processo comunicativo. La consapevolezza sul livello sintattico della lingua (come su quello semantico e lessicale) aiuta lo studente nella costruzione delle sue competenze di comprensione e OGGI SI MANGIA di produzione di testi. Il paradigma della grammatica PESCE tradizionale, ormai consolidato nell’insegnamento sco- lastico, può essere integrato e aggiornato con un’analisi 3 con omissione dell’agente (il cosiddetto “si passivante”). innovativa e condivisa dalla comunità scientifica .

Va precisato anche che uno stesso verbo può avere sche- Paola Bianchi Liceo scientifico G. Galilei, Erba (Co) mi valenziali diversi accompagnandosi a un cambio di significato. Così, ad esempio, DIRE è bivalente nella frase AVETE DETTO LA VERITÀ? (con il significa- to di “pronunciare”) e trivalente nella frase LUIGI GLI 3. Indicazioni bibliografiche: D. Notarbartolo, La padronanza linguistica. Grammatica discorsiva della lingua italiana, Academia Universa Press, s.l. DISSE DI SMETTERLA (con il significato di “ordinare 2011; M.G. Lo Duca, Lingua italiana ed educazione linguistica. Tra storia, qualcosa a qualcuno”). ricerca e didattica, Carocci, Roma 2003; L. Vanelli, Grammatiche dell’i- taliano e linguistica moderna, Unipress, Padova 2010. Si veda anche il sito all’url: http:// www. Notarbartolo.it (insegnare la grammatica oggi)

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 75 Percorsi Didattici Impossibilità matematiche in musica Fabio Bellissima, Maria Silvestrini

Matematica e musica sono abitualmente considerate due discipline indipendenti una dell’altra; il seguente contributo estende il concetto di “scala” da quella diatonica o “per intervalli” a quella “di note” ricorrendo all’aritmetica modulare e ai gruppi finiti.

ggetto della nostra attenzione sarà il fascino del- tra numeri consecutivi è <2, 2, 1, 2, 2, 2, 1> (Figu- le impossibilità, particolarmente di certe impos- ra 2A). La differenza tra due numeri è ciò che tra le Osibilità matematiche dell’ambito modale1. note corrispondenti si chiama intervallo: la distanza 1 corrisponde all’intervallo di semitono (s), la distanza 2 La scala diatonica all’intervallo di tono (t). La sequenza intervallare delle I due esempi più comuni di somma modulo n riguarda- due scale è dunque , ed è questo ciò che no le ore (5 ore dopo le 10 sono le 3; dunque 10 + 5 = hanno in comune tutte le scale del modo maggiore. 3) e le note musicali. Entrambe le somme sono modulo 12, cioè 12 equivale a 0, ed entrambe ricorrono ad una circonferenza dodecapartita, che nel primo caso è il quadrante di un orologio, nel secondo è come in Figura 1. Lo 0 corrisponde a Do, l’1 a Do#, il 2 a Re e così via.

Figura 1

Assumeremo che i suoni associati ad una sequenza di numeri siano ad altezza crescente. Ad esempio, la se- Figura 2 quenza <0, 2, 4, 5, 7, 9, 11> corrisponde alle note , mentre la sequenza <9, 11, 1, Consideriamo invece le sequenze <9, 11, 0, 2, 4, 5, 7> e 2, 4, 6, 8> corrisponde alle note , corrispondenti a . La prima sequenza (semmai ripetendo in Mi, Fa, Sol> e < Fa#, Sol#, La, Si, Do#, Re, Mi>. Tali fondo la nota iniziale nell”ottava superiore) è la scala sequenze rappresentano le scale di La minore e Fa# mi- di Do maggiore, la seconda è la scala di La maggiore. nore. Ciò che le accomuna è la sequenza di differenze L’impiego dello stesso termine “maggiore” denota una proprietà comune alle due sequenze numeriche, che è questa: in entrambi i casi la sequenza delle differenze 1. O. Messiaen, Technique de mon langage musical, 1944.

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<2, 1, 2, 2, 1, 2, 2>, cioè , che è l’elemento ca- delle 12 note. Pertanto, una scala intervallare genera ratterizzante tutte le scale del modo minore (Figura 2B). al più 12·k scale di note. Nel caso della scala diatoni- Ma c’è qualcosa che accomuna tutti e quattro gli esem- ca le 7 possibili linearizzazioni sono tutte diverse tra pi precedenti. Se in Figura 2A prendiamo la circonfe- loro: abbiamo così 7 modi, per complessive 84 scale renza corrispondente alla scala di Do maggiore e ne di note. La musica ecclesiastica medievale li impiegò consideriamo solo i pallini neri, lo schema che otte- tutti tranne uno (Figura 4 in cui, per ciascun modo, niamo, opportunamente ruotato, è perfettamente so- abbiamo anche indicato l’unica scala eseguibile sui ta- vrapponibile allo schema dei pallini neri delle altre tre sti bianchi). Con la fine del Medioevo molti modi pro- scale. Ciò significa che tutte quattro le scale possono gressivamente scomparvero, fino a che ne rimasero in essere ricavate da questo schema, partendo da punti e uso soltanto due: quello ionico, che prese il nome di da note diverse (Figura 3, dove anziché ruotare la cir- maggiore, e quello eolico, che prese il nome di minore. conferenza dei pallini abbiamo ruotato i numeri attor- Un emblema della nuova sistemazione raggiunta è il no ad essa). In effetti, tutte le scale maggiori o minori Clavicembalo ben temperato di Bach, opera formata hanno in comune lo stesso ciclo di intervalli (2, 2, 1, da 24 preludi e fughe, uno per ogni scala dei due modi 2, 2, 2, 1). sopravvissuti.

Figura 3

È importante distinguere tra sequenze e cicli. Le se- quenze hanno un ordinamento lineare: è come disporre Figura 4 gli elementi in fila, per cui si ha, ad esempio, ; i cicli hanno invece un ordina- Scale a trasposizioni limitate mento - appunto - ciclico: è come disporre gli elementi Diversamente da quanto visto per la scala diatonica, su una circonferenza libera di ruotare, per cui (a, b, c) può accadere che un ciclo di k intervalli non produca k = (b, c, a) = (c, a, b). (Nel caso di 3 elementi, l’unico diverse linearizzazioni. Ad esempio, il ciclo intervalla- ciclo diverso da (a, b, c) è (a, c, b) = (c, b, a) = (b, a, c))2. re (2, 1, 1, 2, 1, 1, 2, 1, 1) ammette solo 3 diverse linea- Indicheremo le sequenze tra parentesi acute e i cicli tra rizzazioni: <2, 1, 1, 2, 1, 1, 2, 1, 1>, <1, 1, 2, 1, 1, 2, 1, 1, parentesi tonde. 2> e <1, 2, 1, 1, 2, 1, 1, 2, 1>. La quarta linearizzazione Il ciclo (2, 2, 1, 2, 2, 2, 1), cioè (t, t, s, t, t, t, s), identi- è infatti uguale alla prima, la quinta alla seconda, e fica la cosiddetta scala diatonica. Questo impiego del così via modulo 3. Una tale evenienza non è solo una termine “scala” è diverso dai precedenti. Parlando, ad possibilità matematica ma, a partire dal XX secolo, si esempio, di “scala di Do maggiore” ci siamo riferiti ad è storicamente realizzata nelle cosiddette scale a tra- una sequenza di note; parlando di “scala diatonica” ci sposizioni limitate (nel seguito STL)3. Debussy è stato riferiamo invece ad un ciclo di intervalli. Questa am- il primo a impiegare la scala per toni interi, caratteriz- biguità è radicata nella terminologia musicale; quando zata dal ciclo di intervalli (2, 2, 2, 2, 2, 2), cioè (t, t, t, t, necessario, chiameremo le prime scale di note, le se- t, t). Si tratta chiaramente di un caso estremo: tale sca- conde scale intervallari. la ammette infatti una sola linearizzazione e dunque Come abbiamo visto per i modi maggiore e minore, un solo modo. Tuttavia, l’impiego di scale intervallari il concetto generale di modo è caratterizzato da una aventi un numero di modi minore del numero di in- sequenza di intervalli e pertanto si inserisce tra i con- tervalli è proseguito con Scriabin, Rimsky-Korsakov, cetti di scala intervallare (ciclo di intervalli) e di scala di note (sequenza di note). Un ciclo di k intervalli può 2. n elementi ammettono n! (= n·(n-1)·… ·2·1) ordinamenti lineari ma solo essere linearizzato in al più k modi diversi (ciascuno (n-1)! ordinamenti ciclici. Per n = 3 si hanno dunque 6 (= 3!) sequenze e 2 dei quali, ahinoi, si chiama appunto “modo”), e cia- (= 2!) cicli. 3. Il nome “a trasposizioni limitate” deriva dal fatto che, essendo il numero scuno di questi modi genera 12 scale di note, ottenute dei modi minore di k, il numero delle scale di note, dette anche “scale di tra- applicando la sequenza intervallare a partire da una sposizione”, è minore di 12·k.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 77 Percorsi Didattici

Shönberg, Ravel e Stravinsky, ed è stata il sistematico diversi giudizi che i musicisti hanno espresso riguardo campo di studio di Messiaen. Una delle sue scale corri- alle STL. Per Messiaen i brani che le impiegano «sem- sponde al ciclo (2, 1, 1, 2, 1, 1, 2, 1, 1) visto sopra, che brano pensati in più tonalità alla volta, essendo il com- ha soltanto 3 diverse linearizzazioni e quindi 3 modi positore libero di rendere predominante una delle tona- (Figura 5, la quale non si sviluppa come Figura 4 poi- lità o di lasciare una impressione tonale ondeggiante». ché, diversamente dal caso diatonico, non è possibile Schönberg, al contrario, riteneva che “l’impiego esclu- suonare questi modi sui soli tasti bianchi). sivo di tali scale avrebbe inflaccidito l’espressione, cancellando ogni possibilità di differenziazione”4.

La musica e l’algebra Matematici e musicisti si sono posti il problema di in- dividuare tutte le possibili STL. Da un punto di vista algebrico ne esiste un’elegante caratterizzazione, che richiede qualche nozione di Teoria dei gruppi. Prima di

tutto definiamo formalmente la somma modulo 12 (+12), cui finora ci siamo riferiti in termini intuitivi. Dati due

numeri a e b appartenenti all’insieme ℤ12 = {0, 1, 2, 3,

4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11}, a +12 b è il resto della divisione di

a + b per 12 (ad esempio, 10 +12 5 = 3, essendo 3 il resto Figura 5 della divisione di 15 per 12). a +12 b è dunque il numero che si raggiunge partendo da a e compiendo b passi in L’elemento più significativo che distingue le scale senso orario sulla circonferenza dodecapartita. L’insie- come quella diatonica - che hanno tanti modi quanti me ℤ12 con l’operazione +12 è un gruppo commutativo. intervalli - dalle STL - che ne hanno un numero mi- Ciò significa che: è chiuso rispetto all’operazione (se nore - è che nelle prime, ma non nelle seconde, ogni a, b ∈ ℤ12 allora a +12 b ∈ ℤ12, essendo il resto della di- suono della scala è distinguibile dagli altri facendo ri- visione per 12 compreso tra 0 ed 11); tale operazione è ferimento soltanto al ciclo intervallare, e dunque solo associativa ((a + b) + c = a + (b + c)), commutativa ai rapporti con gli altri suoni della scala. Ad esempio, 12 12 12 12 (a +12 b = b +12 a) e dotata di elemento neutro, che è 0 il suono corrispondente al pallino più in alto del ciclo (a + 0 = a); infine, ogni elemento è dotato di opposto diatonico in Figura 4 è l’unico di tale ciclo a trovarsi 12 (per ogni a esiste un b tale che a +12 b = 0). Un sottoin- dopo un semitono e prima di due toni e un semitono, sieme di un gruppo è un sottogruppo se è a sua volta dove il “prima” e il “dopo” sono riferiti al senso orario; un gruppo rispetto alla stessa operazione. I sottogruppi il suono corrispondente al pallino più a sinistra è l’u- di ℤ12, oltre allo stesso ℤ12 e a {0}, sono H2 = {0, 6}, H3 nico a trovarsi dopo un tono e prima di due toni, e così = {0, 4, 8}, H = {0, 3, 6, 9} e H = {0, 2, 4, 6, 8, 10} (v. via. Viceversa, se consideriamo la precedente scala di 4 6 Figura 6 che rappresenta i sottogruppi di ℤ12). Infine, Messiaen - per non parlare della scala per toni interi di un laterale di un sottogruppo è un sottoinsieme che si Debussy - vediamo che questo tipo di caratterizzazio- ottiene sommando uno stesso elemento del gruppo a ne non è più possibile: ad esempio, il Do, il Mi e il Sol# tutti gli elementi del sottogruppo. I laterali di un sot- della scala togruppo sono a due a due disgiunti e la loro unione è sono indistinguibili riferendosi solo al ciclo (2, 1, 1, 2, tutto il gruppo. Ad esempio, i laterali di H3 sono: H3 1, 1, 2, 1, 1), cioè (t, s, s, t, s, s, t, s, s). Ciò rende i suoni stesso (che si ottiene sommando l’elemento 0), {1, 5, di queste scale musicalmente meno caratterizzabili. 9}, {2, 6, 10} e {3, 7, 11}. Da un punto di vista grafico, Nella musica tonale - stile che ha dominato in occiden- in ℤ12 i laterali si ottengono ruotando la figura corri- te dal ‘600 alla fine dell”800 e che impronta a tutt’oggi spondente al sottogruppo (v. Figura 6B che rappresenta la musica popolare - una nota della scala, la tonica, ha i laterali di H ). un ruolo predominante sulle altre ed è quella che de- 3 termina la tonalità del brano. Orbene, la musica tonale non sarebbe potuta nascere su una STL, proprio per l’impossibilità di distinguere ogni nota dalle altre in 4. A. Schönberg, Harmonielehre, 1922. Tuttavia la sua musica dodecafonica, base agli intervalli interni al ciclo. Questa impossibili- che impiega pariteticamente le 12 note, si basa sul ciclo (1,1,1,1,1,1,1,1,1,1,1,1), tà, che Messiaen definisce “matematica”, è la causa dei che ha un solo modo.

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i suoni di queste scale in base ai soli rapporti interval- lari interni.

Figura 7

Figura 6 La scala diatonica non solo non possiede questo tipo di regolarità ma, per certi versi, la rifugge. Infatti, l’unico Possiamo ora enunciare il teorema di caratterizzazione: poligono regolare ottenibile congiungendo suoi verti- ci è, riferendosi alla scala di Do, il modesto segmento Una scala intervallare è a trasposizioni limitate se e solo se ogni 5-11, cioè l’intervallo Fa-Si, che è un laterale di H . E scala di note da lei generata è costituita dall’unione di uno o più 2 laterali di uno stesso sottogruppo di ℤ12 diverso da {0}. non è tutto. Durante il Medioevo tale intervallo è stato chiamato “diabulus in musica” (non certo per motivi A questo punto le STL si ottengono con un semplice algebrici, ma per la sua difficile intonazione); inoltre algoritmo: (a) Si fa l’unione di un insieme di laterali di la nota Si non aveva un modo suo proprio nel canto gregoriano (v. Fig. 4) né apparteneva all’esacordo di uno stesso sottogruppo (ad esempio H4 ∈ {1, 4, 7, 10}); (b) si dispongono gli elementi in ordine crescente for- Guido d’Arezzo, a cui risalgono i nomi Do – Re – Mi mando così una scala di note (<0, 1, 3, 4, 6, 7, 9, 10>) – Fa – Sol – La. Le note dell’esacordo <0, 2, 4, 5, 7, 9> da cui (c) si estrae il ciclo intervallare che determina sono dunque così lontane dall’essere raggruppabili in una STL ((1, 2, 1, 2, 1, 2, 1, 2)). Occorre considerare rotazioni di uno stesso poligono regolare, che non ne che uno stesso ciclo si può ottenere da insiemi diversi. contengono nemmeno uno. Ciò non significa che la musica medievale e la musi- Il ciclo precedente, oltre che da H4 ∈ {1, 4, 7, 10} si può ottenere, naturalmente, dalle rotazioni di tale insieme ca tonale, sviluppatesi intorno all’esacordo e alla scala diatonica, rifuggano dalla “regolarità”. Significa sem- ({1, 4, 7, 10} ∈ {2, 5, 8, 11} e {2, 5, 8, 11} ∈ H4), ma plicemente che le regolarità geometriche di questo tipo anche dall’insieme H2 ∈ {1, 7} ∈ {3, 9} ∈ {4, 10} e dalle sue rotazioni. Risulta così che le STL (non tutte musi- non sono state tenute in conto. La divisione dell’ottava calmente proponibili!) sono 16: (6, 6), (4, 4, 4), (3, 3, 3, in 12 intervalli esattamente uguali (scala equabile tem- 3), (1, 5, 1, 5), (2, 4, 2, 4), (2, 2, 2, 2, 2, 2), (1, 3, 1, 3, 1, perata) si è imposta sulle altre accordature non prima 3), (1, 4, 1, 1, 4, 1), (1, 2, 3, 1, 2, 3), (1, 3, 2, 1, 3, 2), (1, della metà del ‘700, e l’uso paritetico delle 12 note, ver- 2, 1, 2, 1, 2, 1, 2), (1, 1, 1, 3, 1, 1, 1, 3), (1, 1, 2, 2, 1, 1, 2, so cui la simmetria della circonferenza dodecapartita 2), (1, 1, 2, 1, 1, 2, 1, 1, 2), (1, 1, 1, 1, 2, 1, 1, 1, 1, 2), (1, sembra spingere, è una novità del XX secolo. Ma la 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1). prima descrizione matematica di una scala diatonica, da cui la nostra si discosta in modo minimo, risale ai Nella Figura 7 abbiamo rappresentato, partendo da Do, Pitagorici, nel VI-V secolo a.C.. Il criterio che ne ha i poligoni corrispondenti alla scala diatonica e ad al- presieduto la costruzione è stato, in estrema sintesi, cune STL. Dal confronto emerge che i secondi hanno quello di condensare in un numero ristretto di suoni il una regolarità che il primo non possiede. Ciò accade in maggior numero possibile di consonanze; e le conso- quanto la proprietà algebrica che caratterizza le STL nanze, come scoprirono i Pitagorici stessi, dipendono ha una forte controparte visiva. Poiché i sottogruppi da regolarità numeriche ben diverse da quelle che ab- biamo considerato in questo articolo. Per uno sguar- di ℤ12 diversi da {0} e i loro laterali corrispondono a tutti e soli i poligoni regolari ottenibili congiungendo do su queste antiche regolarità rimandiamo al numero vertici della circonferenza dodecapartita (consideran- 9-2016 di questa rivista e, eventualmente, a qualche do come poligono regolare di due lati ogni segmento prossimo numero. passante per il centro), le STL sono le uniche scale ad Fabio Bellissima essere generate da un poligono regolare e sue even- DIISM, Università degli Studi di Siena tuali rotazioni. A questa regolarità visiva corrisponde poi un’analoga regolarità sonora, che è proprio quella Maria Silvestrini che rende “matematicamente impossibile” distinguere Accademia internazionale di musica di Arezzo (D.I.M.A.)

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 79 Percorsi Didattici La partita doppia come sviluppo di competenze più semplici Diego Lana

Nell’articolo che segue si propone un modo diverso di avviare gli studenti alle rilevazioni in p artita doppia, un modo più orientato all’apprendimento che all’insegnamento.

a proposta didattica presentata di seguito, spe- 1) operazioni, variazioni finanziarie, variazioni econo- rimentata con successo per diversi anni, nasce miche; Ldalla verifica delle difficoltà che molti studenti 2) operazioni, variazioni finanziarie, variazioni econo- incontrano quando non si riduce in fasi il processo at- miche, conti interessati; traverso cui si arriva alla rilevazione in partita doppia, 3) operazioni, variazioni finanziarie, variazioni econo- in particolare quando si ritiene di non dare prioritario miche, conti interessati, chiusura in bilancio. e separato rilievo al momento logico dell’analisi delle Dati dell’insegnante per la redazione della tabella di cui operazioni e si pretende di affrontarlo assieme a quello al punto 1): le operazioni da analizzare ed un elenco com- tecnico della sistemazione dei valori nei conti. pleto delle possibili variazioni economiche e finanziarie; È noto che saper fare le scritture contabili in partita dop- prestazione richiesta: completare le tabelle scegliendo le pia e sapere comprendere il loro significato è una compe- variazioni appropriate; numero delle tabelle: quelle ne- tenza1. È pure noto che le competenze possono acquisirsi cessarie per verificare l’avvenuta acquisizione della capa- a diversi livelli, iniziale intermedio e finale, tanto che una cità di analisi da parte di tutti gli studenti. competenza finale può considerarsi come sviluppo gra- Dati dell’insegnante per la redazione della tabella di cui duale di una competenza più semplice o, se si vuole, una al punto 2): le operazioni da analizzare ed un elenco dei integrazione successiva di una competenza più semplice2. possibili conti interessati dalle variazioni con qualche Ciò detto, ammettendo che uno studente del corso Am- distrattore; prestazione richiesta: completare le tabelle ministrazione, Finanza e Marketing debba apprendere la con l’integrazione della indicazione dei conti in cui si logica e la tecnica della partita doppia , saper tenere cor- verificano le variazioni. rettamente il libro-giornale ed il libro-mastro, nonché Dati dell’insegnante per la redazione della tabella di cui saper fare e saper leggere il bilancio di una piccola azien- al punto 3): le operazioni da analizzare, un elenco dei da mercantile retta in forma individuale3, si può conside- possibili conti interessati dalle variazioni, il criterio con rare il conseguimento di tali obiettivi come il frutto di tre competenze: quella di saper analizzare dal punto di vista economico-finanziario le più comuni operazioni dell’a- 1. La competenza è qui intesa come l’insieme delle conoscenze, abilità ed atteggiamenti che opportunamente coordinati ed affinati sono necessari per zienda sopra indicata, quella di saper riportare nei conti svolgere un compito in modo efficiente ed efficace. (libro-mastro) i valori di esse secondo la loro natura e 2. Se è cosi la competenza finale di uno studente del corso commerciale che quella di saper tenere il libro-giornale secondo la prassi deve fare il contabile si può considerare da un lato come sviluppo graduale della sua competenza nel tenere ad esempio le scritture elementari di un’a- contabile ed in coerenza con il libro-mastro. zienda, la prima nota di cassa , le scritture in partita doppia, il bilancio di una piccola azienda individuale, il bilancio di una società di persone, il bilancio di una società a responsabilità limitata, il bilancio di una società per azioni La prima fase del lavoro: l’analisi, i conti e la ecc. e, dall’altra, come integrazione progressiva della competenza nella tenu- introduzione della chiusura ta della partita semplice, nella tenuta della partita doppia, nella fomazione del La prima fase del lavoro, la più importante secondo l’e- bilancio di un’azienda individuale ecc. 3. Come si vede è molto importare stabilire a quale livello spingere la com- sperienza sperimentata per diversi anni con successo e petenza perché in relazione ad esso è possibile stabilire gli obiettivi, i con- qui riassunta, si può svolgere proponendo allo studente, tenuti, i mezzi ed i metodi, la valutazione. Nel testo si ipotizzano obiettivi ed è questa la principale novità rispetto all’insegnamen- relativamente modesti perché si ritiene che uno dei motivi d’insuccesso del metodo tradizionale d’insegnamento della partita doppia è la mancata deli- to tradizionale, il completamento di apposite tabelle ad mitazione del campo delle scritture e la scarsa attenzione alla visione d’insie- integrazione successiva cosi concepite: me delle scritture nel tempo.

80 Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 Percorsi Didattici il quale distinguere i conti dei profitti e perdite (i conti relativi alle variazioni economiche di esercizio) da quel- li dello stato patrimoniale (tutti gli altri) A questo punto, se gli studenti riescono a completare correttamente le tabelle di cui al punto 3) si può rite- nere acquisita la capacità di analisi delle operazioni di un’azienda mercantile, capacità che è fondamentale per la corretta tenuta del libro-mastro e del libro-giornale secondo la prassi contabile. Non solo, ma si è fornito un criterio logico per la formazione del bilancio a prescin- dere dalla tenuta dei conti in partita doppia. La seconda fase: la registrazione nei conti Raggiunto questo obiettivo si può iniziare il lavoro più ti- pico della partita doppia , ossia quello di riportare i valori delle operazioni dell’azienda di riferimento (quella mer- cantile) nei vari conti tenuti in forma sinottica (mastrini) secondo le regole convenzionalmente accettate, ossia le variazioni finanziarie positive (vfp) nel dare dell’apposito operazioni, si può affrontare il capitolo del bilancio en- conto, le variazioni finanziarie negative (vfn) in avere, le tro i limiti dell’obiettivo prefissato, ossia con riferimento variazioni economiche positive (vep) in avere dell’appo- ad un’azienda individuale di tipo commerciale al primo sito conto e le variazioni economiche negative (ven) in anno di vita, chiedendo lo svolgimento delle scritture di dare. Si può iniziare proponendo di riportare nei mastrini esercizio , affrontando insieme il problema dell’inventa- le operazioni analizzate con le tabelle di cui ai punti 1), rio di esercizio , delle scritture di rettifica e di chiusura 2) e 3) precedenti per poi continuare con esercizi ex novo , dimostrando da una parte il nesso tra le scritture di riguardanti l’analisi di operazioni e la successiva sistema- chiusura dei conti ed il bilancio e dall’altra il nesso tra zione dei relativi valori nei conti relativi. le scritture di chiusura e quelle di riapertura dei conti. Dati dell’insegnante: il testo delle operazioni, un elenco Dati dell’insegnante: il testo di alcune operazioni re- dei possibili conti interessati, lo schema di funzionamen- alizzate da una piccola azienda costituita nel mese di to di un conto finanziario, lo schema di funzionamento dicembre (in modo da giustificare la limitatezza delle di un conto economico, lo schema di un bilancio di veri- operazioni), il piano dei conti da utilizzare (si può fare fica. Prestazione richiesta: il completamento della tabel- riferimento a quello del libro di testo), l’elenco delle ret- la (quando non si parte da una tabella precedentemente tifiche. Prestazione richiesta: presentare, oltre il bilan- completata), la corretta sistemazione dei valori nei con- cio, le registrazioni nel libro-giornale e nel libro-mastro ti, il controllo aritmetico delle registrazioni attraverso il fino alla riapertura dei conti. bilancio di verifica, l’indicazione in quest’ultimo, in una A questo punto, esaurita la procedura necessaria per il apposita finca aggiunta, della chiusura dei diversi conti conseguimento degli obiettivi di cui si è detto all’inizio, nei profitti e perdite e nello stato patrimoniale. il compito dell’insegnante potrebbe ritenersi esaurito a Acquisite le abilità relative a questa ulteriore fase si può meno che non si ritenga opportuno, e l’esperienza dimo- andare oltre proponendo le regole tecniche di tenuta del stra che lo è, il consolidamento di quanto appreso dallo libro-giornale in coerenza con il libro-mastro. studente. In questo caso si può aggiungere una serie di Dati dell’insegnante: il testo di alcune operazioni da esercitazioni complete riguardanti la registrazione in par- registrare complete di dati numerici, un modello di li- tita doppia nel libro-giornale e nel libro-mastro delle ope- bro-giornale e di libro mastro con operazioni già registra- razioni di più periodi amministrativi successivi (anni) di te, un elenco di conti da utilizzare. Prestazione richiesta: una piccola azienda mercantile di tipo individuale com- presentare la tabella di analisi completa, i mastrini con i presi i bilanci. Ciò anche al fine di dare allo studente la valori, il bilancio di verifica, il libro-giornale redatto. visione della continuità delle scritture nel tempo. Il procedimento, che si può dire dell’apprendere facen- Terza fase: l’inventario di esercizio, le do , dà per scontato che nel quadro di un curricolo di rettifiche, la chiusura e la riapertura dei conti tipo ellittico si sia introdotto il concetto di azienda, che Dopo un congruo numero di esercizi di questo tipo, si siano illustrati le fasi di vita di essa (finanziamenti, fatti successivamente senza la tabella di analisi delle investimenti, realizzi), i fenomeni tipici della gestione

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(entrate e uscite finanziarie, costi e ricavi, ecc), le condi- Certo è necessario che tutto ciò che si è detto sia orga- zioni di equilibrio (economico e finanziario), il nesso tra nizzato dall’insegnante che deve preparare il testo delle le fasi predette ed i prospetti del reddito e del capitale, tavole e degli esercizi, presentare i diversi passaggi da che si siano dimostrate l’esigenza delle scritture contabi- un tipo di tavola o di esercizio ad un altro, curare le varie li per ottenere alla fine dell’anno tali prospetti e l’utilità fasi e sotto-fasi successive del procedimento illustrato, della partita doppia nella tenuta delle scritture predette. aiutare lo studente a raccogliere il materiale esplicativo Il procedimento, per sua natura standardizzabile nei in un quaderno a ciò dedicato ma, date le difficoltà che tempi e nelle procedure, si differenzia da quello tradi- molti studenti incontrano nell’acquisizione della partita zionale contenuto in tanti testi, oltre che per il maggiore doppia col metodo tradizionale, si ritiene che valga la tasso di attività dello studente4 , per la scissione in fasi pena di sperimentarlo, eventualmente integrandolo se- del complesso lavoro attraverso il quale si registrano le condo il proprio criterio. operazioni in partita doppia e si redige il bilancio. Im- portante, come si è già accennato, è in particolare la trat- Diego Lana tazione separata e strutturata della fase che è stata detta già titolare di ragioneria e di economia aziendale nelle scuole secondarie superiori di analisi delle operazioni perché da una insufficiente sua acquisizione, come si è già accennato, si ritiene che 4. È interessante considerare che molte delle attività descritte nel testo sono dipendano le difficoltà che molti studenti dimostrano vissute dagli studenti come un gioco divertente e stimolante e ciò non è poco seguendo il procedimento tradizionale. per i contenuti di una disciplina a torto spesso descritta come arida e noiosa.

Esistono infiniti universi? L’ipotesi cosmologica del multiverso dalla filosofia alla scienza (3) Saverio Mauro Tassi

In questo terzo contributo viene analizzata la teoria dell’inflazione, che costituisce un’altra p rova, i nsieme alla teoria qa u ntistica (v. Nuova Secondaria n. 6), a sostegno dell’ipotesi cosmologica del multiverso.

a teoria dell’inflazione nasce da un’anomalia della spaziotemporale che generò il nostro universo, circa versione originaria1 della teoria del Big Bang. Di 380.000 anni più tardi, quando la diminuzione della tem- Lpiù. Questa anomalia emerse – in modo più che peratura permise ai fotoni di separarsi da elettroni e pro- paradossale, beffardo! – dalla scoperta della più significa- toni e di illuminare così lo spazio. tiva prova sperimentale a favore della teoria del Big Bang, La scoperta della CMB è uno dei più clamorosi esempi di quella della CMB (Cosmic Microwave Background, sot- serendipity nella storia della scienza: essa capitò casual- tinteso: radiation), cioè della radiazione cosmica di fondo. mente, e all’inizio del tutto a loro insaputa, a due fisici Una prova di importanza equivalente a quella che i gialli- – Arno Penzias e Robert Wilson – che stavano testando sti chiamano, in riferimento a un caso di omicidio a mano un nuovo modello di antenna di ricezione di microonde armata, “la pistola fumante”. La CMB, infatti, è il “lampo abbagliante” – cioè l’esplosione di energia elettromagne- 1. Si tratta del modello del fisico russo Aleksandr Fridman (1888-1925), il tica, e quindi anche di luce, e al tempo stesso di calore –, cui cognome è translitterato anche Freidman e Friedmann, che risale agli che scaturì dal Big Bang, cioè dall’inizio dell’espansione anni ’20.

82 Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 Percorsi Didattici per conto dell’azienda telefonica Bell. Essi si accorsero allo sviluppo delle equazioni della relatività generale di che la ricezione era disturbata da un rumore di fondo e si Einstein, prevedeva una velocità iniziale di espansione affannarono a eliminarne le possibili cause (ipotizzarono dell’universo enorme, superiore a quella della luce. Tale perfino che una potesse essere lo sterco di piccioni) sen- velocità iniziale si sarebbe mantenuta costante salvo poi za riuscirvi. E non ci sarebbero mai riusciti se altrettanto rallentare gradualmente a causa della forza gravitazio- casualmente, per un passaparola tra fisici, non avessero nale attrattiva e dunque centripeta. saputo che qualcuno, molti anni prima, aveva previsto in Data la stima della velocità iniziale, risultava impossibi- modo del tutto teorico l’esistenza della CMB. le spiegare come avesse fatto l’universo, nei primi istan- Questo qualcuno era il fisico russo, transfugo in USA, ti della sua esistenza, a omogeneizzarsi termicamente. George Gamow, che aveva pubblicato in più di un arti- Infatti l’incredibile temperatura iniziale dell’universo colo la sua previsione già alla fine degli anni ’40. La sua avrebbe dovuto diffondersi in tutte le aree dell’universo scoperta teorica era però stata ignorata dalla comunità ma questo sarebbe stato impossibile dal momento che scientifica tanto che, all’inizio degli anni ’60, Robert la velocità di espansione dello spaziotempo era di gran Dick e Jim Peebles, fisici di Princeton, l’avevano rifatta lunga superiore a 300mila km/s, il limite di velocità del- del tutto indipendentemente credendo in buona fede di la luce e di ogni cosa all’interno dello spaziotempo. Per essere stati i primi. Fu proprio con Peebles che Penzias fare un esempio analogico, sarebbe come se gettassimo e Wilson si misero in contatto nel 1965, scoprendo così un litro di acqua bollente al centro di una vasca circola- che il fischio della loro antenna era la prova sperimen- re abbastanza grande, con acqua a temperatura ambiente tale dell’esistenza della CMB, scoperta che gli valse il (poniamo 20° C), e ipotizzassimo che, dopo un secondo, Nobel nel 1978. la vasca si allargasse e continuasse ad allargarsi a una ve- locità molto superiore a quella di propagazione del calore/ L’anomalia della teoria del Big Bang moto del litro di acqua bollente. È chiaro che ne risulte- Torniamo al punto. Quale anomalia implicava la CMB rebbe che la temperatura dell’acqua della vasca in espan- tale per cui la più importante conferma della teoria del sione non sarebbe uniforme ma decrescerebbe a mano a Big Bang ne costituiva al tempo stesso la più micidiale mano che ci si allontanasse dal centro e che ci sarebbero smentita? Per rispondere a questa domanda dobbiamo aree più vicine ai bordi della vasca che manterrebbero per essere più dettagliati e precisare che la CMB che oggi sempre la temperatura ambiente, dato che non potrebbero osserviamo non è propriamente il “lampo abbagliante” più entrare in contatto con porzioni di acqua più calda. del Big Bang ma il suo residuo (per questo viene anche Si potrebbe obiettare che in tempi lunghissimi, prima o chiamata “radiazione fossile”). Infatti, dall’istante to del poi, i fotoni della CMB di una regione di confine dell’u- nostro universo a oggi sono passati circa 13,7 miliardi di niverso potrebbero raggiungere quella diametralmente anni durante i quali i fotoni (400 milioni in un m3) che opposta. Ma questo sarebbe stato possibile solo se l’e- costituiscono la CMB hanno viaggiato instancabilmen- spansione dello spaziotempo si fosse fermata o aves- te a 300mila km/s circa, diminuendo la loro frequen- se rallentato a velocità inferiori a quella della luce. Ma za di vibrazione, cioè la loro energia, e quindi la loro così non è stato. A questo proposito è utile puntualizzare temperatura. Insomma, dopo quasi 14 miliardi di anni che l’universo che noi possiamo osservare è più piccolo di perenne corsa sfrenata i fotoni della CMB continua- dell’universo esistente, ovvero che ci sono regioni dell’u- no a correre alla stessa velocità ma si indeboliscono (e niverso la cui luce non è mai arrivata e non potrà mai arri- vorrei ben dire!) e si raffreddano. E in misura enorme. vare fino a noi e che le regioni dell’universo ai confini del La misurazione della temperatura della CMB confermò nostro “orizzonte cosmico”2 la cui luce ci raggiunge ora questa predizione teorica, dando come risultato 2,725 K, non potranno mai vedere e far giungere la loro luce alle cioè poco più dello zero assoluto. regioni dell’universo diametralmente opposte rispetto a Ma il punto è che la CMB presenta questa temperatu- noi osservatori terrestri. In altre parole, le aree dell’uni- ra in qualunque direzione venga misurata, cioè in ogni verso al di là del nostro orizzonte cosmico non possono area dell’universo. In altri termini, essa è distribuita in aver interagito tra loro in alcun modo nei 13,7 miliardi di modo omogeneo in tutto l’universo. Per questo motivo, anni successivi al Big Bang e quindi non avrebbero potu- al momento della sua scoperta, la CMB confermò an- to raggiungere un equilibrio termico nemmeno in tempi che il cosiddetto “principio cosmologico”, cioè l’assunto successivi a quelli iniziali del Big Bang. teorico (fino a quel momento) dell’isotropia dell’uni- verso. Ma per questo stesso motivo dalla scoperta del- 2. Il suo diametro è stimato da Greene in circa 82 miliardi di anni-luce: B. la CMB sorse il cosiddetto “enigma dell’orizzonte”. In Greene, La realtà nascosta. Universi paralleli e leggi profonde del cosmo, cosa consiste? La teoria del Big Bang originaria, in base Einaudi, Torino 2012, p. 33.

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fase di rapidissima espansione delle dimensioni dello spa- ziotempo, è stato recuperato il tempo perduto nella prima facendo sì che molte aree dell’universo si allontanassero l’una dall’altra così velocemente da non rendersi più vi- sibili a vicenda, e quindi da non poter più avere alcuna interazione, ma purtuttavia portando con sé la stessa tem- peratura iniziale della CMB.

La causa dell’inflazione: l’energia repulsiva Tuttavia, la teoria inflazionaria non può basarsi solo sulla compatibilità matematica con le equazioni della relatività generale, essa necessita anche di una spiega- zione fisica. In altre parole: cosa provoca l’inflazione? La risposta di Guth & C è: la gravità repulsiva, che già Einstein aveva calcolato matematicamente ma anche spiegato fisicamente. Secondo la teoria generale della relatività di Einstein, infatti, la forza gravitazionale non In conclusione, in base al modello di Fridman della te- è generata solo dalla massa/energia ma anche dalla pres- oria del Big Bang la temperatura della CMB, pur dimi- sione. La pressione può essere positiva quando spinge nuendo nella stessa misura, sarebbe dovuta risultare dif- verso l’esterno (p.e. se si comprime un palloncino) e in ferente da regione a regione dell’universo osservabile. tal caso genera gravità attrattiva; ma può essere anche Invece essa risultava uguale in ogni direzione. Scacco negativa quando tira verso l’interno (p.e. nel caso di un matto alla teoria del Big Bang! elastico teso) e in tal caso genera gravità repulsiva. Einstein, però, aveva stimato una quantità di gravità re- La soluzione dell’enigma dell’orizzonte: pulsiva di gran lunga inferiore a quella necessaria a pro- la teoria dell’inflazione durre l’espansione inflazionaria teorizzata da Guth & C. O almeno così sembrò fino a quando nel 1979 il fisico Ma allora cosa può produrne l’enorme quantità indispen- Alan Guth gettò le basi della “teoria inflazionaria”, di- sabile? La risposta è: un campo quantistico. In questo mostrando che si trattava di uno scacco tutt’altro che modo la teoria inflazionaria si connette non solo alla teo- matto, anzi molto savio, in quanto non solo non distrug- ria della relatività ma anche alla teoria dei quanti, le due geva la teoria del Big Bang ma la rendeva più chiara e grandi teorie fondamentali della fisica contemporanea, la più solida. Sviluppando in modo originale le equazioni prima dei corpi macroscopici, la seconda di quelli micro- della relatività generale, Guth e poi molti altri fisici ne scopici (particelle elementari) che li compongono. Secon- dedussero che l’espansione dello spaziotempo è avve- do la teoria quantistica, l’energia elettromagnetica, nucle- nuta in due tempi, cioè in un primo tempo lentamente are forte e nucleare debole sono campi, cioè porzioni di e in un secondo tempo3 molto velocemente, o meglio: spazio saturi dei rispettivi bosoni, cioè i corpuscoli/onde dapprima a una velocità molto inferiore poi a una velo- quantizzati che producono l’interazione: fotoni, gluoni, cità di gran lunga superiore4 a quella stimata dalla prima bosoni W e Z. Guth ipotizzò che l’inflazione sia prodot- versione della teoria del Big Bang. Il nome “inflazione” ta da un nuovo tipo di campo che denominò “inflatone” (dal latino inflare=gonfiare) è stato scelto proprio in ri- capace di riempire lo spazio non solo di energia uniforme ferimento all’enorme velocità di “gonfiamento” dell’u- niverso nel secondo tempo del Big Bang. 3. Un tempo inimmaginabilmente piccolo: 10-35 secondi dopo l’inizio del Big Bang. Ceteris paribus, cioè nel pieno rispetto di tutte le altre sti- 4. “In alcune delle versioni più popolari della teoria dell’inflazione, la massa me della teoria originaria del Big Bang, il nuovo modello raddoppierebbe più o meno ogni 10 trilionesimi di un trilionesimo di un qua- inflazionario risolveva l’enigma dell’orizzonte cosmico, drilionesimo (10-38) di secondo, e dovrebbe farlo 260 volte per creare tutta la massa dell’Universo osservabile. Questo significa che per le scale deitempi ovvero rimuoveva l’anomalia osservativa dell’uniformi- cui siamo abituati, l’intero processo inflazionario, dall’inizio alla fine, po- tà della temperatura della CMB: infatti, esso permette di trebbe essere stato quasi istantaneo: meno di 10-35 secondi, cioè un tempo inferiore a quello impiegato dalla luce a percorrere un trilionesimo delle di- spiegare come nella prima fase lenta del Big Bang la tem- mensioni di un protone” (M. Tegmark, L’universo matematico, Bollati-Borin- peratura si è propagata a una velocità maggiore di quella ghieri, Torino 2014, pp. 122-123). «Il significato è che una regione dello spazio di espansione dello spaziotempo e per un tempo suffi- grande come un pisello diventerebbe più grande dell’universo osservabile in un intervallo di tempo così breve che un batter d’occhi lo supera di un fattore ciente a raggiungere tutte le aree dell’universo in modo da maggiore di un milione di miliardi di miliardi di miliardi» (B. Greene, La renderle termicamente omogenee; mentre, nella seconda realtà nascosta, cit., p. 67).

84 Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 Percorsi Didattici ma anche di pressione negativa uniforme, ossia di genera- possibilità che l’energia/massa sia del tutto uniforme. Le re gravità repulsiva e quindi di espandere lo spaziotempo. fluttuazioni originarie erano dell’ordine dello 0,002% Fece poi una stima dell’energia e della pressione negativa ma questa percentuale minima poi crebbe enormemente dell’inflatone nei primi istanti dell’universo e l’applicò insieme all’universo per effetto della gravità. alle equazioni di Einstein ottenendo come risultato una Ciò potrebbe sembrare in contraddizione con quanto quantità enorme di gravità repulsiva. detto a proposito dell’uniformità della CMB e pertanto inficiare la teoria inflazionaria. In realtà, come vedre- Il problema dell’arresto dell’inflazione mo, ne è la conferma più robusta, in quanto essa preve- Restava tuttavia un problema (e quando mai avviene il de che la temperatura della CMB sia fondamentalmente contrario, almeno nella ricerca scientifica?): le osserva- uniforme (fino alla 3 cifra decimale) ma poi abbia delle zioni del moto di recessione delle galassie attestavano piccole variazioni a seconda delle regioni spaziali. che l’espansione dello spaziotempo non solo non era più inflazionaria ma anzi stava rallentando5, e da alcuni L’inflazione eterna miliardi di anni. Guth teorizzò che il periodo di espan- Veniamo al dunque, ossia alla connessione tra la teoria sione inflazionaria era stato brevissimo e ad esso era dell’inflazione e l’ipotesi cosmologica del multiverso. seguito un nuovo periodo, assai più lungo, di espansione Più esplicitamente: perché il modello inflazionario della lenta e gradualmente rallentata. Ma per sostenere que- teoria del Big Bang potrebbe fornire un ulteriore argo- sta tesi era necessario offrire una spiegazione della fine mento a favore della tesi dell’esistenza del multiverso? dell’inflazione. Impostata da Guth, questa spiegazione La risposta è tanto semplice quanto sorprendente: se fu poi sviluppata dai fisici Linde, Albrecht e Steinhardt. è vero che localmente l’inflatone decade, è altrettanto Secondo il modello da loro elaborato, l’energia dell’in- vero che globalmente mantiene la sua energia, ossia che flatone aumenta fino ad attestarsi su una certa quantità l’espansione inflazionaria è inarrestabile e permanente. massima, che dà luogo all’espansione inflazionaria, ma Almeno questo è quanto ha scoperto il fisico Aleksandr in tal modo rilascia energia potenziale decadendo, cioè Vilenkin sviluppando una versione del modello infla- dissipando la propria energia inflazionaria e quindi po- zionario, ovvero della configurazione dell’inflatone, se- nendo fine all’espansione. guito poi dallo stesso Linde e da altri fisici, tanto che la Questo processo è esemplificato in modo analogico im- maggior parte delle versioni attuali della teoria dell’in- maginando uno sciatore che prima raggiunge con uno flazione ingloba la tesi dell’inflazione eterna (la deno- ski-lift il punto più alto di una pista, acquisendo energia minazione si deve a Linde). Come viene argomentata? potenziale, salvo poi cominciare a scendere a valle dissi- Il punto di partenza è sempre la natura indeterminata pando la propria energia potenziale e trasformandola in dell’inflatone in quanto campo quantistico e la sua con- energia cinetica. Cosa corrisponde nell’effettivo deca- seguente agitazione quantistica. Questa differenzia lo dimento inflazionario all’energia cinetica dell’esempio spazio in vari “domini” (cioè regioni) ognuno dei quali sciistico? La produzione di un immenso spaziotempo possiede un diverso valore di energia. Di conseguenza, pieno di energia/massa, cioè di particelle elementari, i domini i cui valori di energia decrescono decadono di- atomi, stelle, pianeti, galassie, che a loro volta produ- minuendo la spazio permeato dall’inflatone ma dando cono la gravitazione attrattiva che rallenta progressiva- luogo a universi simili al nostro; quelli in cui i valori mente l’espansione dello spaziotempo6. di energia permangono elevati si ingrandiscono produ- Ma per spiegare la genesi delle galassie occorre aggiun- cendo l’espansione dello spazio permeato dall’inflatone. gere un altro tassello: la rottura della simmetria, ovvero Greene per illustrarlo ricorre all’analogia di una forma una minima differenza nella distribuzione dell’energia/ di gruviera: i buchi sono gli universi che si sono forma- massa, degli addensamenti, da un lato, e delle rarefa- ti in seguito al decadimento dell’energia inflazionaria e zioni dall’altro. Una simmetria perfetta, cioè una com- pleta omogeneità, infatti, non avrebbe reso possibile la differenziazione che sta alla base del nostro universo. 5. La teoria dell’inflazione risale agli anni ’80, dunque prima del ribalta- mento avvenuto nel 1998. Vedi nota successiva. Ma proprio perché incardinata sulla teoria quantistica, 6. L’inflazione tuttavia non è finita. Nel 1998 accurate misurazioni astrono- la teoria inflazionaria è stata in grado di risolvere an- miche hanno appurato che l’espansione dello spaziotempo è entrata in una che questo problema. Come hanno dimostrato i fisici nuova fase di accelerazione, dovuta all’“energia oscura” fonte di gravità re- pulsiva, stimata a c.ca il 70% dell’energia/massa totale dell’universo. Ma si russi Gennady Chibisov e Viatcheslav Mukhanov, allo tratta di una fase di espansione inferiore a quella del Big Bang: le dimensioni stesso modo di ogni campo quantistico, anche l’infla- dell’universo anziché raddoppiare ogni secondo, anzi un po’ meno, raddop- piano solo (!) ogni 8 miliardi di anni. In ogni caso la scoperta del 1998 ha tone è soggetto a minuscole fluttuazioni. Il principio corroborato ulteriormente la teoria dell’inflazione. di indeterminazione di Heisenberg, infatti, esclude la 7. B. Greene, La realtà nascosta, cit., pp. 71-72.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 85 Percorsi Didattici alla sua conversione in energia/massa ordinaria e quin- soluzione del “problema dell’orizzonte”, la coerenza tra di in galassie, stelle, pianeti; il formaggio è lo spazio l’origine inflazionaria del nostro universo e il fatto che circostante dove l’inflatone non decade e che quindi si in ogni sua regione visibile la misurazione della CMB espande infinitamente, salvo dare luogo a nuovi deca- risulti sempre 2,725 K. Tuttavia, a essere rigorosi, in dimenti e cioè alla formazione di nuovi buchi/universi7. questo caso non si può parlare di tentativo di falsifica- Alex Vilenkin propone, invece, l’analogia dell’acqua in zione, visto che il problema dell’orizzonte fu l’anomalia ebollizione: le bolle che si formano in continuazione della teoria del Big Bang da cui la teoria dell’inflazio- corrispondono alla formazione di nuovi universi – che ne eterna è partita – allo stesso modo in cui l’anoma- lui chiama “vero vuoto” – in seguito al decadimento lia della costanza della velocità della luce fu il punto dell’energia inflazionaria – che lui chiama “falso vuo- di partenza della scoperta della teoria della relatività da to”8 – rappresentata dall’acqua “liscia” in cui si formano parte di Einstein. Eppure proprio da questo assunto, cioè le bolle che però va immaginata in continua espansione proprio in riferimento al cuore della teoria inflaziona- (al contrario di ciò che succede realmente all’acqua in ria, venne ricavata una predizione falsificabile: consi- ebollizione in una pentola che invece diminuisce a causa derando, infatti, che l’inflatone è un campo quantistico dell’evaporazione)9. e che quindi l’inflazione è un fenomeno quantistico, in Il processo di espansione dell’inflatone che estende lo base al principio quantistico di indeterminazione, come spazio esterno agli universi (la polpa del gruviera dell’a- già abbiamo visto, essa doveva presentare delle minime nalogia di Greene) e quello del suo decadimento che ge- fluttuazioni. In altri termini, la temperatura della CMB nera lo spaziotempo e l’energia/massa di ogni singolo doveva variare da regione a regione anche se con de- universo (i buchi del gruviera) sono contrari, ma non gli scarti minimi, dell’ordine dello 0,002%, ossia solo si annullano a vicenda perché il primo prevale sul se- a partire dal terzo decimale di 2,725 K, per esempio: in condo. In altre parole, l’inflatone genera una quantità una data regione proprio 2,725, in una seconda 2,7255, di spazio “esterno” maggiore di quella che gli viene in una terza 2,7245. Nel 1992 il COBE (Cosmic Back- sottratta dall’enucleazione degli universi. Ecco perché ground Explorer), sigla di un satellite della NASA ma l’inflazione è eterna. Essa non può che continuare a cre- anche e soprattutto del team di mille ricercatori che lo scere su se stessa e al contempo a produrre sempre nuovi ha messo a punto, ha scattato la prima “fotografia” ter- universi all’infinito. mica dell’universo neonato11 (a soli 400.000 anni) con- Ma, sic stantibus rebus, allora – concludono all’uni- fermando non solo la stima quantitativa delle variazioni sono Vilenkin, Greene e Tegmark – è plausibile che della temperatura della CMB ma anche la collimanza esista un numero infinito di universi infiniti, ognuno tra le predizioni teoriche relative alla loro distribuzione dei quali, cioè, contiene al suo interno infinite regioni e la loro distribuzione reale. Negli anni seguenti i satel- cosmiche autonome. Universi patchwork10, come li ha liti WMAP (NASA) e Planck (europeo) scattarono foto a chiamati Greene. risoluzione molto più alta confermando in modo ancora più preciso il risultato del COBE. Le prove dell’inflazione: la variazione termica Tuttavia, negli anni più recenti, nuove rilevazioni satel- della CMB litari e nuove analisi di tutti quelli acquisiti sembrano Certo, ma solo se le cose stanno effettivamente così. In quanto meno mettere in dubbio la coincidenza tra la altre parole dobbiamo cominciare a verificare se la tesi variazione termica delle regioni dell’universo predetta dell’esistenza del multiverso è oggi ancora solo filosofi- ca o anche scientifica. Come abbiamo appena visto, essa è una conseguenza, ovvero una predizione, della teoria 8. A. Vilenkin, Un solo mondo o infiniti?, Cortina, 2007 (Many Worlds in inflazionaria. Quindi si tratta di verificare se questa è One. The Search for Other Universes, 2006), p. 75 e ss. Premesso che in fisica il vuoto non è il nulla ma un oggetto concreto, il “vero vuoto” è il vuoto scientifica. Secondo gli attuali standard epistemologici, dei campi quantistici a bassa energia del nostro universo, il “falso vuoto” è una teoria è scientifica quando è falsificabile in base a l’inflatone in quanto campo quantistico ad alta energia, ma perciò fortemente controlli sperimentali e tanto più verosimile quanti più instabile e pertanto soggetto primo o poi al decadimento in “vero vuoto”. 9. Ibi, p. 83. tentativi di falsificazione riesce a superare. Come ades- 10. In realtà, il più semplice modello di multiverso, che il fisico Brian Gre- so vedremo, la teoria dell’inflazione ha superato nu- ene ha classificato di livello I e chiamato “multiverso patchwork”, può deri- merosi tentativi di falsificazione sperimentale e indica vare da alcune soluzioni delle equazioni della relatività generale di Einstein. Vi faremo qualche accenno nel corso della nostra trattazione, ma i limiti di ancora ulteriori possibilità di falsificazione in ulteriori spazio ci impediscono di prendere in considerazione anche questa terza via futuri esperimenti. all’ICM. Chi fosse interessato all’argomento può leggere almeno il II capitolo del libro di Greene intitolato La realtà nascosta, Einaudi, 2012. La prima, più significativa prova sperimentale è, come 11. Per questa impresa, nel 2006, i leader della squadra del COBE, George abbiamo anticipato, l’uniformità della CMB, ovvero la Smoot e John Mather, furono insigniti del premio Nobel.

86 Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 Percorsi Didattici dalla teoria dell’inflazione e la variazione termica spe- rimentalmente osservata. La teoria inflazionaria si è così indebolita e alcuni fisici, che inizialmente l’aveva- no promossa, l’hanno abbandonata e addirittura hanno proposto nuove teorie alternative capaci, a loro parere, di spiegare la parziale isotermia dell’universo, cioè di risolvere l’anomalia della teoria del Big Bang. Ripren- deremo e svilupperemo questo cruciale discorso nella parte finale del nostro percorso.

Un’altra conferma dell’inflazione: l’origine del Big Bang Per il momento consideriamo ancora altri punti di for- za della teoria dell’inflazione. Essa, infatti, sembra a tutt’oggi la più quotata candidata per la soluzione del problema del “bang” del Big Bang, ovvero della causa dell’esplosione/espansione che ha dato origine all’uni- verso. La prima versione della teoria del Big Bang, in- più avanti), l’esistenza di queste “increspature” non è fatti, postulava l’esistenza di una “singolarità” – cioè di stata accertata. Quanto alla “piattezza” del nostro uni- un oggetto unico, eccezionale, in quanto infinitamen- verso, sono state proposte, come abbiamo visto, nuove te minuscolo e dotato di una energia/massa di densità teorie che presumono di spiegarla in modo ugualmente infinita – che improvvisamente si sarebbe espansa, ma rigoroso. Dunque sembrerebbe che la teoria dell’infla- senza spiegare né la sua esistenza né la causa della sua zione possa essere giudicata falsificabile e, come tale, espansione. La teoria dell’inflazione, basandosi sulla scientifica, ma non ancora verosimile, o, meglio ancora, teoria quantistica, scarta invece la singolarità, dal mo- più verosimile delle teorie rivali. Addirittura molti fisici mento che il quantismo non permette l’esistenza di qual- non le concedono nemmeno la patente di falsificabili- cosa di infinitamente piccolo, e spiega il Big Bang in tà, ossia di scientificità, sostenendo che essa ammette base all’inflatone, ovvero al processo inflazionario di talmente tante configurazioni dell’inflatone che ce ne raddoppio ripetuto. sarebbe sempre almeno una in grado di schivare le pos- Ancora, la teoria inflazionaria, stimando una maggio- sibili confutazioni sperimentali. In altre parole la teoria re quantità di gravità repulsiva, predice che la densità dell’inflazione sarebbe così vaga e quindi malleabile da della massa/energia dell’universo sia uguale alla den- rendere impossibile la sua falsificazione12. sità critica (Ω=1), ovvero che il nostro universo com- plessivamente è piatto, cioè che lo spazio non è curvo, Inflazione eterna e mondi paralleli sono teorie né positivamente (universo ellittico) né negativamente scientifiche? (universo iperbolico). Tale predizione è stata confermata Non è questa la posizione di Tegmark, che così argo- nel 1998 dalla scoperta della ripresa dell’accelerazione menta la sua convinzione che la teoria dell’inflazione dell’espansione dell’universo, che ha portato a stimare sia scientifica: l’energia oscura, causa di gravità repulsiva, pari a circa il 70% di quella totale, e nel 2000 dal telescopio Boome- Dato che la teoria della relatività generale di Einstein ha pre- rang sensibile alle microonde con un margine di errore visto con esattezza molti fenomeni osservabili, come i detta- inferiore all’1%. gli dell’orbita di Mercurio intorno al Sole, la deflessione della A queste conferme sperimentali se ne aggiungono altre, luce da parte della gravità e il rallentamento gravitazionale p.e. quella relativa all’indice spettrale delle aggregazio- degli orologi, la consideriamo come una teoria scientifica di ni-seme (n), ma anche ulteriori predizioni relative ad successo e prendiamo sul serio anche le sue previsioni per fe- nomeni che non siamo in grado di osservare, come il fatto che altri parametri che devono ancora essere testate. La più lo spazio continui anche dentro l’orizzonte degli eventi e che significativa è quella che riguarda la polarizzazione della (contrariamente a ciò che si riteneva un tempo) in corrispon- CMB, in base alla quale le fluttuazioni quantistiche del denza dell’orizzonte non accade nulla di divertente. Analoga- periodo inflazionario producono onde gravitazionali che mente, le previsioni corrette dell’inflazione […] ne fanno una a loro volta “increspano” la radiazione cosmica di fondo.

Tuttavia, a tutt’oggi, nonostante numerosi tentativi e 12. A. Ijjas - P. G. Steinhardt - A. Loeb, L’universo fa boom, «Le Scienze», perfino un annuncio positivo (poi smentito; i dettagli Aprile 2017.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 87 Percorsi Didattici

teoria scientifica, autorizzandoci a prendere sul serio il resto spigolo ma leggermente inclinata a favore della faccia delle sue previsioni: quelle testabili, come le indicazioni su su cui abbiamo scommesso in modo che ci siano 2/3 di ciò che dovrebbero misurare i prossimi esperimenti sul fondo probabilità che vinciamo la scommessa e 1/3 che la per- cosmico a microonde, e quelle apparentemente non testabili, diamo. Secondo l’interpretazione di Copenaghen, affer- ad esempio l’esistenza di universi paralleli.13 ma Tegmark, ci sarà un unico esito casuale (o vinciamo Ma c’è di più. Secondo i fisici favorevoli alla ICM, la o perdiamo); secondo Everett, ci saranno due universi scientificità della teoria inflazionaria corroborerebbe, paralleli, nel primo vinciamo, nel secondo perdiamo. almeno indirettamente, l’interpretazione a-molti-mondi Tegmark a questo punto assume la tesi che esista il mul- della meccanica quantistica. La teoria dell’inflazione, tiverso di livello I. Essa implica che un’infinità di nostre infatti, risulta incompatibile con l’interpretazione di Co- copie fa la stessa scommessa in altri universi facen- penaghen per il semplice fatto che quest’ultima, come ti parte del nostro multiverso. Calcolando la funzione abbiamo visto, ammette l’esistenza di un solo universo. d’onda in base all’equazione di Schrödinger, Tegmark Ma in base alla teoria quantistica, afferma Vilenkin: ha verificato che, assumendo il collasso della funzione d’onda, ne risulta un multiverso di livello I in cui avremo La cosa che ha maggiori probabilità di comparire dal nulla14 è vinto su 2/3 degli universi e perso su 1/3 di essi; assu- un Universo delle dimensioni della lunghezza di Planck, dove mendo invece l’interpretazione di Everett si ottiene una non potrebbe prodursi alcun effetto tunnel15: un Universo del sovrapposizione quantistica di stati diversi dello spazio genere ricollasserebbe scomparendo immediatamente. La pro- infinito in alcuni dei quali vinciamo e in altri perdiamo. babilità di tunneling a dimensioni maggiori è piccola, e richie- La sorpresa, afferma Tegmark, è che il calcolo matema- de perciò un gran numero di tentativi. Tale concezione sembra tico dimostra che “tutti quegli stati dello spazio si rive- accordarsi unicamente con l’interpretazione di Everett.16 lano indistinguibili gli uni dagli altri”17 e vinceremmo in Dunque il giudizio della comunità scientifica sulla teoria 2/3 dell’infinità degli universi. Una stessa sequenza fini- dell’inflazione e sull’ICM appare alquanto controverso. ta di universi in cui vinciamo e universi in cui perdiamo Affronteremo ora in modo più ampio e approfondito la possiamo rinvenirla in ognuno degli altri stati sovrappo- questione. Ma prima di farlo riteniamo utile acquisire sti. Non c’è la possibilità di uno stato in cui vinciamo in un’ultima ulteriore argomentazione a favore della ICM. ogni universo. Tutti gli stati hanno una sequenza di esiti uguale corrispondente a 2/3 e 1/3. Poiché fino a quando non vediamo l’esito della caduta della carta nel nostro Un’altra possibile soluzione del problema universo non possiamo sapere quale delle nostre tante della misura d’esistenza copie siamo, dobbiamo considerarci una di esse a caso. Infatti, sulla scorta della teoria dell’inflazione, come Sapendo che 2/3 di “noi” vinceranno e 1/3 perderanno, avevamo anticipato, Tegmark ha elaborato una sua so- constatando che la carta è caduta con la figura all’insù luzione del problema di come il determinismo dell’in- non potremo che pensare che l’esito positivo è stato un terpretazione-a-molti-mondi di Everett possa conciliarsi evento casuale con 2/3 di probabilità di accadere. con il probabilismo dell’equazione di Schrödinger, ov- In questo modo, secondo Tegmark, si dimostra non solo vero della funzione d’onda. Rimettiamo a fuoco il pro- che l’interpretazione deterministica di Everett si conci- blema: se la sovrapposizione di stati quantistica attesta lia con il probabilismo dell’equazione di Schrödinger la compresenza di una stessa particella in più universi ma anche che i mondi paralleli coincidono col multiver- paralleli e se in tal modo le diverse posizioni, velocità, so patchwork, in quanto sono copie del tutto identiche. direzioni, spin, e tutti gli stati/proprietà fisici di una par- ticella esistono ognuna in un universo, come si spiega Saverio Mauro Tassi che l’equazione della funzione d’onda calcoli per ogni Liceo scientifico statale “A. Einstein” Milano posizione/proprietà di una particella un grado diverso di probabilità in proporzione al quadrato della sua ampiez- za d’onda? Significa forse – il che sa alquanto di assurdo 13. M. Tegmark, L’Universo matematico, cit., p. 146. – che alcuni universi esistono di meno o di più di altri? 14. Si tratta del “falso vuoto” dell’inflatone: vedi nota 36. (Questa nota è mia.) Tegmark sostiene di aver trovato, in un colpo solo, sia la 15. Per effetto tunnel (o tunneling) si intende in generale la capacità di una particella di attraversare regioni o “superare ostacoli” che, in base alle leggi soluzione di questo problema sia la dimostrazione del- della fisica classica, non potrebbe attraversare o superare. Nella fattispecie la coincidenza dei multiversi di livello I (il multiverso Vilenkin si riferisce alla capacità che il campo quantistico dell’inflatone ol- patchwork) e III (il multiverso quantistico). Vediamo trepassi la barriera che separa il falso vuoto dal vero vuoto, decadendo e dando origine a un nuovo universo. Vedi nota 36. (Nota mia). come. Egli immagina di scommettere sulla faccia vi- 16. A. Vilenkin, Un solo mondo o infiniti?, cit., p. 261. sibile mostrata da una carta posta in bilico su un suo 17. M. Tegmark, L’Universo matematico, cit., p. 253.

88 Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 It inerari d idattici per le l ingue stran iere (a cura di Giovanni Gobber - Università Cattolica, Milano) Sherlock Holmes: the scientist, the artist Andrea Marzocchi

t was not easy for to find a pub- magazine was so strong that Doyle accepted, eight years lisher for his first Sherlock Holmes book,A Study in after The Final Problem, to revive his character in The IScarlet. Three magazines rejected it before Ward, Hound of the Baskervilles. Yet, the readers had not had Lock & Co. offered 25£ for the copyright in 1886; even enough, and The Adventure of the Empty House appea- then, they waited for another year to print it because, red in 1903, with the much awaited explanation of Sher- they said, «the market is flooded at present with cheap lock Holmes’s unexpected return. The short story was fiction»1. The second novel in the canon, The Sign of set in 1894, thus establishing a three-year gap between Four, was commissioned by the Lippincott’s Magazine the reappearance of Sherlock Holmes and his presumed of Philadelphia and was published in 1890. The nov- death in 1891; three years which Holmesians have cal- els enjoyed great popularity in America, but when the led “the great hiatus”. The last two collections in the first short story,A Scandal in Bohemia, appeared in The Sherlock Holmes canon (counting a total of four novels Strand Magazine, it caused a sensation in England: the and fifty-six short stories) were His Last Bow and The world’s first consulting detective became so popular Case-Book of Sherlock Holmes, published respectively with the reading public that whenever a new adventure in 1917 and 1927. was released, the circulation of The Strand increased by Today, Sherlock Holmes is still a landmark in world li- an estimated 100,000 copies. terature, in the popular culture and, thanks to innume- However, while the readers looked forward to the next rable film adaptations, also in the history of cinema and case of the eccentric detective, Doyle wanted to reach hi- television. Over the years, every comma in the canon gher literary summits: like «all the major novelists in the has been analysed by critics and Sherlockians all around nineteenth century - Scott, Dickens, Thackeray, George the globe. This article - a mere atom of water in a limit- Eliot, Hardy among them», he wanted to write historical less ocean - wants to draw attention to the dual nature of fiction; that (and not detective stories) «was considered the consulting detective: Sherlock Holmes the scientist, the proper work of any serious novelist»2. While waiting and Sherlock Holmes the artist. Written throughout the for the publication of A Study in Scarlet, Doyle wrote Mi- late Victorian period, between 1886 and 1927, Doyle’s cah Clarke, an historical novel set during the Monmouth stories reflect both the loud roar of the scientific revo- Rebellion. The book, however, never had the success that lution and the ardour of the aesthetic debate in fin-de- he expected and was published only thanks to its author’s siècle Britain. This article is divided in three parts: the renowned perseverance and determination. first one focuses on Sherlock Holmes’s scientific mind, Doyle soon grew tired of his much celebrated character his use and conception of reason; the second is a short and decided to kill Sherlock Holmes in The Final Pro- survey of issues of Victorian science as they appear in blem, published in December 1893, but set in 1891. After the stories; lastly, this article provides textual evidence two novels and twenty-four short stories, he wanted more to suggest that Sherlock Holmes can rightfully be coun- time to work on other projects and was also running out ted among those real and fictional artists and Aesthetes of ideas for new plots. The reaction of the reading pu- whose eccentricity shook late Victorian England. blic to the death of Sherlock Holmes was immediate and resentful: Doyle received tons of letters of complaint, 1. R. Miller, Enter Sherlock Holmes, in A.C. Doyle, The Sign of Four, Pen- and the sales of The Strand Magazine dropped down guin, London 2014, p. 133. dramatically. The pressure from both the public and the 2. Ibi, p. 138.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 89 Li ngue, culture e letterature

Yet, Watson will soon learn that Holmes’s «little emp- ty attic» is actually more spacious than he might think, and that the «tools which may help» the detective in his work are so many that they can hardly be numbered: in The Valley of Fear, Holmes will say that, actually, «all knowledge comes useful to the detective». After all, when solving criminal mysteries, the detective is dea- ling with as vast a material as it is man itself. In The Sign of Four, while waiting in ambush, Watson spots a group of men coming from work in a yard and Holmes remar- ks: «Dirty-looking rascals, but I suppose everyone has some little immortal spark concealed about him. You would not think it, to look at them. There is no a priori probability about it. A strange enigma is man!». Again, A Case of Identity opens, like most stories, with Holmes and Watson sitting «on either side of the fire» in their Baker Street lodgings. Holmes breaks the silence: «Life is infinitely stranger than anything which the mind of a man could invent. We could not dare to conceive the things which are really mere commonplaces of existen- ce». If one could fly over London and «gently remove the roofs», would find that «the queer things which are going on, the strange coincidences, the plannings, the cross-purposes, the wonderful chain of events» make Sidney Paget, Sherlock Holmes in “The Naval Treaty” «all fiction with its conventionalities and foreseen con- clusions most stale and unprofitable». Sherlock Holmes’s scientific mind So far, two aspects of Sherlock Holmes’s approach to de- tection have emerged. First of all, it is essential for the To discuss Sherlock Holmes’s scientific mind and ap- detective to be well-grounded in those areas of knowled- proach, we must go back to A Study in Scarlet, the first ge that may be of practical help in his work - Holmes has novel in the canon. Dr Watson, who chronicles most studied chemistry, anatomy and geology, and has written of Holmes’s adventures, has just moved in 221b Baker monographs on footprints, coded messages, and cigar Street, one day after making his acquaintance with the ashes, as well as on an array of other topics. On the other detective. To his surprise, Holmes - described in the first pages as a «first-class chemist» and scientific in hand, a truly scientific approach must acknowledge that a way that «approaches cold-bloodedness» - confesses, life «is always far more daring than any effort of the ima- unashamed, his ignorance of the Copernican Theory; he gination» (The Red-Headed League): the detective must is in no way interested in the notion that the earth orbi- then be open to all sorts of «strange effects and extraor- ts around the sun: «Now that I do know, I shall do my dinary combinations», because, as Holmes suggests in A best to forget it». In reply to Watson’s bewilderment, he Study in Scarlet, «one’s ideas must be as broad as Nature explains: «a man’s brain originally is like a little empty if they are to interpret Nature». To Holmes, successful attic», and given the limited “storage room” in our mind, theories are those which account for all the facts and that only a fool would fill it with «all the lumber of every sort encounter the «least resistance» when measured against that he comes across». On the contrary, «the skilful [sic] them (The Empty House), so that, as he says in The Beryl workman is very careful indeed as to what he takes into Coronet, «when you have excluded the impossible, wha- his brain attic, he will have nothing but the tools which tever remains, however improbable, must be the truth». may help him in doing his work, but of these he has a large assortment, and all in the most perfect order». The Issues of Victorian Science time will come when «for every addition of knowledge With the exception of Edgard Allan Poe and the French you forget something that you knew before», and since Emile Gaboriau (both mentioned in the first Sherlock knowledge is functional to one’s own profession, it fol- Holmes novel), Arthur Conan Doyle regarded detective lows that «if we went round the moon it would not make fiction as «nonsense, to put it mildly», because most of a penny-worth of difference to me or to my work». the times, «for getting the solution to the mystery the

90 Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 Iti nerari didattici pre le li ngue s traniere authors depended on some coincidence». Doyle wanted theory in Victorian times and, sadly, it was often used to write detective stories in which the dénouement relied to scientifically support racial discrimination. If Bertil- (rather than on luck, or an unexpected confession) on the lonage had the purpose of identifying recidivists, «phre- protagonist’s «immense fund of exact knowledge» and nology also claimed that the size and shape of the head «previous scientific education»3. In his monograph The could be used to deduce the character traits of a per- Scientific Sherlock Holmes, James O’Brien argues that son»6. The dimensions of one’s brain, for example, were the frequent use of and appeal to science served, in Doy- thought to be an indication of intelligence or - in the le’s stories, precisely this purpose: «Sherlock Holmes’s case of a small skull - of the lack of it. Italian scientist, knowledge of science not only provides fodder for deba- and the father of criminology Cesare Lombroso, whose te among the legions of fans, it also lends credibility to theories were much praised in Britain, ventured even his impressive powers of reasoning»4. When Dr Watson further: he claimed that it was possible to establish a re- is introduced to Sherlock Holmes in A Study in Scar- lation between specific “atavic” features and a so-called let, for example, the detective is engaged in a chemical “born” criminal. His theories were published in 1876 in experiment which could prove to be groundbreaking in the volume L’uomo criminale (Criminal Man). the science of detection. Holmes claims to have devised In the stories of Sherlock Holmes we find recurring refe- «an infallible test for blood stains», thanks to his disco- rences to the shape of the head and nose in the descrip- very of «a re-agent which is precipitated by haemoglo- tions of the characters. The forehead is often mentioned bin, and by nothing else». O’Brien, Professor Emeritus when dealing with people of outstanding intelligence: of Chemistry at Missouri State University, mentions a when in The Final Problem Holmes describes Professor dozen areas of chemistry (from coal-tar derivatives and Moriarty, his arch-enemy and «one of the first brains dyes, to chemical poisons and the study of gemstones) of Europe», he notes that «his forehead domes out in a which Doyle brings up in his stories, and after a care- white curve». On the contrary, in an act of defiance, Mo- ful analysis of his case, he ranks Sherlock Holmes as an riarty’s first words to Holmes are: «You have less fron- “eccentric” chemist; a much less complimentary label tal development than I should have expected», implying than Watson’s “profound”, but still better than Isaac Asi- the superiority of his own intelligence on the basis of mov’s “blundering”5. the shape of his skull. Holmes’s head (and therefore his Although an “eccentric” chemist, it cannot be argued intelligence) is instead praised at the beginning of The that Sherlock Holmes excelled in forensic science. The Hound of the Baskervilles, when Dr James Mortimer stories of Holmes and Watson bear witness to Arthur expresses his wonder for his «dolichocephalic» (mea- Conan Doyle’s wide-ranging literacy in the most up-to- ning elongated) skull and «well-marked supra-orbital date scientific discoveries. A proof of that is Sherlock development». Dr Mortimer even confesses to «covet» Holmes’s mentioning of fingerprints. The use of fin- the detective’s head. Another character whose cunning gerprinting as a valid identification method was being intelligence is notorious, is the blackmailer Charles Au- largely discussed at the time, and when Scotland Yard gustus Milverton, who gives the name to a short story adopted it, in 1901, Doyle had already written three in the collection The Return of Sherlock Holmes. Again, stories in which the uniqueness of each fingerprint was Milverton’s description matches with his fame: he is «a mentioned as a fact. In the late 19th century, the poli- man of fifty, with a large, intellectual head». ce commonly used another method (also mentioned by On the other hand, when the distinguishing trait of a Doyle in his stories), called Bertillonage after his in- character is not his intelligence, but rather his viciou- ventor, the anthropologist Alphonse Bertillon. It was sness and recklessness, the reader’s attention is syste- common practice in France to send recidivist criminals matically drawn to their “beastly” (or perhaps we should to the colonies, but since giving a different name when use the term “atavic”) features. In The Sign of Four, Jo- arrested again was often enough to get away with exile, nathan Small is assisted in his quest for the Agra tre- the French police were in need of a reliable system to asure by a fierce pygmy. In the famous boat chase on unmask them. Bertillon devised a method of identifi- the Thames, Watson gives a physical description of the cation based on body measurements, also known as an- character, who was «a little black man—the smallest thropometry. Britain adopted Bertillonage in 1894 and before fingerprints proved to be more reliable, it enjoyed 3. R.L. Green, The Uncollected Sherlock Holmes, Penguin, London 1983, unrivalled popularity. p. 346. Another branch of anthropology which makes several 4. J. O’Brien, The Scientific Sherlock Holmes. Cracking the Case with Scien- ce & Forensics, Oxford University Press, Oxford 2013, p. xiv. appearances in Doyle’s stories is phrenology. Now clas- 5. Ibi, p. 120. sified as a pseudo-science, phrenology was an accredited 6. Ibi, p. 90.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 91 Li ngue, culture e letterature

I have ever seen—with a great, misshapen head and a the reader small insights into Holmes’s more intimate shock of tangled, disheveled hair». Watson calls him a aspects and since the early stages of their acquaintance «savage, distorted creature», whose «face was enough he notices a «dual nature» in Sherlock Holmes, whose to give a man a sleepless night». Never has he seen «fe- «exactness and astuteness» were a «reaction against the atures so deeply marked with all bestiality and cruelty. poetic and contemplative mood which occasionally pre- His small eyes glowed and burned with a sombre light, dominated in him». and his thick lips were writhed back from his teeth, whi- Sherlock Holmes’s «dual nature» and his flight from the ch grinned and chattered at us with a half animal fury». commonplace cannot be identified simply with the fear In A Study in Scarlet, Watson’s description of Enoch J. of boredom that often haunts the more genial minds; they Drebber, the first victim in the book and a fearless cri- are rather signs of an aesthetic craving which associates minal himself, goes along the same line: Drebber pre- Doyle’s detective with many fin-de-siècle characters, the sents «a low forehead, blunt nose, and a prognathous most outstanding of which are surely Robert Louis Ste- jaw», which give him «a singularly simious and ape-like venson’s Dr Jekyll and Oscar Wilde’s Dorian Gray. «For appearance». Back in Baker Street, Watson makes an Holmes, brilliant crime is “art”», Paul Barolsky wrote in explicit connection between the dead man’s face and his 1984. «Great crimes he considers “masterpieces,” great personality: «if ever human features bespoke vice of the criminals “artists.” His point of view descends from that most malignant type, they were certainly those of Enoch of Thomas De Quincey, who regarded murder among J. Drebber, of Cleveland». the “fine arts,” who belonged to the society known as the “Connoisseurs of Murder”»8. Like an artist in front Sherlock Holmes the artist of his creation, Holmes rejoices in the complexities of a It is shocking to the modern reader to find Holmes, in case and often chuckles with satisfaction in front of his the very first page of The Sign of Four, rolling up his sle- most desperate clients. Not unlike a critic, he sometimes eve and injecting himself with a seven percent solution condemns the decay of the art, as for example in The of cocaine with a hypodermic syringe. Even worse, we Copper Beeches: «the days of the great cases are past. understand through Watson’s words that Holmes usually Man, or at least the criminal man has lost all enterprise takes either morphine or cocaine up to three times a day. and originality». It is true that, as D. F. Musto says, «cocaine as Holmes Sometimes, it is nature that gives him a chance to used it was in accord with the advice of leading phy- express his aesthetic ideal: in The Naval Treaty, while in sicians», and that among such «leading physicians» we the middle of an investigation, Holmes halts to contem- find Sigmund Freud, who wrote several articles (the last plate the flowers in a garden and astonishes his associa- in 1887) in which he spoke favourably of the drug7; Wa- tes by saying that «there is nothing in which deduction tson, however, immediately warns Holmes of the possi- is so necessary as in religion». He explains: ble dangers that drug assumption may have on his fine brain, and in The Adventure of the Missing Three-Quar- Our highest assurance of the goodness of Providence seems ter (1904) he tells us that he has managed to wean Hol- to me to rest in the flowers. All other things, our powers, our desires, our food, are all really necessary for our existence in mes from this habit. the first instance. But this rose is an extra. Its smell and its When enquired by Watson on his drug addiction, Hol- color are an embellishment of life, not a condition of it. It is mes replies that his mind «rebels at stagnation», and only goodness which gives extras, and so I say again that we adds: «I abhor the dull routine of existence. I crave have much to hope from the flowers. for mental exaltation». The detective invites Watson to stand at the window of their apartment and contem- Such an apology of beauty as a “useless” extra echoes plate the «dreary, dismal, unprofitable world» outside; Wilde’s preface to The Picture of Dorian Gray: «The «See how the yellow fog swirls down the street and dri- only excuse for making a useless thing is that one ad- fts across the dun-colored houses. What could be more mires it intensely. All art is quite useless»9. Doyle and hopelessly prosaic and material?». A recurrent word in Wilde had actually met at the Langham Hotel in London the Sherlock Holmes stories is “commonplace”: «cri- in 1899, when the American publisher Joseph Marshall me is commonplace, existence is commonplace, and Stoddard commissioned books from both of them for the no qualities save those which are commonplace have Lippincott’s Magazine (Conan Doyle produced the Sign any function upon earth»; or again, in The Red-Headed of Four, and Oscar Wilde The Picture of Dorian Gray). League: «my life is spent in one long effort to escape from the commonplaces of existence». When documen- 7. D.F. Musto, A Study in Cocaine: Sherlock Holmes and Sigmund Freud, in ting his friend’s adventures, Watson never fails to give «Journal of the American Medical Association», 204 (1), p. 130.

92 Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 Itinerari didattici per le lingue straniere

In a letter to Doyle after the publication of The Sign of Four, Wilde admitted: «my own work lacks those two great qualities that your work possesses in so high a de- gree - the qualities of strength and sincerity». He con- tinued: «Between me and life there is a mist of words always: I throw probability out of the window for the sake of a phrase, and the chance of an epigram makes me desert truth»10. If the writing styles of Arthur Conan Doyle and Oscar Wilde cannot be compared, as Wilde himself says in this letter, it is difficult to deny that Sherlock Holmes’s more eccentric traits recall those of the bohemian, the Aesthete and the wit as popularised by Wilde himself. In The Musgrave Ritual, Watson remarks that Holmes was «one of the most untidy men» in the world, with «his cigars in the coal-scuttle, his tobacco in the toe end of a Persian slipper, and his unanswered correspon- dence transfixed by a jack-knife into the very centre of his wooden mantelpiece». Again, «in one of his queer humors», Holmes uses his pistol «to adorn the opposite wall with a patriotic V. R. done in bullet-pocks». Watson is often irritated by Holmes’s egotism and vanity, and Sidney Paget, Sherlock Holmes in “The Adventure of The more than often he is baffled by his witty remarks. In Greek Interpreter” The Sign of Four, Holmes declares that «there is nothing more unaesthetic than a policeman» and that he has «a natural shrinking from all forms of rough materialism». coherently with his rejection of «rough materialism» Police officers are often the victims of his poignant ton- he never required a large compensation for his servi- gue: «there is no crime to detect - Holmes says in A Stu- ces, accepting or dismissing the cases on the basis of dy in Scarlet - or, at most, some bungling villainy with a «those strange and dramatic qualities which appealed motive so transparent that even a Scotland Yard official to his imagination and challenged his ingenuity». Like can see through it». Other times his humour is addressed most artists, Holmes seeks a dramatic effect in his work: to women, who «are never to be trusted - not the best of when the moment of the dénouement comes, he says in them»; or to love: «an emotional thing, and whatever is The Valley of Fear, «some touch of the artist wells up» emotional is opposed to that true cold reason which I within him «and calls insistently for a well-staged per- place above all things. I shall never marry myself, lest formance». Science on the one hand and drama on the I bias my judgement» (The Sign of Four). Watson him- other, the two souls of Sherlock Holmes are exalted in self is not exempted from such eccentric irony: in The the solution of every case: were it just a matter of ri- Hound of Baskervilles, Holmes nonchalantly addresses gorously scientific deductions, Holmes’s job would be a him as one of those people who «without possessing «drab and sordid one». To him, the aesthetic tension of genius have a remarkable power of stimulating», and the artist is required to «set the scene so as to glorify our results». After all, «The quick inference, the subtle trap, when Watson tries to rebuke Holmes for his annoying the clever forecast of coming events, the triumphant vin- egotism, he simply replies: «I cannot agree with those dication of bold theories - are these not the pride and the who rank modesty among the virtues. To the logician all justification of our life’s work?». things should be seen exactly as they are, and to undere- stimate oneself is as much a departure from truth as to Andrea Marzocchi exaggerate one’s own powers». I. C. A. Ferri (Bologna)

Conclusions 8. P. Barolsky, The Case of the Domesticated Aesthete, in P. Barolsky, Walter Sherlock Holmes is the scientist and the Aesthete of Peter’s Renaissance, Pennsylvania State University Press, 1987, p. 65. 9. O. Wilde, The Picture of Dorian Gray, Penguin Popular Classics, London, detection. In Black Peter, Watson tells us that Holmes, 1994, p. 6. «like all great artists, lived for his art’s sake», and that 10. R. Miller, Enter Sherlock Holmes, cit., p. 146.

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 93 Li ngue, culture e letterature Im Krieg sind Tapferkeit und Erfolg schwerer als man Politik und Militärstrategie vorahnen möchten. Giuseppe Berno

eder Krieg braucht seine Helden, aber nicht jede Die Schlacht war praktisch ohne Geschichte, Rommel in Nation besitzt realistische Formeln um diese Figur aller Eile konnte mit einem Flug das Feld erreichen. Lei- Jzu definieren bzw. Zu enphatisieren. Ein Preßischer der erst später. Die ismal Truppen des geschlagenen Hee- Aufklärer der sich über den Krieg teils vernünftig teils res konnten zurückziehen. Clausewitz hätte jedoch den pragmatisch ausdrückte, weil er sich um Gleichgewicht Sieg nicht als entscheidend betrachtet, weil Feinde sich bemühte, war Carl Clausewitz. Seine Erfahrung entwi- mit der Flucht retteten. Montgomery als Held war schon ckelte er nicht auf dem Schlachtfeld, sondern in der Schu- seines Honorartitels sicher. Aber nicht alle waren damit le. Damals wurde Preußen zum Modell für Heeresdiszi- einverstanden. plin und Heeresanwendung. Nur wenige haben vielleicht Als Hauptverantwortlicher bereitete Monty Schwierig- Vom Kriege gelesen, ohne die Gefahr zu laufen eine Pa- keiten seinen amerikanischen Kollegen, deren Beitrag role als Dogma zu rechtfertigen, wie bei linksorientierten als Lieferer von massiven Vorräten unentbehrlich war. Intellektuellen .behauptet wird, dass Krieg eine andere Der Höhepunkt der Montgomery-Strategie wurde dank Art ist, Politik zu treiben. Wirklich hat Clausewitz in Unterschätzung an der deutschen Kampflust erreicht. Sachen Krieg das P ro und das Kontra hervorgebracht. Die Unternehmung Market Garden verfügte über die Um Vorteile und Nachteile eines Krieges zu vergleichen, Anwendung von Flugzeugen, Fallschirmjägern und hat er sich gewarnt, glorreiche Ziele zu vorahnen. Als In- Infanterie. Das alles kostete sehr viel aber ismal rech- tellektueller hat er nur Vom Kriege geschrieben, der un- neten die Deutschen auf Überraschung. Das Leben der vollendet blieb. Seine Erziehung und Laufbahnchancen Besiegten, tot oder noch am Leben, verdiente eine ab- erhielt er in Preußen. Im Generalstab nahm er an der rus- solut ehrliche Rechtfertigung, die leider nicht gab. Es sischen Kampagne Napoleons teil. Seine Kritik bestand gab Meinungsverschiedenheiten (Amerikaner gegen aus der Feststellung, dass der allzu vorsichtige Napoleon, Engländer) wo Montgomery’s strategiescher Optimis- die Russen zurückziehen ließ. mus den Weg zum Scheitern bereitete. Das Leben der Mit Ernst Hemingway hätte Clausewitz einverstan- Besiegten ( es starben 14.000 Soldaten der allierten den sein, dass Größe und Zahl der streitenden Kräfte Truppen ) sollte eine ehrliche Rechtfertigung verdienen, die Voraussetzung bilden, um die Tapferkeit der Sieger die leider nicht gab. Unter den Operationsteilnehmern zu bestimmen. Der Fall wofür wir interessiert sind, be- waren am Ende Tote und Verletzte so zahlreich, dass trifft eine wohlbekannte britische Persönlichkeit, die die beteiligten Truppen monatelang nicht mehr kampf- deutsch-italienische Truppen in El Alamein besiegte. fähig erklärt wurden. Die detaillierte Darstellung der Man hat die organisatorische, siegreiche Fähigkeit des traurigen Schlacht verdanken wir dem Grewinner des britischen Kriegsführers, zweifeälsohne als beispielhaft Pulitzer Preises Cornelius Ryan. A Bridge too Far ist der verzeichnet. Aber er verfügte über eine dreimal so starke Titel des historisch-essayistischen Buchs, wo die Folgen Angriffskraft seinem Feind gegenüber. Wir bitten gewis- der bürokratischen Mentalität des britischen Field Mars- sermaßen um Verzeihung, wenn wir eine englische Rede- hals, Montgomery, kritisch analysiert wird. Die hohen wendung zitieren : Vielleicht hat The Irony of Fate, für die Verluste an Menschen und Material verschob das End- Briten gegen einen Meister der Strategie, Erwin Rommel, sieg um ein Jahr. Britisch gesehen, müssen wir jedocch der Wüste Fuchs, gearbeitet. Er war im Kankenhaus in das Motto zitieren, dass Victory in one battle doesn’t Österreich und die Briten hatten die Nachricht seiner Ab- matter for the end of war, except the last one. wesenheit durch Enigma, das Hauptwerk der deutschen Berno Giuseppe Geheimdienste und ihrer Mitarbeiter, das in den Händen Già docente di Tedesco e Inglese der Briten glückli obwohl cherfalls ismal war, erfahren. Traduttore per la facoltà di Filosofia del Diritto

94 Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 Libri

tutto giuridico, del fondamento o para-umanistiche. In buona Anche nel nostro Paese, del diritto internazionale sostanza, sembra che il tempo così come in numerosi stati oppure quello, ben più in cui viviamo tenda ad membri dell’Unione Europea, antropologico che giuridico, avvalorare l’affermazione di l’evoluzione normativa della pace). Heidegger, secondo il quale dell’integrazione scolastica L’opera di Del Vecchio staremmo entrando (o saremmo degli studenti con disabilità ci impone di tornare a già entrati) in un’epoca nella ha subito negli ultimi anni pensare alle “grandi parole” quale la stessa distinzione, importanti interventi da (diritto, giustizia, pace, teoretica e pratica, tra guerra parte del legislatore, del guerra, fraternità, violenza). e pace non avrebbe più alcun Ministero dell’Istruzione. Osserviamo lo scenario del senso. Tale perdita di senso Su tutte, rimangono norme mondo in cui oggi viviamo. coinvolgerebbe la distinzione primarie di riferimento la legge È un mondo che esalta la tra società civile e società n. 104 del 1992 sulla disabilità, pace e pratica la guerra. Una politica, tra diritto e economia, la legge n. 170 del 2010 e le contraddizione? Certamente, tra democrazia e autoritarismo. successive integrazioni per gli un’immensa contraddizione, Il testo di Del Vecchio è, alunni con Disturbi che si manifesta non solo dunque, essenzialmente una Specifici di Apprendimento G. Del Vecchio, Il diritto sul piano della prassi, ma critica del potere, di quel (DSA) e la legge n. 53 internazionale e il problema perfino sul piano linguistico- potere che rifiuta ogni limite, del 2003 sul tema della della pace, prefazione di categoriale. La guerra, nel di quel potere che utilizza la personalizzazione. Accanto Francesco D’Agostino, pp. senso strettamente giuridico guerra come tecnica di auto- a numerosi provvedimenti 129, € 14,50 del termine, sembra scomparsa. affermazione e vede nella normativi, la stessa Per quanto pubblicato più E sono nel contempo e pace soltanto il periodo che giurisprudenza costituzionale di sessant’anni fa il testo conseguentemente scomparsi inevitabilmente intercorre tra e amministrativa sono di Giorgio Del Vecchio – i “trattati di pace”. Ma non le guerre. intervenute più volte per meglio maestro di generazioni e si è ridotto l’uso delle armi e definire e declinare la singola generazioni di filosofi del degli eserciti, né è scomparsa portata delle norme in diritto italiani e stranieri, la violenza, nemmeno quella questione. caposcuola del neokantismo più efferata, che esplode Il testo, dopo aver ripercorso le italiano e successivamente di nel genocidio. Le Nazioni principali tappe dell’evoluzione un severo giusnaturalismo, Unite e le ulteriori grandi storica della normativa e ampiamente nutrito dai classici Organizzazioni internazionali delle politiche riguardanti del pensiero cristiano – non ha che sono sorte negli ultimi l’integrazione scolastica delle perso nulla in completezza di decenni (tra le quali, persone con disabilità, offre un informazione, immediatezza, ovviamente, l’Unione Europea quadro aggiornato (compresi freschezza espositiva e lucidità ha un ruolo essenziale), sorte i recenti decreti attuativi della di argomentazione. È notevole col compito primario di legge n. 107/2015) della materia rilevare come proprio in queste proclamare i diritti umani ed approfondendo – anche grazie pagine egli si sia misurato, operare per la pace, continuano alle più importanti e recenti senza alcuna soggezione, con a godere di un rilievo assoluto. pronunce giurisprudenziali Hans Kelsen, il più grande Nello stesso tempo, però, le – il tema dell’integrazione giurista del Novecento, sapendo sofferenze delle persone e scolastica delle persone con di poter uscire da questo dei popoli sembrano essersi disabilità, dell’inclusione delle confronto vittorioso, sia sul dilatate, in forme molte volte F. Magni, Dall’integrazione persone con Disturbi Specifici piano teoretico che su quello inedite, come nel caso delle all’inclusione. Il nuovo profilo dell’Apprendimento (DSA), stilistico. grandi migrazioni che stanno del docente di sostegno, con Bisogni Educativi Speciali Come dobbiamo accostarci scuotendo le fondamenta dei Edizioni Studium, Roma (BES) e degli alunni stranieri. oggi a questo libro? Possiamo paesi europei più affluenti. 2018, pp. 179, € 13,00 Non mancano, inoltre, cenni fare diverse scelte. La prima è La stessa dottrina dei diritti La tutela del diritto comparati utili ad allargare quella di utilizzarlo come un dell’uomo, che enfaticamente all’istruzione delle persone lo sguardo sugli altri paesi piccolo manuale propedeutico venne da alcuni qualificata con disabilità è al centro europei. allo studio del diritto come il “portento” della dell’attenzione da parte “Dall’integrazione internazionale, un testo da cui modernità, appare oggi in una delle istituzioni nazionali all’inclusione” rappresenta è possibile ancora imparare prospettiva ambigua, perché ed internazionali ormai da dunque uno strumento moltissimo. Potremmo poi l’oggetto stesso della sua parecchi decenni, almeno a indispensabile e di comoda rileggerlo in una prospettiva tematica, cioè né più né meno partire dalla Dichiarazione consultazione, pensato storico-culturale: i problemi di che l’idea di uomo, sembra farsi dei diritti delle persone innanzitutto per i dirigenti fondo con i quali si misurava oggi di giorno in giorno più con disabilità approvata scolastici e per tutti gli Del Vecchio sono ancora i evanescente, aggredita come è dall’Assemblea Generale insegnanti delle scuole nostri (tra questi, il problema, da ideologie anti-umanistiche dell’ONU il 9 dicembre 1975. secondarie, in particolare per i

Nuova Secondaria - n. 7 2018 - Anno XXXV - ISSN 1828-4582 95 Libri docenti di sostegno. con varie appartenenze. Il culturale, politica e intellettuale tutto - ogni parola, ogni Infine, per quanto riguarda lavorio della mente umana si del nostro Paese. concetto, ogni ambito del gli aspetti generali relativi rivela inoltre nell’associare Ecco allora che i contatti fra sapere - è iniziato, almeno al sistema di istruzione e parole e significati a prima queste parole non hanno nulla per noi. Il greco è trattato formazione italiano, si rinvia vista contraddittori, come di naturale o d’irriflesso: qui come una lingua viva e al testo, del medesimo autore e madrepatria, in un gioco senza l’automatismo dell’associazione, vegeta, capace di produrre disponibile in formato e-book, fine di significati-idee. Patria apparente o reale, ironico o significati sempre nuovi, una Diritti e doveri dell’insegnante è femminile e però contiene spontaneo che sia, riproduce vera e propria “macchina del secondo ciclo. Guida entro di sé il padre… e così in ogni caso una vicenda per pensare”, che non solo del docente a.s. 2017/2018 via. “Patria” fa parte del lessico storica ben sedimentata, e che è responsabile dell’intera (aggiornata ai decreti fondamentale, e proprio per tuttavia non smette di agire storia della cultura passata, legislativi attuativi della legge questo motivo suscita risonanze nella memoria, culturale e ma continua imperterrita a 107/2015), Edizioni Studium, personali e sfumature di individuale, degli Italiani. generare cultura nella società Roma 2017, € 14,99. significato che non trovano attuale, come è evidente dalla facile traduzione in altre lingue. nutrita quantità di neologismi Patria è il primo libro di una d’ambito scientifico, e non serie – “Profili di parole” solo, che popolano il nostro – che si rivolge a un lettore vocabolario. colto ma non necessariamente Nel testo, per ogni lemma si specialista, al quale offre agili presentano l’etimologia, la monografie che illustrano fortuna culturale, gli esiti, “vita e avventure” di parole spesso paradossali, nella lingua appartenenti al vocabolario comune, le curiosità e l’uso, intellettuale italiano di base e con brevi citazioni di passi che interessano la vita personale greci proposti nell’originale, e associata del nostro tempo. trascritti e tradotti. La filosofia antica la fa da padrona: sono onnipresenti Platone, Aristotele, Democrito; basti pensare a lemmi quali Idea, Dialogo, Analisi, Categoria, P. Cesaretti, E. Minguzzi, Il Atomo. Ma è molto presente Dizionarietto di greco. Le anche la tradizione cristiana, F. Bruni, Patria, Marcianum parole dei nostri pensieri, che ha mutuato il suo intero Press, 2018, pp. 208, € 16,00 ELS-La Scuola, 2017, pp. 256, dizionario dalla cultura e dalla «La storia di una parola € 17,50 lingua greca. Per non parlare intellettuale è anche una storia Chi ha detto che il greco è delle numerose parole che, dell’idea e della sua vita e delle marginale nel panorama delle ispirate a radici semantiche sue dinamiche nel tempo e in lingue moderne o, peggio, che antiche, sono state composte diversi ambienti umani. La il greco antico è una lingua solo in età moderna da studiosi parola che è protagonista di morta? Questo Dizionarietto, che evidentemente credevano questo libretto è molto ricca, con una cavalcata molto nel valore delle loro e spero di restituirne almeno interdisciplinare attraverso radici. Si pensi alla Nostalgia, il i tratti essenziali» (Francesco le parole (da Accademia dolore causato dal desiderio di Bruni). a Zoologia), mostra come tornare in patria (nòstos ritorno “Patria” racconta le connessioni A. Cotugno, Dal Risorgimento l’universo linguistico greco - àlgos dolore), che ha reso con la sfera più profonda, fisica al Rinascimento, Marcianum sia il serbatoio concettuale così affascinante la figura di e biologica della persona (il Press, 2018, pp. 176, € 13,00 di 3000 anni di cultura Odisseo. In questo dizionarietto padre e, ovviamente, la madre), “Dal Risorgimento al occidentale, come dimostrano accanto al significato antico del e con le idee più astratte: per Rinascimento” illustra come le anche i neologismi che hanno termine, ricollocato nei contesti esempio, il mondo concepito traiettorie di queste due parole, caratterizzato le scienze negli culturali dei vari secoli, si trova come patria del sapiente nella e delle idee da esse veicolate, ultimi secoli (dalla fisica alla anche il significato attuale filosofia degli Stoici. si siano più volte sovrapposte cibernetica, dalla economia alla della parola. Il Dizionarietto Ciò non toglie che a patria nell’arco lungo della storia psicoanalisi). di greco offre perciò ai lettori si sia accompagnato spesso linguistica e intellettuale Il testo invoglia alla lettura la “carta d’identità” della l’aggettivo piccola, passando italiana. Così, nelle biografie chiunque abbia la curiosità nostra cultura. E consente di attraverso tanti gradi intermedi intrecciate delle parole di scoprire o ripercorrere la riscoprire con occhi nuovi e numerose associazioni con Rinascimento e Risorgimento storia della cultura occidentale, la più formidabile macchina altre parole; e la parola è, si possono leggere, in filigrana, risalendo alle radici semantiche per pensare (e sentire) mai oggi come ieri, compatibile i contorni della storia civile, greche da cui praticamente elaborata: la lingua greca.

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PROTAGONISTE NASCOSTE Maria Chiaia

pp. 288 - € 28,00

Il volume intende mettere in luce una storia ancora nascosta, sottovaluta, che ha visto le femministe cristiane del primo Novecento, l’Unione delle donne cattoliche e soprattutto la Gioventù femminile di Azione cattolica esercitare un’influenza significativa e in taluni casi determinante nella storia del Paese. La maturazione di responsabilità politiche, espressa dalle donne del Centro italiano femminile nel secondo dopoguerra, era frutto di un trentennio “eroico” delle donne e delle giovani cattoliche, che tra tradizione e modernità avevano profondamente cambiato la condizione delle donne italiane. Il cammino della Gioventù femminile, arricchito da cinque testimonianze, costituisce la parte più consistente della pubblicazione. La storia di tante protagoniste nascoste può offrire suggestioni al nostro tempo e aprire nuove piste di ricerca su un tema ancora attuale e inesplorato.

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LA PRUDENZA IN ARISTOTELE Pierre Aubenque

pp. 240 - € 22,50

La Prudence chez Aristote è uno dei più importanti contributi della letteratura aristotelica del XX secolo, e indubbiamente fra quelli che hanno suscitato vasto dibattito sull’opera dello Stagirita. Se Aristotele ha presente l’intellettualismo etico di matrice socratica (evocato nell’incipit dell’Etica Nicomachea), si spinge anche molto al di là. Fra i punti più salienti dell’opera di Aubenque, c’è l’interpretazione dell’etica aristotelica in termini di “intellettualismo esistenziale”: l’incertezza, l’incompiutezza del mondo sublunare, rendono decisivo l’intervento della phróne¯sis individuale (il termine è tradotto dall’autore con prudenza, sulla scorta della terminologia ciceroniana). La virtù scaturisce quindi dal ruolo e dalla scelta dell’uomo rispetto alle condizioni varie e mutevoli del reale, piuttosto che dalla definizione ideale (platonica) del comportamento virtuoso. Indagando i rapporti tra metafisica, cosmologia ed etica aristoteliche, Aubenque fornisce una chiave di lettura rinnovata e convincente della riflessione morale dello Stagirita.

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