Francesca Cerrone, Carlo Molle, : ricognizione epigrafica…

Sylloge Epigraphica Barcinonensis (SEBarc) xvi, 2018, pp. 59-100 issn 2013-4118 data de recepció 23.5.2018 data d’acceptació 20.6.2018

Casinum: ricognizione epigrafica nella Villa Petrarcone Casinum: an epigraphic survey in Villa Petrarcone

Francesca Cerrone*, Carlo Molle*

Riassunto: Vengono pubblicate 22 iscrizioni latine di Casinum, importante città del adiectum, raccolte nella storica collezione Petrarcone. Molte di queste iscrizioni, in parte rilevate direttamente da Mommsen, sono state danneggiate durante la seconda guerra mon- diale e non erano state più osservate da decenni. Ne è stata eseguita dunque una revisione critica, fornendo una adeguata documentazione fotografica. Alcune di esse sono risultate inedite.

Abstract: Twenty-two Latin inscriptions from Casinum, great city of , are published here. They were accumulated in the Petrarcone Collection. Many of these inscrip- tions, partly observed by Mommsen himself, were damaged during the Second World War and no more observed since many decades. A critical revision has been done, making an adequate photographic documentation. Some of them are unpublished.

Parole chiave: Casinum, Valle del , caplatores, Futius, Obultronius, Silvanus, incendium, iscrizioni funerarie, iscrizioni sacre, iscrizioni su opere pubbliche Keywords: Casinum, Liri Valley, caplatores, Futius, Obultronius, Silvanus, incendium, fu- nerary inscriptions, sacred inscriptions, inscriptions on public buildings

* F. Cerrone (Parco Archeologico dell’Appia Antica - MiBACT). * C. Molle (Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di , Latina e Rieti - MiBACT). Rivolgiamo un particolare ringraziamento al dott. Alessandro Betori, già funziona- rio archeologo competente per della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Frosinone, Latina e Rieti; ringraziamo inoltre il Comune di Cassino e il personale dell’allora Soprintendenza Archeologia del e dell’Etruria meridionale, in particolare il sig. Enzo Evangelista, per l’assistenza logistica. Siamo infine grati a Silvestro e Giuseppe Golini Petrarcone per alcune informa- zioni sulla storia della famiglia. I contenuti di questo articolo sono stati interamente discussi e condivisi dagli autori, che si sono ripartiti le schede come indicato.

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In memoria di Silvio Panciera

La famiglia Petrarcone di Cassino1 possedeva fino ad alcuni anni fa una villa (o casino), situata in località Crocifisso e posta in un’area - ora di proprietà comunale - ricadente all’interno della cinta muraria dell’antica Casinum, tra il teatro e le mura meridionali della città. L’edificio costituiva il fulcro di una più vasta proprietà, che partendo dalla zona a sud del teatro e dell’anfiteatro lambiva l’attuale via Casilina, per poi estendersi fino a dove sarebbe sorto l’ex ospedale di Cassino e a parte della collina, oltre che in altri appezzamenti sparsi. In un settore ben definito del giardino, a destra e a sinistra entrando nel cortile, fu raccolta una cospicua collezione di iscrizioni, di elementi architettonici e di altri manufatti lapidei antichi, mentre altri dovevano comunque trovarsi all’interno delle proprietà della famiglia, in particolare presso la cosiddetta «cantina Petrarcone». Rinvenimenti epigrafici nei terreni dei Petrarcone sono documentati già nel XVIII secolo, quando era proprietario Cosimo Petrarcone, ma è negli anni ’60 del XIX secolo che la collezione risulta pienamente strutturata ad opera del cav. Francesco Petrarcone2, che fu peraltro «R(egio) Ispettore degli scavi e monumenti di Cassino» almeno tra gli anni Ottanta e Novanta del XIX secolo3. Tra la fine del XIX secolo e i primi decenni del XX, la raccolta continuò a crescere, fino a che la furia della Seconda Guerra Mondiale devastò l’area. La collezione Petrarcone fu visitata anche da Theodor Mommsen, che giunse a Cassino nel 1876 ed eseguì l’autopsia su diverse iscrizioni allora reperibili, ma si giovò pure di alcuni suoi validi collaboratori, che gli trasmisero epigrafi casinati viste anche «in hortis Petrarcone»4.

1. Giova ricordare che la città si chiamava San Germano fino al1863 , quando riacquistò ufficial- mente l’antico nome (Casinum) in forma italianizzata (Cassino). 2. Lo si deduce chiaramente da F. Ponari, Ricerche storiche sulle antichità di Cassino, Napoli 1867, p. 158, mentre parla di un’iscrizione su un cippo sepolcrale (CIL X, 5251) «che si conserva dal medesimo [Francesco Petrarcone] unitamente a molte altre, che il sopralodato signor Petrarcone con molta cura e zelo conserva nella detta villa fra le ruine dell’antica Cassino. A quest’istesso si appartengono alcune reliquie di lavori in creta trovate tra quelle ruine, e che noi abbiamo pubblicato». Sugli stretti legami della famiglia Petrarcone con le antichità casinati, segnaliamo anche E. Pistilli (a cura di), «Un aggiornamento al libro del 1967. Scritti inediti di Filippo Ponari. Ritrovamenti archeologici in Cassino tra il 1875 e 1879», in Studi Cassinati, anno 2, n. 2 (2002), pp. 96-114. 3. Come si deduce da diversi passi degli Atti della Commissione conservatrice dei monumenti ed oggetti di antichitá e belle arti nella provincia di Terra di Lavoro (che di seguito abbrevieremo ATerra- Lavoro). 4. «Ipse denique a. 1876 eo perveni lapidesque adhuc prostantes diligenter recognovi» (Th. Mommsen, ad CIL X, p. 511). Sembra che Mommsen si sia fermato in zona solo nel 1876 (cfr. C. Pepe, «Theodor Mommsen e Cassino. Osservazioni a partire da una lettera inedita», in Incidenza dell’Antico, 14/2, 2016, p. 298; tra l’altro, nelle IRNL, p. 223, Mommsen specificava di non essersi fino ad allora recato a Cassino), ma aveva già instaurato saldi legami con i corrispondenti locali e poteva in ogni caso contare sull’operato dei suoi collaboratori tedeschi, tra i quali - con particolare riferimento alle epigrafi della collezione - E. Philippi (già per le IRNL) e poi H. Brunn, H. Nissen, D. Detlefsen (per il CIL): cfr. ad CIL X, p. 511.

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Il CIL segnala nella villa o, in generale, trovate in proprietà Petrarcone, 35 epi- grafi5, di cui 4 si trovavano nella cella vinaria6 e 2 lungo la strada nei pressi della Villa Petrarcone7. Prima della fine del XIX secolo, altre 3 iscrizioni inedite, pubblicate nell’ottava Ephemeris Epigraphica, nel 1899, sono segnalate nella villa8. A queste si aggiunsero poi altre 5 epigrafi viste nella proprietà e pubblicate da Francesco Ribezzo nel 19219, per un totale, fino ad allora, di 43 iscrizioni. Gianfilippo Carettoni10, nel descrivere la raccolta Petrarcone negli anni imme- diatamente precedenti i bombardamenti del 1943/1944, distingueva nel cortile i reperti conservati a destra (entrando nella proprietà)11 e quelli conservati a sinistra12, aggiungendo inoltre una specifica sui materiali conservati all’interno dell’edificio13. A seguito degli eventi bellici, tutta la zona rimase semi abbandonata per decen- ni, anche se non fu negletta dagli studiosi attivi nel secondo dopoguerra, a partire da Antonio Giannetti ed Heikki Solin14. Giannetti, in particolare, oltre a ritrovare

5. CIL X, 5166; 5168; 5172; 5184; 5189; 5194; 5195; 5203; 5210 (due fistule con medesimo testo); 5215; 5220; 5222; 5226; 5234; 5239; 5245; 5249; 5251; 5256; 5259; 5267; 5268; 5271; 5284; 5286; 5291; 5297; 5303; 5304; 5308; 5312; 5313; 5318; 5327. 6. CIL X, 5166, 5267, 5284 (che Mommsen non vedeva più), 5308. La cella vinaria sarà identificabile con la citata «cantina Petrarcone», un edificio, ora diroccato a causa degli eventi bellici, situato lungo l’attuale via Don Angelo Pantoni. Esso dista meno di cento metri in linea d’aria dal nucleo principale di epigrafi. 7. CIL X, 5168, 5172. 8. EphEp VIII, 1899 (M. Ihm), nn. 591, 596, 602; a queste si aggiunge anche la n. 599, che viene data come inedita ma che in realtà era già presente in CIL X con il n. 5256. 9. F. Ribezzo, «Comunicazioni epigrafiche», in RivIndoGrIt 5, 1921, p. 84 [214], nn. 2, 3, 4, 5 (al n. 5 sono pubblicati due cippi gemelli). 10. G. Carettoni, Casinum (presso Cassino). Regio I - Latium et , Roma 1940, pp. 112- 113. 11. Oltre a frammenti architettonici e una base circolare di stile egizio, qui erano posizionate le epigrafiCIL X, 5251, 5318, 5203, 5256, 5284, 5286, i due cippi pubblicati da Ribezzo (Ribezzo, «Co- municazioni…» cit., p. 84 [214], n. 5) e l’allora cippo inedito di L. Pomponius Tertius [poi pubblicato integralmente da A. Giannetti, «Ricognizione epigrafica compiuta nel territorio di Casinum, Interamna Lirenas ed Aquinum (epigrafi edite ed inedite)», in RLinc 24, 1969, p. 57, n. 3 (AE 1988, 237)]; il «cippo di pietra con cornice e iscrizione evanida» è certamente da identificare con CIL X, 5205. 12. EPhEp VIII, 1899, n. 591; una «base con iscrizione evanida» scomparsa o non identificata; CIL X, 5195 (blocco per urna cineraria doppia) e 5194; Ribezzo, «Comunicazioni…», cit., p. 84 [214], n. 4, insieme a un frammento di terracotta usata come decorazione di una fontana e altri frammenti architettonici. 13. Frammenti di terrecotte architettoniche, ceramica a vernice nera, gocciolatoi fittili e iscrizioni su lastre (CIL X, 5184 e Ribezzo, «Comunicazioni…», cit., p. 84 [214], n. 3). Segnaliamo che dei manufatti anepigrafi sono stati recuperati nell’area della villa anche nel 2016, tra i quali il rilievo di una figura femminile panneggiata (forse identificabile con il manufatto citato in Carettoni, Casinum (presso Cassino)…, cit., p. 112) e un frammento di lastra dal margine curvilineo, caratterizzato da una sequenza di archetti sovrastati da racemi ed altri elementi decorativi. 14. Anche lo studioso locale Torquato Vizzaccaro riporta alcune di queste iscrizioni, ma sembra sempre di seconda mano, senza averle viste o almeno senza averle riesaminate criticamente (quelle qui pubblicate sono le nn. 2, 4, 12, 13, 21? corrispondenti rispettivamente ai nn. 101, 34, 8, 64, 53? di T. Vizzaccaro, Marco Terenzio Varrone ed il Cassinate, Roma 1954). Sulla zona di Villa Petrarcone si veda anche G. Ghini, M. Valenti, Museo e area archeologica. Cassino, Roma 1995, p. 105.

SEBarc xvi, 2018, pp. 59-100 61 Francesca Cerrone, Carlo Molle, Casinum: ricognizione epigrafica… alcune epigrafi, ne documentò altre 3 inedite15. Dunque sono riferibili in senso lato alla collezione Petrarcone — almeno fino al dopoguerra — certamente 46 iscrizioni, comprendendo tra queste anche quelle viste lungo la strada nei pressi del casino e quelle rinvenute nelle proprietà di famiglia, ma di cui non sappiamo se rimasero effettivamente sul posto. A queste si potrebbero forse aggiungere quelli che Carettoni definiva «altri frammenti per lo più insignificanti»16 e quindi mai pubblicati, solo virtualmente identificabili con alcune delle 5 iscrizioni inedite da noi individuate nell’area e pubblicate qui di seguito, per un totale di 51 iscrizioni «petrarconiane». In ogni caso, evidentemente a causa dello sconvolgimento bellico e del conseguente ritorno allo stato naturale dei luoghi, sembra che la gran parte delle epigrafi note non sia stata più rivista ed esaminata sistematicamente dagli studiosi. La radicale pulizia dell’area della villa ad opera del Comune di Cassino nella primavera del 2016 ci ha dato la possibilità di rintracciare una parte cospicua dell’o- riginario patrimonio epigrafico della collezione: sono state trovate 22 iscrizioni più o meno frammentarie, di cui 17 già note e 5, come anticipato, inedite o comunque non sicuramente identificabili con testi già sommariamente citati. Tali epigrafi, spesso pesantemente danneggiate dalla guerra, sono d’altra parte meno della metà del totale che doveva essere conservato tra la villa, la cantina e altri siti all’interno o ai margini della proprietà. Attualmente 3 epigrafi della collezione si conservano presso il Museo Archeologico Nazionale Gianfilippo Carettoni di Cassino: AE 1971, 114, che sarebbe stata trovata nella Villa Petrarcone prima della guerra17, CIL X, 518418 e 5297 (= AE 1992, 248). Non sono state ritrovate CIL X, 5166 (= AE 1973, 171), CIL X, 516819, 517220, 5189, 5203 (= CIL I2, 1545), 521021, 5215, 522622, 5234, 5239, 5249, 5259, 526723,

15. Giannetti, «Ricognizione epigrafica…, cit., p. 57, nn. 2, 3 (ma cfr. nt. 11); A. Giannetti, «Epigrafi inedite di Casinum e dintorni», in RLinc 26, 1971, p. 792, n. 21, tav. VI, fig. 20. 16. Carettoni, Casinum (presso Cassino)…, cit., p. 113. 17. Edita in Giannetti, «Epigrafi inedite…», cit., p. 792, n. 21, tav. VI, fig. 20. 18. Fu recuperata nell’area da Dante negli anni ’90 e portata al Museo: per l’attribuzione dell’epigrafe al prefetto del pretorio di Settimio Severo, Plauziano, si veda ora F. Cerrone, «… tÕn PlautianÒn, kaˆ ™j aÙtoÝj toÝj aÙtokr£toraj, „scÚsai …» (Dio 76,14,6): ancora un’iscrizione onoraria per il prefetto del pretorio Plauziano», in Arctos 45, 2011, pp. 45-57 = AE 2011, 208. 19. Per la verità non è chiaro se l’iscrizione fosse nella villa o vicino ad essa. Cfr. anche C. Molle, «Un cavaliere patrono di Aquinum», in H. Solin (ed.), Le epigrafi della Valle di Comino. Atti del quarto convegno epigrafico cominese, Atina 2007, Cassino 2008, p. 127, nt. 25, che vi ipotizza la presenza di un sacerdos sacrorum Savadiorum. 20. Non è chiaro se questa epigrafe, recuperata nel 1747 dalla torre che si ergeva sulle proprietà dei Petrarcone, si conservasse poi nella collezione, o nel muro di recinzione della proprietà o più presso l’anfiteatro. 21. Due fistule plumbee con lo stesso testo trovate Casini in hortis Petrarcone. 22. Segnalata in praedio Petrarcone già da Vincenzo Masciola e apud Petrarconios vista da Detlefsen e Mommsen. 23. Trovata in una proprietà dei Petrarcone detta Li Bagni, quindi conservata all’interno della cantina di Cosimo Petrarcone.

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5268, 5271, 5286, 529124, 530325, 530426, 530827, 531328, 5318, 5327, EphEp VIII, 1899, n. 602, Ribezzo, «Comunicazioni…», cit., p. 84 [p. 214], n. 3. Pubblichiamo in questa sede le 22 iscrizioni ritrovate presso la Villa, cercando di fornire una congrua documentazione tecnica e fotografica e seguendo il consueto criterio ordinatore adoperato nel CIL da Mommsen, del quale ripercorriamo con piacere le tracce a poco più di 200 anni dalla nascita. (F.C. - C.M.).

1. Ara o base di calcare spezzata nella parte superiore, il cui plinto è modanato con una gola dritta; retro non visto. L’epigrafe fu segnalata nella seconda metà dell’800 nella villa di Francesco Petrarcone. Misure: (61) × 56,5 × 44; dado 46,5 (largh.) × 39,9 (prof.); lett. 6/5,529 (fig. 1). G. Fiorelli, in NSc, 1885, p. 321; G. Iannelli, in ATerraLavoro, 1887, p. 106; EphEp VIII, 1899, n. 591 (Ihm); Ribezzo, «Comunicazioni…», cit., p. 84, n. 2 (AE 1922, 125); Carettoni, Casinum (presso Cassino)…, cit., pp. 31, 49, 113; Giannetti, «Ricognizione epigrafica…», cit., p. 56.

Silvano sacr(um) caplatorẹ[s].

2) sacro (Ribezzo). 3) capiator (Fiorelli); caplatori (Iannelli); caplator(es) (Ihm); capiatori (Ribezzo, ma pensando ad errore per captatori). Dalla nostra autopsia, prima della lacuna finale, si intuisce, per la verità, solo la parte sinistra di un’asta.

L’iscrizione consiste in una dedica a Silvano da parte dei caplatores di Casinum, evidentemente organizzati in un collegium. I caplatores o capulatores (da capulo: travaso) dovevano essere degli operai addetti ad alcune fasi della lavorazione dell’olio, ma probabilmente anche del vino. Essi sono noti, oltre che dalle fonti letterarie di

24. Ponari, Ricerche storiche…, cit., p. 185, n. 104, la dice esplicitamente nella Villa Petrarcone. 25. Trovata nel 1780 «avanti alla calcara di Cosimo Petrarcone», dove si conservava, sebbene «imminuta», ancora ai tempi di Mommsen. 26. Su cui cfr. M. Fora, «Ummidia Quadratilla ed il restauro del teatro di Cassino. Per una nuova lettura di AE 1946, 174», in ZPE 94, 1992, pp. 269-273, che ipotizza l’appartenenza del frammento ad AE 1946, 174. 27. Descritta nel 1793 nella cella vinaria dei Petrarcone da Masciola, edificio identificabile, come già detto, con la cantina Petrarcone, dove era ancora ai tempi del CIL. 28. = CLE 1720, su cui di recente S. Sparagna, «Tecniche di schedatura di un carmen epigrafico, con alcuni esempi provenienti da Casinum e da Minturnae (C.I.L. X 5313 – C.L.E. 1720; C.I.L. X 6053 – C.L.E. 71a + C.I.L. X 6054 – C.L.E. 71b; C.I.L. I 1570 – C.L.E. 56)», in S. Antolini, S.M. Marengo, G. Paci (a cura di), Colonie e municipi nell’era digitale. Documentazione epigrafica per la conoscenza delle città antiche. Atti del Convegno di studi Macerata 2015, Tivoli 2017, pp. 579-585, che mette in dubbio la natura metrica, o almeno integralmente metrica, dell’iscrizione. 29. Ribezzo deve aver visto il cippo ancora intero (infatti lo dice alto «quasi un metro»); la perdita della parte superiore è probabilmente dovuta ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.

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Fig. 1 argomento agronomico30, da una manciata di testimonianze epigrafiche per lo più provenienti dall’Italia centro-meridionale, tra cui quelle delle non lontane Allifae e Anagnia31. La presenza di un collegio di lavoratori nel settore oleario a Casinum non sorprende, dal momento che la città, come la confinante , era nota almeno dall’età repubblicana per la produzione di olio di oliva32, tutt’ora fiorente. Anche la produzione vinaria, tuttavia, deve essere stata molto diffusa nella zona33.

30. In particolare Catone e Columella. Si noti che nelle fonti letterarie sembra presente solo la forma non contratta (capulator), mentre la forma contratta (caplator) è prevalente nelle epigrafi. 31. Per i capulatores si veda F. Olck, s.v. capulator, in RE VI, 1899, coll.1561-1563; DizEpig., 2,1, 1895, p. 104. Le attestazioni note provengono da Tibur (CIL XIV, 3677 = ILS 6244, cfr. M.G. Grani- no Cecere, «Vestali non di Roma», in StEpigrLing 20, 2003, p. 73), Allifae (CIL IX, 2336), Anagnia (CIL X, 5917), Comum (AE 1995, 614), Herdonia (CIL IX 665; cfr. S. Evangelisti, scheda EDR110909 del 2011). Un’ultima attestazione è presente su un vaso di vetro di incerta provenienza: W. Fröhner, Collection Auguste Dutuit. 1e série, bronzes antiques, or et argent, ivoires, verres et sculptures en pierre, Paris 1897, p. 98, n. 135 (cfr. A. Carapellucci, scheda EDR150088 del 2015). 32. Lucil., saturae frag., septen. inc., 16 (ed. Charpin, Paris 1991), relativamente all’olio casinate spremuto da olive non ancora mature; Macr., Sat. 3, 16, 12 (citando Varrone, che nominava l’olio di Casinum come produzione di pregio). Si noti che Catone, a proposito di Casinum, parla di attività arti- gianali potenzialmente collegabili alle operazioni di raccolta e molitura, citando la produzione di funes torculi dell’officina di L. Tunnius e quella di fiscinae( Cato, de agr., 135, 3). H. Solin, a sua volta, ipotizza un nesso tra la vocazione olearia di Casinum e la dedica ivi ritrovata posta per M. Gallius Fabullus, ori- ginario di Tucci nella Betica, regione famosa per la produzione di olio d’oliva (H. Solin, «Un Tuccitano a Cassino», in M. Mayer, J. Gómez Pallarès (edd.), Religio Deorum. Actas del Coloquio Internacional de epigrafia culto y sociedad en Occidente, (Sabadell) Barcellona 1992, pp. 445-448 = AE 1992, 249). 33. Tra l’altro, nella Regio I interna, era nota la vite nigra Fregellana (Colum., rust., 3, 2, 27),

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Il dio Silvano era venerato in zona almeno a Minturnae34 e a Sora, dove com- pare un’associazione di cultores Silvani35. Infine, facciamo notare che anche in un documento medievale proveniente dalla vicina Aquinum vi è un riferimento al dio, connotato in quel caso da caratteristiche demoniache36. È proponibile, per la nostra iscrizione, una datazione tra la fine del I secolo d.C. e il II secolo d.C., coerentemente con la diffusione generale del culto di Silvano37. (F.C.)

2. Blocco parallelepipedo in calcare locale, mancante a destra; il fianco destro presenta una modanatura liscia38, dovuta a una successiva fase di reimpiego, a cui forse sono riferibili anche i due incassi sulla superficie iscritta. Segnalato in una vigna presso l’anfiteatro di Casinum39 e poi nella Villa Petrarcone40. Misure: 41 × (94) × 36; lett. 8/7,5, con caratteri tendenzialmente più marcati e distanziati nella prima linea (fig. 2). IRNL 7237; Ponari, Ricerche storiche…, cit., p. 184, n. 102; CIL X, 5194 = CIL I2, 1544 cfr. p. 1004; ILLRP 563; H. Solin, «Sulla storia costituzionale e amministrativa della Casinum romana», in H. Solin (ed.), Le Epigrafi della Valle di Comino. Atti del nono convegno epigrafico cominese, Alvito 2012, [San Dona- to Val di Comino] 2013, p. 106, n. 7 e pp. 108-109; Molle, «Varia epigraphica dalla Valle…», cit., pp. 105-110; Cerrone, Gallo, «Vicende istituzionali…», cit., pp. 151-152, n. 3, con commento a pp. 144-145; H. Solin, «Sulle trasformazioni amministrative di Casinum», in F. Mainardis (ed.), «Voce concordi». Scritti per Claudio Zaccaria (Antichità Altoadriatiche 85), Trieste 2016, pp. 669, 675-676.

chiaramente riconducibile alla città di , non lontana da Casinum. 34. CIL X, 5999 = ILS 3519; AE 1908, 84, 85, 86. 35. CIL X, 5709, cfr. AE 1981, 202 = AE 1992, 250. Da notare che a Casinum viene attribuita anche la dedica a Silvano CIL X, 652* (che Mommsen giustamente ritiene falsa; cfr. però G. Iannelli, in ATerraLavoro, 1887, p. 106) e la manipolata versione ligoriana di CIL X, 5202. 36. Cfr. I. Baldelli, Medioevo volgare da Montecassino all’Umbria, Bari 1971, pp. 111-129 (co- dice Vat. Lat. 110); da ultimo, cfr. S. Panciera, Epigrafi, epigrafia, epigrafisti. Scritti vari editi e inediti (1956-2005) con note complementari e indici, Roma 2006, pp. 421-422. Si tratta di uno scongiuro, noto anche da altra tradizione manoscritta, la cui formulazione non è pertanto riconducibile alla zona del basso Lazio. 37. Cfr. P.F. Dorcey, The Cult of Silvanus. A Study in Roman Folk Religion, Leiden, New York, Köln 1992 e, per la distribuzione dei cultores del dio, M. Clauss, «Die Anhängerschaft des Silvanus-Kultes» in Klio 76, 1994, pp. 381-387. 38. Per una foto del fianco e della modanatura: C. Molle, «Varia epigraphica dalla Valle del Liri», in H. Solin (ed.), Le epigrafi della Valle di Comino. Atti del dodicesimo convegno epigrafico cominese, Atina 2015, [S. Donato Val di Comino] 2016, p. 109 fig. 10; F. Cerrone, A. Gallo, «Vicende istituzionali ed epigrafia a Casinum», in Epigrafia e territorio. Politica e società X, Bari 2016, p. 151. 39. Così nell’auctarium delle IRNL (IRNL 7237), su comunicazione di Philippi, che probabilmente aveva visto la pietra prima che dalla vigna (verosimilmente la vigna dei Petrarcone) fosse trasportata nel cortile della villa. 40. Ponari, Ricerche storiche…, cit., p. 184, n. 102; cfr. CIL: Casini in hortis Petrarcone prope Amphitheatrum.

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C. Fútio C. f. [- - -] parenti pra[ef- - -?] [Ca]sina[t- - -?] ------?

L’iscrizione è stata oggetto di rinnovato interesse a seguito della sua recente riscoperta nella Villa Petrarcone41. Il testo, mutilo a destra, doveva continuare nella r. 1 con altri elementi della for- mula onomastica di C. Futius: la tribù (probabilmente) abbreviata e/o il cognome,

Fig. 2 in alternativa il solo cognome42, oppure, in mancanza di quest’ultimo, l’avonimico e la tribù43. Il C. Futius citato come destinatario dell’epigrafe è sempre stato identificato con il personaggio presente in CIL X, 5193 = CIL I2, 1543, iscrizione purtroppo perduta44, in cui un Futius espresso al caso nominativo compare come l’autore di una dedica o di un non meglio definito intervento. Non è da escludere l’ipotesi che entrambi i testi facessero parte di un’unica iscrizione funeraria posta da un C. Futius praefectus

41. Oltre agli autori del presente contributo, si sono interessati al documento anche Annarosa Gallo e Heikki Solin, soprattutto per le implicazioni istituzionali relative alla menzione di un praefectus Casinatium; a questi lavori, citati nella bibliografia, si rinvia per l’inquadramento e la discussione delle questioni generali relative a questa problematica carica. 42. Da escludere l’interpretazione di parenti come dativo di un cognome Parens. 43. Se la simmetria fosse stata rigorosa, la sola tribù (almeno abbreviata alle prime tre lettere) sem- brerebbe infatti troppo poco. 44. [- - -]t C. Fútius / [- - -? pra]ef(ect-) [C]asinat(- - -). Rinvenuta nel luglio 1830 e conservata un tempo dalle parti di Porta di Roma; in Vizzaccaro, Marco Terenzio Varrone…, cit., pp. 200-201, n. 30,

66 SEBarc xvi, 2018, pp. 59-100 Francesca Cerrone, Carlo Molle, Casinum: ricognizione epigrafica…

Casinatium all’omonimo padre, il quale avesse rivestito il medesimo ruolo in ambito municipale45. La natura e le caratteristiche di questo praefectus Casinatium — sempre che questo sia lo scioglimento corretto delle abbreviazioni e non si debba piuttosto ipotizzare lo scioglimento praefectura Casinatium46 — è quanto mai discussa47 e investe direttamente lo spinoso problema dello sviluppo istituzionale di Casinum. Storicamente notevole la presenza di un reimpiego in un’epoca, come sembra, non lontana da quella in cui il monumento originario fu prodotto, all’incirca nei decenni centrali del I secolo a.C.48; una tale circostanza, nei convulsi anni delle guerre civili, potrebbe spingere a ipotizzare una precoce damnatio memoriae per C. Futius, forse schieratosi per sua sfortuna con i seguaci di Pompeo o di Antonio e per questo punito con l’avvento dei nuovi regimi49. La famiglia compare tuttavia nei decenni successivi, con i senatori Q. Futius, C.(?) Futius Longus e Q. Futius Lusius Saturninus50. (F.C.)

3. Cinerario per doppia deposizione in calcare locale, mutilo della parte sinistra e fortemente danneggiato in più punti; sulla superficie superiore si aprivano due cavità emisferiche per le ceneri: di quella di sinistra restano solo un accenno della curvatura e il relativo foro per grappatura metallica; ben conservata è invece quella di destra

si dice, probabilmente per una confusione, che l’iscrizione sarebbe stata ritrovata nel 1952 e quindi con- servata nel Museo Civico; in Giannetti, «Ricognizione epigrafica…, cit., p. 53, l’iscrizione viene data invece per perduta. 45. F. Cerrone, in Cerrone, Gallo, «Vicende istituzionali…», cit., p. 152, con nt. 83, in cui si pro- pone una ricostruzione del testo: C. Futio, C. f. [- - -] / parenti, prae[f(ecto)] / [Ca]sina[t(ium)] // [feci?]t C. Futius / [- - - pra]ef(ectus) [C]asinat(ium), da preferire all’alternativa C. Futio, C. f. [- - -] / parenti prae[f(ecti)] / [Ca]sina[t(ium)] // [feci?]t C. Futius / [- - - pra]ef(ectus) [C]asinat(ium). 46. Ipoteticamente, C. Molle, «Varia epigraphica tra Aquinum ed Interamna Lirenas», in H. Solin (ed.), Le Epigrafi della Valle di Comino. Atti del sesto convegno epigrafico cominese Atina 2009, [San Donato Val di Comino] 2010, p. 107, in analogia con quanto proposto da F. Coarelli, «Casinum: appunti per una storia istituzionale», in E. Polito (ed.), Casinum oppidum. Atti della Giornata di Studi su Cassino preromana e romana, Cassino 2004, Cassino 2007, p. 38 = F. Coarelli, «I magistrati di Casinum», in Studi Cassinati 11, 2011, pp. 246-247, fig. 1, su cui cfr. però Solin, «Sulla storia costitu- zionale…», cit., pp. 110-111. 47. Si veda la sintesi del problema in Molle, «Varia epigraphica dalla Valle…», cit., pp. 107-108 (dove viene cautamente valutata anche l’ipotesi di una sorta di «parens patriae», nonché la possibilità di integrare [Ca]sina[tes] al nominativo); A. Gallo, in Cerrone, Gallo, «Vicende istituzionali…», cit., pp. 143-145; cfr. anche Solin, «Sulle trasformazioni amministrative…», cit., pp. 675-676. 48. A tal proposito conforta il parere autorevole del prof. Patrizio Pensabene, che pensa ad una modanatura non successiva alla fine delI secolo a.C. Si noti che già Carettoni, Casinum (presso Cas- sino)…, cit., p. 113, cita l’iscrizione «su elemento architettonico in pietra». 49. Tra il 45 e il 43 a.C. il cesariano Q. Pedius figura come patrono di Casinum (AE 1971, 97 = CIL I2, 2974; cfr., tra l’altro, Coarelli, «Casinum: appunti…», cit., pp. 38-39 = Coarelli, «I magistrati…», cit., pp. 247-248, fig. 2; Solin, «Sulla storia costituzionale…», cit., p. 105); nel 44 a.C. Marco Antonio spadroneggiò per alcuni giorni a Casinum (Cic. Phil. 2, 103 e 105). 50. Cfr. O. Salomies, «Senatori oriundi del Lazio», in H. Solin (ed.), Studi storico-epigrafici sul Lazio antico (AIRF 15), Roma 1996, pp. 47-48.

SEBarc xvi, 2018, pp. 59-100 67 Francesca Cerrone, Carlo Molle, Casinum: ricognizione epigrafica…

(diam. 27,5; prof. 15,5), caratterizzata da bordo leggermente rialzato e dotata di almeno un foro di fissaggio per grappatura; l’iscrizione si sviluppa sulla fronte in corrispondenza della cavità di destra, mentre è solo ipotizzabile l’originaria presenza di un’altra iscrizione in corrispondenza della cavità di sinistra. Il reperto fu segnalato in una vigna presso l’anfiteatro di Casinum (IRNL) e poi «in hortis Petrarcone» (CIL). Misure: almeno 50 la parte rilevabile × (111) × 66; lett. 5,5 circa (fig. 3). IRNL 7238 (da Philippi); CIL X, 5195; Giannetti, «Ricognizione epigrafica…», cit., pp. 53-54; S. Diebner, «Un gruppo di cinerari romani del Lazio meridionale», in DialA, ser. 3, 1, 1983, p. 75, n. 1.

M. Larci Mạssi

1) «Appena visibile la scritta Mass…» (Giannetti).

Si tratta di un tipo di cinerari molto diffusi in questo settore del Lazio meridio- nale51, in genere caratterizzati da coperchi-segnacoli ad omphalos, anche se rara è la predisposizione per una doppia sepoltura, attestata in un unico altro caso sempre da Casinum52. Proprio questa particolarità del supporto ha indotto Mommsen a

Fig. 3

51. Diebner, «Un gruppo di cinerari…», cit., pp. 65-78. 52. Secondo Diebner, «Un gruppo di cinerari…», cit., pp. 65 e 69, con rinvio ai nn. 1 (p. 75) e 50 (p. 77) del catalogo: il n. 1 è il nostro, il n. 50 corrisponde ad AE 1971, 102 (da Giannetti, «Epigrafi inedite…», cit., p. 789-790, n. 10; cfr. H. Solin, «L’epigrafia dei villaggi del Cassinate ed Aquinate», in L’epigrafia del villaggio. Atti del convegno Forlì 1990, Faenza 1993, p. 377, nt. 36), di cui purtroppo non abbiamo né foto, né misure. In Giannetti, «Ricognizione epigrafica…», cit., p. 62, n. 8 (= AE 1969/70, 90), si pubblica un manufatto iscritto rupestre da Interamna Lirenas ritenendo che fosse similmente pre-

68 SEBarc xvi, 2018, pp. 59-100 Francesca Cerrone, Carlo Molle, Casinum: ricognizione epigrafica… identificarlo con una mensa ponderaria53, interpretazione corretta già da Carettoni54 e poi da Giannetti. L’onomastica del personaggio è molto interessante sia per la singolarità del cogno- me, sia perché permette di instaurare un nesso stringente con un’importante epigrafe pubblica di Casinum di recente edizione55, dove compaiono gli stessi tria nomina56. Il gentilizio Larcius, non ulteriormente attestato a Casinum, risulta significativamente presente a Minturnae nella tarda età repubblicana, anche con prenome Marcus57, mentre il cognome Massus (?) sembra essere un apax58. Della già citata iscrizione casinate di opera pubblica, conservata nei magazzini del Museo Archeologico Nazionale di Cassino, si ripropone il testo con qualche differenza rispetto alla prima edizione (fig. 4):

------fieri iussit. (vac.) Id incenḍ[io consumptum] M. Larcius M. f. Mass[us? - - -] ex c(onscriptorum) c(onsulto) p(ecunia) p(ublica) restituend(um) [cur(avit)].

1) fieri iussit id ingeni[- - -] (Solin).

L’iscrizione, incisa su una lastra di marmo e databile nella primissima età impe- riale, in origine era chiaramente articolata in due distinti periodi, dei quali il primo, terminante con la formula fieri iussit, doveva contenere anche il nome del responsabile della costruzione di un’opera, quasi certamente un edificio pubblico; nel secondo

disposto per due incinerati, ma tale affermazione sembra smentita dall’autopsia del manufatto (Molle, «Varia epigraphica tra Aquinum…», cit., p. 50, nt. 31). 53. Mensa, cuius in superficie visuntur loculi duo rotundi maiores et ad utrumque foramina duo minora vasculis recipiendis. 54. Carettoni, Casinum (presso Cassino)…, cit., p. 113, n. 3. 55. H. Solin, «Nuove iscrizioni di Cassino», in H. Solin (ed.), Le Epigrafi della Valle di Comino. Atti dell’undicesimo convegno epigrafico cominese, Sora - Atina 2014, [San Donato Val di Comino] 2015, pp. 113-115, n. 3. 56. A meno di non voler integrare, nell’iscrizione di recente pubblicazione, un cognome derivato del tipo *Massianus o simili. 57. Per una prosopografia minturnense deiLarcii / Largii, si veda di recente l’appendice di D. Non- nis, in G.L. Gregori, D. Nonnis, «Il porto di Minturnae in età repubblicana: il contributo delle fonti epigrafiche», in L’epigrafia dei porti. Atti dellaXVII e Rencontre d’épigraphie du monde romain, Aqui- leia 2010 (Antichità Altoadriatiche 79), Trieste 2014, p. 107, con rinvio alle testimonianze epigrafiche: CIL I2, 1570 cfr. p. 1007 (con prenome Publius); CIL I2, 2697 (con prenome Marcus), 2699, 2706 (con prenome Publius), cfr. pp. 845, 934, 935; AE 1988, 229 con prenome Marcus. Sui Larcii di Minturnae, dove pure essi raggiunsero un elevato livello sociale, si veda ora H. Solin, M. Kajava, O. Salomies, «Storie epigrafiche minturnesi», in Epigraphica 77, 2015, pp. 466-469, n. 1, fig. 1. Per i Larcii senatori di probabile origine anziate, si veda Salomies, «Senatori oriundi…», cit., pp. 32-33. 58. È attestato, invece, il gentilizio Massius, ma non localmente. In I. Kajanto, The Latin Cognomina, Helsinki 1965 (rist. Roma 1982), un cognome Massus non sembra proprio recensito. Sul cognome, si vedano le riflessioni di Solin, «Nuove iscrizioni…», cit., p. 114.

SEBarc xvi, 2018, pp. 59-100 69 Francesca Cerrone, Carlo Molle, Casinum: ricognizione epigrafica…

Fig. 4 periodo si ricorda, invece, come la medesima opera59, colpita da un incendio, sia stata poi restaurata per decreto dei conscripti e con denaro pubblico sotto la supervisione di M. Larcius M. f. Mass[- - -], personaggio omonimo di quello del cinerario, ma probabilmente non identificabile con esso. Nel cinerario, infatti, sembra mancare qualsiasi riferimento a cariche cittadine e senz’altro non c’era il patronimico, la- sciando così ipotizzare un’origine servile; la tipologia di sepoltura, inoltre, sembra piuttosto modesta e denota, nella grafia, caratteristiche tendenzialmente compatibili con una datazione leggermente più alta60. Non bisogna avere alcun dubbio, però, che si tratti di personaggi della stessa famiglia, forse padre e figlio. Quale fosse il ruolo ricoperto da Larcius resta ignoto, anche se le possibilità sono circoscritte al duovirato o alla questura, più difficilmente all’edilità, mai attestata a Casinum. In particolare, il collegio dei questori compare frequentemente in con- nessione a lavori pubblici finanziati con l’erario cittadino (nell’ambito della seconda metà del I secolo a.C.)61, così nelle vesti di questore Larcius avrebbe potuto curare il restauro dell’edificio; da escludere, per motivi di spazio, la presenza di un collega. L’autorizzazione del senato locale è menzionata secondo la formula ex c(onscriptorum) c(onsulto), consueta a Casinum almeno fino all’età neroniana e forse anche oltre62. (F.C. - C.M.) 59. L’utilizzo del prenome neutro id lascia intendere che l’opera danneggiata dal fuoco nominata nel primo periodo fosse designata con un sostantivo neutro. 60. Tra l’altro il cinerario è riferibile ad un personaggio ormai defunto, mentre la lastra è relativa ad un magistrato in piena attività. 61. CIL X, 5160a; CIL X, 5204; cfr. anche CIL X, 5243 = A. Betori, «Recenti acquisizioni al con- fine fra i territori di Casinum ed Aquinum: un santuario di Fortuna in località S. Angelo», in Spigolature aquinati. Studi storico-archeologici su Aquino e il suo territorio. Ager Aquinas II, (Aquino 2007), Aquino 2007, pp. 101-102 = AE 2007, 333 e Betori, «Recenti acquisizioni…», cit., pp. 102-103 = AE 2007, 334. 62. CIL X, 5159 (40 a.C.); G.F. Carettoni, «Cassino - Esplorazione del teatro», in NSc 1939, pp. 127-128, n. 157 (due dediche a Lucio e Gaio Cesari); CIL X, 5160a (età giulio-claudia); CIL X, 5204 (57 d.C.).

70 SEBarc xvi, 2018, pp. 59-100 Francesca Cerrone, Carlo Molle, Casinum: ricognizione epigrafica…

4. Ara sepolcrale di calcare, spezzata in basso e in parte ancora interrata; la parte superiore, con timpano e pulvini laterali, è impostata su una spessa modanatura ag- gettante, al di sopra della quale non è del tutto escluso che ci fosse una stretta fascia decorata sulla fronte; sui fianchi ci sono l’urceus (a sinistra) e la patera (a destra). L’ara, secondo Masciola, sarebbe stata ritrovata nel 1780 in un querceto chia- mato «allo Montano», situato nell’ambito del distrutto castello di Trocchio, presso Cervaro63; successivamente fu portata presso il ginnasio di Cassino, dove la videro gli schedatori del CIL; in seguito, non dopo il 1892, pervenne alla Villa Petrarcone, dove sembra che non sia stata più riesaminata64. Misure: 100 × 7065 × 62; lett. r. 1: 6,5; rr. 2-3: 6,2; r. 4: 5,8: rr. 5-6: 6; r. 7: 6,5 (fig. 5). CIL X, 5205; ATerraLavoro 1892, p. 103 e 125.

L. Staidio [-] f. Prisco, IIvir(o) Casi[ni], vixit annis [- - -]; 5) Obultron[ia] Prisca m[ater] infeḷ[icissima - - - ?] [------?].

1) Staldius (CIL), dove si specifica STALDIO« potius quam STAEDIO». 3) Casi[ni] (CIL); Ca[sini] (ATerraLavoro).

Si tratta dell’iscrizione sepolcrale di un magistrato di Casinum, il cui nomen, grazie alla nuova lettura proposta, risulta tutt’altro che isolato nella prosopografia locale. Il gentilizio Staedius (o, come riteniamo debba leggersi nel nostro caso, Staidius)66 è probabilmente riconducibile ad area osca e non molto diffuso67, ma significativa-

63. Cfr. Solin, «L’epigrafia dei villaggi…», cit., p. 381, nt. 53. È probabile che il querceto in questione fosse nella zona sottostante il castello di Trocchio, che invece era collocato in posizione assai impervia. 64. Data per perduta da Giannetti, «Ricognizione epigrafica…», cit., p. 54, e da Solin, «L’epigrafia dei villaggi…», cit., p. 381, nt. 53. 65. Il dado è largo cm 58. 66. L’ambiguità di lettura tra Staldius o Staedius (non fu però valutato Staidius) perdurò tra gli stu- diosi anche dopo l’edizione del CIL, come si evince nella corrispondenza tra la Commissione di Terra di Lavoro e Francesco Petrarcone, il quale alla fine condivise la lettura di Mommsen Staldius (ATerraLavoro 1892, p. 103 e p. 125). 67. Da una rapida ricerca nei database epigrafici, sembrerebbero finora note non più di una quindi- cina di attestazioni in epigrafia latina e tre nella greca, dove il gentilizio assume la formaSta…dioj (Efeso e Kos). Il tradito Staldius (che pure Mommsen preferisce a Staedius) sarebbe invece un apax, per cui deve essere espunto dai repertori onomastici. Sulla lettura Staidio qui proposta, cfr. già l’anticipazione in Cerrone, Gallo, «Vicende istituzionali…», cit., p. 148, nt. 61. Andranno ricondotte a questo gentilizio anche le varianti Stedius (attestata ad Ostia) e Staiedius (dalla zona del Fucino: CIL IX, 3847 e 3901): cfr. H. Solin, O. Salomies, Repertorium nominum gentilium et cognomina Latinorum, Hildesheim,

SEBarc xvi, 2018, pp. 59-100 71 Francesca Cerrone, Carlo Molle, Casinum: ricognizione epigrafica…

Fig. 5 mente presente nel Lazio meridionale dove, nella forma Staedius, compare in ben tre titoli casinati, in uno dei quali peraltro abbinato al prenome Lucius68. Inoltre, questo gentilizio è presente a Sora69 e ad Atina, città in cui figura proprio nella forma Staidius70. Il magistrato morì quasi certamente alquanto giovane e all’inizio di una promettente carriera municipale, come si potrebbe dedurre dal fatto che l’unica carica

Zürich, New York 19942, pp. 175-176. Il gentilizio Stedius, letto presso Philippi e confluito inAE 2000, 1326, è stato successivamente corretto in Spedius (cfr. AE 2006, 1339). 68. Si tratta di CIL X, 5229, CIL X, 5293 (cfr. EphEp VIII, 1899, n. 590, nonché Giannetti, «Rico- gnizione epigrafica…», cit., pp. 54-55) e dell’epigrafe recentemente pubblicata in E. Pistilli, H. Solin, «Un sarcofago con epigrafe di epoca romana rinvenuto presso la chiesa madre di Cassino», in Studi Cassinati 11.1, 2011, pp. 8-12 = AE 2011, 208 bis (prenome Lucius): iscrizione su sarcofago datata al II secolo d.C., forse alla seconda metà. 69. CIL X, 5747, dove si può cautamente ipotizzare un’origine casinate del personaggio alla luce dell’abbinamento con un Pineius, portatore cioè di un gentilizio raro ma presente anche a Casinum (CIL X, 5221): cfr. anche F. Dal Cason Patriarca, «Per una storia demografica di Casinum. La cura annonae e il declino della classe dirigente», in RLinc 7, 1996, p. 788, n. 98 e p. 796, n. 141. È possibile che il gentilizio Staedius compaia anche nella iscrizione sorana pubblicata da S. Aurigemma, in NSc 1910, pp. 305-306, n. 3. 70. CIL X, 5156 = CIL I2 ,1536.

72 SEBarc xvi, 2018, pp. 59-100 Francesca Cerrone, Carlo Molle, Casinum: ricognizione epigrafica… apparentemente rivestita sia il duovirato semplice (quindi forse aedilicia potestate), che fu la madre Obultronia Prisca, dalla quale peraltro ereditò il cognome, a fare la dedica e che viene riportata una formula biometrica, purtroppo ormai priva del numero degli anni vissuti ma preferenzialmente utilizzata per i giovani defunti. La madre Obultronia Prisca appartiene ad una importante famiglia casinate il cui personaggio principale, M. Obultronius M. f. Cultellus, raggiunse l’acme della carriera sotto i principati di Claudio e di Nerone71. Cultellus è noto in primo luogo per aver consacrato, a spese proprie e del collega duoviro L. Sonteius L. f. Florus, qualcosa (forse una statua) al divus Augustus72. Inoltre, conosciamo almeno altre due iscrizioni, riferibili molto probabilmente all’acquedotto di Casinum, dalle quali apprendiamo che lo stesso era stato praefectus fabrum di Claudio e che, dopo la morte di costui (quindi a partire dal 54 d.C.), agì per conto dell’imperatore (iussu Caesaris) nell’ambito dell’opera pubblica in questione73. Si tratta di CIL X, 518874 e di un’analoga iscrizione che riporta, diversamente impaginato, lo stesso testo di CIL X, 518875; in quest’ultimo appare chiaro che l’inizio dell’epigrafe fu abraso per damnatio memoriae, evidentemente della titolatura di Nerone. Inoltre, nella galleria lapidaria di Montecassino, si trovano due frammenti epigrafici riportanti rispettivamente M. Obul[- - -]76 e [- - -i]ussu Caesaris dedica-

71. Non è escluso, comunque, che costui possa essere stato attivo ancora sotto i Flavi. Sul personag- gio: S. Demougin, Prosopographie des Chevaliers Romains Julio-Claudiens (43 av. J.-C. - 70 ap. J.-C), (CEFR 153), 1992, p. 435, n. 523; Salomies, «Senatori oriundi…», cit., p. 112. Sugli Obultronii, cfr. anche G. Alföldy, Die Obultronii, in Beiträge zur Namenforschung 1 (1966), pp. 145-152, e, di recente, P. Palazzo, Le anfore di Apani (Brindisi), Roma 2013, pp. 63-64. 72. Carettoni, «Cassino. Esplorazione…», cit., p. 126, n. 155 = AE 1946, 175, su cui di recente Cerrone, Gallo, «Vicende istituzionali…», cit., pp. 157-158, n. 9. 73. Da notare che la consecratio di Claudio sarebbe stata revocata da Nerone già verso il 55 d.C. e poi riproposta da Vespasiano (D. Kienast, Römische Kaisertabelle. Grundzüge einer römischen Kai- serkronologie, Darmstadt 19962, pp. 90-92, in part. p. 90), tuttavia in questo caso l’epigrafe sembra doversi collocare effettivamente in epoca neroniana, quando non è escluso, alla luce di vari indizi la cui analisi esula dagli obiettivi immediati di questo contributo, che sia stata dedotta la colonia di Casinum. 74. Cfr. anche Giannetti, «Ricognizione epigrafica…», cit., p. 53. Leggeremmo il testo come segue: ------? / M. Obultronius Cultellus praef(ectus) fabr(um) / divi Claudi iussu Caesaris dedicavit. 75. H. Solin, «Al territorio di quale città romana sono appartenute Opi e Villetta Barrea?», in H. Solin (ed.), Le epigrafi della Valle di Comino. Atti del primo convegno epigrafico cominese, Alvito 2004, [San Donato Val di Comino] 2005, p. 64 nt. 2; G. Petrucci, «S. Elia: ritrovata la ‘Petra scripta’ citata dal Chronicon cassinese?», in Studi Cassinati 4, 1-2, 2004, pp. 23-25; E. Pistilli, «Dall’epigrafe di Pre- poie nuova luce sulla paternità dell’acquedotto romano di Casinum?», in Studi Cassinati 4, 1-2, 2004, pp. 26-39; cfr. G. Petrucci, La frazione di Olivella in Sant’Elia Fiumerapido, Cassino 2007, pp. 28-31; E. Pistilli, I confini della terra di San Benedetto, dalla donazione di Gisulfo al sec. XI (studio storico- topografico), Cassino 2006, pp. 40-41; vi si accenna anche in H. Solin, «Iscrizioni antiche di Valleluce e Casalucense», in H. Solin (ed.), Le epigrafi della Valle di Comino. Atti del quinto convegno epigrafico cominese, Atina 2009, [San Donato Val di Comino] 2010, pp. 102-103; cfr. anche F. Cerrone, in M. Tondo, D. Sacco, F. Cerrone et alii, «Ager Casinas. Comune di S. Elia Fiume Rapido. Note di topografia ed epigrafia», in G. Ghini, Z. Mari (edd.), Lazio e 9. Atti del Convegno Nono Incontro di Studi sul Lazio e la Sabina, Roma 2012, Roma 2013, p. 494 con nt. 25. 76. A. Giannetti, A. Pantoni, «Iscrizioni latine e greche di Montecassino», in RLinc 26, 1971, p. 439, nr. 34, tav. VI, fig. 33, cfr. A. Pantoni, L’acropoli di Montecassino e il primitivo monastero di San Benedetto, Montecassino 1980, pp. 70-71; la paleografia è, in realtà, un po’ sospetta (verrebbe da

SEBarc xvi, 2018, pp. 59-100 73 Francesca Cerrone, Carlo Molle, Casinum: ricognizione epigrafica… vit77, che potrebbero essere ricondotti ad uno o due ulteriori esemplari di questa serie di epigrafi, forse disposte in punti diversi dell’acquedotto. Poiché l’iscrizione di L. Staidius Priscus sembra databile alla prima età imperiale78, considerando la cronologia di Cultellus, è possibile che quest’ultimo sia stato padre o, più probabilmente, fratello di Prisca e quindi zio materno del nostro L. Staidius Priscus. Infine, il ritrovamento dell’ara nella zona di M. Trocchio lascia ipotizzare la presenza di una proprietà degli Staedii, se non degli Obultronii, nell’agro casinate sud orientale, dove forse il sepolcro si ergeva lungo la . (C.M.)

5. Cippo stondato in calcare, scheggiato a sinistra e spezzato in basso. Segnalato sul posto già dagli schedatori del CIL (Brunn e Nissen), che sono i primi a darne notizia79. Misure: 69 × 42 × 31; lettere r. 1: 5,5/5,2; r. 2: 5,7/4,5; r. 3: 5,5/4; r. 4: 3,5 (fig. 6). CIL X, 5220.

Abutia ((mulieris)) l. Melpomene sibi [et] Q. Benio Q. l. Eroni. [I]n ag(ro) p(edes) X.

1) Nonostante la scheggiatura all’inizio, non sembra che ci potesse essere spazio per altre lettere prima della A. 2) La prima E di Melpomene è resa con due tratti verticali.

Si tratta di un’iscrizione sepolcrale commissionata dalla liberta Abutia Melpo- mene80 per se stessa e per il liberto Q. Benius Eros, già schiavo di un’altra famiglia e forse suo compagno; alla fine è presente un titulus pedaturae relativo alla sola mi- sura sulla fronte dell’area, che corrispondeva a 10 piedi, cioè poco meno di 3 metri. Il gentilizio Abutius, con una sola T, è rarissimo e comparirebbe solo altre due volte, su un vaso trovato ad Aquileia81 e a Roma, dove però è adoperato come

pensare che il pezzo sia stato realizzato per integrare Giannetti, Pantoni, «Iscrizioni latine…», cit., p. 432, n. 2, tav. I, fig. 2). 77. Giannetti, Pantoni, «Iscrizioni latine…», cit., p. 432, n. 2, tav. I, fig. 2. 78. In Solin, «L’epigrafia dei villaggi…», cit., p. 381, nt. 53, si proponeva cautamente una datazione al II secolo d.C. circa. 79. Dato per perduto in Giannetti, «Ricognizione epigrafica…», cit., p. 54. 80. Il gentilizio della donna non sembra recensito negli indici del CIL X, dal cui apografo potrebbe dedursi la presenza di una lacuna iniziale nel nomen (peraltro segnalata nell’Epigraphik-Datenbank Clauss-Slaby, 2018). Escluderemmo comunque la lettura di un gentilizio Rabutius, sia per ragioni di spazio che per l’assenza di questo gentilizio, peraltro raro, in zona. 81. «ABVTI»: E. Pais, Corporis inscriptionum Latinarum supplementa Italica 1 (additamenta ad vol. V Galliae Cisalpinae), Roma 1884, n. 1080, 51.

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Fig. 6 nomen singulum in un contesto tardo82. Esso costituirà comunque una forma non geminata di Abuttius, per ora noto non più di una decina di volte, ma significativa- mente sempre a Roma e nella Regio I83. Assai meno probabile che nell’iscrizione in esame vi fosse una variante di Aebutius, che in zona si trova almeno ad Aquinum, a Minturnae e a Cales84. Il gentilizio Benius, da intendere come variante del più diffuso Bennius, è pre- sente un’altra volta a Casinum, nell’iscrizione di seguito ripubblicata al n. 9, dove riteniamo che compaia appunto nella forma Bennius. Entrambi i personaggi, come è assai comune tra gli ex schiavi, portano cognomi grecanici85.

82. ICUR V, 14372. 83. Sui gentilizi Abutius e Abuttius, cfr. anche Solin, Salomies, Repertorium…, cit., p. 4 e, da ulti- mo, D. Nonnis, Produzione e distribuzione nell’Italia repubblicana. Uno studio prosopografico, Roma 20152, p. 67. Nel Latium adiectum, degli Abuttii compaiono nel ceto dirigente di Anagnia (CIL X, 5906 e 5914 = CIL I2, 1521). 84. Rispettivamente: CIL X, 5451; CIL I2 2699; CIL X, 4671. 85. Eros è molto diffuso; Melpomene ritorna nella vicina Aquinum (CIL X, 5418, cfr. p. 979). Sui cognomi grecanici e sulla loro diffusione a Roma, sempre utile la consultazione di H. Solin, Die grie- chischen Personennamen in Rom (3 voll.), Berlin, New York 20032.

SEBarc xvi, 2018, pp. 59-100 75 Francesca Cerrone, Carlo Molle, Casinum: ricognizione epigrafica…

Da notare che sia la forma Abutius per Abuttius che la forma Benius per Bennius dovrebbero costituire varianti tendenzialmente antiquiori dei due gentilizi, per cui la loro presenza, assieme all’aspetto paleografico dell’iscrizione86, induce a datare l’epigrafe ad epoca tardo repubblicana e comunque non più tardi della primissima età augustea. (C.M.)

6. Cippo stondato in calcare rastremato verso il basso, scheggiato in alto a sinistra; i fianchi sono grezzi e il retro non è visibile; la parte destinata all’interro, somma- riamente sbozzata, è alta circa cm 60. Proveniente dalla località Campo di Porro, nell’immediato suburbio di Casinum verso Aquinum, trovato nel fondo di «Santa Libera», da cui proviene anche il cippo n. 7, gemello, ma non identico. Misure: 121 × 48 × 24; lett. 5,6/4,5 (fig. 7). Ribezzo, «Comunicazioni…», cit., p. 84 [214], n. 5; cfr. Giannetti, «Ricogni- zione…», cit., in RLinc, 24, 1969, p. 57; un cenno anche in Carettoni, Casinum (presso Cassino)…, p. 113, n. 8.

Cn. Ampulei Cn. f. Ter(etina) Tert(- - -). In fr(onte) XII, in agr(o) ped(es) XVI.

3) Mancano gli interpunti nei nessi in fr(onte) e in ag(ro) e l’indicazione p(edes) prima del numerale XII.

Per il commento si veda l’iscrizione seguente. (F.C.)

7. Cippo stondato in calcare, rastremato verso il basso, gemello del n. 6, provenien- te, come quest’ultimo, dalla località Campo di Porro, nell’immediato suburbio di Casinum verso Aquinum, trovato nel fondo di «Santa Libera»; la superficie mostra tracce di lavorazione a gradina; i fianchi sono grezzi, il retro, invece, appare irrego- lare; la parte destinata all’interro è sbozzata e alta circa cm 45. Misure: 104 × 50 × 33; lett. 6/3,8 (fig. 8). Ribezzo, «Comunicazioni…», cit., p. 84 [214], n. 5; cfr. Giannetti, «Rico- gnizione epigrafica…», cit., p. 57; un cenno anche in Carettoni, Casinum (presso Cassino)…, cit., p. 113, n. 8.

86. Del quale si noti anche la E resa con due tratti verticali.

76 SEBarc xvi, 2018, pp. 59-100 Francesca Cerrone, Carlo Molle, Casinum: ricognizione epigrafica…

Fig. 7 Fig. 8

Cn. Ampulei Cn. f. Ter(etina) Tert(- - -). In fr(onte) p(edes) XII, in ag(ro) ped(es) XVI.

Un segno sospetto prima della linea 1; interpunti triangolari ben evidenti.

I due cippi delimitavano l’area funeraria87 del defunto Cn. Ampuleius Cn. f. Ter(etina) Tert(- - -); come indicato nel testo, l’area misurava 12 × 16 piedi ossia circa m 3,55 × 4,74. Il primo editore, F. Ribezzo, pubblicò i due testi sotto un unico numero, ripro- ducendo, per la verità, quello del nostro n. 6, dove manca in r. 3 la P di p(edes), ma

87. Giannetti specifica che i due cippi sarebbero stati trovati «alle due estremità di una tomba co- struita di mattoni», tuttavia non è chiaro da dove egli abbia desunto l’informazione, visto che il primo editore, Ribezzo, non ne fa cenno.

SEBarc xvi, 2018, pp. 59-100 77 Francesca Cerrone, Carlo Molle, Casinum: ricognizione epigrafica…

è presente la R di agr(o); quest’ultima è invece assente nel cippo n. 7. La località Campo di Porro, lungo il tracciato pedemontano che da Casinum usciva in direzio- ne ovest, ospitava certamente una necropoli, di cui anche recentemente sono state messe in luce alcune sepolture88. Il defunto ci testimonia un interessante gentilizio, Ampuleius, di cui non sono note altre attestazioni nel mondo greco-romano89; il personaggio si dichiara di nascita libera e regolarmente iscritto alla tribù Ter(etina), tipica della città di Casinum. Per i due cippi si propone una datazione tra la metà del I secolo a.C. e i primi decenni del I secolo d.C. (F.C.)

8. Cinerario in calcare locale, privo del coperchio-segnacolo ad omphalos, che conserva sulla superficie la cavità emisferica per le ceneri delimitata da un tondino (diam. 21; prof. 16) e due degli originari tre fori di fissaggio per i tenoni del coperchio- segnacolo; il cinerario è attualmente spezzato in due parti, ancora in connessione; il retro è grezzo; l’angolo superiore sinistro è scheggiato sia sulla fronte che sul retro. Proveniente dalla località Campo di Porro, fondo di Santa Libera. Misure: 43 × 67 × 58; lett. r. 1: 6 (7,5 la T montante); r. 2: 6/5,5 (fig. 9). Ribezzo, «Comunicazioni…», cit., p. 84 [214], n. 4; cfr. Giannetti, «Rico- gnizione…», cit., p. 57; Diebner, «Un gruppo di cinerari…», cit., p. 71, fig. 14 e p. 77, n. 51.

Fausta soror fec(it) Babuleia.

1) T montante. Le lettere FEC sono alquanto rovinate e della F rimane solo la parte inferiore dell’asta.

Il reperto è chiaramente ascrivibile ad una produzione tipica di questa zona90. L’interpretazione dell’iscrizione non è del tutto pacifica: sembrano presenti due sorelle, una nominata solo per cognome e l’altra solo per gentilizio, entrambe apparentemente espresse in caso nominativo. Evidentemente bisognerà intendere almeno uno dei due nomi come espresso al dativo, per dare compiutezza al messaggio epigrafico; si

88. L’area sepolcrale era già stata segnalata da Carettoni, Casinum (presso Cassino)…, cit., pp. 104- 105; scavi recenti hanno riportato alla luce sepolture a incinerazione e termini sepulcrorum iscritti, di cui uno riferibile a un C. Aedius C. l. Philomusus, gli altri con solo titulus pedaturae (A. Cassatella, «Necropoli di Campo di Porro (Cassino)», in G. Ghini (ed.), Lazio e Sabina 2. Atti del Secondo incon- tro di studi sul Lazio e la Sabina, Roma 2003, Roma 2004, pp. 93-96, con foto, con lettura inesatta del nome: cfr. C. Molle, Le fonti letterarie antiche su Aquinum e le epigrafi delle raccolte comunali di Aquino, Aquino 2011, p. 85, nt. 161). 89. Il gentilizio non è censito in Solin, Salomies, Repertorium…, cit., che a p. 14 riporta Ampu- lenus (con radice evidentemente analoga a quella di Ampuleius), attestato in CIL V, 1070 ad Aquileia; cfr. anche W. Schulze, Zur Geschichte lateinischer Eigennamen, Berlin 1904, p. 257. Carettoni intende, a sua volta, Ampulenus. 90. Diebner, «Un gruppo di cinerari…», cit.

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Fig. 9 potrebbe quindi intendere: Fausta(e) soror(i) fec(it) Babuleia; oppure Fausta soror fec(it) Babuleia(e); o persino Babuleia(e) Fausta(e) fecit soror91. Non è neppure chiaro se si sia voluto omettere il gentilizio di Fausta (dunque una Babuleia Fausta) o se, diversamente dalla sorella, costei fosse defunta in condizione servile92. È chiaro che tali specificazioni risultavano ininfluenti per i frequentatori del sepolcro, che sapevano ben distinguere le due donne per averle conosciute in vita. Il gentilizio Babuleius, variante del poco più diffuso Babullius93, compare in zona nel prediale del fundus Babuleianus attribuibile all’ager Minturnensis (CIL X, 5370). L’iscrizione sarà databile tra la metà del I secolo a.C. e la metà del I secolo d.C. (C.M.)

91. Senza cioè specificare il nome della sorella dedicante. Improbabile Babuleia Fausta fecit soror(i). Notiamo che in Carettoni, Casinum (presso Cassino)…, cit., p. 113, nt. 6, si specifica che alla prima linea si leggerebbe SORORI. 92. Assai improbabile, considerata l’epoca, che Babuleia sia utilizzato come nomen singulum; sarebbe notevole però anche il fatto che, se costei fosse stata una liberta, avesse voluto omettere il cognome. 93. CIL X, 5146, dalla Valle dell’alto Sangro probabilmente pertinente al territorio di Atina, da leggere Babullius e non Babulius, come evidenziato dalla foto in H. Solin, «Al territorio di quale città romana sono appartenute Opi e Villetta Barrea?», in H. Solin (ed.), Le epigrafi della Valle di Comino. Atti del primo convegno epigrafico cominese, Alvito 2004, San Donato Val di Comino 2005, p. 73; possibile la lettura di questo gentilizio anche in AE 1974, 245 da Fabrateria Nova. In generale per la diffusione del gentilizio: Solin, «Al territorio…», cit., pp. 75-76.

SEBarc xvi, 2018, pp. 59-100 79 Francesca Cerrone, Carlo Molle, Casinum: ricognizione epigrafica…

9. Cippo stondato in calcare «trovato» nella villa di Francesco Petrarcone, spezzato in basso; retro non visibile. Misure: (59) × 44 × 26; lett. r. 1: 6,5; r. 2: circa 6; r. 3: 4,5 (fig.10 ).

Fig. 10

Iannelli, in ATerraLavoro, 1887, pp. 105-106, n. 15, da cui Ihm, in EphEp VIII, n. 596 (con qualche omissione).

M. Beṇṇi M. l. [- c.1 -?]+++[- c.2 -]+[- - -?]+[- - -?] [In] fr(onte) (vacat?) p(edes) XII.

1) M. BENIVS M. L. (Iannelli e Ihm; il primo tuttavia segnala alcuni altri versi consumati dal tempo, trascurati poi da Ihm). 2) Prima crux: A o M; seconda crux: base di asta; terza crux: segno curvo a sinistra (O, C, G o Q); quarta crux: asta verticale; quinta crux: asta verticale. 3) Lo spazio intermedio pare essere stato lasciato vuoto.

80 SEBarc xvi, 2018, pp. 59-100 Francesca Cerrone, Carlo Molle, Casinum: ricognizione epigrafica…

Il testo è di difficile lettura a causa della sua abrasione: la seconda linea, che doveva probabilmente ospitare il cognome del personaggio, è risultata del tutto indecifrabile, mentre nella terza compare un titulus pedaturae. L’epigrafe va identi- ficata con l’iscrizione sepolcrale documentata nella stessa proprietà da Iannelli, che pure ebbe difficoltà a leggerla. Un’attenta analisi dell’originale e delle numerose foto, inoltre, ci induce a credere che, diversamente dall’iscrizione riportata al n. 5, relativa a un Q. Benius Q. l. Eros94, qui sia presente la forma geminata Bennius, più diffusa dell’altra95. È proponibile una datazione tra la metà del I secolo a.C. e i primi decenni del I secolo d.C. (C.M.)

10. Cippo in calcare spezzato sopra e sotto, dalla superficie leggermente bombata; il retro è sbozzato. Segnalato nel casino Petrarcone già da Brunn nei primissimi anni ’60 del XIX secolo96. Misure: (65) × 51 × 31; lettere dal modulo poco regolare misuranti a rr. 1-2: 5,6/4,1; r. 3: 5,2/4,2 (figg. 11-12). F. Ritschl, Priscae Latinitatis monumenta epigraphica ad archetyporum fidem exemplis lithographicis repraesentata (CIL. Voluminis I tabulae lithographae), Berolini 1862, tav. LIX G (= fig. 12); CIL I, 1185 (Brunn) = CIL X, 5222 = CIL I2, 1546, cfr. p. 1004.

Q. Caecilius C. f. Fronto sibei et sueis. In fr(onte) p(edes) XII, 5) in ag(ro) p(edes) X.

Nel cippo, databile per motivi linguistici e paleografici tra la fine delII e il I seco- lo a.C., è completamente perduto il nome del titolare del sepolcro, Q. Caecilius C. f. Fronto, nella cui formula onomastica va segnalato che era presente il cognome97. Si conservano, invece, la formula di inclusione (sibei et sueis) e il titulus pedaturae finale, dal quale apprendiamo che l’area sepolcrale misurava 12 × 10 piedi, ossia circa m 3,55 × 2,96.

94. Non è da escludere che la lettura del gentilizio con una sola N, oltre che dall’abrasione, sia stata influenzata anche dall’altra iscrizione, a cui esplicitamente si richiama Iannelli. 95. Per alcune considerazioni sul gentilizio, si veda all’iscrizione n. 5. Per alcuni Bennii impegnati nel settore della colorazione dei tessili si veda Nonnis, Produzione…, cit., pp. 141-142. 96. Così in CIL I, 1185 (edito nel 1863); dato per perduto in Giannetti, «Ricognizione epigrafica…», cit., p. 54. 97. H. Solin, «Sul consolidarsi del cognome nell’età repubblicana al di fuori della classe senatoria e dei liberti», in Epigrafia. Actes du Colloque en mémoire de Attilio Degrassi, Roma 1988, Roma 1991, p. 179.

SEBarc xvi, 2018, pp. 59-100 81 Francesca Cerrone, Carlo Molle, Casinum: ricognizione epigrafica…

Il gentilizio Caecilius, generalmente assai diffuso, si ritrova in età imperiale un’altra volta a Casinum98; esso è presente inoltre in zona a Minturnae99, Formiae100, Fabrateria Nova101. (C.M).

Fig. 11

Fig. 12. (da Ritschl)

98. CIL X, 5223, relativa ad un C. Caecilius Ionicus Iun(ior). 99. CIL I2, 2682, 2687, 2691, 2693, 2700, 2701. 100. CIL X, 6141; AE 2013, 214. 101. CIL X, 5585 e 5607 (?).

82 SEBarc xvi, 2018, pp. 59-100 Francesca Cerrone, Carlo Molle, Casinum: ricognizione epigrafica…

11. Cippo stondato in calcare, spezzato a destra e in basso; retro non ispezionabile. Misure: (58) × (53) × 28; lett.: 7 (fig. 13).

Fig. 13

CIL X, 5245; Giannetti, «Ricognizione epigrafica…», cit., p. 54.

L. Helvi L. f. +[- - -] Siculạ[e - - -?] [-] Helvi Hilar[i - - -?].

1) La crux finale è resa con un’asta verticale nel CIL.

Si tratta dell’iscrizione funeraria di due Helvii, abbinati, almeno nel caso del primo di essi, al prenome L(ucius); non è del tutto sicuro, tuttavia, se il termine alla seconda linea - oltretutto decentrato - sia il cognome del primo personaggio o se invece si riferisca a una donna, magari in qualche relazione con il personaggio che la precedeva. A tal proposito, Kajanto ritiene che si tratti di un cognome maschile, ma non da ricondurre all’aggettivo Siculus/a, bensì al diminutivo di sica102. Il gentilizio

102. Kajanto, The Latin Cognomina…, cit., p. 342. Cognomi maschili simili in zona sarebbero, ad esempio: Ovicula (Aquinum: CIL X, 5429), Tubula (Interamna Lirenas: G.R. Bellini, A. Launaro, M. Millett, «Interamna Lirenas: una ricerca in corso», in Studi Cassinati 17, 4, 2017, pp. 246-247).

SEBarc xvi, 2018, pp. 59-100 83 Francesca Cerrone, Carlo Molle, Casinum: ricognizione epigrafica…

Helvius è molto diffuso e, per rimanere a Casinum, esso compare in altre quattro iscrizioni103. Da notare che il primo personaggio doveva essere un ingenuo e quindi, alla fine della r. 1, è ipotizzabile che l’asta segnalata dal CIL fosse la prima lettera dell’indicazione T[er(etina)]. Il personaggio della terza riga, invece, non indica né figliolanza, né titulus patronatus, per cui, considerando pure il cognome Hilarus, è probabile che fosse un liberto104. È proponibile una datazione tra la metà del I se- colo a.C. e la metà del I secolo d.C. La non trascurabile concentrazione di Helvii a Casinum, città la cui tribù mag- gioritaria era la Teretina, candida infine questo centro come uno dei possibili luoghi d’origine della famiglia dell’imperatore Pertinace (126-193 d.C., sul trono tra il gennaio e il marzo del 193 d.C.). P. Helvius Pertinax, infatti, nacque, secondo Cassio Dione, ad Alba Pompeia105 e tale dato è stato recentemente suffragato anche dalla scoperta di un’iscrizione albense in cui comparirebbe un P. Helvius P. f. Ter(etina) Tenax, personaggio dal nome assai simile a quello dell’imperatore e, per di più, iscritto alla tribù Teretina106, quindi probabilmente riconducibile a un centro tra il Lazio meridionale e la Campania settentrionale in cui prevaleva questa tribù107. (C.M.)

12. Ara funeraria in calcare, con coronamento modanato, mutila in basso e scheggiata lungo lo spigolo anteriore sinistro; la parte superiore, originariamente centinata o timpanata, risulta molto danneggiata, tuttavia è ancora presente nell’angolo destro il pulvino decorato frontalmente con una rosetta. Fu «discoperta nel 1865 nella villa

103. CIL X, 5221, CIL X, 5265 (L.), AE 1988, 231 (sulle varie edizioni vedi F. Verrecchia, scheda EDR080772 del 2017), Solin, «Nuove iscrizioni…», cit., pp. 116-117, n. 5; cfr. già H. Solin, «Le iscrizioni antiche di Venafro: un panorama a cento anni dalla scomparsa di Theodor Mommsen», in H. Solin, F. Di Donato (edd.), Identità e culture del Sannio. Storia, epigrafia e archeologia a Venafro e nell’Alta Valle del . Atti del Congresso Internazionale in ricordo di Theodor Mommsen a cento anni dalla morte (1903-2003), Venafro 2003 = 80, 2007, p. 74, nt. 151. 104. Sul cui diffusissimo cognome cfr. Kajanto, The Latin Cognomina…, cit., in particolare pp. 67- 69. 105. Dio 73, 1. Sull’imperatore, cfr. di recente S. Fox, M. Pomponi, Publio Elvio Pertinace Imperatore romano, 126-193 d.C., Roma 2010, partic. pp. 52-71. 106. G. Mennella, «Gli Helvii di Alba Pompeia», in RStLig 59-60, 1993-1994, pp. 136-147 = AE 1994, 646; cfr. S. Giorcelli Bersani (ed.), «Regio X, Venetia et Histria. Alba Pompeia», in Supplementa Italica, n.s. 17, Roma, pp. 92-93, n. 25 e pp. 54-55. Poiché l’iscrizione sembra databile al II secolo d.C., si potrebbe pensare che Tenax abbia mantenuto la tribù dei suoi antenati, mentre gli altri Helvii citati, tra cui almeno il fratello, abbiano acquisito la locale Camilia (sulla questione si vedano però anche le osservazioni di Mennella, «Gli Helvii…», cit., pp. 144-147). 107. Mennella, «Gli Helvii…», cit., p. 144, pensa in particolare a Casinum e soprattutto ad Atina, dove gli Helvii sono prosopograficamente più rilevanti; si noti che in F. Coarelli, «La storia e lo sca- vo», in F. Coarelli, P.G. Monti (edd.), Fregellae I. Le fonti, la storia, il territorio, Roma 1998, p. 39, nt. 157, pur senza conoscere l’epigrafe albense, si prefigura un possibile legame tra Pertinace e gli Helvii di Fregellae. Sulla questione cfr. anche C. Molle, «Ancora sulla “patria” di Giovenale», in H. Solin (ed.), Le epigrafi della Valle di Comino. Atti del quinto convegno epigrafico cominese, Atina 2008, [San Donato Val di Comino] 2009, p. 113, nt. 138 e C. Molle, «Un’iscrizione romana poco nota da Cividale del Friuli e gli Helvii della Regio X», in Forum Iulii 35, 2011 [2012], pp. 7-14, p. 9, nt. 36.

84 SEBarc xvi, 2018, pp. 59-100 Francesca Cerrone, Carlo Molle, Casinum: ricognizione epigrafica… del sig. Francesco Petrarcone»108. Misure: (80) × 78 (cornice)/71 (dado) × 53; lett. rr. 1-2: 6,5; r. 3: 6 (I montante 8) (fig. 14). Ponari, Ricerche storiche…, cit., pp. 54-55 con apografo e p. 158, n. 8; CIL X, 5251; Giannetti, «Ricognizione epigrafica…», cit., p. 54; cfr. anche Carettoni, Casinum (presso Cassino)… cit., p. 112, n. 3.

[C.?] Iulio C. f. Fab(ia) Silvano [- 2/4 -]+ia Potentina ------?

1) C. IVLIO (Ponari). 3) Non visibile a Mommsen, in quanto forse già interrata, né a Giannetti; la crux cela quasi certamente una T; meno probabili una E o una F; I longa in Potentina.

[-] Iulius C.f. Fab(ia) Silvanus è il destinatario di una dedica funebre da parte di una donna [- - -]+ia Potentina, forse sua moglie, di cui non è conservata la prima

Fig. 14

108. Ponari, Ricerche storiche…, cit., p. 158, n. 8; diversamente Mommsen (ad CIL X, 5251) ne colloca il rinvenimento nel 1858.

SEBarc xvi, 2018, pp. 59-100 85 Francesca Cerrone, Carlo Molle, Casinum: ricognizione epigrafica… parte del gentilizio109. In considerazione della impaginazione, come sembra centrata, del cognome Silvanus a r. 2 (a cm 15,5 dal margine di destra), il gentilizio femminile non doveva essere molto lungo; la lettera in frattura potrebbe essere stata una T, per cui non si esclude un’integrazione Statia, Futia e sim. La basis magna (CIL) è stata rintracciata in proprietà Petrarcone, lungo il lato destro del cortile, coperta da terriccio e vegetazione per quasi metà dell’altezza, molto verosimilmente nel medesimo luogo in cui la videro Mommsen e Carettoni. Sebbene il CIL non riporti il prenome C(aius), presente invece nella lettura di Ponari, il personaggio è recensito come C. Iulius C. f. Fab. Silvanus nel lavoro di Forni sulle tribù110. È di un certo interesse la menzione della tribù Fab(ia), tipica della gens Iulia, non altrimenti presente a Casinum111, i cui cittadini erano per lo più iscritti alla tribù Teretina. Degna di segnalazione la frequenza con la quale ricorrono gli elementi onomastici, di per sé piuttosto comuni, Iulius e Silvanus112. Nonostante queste occorrenze e i numerosi omonimi del nostro personaggio, tra i quali vari militari113, non è possibile stabilire alcuna connessione con personaggi noti. Si propone una datazione nell’ambito I secolo d.C. (F.C.)

13. Cippo stondato, privo della parte inferiore. Trovato nel 1789 da Vincenzo Ca- fari presso il teatro e collocato nel muro della sua proprietà. Si trovava in proprietà Petrarcone già ai tempi della redazione del CIL. Misure (32) × 32,5 × 17; lett. r. 1: 5; r. 2: 4,5 (I montante 5); r. 3: 3,6. (fig. 15). CIL X, 5256; G. Fiorelli, in NSc, 1885, pp. 321-322, come inedita (= EphEp VIII, 1899, n. 599114).

M. Latini Philerotis. In fr(onte) p(edes) XV, in agr(o) p(edes) XII [------?].

109. Riguardo al cognome della donna, oltre alla derivazione da potens, è vagamente ipotizzabile un richiamo alla città di Potentia (picena o lucana): Kajanto, The Latin Cognomina…, cit., pp. 187 e 247. 11o. G. Forni, Le tribù romane, I, 2, Roma 1999, p. 728, n. 782. 111. L. Bucholz, H. Solin, «Le tribù nel Latium adiectum», in M. Silvestrini (ed.), Le tribù romane. Atti della XVIe Rencontre sur l’épigraphie, Bari 2009, Bari 2010, p. 173. 112. Si conosce ad esempio un C. Iulius Silvanus Melanio (PIR2, I 581; H.G. Pflaum, Les carrières procuratoriennes équestres sous le Haut-Empire romain II, Paris 1960, pp. 734-735 n. 276), cavaliere che oltre ad essere stato flamen Pomonalis a Roma ricoprì incarichi procuratori provinciali, come testi- moniano alcune epigrafi trovate in Dalmatia (CIL III, 12732), nella Lugdunense (CIL XIII, 1729) e in Spagna ad Asturica (AE 1968, 229-231). 113. Si citano, a titolo di esempio, C. Iulius Silvanus, veteranus (AE 1989, 874 da Lambaesis) e C. Iul(ius) Silvanus eq(ues) coh(ortis) VI Com(magenorum) (da Lambiridi, Africa: S. Gsell, «Notes d’archéologie algérienne», in BAParis 1901, pp. 308-323, p. 314, n. 13). 114. Nell’Ephemeris Epigraphica, il numero dell’iscrizione è scritto per errore 659, ma poi viene

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Fig. 15

2) La L è resa come una F rovesciata (Fiorelli), ma sembra trattarsi di una scal- fitura casuale. L’ultima I è montante; P piuttosto aperta.

Il cippo indicava l’area sepolcrale di M. Latinius Phileros, che occupava una superficie di 15 × 12 piedi, ossia di circa m 4,44 × 3,55. Il gentilizio Latinius115 si ritrova un’altra volta a Casinum, in un’iscrizione re- lativa ad un Sex(tus) Latini(us) Sex(ti) f(ilius), Sex(ti) n(epos), Sex(ti) pron(epos) Ter(etina) Sabo116, mentre nel Latium adiectum sembra attestato soltanto un’altra volta a Tarracina, anche qui con prenome M(arcus), sempre che non si tratti di epi- grafe di provenienza aliena117. La sola presenza dei tria nomina e il diffuso cognome grecanico Phileros fanno ritenere il personaggio della nostra iscrizione un liberto. L’iscrizione sembra databile nella seconda metà del I secolo a.C. (C.M.)

correttamente citato come 599 negli indici; cfr. Carettoni, Casinum (presso Cassino)…, cit., p. 113; Giannetti, Pantoni, «Iscrizioni latine…», cit., p. 431, n. 34, probabilmente fanno riferimento ad un’altra iscrizione presente a Montecassino. 115. Su cui: Solin, Salomies, Repertorium…, cit., p. 102. 116. CIL X, 5257. Non risultano altri Latinii iscritti alla Teretina. 117. P. Longo, «Iscrizioni inedite dal Latium Adiectum: Tarracina», in Terra dei , Annali del Museo Archeologico di Frosinone 2, 1999, pp. 113-114, n. 20 = AE 2001, 758.

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14. Cippo stondato in calcare, con parte inferiore destinata all’interro sommaria- mente lavorata, alta circa cm 60; la parte sinistra della centina è oggi frammentata e parzialmente ricomponibile. Secondo il primo editore, Giannetti, l’epigrafe fu «tro- vata nel 1925 sopra una tomba costruita in mattoni». Misure: 126 × 40 × almeno 16; lett. r. 1: 6,5; r. 2: 5; r. 3: 5,6; r. 4: 5,5; r. 5: 6,5/5,2 (fig. 16). Giannetti, «Ricognizione epigrafica…», cit., p. 57, n. 2, tav. I, 2 (AE 1988, 236).

Viv(i) C. Numisi [-] l. Chresti. In fr(onte) p(edes) XIII, in ag(ro) p(edes) XII.

3) ((mulieris)) l(iberti) (Giannetti).

L’epigrafe segnava la delimitazione dell’area sepolcrale che C. Numisius Chrestus aveva realizzato per sé quando era ancora in vita118; le dimensioni di 13 × 12 piedi corrispondono a circa m 3,85 × 3,55. Il cognome grecanico Chrestus si addice allo stato libertino del defunto. I Numisii sono presenti a Cassino anche in altre iscrizioni: a cavallo tra la metà del I secolo a.C. e gli inizi del I d.C., una Numisia C. f. pone l’iscrizione sepolcrale al marito M. Stallius C. f. Ter. Luta119, testimoniando così l’esistenza di un ramo di Caii Numisii a Casinum tra la fine dell’età repubblicana e l’età augustea120; verosi- milmente in epoca ancora precedente, una Numisia compare tra le magistrae Veneris che pongono un’offerta a Venere loco precario121. Incerta la presenza del gentilizio in un’epigrafe ritrovata a Montecassino e ivi conservata nel Lapidario dell’Abbazia122. Per l’iscrizione è proponibile una datazione nell’ambito della seconda metà del I secolo a.C. (C.M.)

118. Per la formula v(ivus)/v(ivit) nelle iscrizioni sepolcrali di Roma si veda l’indagine di R. Friggeri, C. Pelli, «Vivo e morto nelle iscrizioni di Roma», in Miscellanea (Tituli 2), Roma 1980, pp. 95-172. 119. Giannetti, «Epigrafi inedite…», cit., p. 791, n. 2 (AE 1971, 113), ora nel Museo di Cassino, lapidario. 120. Il gentilizio è attestato con lo stesso prenome C(aius), in epoca tardo repubblicana, anche a Minturnae (CIL I2, 2688, cfr. p. 934 e 2695, cfr. p. 935 = ILLRP 728). 121. CIL X, 5166; cfr. A. Giannetti, Epigrafi latine della Campania e del Latium Adiectum, in RLinc 28, 1973, p. 470 n. 2 (AE 1973, 171); M. Cagiano de Azevedo, «Un santuario laziale con il rito dell’incubazione?», in BSSPAnagni 2, 1953, pp. 1-4; R. Schilling, Le sanctuaire de Vénus près de Casinum, in Perennitas. Studi in onore di Angelo Brelich, Roma 1980, pp. 445-446; C. Molle, «Ricerche epigrafiche nel Latium adiectum 2», in H. Solin (ed.), Le epigrafi della Valle di Comino. Atti del quattordicesimo convegno epigrafico cominese, Atina 2017, a cura di H. Solin, [S. Donato Val di Comino] 2018, pp. 152-159. 122. Giannetti, Pantoni, «Iscrizioni latine…», cit., p. 438, n. 24, tav. IV, fig. 23; cfr. Pantoni, L’acropoli di Montecassino…, cit., pp. 69-70, fig. 42.

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Fig. 16

15. Cippo stondato di calcare, scheggiato lungo il margine destro; il retro e la parte destinata ad essere interrata (alta cm 58) non sono lavorati. Fu ritrovato «nella pro- prietà del Sig. Giuseppe Golini Petrarcone», come risulta da una lettera datata 19 marzo 1931 di Gaetano Fardelli, per molti anni custode delle antichità di Cassino, inviata alla Soprintendenza, allora con sede a Napoli123. Misure: 120 × circa 48 × 48124; lett. r. 1: 5,5 (montante 6,5); rr. 2-3: 5,3 (montante 6,2) (figg. 17-18).

123. Il documento si trova nell’Archivio storico della SABAP FR-LT-RI, dove, oltre alla lettera di Fardelli, con apografo qui a fig. 18, si conserva anche la sollecita nota di risposta del soprintendente Amedeo Maiuri, che esprimeva compiacimento al custode e lo esortava a segnalare tutto ciò che potesse essere di interesse archeologico (Prot. 1618 del 3 aprile 1931). 124. Lo spessore varia considerevolmente: da cm 48 in basso a cm 28 in alto. Fardelli riportava le misure di m 1,20 × 0,50 × 0,45.

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Fig. 17 Fig. 18. (Apografo di G. Fardelli) Carettoni, Casinum (presso Cassino)…, cit., p. 113 (segnala genericamente il cippo tombale di L. Pomponius Tertius); Giannetti, «Ricognizione epigrafica…», cit., p. 57, n. 3, tav. II,1, come inedito (da cui, con qualche modifica, AE 1988, 237).

L. Pomponi Tertị Mattiae Feliciṣ L. M͡atti Familia͡r(is).

1) T. f. (Giannetti); T iniziale di Terti montante; interpunzione mancate tra Pomponi e Terti. 2) La prima T di Mattiae è montante; Feli[clae?] (AE). 3) Nesso montante AT in Matti (cm 6,2); AR finali in nesso (secondo l’apografo di Fardelli).

La lettura può essere ora fissata meglio che in passato anche grazie al disegno (per la verità non ineccepibile) di Fardelli, che evidentemente vide il manufatto integro. Si tratta del sepolcro di tre personaggi, un Pomponius e due Mattii, quasi certamente liberti, anche se nelle loro formule onomastiche manca qualsiasi riferimento a for- mule di patronato o di filiazione.

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Il gentilizio Pomponius è diffusissimo e nel territorio di Casinum compare almeno altre tre volte125. Mattius è invece più raro, ma si ritrova a Casinum almeno un’altra volta126. Tutti e tre i cognomina sono latini e ben adatti a degli ex schiavi: Tertius e Felix (quest’ultimo utilizzato sia per uomini che per donne) sono assai frequenti, mentre meno diffuso è Familiaris127. Per l’epigrafe è proponibile una datazione tra la seconda metà del I secolo a.C. e la prima metà del I secolo d.C. (C.M.)

16. Cippo, di cui rimane un frammento fratto su tutti i lati. È ricordato genericamen- te a Cassino da Labriola (che lo ritenne perduto) e fu poi rintracciato alla cantina Petrarcone128 da Detlefsen; fu cercato invano da Mommsen. Misure: (27) × (27) × 18 (non è certo che lo spessore sia originario); lett. rr. 1-2: 4,5; r. 3: 4,3 (fig. 19). CIL X, 5284; Carettoni, Casinum (presso Cassino)…, cit., p. 113, nt. 5 (che lo rintraccia nel cortile della proprietà).

N. Savoṇi Antigoni. I(n) f̣(ronte) p(edes) XII, i(n) a(gro) p(edes) X.

1) O nana. 3) La F sarebbe resa, secondo il CIL, con due tratti verticali.

Si tratta del sepolcro di N(umerius) Savonius Antigonus, personaggio di probabile origine servile, la cui area sepolcrale si estendeva per una superficie di 12 × 10 piedi, ossia di circa m 3,55 × 2,96. Il gentilizio Savonius è raro e attestato finora in meno di dieci iscrizioni, tutte da contesti dell’Italia centro-meridionale129, tra cui Casinum, dove assume un certo rilievo prosopografico. Infatti, oltre che in questa epigrafe, esso compare nel titolo

125. CIL X, 5160 = ILS 3428, CIL X, 5274, CIL X, 5276 (se Poponia deve intendersi come errore per Pomponia e non come gentilizio autonomo). A queste testimonianze si aggiunge la spada di S. Vittore, rinvenuta nel territorio di Casinum, ma di produzione romana (cfr. D. Sacco, M. Tondo, E. Nicosia, «Il Santuario di Fondo Decina. Materiale votivo e forme di culto. La spada di San Vittore», in G. Ghini, Z. Mari (edd.), Lazio e Sabina. 9, Atti del Convegno. Nono Incontro di Studi sul Lazio e la Sabina, Roma 2012, Roma 2013, pp. 483-485). 126. AE 1988, 238. 127. Cfr. Kajanto, The Latin Cognomina…, cit., pp. 82, 134 e 314. 128. Probabilmente l’epigrafe in oggetto fu spostata dalla cantina alla villa tra gli ultimi decenni del XIX secolo e il 1940, quando la ricordò Carettoni come presente presso la villa. 129. Roma (CIL VI, 36809 = ILS 9250, prenome Numerius); Silvium: AE 1999, 502 (prenome Nu- merius); Venusia: CIL IX, 659; Numistro: CIL X, 8117 = 8118 = AE 2009, 263; infine le tre iscrizioni di Casinum e le due di Minturnae di cui stiamo per parlare. A Casinum, possibile la lettura del gentilizio anche in Carettoni, «Cassino - Esplorazione …», cit., p. 130, n. 166, su cui però cfr. Molle, «Un cavaliere…», cit., p. 127, nt. 25.

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Fig. 19 di un N. Savonius N. f. pr(aetor)130, databile ad epoca repubblicana, oltre che, come sembra, nell’iscrizione che qui si pubblica al n. 17. Inoltre, in due cippi tardo repub- blicani di Minturnae131, sono presenti rispettivamente una liberta e uno schiavo di un N(umerius) Savonius, per cui, considerati gli strettissimi rapporti tra Casinum e il grande porto tirrenico, sembra molto probabile un coinvolgimento dei Savonii casinati nelle attività commerciali di Minturnae. L’iscrizione sembra inquadrabile nei decenni centrali del I secolo a.C. (C.M.)

17. Cippo stondato in calcare, con la parte destinata ad essere interrata alta cm 32; il retro, dalla superficie molto irregolare, ha un profilo convesso; l’iscrizione è assai consunta. Misure: 88 × 34 × 25; lett. r. 1: 4,5; r. 2: 4,3; r. 3: 4/3,7; r. 4: 4 (fig. 20). Inedito.

130. CIL X, 5203 = CIL I2, 1545 cfr. p. 1004 = ILLRP 564. Si noti che l’iscrizione era pure conservata in hortis Petrarcone. Tenderemmo ad escludere la possibilità di intendere la sua carica come pr(aefectus). Per la questione G.D. Merola, «Intorno a Cassino romana», in Index 32, 2004, p. 382; Solin, «Sulla storia costituzionale…», cit., p. 110, n. 1; Solin, «Sulle trasformazioni amministrative…», cit., pp. 676- 677. 131. CIL I2, 2688 e CIL I2, 2706.

92 SEBarc xvi, 2018, pp. 59-100 Francesca Cerrone, Carlo Molle, Casinum: ricognizione epigrafica…

Fig. 20

[-?] Sav[o]ṇị[- - -?] [- 1/2 -]+R++++[- - -]. In fro++[- - -], in agr[- - -].

2) Sembra di distinguere una sequenza [- - -]ARTI se non [- - -]ARTH o anche [- - -]ARTE (con E resa a due tratti verticali); non si esclude del tutto neanche RELIS; non sembra potervi essere AMPELIS.

L’iscrizione, che potrebbe appartenere tanto a un uomo quanto a una donna, è di difficile lettura, ma dovrebbe conservare traccia del gentilizio Savonius, raro ma, come abbiamo visto nel commento all’iscrizione n. 16, significativamente attestato

SEBarc xvi, 2018, pp. 59-100 93 Francesca Cerrone, Carlo Molle, Casinum: ricognizione epigrafica… a Casinum. Impermeabili a qualsiasi tentativo di decifrazione ci sono sembrate le lettere della r. 2, mentre alla fine del testo era senz’altro presente un titulus pedaturae. L’iscrizione è orientativamente databile tra la metà del I secolo a.C. e la metà del I secolo d.C. (F.C.)

18. Parte superiore di cippo stondato in calcare locale, scheggiato a sinistra e a destra, oltre che mancante in basso; il retro è irregolarmente arrotondato. Misure: (43) × (44) × 29; lett. r. 1: 6,5; r. 2: 6 (fig. 21). Inedito.

+ Stat[- - -] [Pr?]imi M+[- - -] ------?

Interpunzione presente sia prima di STAT che dopo IMI. 1) La prima crux è compatibile con le abbreviazioni dei prenomi M(arcus) o A(ulus).

Nel titolo sembrerebbe comparire il gentilizio Statius o Statilius, entrambi ge- neralmente frequenti. Di essi è sicuramente attestato a Casinum Statilius132, ma ci

Fig. 21

132. CIL X, 5290.

94 SEBarc xvi, 2018, pp. 59-100 Francesca Cerrone, Carlo Molle, Casinum: ricognizione epigrafica… sono altre due iscrizioni frammentarie nelle quali sarebbero integrabili entrambi i gentilizi133. Nella seconda linea dovrebbero comparire i resti del cognome Primus, in caso genitivo, mentre assai più improbabile ci sembra un’integrazione [A]imi(lia tribu)134. La forma delle lettere, con le M fortemente divaricate, farebbe pensare ad una datazione intorno ai decenni centrali del I secolo a.C. (C.M.)

19. Cippo stondato in calcare, spezzato in basso, con retro sbozzato. Misure: (42) × 42,5 × 26,5; lett. r. 1: 4,5; rr. 2-3: 3,5; rr. 4-5: 2,7 circa; r. 6: 3,5 circa (fig. 22). Inedito.

Q. Veili P. Q. l. Erotis, Veiliae P. Q. l. Hilarae,̣ Q. Veilio Q. f. Frontoni, 5) P̣. Ṿeilio Q. f. Maxsimo (!), [- - -] p̣(edes) X̣[- - -] ------?

Fig. 22

133. AE 1973, 179 (S. Vittore del Lazio), CIL X, 5166 = AE 1973, 171 (età tardo repubblicana), su cui cfr. supra, nt. 121. 134. Ci sono diversi casi in cui questa tribù è abbreviata non alle prime tre, come di norma, ma alle prime quattro lettere.

SEBarc xvi, 2018, pp. 59-100 95 Francesca Cerrone, Carlo Molle, Casinum: ricognizione epigrafica…

Si tratta del cippo sepolcrale di quattro Veilii. I primi due, rispettivamente un uomo e una donna, sono liberti di un P(ublius) e di un Q(uintus); gli altri due, en- trambi uomini, sono invece ingenui e figli di un Q(uintus). Considerando l’ordine di comparsa, apparentemente invertito rispetto a quanto imporrebbe la gerarchia sociale, e il fatto che gli ingenui siano figli di un Q(uintus), si può ipotizzare, no- nostante la mancanza di indicazioni di parentela, che i primi due (Eros e Hilara) siano i genitori dei secondi due (Fronto e Maximus). In tal caso, si dovrebbe dedurre che i figli siano nati dopo la manomissione dei genitori, che peraltro — sempre che questa interpretazione rimanga valida — dettero loro dei cognomi latini e diffusi prevalentemente tra gli ingenui135. Il gentilizio Veilius è molto interessante dal punto di vista prosopografico. Se si prescinde dalla forma Vehilius, da ritenere forma canonica di questo nomen136, esso infatti è rarissimo e compare, se si eccettua l’instrumentum inscriptum137, solo in altri due testi epigrafici, incisi su due tipici cinerari di produzione locale rispettivamente da Casinum138 e dalla vicina Aquinum139. L’iscrizione casinate, incisa su un cinerario successivamente trasformato in vasca140, fu trovata nel 1747 nell’agro occidentale della città141 ed era relativa a un Q. Veilius P. Q. l. Eros, ossia a un personaggio del tutto omonimo del nostro. Questa coincidenza fa ritenere tutt’altro che improbabile che l’iscrizione della Villa Petrarcone costituisca il titulus maior del sepolcro familiare, mentre il cinerario già noto sia il sepolcro individuale del capostipite situato al suo interno. È dunque assai probabile che pure l’iscrizione inedita vada ricondotta alla stessa zona dell’agro occidentale di Casinum.

135. Si noti, comunque, che la mancanza della tribù potrebbe riflettere la non acquisizione della piena cittadinanza romana 136. Cfr. il commento di AE 1988, 234 «Veilius est sans doute une forme contractée de Vehilius, nom attesté 17 fois à Rome et deux foix en Sardaigne». Da notare, peraltro, che Vehilius non compare in zona. Un certo rilievo prosopografico hanno avuto invece i Vehilii, come sembra originari di Praeneste (cfr. Salomies, «Senatori oriundi…», cit., p. 82). 137. Su cui cfr. Nonnis, Produzione…, cit., p. 447. 138. CIL X, 5298 = AE 1988, 234. Mommsen, che non aveva visto l’originale, proponeva cautamente di leggere un gentilizio Vettidius, ma la lettura Veilius è stata pienamente riabilitata dopo il ritrovamento dell’epigrafe in Giannetti, «Ricognizione epigrafica…», cit., p. 55, fig.2 a p. 56. Cfr. anche Diebner, «Un gruppo di cinerari…», cit., p. 73, fig. 23, e p. 75, n. 6; Solin, «L’epigrafia dei villaggi…», cit., p. 378, nt. 39. 139. CIL X, 5536: P. Veilius, secondo una lettura riabilitata da Solin (Solin, «L’epigrafia dei villaggi…», cit., p. 391 nt. 88), già proposta dal primo editore P. Cayro, Storia sacra e profana d’Aquino e sua diocesi, (vol. I), Napoli 1808, p. 381, n. 90 (sul cinerario cfr. anche Giannetti, «Ricognizione epigrafica…», cit., pp. 79-80, n. 31, tav. XVI, 2 e Diebner, «Un gruppo di cinerari…», cit., p. 66, fig. 3 e p. 78, n. 31, dove però il manufatto non viene riconosciuto come CIL X, 5536). Sembra tutt’altro gentilizio, invece, quello dell’iscrizione aquinate pubblicata in A. Giannetti, «Seconda ricognizione epigrafica compiuta nel territorio di Casinum, Interamna Lirenas ed Aquinum», in RLinc 26, 1971, p. 424, n. 6, tav. II, fig. 2; cfr. Solin, «L’epigrafia dei villaggi…», cit., p. 390, che sarebbe relativa a un Q. Veleius Q. f. Ouf(entina). 140. Come, d’altra parte, è avvenuto anche nel caso del cinerario aquinate. 141. CIL: «Ad Casinum in Latina rep. a. 1747 citra pontem delli Cantoni, in predio Cosimi Cepraro della Villa» (Cepraro sarà un errore per Capraro). Fu ritrovata da Giannetti lungo via Solfegna, quindi più o meno nella stessa zona.

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Quanto alla datazione, è proponibile una cronologia tra la metà del I secolo a.C. e l’età augustea, peraltro valida anche per il cinerario già noto. (C.M.)

20. Frammento di calcare iscritto, spezzato su tutti i lati e riferibile ad un manufatto non meglio definibile, probabilmente un cippo. Poiché fu da noi documentato in maniera provvisoria e successivamente non ritrovato, non sono state prese le misure, tuttavia intuibili dalla foto con scala metrica (lett. ca 4,5/3) (fig. 23). Inedito.

------? [- - -?]+++[- - -?] [- - -?] In fro[- - -], [- - -? i]n agr[- - -] ------?

1) la prima crux potrebbe celare una V; la seconda conserva la base di un’asta; la terza è la parte inferiore di una L o una E, se non di una D o una B.

Fig. 23

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Questo frammento epigrafico riporta parte di un titulus pedaturae, preceduto da alcune lettere (r. 1) probabilmente ascrivibili a un elemento onomastico non ricostruibile. Il testo non pare riconducibile a nessun titolo casinate già documen- tato, neppure al frammento di titulus pedaturae che doveva essere conservato dai Petrarcone (CIL X, 5327). È probabilmente databile tra la metà del I secolo a.C. e il I secolo d.C. (F.C.)

21. Frammento di cippo (?) in calcare, mutilo sia in alto che in basso che a sinistra; retro sbozzato ma originario. Misure: (35) × (31) × 29; le lettere distinguibili non sono conservate per un’altezza di più di cm 5 all’incirca (fig. 24). Forse inedito.

------? [- - -] Ḷ. L[- - -] [- - -?]++[- - -?]

1) La prima L pare preceduta e seguita da un punto. 2) Si intuiscono tracce di due lettere da foto a luce radente, forse corrispondenti a una C o G e a una E o L.

Fig. 24

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Dell’iscrizione è impossibile qualsiasi considerazione, al di fuori del fatto che le due lettere della r. 1 potrebbero indicare il titulus patronatus di un liberto (o di una liberta) di un L(ucius). Le tracce di lettere nell’ultima riga potrebbero invece essere compatibili, in via del tutto ipotetica, con il cognomen Ge. Si segnala, a tal proposito, l’esistenza di un’iscrizione casinate (CIL X, 5235), rilevata nel 1816 da Masciola «in praedio Francisci Ranaldi q. d. il campo de’ pozzi» e attualmente perduta142, il cui testo recita: Fufidia T. l. / Ge. Non è escluso pertanto, se la nostra lettura Ge fosse esatta, che i due testi possano essere identificati, considerando pure che la lettura del prenome L(ucius) nella formula di patronato (r. 1) rimane comunque problematica per il cattivo stato di conservazione della pietra. L’epigrafe sembra genericamente databile tra la tarda età repubblicana e l’età imperiale. (C.M.)

22. Parte inferiore di una base in calcare, molto scheggiata, con zoccolo modanato e campo epigrafico scorniciato; sul fianco destro resta parte della patera a rilievo; la modanatura del plinto, ancora conservata sul fianco sinistro, risulta scalpellata sul fianco destro, forse per successivo reimpiego. Vista «inserita in un muro di conte- nimento, in fondo alla via del Crocifisso, dopo l’abitazione dei Colini-Petrarcone» (Giannetti); attualmente si trova nel cortile della Villa Petrarcone, lato sinistro. Misure: (53) × 53 × 46; il plinto modanato è alto cm 29; lett. r. 2: 5 (fig. 25).

Fig. 25

142. Cfr. Giannetti, «Ricognizione epigrafica…», cit., p. 54.

SEBarc xvi, 2018, pp. 59-100 99 Francesca Cerrone, Carlo Molle, Casinum: ricognizione epigrafica…

CIL X, 5312; cfr. Giannetti, «Epigrafi inedite…», cit., p. 793, n. 26, tav. VII, fig. 24.

------[- - -]ẠṆ+[- c.1 -]? ++[- - -]il advers(- - -).

1-2) ++[- - -?] AMO/MVS FIL ADVERS (Mommsen); [Lapill]anus / [- - -]il ad- vers[- - -] (Giannetti). 2) in corrispondenza delle cruces si intuiscono due aste verticali.

L’epigrafe, di difficile lettura e classificazione a causa delle esigue tracce di lettere rimaste, fu interpretata da Giannetti come parte dell’iscrizione CIL X, 5172, una dedica a Settimio Severo da parte di un pagus Lapillanus; l’ipotesi, tuttavia, non sembra giustificata. Mommsen, come risulta dall’indice del CIL X (p. 1068), leggeva invece il cognome Amo/mus tra le rr. 1 e 2. Nella prima riga conservata, è forse da escludere la presenza di una M, perché le aste risulterebbero troppo divaricate e quindi poco adatte alla paleografia generale dell’iscrizione, compatibile con una datazione compresa almeno tra la metà del II e il III secolo d.C., se non oltre. Con cautela si può proporre la lettura ANI o in alternativa AIV. Difficile anche, visto il disperato stato della pietra, confermare la lettura della r. 2, in cui si vedono delle tracce di incisione (due aste) all’inizio, seguite da una lacuna e poi da un enigmatico [- - -]il advers(- - -). Il termine adversus ricorre epigraficamente come preposizione in molti testi normativi e regolamentari, spesso introducendo espressioni sanzionatorie contro i violatori delle disposizioni143. Un confronto potrebbe essere costituito da un’iscri- zione, forse puteolana, in cui è presente l’espressione qui nihil adversus legem / et conventionem eius corporis facere / perseveraverint144, ipotizzabile, almeno per la prima parte (nihil adversus) anche nel nostro testo. Sono valutabili, con estrema prudenza, anche l’espressione nihil advers(i), nel senso di «niente di contrario», e persino l’ipotesi che il termine sia utilizzato in senso topografico, con riferimento a qualcosa che stesse di fronte. È infine assai probabile che l’iscrizione continuasse nella parte superiore del fianco destro della base, con dettagli aggiuntivi della cui natura non possiamo dire nulla . (F.C.)

143. Espressioni ricorrenti sono ad esempio: si quis adversus seguita dall’accusativo. Per l’utilizzo più generale del termine, cfr. anche ThLL I (1900), s.vv. adversus e adverto, coll. 850-873 e O. Gradenwitz, B. Kuebler, E.T. Schulze, Vocabularium Iurisprudentiae Romanae, Berlin 1903, s.v. adversus, coll. 273- 280. 144. CIL X, 1579 = ILS 4291.

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