Corso Maestro Nazionale

Tesi La correzione della tecnica nei tennisti di vertice

Maestro Nazionale ! Giulia Bruschi

Tutor Gennaro Volturo

!

Anno Accademico 2017-18

1 RINGRAZIAMENTI Dopo due lunghi e intensi anni finalmente è arrivato il giorno: scrivere queste frasi di ringraziamento è il tocco finale di questa tesi. E’ stato un periodo di profondo apprendimento, non solo a livello scientifico, ma anche personale. Ho iniziato a fare questo lavoro proprio per cercare di crescere come persona, perché riuscire a far apprendere e insegnare qualcosa a qualcuno è una sfida. Voglio ringraziare la mia famiglia che mi ha sempre supportato in questo cammino, tutto il mio team che mi permette di crescere ogni giorno. Massimo Sartori, Ivan Ljubicic ,Cristian Brandi e Gennaro Volturo che hanno contribuito nella buona riuscita di questa tesi oltre che ha insegnarmi sempre cose nuove. Un grazie particolare vanno a Riccardo Piatti, mio idolo e ispirazione che mi ha dato e mi da la possibilità di rendere reale tutto ciò e a Nicole che mi sta vicina ogni giorno e mi aiuta a superare le difficoltà. Avere vicino e poter lavorare con persone che vogliono migliorarsi ogni giorno è la fortuna più grande, grazie a tutti dal cuore.

2 RINGRAZIAMENTI INDICE INTRODUZIONE 1. GLI ATLETI DI VERTICE 1.1 IL TENNIS MODERNO:CAPACITà DI ADATTAMENTO E TECNICA FLESSIBILE 1.2 PERCHè DIFFERENTI TECNICHE PORTANO AL SUCCESSO? (BIOMECCANICA FISSA E TECNICA VARIABILE) 2. RICCARDO PIATTI: PARTIAMO DAL COLPO 2.1 APPROCCIO TATTICO PER ARRIVARE ALL’INTERVENTO TECNICO O VICEVERSA? 3. LA CORREZIONE NEI TENNISTI DI VERTICE 3.1 IL SERVIZIO DI RAONIC 3.2 IL DIRITTO DI CORIC 4. VIDEOANALISI E MATCH ANALISI COME STRUMENTO OGGETTIVO PER IMPOSTARE L’INTERVENTO TECNICO CONCLUSIONE BIBLIOGRAFIA

3 INTRODUZIONE Il tema trattato è talvolta considerato tra gli addetti ai lavori quasi un “tabù”. Poiché su questo argomento non si trovano testi che spiegano che un metodo sia meglio di un’altro o che sia più indicato agire in un modo rispetto ad un altro, la metodologia d’intervento è affidata all’esperienza e alla valutazione personale del coach, poiché ognuno è diverso ed è importante rispettarne la natura. La stessa funzione specifica dell’allenatore rispetto al compito di correggere l’errore è talvolta messa in dubbio per quanto riguarda l’atleta di alto livello, il quale spesso ha accumulato un’esperienza pluriennale che rende difficile la modifica degli automatismi abituali d’azione. Per questo motivo molti allenatori sono convinti che con gli atleti di alto livello non si tratta tanto di correggere l’errore quanto di far rendere il loro tennis al meglio per la massima prestazione.

La scelta dell’argomento è stata fortemente condizionata dalla mia esperienza diretta e dal mio sogno di poter un giorno allenare un giocatore o una giocatrice d’elìte.

Il lavoro è stato strutturato nel modo seguente: dopo l’introduzione, nel primo capitolo e nei suoi due sottocapitoli si analizzano come il tennis sia cambiato negli ultimi anni, in che direzione sta andando sempre più e perché si parla quindi di biomeccanica fissa e tecnica variabile; il secondo capitolo, è interamente dedicato al coach italiano di massimo rilievo, Riccardo PIatti, raccontando la sua storia e spiegando il suo metodo di lavoro con i professionisti e non. Dopodichè ho sottoposto sette domande uguali a quattro allenatori del circuito ATP e WTA per analizzare quali potessero essere i metodi e le idee comuni in un percorso di lavoro con atleti di questo genere. Successivamente ho preso in esempio un giocatore

4 professionista e l’approccio usato dal suo allenatore nella correzione di un colpo. Nel quarto e ultimo capitolo si analizzano invece vantaggi e svantaggi di videoanalisi e match analisi spiegando cosa sono e come vengono utilizzate. Nella parte finale ho voluto sottolineare quanto comunque anche la correzione della tecnica negli atleti di elite sia un continuo adattamento a situazioni, stati d’animo e momenti che vengono vissuti dal e con il giocatore.

5 1. GLI ATLETI DI VERTICE Nel corso degli ultimi decenni, il modo di giocare a tennis è sicuramente cambiato. Materiali sempre più leggeri e efficaci, tecnologie sempre più avanzate, una conoscenza sempre maggiore della tecnica, della preparazione fisica e della prevenzione hanno portato ad un tennis sempre più aggressivo e fisico. Il tennis di oggi infatti si gioca prevalentemente su pochi scambi (in media dai 3 ai 5 colpi) dove servizio e risposta, ovvero i colpi iniziali di ogni scambio, svolgono una parte determinate nel gioco. Abbiamo sempre più giocatori che hanno un servizio con una potenza devastante (la forza è stata incrementata in maniera esponenziale), trovando sempre più angoli stretti in modo tale da aprirsi il campo e essere più agevolati nel secondo colpo. Se da una parte servono tutti meglio, si può dire però che siamo nell’era dei giocatori che rispondono meglio, riuscendo così a contrastare la potenza dei servizi avversarsi senza troppe difficoltà. A rendere possibile tutto ciò la tecnica ha un ruolo fondamentale, che è andata di pari passo con l’evoluzione e le necessità del gioco. I tennisti di oggi riescono ad allenarsi per più tempo a velocità e intensità sempre più elevata, e giocare tante partite di alto livello diminuendo notevolmente gli infortuni. Si perché la difficoltà nel tennis di alto livello sta proprio nella prestazione e a tutto ciò che gira in torno a essa; dalla preparazione al recupero, dall’alimentazione alle ore di sonno dormite fino ad arrivare alla preparazione mentale, sono sempre più i dettagli a fare la differenza. La maggior conoscenza ha permesso questa incredibile e continua evoluzione.

6 I “nuovi” tennisti quindi, così ci piace definirli, sono atleti sempre più preparati e specializzati che curano tutti i minimi particolari in modo maniacale. Per spiegare meglio la cosa voglio prendere ad esempio un atleta Next Gen (così vengono definiti i migliori giocatori under 21) Stefanos Tsitsipas, il giovane greco classe 1998, che sicuramente sta attraversando un ottimo momento. N. 1 del mondo juniores nel 2016 e ora già numero 39 del ranking ATP (con una finale al torneo ATP 500 di Barcellona, dove ha ceduto solo contro un giocatore del calibro di Nadal) , è destinato probabilmente a diventare uno dei futuri top 5 del mondo . Il 2017 è stato l’anno che lo ha portato dentro i primi 100 giocatori del mondo, risultato ottenuto dopo la semifinale al torneo ATP 250 di Anversa (battendo nei quarti il belga David Goffin). Vorrei analizzare ora l’attività del giovane prima di quel risultato per far capire in che direzione è orientata la prestazione. A partire dagli U.S. Open il greco ha giocato 9 tornei di fila dove ha disputato ben 34 partite in tre continenti diversi (America-Europa-Asia-Europa) vincendo il Challenger di Genova fino ad arrivare alla semifinale di Anversa, risultato che lo porta al n. 91 del ranking, e pensare che solo ad Aprile era posizionato al n. 207 della classifica ATP. Non ci vuole tanto quindi per capire quanto l’attività di un giocatore sia stressante; sia per la preparazione fisica dovendo affrontare continui spostamenti, cambi di fuso orario, condizioni climatiche sempre diverse e i continui cambi di superficie, che per la parte mentale essendo i tali sottoposti a continue e ripetute pressioni (cosa che in questo sport è normale, dato che bisogna sempre confermare i punti presi).

7 1.1 IL TENNIS MODERNO: CAPACITA’ DI

ADATTAMENTO E TECNICA FLESSIBILE “Una delle prime caratteristiche che deve avere un giocatore di tennis è la grande capacità di adattamento. Questo è uno sport nel quale in ogni fase cambiano i parametri. Nell’arco della stagione variano la superficie, il tipo di palle, gli orari, l’alimentazione e le condizioni geo-climatiche.” (Gazzetta dello sport 11/6/2012)

Nell’ambiente del tennis si sente parlare spesso di tecnica. Questo fatto accade perché la stessa viene generalmente percepita come il fattore principale, il centro di gravità del mondo del tennis. Di fatto alcuni grandi campioni costituiscono veri e propri modelli tecnici di riferimento. Su tutti spicca il magnifico , al quale è stata attribuita più volte dagli addetti ai lavori, l’esclusiva della perfezione esecutiva. Purtroppo, evidenze scientifiche, studi e ricerche, dimostrano palesemente che parlare di tecnica perfetta nel tennis non abbia molto senso. Il tennis è definito dagli esperti come gioco sportivo individuale, di situazione, ad abilità aperte, dove la palla non si troverà mai due volte nello stesso preciso punto del tempo e dello spazio. Si tratta di una disciplina ad elevata difficoltà cognitiva, coordinativa, psicologica. La tecnica è quindi, uno strumento deputato a risolvere un problema di natura strategico tattica. Essa, costituisce la parte terminale di un ampio processo motorio che a sua volta è subordinato a quello mentale. Il tennis moderno si è quindi evoluto verso il “problem solving”, di fatto sempre più il giocatore deve mettere in campo competenze necessarie a risolvere problemi come aver deciso cosa fare, dove e

8 come tirare, anticipare le intenzioni dell’avversario, leggere e stimare la traiettoria della palla, avere una posizione territoriale adeguata, mettersi in condizione di intercettare la palla con spazi e tempi utili alla propria azione, ed infine eseguire il gesto tecnico. Ovviamente, esistono anche errori imputabili direttamente alla tecnica, come ad esempio, impugnare la racchetta a padella e pretendere di eseguire la volée bassa. Ma anche in questo caso, l’ambiente quindi il campo, segnalerà allo sprovveduto tennista i ripetuti insuccessi e quindi la necessità di cambiamento. Si può quindi affermare che il tennis è uno sport che si gioca in condizioni di turbolenza e il giocatore dev’essere sempre in continuo adattamento, ma la chiave per il successo sta nel mezzo, una buona tecnica e alle capacità dell’atleta di affrontare e risolvere i problemi.

9 1.2 PERCHE’ DIFFERENTI TECNICHE PORTANO AL SUCCESSO? (BIOMECCANICA FISSA E TECNICA VARIABILE)

Non tutti i top ten e le top ten hanno gesti tecnicamente perfetti e uguali, poiché ogni individuo ha delle caratteristiche e capacità diverse. Quello che dovrebbe essere uno degli aspetti fondamentali per un tecnico, è forse quello di capire la differenza tra tecnica, adattamenti personali ed errori. Ogni tecnico ha un suo modello di riferimento ideale ma poi deve fare i conti con le capacità dell’allievo e con le sue caratteristiche fisiche e mentali per riuscire a raggiungere il massimo dei risultati. Nel tennis quindi non esiste una scienza esatta ed i canali di tolleranza devono essere tali da lasciare ampi personalismi agli atleti, probabilmente limitandosi a guardare il risultato e l’efficacia del colpo, piuttosto che la gestualità. Con questo voglio anche specificare che l’atleta debba “conoscere” e provare i movimenti biomeccanicamente più corretti per costruirsi nei primi anni di allenamento quel famoso bagaglio pieno di informazioni motorie, in attesa di essere in grado di scegliere da solo quelle che ritiene più idonee. Si può così affermare che la Biomeccanica è fissa, ed è al servizio della Tecnica, in quanto quest'ultima è variabile. La Biomeccanica è una scienza che si basa su dei principi matematici ben precisi e ci consente di considerarla come un qualcosa di rigido e rigoroso, a cui fare riferimento.

10 Nel tentativo di aiutare nella comprensione della biomeccanica e far sì che questi principi possano integrare la stessa nell’ambito dell’insegnamento, può essere utile riferirsi allo studio dell’acronimo B.I.O.M.E.C. Ogni lettera di tale acronimo è correlata a un particolare principio che può essere ritenuto universalmente importante per ottimizzare il rendimento di ciascuna abilità tecnica.

1) B come Balance. Per “balance” si intende la capacità di controllare al meglio l’equilibrio corporeo sia in fase statica che dinamica. L’equilibrio statico può essere preso in considerazione riferendosi alla tecnica dello split-step. Se un tennista effettuando uno split-step determinasse una base di appoggio troppo ampia, avrebbe un buon equilibrio in fase statica ma evidenti difficoltà a muoversi rapidamente. D’altra parte se la base di appoggio fosse troppo stretta, l’atleta potrebbe muoversi più facilmente ma avrebbe difficoltà a produrre velocità di spostamento in quanto la sua capacità di spinta risulterebbe piuttosto limitata. L’equilibrio dinamico è l’abilità del tennista di mantenere la propria linea di gravità all’interno della base di appoggio mentre il corpo è in movimento.

11 2) I come Inerzia. Nel tennis è particolarmente significativo il “momento di inerzia” che può essere riferito alla resistenza che la racchetta incontra durante la fase di accelerazione. Per tale motivazione chi esegue il rovescio a una mano ha l’esigenza di flettere il gomito al termine della preparazione, mantenendo l’arto dominante piuttosto vicino al tronco anche durante la prima fase di accelerazione. Se al contrario la racchetta fosse distante dal corpo, il tennista avrebbe grande difficoltà nel produrre la massima velocità dell’attrezzo in quanto il momento di inerzia angolare risulterebbe troppo elevato.

3) O come Opposite force. In questo caso si allude al principio di azione e reazione. Per un tennista è di grande rilevanza piegare gli arti inferiori durante la fase di preparazione perché così facendo potrà sfruttare la forza proveniente dal terreno durante la successiva fase di estensione. Attraverso il piegamento degli arti inferiori l’atleta eserciti una forza verso il terreno. Quest’ultimo restituirà la medesima energia che è stata impressa (“ground reaction force”) garantendo notevoli benefici in termini di spinta.

12 4) M come Momentum. Il “momentum” è il prodotto tra massa e velocità e pertanto il tennista, per favorire la massima accelerazione dell’attrezzo, deve cercare di aumentare la velocità prodotta dai propri segmenti corporei in modo da trasferire alla racchetta il “momentum” generato. Possiamo distinguere due differenti tipologie di “momentum”: lineare e angolare. Può essere semplice comprenderne la differenza raffrontando l’open stance con la neutral stance nell’esecuzione dei colpi a rimbalzo. Nell’open stance il tennista enfatizza la torsione del tronco e utilizza in misura predominante il “momentum” angolare. Al contrario nella neutral stance l’atleta impiega soprattutto il trasferimento del peso del corpo come componente di spinta e pertanto il “momentum” lineare è prevalente rispetto a quello angolare.

5) E come Energia elastica. L’energia elastica può essere riassunta considerando l’applicazione del cosiddetto “stretch-shorten cycle” (ciclo di allungamento e accorciamento). In particolare, durante la fase di preparazione di ciascuna abilità tecnica, i muscoli sono soggetti a una fase di allungamento che consente l’accumulo di energia elastica. Quest’ultima sarà impiegata durante la fase successiva attraverso l’accorciamento delle fibre muscolari e viene trasferita all’attrezzo favorendone una maggiore accelerazione.

13 6) C come Catena cinetica. La catena cinetica è l’azione sinergica dei vari segmenti corporei i quali agiscono come se fossero anelli di una catena, in cui la forza generata da ognuno di essi viene trasferita a quello successivo. La coordinazione è l’aspetto più significativo correlato a tale principio biomeccanico perché, per massimizzare la velocità finale, i segmenti corporei devono essere reclutati in modo tale che ognuno di essi inizi il suo movimento nell’istante in cui il segmento precedente ha raggiunto la massima velocità.

Essendo il tennis però uno sport di specializzazione tardiva, è importante priorizzare questi concetti fin da piccoli. Nel processo di crescita si deve correggere gli errori ma non snaturare il gesto perché solo la naturalezza può renderlo efficace. E’ qui la parte più difficile : riconoscere quelli che sono gli adattamenti personali positivi da quelli negativi ( errori ), quelli cioè che , anche se al momento sembrano dare dei risultati, diventeranno limitanti la prestazione. Sicuramente uno degli obbiettivi della biomeccanica è legato all’esigenza di ottimizzare la performance dell’atleta prevenendo nel contempo l’insorgere di infortuni che ne potrebbero pregiudicare la carriera. Ormai i tennisti professionisti e coloro che intraprendono la lunga strada del professionismo sono sottoposti a stress fisici notevoli. Si gioca tanto, in condizioni di gioco non omogenee, e senza poter prevedere un vero schedule annuale, visto che più si vince e più si è “costretti” a giocare nel corso della settimana, rendendo difficile una vera programmazione, un calendario strutturato rigidamente.

14 Diventa quindi ancor più importante gestire bene l’aspetto psico- fisico della prestazione, per ridurre al massimo i possibili infortuni, soprattutto quelli derivanti non da un incidente traumatico ma bensì da un problema di stress o posturale. “Il limite dei tennisti è che spesso si accorgono del problema quando ormai è troppo tardi. Se si sottopone il fisico ad un logorio eccessivo in certe parti del corpo è poi difficile risolvere completamente il problema. Ed a volte proporre dei cambiamenti nella loro tecnica è molto difficile, si incontrano molte resistenze. Ideale sarebbe intervenire da ragazzini, quando ancora il fisico si sta formando, in modo da correggere alla base gli eventuali problemi e quindi creare un tennista sano dal punto di vista posturale e biomeccanico.” Langerveld

Quindi esiste la biomeccanica, ma esiste anche la biodiversità, ed è per questo motivo che la Tecnica deve adattarsi di più alle capacità e abilità dell’atleta stesso. Se prendessimo come esempio il giocatore Andreas Seppi ci potremmo rendere conto di quanto sia veritiero quanto appena detto. Seppi infatti ha dovuto adattare la sua impugnatura del servizio modificandola da continental ad eastern per una problematica riguardante una limitazione di mobilità dell’articolazione della sua spalla destra.

15 2. RICCARDO PIATTI: PARTIAMO DAL COLPO. Riccardo Piatti è il coach italiano che ha raggiunto i risultati più importanti a livello nazionale e internazionale. Nato a Como nel 1958 è diventato Maestro nel 1982, dopo aver frequentato la Scuola Nazionale Maestri Tennis. Tra il 1984 e il 1988 è stato responsabile e capitano della squadra U16 della Federazione Italiana Tennis. Nel 1988 decide di intraprendere la libera professione e di seguire alcuni dei più promettenti giovani tennisti italiani, come Renzo Furlan best ranking n. 19 nel 1996, Cristiano Caratti, n. 26 ATP nel 1991, n. 25 ATP e Cristian Brandi n. 50 in doppio nel 2000. Dal 1990 Riccardo Piatti ha allenato Ivan Ljubicic, che sotto la sua guida ha raggiunto il best ranking n. 3, vinto 10 tornei ATP (compreso il Master 1000 di Indian Wells - USA), conquistato la medaglia di Bronzo alle Olimpiadi di Atene nel 2004, insieme a Mario Ancic, e vinto la Coppa Davis con la Croazia nel 2006. Il Coach italiano ha anche lavorato con i giocatori nazionali Simone Bolelli e Fabio Fognini. Per un anno ha collaborato con il serbo ex n. 1 del mondo . Nel 2013 ha allenato il francese che in quella stagione ha ottenuto il suo best ranking ATP n. 9 riuscendo anche ad accedere al Master di Londra. Dal 2013 al 2017 il Coach Piatti ha seguito il giocatore canadese che ha disputato una finale di Wimbledon, raggiunto il best ranking ATP n. 3 e partecipato al Master di Londra, il torneo riservato ai migliori otto giocatori del mondo.

16 Attualmente Riccardo sta allenando il giovane talento Croato Borna Coric. Dal 2008 Coach Piatti ha deciso di mettere la sua grande esperienza anche al servizio dei giovani talenti del tennis e dei loro allenatori, organizzando workshop in Italia ed Europa e collaborando come consulente per numerosi Tennis Club.

Ogni volta che è spuntata fuori una novità, nel tempo, c’è sempre stato dietro Riccardo. Dalle video analisi di Danilo Pizzorno al super preparatore atletico Dalibor Sirola, al chiropratico Alfio Caronti. Tutti super specialisti che sono rimasti nell’ambito del tecnico comasco, e che ci sono tuttora in questa sua nuova avventura, la Riccardo Piatti Tennis Accademy (anche se a lui non piace chiamarla così) che ha appena messo su con l’ausilio dei fedelissimi Massimo Sartori e Cristian Brandi. A Bordighera Riccardo ha messo una struttura all’avanguardia con quattro campi in cemento, due coperti e due no, e altri due in terra che nasceranno, più palestra, spogliatoi. I campi al coperto sono dotati di una macchietta magica, una specie di moviola, Playsight, “made in Israele” che, grazie a dieci telecamere, ad un software e all’elaborazione di un tecnico, consente l’analisi nei dettagli di tutti i movimenti degli atleti in allenamento, da tre diverse angolazioni. Non solo in presa diretta, un attimo dopo l’azione, già sul campo, ma anche più tardi, rivedendo la registrazione e studiandola, da soli o col coach.

17 La vicinanza con Montecarlo, dove anche Piatti, Ljubicic e Djpkovic hanno la residenza, ha portato all’Accedemia non solo Nole ed i suoi allenatori Agassi e Stepanek, ma anche Wawrinka, Berdych, Dimitrov e il 21enne croato Borna Coric. Che, su suggerimento del manager Ljubicic, dopo aver testato le strutture e le conoscenze di Riccardo, gli ha chiesto di diventare il suo allenatore. Quello che è affascinante, al di là della tecnologia e della validità della struttura, che sorge accanto a un ristorante, gemellato, è la coinvolgente passione di Piatti in tutte le fasi del progetto. “Il tennis è uno sport molto tecnico, ed è fondamentale potersi rivedere continuamente, per verificare e correggere gli errori, e per valutare i miglioramenti”.

Quando Riccardo ha iniziato il suo “cammino” la sola cosa che faceva era lavorare moltissimo, poiché non conosceva il percorso per costruire un giocatore di vertice. La sua esperienza lo ha portato ha creare un metodo di lavoro, con un ordine ben preciso nel fare le cose, dove tutto parte dalla tecnica e dal miglioramento del colpo, ‘’se ho una buona tecnica’’ dice Piatti ‘’allora ho più soluzioni nel gioco e quindi sono più agevolato nella tattica, al contrario invece se ho qualche impedimento a livello tecnico, e magari non sono in grado di colpire la palla mandandola lungolinea perché il colpo ha dei limiti e non me lo permette, allora sono più penalizzato dal punto di vista tattico’’.Piatti utilizza questo metodo con tutti i giocatori, grandi o piccoli che siano, con i professionisti e i giovani. L’approccio è simile, ma va visto con occhi differenti, i giocatori hanno bisogno di qualcuno che gli faccia rendere consapevoli di ciò che hanno, mentre con i ragazzi è diverso,vanno “costruiti” ed educati.

18 Nel centro Piatti a Bordighera, Team è la parola chiave. Con lo staff e i suoi allievi ha creato un linguaggio comune per fare in modo che i giocatori abbiano le idee chiare e vadano meno in confusione quando stanno in campo. Piatti utilizza un linguaggio molto semplice per rendere tutto più facile ma allo stesso tempo molto efficace, e tutti i maestri che collaborano con lui parlano la sua stessa “lingua”. Uno dei suoi principali punti chiave di osservazione è come i giocatori muovono la mano; se la mano fa un movimento corto, allora riusciranno a sfruttare al massimo l’accelerazione della racchetta che invece deve fare un giro più lungo per produrre velocità. Se la palla viene colpita nel modo corretto dice Piatti il professionista conoscendo bene il gioco può decidere come impostare la tattica a seconda dell’avversario e del suo stato emotivo. Nella sua prima esperienza da allenatore con i Piatti Boys ( Furlan, Brandi, Mordegan e Caratti) così li chiamavano nel circuito, si trovava a dover fare tutto da solo ovviamente: preparatore atletico, massaggiatore, psicologo e nutrizionista, in quanto i soldi erano pochi all’inizio e la conoscenza era scarsa. Questo negli anni gli ha fatto capire che avrebbe avuto bisogno di un team di lavoro, ovvero di persone specializzate nel proprio settore con lo stesso obbiettivo in testa capaci di interfacciarsi tra loro e di lavorare uniti per raggiungere il proprio sogno, quello di formare un giocatore professionista. Persone che lavorano con lo stesso metodo, con un ordine ben preciso che parlano la stessa lingua e che puntano allo stesso obbiettivo, ecco il segreto del suo centro, quello che ha creato e fatto è qualcosa di straordinario e geniale, una persona che ha dedicato la sua vita alla sua passione e sicuramente ha scritto la storia di questo sport e realizzato il suo sogno.

19 Il suo motto è: “SENZA METODO, ORDINE, VOLONTà E FATICA NON C’è IL MIGLIORAMENTO. Dentro questa frase si riassume la sua vita e il suo lavoro, metodo e ordine l’ho do io (maestro), volontà e fatica lo dovete mettere voi (giocatori). “

Riccardo Piatti

20 2.1 APPROCCIO TATTICO PER ARRIVARE ALL INTERVENTO TECNICO O VICEVERSA? Prendendo in esame alcuni allenatori di giocatori ATP e WTA che sicuramente hanno molta esperienza in questo campo e ci possono aiutare a fare chiarezza su questo argomento e su come vedono loro il tennis. Gli allenatori presi in esame sono: RICCARDO PIATTI (RP) MASSIMO SARTORI (MS) IVAN LJUBICIC (IL) CRISTIAN BRANDI (CB)

Ecco a voi le domande: 1) Che cos’è la prima cosa che guardi in un giocatore di tennis quando lo vedi giocare per la prima volta?

RP: Come colpisce la palla, come muove la mano e come muove la racchetta su tutti i colpi. MS: La distanza da dove gioca e se si muove indietro o avanti. Poi guardo subito la fluidità dei colpi per vedere cosa è suo e cosa è costruito. CB: La tecnica e come colpisce la palla. IL: La prima cosa che vedi, è la tecnica. E’ la cosa più ovvia quando vedi un giocatore. Poi arriva la fisicità e solo dopo un po' di tempo si capisce il carattere, che probabilmente è la cosa più importante e la cosa che “decide” se un giocatore diventa veramente forte.

21 2) Parti dalla tecnica o dalla tattica?

RP: Parto sempre dalla tecnica. Solo con Gasquet sono partito dal gioco, perché era più facile fargli capire il miglioramento del colpo partendo da una sua sicurezza. MS: Parto sempre dalla tecnica. Li metto sulla tattica solo quando con la tecnica non riesco a far capire il cambiamento del colpo o di quello che gli sto chiedendo. CB: Parto sempre dalla tecnica per dare un’ordine al giocatore. IL: La tecnica è la cosa che si vede. La tattica è legata al carattere e magari anche al momento. Sicuramente la cosa più facile da cambiare e “sistemare” è la tattica.

3) Come imposti la prima parte del lavoro e che approccio usi col giocatore?

RP: Per prima cosa cerco sempre di parlargli e conoscerlo e vedere se i suoi obbiettivi coincidono con i miei. MS: La prima parte è sempre a mettere a suo agio il giocatore e vedere come gioca lui, e da li vedo cosa posso fare, ma prima devo capire chi ho davanti. CB: La prima parte sempre sul miglioramento del colpo per avere poi più soluzioni tattiche. IL: Per me la cosa più importante è capire il giocatore. Ascoltare molto per capire come ragiona, come lo si può aiutare e come lo si può far migliorare.

22 4) Quali sono le tempistiche che utilizzi di solito per i diversi step?

RP: A seconda del giocatore i tempi sono diversi. Per ottimizzare i colpi almeno 6 mesi, e almeno 2 anni per il progetto del giocatore. MS: Le tempistiche sono determinate dall’apprendimento del giocatore e non dall’insegnamento che ho deciso io. CB: In genere sempre di 6 mesi in 6 mesi, ma dipende dall’apprendimento del giocatore. IL: Dipende dal giocatore e da quando ci si inizia a lavorare. Con Raonic ho iniziato in mezzo alla stagione, quando non avevo molto tempo per lavorare sulla tecnica o tattica, ma cercavo di aiutarlo psicologicamente. Con Roger è stato diverso, abbiamo avuto molto più tempo all’inizio.

5) Come convinci il giocatore che quella sia la strada giusta?

RP: Sempre con la logica. MS: Con il grado di preparazione su quella materia, così gliela riesci ad imporre e far capire. Più conosci l’argomento che stai trattando più sei sicuro quando gli parli e allora lui si fida, e la cosa migliore è che tutto quello che gli dici lo rispetti e allora poi è più facile. Se gli dici una cosa e poi ne fai un’altra poi comincia a non fidarsi tanto. CB: Gli spiego il lavoro a lungo termine.

23 IL: Tanto dialogo. Il giocatore deve fare quello che ritiene giusto in quel momento. Non credo nel fatto che il giocatore fa quello che pensa che noi allenatori pensiamo sia giusto. Deve essere convinto e deve essere una cosa sua, altrimenti non funziona, almeno a livello alto.

6) Punti di forza o punti deboli?

RP: Punti di forza. MS: Devo capire quali sono i punti deboli e usare i punti forti per arrivare a quelli deboli. CB: Punti di forza. IL: Tutti e due. Con i punti di forza si vince. Migliorando i punti deboli si alza il livello. Il segreto è trovare il bilanciamento

7) Qual’è la maggior difficoltà che incontri?

RP: Trovare un linguaggio corretto col giocatore, perché ognuno è diverso. Quindi per capire come sono fatti è molto importante ascoltarli e conoscerli. MS: E’ arrivare che il giocatore abbia fiducia in me. E questo arriva solo se lui capisce che io ho conoscenza di questo sport e dello sport. Con la conoscenza di questo sport io faccio la differenza nell’arrivare a lui, con la conoscenza dello sport, arrivo a lui. CB: Quando non vincono.

24 IL: Per me quando il giocatore “si chiude”. quando non parla e dice le sue sensazioni, i pensieri e i suoi ragionamenti. Li diventa molto difficile aiutarlo.

25 3. LA CORREZIONE NEI TENNISTI DI VERTICE

Leggendo l’intervista di questi quattro incredibili allenatori forse comincia ad essere un po' più chiara la strada da seguire. Ognuno di loro ha un suo metodo e usa sicuramente strategie diverse, ma la cosa che più hanno in comune è capire chi hanno davanti, cercando di conoscere la persona per capire come meglio intervenire per farlo migliorare. L’ascolto e il dialogo sono fondamentali per permettere tutto ciò e conoscere il giocatore a 360 gradi, è sicuramente un processo lungo dove le difficoltà e gli imprevisti sono all’ordine del giorno in quanto si lavora con “materiale umano”, quindi di sicuro c’è gran poco. E’ chiaro anche che con i giocatori si parla di prestazione e quindi bisogna cercare di mettere in ordine ciò che sanno già fare per far rendere al meglio il loro tennis. Allenare dei giocatori di vertice non è sicuramente una cosa facile, dato che a tennis sanno già giocare. Prendiamo ad esempio Ivan Ljubicic, attuale allenatore di Roger Federer, che in un’intervista parla della complessità di allenare un tennista come Roger : “Le cose complesse non vanno d’accordo con un tennista che conosce già tanto tennis. La chiave è trasmettere le idee da allenatore a giocatore in maniera semplice. I giocatori devono capire in maniera facile ciò che il coach vuole spiegare e far intendere. Il mio lavoro con Federer è molto complicato perchè tentare di migliorare uno come lui non è semplice, ma è una delle parti più importanti del nostro lavoro“, conclude.

26 Si capisce quindi che la correzione ad alto livello è un percorso a lungo termine, dove la conoscenza e l’esperienza sono al primo posto, per gestire bene i momenti e capire quando bisogna intervenire, quando è il momento di incidere su un punto forte e magari quando è il momento di migliorare una debolezza per far salire il livello. C’è chi parte dalla tecnica e chi invece dalla tattica, ciò che è certo è che non c’è una regola fissa, un ordine uguale per tutti, ma tutto dipende dal giocatore che si ha davanti, dalle persone che si hanno di fronte, dalla loro disponibilità e dai loro obbiettivi, la cosa certa è che tutte le persone sono diverse, e ognuno ha i suoi tempi. “Quando inizi ad allenare un giocatore a partire da metà stagione, come mi è capitato con Milos Raonic, non puoi dire ‘Voglio cambiare tutto perché io facevo così’. Non penso funzioni così: per essere un allenatore ad alti livelli bisogna ascoltare molto, bisogna capire il giocatore in modo da aiutarlo. Ricordo che quando ero ancora un giocatore chiesi a Paul Annacone cosa si sentisse ad allenare. Ero curioso. Mi disse che la cosa più importante era ascoltare, studiare e guardarsi sempre attorno non sapendo che tipo di informazioni potessero essere utili. Per questo io con i miei giocatori non parlo molto, e se dico qualcosa devo esserne pienamente convinto.” Gli è stato chiesto quali siano le differenze principali tra allenare e giocare, e questa è stata la sua risposta:

27 “La differenza tra allenare e giocare è che il giocatore è il capo. Il giocatore deve essere solido mentalmente perché in campo è lui che prende le decisioni. Da allenatori, bisogna mettere da parte il proprio ego, assicurarsi che il giocatore faccia tutto il possibile per competere al massimo livello e che sia una persona migliore.“L’impatto con i giocatori non avviene subito, infatti quando ho iniziato a lavorare con Milos e Roger non pensavo potesse durare a lungo. Quella è la parte complicata. Inoltre bisogna avere anche fortuna all’inizio, i risultati sono necessari affinché il giocatore acquisti fiducia, altrimenti nasceranno i problemi. Le emozioni che prova un allenatore sono come quelle di un giocatore ma ad una intensità minore. È la cosa più simile al gioco vero e proprio e ne amo l’adrenalina. Le emozioni sono forti ma non sono paragonabili a quelle di quando ero giocatore. “ “Il ruolo più complicato dell’allenatore è quello di non superare un certo limite, sapere quando non parlare e quando dire qualcosa. L’allenatore non può essere egoista, non funziona così. A volte è meglio lasciar sbagliare il giocatore piuttosto che fargli fare qualcosa che non pensa. Il coach, per la maggior parte del tempo, deve aspettare e osservare, è il giocatore quello che agisce, è sempre lui che vince le partite. Sono loro che dirigono lo spettacolo.”

Per concludere quindi è chiaro che la correzione negli atleti di vertice è molto diversa da quella a livello più basso, poiché con i giocatori di elìte vanno ottimizzate le abilità già controllate alla ricerca della massima stabilità prestativa. La tendenza ad intervenire, esclusivamente in accordo col giocatore, in modo non radicale né invasivo attraverso i concetti di miglioramento e adattamento più che di correzione.

28 3.1 IL SERVIZIO DI RAONIC Un esempio di correzione tra gli atleti di vertice è il lavoro svolto da Riccardo Piatti sul servizio di Milos Raonic. Quando Piatti iniziò nel 2013 a lavorare con Raonic, trovò nel contratto una clausola: la loro collaborazione sarebbe iniziata solo a patto che Riccardo non avesse lavorato per modificare tecnicamente il servizio. Milos non riteneva che dovesse migliorare quel colpo per due motivi: sosteneva che fosse il suo punto forte e aveva paura che se qualcuno ne avesse cambiato qualcosa a livello tecnico ne avrebbe perso l’efficacia; in secondo luogo perché era estremamente convinto di non doverne migliorare nessun aspetto, essendo lui un “Ace-man”. Dopo un anno di lavoro insieme, Raonic entrò come ottavo giocatore nel Master Finale di Londra e si ritrovò a gareggiare con i migliori otto giocatori del mondo. Per riuscire a trovare un modo di dimostrare a Raonic che anche il suo servizio poteva essere migliorato, Piatti lo mise davanti ai dati raccolti durante i match del master. Nei momenti di massimo stress e tensione, emozioni compatibili con quel genere di partite, le sue percentuali di “prime” risultavano abbassarsi notevolmente per poter gareggiare alla pari con i top players. Ciò che Piatti vedeva, era che al termine del servizio Raonic cadeva sempre troppo avanti o in posizioni diverse rispetto alla linea di fondo campo e il lancio non era mai uguale e quindi non saliva. Da quel momento la situazione si ribaltò e Riccardo per l’anno seguente prese in mano le cose: avrebbe continuato a lavorare con Milos solo a patto di poter lavorare sul suo servizio, perché l’obbiettivo era ora di portarlo a vincere uno Slam, e per farlo avrebbe dovuto migliorare anche questo colpo per incrementare il livello di gioco.

29 La collaborazione continuò e Riccardo iniziò a lavorare sul servizio. La prima cosa che fece per far capire a Milos dove avrebbe potuto migliorare fu quella di analizzare due match del Master, dove la sua percentuale di prime era bassa. Prese quindi in esame due servizi con la stessa velocità, dei quali però uno era dentro e l’altro fuori; in quello “in” Riccardo con l’utilizzo dei video fece vedere a Milos che cadeva più vicino alla riga di fondo, mentre in quello “out” cadeva più lontano. Inizialmente per farlo migliorare senza dirgli nulla, lo faceva servire tanto da metà campo, mettendogli dei target ben precisi da colpire in modo tale che lui iniziasse a spingere più in alto. In questo modo Milos migliorò notevolmente il lancio e cominciò a salire di più. Successivamente attraverso la videoanalisi, ebbe la possibilità di dimostrargli che quella era la strada giusta per il miglioramento. Mise in sovrapposizione un servizio dell’anno precedente con uno “nuovo”: ciò che si poteva vedere era che mettendone uno sopra l’altro, la spinta era cambiata. In quello su cui avevano lavorato assieme, la spinta era più verticale mentre nell’altro più orizzontale. Spingendo quindi più in alto la caduta era più vicina alla riga, la percentuale così si alzò, Milos andando più in alto iniziò a servire negli angoli più stretti che prima invece non riusciva a prendere. Raonic capì così che lavorando in quella direzione avrebbe sicuramente potuto alzare il suo livello e iniziò a fidarsi completamente del lavoro e del team. Fu così che nel 2016 giunse alla finale di Wimbledon perdendo dal numero uno al mondo di quel momento, Andy Murray. Sempre in quell’anno Milos raggiunse il suo best ranking, portandosi così al terzo posto della classifica mondiale.

30 Sicuramente, e questo caso ne è un esempio, la videoanalisi è molto efficace con i giocatori di alto livello perché da loro modo di avere un riscontro immediato di ciò che l’allenatore prova a comunicare avendo loro una personalità molto forte e difficile da sradicare. Il cambiamento e la correzione a livello tecnico sono passaggi delicati, dove l’esperienza dell’allenatore ne fa la differenza.

31 3.2 IL DIRITTO DI CORIC Parlando di correzioni della tecnica ad alto vertice, un altro ottimo lavoro di Riccardo Piatti, è stato sul diritto di Borna Coric. La loro collaborazione è iniziata a novembre del 2017 dopo il torneo Next Gen. Per la preparazione invernale Borna ha sentì l’esigenza di rivoluzionare il suo team. Il nuovo manager diventò Ivan Ljubicic, il preparatore atletico Dalibor Sirola, il fisioterapista Claudio Zimaglia, e come head coach Riccardo Piatti. Del suo vecchio staff tecnico rimase solo Kristjian Schneider, che lo seguiva da qualche mese dopo l’interruzione del rapporto con Ivica Ancic. La base d’appoggio diventò ovviamente il Piatti tennis center, ovvero il nuovo centro di allenamento costruito da Riccardo a Bordighera, e l’obbiettivo della collaborazione Coric-Piatti, fu proprio l’esigenza da parte del giovane tennista croato, classe 1995, di migliorare tecnicamente. Grazie all’utilizzo di Playsight, ovvero un sistema di telecamere HD completamente automatizzate che registrano, trasmettono e analizzano tutte le azioni sul campo presente al centro di Riccardo, fu facile mostrare a Coric dove poteva migliorare. Essendo Borna un soggetto molto visivo, Riccardo iniziò attraverso il video a dimostrargli che avrebbe potuto migliorare su tutti i colpi. Il primo colpo che presero in considerazione però fu il diritto. Borna sentiva che avrebbe dovuto migliorare il suo punto debole , il dritto; aveva capito che per alzare il livello del suo gioco e migliorare i suoi risultati sarebbe dovuto partire da quel colpo.

32 Attraverso Playsight Riccardo mostrò a Borna i due punti chiave dove secondo lui avrebbe dovuto focalizzarsi il suo lavoro: il primo era fermare il braccio sinistro durante l’impatto, e il secondo era la distanza dell’impatto. Borna sentì subito beneficio nel fermare il braccio sinistro all’impatto, poiché iniziò subito a colpire meglio la palla e a sentirla più “piena”. Quella è fu la chiave per iniziare il lavoro insieme in piena fiducia, il modo in cui Riccardo da subito fece credere a Borna nei benefici che potevano arrivare dal lavoro insieme. Dopo 3 settimane di lavoro tecnico, Riccardo cominciò a mostrargli che ora avrebbe dovuto colpire la palla sempre alla stessa altezza e che per fare questo avrebbe dovuto fare sempre due passi per andare verso la palla di modo che lui potesse colpire sempre la palla allo stesso modo. In questo modo per Riccardo avrebbe potuto iniziare a decidere il gioco da condurre e per farlo cominciò a parlargli di cambiare le traiettorie e le direzioni in modo tale da scegliere il gioco e trovarsi sempre la palla per spingere. La distanza ancora non è migliorata tanto, anche se Borna pensa di si, ma fermandogli il corpo e facendolo andare verso la palla Riccardo a conquistato la sua fiducia, perché Coric ne ha sentito subito l’efficacia. I risultati effettivi del lavoro tecnico e di team non sono tardati ad arrivare: Borna Coric in questa stagione è passato da 48 del ranking mondiale a 13 facendo semifinale per la prima volta in un master 1000 ad Indian Wells, vincendo il suo primo 500 ad Halle in finale con Roger Federer, arrivando per la prima volta in carriera ai quarti di finale degli Us Open e raggiungendo per la prima volta una finale master 1000 a Shanghai.

33 Riccardo Piatti continuerà il suo lavoro con questa giovane promessa, tante cose possono essere ancora migliorate per portare un giocatore di questo livello alla sua completa maturazione. Ecco un’altra dimostrazione che ci fa capire che la conoscenza e l’esperienza anche in questo caso sono stati i fondamenti di questo lavoro.

34 4. VIDEOANALISI E MATCH ANALISI COME STRUMENTO OGGETTIVO PER IMPOSTARE L’INTERVENTO TECNICO VIDEOANALISI Il tennis moderno è ormai giocato a velocità e intensità altissime, per questo motivo nel corso del tempo si è arrivati ad utilizzare mezzi tecnologici per individuare da dove vengano maggiormente gli errori tecnico-tattici e per facilitare la risoluzione di essi. La Videoanalisi e’ sicuramente uno strumento molto utile nella Costruzione del Campione. Il tennis, rispetto a molti altri sport, è fatto di movimenti e di aspetti importanti da cogliere che avvengono in tempi che vanno dai 20 ai 200-300 millisecondi. Aspetti che l’occhio umano non riesce a carpire per problemi di impressionamento della retina che tarda a cancellare le immagini per essere sensibile a quelle nuove. La video-analisi e più precisamente la ripresa in slow motion (rallentatore) ha permesso infatti di “catturare” l’essenza importante di ogni gesto tecnico per poterla analizzare con i concetti della biomeccanica. Riprese slow motion dimostrano infatti che modelli di prestazione completamente diversi tra loro nell’esecuzione per esempio del dritto (Federer, Nadal, Hewitt, Gonzales), in realtà hanno in comune diversi momenti e gestualita’.

35 L’ apprendimento è largamente basato sulla funzione visiva, infatti fin da piccoli facciamo enorme uso di apprendimento imitativo osservando le azioni ed i comportamenti degli adulti, può essere quindi d’aiuto se attraverso la videoanalisi, laddove sia possibile, un tecnico, aiuti anche un bambino che gioca a tennis a migliorarne la postura e l’assetto dei colpi anche eventualmente confrontando con la tecnica dei campioni. Un tassello in più al servizio del giocatore e dell’allenatore nello sviluppo della tecnica ottimale, un modo in più per far proprio il gesto corretto. Più il livello di gioco sale più le scelte possibili per poter conquistare il punto diminuiscono. Il tennis percentuale pertanto diventa un mantra fondamentale che deve essere inculcato nella testa dell’atleta fin dalle prime fasi del suo percorso formativo, facendo in modo che quest’ultimo sviluppi progressivamente e parallelamente gli aspetti tecnici, tattici e fisici di questo sport attraverso una strada ben definita che, come in un navigatore, porta dal punto di partenza alla destinazione stabilita attraverso la percorrenza dell’itinerario migliore. Per arrivare nei primi dieci è necessario fare tutto quel che serve al top e quindi anche la video analisi che è solo una delle molte cose necessarie anche se forse pensando al futuro è insieme alla preparazione atletica una delle cose basilari per poter fare quel famoso salto di qualità. Lo stesso Piatti si è sempre affidato alla videoanalisi per impostare e iniziare il suo lavoro coi giocatori.

36 MATCH-ANALISYS Alcuni allenatori osservano la prestazione e danno suggerimenti mentre altri, oltre ad osservare e dare consigli, annotano con carta e penna quanto si è fatto in allenamento o in gara identificando e catalogando gli avvenimenti che ritengono rilevanti ai fini della performance. Risulta evidente che la precisione e la funzionalità di questa metodologia è nettamente inferiore all’osservazione di una videocamera, all’annotazione che si può velocemente fare con un software di analisi notazionale e sicuramente non potrà mai collegare immagini del gesto tecnico con i dati che si ricavano dalla performance. Il processo di allenamento alla performance, quindi, al crescere delle competenze dell’atleta, necessita un “upgrade” per quanto concerne i supporti tecnologici riferiti all’analisi della performance di gara. Bisognerebbe quindi riprendere anche i Match, ed è qui che interviene la Match Analisys. Essa si focalizza sul comportamento degli atleti in gara e consiste nell’analisi, sotto differenti punti di vista, degli eventi che si verificano all’interno di un match. L’analisi statistica degli incontri ha una valenza molto importante anche per quanto concerne l’allenamento in quanto permette all’allenatore di fornire un “feedback” oggettivo al giocatore sulla base dei dati relativi e analizzati in fase di post-match. Con i numeri, l’allenatore è in grado di mettere di fronte all’evidenza dei fatti il giocatore che, grazie a questo processo, può analizzare con maggiore serenità la situazione senza il filtro del giudizio di valore che una valutazione soggettiva porta inevitabilmente con sé.

37 Allenare l’atleta a decodificare questi dati, anche attraverso una analisi non verbale, permette all’atleta stesso di leggere e imparare da solo e soprattutto contribuisce a sviluppare una buona capacità di autodiagnosi, capacità fondamentale per la gestione della performance in uno sport individuale come il tennis. Il progresso nel tempo delle statistiche degli incontri, danno in questo modo un rinforzo delle sensazioni del giocatore e sicuramente permettono una maggiore e migliore qualità della comunicazione tra lui e il suo coach. I giocatori professionisti conoscono il valore dell’analisi statistica. I tornei professionistici principali forniscono infatti una serie di numeri post-match, anche se in una forma ridotta, e i giocatori li esaminano con molto interesse al fine di contestualizzare le loro sensazioni ed eventualmente effettuare delle variazioni nei match successivi. Per i professionisti il più delle volte i numeri rappresentano una conferma delle sensazioni personali, ma questo succede proprio perché si tratta di professionisti. Per concludere possiamo rimarcare il fatto che la match analisi oggi è uno strumento fondamentale per un corretto sviluppo tecnico tattico dell’atleta, uno strumento che va inteso ovviamente non come sostituto dell’allenatore o come alternativa dell’allenamento, ma che ne deve diventare parte integrante contribuendo a una specializzazione che passa attraverso un percorso formato dalle competenze degli allenatori ma anche attraverso i dati oggettivi che al giorno d’oggi i vari studi e gli strumenti scientifici di cui possiamo disporre sono in grado di fornirci.

38 CONCLUSIONI Al termine di questa tesi è chiaro che la correzione della tecnica ad alto livello dipende molto dal tipo di giocatore con cui si interviene e dal percorso che egli ha avuto fino a quel momento. L’allenatore svolge un ruolo chiave nel trovare un metodo adeguato e nel mettere insieme i diversi passaggi fondamentali per portare dei cambiamenti. Il giocatore però dev’essere al centro di tutto, è lui il capo, deve essere solido mentalmente perché in campo è lui che prende le decisioni. Gli allenatori quindi devono mettere da parte il proprio ego e osservare tanto. La correzione della tecnica negli atleti di elite è un continuo adattamento a situazioni, stati d’animo e momenti che vengono vissuti dall’allenatore e dal il giocatore, e tra loro ci dev’essere massimo fiducia per garantire il successo. L’aspetto fondamentale che è emerso è che solamente l’esperienza dell’allenatore può fare in modo che vi siano dei cambiamenti efficaci nel giocatore, nel suo gioco e nella sua tecnica. Ho cercato di riassumere gli aspetti più importanti per dare modo ai lettori di avere un quadro più chiaro su un percorso di questo genere. - saper ascoltare e osservare - conoscere il giocatore e capire come ragiona - capire i momenti ideali in cui è meglio intervenire - il cambiamento può essere di tre tipi: tecnico, tattico o psicologico. E’ importante capire su quale intervenire a seconda dell’esigenza del giocatore e del periodo della stagione nel quale inizia la collaborazione. - capire se sia meglio lavorare suoi punti di forza o sui punti deboli a seconda della necessità e del tipo di giocatore

39 - che metodologia utilizzare per il miglioramento: videoanalisi, dialogo, statistiche - trovare un linguaggio con il giocatore in modo tale che lui si fidi ciecamente dell’allenatore.

Se tutti quindi potessero in realtà avere più chiaro ed essere a conoscenza di come coloro che sono ad oggi gli allenatori più importanti in italia e nel mondo riescano a portare grandi giocatori a migliorarsi, forse potremmo portare le metodologie di lavoro stesse al miglioramento.

40 BIBLIOGRAFIA Non trovando testi che mi potessero aiutare a sviluppare l’argomento da me scelto, ho affidato la mia “bibliografia” a lezioni della Federazione Italiana, di Riccardo Piatti e Massimo Sartori. Parte dell’altro materiale fa parte di una ricerca da me effettuata sul web.

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