Malvano Completo DEF.Pdf
Total Page:16
File Type:pdf, Size:1020Kb
Questo volume è stato pubblicato con il contributo del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Torino, nell’ambito di un progetto FIRB finanziato dal MIUR Fonti iconografiche Le immagini delle figure 11 e 12 sono riprodotte per gentile concessione delle fami- glie Manno e Giuranna. L’immagine della figura 37 è riprodotta per gentile concessione del Musée de la Musique (Cité de la musique, Paris). Le restanti immagini appartengono all’Archivio di Rai Teche e all’Archivio Storico dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai. Redazione, grafica e layout: Ugo Giani © 2015 Libreria Musicale Italiana srl, via di Arsina 296/f, 55100 Lucca [email protected] www.lim.it © 2015 Rai Com SpA-Rai Eri, Via Umberto Novaro, 18 – 00195 Roma [email protected] www.eri.rai.it Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione potrà essere riprodotta, archiviata in sistemi di ricerca e trasmessa in qualunque forma elet- tronica, meccanica, fotocopiata, registrata o altro senza il permesso scritto degli editori. isbn 978-88-7096-824-8 Andrea Malvano L’arte di arrangiar(si) Trascrizioni e adattamenti storici dell’Archivio Musicale Rai Libreria Musicale Italiana Sommario Prefazione (Renzo Barzizza) vii Introduzione xiii L’arte di arrangiar(si) Trascrizioni e adattamenti storici dell’Archivio Musicale Rai L’EIAR occupata dai nazisti. Un buco nero della storia radiofonica 3 1.1 L’8 settembre dell’EIAR 3 1.2 Le radio Soldatensender in Europa 9 1.3 Le radio Soldatensender in Italia 14 1.4 La musica trasmessa dal circuito Soldatensender Italien 18 1.4.1 Il romanticismo d’acciaio 22 1.4.2 La germanizzazione del repertorio italiano 25 1.4.3 Richard Etlinger: l’arrangiatore dimenticato 30 1.4.4 Lo japonisme da alleanza 38 1.4.5 Il valzer viennese made in Italy 43 1.4.6 Pippo Barzizza: l’infiltrato del circuitoSoldatensender 46 Dal pianoforte all’orchestra: una specialità di casa EIAR 54 2.1 La regola 54 2.2 L’eccezione 57 2.3 L’eccezione diventa regola in EIAR 60 2.4 Gli arrangiatori della nuova musica varia 66 2.5 Scarlatti(a)na 73 2.6 «Povero Beethoven!!!» 78 2.7 Il repertorio romantico 84 ∙ Sommario ∙ L’Orchestra B. Trucco e parrucco del repertorio colto 89 3.1 Una formazione fantasma 89 3.2 La nuova pelle del vecchio repertorio 98 3.3 Le compilations operistiche 110 3.4 Specialisti e collaboratori occasionali dell’Orchestra B 116 Canzoni popolari. L’EIAR folk 124 4.1 Il fascismo, il popolare e la musica 124 4.2 La musica popolare sul «Radiocorriere» 133 4.3 Il fondo «Canzoni popolari» 138 4.3 Il setaccio dell’EIAR 143 4.4 Il popolo in giacca e cravatta 146 4.5 Negro Spirituals 152 4.6 Il popolare in bagna cauda 155 «Chopin perdonami!». I classici al servizio dalle orchestre leggere 160 5.1. Le orchestre leggere dell’ente 160 5.2 Barzizza e Angelini tra EIAR e Rai 162 5.3 I classici secondo Barzizza e Angelini 173 5.4 Il classico «glocal» di Gorni Kramer 181 5.5 Il classico in maschera di Lelio Luttazzi 187 5.6 Gianni Ferrio, lo specialista 193 5.7 I voli del calabrone alla Rai 199 Morricone e Maderna. Due volti della stessa Rai 204 6.1 Morricone e la Rai 204 6.2 Il laboratorio del fondo «Morricone» 211 6.3 Maderna alla Rai 222 6.4 Il fondo «Maderna» 228 6.5 Faccia a faccia 240 Bibliografia 243 Indice dei nomi 249 ∙ vi ∙ Prefazione Torino, giugno 1940. Ai primi bombardamenti della città, papà e mamma ci avevano mandati dai nonni, a Sanremo, dove la vita tra- scorreva pacificamente, almeno per noi bambini; e la guerra arri- vava a noi come un’ eco, lontana e sfocata. Una vita tutto sommato normale, la mattina a scuola al Cassini, poi i compiti a casa, e poi i giochi in via Peirogallo, dove Isa era alla testa di una temibile banda di ragazzini, “Il cerchio Rosso”. Tutto questo fino all’otto settembre del 1943. All’annuncio dell’armistizio, tanta gente per strada, «La guerra è finita! È finita!» gridavano i grandi, e noi bambini dietro, urlanti e felici per quella festa imprevista di cui capivamo poco, ma comunque era una grande festa. Durò poco. Arrivarono i tedeschi, facevano paura con quei loro elmetti, e le armi, e i pesanti stivali. Arrivarono anche i bombardamenti, dal cielo, pochi e terrorizzanti, e dal mare, ogni giorno, e in alcuni casi più volte al giorno. Fine della scuola, solo poche lezioni con il maestro Laura; ancora i gio- chi, non più in via Peirogallo ma a San Pietro, nell’entroterra ligure, sulle colline, dove eravamo sfollati per sfuggire alle bombe. Un bam- bino tutto sommato felice, sempre affamato, ma felice di quella vita randagia, sempre piena di sorprese, un giorno a far legna, o racco- gliere le castagne, o al pozzo giù a San Pietro, o alla sorgente, a caccia di frutta selvatica, a prendere il latte di capra o un po’ di frutta dal “cumpà”, un contadino che faceva “laborsanera”, parola misteriosa che usavano i nonni. Una volta il “cumpà”, che era a tavola con la sua gente, mi aveva dato da assaggiare un pezzetto di coniglio alla ligure, ma così buono, così buono... Un bambino felice e ignorante. Torino, settembre 1945. La guerra era finita da poco, Isa ed io era- vamo tornati finalmente a casa, la nostra bella casa di piazza Cavour numero dieci. Io ero molto contento, anche se avevo grosse diffi- coltà a scuola, con la quarta e la quinta praticamente saltate. «Renzo, domani inizieremo a studiare musica. Insieme». Papà non era molto ∙ Prefazione ∙ alto. Ma io lo ricordo imponente, un gigante certamente buono e gentile, ma che incombeva su di me, su un ragazzino di dieci anni, smarrito ed ignorante. Lui grande grande, io piccolo piccolo... «Papà, a scuola sono così indietro… Il professore dice che sono un asino, che non so niente di grammatica, niente di matematica, che non so niente di niente…sono così indietro, prendo sempre brutti voti…». L’idea di dover studiare anche musica, e con il mio papà, così bravo in tutto ma anche così severo, mi spaventava. Scuotevo la testa, frenando a fatica le lacrime. «Non ce la farò mai a fare tutto, troppe cose e tutte insieme, non ce la farò mai… mai». Non ricordo altro, se non quel mio rifiuto testardo: e la paura di altre umiliazioni, come succedeva a scuola quasi ogni giorno. Così non ho studiato musica con mio padre; anzi, l’ho evitata per anni, più o meno consapevolmente, mentre a scuola recuperavo rapida- mente il tempo perduto e diventavo bravo, forse anche troppo, in tante altre materie. È così che ho mancato la possibilità di impa- rare un altro straordinario linguaggio. E la piena consapevolezza di quanto avevo perduto è arrivata quando ormai era troppo tardi, ed io ero troppo avanti negli anni. Torino, maggio 2015. L’appuntamento è davanti all’Auditorium «A. Toscanini», con Freddy Colt e Filippo Arri; lo scopo, una visita, sapientemente guidata, all’Archivio O.S.N. dove sono conservati circa 50.000 documenti, alcuni rarissimi; e tanti, tanti manoscritti, partiture preziose, molte delle quali firmate da Pippo Barzizza, cioè dal mio grande e amato papà, riscoperto ed apprezzato da nuove generazioni di musicisti, colti, competenti e soprattutto appassio- nati. Andrea Malvano ci raggiungerà più tardi, gli onori di casa oggi spettano a Paolo Robotti e a Filippo Arri. Ecco la «porta rossa» così ben descritta da Andrea; curiosità e un po’ di emozione mentre la porta si apre «su due grossi stanzoni […] dove prende polvere da decenni un prezioso tesoro di documenti introvabili». Grandi scaffali metallici, stracarichi di preziosi reperti in attesa di essere decifrati, catalogati e rivelati, magari solo alla ristretta schiera degli esperti, o ai musicisti più attenti alla storia del loro stesso mestiere. Filippo sparisce dietro una porta e ritorna avvolto in uno spolverino bianco che lo aiuta a difendersi, dice lui, dall’onnipresente polvere. Intanto arriva Andrea, il professor Andrea Malvano; il quale è esattamente il ∙ viii ∙ ∙ Prefazione ∙ contrario di come lo avevo immaginato, un severo docente dell’Uni- versità degli Studi, rigorosamente in giacca e cravatta. No, no: jeans e un abbigliamento piacevolmente informale, come un suo studente, penso, però molto elegante. Nessun imbarazzo tra di noi, come se ci conoscessimo da sempre. Niente fronzoli, simpatico, gentile, diretto. Empatia, empatia allo stato puro. Andrea: «Ci sono 1.500 arrangiamenti per l’Orchestra Cetra, ma anche per altre formazioni dirette da tuo padre, e sono quasi tutti manoscritti; c’è qualcosa che ti interessa in modo particolare?». Gran Gala, dico d’impulso, «fine anni ’50, arrangiamenti per orchestra sola, una grande orchestra, più di 50 elementi, Roma, auditorio del Foro Italico». Andrea guarda Filippo, il quale riflette per pochi secondi, sorride, e poi, ignorando la scala che Paolo gli propone, si arrampica agile e veloce su una delle scaffalature, per scenderne poco dopo con la partitura manoscritta, datata e firmata dal mio papà, di Sorge il sole, un arrangiamento per la sola orchestra, un organico ritmosinfonico di oltre 50 elementi! La sua calligrafia, il nitore della scrittura, l’ordine… insomma tutto il suo carattere. E il suo straordinario talento. Se solo sapessi leggere la musica, se conoscessi quel linguaggio, per capire fino in fondo la ragioni tecniche di quegli ascolti così pia- cevoli in cui mi sono immerso, e anche perduto, in questi ultimi tre anni! Molti, troppi, capitoli de L’arte di arrangiar(si) non sono alla mia portata; ne capisco l’importanza, apprezzo lo studio intenso e appassionato di Andrea, e il suo sforzo di riportare all’onore del mondo personaggi come Angelini, Kramer, Luttazzi, Ferrio, Mor- ricone, Maderna e tanti altri ancora; e Pippo Barzizza, il mio amato e geniale papà, di cui ho riscoperto il valore e la grandezza, ma in un racconto più ampio e completo; e riscoperto anche la sua fonda- mentale importanza nella evoluzione della musica leggera italiana; come se mi fossi inconsapevolmente preparato, nel corso di una vita professionalmente molto intensa, ad apprezzarne più a fondo le qualità, umane ed artistiche.