Quaderni del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Torino nuova serie 18

Simona Novaretti

Le ragioni del pubblico: le “azioni nel pubblico interesse” in Cina Questo volume è stato pubblicato con il contributo del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università degli Studi di Torino.

Novaretti, Simona Le ragioni del pubblico: le “azioni nel pubblico interesse” in Cina Quaderni del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Torino nuova serie, 18 Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, 2011 pp. XII+308; 24 cm ISBN 978-88-495-2294-5

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«I cuori degli uomini tendono al proprio inte- resse personale, tuttavia, grazie al modello po- sitivo della legge, l’interesse personale si tra- sforma in generale. Questo spiega perché le po- tenti forze che guidano il mondo vanno co- stantemente in direzione della legge, senza che nulla o nessuno possano arrestarne il cammino. La legge è il principio fondante dell’interesse pubblico». Liang (1143-1194), “Ren fa”. Ringraziamenti

Le persone che mi hanno aiutata nel corso di questa ricerca sono molte, e a tutte va la mia gratitudine. Desidero ringraziare, in particolare, il Prof. Donald Clarke, il Prof. Hoyt Tillman, il Prof. Maurizio Scarpari e la Prof. Marina Timoteo per la disponibilità, la pazienza, e i preziosi consigli; il Prof. Zhang Lihong, la Prof. Fei Anling, la Prof. Stefania Stafutti e tutto il per- sonale del CASCC per avermi consentito di accedere a materiali e database altrimenti introvabili. Un ringraziamento speciale va, ovviamente, al Dott. Otto Malm- grem, alla Dott. Elisa Nesossi, all’Avv. Huang Jinrong, all’Avv. Wang Fang, al Dott. Hao Jinsong e all’Avv. Wang Zhenyu, che hanno vo- luto condividere con me le Loro esperienze sul campo, permetten- domi di andare oltre la «legge sui libri». Senza di loro questo lavoro non avrebbe visto la luce. Ringrazio, infine, tutti gli amici che hanno letto, corretto, criticato e incoraggiato la mia ricerca e – più di ogni altro – ringrazio Gigi, che mi supporta e sopporta sempre. Indice

Introduzione 1

Capitolo I – Dall’interesse pubblico alle “azioni nel pub- blico interesse”: l’emergere di una nuova nozione di “pub- blico” in Cina 1. Introduzione 3 2. Le origini della nozione di interesse pubblico in Cina 13 2.1. I riferimenti occidentali 13 2.2. Le nozioni di “pubblico” e “interesse” nella Cina classica 18 2.3. Il discorso sugli interessi nella Cina maoista 27 2.4. Dalle riforme degli anni ’80 ai giorni nostri: verso un interesse pubblico pluralista? 30

Capitolo II – “Public Interest Litigation”: origine e diffu- sione di un modello 1. Società pluraliste e interessi diffusi: l’emergere delle “cause di tipo moderno” 37 2. Public interest litigation: definizioni a confronto 43 2.1. Le definizioni dottrinali di public interest litigation in Occidente 43 2.2. Definizioni dottrinali di “azioni nel pubblico interesse” in Cina 47 3. Origini, caratteristiche e globalizzazione della Public Interest Law 61 3.1. Il modello classico di public interest litigation 65 3.2. Law and Development e Human Rights: il volto internazionale del Liberal Legalism americano nel secondo dopoguerra 68 3.3. La convergenza tra Public Interest Law, Law and Development e Human Rights: verso la globalizzazione della Public Interest Law 72 3.4. La globalizzazione della Public Interest Law 74 X Indice

Capitolo III – La cooperazione giuridica internazionale in Cina e le premesse alla nascita delle “azioni nel pubblico interesse” 1. Introduzione 83 2. L’ingresso di concetti, modelli e fondi stranieri in Cina, tra coope- razione internazionale e reazioni interne 98 2.1. L’ingresso della Repubblica Popolare Cinese nella comunità in- ternazionale 98 2.2. Il dibattito interno sulle riforme 103 2.3. La cooperazione giuridica internazionale nella Repubblica Po- polare Cinese 110 2.3. 2.3.1. La strategia di “legal empowerment” nella RPC: i pro- grammi di “accesso alla giustizia” della Fondazione Ford 119

Capitolo IV – Le prime “azioni nel pubblico interesse” e gli ostacoli strutturali all’uso delle corti per la tutela dei di- ritti sociali 1. Gli anni Novanta del XX secolo nella RPC: la scoperta dei diritti e l’emergere di nuove “contraddizioni” in seno alla società cinese 129 2. La nascita delle “azioni nel pubblico interesse” in Cina 132 2.1. La prima fase dello sviluppo delle “azioni nel pubblico inte- resse”: la scoperta dell’interesse pubblico da parte dei comuni cittadini cinesi, tra tutela sussidiaria e protezione diretta 134 2.2. “Azioni nel pubblico interesse” civili e Procure del Popolo 145 3. Gli ostacoli strutturali al successo in corte delle “azioni nel pub- blico interesse” 160 3.1. Il problema del diritto di azione 165 3.2. Le limitazioni alle azioni di gruppo 172 3.3. L’indipendenza del potere giudiziario e la professionalità dei giu- dici 179

Capitolo V – Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina: quattro gongyi lüshi a confronto 1. La professionalizzazione delle gongyi susong 189 2. La professione legale in Cina 196 3. La tutela del pubblico interesse in Cina: quattro gongyi lüshi a con- fronto 216 3.1. “Ottenere il bene comune attraverso la protezione degli inte- ressi individuali”: lo Studio legale Dongfang per il pubblico in- teresse e il legal aid di Pechino 217 3.2. L’Ufficio di legal aid di Pechino per lavoratori migranti 228 3.3. Il Centro per il fondo di diritto e pubblico interesse 236 3.4. Lo Studio legale Yipai di Pechino 246 Indice XI

Conclusioni 255

Bibliografia 261

Bibliografia in lingue occidentali 261

Bibliografia in lingua cinese 283

Introduzione

Il processo di “riforma e apertura” (改革开放, gaige kaifang)1 inau- gurato da Deng Xiaoping nel 1978, e l’impegno, assunto dal PCC nel 1997, per trasformare la Cina in uno “Stato di Diritto” (法治, fazhi) non hanno solo portato all’edificazione di un “sistema socia- lista di leggi con caratteristiche cinesi” completo, come dichiarato, nel marzo 2011, dagli stessi leader della Repubblica Popolare; la (seconda) modernizzazione giuridica ha anche modificato radicalmente il tes- suto sociale di quel Paese, ridefinendo, grazie al riconoscimento e alla tutela di nuove tipologie di interessi, i rapporti tra gli individui e la relazione tra questi ultimi e il potere costituito. È, tuttavia, principalmente sul dato normativo e sul processo di produzione “top-down” delle regole che si sono concentrate, in que- sti anni, le analisi degli autori occidentali, in particolare italiani, men- tre poca attenzione è stata dedicata al momento applicativo, e al ruolo giocato dai cittadini e dagli intermediari sociali (segnatamente: le pro- fessioni legali) nello sviluppo, anche giuridico, della RPC. Il presente studio si propone di colmare, almeno in parte, tale la- cuna, e di esaminare la “law in action” cinese a partire da un istituto solo di recente comparso nella Repubblica Popolare: le “azioni nel pubblico interesse” (公益诉讼, gongyi susong), cause indirettamente ispirate alle public interest litigation statunitensi, ma da quel modello profondamente differenti, perché frutto della rielaborazione e dell’a- dattamento dei principi della Public Interest Law al contesto locale. Azioni “nuove” in più di un senso, per mezzo delle quali un cre- scente numero di ONG, studi legali o singoli avvocati ogni giorno ricorda al governo cosa significhi, in concreto, “essere un Paese di Rule of Law”, chiedendogli di tener fede alle proprie dichiarazioni e

1 Per la trascrizione dei nomi e dei termini cinesi verrà utilizzato il sistema , mentre per la trascrizione di quelli giapponesi si userà il sistema Hepburn; in par- ticolare, per quanto riguarda i nomi propri, si manterrà l’uso cinese e giapponese secondo il quale il cognome precede sempre il nome. 2 Introduzione di applicare le norme che esso stesso ha approvato, attraverso una ri- vendicazione dell’interesse pubblico collettivo che costituisce – per i cittadini cinesi, nella situazione attuale – uno dei pochi strumenti di partecipazione politica ammessi, e l’unica strada per far sentire la pro- pria voce. Il mio lavoro si articola in cinque capitoli. In particolare, il primo capitolo esamina le origini e lo sviluppo della nozione di “interesse pubblico” in Cina, al fine di valutare se, e in che modo, le riforme abbiano modificato il significato ad essa attribuito nella Repubblica Popolare; il secondo prende le mosse dal confronto tra le definizioni dottrinali di “public interest litigation” in Occidente e nella RPC, per esaminare le caratteristiche del modello classico di questo istituto, e ripercorrere le tappe del processo che ha portato alla sua “globalizzazione”; il terzo ricostruisce i passaggi che – grazie alla complessa interazione tra modelli e fondi stranieri da una parte, e attori locali (governo, Procure del Popolo, attivisti e av- vocati) dall’altra – hanno reso possibile l’introduzione delle public in- terest litigation in Cina, e la loro “trasformazione” in gongyi susong; il quarto è dedicato alla nascita delle “azioni nel pubblico interesse” nella Repubblica Popolare, e agli ostacoli tecnico-giuridici e struttu- rali che, in tale sistema, hanno impedito l’affermazione e lo sviluppo del modello “classico” di public interest litigation; il quinto, infine, analizza l’attività e le tecniche utilizzate dagli “avvocati nel pubblico interesse” (公益律师, gongyi lüshi) cinesi, alla luce dell’esperienza di quattro dei professionisti del diritto da me intervistati a Pechino nel corso del 2009. Capitolo I Dall’interesse pubblico alle “azioni nel pubblico interesse”: l’emergere di una nuova nozione di “pubblico” in Cina

Sommario: 1. Introduzione. – 2. Le origini della nozione di interesse pubblico in Cina. - 2.1. I riferimenti occidentali. - 2.2. Le nozioni di “pubblico” e “inte- resse” nella Cina classica. - 2.3. Il discorso sugli interessi nella Cina maoista. - 2.4. Dalle riforme degli anni ’80 ai giorni nostri: verso un interesse pubblico plu- ralista?

1. Introduzione In un’intervista rilasciata negli ultimi mesi del 20081, il professor Ji Weidong2, interrogato sul futuro delle riforme giuridiche nella Re- pubblica Popolare, notava che esse: “sono state compiute solo per metà; per passare alla seconda fase, è necessario promuovere l’espansione dei diritti individuali, rinnovare profondamente il diritto pubblico, e costruire – in un Paese in cui il “concetto di pubblico” è, storicamente, carente – un “nuovo concetto di pubblico” (的公共性, xinde gonggongxing3)”4.

1 Si tratta dell’intervista pubblicata il 3 febbraio del 2009 sulla rivista Ershiyi shiji: 吴飞: “改革就是建立新的公共性”, 二十一世纪,2009年2月 3日 Wu Fei, “Gaige jiu- shi jianli xinde gonggongxing” (Riformare significa stabilire un nuovo concetto di pubblico), Ershiyi shiji, 3 Febbraio 2009, disponibile in formato elettronico all’indi- rizzo http://www.21cbh.com/HTML/2009/2/3/HTML_1K2QS6OKBXPN.html (vi- sto l’ultima volta il 28/06/2009). 2 Preside della Facoltà di Giurisprudenza Koguan dell’Università Jiaotong di Shanghai (商海交通大学凯原法学院, Shanghai Jiaotong Daxue Kuanyuan Faxueyuan), dove insegna diritto costituzionale, diritto comparato e sociologia del diritto, ha in- segnato dal 1996 al 2008 presso la Facoltà di giurisprudenza dell’Università di Kobe, di cui dal 2009 è professore onorario. Vedi http://law.sjtu.edu.cn/uploads/fckedi- tors/file/LLM%E9%A1%B9%E7%9B%AE/JI%20Weidong,%20KoGuan%20Presi- ding%20Professor%20of%20Law.pdf. 3 Letteralmente “pubblicità”: il suffisso “xing” (“carattere generale”, “generalità”) modifica, infatti, l’aggettivo che lo precede, trasformando “pubblico” nel sostantivo corrispondente. Dal momento, però, che l’uso del termine “pubblicità” potrebbe, in italiano, risultare fuorviante; ho preferito tradurre “gonggongxing” come “concetto 4 Capitolo I

Se, infatti, continuava il professore, “il processo di riforma e aper- tura, in particolare a partire dagli anni ’90, ha significato soprattutto privatizzazione (私人化, sirenhua), così che ora ogni cittadino ha a cuore i propri interessi individuali”5, la Cina di oggi ha dimostrato di possedere una “nuova visione degli interessi privati”6; ed è pro- prio “attraverso i nuovi diritti privati”7, “utilizzando la promozione dei diritti privati come base per il concetto di pubblico”8 – un con- cetto di pubblico “repubblicano”, e pertanto espressione di libertà positive, prima tra tutte quella di partecipazione9 – che “la società ci- di pubblico”, espressione che – pur non essendo strettamente corrispondente alla let- tera del testo – mi pare rendere meglio il pensiero dell’autore. Al lettore attento non sarà, inoltre, sfuggita la vicinanza semantica tra il gonggongxing citato dal prof. Ji e la nozione di “sfera pubblica” di Jürgen Habermas; del resto, è proprio con “gong- gongxing” che – in alcuni contesti, e da alcuni studiosi – viene reso l’“Öffentlichkeit” del filosofo tedesco. Per approfondimenti si vedano, ad esempio: 杨东东, “公共性观念的 价值——哈贝马斯公共性思想的功能分析”, 山东社会科学, 2007年第01期 Yang Dongdong, “Gonggongxing guannian de jiazhi – Habeimasi gonggongxing sixiang de gongneng fenxi” (Il valore del concetto di “pubblicità” – Analisi della funzione di “pubblicità” di Habermas), Shehui Kexue, n. 1, 2007; 刘建成, “哈贝马斯的公共性概念探析—从批判到整合”, 教学与研究, 2004年, 第08期, Liu Jiancheng, “Habeimasi de gonggongxing gainian tansuo – cong pipan dao ghenghe” (Analisi del concetto di “pubblicità” in Habermas: dalla critica all’integrazione), Jiaoxue yu yanjiu, n. 8, 2004; 杜国强, “哈贝马斯的公共性概念探幽”, 黑龙江省政法 管理干部学院学报, 2007年第 03期, Du Guoqiang, “Habeimasi de gongongxing gainian tansuo”(Riflessione sul concetto di “pubblicità” in Habermas), Heilongjiangsheng Zhengfa Guanli Ganbu Xueyuan Xuebao, n. 3, 2007. Sul pensiero di Habermas, e la sua influenza in Cina, vedi infra, nota 9. 4 Le frasi riportate tra virgolette sono tratte da 吴飞, Wu Fei, op. cit. 5 Ibid. 6 Ibid. 7 Ibid. 8 Ibid. 9 Ibid. Riferimenti a una nozione di pubblico “repubblicana”, e in quanto tale contrapposta a quella liberale-individualista, sono oggi frequenti, in Cina. Sull’argo- mento, si veda 张艳蕊,公益诉讼的本质及其理论基础,行政法学研究,2006 年第3 期,Zhang Yanrui, “Gongyi susong de benzhi ji qi lilun jichu” (Essenza e fonda- mento teorico delle “azioni nel pubblico interesse), Xingzheng Faxue Yanjiu, n. 3, 2006, p. 96, che in proposito cita il filosofo Jürgen Habermas (vedi infra, in questa nota). Com’è noto, lo “spazio pubblico repubblicano” si differenzia da quello libe- rale-individualista perché concepisce l’arena politica quale luogo di superamento, e non di aggregazione, degli egoismi individuali; il bene pubblico “repubblicano”, ot- tenuto attraverso la partecipazione di tutti i membri della società, è quindi un bene pubblico trascendente, diverso dalla somma degli interessi particolari. Sull’argomento, e sull’analisi del rapporto tra questo tipo di spazio pubblico, e lo spazio pubblico borghese teorizzato da Jürgen Habermas, vedi Nancy Fraser, “Qu’ est-ce que la justice sociale? Reconnaissance et redistribution”, Paris, La Decouverte, 2005, p. 134. Si tenga conto che il pensiero di Habermas (in particolare a partire dalla traduzione delle sue opera in inglese, nel 1989) ha profondamente influenzato le riflessioni sul- Dall’interesse pubblico alle “azioni nel pubblico interesse” 5 nese si potrà sviluppare nel senso di una società civile”10. Ma cos’è lo “xinde gonggongxing” che tanto frequentemente ricorre nel brano citato? Si tratta solo di un’espressione ad effetto, o davvero, nella pra- tica giuridica della Repubblica Popolare, si possono ravvisare tracce dell’emergere di un interesse pubblico sociale “altro”, rispetto a quello che si è affermato fino ad oggi? È realmente possibile – in un Paese in cui, per ragioni culturali ancora prima che ideologiche, “il bene è materia pubblica di tutti, non è questione privata di un singolo” (Shan shi dajia gong gongti, bu shi yi ren zi si ti, 善是大家公共体, 不是一人自私体)11; in cui, da sempre, la stessa nozione di “interesse” è letta in chiave negativa, come espressione di particolarismo ed egoi- smo – pensare di partire dal diritto e dagli interessi privati, per pro- muovere (o addirittura tutelare) l’interesse pubblico12? Sono queste le domande a cui cercheremo di dare risposta nel no- stro lavoro. Lo faremo da un punto di vista particolare: quello delle gongyi susong (lett.: azioni nel pubblico interesse), un tipo di cause intro- dotto solo di recente in Cina, ma che, negli ultimi anni, ha cono- sciuto una crescita esponenziale, tanto da costituire, oggi, una delle questioni fondamentali su cui si interrogano non solo dottrina e giu- l’esistenza di una società civile in Cina, all’interno e all’esterno del Paese. Vedi Ma Shu-yun, “The Chinese Discourse on Civil Society”, The China Quarterly n° 137 (mar. 1994), pp. 180-181. Sull’applicabilità delle categorie sviluppate da Habermas alla situazione cinese, con particolare riguardo alle ragioni del fallimento del movi- mento democratico cinese degli ultimi anni ’80, vedi gli atti del convegno su “”Pu- blic Sphere”/”Civil Society” in China?” tenutosi presso la University of California, Los Angeles nel maggio del 1992, e pubblicati in Modern China, vol. 19, n. 2, April 1993, p. 107 e ss. 10 吴飞, Wu Fei, op. cit., ibid. 11 Donald J. Munro, “The Concept of ‘Interest in Chinese Thought”, Journal of the History of Ideas, Vol. 14, N. 2 (Apr.-Jun, 1980), p. 182. Sull’argomento vedi infra, in questo capitolo. 12 Per un’analisi (riferita, in particolare, al diritto angloamericano) delle ragioni per le quali il diritto privato – in quanto diritto assoluto degli individui privati di mobilitare la legge senza il permesso dello Stato – sarebbe più adatto del diritto pub- blico a tutelare gli interessi “altruistici” che i cittadini, agendo all’interno della so- cietà civile, possono voler proteggere, vedi John Wightman, “Private Law and Pu- blic Interest”, in Thomas Wilhelmsson e Samuel Hurri, “From Dissonance to Sense: Welfare State Expectation, Privatisation and Private Law”, p. 274 e ss. An- cora, sul diritto privato quale giuridificazione di processi normativi spontanei, di- versi dai processi di regolamentazione politica posti in essere dalla Stato, vedi nella stessa opera Gunter Teubner: “After Privatisation? – The Many Autonomies of Pri- vate Law”, pp. 51-83; Donald McGillivray e John Wightman, “Private Rights, Public Interests and the Environment”in Tim Hayward e John O’Neill, “Justice, Property and the Environment: Social and Legal Perspectives”, Aldershot, Ashgate Publishing Ltd, 1997, pp. 144-160. 6 Capitolo I risprudenza13, ma anche l’opinione pubblica e le forze politiche della Repubblica Popolare14. Azioni “nuove”, per il sistema giuridico cinese, che già dal nome tradiscono il debito nei confronti delle Public Interest Litigation ame- ricane, e che appunto da quel modello – arrivato in Cina a partire dagli anni ’90 del ventesimo secolo, al seguito di quello che è stato definito il processo di “globalizzazione della Public Interest Law”15 – traggono ispirazione. Come ci insegna il diritto comparato, tuttavia, imitare un modello non significa uniformarsi ad esso16. Questo è ancora più vero in Cina, Paese in cui, per le caratteristiche della lingua17, gli istituti frutto di

13 颜运秋,“公益诉讼法律制度研究” 北京,法律出版社, 2008.7, Yan Yunqiu, “Gongyi susong falü zhidu yanjiu” (Ricerca sul sistema giuridico delle azioni nel pubblico interesse), , Falü Chubanshe, 2008, p. 1; 陈玲, “民事公益诉讼原告资格 研究”, 法治 2010/08/中,总第299期, Chen Ling, “Minshi gongyi susong yuangao zige yanjiu” (studio sul ruolo dell’attore nelle azioni nel pubblico interesse civili”, Fazhi, n. tot. 299, agosto 2010, p. 86. 14 肖建国, “民事公益诉讼的基本模式研究 – 以中、美、德三国为中心的比较法考察”, 中国法学, 2007 年第5期, Xiao Jianguo, “Minshi gongyisusong de jiben moshi yanjiu – yi Zhong, Mei, De sanguo wei zhongxin de bijiaofa kaocha” (Ricerca sui modelli base di azioni nel pubblico interesse civile – indagine comparativistica in- centrata su Cina, Stati Uniti e Germania), Zhongguo Faxue n. 5, 2007, p. 921. 15 Sull’argomento, vedi infra, capitolo secondo e, più in generale, Scott L. Cum- mings e Louise G. Trubek, “Globalizing Public Interest Law”, University of Wi- sconsin Law School, Legal Studies Research, February 2009, già pubblicato, con lo stesso titolo, in 13 UCLA J. Int’l L. & Foreign Aff. 1, Spring 2008. 16 Su uniformazione e trapianti giuridici, vedi: Antonio Gambaro e Rodolfo Sacco, “Sistemi giuridici comparati”, Torino, Utet, 2008, p. 26 e ss.; Gianmaria Ajani, “Sistemi giuridici comparati. Lezioni e materiali”, Torino, Giappichelli, 2006, p. 33 e ss.; Michele Graziadei, “Legal Transplants and the Frontiers of Legal Knowledge”, in Theoretical Inquiries in Law, Vol. 10, n. 2, July 2009, article 15, p. 737 e ss. 17 Alludiamo, in particolare, alle peculiarità del sistema di scrittura cinese, sistema, com’è noto, non alfabetico, e pertanto meno flessibile (ma non meno adatto) di al- tri rispetto all’introduzione di nuovi termini. Dal momento, infatti, che all’unità di scrittura cinese non corrisponde un’unità linguistica, un fonema (la parola italiana “cane”, ad esempio, è composto da quattro fonemi), ma un’unità di significato, un morfema (per tornare all’esempio precedente: al carattere “狗” corrisponde il con- cetto di “cane”, completamente – entro certi limiti – svincolato dalla pronuncia), la creazione di neologismi non potrà avvenire, come nelle lingue alfabetiche, giocando sui fonemi (corrispondenti, approssimativamente, alle lettere) e attribuendo al nuovo insieme di suoni così ottenuto un determinato significato; sarà, invece, necessario uti- lizzare i morfemi già esistenti, componendoli in modo nuovo o modificandone il si- gnificato originario. Sui sistemi di traduzione utilizzati per tradurre verso il cinese e il giapponese vedi 高名凱、劉正埮: “現代漢語外來詞研”, 北京, 文字改革出版社, 1958 年, Gao Mingkai e Liu Zhengdan, “Xiandai hanyu wailaici yanjiu” (Ricerca sui termini cinesi contemporanei derivati da parole straniere), Wenzi gaige chuban- she, Beijing, 1958; Dan. F. Henderson, «Japanese Influences on Communist Chi- Dall’interesse pubblico alle “azioni nel pubblico interesse” 7 trapianto giuridico già a partire dal processo di traduzione acquisi- scono significati – e ruoli – spesso differenti da quelli ad essi attri- buiti nel luogo di origine18. Del resto, il contesto con il quale, oggi, si devono confrontare gli “avvocati del pubblico interesse” cinesi non potrebbe essere più di- verso da quello in cui operava la corte Warren, nel 195419: il rigido controllo esercitato dal governo sul potere giudiziario e la tradizio- nale debolezza di tale apparato20, l’inoperatività della regola del pre- cedente, un’avvocatura che, solo di recente, ha cominciato a svilup- parsi come professione indipendente21, la presenza di disposizioni pro- cessuali che limitano le azioni collettive e definiscono il diritto di azione in modo restrittivo22, e – non da ultimo – i numerosi vincoli alla libertà di associazione23 rappresentano solo alcuni degli ostacoli posti dal sistema giuridico (e politico) cinese all’affermarsi di un mo- dello di public interest litigation aderente a quello originale. Vedremo nei prossimi capitoli – anche servendoci del materiale nese Legal Language», in Jerome A. Cohen (ed.), «Contemporary Chinese Law: Research, Problems and Perspective”, Cambridge, Harvard University Press, 1970; Vivienne Alleton: “Chinese Terminologies: On Preconceptions”, in Michael Lack- ner, Iwo Amelung e Joachim Kurtz (eds): “New Terms for New Ideas. Western Knowledge and Lexical Change in Late Imperial China”, Leiden, 2001; più in ge- nerale, sulla traduzione dei termini giuridici occidentali in cinese, vedi: Lydia H. Liu, “Legislating the Universal: the Circulation of International Law in the Nine- teenth Century”, in Lydia H. Liu (ed.), “Tokens of Exchange. The Problem of Translation in Global Circulations”, Duke University Press, 1999; Deborah Cao “Chinese Law. A Language Perspective”, Ashgate, Aldershot, 2004, cap. 9. I con- cetti qui sintetizzati sono stati da me approfonditi in Simona Novaretti, “Le clau- sole generali nel diritto cinese. La nozione di buona fede e la giurisprudenza”, in Gianmaria Ajani e Jörg Luther (a cura di), “Modelli giuridici europei nella Cina contemporanea”, pp. 344-345, note 9 e 12. 18 Vedi nota precedente. 19 Corte che, com’è noto, in quell’anno si pronunciò sul caso “Brown vs. Board of Education of Topeka”, considerato dagli studiosi il modello classico di azioni nel pubblico interesse. Sull’argomento, vedi infra, capitolo secondo. 20 Sull’argomento vedi infra, capitolo quarto, paragrafo 3.3. Per un quadro ge- nerale del contesto in cui sono inserite le corti cinesi, vedi Marina Timoteo, “Le controversie fuori dalle corti: il caso cinese”, in Vincenzo Varano, “L’altra giusti- zia”, Milano, Giuffrè, 2007, p. 308-310. 21 Vedi Legge sull’avvocatura (中华人民共和国律师法, Zhongguo renmin gon- gheguo lüshi fa), art. 2 e ss. e infra capitolo quinto, paragrafo 2. 22 Vedi Legge di procedura civile (中华人民共和国民事诉讼法, Zhongguo ren- min gongheguo minfa susongfa, rispettivamente all’articolo 53 e ss. (azioni collettive, gongtong susong, 共同诉讼) e art. 108 (diritto di azione) e infra, capitolo quarto, pa- ragrafo 3.1. e 3.2. 23 Sull’argomento, vedi ancora infra, capitolo quarto, paragrafo 3.2.; Donald Clarke, “The Private Attorney-General in China: Potential and Pitfalls”, in Wa- shington University Global Studies Law Review, vol. 8:241, 2009, p. 248 e ss., 8 Capitolo I raccolto durante una serie di interviste ad avvocati ed attivisti cinesi, con base a Pechino, realizzate nel corso del 2009 – in quale modo, e attraverso quali tecniche, i gongyi lüshi (公益律师, lett.: avvocati nel pubblico interesse) abbiano cercato di superare tali ostacoli, allonta- nandosi, per alcuni versi, dall’esperienza statunitense – esperienza che, sia notato per inciso, resta comunque, per essi, uno dei riferimenti principali24 – fino a differenziare, talvolta in modo sostanziale, le gongyi susong dalle public interest litigation presenti in altri Paesi25. Non è, comunque, solo dal punto di vista tecnico-giuridico che le “azioni di pubblico interesse” cinesi si distinguono da quelle indi- cate, altrove, con lo stesso nome: a caratterizzarle è anche, e soprat- tutto, il tipo di interesse pubblico che intendono tutelare. Se, infatti, come ricordano Cummings e Trubek in uno studio pubblicato di recente: “In the United States, the concept […] originated as a way to de- marcate court-based legal representation on behalf of underrepresen- ted groups, such as the poor, blacks, women, and consumers”26, e in alcuni Paesi (segnatamente quelli dell’Europa Centrale e Orien- tale) il termine è in genere utilizzato: “to assert the emergence of a new style of constitutionally oriented domestic advocacy distinct from old human rights traditions”27, in Cina, al contrario, l’espressione ha acquisito un significato parti- colare, che pone l’accento sull’aspetto collettivo dei benefici che, da questo tipo di azioni, possono derivare al grande pubblico28.

24 Anche se non l’unico. Sull’argomento vedi infra, capitolo secondo, paragrafo 1. 25 Titi Liu, “Transmission of Public Interest Law: a Chinese Case Study”, 13 UCLA J. Int’l L. & Foreign Aff. 263 (2008), p. 286. A tale proposito, giova ricor- dare come l’esigenza di adattare il vocabolario, oltre che la forma, delle public inte- rest litigation al contesto locale non sia un fenomeno limitato alla sola Cina. La dif- fusione mondiale della Public Interest Law, cui abbiamo sopra accennato, ha, infatti, esteso il linguaggio di tale disciplina a Paesi con tradizione giuridica (e situazione politica) spesso molto diverse da quella americana, facendo sì che, con le stesse espres- sioni, vengano, oggi, indicate modalità di risoluzione dei conflitti differenti da si- stema a sistema. Si tratta di un processo che, negli ultimi anni, ha raggiunto pro- porzioni tali, e generato un arricchimento semantico così ingente, da spingere alcuni giuristi addirittura a chiedersi se abbia ancora senso riferirsi, in generale, alla “public interest law”, senza specificare l’ambito di riferimento. Sull’argomento, vedi ancora Scott L. Cummings e Louise G. Trubek, op. cit., p. 4. 26 Scott L. Cummings e Louise G. Trubek, ibid. 27 Ibid. 28 Ibid. Dall’interesse pubblico alle “azioni nel pubblico interesse” 9

Ed è, appunto, l’enfasi sulla “collettività” del pubblico interesse che, attraverso di esse, si cerca di proteggere, a collegare le gongyi susong con l’emergere del “nuovo concetto di pubblico” di cui par- lava il professor Ji. Non si può, infatti, negare che il “gongyi” (公益)29 in difesa del quale si battono, ogni giorno, gli “avvocati nel pubblico interesse” cinesi – un interesse pubblico “collettivo” e, in quanto tale, non solo, finalmente, sottratto al monopolio del potere costituito, ma anche li- berato dall’identificazione, durata secoli, con l’interesse dello Stato – rappresenti una novità, in Cina. Le gongyi susong, viste in quest’ottica, cessano di essere una mera, ancorché interessante, innovazione giuridica, per divenire un impor- tante segnale del mutamento ideologico-sociale in atto nella Repub- blica Popolare. Un mutamento prodotto dalla crescente complessità della società cinese e dalle nuove tensioni sorte in seno ad essa, fa- vorito – come suggeriva il prof. Ji nell’intervista citata – dalle riforme giuridiche degli ultimi anni, e dal tentativo, da parte del governo, di aprire – pur se in modo limitato e attraverso un percorso non sem- pre lineare – se non al pluralismo politico almeno a una qualche forma di pluralismo degli interessi, per rispondere ai problemi interni della Repubblica Popolare senza perdere il controllo30. Riprenderemo questi temi nel corso della trattazione. Qui vi abbiamo fatto cenno, per notare come un approccio limi- tato al mero dato giuridico non possa rendere conto dell’estrema com- plessità dell’istituto di cui intendiamo occuparci. Come afferma un giovane ricercatore cinese, in una delle più esau- stive monografie finora pubblicate sull’argomento: “l’ambito di ricerca riguardo alle gongyi susong è talmente vasto che, nel trattare questo istituto, non ci si può limitare ad utilizzare stru- menti di diritto sostanziale per discutere degli aspetti di diritto so- stanziale, o strumenti di diritto processuale per discutere di quelli pro- cessuali. Devono essere coinvolte altre scienze, come la filosofia del di- ritto, la sociologia, l’economia, l’etica; ma anche il diritto costituzio- nale, la teoria generale del diritto, ecc.”31.

29 Abbreviazione di gonggong liyi 公共利益 e che, come questo, significa: “pub- blico interesse”. 30 Sulla riforma delle professioni giuridiche come mezzo utilizzato dal PCC per introdurre un sistema di responsabilità della pubblica amministrazione, e rafforzare il proprio controllo sul Paese, vedi: Fu Huanling e Richard Cullen, “Weiquan (Rights Protection) Lawyering in an Autoritarian State: Toward Critical Lawyering”, SSRN Working paper series, January 2008, disponibile su http://papers.ssrn.com/sol3/pa- pers.cfm?abstract_id=1083925 (visto l’ultima volta il 22/05/09). 31 颜运秋,公益诉讼法律制度研究,北京,法律出版社, 2008.7, Yan Yunqiu, 10 Capitolo I

La ricerca sulle gongyi susong deve essere, dunque, affrontata da un punto di vista interdisciplinare: tali azioni non rappresentano, in- fatti, solo un tentativo di trapianto giuridico – vedremo fino a che punto riuscito – ma sono il risultato di cambiamenti quasi epocali, compiutisi a diversi livelli, che hanno modificato profondamente il tessuto sociale – e il modo di rapportarsi al concetto di “pubblico” – cinese. In questo senso, il discorso sulle “azioni nel pubblico interesse” ci riconduce alla questione riguardo all’esistenza, in Cina, di una so- cietà civile32; società la cui principale virtù, secondo la nota defini- zione di Edward Shils, sarebbe appunto:

“Gongyi susong falü zhidu yanjiu” (Ricerca sul sistema giuridico delle azioni nel pubblico interesse), Beijing, Falü Chubanshe, 2008, p. 18. 32 A tale proposito, ricordiamo come l’interesse per il concetto di società civile sia, da parte degli studiosi della Repubblica Popolare, piuttosto recente, e risalga alla seconda metà degli anni ’80. Responsabile di tale ritardo potrebbe essere – secondo alcuni – il discredito in cui la nozione sarebbe caduta a causa della traduzione del termine tedesco “burgerliche Gesellschaft”, contenuto negli scritti di Marx, come “so- cietà borghese” (zichanjieji, 资产阶级 社会) invece che come, appunto, società civile (shimin shehui, 市民社). Sull’argomento vedi 沈越, “资产阶级 权利应译为 市民 权利”, 天津社会科学, 1986年04期, Shen Yue, “Zichanjieji quanli ying yi wei shimin quanli ying yi wei shimin quanli” (I “diritti borghesi” devono essere tradotti come “diritti civili”), Tianjin Shehui Kexue, n. 4, 1986. Sull’argomento vedi, più in generale, Ma Shuyun, “The Chinese Discourse on Civil Society”, The China Quar- terly n. 137 (Mar. 1994), pp. 180-193. Si noti che l’espressione “società civile” viene resa in cinese in almeno tre modi differenti, ognuno dei quali dona alla nozione sfu- mature diverse. In particolare, secondo gli autori, 市民社会 shimin shehui porrebbe l’accento sulla dimensione urbana della cittadinanza, 公民社会 gongmin shehui indi- cherebbe una società di cittadini come gruppo di persone propense ad anteporre l’in- teresse della collettività a quello privato, mentre ancora 民间社会 minjian shehui of- frirebbe l’immagine di società civile più “antagonista”, perché basata sul presupposto dell’esistenza di uno spazio popolare, autonomo da quello politico. Sull’argomento, vedi più in dettaglio Ma Qiusha, “Non-Governmental Organizations in Contem- porary China”, London, Routledge, 2006, pp. 18-22, citato in Renzo Cavalieri e Ivan Franceschini, “Introduzione” in “Germogli di Società Civile in Cina”, Mi- lano, Francesco Brioschi Editore, 2010, pp. 3-5. Ancora a tale proposito, è interes- sante evidenziare come alle espressioni citate se ne sia, recentemente, aggiunta una quarta, 公共社会 gonggong shehui, in reazione al divieto – notificato, nel gennaio 2011, ai media dal Ministero della Propaganda cinese (中宣部, Zhongxuanbu) attra- verso una circolare – di impiegare nei propri articoli o comunicati il composto “gong- min shehui”. Sull’argomento, e sui nuovi significati assunti da “società civile” in que- sta accezione vedi più in dettaglio: “中宣部禁止媒体提及 “公民社会””, “Zhongxuanbu jinzhi meiti tiji “gongmin shehui”” (Il Ministero della Propaganda vieta di far riferi- mento alla “società civile”, pubblicato sul sito 中国数字时代, Zhongguo shuzi shidai il 4 gennaio 2011, e disponibile all’indirizzo: http://chinadigitaltimes.net/chinese/2011/01/ %E4%B8%AD%E5%AE%A3%E9%83%A8%E7%A6%81%E6%AD%A2%E5%A A%92%E4%BD%93%E6%8F%90%E5%8F%8A%E2%80%9C%E5%85%AC%E6 %B0%91%E7%A4%BE%E4%BC%9A%E2%80%9D/. Dall’interesse pubblico alle “azioni nel pubblico interesse” 11

“the readiness to moderate particular, individual or parochial intere- sts and to give precedence to the common good”33.

Si tratta, ancora una volta, di un elemento che differenzia la de- clinazione cinese di questo istituto dal modello cui è ispirata. Se, in- fatti, il problema della partecipazione dei cittadini alla vita pubblica non poteva che risultare quantomeno marginale, per i fondatori del cosiddetto “Public Interest Law Movement” americano – i quali, in- seriti in un contesto in cui l’impegno civile era dato per scontato34, miravano, piuttosto, a disegnare un nuovo tipo di avvocatura, che non favorisse esclusivamente gli interessi forti all’interno della società dell’epoca35 – esso acquisisce centralità, nell’ambito di un Paese nel quale la definizione di cosa sia “interesse pubblico” è stata per lungo tempo “determinata dai vertici politici nella totale assenza di un pro- cesso democratico, attuata in maniera fortemente gerarchica dai fun- zionari amministrativi, e fatta rispettare attraverso i tribunali dalla on- nipotente procura”36, e in cui, tradizionalmente, è venuta a mancare un’idea di “servizio pubblico” inteso nel senso di dovere civico nei confronti del gruppo in generale, a prescindere dalle relazioni personali37. È alla luce di simili considerazioni che, in questo capitolo, ci per-

33 Edward Shils, “The Virtue of Civil Society”, Government and Opposition vol. 26, n. 1, Winter 1991, p. 16. 34 A tale proposito, note sono le riflessioni di Alexis de Tocqueville riguardo alla società civile americana dell’inizio del XIX, tanto diversa da quella, coeva, europea: “Le libere istituzioni di cui dispongono gli abitanti degli Stati Uniti, e i diritti po- litici dei quali essi fanno largo uso ri cordano di continuo e in mille modi a ogni cit- tadino che egli vive in società. Riconducono di continuo la sua mente all’i dea che è dovere degli uomini, e anche loro interesse, rendersi utili ai propri simili”. Alexis de Tocqueville, “La democrazia in America”, Torino, Utet, 1991, p. 127. 35 Edwin Rekosh, “Who defines the Public Interest? Public Interest Law Stra- tegies in Central and Eastern Europe”, PILI Papers, n. 1, July 2005, p. 8. 36 Ibid., p. 10. In realtà, la citazione è riferita ai Paesi dell’Europa Centro-orien- tale un tempo legati dal Patto di Varsavia, ma – in quanto espressione della teoria giuridica socialista – è in tutto e per tutto riferibile alla situazione cinese. Sull’argo- mento vedi ancora infra, paragrafo 2.3. 37 Sull’argomento, vedi Fei Xiaotong: “From the Soil. The foundations of Chi- nese Society. A Translation of Fei Xiaotong’s Xiangtu Zhongguo, with an Intro- duction and Epilogue by Gary G. Hamilton and Wang Zheng”, Berkeley and Los Angeles, University of California Press, 1992, p. 76 (traduzione commentata del sag- gio “乡土中国”, “Xiangtu Zhongguo”, pubblicato in cinese dall’illustre sociologo nel 1947). Ancora sull’”individualismo” cinese – un individualismo “collettivo”, perché inteso in senso confuciano, come attenzione alla propria famiglia, o al proprio clan – e sulla mancanza di spirito civico nella Cina tradizionale, vedi Andrew J. Nathan, “Sources of Chinese Rights Thinking”, in R. Rande Edwards, Louis Henkin e Andrew J. Nathan, “Human Rights in Contemporary China”, New York, Co- lumbia University Press, p 138 e ss. e 崔大华, Cui Dahua, op. cit., p. 33 e ss. 12 Capitolo I metteremo di discostarci da quanto suggerito da Rajeev Dhavan in un articolo pubblicato negli anni ’8038, e ancora oggi molto citato, in particolare dagli studiosi cinesi. Com’è noto, in tale lavoro l’illustre avvocato indiano esortava a trattenersi dal disaggregare meccanicamente l’espressione “Public In- terest Law” nelle sue parti costituenti (“public”, “interest” e “law”), poiché, trattandosi di un’espressione “cultural specific”: ““[…] the whole is quite distinct from the parts, and does not always reflect the controversies elucidating the latter”39.

Ci pare, al contrario, che lo sviluppo delle gongyi susong in Cina sia profondamente legato all’emergere di un (vedremo quanto nuovo) modo di concepire cosa sia “interesse” e cosa significhi “pubblico”; che solo attraverso un’analisi del dibattito fiorito attorno al concetto di “interesse pubblico” in questi anni – dibattito che ha portato al- l’evoluzione di questa nozione in termini pluralistici, e alla ridefini- zione del suo rapporto con quella di interesse privato – sia possibile dare conto del perché, nonostante un ambiente giuridico, politico e, almeno in parte, anche culturale, ostile, tali azioni abbiano potuto es- sere introdotte, e acquisire sempre più rilevanza, all’interno della RPC. Prima di vedere, dunque, in cosa consistano, concretamente, le “azioni nel pubblico interesse” cinesi, e quali siano gli strumenti (tec- nico-giuridici, ma non solo) per mezzo dei quali, proprio sulla base dei diritti e degli interessi individuali oggi garantiti dal sistema40, i

38 Si tratta di Rajeev Dhavan, “Whose Law? Whose Interest?”, in Jeremy Coo- per e Rajeev Dhavan (eds.), “Public Interest Law”, Oxford, Basil Blackwell Ltd, 1986. 39 Rajeev Dhavan, op. cit., p. 17. 40 Ricordiamo qui, – per approfondire l’argomento nei prossimi capitoli – che “ottenere il bene comune attraverso la tutela degli interessi individuali” (积万众之私成天下之公, ji wanzhong zhi si, cheng tianxia zhi gong, lett.: “Accu- mulando il privato delle moltitudini, trasformarlo nel pubblico di tutto ciò che sta sotto il cielo”) è il motto del primo studio legale a contenere l’espressione “pub- blico interesse” nella propria denominazione, lo Studio legale per il pubblico inte- resse e il legal aid Dongfang (北京市东方公益法律援助律师事务所, Beijingshi Dong- fang gongyi falü yuanzhu lüshi shiwusuo). Sull’argomento, vedi infra, capitolo quarto. Riguardo alla conferenza organizzata, nell’agosto del 2003, dall’Accademia Cinese di Scienze Sociali per discutere della fondazione di tale studio legale (conferenza a cui hanno preso parte rappresentanti delle principali istituzioni politiche e giuridiche ci- nesi, tra le quali l’Assemblea Nazionale Popolare, la Corte Suprema del Popolo, il Ministero della Giustizia, la Procura Suprema del Popolo, l’Amministrazione per la giustizia della Municipalità di Pechino, la Procura della Municipalità di Pechino ol- tre a personalità di spicco del mondo accademico), vedi 徐卉, “同向社会 正义之路。 公益诉讼理论研究”, 北京,法律出版社, 2009年, Xu Hui, “Tongxiang shehui zhengyi Dall’interesse pubblico alle “azioni nel pubblico interesse” 13 gongyi lüshi si sforzano, quotidianamente, di tutelare il bene comune, riteniamo opportuno soffermarci brevemente sull’etimologia dell’e- spressione gonggong liyi (公共利益, spesso abbreviata in 公益, gongyi) e sui significati ad essa riconducibili nella storia politica e del pen- siero cinesi, anche alla luce di quanto recentemente pubblicato in Cina sull’argomento.

2. Le origini della nozione di interesse pubblico in Cina 2.1. I riferimenti occidentali Mai, come negli ultimi anni, la dottrina giuridica cinese si è in- terrogata sul significato e sul valore del concetto di pubblico inte- resse41. Le ragioni sono evidenti: nonostante, infatti, riferimenti a tale nozione siano stati presenti, nella della legislazione della Repubblica Polare, fin dalla sua fondazione42, è solo con il procedere delle riforme che essa ha acquisito una crescente centralità, fino a divenire la clau- sola utilizzata più di frequente nelle leggi e nei regolamenti di que- sto Paese43. zhi lu. Gongyisusonglilunyanjiu” (Verso una giustizia sociale. Studio teorico delle azioni nel pubblico interesse), Beijing, Falü chubanshe, 2009. 41 Basta consultare il database Cnki (database che raccoglie tutte le pubblicazioni scientifiche comparse su riviste della Cina continentale dal 1915 ad oggi, all’indi- rizzo: http://ckrd85.cnki.net/kns50/Navigator.aspx?ID=1) per rendersene conto: dal 1915 al 1949 non sono presenti articoli che, nel titolo, contengano riferimenti alla nozione; dal 1949 al 1978, essa compare solo in 4 pubblicazioni (una uscita nel 1954, due nel 1955 e l’ultima nel 1964, cioè nei – brevi – periodi di formalismo giuridico); con le riforme l’interesse aumenta (1978-1989: 60 articoli, pubblicati per la maggior parte negli ultimi anni ’80); c’è un calo di interesse in concomitanza con i fatti di Tian’anmen (1989-1992: 32 articoli, che diventano 94 nel periodo tra il 1992-1995); si assiste poi ad un incremento stabile, di qualche centinaio di articoli l’anno, du- rante la seconda metà degli anni ’90, ma solo in concomitanza con le riforme cui accenniamo nel testo tale incremento diviene esponenziale, fino ad arrivare ai 3182 articoli pubblicati nel periodo 2007-2008, anno in cui entra in vigore la Legge sulla Proprietà. 42 Si vedano, a titolo di esempio, la Costituzione (中华人民共和国宪法, Zhon- ghua renmin gongheguo xianfa) del 1954, artt. 10, 13 e 14, la Costituzione del 1975, all’articolo 5; e l’ultima costituzione del periodo maoista, quella del 1978, all’arti- colo 8. 43 Secondo un recente studio, tale espressione ricorrerebbe 1259 volte nella legi- slazione cinese attuale, comprendendo nel calcolo leggi, regolamenti nazionali, rego- lamenti locali e documenti aventi valore normativo, e in particolare apparirebbe: 2 volte all’interno della Costituzione, 72 volte in leggi ordinarie, 87 volte in regola- menti nazionali e 1098 in altri documenti normativi, non meglio specificati. 黄有丽, ““公共利益”的法律界定”, 学术交流, 2008年4月, 总第169期第4期, Huang Youli, ““Gonggong liyi” de falü jieding” (La definizione legislativa di “interesse pubblico”), 14 Capitolo I

In particolare, è stato in seguito alla riforma dei diritti reali – e al dibattito legislativo che doveva portare, nel 2004, al riconoscimento costituzionale dell’inviolabilità della proprietà privata44, e nel 2007 alla emanazione della prima Legge sulla Proprietà della RPC (中华人民共和国物权法, Zhonghua renmin gongheguo wuquanfa) – che l’attenzione per quella che è, oggi, considerata una delle “clau- sole regine” (帝王条款, diwang tiaokuan) del diritto cinese ha rag- giunto l’apice45: il pericolo, infatti, che la tutela da poco garantita alla proprietà privata divenisse vana, a fronte della possibilità – prevista da entrambe le norme citate46 – di espropriazioni o requisizioni com- piute in nome di un pubblico interesse espresso in termini quanto mai vaghi ha spinto molti giuristi a domandarsi quale fosse, in con- creto, il significato attribuito a questa espressione dal legislatore, e quali i soggetti, e i procedimenti, deputati a determinarlo; questo, al fine di evitare che “interesse pubblico” si trasformasse in un: “cesto vuoto all’interno del quale si può far rientrare qualsiasi cosa,

Xueshu jiaotong, vol. 169, n. 4, aprile 2008, p. 35. Ci pare, comunque, che i dati presentati dall’autrice siano da correggere, dal momento che una rapida ricerca sul database dell’Università di Pechino (http://www.lawinfochina.com) ci ha permesso di riscontrare come l’espressione 公共利益 (gonggongliyi) appaia ben 565 volte all’in- terno di leggi ordinarie e regolamenti nazionali (contro le 159 indicati nello studio citato), a cui si devono aggiungere le 326 volte in cui, nella stessa tipologia di fonti, appare la forma breve per “interesse pubblico” (公益, gongyi). Tra le principali norme in cui ricorre la formula ricordiamo: la Costituzione del 1982 (中华人民共和国宪法, Zhonghua renmin gongheguo xianfa), artt. 10, comma 3 e 13, comma 3; i Principi Generali del Diritto Civile (中华人民共和国民法通则, Zhonghua renmin gongheguo minfa tongze), del 1986 artt. 7, 49 punto 6, 58 comma 1, 150; la Legge sul Con- tratto (中华人民共和国合同法, Zhonghua renmin gongheguo hetongfa) del 1999, artt. 7, 52 punto 4 e 127; la Legge sulla Proprietà (中华人民共和国物权法, Zhonghua renmin gongheguo wuquanfa) del 2007, agli artt. 7, 42 comma 1 e 148; la Legge sulla proprietà intellettuale (中华人民共和国著作权法, Zhonghua renmin gongheguo zhuzuoquanfa) del 2001, all’articolo 4, comma 2; la Legge sul brevetto (中华人民共和国专利法, Zhonghua renmin gongheguo zhuanlifa) agli artt. 5 comma 1, 14, 49 e 52; la Legge penale (中华人民共和国刑法, Zhonghua renmin gongheguo xingfa) del 1997, art. 20, comma 1 e 21; la Legge sull’istruzione (中华人民共和国教育法, Zhonghua renmin gongheguo jiaoyufa) del 1995, agli artt. 8 comma 1, e 67 comma 2; la Legge sulla procedura civile (中华人民共和国民事诉讼法, Zhonghua renmin gongheguo minshisusongfa) del 1991, artt. 213 comma 3, 258 comma 2, 260 comma 2 e 266; la Legge sul procedimento amministrativo (中华人民共和国行政诉讼法, Zhonghua renmin gongheguo xingzhengfa) del 1989, all’articolo 44, punto 2. 44 Vedi Costituzione della Repubblica Polare Cinese Costituzione (中华人民共和国 宪法, Zhonghua renmin gongheguo xianfa), art. 13, comma 1. 45 黄有丽, Huang Youli, op. cit., p. 35. 46 Vedi Costituzione, artt. 10, comma 3, e 13, comma 3 e Legge sulla Proprietà, art. 42, comma 1. Dall’interesse pubblico alle “azioni nel pubblico interesse” 15

uno strumento di cui alcuni individui si possono servire per violare gli interessi di terzi, o perseguire il proprio interesse personale”47.

Nel presente lavoro, non approfondiremo le proposte avanzate dai teorici del diritto cinesi per cercare di ridurre l’indeterminatezza ti- pica del concetto in esame48. Se vi abbiamo qui fatto cenno, è solo per notare come, al di là del punto di vista a partire dal quale esso viene analizzato – segna- tamente: la necessità di limitarne la portata, per ridurre il rischio di lesioni arbitrarie ai diritti e agli interessi privati, nel caso degli studi sopra menzionati, o l’esigenza di ampliarne l’ambito di applicazione, ai fini di consentire una maggiore partecipazione dei cittadini alle po- litiche pubbliche, come nei sempre più numerosi lavori dedicati allo sviluppo delle public interest litigation nella Repubblica Popolare – la prospettiva adottata dagli autori cinesi rimane la stessa: una prospet- tiva tutta occidentale, priva di (quasi) ogni riferimento a quanto i principi di “gong” e “li” hanno rappresentato in Cina, nel remoto passato e in tempi a noi più vicini. Il ricorso alla storia della filosofia occidentale da parte di tali au- tori non stupisce, quando si tratti di illustrare le più recenti teorie sull’argomento: le scuole di pensiero oggi più accreditate, nella RPC (quella utilitarista, ad esempio ma anche la scuola processuale, o quella negazionista, per citarne solo alcune49) sono, infatti, le stesse che ri-

47 黄有丽, Huang Youli, op. cit., p. 36, che ripete, senza citarlo, quanto espresso da Mike Feintuck in Mike Feintuck, “‘The Public Interest’ in Regulation”, Oxford, Oxford University Press, 2004. 48 Sull’argomento vedi, tra gli altri, Zhang Lihong, “The Latest Development in the Codification of the Chinese Civil Law”, Tulane Law Review, vol. 83:999, 2009, pp. 222-223; 胡鸿高, “论公共利益的法律界定——从要素解释的路径”, 中国法学, 2008年, 第4期, Hu Honggao, “Lun gonggong liyi de falü jieding – Cong yaosu jieshi de lujing” (Sul concetto giuridico di pubblico interesse – a partire dal- l’analisi degli elementi chiave), Zhongguo faxue, vol. 4, 2008. Sulla posizione di uno dei più illustri civilisti cinesi riguardo alla necessità di stabilire una dettagliata pro- cedura amministrativa per la determinazione del “pubblico interesse” nei casi con- creti, e di dotare le corti del potere di giudicare sul rispetto di tale procedura da parte delle autorità, anche da un punto di vista comparativistico, si veda “王利明谈物权法实施四大动向”, “Wang Liming tan Wuquanfa shishi si da dongxiang” (Wang Liming discute delle quattro tendenze nell’applicazione della Legge sulla Pro- prietà) disponibile su http://www.dffy.com/faxuejieti/ms/200804/20080403114054.htm (visto l’ultima volta il 26 novembre 2009). 49 Si confronti, ad esempio, la classificazione dei diversi modi di intendere il con- cetto di “pubblico interesse” riportata in 余少祥,“什么是公共利益”, 黄金荣 (执行主编)“公益诉讼 (第三辑)”, 北京, 中国检察出版社, 2008年, Yu Shaoxiang, “Shenme shi gonggongliyi?” (Che cos’è l’interesse pubblico?), in Huang Jinrong (zhixing zhubian) “Gongyi susong (disanji)” (Azioni nel pubblico interesse – terza 16 Capitolo I troviamo in ogni altro Paese del mondo, e non rappresentano che l’ultima tappa di un processo cominciato, in Europa, agli albori del pensiero filosofico e politico50. Un processo che – lo ricordiamo – doveva portare, a partire dal XIX secolo, l’”interesse pubblico” elaborato in seno alla cultura greco- romano-cristiana – ormai divenuto una “ideologia istituzionale”, “fon- damento, obiettivo e limite al potere dello Stato” 51 – a diffondersi a livello planetario52, e condizionare il modo di rapportarsi al “bene co- mune” anche in contesti totalmente differenti da quello in cui tale nozione si era sviluppata53. È, invece, quando si tratta di spiegare il significato dei termini che compongono l’espressione “gonggong liyi” che l’esclusivo riferimento alle esperienze straniere raggiunge livelli parossistici: risulta difficile, infatti, comprendere la ragione per la quale i giuristi cinesi, per chia- rire il senso di parole espresse nella propria lingua, debbano ricor- rere all’etimologia dei loro omologhi inglesi (public, oppure interest)54,

pubblicazione), Beijing, Zhongguo Jiancha Chubanshe, 2008, pp. 132-137, e quelle contenute in Leslie A. Pal e Judith Maxwell, “Assessing the Public Interest in the 21st Century: A Framework”, Canadian Policy Research Networks, January 2004, pp. 4-7; Jodie L. Hierlmeier, “The Public Interest”: Can It Provide Guidance for the ERCB and NRCB?”, 18 J. Env. L. & Prac. 279, August 2008, pp. 283-288; Frank J. Sorauf, “The Public Interest Reconsidered”, The Journal of Politics, vol. 19, n. 4, Nov. 1957, p. 618 e ss.; o, ancora, la famosa classificazione operata da Co- chran nel 1974, in Clarke E. Cochran, “Political Science and “The Public Inte- rest””, The Journal of Politics, Vol. 36, n. 2, May 1974, p. 329 e ss. 50 Leslie A. Pal e Judith Maxwell, op. cit., p. 3. In effetti, nozioni affini a quella di “interesse pubblico” sono stati, in occidente, al centro della riflessione fi- losofica e politica già dall’età classica: to koinè sumphéron di Platone e Aristotele, l’utilità comune di Epicuro, l’utilità della res publica di Cicerone, il bene comune tomista o quello del Machiavelli, il bene pubblico secondo Locke e quello secondo Hobbes, la “volontà generale” di Rousseau, l’’interesse nazionale di Sieyès, la “mano invisibile” di Adam Smith, non rappresentano che una parte delle espressioni con cui questo concetto è stato reso nel corso dei secoli. Per un approfondimento sulla genealogia della nozione di interesse generale in Occidente vedi François Rangeon, “L’idéologie de l’intérêt général”, Paris, Economica, 1986, Parte Prima, pp. 31-194. 51 F. Rangeon, op. cit., p. 27. 52 Questo soprattutto in seguito alla diffusione mondiale del modello di Stato, cui in quel periodo era indissolubilmente legata. Per approfondimenti sull’argomento, vedi ancora F. Rangeon, op. cit., p. 196 e ss. 53 F. Rangeon, op. cit., p. 199 e ss., in cui l’autore nota le caratteristiche pecu- liari assunte dalla nozione in contesti diversi da quello europeo, con particolare ri- ferimento all’esperienza statunitense e a quella sovietica. 54 Tra l’altro, attraverso analisi non sempre accurate. Vedi, ad esempio, 余少祥, Yu Shaoxiang, op. cit., p. 137, in cui l’etimologia di public viene ricondotta alle pa- role greche pubes (sic) e koinon. Dall’interesse pubblico alle “azioni nel pubblico interesse” 17 o, ancora, citare le corrispondenti voci dell’ “Oxford Dictionary of Law”55. Questa mancanza di richiami ai valori autoctoni sarebbe, già di per sé, sorprendente, se riguardasse istituti totalmente ignoti al diritto cinese tradizionale: di norma, infatti, gli autori cinesi non esitano a ricordare il background semantico dei caratteri utilizzati per rendere in mandarino i concetti importati dall’occidente, anche quando si tratti di veri e propri neologismi56. Essa, però, diviene addirittura eclatante, a fronte del ruolo cen- trale rivestito, per secoli, dalle nozioni di “pubblico” e di “interesse” nella riflessione etica, filosofica e politica del Paese di Mezzo: un ruolo, com’è noto, simile, per importanza, a quello giocato dalle stesse nozioni in Occidente, ma all’interno di un contesto culturale e so- ciale profondamente diverso. Lasciamo, allora, per un momento la riflessione interna sul valore del concetto di “interesse pubblico”, per vedere quale sia stato il si- gnificato attribuito a tale espressione nel corso della storia cinese, e in che modo esso abbia influenzato il rapporto tra i cittadini cinesi e l’idea di “bene comune”, fino quasi ai nostri giorni.

55 潘志玉, “论民法上的公共利益”, 政法论丛, 第3 期, 2008 年6 月, Pan Zhiyu, “Lun minfashang de gonggongliyi” (L’“interesse pubblico” nel diritto civile), Zhengfa luncong, n. 3, giugno 2008, p. 16. 56 È questo, ad esempio, il caso del principio di buona fede oggettiva: nono- stante, infatti, chengshi xinyong (诚实信用的原则) altro non sia che uno dei neolo- gismi creati tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, per rendere un concetto fino ad allora sconosciuto, gli autori cinesi, nell’illustrarne il significato, amano in- dugiare sui passi delle opere confuciana, legiste o moiste, che contengono i caratteri da cui è formato. Vedi 张中秋, 陈学, 王晓丹, 吴金和: “诚信语法的一般理论初探”, 江苏警官学院报,第18卷第3期2003年5月, Zhang Zhongqiu, Chen Cuecao, Wang Xiaodan e Wu Jinhe: “Chengshi xinyong yu fa de yibanlilun chudan” (Prima in- dagine teorica generale su diritto e buona fede), Jingguan Xueyuan bao, vol. 18, n. 3, maggio 2003, p. 100; 夏汉明: “诚实信用原则浅析”, 武汉市经济管理干部学院 学报, 第17卷第4期,2003年12月 Xia Hanming, “Chengshi xinyong yuanze qianxi” (Analisi del principio di buona fede), Wuhanshi jingji guanli ganbu Xueyuan xue- bao, vol. 17, n. 4, dicembre 2003, p. 55; 河旺翔: “对我国诚实信用原则研究现状的 评析”, He Wangxiang, “Dui Woguo chengshi xinyong yuanze yanjiu xianzhuangde pingui” (La situazione attuale degli studi sul principio di buona fede in Cina), in http://www.law-lib.com/lw/lw_view.asp?no=3382, p. 4; 房丽娟,郑涛: “中西诚信 伦理的主要差异”, 天水行学院报,2004 年第3期总第27期, Fang Lijuan e Zheng Tao, “Zhongxi chengxin lunli de zhuyao chayi” (Principali differenze etiche del con- cetto di buona fede in Cina ed Occidente), Tianshui Xinzheng Xueyuan xuebao, vol. 27, n. 3 , 2004, p. 27, citati in Simona Novaretti, op. cit., nota 14, p. 435. Per approfondimenti riguardo alla traduzione in cinese del concetto di buona fede, vedi ibid., pp. 342-355. 18 Capitolo I

2.2. Le nozioni di “pubblico” e “interesse” nella Cina classica Nelle lingue dei Paesi appartenenti alla tradizione giuridica occi- dentale, l’elemento che, maggiormente, contribuisce a decretare la va- ghezza dell’espressione “pubblico interesse”, è di certo la sconcer- tante gamma di significati riconducibili all’aggettivo “pubblico”. Tale aggettivo, com’è noto, deriva dal latino “publicus”, affine a “populus” (popolo)57, e pertanto, per estensione, in italiano (ma an- che in inglese, o in francese)58 esso può indicare tanto ciò che con- cerne, riguarda la collettività (“pubblica utilità”, “quiete pubblica”), quanto ciò che è di tutti (“opinione pubblica”), o, ancora, ciò che è accessibile, a tutti (“luogo pubblico”, “locale pubblico”), e, infine – soprattutto quando “pubblico” è impiegato per segnalare la titolarità di un bene, o di un servizio – ciò che afferisce allo Stato (“scuola pubblica”59, “debito pubblico”, “pubblico impiego” ecc.). A collegare, dal punto di vista semantico, questi – talvolta molto differenti – modi di intendere tale parola, è il loro opporsi, in gene- rale, all’idea di “privato”; ed è interessante notare come proprio il contrasto con il concetto di “privato” (私, si) sia uno degli aspetti evocati, anche etimologicamente, dal carattere con cui “pubblico” viene espresso in mandarino, gong 公. Secondo uno dei più antichi dizionari cinesi, il celebre Shuowen jiezi (说文解字, I sec. d.C.), gong sarebbe, infatti, un carattere com- plesso, formato da due caratteri più semplici (八 ba, dividere e 厶 si, privato) che, insieme, gli conferirebbero il significato di “girare la schiena al privato” (背私, bei si)60. L’uso del termine gong, come quello di si, del resto, è documen- tato fin dalla più remota antichità: in alcune delle poesie contenute nel Classico delle Odi (诗经, Shi Jing, circa V secolo a.C.)61 gong, in

57 Vedi, sub vocem, Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli, “Nuovo Vocabola- rio della Lingua Italiana”; Ottorino Planigiani, “Vocabolario etimologico della lingua italiana”, Firenze, Le Monnier, 1987. 58 Cfr., sub vocem, ibid.; H.W.F. Fowler e F.G. Fowler, “The Concise Oxford Dictionary of Current English”, Oxford, Oxford University Press, 1951; Trésor de la Langue Française, disponibile su http://atilf.atilf.fr/tlf.htm. Si noti come, non a caso, il primo significato di “public”, secondo il dizionario francese è “d’État”, men- tre nel dizionario Oxford il collegamento con l’idea di Stato appare solo tra le ul- time definizioni, al decimo posto. 59 Per quanto riguarda questo particolare significato, l’esempio è valido solo per la lingua italiana e per quella francese; in Inghilterra, infatti, “public school” indica una istituzione educativa privata, e non gestita dallo Stato, come è invece il caso della “scuola pubblica” italiana e dell’“école publique” francese. 60 Vedi, sub vocem, Shuowen jiezi 说文解字, consultabile in formato elettronico al- l’indirizzo: http://chinese.dsturgeon.net/text.pl?node=26160&if=en&searchu=%E8%AF%9A. 61 In realtà la datazione dello Shijing è incerta: nonostante, infatti, buona parte Dall’interesse pubblico alle “azioni nel pubblico interesse” 19 particolare, viene utilizzato per indicare il duca, o il capo del clan principale. Ancora in questo senso concreto esso viene impiegato, sempre in contrapposizione a si, per distinguere, nel periodo degli Stati Combattenti (453-221 a.C.), i beni del sovrano da quelli appar- tenenti ad altri soggetti62; tuttavia, è già a partire dall’opera di Con- fucio (VI sec. a.C.) che, secondo alcuni studiosi, si sarebbe, lenta- mente, iniziato a delineare il passaggio del significato di “gong” da “duca” o “del duca” a quello di “pubblico” o “comune”63 in senso etico-politico, per indicare la volontà del sovrano di condividere, di considerare una prospettiva più ampia, che si estendesse oltre lui e la sua famiglia64. Ritorneremo a questi concetti tra poco. Per ora, notiamo come, in realtà, il primo significato collegato a “gong” dal citato dizionario Shuowen sia quello di “collettivo” o “comune”, inteso, invece, in senso fisico: un’altra lettura dell’etimologia del carattere gong, infatti, gli attribuisce l’accezione di “giusta divisione delle cose private”, “di- viso equamente tra tutti” (平分, pingfen)65. Tale interpretazione è avvalorata anche dalla nota frase delle Me- morie sui riti (Liji, 礼记)66: “Tutto sotto il Cielo è gong” (Tianxia wei gong 天下为公), in cui, secondo i glossatori dell’epoca Han, gong sarebbe usato, ap- punto, come sinonimo dell’omofono gong (共), “collettivo”67. delle 305 poesie di cui si compone risalga, probabilmente, alla prima metà del I mil- lennio, l’opera appare, nella forma che ci è stata tramandata, come un prodotto del- l’epoca Han. Si tratta, com’è noto, di un’opera fondamentale della letteratura cinese classica, inclusa, insieme alle Memorie sui riti (礼记, Liji), al Classico dei Mutamenti (易经, Yijing), al Classico dei Documenti (书经, Shujing), e agli Annali delle Pri- mavere e degli Autunni (春秋, Chunqiu), tra i Cinque Classici confuciani (五经, Wu Jing). Sull’argomento, vedi Mario Sabattini e Paolo Santangelo, “Storia della Cina. Dalle origini alla fondazione della Repubblica”, Roma, Laterza, 1986, p. 120 e ss. 62 Hoyt Cleveland Tillman, “Ch’en Liang on Public Interest and Law”, Mono- graph of the Society for Asian and Comparative Philosophy n. 12, Honululu, Hawaii University Press, 1994, p. 9. 63 Ibid. 64 Hoyt Cleveland Tillman, op. cit., p. 4. 65 Vedi ancora, sub vocem, Shuowen jiezi 说文解字; lo stesso significato è ri- portato da Bernhardt Karlgren in Bernhardt Karlgren, “Analytic Dictionary of Chinese and Sino-Japanese”, Paris, Librairie Orienaliste Paul Geunther, 1923, sub vocem. 66 Vedi supra, nota 61. 67 William T. Rowe, “Public sphere in Modern China”, Modern China, vol. 16, n. 3, Jul. 1990, p. 316. Si noti che questo carattere fa parte dell’espressione “lunga” per indicare “pubblico” in cinese moderno (gonggong, 公共). 20 Capitolo I

Solo più tardi, intorno al X secolo dopo Cristo, la parola sarebbe stata collegata all’idea di governo, attraverso un processo singolar- mente simile a quello subito dal concetto di “pubblico” in Occidente 68. Mizoguchi Yuzo\ ,\ in uno studio dedicato all’evoluzione di tale no- zione in Cina, evidenzia come l’ambiguità di questo termine derivi appunto dal simultaneo uso, nell’antichità, dello stesso aggettivo per indicare due differenti tipi di proprietà: quella “non chiusa”, a di- sposizione di chiunque, e quella posseduta collettivamente dal gruppo, ma sotto il controllo del patriarca e, in ultima analisi, dell’autorità costituita69. Con il periodo Tang sarebbe stato quest’ultimo significato a pre- valere, facendo sì che “gong” venisse impiegato, quasi esclusivamente, per riferirsi ad affari, proprietà e personale dell’ormai maturo stato imperial-burocratico70. Le analogie, a livello semantico, tra la “nostra” idea di pubblico e quella cinese sono, fin qui, sorprendenti. Per comprendere in che modo, a partire da significati apparente- mente molto simili, l’Occidente e la Cina siano arrivati a visioni (al- meno fino a tempi recenti) così diverse del rapporto tra integrità dei diritti privati e bene collettivo e, più in generale, tra interesse privato e interesse pubblico, è dunque necessario andare oltre il mero dato linguistico, per analizzare l’evoluzione subita da questi concetti nella storia del pensiero filosofico, e politico, cinese. Gong e si, infatti, non sono solo due aggettivi. Essi costituiscono anche i termini di una delle polarità che ha maggiormente infervo- rato il dibattito tra gli autori neoconfuciani per secoli: quella tra “al- truismo” (公心, gong xin, 无私, wusi, lett.: non privato) ed “egoi- smo” (si xin 私心, si yi 私意). Abbiamo sopra accennato al processo che doveva portare gong – proprio in epoca pre-Song, nel periodo in cui “pubblico” comincia ad essere più strettamente legato all’ambito ufficiale dello Stato – a trasformarsi in un principio di etica sociale. È però con lo sviluppo del neoconfucianesimo che tale principio, in un primo tempo appli- cabile solo al sovrano e ai suoi ufficiali, diviene una delle basi su cui

68 Sui paralleli tra i significati del termine inglese “public” e quello cinese “gong”, vedi ibid., p. 314 e ss. 69 溝口雄三: “中国における公私概念の展開”, Mizoguchi Yuzo\ ,\ “Chugoku ni okeru ko shi gainen no tenkai” (Lo sviluppo dei concetti di pubblico e privato in Cina), Shiso,\ n° 669, (1980), p. 19, citato in William T. Rowe, op. cit., p. 317. 70 David L. Mc Mullen, “Views of the State in Du You and Liu Zongyuan”, in Stuart Schram (ed.), “Foundations and Limits of State Power in China”, London and Hong Kong, School of Oriental and African Studies and Chinese University of Hong Kong, 1987, pp. 74-75; cfr. anche William T. Rowe, op. cit., p. 317. Dall’interesse pubblico alle “azioni nel pubblico interesse” 21 fondare l’auto-coltivazione dell’élite in generale71 e, da qui, lo stan- dard per valutare le scelte morali di ciascun individuo. Del resto, l’affermarsi di una dottrina per la quale “le intenzioni egoistiche (siyi, 私意) ci separano dagli interessi più ampi, e causano una separazione tra il sé e le altre cose”72; “la persona egoista non ca- pisce che è già parte di una entità più ampia”, che “ l’universo e tutte le cose formano un corpo solo”73; secondo cui solo “il saggio realizza una mente pubblica (公心, gongxin) […] e, come esito, ogni cosa oc- cupa il suo posto”74, non poteva che portare ad una svalutazione di tutto ciò che avesse a che fare con i bisogni, gli interessi o i desideri più immediati dell’individuo, mentre l’adempimento, da parte del sin- golo, dei doveri connessi al proprio ruolo sociale prendeva il so- pravvento su qualsiasi altra considerazione. Per dirlo con una delle più famose massime della corrente che ha rappresentato l’ideologia del potere fino al fine dell’Impero, quella neoconfuciana ortodossa: “il bene è materia pubblica di tutta la collettività, non è questione privata di un individuo” (Shan shi dajia gong gongti, bu shi yi ren zi si ti, 善是大家公共体, 不是一人自私体)75.

All’antitesi tra gong e si, sempre secondo gli insegnamenti confu- ciani, corrispondeva poi un’altra polarità: quella tra i principi di yi (义, rettitudine, giustizia) e li (利, interesse), tradizionalmente inteso dai seguaci della Rujia come interesse egoistico76. Vale la pena soffermarsi su quest’ultimo carattere, che fa parte di quelli utilizzati per rendere, in cinese, il concetto di “interesse pub- blico” (ricordiamo: 公共利益 gonggong liyi): li, 利 dal punto di vi- sta etimologico, è costituito da 禾 (he), grano e 刂 (刀, dao), coltello,

71 Hoyt Cleveland Tillman, op. cit., p. 4. 72 朱子全书 Zhuzi quanhu (Opera completa del Maestro Zhu), 44: 12 , citato da Donald J. Munro, op. cit., p. 180. 73 Ibid. 74 二程全书 Er Cheng quanshu (Opera completa dei fratelli cheng), Yishu, 15: 146, ibid., p. 180. 75 Donald J. Munro, op. cit., p. 182. 76 David Hall e Roger Ames, “Thinking Through Confucius”, Albany, State of New York Law Press, 1987, p. 93. È bene, tuttavia, ricordare come non tutte le scuole di pensiero coeve condividessero con il confucianesimo la svalutazione della nozione di “interesse”: i Moisti, ad esempio, davano al concetto un’interpretazione positiva, molto più vicina all’”interesse generale” di cui parleremo in questo studio che all’idea di “interesse egoistico” divenuta dominante nei secoli seguenti. Per una sintetica introduzione al pensiero moista, vedi Angus C. Graham, “La ricerca del Tao. Il dibattito filosofico nella Cina classica”, Vicenza, Neri Pozza, 1999, p. 39 e ss. 22 Capitolo I

“mietere il grano con un coltello” e quindi, per estensione, assume il significato di “profitto”, “beneficio”77. Anche questo termine, come gli altri esaminati, compare molto presto negli scritti confuciani78, dove è utilizzato quasi sempre in ac- cezione negativa, a indicare gli obiettivi egoistici di individui, o di gruppi; a tale proposito, giova notare come gli stessi autori, quando gli scopi dei singoli dovevano, invece, essere presentati come positivi, non si riferissero ad essi in termini di “interessi” ma, piuttosto, in quelli di “adempimento dei doveri”79. Il concetto di “interesse” (li), in questo senso, era spesso accostato a quello di “privato” (si), così come quello di “pubblico” (gong) era associato a yi (giustizia). In base all’etica confuciana, infatti, solo l’uomo da poco, lo xiaoren (小人), mirava, attraverso le proprie azioni, ad ottenere il proprio interesse personale, sili (私利); al contrario, il junzi (君子), il “nobile”, anche in senso morale, si doveva distinguere per la sua ricerca di gong e yi80. Secondo Mizoguchi Yuzo\ ,\ il successo conosciuto in Cina dal marxi- smo non sarebbe che la logica conclusione dell’evoluzione – qui so- pra brevemente descritta – subita dalle nozioni di gong e si nella Cina tradizionale. La trasformazione di gong in un principio morale avrebbe, infatti, limitato la simpatia per l’“interesse privato” al punto da sva- lutare anche tutti gli altri concetti afferenti alla sfera personale del cit- tadino: tra gli altri, quelli di libertà e diritti individuali81. Vedremo tra poco come, in effetti, il radicale cambiamento ideo- logico avvenuto nel XX secolo non abbia, sostanzialmente, mutato il modo di concepire il rapporto tra gli interessi, in Cina.

77 Di significato analogo è il secondo carattere utilizzato per rendere il concetto di “interesse” in cinese moderno (利益 liyi): yi 益, formato da 水 (shui), acqua e 皿 (min) vaso, rappresenta, infatti “un vaso così colmo d’acqua da traboccare”, e per- tanto profitto, surplus. Cfr., sub vocem, Dr. L. Wieger, “Chinese Characters: Their Origin, Etymology, History, Classification and Signification; A thorough study from Chinese documents”, New York, Dover Publications, 1965. 78 Già a partire dai Dialoghi di Confucio (论语 Lunyu), dove il termine com- pare in: Liren (里仁): 1, 12, 16; Zihan (子罕): 1; Zilu (子路): 17; Xianwen (憲問): 12; Wei Linggong (衛靈公): 10; Yang Huo (陽貨): 18; Yao yue (堯曰): 2. 79 Donald J. Munro, op. cit., p. 180. 80 David Hall e Roger Ames, op. cit., p. 93, citati anche da Randall P. Pee- renboom in Randall P. Peerenboom “Rights, Interests, and the Interest in Rights in China”, 31 Stan. J. Int’L. 359, Summer 1995, p. 365. 81 溝口雄三, Mizoguchi Yuzo\ ,\ op. cit., citato da Hoyt Cleveland Tillman in Hoyt Cleveland Tillman, op. cit., p. 4. Sul rapporto tra moralità pubblica (公德)e privata (私德) nella dottrina confuciana, si veda, in generale, 崔大华, “儒学的一种缺弱: 私德与公德”, 文史哲,2006 年, 第1 期, Cui Dahua, “Xuxue de yi zhong querou: side yu gongde“ (una debolezza del confucianesimo: la moralità pubblica e la mo- ralità privata), Wenshizhe, n. 1. 2006, p. 31 e ss. Dall’interesse pubblico alle “azioni nel pubblico interesse” 23

L’affermazione dell’illustre studioso giapponese ci permette, qui, di ribadire la portata innovativa dell’argomento di cui intendiamo oc- cuparci in questo studio, le gongyi susong; azioni, lo ricordiamo, che si propongono di tutelare l’interesse generale proprio a partire dalla difesa del (per secoli negletto) interesse dei singoli. Per tornare alla Cina classica, alla stregua dell’interesse privato era poi, come dicevamo, considerato anche l’interesse di gruppo, in par- ticolare quando il gruppo in questione non fosse costituito in forma gerarchica (come, ad esempio, il clan), ma formato da pari. Il generale atteggiamento di diffidenza, quando non di aperta osti- lità82, nei confronti di tale forma di associazione (definita come “dang” 党, fazione, partito, in senso blandamente negativo) si basava, infatti, sulle stesse premesse metafisiche su cui era fondato il biasimo verso le pretese individuali: in nessun caso, secondo la dottrina (neo)con- fuciana, il bene superiore del tutto organico avrebbe potuto essere subordinato a quello di una qualsiasi frazione di esso83. Ma chi stabiliva cosa fosse, concretamente, questo “bene supe- riore”, il “grande bene pubblico” (大公, da gong)? Come potevano le singole parti del tutto (individui o insiemi di essi, comunque con- cepiti) evitare l’accusa di egoismo, ed essere sicure di agire in vista dell’interesse generale? La ricetta era semplice: bastava adeguarsi al volere del sovrano, l’unico che, per definizione, avesse “il bene del più grande numero in mente”. Solo l’interesse imperiale era, infatti, considerato compa- tibile con il più alto bene pubblico; la disciplina, l’emulazione delle scelte morali dell’imperatore divenivano dunque la chiave per non la- sciarsi distrarre dagli istinti egoistici ed adempiere ai propri doveri nei confronti della collettività, in vista del bene supremo (da gong 大公)84.

82 In realtà, il biasimo nei confronti dei gruppi non è stato costante nel corso dei secoli, e presso tutti i pensatori appartenenti alla corrente ortodossa neoconfu- ciana. In proposito si veda, ad esempio, la posizione favorevole a questo tipo di as- sociazioni (quando formate da junzi, e non da xiaoren) espressa, nell’ XI secolo, da Ouyang Xiu nel memoriale intitolato “Sulle fazioni” (“朋党论”, “Pengdang lun”) citato da Joseph Fewsmith, “From Guild to Interest Group: the Transformation of Public and Private in Late Qing”, in R. Ampalavanar Brown, “Chinese Business Enterprise. Critical Perspective on Business and Management”, London, Routledge, 1996, p. 229 e ss.. Ouyang Xiu è inoltre uno dei pensatori Song che maggiormente si sono dedicati allo studio del concetto di pubblico interesse. Sull’argomento, vedi Hoyt Cleveland Tillman, op. cit. pp.. 43-46. 83 Donald J. Munro, op. cit., p. 187. 84 Interessante, a questo proposito, è leggere il documento, citato ancora da Munro, emanato, nel 1724, dal quarto sovrano Qing (il terzo di questa dinastia a regnare sulla Cina), l’imperatore Yongzheng, documento che si pone come risposta, 24 Capitolo I

Per dovere di completezza, è necessario precisare come i criteri sopra riportati, allo stesso modo della rigida contrapposizione tra “pubblico” e privato, non fossero condivisi da tutti i filosofi neo- confuciani, ma solo da quelli appartenenti alla corrente ortodossa. Già a partire dalla dinastia Song, ma con più vigore tra il XVI e il XVIII secolo – epoca, com’è noto, di grandi trasformazioni sociali ed economiche85 – si assistette al tentativo, da parte di alcuni pensa- tori, di riabilitare le nozioni di profitto materiale e interesse perso- nale, al fine di riconciliare i “desideri umani” (人欲, renyu) con il “principio celeste” (天理, Tianli)86. Si trattò, per la maggior parte, di posizioni minoritarie, ma spesso di straordinaria modernità: interessante, per la nostra prospettiva, è ad esempio l’affermazione del filosofo Chen Liang (1143-1194), se- condo la quale proprio la legge sarebbe stato lo strumento necessa- rio a trasformare l’interesse privato in interesse pubblico87. Queste riflessioni dovevano portare, come nota ancora il profes- settecento anni dopo, a quanto sostenuto da Ouyang Xiu nella sua opera “Sulle fa- zioni” (vedi supra, nota 79) e che, provocatoriamente, reca lo stesso titolo. In esso l’imperatore – accusato dai suoi detrattori di essere asceso al trono attraverso la vio- lenza e l’inganno – si scaglia contro chiunque abbia uno “spirito fazioso” (in pra- tica: di sfida all’autorità costituita), chiarendo come “l’unico oggetto dell’amore e dell’odio del sovrano sia il più grande bene pubblico, e null’altro”, e che “se il so- vrano sceglie un’opinione, essa sarà direttamente compatibile con il più grande bene pubblico”. “Ta Ch’ing shih tsung hien (Yung-cheng) Huang-ti shih-lu”(Vere crona- che dell’imperatore Yongzheng), Taipei, 1964, pp. 343-344, citato da Donald J. Munro, op. cit., p. 187. Sull’argomento, vedi anche Frederic, Jr. Wakeman, “Boun- daries of the Public Sphere in Ming and Qing China”, Deadalus, 1998, nota 38. 85 Sull’argomento, vedi Mario Sabattini e Paolo Santangelo, “Storia della Cina. Dalle origini alla fondazione della Repubblica”, Roma-Bari, Laterza, 1986, p. 558 e ss. 86 William T. Rowe, op. cit., p. 317. 87 Hoyt Cleveland Tillman, op. cit., p. 3. La frase a cui qui si riferisce (senza peraltro citarne i riferimenti) il professor Tillman proviene dal saggio “人法” (renfa), scritto da Chen Liang in occasione dell’esame per divenire jinshi (进士) e riportato solo in un raro libro di epoca tardo-Song; nel 1987, tale saggio è stato inserito da Deng Guangming all’interno della raccolta completa delle opere del filosofo. Rin- grazio il prof. Tillman per la disponibilità e le preziose informazioni, che mi hanno consentito di reperire il testo originale e di citarlo all’inizio di questo lavoro; rin- grazio inoltre il prof. Scarpari, per avermi aiutata a renderlo correttamente in ita- liano. Vedi 邓廣銘, “陈亮集”, 北京, 中华书局 1987年, Deng Guangming, “Chen Liang ji”, Beijing, Zhonghua shuju, 1987, p. 124. Sul pensiero di Chen Liang ri- guardo al ruolo rivestito dalla legge nell’armonizzare l’interesse privato con l’inte- resse pubblico vedi anche 朱晓鹏, “论陈亮事功主义伦理思想的基本特征”, 杭州师范学院学报(社会科学版 2005 年, 第3 期, Zhu Xiaopeng, “Lun Chen Liang shigong zhuyi Lun Li Sixiang de Ji Ben Tezheng” (Analisi sulle principali caratteri- stiche dell’etica utilitarista di Chen Liang), Hangzhou shifan xueyuan xuebao (shehui kexue ban), n. 3, 2005, p. 49. Dall’interesse pubblico alle “azioni nel pubblico interesse” 25 sor Mizoguchi88, al riemergere, in particolare alla fine dell’epoca Qing, di una nozione di “pubblico” alternativa a quella ufficiale e più vi- cina all’originaria idea di “collettivo”, la “somma armonizzata degli interessi personali di tutti i membri della collettività”89; nello stesso periodo, secondo altri studiosi, il termine avrebbe poi assunto anche una valenza politica, per indicare la “società” come soggetto distinto, e talvolta contrapposto, allo Stato90. Quali che fossero, comunque, le potenzialità legate alla “nuova” concezione di gong91, la Storia avrebbe presto preso un’altra dire-

88 溝口雄三, Mizoguchi Yuzo\ ,\ op. cit., pp. 25-32. Si noti che è proprio questa la definizione attualmente riportata in numerosi studi cinesi dedicati al pubblico in- teresse. Vedi, ad esempio: 潘志玉, Pan Zhiyu, op. cit., p. 16; 张千帆, ““公共利益”是 什么? 社会功利主义的定义及其宪法上的局限性” (che cos’è l’interesse pubblico? La definizione dell’utilitarismo sociale e i suoi limiti costituzionali), 法学论坛, 第20 卷, 第1 期, 2005 年1 月5 日, Zhang Qianfan, “”Gonggong liyi shi shenme? Shehui gonglizhuyi de dingyi ji qi Xianfa shang de juxianxing”, Faxue Luntan, vol. 20, n. 1, 5 gennaio 2005, p. 29. 89 A tale proposito, William Rowe evidenzia, ad esempio, come, intorno al XVIII secolo, esistessero diversi usi di gong in competizione, o addirittura in conflitto, ope- ranti simultaneamente in Cina.Nei documenti ufficiali del diciottesimo secolo gong viene, infatti, tanto usato con il significato di “governativo” (come in gongwen, 公文- documento statale), quanto per riferirsi alla generalità dei cittadini (i “pubblici pro- clami”, 公布 gongbu, ad esempio, erano letti “pubblicamente”), mentre gli ammini- stratori si dichiaravano sensibili alla “pubblica critica” (gongping, 公评) e all’opinione pubblica (公论). William T. Rowe, op. cit., p. 317 e ss. 90 William T. Rowe cita, a questo proposito, l’uso di gong da parte del famoso riformatore cinese Liang Qichao (梁啟, 1873-1929). Vedi William T. Rowe, op. cit., p. 319. Sull’emancipazione di gong dall’esclusiva identificazione con l’ammini- strazione burocratica, legata all’emergere di un nuovo concetto di società e alla le- gittimazione delle gilde quali gruppi di interesse agenti in un’arena politica plurali- stica, vedi anche Joseph Fewsmith, op. cit., p. 238 e ss.; sull’uso di gong come “pub- blico interesse”, opposto all’interesse della dinastia regnante, vedi anche Marianne Bastid, “Official Conceptions of Imperial Authority at the End of Qing Dinasty”. Sulla nota distinzione, nella società Qing, tra ambito ufficiale (guan 官), pubblico (gong 公) e privato (si 私), suggerita da Mary Ranking esaminando i testi dell’epoca, vedi Mary Backus Rankin, “Elite Activism and Political Transformation in China: Zhejiang Province, 1865-1911”, Stanford, Stanford University Press, 1986, pp. 15-16, e, della stessa autrice, “Some Observations on a Chinese Public Sphere”, Modern China, vol. 19, n. 2, April 1993, p. 160 e ss. Riguardo alla stessa tripartizione vedi anche Frederic, Jr. Wakeman, op. cit., che nota però come, nonostante essa, resti dif- ficile ipotizzare l’emergere di una genuina sfera pubblica nella Cina tradizionale, dato che in tale contesto – per ragioni ideologiche e politiche – sarebbe continuata a man- care una vera e propria separazione tra individuo e società. Le tre sfere in questione, pur separate dal punto di vista funzionale, secondo l’autore sarebbero dunque ri- maste come “ammucchiate” l’una dentro l’altra , soffocando lo spirito pubblico e indebolendo l’espressione civica. Vedi Frederic, Jr. Wakeman, op. cit., in fine. 91 Secondo alcuni, essa avrebbe, ad esempio, costituito uno dei segnali dell’e- mergere di una società civile nella Cina tardo imperiale. Sull’argomento vedi, in ge- 26 Capitolo I zione: con la prima modernizzazione Qing, e – ancora maggiormente – con l’avvento della Repubblica e la presa del potere da parte del Guomindang, si doveva assistere, infatti, al drammatico tentativo di espansione del governo centrale, e alla parallela riappropriazione di gong da parte dell’autorità costituita92. Del resto, era proprio il legame con l’amministrazione dello Stato a caratterizzare il concetto di pubblico affermatosi, in quegli anni, nei sistemi giuridici che i riformatori cinesi si proponevano di imitare93. Le idee arrivate da Occidente a cavallo tra il XIX e il XX secolo, in questo senso, non potevano che fornire nuove giustificazioni teo- retiche alla tradizionale interpretazione confuciana dei rapporti tra in- dividuo e società, e tra pubblico e privato. Se, in generale, nel recepire gli istituti stranieri: “modern Chinese political thinkers chose both from their tradition and from the West those ideas […] that served their needs, and […] mo- dified the foreign ideas to fit their familiar pattern of thought”94, nel caso in questione l’aggiustamento non doveva richiedere molti correttivi: l’idea liberale di un interesse generale centralizzato, mono- polizzato dallo Stato e nettamente separato dall’interesse privato si adattava perfettamente, infatti, a quello che abbiamo visto essere stata, per secoli, l’interpretazione ortodossa di gong. Tale interpretazione, rielaborata attraverso le dottrine straniere, era destinata, dunque, a sopravvivere alla fine dell’Impero, e a divenire parte integrante dell’ideologia nazionalista prima, e comunista poi, animando il discorso sugli interessi fino, almeno, al periodo delle riforme. Vediamo ora, rapidamente, in che modo si sia articolato il rap- porto tra profitto privato e bene pubblico durante l’epoca maoista, e nerale, i lavori sopra citati, e gli atti del convegno su “”Public Sphere”/”Civil So- ciety” in China?” tenutosi presso la University of California, Los Angeles nel mag- gio del 1992, e pubblicati in Modern China, vol. 19, n. 2, April 1993, p. 107 e ss. 92 William T. Rowe, op. cit., p. 326. Sull’argomento si vedano anche le analisi di David Strand e R. Keith Schoppa in David Strand, “Rickshaw Beijing: City People and Politics in 1920s China”, Berkeley, University of California Press, pp. 222-224, e R. Keith Schoppa, “Chinese Elites and Political Change: Zhejiang Pro- vince in the Early Twentieth Century”, Cambridge, Harvard University Press. 93 Ad esempio nel sistema tedesco. Per un cenno al ruolo attribuito al concetto di pubblico interesse dalla interessenjurisprudenz vedi Rajeev Dhavan, op. cit., p. 20. Più in generale, sul legame stabilito tra la nozione liberale di pubblico interesse e quella di Stato, vedi ancora F. Rangeon, op. cit., p. 196 e ss. 94 Deborah Cao, “Chinese Law. A Language Perspective”, Aldershot, Ashgate, 2004. Dall’interesse pubblico alle “azioni nel pubblico interesse” 27 in quale direzione esso si sia evoluto a partire dai primi anni ’80 del XX secolo; ciò ci permetterà di inserire nel contesto appropriato il movimento delle “azioni nel pubblico interesse” cinesi.

2.3. Il discorso sugli interessi nella Cina maoista Come nota Donald Munro95, almeno fino alla morte di Mao Ze- dong, il discorso sugli interessi nella Repubblica Popolare ha preso le mosse dalle categorie enumerate dal Grande Timoniere nel celebre intervento “Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al po- polo”, del 27 febbraio 195796. È, infatti, in questo discorso – non a caso pronunciato a pochi mesi dalla rivoluzione ungherese – che viene proposta la distinzione tra interessi individuali, collettivi e statali che ancora oggi, nella Cina continentale, costituisce la tassonomia di riferimento in tale ambito. Per citare le parole del presidente Mao: “Il nostro governo popolare è un governo che rappresenta effettiva- mente gli interessi del popolo e che serve il popolo; tuttavia, fra esso e le masse popolari si manifestano ugualmente alcune contraddizioni. Queste contraddizioni comprendono le contraddizioni tra gli interessi dello Stato e gli interessi collettivi da una parte e gli interessi indivi- duali dall’altra, le contraddizioni tra la democrazia e il centralismo, fra dirigenti e diretti [tra chi dirige e chi è diretto, N.d.A.] e le con- traddizioni che derivano dallo stile di lavoro burocratico di alcuni la- voratori dell’apparato statale nei loro rapporti con le masse”97.

Mao definisce tali contraddizioni come “in seno al popolo”; con- traddizioni, cioè, “non antagoniste”, ma che “esistono sulla base della fondamentale identità degli interessi del popolo”98. Nondimeno, egli riconosce che esse possano portare a situazioni di conflitto; ed è pro-

95 Donald J. Munro, op. cit., p. 187. 96 Si tratta, com’è noto, del discorso pronunciato da Mao, in quella data, davanti all’undicesima sessione allargata della Conferenza Suprema dello Stato (最高国务会议, Zuigao guowu huiyi) e pubblicato, con alcune aggiunte, qualche mese più tardi sul Renmin ribao. Vedi 毛泽东, “关于正确处理人民内部矛盾的问题”, 人民日报, 1957年6月19日, Mao Zedong, “Guanyu Zhengque chuli renmin neibu maodun de wenti” (Sul problema della giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo), Renmin ribao, 19 giugno 1957. 97 “Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo”, di cui è di- sponibile traduzione in lingua italiana, tratta da “Opere di Mao Tse-tung”, Milano, Edizioni Rapporti Sociali, 1994, Libro 14, su http://www.bibliotecamarxista.org/Mao/li- bro_14/sull_sol_cd_sen_pop.pdf. Le frasi citate tra virgolette si trovano a p. 95 e 96 del documento cartaceo, p. 1 e 2 di quello elettronico. 98 Ibid. 28 Capitolo I prio sulle (potenziali) situazioni di conflitto, che si concentra la ri- flessione maoista riguardo al rapporto tra gli interessi99. A tale proposito, è interessante notare come il pensiero maoista – a differenza di quello stalinista100 – non abbia mai negato, in linea di principio, il diritto dell’individuo a soddisfare i proprio bisogni ma- teriali; al contrario, lo stesso Mao si trovò spesso a dichiarare, con una massima che riprende, rovesciandolo, un motto confuciano: “non è possibile essere totalmente orientati al pubblico, senza spazio per il privato” (没有什么大公, 无私 meiyou shenme da gong, wusi)101.

Cosa accadeva, però, quando il bene perseguito dal singolo si tro- vava in contrasto con quello generale, o – almeno – con la perce- zione che del bene generale aveva l’autorità costituita? In tali situazioni, i criteri ritornavano quelli di sempre, e si ripro- poneva la tradizionale distinzione tra grande bene pubblico (da gong, 大公) e profitto privato (sili, 私利); una distinzione identica, nella so- stanza, a quella operata, per secoli, sulla base dei principi confuciani, ma letta ora in chiave marxista, come espressione dell’opposizione tra egoismo capitalista, e altruismo socialista102. Se ai singoli veniva richiesto di abbandonare ogni sentimento e tendenza individualista – intesi come desiderio di separarsi dal gruppo e ottenere il proprio profitto materiale, retaggio del passato feudale e capitalista – agli stessi gruppi non era destinato un trattamento di- verso, in particolare quando l’interesse da essi perseguito fosse giu- dicato in contrasto con quello della più grande unità103. Come nel periodo imperiale, i gruppi “illegittimi” (cioè portatori del tipo di interesse “sbagliato”) venivano considerati “fazioni” (xiao tuanti, 小团体 o zongpai 宗派) e accusati di rappresentare “interessi collettivi minori” (xiao jiti liyi, 小集体利益); a quest’ultima accusa era poi collegata quella di essere individualisti e – di conseguenza – ca- pitalisti104. I tre tipi di interessi – individuali, collettivi, e statali – che ab- biamo visto essere alla base della classificazione maoista non erano, dunque, posti su un piano di parità: in caso di conflitto, l’interesse

99 Donald J. Munro, op. cit., p. 188. 100 Ibid. 101 毛泽东思想万岁, 北京, 1969 “Mao Zedong sixiang wansui” (Lunga vita al pensiero di Mao Zedong), Beijing, 1969, citato in Donald J.Munro, ibid. 102 Donald J. Munro, op. cit., pp. 188-189. 103 Ibid., p. 189. 104 Ibid. Dall’interesse pubblico alle “azioni nel pubblico interesse” 29 statale doveva prevalere su tutti gli altri, perché lo Stato “rappresenta gli interessi di tutto il popolo”105. Le somiglianze tra questi atteggiamenti e quelli che abbiamo vi- sto aver caratterizzato la Cina classica sono a dir poco sorprendenti, anche per quanto riguarda il linguaggio. Ad esempio, la persona che, posta davanti a una scelta, fosse stata in grado di anteporre l’interesse di tutto il popolo a quello personale o del proprio gruppo, veniva detta “avere il concetto del tutto (整体观念, zhengti guannian) in mente”, e definita con la stessa espressione utilizzata durante l’Im- pero, per indicare l’altruismo: “dagong wusi” (大公, 无私), letteral- mente: “grande pubblico, non privato106. Il messaggio, nonostante il radicale mutamento di ideologia, ri- maneva identico al passato: dal momento che il Centro ha sempre, per definizione, l’interesse del più grande numero in mente, l’unico modo per evitare l’egoismo è quello di accettare totalmente le sue va- lutazioni107. Obbedienza e disciplina, in quest’ottica, divenivano elementi chiave per essere considerati “servitore del popolo” (为人民服务, wei ren- min fuwu)108, mentre l’”essere altruista” veniva annoverato, in alcune province, tra i criteri da soddisfare per essere accettati quali membri del partito109. Gli standard sopra riportati non valevano, comunque, solo per gli iscritti al PCC: anche i comuni cittadini dovevano “imparare dal com- pagno Lei Feng” (向雷锋同志学习, xiang Lei Feng tongzhi xuexi)110, e mettere al primo posto l’interesse della collettività, intesa nel senso più ampio, conformandosi alle scelte del potere.

105 Ibid. 106 Ibid., p. 190. 107 Ibid., p. 190. 108 Su questo slogan, che godette di particolare fortuna durante l’epoca maoista, vedi più in dettaglio: Stefania Stafutti e Gianmaria Ajani, “Colpirne uno per educarne cento. Slogan e parole d’ordine per capire la Cina”, Torino, Einaudi, 2008, p. 8 e ss. 109 Donald Munro cita, a tale proposito, il “Manuale per l’educazione dei mem- bri del partito”, pubblicato dal quartier generale del PCC del Liaoning nel 1956. In questo manuale la capacità dei membri del Partito di adeguarsi spontaneamente al volere di quest’ultimo veniva ricondotta a tre ragioni, una delle quali era, appunto, il fatto di essere divenuti altruisti (dagong wusi), mentre l’altruismo rappresentava il quinto degli otto requisiti fondamentali, per essere ammessi a far parte del PCC. Sull’argomento, vedi più in dettaglio Donald J. Munro, op. cit., p. 190. e ss. 110 Per dettagli sulla figura di Lei Feng, utilizzata negli anni ’60 come simbolo del concetto di “tutto” nel senso di accettazione di regole e disciplina, preso ad esem- pio, dopo la morte di Mao, per contrastare la Banda dei Quattro e oggi conside- rato come “prototipo” del costruttore della società armoniosa auspicata dall’attuale leadership cinese, vedi Stefania Stafutti e Gianmaria Ajani, op. cit., p. 38 e ss. 30 Capitolo I

Solo l’interesse del Partito (come, in passato, quello dell’Impera- tore) coincideva infatti con quello del popolo tutto intero, e solo ad esso – non ai singoli, o ai gruppi – spettava il giudizio su quali fos- sero i “bisogni fondamentali” (根本利益, genben liyi) dei cittadini, e su quali dovessero essere i modi per soddisfarli111. Ancora una volta, la via per essere altruisti, e “condurre una vita al servizio del popolo”, passava attraverso la totale osservanza delle regole (o dei precetti) posti dal potere; i documenti dell’epoca, con- seguentemente, non esitano a descrivere il concetto, quasi mistico, del “tutto” (zhengti, 整体): “come collegato all’accettazione della catena di comando, con i livelli inferiori che obbediscono al livello superiore, e gli organi locali che obbediscono al centro”112.

Un definizione che, di certo, sarebbe piaciuta al filosofo Zhu Xi.

2.4. Dalle riforme degli anni ’80 ai giorni nostri: verso un interesse pubblico pluralista? Abbiamo visto, nei paragrafi precedenti, come l’atteggiamento do- minante nei confronti dell’interesse pubblico e dei sui rapporti con il privato sia stato – per tutta la durata della storia cinese, e a di- spetto delle diverse ideologie succedutesi nel tempo – caratterizzato da una notevole continuità: la stessa idea di un “gonggong liyi” mo- nolitico, centralizzato e appannaggio dell’autorità costituita, afferma- tasi nella Repubblica Popolare fino alla morte di Mao si trova, del resto, perfettamente in linea con l’immagine del bene comune che, a partire da presupposti dottrinali totalmente diversi, era arrivata a con- solidarsi durante l’Impero. A modificare, dopo secoli, i rapporti tra gli interessi, riconoscendo una funzione sociale anche all’interesse privato, dovevano intervenire le riforme degli anni ’80. È interessante notare come, già a pochi anni dall’inizio del movi- mento di “riforma e apertura” (改革开放, gaige kaifang), qualche stu- dioso cinese abbia cominciato a evidenziare i rischi di un pubblico interesse definito in modo univoco, e a riconoscere, apertamente, il valore di un approccio pluralista.

111 Donald J. Munro, op. cit., p. 193, che nota come, nei primi anni ’60, fos- sero, ad esempio, considerati agire contro gli interessi fondamentali dei contadini gli agricoltori che, nel programmare la propria produzione, non avessero tenuto in con- siderazione i bisogni di città e fabbriche, come stabilito dallo Stato. 112 Donald J. Munro, op. cit., p. 191. Dall’interesse pubblico alle “azioni nel pubblico interesse” 31

Li fan, ad esempio, in un articolo pubblicato su The China Quar- terly nel 1987 afferma che: “If one posits an overriding general public interest, embracing the in- terests of various individuals, groups, strata etc., that will be a false public interest, because it will obscure the actual differences in inte- rests that objectively exist. From our country’s experience, we can see that this approach often concealed the fact that some individuals who where in control and who could pronounce and determine what was in the people interests, actually compelled others to make sacrifices to further their own selfish interests. For example, the Lin Biao group and the Gang of Four […]. To sum up, the approach which posits an overriding consensual public interest […] causes public policy to reflect the special interest of an elite […]113. In fact, interests – of individuals, group and strata – are among the most important elements in pro- moting socio-economic development and change […]. If we are to suc- ceed, we must consider using interests as incentives to stimulate this activity and creativity. Only if we thoroughly satisfy the legitimate interests of the people can our society develop its potential […]”114.

Gli auspici dell’autore si sarebbero, com’è noto, realizzati negli anni seguenti, ma solo nella parte relativa alla riabilitazione del pro- fitto personale. Se, infatti, il potenziamento degli interessi (e dei di- ritti) privati doveva divenire il motore fondamentale delle riforme economiche e giuridiche dell’epoca denghista, i fatti di Tian’anmen avrebbero, di lì a poco, mostrato come, al contrario, la concreta par- tecipazione dei gruppi di interesse alla determinazione del bene pub- blico non fosse ancora, propriamente, nell’agenda del governo. Ma qual è la situazione oggi, a vent’anni da quei fatti, e a più di trenta dal Terzo Plenum dell’XI Comitato Centrale del Partito Co- munista Cinese115? Di certo, la Cina attuale presenta ben poche analogie con il Paese uscito dalla Rivoluzione Culturale. Non solo, infatti, le riforme hanno trasformato la RPC in una potenza economica e politica; essa è oggi anche divenuta – come recita la sua Costituzione – uno “Stato di di-

113 Li Fan, “The Question of interests in Chinese Policy Making”, in The China Quarterly, n. 109, Mar. 1987, p. 66, mia la sottolineatura. 114 Ibid., p. 67. 115 Plenum in cui, com’è noto, fu ufficialmente dichiarata la fine della Rivolu- zione Culturale, e sancito il nuovo impegno del partito nei confronti della cosid- detta “modernizzazione socialista”. Vedi , in generale, il Communiqué de la 3a ses- sion plénière du Comintè Centrale du XI Congrés du PCC, in Beijing Information, 1978, n. 72. 32 Capitolo I ritto”116, dotato di un sistema pressoché completo di leggi, e in cui si pratica l’economia di mercato117. Cambiamenti così radicali non potevano non avere un impatto an- che sul tessuto sociale, e sul rapporto tra gli interessi. Come ricorda Yan Yunqiu: “in un sistema di mercato il sistema di interessi diviene pluralistico, cioè l’interesse individuale, l’interesse statale, e quello pubblico sociale sono presenti l’uno accanto all’altro, intimamente collegati, eppure di- stinti. La socializzazione dei diritti privati e la socializzazione della responsabilità delle imprese diviene evidente, e il diritto pubblico e quello privato sono sempre più strettamente uniti, con l’effetto di una simbiosi tra interessi pubblici e interessi privati. La legge non può con- siderare solo l’interesse dello Stato, o quello individuale. Essa deve an- che stabilire una nozione di interesse pubblico sociale, perché la sola tutela dell’interesse individuale non è sufficiente a realizzare uno dei valori del diritto: l’equità […]”118.

La Cina, lo abbiamo sopra ricordato, è oggi un sistema di mer- cato; se ne deve dedurre che ha anche mutato il suo sistema di inte- ressi? Davvero, oggi, in Cina, l’interesse pubblico comincia ad essere percepito come separato da quello statale, e svincolato dalla buro- crazia amministrativa? A leggere la dottrina cinese sull’argomento, la risposta pare incerta. La Repubblica Popolare, nonostante tutto, resta uno “Stato so- cialista di dittatura democratico-popolare”119 e, secondo alcuni autori, sarebbe proprio la sua natura a rendere difficoltosa la separazione tra interesse pubblico e interesse statale. Come recita un manuale cinese di diritto dell’economia: “essendo la Cina un Paese socialista, l’interesse statale e quello pub- blico sociale sono, sostanzialmente, identici”120.

Sulla base di considerazioni analoghe121, alcuni autori reputano ad-

116 Costituzione della Repubblica Popolare Cinese (中华人民共和国宪法, Zhong- guo renmin gongheguo xianfa), art. 5. 117 Costituzione della Repubblica Popolare Cinese (中华人民共和国宪法, Zhong- guo renmin gongheguo xianfa), art. 15. 118 颜运秋, Yan Yunqiu, op. cit., p. 26. 119 Costituzione della Repubblica Popolare Cinese (中华人民共和国宪法, Zhong- guo renmin gongheguo xianfa), art. 1. 120 李昌麒 (主编), “经济法学”, 北京,中国政法大学出版社, 1999年, Li Chanqi, “Jingjifaxue” (Diritto dell’economia), Beijing, Zhongguo Zhengfa daxue chubanshe, 1999, p. 82. 121 Vedi, ad esempio, 郑景元, “论《合同法》中的公共利益 – 以合同无效事 Dall’interesse pubblico alle “azioni nel pubblico interesse” 33 dirittura l’interesse pubblico, l’interesse sociale, l’interesse pubblico sociale, l’interesse collettivo e quello di terzi nient’altro che espres- sioni dello stesso concetto (l’interesse statale, appunto) visto da an- golature differenti, arrivando ad accusare il legislatore – colpevole di aver citato queste categorie “superflue” all’interno di numerose di- sposizioni e, in particolare, in quella relativa alle ipotesi di nullità del contratto122 – di far ricorso ad una logica confusa123. A prescindere da questi eccessi, resta il fatto che l’identificazione – più o meno consapevole – tra “interesse pubblico” e “interesse sta- tale” rappresenta ancora un tratto piuttosto comune, nella riflessione interna sull’argomento124; nonostante ciò, accade sempre più di fre- quente di imbattersi in articoli che riportano posizioni differenti, in contrasto con la tradizionale visione unitaria, e legata al potere, del “gonggong liyi”. Si tratta, ad esempio, di lavori – come quello di Pan Zhiyu, pub- blicato sulla prestigiosa rivista Zhengfa Luncong (政法论丛) – che mettono in guardia dal considerare lo Stato come unico titolare dei diritti collegati all’interesse pubblico, per evitare che il governo – ser- vendosi dei potenti mezzi di cui dispone – possa far passare il pro- prio interesse individuale per interesse generale; lavori che chiariscono come, al contrario, “il soggetto dei diritti legati all’interesse pubblico è la società nel suo complesso”125, e di conseguenza: “Stato e governo sono solo titolari degli obblighi legati all’interesse pubblico, ma non possono arrogarsi lo status di rappresentanti gene- rali: ad essi è attribuita solo l’importante funzione concreta di raffor- zare la protezione dei diritti e dei doveri dei singoli cittadini”126.

Una “importante funzione concreta”, quella della tutela del “gong- gong liyi”, che, comunque, essi non gestiscono più in regime di mo-

由为视角”, 昆明理工大学学报, 第8卷, 第7期, 2008年7月; Zheng Jingyuan, “Lun “Hetongfa” zhong de gonggong liyi – Yi hetong wuxiao shiyou wei shijiao” (l’in- teresse pubblico nella “legge sui contratti”, dal punto di vista della nullità del con- tratto), Kunming ligong daxue bao, vol. 8, n. 7, luglio 2008, p. 51, dove si sostiene che “la Cina è un Paese socialista, il popolo è il padrone dello Stato e, di conse- guenza, l’interesse del popolo è l’interesse dello Stato”. 122 Vedi Legge sul Contratto (合同法, Hetongfa), art. 52 punti 2 e 4. 123 郑景元, Zheng Jingyuan, op. cit., pp. 51-52. 124 颜运秋, Yan Yunqiu, op. cit., p. 27. Confr. anche 宗灵法, “法理学研究”, 上人民出版社, 1990 年; Shen Zongling, “Falixue yanjiu” (Ricerca sulla teoria giu- ridica), Shang Renmin chubanshe, 1990, p. 61. 125 潘志玉, Pan Zhiyu, op. cit., p. 16, mia la traduzione dal cinese. 126 Ibid. 34 Capitolo I nopolio: altri soggetti, infatti, posso arrogarsi il diritto di proteggere il bene comune. Per continuare la citazione: “Oltre a questi soggetti, che rappresentano i principali fornitori di in- teresse pubblico,[…] organizzazioni non governative e gruppi formati su base volontaria possono contribuire a salvaguardare e promuovere l’interesse pubblico”127.

Sulla stessa scia si collocano gli studi che suggeriscono di ampliare l’azionabilità di quei diritti o di quegli interessi, attribuendo il diritto di azione, ad esempio, in generale, alle masse popolari nelle contro- versie amministrative, per consentire loro di difendere i propri inte- ressi legittimi, ed evitare che si continui ad abusare dell’interesse pub- blico. Un interesse pubblico che, proprio per la mancanza di una qualsiasi definizione sostanziale o processuale – unita alla (quasi) to- tale assenza di strumenti di controllo democratico – si trova, in Cina, in una situazione di estrema vulnerabilità128. La via per una migliore protezione dell’interesse pubblico passa, poi, secondo altri, per il riconoscimento della sua natura pluralistica: “la protezione del pubblico interesse non può essere realizzata com- pletamente attraverso un solo modo, o seguendo una sola strada. Se- guire la strada della protezione del pubblico interesse inteso in senso pluralistico è la scelta inevitabile per fondare un sistema perfetto di protezione del pubblico interesse”129.

Per chiudere questa rapida panoramica sugli orientamenti oggi emergenti, in Cina, riguardo alla nozione in esame, notiamo come, talvolta, la stessa analisi marxista del rapporto dialettico tra gli inte- ressi venga letta, dagli studiosi, in una chiave diversa da quella tradi- zionale, e utilizzata non per sancire la superiorità dell’interesse gene- rale su quello particolare, ma bensì per chiarire come l’interesse in- dividuale e l’interesse pubblico sociale possano, attraverso la concre- tizzazione operata dalla legge, tramutarsi l’uno nell’altro130. Il caso tipico di questo “scambio di ruoli” è costituito dalla pro- tezione dell’ambiente, interesse sociale che – dopo essere divenuto,

127 Ibid., mia la traduzione dal cinese. 128 黄有丽, Huang Youli, op. cit., p. 37. 129 张艳蕊, “民事公益诉讼与公共利益保护”, 昆明理工大学学报·社科(法学) 版第8卷第9期, 2008年9月; Zhang Yanrui, “Minshi gongyi susong yu gonggongliyi baohu” (Azioni nel pubblico interesse civili e protezione del pubblico interesse), Kunming Ligong daxue xuebao - sheke (faxue) ban, vol. 8, n. 9, settembre 2008, p. 78, mia la traduzione dal cinese. 130 颜运秋, Yan Yunqiu, op. cit., pp. 30-31. Dall’interesse pubblico alle “azioni nel pubblico interesse” 35 grazie all’opera del legislatore, diritto ambientale – si trasforma in in- teresse privato e, in questa veste, può essere concretamente rivendi- cato da individui, o da gruppi. Allo stesso modo, gli interessi indi- viduali sarebbero in grado di divenire interessi pubblici sociali, quando dotati delle opportune caratteristiche di generalità e rappresentatività131. Gli articoli sopra sintetizzati costituiscono solo alcuni esempi del dibattito fiorito intorno al concetto di “gonggong liyi” in questi anni; nondimeno, essi dimostrano come, anche in Cina, tale concetto stia mutando significato, per assumerne uno che lo avvicina, sempre di più, alla nozione di interesse pubblico pluralista sviluppatasi in Oc- cidente, in particolare a partire dalla seconda metà del XX secolo132. È questo, mi pare, il modello di interesse pubblico rivendicato da- gli “avvocati nel pubblico interesse”; un interesse pubblico non più unico, opposto all’interesse privato ed esclusivo appannaggio del po- tere costituito, ma multiforme, composto dagli interessi particolari ed aperto alla partecipazione dei singoli, che possono concorrere alla sua definizione e difesa. Nelle prossime pagine cercheremo di capire se, e in che modo, il sistema cinese sia pronto ad accogliere la nuova immagine di inte- resse generale espressa attraverso le “azioni nel pubblico interesse”, e quale sia l’atteggiamento – e il ruolo – giocato dal governo nella trasformazione sopra descritta. Prima di occuparci, però, nel dettaglio delle gongyi susong, è ne- cessario fare un passo indietro, e vedere attraverso quale processo, e quali trasformazioni, questo tipo di azioni sia stato introdotto nella Repubblica Popolare a partire dal Paese in cui esse hanno avuto ori- gine: gli Stati Uniti.

131 Ibid., p. 31. 132 Sulla separazione del concetto di interesse generale da quello di interesse sta- tale, con particolare riferimento alla situazione francese vedi Jean Marie Pontier, “L’intérêt général exist-it-encore?”, 35° Cahier Chronique, Paris, Recueil Dalloz, 1995, pp. 327-330; François Rangeon, op. cit., p. 213 e ss.; più in generale, sul rapporto tra interesse generale e società pluralista vedi Bruno Denis, “L’intérêt géné- ral à l’épreuve du pluralisme”, Problèmes politiques et sociaux n. 946, Paris, La Do- cumentation Française, Mars 2008.

Capitolo II “Public Interest Litigation”: origine e diffusione di un modello

Sommario: 1. Società pluraliste e interessi diffusi: l’emergere delle “cause di tipo moderno” – 2. Public interest litigation: definizioni a confronto. - 2.1. Le defi- nizioni dottrinali di public interest litigation in Occidente. - 2.2. Definizioni dot- trinali di “azioni nel pubblico interesse” in Cina. – 3. Origini, caratteristiche e globalizzazione della Public Interest Law. - 3.1. Il modello classico di public in- terest litigation. - 3.2. Law and Development e Human Rights: il volto interna- zionale del Liberal Legalism americano nel secondo dopoguerra. - 3.3. La con- vergenza tra Public Interest Law, Law and Development e Human Rights: verso la globalizzazione della Public Interest Law. - 3.4. La globalizzazione della Pu- blic Interest Law.

1. Società pluraliste e interessi diffusi: l’emergere delle “cause di tipo moderno” “Spezzare” l’unità concettuale formata dal composto gongyi su- song nei caratteri che lo costituiscono ci ha aiutato a comprendere fino a che punto il nuovo tipo di società prodotto dalle riforme – e la nuova definizione di interesse pubblico che, insieme ad essa, si è andata affermando negli ultimi anni nella Repubblica Popolare – ab- bia potuto favorire l’introduzione, all’interno del sistema giuridico ci- nese, di un modello di azioni nate, e sviluppatesi, in un contesto com- pletamente differente da quello locale. Ma il significato della nostra espressione, come quello di ogni neo- logismo, va ben al di là della somma dei significati delle sue parti. Gongyi susong – giova ricordarlo – è, infatti, prima di tutto, un’e- spressione tecnica, l’espressione che rende, con una traduzione letterale, un altro neologismo: quel “public interest litigation” coniato, nel 1976, dal professor Abram Chayes, della Harvard Law School, per identifi- care l’azione svolta, in quegli anni, da alcuni avvocati americani in di- fesa di interessi e diritti fino ad allora raramente tutelati in giudizio1.

1 Abraham Chayes, “The Role of the Judge in Public Interest Law Litigation”, 89 Harv. L. Rev. 1281 (1976). Le origini relativamente recenti dell’espressione “pu- 38 Capitolo II

Diritti negletti, perché propri di soggetti appartenenti alle fasce più de- boli della popolazione (immigrati, poveri, portatori di handicap), o al contrario troppo “diffusi”, “di tutti ma di nessuno in particolare” (am- biente, consumatori, lavoratori) e quindi difficilmente rappresentabili da- vanti a una corte. Se però, come vedremo tra poco, il mezzo di tutela utilizzato – le public interest litigation, appunto – almeno in quel primo periodo costituiva il prodotto di un ambiente giuridico (ma anche politico, e sociale) particolare – segnatamente: gli Stati Uniti del secondo dopo guerra – lo stesso non si poteva certo dire dei problemi ai quali, at- traverso di esso, si cercava di dare soluzione. Erano, infatti, questi, i problemi – o, per usare un termine maoi- sta, le “contraddizioni”2– tipiche delle società dei Paesi cosiddetti “avanzati”; società caratterizzate da una complessità tale, e da una rete di interessi così fitta, da far sì che, come notava Mauro Cappel- letti, in uno studio pubblicato alla fine degli anni ’70: “more and more frequently […] a single human action can be bene- ficial or prejudicial to large numbers of people, thus making entirely inadequate the traditional scheme of litigation as merely a two-party affair. For example, false information divulged by large corporations may cause injury to all who buy shares in that corporation; an anti- trust violation may damage all who are affected by the unfair com- petition; the infringement by an employer of a collective labour agree- ment violates the rights of all his employees; the imposition of an un- constitutional tax, or the illegal discontinuance of a social benefit may be detrimental to large communities of citizens; the discharge of wa- ste into a lake or river harms all who want to enjoy its clean waters; defective or unhealthy packaging may cause damage to all consumers of these goods.”3. blic interest litigation” non devono, comunque, far dimenticare come tentativi di ga- rantire un’adeguata tutela giuridica alle fasce più deboli della popolazione, così come usi strumentali delle corti per favorire, o accelerare, i cambiamenti sociali, si pos- sono riscontrare negli Stati Uniti già a partire dal XIX secolo, e – secondo alcuni autori – in Inghilterra addirittura a partire dal XVIII secolo. Vedi Nan Aron, “Li- berty and Justice for All: Public Interest Law in the 1980s and Beyond”, Boulder, Westview Press, 1989, p. 6; Carol Harlow e Richard Rawlings, “Pressure th- rought Law”, London and New York, Routledge, 1992, p. 12 e ss. 2 Vedi supra, capitolo primo, paragrafo 2.3. 3 Mauro Cappelletti, “Vindicating the Public Interest Through the Courts: A Comparative Contribution”, in Mauro Cappelletti, Bryant Garth: “Access to Justice”, vol. III, “Emerging Issues and Perspectives”, 1979, p. 519. Lo stesso brano è contenuto anche in una versione più recente, ma sostanzialmente identica, dell’o- pera sopra indicata: vedi Mauro Cappelletti, “Vindicating the Public Interest Th- rough the Courts”, in Mauro Cappelletti, “The Judicial Process in Comparative Perspective”, Oxford, Clarendon Press, 1991, p. 271. È interessante notare come i “Public Interest Litigation”: origine e diffusione di un modello 39

Ad essere lesi, nelle situazioni sopra menzionate, erano diritti di un genere nuovo; diritti non “posseduti” dallo Stato né da un indi- viduo particolare, ma “appartenenti” a una moltitudine di soggetti in- determinati, ciascuno dei quali poteva dirsi “proprietario” solo di una porzione infinitesima di essi (“chi è il proprietario” – si domandava, infatti, Cappelletti4 “dell’aria che respiriamo?”); diritti che – proprio per l’incerta natura del loro titolare – rendevano obsoleta la summa divisio tra “pubblico” e “privato”. Non si trattava, com’è evidente, di una mera questione tassono- mica: di fronte alle nuove forme di violazione lo stesso modello tra- dizionale di controversia – creato per rispondere alle esigenze della società del XIX secolo, e frutto dell’ideologia individualista e liberi- sta dell’epoca5 – era destinato a dimostrarsi inadeguato. Come conciliare, ad esempio, il principio classico secondo il quale solo il titolare di un diritto può agire in giudizio per la difesa dello stesso, con la necessità di tutelare diritti e interessi meta-individuali, così “diffusi” da essere privi di un vero e proprio titolare? La ricerca di nuove procedure e strategie giudiziali – capaci di ren- dere giustizia alle (sempre più numerose) vittime dei “danni di massa” lavori di Cappelletti vengano spesso citati, e talvolta criticati, negli studi cinesi in tema di “azioni nel pubblico interesse”: in particolare, secondo alcuni autori, l’ana- lisi di Cappelletti si sarebbe fermata a un livello superficiale, limitandosi ad eviden- ziare il problema senza offrire alcuna soluzione, e fornendo solo una spiegazione in- diretta della ragioni del successo mondiale delle public interest litigation. Vedi 张艳蕊,“公益诉讼的本质及其理论基础”,行政法学研究, 2006 年第3 期, Zhang Yanrui:“Gongyi susong de benzhi ji qi lilun jichu” (Essenza e fondamento teorico delle “azioni nel pubblico interesse”), Xingzheng Faxue Yanjiu, n. 3, 2006, p. 91; la stessa autrice esprime invece un giudizio favorevole sulle affermazioni di Cappelletti in 张艳蕊: “民事公益诉讼与公共利益保护”, 昆明理工大学学报·社科(法学) 版第8卷第9期, 2008年9月 Zhang Yanrui: “Minshi gongyi susong yu gonggongliyi baohu” (“azioni nel pubblico interesse” civili e protezione del pubblico interesse), Kunming Ligong daxue xuebao – sheke (faxue) ban, vol. 8, n. 9, settembre 2008, p. 78; sul punto vedi anche 肖建国, “民事公益诉讼的基本模式研究 – 以中、美、 德三国为中心的比较法考察”, 中国法学, 2007 年, 第5 期, Xiao Jianguo: “Minshi gongyi susong de jiben moshi yanjiu – Yi zhong, Mei, De san guo wei zhongxin de bijiaofa kaocha” (Ricerca sui modelli di base di azioni nel pubblico interesse – indagine comparatistica concentrata su Cina, America e Germania), Zhongguo Faxue, n. 5, 2007. La conoscenza del lavoro di Cappelletti da parte della dottrina della Re- pubblica Popolare è, senza dubbio, stata favorita dalla traduzione in cinese di alcune delle sue opere. Si veda, ad esempio: 莫诺·卡佩莱蒂: “福利国家与接近正”, 刘俊祥等译. 北京: 法律出版社, 2000, Monuo Kapeilaidi (Mauro Cappelletti), “Fuliguojia yu jiejin zhengyi” (lett.: Stato sociale e accesso alla giustizia – traduzione di “Access to Justice and the Welfare State”), Liu Junxiang et al (trad.), Beijing, Falü chubanshe, 2000. 4 Mauro Cappelletti, op. cit., p. 521. 5 Mauro Cappelletti, op. cit., p. 519. 40 Capitolo II diveniva, dunque, per usare ancora le parole di Cappelletti, “l’aspetto più affascinante dell’evoluzione del diritto processuale moderno”6, e una delle principali sfide a cui, in particolare a partire dalla seconda metà del XX secolo, sarebbero stati chiamati a rispondere i teorici e i pratici del diritto di ogni Paese, indipendentemente dalla tradizione giuridica di appartenenza. Non a caso – e proprio ad evidenziare l’”attualità” degli interessi protetti – le azioni civili a tutela degli interessi diffusi, ancora oggi, in Giappone (così come in Cina) sono comunemente indicate con l’espressione “azioni di tipo moderno” (現代型訴訟, in cinese 现代型诉讼, xiandaixing susong, anche indicate come 新型诉讼, xinxing susong: lett. “azioni di nuovo tipo)7. Come ricorda il giurista giapponese Shindo Koji: “Se le azioni civili tradizionali pongono al centro i diritti e gli obbli- ghi individuali delle parti, tutelando interessi che sono privati a tutti gli effetti, l’oggetto del contendere delle “cause di tipo moderno” pre- senta aspetti di socializzazione. In questo tipo di azioni l’interesse pri- vato e quello pubblico sono così strettamente connessi da renderne dif- ficile la classificazione: se si pone l’accento sul servizio da esse rese al- l’interesse pubblico si rischia di ignorare la funzione, che pure eserci- tano, di protezione dell’interesse privato, mentre se ci si concentra sul perseguimento dell’interesse privato il risultato è quello di ignorare un importante momento di riforma del sistema processuale e di supera- mento del concetto tradizionale di giudizio”8.

6 Mauro Cappelletti, op. cit., p. 520. 7 Nonostante si tratti di una espressione utilizzata frequentemente dai giuristi giapponesi, il contenuto e l’estensione attribuito a questo genere di cause – per de- finizione contrapposte alle “cause tradizionali” – non sono molto chiari; di solito, con essa vengono indicate le azioni in tema di diritti ambientali, inquinamento, con- sumatori, diritti civili ecc. Le azioni nel pubblico interesse costituiscono dunque, in questo senso, una parte importante delle “cause di nuovo modello”. Per un ap- profondimento, riguardo alle caratteristiche attribuite alle “cause di tipo moderno” dalla dottrina nipponica, vedi 肖建国, Xiao Jianguo, op. cit., p. 031, e ib., nota 8; sul rapporto tra “cause di tipo moderno” e azioni nel pubblico interesse vedi infra, nel testo. La stessa terminologia, come abbia notato (cfr. supra, nel testo) viene uti- lizzata talvolta anche dalla dottrina cinese; emblematico, da questo punto di vista, è il titolo della prima monografia dedicata alle azioni nel pubblico interesse pubbli- cata nella RPC. Vedi 韩志红,院大强: “新型诉讼: 经济公益诉讼的理论与实践”, 北京, 法律出版社, 1999 年, Han Zhihong e Yuan Daqiang “Xinxing susong: jingji gongyi susong de lilun yu shijian” (Azioni di nuovo tipo: teoria e pratica delle azioni nel pubblico interesse economiche), Beijing, Falü chubanshe, 1999. 8 堂幸司:“现代型诉讼及其作用”, 基本法学(七), 波书房1983 年版, 308 页, Shindo Koji: “Xiandaixing susong ji qi zuoyong” (Azioni di tipo moderno e loro funzione), in “Jiben faxue (qi)” (vol. 7), Yanbo shufang, 1983 nian ban, p. 320, ci- tato da Xiao Jianguo in 肖建国, Xiao Jianguo, op. cit., p. 131. “Public Interest Litigation”: origine e diffusione di un modello 41

Le “azioni nel pubblico interesse”, da questo punto di vista, non rappresentano che una “specie” del “genere” costituito dalle “cause di tipo moderno”9; una delle possibili risposte – non l’unica solu- zione – alla sfida di cui parlavamo poco sopra. È opportuno tenere a mente tale aspetto, prima di vedere cosa si intenda, dal punto di vista tecnico, con tale espressione. Com’è noto, infatti, l’apertura del mercato interno e lo sviluppo economico hanno costretto la Cina – ormai entrata a far parte dei Paesi “sviluppati” – a confrontarsi con il problema dei danni di massa, e con le complesse questioni processuali ad essi connesse. In questo senso – per concludere il discorso iniziato nel capitolo precedente10 si può ben dire che la trasformazione della Repubblica Popolare in uno Stato moderno e pluralista non si è limitata a mutare il signifi- cato attribuito a “gongyi”; le riforme – e le loro ricadute sociali – hanno cambiato radicalmente anche il modo di intendere la nozione di “susong”. Analogamente a quanto abbiamo visto essere accaduto in altre na- zioni, anche nella RPC, dunque: “[…] Per contrastare il fenomeno dei danni su larga scala (大量的受害, daliang de shouhai), le cause civili, gradualmente, sono uscite dal- l’ambito della protezione dei diritti individuali, e hanno cominciato a essere collegate alla protezione dell’interesse pubblico”11.

Da qui, alla nascita delle “azioni nel pubblico interesse” il passo sembrerebbe essere breve: del resto, è proprio una controversia in tema di interessi dei consumatori – la famosa “causa da 1,20 yuan” del 199612 a venire considerata, dalla maggior parte degli autori13, la prima gongyi susong.

9 肖建国, Xiao Jianguo, op. cit., nota 8, p. 031. 10 Vedi supra, capitolo primo, paragrafo 1.2 e seguenti.. 11 张艳蕊: “民事公益诉讼与公共利益保护”, Zhang Yanrui: “Minshi gongyi su- song yu gonggongliyi baohu” (Azioni nel pubblico interesse civili e protezione del pubblico interesse), citato nota 3, p. 78. 12 Su questo caso, vedi più diffusamente infra, capitolo 4. Vedi anche 张艳蕊, “民事公益诉讼制度研究 – 兼论民诉讼机能的扩大”, 北京, 北京大学出版社, 2007年, Zhang Yanrui: “Minshi gongyi susong zhidu yanjiu – Jian lun minshi susong ji- neng de kuoda” (Ricerca sul sistema di azioni nel pubblico interesse civili – Con- temporaneamente sull’ampliamento delle funzioni delle controversie civili), Beijing, Beijing daxue chubanshe, 2007, p. 3 e ss.; 肖建国, “民事公益诉讼的基本模式研究- 以中、美、德三国为中心的比较法考察”, 中国法学, 2007 年, 第5 期, Xiao Jian- guo, “Minshi gongyi susong de jiben moshi yanjiu – Yi zhong, Mei, De san guo wei zhongxin de bijiaofa kaocha” (Ricerca sui modelli di base di “azione nel pub- blico interesse” – indagine comparatistica concentrata su Cina, America e Germa- nia), Zhongguo Faxue, n. 5, 2007, p. 131; «Public Interest Litigation in China: a 42 Capitolo II

Ma se non si può negare che esista un legame tra l’emergere dei “daliang de shouhai” e la comparsa delle azioni nel pubblico inte- resse in Cina, resta ancora da chiarire perché gli attivisti cinesi ab- biano scelto di avvalersi proprio di questo strumento, tra quelli di- sponibili, per dare forma alle loro rivendicazioni. Le ragioni di tale decisione – una decisione né scontata, né in- consapevole, ma al contrario, come vedremo, frutto di un complesso insieme di fattori, interni ed esterni al sistema – vanno ricercate, al- meno in parte, fuori dai confini della Repubblica Popolare: le “azioni nel pubblico interesse”, come ci ricordano Fu Hualing e Richard Cul- len, sono infatti “il prodotto della combinazione tra trapianti giuri- dici globali e iniziative autoctone”14. Nelle prossime pagine illustreremo nel dettaglio il significato di questa affermazione15. Per ora, notiamo brevemente che è stato, soprattutto, per merito degli avvocati se quelle che, da principio, non erano che azioni spo- radiche, intentate a titolo individuale da cittadini particolarmente ca- parbi, si sono trasformate in un fenomeno giuridico di dimensioni imponenti, mentre è stato grazie agli scambi giuridici sino-americani se quegli stessi avvocati, istruiti sulle strategie utilizzate dai loro col- leghi d’Oltreoceano, sono stati capaci di leggere, nel nascente attivi- smo sociale, l’opportunità di influenzare le scelte del governo, pren- dendo a prestito concetti – e linguaggio – elaborati dalla giurispru- denza statunitense, “to explain and justify an indigenous practice”16.

New Force for Social Justice», Research Reports, China Labour Bullettin, 10 Oc- tober 2007, disponibile su www.clb.org.hk, p. 4 e ss.; Fu Hualing e Richard Cullen, “The Development of Public Interest Litigation in China”, in Po Jen Yap e Hol- ning Lau, “Public interest Litigation in Asia”, London and New York, Routledge, 2011, p. 11; 徐卉, “同向社会正义之路。公益诉讼理论研究”, 北京, 法律出 版社,2009年, Xu Hui, “Tongxiang shehui zhengyi zhi lu. Gongyisusonglilunyanjiu” (Verso una giustizia sociale. Studio teorico delle “azioni nel pubblico interesse”), Beijing, Falü chubanshe, 2009, p. 291 e ss. 13 Ma non da tutti. Sull’argomento, cfr. Titi Liu, “Transmission of Public Inte- rest Law: a Chinese Case Study”, 13 UCLA J. Int’l L. & Foreign Aff. 263 (2008), p. 284, e Wen Xueguo, “Market Dominance by China’s Public Utility Enterprises, 5 Antitrust L. J. 151, 157 n. 15 (2008), che ritengono non si possa parlare di azioni nel pubblico interesse in Cina fino al 2001, anno in cui l’avvocato Qiao Zhanxiang citò il Ministero delle Ferrovie cinese per avere aumentato il prezzo dei biglietti fer- roviari durante il Capodanno Cinese. Ciò non sposta, comunque, la questione: an- che in questo caso, infatti, la pretesa violazione riguarda interessi diffusi. 14 Fu Hualing e Richard Cullen, op. cit., nota precedente, p. 14. 15 Vedi infra, paragrafo 2.3 e ss. 16 Fu Hualing e Richard Cullen, op. cit., p. 14. “Public Interest Litigation”: origine e diffusione di un modello 43

Ma in cosa consiste tale pratica? Quale rapporto esiste tra le gongyi susong e il modello da cui derivano? E, soprattutto: che cosa si in- tende per gongyi susong? Proviamo a capirlo, partendo dal confronto tra le definizioni “clas- siche” di public interest litigation e quelle di gongyi susong elaborate, negli ultimi anni, dalla dottrina cinese; analizzeremo poi, rapidamente, le caratteristiche attribuite alle public interest litigation negli Stati Uniti, soffermandoci sul processo di evoluzione e diffusione che doveva por- tare questo istituto a divenire, a partire dagli anni ’80 del XX secolo, un fenomeno comune alla maggior parte dei Paesi, Cina compresa.

2. Public interest litigation: definizioni a confronto 2.1. Le definizioni dottrinali di public interest litigation in Occidente “Public interest law seeks to fill some of the gaps in our legal system. Today’s public interest lawyers have built upon the earlier successes of civil rights, civil liberties and legal aid lawyers, but have moved into new areas. Before courts, administrative agencies and legislatures, they provide representation for a broad range of relatively powerless mi- norities – for example, to the mentally ill, to children, to the poor of all races. They also represent neglected interests that are widely sha- red by the most of us as consumers, as workers, and as individuals in need of privacy and a healthy environment. These lawyers have, I believe, made an important contribution. They do not (nor should they) always prevail, but they have won many important victories for their clients. More fundamentally, perhaps, they have made our legal process work better. They have broadened the flow of information to decision-makers. They have made it possible for administrators, legi- slators, and judges to assess the impact of their decision in terms of all affected interests. And, by opening door to our legal system, they have moved us a little closer to the ideal of equal justice for all.”17

Sono queste le parole usate, nell’agosto del 1975, dal giudice Mar- shall per spiegare ai membri dell’American Bar Association quale fosse la funzione – e quali gli obiettivi – della Public Interest Law, e chia- rire come tale espressione non stesse ad indicare tanto uno specifico ramo del diritto18, quanto piuttosto “chi” i public interest lawyers sta-

17 Justice Marshall, “Financing Public Interest Law: The Role of the Organi- zed Bar”: Address to the Award of Merit Luncheon of the Bar Activities Section of the American Bar Association, 10 Agosto 1975, citato da Nan Aron in Aron, N.: “Liberty and Justice for All: Public Interest Law in the 1980s and Beyond”, Boul- der, Westview Press, 1989, p. 2. 18 E a cui non corrispondeva, allora come oggi, alcun corpus normativo. Sul- 44 Capitolo II tunitensi intendevano rappresentare, attraverso le (all’epoca emergenti) cause “nel pubblico interesse”19. Da allora, molte sono state le definizioni di public interest litiga- tion elaborate a livello internazionale20. A caratterizzare questo tipo di azioni – spesso indicate con nomi diversi21, ma che, tuttavia, rimandano sempre all’ uso del sistema giu- ridico di un dato Paese per promuovere cambiamenti destinati ad avere un impatto sul pubblico in generale22 – sarebbe, secondo la maggioranza degli studiosi occidentali, il fatto di cercare: “to precipitate social change through court-ordered decrees that reform legal rules, enforce existing laws, and articolate public norms”23, mentre la definizione di “public interest litigation” più comune, in particolare nei Paesi anglofoni24, è quella che le descrive come: “cases where there is a public benefit to be served through judicial resolution of issue presented, and in which there is a public interest in promoting access to justice”25.

l’argomento, vedi più in dettaglio Edwin Rekosh: «Who Defines the Public Inte- rest? Public Interest Law Strategies in Central and Eastern Europe», PILI papers n° 1, July 2005, disponibile su http://www.pili.org/dmdocuments/pilli_papers_july_2005.pdf (visto l’ultima volta il 21/05/09), p. 4 e ss. , e infra, nota 43. 19 Ibid. 20 Lu Yiyi: “Public Interest and Political Activism in China”, International Cen- tre for Human Rights and Democratic Development, 2008, in http://www.dd- rd.ca/site/_PDF/publications/demDev/Litigations%20China%204.pdf, p. 9. 21 Tra i quali “human rights litigation”, “strategic litigation”, “test case litigation”, “impact litigation”, “social action litigation” e “social change litigation” non rappre- sentano che i più comuni. Sull’argomento vedi James A. Goldston: “Public Inte- rest Litigation in Central and Eastern Europe: Roots, Prospects, and Challenges”, Human Rights Quarterly 28.2 (2006), p. 496. In realtà, le espressioni sopra elencate non sono esattamente sinonimi l’una dell’altra. Per citare il professor Sacco, si po- trebbe dire che esse mettono in gioco un genotipo unico (in questo caso, costituito appunto dalle public interest litigation) pur costituendo fenotipi distinti. Vedi Ro- dolfo Sacco, “Sistemi Giuridici Comparati”, Torino, Utet, 2008, pp. 9-10. Sulle differenze esistenti, ad esempio, tra la nozione di “public interest litigation” e quella di “impact litigation” vedi infra, capitolo quinto, paragrafo 3.4. 22 Ibid. 23 Helen Hershkoff, “Public Interest Litigation: Selected Issues and Examples”, disponibile su http://www1.worldbank.org/publicsector/legal/PublicInterestLitiga- tion.doc, p. 1. 24 «Public Interest Litigation in China: a New Force for Social Justice», Research Reports, China Labour Bullettin, 10 October 2007, in www.clb.org.hk (visto l’ul- tima volta il 19/03/2010), p. 2. 25 Ibid., mia la sottolineatura. “Public Interest Litigation”: origine e diffusione di un modello 45

Le espressioni sopra sottolineate costituiscono – almeno nell’in- terpretazione data al nostro istituto fuori dalla Cina – gli elementi chiave al fine di stabilire se un dato caso possa o meno essere defi- nito “public interest litigation”; nonostante il fondamentale accordo della dottrina sulla necessità della presenza di tali elementi26, tuttavia, il peso attribuito a ciascuno di essi varia, con il variare degli autori esaminati. Alcuni studiosi, ad esempio, notano come a differenziare le con- troversie in oggetto da quelle tradizionali sia l’atteggiamento degli av- vocati, e il ruolo centrale attribuito alle corti, riconoscendo pertanto nell’approccio: “court-driven […] in producting significant social reform”27 l’aspetto peculiare delle public interest litigation; altri, al contrario, evidenziano come solo una: “litigation designed to reach beyond the individual case and the im- mediate client”28, possa, a buon diritto, essere considerata “nel pubblico interesse”; al- tri ancora pongono l’accento sugli aspetti ideologico-politici presenti in ogni public interest litigation, e notano come portare avanti una “causa in difesa dell’interesse pubblico” equivalga sempre a: “espousing causes through litigation”29.

Nel contesto statunitense, come abbiamo già avuto modo di no- tare30, l’enfasi viene invece posta sui soggetti e sulle istituzioni sulle quali ricade l’impatto di queste azioni, specificando come, in gene- rale, esse riguardino: “allegations broadly implicating the operations of large public institu-

26 Un accordo che non deve, comunque, far dimenticare le (talvolta notevoli) dif- ferenze nella pratica della public interest litigation esistenti tra Paese e Paese; sul punto, vedi infra, alla fine di questo paragrafo, e paragrafo 3. 27 Peter H. Schuck, “Public Law Litigation and Social Reform“, 102 Yale L. J., 1993, p. 1763. 28 Edwin Rekosh, Kyra A. Buchko e Vessela Terzieva (eds.), “Pursuing the Public Interest: A Handbook for Legal Professionals and Activists, PILI, 2000, p. 81, citato da James A. Goldston, op. cit., p. 496. 29 Aryeh Neier, “Only Judgement: The Limits of Litigation in Social Change”, Middletown, Connecticut, Wesleyan University Press, p. 226, citata da James A. Goldston, op. cit. p. 476. 30 Vedi supra, capitolo primo, paragrafo 1.1. 46 Capitolo II

tions such as school system, prison, mental health facilities, police de- partments and public housing authorities; and remedies requiring long- term restructuring and monitoring these institutions”31.

Non a caso, nel report pubblicato nel 2000 sull’attività della Fon- dazione Ford a sostegno dei diritti umani e del miglioramento delle condizione di vita nel mondo, le organizzazioni che si occupano di “social action litigation”32 o “social cause lawyering” vengono consi- derate, comunque definiscano il loro lavoro, come: “seeking to use the courts to help produce systemic policy change in society, on behalf of individuals who are members of groups that are underrepresented or disadvantaged – women, the poor, and ethnic and religious minorities”33.

Notiamo incidentalmente che è proprio quest’ultima la definizione di pil che si è andata affermando, a partire dagli anni ’90 del XX se- colo, in Europa Centro-orientale, dove l’espressione “public interest litigation” (qui spesso – e significativamente – sostituita da quelle, analoghe, di “Roma rights litigation”, o “mental disability rights liti- gation”34) viene, di solito, riferita: “to law-based advocacy intended to secure courts rulings to clarify, expand, or enforce rights for persons beyond the individuals named in the case at hand”35.

La similitudine tra le definizioni sopra riportate non implica ob- bligatoriamente – è bene precisarlo – l’identità, nella pratica, delle tec- niche a cui esse si riferiscono; vedremo tra poco36 come il processo di globalizzazione abbia, in effetti, arricchito di nuovi significati il linguaggio della Public Interest Law, e come, oggi, con le stesse espres-

31 Charles F. Sabel e William H. Simon, “Destabilization Rights: How Pu- blic Law Litigation Succeeds”, 117 Harvard L. Rev., 2004, pp. 1015 e 1017. Sull’ar- gomento, vedi anche Abram Chayes, op. cit., p. 1281; Joel F. Handler, Ellen J. Hollingsworth e Howard S. Erlanger, “Lawyers and the Pursuit of Legal Ri- ghts”, New York, Academic Press, 1978, pp. 24 e ss.; e infra, paragrafo 3. 32 Vedi supra, p. 8, e ibid., p. 20. 33 Helen Hershkoff e Aubrey McCutcheon, “Public Interest Litigation: An International Perspective”, in Mary McClymont & Stephen Golub (eds.), “Many Roads to Justice: The Law Related Work of Ford Foundation Grantees Around the World”, The Ford Foundation , 2000, p. 284, disponibile in http://www.fordfound.org/pdfs/im- pact/many_roads.pdf (visto l’ultima volta il 19/03/2010. 34 James A. Goldston, op. cit., p. 496. 35 Ibid. 36 Vedi infra, paragrafo 3. “Public Interest Litigation”: origine e diffusione di un modello 47 sioni, vengano indicate modalità di risoluzione dei conflitti spesso dif- ferenti da Paese a Paese, perché adattate al contesto giuridico-poli- tico locale37. Qual è, dunque, il significato attribuito a “public interest litiga- tion” dagli autori della Repubblica Popolare?

2.2. Definizioni dottrinali di “azioni nel pubblico interesse” in Cina Leggendo la dottrina cinese sull’argomento, due sono i dati che, per primi, saltano agli occhi: l’assenza, nel descrivere gli obiettivi delle gongyi susong, di riferimenti a fini che vadano oltre quelli giuridici38, e il richiamo al diritto romano, e non a quello statunitense, per spie- gare l’origine dell’ espressione con cui tali controversie vengono in- dicate in mandarino39.

37 Vedi, tra gli altri, Helen Hershkoff, op. cit., p. 22; Scott L. Cummings e Louise G. Trubek, “Globalizing Public Interest Law”, 13 UCLA J. Int’l L. & Fo- reign Aff. 1 (2008), p. 7 e 19; e infra, in questo capitolo, paragrafo 3. 38 Si vedano, in proposito, le definizioni di pil contenute in Fu Hualing e Ri- chard Cullen, op. cit., p. 1, e quelle riportate infra, in questo paragrafo. 39 Si vedano, tra gli altri: 颜运秋: “公益诉讼法律制度研究”, 北京, 法律出版社, 2008.7, Yan Yunqiu, “Gongyi susong falü zhidu yanjiu” (Ricerca sul sistema giu- ridico delle “azioni nel pubblico interesse”), Beijing, Falü Chubanshe, 2008, p. 7 e p. 37 e ss.; 张艳蕊: “民事公益诉讼制度研究 – 兼论民诉讼机能的扩大”, 北京, 北京大学出版社, 2007年, Zhang Yanrui, “Minshi gongyi susong zhidu yanjiu – Jian lun minshi susong jineng de kuoda” (Ricerca sul sistema di “azioni nel pubblico in- teresse” civili – Contemporaneamente sull’ampliamento delle funzioni delle contro- versie civili), Beijing, Beijing daxue chubanshe, 2007, p. 31 e ss.; 梁玉: “民事公益诉讼模式的选择”, 法学2007 年, 第6 期 Liang Yuchao, “Minshi gongyi susong moshi de xuanze” (La scelta del modello delle “azioni nel pubblico inte- resse” civili), Faxue, n. 6, 2007, p. 99; 林莉红: “公益诉讼的含义和范围”, 载: 笔谈公: “益诉讼与公益法的实践、制度和价值”, 法学研究2006年第6期 Lin Mohong, “Gongyi susong de hanyi he fanwei” (Contenuto e ambiti delle gongyi susong) in bitan (discussione scritta): “Gongyi susong yu gongyi fa de shixian, zhidu he jiazhi” (Pratica, sistema e valore delle “azioni nel pubblico interesse” e della public interest law), Faxue yanjiu, n. 6 2006, p. 148; 王太高: “论行政公益诉讼”, 学研究 2002年第5期 Wang Taigao, “Lun xingzheng gongyi susong”, Faxue yanjiu, n. 5, 2002, p. 24; 汤维建: “论检察机关提起民事公益诉讼”, 司法制度论坛, 2010 年, 第1期, Tang Weijian, “Lun jiancha jiguan qiti minshi gongyi susong” (Sulle “azioni nel pubblico interesse” civili intentate dalla procura), Sifa zhidu luntan, n. 1, 2010, p. 16; 陈玲, “民事公益诉讼原告资格研究”, 法治, 2010/08/中, 第299期, p. 86, Chen Ling, “Min- shi gongyi susong yuangao zige yanjiu” (studio sul ruolo di attore nelle “azioni nel pubblico interesse” civili”, Fazhi, n. tot. 299, agosto 2010, p. 86; 龚怀军 - 宋健: “行政公益诉讼原告资格探析”, 中国商界, 2010年,8期, Gong Huaiyun e Song Jian, “Xingzheng gongyi susong yuangao zige tansuo” (Analisi riguardo al ruolo di attore nelle “azioni nel pubblico interesse” amministrative), Zhongguo Shangjie, n. 8, 2010; 朱有彬曾国栋: “论律师参与公益诉讼”, 法学, 2006 年, 第1 期, Zhu You- bin e Ceng Guodong, “Lun falü canyu gongyi susong” (Sulla partecipazione de- 48 Capitolo II

Si tratta di elementi che non stupiscono, se si considera la situa- zione politico-istituzionale della Cina continentale. I gongyi lüshi, per poter portare avanti la loro opera in difesa del pubblico interesse, hanno infatti bisogno dell’appoggio – e della collaborazione – del go- verno; un governo sempre più preoccupato di perdere il controllo, e con una vera e propria ossessione per tutto ciò che possa (anche solo a livello ipotetico) essere fonte di instabilità. Per ottenere tale appoggio, diviene, dunque, fondamentale porre in secondo piano, o addirittura negare, le implicazioni politiche sottese alle gongyi susong, ed evidenziare, invece, altri aspetti della questione. L’enfasi sulla difesa dell’interesse pubblico per mezzo della legge, da questo punto di vista, rappresenta un utile strumento al fine di rendere questo tipo di azioni accettabile, e addirittura – in qualche misura – auspicabile, agli occhi della leadership e del PCC. Le gongyi susong – presentate come cause tese ad ottenere il ri- spetto delle norme vigenti attraverso la prevenzione degli abusi – non solo, infatti, si vengono a collocare in perfetta armonia con gli obiet- tivi di trasparenza, responsabilità e rispetto delle regole perseguiti dal governo della RPC, come da quello di ogni Paese che voglia dirsi “di Rule of Law”40; esse si trasformano altresì in una potenziale – e formidabile – “valvola di sfogo” per il malcontento causato dalle cre- scenti tensioni sociali, capace di incanalare e “giuridicizzare” queste ultime così che possano più difficilmente sfociare in proteste e moti di piazza, a tutto vantaggio della creazione della “società armoniosa” (和谐社会, hexie shehui) tanto cara al presidente Hu. Anche il riferimento al diritto romano risponde, pressappoco, alle stesse esigenze: considerare l’espressione “gongyi susong” come la tra- duzione di “actiones publicae populares”, invece che di “public inte- rest litigation”, presenta il duplice vantaggio di collegare tali azioni a un modello prestigioso, mettendo – nello stesso tempo – i gongyi lü- shi al riparo dall’accusa di essere vittime della “cospirazione messa in atto dalle forze nemiche occidentali per condizionare il pensiero e le azioni degli avvocati cinesi”41. gli avvocati alle “azioni nel pubblico interesse”), Faxue, n. 1, 2006, p. 152. Si noti che, a questo proposito, gli autori cinesi spesso si citano tra di loro, facendo poi – quando si tratta di spiegare più in dettaglio in cosa consistessero le actiones publi- cae populares – sempre riferimento allo stessa pagina dello stesso manuale di diritto romano, che riportiamo qui di seguito: 周枏: “罗马法原论”, 下册,商务印书馆1996 年版,第886 页, Zhou Ya, “Luomafa yuanlun”, xiace, shangwu yinshuguan, 1996, p. 886. 40 Vedi Costituzione della Repubblica Popolare Cinese, art. 5, e supra, cap. primo, par. 2.4. 41 Si tratta di uno dei punti fondamentali dell’“Opinione sulla realizzazione della “Public Interest Litigation”: origine e diffusione di un modello 49

Una prerogativa non da poco, a fronte del crescente sospetto – testimoniato da affermazioni come quella poco sopra riportata – con cui l’attività in difesa dei diritti è guardata oggi in Cina; dei frequenti richiami dei leader cinesi agli avvocati perché ricordino di essere “ope- ratori del diritto socialista con caratteristiche cinesi”42 e non cerchino di usare “la scusa dei diritti per sabotare il sistema”43; e – non da ul- campagna “operatori del diritto socialista con caratteristiche cinesi” tra gli avvocati” (关于在律师队伍中开展“中国特色社会主义法律工作者”活动的意见 Guanyu zai lü- shi dui wu zhong kaizhan 48zhongguo tese shehui zhuyi falü gog zuo zhe” huo- dong de yi jian), emanata dal Ministero della Giustizia della RPC– organo deputato alla supervisione e al controllo dell’attività degli avvocati cinesi – il 24/04/2009; tale campagna, considerate dagli osservatori occidentali come un ulteriore – e preoccu- pante – passo indietro nel riconoscimento dell’avvocatura quale professione indipen- dente, doveva durare un anno, ma – attraverso una nuova opinione, emanata dal Mi- nistero il 1/02/2010 – è stata prorogata a tutto il 2010. Il testo integrale dell’opinione (in cinese) è disponibile sul sito del Ministero della Giustizia, all’indirizzo http://www.moj.gov.cn/2008zwgg/2009-04/24/content_1082558.htm. Il testo dell’opi- nione emanata nel febbraio del 2010, con le ragioni della proroga, si trova sullo stesso sito, all’indirizzo http://www.moj.gov.cn/index/content/2010-02/10/content_2055394.htm? node=7346. Per un commento sulla campagna, vedi Carl Minzner, “’Socialist legal workers’ Campaign”, pubblicato su Carl Minzner (blog ed.): “Chinese Law and Po- litics Blog” il 23/02/2010 e disponibile all’indirizzo http://sinolaw.typepad.com/chi- nese_law_and_politics_/2010/02/socialist-legal-workers-campaign.html. Sull’atteggia- mento del governo nei confronti della professione forense vedi, più in dettaglio, in- fra, capitolo 00. 42 È, questa, una definizione che ricorda quella di “operatore del diritto socialista”, utilizzata per descrivere l’attività degli avvocati all’interno del primo testo normativo emanato nella Repubblica Popolare Cinese per regolare l’esercizio della professione fo- rense, il “Regolamento provvisorio sull’avvocatura” (中华人民共和国律师暂行条例, Zhonghua remning ongheguo lüshi zanxing tiaoli) del 1980, e poi divenuta obsoleta con l’entrata in vigore della Legge sugli avvocati (中华人民共和国律师法, Zhonghua renming ongheguo lüshifa) del 1996, che – al contrario – considera l’avvocato come “professionista che fornisce servizi legali alla società”. Cfr. l’articolo 1 del“Regolamento provvisorio sull’avvocatura” (1980) con l’articolo 2 della “Legge sugli avvocati” (1996). Negli ultimi anni, la definizione sopra citata è tornata, per così dire, di moda, ma ri- vista alla luce dell’enfasi sulla “rule of law socialista con caratteristiche cinesi”. A par- tire dal discorso di Zhao Dachen (all’epoca Vice Ministro della Giustizia) del settem- bre 2006 – discorso in cui, per la prima volta, viene utilizzata l’espressione “operato- rie del diritto socialista con caratteristiche cinesi” – gli appelli dei leader cinesi per ri- cordare agli avvocati il loro ruolo si sono moltiplicati, fino a concretizzarsi, nell’aprile 2009, in una vera e propria campagna diretta alla (ri)educazione dell’”esercito degli av- vocati”. Il discorso di Zhao Dachen è riportato in 赵大程, “关于律师工作的若干问题,” 中国司法, 2006-11, Zhao Dachen, “Guanyu lüshi gongzuo de ruogan wenti” (Su al- cune questioni riguardanti il lavoro di avvocato), Zhonguo sifa, novembre 2006, pp.9- 14. Riguardo alla campagna “operatori del diritto socialista con caratteristiche cinesi”, vedi supra, nota precedente. Sulla professione legale in Cina vedi infra, capitolo quinto, paragrafo 2. 43 Si tratta di un’affermazione contenuta in un articolo di Luo Gan – all’epoca a capo della Commissione politico-giuridica del Comitato Centrale del PCC – pub- 50 Capitolo II timo – delle notizie, ormai all’ordine del giorno, di intimidazioni ed arresti anche tra le file degli attivisti più moderati44. Riprenderemo questi temi nel corso della trattazione. blicato sulla rivista del Partito “Cercare la verità” (求是, Qiushi) nel giugno del 2006: 罗干, “深入开展社会主义法治理念教育切实加强政法队伍思想政治建设,” 求是, 2006 年6 月16 日(总433 期), Luo Gan, “Shenru kaizhan shehui zhuyi fazhi linian jiaoyu qieshi jiaqiang zhengfa duiwu sixiang zhengzhi jianshe” (Approfondire e sviluppare l’insegnamento del concetto di “rule of law” socialista e rafforzare dal punto di vi- sta pratico la costruzione politica del pensiero delle armate politiche e giuridiche), Qiushi, , n. 433, 16 giugno 2006. Si noti che era stato lo stesso Luo Gan, nell’aprile dello stesso anno, a dare il via alla campagna per la “Rule of Law socialista”. Ri- guardo all’impatto di questa campagna sull’attività degli avvocati cinesi in generale, e su quella dei weiquan lüshi in particolare, vedi Human Rights Watch: «»Walking on Thin Ice». Control, Intimidation and Harassment of Lawyers in China», New York, Human Rights Watch, 2008, p. 22 e ss. 44 Tra queste, una delle più gravi ci pare la notizia, pubblicata sul sito dell’Uni- versità di Pechino il 25 marzo 2010 (http://www.pku.edu.cn/homepage/notice/bdtz.html? id=59007; visto l’ultima volta il 7/04/10), e poi rimbalzata sul web, della cancella- zione dell’affiliazione alla stessa Università del “Centro per i servizi e la ricerca sul diritto delle donne” (北京大学法学院妇女法律研究与服务中心, Beijing daxue faxueyuan funü falü yanjiu yu fuwu zhongxin). Il Centro, attivo dal 1995, è stato tra le prime ONG ad essere fondate in Cina; guidato dall’avvocato Guo Jianmei, notissima gongyi lüshi, si è distinto, in questi anni, per l’impegno – e il successo – con cui ha difeso i diritti delle donne, in particolare di quelle appartenenti alle fa- sce sociali più deboli. Le ragioni della cancellazione (che – per la precisione – ha colpito il Centro insieme ad altre tre organizzazioni minori, e in particolare: il Cen- tro per le informazioni economiche e finanziarie, il Centro per la ricerca sul diritto pubblico, il Centro per la ricerca sul costituzionalismo) sono ignote; secondo alcuni, essa sarebbe dovuta al coinvolgimento del Centro – che comunque , come molte al- tre ONG create all’interno di istituti di ricerca, ha sempre cercato di agire in confor- mità alla linea del governo, evitando qualsiasi scontro con esso – in alcuni casi “blan- damente” sensibili, come quelli – noti anche alla stampa internazionale, e forse pro- prio per tale ragione giudicati più delicati di altri – di Deng Yujiao, in Hubei, e quello di Li Ruirui a Pechino. La notizia è stata riportata ampiamente su siti e blog cinesi, che – anche questo è un dato interessante – non sono stati censurati. Vedi, tra gli altri: 关注郭建梅关注妇女法律研究与服务中心, “Guanzhu Guo Jianmei, guanzhu funü falü yanjiu yu fuwu zhongxin” (Prestate attenzione a Guo Jianmei, prestate attenzione al Centro per la ricerca e i servizi al diritto delle donne), su http://www.fangkc.cn/zz/guo-jianmei/ (visto l’ultima volta il 7/04/10); 北大撤销妇女法律中心等四研究机构, “Beida chexia funü falü zhongxing deng si yanjiu jigou” (Beida cancella 4 organizzazioni di ricerca tra cui il Centro per il di- ritto delle donne), http://policy.caing.com/2010-03-29/100129969.html (visto l’ultima volta il 7/04/10); si veda anche la lettera aperta, scritta per l’occasione da Guo Jian- mei stessa: 我们的话 “Women de hua”, su http://www.chinadevelopmentbrief. org.cn/ngo_talkview.php?id=1248 (visto l’ultima volta il 7/04/10). Per un’analisi sulle possibili ragioni della cancellazione, vedi: 北大撤销妇女法律中心事件 “Beida chexiao funü falü zhongxin shijian (La cancellazione del centro per il diritto delle donne da parte di Beida), su http://justice.fyfz.cn/art/598641.htm (visto l’ultima volta il 7/04/10). Riguardo all’argomento, e alle attività condotte dal Centro, vedi più diffusamente infra, capitolo terzo, paragrafo 2.3.1. “Public Interest Litigation”: origine e diffusione di un modello 51

Per tornare alle definizioni di “gonyi susong”, un altro elemento a colpire, accostandosi per la prima volta alla letteratura in materia, è la mancanza di accordo generale – non solo tra i giuristi, ma an- che, come vedremo nel capitolo dedicato alle interviste, all’interno dello stesso movimento degli “avvocati nel pubblico interesse” cinesi45 – su cosa, in concreto, si debba intendere con tale espressione, e (so- prattutto) su quali siano i soggetti deputati alla difesa del pubblico interesse. Si tratterebbe, secondo alcuni studiosi, di una caratteristica transi- toria, dovuta alla novità rappresentata da questo tipo di cause, e alla mancanza di una definizione di esse all’interno della legislazione ci- nese46. Non è questa la sede per approfondire la questione; notiamo solo, incidentalmente, che si cercherebbe invano siffatta definizione anche tra le norme emanate da Paesi con una consolidata tradizione in ma- teria47, mentre la recente introduzione del nostro istituto in India, o in Sud Africa, non ha impedito che sulla nozione di public interest litigation si realizzasse un accordo tanto ampio da rendere, addirit- tura, possibili modifiche costituzionali, al fine di estendere il diritto di azione anche a soggetti privi di un interesse diretto, nei casi in cui sia in gioco la protezione di diritti fondamentali48.

45 Vedi infra, capitolo quinto. 46 Vedi «Public Interest Litigation in China: a New Force for Social Justice», cit., paragrafo 4. 47 La “public interest law”, come già notato (vedi il brano tratto dal discorso del giudice Marshall riportato supra, all’inizio di questo paragrafo), è una branca del di- ritto di formazione fondamentalmente giurisprudenziale, a cui non è riconducibile alcun corpus normativo determinato. Caratteristica che non costituisce, ovviamente, un problema negli Stati Uniti, o – in generale – nei Paesi di Common Law, ma che può divenirlo in Paesi con tradizione giuridica diversa. Edwin Rekosh, in riferimento alla propria esperienza nell’Europa dell’Est, nota che: “More than one Eastern Eu- ropean lawyer has listened to me explain some of the key concerns of the public in- terest law community in the United States and elsewhere—only to ask, at the end of the discussion, for a model of “a public interest law,” so that they could promote the adoption of such a law in their own country”. Edwin Rekosh, “Who defines the Public Interest”, citato, p. 4. Sembra che anche in questo aspetto, come in altri che riguardano le azioni nel pubblico interesse, le similitudini tra Cina ed Est Europa siano notevoli. 48 In realtà, com’è noto, mentre la previsione, piuttosto vaga, del primo comma dell’articolo 32 della Costituzione dell’India (che garantisce il diritto di ricorrere alla Corte Suprema, in caso di violazioni dei diritti fondamentali) ha necessitato proprio dell’intervento della Corte Suprema – nel famoso caso Bandhua Mukti Morcha vs. Union of India and Others del 1984 ((1984) 3 SCC 161) – perché grazie a esso po- tessero essere ammessi, davanti a tale corte, anche istanze presentate da soggetti non direttamente coinvolte nel caso, qualora la parte non fosse in grado di agire in prima persona perché appartenente alle fasce più deboli, dal punto di vista economico e so- 52 Capitolo II

A prescindere dalle ragioni profonde di tale disaccordo, comun- que, è opinione comune che, riguardo alla definizione di gongyi su- song, all’interno della dottrina cinese si possano individuare almeno cinque scuole di pensiero49, e in particolare: a) la scuola del “pubblico interesse economico”; b) la scuola delle “azioni nel pubblico interesse” amministrative; c) la scuola del pubblico interesse come “interesse non privato”; d) la scuola delle “azioni nel pubblico interesse”come “azioni so- ciali”; e) la scuola delle “azioni nel pubblico interesse”come “qualsiasi azione che protegga l’interesse pubblico o dello Stato”50. Vediamo ora, più in dettaglio, di cosa si tratta, ricordando che la suddivisione qui utilizzata, per quanto utile ai fini descrittivi, non è accettata in modo uniforme dalla dottrina51. ciale, della popolazione, l’articolo 38 della Costituzione del Sud Africa prevede, in modo esplicito, che, in caso di violazione dei diritti contenuti nel Bill of Rights, possa intentare causa chiunque agisca in nome di un soggetto che non possa agire in nome proprio (punto b) e chiunque agisca nel pubblico interesse (punto d). Sull’influenza esercitata da questa costituzione sull’opera dei gongyi lüshi, vedi infra, nota 294. Sulle public interest litigation in India e Sud Africa vedi, in generale, Werner Menski, “Comparative law in a global context: the legal systems of Asia and Africa”, Cam- bridge, Cambridge University Press, 2006; Roberto Gargarella, Pilar Domingo, Theunis Roux (eds.), “Courts and Social Transformation in New Democracies: An Institutional Voice for the Poor?”, Aldershot, Ashgate Publishing, 2006; più specifi- camente, per un’introduzione sul sistema delle public interest litigation in India, vedi il manuale destinato all’educazione degli attivisti sociali indiani scritto da P.D. Mathew, “Public Interest Litigation”, New Delhi, Indian Social Institute, 1997; A.R. Moha- patra “Public Interest Litigation and Human Rights in India”, New Delhi, Radha Publication, 2003; sulle public interest litigation in Sud Africa vedi Siri Gloppen, “Social Rights Litigation and Transformation: South African Perspectives”, in Peris Jones and Kristian Stokke (eds.), “Democratising Development: The Politics of So- cio-Economic Rights in South Africa”, Leiden, Martinus Nijhoff Publisher, 2005 e Jackie Dugard e Theunis Roux, “The Record of the South African Constitutional Court in Providing an Institutional Voice for the Poor: 1995-2004”, in Roberto Gar- garella, Pilar Domingo, Theunis Roux (eds), op. cit. supra, in questa nota. 49 Utilizzeremo, in questa parte del lavoro, la tassonomia proposta dal China La- bour Bullettin e pubblicata nel report: «Public Interest Litigation in China: a New Force for Social Justice», cit., paragrafo 4, che attribuisce a tali scuole i nomi ripor- tati infra nel testo, ma senza citare le fonti cinesi. Sull’argomento vedi anche 颜运秋, Yan Yunqiu, op. cit., p. 7 e ss., il quale, al contrario, riporta le differenti definizioni di “azioni nel pubblico interesse” e cita gli autori appartenenti a ognuna delle cor- renti presenti oggi in Cina, non indicando però queste ultime con alcun appellativo. Dal momento che – dall’analisi dei contenuti – pare evidente come un testo sia com- plementare all’altro, nella descrizione delle scuole di pensiero si fa riferimento ad en- trambi questi lavori, oltre – ovviamente – a quelli citati nelle note relative. 50 «Public Interest Litigation in China: a New Force for Social Justice», cit., ibid. 51 Vedi supra, nota 181. Per un’analisi delle scuole di pensiero riguardo alle “gongyi “Public Interest Litigation”: origine e diffusione di un modello 53 a) La scuola del “pubblico interesse economico” Gli autori riconducibili a questa scuola di pensiero restringono l’oggetto delle “azioni nel pubblico interesse” al solo pubblico inte- resse economico, cioè ai casi in cui un individuo o un gruppo ab- biano danneggiato l’interesse pubblico in termini materiali52. Di con- seguenza, essi sostituiscono all’espressione gongyi susong quella, a loro avviso più precisa, di jingji gongyi susong (经济公益诉讼, lett.: azioni nel pubblico interesse economico), e definiscono il sistema a cui ap- partengono queste controversie come: “un sistema per il quale qualora, a causa di un atto illecito o un’o- missione da parte di organi amministrativi, o altre imprese, aziende ed enti aventi potere pubblico, o di altri gruppi o individui, si sia ve- rificato o si preveda si possa verificare un danno all’interesse pubblico economico e sociale (ad esempio in caso di erosione della proprietà sta- tale, danno all’interesse pubblico ambientale, distruzione dell’equili- brio della concorrenza, danneggiamento dell’interesse pubblico dei con- sumatori eccetera), la legge permetta ai cittadini o ai gruppi di adire i tribunali per la protezione dell’interesse pubblico economico”53.

Le “azioni nel pubblico interesse”, viste in quest’ottica, non rap- presentano dunque che un mezzo per regolare meglio i conflitti tra diversi gruppi di interesse economico54. b) la scuola delle “azioni nel pubblico interesse amministrative” Questa scuola, a differenza della prima, considera come oggetto esclusivo delle “azioni nel pubblico interesse” l’attività illecita o l’i- nazione di organi governativi55. Si parla, in questo caso, di xingzheng gongyi susong (行政公益诉讼, lett.: “azioni nel pubblico interesse” amministrative56) – cioè di:

susong” che utilizza una tassonomia differente, e tuttavia piuttosto simile a quelle da noi impiegate riguardo ai contenuti, si veda anche 徐卉, “同向社会正义之路。 公益诉讼理论研究”, 北京,法律出版, 2009年, Xu Hui, “Tongxiang shehui zhengyi zhi lu. Gongyisusonglilunyanjiu” (Verso una giustizia sociale. Studio teorico delle public interest litigation), Beijing, Falü chubanshe, 2009, p. 321 e ss. 52 «Public Interest Litigation in China: a New Force for Social Justice», cit., ibid. 53 张明华, “经济公益诉讼制度探析”, 载 “苏州科技学院学报”, (社会科学版) 2003年第3期, Zhang Minghua, “Jingji gongyisusong zhidu tanxi” (Analisi sul si- stema delle “azioni nel pubblico interesse economiche”), in Suzhou kezhi xueyuan xuebao, (shehuikexue ban), n. 3 2003. 54 «Public Interest Litigation in China: a New Force for Social Justice», cit., pa- ragrafo 4. 55 Ibid. 56 Si tratta, secondo il dottor Li Gang, uno dei più noti gongyi lüshi, di un isti- 54 Capitolo II

“azioni amministrative in cui l’obiettivo della causa è direttamente collegato alla protezione del pubblico interesse, indipendentemente dal fatto che i cittadini, le persone giuridiche o altri enti (compresi gli or- gani della pubblica accusa) che le hanno intentate siano o meno col- legati all’atto illecito in questione, compiuto da organi amministrativi”57.

Secondo gli autori appartenenti a questa corrente, solo le cause di diritto amministrativo potrebbero, pertanto, fregiarsi del titolo di gongyi susong, mentre le controversie dirette a colpire violazioni di- verse dagli abusi o dalle omissioni commesse da organi della pub- blica amministrazione, pur se intentate nel pubblico interesse, do- vrebbero essere classificate come meri casi civili58. Non si tratta di una questione oziosa: come si evince dalla defi- nizione sopra riportata, le xingzheng gongyi susong godrebbero di un allargamento del diritto di azione inapplicabile ad altri tipi di con- troversie, per le quali, invece, rimarrebbe valida la regola classica, se- condo cui solo chi ha interesse diretto nel caso può agire in giudizio59. c) la scuola del pubblico interesse come “interesse non privato” Secondo questa scuola, può essere considerata “azione nel pub- blico interesse” l’azione: “intentata da qualsiasi gruppo o individuo sulla base del potere attri- buitogli dalla legge, contro atti illeciti che violino l’interesse statale e l’interesse sociale, un’attività di gestione degli illeciti eseguita dai tri- bunali secondo la legge”60.

Si tratta della definizione condivisa dalla maggior parte degli au- tori, in Cina61; una definizione che non distingue tra controversie ci- tuto tipicamente cinese, pressoché sconosciuto fuori dai confini di questo Paese. Sul- l’argomento, vedi 李刚, “何谓“公益诉讼”?”, Li Gang, “Hewei “gongyi susong”?” (Che cosa significa “gongyi susong”?), disponibile presso il sito web gestito dallo stesso Li gang, 中国公益诉讼网, Zhongguo gongyi susong wang (Azioni nel pub- blico interesse cinesi) all’indirizzo: http://www.pil.org.cn/article_view.asp?uid=5 (vi- sto l’ultima volta il 26/05/2010) 57 蔡虹–梁远: “也论行政公益诉讼”, 法学评论(双月刊), 2002年第3期总113第期, Cai Hong e Liang Yuan, “Ye lun xingzheng gongyisung” (Ancora sulle azioni nel pubblico interesse amministrative), Faxue pinglun (shuangyuekan ), n. 3 (n. tot. 113), 2002 58 «Public Interest Litigation in China: a New Force for Social Justice», cit., pa- ragrafo 4. 59 Sul criterio utilizzato, in Cina, per attribuire la titolarità del diritto di azione, vedi infra, capitolo quarto, paragrafo 3.1. 60 颜运秋, Yan Yunqiu, op. cit., p. 7. 61 Ibid. Riguardo a questa definizione, vedi anche 雷智仙: “论环境公益诉讼中原告- “Public Interest Litigation”: origine e diffusione di un modello 55 vili e controversie amministrative, e che può essere interpretata – per quanto riguarda lo status e la natura degli individui e dei gruppi au- torizzati ad agire in veste di attori – in senso restrittivo, o in senso ampio62. Gli studiosi che la intendono in senso restrittivo considerano “azioni nel pubblico interesse” solo le azioni intentate da organi statali, o membri di organi statali, che, in rappresentanza dallo Stato, agiscono, in nome dello Stato, per la difesa del pubblico interesse; al contra- rio, quelli che attribuiscono a tale definizione un significato ampio arrivano a includere, tra le “azioni nel pubblico interesse”, anche tutte le azioni in cui qualsiasi individuo o gruppo, in rappresentanza dello Stato, agisca in nome proprio per la difesa del bene comune, cioè – in pratica – le azioni intentate dal cosiddetto “Private Attorney Ge- neral” (私人检察官, siren jianchaguan)63. È quest’ultima, come vedremo, l’interpretazione di gonyi susong sposata dalla quasi totalità degli “avvocati per il pubblico interesse”64. Per ragioni di completezza, si deve aggiungere che – sempre al- l’interno della corrente che stiamo esaminando – esiste una defini- zione ancora più ampia di public interest litigation, considerate come azioni: “intentate da qualsiasi gruppo e individuo sulla base del potere attri- buito dalla legge contro atti [quindi indipendentemente dal fatto che l’atto sia un illecito, n.d.A.] che violino l’interesse statale e sociale, un’attività giudiziaria di gestione degli illeciti eseguita dai tribunali secondo la legge”65.

诉讼地位的构建”, 中国商界, 2010年,第11期, Lei Zhixian: “Lun huanjing gongyi susong zhong yuangao susong diwei de goujian”, n. 11, 2010, p. 322. 62 李刚, “何谓“公益诉讼”?”, Li Gang, “Hewei “gongyi susong”?” (Che cosa significa “public interest litigation”?), disponibile all’indirizzo: http://www.pil.org.cn/ar- ticle_view.asp?uid=5, paragrafo 1 (in fondo). 63 韩志红- 阮大强: “新型诉讼: 经济公益诉讼的理论与实践”, 北京, 法律出版社, 1999, Han Zhihong, Ruan Daqiang: “Xinxing susong: jingji gongyi susong de li- lun yu shijian” (Azioni di nuovo tipo: teoria e pratica delle azioni nel pubblico in- teresse economiche), Beijing, Falü chubanshe, 1999, p. 27. Sulla figura del Private Attorney General, vedi Mauro Cappelletti “Governmental and Private Advoca- tes for the Public Interest in Civil Litigation: a Comparative Study”, in Mauro Cap- pelletti e Bryant Garth: “Access to Justice”, vol 2: “Promising Institution”, cit., p. 827 e ss. e, dello stesso autore “Vindicating the Public interest”, cit., p. 533 e ss.; per uno studio su questo istituto in Cina, vedi Donald Clarke, «The Private At- torney-General in China: Potential and Pitfalls», Washington University Global Stu- dies Law Review, vol. 8:241, 2009. 64 Sugli “avvocati per il pubblico interesse” vedi infra, capitolo quinto. 65 颜运秋: “公益诉讼理念研究”, 北京, 中国检察出版社, 2002 年Yan Yunqiu, “Gongyi susong linian yanjiu” (Ricerca sul concetto di “azione nel pubblico inte- 56 Capitolo II

In questo senso, il sistema delle “azioni nel pubblico interesse” diviene, come nota Yan Yunqiu: “un nuovo canale per la partecipazione delle persone alla gestione de- gli affari statali, fornisce una garanzia giudiziaria alla realizzazione di questo diritto, è la manifestazione della democrazia all’interno delle cause, e fa sì che la democrazia si “sistematizzi” (制度化, zhiduhua) e si “legislativizzi” (法律化, falühua) nell’ambito delle cause”66.

Notiamo rapidamente che è, forse, sulla base di un’idea di gongyi susong simile a quella sopra riportata che, nel 2001, due professori hanno citato l’Ufficio Pianificazione della Municipalità di Nanchino per aver approvato la costruzione di una torre panoramica in una zona nota per le sue bellezze naturali, accusando l’Ufficio di ledere il pubblico interesse e di “privare i cittadini della gratificazione spi- rituale derivante dal godimento del paesaggio”67. In chiusura, ci sia consentito riportare ancora due definizioni di gongyi susong riconducibili alla scuola di pensiero in oggetto. La prima ci pare degna di nota perché, nel distinguere le “azioni nel pubblico interesse” civili (民法公益诉讼, minfa gongyisusong) da quelle amministrative, l’autore ha ritenuto necessario specificare che cosa si intenda per “interesse pubblico”, e come questo non sia esclu- sivamente riferito all’interesse dello Stato. Per usare le sue parole: “Le public interest litigation civili sono attività in cui specifici organi statali, gruppi sociali e qualsiasi cittadino a cui la legge dia questo po- tere, agiscono in giudizio davanti ai tribunali popolari, nei confronti resse”), Beijing, Zhongguo jiancha chubanshe, 2002, p. 52 e ss. Su questa scuola di pensiero vedi anche 雷智仙, Lei Zhixian, op. cit., p. 322, che evidenzia come una tale definizione di “azioni nel pubblico interesse” possa essere facilmente soggetta ad abusi. 66 Ibid. Vedi anche 颜运秋: “公益诉讼法律制度研究”, 北京, 法律出版社, 2008.7, Yan Yunqiu: “Gongyi susong falü zhidu yanjiu” (Ricerca sul sistema giuridico delle “azioni nel pubblico interesse”), Beijing, Falü Chubanshe, 2008, p. 8. 67 Lu Yiyi, “Public Interest Litigation and Political Activism in China”, Inter- national Centre for Human Rights and Democratic Development, 2008, p. 11, in http://www.dd-rd.ca/site/_PDF/publications/demDev/Litigations%20China%204.pdf (visto l’ultima volta il 2/03/2010). Il caso non fu accettato dalla corte adita, ma – come vedremo – per gli “avvocati nel pubblico interesse” perdere una causa non im- plica, necessariamente, il mancato raggiungimento del proprio obiettivo: grazie alla pubblicità data al caso e alla forte pressione dell’opinione pubblica contro il pro- getto, infatti, la Municipalità di Pechino si vide ugualmente costretta a interrompere la costruzione, e ordinare la demolizione della parte già edificata. Sull’argomento vedi ancora Lu Yiyi, op. cit., p. 15. Sugli avvocati per il pubblico interesse cinesi, vedi in- fra, capitolo quinto. “Public Interest Litigation”: origine e diffusione di un modello 57

di atti che, violando leggi e/o regolamenti, danneggiano l’interesse dello stato e l’interesse pubblico sociale (compreso l’interesse di una moltitudine di soggetti indeterminati), facendo sì che i tribunali, se- condo la legge, stabiliscano la responsabilità giuridica per questi ul- timi”68.

La seconda, invece, ci sembra interessante, perché pone l’accento sul ruolo giocato dalle corti in tali azioni, definite quali: “attività in cui i tribunali, nel contesto della partecipazione delle parti e di altri partecipanti e in osservanza delle procedure legislative, por- tano avanti il giudizio ed emettono sentenza per far fronte alle vio- lazioni, in casi di violazione illecita dell’interesse statale e sociale in- tentati da gruppi o da individui69.

Una definizione che pare attribuire al giudice un ruolo attivo al- l’interno del processo, e che risulta quantomeno singolare in un con- testo come quello cinese, caratterizzato dalla tradizionale debolezza del potere giudiziario, e in cui i magistrati, lungi dall’essere indipen- denti dagli altri poteri statali, oggi più che mai sono tenuti a deci- dere le controversie secondo la linea del Partito, prima (e piuttosto) che in base alla legge70.

68 高晓楼, “民事公益诉讼制度初探”, 内蒙电大学刊, 2004年, 第1期, Gao Xiao- lou, “Minshi gongyisusong zhidu chuntan” (Prima esplorazione del sistema delle azioni nel pubblico interesse civili), Neimogu dianda xuekan, n. 1, 2004. 69 苏家成,明军: “公益诉讼制度初探”, 法律活用, 2000年, 第10期 Su Jiacheng, Ming Jun, “Gongyi susong zhidu chutan” (prima esplorazione riguardo al sistema delle azioni nel pubblico interesse), Falü huoyong, n. 10, 2002. 70 È questo, infatti, il primo dei tre principi (i cosiddetti “Tre Supremi”, 三个至上, Sangezhishang – citati per la prima volta da Hu Jintao nel dicembre del 2007) che dovrebbero guidare gli organi giudiziari (e politici) nello svolgimento delle loro man- sioni: sostegno alla causa del partito, interesse del popolo, Costituzione e leggi. Per approfondimenti sulle implicazioni di questa dottrina vedi l’articolo di Jerome A. Cohen, “Body Blow for the Judiciary”, South China Morning Post, 18 ottobre 2008. Questa dottrina, detta anche della “Trinità”, e divenuta – a partire dal marzo del 2008, in seguito all’elezione di Wang Shengjun a presidente della Corte Suprema del Popolo, oggetto di una vera e propria campagna indirizzata agli organi giudi- ziari, ha suscitato vivaci reazioni nei circoli accademici cinesi. Per approfondimenti vedi: “进一步深化“三个至上”指导思想的理论研究” (Ricerca teorica di approfondi- mento della nozione guida dei “Tre Supremi”), pubblicato su http://www.china- court.org/html/ article/200906/26/362750.shtml (visto l’ultima volta il 12 agosto 2009); per una posizione critica rispetto a questa dottrina, vedi il post recentemente pub- blicato dal professor He Weifang, dell’Università di Pechino (北京大学, Beijing daxue), sul suo blog: 贺卫方: “三位不一体论” He Wei Fang: “San wei bu yiti lun”, (Tre entità, non una trinità), su http://blog.sina.com.cn /s/blog_488663200100emaw.html 58 Capitolo II d) la scuola delle “azioni nel pubblico interesse”come “azioni sociali” La quarta delle scuole elencate nel report pubblicato dal China Labour Bullettin71 attribuisce alle “azioni nel pubblico interesse” un valore sociale, e ritiene che obiettivo di queste azioni, al di là degli aspetti giuridici, debba essere, in primo luogo, il mettere in luce e correggere le ingiustizie e le disparità sociali, attraverso la tutela for- nita ai soggetti più svantaggiati72. Nei testi di dottrina finora da me esaminati non si trova traccia di definizioni che possano essere ricondotte a questa corrente di pen- siero, in cui è piuttosto chiara l’influenza della Public Interest Law americana; al contrario, l’attività di molte ONG cinesi, e in partico- lare dei centri di legal aid73 indipendenti, sembra ispirata a tale modo di intendere il significato di gongyi susong74. Approfondiremo l’argomento quando analizzeremo nel dettaglio il lavoro, e le dichiarazioni, di alcuni “avvocati nel pubblico interesse” cinesi75. f) la scuola delle “azioni nel pubblico interesse” come “qualsiasi azione che protegga l’interesse pubblico o dello Stato” Si tratta della scuola che adotta l’interpretazione apparentemente più ampia di gongyi susong, qui definite, molto succintamente, come “cause intentate per la difesa dell’interesse statale e sociale”. All’estrema vaghezza riguardo all’oggetto di queste controversie, però, si accompagna in genere, negli autori riconducibili alla corrente in esame, una rigidissima limitazione rispetto ai soggetti cui, in que- sti casi, può essere concesso il diritto di azione. Dal momento, infatti, che è in gioco la protezione dell’interesse pubblico, e che questa protezione è affidata, dalla Costituzione e dalle leggi della Repubblica Popolare Cinese, a un organo statale speci- fico76, essi ritengono che, ad agire in veste di attori:

(visto l’ultima volta il 10/08/2009). Sull’argomento, vedi più approfonditamente in- fra, capitolo quarto, paragrafo 3.3. 71 Vedi nota precedente. 72 «Public Interest Litigation in China: a New Force for Social Justice», cit., pa- ragrafo 4. 73 Data la difficoltà nel rendere l’espressione “legal aid” in italiano, senza alte- rarne il significato, si è optato per lasciarla in inglese nel testo. 74 Ad esempio, sembra questa l’interpretazione di “azioni nel pubblico interesse” sposata dall’Ufficio di Legal Aid di Pechino per i lavoratori migranti. Sull’argomento, vedi infra, capitolo quinto, paragrafo 3.2. 75 Vedi nota precedente. 76 Questo è quanto affermato dagli autori cinesi, anche se, in realtà, le norme ci- tate non elencano, specificamente, tra le funzioni della procura, la tutela dell’inte- “Public Interest Litigation”: origine e diffusione di un modello 59

“[…] possano essere solo organi statali; per quanto riguarda il nostro Paese [la RPC, n.d.A.] solo la Procura del Popolo, cioè solo la Pro- cura, in rappresentanza dell’interesse statale, può intentare l’azione”77.

Si tratta di una tesi che ha, attualmente, molto seguito in Cina, soprattutto – ma non solo78 – all’interno degli apparati governativi, resse pubblico. La Costituzione definisce, piuttosto, le procure come “organi statali di supervisione della legalità” (Costituzione, articolo 129) mentre l’altra norma soli- tamente richiamata, la Legge Organica delle Procure del Popolo (中华人民共和国人民检察院组织法, Zhonghua renmin gonghe jianchayuan zuzhifa, del 2 settembre 1983) affida alle Procure il mantenimento dell’ordine pubblico, la protezione della proprietà pubblica e privata, dei diritti personali, democratici e “di altro genere” dei cittadini, e il compito di assicurare un progresso senza intoppi della modernizzazione socialista (Legge Organica, art. 4, comma 1). Si noti poi come le stesse norme prevedano il dovere da parte delle procure di “educare, attraverso la loro opera, il cittadino alla fedeltà alla madrepatria socialista, a osservare consape- volmente la Costituzione e le leggi e a combattere attivamente contro le attività il- lecite” (art. 4, comma 2), e di “proteggere il diritto dei cittadini di ricorrere contro ufficiali statali che infrangano la legge”, oltre a quello di “investigare circa le re- sponsabilità giuridiche delle persone che violano i diritti personali, democratici o di altro tipo dei cittadini” (articolo 6). In alcuni casi specifici, comunque, il potere della procura di agire, anche in ambito civile, per la tutela del pubblico interesse è espli- citamente previsto dalla legge. Si veda, ad esempio, l’articolo 77 della Legge di pro- cedura penale (中华人民共和国刑事诉讼法, Zhonghua renmin gongheguo xingshi su- songfa), che autorizza la Procura, quando un reato abbia causato perdite allo Stato o alla proprietà collettiva, a portare avanti un’azione civile incidentale, contestuale all’azione penale. Vedi articolo 77 Legge di procedura penale, comma 2. Per una sin- tesi (in cinese) riguardo al ruolo rivestito dalla Procura nella difesa del pubblico in- teresse all’interno delle cause civili, dagli ultimi anni della Dinastia Qing fino ai giorni nostri, si veda: 徐卉, “同向社会正义之路。公益诉讼理论研究”, 北京,法律出版社, 2009年, Xu Hui, “Tongxiang shehui zhengyi zhi lu. Gongyi susong lilun yanjiu” (Verso una giustizia sociale. Studio teorico delle azioni nel pubblico interesse), Beijing, Falü chubanshe, 2009, p. 186 e ss. Sull’argomento, vedi anche infra, capitolo quarto, paragrafo 2.2. 77 Si veda, in proposito, 马守敏: “公益诉讼亟待开放”, 人民 法院 报, 2001年 6月15日, b1 版, Ma Shoumin: “Gongyi susong jidai kaifang”, (L’urgente apertura alle “azioni nel pubblico interesse”), Renmin fayuan bao, 15 giugno 2001, edizione B1, citato da 颜运秋, Yan Yunqiu, op. cit., p. 8. Su questa scuola di pensiero, vedi 雷智仙, Lei Zhixian, op. cit., ibid. 78 Ad esempio, il Comitato Centrale del Comitato Rivoluzionario del Guomin- dang cinese (中国国民党革命委员会中央委员会, Zhongguo Guomindang Geming Weiyuanhui Zhongyang Weiyuanhui), ha avanzato, nell’aprile 2009, la proposta di emendare la Legge di Procedura civile attribuendo alla Procura del Popolo il mo- nopolio dell’azione nelle “azioni nel pubblico interesse” civili. La notizia, ripresa da Caijing, è riportata su http://www.competitionlaw.cn/show.aspx?id=4652&cid=14 (vi- sto l’ultima volta il 7/04/2010). Sull’argomento si veda anche il seguente articolo, sempre pubblicato da Caijing, che riporta le posizioni di alcuni dei giuristi incari- cati dell’emendamento del Codice di Procedura Civile: 叶逗逗, “已出现不少公 民以个人名义提起的“公益诉讼”,但由于无法可依,法院往往以提起公益诉讼的主 60 Capitolo II ed è guardata con grande preoccupazione dai gongyi lüshi; quegli stessi gongyi lüshi che pure, in una prima fase, si sono ispirati pro- prio alle azioni civili in difesa del pubblico interesse intentate, in via sperimentale, da alcune Procure del Popolo nella seconda metà degli anni ’9079. È, infatti, del tutto evidente che, se mai tale tesi dovesse essere re- cepita all’interno della legislazione cinese, e il monopolio delle public interest litigation essere, infine, attribuito alle Procure, non sarebbe solo l’opera – e l’esistenza – degli “avvocati per il pubblico interesse” a divenire superflua: una siffatta operazione finirebbe con lo “steri- lizzare” le stesse gongyi susong, trasformando quello che, oggi, rap- presenta (almeno in potenza) un innovativo strumento di partecipa- zione della società civile alle scelte che la riguardano, nell’ennesimo mezzo di controllo nelle mani del governo. Per ora, comunque, quella sopra riportata non è altro che una delle (tante) definizioni attribuite, all’interno della Repubblica Popo- lare, alle “azioni nel pubblico interesse”; “cause di nuovo tipo”80 nel senso più letterale del termine, in quel contesto, perché allo stesso tempo introdotte di recente, e fondamentalmente estranee alla cultura giuridica cinese. Ma come sono arrivate, in Cina, le “azioni nel pubblico interesse”?

体不适格拒绝受理”, Ye Doudou, “Yi chuxian bu shao gongmin yi ge ren mingi tiqi de “gongyi susong”, dan youyu wufa keyi, fayuan wangwang yi tiqi gongyi su- song de zhuti bushi ge jujue shouli” (molti cittadini hanno già presentato “gongyi susong”, tuttavia, poiché manca una base legislativa, i tribunali non accettano il caso per non aderenza allo standard dei soggetti che propongono l’azione)”, disponibile su http://www.caijing.com.cn/2008-10-15/110020480.html (visto l’ultima volta il 7/04/2010). La discussione sull’argomento non è nuova: già durante la redazione della Legge di procedura civile, nel 1982, era stata avanzata la proposta di attribuire alle procure il diritto di azione ed estesi poteri di intervento nei casi civili, quando fossero in gioco importanti interessi dello Stato o della popolazione. Tale proposta, recepita dalla sesta bozza di redazione, non era poi stata inserita nella versione de- finitiva della legge, e – nonostante l’impegno di alcuni dei redattori – neppure nei successivi emendamenti. Ancora oggi, non esiste alcuna norma, in Cina, che regoli le azioni nel pubblico interesse. Sull’argomento, vedi più in dettaglio 颜运求, 公益诉讼法律制度研究”, 北京,法律出版社, 2008.7, Yan Yunqiu, “Gongyi susong falü zhidu yanjiu” (Ricerca sul sistema giuridico delle “azioni nel pubblico inte- resse”), citato, p. 54. Sull’argomento, vedi più diffusamente infra, capitolo quarto, paragrafo 2.2. 79 Titi Liu, “Transmission of Public Interest Law: A Case Study”, citato, p. 286. Sulle azioni in difesa del pubblico interesse intentate dalle Procure del popolo a par- tire dagli anni ’90 vedi infra , capitolo terzo, paragrafo 1, e – più diffusamente – ca- pitolo quarto, paragrafo 2.2. 80 Vedi supra, in questo capitolo, paragrafo 2.1. “Public Interest Litigation”: origine e diffusione di un modello 61

E quali sono, dal punto di vista tecnico, gli elementi che caratteriz- zano il modello da cui le gongyi susong traggono ispirazione? Per comprenderlo è necessario fare nuovamente un passo indie- tro, e tornare per un attimo al luogo – e al momento – in cui que- sto istituto ha avuto origine: non l’antica Roma, con buona pace dei giuristi cinesi, ma – più realisticamente – gli Stati Uniti del secondo dopoguerra.

3. Origini, caratteristiche e globalizzazione della Public Interest Law Le origini della concezione classica di Public Interest Law – e il modello tradizionale di public interest litigation – vengono fatte risa- lire in modo unanime dagli autori (occidentali) agli Stati Uniti degli anni ’60 e ’7081. Nonostante, infatti – come riconoscono molti studiosi – la storia americana sia costellata da tentativi, più o meno isolati, di garantire un’adeguata tutela giuridica alle fasce più deboli e disagiate della po- polazione82, non è possibile parlare di una vera e propria “public in- terest practice” fino al decennio in questione, quando – in seguito al successo ottenuto da alcuni avvocati liberal nell’utilizzare le corti come

81 Vedi Nan Aron, op. cit., p. 11; Scott L. Cummings e Louise Trubek: “Glo- balizing Public Interest Law”, cit., p. 9; Louise G. Trubek, “Crossing Boundaries: Legal Education and the Challenge of the “New Public Interest Law”, 2005 Wis. L. Rev. 455, p. 458. 82 Nan Aron e Louise Trubek, nelle opere citate, elencano, ad esempio, quali precursori della public interest law negli Stati Uniti il legal aid movement sviluppa- tosi nella seconda metà del XIX secolo, l’attivismo civile dell’American Civil Liber- ties Union (ACLU) dei primi del ’900, e – infine – l’opera dei riformatori della co- siddetta “Età del Progresso”, tra cui spicca il giudice Brandeis. In particolare, ri- guardo a quest’ultimo, notiamo come il suo richiamo agli avvocati, perché ricono- scessero gli obblighi sociali connessi al loro status di membri dell’elite economico- sociale, cessando di agire come meri “adjuncts of great corporation” e usando, in- vece, il loro poteri “for the protection of the people”, venga spesso ricordato, negli studi dedicati alle azioni nel pubblico interesse. Vedi Nan Aron, op. cit., p. 6 e ss, e Louise Trubek, op.cit., p. 458; Edwin Rekosh, “Who defines the Public Interest”, citato, p. 3 e 4; 朱有彬曾国栋: “论律师参与公益诉讼, 法学, 2006 年, 第1 期 Zhu Youbin, Ceng Guodong, “Lun falü canyu gongyi susong” (Sulla partecipazione degli avvocati alle “azioni nel pubblico interesse”), Faxue, n. 1, 2006, p. 151; 徐卉, “公益法与公益诉讼”, 公益诉讼, 2003 年7 月创刊号, Xu Hui, “Gongyifa yu gongyi susong” (Public Interest Law e “azioni nel pubblico interesse”), Gongyi susong, lu- glio 2003; sull’argomento, vedi anche supra, in questo capitolo. Per maggiori detta- gli sull’opera del giudice Brandeis, vedi, in generale, Alpheus Mason, “Brandeis: A Free Man Life”, New York, Viking, 1946; sul pensiero di Brandeis riguardo al ruolo degli avvocati, vedi Louis Brandeis, “The Opportunity in Law”, American Law Review 39 (1905). 62 Capitolo II leva di cambiamento politico, in particolare a vantaggio degli afro- americani83 – si assistette all’emergere di un nuovo stile di avvoca- tura, che vedeva nelle corti uno strumento di cambiamento sociale, e nel diritto un mezzo per promuovere e difendere gli interessi di gruppi fino a quel momento esclusi84 (o non sufficientemente rap- presentati) nel processo politico-decisionale; un nuovo “settore” di pratica giuridica destinato ad attrarre, in modo crescente, fondi e ri- sorse umane85, e a determinare, in quegli anni: “a great proliferation of public interest law activity”86.

A fungere da esempio e da propulsore in questa azione fu, come sopra accennato, la campagna contro la segregazione razziale nelle scuole svolta, a partire dal 1939, dalla National Association for the Advancement of Colored People Legal Defense (NAACP/LD)87. Vale la pena soffermarsi sulla struttura, e le strategie, utilizzate dalla NAACP/LDF in questa fase, perché esse costituiscono, ancora oggi, il modello seguito, in una forma o nell’altra, da chiunque si oc- cupi di Public Interest Law nel mondo88, indipendentemente dal si- stema giuridico in cui si trova ad operare.

83 Scott L. Cummings e Louise Trubek, “Globalizing Public Interest Law”, cit., ibid. 84 Sui differenti paradigmi a cui, storicamente, è stato ricondotto il significato della parola “esclusione” quando riferita a gruppi di interessi, e sulle implicazioni economiche, politiche e sociali di questi paradigmi, vedi Hilary Silver, “Social Ex- clusion and Social Solidarity: Three Paradigms”, International Labour Review, Vol. 133, 1994/5-6, disponibile su http://www.socialinclusion.org.np/index/files/Social_Ex- clusion_and_Solidarity_by_Hillary_SILVER.pdf (visto l’ultima volta il 21/05/09). 85 Ibid., Sull’argomento, vedi anche, in generale, Nan Aron, op. cit., p. 11 e ss, e Helen Hershkoff, op. cit., p. 13, che notano, a titolo di esempio, come a par- tire dagli anni ’60 una serie di fondazioni abbiano cominciato a investire i propri fondi nella creazione di organizzazioni aventi come obiettivo la riforma del sistema attraverso la legge; il governo federale abbia fondato un’agenzia governativa, la Le- gal Service Corporation, per sostenere gli avvocati che offrivano i loro servizi alle persone disagiate; siano stati intrapresi, con il sostegno di alcune fondazioni, in par- ticolare la Fondazione Ford, programmi di istruzione innovativi, tra cui la creazione delle “law clinic” all’interno delle università, con l’obiettivo di formare una nuova generazione di public interest lawyers; alcuni studi legali privati abbiano iniziato a seguire alcune cause gratuitamente (pro-bono), mentre l’emanazione di norme che attribuivano, al soccombente, l’onere del pagamento delle spese legali in casi speci- fici riguardanti la Public Interest Law incentivava avvocati (privati, o appartenenti a studi legali not-for-profit) ad assumere la difesa in tali situazioni; lo stesso governo federale abbia contribuito allo sviluppo della public interest law, intentando diretta- mente causa, o comparendo come amicus curiae in controversie private. 86 Nan Aron, op. cit., ibid. 87 Nan Aron, op. cit., p. 9. 88 Ibid. “Public Interest Litigation”: origine e diffusione di un modello 63

In primo luogo, l’organizzazione si avvaleva di uno staff di av- vocati altamente specializzati, piuttosto che di volontari o di consu- lenti reclutati di volta in volta; non forniva semplice assistenza legale agli indigenti, ma selezionava i casi di cui occuparsi, privilegiando quelli in in cui fossero in gioco interessi che andavano oltre quelli delle parti direttamente coinvolte; rifiutava ogni atteggiamento pas- sivo, concentrato sulla mera difesa delle posizioni dei clienti in que- stione, impegnandosi, invece, attivamente per conseguire il risultato finale, attraverso una strategia che vedeva nelle corti lo strumento principale – ma non l’unico – per modificare l’atteggiamento delle istituzioni politiche e sociali nei confronti delle minoranze; attingeva, dal punto di vista finanziario, all’ampio bacino costituito dalle dona- zioni dei propri membri, cittadini sensibili alle problematiche razziali che, da ogni parte del Paese, versavano somme – spesso anche mo- deste – a favore della causa; preferiva concentrare le proprie energie, piuttosto che su pochi casi clamorosi, su molti piccoli casi, ritenendo questi ultimi più adatti a creare – attraverso una “escalation” di vit- torie ripetute – un clima giuridico favorevole, capace di condizionare l’opinione pubblica e di trasformare i successi giudiziari in cambia- menti di politica pubblica; amplificava la portata dei risultati raggiunti attraverso l’opera di una rete di avvocati privati, che volontariamente si occupavano di monitorare le ricadute, in termini di benefici effet- tivi, dei diritti riconosciuti in corte89. Ritroveremo molti di questi elementi quando esamineremo nel det- taglio l’attività degli “avvocati nel pubblico interesse” cinesi. Per ora, notiamo come, nel suo momento “classico”, la Public In- terest Law sia rimasta un progetto interno americano, mantenendo questa caratteristica per tutto il periodo della Guerra Fredda90.

89 Ibid. 90 In realtà, alcuni autori evidenziano come, prima della sentenza Brown vs. Board of Education, del 1954 si fossero registrati, da parte degli attivisti statunitensi, di- versi tentativi di internazionalizzare la lotta per la difesa dei diritti civili. Un esem- pio di internazionalizzazione della questione è costituito, ad esempio, dalla petizione, presentata alla fine degli anni ’40, alla appena formata Commissione per i Diritti Umani dell’ONU dallo stesso NASCP, per denunciare la pratica discriminatoria messa in atto negli Stati Uniti a danno dei cittadini di colore. Vedi W.E.B. Dubois, “Three Centuries of Discrimination”, 54 The Crisis 362, (1947), p. 380 e, più in ge- nerale, Carol Anderson, “Eyes Off the Prize: The United Nations and the Ameri- can Struggle for Human Rights, 1944-1945, Cambridge, Cambridge University Press, 2003. Allo stesso modo, ma seguendo una differente strategia, tra gli anni ’40 e i primi anni ’50 diversi avvocati – appartenenti al NAACP, alla American Civil Li- berties Union e ad altri gruppi – avevano cercato di attirare l’attenzione internazio- nale sulle discriminazioni, inserendo reclami relativi ai diritti umani all’interno di azioni civili. Vedi Bert B. Lockwood, Jr., “The Unite Nations Charter and Uni- 64 Capitolo II

Si tratta di un aspetto che differenzia tale movimento dagli altri due filoni di attivismo giuridico emersi in quegli anni, il movimento di Law and Development e quello di Human Rights; filoni che pure, con la Public Interest Law, condividevano la fede nella legge come strumento per cambiare la società e che, proprio per tale ragione, sono stati, insieme ad essa, associati alla dottrina del cosiddetto “li- beralismo giuridico” americano91. Sarà solo alla fine degli anni ’80, come vedremo tra poco, che i confini tra queste discipline cominceranno a cadere, portando a quella che è stata definita la “globalizzazione” della Public Interest Law92, e alla diffusione, a livello mondiale, delle public interest litigation. In questa fase, al contrario, l’azione di public interest lawyers – considerato prodotto, ed espressione, dell’”eccezionalità americana”93 resta circoscritta all’interno dei confini statunitensi. Le ragioni di ciò sono piuttosto evidenti. Se, infatti, già la strut- tura e le tattiche che abbiamo visto essere utilizzate dalla NAACP (e dalle altre organizzazioni sorte a imitazione di essa) apparivano di difficile esportazione, perché basate su presupposti – quali, ad esem- pio, l’indipendenza del sistema giudiziario o, più banalmente, l’esi- stenza di norme a tutela dei diritti – spesso assenti nei Paesi in via di modernizzazione (concentrati sullo sviluppo economico), e in quelli ted Nations Civil Rights Litigation: 1946-1955”, 69 Iowa L. Rev. 901, (1983-1984), p. 931 e ss.; Michael J. Perry, “The Constitution, The Courts, and Human Ri- ghts: An Inquiry into the Legitimacy of Constitutional Policymaking by the Judi- ciary, New Haven, Yale University Press, 1982; Paul Sayre, “Shelley v. Kraemer and United Nation Law”, 34 Iowa L. Rev. (1948), citati da Cummings e Trubek, op. cit., p. 10, che ibid. notano come questo tipo di approccio fosse destinato a ter- minare nel corso degli anni ’50, in parte per la paura, da parte degli attivisti, di es- sere bollati come “comunisti”, e in parte per il mutato clima politico-sociale interno, divenuto (come testimoniato da Brown) più ricettivo rispetto alle cause sociali; un cambiamento, quest’ultimo, determinato anche da esigenze di politica estera, dal mo- mento che il “Jim Crow” americano costituiva, in quegli anni, uno dei punti di forza della critica sovietica agli Stati Uniti. Vedi, ancora, Mary L. Duziak, “Cold War Ci- vil Rights: Race and the Image of American Democracy”, Princeton, Princeton Uni- versity Press (2000) e Scott L. Cummings: “The Internationalization of Public In- terest Law”, p. 901. 91 Sull’argomento, si veda il noto articolo di David Trubek e Marc Galanter: “Scholars in Self-Estrangement: Some Reflections on the Crisis of Law and Deve- lopment Studies in the United States”, 1974 Wis. L. Rev. 1062, p. 1070 e ss. e, in generale, Laura Kalman, “The Strange Career of Legal Liberalism”, New Haven, Yale University Press, 1996. 92 Si veda, in proposito, l’articolo di Scott Cummings e Louise Trubek, intito- lato, appunto “Globalizing Public Interest Law”, cui si è fatto ampio riferimento in questa parte del mio lavoro. 93 Scott L. Cummings e Louise Trubek: “Globalizing Public Interest Law”, cit., p. 9. “Public Interest Litigation”: origine e diffusione di un modello 65 sotto regimi autoritari (dove gli appelli alla legalità erano espressi in termini di diritti umani, e miravano principalmente a creare pressioni internazionali al fine di stimolare cambiamenti interni)94, pensare di impiegare, fuori dagli Stati Uniti, lo strumento più innovativo, ed ef- ficace utilizzato dai public interest lawyers dell’epoca – le public in- terest litigation – era semplicemente fuori discussione. Ma in cosa consiste il modello classico di public interest litigation? E quali aspetti tecnici differenziavano queste azioni da quelle “co- muni”, intentate nell’interesse privato?

3.1. Il modello classico di public interest litigation Data l’influenza esercitata dall’azione della NAACP sul movi- mento della public interest law, non sorprende che, ad essere consi- derata simbolo, e paradigma, delle “public interest litigation” sia pro- prio il famoso caso “Brown vs. Board of Education of Topeka” del 195495. Tale caso – con il quale, com’è noto, la Corte Suprema degli Stati Uniti doveva dichiarare incostituzionale la segregazione scolastica de- gli studenti di colore, rovesciando la dottrina “separate-but-equal” stabilita, nel 1896, da Plessy vs. Ferguson96 – non solo, infatti, rap- presentò una fondamentale vittoria per il movimento anti-discrimi- nazione, dando avvio alla catena di decisioni che avrebbero finalmente tolto ogni base giuridica alla segregazione razziale nel godimento dei servizi pubblici97; Brown costituì anche un modello di riferimento dal punto di vista tecnico-giuridico, essendo ad esso riconducibili tutta una serie di elementi processuali che, da allora in poi, dovevano es- sere ritenuti tratto distintivo delle public interest litigation, almeno nella loro forma “classica”98. A differenziare Brown dal modello tradizionale di controversia

94 Ibid., p. 8. 95 347 U.S. 483 (1954). Sull’argomento, vedi, tra gli altri: Helen Hershkoff: “Public Interest Litigation: Selected Issues and Examples”, disponibile su http://www1.world bank.org/publicsector/legal/PublicInterestLitigation.doc, p. 4 e ss.; Scott L. Cummings, “The Intenationalization of Public Interest Law”, 57 Duke L. J. 891, p. 900 e ss. Nan Aron, op. cit., p. 9. Peter Schuck, “Public Law Litigation and Social Reform”, 102 Yale L. J. 1763 (che nota come questa sentenza sia cele- brata “by its supporters and detractors alike as the fountainhead of the civil rights movement and as a mileston of Equal Protection jurisprudence”); Jeremy Cooper e Rajeev Dhavan, “Public Interest Law”, Oxford, New York, Basil Blackwell, 1986, p. 18 e ss. 96 163 U.S. 537. 97 Nan Aron, op. cit., p. 9. 98 Helen Hershkoff, op. cit., pp. 4 e 5 66 Capitolo II

“privata” – controversia attraverso le quale alcuni soggetti (di solito due) si contrappongono per la difesa dei propri interessi personali, e in cui il rimedio concesso dalla corte, vincolante solo per essi, è stret- tamente collegato al diritto violato – non era tanto la natura dei con- tendenti (ricordiamo: una pubblica istituzione in qualità di conve- nuto, e un gruppo di persone, i cui membri potevano variare nel tempo, in veste di attore) ma il tipo di ristoro che si mirava ottenere, e il diverso ruolo attribuito al giudice: giudice che cessava di essere l’arbitro neutrale di un procedimento condotto – e controllato – dalle parti, per divenire il vero protagonista dell’azione; a cui non veniva tanto chiesto di ripristinare una situazione passata, attraverso un ri- medio definito, appunto, “retrospective”, quanto di concedere un ri- medio “prospective”, volto a riformare la futura azione degli agenti governativi, e destinato ad avere effetti su soggetti diversi dalle parti stesse99. Sono, come dicevamo, appunto queste le caratteristiche che, una ventina di anni più tardi, nell’articolo in cui, per la prima volta ap- pare l’espressione public interest litigation100, Abram Chayes doveva indicare come tipiche di tale tipologia di azioni101, e che rendevano il processo ad esse relativo:

99 Ibid. 100 Vedi supra, in questo capitolo, paragrafo 2.1. 101 Le caratteristiche salienti di queste azioni sono sintetizzate, da Chayes, in 8 punti, e in particolare: 1) l’ambito della controversia non veniva stabilito dall’esterno, ma plasmato, co- struito insieme, dalle parti e dal giudice; 2) la struttura non era rigidamente bilaterale, ma disordinata e amorfa; 3) l’indagine sui fatti non era di tipo storico, come caratteristico dei procedi- menti giudiziario, ma orientata al futuro, secondo com’è tipico processo le- gislativo; 4) Il rimedio non veniva concepito come risarcimento per un danno subito nel passato, logica conseguenza della responsabilità di una parte e con impatto solo sulle parti, ma era (ancora) orientato al futuro, costruito ad hoc sulla base di principi ampi e flessibili, e aveva spesso ricadute su una pluralità di sog- getti, anche se non partecipanti al processo; 5) Il rimedio non veniva imposto dal giudice, ma negoziato con le parti; 6) Il coinvolgimento del giudice nella questione non terminava con l’emanazione dell’atto giudiziale, essendo quest’ultimo strutturato in modo da richiedere il continuo monitoraggio da parte della corte. 7) Il giudice cessava di essere l’arbitro neutrale di un procedimento condotto – e controllato – dalle parti, per divenire il vero protagonista dell’azione (vedi supra, Brown) 8) Non si tratta di controversie tra individui privati, riguardo a diritti privati, ma di cause che mettono in discussione le politiche pubbliche. Vedi Abram Chayes, op. cit., p. 1303. “Public Interest Litigation”: origine e diffusione di un modello 67

“recognizable as a lawsuit only because it takes place in a courtroom before an official called a judge”102, nonostante, sempre secondo Chayes103, al loro interno entrassero in gioco alcuni dei meccanismi processuali storicamente utilizzati nella giurisdizione di equity104. Non è il caso di dilungarsi oltre sui dettagli di questo modello; un modello, come notavamo poco sopra, decisamente “culture-speci- fic”, frutto di momento storico e politico particolare, che basava la sua efficacia sulla presenza di un apparato giudiziario non solo indi- pendente, ma anche costituito da giudici attivisti e di orientamento liberal, e che l’allargamento dell’ambito di azione dei public interest lawyers a settori quali il diritto ambientale e quello dei consumatori avrebbe assoggettato sempre di più al potere – e al fato – di agenzie federali create ad hoc, come la Environmental Protection Agency e la Food and Drug Administration105. Il cambiamento di clima politico avvenuto a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 del XX secolo – conseguenza (o causa) dell’ascesa di Ro- nald Reagan alla Casa Bianca106 – doveva portare al venir meno di molti dei presupposti su cui si reggeva la Public Interest Law, de- terminandone la crisi107. Furono, tuttavia, proprio questo cambiamento, e questa crisi, a creare le condizioni per la diffusione globale di tale movimento, e la sua recezione all’interno di sistemi giuridici completamente differenti da quello in cui era sorto.

102 Abram Chayes, op. cit., p. 1304. 103 Ma contra, vedi Charles F. Sabel e William H. Simon, “Destabilization Rights: How Public Law Litigation Succeeds”, 117 Harv. L. Rev. 1015, February 2004, p. 1020, i quali, basandosi sulla nozione di “destabilization rights” (intesi come: “claims to ensettle and open up public institutions that have chronically failed to meet their obligations and that are substantially insulated from the normal processes of po- litical accountability”) notano che, invece, esisterebbe una importante continuità tra “public law litigation” e “common law”. 104 Ibid. 105 Louise Trubek, op. cit., pp. 458-459, che ricorda come “the original model of classic public interest law rested on four pillars: 1) reliance on single agency ad- vocacy and activist judiciary;2) use of the state to control the market 3) exclusive fo- cus on Us and 4) dependence on professional expertise”. 106 Sugli effetti della presidenza Reagan sulla Public Interst Law vedi Nan Aron, op. cit., p. 14 e ss.; sulle nuove strategie elaborate dai public interest lawyers statu- nitensi per reagire a questi cambiamenti vedi Louise Trubek, op. cit.; p. 460 e ss. 107 Crisi a cui contribuirono certamente, oltre al cambiamento politico di cui so- pra, le critiche degli accademici liberal riguardo all’operato dei public interest lawyers. Sull’argomento vedi Scott L. Cummings e Louise Trubek: “Globalizing Public In- terest Law”, cit., p. 14 e ss., e infra, paragrafo seguente, in fine. 68 Capitolo II

Prima di vedere in che modo, dedichiamo qualche riga alle altre due correnti del liberal legalism americano: il movimento di Law and Development e quello di Human Rights. Sarà, infatti, come abbiamo avuto modo di notare poco sopra, gra- zie alla convergenza tra questi ultimi e la Public Interest Law che le public interest litigation faranno il loro ingresso in Cina.

3.2. Law and Development e Human Rights: il volto internazionale del liberal legalism americano nel secondo dopoguerra Mentre, come abbiamo visto, la Public Interest Law leggeva il po- stulato di base del liberal legalism – il potere del diritto di cambiare la società – riferendolo esclusivamente al contesto interno americano, come possibilità di produrre cambiamenti politici attraverso l’appli- cazione delle norme esistenti, il movimento di Law and Develop- ment, emerso durante la Guerra Fredda, applicava lo stesso concetto al di fuori dei confini degli Stati Uniti, e vedeva, nel diritto (statuni- tense) il mezzo per promuovere la modernizzazione dei Paesi in Via di Sviluppo108, contribuendo, allo stesso tempo, ad estendere l’area di influenza politica degli USA109. Secondo i sostenitori di questo movimento – tra i quali spiccano la U.S. Agency of International Development (USAID) e la Ford Foundation110 solo cambiando le regole giuridiche si sarebbe potuta avere, in quei Paesi, una reale crescita economica, attraverso una riforma del sistema volta ad aumentare il controllo dello Stato sul mercato, e ad attuare un programma di sostegno e protezione del- l’industria interna noto come “import substitution industrialization”111. Prima di realizzare tale riforma era, però, necessario – sempre nella visione dei promotori di Law and Development – modificare la “cul-

108 David M. Trubek e Alvaro Santos, “ Introduction: The Third Movement in Law and Development Theory and the Emergence of a New Critical Practice” in David M. Trubek & Alvaro Santos (eds.): The New Law and Economic De- velopment: A Critical Appraisal, 2006, p. 2. 109 Scott L. Cummings e Louise Trubek: “Globalizing Public Interest Law”, cit., p. 10. 110 Si noti che sarà proprio la Ford Foundation, nel 1966, a finanziare, con un investimento di ben tre milioni di dollari, la creazione dell’International Legal Cen- ter di New York, centro creato appunto per fornire assistenza giuridica ai Paesi in Via di Sviluppo. Per maggiori dettagli vedi Hugo Frühling, “From Dictatorship to Democracy: Law and Social Change in the Andean Region and the Southern Cone of SouthAmerica”, in Mary McClymont & Stephen Golub (eds.), “Many Roads to Justice: The Law Related Work of Ford Foundation Grantees Around the World”, The Ford Foundation , 2000, pp. 55-56. 111 David M. Trubek e Marc Galanter, op. cit., p. 1062 “Public Interest Litigation”: origine e diffusione di un modello 69 tura giuridica” dei Paesi poveri, concepita come qualcosa di indipen- dente, separato e impermeabile al contesto politico-sociale in cui si trovava inserita112, e che pertanto poteva – secondo il celebre motto “one size fits all” – essere sostituita senza problemi da quella ameri- cana, ritenuta la più adatta a fornire, agli ufficiali governativi stranieri, gli strumenti giuridici necessari a riorganizzare il sistema economico, e sostenere lo sviluppo. La modernizzazione delle regole economiche, in questa fase, aveva la priorità sulle istanze di democratizzazione: si pensava, infatti, che sarebbe stata proprio lo sviluppo economico, con il tempo, a fungere da volano per la crescita, anche nei Paesi sottosviluppati, dei valori democratici, e ad assicurare il rispetto per il diritti individuali. Dal momento, poi, che, come dicevamo poco sopra, la Law and Development si proponeva di trasformare, in primo luogo, la cultura (o la mentalità) giuridica degli Stati oggetto del programma di svi- luppo, il settore su cui maggiormente tale movimento indirizzò i pro- pri sforzi fu la riforma dell’insegnamento del diritto113. Il modello didattico giudicato più appropriato fu, ancora una volta, quello seguito nelle Law School statunitensi. Ai professori americani di diritto venne dunque affidato il compito chiave di diffondere il “case-method” nei Paesi in Via di Sviluppo114, mentre la fondazione Ford prese a finanziare – all’interno degli importanti progetti di Law and Developmen lanciati, negli anni ’60, in Asia, Africa e America Latina115– borse di studio per permettere agli studenti e ai docenti di queste regioni di frequentare le più prestigiose università americane116. Notiamo qui, brevemente, che quando la Public Interest Law uscirà dai confini degli Stati Uniti sarà questo il modello utilizzato – e l’at- tenzione dedicata – alla formazione dei public interest lawyers nel mondo. In particolare, per quanto riguarda la Repubblica Popolare,

112 Si noti, in proposito, la definizione di “cultura giuridica” fornita da Lawrence Friedman nel 1964: “Legal culture is the term we apply to those values and attitu- des in society which determine what structure are used and why; which rules work and which do not, and why”. Lawrence M. Friedman, “Legal Culture and Social Development”, in “Law and Behavioral Science”, 1000, 1004, (1964), citato in Scott L. Cummings e Louise Trubek, op. cit., nota 29. 113 Scott L. Cummings e Louise Trubek: “Globalizing Public Interest Law”, cit., p. 11. 114 Ibid. 115 David M. Trubek e Marc Galanter, op. cit., p. 1062 e ss. 116 Frühling cita, in proposito, le risorse investite in quegli anni dalla Fondazione Ford in programmi di ricerca e formazione a vantaggio dei professori di diritto ci- leni, colombiani e peruviani. Sull’argomento, vedi Hugo Frühling, op. cit., p. 56. 70 Capitolo II ciò avverrà attraverso la fondazione di law clinic all’interno delle prin- cipali università del Paese117. È ancora presto, però, per parlare della Cina. In questa fase, in- fatti, com’è noto, la RCP – allora nel pieno della Rivoluzione Cul- turale – rimase, per ovvie ragioni politiche, del tutto estranea al flusso di idee (e di capitali) provenienti dagli USA. Nella seconda metà degli anni ’70, comunque – proprio in con- comitanza con i primi passi mossi dalla RPC nell’arena internazio- nale – la fiducia nella legge come motore per la crescita economica sottesa alla politica di sviluppo proposta da Law and Development avrebbe cominciato ad incrinarsi, sotto i colpi delle critiche inferte dagli stessi accademici che, fino ad allora, avevano appoggiato tale movimento, divenuti, improvvisamente, consapevoli del legal impe- rialism in esso implicito118. È qui che entra in scena il terzo dei filoni di attivismo giuridico cui ci siamo proposti di fare cenno nel presente paragrafo: come ri- cordano Scott Cummings e Louise Trubek, infatti, al declino della Law and Development doveva corrispondere l’emergere della cor- rente di Human Rights: “as a way of challenging authoritarian regimes from the outside – using the threat of international law and mobilizing the pressure of international opprobrium to force domestic change where opportuni- ties for domestic legal and political action were limited”119.

A sostenere l’ascesa di questa corrente – nata, com’è noto, nel se- condo dopoguerra, e plasmata dalla lotta degli USA contro l’Unione Sovietica120 fu, ancora una volta, la fondazione Ford. Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 del XX secolo la Ford Foundation divenne, infatti, il primo finanziatore del movi- mento internazionale per la difesa dei diritti umani121, aumentando i

117 Vedi infra, capitolo seguente. 118 Sulle critiche al movimento, in particolare per quanto riguarda la convinzione che il modello americano potesse, senza problemi, essere trapiantato in qualsiasi con- testo giuridico (“one size fits all”) si vedano, tra gli altri: David M. Trubek e Marc Galanter, “Scholars in Self-Estrangement: Some Reflections on the Crisis of Law and Development Studies in the United States”, 1974 Wis. L. Rev. 1062 e John H. Merryman, “Comparative Law and Social Change: On the Origins, Style, Decline & Revival of Law and Development Movement”, 25 The American Journal of Com- parative Law 457 (1977). 119 Scott L. Cummings e Louise Trubek: “Globalizing Public Interest Law”, cit., p. 12. 120 Ibid. 121 Yves Dezalay e Bryant G. Garth, “Constructing Law Out of Power: In- “Public Interest Litigation”: origine e diffusione di un modello 71 fondi destinati a tale settore122, e fornendo il suo sostegno sia alla creazione di organizzazioni operanti a livello internazionale (come il Lawyers Committee for Human Rights e l’International Human Ri- ghts Law Group123), che al rafforzamento di quelle già attive nei sin- goli Paesi (ad esempio la Vicaria de Solidaridad in Cile, o il Centro de Estudios Legales y Sociales in Argentina124), anche quando que- sto doveva porla in aperto contrasto con la politica estera USA125. La strategia utilizzata da quella che è considerata la “prima on- data” della corrente di Human Rights attingeva copiosamente dall’e- sperienza dei public interest lawyers statunitensi. Gli attivisti dei di- ritti umani si differenziavano, tuttavia, da questi ultimi per la voca- zione tipicamente transnazionale della loro opera. Era, infatti, so- prattutto attraverso l’utilizzo della stampa straniera e l’accesso alle istituzioni umanitarie internazionali che essi, inseriti in un network che comprendeva avvocati e finanziatori provenienti dai Paesi “de- mocratici”, cercavano di spingere il governo del loro Paese al cam- biamento, secondo il modello divenuto noto come “naming and sha- ming”126. Terminiamo questi brevi cenni sulle caratteristiche di Human Ri- ghts notando come, verso la fine della Guerra Fredda, tale movimento doveva essere sottoposto alle stesse critiche che, pochi anni prima,

vesting in Human Rights as an Alternative Political Strategy”, in Austin Sarat e Stuart Scheingold: “Cause Lawyering and the State in the Global Era”, Oxford, Oxford University Press, p. 360. 122 Ibid., p. 363, dove gli autori notano come gli investimenti nei confronti di organizzazioni operanti nel settore dei diritti umani da parte delle fondazioni statu- nitensi siano passati da un milione di dollari (1977) a tre milioni (1982). Sull’argo- mento, vedi anche Hugo Frühling, op. cit., p. 60 e ss. 123 Ibid. 124 Hugo Frühling, op. cit., p. 61. Sul sostegno fornito dalla Fondazione Ford alle organizzazioni umanitarie operanti a livello locale, in particolare per quanto ri- guarda il Sud Africa, l’Urss e i Paesi dell’ex blocco sovietico, vedi rispettivamente: Stephen Golub: “Battling Apartheid, Building a New South Africa”, in Mary Mc- Clymont & Stephen Golub (eds.), “Many Roads to Justice: The Law Related Work of Ford Foundation Grantees Around the World”, citato, p. 19 e ss.; Edwin Rekosh, Constructing Public Interest Law: Transnational Collaboration and Exchange in Central and Eastern Europe, 13 UCLA J. Int’l L. & Foreign Aff. 55 (2008). 125 Come nel caso del Cile. Sull’atteggiamento tenuto, in questo Paese, dalla Fon- dazione Ford, fin dall’inizio schierata con i sostenitori di Allende nonostante le pres- sioni da parte della CIA, vedi ancora Yves Dezalay e Bryant G. Garth, op. cit., p. 362. 126 Su questa strategia vedi, più in dettaglio Marta Minow, “Instituting Univer- sal Human Rights Law: The Invention of Tradition in the Twentieth Century”, in Austin Sarat, Bryant Garth & Robert A. Kagan (eds.): “Looking Back at Law’s Century”, Ithaca, New York, Cornell University Press, 2002, p. 65 e ss. 72 Capitolo II avevano colpito gli altri due filoni del Liberal Legalism americano. In particolare, essa era destinato a condividere con Law and Develop- ment le accuse di neocolonialismo e imperialismo127, mentre i rilievi relativi alla natura elitaria della protesta umanitaria (spesso portati avanti da soggetti destinati, in caso di successo, a prendere il potere, e quindi, in ultima istanza, a rafforzare il sistema, piuttosto che mo- dificarlo), e all’eccessivo peso attribuito ai diritti civili e politici, a di- scapito di quelli economici e sociali, ricordavano, molto da vicino, i dubbi sollevati rispetto all’operato dei public interest lawyers americani128. Si tratta di parallelismi che non devono trarre in inganno: essi, in- fatti, come notano Cummings e Trubek: “spoke to shared concerns about the underlying premises of liberal le- galism rather than a convergence of the movements themselves on the level of practice and ideology”.

Le separazione tra Public Interest Law, Law and Development e Human Rights non era, comunque, destinata a durare ancora per molto. Nel giro di pochi anni si sarebbe assistito al crollo del Muro di Berlino; con esso, dovevano venir meno anche i confini tra le tre di- scipline citate.

3.3. La convergenza tra Public Interest Law, Law and Development e Human Rights: verso la globalizzazione della Public Interest Law Cummings e Trubek, nello studio cui abbiamo più volte fatto ri- ferimento in questa parte del nostro lavoro, sostengono che, nel pe- riodo successivo alla Guerra Fredda, siano stati soprattutto due i fat- tori che hanno determinato la convergenza tra la Public Interest Law

127 Sull’argomento, vedi Austin Sarat e Thomas R. Kearns, “The Unsettled Status of Human Rights: An Introduction”, in Austin Sarat e Thomas R. Kearns (eds.), “Human Rights: Concepts, Contests, Contingencies”, p. 5. 128 E che, in quel Paese, avevano portato alla nascita di modelli di avvocatura al- ternativi e opposti alla “public interest lawyering”, come la “rebellious” lawyering, e la “critical” lawyering. Per maggiori dettagli su queste nuove strategie di difesa, vedi in generale, rispettivamente: Gerald P. Lopez, “Rebellious Lawyering: One Chica- no’s Vision of Progressive Law Practice”, Bouleder, CO, Westview Press, 1992, e Louise Trubek e M. Elizabeth Kransberger: “Critical Lawyers: Social Justice and the Structures of Private Practice”, in Austin Sarat e Stuart Scheingold: “Cause Lawyering and the State in the Global Era”, citato. “Public Interest Litigation”: origine e diffusione di un modello 73 e le sue controparti “internazionali”, i già citati movimenti di Law and Development e Human Rights129. Da una parte, la riproposizione e riformulazione di Law and De- velopment sotto l’egida del movimento per la promozione della Rule of Law, che, per la necessità di assicurare effettività a diritti e accesso alla giustizia, doveva attribuire alla Public Interest Law, e alle sue strategie, un ruolo chiave nei programmi di modernizzazione130: si tratta del fenomeno che è stato definito come “globalizzazione della Public Interest Law”131. Dall’altra, i legami sempre più stretti tra la Public Interest Law e gli organismi politici ed economici internazionali deputati al controllo dei mercati globalizzati e del rispetto dei diritti umani, organismi in cui i public interest lawyers statunitensi – usciti dall’isolazionismo, e forti delle tecniche utilizzate in passato dagli attivisti di Human Ri- ghts132 – cominciavano a vedere, allo stesso tempo, una possibile fonte di ineguaglianza nella distribuzione delle risorse mondiali, e un nuovo, potenziale alleato, nella lotta contro gli abusi commessi dal governo del loro Paese: è, questa, la cosiddetta “internazionalizzazione della Public Interest Law”133. In questa sede ci occuperemo solo del primo dei fattori citati. Mentre, infatti, l’“internazionalizzazione della Public Interest Law”, a dispetto del nome con cui è indicata, avviene in un contesto che è ancora quello statunitense – essendo, come abbiamo notato, tale espres- sione riferita all’attività dei public interest lawyers americani, passati da una relazione di simbiosi a una di opposizione nei confronti del governo federale, e costretti a trovare, al di fuori dei confini e delle istituzioni del loro Paese, la soluzione a problemi che, nonostante le implicazioni “internazionalistiche”, sono, in fondo, sempre interni agli

129 Sull’argomento vedi supra, paragrafo 2.3. 130 Ibid. 131 Per un’analisi dettagliata di questo fenomeno, vedi infra, in questo capitolo, paragrafo 3.3.1, e, più in generale, Scott L. Cummings e Louise Trubek, “Globa- lizing Public Interest Law”, citato, pp. 1-7, e pp. 18-53. 132 Per una sintetica analisi dei principi ispiratori e delle tecniche utilizzate dal movimento di Human Rights vedi Scott L. Cummings e Louise Trubek, op. cit., p. 11 e ss., e Yves Dezalay e Bryant G. Garth, “Constructing Law Out of Power: Investing in Human Rights as an Alternative Political Strategy”, in Austin Sarat e Stuart Scheingold: “Cause Lawyering and the State in the Global Era”, Oxford, Oxford University Press, p. 360 e ss. 133 Per un approfondimento sull’argomento, vedi ancora il lavoro di Scott L. Cummings pubblicato nel 2008 ed intitolato, appunto, “The Internationalization of Public Interest Law”. Scott L. Cummings, “The Internationalization of Public In- terest Law”, 57 Duke L. J. 891, February 2008, pp. 891 e 908 e ss. 74 Capitolo II

USA134 – con la “globalizzazione” della Public Interest Law, al con- trario, il linguaggio e le tecniche di tale disciplina escono, finalmente, dai confini del mondo di Common Law, per essere esportati in Stati con tradizione giuridica (e situazione politica) spesso molto diverse da quella americana. È grazie a quest’ultimo fenomeno che le public interest litigation sono arrivate in Cina; vediamo ora, nel dettaglio, attraverso quali fasi.

3.4. La globalizzazione della Public Interest Law Com’è noto, a determinare il collegamento tra Public Interest Law e sviluppo economico fu la mutata percezione riguardo agli obiettivi cui avrebbero dovuto tendere le riforme nei Paesi Poveri, e il diffe- rente ruolo attribuito al diritto nel processo di modernizzazione. Se, infatti, nel primo “momento”135 di Law and Development le riforme giuridiche erano state concepite come funzionali ad aumen- tare il controllo dello Stato sull’economia136, con l’avvento della Pre- sidenza Reagan e l’emergere della dottrina neoliberista il diritto do- veva divenire, al contrario, lo strumento per limitare il potere sta- tuale137, e il mezzo per favorire il libero commercio e gli investimenti stranieri138. Secondo la dottrina neoliberista solo l’integrazione dei mercati avrebbe potuto favorire la crescita economica globale; e proprio a fa-

134 Si tratta, ad esempio, come nota Scott Cummings, dei problemi relativi al trat- tamento dei lavoratori immigrati in USA, o quello dei presunti terroristi detenuti a Guantanamo o, ancora, del rispetto degli standard ambientali o lavorativi da parte di imprese statunitensi operanti all’estero. Sull’argomento, si veda, in generale, Scott Cummings, “The Internationalization of Public Interest Law”, citato, p. 908 e ss. 135 Si tratta del termine utilizzato da Trubek e Santos, nella monografia dedicata allo sviluppo di Law and Development già citata, “to refer to a period in which law and development doctrine has crystallized into an orthodoxy that is relatively com- prehensive and widely accepted”. Gli autori considerano che la storia di Law and Development, a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, possa essere sud- divisa in tre di questi “momenti” di cristallizzazione, così collocati nel tempo: anni ’50-’60; anni ’80; dagli anni ’90 ai giorni nostri. David M. Trubek e Alvaro San- tos, “Introduction: The Third Movement in Law and Development Theory and the Emergence of a New Critical Practice” in David M. Trubek & Alvaro Santos (edt): “The New Law and Economic Development: A Critical Appraisal”, Cam- bridge, Cambridge University Press, 2006, p. 2. Il primo di tali “momenti” è stato da noi analizzato supra, paragrafo 3.2; per maggiori dettagli sul secondo e sul terzo momento, vedi infra, in questo paragrafo. 136 Sull’argomento, vedi più in dettaglio David M. Trubek e Marc Galanter, op. cit., p. 1062 e ss. 137 David M. Trubek e Alvaro Santos, op. cit., ibid. 138 Ibid., pp. 5-6. “Public Interest Litigation”: origine e diffusione di un modello 75 vorire l’apertura dei mercati interni e la privatizzazione erano diretti gli aggiustamenti strutturali (il cosiddetto “Washington Consensus”) posti come condizione, a partire da questo periodo, da Banca Mon- diale e Fondo Monetario Internazionale agli Stati arretrati che voles- sero accedere ai fondi di sviluppo139. Si tratta di una concezione che è stata, fin dall’inizio, fortemente criticata, in quanto ritenuta foriera di gravi ineguaglianze economi- che, ed instabilità politica140. Come notava George Soros, uomo d’affari e filantropo: “Market fundamentalists hold that the public intest is best served when people are allowed to pursue their own interests. This in an appealing idea, but it is only half true. Markets are eminently suitable for the pursuit of private interests, but they are not designed to take care of the common interests”141.

Scendendo più nel dettaglio, molti autori hanno posto in evidenza come, in questo sistema, a pagare il prezzo della crescita portata da- gli investimenti stranieri sarebbero state proprio le fasce più deboli della società, costrette ad emigrare anche a causa della riduzione dei settori economici tradizionali (ad esempio, l’agricoltura), mentre la corruzione (spesso endemica, nei Paesi in Via di Sviluppo) avrebbero amplificato gli effetti della (già di per sé) ineguale distribuzione delle risorse142. I rischi insiti in questa politica dovevano, in effetti, rivelarsi in tutta la loro drammaticità con la crisi economica latino-americana ed asiatica della fine degli anni ’90143. La necessità di porre dei correttivi agli eccessi del libero mercato portò dunque, nell’ultimo decennio del XX secolo, a una ridefini- zione del modello di sviluppo neoliberista sotto gli auspici della riforma di Rule of Law144, e ad una riformulazione dei suoi obiettivi, ora

139 Scott L. Cummings e Louise Trubek, “Globalizing Public Interest Law”, citato, p. 17. 140 Si veda, ad esempio, l’interessante studio di Amy Chua, in cui l’autrice mo- stra come apertura dei mercati e democratizzazione favoriscano, in determinate con- dizioni, spesso presenti nei Paesi in Via di Sviluppo, il sorgere di conflitti etnici. Vedi Amy L. Chua, “Markets, Democracy, and Ethnicity: Toward a New Paradigm for Law and Development”, 108 Yale L. J. 1 (1998). 141 George Soros, “Open Society: Reforming Global Capitalism”, New York, Public Affairs, 2000, p. XII. 142 Scott L. Cummings e Louise Trubek, “Globalizing Public Interest Law”, citato, p. 18. 143 Ibid. 144 David M. Trubek e Alvaro Santos, op. cit., pp. 6-7. Sull’argomento, si veda 76 Capitolo II espressi in termini di “good governance”; un nuovo concetto, che, come notano ancora Cummings e Trubek: “combined market liberalization with strong rights enforcement and political accountability”145.

È interessante soffermarsi su questi aspetti, perché è grazie ad essi che si doveva determinare la convergenza tra Law and Development e Public Interest Law, e quella tra quest’ultima e Human Rights. In particolare, il riferimento alla garanzia di effettività dei diritti – non più limitata ai soli diritti privati (proprietà e contratto), ma estesa anche a quelli pubblici (civili e politici)146 – richiedeva la presenza, nei Paesi oggetto delle riforme, di un sistema giudiziario indipen- dente, che assicurasse un reale accesso alle corti, mentre il principio di responsabilità politica – oltre a implicare una riforma del sistema in senso democratico e multipartitico147 e la previsione di misure ca- paci di contrastare la corruzione – dava per scontata l’esistenza di forme di controllo che potessero prescindere dallo Stato, e di giudici

anche Bryant G. Garth, ““Building Strong and Indipendent Judiciaries Through the New Law and Development: Behind the Paradox of Consensus Programs and Perpetually Disappointing Results, 52 Depaul L. Rev. 383 (2002), in cui l’autore, a pagina 386, nota come la crisi asiatica del 1998 sia stata letta, sia da Robert Rubin che da Jeffrey Sachs, “as a call for a new emphasis on the rule of law versus ‘crony capitalism”. Per una riflessione (in lingua italiana) sul significato assunto dalla no- zione di Rule of Law in Cina e sulla sua applicabilità al contesto cinese, vedi Gian- maria Ajani, “La questione dello Stato di diritto”, in G. Ajani, A. Serafino e M. Timoteo, “Diritto dell’Asia orientale” citato, p. 351 e ss. Sui principi alla base del Movimento per la promozione della Rule of Law vedi infra, nel testo. 145 Scott L. Cummings e Louise Trubek, “Globalizing Public Interest Law”, citato, p. 18. Vedi anche David M. Trubek, “The Rule of Law in Development As- sistance: Past, Present and Future”, in David M. Trubek e Alvaro Santos, op. cit., p. 85. 146 David M. Trubek, ibid. 147 Si veda quanto notato da Jacque deLisle, in riferimento agli obiettivi perse- guiti dai consulenti giuridici e dei programmi di aiuto USA (con particolare nei Paesi dell’Europa Centrale ed ex sovietici e nella Repubblica Popolare Cinese): “In defi- ning their overall aims, virtually all U.S. legal advice and aid programs explicitly have sought to promote the development of some or all of the following: the rule of law, legal and institutional requisites of sustainable multiparty democracy, and legal and institutional frameworks for economic markets. In pursuing such goals, legal as- sistance and export programs have reflected and supported broader imperative of U.S. foreign policy. Further, they have often defined these goals in strikingly, if unself- consciously, “American” terms”. Jacques deLisle, “Lex Americana?: United States Le- gal Assistance, American Legal Models, and Legal Change in the Post-Communist World and Beyond”, 20 U. Pa. J. Int’l Econ. L. 179, p. 184-185. “Public Interest Litigation”: origine e diffusione di un modello 77 capaci di rivestire il ruolo di arbitri imparziali anche quando, sul banco degli imputati, dovessero sedere organi statali148. In questo senso, il programma di “good governance” rientrava, contemporaneamente, negli obiettivi delle imprese operanti sui mer- cati internazionali – desiderose di investire risorse in Paesi stabili dal punto di vista politico, e capaci di garantire un’adeguata tutela ai loro diritti e interessi giuridici – e in quelli delle organizzazioni umanita- rie, impegnate nella lotta per rendere i governi responsabili degli abusi perpetrati ai danni dei propri cittadini149. Vedremo nel prossimo capitolo come questi fattori150 – in parti- colare sotto forma di pressioni, da parte dell’elettorato delle demo- crazie occidentali, ai propri governi, perché mantenessero i rapporti economici con la RPC, costringendola, contemporaneamente, a ri- spettare i diritti umani – abbiano influenzato l’atteggiamento di al- cuni Paesi (USA e Stati del Nord Europa in primis) nei confronti del processo di sviluppo e riforma cinese, incidendo anche sulle moda- lità del loro coinvolgimento in proposito151. Per il momento, notiamo che proprio la necessità di accrescere la responsabilità dei governi e l’accesso alla giustizia – impliciti, come abbiamo ricordato poco sopra, nella nozione di “good governance” – doveva trasformare la Public Interest Law e il suo bagaglio tecnico in strumenti fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi dello sviluppo internazionale, mentre la nuova enfasi sulla Rule of Law, e il bisogno di sostenere la creazione di governi democratici in Paesi che uscivano da dittature, attribuiva agli avvocati un ruolo chiave nel monitoraggio sull’attività degli organi statali di recente formazione. Un ruolo più compatibile con il tradizionale modello di “con- trollo del sistema dall’interno”, utilizzato dai public interest lawyers statunitensi, di quanto non fosse il “naming and shaming” tipico de- gli attivisti di Human Rights152, e che fece sì che, in certi contesti –

148 Scott L. Cummings e Louise Trubek, “Globalizing Public Interest Law”, citato, p. 18. 149 Ibid. Vedi anche Scott L. Cummings, “The Internationalization of Public Interest Law”, citato, p. 959. 150 Titi M. Liu, “Transmission of Public Interest Law: A Chinese Study”, 13 UCLA J. Int’l L. & Foreign Aff. 263, Spring 2003, p. 272. Vedi anche, in generale, Sophia Woodman, “Bilateral Aid to Improve Human Rights, Donors – Need to Adopt a More Coherent and Thoughtful Strategy”, 51 China Persperctive 28-49 (2004). 151 Vedi infra, capitolo 3, paragrafo 2.2. 152 Su questa strategia vedi, più in dettaglio Marta Minow, “Instituting Uni- versal Human Rights Law: The Invention of Tradition in the Twentieth Century”, in Austin Sarat, Bryant Garth & Robert A. Kagan (eds.): “Looking Back at Law’s Century”, Ithaca, New York, Cornell University Press, 2002, p. 65 e ss. 78 Capitolo II nei Paesi dell’Europa Centro-orientale153, ad esempio, o in Sud Ame- rica154 – avvocati formatisi, durante i regimi autoritari, alla scuola di Human Rights, si “riciclassero”, per così dire, come public interest lawyers una volta instaurata la democrazia, dando origine a pratiche ibride, che mescolavano metodi e tecniche appartenenti ad entrambe queste discipline155. A partire dagli anni ’90, dunque, fondazioni internazionali (come la Ford Foundation156, l’Open Society Institute, il German Marshall Fund, e la fondazione Rockfeller, per citarne solo alcune157), agenzie governative e istituzioni internazionali (USAID e Banca Mondiale, ma anche lo United Nations Development Program, la Canadian In- ternational Development Agency e il Royal Netherlands Govern- ment158), cominciarono a investire ingenti capitali al fine di promuo- vere, a livello globale, programmi di cooperazione in settori chiave per la Public Interest Law, quali clinical legal education, legal aid, pro-bono, e – ovviamente – public interest litigation159. A differenza di quanto sarebbe stato lecito aspettarsi, data la evi- dente predominanza degli sponsor statunitensi nel processo di diffu- sione della “Rule of Law”, l’introduzione di questi istituti nei Paesi in Via di Sviluppo non doveva, tuttavia, portare alla formazione di sistemi di Public Interest Law ricalcati pedissequamente sul modello USA.

153 Sull’argomento, vedi Austin Sarat e Thomas R. Kearns, “The Unsettled Sta- tus of Human Rights: An Introduction”, in Austin Sarat e Thomas R. Kearns (eds.), “Human Rights: Concepts, Contests, Contingencies”, p. 5. 154 James A. Goldston, “Public Interest Litigation in Central and Eastern Eu- rope. Roots, Prospects, and Challenger”, citato, p. 492 e Edwin Rekosh, “Con- structing Public Interest Law: Transnational Collaboration and Exchange in Central and Eastern Europe”, 13 UCLa J. Int’l L. & Foreign Aff. 55, pp. 66-68. 155 Yves Dezalay e Bryant G. Garth, “Constructing Law Out of Power: In- vesting in Human Rights as an Alternative Political Strategy”, citato, p. 368. 156 Ibid. Si noti che la Fondazione Ford è stata attiva in Cina, già a partire dalla fine degli anni ’70. Sull’argomento vedi The Ford Foundation: «Many Roads to Ju- stice: the Law-related Work of Ford Foundation Grantees Around the World», Mary McClymont & Stephen Golub eds, 2000, p. 11 e 159 e ss., e infra, capitolo 3. 157 Edwin Rekosh, “Constructing Public Interest Law: Transnational Collabo- ration and Exchange in Central and Eastern Europe”, 13 UCLA J. Int’l L. & Fo- reign Aff. 55, p. 71. 158 Molte di queste agenzie (in particolare lo United Nations Development Pro- gram, la Canadian International Development Agency e il Royal Netherlands Go- vernment) hanno contribuito attivamente all’introduzione, in Cina, di tecniche e me- todi della Public Interest Law. Vedi Titi Liu, “Transmission of Public Interest Law: a Chinese Case Study”, 13 UCLA J. Int’l L. & Foreign Aff. 263 (2008), pp. 276. 159 Sull’argomento, vedi anche Scott L. Cummings, “The Internationalization of Public Interest Law”, citato, pp. 963-968. “Public Interest Litigation”: origine e diffusione di un modello 79

Secondo Scott Cummings, il merito di ciò va ascritto ai public in- terest lawyers americani i quali, preoccupati di ricadere nelle stesse accuse di “imperialismo giuridico” che, in passato, avevano colpito il movimento di Law and Development, si sarebbero limitati a “pro- porre” il loro modello, senza imporlo, ma, anzi, fornendo: “technical support for local institutions, collaborations with local lea- ders, and training in foreign professionals […] to promote indigenous initiatives and foster more incremental change”160.

Non è questa la sede per approfondire la questione; notiamo co- munque che, quale ne sia le ragione (ideologica, come sostiene Cum- mings, o – più prosaicamente – determinata dalla presa di coscienza dell’inadeguatezza del metodo “one size fits all”, che tanta parte aveva avuto nel fallimento del movimento di Law and Development161) lo

160 Ibid., p. 964. Si noti che, comunque, ciò non ha messo la promozione inter- nazionale della Public Interest Law al riparo da questo genere di accuse: Stephen Ellmann evidenzia, ad esempio, come alcuni avvocati di Paesi in Via di Sviluppo considerino questo processo “as another instance of what might be called human ri- ghts imperialism”. Stephen Ellmann: “Cause Lawyering in the Third World”, in Austin Sarat e Stuart Scheingold, “Cause Lawyering: Political Commintments and Professional Responsabilities”, p. 356, mentre altri autori notano come, in par- ticolare per quanto riguarda lo sviluppo del “clinical legal aid”, l’utilizzo di un pa- radigma inefficiente – leggi: plasmato unicamente sul modello americano, senza al- cuna attenzione per il dato locale – da parte dei finanziatori internazionali abbia ri- dotto di gran lunga i benefici che sarebbe stato lecito aspettarsi dall’introduzione di questo istituto. Sull’argomento vedi, ad esempio, Michael William Dowdle: “Pre- serving Indigenous Paradigms in an Age of Globalization: Pragmatic Strategies for the Development of Clinical Legal Aid in China”, 24 Fordham Int’l L. J. S56. Sulla necessità di abbandonare l’approccio “one size fits all”, e di dedicare maggior cura allo studio del contesto in cui la cooperazione giuridica viene attuata, vedi Jacques deLisle, “Lex Americana? United States Legal Assistance, American Legal Models, and Legal Ch’ange in the Post-Communist World and Beyond”, 20 U. Pa. J. Int’l Econ. L. 179, Summer 1999. 161 Sulle critiche al movimento, in particolare per quanto riguarda la convinzione che il modello americano potesse, senza problemi, essere trapiantato in qualsiasi con- testo giuridico (“one size fits all”) si vedano, tra gli altri: David M. Trubek e Marc Galanter, op. cit., e John H. Merryman, “Comparative Law and Social Change: On the Origins, Style, Decline & Revival of Law and Development Movement”, 25 The American Journal of Comparative Law 457 (1977). Per critiche più recenti a questo atteggiamento, mai del tutto abbandonato dagli Stati Uniti, vedi: William P. Alford, “Exporting the Pursuit of Happiness”, 113 Harv. L. Rev. 1677, May 2000; Thomas Carothers, “Aiding Democracy Abroad: The Learning Curve”, Washington, Carnegie Endowement for International Peace, 1999; Jacques deLisle, op. cit.. Per un’analisi – focalizzata in particolare sui requisiti necessari all’accesso all’avvocatura – di come l’imposizione del modello americano in Paesi con situazione giuridica e politica completamente differente possa portare a risultati opposti a quelli desiderati, 80 Capitolo II scollamento tra la Public Interest Law classica e le pratiche che – al di fuori degli USA e, più in generale, dei Paesi di Common Law – vengono indicate con questo nome è oggi evidente. Volendo limitare gli esempi alle public interest litigation, oggetto del nostro lavoro, basta dare una rapida scorsa ai report pubblicati dalla Fondazione Ford sulle attività da essa finanziate nel mondo162 per rendersi conto di come l’affermazione di Rajeev Dhavan, che an- cora nel 1984 poteva ritenere queste azioni: “a culture specific phenomenon which was developed in America, and confidently exported to the rest of the world”163 non sia, a distanza di quasi 30 anni, più sottoscrivibile. La strategia “classica” (basata, lo ricordiamo, principalmente sulla proposizione di azioni giudiziarie e sul ruolo attivo del giudice164) è stata infatti – nei Paesi in cui, con la “globalizzazione della Public Interest Law”, questo istituto doveva essere introdotto a partire da- gli anni ’90 del XX secolo – sostituita da tecniche frutto della me- scolanza tra elementi importati (dagli USA, ma non solo165) e fattori appartenenti alla cultura giuridica locale166, mentre il vocabolario pro- vedi Russel G. Pearce e Samuel J. Levine, “Rethinking the Legal Reform Agenda: Will Raising the Standard for Bar Admission Promote or Undermine Democracy, Human Rights, and Rule of Law?”, 77 Fordham L. Rev. 1635 (2009). Sulle ragioni che possono aver portato a questo nuovo approccio nell’assistenza alla modernizza- zione giuridica vedi ancora Jacques deLisle, op. cit., p. 201. 162 Vedi, in generale, Mary McClymont & Stephen Golub (eds.), “Many Roads to Justice: The Law Related Work of Ford Foundation Grantees Around the World”, The Ford Foundation , 2000, p. 284, disponibile in http://www.fordfound.org/pdfs/im- pact/many_roads.pdf (visto l’ultima volta il 19/03/2010). 163 Si tratta di un’affermazione rilasciata dall’avvocato Dhavan durante una con- ferenza, a Londra, e riportata da Elen Hershkoff in Helen Hershkoff, op, cit., p. 20 e ss. 164 Un modello, come evidenziano gli studiosi, e come abbiamo visto supra, or- mai in crisi anche negli USA. Per un approfondomento sulle nuove tecniche messe in atto dai public interest lawyers statunitensi per rispondere al mutato ambiente po- litico-istituzionale vedi Louse Trubek, “Old Wine in New Bottles: Public Interest Lawyering in an Era of Privatization”, 28 Fordham Urban Law Journal, 1739, June 2001, e, della stessa autrice, “Crossing Boundaries: Legal Education and the Chal- lenge of the “New Public Interest Law”, 2005 Wis. L. Rev. 455. 165 Edwin Rekosh nota, ad esempio, come il modello di “clinical legal educa- tion” sudafricana abbiano influenzato l’esperienza dei Paesi dell’Europa Centro-orien- tale in proposito. Vedi Edwin Rekosh, op. cit., p. 86. Sulla base delle interviste da me condotte, posso affermare che la stessa influenza è esercitata dalla Costituzione del Sud Africa nei confronti degli “avvocati nel pubblico interesse” cinesi. Vedi in- fra, capitolo quinto, paragrafo 3.1 e seguenti. 166 Scott L. Cummings e Louise Trubek, op. cit. “Public Interest Litigation”: origine e diffusione di un modello 81 veniente dagli Stati Uniti, pur rimanendo – in apparenza – identico a se stesso, è andato, via via, acquisendo significati differenti, a com- prendere le tattiche e i modelli di lotta giudicati più efficienti nel con- testo in cui nuovi public interest lawyers si sono, di volta in volta, trovati ad operare. Questa combinazione tra aspetti “globali” e “locali” ha dato ori- gine, come dicevamo, a sistemi di “Public interest Law” spesso di- versi da Paese a Paese, creando, talvolta, forme di resistenza, da parte dei giuristi nazionali, all’idea che certi istituti possano essere consi- derati “trapianti dall’esterno”, e rivendicazioni di originalità, anche in casi in cui il debito nei confronti del modello “straniero” appare lam- pante. Una resistenza che, in particolare in contesti post-coloniali, può essere letta come un modo per ribadire la propria identità nazionale, e opporsi a quella che viene considerata, in buona sostanza, una nuova forma di imperialismo economico, ma che, in altre situazioni, sem- bra dettata più da motivi di opportunità e cautela politica che frutto di reale convinzione. Proprio l’esempio cinese è emblematico, da questo punto di vista: gli autori della Repubblica Popolare – già, come abbiamo visto, ri- luttanti a riconoscere l’origine statunitense dell’espressione gongyi su- song167 – negli studi dedicati a questo tipo di azioni tendono infatti a dare ampio spazio alla descrizione di “cosa” siano, o dovrebbero essere, “le controversie nell’interesse pubblico”, senza (almeno in ap- parenza) interrogarsi, su “come”, e attraverso quali vettori, esse siano arrivate in Cina, quasi considerassero – anche quando si avventurano in analisi comparatistiche – l’esperienza cinese come “isolata” rispetto a quelle degli altri Stati. Nel prossimo capitolo cercheremo di porre rimedio a questa la- cuna, ricostruendo i passaggi che – grazie alla complessa interazione tra modelli e fondi stranieri da una parte, e attori locali (governo, Procure del Popolo, attivisti e avvocati) dall’altra – hanno reso pos- sibile l’ingresso delle public interest litigation nella Repubblica Popo- lare, e la loro “trasformazione” in gongyi susong. Lo faremo – dato il silenzio sul punto da parte della dottrina ci- nese – utilizzando, quando possibile, i lavori di studiosi che, a vario titolo, hanno partecipato a programmi di cooperazione giuridica in questo Paese.

167 Vedi supra, in questo capitolo, paragrafo 2.2.

Capitolo III La cooperazione giuridica internazionale in Cina e le premesse alla nascita delle “azioni nel pubblico interesse”

Sommario: 1. Introduzione. – 2. L’ingresso di concetti, modelli e fondi stranieri in Cina, tra cooperazione internazionale e reazioni interne. - 2.1. L’ingresso della Repubblica Popolare Cinese nella comunità internazionale. - 2.2. Il dibattito in- terno sulle riforme. - 2.3. La cooperazione giuridica internazionale nella Repub- blica Popolare Cinese. - 2.3.1. La strategia di “Legal Empowerment” nella RPC: i programmi di “accesso alla giustizia” della Fondazione Ford.

1. Introduzione Nel capitolo precedente abbiamo visto come la comparsa delle “azioni nel pubblico interesse” nella Repubblica Popolare non possa essere considerata un fenomeno isolato – una “caratteristica” esclusi- vamente “cinese” – ma vada, al contrario, inserita all’interno del più vasto contesto della globalizzazione della Public Interest Law1; un contesto comune, per le ragioni evidenziate, a molti dei Paesi cosid- detti “emergenti”, e che ha portato, negli ultimi anni, a declinazioni di questa disciplina tanto varie, quanto diverse sono le condizioni po- litiche, e la situazione giuridica, dei Paesi in questione2. Del resto, come dimostrano i più recenti studi sull’argomento3, la Public Interest Law si è sviluppata, nelle società in transizione, “come risposta e resistenza a opportunità e pressioni interne e internazionali” 4,

1 Vedi capitolo precedente, paragrafo 3.4. 2 Ibid., in fine. 3 Si vedano, in proposito, gli atti del convegno annuale della Law and Society Association e del Research Committee on Sociology of Law: “Law and Society in the 21th Century: Transformation, Resistance, Futures”, Berlino, 25-27 luglio 2007, pubblicati su 13 UCLA Journal of International Law and Foreign Affairs, Spring 2008, in cui si dà conto delle recenti esperienze di public interest lawyering in di- versi Paesi, tra cui Brasile, Canada, Colombia, Ghana, Ungheria, Stati Uniti e, non ultima, la Cina. 4 Titi Liu, “Transmission of Public Interest Law: A Chinese Case Study”, 13UCLA J. Int’l L. & Foreign Aff. 263, Spring 2008, p. 264. 84 Capitolo III e costituisce il frutto di una dinamica complessa, in cui, appunto, il piano nazionale e quello internazionale si intrecciano e oppongono continuamente, impegnando gli attivisti del pubblico interesse nella ricerca di tattiche e strategie sempre nuove, al fine di rappresentare le loro istanze nell’arena locale e in quella mondiale5. In particolare, in molti Stati, proprio la nuova situazione di “in- terdipendenza globale”, e il rafforzamento di istituzioni e network transnazionali, hanno consentito ai public interest lawyers di impie- gare, allo stesso tempo, strumenti di diritto nazionale e internazio- nale per reagire alla debolezza del sistema normativo interno, messo alla prova dall’integrazione dei mercati: è questo, ad esempio, quanto è accaduto in India, nel noto caso delle dighe sul fiume Narmada6, o in Colombia, in riferimento allo sfruttamento petrolifero ai danni della popolazione U’Wa7, o ancora in Messico, nei casi riguardanti la violazione dei diritti dei lavoratori all’interno dei cosiddetti “sweat- shop”8.

5 Ibid. 6 Si tratta, comè noto, di un progetto, finanziato dalla Banca Mondiale, che pre- vede la costruzione di un gran numero di dighe (30 “grandi”, 135 “medie” e 3000 “piccole”) lungo il corso del fiume indiano Narmada e dei suoi affluenti, e che, a partire dalla fine degli anni ’80, ha causato il trasferimento forzato di milioni di per- sone. La strategia utilizzata da queste ultime per far valere i propri diritti ha com- binato insieme proteste di massa, public interest litigation intentate presso Corte Su- prema indiana, e istanze a Banca Mondiale e Organizzazione Mondiale del Lavoro presentate da attivisti locali in unione con ONG straniere. Un resoconto dettagliato di queste azioni è riportato all’interno del sito di uno dei gruppi di attivisti coin- volti, i “Friends of the River Narmada”, all’indirizzo http://www.narmada.org/in- dex.html (visto l’ultima volta il 4/06/2010); sull’argomento, vedi anche Balakrish- nan Rajagopal, “Limits of Law in Counter-Hegemonic Globalization: the Indian Supreme Court and Namada Valley Struggle”, in Boaventura de Sousa Santos- César A. Rodrìguez-Garavito, “Law and Globalization from Below”, Cambridge, Cambridge University Press, p. 2005 (di cui è disponibile copia integrale in pdf al- l’indirizzo http://www.ces.uc.pt/bss/documentos/law_and_globalization_from_below.pdf – visto l’ultima volta il 4/06/2010), p. 183 e ss. 7 Anche in questo caso, come nel precedente, per tutelare i diritti degli indios nei confronti del governo colombiano e della Occidental Petroleum (Oxy) – società autorizzata all’estrazione del petrolio nei territori posseduti collettivamente dagli U’Wa – sono state impiegate tattiche che vanno dalla disobbedienza civile, alle cause di diritto interno, al ricorso a organismi internazionali, e che hanno coinvolto, a va- rio titolo, tanto la Corte Costituzionale colombiana e il Consiglio di Stato dello stesso Paese, quanto la Commissione Intra-americana per i diritti umani e l’Orga- nizzazione Mondiale del Lavoro. Sull’argomento, vedi più approfonditamente Cè- sar A. Rodriguez-Garavito e Luis Carlos Arenas, “Indigenous Rights, Tran- snational Activism, and Legal Mobilization: The Struggle of the U’Wa People in Co- lombia”, in Boaventura de Sousa Santos e César A. Rodrìguez-Garavito, op. cit., nota precedente, p. 241 e ss. 8 Vedi, in proposito, César A. Rodrìguez-Garavito, “Nike’s Law: The Anti- La cooperazione giuridica internazionale in Cina 85

Ma se la Public Interest Law è ormai divenuta un’istituzione glo- bale, tanto che, come abbiamo più volte ricordato: “a common set of understandings and practices is spreading around the world […]”9, non in tutti i Paesi gli “avvocati nel pubblico interesse” godono della stessa libertà di azione: in particolare, la possibilità di internaziona- lizzare le proprie lotte, massimizzandone gli effetti, è preclusa in par- tenza ai gongyi lüshi. Le ragioni di ciò sono note: la Cina è, infatti, ancora oggi, uno stato socialista autoritario e dominato da un solo partito, che eser- cita un controllo pressoché totale sul sistema giuridico e politico. Si tratta di un aspetto che differenzia la situazione della Repub- blica Popolare da quella di ogni altro sistema coinvolto nel processo di globalizzazione della Public Interest Law, e che rende l’esperienza di “avvocatura nel pubblico interesse” cinese unica, anche rispetto a quella di Stati – come i Paesi dell’ex blocco sovietico – per lungo tempo uniti alla RPC non solo da un’ideologia comune, ma – addi- rittura – dalla stessa definizione di interesse pubblico10. Mentre, infatti, lo sviluppo delle public interest litigation, anche nell’Est europeo, può essere, in estrema sintesi, considerato frutto del risveglio sociale portato dalla democratizzazione11 e del desiderio, da parte degli attivisti locali, di sperimentare nuove modalità di tutela dei diritti umani, divenute accessibili grazie al cambiamento di regime

Sweatshop Movement, Transnational Corporations, and the Struggle Over Interna- tional Labor Rights in the Americas”, in Boaventura de Sousa Santos e César A. Rodrìguez-Garavito, op. cit., p. 64 e ss. Si noti che la stessa tendenza a por- tare avanti azioni legali a molteplici livelli si registra – anche se in ambiti meno le- gati alla globalizzazione economica (segnatamente: in casi di discriminazione nei con- fronti di cittadini di origine Rom) – nei Paesi dell’Europa Centro-orientale, in cui si assiste al ricorso parallelo alle corti interne, e alla Corte Europea dei diritti del- l’uomo. Sull’argomento, vedi James A. Goldston, “Public Interest Litigation in Central and Eastern Europe: Roots, Prospects, and Challenger”, citato, p. 505 e ss. 9 Scott L. Cummings e Louise G. Trubek, “Globalizing Public Interest Law”, citato, p. 27. 10 Vedi supra, capitolo primo. 11 In questo senso, l’esperienza di “avvocatura nel pubblico interesse” della Cina continentale si differenzia anche da quella di Taiwan. Come ricorda Wen-Chen Chang, infatti, solo “in the late 1980s, political democratization in Taiwan gave rise to a much more open society where public interest groups began to flourish”. Vedi Chang Wen-Chen, “Public Interest Litigation in Taiwan. Strategy for Law and Po- licy Change in the Course of Democratization”, in Po Jen Yap e Holning Lau (eds), “Public Interest Litigation in Asia”, citato, p. 136. 86 Capitolo III e favorite dagli aiuti stranieri12, le riforme giuridiche e sociali che, in Cina, pressappoco negli stessi anni, dovevano aprire la strada alla na- scita delle gongyi susong sono state, al contrario, fortemente volute dalla leadership del PCC, e da essa utilizzate per rafforzare il pro- prio potere13. Un potere – giova ricordarlo – che la trasformazione della Re- pubblica Popolare in uno Stato di diritto a economia di mercato14 non ha fatto che accrescere, aumentando la legittimità del governo cinese sia sul piano interno che su quello internazionale15, e che non sembra essere stato scalfito neppure dai grandi mutamenti sociali – e dalla modificazione dell’assetto degli interessi in senso pluralistico – che abbiamo visto aver interessato la Cina negli ultimi anni16. Come sostengono Diamant, Lubman e O’Brien nell’introduzione di un’opera dedicata appunto al rapporto tra diritto, società e Stato nella RPC: “The embeddedness of law in politics suggests that even as we advo- cate greater attention to social pluralism in China and a range of le- gal forums, we still have to keep in mind that the party-state remains a strong presence in Chinese society, and that its officials work hard to create the impression that what it legislates, decides, and claims truly makes a difference”17.

In un contesto come quello sopra delineato, è naturale che lo spa- zio per proporre “azioni giuridiche volte al cambiamento sociale”18

12 Edwin Rekosh, “Constructing Public Interest Law: Transnational Collabora- tion and Exchange in Central and Eastern Europe”, 13 UCLA J. Int’l L. & Foreign Aff. 55, p. 75 e ss. 13 Mary E. Gallagher, “Use the Law as Your Weapon!” Institutional Change and Legal Mobilization in China” in Neil Diamant, Stanley B. Lubman e Kevin J. O’Brien (eds.), “Engaging the Law in China. State, Society and Possibilities for Justice”, Stanford, Stanford University Press, 2005, p. 75. In questo, la Cina sem- brerebbe comunque non essere sola: come nota Jayasuria: “[…] in East Asia, rule of law contrary to what is assumed in the liberal paradigm- can serve to entrench and consolidate public or state power”. Kanishka Jasuriya, “Introduction” in Ka- nishka Jasuriya (ed.), “Law, Capitalism and Power in Asia”, London, Routledge, 1999, pp. 2-3. 14 Vedi Costituzione della Repubblica Popolare Cinese, artt. 5 e 15. 15 Mary E. Gallagher, ibid. 16 Vedi supra, capitolo primo, paragrafo 1.1 e 2, 2.4, e capitolo secondo, para- grafo 2.1. 17 Neil Diamant, Stanley B. Lubman e Kevin J. O’Brien, “Law and Society in the People’s Republic of China”, in Neil Diamant, Stanley B. Lubman e Ke- vin J. O’Brien (eds.), citato, p. 19. 18 Si tratta, com’è noto, della definizione più ampia, e comune, di public interest litigation. Sull’argomento vedi supra, capitolo precedente, paragrafo 2.2 e ss. La cooperazione giuridica internazionale in Cina 87 non possa che essere estremamente ridotto19, mentre appare quanto- meno improbabile lo sviluppo di uno stile di “avvocatura per i di- ritti” di tipo “classico”; un’avvocatura che, come abbiamo gia avuto modo di notare20, viene di norma esercitata: “outside, and usually against, government”21.

Non stupisce, dunque, che il primo tratto a caratterizzare i gongyi lüshi sia proprio il modo di relazionarsi al potere costituito. A differenza, infatti, di quanto accade negli altri Paesi dell’Asia o, più in generale, del Terzo mondo, in cui l’identità dei cause lawyers si è costruita intorno attorno all’opposizione nei confronti dello Stato22, in Cina: “strong government connections may be essential for lawyers enga- ging in impact litigation or advocating structural change”23.

La ragione per la quale, per operare all’interno di una dittatura democratica del popolo, si renda necessario, più che altrove, coltivare – e mantenere – buoni rapporti con le autorità è piuttosto evidente; proprio per rispondere a questa esigenza, gli “avvocati nel pubblico interesse” cinesi dedicano particolare cura alla scelta e alla formula- zione dei propri obiettivi – da essi sempre espressi in termini com- patibili con i fini perseguiti dalla politica nazionale – evitando (per quanto possibile) di occuparsi di temi che possano porli in contrasto con il governo centrale24.

19 Ibid. 20 Sul modello classico di public interest litigation vedi supra, capitolo secondo, paragrafo 2.3 e ss. 21 Raymond Michalowski, “All or Nothing. An Inquiry into the (Im)possibi- lity of Cause Lawyering under Cuban Socialism” in Austin Sarat e Stuart Schein- gold, “Cause Lawyering: Political Commitments and Professional Responsabili- ties”Oxford, Oxford University Press, 1998, p. 523. 22 Stephen Ellmann, “Cause Lawyering in the Third World” in Austin Sarat e Stuart Scheingold, “Cause Lawyering: Political Commitments and Professional Responsabilities, Oxford, Oxford University Press, 1998, p. 358. Sull’argomento, con particolare riferimento all’attività degli avvocati indonesiani, e al loro impegno in di- fesa del “negara hukum” (variante indonesiana del concetto di Rule of Law), desti- nato, molto spesso, a porli in netta contrapposizione con lo stato, vedi Daniel S. Lev., “Between State and Society: Professional Lawyers and Reform in Indonesia”, in Daniel S. Lev, “Legal Evolution and Political Authority in Indonesia”, The Ha- gue, Kluwer Law International, 2000, p. 305 e ss. 23 Benjiamin L. Liebman, “Lawyers, Legal Aid and Legitimacy in China”, in William Alford (eds): Raising the Bar: the Emerging Legal Profession in Asia”, Cambridge, Harvard University Press, 2007, p. 331. 24 Titi Liu, op. cit., p. 293. Lo stesso tipo di atteggiamento, secondo Randall Pe- 88 Capitolo III

Si tratta di una scelta chiaramente opportunistica; una scelta che, tuttavia, non diminuisce il valore – né l’efficacia – dell’azione svolta dai gongyi lüshi in difesa dei diritti. Come Raymond Michalowsky ha dimostrato già alla fine degli anni ’9025, infatti, contribuire al cambiamento sociale attraverso l’e- sercizio della professione legale è possibile, anche quando si sia co- stretti a lavorare “con” – in qualche caso, addirittura, “per” – chi de- tiene il potere. Per usare le parole con cui lo stesso autore conclude il suo studio dedicato all’attività – e ai successi – degli avvocati im- pegnati nei bufete colectivo di Cuba26: “there are multiple avenue through which attorneys by virtue of their privileged positions vis-à-vis law-making institutions can serve as proac- tive agents of legal and social change […]27 other than as antigo- vernment litigators”.28

È proprio per sfruttare al meglio queste “multiple avenues”, e per avere il maggior impatto consentito dal proprio sistema, che i gongyi lüshi tendono a “litigare dove c’è lo spazio per farlo”29, concentran- dosi sulla tutela dei diritti socio-economici, più che sulla rivendica- zione di quelli civili, o politici. Un atteggiamento pragmatico che – vale la pena ricordare – non contraddistingue solo i cause lawyers operanti all’interno di dittature, come quelli cinesi, o cubani, ma è comune alla maggior parte degli attivisti del mondo.

reenboom, sarebbe proprio anche delle corti cinesi. Queste ultime, infatti, analoga- mente a quanto avviene in altri regimi autoritari, userebbero ogni cura per evitare di sfidare il regime su argomenti chiave, che possano mettere in dubbio la sua au- torità; ciò, al fine di perseguire i propri interessi istituzionali, e aumentare il proprio status. Vedi Randall P. Peerenboom, “Introduction” in Randall P. Peerenboom, “Judicial Indipendence in China: Lessons for Global Rule of Law Promotion, Cam- bridge, Cambridge University Press, 2010, di cui è disponibile copia elettronica al- l’indirizzo: http://ssrn.com/abstract=1543003, inviata il 26/01/2010, p. 12. 25 Vedi, in generale, Raymond Michalowski, op. cit. 26 Il paragone tra l’attività e le tecniche utilizzate dai cause lawyers cubani e quelle impiegate dai gongyi lüshi pare particolarmente interessante, proprio per le similitu- dini tra i sistemi in cui essi si trovano ad operare. Non è questa la sede per ap- profondire l’argomento, per trattare il quale si renderebbe necessaria una ricerca sul campo; per una (molto sintetica) introduzione alla questione si veda, comunque, Benjiamin L. Liebman, op. cit., p. 331, nota 35. 27 Raymond Michalowski, “All or Nothing. An Inquiry into the (Im)possibi- lity of Cause Lawyering under Cuban Socialism”, in Austin Sarat e Stuart Schein- gold, “Cause Lawyering: Political Commitments and Professional Responsabilities”, citato, p. 543. 28 Ibid. 29 Benjiamin L. Liebman, op. cit., p. 331, nota 36. La cooperazione giuridica internazionale in Cina 89

Come nota Ellmann: “to a very important extent, what human rights activists do is deter- mined not by grand theory, but by opportunity”30.

Analizzeremo più in dettaglio questi aspetti nella parte del nostro lavoro dedicata ai casi31. Per ora, ricordiamo che la tendenza, sopra evidenziata, a non in- traprendere azioni che sfidino direttamente il governo centrale non si traduce, per i gongyi lüshi, nella rinuncia a tutelare i diritti garan- titi ai cittadini dall’ordinamento, quando a violare tali diritti siano amministrazioni statali, o soggetti ad esse collegati. Al contrario, è proprio nel porre rimedio agli abusi di potere, evi- denziando le carenze istituzionali e giuridiche che ancora affliggono la Cina – e rammentando, allo stesso tempo, alla leadership di quel Paese, cosa significhi “essere uno Stato di Rule of Law” – che si con- cretizza la loro opera in difesa del “pubblico interesse”; un pubblico interesse – come abbiamo già avuto modo di notare32 – sempre più di rado identificato con l’intesse dello Stato, e non più, per defini- zione, coincidente con esso. Da questo punto di vista, a sorprendere non sono tanto le mo- dalità attraverso cui viene esercitata la public interest lawyering nella Repubblica Popolare, quanto la stessa esistenza delle gongyi susong. Se, come sostiene Mirjan Damašca: “La semplice idea di attribuire al cittadino la legittimazione a far va- lere i propri interessi in contrasto con quelli dello Stato si scontra con le premesse fondamentali dello Stato attivo”33,

è lecito chiedersi cosa possa aver spinto un governo ossessionato dal controllo come quello cinese a permettere – o, addirittura, a favorire – lo sviluppo, sul proprio territorio, di azioni potenzialmente tanto pericolose per la stabilità sociale. In effetti – in un momento, come quello attuale, in cui la fedeltà alla politica del partito sembra essere tornata il primo dei criteri a cui si devono ispirare magistrati e pratici del diritto nell’esercizio della loro professione, e a fronte delle sempre maggiori difficoltà, e dei ri-

30 Stephen Ellmann, op. cit., p. 358. 31 Vedi infra, capitoli quarto e quinto. 32 Sull’argomento vedi supra, capitolo primo. 33 Mirjan R. Damašca, “I volti della giustizia e del potere”, Bologna, Il Mu- lino, 1991, p. 155. 90 Capitolo III schi, affrontati, ogni giorno, dagli “avvocati per la legalità”34 – è dif- ficile ricordare come l’azione di questi ultimi sia stata, in grande mi- sura, resa possibile proprio dall’apparato che, spesso, essi si trovano a citare in giudizio; da quello stesso governo che controlla con tanta attenzione il loro operato, costringendoli – secondo un’espressione comune – a “camminare sul ghiaccio sottile”35, e punendo duramente quelli di loro che osano spingersi troppo in là. Eppure è stato proprio grazie alle campagne di sensibilizzazione e promozione del diritto portate avanti dalla leadership cinese a par- tire dagli anni ’8036 che si è formata, nella mente dei cittadini della Repubblica Popolare, l’idea che la legge potesse essere utilizzata a vantaggio della collettività, e non solo come mezzo di controllo e rafforzamento delle istituzioni statali. Allo stesso modo, senza la pre- senza, all’interno del sistema giuridico di quel Paese, di norme quali la “Legge sulle controversie amministrative” (1989)37, la “Legge per protezione dei diritti e degli interessi dei consumatori” (1994)38 e, so- prattutto, la “Legge sull’avvocatura” del 199639 – leggi approvate, non è neppure il caso di precisarlo, con l’avallo della leadership del PCC – l’opera attualmente portata avanti dai gongyi lüshi non sarebbe nep- pure immaginabile. Appunto il contrasto tra l’attività svolta dai cause lawyers della RPC e l’immagine tradizionale del governo cinese – visto come un

34 Vedi supra, capitolo secondo, paragrafo 2.2., e note 173 e ss. 35 Human Rights Watch, «Walking on Thin Ice». Control, Intimidation and Ha- rassment of Lawyers in China», New York, Human Rights Watch, 2008. 36 Vedi infra, nota 545. 37 中华人民共和国行政诉讼法, Zhonghua renmin gongheguo xingzheng susong fa, approvata dall’Assemblea Nazionale Popolare il 4 aprile 1989 ed entrata in vi- gore il 1° ottobre 1990. 38 中华人民共和国消费者权益保护法, Zhonghua renmin gongheguo xiaofeizhe quanyi baohu fa, approvata dal Comitato Permanente dell’Assemblea Nazionale Po- polare il 31 ottobre 1993 ed entrata in vigore il 1° gennaio 1994. 39 Si tratta, com’è noto, della legge con la quale, gli avvocati cessarono di essere semplici dipendenti statali, per divenire (quasi) liberi professionisti. Cfr. articolo 2, 中华人民共和国律师法, Zhonghua renmin gongheguo lüshi fa, approvata dal Co- mitato Permanente dell’Assemblea Nazionale Popolare il 15 maggio 1995 ed entrata in vigore il 1° gennaio 1996. Il 1° giugno 2008 è entrata in vigore la versione emen- data di tale legge; per un commento da parte di tre noti “avvocati nel pubblico in- teresse” cinesi sulle modifiche apportate al testo normativo, con particolare riguardo agli effetti degli emendamenti sull’indipendenza della professione legale, vedi 中国维权律师关注组: “《律师法》37条:为律师准备的新陷阱”, 2007年11月1, Zhongguo weiquan lüshi guanzhu zu: “Lüshi fa” 37 tiao: wei lüshi zhunbei de xin xianjing” (L’articolo 37 della “Legge sull’avvocatura”: la nuova trappola prepa- rata per gli avvocati), 1 novembre 2007, disponibile su http://www.chrlcg-hk.org/?p=206 (visitato l’ultima volta il 16/12/2009). La cooperazione giuridica internazionale in Cina 91 monolite autoritario e repressivo, inserito in un sistema in cui non è prevista alcuna forma di consultazione popolare, né di dibattito pub- blico40 – ha spinto alcuni osservatori occidentali (soprattutto statuni- tensi) a cercare la risposta alla domanda di cui sopra nella: “naïve ignorance or obliviousness on the part of the CCP’S leader-

40 Su questa immagine della Cina, dominante sui media, non solo italiani, e sulla necessità di adottare un approccio che renda conto della complessità della trasfor- mazione socioeconomica in atto in Cina si veda Renzo Cavalieri e Ivan France- schini, “Introduzione. L’emergere di nuovi spazi di pluralismo e partecipazione nella Cina di oggi”, in Renzo Cavalieri e Ivan Franceschini (a cura di), “Germogli di società civile in Cina”, Milano, Francesco Brioschi Editore, 2010, p. 1 e ss; Zhang Xudong, “The Making of Post-Tian’anmen Intellectual Field: A Critical Overview”, in “Whiter China? Intellectual Politic in Contemporary China”, Durham, London, Duke University Press, 2001, p. 6 e ss. A correggere questo approccio hanno con- tribuito, negli ultimi anni, soprattutto gli studi dedicati allo sviluppo del costituzio- nalismo in Cina. In proposito, Keith Hand nota, ad esempio, come a dispetto della natura autocratica del PCC, sia diventato sempre più evidente che: “legal and con- stitutional development in China is a dynamic process, shaped not only by top-down decisionmaking, but also by interactions between the government and ordinary citi- zens”. Vedi Keith Hand: «Using a Law for Righteous Purpose: The Sun Zhigang Incident and Evolving Forms of Citizen’s Action in China», 45 Colum. J. Transnat’l L. 114, (2006), p. 186. Sull’argomento vedi anche Lauren Carasik, “Think Glocal, Act Glocal”: the Praxis of Social Justice Lawyering the Global Era”, 15 Clinical L. Rev. 55, Fall 2008, p. 117. Sulla stessa scia si colloca Michael Dowdle, il quale, an- cora a proposito del costituzionalismo cinese, evidenzia come esso non sia solo il prodotto del comportamento dell’élite, ma costituisca anche, in parte, il frutto della spinta sociale provocata dall’atteggiamento e dalle aspettative dei cittadini ordinari, da esso definita “society’s own understanding about itself”; proprio all’analisi del- l’interazione tra istituzioni giuridiche e cittadini dovrebbero, dunque, dedicarsi gli studiosi che desiderino veramente comprendere le origini e lo sviluppo del costitu- zionalismo in Cina. Michael W. Dowdle: “Beyond “Judicial Power”: Courts and Constitutionalism in Modern China”, in Stéphanie Balme e Michael W. Dowdle (eds.), “ Building Constitutionalism in China”, New York, Palgrave MacMillan, 2009. Cai Dingjian, ancora, nota come il costituzionalismo sia un “compromesso” tra il governo e il popolo, e conclude che gli appelli dei cittadini per i diritti e le rispo- ste del governo sono parte di un dialogo in grado di alleviare i conflitti sociali, por- tando a sviluppi costituzionali. Cai Dingjian: “The Development of Consitutiona- lism in the Transition of Chinese Society”, 19 Colum. J. Asian. L, 2, 2005, p. 29. Si noti che la stessa dialettica tra governo e cittadini si riscontra anche quando si tratti di introdurre riforme di grande impatto. Come nota Randall Peerenboom: “Before undertaking any significant reform, the government conducts extensive comparative research, carries out empirical research, consults with a wide variety of stakeholders including academics and representatives form the main interest groups affected by reforms, increasingly invites public comment on major law and pieces of public re- gulation, and establishes pilot programs to test results before scaling them up natio- nally”. Vedi Randall P. Peerenboom, “Introduction”, in «Judicial Indipendence in China: Lessons for Global Rule of Law Promotion», New York, Cambridge Uni- versity Press, 2010, p. 13. 92 Capitolo III

ship to the potential impact of forces set in motion by the policies of the reform era”41.

Secondo tali autori, lo sviluppo della “avvocatura nel pubblico in- teresse” in Cina farebbe parte delle “unintended consequences”42 por- tate dalla modernizzazione, e costituirebbe una delle prove del suc- cesso della strategia USA di aiuto allo sviluppo economico-giuridico cinese; una strategia definita, non a caso, “del cavallo di Troia”, per- ché basata sull’assunto della “pervasività” del diritto in generale, e della Rule of Law in particolare, intesa come tendenza naturale dei principi giuridici a diffondersi in ogni ambito, e al di là di qualsiasi controllo43. Si tratta di una visione piuttosto comune, sia all’interno delle ONG che degli organi governativi stranieri coinvolti – come vedremo tra poco44 – nelle riforme45. Una visione che non viene, tuttavia, condi- visa dagli studiosi più accorti, che mettono, invece, in guardia dal considerare i vertici cinesi troppo ingenui per prevedere le conse- guenze delle loro azioni46, sottovalutandone la lungimiranza, e il de-

41 William Alford: “Of Lawyers Lost and Found: Searching for Legal Pro- fessionalism in the People’s Republic of China”, in William Alford (eds): “Rai- sing the Bar: the Emerging Legal Profession in Asia”, Cambridge, Harvard Uni- versity Press, 2007, p. 293. 42 Si tratta di un’espressione utilizzata da Diamant, Lubman e O’Brien, in Neil J. Diamant, Stanley B. Lubman e Kevin J. O’Brien, “Law and Society in the People’s Republic of China”, cit., p. 13, in cui gli autori notano come: “[…] every political or legal act, irrespective of regime type, has both intended and unintended consequences, and one of the latter might well be the emergence of enterprising, as- sertive, litigation-hardened individuals who are willing to take a chance on inserting their grievances into the legal arena”. 43 Matthew Stephenson: “A Trojan Horse in China”, in Thomas Carothers (eds.), “Promoting the Rule of Law Abroad”, Washington, Carnegie Endowment for International Peace, 2006, p. 200 e ss.. Il funzionamento, dal punto di vista pra- tico, di tale strategia viene illustrato dallo stesso autore in questi termini: “The US belief seems to be that the Chinese will adopt an initial set of legal reforms and le- gal education in order to achieve economic goals, and that those reforms, once adop- ted, will take on life on their own […]The interest in promoting complex market transactions[…] would lead to the protection of individual rights […]The logic of con- trolling administrative discretion and corruption in the name of economics will evolve into stronger legal controls on governmental discretion at all levels”. Vedi ibid, p. 199. 44 Vedi infra paragrafo 2.2. 45 Matthew Stephenson, op. cit., p. 200. 46 William Alford: “Of Lawyers Lost and Found: Searching for Legal Pro- fessionalism in the People’s Republic of China”, in William Alford (eds): Raising the Bar: the Emerging Legal Profession in Asia”, Cambridge, Harvard University Press, 2007, p. 306, nota 37. La cooperazione giuridica internazionale in Cina 93 siderio di mantenere il potere47, e invitano coloro i quali sostengono che la cooperazione giuridica possa servire come “cavallo di Troia” a dimostrare: “why they think they have a better understanding than China’s ru- ling elite of how particular institution may play out on Chinese soil, given the arduous political gauntlet thought which those leaders have passed to reach and retain their present positions, their greater access to information about Chinese current circumstances, and the earnest- ness with which Beijing has dissected the experience of Eastern Eu- rope and Taiwan over the past decade and a half”48.

Dubitare dell’’efficacia della “Trojan horse strategy” non significa, per un profondo conoscitore della Cina come William Alford, ne- gare il fatto che la leadership cinese abbia scarsa dimestichezza con le istituzioni proprie delle democrazie liberali, o sostenere che essa non sia in grado, in situazioni di emergenza, di tollerare cambiamenti suscettibili di ridurre il suo potere49 o, ancora, non riconoscere che esistono soggetti – in qualche caso, addirittura, apparati – che pos- sano auspicare aperture in senso liberale, per ragioni ideologiche o per avvantaggiare la propria fazione50. Ciò su cui, attraverso provocazioni di questo tipo, si intende porre l’accento è, piuttosto, la duplice natura del diritto, il suo essere un’ “arma a doppio taglio”, strumento di libertà e di controllo allo stesso tempo, in grado di incanalare: “energies for political change into legal avenues, often to the funda- mental preservation of the status quo”51; caratteristica, questa, in grado di portare a risultati profondamente differenti, a seconda che un determinato istituto giuridico venga ap- plicato all’interno di una democrazia, o in uno stato autoritario52.

47 Ibid., p. 293. 48 Ibid., p. 306, nota 37. 49 A questo proposito, Mary Gallagher nota come le dinamiche tra Stato e so- cietà riguardo ai diritti e agli obblighi giuridici siano un elemento chiave nel pro- getto di edificazione della Rule of Law in Cina, tanto che, se è vero che il PCC difficilmente accetterà di sottomettersi a leggi che limitino la sua discrezionalità: “[…] the Chinese party-state might gamble that rule through law and the added benefits of increased legitimacy both at home and abroad are worth the risk of activating so- cial forces and enlarging the role of new interest groups”. Vedi Mary E. Gallagher, op. cit., p. 75. 50 Ibid. 51 Ibid. 52 Ibid. Sull’argomento, si vede anche quanto affermato, ancora dal professor 94 Capitolo III

Alla luce di tali riflessioni, appare chiaro come aprire (cautamente) il sistema alle public interest litigation possa acquisire un senso anche per una dittatura marxista-leninista53, desiderosa di edificare una “so- cietà armoniosa” (和谐社会, hexie shehui) e rafforzare il potere cen- trale. Non solo, infatti, come abbiamo notato54, le public interest litiga- tion, se esercitate entro certi limiti, possono, in generale, contribuire alla stabilità sociale, “giuridificando” (法律化,falühua) i temi poli- tici”55 e trasferendo il luogo del dibattito pubblico dalla strada alle corti, dove è più facile, per il PCC, determinarne gli esiti. Grazie alle sviluppo delle “public interest litigation amministra- tive” (行政公益诉讼 xingzheng gongyi susong)56, il governo viene an- che a disporre di un nuovo, numericamente potentissimo, esercito di controllori; un “esercito” formato dai comuni cittadini cinesi e dai loro avvocati, in grado di monitorare con più efficienza – e minor rischio di parzialità, rispetto ai burocrati preposti – il lavoro svolto dai funzionari locali, mettendo in luce eventuali mancanze, o episodi di corruzione57. Se, dunque, in Cina, il rapporto tra “avvocati nel pubblico inte- resse” e autorità appare molto meno conflittuale di quanto non sia

Alford, in William P. Alford, “Exporting the “Pursuit of Happiness” , 113 Harv. L. Rev. 1677, May 2000, p. 1708. 53 Kevin j. O’Brien e Lianjiang Li, “Suing the Local State: Administrative Li- tigation in Rural China”, in Neil J. Diamant, Stanley B. Lubman e Kevin J. O’Brien, “Law and Society in the People’s Republic of China”, cit., p. 44. 54 Vedi supra, capitolo due, paragrafo 2.2., all’inizio. 55 Vedi 颜运秋: “公益诉讼法律制度研究”, 北京,法律出版社, 2008.7, Yan Yun- qiu: “Gongyi susong falü zhidu yanjiu” (Ricerca sul sistema giuridico delle azioni nel pubblico interesse), Beijing, Falü Chubanshe, 2008, p. 8. 56 Sulla definizione, e la funzione, delle “azioni nel pubblico interesse ammini- strative” vedi supra, capitolo secondo, paragrafo 2.2., punto 2). 57 Kevin j. O’Brien e Lianjiang Li, op. cit., p. 44, dove gli autori notano, ap- punto riguardo agli scopi per cui la Legge sulle controversie amministrative sarebbe stata promulgata, come “the current (2007, N.d.A.) legal revival has as much to do wiht bureaucratic regularization as with any abiding commitment to individual ri- ghts or the rule of law” Sulle ragioni che possono aver spinto la leadership cinese ad attuare riforme democratiche apparentemente tanto pericolose per il manteni- mento del proprio potere, con particolare riferimento alla parziale liberalizzazione della professione legale, e alla creazione di centri di legal aid, si veda anche Benja- min L. Liebman, op. cit., ibid. “Lawyers, Legal Aid and Legitimacy in China”, in William Alford (eds): “Raising the Bar: the Emerging Legal Profession in Asia”, citato, p. 313. Ancora sull’importanza del diritto amministrativo come strumento di limitazione e controllo del potere dei livelli inferiori della burocrazia, vedi, in gene- rale He Xin, “Administrative Law as a Mechanism for Political Control in Con- temporary China”, in Stéphanie Balme e Michael W. Dowdle, “Building Con- stitutionalism in China”, New York, Palgrave MacMillan, 2009, p. 143 e ss. La cooperazione giuridica internazionale in Cina 95 in altre parti del mondo, non è solo perché i gongyi lüshi hanno in- teresse a presentare la loro attività in termini accettabili per il go- verno: è lo stesso governo a trarre, in qualche misura, beneficio dalla partecipazione del pubblico alla difesa del “bene comune”, sempre che – ovviamente – questa “partecipazione” resti circoscritta a deter- minati ambiti, e non vengano superati gli invisibili (e piuttosto labili) confini che separano ciò che è permesso da ciò che non lo è. Si tratta di aspetti emergono chiaramente dal dialogo con gli atti- visti, e che riprenderemo nella sede opportuna58. Vi abbiamo qui fatto cenno, per notare come, al fine di com- prendere davvero le dinamiche attraverso le quali le “azioni nel pub- blico interesse” – arrivate, per così dire, ai “confini” della Cina at- traverso il processo che abbiamo illustrato nel capitolo precedente – abbiano potuto fare il loro ingresso nella Repubblica Popolare, sia necessario abbandonare ogni facile dicotomia (“Stato” – “società”, “noi” – “loro”, “benefattori stranieri” – “autocrati cinesi”), a favore di un approccio più sfumato, che renda conto dell’estrema comples- sità della realtà di quel Paese. Una realtà, a partire dal governo, non formata da blocchi indi- stinti, ma costituita dall’insieme di attori differenti, alcuni dei quali portatori di molteplici identità e di interessi confliggenti59”, e con isti- tuzioni che, talvolta, si trovano ad operare in vista di obiettivi in con- trasto tra di loro60. È stato proprio il gioco tra gli interessi e gli obiettivi diversi per- seguiti da queste forze eterogenee, ad aver aperto – in particolare a partire dagli anni ’90, e anche grazie agli obblighi imposti, a livello internazionale, dall’emergere del movimento della Rule of Law –

58 Vedi infra, capitolo quinto. 59 Kevin J. O’Brien e Lianjiang Li, ibid. 60 Ibid. Si tratta di un dato che è bene tenere presente anche nel valutare gli esiti dell’irrigidimento delle posizioni del governo cinese nei confronti degli attivisti dei diritti registratesi a partire dai primi mesi del 2011, e che hanno raggiunto il cul- mine con l’arresto, il 3 aprile 2011, dell’artista di fama mondiale Ai Weiwei. Le per- secuzioni e gli abusi, spesso brutali, subiti, in questo periodo, dagli avvocati e dalle ONG percepite come più “pericolose” per la stabilità sociale non devono, infatti, far dimenticare che – negli stessi mesi, e da parte dello stesso governo – si è assi- stito ad un sempre maggiore riconoscimento dell’attività svolta dalle organizzazioni e degli attivisti “moderati”. Anche in questo fase, dunque, la situazione cinese è più complessa di quanto non appaia in superficie, e – come nota Shawn Shieh nel suo blog – “There is no single, unified view or approach within the government about how to deal with civil society […]”. Sull’argomento, vedi più in dettaglio Shawn Shieh, “Is China’s Civil Society in Danger?”, pubblicato sul blog dello stesso Shieh il 22 aprile 2011 (e aggiornato il 29 maggio 2011), all’indirizzo http://www.ngo- china.blogspot.com/. 96 Capitolo III nuove opportunità di partecipazione sociale, creando le condizioni (e fornendo gli strumenti) per la nascita, e lo sviluppo, delle gongyi su- song. Abbiamo parlato di “opportunità” e “condizioni” non a caso. Ri- cordiamo, infatti, che la formazione delle azioni nel pubblico inte- resse, in Cina, è stata solo indirettamente condizionata da quell’: “interplay between outside influences and internal traditions”61 che abbiamo visto aver caratterizzato la diffusione della Public Inte- rest Law nel mondo62, e che, anche in questo Paese, ha contraddi- stinto l’introduzione del legal aid, o della clinical legal education63. Le gongyi susong, al contrario di questi istituti64, si sono evolute per lo più al di fuori dei canali ufficiali, grazie all’opera di soggetti in- dipendenti, non appartenenti all’élite65 e dunque, per definizione esclusi dai programmi di aiuto (e finanziamento) di cui parleremo tra poco66.

61 Scott L. Cummings e Louise G. Trubek, “Globalizing Public Interest Law”, citato, p. 28. 62 Vedi supra, capitolo secondo, paragrafo 3.4. 63 Sull’argomento, vedi infra, nota seguente. 64 Com’è noto, infatti, il legal aid e la clinical legal education sono stati intro- dotti, in Cina, in seguito a programmi di cooperazione giuridica internazionale, e grazie alla partecipazione e l’appoggio dell’élite al potere. In questo lavoro non trat- teremo che marginalmente di questi istituti, ai quali, peraltro, sono stati dedicati già numerosi studi. Tra quelli riguardanti il legal aid ricordiamo: Benjiamin L. Lieb- man, «Lawyers, Legal Aid and Legitimacy in China,», in William P. Alford (ed): «Raising the Bar: The Emerging Legal Profession in East Asia», Cambridge, Har- vard University Press, 2007, versione aggiornata e corretta del seguente articolo, pub- blicato qualche anno prima dallo stesso autore: «Legal Aid and Public Interest Law in China», 34 Tex. Int.l L. J. 211, Spring 1999; Michael W. Dowdle, “Preserving Indigenous Paradigms in an Age of Globalization: Pragmatic Strategies for the De- velopment of Clinical Legal Aid in China”, 24 Fordham Int’l L. J. S56 (2000). Per uno studio in italiano sullo stesso tema, vedi Angela Carpi, «Il legal-aid nella Cina contemporanea», Rivista Trimestrale di Diritto Civile, n. 1, 2007. Tra gli studi dedi- cati all’introduzione della clinical legal education in Cina si vedano, invece: Mao Ling, “Clinical Legal Education and the Reform of the Higher Legal Education Sy- stem in China”, 30 Fordham Int’l L. J. 421, January 2007; Pamela N. Phan, “Cli- nical Legal Education in China: In Pursuit of a Culture of Law and a Mission of Social Justice”, 8 Yale Hum. Rts. & Dev. L. J. 117, (2005); M.M. Barry, J.C. Du- bin e P.A. Joym “Clinical Education for this Millennium: The Third Wave”, 7 Cli- nical L. Rev. , Fall 2000; L. Carasik, “Think Glocal, Act Glocal: The Praxis of So- cial Justice Lawyering in the Global Era”, 15 Clinical L. Rev. 55, 2008. Per mag- giori informazioni sulla clinical legal education in Cina, si visiti anche il sito web “Clinical Legal Education in Cina” (中国诊所法律教育, Zhongguo zhensuo falü jiaoyu), all’indirizzo: http://www.cliniclaw.cn/ (visto l’ultima volta il 19/11/2010). 65 Vedi Titi Liu, op. cit., alle pp. 271, 274 e 294. 66 Anche in questo aspetto, dunque, gli “avvocati nel pubblico interesse” cinesi La cooperazione giuridica internazionale in Cina 97

Avvocati, ma anche semplici cittadini, che, come nota Titi Liu: “hanno cercato di utilizzare la legittimazione derivante dalle azioni nel pubblico interesse intentate dalla Procura del Popolo, unita a qual- che nozione di legal aid e impact litigation, per sviluppare un tipo particolare di strategia giudiziale, in grado di superare gli ostacoli po- sti dal sistema giuridico e politico cinese alla rappresentazione dell’in- teresse pubblico collettivo”67.

Se, tuttavia, l’influenza esercitata dai modelli occidentali sulle tec- niche impiegate dai gongyi lüshi è stata marginale, lo stesso non si può dire dell’importanza di quegli stessi modelli nel creare l’ambiente idoneo allo sviluppo – ed eventualmente al successo – delle “azioni nel pubblico interesse”. È, infatti, soprattutto, grazie alle norme “straniere” – rielaborate dagli “elite-actors”, in modo da renderle funzionali ai propri interessi e ideologie istituzionali – che si è venuta a costituire, nella Repub- blica Popolare, la “struttura di supporto”68 fondamentale per la co- struzione di un sistema di “controversie basate sui diritti”. si differenzierebbero dai gruppi di cause lawyers che hanno raggiunto le maggiori dimensioni nei Paesi del cosiddetto Terzo Mondo (e, in particolare, da quelli che si sono sviluppati all’interno di sistemi “sfavorevoli”), dovendo questi ultimi la loro crescita, essenzialmente, ai fondi stranieri. Sull’argomento vedi Stephen Ellmann, op. cit., p. 354. Si noti comunque che quanto notato nel testo non vale per tutti gli “avvocati nel pubblico interesse” cinesi: come vedremo nella parte dedicata alle in- terviste, l’attività dei gongyi lüshi che, ad esempio, operano all’interno di centri di legal aid (semi) indipendenti (come l’Ufficio di legal aid per i lavoratori migranti di Pechino 北京市农民工法律援助工作站, Beijingshi nongmingong falüyuanzhu gong- zuozhan), o in studi collegati a centri di ricerca (come lo Studio legale Dongfang per il pubblico interesse e il legal aid di Pechino 北京市东方公益法律援助律师事务所, Beijingshi Dongfang gongyi falüyuanzhu lüshi shiwusuo)) viene – non senza diffi- coltà – parzialmente finanziata da fondazioni o governi stranieri. Sull’argomento, vedi infra, capitolo quinto. Recentemente, anche alcuni avvocati e studi legali “autonomi” hanno ricevuto finanziamenti per svolgere attività “nel pubblico interesse”, e costi- tuire network di intervento su determinati temi; è ancora, comunque, troppo presto per valutare l’impatto che questa nuova modalità di sostegno potrà avere sullo svi- luppo, e sulle tattiche, della public interest lawyering cinese. Vedi Titi Liu, op. cit., p. 291. 67 Titi Liu, op. cit., p. 283. 68 Charles Epp utilizza questa espressione per indicare l’insieme dei fattori ex- tra-giuridici fondamentali a garantire il successo delle public interest litigation in un dato sistema. Vedi Charles Epp, “The Rights Revolution: Lawyers, Activists and the Supreme Courts in Comparative Perspective”, Chicago, University of Chicago Press, 1998, p. 95. Ci permettiamo di riprenderla qui, ampliandone tuttavia il signi- ficato, a comprendere tutti gli elementi (anche quelli più prettamente giuridici, come l’esistenza di norme a tutela di determinati diritti) che possono aver favorito l’e- mergere delle gongyi susong. 98 Capitolo III

Le restanti pagine di questo capitolo saranno dunque dedicate a una breve analisi dei fattori – interni ed esterni al sistema – che, in seguito all’“apertura” della Cina al resto del mondo, hanno contri- buito alla nascita delle gongyi susong.

2. L’ingresso di concetti, modelli e fondi stranieri in Cina, tra coope- razione internazionale e reazioni interne 2.1. L’ingresso della Repubblica Popolare Cinese nella comunità in- ternazionale Com’è noto la Repubblica Popolare Cinese si è aperta relativa- mente tardi ai rapporti con l’esterno, sia dal punto di vista commer- ciale che da quello politico: esclusa dalle Nazioni Unite fino al 1971, essa inizia, infatti, solo negli anni ’70 ad intrattenere rapporti diplo- matici bilaterali con buona parte dei Paesi occidentali, mentre solo nel 1980 diviene membro del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale69. È, comunque, con la fine dell’epoca maoista e l’inizio delle riforme che la Cina comincia ad assumere un ruolo sempre più attivo all’in- terno della comunità internazionale, aderendo ad un numero crescente di convenzioni: dai 15 trattati, sottoscritti tra il 1971 e il 1976, si ar- riva ai più di 100 di cui diviene parte tra il 1976 e il 198770, in con- comitanza con la presa del potere di Deng Xiaoping, e l’inaugura- zione della politica di “riforma ed apertura” (改革开放, gaige kaifang). Allo stesso periodo può essere fatto risalire anche il coinvolgi- mento della RPC nella difesa dei diritti umani71: ammessa, nel 1979,

69 Rosemary Foot, “Rigths beyond borders: The Global Community and the Struggle over Human Rights in China”, Oxford, Oxford University Press, 2000, pp. 15-16. 70 Sull’argomento, vedi più diffusamente Rosemary Foot, op. cit., pp. 16-17. 71 Diversi autori notano infatti come, nonostante la RPC, fin dalla sua fonda- zione, abbia utilizzato, in modo indiretto, i diritti umani come parte della sua poli- tica interna e internazionale – ad esempio, negli anni ’50 e ’60 del XX secolo, at- traverso l’appoggio alle rivendicazioni di autodeterminazione e sovranità dei Paesi emergenti nei confronti delle potenze coloniali – è solo a partire dal suo ingresso nell’ONU che essa utilizza il termine esplicitamente. Sull’argomento, vedi Wang Jiangyu, “China and the Universal Human Rights Standards”, 29 Syr. J. Int. L. & Comm. 135 (2001-2002), p. 140; Ann E. Kent, “Between Freedom and Subsistence: China and Human Rights”, Hong Kong, Oxford University Press, 1993, p. 100. Più precisamente, secondo Ann Kent, la Cina avrebbe cominciato ad utilizzare i diritti umani come strumento di politica estera nel 1977, attraverso una critica esplicita del trattamento dei dissidenti politici in Unione Sovietica, e a Taiwan. Vedi Ann Kent, opera citata supra, p. 101. La cooperazione giuridica internazionale in Cina 99 come osservatore agli incontri del “Comissione ONU per i diritti umani”, nel 1982 ne diviene membro ufficiale, partecipando alla “Sot- tocommissione per la prevenzione della discriminazione e la prote- zione delle minoranze”, e a gruppi di lavoro riguardanti, ad esem- pio, i diritti delle popolazioni indigene, la libertà di comunicazione, i diritti dei bambini, i diritti dei lavoratori migranti, e il tema della tortura72. Sempre in quegli anni essa promuove, insieme ad altri Paesi emergenti, l’idea di “diritto alla sviluppo” destinata a divenire, nel 1986, oggetto di una risoluzione votata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite73. È interessante notare come, all’impegno cinese per la protezione dei diritti umani in ambito internazionale74 faccia da contraltare, in questa fase, lo scarso, per non dire nullo, interesse degli altri Paesi nei confronti del rispetto di tali diritti all’interno della RPC75. Il miglioramento dei rapporti con gli Stati Uniti, gli sforzi per il contenimento dell’espansionismo sovietico, e la nuova immagine di affidabilità e sviluppo acquisita grazie ai successi delle riforme eco- nomiche sembrano, infatti, aver spinto gli osservatori occidentali, in quegli anni, a sospendere, o quasi, il giudizio sulle questioni di po- litica interna cinese, per concentrare, piuttosto, la propria attenzione sulle violazioni dei diritti umani perpetrati dall’URSS e dagli altri Paesi dell’Europa dell’Est76.

72 Wang Jiangyu, op. cit., p. 141. 73 Andrew Nathan, “China and International Human Rights Regime”, in Eli- zabeth Economy e Michael Oksemberg (eds.), “China Joins the World: Progress and Prospects”, New York, Council on Foreign Relations Press, 1999, pp. 145-146 74 La Cina, in quegli anni, voterà, ad esempio, a favore dell’invio di ispettori ONU in Afghanistan e Cile per verificare le violazioni dei diritti umani perpetrate in questi Paesi, condannando pubblicamente, sempre per la violazione di tali diritti, Israele, il Sud Africa e il Vietnam. Sull’argomento, vedi Andrew Nathan, op. cit., p. 146 75 Wang Jiangyu, op. cit., p. 141. 76 Wang Jiangyu, op. cit., p. 141. A tale proposito, ricordiamo rapidamente che, secondo alcuni autori, lo stesso “ammorbidimento” nei confronti della Cina – con la conseguente diminuzione dell’attenzione (e delle pressioni) internazionali rispetto alla condizione dei diritti umani in questo Paese – si sarebbe verificato a partire dalla se- conda metà degli anni Novanta, e costituirebbe uno degli effetti negativi della poli- tica di “dialogo e cooperazione”, strategia che, proprio in quel periodo, ha sostituito la pratica, da parte dei Paesi occidentali, di sostenere risoluzioni critiche nei confronti della Cina durante l’annuale meeting della Commisione ONU per i diritti umani. Sull’argomento, vedi più in dettaglio Sophia Woodman, “Bilateral Aid to Improve Human Rights. Donors Need to Adopt a More Coherent and Thoughtful Strategy”, in 51 China Perspective, 2004, punto 49. Sulla cooperazione giuridica in Cina, vedi infra, paragrafo 2.3. Sul cambiamento di strategia da parte dei Paesi europei, vedi Giuseppe Balducci: “The Limits of Normative Power Europe in Asia: The Case 100 Capitolo III

L’atteggiamento della Comunità internazionale nei confronti della Cina era destinato, comunque, a mutare radicalmente, in seguito ai fatti di Tian’anmen. Il clamore suscitato dalla dura repressione della protesta studen- tesca non portò, infatti, solo alla minaccia di pesanti sanzioni com- merciali, al “congelamento” di prestiti e aiuti, e all’interruzione di qualsiasi scambio bilaterale (culturale, economico o militare che fosse), determinando drammatiche ricadute su investimenti stranieri, espor- tazioni e turismo77; a partire dal 4 giugno 1989, la Repubblica Po- polare divenne anche il principale oggetto delle preoccupazioni in- ternazionali in tema di diritti umani78. Il momento, per la Cina – al culmine delle riforme, e nel pieno delle trattative per l’ingresso nel GATT/WTO – non poteva essere meno opportuno: ricordiamo, infatti, che proprio in quegli anni si stava verificando la convergenza tra i movimenti di Law and Deve- lopment e Human rights, grazie alla quale il concetto di “good go- vernance” doveva divenire uno dei requisiti fondamentali per l’ac- cesso al sostegno internazionale79. La RPC rischiava dunque di mettere a repentaglio, allo stesso tempo, reputazione e sviluppo economico: naturale, pertanto, che già dai primi anni ’90 essa abbia cercato di porre rimedio alla situazione, non solo attraverso gesti eclatanti – come il rilascio di molti degli at- tivisti arrestati durante i “Tian’anmen shigu” (天安门事故,gli “in- cidenti” di piazza Tian’anmen), o la regolare pubblicazione di White Paper (白皮书, baipishu)80 sulla condizione dei diritti umani in Cina – ma anche (e soprattutto) mostrandosi disponibile a rivedere, in qual- che misura81, le sue posizioni in materia di diritti fondamentali, e ad of Human Rights in China”, East Asia (2010), 27, di cui è disponibile una versione elettronica all’inidirizzo: http://www.springerlink.com/content/8h8438wh61763367/ful- ltext.pdf, p. 41 e ss. 77 Andrew Nathan, p. 146. 78 Ibid. 79 Sull’argomento, vedi supra, capitolo secondo, paragrafo 3.4, e gli autori ivi ci- tati. Vedi anche Sophia Woodman, op. cit., punto 7. 80 L’ultimo, in ordine di tempo, è stato emanato dall’Ufficio per le informazioni del Consiglio di Stato (国务院新闻办公室, Guowuyuan xinwen bangongshi) il 26 set- tembre 2010, e lo stesso giorno pubblicato da Xinhuanet (新华网, Xinhuawang). La versione completa (in cinese) è consultabile all’indirizzo http://www.jiaodong.net/news/sy- stem/2010/09/26/010965821.shtml (visitato l’ultima volta il 27/09/2010). 81 In realtà, com’è noto, all’accondiscendenza nei confronti di alcune richieste in tema di diritti umani portate avanti dalla comunità internazionale – imposta, spesso, dalla necessità di fornire determinate garanzie a tutela di interessi spesso meramente economici – si accompagna la generale tendenza, da parte della Cina, a respingere le critiche esterne sulla base di svariati argomenti, molti dei quali ricavati da diffuse La cooperazione giuridica internazionale in Cina 101 acconsentire (di nuovo, entro certi limiti)82 al controllo del rispetto di tali diritti da parte di osservatori esterni. In questo senso, si può dire che le riforme abbiano contribuito a modificare il rapporto dello Cina con il resto del mondo. Per entrare a far parte di numerose istituzioni internazionali, ed accedere alle risorse necessarie a finanziare la sua crescita, la Repub- blica Popolare è stata costretta – secondo le nuove regole imposte al mercato globale dall’affermarsi del Movimento per la promozione della Rule of Law – ad assumere impegni sul piano nazionale, prima ancora che su quello estero, e a sottoporre alcune scelte di politica interna al sindacato degli organismi internazionali preposti83. L’impatto sulla produzione e sulla circolazione delle idee all’in- terno del Paese non poteva che essere notevole. Anche ammettendo – come sostiene Wang Chaohua, in un stu- dio dedicato all’esame delle correnti intellettuali oggi presenti in Cina84 – che i progetti di cooperazione allo sviluppo sostenuti dagli stranieri non abbiano contribuito, se non in minima parte, alla diffusione dei concetti occidentali85, è impossibile negare il ruolo svolto da altri fat- tori (molti dei quali conseguenza della situazione poco sopra deli- neata) nel rendere più agevole lo scambio di informazioni tra la RPC e gli altri Stati. Tra questi, ricordiamo le crescenti opportunità di formazione al- l’estero, l’intensificarsi dei rapporti economici, politici ed accademici, i contatti con gli intellettuali espulsi dalla Cina dopo i fatti di Tian’an- men, resi possibili grazie ai media con base ad Hongkong86, e – in teorie internazionalistiche: tra questi, spiccano il principio di non ingerenza negli af- fari interni, e il riferimento ai “valori cinesi”. Sull’argomento, vedi Wang Jiangyu, op. cit., p. 144 e ss. 82 Vedi nota precedente. 83 Titi Liu, op. cit., p. 267. 84 Wang Chaohua, “Introduction. Minds of the Nineties” in Wang Chaohua (ed.), “One China, Many Paths”, London-New York, Verso, 2005, p. 14 85 Secondo Wang Chaohua, infatti, il loro impatto sarebbe stato limitato alle singole discipline interessate da tali progetti, senza sviluppare un dibattito intellet- tuale più ampio. In ogni caso, l’autore riconosce il fatto che la cultura cinese abbia beneficiato enormemente dell’intensificarsi degli scambi con l’Occidente. Sull’argo- mento vedi più in dettaglio Wang Chaohua, “Introduzione”, citata, p. 14. 86 Tra questi, citiamo Han Dongfang – leader del primo sindacato autonomo ci- nese, arrestato ed esiliato dopo i fatti del 1989- il quale, attraverso le onde di Ra- dio Free Asia, ha – a partire da quegli anni – contribuito in modo determinante alla presa di coscienza dei lavoratori cinesi rispetto ai propri diritti, anche attraverso la ONG da lui fondata, la China Labour Bulletin. Per maggiori informazioni sull’at- tività in difesa dei diritti dei lavoratori svolta da tale organizzazione si visiti il sito della stessa, all’indirizzo http://www.china-labour.org.hk/en/. Riguardo alle riflessioni sulle riforme elaborate dagli intellettuali cinesi alla luce delle teorie “straniere” con 102 Capitolo III tempi più recenti – la possibilità di accedere a internet87; tutti ele- menti che, senza ombra di dubbio, hanno contribuito a rendere i cit- tadini Repubblica Popolare più consapevoli dell’esistenza di differenti realtà e modi di vedere, portando nuova linfa al dibattito interno88. Un dibattito interno, in quel periodo, molto più acceso ed aperto di quanto sarebbe lecito aspettarsi89, e che – a partire all’ultimo de- cennio del XX secolo – si è concentrato principalmente su due que- stioni: la prima, relativa al livello di integrazione “globale” che la Cina avrebbe dovuto cercare di raggiungere, sia dal punto di vista econo- mico, che da quello del diritto internazionale; la seconda, riguardante l’opportunità, per un sistema come quello della RPC, di imitare le regole politiche e giuridiche proprie delle democrazie liberali occi- dentali90. Le risposte della comunità intellettuale cinese a queste domande sono state differenti, e trasversali al gruppo economico – sociale di appartenenza: a questo proposito, è interessante notare come, ad esem- pio tra gli intellettuali più preoccupati per la situazione delle fasce deboli della popolazione, si siano registrate opinioni contrastanti, in merito alle possibili ricadute politiche, giuridiche e sociali dell’ingresso della Repubblica Popolare nel mercato globale91. Si tratta di aspetti finora poco studiati, sia in Cina che all’estero, ma che mi pare possano, almeno in qualche misura, contribuire a fare luce sulle dinamiche sottese alla nascita delle gongyi sysong. Le espe- rienze riportate dai gongyi lüshi da me intervistati92 confermano, in- fatti, come sia anche grazie al fermento culturale provocato da que- cui erano entrati in contatto in seguito all’esilio si veda ancora Wang Chaohua, op. cit., p. 22 e ss 87 Sull’influenza esercita dalla diffusione dell’uso di internet sullo sviluppo della democrazia partecipativa in Cina vedi, più in dettaglio, Gianluigi Negro, ““Il po- polo della rete” e la vicenda della Diga verde””, in Renzo Cavalieri e Ivan Fran- ceschini, “Germogli di Società Civile in Cina”, Milano, Francesco Brioschi Editore, 2010, p. 85 e ss. 88 Ibid. 89 Sull’argomento, con particolare riferimento al differente ruolo svolto dagli in- tellettuali negli anni ’80, e in quelli ’90 (definite, rispettivamente, “la prima decade” e la “seconda decade” delle riforme, e separate nettamente dai fatti del 1989), vedi più in dettaglio Wang Chaohua, op. cit., p. 11 e ss. 90 Sull’argomento vedi, in generale, Wang Chaohua, op. cit., p. 1-75 e Titi Liu, op. cit., p. 268. 91 Titi Liu, ibid. 92 Vedi intervista a Huang Jinrong e Wang Zhenyu, marzo-aprile 2009. Per mag- giori dettagli su questi avvocati, e sulle strutture all’interno delle quali si trovano ad operare (rispettivamente: lo Studio legale Dongfang per il pubblico interesse e il le- gal aid di Pechino, e lo Studio legale Yipai di Pechino), vedi infra, capitolo quinto, paragrafi 5.3.1 e 5.3.4. La cooperazione giuridica internazionale in Cina 103 sto tipo di discussioni che si è formata, nella mente di alcuni citta- dini cinesi, l’idea di utilizzare il diritto per correggere alcune delle “contraddizioni” presenti all’interno della società del loro Paese93. Per tale ragione, prima di vedere, nel dettaglio, in che modo gli aiuti occidentali abbiano contribuito a creare, almeno in parte, il “re- ceptive apparatus”94 su cui gli attivisti cinesi, oggi, cercano di edifi- care il loro originale sistema di “azioni nel pubblico interesse”, ri- tengo utile dare brevemente conto del dibattito sulle riforme, fiorito in Cina a cavallo tra il XX e il XXI secolo.

2.2. Il dibattito interno sulle riforme Nel tracciare una mappa dei movimenti intellettuali emersi nella cosiddetta “seconda decade delle riforme”95, Wang Chaohua nota come gli anni Ottanta e quelli Novanta del XX secolo abbiano rappresen- tato, nell’evoluzione del pensiero cinese, due fasi distinte96, per molti versi assimilabili ad altri due momenti fondamentali della storia cul- turale di questo Paese97: il periodo che va dal maggio 1919 alla presa del potere del Guomindang, e quello compreso tra la fine degli anni ’20 e l’estate del 1937, vigilia della guerra con il Giappone. Se questo paragone fosse valido – e, in effetti, le similitudini sono sconcertanti – gli anni ’80 dovrebbero essere accostati al decennio se- guente al “Quattro Maggio” (四五, siwu); come questo, essi costi- tuirebbero una breve parentesi colma di energia esplosiva, in cui sem- bra non esistano limiti alla creatività, e gli intellettuali cinesi si sen- tono liberi di esplorare nuove soluzioni, all’apparenza tutte realizzabili 98. Al contrario, gli anni ’90 corrisponderebbero al periodo di con-

93 Vedi infra, capitolo quarto, paragrafo 2.2. 94 Si tratta di un’espressione utilizzata da Siri Gloppen, per indicare l’insieme delle condizioni favorevoli alle public interest litigation in un dato sistema. Vedi Siri Gloppen, “Public Interest Litigation, Social Rights and Social Policy”, Arusha Con- ference, “New Frontiers of Social Policy”, Dec. 12-15, 2005, disponibile su http://si- teresources.wordbank.org/INTRANETSOCIALDEVELOPMENT/Resources/Glop- pen.rev.3.pdf (visto l’ultima volta il 31/03/2010). 95 Considerata, dallo stesso autore, avere inizio con il famoso viaggio di Deng Xiaoping nelle province meridionali, nel 1992, e terminare, appunto, dieci anni più tardi, con il XVI Congresso del PCC, e la presa del potere di una nuova genera- zione di leader. Vedi Wang Chaohua, op. cit. p. 11. 96 Ibid. 97 Si tratta di una tesi condivisa anche da Xu Jilin, e da questo esposta in Xu Ji- lin, in Xu Jilin, “The Fate of an Enlightment – Twenty Years in the Chinese In- tellectual Sphere (1978-1998), East Asian History, December 2000, p. 169-186, citato da Wang Chaohua, in Wang Chaohua (ed.), op. cit., p. 11. 98 Wang Chaohua, ibid. 104 Capitolo III solidamento del potere del KMT; un momento storico, com’è noto, contrassegnato da importanti eventi politici, che hanno costretto gli intellettuali a fare i conti con la realtà, spingendoli a mettere in di- scussione le proprie idee e a valutarle dal punto di vista delle per- sone ordinarie, creando, all’interno della fino ad allora sostanzialmente unita intellighenzia cinese, fratture destinate a far nascere svariate cor- renti, una in opposizione all’altra99. Non è questa la sede per esprimere giudizi riguardo alla validità di questa teoria100. Quello che qui ci preme rilevare è come, effetti- vamente, fino all’inizio degli anni ’90 il discorso degli intellettuali sulle riforme sia stato piuttosto univoco, e caratterizzato dal desiderio na- zionalistico di impadronirsi del potere degli occidentali, in particolar modo di quello USA101. Per raggiungere tale scopo la ricetta più idonea sembrava essere quella neoliberista, all’epoca in auge a livello internazionale102: in pra- tica, dare sostegno a leggi che tutelassero il commercio e la proprietà, per ridurre il controllo sull’economia da parte dello Stato103. In effetti, in quegli anni, molti intellettuali ritengono che l’inte- grazione della Cina nel mercato globale possa essere il preludio alla democratizzazione, e considerano il dovere di seguire i modelli stra- nieri quasi un articolo di fede, senza domandarsi – o, comunque, tra- scurando di chiarire – quali siano i meccanismi che dovrebbero per- mettere al Paese di divenire un libero mercato, sviluppando, allo stesso tempo, una classe media, e una nuova coscienza civile104. È questo, in estrema sintesi, il pensiero dei “riformatori liberali”: soggetti relativamente indipendenti, parte dell’elite socio-politico-eco- nomica cinese e, di norma, attivi all’interno del mondo accademico, o al livello medio della burocrazia105. Notiamo che saranno proprio questi soggetti ad avere il controllo – e a beneficiare – degli scambi internazionali e dei fondi destinati ai

99 Ibid. 100 Per posizioni che si distaccano, pur se con grado differente, dall’ipotesi avan- zata dall’autore citato vedi Zhu Xueqin,” For a Chinese Liberalism”, in Wang Chaohua (ed.), “One China, Many Paths” citato, p. 87 e ss. e, all’interno della stessa opera, i brani scritti da Qin Hui (“Dividing the Big Family Asset”, p. 128 e ss. ) e Chen Pingyuan (“Scholarship, Ideas, Politics”, p. 108 e ss.). 101 Zhang Xudong, “The Making of the Post-Tiananmen Intellectual Field: A Critical Overview, in Zhang Xudong (ed.): “Whither China: Intellectual Politics in Contemporary China”, Durham, Duke University Press, 2001,, p. 24 e ss. 102 Sull’argomento, vedi supra, capitolo secondo, paragrafo 3.3. 103 Zhang Xudong, op. cit., ibid. 104 Vedi Wang Hui, “The New Criticism”, citato in Wang Chaohua (ed.), “One China Many Paths”, citato, p. 63 e ss. 105 Ibid, p. 63. La cooperazione giuridica internazionale in Cina 105 progetti di cooperazione, divenuti disponibili soprattutto a partire dai primi anni ’90. In questo senso, è possibile affermare che la visione dei “rifor- matori liberali” non si pone solo in perfetta in linea con quella dei cooperatori stranieri: essa è anche stata fortemente influenzata dal- l’interazione con gli stranieri stessi. Ricordiamo, a tale proposito, che al “liberalismo” (自由主义, ziyou zhuyi) appartengono molti degli oggi più influenti pratici e teorici del diritto cinesi, buona parte dei quali ha partecipato a programmi di formazione al di fuori delle Cina, prendendo parte a progetti sov- venzionati direttamente dal governo o sostenuti, appunto, da bene- fattori internazionali106. Tra questi progetti, uno in particolare ci pare degno di menzione, per la sua rilevanza e perché finanziato dalla Fondazione Ford, isti- tuto tra i più attivi nella promozione della Public Interest Law nel mondo107: si tratta del programma gestito, tra il 1982 e 1995, dal Committee on Legal Education Exchanges with China (CLEEC)108, grazie al quale più di 200 docenti selezionati all’interno di 8 tra delle migliori facoltà di diritto cinesi – oltre a un certo numero di studiosi dell’Accademia Scienze sociali di Pechino – hanno avuto la possibi- lità di frequentare i corsi delle più prestigiose Law School americane 109. Stanley Lubman, in un articolo dedicato allo sviluppo dello stu- dio e dell’insegnamento del diritto cinese negli Stati Uniti110, nota come circa il 70% dei partecipanti al programma sopra citato abbiano fatto ritorno in Cina, e più di 100 di essi abbiano continuato a in-

106 Sull’argomento, vedi Titi Liu, op. cit., p. 269. 107 Vedi supra, capitolo secondo, paragrafo 3.2 e seguenti. 108 È interessante notare come, nell’elenco dei fondatori del CLEEC, compaiano i nomi di alcuni dei principali studiosi americani di diritto cinese. Tra questi ricor- diamo: William Alford (U.C.L.A., later Harvard Law School); R. Randle Edwards (Columbia Law School); Walter Gellhorn (Columbia Law School); Victor H. Li (East-West Center); William Jones (Washington University School of Law); Eric Stein (University of Michigan Law School); Whitmore Gray (University of Michigan Law School); Stanley Lubman (University of California – Berkeley); Sharon Hom (City University of New York Law School at Queen’s College); Donald Clarke (Univer- sity of Washington School of Law); Hilary Josephs (Syracuse University College of Law). Vedi Stanley Lubman, “The Study of Chinese Law in the United States: Re- flections on the Past and Concerns About the Future”, 2 Wash. U. Global Stud. L. Rev. 1, Winter 2003, nota 108. 109 Per maggiori dettagli su questo progetto, vedi, tra gli altri: The Ford Foun- dation, «Many Roads to Justice: the Law-related Work of Ford Foundation Gran- tees Around the World», Mary McClymont & Stephen Golub eds, 2000, p. 167 e ss.; Stanley Lubman, op. cit., p. 23-24; Titi Liu, op. cit., p. 269. 110 Stanley Lubman, op. cit. ult. 106 Capitolo III segnare all’università111, utilizzando quanto appreso durante il sog- giorno negli Stati Uniti: “to modernize the rather rigid and formalistic approach that otherwise dominates Chinese legal education”112.

Al di là delle valutazioni di merito, è certo che il periodo tra- scorso all’estero ha influenzato profondamente l’atteggiamento di que- sti giuristi nei confronti dei modelli stranieri, statunitensi in partico- lare. Come ricorda Titi Liu – la quale, si noti, ha ricoperto il ruolo di Law and Rights Program Officer presso l’Ufficio di Pechino della stessa Ford Foundation tra il 2000 e il 2007 – essi, nel corso degli anni, hanno occupato posizioni di rilievo nelle professioni legate al diritto113, spesso facendosi promotori di progetti di riforma in cui non è difficile scorgere l’impronta americana114. Tra questi, l’autrice elenca le proposte per l’introduzione del pro- cesso accusatorio115, quelle miranti a garantire una maggior protezione

111 Si tratta di dati forniti dalla stessa fondazione Ford in The Ford Foundation, op. cit., p. 168. 112 Ibid., p. 24. 113 In particolare in ambito accademico. Tra i docenti di diritto che hanno par- tecipato al progetto CLEEC ricordiamo, in particolare: Wang Liming, prorettore dell’Università del Popolo di Pechino, e oggi considerato uno dei migliori giuristi cinese, tanto da aver preso parte alla redazione di tutte le più importanti leggi ema- nate negli ultimi anni, dalla Legge sul Contratto a quella sulla proprietà, a quella, recentissima, sulla responsabilità extracontrattuale; Zhang Wenxian, già preside della facoltà di diritto dell’università di Jilin, e ora prorettore della stessa università; Wang Chenguang, già vice-preside della facoltà di giurisprudenza dell’Università di Pe- chino, e ora insignito della stessa carica presso l’università Qinghua di Pechino; Li Jiaojie, docente di diritto internazionale sempre a Qinghua, già prorettore dell’uni- versità di Pechino e ora vice presidente della Corte Suprema del Popolo; Xin Chunyin, ex direttore dell’Istituto di diritto dell’Accademia Cinese di Scienze Sociali; Luo Hao- cai, già vice-preside della Corte Suprema del Popolo e, infine, Wang Exiang, docente presso il dipartimento di diritto dell’Università di Wuhan (dove, si noti, nel 1992, ha fondato il primo centro di legal aid cinese) e, recentemente, nominato vice pre- sidente della Corte Suprema. Per maggiori dettagli sul progetto CLEEC, vedi Stan- ley Lubman, op. cit., p. 24; The Ford Foundation, «Many Roads to Justice: the Law-related Work of Ford Foundation Grantees Around the World», Mary Mc- Clymont & Stephen Golub eds, 2000, p. 168. Riguardo all’influenza esercitata dal- l’esperienza all’estero su alcuni di questi docenti, con particolare riferminento alla loro attività in difesa di diritti, vedi Fu Hualing and Richard Cullen, “The Deve- lopment of Public Interest Litigation in China”, citato, p. 14. 114 Titi Liu, op. cit., p. 269. 115 Sulla trasformazione del processo civile cinese da inquisitorio ad accusatorio si veda 张艳蕊: “民事公益诉讼与民事诉讼机能的扩张”, 河北法学,第25 卷,第5 期, 2007 年5月, Zhang Yanrui: “Minshi gongyi susong yu minshi susong jineng de La cooperazione giuridica internazionale in Cina 107 dei diritti di proprietà116, le battaglie a favore di un incremento del- l’indipendenza della magistratura117 e, da ultimo, i richiami all’ado- zione di un approccio più favorevole alla risoluzione giudiziale delle controversie118. Gli stessi giuristi, inoltre, una volta rientrati in Patria, avrebbero continuato a mantenere e coltivare legami con accademici, organizzazioni di Public Interest Law e fondazioni varie in USA119. A tale proposito, è bene comunque sottolineare che, se è vero che questi riformatori “indipendenti”, proprio grazie alle esperienze ma- turate all’estero, hanno rivestito un ruolo chiave nel processo di “fil- traggio e adattamento” dei concetti occidentali alla situazione cinese, essi, tuttavia, non hanno mai esercitato l’esclusivo controllo sul flusso di informazioni provenienti dall’esterno. All’opera di selezione e diffusione svolta dai riformatori liberali si è, infatti, sempre affiancata e sovrapposta quella portata avanti da or- gani più direttamente collegati al governo; organi che, servendosi de- gli stessi mezzi (partecipazione a progetti di cooperazione in primis), hanno sviluppato rapporti autonomi con gli esperti provenienti dagli altri Paesi, acquisendo, per tale via, notizie di prima mano riguardo al funzionamento dei sistemi giuridici stranieri, ed elaborandole in modo autonomo120. Per tornare ai movimenti intellettuali presenti negli anni Novanta notiamo che è appunto in questo decennio – verso la metà del quale, lo ricordiamo, dovevano fare la loro apparizione le prime gongyi su- song – che comincia a registrarsi una rottura all’interno del fronte, fino ad allora piuttosto unito, dell’intellighenzia cinese. Prendendo atto del fatto che le riforme, insieme a un maggior benessere, hanno portato a gravi ingiustizie e disparità sociali, una parte degli intellet- tuali inizia ad assumere le distanze dal neoliberismo all’epoca impe- rante, e accusa i liberal reformers di aver proposto un paradigma di modernizzazione inadatto alla situazione cinese121. kuozhang” (Azioni nel pubblico interesse e ampliamento funzionale dell’azione ci- vile), Hebei Faxue, vol. 25, n. 5, maggio 2007, p. 116 e ss. 116 Si noti che, a partire dal 2004, la Costituzione riconosce uguale protezione alle differenti forme di proprietà, proprietà privata inclusa. Per una sintesi, in lingua italiana, riguardo all’evoluzione del diritto di proprietà in sede costituzionale, si ri- manda a Gianmaria Ajani, Andrea Serafino, Marina Timoteo, “Diritto del- l’Asia Orientale”, Torino, Utet, 2006, p 317 ss. 117 Titi Liu, op. cit., p. 269. 118 Ibid. 119 Ibid. 120 Ibid. 121 Zhang Xudong, op. cit., p. 40-41. Sull’argomento vedi anche Wang Hui, “The New Criticism”, in Wang Chaohua, “One China, Many Paths”, citato, p. 57-67. 108 Capitolo III

Si tratta del movimento definito della “Nuova Sinistra” (新左派, xin zuopai); un movimento che critica apertamente l’influenza delle teorie straniere sul processo di sviluppo, mettendo in dubbio la stessa neutralità e indipendenza dei riformatori122, e che si propone di creare un nuovo modello di progresso, fondato su basi più tipicamente ci- nesi123. Per amore di precisione, osserviamo tuttavia che, nonostante le declamazioni, anche la Nuova Sinistra impiega ampiamente, nei suoi discorsi, concetti elaborati in Occidente124. Le correnti qui sopra sin- teticamente descritte hanno, infatti, in comune un tratto fondamen- tale, pur se declinato in modalità e gradi differenti: il desiderio di contrastare un regime autoritario che si è aperto alle influenze occi- dentali solo entro i limiti necessari a favorire il commercio e gli in- vestimenti esteri, ma che – come testimoniano le più recenti tendenze in politica interna125 – resta dichiaratamente ostile alle istanze di de- mocratizzazione implicite nei modelli presi a riferimento126. In estrema sintesi, è dunque possibile concludere che, in Cina, ri- guardo alle riforme, esistono almeno tre posizioni distinte, ricondu- cibili, in teoria, ad altrettanti “gruppi sociali” in senso lato, ma, in pratica, ad essi trasversali. La prima è la posizione ufficiale del governo, preoccupato, come recitano le dichiarazioni rese dai leader cinesi negli ultimi anni, per “l’infiltrazione di forze nemiche” che possono minacciare la sicurezza nazionale, portando a una “rivoluzione colorata” come quelle che, all’inizio del XXI secolo, hanno rovesciato i regimi dittatoriali di di- versi Paesi dell’Europa dell’Est127.

122 Zhang Xudong, op. cit., p. 30-31. 123 Wang Hui, op. cit., p. 62. 124 Ibid., p. 72. 125 Sull’argomento, con particolare riferimento alla situazione degli avvocati im- pegnati nella difesa dei diritti civili e politici, vedi supra, capitolo secondo, para- grafo 2. 126 Zhang Xudong, op. cit., p. 4 e ss. Sul cosiddetto “two-track approach” se- guito dalla Cina in tema di riforme si veda anche Randall Peerenboom, “Intro- duction” in Randall P. Peerenboom, “Judicial Indipendence in China: Lessons for Global Rule of Law Promotion”, Cambridge, Cambridge University Press, 2010, di cui è disponibile una copia elettronica all’indirizzo: http://ssrn.com/abstract=1543003, inviata il 26/01/2010. 127 Joseph Kahn, “Chinese Official Warns Against Indipendence of Courts, N. Y.Times, feb. 3 2007 at A5, su http://query.nytimes.com/gst/fullpage.html?res=9901E1DC 123FF930A35751C0A9619C8B63 visto l’ultima volta il 10 aprile 2010. Sull’argomento, vedi anche Randall Pereenboom, op. cit. nota precedente, pp. 18-19. Sull’argomento, e sulla campagna per la “Rule of Law socialista”, lanciata da Luo Gan (allora a capo della Commissione Politico-giuridica del Comitato Centrale del PCC) nell’aprile del 2006, vedi Human Rights Watch, ““Walking on Thin Ice”. Control, Intimidation La cooperazione giuridica internazionale in Cina 109

Accanto a questa – e su di essa praticamente ricalcata – si colloca la posizione dei soggetti portatori degli interessi commerciali più forti (tra cui Titi Liu annovera anche gli avvocati non impegnati politica- mente), sempre attenti a non discostarsi dalla visione governativa or- todossa128. Infine, si deve registrare la presenza dell’atteggiamento – molto più sfumato – attribuibile agli intellettuali, divisi, come abbiamo vi- sto, tra sostenitori del modello occidentale “ad ogni costo”, ed espo- nenti della Nuova Sinistra129. I primi, convinti che l’integrazione dei mercati inevitabilmente por- terà, nel lungo periodo, anche a cambiamenti politici importanti; i se- condi che, al contrario, considerano l’imitazione dell’occidente in am- bito economico quale principale causa dei problemi sociali che oggi affliggono la RPC (e fonte di rafforzamento – piuttosto che di in- debolimento – del regime esistente), e si augurano che la Cina possa trovare una propria, originale, via allo sviluppo. A tale proposito è interessante notare come, ad essere impegnati in questo dibattito, oscillando tra i due poli, non siano solo accade- mici, o attivisti dei diritti, ma anche i più aperti e indipendenti tra gli ufficiali governativi. Secondo Titi Liu, l’emergere della Gongyifa (公益法, Public Inte- rest Law), in Cina, non sarebbe che il prodotto dell’interazione tra le forze sopra descritte e le istituzioni straniere che, a partire dagli anni ’90, hanno fornito informazioni riguardo ai sistemi di Public In- terest Law esistenti negli altri Paesi, erogando, allo stesso tempo, fondi a sostegno dell’introduzione di elementi di questa disciplina nella RPC: gli “élite actors” cinesi (intellettuali neoliberisti e della Nuova Sinistra, soggetti portatori di interessi economici forti e ufficiali go- vernativi) si sarebbero, dunque, serviti dei i modelli e il denaro pro- veniente dall’esterno in modo strumentale, per promuovere obiettivi frutto di ideologie istituzionali non sempre tra di loro convergenti130. Si tratta di un discorso che riverbera anche sull’oggetto del no- stro studio: se, infatti, il controllo del flusso di idee e di denaro stra- nieri è stato (e, in parte, continua ad essere ancora oggi) nelle mani degli attori istituzionali, la nascita, e il successo, delle gongyi susong and Harassment of Lawyers in China”, New York, Human Rights Watch, 2008, p. 23 e ss.; Human Rights Watch, ““A Great Danger for Lawyers”. New Regulatory Curbs on Lawyers Representing Protesters”, vol. 18 n° 15 (c), Dec. 2006, disponi- bile su http://www.hrw.org/reports/2006/china1206/china1206webwcover.pdf (visto l’ultima volta il 22/05/09), p. 56-57, e supra, capitolo secondo, nota 175. 128 Titi Liu, op. cit., pp. 270-271. 129 Ibid. 130 Titi Liu, op. cit., p. 274. 110 Capitolo III mostra come anche i semplici cittadini (i “non élite actors”131) abbiano saputo inserirsi nella dinamica sopra descritta, insinuandosi tra le pie- ghe del sistema e trasformando gli istituti introdotti, con tutt’altri fini, dai soggetti appartenenti all’élite intellettuale e politica del Paese in strumenti di pressione politica interna. Ma cosa ha spinto i Paesi occidentali a investire risorse nel soste- gno alla riforma giuridica cinese? Quali sono stati gli istituti, e i mo- delli, arrivati in Cina attraverso la cooperazione internazionale? E in che modo quest’ultima può avere contribuito alla comparsa delle gonyi susong?

2.3. La cooperazione giuridica internazionale nella Repubblica Popo- lare Cinese Nel paragrafo precedente abbiamo visto, per sommi capi, quale sia stato il dibattito interno riguardo alle riforme. Interessante, a tale proposito, è notare come, al di fuori della Cina, si sia assistito negli stessi anni ad un altrettanto acceso confronto ri- guardo all’opportunità, per i governi degli Stati democratici, di im- pegnarsi nel processo di modernizzazione dei Paesi emergenti, e a un simile disaccordo sulla possibilità che le riforme economiche potes- sero portare, con il tempo, a trasformazioni politiche132. Per quanto riguarda, in particolare, la situazione cinese, Titi Liu evidenzia come, a partire dalla fine degli anni ’80, la politica estera degli Stati occidentali nei confronti della RPC sia stata condizionata dall’obbligo di conciliare due opposte esigenze: da una parte, la ne- cessità di mantenere le relazioni con un Paese di cui apparivano sem- pre più evidenti l’importanza politica e la forza economica; dall’al- tra, il dovere “diplomatico” di fare pressioni perché la Repubblica

131 L’espressione è, ancora, di Titi Liu, e da essa utilizzata per indicare tutti quei soggetti che, appunto, non appartengono all’élite socio-economico-politica del Paese. Vedi Titi Liu, op. cit., p. 271 e 293. A questa classe, secondo la stessa autrice, ap- parterrebbe la maggioranza dei gongyi lüshi. In proposito, si veda, contra, quanto affermato da Benjiamin Liebman, il quale, in una pubblicazione recente, ma basata su dati forse oggi un po’ superati, sostiene che , in Cina: “lawyers pursuing specific causes tend to be well-connected members of China’s elite who are pursuing goals consistent with those of the central government”. Vedi Benjiamin Liebman, “Lawyers, Legal Aid, and Legitimacy in China”, citato, p. 329. 132 Vedi, in generale, Thomas Carothers (ed.): Promoting the Rule of Law Abroad: In Search of Knowledge, Washington D.C., Carnegie Endowement for In- ternational Peace, e Sophia Woodman, “Bilateral Aid to Improve Human Rights, Donors – Need to Adopt a More Coherent and Thoughtful Strategy”, 51 China Perspectives 28-49 (2004), http://chinaperspectives.revues.org/document788.html (vi- sto l’ultima volta il 10 aprile 2010), punto 12 e ss. La cooperazione giuridica internazionale in Cina 111

Popolare aumentasse le garanzie interne a tutela dei diritti umani, come richiesto, a livello internazionale, dagli attivisti di Human Ri- ghts133. Da questo punto di vista, l’impegno nella promozione della “Rule of Law” in Cina appariva, agli occhi dei governi di quei Paesi, come la soluzione ideale, perché in grado di soddisfare entrambe questi re- quisiti. Non solo, infatti, il noto collegamento tra la nozione di Stato di diritto e i concetti di sviluppo economico e democratizzazione ren- deva possibile riunire, sotto un’unica bandiera, sia le istanze degli im- prenditori stranieri, interessati a far sì che la Cina si dotasse di norme atte a proteggere i loro investimenti, sia quelle degli attivisti dei di- ritti umani, che premevano per l’introduzione di leggi che limitassero l’arbitrio del governo cinese nei confronti dei propri cittadini134. Nella sua accezione più tecnica (o “sottile”, secondo la definizione di Randall Peerenboom135) la Rule of Law consentiva anche di of- frire, alla leadership della RPC, aiuto in uno dei settori in cui, in que- gli anni, essa più era più impegnata: la riforma del sistema giuridico136, ridotto ai minimi termini durante l’epoca maoista. È nel contesto qui sopra molto sinteticamente descritto che si deve collocare lo slancio internazionale nei confronti della scambi giuridici con la Repubblica Popolare, a cui si è assistito tra la fine del XX se- colo e l’inizio di quello successivo137; una “gara” che ha visto in com- petizione agenzie statali e di sviluppo internazionale, organizzazioni non governative e fondazioni provenienti da vari Paesi (USA, so- prattutto, ma anche Australia, Canada, Francia, Germania, Olanda, Paesi Scandinavi e Regno Unito, solo per citarne alcuni), desiderose di contribuire allo sviluppo giuridico cinese approfittando, quando

133 Titi Liu, op. cit., pp. 271-272. 134 Matthew Stephenson, “A Trojan Horse in China?”, citato, p. 197. 135 Sull’argomento, vedi, in generale, Randall Peerenboom, “China’s Long March toward Rule of Law”, Cambridge, Cambridge University Press, 2002 e, dello stesso autore, “China and the Rule of Law: Part I”, Perspectives, vol. 1(5), availa- ble at http://fas-www.harvard.edu/~asiactr/haq/199903/9903a010.htm, p. 4. 136 Ibid. A tale proposito, Matthew Stephenson nota anche come, in realtà, prima del summit Clinton-Jiang del 1997, la leadership cinese non fosse perfettamente a suo agio con l’espressione “rule of law”, tanto da chiedere che – nel memorandum pubblicato a seguito di tale incontro per dare atto dei punti sui quali i due leader avevano trovato una convergenza – alla locuzione “promoting the rule of law” fosse sostituita quella, considerata politicamente più neutra, di “cooperation in the field of law”. Vedi Matthew Stephenson, op. cit., p. 198 e ss. 137 Sull’argomento, vedi ancora Randall Pereenboom, “Introduction”, citato, p. 13. 112 Capitolo III possibile, dell’occasione, per suggerire l’adozione di norme compati- bili con il proprio modello di riferimento138. Non è questa, ovviamente, la sede per esaminare nel dettaglio i programmi di aiuto portati avanti dai donatori occidentali a partire dagli anni Novanta; a tale argomento, del resto, sono già stati dedi- cati diversi studi, ai quali si rimanda per eventuali approfondimenti139. Notiamo solo, qui, rapidamente, come tali programmi, in gene- rale, mirassero a trasformare la Cina in un Paese di Rule of Law, at- traverso un’agenda che prevedeva, allo stesso tempo, la democratiz- zazione del Paese, l’aumento dell’indipendenza di magistrati e avvo- cati e la creazione di una cornice normativa favorevole al commer- cio internazionale e agli investimenti esteri140. Ma se democrazia, legalità e mercato apparivano, a livello decla- matorio, le parole d’ordine della cooperazione giuridica internazio- nale, una rapida lettura dei progetti realizzati in quegli anni in Cina rivela come – quando dalla teoria si passava alla pratica – fosse su- gli ultimi due aspetti della questione che si concentravano gli sforzi (e l’attenzione) dei benefattori stranieri141. Si tratta di un dato che non deve stupire: proprio sulla ricostru- zione del sistema economico, come dicevamo, si attuava infatti la maggiore convergenza tra gli interessi delle multinazionali presenti sul territorio dei Paesi “cooperatori”142, e quelli del governo cinese, ansioso di portare a compimento le riforme, ma poco disposto ad accettare la collaborazione degli occidentali su aspetti della legge col- legati, anche in modo indiretto, all’area dei diritti umani143.

138 Sull’argomento, vedi infra, p. 120. 139 Sull’argomento si vedano, tra gli altri: Jacque de Lisle, «Lex Americana? United States Legal Assistance, American Legal Models, and Legal Change in the Post-Communist World and Beyond», 20 U. Pa. J. Int’l Econ. L. 179, 1999; Sophia Woodman, op. cit.; Nicole Schulte, Kulkmann e Sebastian Heilmann, “U.S. – China Cooperation- Part III: An Overview of Private American – Chinese Legal Education Programs”, in China Analysis n. 44, 2005; Giuseppe Balducci: “The Li- mits of Normative Power Europe in Asia: The Case of Human Rights in China”, East Asia (2010), 27, di cui è disponibile una versione elettronica all’inidirizzo: http://www.springerlink.com/content/8h8438wh61763367/fulltext.pdf. Per dati aggior- nati sulla cooperazione giuridica europea, tedesca in particolare, vedi infra nota 468. 140 Sull’argomento, vedi Jacque de Lisle, op. cit., p. 190. 141 Come evidenzia Sophia Woodman: “integrating human rights into overall de- velopment aid policy often seems more rethoric than reality when it comes down to the practicalities of working out a programme in a country like China. Sophia Wood- man, op. cit., punto 15. 142 Ibid., punto 14. 143 Sophia Woodman riferisce, in proposito, l’affermazione degli operatori dell’I- stituto svedese Roul Wallenberg, secondo la quale la sola menzione dell’espressione “human rights” all’interno di progetti di cooperazione poteva portare alla loro can- La cooperazione giuridica internazionale in Cina 113

Così, ad esempio, come nota Sophia Woodman, i progetti finan- ziati dalla Francia per aumentare la professionalità dei pratici del di- ritto cinesi dovevano tradursi, essenzialmente, in training dedicati al diritto governante l’economia144, mentre l’assistenza fornita dalla Ger- mania – uno dei Paesi, sia notato per inciso, che, insieme agli Stati Uniti, hanno investito più risorse nella “legal cooperation” con la RPC145 – si è concretizzata, in massima parte, nel sostegno tecnico alla redazione di leggi in ambito commerciale e finanziario, e (solo ultimamente) amministrativo146. Anche il contributo degli USA alla modernizzazione giuridica ci- nese è stato volto, soprattutto, a dotare la RPC di una cornice nor- mativa compatibile con l’economia di mercato, e favorevole a inve- stimenti stranieri e commercio. Jacques de Lisle, in un articolo dedicato, in generale, all’assistenza giuridica statunitense nei Paesi post-comunisti, evidenzia appunto come, in Cina: “U.S. lawyers’ role in providing advice on drafting laws and establi- cellazione. Per la stessa ragione, secondo l’autrice, l’Australian Human Rights and Equal Opportunities Commission (HREOC) e la Canadian International Develop- ment Agency avrebbero cercato di evitare, soprattutto nei primi anni della collabo- razione con gli organi cinesi, di esprimere gli obiettivi di tale collaborazione in ter- mini di diritti umani, preferendo qualificare l’attività svolta come supporto ai “Chi- nese efforts to increase rule of law as a means to uphold the rights of its women and men”. Vedi Sophia Woodman, op. cit., punto 41 e ss. Sulla diffidenza cinese nei confronti di determinate espressioni, con particolare riferimento allo stesso sintagma “rule of law”, vedi anche supra, nota 459. 144 Sophia Woodman, op. cit., punto 17. 145 Per quanto riguarda gli investimenti tedeschi, anche in rapporto a quelli de- gli altri Paesi europei, si vedano dati forniti dalla stessa autrice, che sono il frutto dalla comparazione tra due documenti, pubblicati rispettivamente dall’OECD De- velopment Assistance Committee e dalla Commissione Europea, in Sophia Wood- man, op. cit., punto 21. Per dati più aggiornati, ma che confermano la posizione lea- der della Germania per quanto riguarda la cooperazione giuridica in Cina, si veda, sul sito della Commissione Europea, “China. Strategy Paper 2007-2013”, all’indi- rizzo: http://www.eeas.europa.eu/china/csp/07_13_en.pdf (visto l’ultima volta il 19 ot- tobre 2010), p. 44. Per un approfondimento riguardo all’attività svolta, in Cina, da una delle principali agenzie federali tedesche per lo sviluppo, si consulti la pagina web della GTZ (Deutsche Gesellschaft für Technische Zusammenarbeit), all’indirizzo http://www.gtz.de/en/weltweit/asien-pazifik/606.htm. Per quanto riguarda gli inve- stimenti statunitensi, con particolare riferimento ai programmi di cooperazione por- tati avanti da enti privati nel periodo 1995-2005, vedi la tabella fornita da Nicole Schulte - Kulkmann e Sebastian Heilmann in Nicole Schulte - Kulkmann e Sebastian Heilmann, citato, p. 56 e ss. 146 Sophia Woodman, op. cit., punto 17. Per quanto riguarda la cooperazione europea in Cina, sia a livello bilaterale che multilaterale, si veda: Giuseppe Bal- ducci, op. cit., p. 35 e ss. 114 Capitolo III

shing legal institutions have gone […] “hand in hand” with their pro- fessional participation in China’s economic development program”147.

Tra le molteplici attività in tale settore, l’autore ricorda il coin- volgimento dei giuristi americani nella redazione della “Legge sulle equity joint-ventures”148 e della prima “Legge sul fallimento”149; l’in- fluenza da essi esercitata sulla preparazione di norme a tutela della concorrenza e della proprietà intellettuale150; le consulenze mirate a disegnare un sistema di tassazione degli investimenti esteri compati- bile con quello statunitense151; i progetti della Asia Foundation per sviluppare un sistema di arbitrato commerciale capace di attrarre gli imprenditori stranieri152; la collaborazione, infine, in ambito giusla- voristico, tra lo U.S.- Asia Law Institute e il Ministero del Lavoro cinese153. Anche i programmi di scambio accademico finanziati da enti e fondazioni (non solo) statunitensi finivano, spesso, per essere incen- trati su temi giuridico-economici: deLisle cita, in proposito, i corsi annuali organizzati dal Center for American Law Study del già men-

147 Jacques de Lisle, op. cit., p. 220, che cita qui un’affermazione di Whitmore Gray, tratta da Whitmore Gray, “The Challenge of Asian Law”, 19 Fordham Int’l L. J. 1, (1995), p. 6. 148 中华人民共和国中外合资经营企业法 (Zhongguo renmin gongheguo Zhongwai hezi jingying qiye fa), approvata il 1° luglio 1979 dall’Assemblea Nazionale Popo- lare, e destinata ad essere emendata nel 1990, e nel 2001. Riguardo alle influenze oc- cidentali nella redazione di questa legge, vedi Walter Sterling Surry et al., “Joint Ven- tures in China: The First Water Stop”, 21 Tex Int’l L. J. 221 (1986). 149 中华人民共和国企业破产法 (Zhongguo renmin gongheguo qiye pochan fa), approvata il 2 dicembre 1986, e destinata a rimanere in vigore per soli 3 mesi. A re- golare la materia, com’è noto, oggi è la legge, con lo stesso nome, approvata dal Co- mitato Permanente dell’Assemblea Nazionale Popolare il 27 agosto 2006, ed entrata in vigore il 1° giugno 2007. Riguardo alle influenze occidentali nella redazione di questa legge, vedi Ta-Kuang Chang, “The Making of the Chinese Bankruptcy Law: A study in the Chinese Legislation Process”, 28 Harv. Int’l L. J. 333 (1987). Sul processo di redazione della stessa legge, vedi anche: Ji Li, “When Are There More Laws? When Do They Matter? Using Game Theory to Compare Laws, Power Di- stribution, And Legal Environments in the United States and China”, 16 Pac. Rim. L. & Pol’y J. 335, March 2007, p. 357 e ss. 150 Jacques de Lisle, op. cit., p. 222. Sull’argomento, vedi anche Paul C.B. Liu, “U.S. Industry’s Influence on Intellectual Property Negotiations and Special 301Ac- tions”, 13 UCLA Pac. Basin L. J. 87, 1994. 151 Jacques de Lisle, op. cit., p. 220-221, che cita Stephen C. Curley e Dar- ren R. Fortunato, “Tax Considerations for Investors in China: A Preliminary Look”, 20 N. C. J. Int’l L. & Com. Reg. 531 (1995). 152 Jacques de Lisle, ibid. 153 Ibid. Sull’argomento, vedi anche Ron Brown, “Legal Exchange with China”, 1995 Haw. B. J. 22, pp. 23-24. La cooperazione giuridica internazionale in Cina 115 zionato CLEEC e, più in generale, i programmi di master o i semi- nari destinati a studenti, ufficiali governativi e pratici del diritto ci- nesi, e aventi ad oggetto, ancora, commercio, investimenti e diritto societario. Ma per modernizzare il sistema giuridico cinese, e renderlo più ricettivo ed affidabile agli occhi degli investitori occidentali, intro- durre nuove norme non poteva essere sufficiente: riforme più profonde erano necessarie, riforme che assicurassero il funzionamento delle isti- tuzioni giuridiche e l’applicazione uniforme della legge, e ponessero fine agli episodi di abuso di potere e corruzione che, soprattutto a livello locale, erano divenuti comuni durante la Rivoluzione Culturale. Vi erano, dunque, almeno altri due settori in cui gli interessi di benefattori stranieri e governo cinese si trovavano a convergere: quelli della legalità, da una parte, e del decentramento amministrativo, dal- l’altra. La prima, intesa come aumento di competenza e autonomia tanto dei legislatori, quanto dei magistrati e degli avvocati della Re- pubblica Popolare; il secondo, visto come strumento atto a rendere più efficace il controllo sul Paese, rendendo, allo stesso tempo, più trasparente l’operato dei funzionari locali154. Miravano a raggiungere tali obiettivi, ad esempio, molti dei pro- getti gestiti dalla Ford Foundation in collaborazione con la Com- missione Legislativa dell’Assemblea Nazionale Popolare della RPC155, e l’assistenza fornita all’Ufficio per gli affari legislativi del Consiglio di Stato cinese dalla Asia Foundation156 e dallo United Nations De- velopment Program (UNDP)157, mentre erano diretti, più nello spe- cifico, a rafforzare, rispettivamente, il ruolo di magistratura e avvo- catura i programmi di cooperazione gestiti congiuntamente da U.S.- Asia Law Institute e Corte Suprema del Popolo della RPC158, e l’at- tività svolta, ancora, dalla Asia Foundation in collaborazione con l’As- sociazione di tutti gli avvocati cinesi159.

154 Sull’argomento, vedi Jacques de Lisle, op. cit. p. 219, e Aubrey McCut- cheon, “Contributing to Legal Reform in China”, in The Ford Foundation, «Many Roads to Justice: the Law-related Work of Ford Foundation Grantees Around the World», Mary McClymont & Stephen Golub eds, 2000, p. 161. 155 Jacques de Lisle, op. cit., p. 217. Sull’argomento, vedi anche Aubrey Mc- Cutcheon, op. cit., p. 159 e ss. 156 Per maggiori dettaglia sull’attività svolta dall’Asia Foundation in Cina nel pe- riodo in esame, vedi http://asiafoundation.org/project/projectsearch.php?country=china (visto l’ultima volta il 27 ottobre 2010) 157 Jacques de Lisle, op. cit., p. 217. 158 Ron Brown, op. cit., p. 24. 159 Ibid. 116 Capitolo III

È, tuttavia, alla Fondazione Ford che si devono i maggiori inve- stimenti nella formazione dei professionisti del diritto cinesi. Peter Geithner – pioniere della cooperazione in Cina e primo rap- presentante di Ford Foundation in questo Paese – nota come sia stato soprattutto dopo l’apertura, avvenuta nel 1988, dell’ufficio di Pechino che tale fondazione si è impegnata nel settore sopra citato, varando una serie di progetti che prevedevano, tra l’altro, la creazione (con il patrocinio di Corte suprema e Alte Corti locali)160 di un centro di addestramento per giudici “anziani”, corsi di aggiornamento e for- mazione per giudici delle corti di base, procuratori e avvocati, la re- dazione di “case reports”, e la pubblicazione di testi di dottrina su problemi giuridici specifici161. A tale proposito è interessante evidenziare come tanto nei pro- grammi di studio, quanto nelle pubblicazioni curate dalla Fondazione Ford, a prevalere non fosse il modello americano, ma l’approccio comparato, attuato attraverso l’illustrazione delle norme in vigore in diversi Paesi. Tra gli Stati presi a riferimento in questa fase, Aubrey McCutcheon elenca Australia, Germania, Francia, India e Tailandia, oltre, ovviamente, agli USA162. Si tratta di un dato che rende lo stile di cooperazione portato avanti dalla Ford Foundation e da alcuni istituti con base nel Nord Europa163 differente rispetto a quello della maggior parte delle agen- zie di sviluppo attive in Cina o, più in generale, negli altri Stati Emer- genti; agenzie che, spesso, sono state accusate dagli studiosi di ope- rare come semplici “promoter” del proprio sistema giuridico, pre- sentato ai legislatori locali come “il” paradigma da seguire, senza grande attenzione (né conoscenza) per le specificità del contesto in cui le regole proposte, una volta adottate, sarebbero state destinate ad operare 164.

160 Aubrey McCutcheon, op. cit., p. 170. 161 Jacques deLisle, op. cit., pp. 218-219. 162 Audrey McCutcheon, op. cit., p. 170. 163 Sophia Woodman nota, ad esempio come – per quanto riguarda la coope- razione giuridica in tema di diritti umani portata avanti dai Paesi Europei – solo Danimarca, Svezia e Norvegia abbiano adottato una strategia basata più sul diritti internazionale dei diritti umani, che sul proprio diritto interno. Vedi Sophia Wood- man, op. cit., punto 17. 164 Questo non solo in ambito economico. Si veda, ad esempio quanto affermato in proposito da Sophia Woodman, che nota come le scelte dei donatori stranieri, an- che per quanto riguarda la tutela dei diritti degli emarginati, di solito riflettano prio- rità ed idiosincrasie nazionali. Così: “Sweden wants to export the Ombudsman in- stitution; Germany to disseminate its experience in Constitutional Courts; and the United States to transplant its own civil society experience”. Vedi Sophia Wood- man, op. cit., punto 76. Ancora riguardo alla tendenza dei cooperatori a riproporre La cooperazione giuridica internazionale in Cina 117

Non è questa, in realtà, l’unica critica avanzata, dagli esperti, alle modalità attraverso cui i Paesi occidentali avrebbero cercato di con- tribuire alla modernizzazione del diritto cinese. Lasciando da parte le osservazioni riguardo all’ambiguità del si- gnificato (e la contraddittorietà degli interessi) di cui è portatrice la stessa espressione “Rule of Law”165, notiamo che la maggior parte degli appunti degli osservatori stranieri hanno avuto ad oggetto l’ap- proccio stato-centrico, dall’alto verso il basso, degli aiuti bilaterali; aiuti erogati, per lo più, direttamente a istituzioni afferenti al governo, e impiegati per la realizzazione di progetti ideati, e pianificati, a stretto contatto con gli ufficiali governativi di più alto livello166. Si tratta di un atteggiamento che, secondo i suoi detrattori, avrebbe avuto l’effetto di esporre solo un limitato numero di individui alla conoscenza dei modelli stranieri, limitando l’impatto di questi ultimi sul tessuto sociale e causando un grave spreco di energie e fondi, an- che per la tendenza, da parte dei donatori, ad avere rapporti sempre (e soltanto) con lo stesse istituzioni. In proposito, Sophia Woodman nota, ad esempio, come la quasi totalità delle agenzie prese in considerazione nel suo studio annove- rino, tra i partner cinesi, l’Accademia di Scienze Sociali Cinesi (中国社会科学院 Zhongguo Shehui Kexueyuan, più nota con l’acro- nimo inglese, CASS) e l’Università di Scienze Politiche e Diritto Ci- nese (中国政法大学 Zhongguo Zhengfa Daxue), e come l’identità dei referenti – unito alla competizione tra i donatori stranieri, e alla quasi mancanza di coordinamento tra di essi – abbia portato spesso alla duplicazione dei progetti, e a un impiego inefficiente delle risorse167. I rilievi cui sopra si è fatto cenno non riguardano, come dicevamo, solo i programmi di collaborazione giuridica attuati in Cina; essi rien- trano, più in generale, nelle critiche a cui è stato sottoposto il Mo- vimento per la promozione della Rule of Law. Proprio nel tentativo di porre rimedio alle contraddizioni impli- il proprio modello, con particolare riferimento all’esperienza di legal cooperation USA, si veda: William P. Alford, “Exporting “the Pursuit of Happiness”, 113 Harv. L. Rev. 1677, May 2000. Sui problemi causati dalla promozione acritica di un modello, anche se realizzata con le migliori intenzioni si veda Russel G. Pearce e Samuel J. Levine, “Rethinking the Legal Reform Agenda: Will Raising the Stan- dard for Bar Admission Promote or Undermine Democracy, Human Rights, and Rule of Law?”, 77 Fordham L. Rev. 1635 (2009). 165 Sull’argomento, si vedano, per tutti, i saggi pubblicati all’interno di Thomas Carothers (ed.), “Promoting the Rule of Law Abroad: In Search of Knowledge”, citato. 166 Stephen Golub, “The Legal Empowerment Alternative”, in Thomas Ca- rothers (ed.), op. cit., p. 161-187. 167 Sophia Woodman, op. cit., punto 74. 118 Capitolo III cite in tale modello di sviluppo, alcuni autori hanno iniziato, negli ultimi anni, a suggerire strategie alternative a quella che, ormai, viene considerata “the problematic state-centric rule of law orthodoxy”168.

Tra di esse spicca, per l’attinenza all’argomento del nostro studio, quella “del legal empowerment”169, definito da Stephen Golub come: “the use of legal services, often in combination with related develop- ment activities, to increase disadvantaged populations control over their lives”170.

Si tratta di un modello di cooperazione che – per ammissione del suo stesso teorizzatore – non solo non esclude ma, anzi, al contra- rio, decisamente favorisce, l’impiego delle public interest litigation, considerate come uno degli strumenti idonei ad “imporre” l’applica- zione delle norme a tutela degli emarginati; norme spesso presenti, all’interno della legislazione di Paesi che, come la Cina, hanno rag- giunto una fase avanzata delle riforme, ma che, altrettanto sovente, proprio in questi Paesi vengono disapplicate. Per quanto riguarda, appunto, la Repubblica Popolare, notiamo come a seguire l’approccio di legal empowerment siano stati (più o meno consapevolmente, e con differenze più o meno marcate rispetto

168 Stephen Golub, op. cit., p. 161. 169 Sull’argomento, vedi in generale Stephen Golub, op. cit., p. 161-187. 170 Ibid., p. 161. Senza scendere nel dettaglio, notiamo che l’approccio di legal em- powerment – il quale non esclude, a priori, il coinvolgimento degli apparati governa- tivi nel programma di cooperazione – si differenzierebbe, secondo lo stesso Golub, da quello ortodosso, in particolare per: 1) la tendenza dei giuristi “stranieri” ad affiancare i soggetti appartenenti alle classi più disagiate della popolazione del Paese recettore su un piano di parità, invece di assumerne la guida in qualità di detentori della cono- scenza; 2) un programma di azione definito dai destinatari della stessa, invece che im- posto da ufficiali governativi e personale degli enti donatori; 3) il coinvolgimento, nel- l’attuazione di tale programma, di strategie non-giudiziali, attraverso un approccio am- pio, che superi le nozioni ristrette di sistema giuridico, apparato giudiziario, e “insti- tution building”; 4) l’utilizzo della legge come parte di una strategia complessa ed in- tegrata, in cui il diritto e i giuristi (in particolare gli avvocati) rivestono solo un ruolo di “appoggio” per il raggiungimento di determinati obietti di sviluppo. Sull’argomento, vedi ancora Stephen Golub, op. cit., p. 161-162. Sulle caratteristiche dell’approccio di “legal empowerment”, e sugli aspetti che lo differenzierebbero dalla promozione della Rule of Law di tipo classico, vedi anche Asia Development Bank, “Law and Policy Reform at the Asian Development Bank 2001 – Part 2: Legal Empowerment: Ad- vancing Good Governance and Poverty Reduction”, disponibile all’indirizzo http://www.adb.org/documents/others/Law_ADB/lpr_2001_Part_2.pdf (visto l’ultima volta il 29/10/2010). La cooperazione giuridica internazionale in Cina 119 al “modello” proposto da Golub) diverse fondazioni e istituti di di- ritti umani, impegnati – in particolare dopo la metà degli anni No- vanta ma, in qualche caso, già a partire dall’inizio di quel decennio – a garantire un reale accesso alla giustizia da parte di tutti i citta- dini cinesi, e a far sì che le nuove leggi, approvate grazie al com- plesso rapporto di interessi che abbiamo cercato di descrivere nelle pagine precedenti, non restassero lettera morta. Tra queste, la più importante è senza dubbio – e ancora una volta – la Fondazione Ford. Sarà, dunque, soprattutto alle attività di “legal empowerment” por- tate avanti da tale fondazione che faremo riferimento nel prossimo paragrafo. 2.3.1. La strategia di “legal empowerment” nella RPC: i programmi di “accesso alla giustizia” della Fondazione Ford Jonathan Hecht – Program Officer della Fondazione Ford, di stanza a Pechino tra il 1990 e il 1994 – nota come appunto all’ini- zio degli anni Novanta si sia verificato un cambiamento, nella stra- tegia di cooperazione messa in atto, in Cina, dalla Ford Foundation; un cambiamento grazie al quale, all’obiettivo di contribuire, sempli- cemente, alla ricostruzione giuridica, si doveva sostituire quello – im- pensabile, all’inizio delle riforme – di fornire ai cittadini cinesi: “access to an expanded range of ways of thinking about and using law to protect rights and promote effective, responsive governance”171.

È, dunque, con tale finalità che, a partire dal 1992, la Ford Foun- dation ha iniziato a finanziare ricerche, da parte di varie istituti, su temi giuridici che spaziavano dai diritti umani al diritto costituzio- nale, a quello amministrativo, considerate come un modo: “to refocus attention on basic principles of rights and governance, and on how law would be used in the new system”172.

Vale la pena soffermarsi su due delle organizzazioni che hanno beneficiato dei fondi devoluti a tale scopo, perché particolarmente importanti in riferimento alle gongyi susong: ci riferiamo, in special modo, alla già menzionata Accademia Cinese di Scienze Sociali, e al Gruppo di Ricerca sul Diritto Amministrativo (全国人大委员会法制

171 L’affermazione di Jonathan Hecht, come quelle – simili quanto a contenuto – di Phyllis Chang e altri program officer della Ford Foundation, attivi in Cina a cavallo tra la fine degli anni ’90 e i primi anni del nuovo secolo, sono riportate da Audrey McCutcheon, in Audrey McCutcheon, op. cit., p. 166 e ss. 172 Ibid., p. 170. 120 Capitolo III

工作委员会行政立法研究组 Quanguo Renda Weiyuanhui Fazhi Gong- zuo Weiyuanhui Xingzheng Lifa Yanjiuzu, anche questo, come il CASS, spesso identificato con l’acronimo della traduzione inglese: ALRG). Della prima parleremo più diffusamente nella parte dedicata ai gongyi lüshi: proprio, infatti, all’interno dell’Istituto Giuridico del CASS doveva sorgere, nel 2003, il primo studio legale cinese che in- scriva, nella sua denominazione, l’espressione “pubblico interesse”173. Quanto all’ALRG, ricordiamo che si tratta di un gruppo di ri- cerca formato da accademici, creato nel 1986 con la funzione di af- fiancare la “Commissione per il lavoro sulla “rule of law” del Co- mitato Permanente dell’Assemblea Nazionale Popolare” (全国人大委 员会法制工作委员会 Quanguo Renda Weiyuanhui Fazhi Gongzuo Weiyuanhui) in tema di legislazione amministrativa. Ad esso, noto- riamente, si deve la redazione della “Legge sulle controversie ammi- nistrative” del 1989, considerata da molti autori un “ importante punto di svolta nel modo in cui i cittadini cinesi guardano e utilizzano il diritto”174 e, ad oggi, una delle norme più frequentemente invocate dagli “avvocati nel pubblico interesse” cinesi. Per quanto riguarda, nello specifico, l’attività svolta dal Gruppo di Ricerca sul diritto Amministrativo grazie ai fondi erogati dalla Ford Foundation, particolarmente degne di nota risultano le ricerche e la preparazione delle bozze della “Legge sul Risarcimento da parte dello Stato”175, del 1994, che doveva chiarire il diritto dei cittadini a essere risarciti per atti illeciti del governo, e la “Legge sulle sanzioni am- ministrative”176 del 1996, con la quale veniva posto un freno alla (fino

173 Si tratta del già citato Studio Legale Dongfang per il pubblico interesse e il legal aid di Pechino. Sull’argomento, vedi più in dettaglio infra, capitolo quinto, pa- ragrafo 3.1. 174 Audrey McCutcheon, op. cit., p. 170. Sull’utilizzo della “Legge sulle con- troversie amministrative” da parte dei cittadini cinesi, con particolare riferimento agli abusi commessi dai governi locali delle aree rurali, vedi Kevin J. O’Brien e Lianjiang Li, “Suing the Local State: Administrative Litigation in Rural China”, in Neil J. Diamant, Stanley B. Lubman e Kevin j. O’Brien, “Engaging the Law in China”, citato, p. 33 e ss. Sull’argomento, vedi anche Luigi Moccia, “Profili emergenti del sistema giuridico cinese” Roma, Philos, 1999, p. 109 e ss. 175 中华人民共和国国家赔偿法 (Zhonghua renmin gongheguo guojia peichang fa), approvata dal Comitato Permanente dell’Assemblea Popolare Nazionale il 12 maggio 1994, e in vigore dal 1° gennaio 1995. La legge è stata emendata nel di- cembre 2010, aggiungendo ulteriori garanzie al diritto dei cittadini di essere risarciti, in caso di danneggiamento da parte dello Stato. Per una prima analisi degli articoli emendati, vedi Stanley Lubman, “A Step Forward: New Law Expands Government Liability”, in The Wall Street Journal, January 13, 2011. 176 中华人民共和国行政处罚法 (Zhonghua renmin gongheguo xingzheng chufa La cooperazione giuridica internazionale in Cina 121 ad allora illimitata) discrezionalità, da parte delle agenzie governative, nell’imporre sanzioni e confiscare proprietà177. Si trattava, nel complesso, di norme destinate a mutare radical- mente il rapporto tra cittadini cinesi e potere. Come ha notato il professor Jiang Ming’An, dell’Università di Pe- chino, in occasione dell’entrata in vigore di queste leggi: “In passato, i cittadini cinesi non avrebbero osato citare il governo per aver violato i loro diritti; ora possono citarlo, e ricevere anche un ri- sarcimento”178.

Un’opportunità, com’è noto, della quale i gongyi lüshi non avreb- bero tardato ad approfittare. Ancora a proposito delle attività di “legal empowerment” portate avanti dalla Fondazione Ford, notiamo che, nel 1993, la fondazione doveva inaugurare una nuova area di lavoro, definita della “law-in- action”179, all’interno della quale avrebbero trovato spazio progetti di sostegno alla fornitura di servizi giuridici “pubblici”, la promozione di test case litigation, e il finanziamento a campagne di “pubbliciz- zazione del diritto” presso le comunità locali180. Pare piuttosto evidente come questa modalità di cooperazione – attuata (ovviamente) con l’appoggio del governo e, a partire dal 1998, adottata anche da altre agenzie internazionali di aiuto, quali la Ca- nadian International Development Agency, lo UNDP e la Asia Foun- dation – fosse destinata ad aumentare la consapevolezza dei propri diritti da parte di un sempre maggior numero di cittadini, e a for- nire gli strumenti per garantirne effettivamente la tutela. Non a caso, tra i beneficiari delle iniziative in questo senso fi- nanziate dalla Fondazione Ford compaiono il Centro di Legal Aid del Ministero della Giustizia della Repubblica Popolare Cinese Ci- nese (中华共和国司法部法律援助中心, Zhonghua gongheguo Sifabu falü yuanzhu zhongxin)181 – fondato dal Ministero della Giustizia nel fa), approvata dall’Assemblea Popolare Nazionale il 17 marzo 1996, e in vigore a partire dal 1° ottobre di quell’anno. 177 Audrey McCutcheon, op. cit., p. 171. 178 Ibid. 179 Audrey McCutcheon, op. cit., p. 179. 180 Sulla “pubblicizzazione del diritto” (pufa) vedi più in dettaglio infra, nota 545. 181 Per maggiori dettagli su attività e scopi perseguiti da questo centro, e sui re- quisiti necessari per accedere ai servizi di legal aid governativi, si veda il sito web del Ministero della Giustizia Cinese, all’indirizzo http://www.moj.gov.cn/flyzs/node_7672.htm (versione cinese). La versione inglese della stessa pagina si trova, invece, all’indirizzo http://www.legalinfo.gov.cn/english/Legal-Aid/node_7619.htm (visitati l’ultima volta il 122 Capitolo III

1996, responsabile ufficiale dell’attività di legal aid a livello nazionale, – e il primo Centro di legal aid non governativo (武汉大学社会弱者 权利保护中心, Wuhan Daxue shehui ruoxhe quanli baohu zhongxin, lett.: Centro per la protezione dei diritti dei soggetti socialmente de- boli dell’Università di Wuhan)182, stabilito, nel 1992, presso l’Univer- sità di Wuhan, dal professor Wang Exiang.183 Torneremo a parlare dell’attività di questi Centri, e del “doppio canale” di legal aid oggi esistente in Cina184, quando tratteremo del- l’Ufficio di legal aid di Pechino per lavoratori migranti (北京市农民 工法律援助工作站, Beijingshi nongmingong falüyuanzhu gong- zuozhan)185. Per ora, chiudiamo questi brevi cenni sulla cooperazione giuridica internazionale menzionando altri due Centri sorti, in quegli anni, con l’appoggio della fondazione Ford, e che hanno costituito altrettanti avamposti della “legal mobilitation” in Cina. Si tratta del “Centro di servizi giuridici per le donne residenti nella contea rurale di Qianxi (Hebei)” (迁西县妇女法律服务中心, Qianxixian funü falü fuwu zhongxin) e il “Centro per i servizi giuridici e ricerca sulle leggi a favore delle donne dell’Università di Pechino” (北京大学法学院妇女法 律研究与服务中心, Beijing Daxue faxueyuan funü falü yanjiu yu fuwu zhongxin). È interessante notare come, nonostante l’identità dell’obiettivo per- seguito, queste organizzazioni abbiano adottato, a partire dalla loro

2/11/2010). La Fondazione Ford non è stata, comunque, la sola organizzazione stra- niera a finanziare il Centro: tra i principali donatori, si ricordano lo UNDP, la Ca- nadian International Development Agency e il governo olandese. Sull’argomento, vedi Titi Liu, op. cit., p. 275-276. 182 Per maggiori dettagli sull’attività del centro, si veda il sito web dello stesso all’indirizzo: http://www.cprdc.org/web/ (visitato l’ultima volta il 2/11/2010); sullo stesso argomento si veda anche quanto riportato da Xu Hui e dalla Harvard Law Revew Association, rispettivamente in 徐卉, Xu Hui, op. cit., p. 315-316, e Harvard Law Review Association, “Adopting and Adapting: Clinical Legal Education and Access to Justice in China”, 120 Harv. L. Rev. 2134, June 2007, p. 2149 e ss. 183 Si tratta, come già notato, di uno degli accademici che hanno preso parte al progetto CLEEC. Sull’argomento, vedi supra, paragrafo 3.2., nota 408. 184 Alludiamo, in particolare, alla possibilità, prevista dall’articolo 8 del Regola- mento per il legal aid (approvato dal Consiglio di Stato della RPC il 21 luglio 2003), di affiancare, all’attività dei Centri di legal aid gestiti dal governo – formalmente di- pendenti Amministrazioni per la giustizia locali – strutture con la stessa finalità create dalle organizzazioni sociali. Sull’argomento, vedi Regolamento sul Legal Aid (法律援助条例, Falü yuanzhu tiaoli) art. 8, secondo il quale: “Lo stato incoraggia organizzazioni sociali, quali corpi sociali e istituzioni pubbliche a fornire, con risorse proprie, servizi di legal aid ai cittadini che si trovino in difficoltà economiche” (mia traduzione). 185 Vedi infra, capitolo quinto, paragrafo 3.2. La cooperazione giuridica internazionale in Cina 123 fondazione, un differente approccio alla lotta contro le discrimina- zioni e gli abusi nei confronti delle donne. Mentre, infatti, l’attività del Centro di Qianxi186 è stata diretta a migliorare la condizione delle donne residenti in quella Contea, attraverso l’offerta di servizi giuri- dici e formazione erogate – per raggiungere più efficacemente le po- tenziali utenti – all’interno dei mercati settimanali, il Centro di Pe- chino ha cercato di portare avanti, a partire dalla sua fondazione, un discorso che si potrebbe definire più “accademico”, combinando ri- cerca e assistenza giuridica, e selezionando i casi di cui occuparsi sulla base della loro importanza e “rappresentatività” rispetto alla situa- zione femminile in Cina187. Ricordiamo, a tale proposito, che molti dei dati raccolti dal Centro hanno costituto la base per la redazione delle norme che disciplinano il sistema di legal aid cinese e, più in generale, di quelle disegnate per aumentare la protezione delle donne nella Repubblica Popolare. Proprio per l’alto valore scientifico dell’opera svolta dal Centro di Pechino, e per il prestigio da esso goduto, tanto all’estero quanto nella Repubblica Popolare, grande sconcerto ha provocato la notizia – pubblicata, con uno scarno comunicato, sul sito web dell’Univer- sità di Pechino il 25 marzo 2010188 – della cancellazione della sua af- filiazione da parte della stessa università. Si tratta di una decisione che molti commentatori hanno interpre- tato come l’ennesimo segnale dell’irrigidimento del governo rispetto all’avvocatura per i diritti: una punizione, inflitta al Centro di Pechino per essersi preso carico di due casi sensibili nel corso del 2009189.

186 Il “Centro di servizi giuridici per le donne residenti nella contea rurale di Qianxi” è stato fondato nel 1995 da Wang Shuzhen, capo della “Federazione di tutte le donne cinesi” della stessa Contea, con l’assistenza del professor Chen Mingxia del CASS. Per maggiori dettagli sull’attività del Centro, vedi Aubrey McCutcheon, op. cit., p. 181 e ss., e il sito web dello stesso centro (di cui è disponibile anche una versione in inglese), all’indirizzo http://www.qianxiwlsc.org/index2.asp. Sull’attattività svolta dal Centro, vedi anche Helen Hershkoff & Aubrey McCutcheon, “Pu- blic Interest Litigation: An Internationa Perspective”, in The Ford Foundation, “Many Roads to Justice”, citato, p. 302. 187 Aubrey McCutcheon, op. cit., p. 183. Sull’attività del Centro di Pechino, vedi anche quanto riportato da Xu Hui, in 徐卉, Xu Hui, op. cit., pp. 316-317. Per maggiori dettagli sull’attività di public interest lawyering, svolta dal centro a partire dal 2004, vedi, in generale: 郭建梅 – 李莹(主编): “妇女权益与公益诉讼”, 北京, 中国人民公安大学出版社, 2009年, Guo Jianmei e Li Ying: “Funü quanyi yu gongyi susong” (Diritti delle donne e azioni nel pubblico interesse), Beijing, Zhongguo ren- min gong’an daxue chubanshe, 2009. 188 La notizia è stata pubblicata su: http://www.pku.edu.cn/homepage/notice/bdtz. html?id=59007. Sui motivi che possono aver spinto Beida a prendere questa deci- sione vedi, più in dettaglio supra, capitolo secondo, p. 14, nota 44. 189 Si tratta, come già notato, dei casi di Deng Yujiao, in Hubei, e quello di Li 124 Capitolo III

L’affiliazione a Beida, infatti, non solo ha permesso al Centro di godere, per quasi 15 anni, della credibilità (e della protezione) deri- vanti dalla dipendenza da una delle istituzioni accademiche più illu- stri della Cina. Essa gli ha anche consentito di ricevere fondi e do- nazioni da parte di enti pubblici e privati, nazionali e internazionali, senza sottoporsi alla complicata procedura di approvazione e regi- strazione (il cosiddetto “sistema di doppia gestione”)190 prevista dalla

Ruirui, a Pechino. Sull’argomento, vedi più diffusamente supra, capitolo secondo, nota 44. 190 Si tratta, com’è noto, del sistema che regola la registrazione delle “Organiz- zazioni della società civile”, e precisamente: organizzazioni sociali (社会团体, shehui tuanti), enti non-profit non commerciali (民办非企业单位 minban fei qiye danwei, dette anche minfei 民非), e fondazioni (基金会, jijin hui). Secondo questo sistema, prima di intraprendere la procedura di registrazione di una ONG presso gli uffici deputati, è necessario che i suoi promotori ottengano l’autorizzazione da parte di una organizzazione-sponsor (业务主管单位, yewu zhuguan danwei) di solito, il di- partimento del Consiglio di Stato o del governo locale competente per l’ambito in cui l’ONG è destinata ad operare. La poca propensione di questi enti ad assumersi gli oneri di supervisione derivanti da tale autorizzazione, unita alle numerose restri- zioni relative a nome, numero di membri ecc. e alla possibilità che la registrazione venga negata “nel caso in cui nella stessa area amministrativa sia già presente un’or- ganizzazione sociale attiva nello stesso ambito operativo, o in un ambito operativo simile”(come previsto dall’articolo 3, comma 13, del “Regolamento sulle Organiz- zazioni Sociali”, e dall’articolo 3, paragrafo 11, del “Regolamento sugli enti no-pro- fit non commerciali”), fa sì che molto spesso le ONG cinesi non vengano registrate, perdendo, così, la possibilità di ricevere denaro da eventuali donatori, nazionali o internazionali. Per ovviare a questo problema, alcune ONG hanno deciso di regi- strarsi come enti commerciali; una soluzione che rende più agevole il reperimento di fondi, ma che implica un più gravoso regime fiscale. Ed è proprio l’accusa di aver frodato il fisco ad essere usata dal governo per imporre la chiusura di tali organiz- zazioni, qualora intraprendano attività ad esso sgradite. Emblematico, da questo punto di vista, è quanto accaduto alla Gongmeng (公盟, più conosciuta in occidente con il suo nome inglese, Open Constitution Iniziative, OCI) e al suo fondatore, l’avvo- cato Xu Zhiyong, nell’estate del 2009, o – più recentemente – all’organizzazione Ai Yuan (爱源, anch’essa più nota con il nome inglese (“Loving Source”). La Ai Yuan – Ong registrata come impresa commerciale dal 2004, e sottoposta a continui con- trolli fiscali a partire dal settembre 2010 – ha annunciato l’11 novembre 2010, at- traverso il suo legale rappresentante, la decisione di cessare l’attività in questi anni svolta a favore dei bambini malati di AIDS, e di quelli divenuti orfani a causa della stessa malattia, specificando che tale decisione è stata presa dopo aver ricevuto una notificazione di controllo da parte del Secondo ufficio di controllo dell’”Ammini- strazione fiscale della Città di Pechino” (lo stesso che aveva sottoposto a controllo la Gongmeng). Sulla regolamentazione delle ONG in Cina, vedi più in dettaglio Karla W. Simon e Hang Hao, “Opening the Space: New Developments for Chi- na’s Community Organizations”, in The Catholic University of America, Colum- bus School of Law, Legal Studies Series, Accepted paper n. 2010-3 (2010), e dispo- nibile su http://ssrn.com/abstract=1581687 e, sempre della stessa autrice: “The Regu- lation of Civil Society Organizations in China, International Journal of Civil So- ciety Law, Vol. 9, 2011; “Regulation on Civil Society in China: Necessary Changes La cooperazione giuridica internazionale in Cina 125 legislazione cinese per la creazione delle ONG191. Abbiamo dato am- pio spazio a questa notizia perché è a partire da fatti come quello ri- portato che (ci pare) si possano comprendere, almeno in parte, le ra- gioni per le quali molto poco è stato scritto, in Cina, riguardo alla cooperazione giuridica internazionale. Come abbiamo già notato, infatti, non solo nelle pubblicazioni ac- cademiche, ma anche sulla stampa generalista, difficilmente si trovano riferimenti a progetti che, pure, hanno costituito – grazie alla evi- denziata collaborazione tra governo e enti donatori – un importante veicolo di diffusione dei modelli e dei concetti occidentali, modifi- cando l’atteggiamento dei cittadini cinesi nei confronti della legge. L’unica eccezione al silenzio sull’argomento pare essere un arti- colo di Zhang Gang, nel quale l’autore, citando Li Yong (allora di- rettore del Dipartimento di Registrazione e Gestione delle Organiz- zazioni Sociali con un Elemento Straniero del Ministero degli Affari Civili) accusa i cooperatori stranieri di usare gli accademici coinvolti nei progetti di aiuto solo per raccogliere dati, destinati ad essere ma- after the Olympic Games and the Sichuan Earthquake”, Fordham International Law Journal, vol. 32:943, 5 Mar. 2009; “Two Steps Forward, One Step Back – Develop- ments in Regulation of Civil Society Organizations in China”, International Jour- nal of Civil Society Law, vol. 7, n. 4 (2009). Più in generale, sulla situazione delle ONG in Cina, vedi Stanley Lubman, “China’s Government’s Ambivalence Toward NGO’s”, The Wall Street Journal, May 24 2010. Sulla vicenda che ha interessato la Gongmeng, vedi, ancora: “China v. Civil Society”, The Wall Street Journal, 21 July 2009, e“Chinese Public Interest Lawyer Charged Amid Crackdown”, The New York Times, August 18 2009. Maggiori dettagli, invece, sull’imminente chiusura della Ai Yuan sono disponibili all’indirizzo http://zengjinyan.wordpress.com/ (visto l’ultima volta il 12/11/2010). 191 Quelli elencati sarebbero comunque, secondo alcuni autori, solo una parte dei vantaggi collegati all’esercizio della public interest lawyering all’interno delle Uni- versità. Fu Hualin e Richard Cullen, ad esempio, notano come la pratica giuridica delle “law clinic” sfugga al controllo diretto dell’Amministrazione per la Giustizia competente per territorio, e come gli avvocati che esercitano in Centri collegati agli atenei non siano soggetti al rinnovo annuale della licenza, una delle condizioni, in Cina, per mantenere il titolo di avvocato, ed essere abilitati al patrocinio in corte. Vedi Fu Hualing e Richard Cullen, “The Development of Public Interest Liti- gation in China”, citato, p. 16. Si tratta di dati che meriterebbero di essere verifi- cati, e di agevolazioni che – in ogni caso – non si estendono agli avvocati che ope- rano in studi legali collegati a importanti istituti di ricerca, come lo Studio legale per il pubblico interesse e il legal aid Dongfang dell’Accademia Cinese di Scienze So- ciali: gli avvocati di questo studio, infatti, sono costretti a richiedere, ogni anno, il rinnovo della licenza cui sopra si è fatto cenno (intervista all’avvocato Huang Jin- rong, 9/10/2009). Si noti che, solo nel maggio del 2009, tale rinnovo è stato negato a 50 “weiquan lüshi” nella sola Pechino, impedendo così loro – di fatto – l’eserci- zio della professione. Sull’argomento vedi, tra gli altri, “Protest against Beijing Ju- stice Bureau’s Unreasonable Suspension of Legal Practice of Human Rights Lawyers”, disponibile su http://www.chrlcg-hk.org/?p=448. 126 Capitolo III nipolati e usati in sede internazionale per denunciare le violazioni dei diritti umani perpetrate dalla Cina192. Sulla stessa linea si pone anche il famoso discorso pronunciato da Luo Gan nel giugno del 2006, con il quale l’importante uomo poli- tico, senza citare esplicitamente la cooperazione straniera, invitava a una maggior coesione tra apparati giudiziari e governo, per combattere: “le forze nemiche che usano gli organi giuridici e politici per occi- dentalizzare e dividere la Cina”193; un discorso da molti interpretato come un (neppure troppo) velato attacco all’uso strumentale del diritto da parte dei gongyi lüshi, e al loro impiego delle corti come mezzo per tutelare il pubblico inte- resse, anche in opposizione al governo194. Una simile reticenza ad ammettere qualsiasi collegamento tra gli aiuti erogati dagli occidentali e lo sviluppo giuridico cinese si riscontra negli studi dedicati alle gongyi susong. Come già notato nel capitolo precedente195, infatti, gli autori ci- nesi non amano menzionare i progetti di cooperazione, né il ruolo da essi (eventualmente) rivestito nel processo di “scoperta” dell’’inte- resse generale a cui si è assistito, in Cina, negli ultimi dieci anni; una omissione che stride con la tendenza a inserire, nelle pubblicazioni citate, frequenti riferimenti ai modelli di “azione per il pubblico in- teresse” presenti negli altri ordinamenti giuridici, e dei quali, spesso, proprio grazie a tali progetti gli stessi autori sono venuti a cono- scenza196.

192 Zhang Gang, “Bai gei de qian: feiyinglixing waiguo jijing tongguo wuchang yuanzhu yingxiang Zhonguo” (Soldi gratis? I fondi no-profit stranieri attraverso gli aiuti gratuiti influenzano la Cina), Xinwen zhoukan, 10 giugno 2002, p. 25, citato da Sophia Woodman, op. cit., nota 69, e da Titi Liu, op. cit., p. 273. 193 罗干, “深入开展社会主义法治理念教育切实加强政法队伍思想政治建设” 求是, 2006 年6 月16 日(总433 期), Luo Gan, “Shenru kaizhan shehui zhuyi fazhi linian jiaoyu qieshi jiaqiang zhengfa duiwu sixiang zhengzhi jianshe” (Approfondire e svi- luppare l’insegnamento del concetto di “rule of law” socialista e rafforzare dal punto di vista pratico la costruzione politica del pensiero delle armate politiche e giuridi- che), Qiushi, , n. 433, 16 giugno 2006. Per maggiori dettagli su tale discorso, vedi supra, capitolo secondo, nota 175. 194 Sull’argomento, vedi Titi Liu, op. cit., p. 273; Human Rights Watch: «“Walking on Thin Ice”. Control, Intimidation and Harassment of Lawyers in China», New York, Human Rights Watch, 2008, p. 22 e ss. 195 Sull’argomento, vedi supra, capitolo secondo in fine. 196 Si veda, a titolo di esempio, il confronto tra le diverse tipologie di “azione per il pubblico interesse” presenti in Francia, Germania, Italia, Giappone e Taiwan realizzato da Yan Yunqiu in: 颜运秋: “公益诉讼法律制度研究”, 北京,法律出版社, 2008.7, Yan Yunqiu, “Gongyi susong falü zhidu yanjiu” (Ricerca sul sistema giu- La cooperazione giuridica internazionale in Cina 127

Si tratta di un atteggiamento per molti versi comprensibile, ma che non rende giustizia al contributo dato dai cooperatori stranieri allo sviluppo delle public interest litigation cinesi. Un contributo che, negli ultimi anni, è divenuto sempre più di- retto: se, infatti – come abbiamo già avuto modo di notare, e come vedremo tra poco197 – le gongyi susong sono comparse in Cina come fenomeno autonomo, portato avanti da cittadini comuni, che hanno sviluppato le loro tecniche e i loro obiettivi al di fuori di ogni con- testo istituzionale, e senza altre risorse se non le proprie, con la “pro- ridico delle azioni nel pubblico interesse), Beijing, Falü Chubanshe, 2008, pp. 42-46; per una comparazione limitata ai modelli di “public interest litigation” tedeschi, sta- tunitensi e cinesi, vedi invece, in generale, 肖建国: “民事公益诉讼的基本模式研究- 以中、美、德三国为中心的比较法考察”, 中国法学, 2007 年, 第5 期 Xiao Jian- guo, “Minshi gongyi susong de jiben moshi yanjiu – Yi zhong, Mei, De san guo wei zhongxin de bijiaofa kaocha” (Ricerca sui modelli di base di public interest li- tigation – indagine comparatistica concentrata su Cina, America e Germania), Zhong- guo Faxue, n. 5, 2007; ancora, i sistemi di pil di USA, UK, Francia e Germania ven- gono sinteticamente analizzati da Zhang Yanrui in 张艳蕊: “民事公益诉讼与公共利益 保护”, 昆明理工大学学报·社科(法学) 版第8卷第9期, 2008年9月, Zhang Yanrui: “Minshi gongyi susong yu gonggongliyi baohu” (Azioni nel pubblico interesse ci- vili e protezione del pubblico interesse), Kunming Ligong daxue xuebao – sheke (faxue) ban, vol. 8, n. 9, settembre 2008, p. 81, mentre il problema del diritto di azione per quanto riguarda le “azioni nel pubblico interesse amministrative” viene analizzato dal punto di vista del diritto statunitense, giapponese, taiwanese e fran- cese da Zhang Xiaoling in 张晓玲: “行政公益诉讼原告资格探讨” 法学评论(双月刊) 2005 年第6 期(总第134 期) Zhang Xiaoling, “Xingzheng gongyi susong yuangao zige tantao” (Inchiesta sulla qualifica di attore nelle azioni nel pubblico interesse am- ministrative), Faxue pinglun (shuangyuekan), n. 6 (n. tot. 134), 2005, p. 431 e ss. L’ impostazione comparatistica, con riferimenti anche al modello di pil russo, e a quello di Macao, si ritrova anche in 梁玉: “民事公益诉讼模式的选择”, 法学2007 年, 第6 期, Liang Yuchao, “Minshi gongyi susong moshi de xuanze” (La scelta del mo- dello delle azioni nel pubblico interesse civili), Faxue, n. 6, 2007, p. 99. Si noti che la stessa reticenza ad ammettere l’influenza esercitata da concetti, modelli e risorse straniere si riscontrerebbe, secondo Titi Liu, anche nei lavori dedicati alle organiz- zazioni “parastatali” (Federazione di tutte le donne cinesi 中华全国妇女联合会 Zhon- ghua quanguo funü lianhehui, Federazione di tutti i sindacati cinesi 中华全国总工会 Zhonghua quanguo zonggonghui, Federazione cinese delle persone disabili 中国人联合 Zhongguo canjiren lianhehui). Si tratta, com’è noto, di organizza- zioni di massa che – pur non essendo direttamente legate al governo – dipendono da esso per fondi e nomine del personale e, per tale ragione, vengono identificate con l’acronimo inglese “GONGO” (government organized non-governamental or- ganization). Anche esse, negli ultimi anni, hanno cercato di utilizzare le controver- sie come mezzo per portare all’attenzione del governo i problemi dei lavoratori, e richiedere una effettiva applicazione della legge. Sull’argomento, si veda Titi Liu, op. cit., pp. 280-281, e a dimostrazione di quanto affermato dall’autrice: Chen Feng, “Legal Mobilitation by Trade Unions: The Case of Shanghai”, 52 The China J. 27, 2004. 197 Vedi infra, capitolo quarto. 128 Capitolo III fessionalizzazione” di tale movimento198 si è assistito a un aumento dell’interesse da parte dei benefattori stranieri, e all’ intensificarsi dei contatti tra alcuni di essi (Ford Foundation, Danish Institute for Hu- man Rights, ma anche piccole ONG di varia nazionalità) e un certo numero di organizzazioni e studi legali impegnati nella difesa del pub- blico interesse199. Questi contatti, spesso, si sono tradotti in più esplicito sostegno, esercitato sia attraverso l’erogazione di fondi e la conduzione di corsi di formazione, sia tramite l’organizzazione di incontri per favorire la creazione di network – e la conoscenza reciproca – tra gli altrimenti poco coordinati “avvocati nel pubblico interesse” cinesi200. Si tratta di un fenomeno di portata ancora limitata – anche a causa delle barriere poste dal sistema alla collaborazione tra attori indipen- denti e benefattori internazionali – e troppo recente perché sia pos- sibile valutarne l’impatto. Esso, tuttavia, merita di essere tenuto in considerazione, ed inserito tra i fattori che hanno influito (ancora non è chiaro se in modo positivo) sullo sviluppo dell’avvocatura per i di- ritti in Cina. Quanto ora detto introduce il tema delle gongyi susong. Il pros- simo capitolo sarà, dunque, dedicato a queste azioni, con particolare riferimento agli ostacoli (tecnico-giuridici, e strutturali) che, nell’or- dinamento cinese, hanno impedito l’affermazione del modello clas- sico di public interest litigation.

198 Sulla professionalizzazione delle “azioni per il pubblico interesse cinesi” vedi infra, capitolo quinto, paragrafo 1. 199 Al momento, non ci è possibile definire con esattezza il numero degli studi legali e delle ONG interessate da questo fenomeno. Gli avvocati da me intervistati hanno ammesso di avere contatti con fondazioni ed istituti stranieri (segnatamente: Ford Foundation e Danish Institute for Human Rights), ma senza fornire dettagli rispetto al tipo di collaborazione, e ai fondi eventualmente ricevuti. Si tratta, in ef- fetti, di dati sensibili, di cui neppure le Ong straniere coinvolte parlano volentieri, preferendo, nel caso, restare anonime, come l’organizzazione di cui alla nota se- guente. 200 È questo, ad esempio, il caso di una ONG europea, la quale dal 2008 orga- nizza sia corsi di formazione che più informali “salons” diretti agli avvocati “per il pubblico interesse”, allo scopo di: a) fornire conoscenza circa il diritto internazio- nale e la sua applicazione in Cina (con particolare riferimento al problema della tor- tura), b) fornire strumenti piu concreti circa l’organizzazione e gestione di progetti in ambito di diritti umani (diretti, in particolare, agli avvocati che sono stati privati della licenza, e non possono piu praticare); c) estendere il network di avvocati a Beijing e nelle altre province. I dati sono stati raccolti nel marzo del 2011, da una fonte che preferisce restare anonima. Capitolo IV Le prime “azioni nel pubblico interesse” e gli ostacoli strutturali all’uso delle corti per la tutela dei diritti sociali

Sommario: 1. Gli anni Novanta del XX secolo nella RPC: la scoperta dei di- ritti e l’emergere di nuove “contraddizioni” in seno alla società cinese. – 2. La nascita delle “azioni nel pubblico interesse” in Cina. - 2.1. La prima fase dello sviluppo delle “azioni nel pubblico interesse”: la scoperta dell’interesse pubblico da parte dei comuni cittadini cinesi, tra tutela sussidiaria e protezione diretta. - 2.2. “Azioni nel pubblico interesse” civili e Procure del Popolo. – 3. Gli osta- coli strutturali al successo in corte delle “azioni nel pubblico interesse”. - 3.1. Il problema del diritto di azione. - 3.2. Le limitazioni alle azioni di gruppo. - 3.3. Indipendenza del potere giudiziario e professionalità dei giudici.

1. Gli anni Novanta del XX secolo nella RPC: la scoperta dei diritti e l’emergere di nuove “contraddizioni” in seno alla società cinese Gli anni Novanta del XX secolo vengono considerati la “decade dei diritti”, in Cina1. È, infatti, in questo decennio – il quale, non a caso, doveva ter- minare con l’adesione della RPC a due importanti trattati interna- zionali in tema di diritti umani: la Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, e la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici2 – che la Repubblica Popolare inizia il suo impegno nella promozione della Rule of Law e, più in generale, della legalità. Si tratta, come abbiamo visto, di concetti interpretati dalla leader- ship di quel Paese in modo strumentale, quale mezzo per migliorare il controllo sui funzionari locali, creare un ambiente stabile per lo

1 Fu Hualing e Richard Cullen: “The Development of Public Interest Liti- gation in China”, citato, p. 13. Sull’argomento, vedi anche supra, capitolo precedente, paragrafo 2.3 e ss. 2 Ibid. La RPC ha aderito alla prima Convenzione nel 1997, e alla seconda nel 1998; si noti, comunque che, mentre la Convenzione internazionale sui diritti eco- nomici, sociali e politici è stata ratificata nel febbraio 2001, quella sui diritti civili e politici, nel momento in cui si scrive, è ancora in attesa di ratifica. 130 Capitolo IV sviluppo dell’economia, e rendere più efficiente la gestione dello Stato. Proprio per raggiungere tali obiettivi il governo cinese doveva varare – in qualche caso già nei primi mesi dopo Tian’anmen ma, con più vigore, a partire dal 1992, anno del famoso “viaggio nelle province del Sud” di Deng Xiaoping – importanti riforme, promulgando leggi destinate a cambiare in modo radicale il rapporto tra cittadini e po- tere costituito. Sono queste le riforme, e le leggi, a cui abbiamo fatto spesso ri- ferimento nel corso della trattazione. Riforme che miravano, in par- ticolare, a rendere la pubblica amministrazione responsabile per le proprie azioni, secondo quanto previsto, ad esempio, dalla più volte citata3 “Legge sulle controversie amministrative” (1989)4, o dalla “Legge per il risarcimento da parte dello Stato” (1994)5; ad assicurare mag- giore tutela ai diritti di chi fosse sottoposto a procedimento penale, attraverso gli emendamenti, in senso garantista, alla “Legge di Pro- cedura Penale” (1996)6 e alla “Legge Penale” (1997)7; ad attribuire una più ampia autonomia agli avvocati, divenuti , con la promulga- zione della “Legge sull’avvocatura” (1996)8 “professionisti che forni- scono servizi giuridici alla società”9; a concedere, infine, una prote- zione giuridica specifica agli interessi dei cittadini più deboli, grazie all’emanazione di norme ad hoc, come la “Legge per la protezione dei diritti e degli interessi delle persone disabili” (1990)10, la “Legge per protezione dei diritti e degli interessi delle donne” (1992)11, o la

3 Vedi supra, capitolo terzo, paragrafo 2.3.1. 4 共和国行政诉讼法, Zhonghua renmin gongheguo xingzheng susong fa. Per maggiori dettagli sul processo di redazione di questa legge, vedi supra, capi- tolo terzo, paragrafo 3.1. 5 共和国国家赔偿法 (Zhonghua renmin gongheguo guojia peichang fa). Per maggiori dettagli su questa legge, vedi supra, capitolo terzo, paragrafo 2.3.1 Sulle influenze occidentali nella redazione di questa legge, vedi ibid, nel testo. 6 共和国刑诉讼法 Zhonghua renmin gongheguo xinsusong fa. Legge ap- provata dall’Assemblea Nazionale Popolare il 1°luglio 1979, ed emendata il 17 marzo 1996. 7 共和国刑法, Zhonghua renmin gongheguo xinfa. La legge, approvata il 1° luglio 1979 dall’Assemblea Nazionale Popolare, è stata emendata numerose volte, la prima volta (quella a cui si allude nel testo) nel 1997. L’ultima modifica ri- sale all’agosto del 2009. 8 共和国律师法, Zhonghua renmin gongheguo lüshi fa. Vedi supra, ca- pitolo terzo, paragrafo 3.1. 9 Art. 2, Legge sull’Avvocatura. 10 共和国残疾保障法, Zhonghua renmin gongheguo canjinren baozhang fa. La legge, adottata dal Comitato Permanente dell’Assemblea Nazionale Popolare il 28 dicembre 1990, è stata emendata il 24 aprile 2008. 11 共和国妇女保障法, Zhongua renmnin gongheguo funü baozhang fa Le prime “azioni nel pubblico interesse” 131

“Legge per la protezione dei diritti e degli interessi dei consumatori” (1993)12. Del resto, era in quegli anni che cominciava ad apparire, in modo chiaro, come fossero proprio le fasce vulnerabili della popolazione ad aver pagato il prezzo più alto, per la modernizzazione del Paese. Se, infatti, da una parte, la progressiva privatizzazione delle im- prese e l’ingresso nell’economia di mercato avevano contribuito alla rinascita della Cina, dando nuovo impulso all’economia, e creando una nuova classe di imprenditori, con il venir meno del coinvolgi- mento dello Stato nelle attività produttive ed il ridursi delle garanzie sociali (in particolar modo di quelle considerate di ostacolo allo svi- luppo economico) si era assistito, di pari passo, all’aumento della po- larizzazione sociale e del divario tra ricchi e poveri13. L’’inflazione, la crescita del tasso di disoccupazione e i salari sem- pre più bassi rendevano la vita della neonata “classe media” cinese ogni giorno più difficile, mentre i lavoratori in esubero delle (ormai ex) imprese statali erano lasciati a loro stessi, e il miraggio di una vita migliore in città attirava nei centri urbani un gran numero di resi- denti rurali14. Proprio questi ultimi, i cosiddetti “mingong” (工) – “lavoratori migranti”, sprovvisti del “documento di registrazione permanente” (hukou, 户口) dell’area in cui si trovano a prestare la loro opera, e per questo impossibilitati, come i loro figli ad accedere ai servizi a tale documento collegati (assistenza sanitaria, scuole, alloggi, ma an- che fornitura di gas, elettricità, acqua)15 – sarebbero divenuti, con il

La Legge, adottata dall’Assemblea Nazionale Popolare il 3 aprile 1992, è stata emen- data il 28 agosto 2005. 12 共和国消费者保护法, Zhonghua renmin gongheguo xiaofeizhe quanyi baohu fa. Per maggiori dettagli su questa legge, vedi supra, capitolo terzo, paragrafo 3.1, nota 38. 13 China Labour Bullettin: “Public Interest Litigation in China: a New Force for Social Justice”, Research Reports, 10 October 2007, in www.clb.org.hk (visto l’ul- tima volta il 19/03/2010), p. 2. 14 Ibid. 15 Sul sistema dello “hukou”, e sui problemi ad esso collegati vedi, tra gli altri: Hein Vallee, “Migration, Hukou and Resistance in Riform China”, in Elizabeth J. Perry e Mark Selden eds, “Chinese Society: Change, Conflict and Resistance”, New York, Routledge, 2003; Wang Feiling, “Organizing through Division and Ex- clusion: China’s Hukou System”, Stanford, Stanford University Press, 2005; Dorothy Solinger, “Contesting Citizenship in Urban China: Peasant Migrants, the State, and the Logic of the Market”, Berkeley and Los Angeles, University of California Press, 1999; Chris King Chi-Chan, Pun Ngai: “The Making of a New Working Class? A Study of Collective Actions of Migrant Workers in South China”, The China Quarterly 198, June 2009. Sulle discriminazioni e gli abusi di cui sono, spesso, vit- time i mingong vedi, in particolare, Human Rights in China: “The Tenuous Legal 132 Capitolo IV passare degli anni, la classe sociale più emarginata, e quella più facil- mente vittima di sfruttamento e abusi. Ci occuperemo più in dettaglio dei mingong nella parte del no- stro lavoro dedicata alle interviste16. Qui notiamo solo brevemente come, in questa fase, all’emergere di nuovi conflitti sociali, e alla com- parsa – per la prima volta, nella storia della Repubblica Popolare – di quelli che Cappelletti avrebbe definito “danni di massa”17 (espro- priazioni abusive, ma anche danni da prodotto difettoso, o licenzia- menti illeciti)18, si accompagna, da parte dei cittadini cinesi, una al- trettanto inedita coscienza dell’illiceità dei comportamenti alla base di alcuni atti dannosi, e la consapevolezza dell’esistenza, all’interno del sistema, di strumenti per porvi rimedio. Un rimedio che spesso – soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni ’90 – non viene cercato tanto (o, quantomeno, solo) per “riportare ad equità” il rapporto tra le parti, o per difendere i diritti del singolo individuo vittima dall’atto ingiusto, ma comincia ad es- sere utilizzato in vista di un bene più ampio: la tutela dell’interesse pubblico sociale. I tempi erano finalmente maturi per la comparsa delle prime “gongyi susong”.

2. La nascita delle “azioni nel pubblico interesse” in Cina Nel corso della trattazione abbiamo notato più volte come le gongyi susong si siano distinte – almeno nella fase iniziale del loro sviluppo – per essere azioni spontanee, portate avanti da cittadini “illuminati”, senza alcun collegamento tra di loro e (in generale) privi di una preparazione giuridica specifica, desiderosi di ristabilire la giustizia violata dai com- portamenti abusivi – o dalla negligenza – di amministrazioni pubbliche, dipartimenti governativi o imprese agenti in regime di monopolio.

Status of Internal Migrants in China’s Major Cities, 6th November 2002, disponibile su http://hrichina.org/public/PDFs/Reports/HRIC-Migrants.pdf (consultato l’ultima volta il 28/07/09) e Xin Frank He: “Regulating Rural-Urban Migrants in Beijing: Institutional Conflict and Ineffective Campaigns”, 39 Stan. J. Int’l L. 177, 184 (2003). 16 Vedi infra, capitolo quinto, paragrafo 3.2. 17 Vedi supra, capitolo secondo, paragrafo 1. Sul collegamento tra l’emersione del “fenomeno dei danni su vasta scala” (大量的受害现象, daliang de shouhai xianxiang) e l’utilizzo delle azioni civili per la protezione dell’interesse pubblico, vedi 张艳蕊, “事公益诉讼与公共利益保护”, 昆明理工大学学报·社科(法学) 版第8卷第9期, 2008年9月, Zhang Yanrui, “Minshi gongyi susong yu gonggongliyi baohu” (Azioni nel pubblico interesse civili e protezione del pubblico interesse), Kunming Ligong daxue xuebao – sheke (faxue) ban, vol. 8, n. 9, settembre 2008, pp. 78-79. 18 China Labour Bullettin, op. cit., p. 2. Le prime “azioni nel pubblico interesse” 133

Comportamenti e negligenza fino a quel momento tollerati, ma che – sempre più chiaramente, a partire dal periodo in esame – ven- gono riconosciuti per quello che sono: fatti illeciti e atti lesivi del- l’interesse pubblico, intendendo quest’ultimo, spesso, nella particolare accezione di somma dei diritti sociali ed economici della nuova so- cietà, urbanizzata e consumista19. In effetti – come vedremo tra poco, e fatte le debite distinzioni20 – gli interessi in difesa dei quali si schierano, in generale, gli attivisti della Repubblica Popolare non sono tanto quelli delle classi più po- vere ed emarginate, quanto quelli della emergente classe media ci- nese21. Le questioni sollevate riguardano diritto dei consumatori, il diritto ambientale, il diritto all’informazione o il diritto del lavoro, solo per citarne alcune22.

19 Fu Hualing e Richard Cullen, op. cit., p. 1. Sull’argomento, vedi anche Titi Liu, op. cit., p. 292. 20 Un’eccezione a quando affermato è, ad esempio, l’impegno in difesa dei di- ritti dei minggong da parte di molti avvocati per il pubblico interesse, mentre la lotta contro la discriminazione interessa tanto i comuni cittadini (si pensi all’altissima per- centuale di persone affette da epatite B presenti in Cina, o alla discriminazione nei confronti delle donne) quanto le fasce più deboli della popolazione (i già citati ming- gong, o – ad esempio – le donne residenti in aree rurali che si sono sposate “al di fuori” del loro villaggio (出嫁女, chujia nü), e per questo non godono della inden- nità prevista in caso di vendita delle terre possedute collettivamente dalla comunità rurale d’origine). Su questi temi, con particolare riferimento alla violazione dei di- ritti delle donne, vedi 郭建梅 – 李莹(主编), “妇女权益与公益诉讼”, 北京, 国公安大学出版社, 2009年 Guo Jianmei e Li Ying (editori), “Funü quanyi yu gongyi susong” (Diritti delle donne e azioni nel pubblico interesse), Beijing, Zhongguo renmin gong’an daxue chubanshe, 2009; sul problema delle donne “spo- sate al di fuori del loro villaggio” vedi, nello stesso volume, il caso che ha coinvolto 39 donne del villaggio di Wentouling (Guangdong), riportato da Li Ying: 李莹, “钟某等38名出嫁女农村土地权益纠纷案”, Li Ying, “Zhong muo deng 38 ming chujia nü nongcun tudi quanyi juefen an” (Il caso della disputa sui diritti e gli in- teressi della terra rurale della signora Zhong e di 38 donne “sposate fuori”), p. 90 e ss, e quanto osservato da Stéphanie Balme in Stéphanie Balme (ed.), “Ordinary Justice and Popular Constitutionalism in China” in Stéphanie Balme, Michael W. Dowdle, “Building Constitutionalism in China”, citato, p. 183 e ss. Sulla difesa dei diritti dei mingong da parte degli “avvocati nel pubblico interesse”, vedi infra, ca- pitolo seguente. Per quanto riguarda la tutela dei diritti delle persone affette da epa- tite B e, più in generale, dei disabili, vedi i casi riportati sul sito della Yirenping, or- ganizzazione non governativa fondata dall’avvocato Lu Jun, dal 2006 impegnata in questo settore: http://www.yirenping.org. 21 È, questo, un tratto delle azioni nel pubblico interesse cinese evidenziato dalla maggior parte degli autori fin qui citati. Tra di essi, ricordiamo: Fu Hualing e Ri- chard Cullen, op. cit., p. 1; Titi Liu, op. cit., p. 292; Diamond, Lubman e O’Brien, op. cit., p. 16. 22 Per un elenco degli ambiti in cui gli “avvocati nel pubblico interesse” cinesi operano più frequentemente, vedi, in generale, China Labour Bullettin, “Public 134 Capitolo IV

Come sostengono Diamond, Lubman, e O’Brien, infatti, com- mentando la (a partire da quegli anni) crescente attitudine dei comuni cittadini cinesi ad utilizzare la legge per difendere i diritti: “All these efforts to mobilize rights claims have produced mixed re- sults, but they do point to a certain irony: in China, workers and pea- sants are often surprisingly at the forefront of battles to realize “bour- geois rights””23.

È bene, comunque, chiarire come tale caratteristica non rappre- senti un tratto tipico, ed esclusivo, delle gongyi susong: le stesse ac- cuse, con differenti modulazioni, sono state mosse da alcuni autori nei confronti, ad esempio, dei public interest lawyers indiani24, o de- gli avvocati operanti all’interno del Ministério Público brasiliano25. Nel prossimo capitolo vedremo, anche grazie ad alcune testimo- nianze dirette, quali siano i criteri utilizzati dai gongyi lüshi nella scelta dei casi (e degli ambiti) di cui andranno ad occuparsi; per ora cerchiamo, invece, di comprendere come, in concreto, si sia artico- lata la difesa del pubblico interesse in Cina, a cavallo tra la fine del XX e l’inizio del XXI secolo, attraverso l’analisi di alcune delle prime azioni nel pubblico interesse apparse nella Repubblica Popolare.

2.1. La prima fase dello sviluppo delle “azioni nel pubblico interesse”: la scoperta dell’interesse pubblico da parte dei comuni cittadini ci- nesi, tra tutela sussidiaria e protezione diretta Zhang Yanrui – in uno studio dedicato, appunto, al rapporto tra gongyi susong civili e protezione dell’interesse generale – nota come

Interest Litigation in China: A New Force for Social Justice”, e Liu Yiyi, “Public Interest Litigation and Political Activism in China”, citati. 23 Diamond, Lubman e O’Brien, “Law and Society in the Public Republic of China”, citato, p. 16. Sullo stesso tema, confronta anche Lee Ching Kwan, “From the specter of Mao to the spirit of the law: Labor insurgency in China” Theory and Society 31 (2), 2002, p. 220; Elizabeth Perry, “Casting a Chinese “Democracy” Movement: The Roles of Students, Workers and Entrepreneurs”, in Elizabeth J. Perry and Jeffrey Wasserstrom (eds), “Popular Protest and Political Culture in Modern China”, Boulder, Westview Press, 1994. 24 Sull’argomento, vedi più in dettaglio Siri Gloppen, “A Note of Caution” in Siri Gloppen “Public Interest Litigation, Social Rights and Social Policy” Arusha Conference, “New Frontiers of Social Policy”, Dec. 12-15, 2005, disponibile su http://siteresources.wordbank.org/INTRANETSOCIALDEVELOPMENT/Resour- ces/Gloppen.rev.3.pdf (visto l’ultima volta il 31/03/2010). 25 Sull’argomento, vedi più in dettaglio Oscar Vilhena Vieira, “Public Interest Law: A Brazilian Perspective”, UCLA J. Int’l L. & Foreign Aff. 219, (2008), p. 241. Le prime “azioni nel pubblico interesse” 135 alcune delle prime “azioni nel pubblico interesse”26 perseguissero, in realtà, solo in via sussidiaria la tutela dell’interesse pubblico, consi- derato come semplice “corollario” alla pretesa principale, vera causa dell’azione27. È questo, ad esempio, il caso dell’azione intentata, nel 1998, dalla signora Wang Ying28, insegnante elementare residente a Tahe (Henan), contro la distilleria Fupingchun, da essa ritenuta responsabile della morte del marito, Zhang Guangpu, alcolista cronico, deceduto in se- guito ad ingestione, in quantità eccessiva, della baijiu prodotta dalla stessa distilleria29. Secondo la signora Wang, sarebbero state le campagne pubblicita- rie miranti a promuovere quel prodotto, unite all’assenza, sull’eti- chetta della baijiu, di qualsiasi avviso circa i gravi danni alla salute collegati al consumo del liquore, a spingere il marito all’alcolismo, portandolo alla morte30. Essa chiedeva, pertanto, che il tribunale: 1) condannasse la Fupingchun al risarcimento del danno morale e materiale, ritenuto ammontare a 600.000 RMB31;

26 Come abbiamo già notato, non esiste accordo, oggi, all’interno della dottrina cinese, sul significato da attribuire all’espressione “gongyi susong”; in questo capi- tolo, noi la utilizzeremo nella sua accezione più ampia, a comprendere ogni pro- cesso giudiziario in cui vengano avanzate pretese di natura generale – spesso colle- gate a diritti economici o sociali – con l’obiettivo di ottenere rimedi giuridici volti alla tutela di interessi che vadano al di là di quelli delle parti in causa. Sull’argo- mento, vedi supra, capitolo secondo, paragrafo 2., punti da a) a e). Per maggiori det- tagli sull’accezione qui impiegata, vedi Fu Hualing e Richard Cullen, op. cit., p. 1 e ss. 27 张艳蕊, Zhang Yanrui, op. cit., p. p. 79. 28 Zhang Yanrui, ibid. Per maggiori dettagli sul caso, vedi l’articolo pubblicato sul sito 国律师为全网, (Zhongguo Lüshi Weiquan Wang lett.: rete per la prote- zione dei diritti degli avvocati cinesi): “王英诉富平春酒厂案塑造反酒第一”, “Wangying su Fupingchun jiuchang suzao fanjiu diyiren” (Il caso Wang Ying con- tro la distilleria Fupingchun è il primo caso cinese contro l’alcool), consultabile al- l’indirizzo: http://www.vlawyer.cn/case/case.php?num=1221 (visto l’ultima volta il 2/12/2010); “敢于向白酒行业挑战的王英”, “Ganyu xiang baijiu hangye tiaozhan de Wang Ying” (Wang Ying osa dare sfidare l’industria della baijiu), consultabile all’in- dirizzo: http://www.china.com.cn/ch-consume/wang-ying2.htm (visto l’ultima volta il 14/01/2010). Per una sintesi dello stesso caso, in inglese, vedi Fu Hualing, op. cit., p. 5. Sull’argomento, vedi anche龚怀军 –宋健: “行政公益诉讼原告资格探析”, 国商界, 2010年,第8期, Gong Huaijun e Song Jian: “Xingzheng gongyi su- song yuangao zige tansuo” (Analisi riguardo al ruolo di attore nelle azioni nel pub- blico interesse amministrative), Zhongguo Shangjie, n. 8, 2010, p. 15. 29 张艳蕊, Zhang Yanrui, ibid. 30 Ibid. 31 国律师为全网: 王英诉富平春酒厂案塑造反酒第一, Zhongguo Lü- shi Weiquan Wang: “Wangying su Fupingchun jiuchang suzao fanjiu diyiren” (Il 136 Capitolo IV

2) imponesse alla distilleria di indicare l’esatta composizione della baijiu da essa prodotta, e le dosi a cui ciascuno degli ingredienti poteva risultare letale; 3) ordinasse alla distilleria di inserire, sulle etichette dei propri pro- dotti, la scritta: “l’eccessivo consumo di baijiu nuoce alla sa- lute”, sul modello degli ammonimenti riportati sui pacchetti di sigarette32. Il Tribunale Intermedio di Tahe, adito in primo grado, stabilì che la convenuta non avesse violato lo “Standard per le etichette delle bevande alcoliche” (饮料酒标鉴标准 yinliaojiu biaoqian biaozhun), e respinse, su questa base, le richieste dalla signora Wang. La decisione fu confermata, poi, in sede di appello. Zhang Yanrui, nell’articolo citato, nota come l’opinione pubblica abbia seguito con grande attenzione questo processo, nel quale: “le richieste dell’attore non erano volte solo a proteggere l’interesse in- dividuale ma avevano, allo stesso tempo, un chiaro sapore di interesse pubblico, oltre che un esplicito orientamento politico”33.

Ancora a proposito di tale caso, è opportuno notare come il cla- more da esso suscitato, e la caparbietà della signora Wang – la quale, anche grazie all’esperienza e alle conoscenze giuridiche acquisite nel corso dei due gradi di giudizio in cui era stata sconfitta, avrebbe con- tinuato, negli otto anni seguenti, a proporre petizioni perché la nor- mativa sulle etichette degli alcolici venisse modificata – dovevano, in- fine, portare i loro frutti: nel 2005 l’Ufficio Centrale Nazionale per il controllo della qualità ha, infatti, emanato i “Principi generali per l’imballaggio e l’etichettatura delle bevande alcoliche” (预包装饮料酒 标签同则, yu baozhuang yinliaojiu biaoqian tongze)34, nei quali, tra le altre disposizioni, viene reso esplicito il dovere, da parte di tutte le imprese produttrici di liquori, di informare i consumatori dei ri- schi connessi all’ingestione di alcool, attraverso appositi avvisi appli- cati sulle bottiglie35. Tra i casi collegati, in modo indiretto, all’interesse pubblico, e de- caso Wang Ying contro la distilleria Fupingchun è il primo caso cinese contro l’al- cool), citato, ibid. 32 Ibid. 33 张艳蕊, Zhang Yanrui, p. 79. 34 王英诉富平春酒厂案塑造反酒第一, “Wangying su Fupingchun jiuchang suzao fanjiu diyiren” (Il caso Wang Ying contro la distilleria Fupingchun è il primo caso cinese contro l’alcool), citato. 35 Avvisi come “L’eccesso di liquore nuoce alla salute”, “È sconsigliato bere al- colici a bambini e donne in gravidanza”, eccetera. Vedi Ibid. Le prime “azioni nel pubblico interesse” 137 stinati a suscitare ampi dibattiti all’interno della società cinese, ricor- diamo ancora la causa intentata da Yang Yanhui, impiegato di Shanghai36. Nel febbraio del 2003 il signor Yang acquistò un biglietto aereo ma – non avendo prestato attenzione all’indicazione dell’aeroporto di partenza, riportata sullo stesso solo in lingua inglese – perse il volo. Per tale ragione citò la compagnia aerea, chiedendo che il tribunale, oltre al risarcimento del danno, stabilisse il dovere, per la suddetta compagnia, di indicare in futuro il nome degli aeroporti anche in ci- nese. Il tribunale adito non ha accolto quest’ultima richiesta, ritenen- dola non pertinente, e al di fuori della propria competenza37. Come abbiamo poco sopra notato, tanto in questo caso, quanto nel precedente, l’interesse dell’attore per la tutela del “bene comune” – seppur presente, e, lo ricordiamo, del tutto “nuovo”, nel panorama giuridico-culturale cinese38 – non rappresenta il principale motore del- l’azione: dalle sintesi riportate, infatti, si evince con chiarezza come l’obiettivo della signora Wang, così come quello del signor Yang, fosse, in primo luogo, trarre “vantaggio” dalla causa intrapresa, rice- vendo ristoro per la presunta ingiustizia subita, mentre solo in se- conda battuta essi miravano ad ottenere un rimedio capace di gio- vare anche alla collettività. Una collettività la cui attenzione – già accesa da processi come quelli citati – doveva, proprio in quegli anni, essere attratta con sem- pre maggiore intensità da un altro genere di controversie39, più di- rettamente volte alla protezione del pubblico interesse e, appunto per tale ragione, destinate a portare mutamenti radicali al concetto stesso di “azione civile” (法诉讼, minfa susong). La prima, in ordine di tempo, di queste cause è certo il famoso “caso da 1,20 yuan”, del 1996, ricordato con quel nome perché a tale cifra (corrispondente, all’incirca, a 13 centesimi di euro) ammontava il risarcimento chiesto da Qiu Jiandong, “operatore di base del di- ritto” (基层法律工作者, jiceng falü gongzuozhe)40, alla Amministra-

36 张艳蕊, Zhang Yanrui, ibid. 37 张艳蕊, Zhang Yanrui, p. 79, nota 1. 38 Vedi supra, capitolo 1, paragrafo 1. 39 张艳蕊, Zhang Yanrui, ibid. 40 Si tratta, com’è noto, di una delle tre categorie di soggetti (avvocati, avvocati scalzi e, appunto, operatori di base del diritto) deputate, in Cina, a fornire servizi giuridici. Sviluppatasi a partire dagli anni ’80, è formata da soggetti privi della qua- lifica di avvocato (per conseguire la quale, a partire dal 2002, è necessario aver con- seguito una laurea – non obbligatoriamente in materie giuridiche – aver superato l’e- same di stato e avere svolto un anno di pratica presso uno studio legale), ma co- munque provvisti di una formazione giuridica di qualche tipo, e dell’autorizzazione, 138 Capitolo IV zione per le Poste e le Telecomunicazioni del distretto di Xinluo (Fujian), colpevole di non aver applicato lo sconto sulla tariffa te- lefonica previsto durante le festività e le ore notturne41. Il signor Qiu chiedeva pertanto al tribunale di imporre alla con- venuta: 1) la restituzione del doppio del corrispettivo ingiustamente ver- sato (0,60 RMB), come previsto dall’articolo 49, Legge per la protezione dei diritti e degli interessi dei consumatori; da parte dell’Amministrazione per la giustizia della provincia nella quale risiedono, a prestare la loro opera all’interno di “Centri per i servizi giuridici” (法律服务所, Falü fuwusuo). Ad essi è concesso di rappresentare le parti in controversie ammi- nistrative e civili, ma non in quelle penali; si noti che, secondo un report recente- mente pubblicato su Baidu, ancora oggi, e nonostante il grande sviluppo dell’avvo- catura a cui si è assistito negli ultimi anni, gli operatori del diritto di base gestireb- bero una quantità di casi (giudiziari e non) superiore del 50% rispetto ai casi gestiti dagli avvocati. Vedi 刘治成: “基层法律服务工作者”是什么?, Liu Zhicheng, “Ji- ceng falü fuwu gongzuozhe” shi shenme” (cosa sono gli “operatori di servizi giuri- dici di base”?) pubblicato su Baidu il 14/12-72009, e disponibile all’indirizzo: http://hi.baidu.com/zgwq110/blog/item/9c8e79363f30b3bcd1a2d3ee.html (visto l’ul- tima volta il 3/12/2009). Sull’argomento vedi anche Benjamin Liebman, “Prepared Statement at Rountable on Access to Justice in China” (July 12, 2004), disponibile all’indirizzo: http://www.cecc.gov/pages/roundtables/071204/liebman.php; Russel G. Pearce e Samuel J. Levine, “Rethinking the Legal Reform Agenda: Will Raising the Standard for Bar Admission Promote or Undermine Democracy, Human Ri- ghts, and Rule of Law?”, 77 Fordham L. Rev. 1635 (2009), p. 1643; Benjamin Lieb- man, «Lawyers, Legal Aid and Legitimacy in China», in W. Alford (ed), «Raising the Bar: The Emerging Legal Profession in East Asia», Cambridge, Harvard Uni- versity Press, 2007, p. 322 e ss. Sulle professioni legali in Cina vedi, più in detta- glio: Gerard J. Clark, “An Introduction to the Legal Profession in China in the Year 2008”, 41 Suffolk U. L. Rev. 833 (2008), p. 840 e ss.; Fu Hualing, «Access to Law in China: Potential, Limits and Alternative», SSRN Working paper series, Sept. 2009, disponibile su http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=1474073 (visto l’ultima volta il 27/10/09), p. 9 e ss. Sugli operatori di base del diritto e, più in generale, sulla situazione attuale della professione giuridica in Cina vedi 刘思达: “国法律服务市场的生态分析”, 上海, 上海三联书店, 2011年, Liu Sida, “Zhong- guo falü fuwu shichang de shengtai fenxi” (Analisi ambientale del mercato dei ser- vizi giuridici in Cina), Shanghai, Shanghai sanlian shudian, 2011. 41 China Labour Bullettin, «Public Interest Litigation in China: a New Force for Social Justice», Research Reports, 10 October 2007, in www.clb.org.hk (visto l’ul- tima volta il 19/03/2010), p. 3; 肖建国: “事公益诉讼的基本模式研究- 以、 美、德三国为心的比较法考察”, 国法学, 2007 年, 第5 期, Xiao Jianguo, “Min- shi gongyi susong de jiben moshi yanjiu – Yi zhong, Mei, De san guo wei zhongxin de bijiaofa kaocha” (Ricerca sui modelli di base di public interest litigation – inda- gine comparatistica concentrata su Cina, America e Germania), Zhongguo Faxue, n. 5, 2007, p. 131; 陈虹宇, “事公益诉讼原告资格问题探讨”, 黔西南族师范高等 专科学校学报, 第1 期, 2010 年3 月, Chen Hongyu, “Minshi gongyi susong yuan- gao zige wenti tantao” (Analisi del problema del ruolo di attore nelle azioni nel pubblico interesse civili), Qianxi nan minzu shifan gaodeng zhuanke xuexiao xue- bao, n. 1, marzo 2010, p. 12. Le prime “azioni nel pubblico interesse” 139

2) la rimozione, dai telefoni pubblici, dei cartelli riportanti le vec- chie tariffe, e la loro sostituzione con nuovi tabelloni, indicanti i periodi in cui il costo della telefonata avrebbe subito riduzioni; 3) la presentazione di scuse formali42. La citazione fu ritirata quando l’Amministrazione accettò di ap- plicare la tariffa corretta43. Si tratta, come dicevamo, di quella che viene (quasi unanime- mente)44 considerata la prima gongyi susong cinese: un’azione la cui natura, come ricorda Xiao Jianguo in un lavoro dedicato alla com- parazione tra il modello di “public interest litigation civile” tedesco, cinese e americano: “si differenzia dalle controversie private quanto ai fini. In queste ul- time, infatti, sono i diritti privati a fungere da centro, mentre l’ obiet- tivo delle gongyi susong civili è, al contrario, l’espansione dell’interesse pubblico, o di quello del gruppo”45.

In effetti, il signor Qiu in questa azione non reagiva solo contro la violazione dei suoi interessi individuali. Egli lamentava anche – e soprattutto – il danneggiamento degli interessi diffusi (扩散型利益 kuosanxing liyi) degli altri clienti della società telefonica locale, attri- buendosi, in tal modo, un ruolo simile a quello del cosiddetto “Pri- vate Attorney General” americano46. Come appariva chiaro, alla luce dell’irrisorio risarcimento richie- sto, l’obiettivo dell’attore non era ricevere la restituzione della cifra pagata come sovrapprezzo, né ottenere un rimborso per tutti coloro i quali avessero pagato una tariffa telefonica più cara del dovuto: quello a cui mirava il signor Qiu, il reale fine a cui tendeva l’azione, era far sì che l’Amministrazione per le Poste e le Telecomunicazioni del distretto di Xinluo rispettasse la legge. Ed è proprio l’enfasi sulla legalità, la pretesa che, in un Paese che si professa “di Rule of Law”, chi detiene il potere “obbedisca alle leggi che esso stesso ha emanato” o – in caso contrario – possa es- sere portato da qualunque privato cittadino davanti a un tribunale, a

42 肖建国, Xiao Jianguo, ibid. 43 Ibid. 44 Ibid. Sull’argomento, vedi contra Titi Liu, op. cit., p. 284, secondo la quale non si potrebbe parlare di gongyi susong se non a partire dal 2001, anno in cui anno in cui l’avvocato Qiao Zhanxiang citò il Ministero delle Ferrovie della RPC per avere aumentato il prezzo dei biglietti ferroviari durante il Capodanno Cinese, violando così la “Legge sul controllo dei prezzi”. Su questa causa vedi più in det- taglio infra, capitolo quinto, paragrafo 5.1. 45 肖建国, Xiao Jianguo, p. 131. 46 Ibid. 140 Capitolo IV costituire l’aspetto forse più innovativo di questa controversia, e uno degli elementi destinati a caratterizzare, negli anni a venire, le “azioni nel pubblico interesse” cinesi. Azioni che comunque, fin dagli albori – come dimostra la solu- zione di questo caso, e quello della signora Wang – si distinguono dalle cause indicate con lo stesso nome in altri ordinamenti per un ulteriore tratto: il ruolo sussidiario attribuito alle corti, non più al centro della scena, ma utilizzate quasi in modo pretestuoso, per por- tare alla luce problemi che verranno decisi in altre sedi. Ne parleremo tra poco; per ora, ricordiamo come, ad accomunare i casi fin qui citati, non fosse solo l’esito, ma anche la norma invocata. Si tratta dell’articolo 49 della “Legge per la protezione dei diritti e degli interessi dei consumatori” del 199347, secondo il quale: “In caso di frode nella fornitura di beni o servizi, gli operatori com- merciali dovranno, su richiesta dei consumatori, aumentare il risarci- mento per la perdita subita dalla vittima. Il risarcimento ammonterà al doppio del prezzo pagato dal consumatore per il bene acquistato o il servizio ricevuto”48.

È questa, del resto, una delle norme più frequentemente utilizzata dai pionieri delle public interest litigation cinesi. Ad essa doveva, ad esempio, far riferimento, a partire dal 1997, l’attivista Wang Hai, divenuto famoso per aver citato numerose com- pagnie cinesi, colpevoli di commercializzare beni difettosi, o di pro- muovere l’acquisto dei proprio prodotti attraverso pubblicità ingan- nevole. Ricordiamo che tale impegno – oltre, ovviamente, a trasformare Wang Hai, agli occhi dell’opinione pubblica, in un paladino dei di- ritti dei consumatori – era destinato a suscitare vivaci dibattiti in dot- trina (destinati a placarsi solo recentemente)49, riguardo all’opportu- nità di considerare “consumatore” chi, consapevolmente e con un fine preciso, acquisti beni di qualità inferiore a quella dichiarata50.

47 肖建国, Xiao Jianguo. 48 Vedi “Legge per la protezione dei diritti e degli interessi dei consumatori della Repubblica Popolare Cinese”, articolo 49. L’articolo, in lingua originale, dispone come segue: 经营者提供商品或者服务有欺诈行为的,应当按照消费者的要求增 加赔偿其受到的损失,增加赔偿的金额为消费者购买商品的价款或者接受服务的费 用的一倍。 49 Fu Hualing e Richard Cullen, op. cit., p. 4. 50 Sull’argomento, e per maggiori dettagli riguardo alle cause intentate da Wan- ghai, vedi ““王海现象”的法思考 — 论消费者权益保护的惩罚性赔偿金”, ““Wang Hai xianxian” de minfa sikao – Lun xiaofeizhe quanyi baohu de cheng- faxing peichangjin” (Analisi alla luce del diritto civile del “fenomeno Wang Hai” – Le prime “azioni nel pubblico interesse” 141

Ancora a proposito dell’articolo 49, notiamo che la frequenza con cui esso viene impiegato in azioni a difesa dell’interesse generale non deve, tuttavia, portare a concludere che il legislatore, nel riconoscere danni punitivi al consumatore vittima di raggiro, abbia consapevol- mente inteso delegare, in qualche modo, ai cittadini, una parte degli oneri di controllo attribuiti allo Stato (nella fattispecie: la vigilanza sulla qualità dei prodotti immessi sul mercato). Come evidenzia Donald Clarke – e anche tenendo conto dell’e- strema lungimiranza con cui, in genere, sono portate avanti le riforme, in Cina – sembra infatti improbabile che i redattori cinesi: “[…] have been thinking in such social-engeneering terms”51.

L’esito sopra descritto pare, piuttosto, dover essere annoverato tra le “unintended consequences” cui abbiamo fatto, in precedenza, rife- rimento52; ed ancora alle “conseguenze inaspettate” della moderniz- zazione può essere ricondotta la consapevolezza giuridica che fa da sfondo a molti dei casi “nel pubblico interesse” fin qui esaminati. È interessante, infatti, notare come – mentre la conoscenza del di- ritto espressa da Qiu Jiandong attraverso il “caso da 1,20 yuan” de- rivava, indubbiamente, dalla professione da lui esercitata (quella, lo ricordiamo, di paralegale) – sia la signora Wang che Wang Hai ab- biano avuto notizia dell’esistenza della “Legge per la tutela dei diritti e degli interessi dei consumatori” grazie alle campagne di promo- zione del diritto portate avanti dal governo53: solo, infatti, dopo aver

Sui danni punitivi nella protezione dei diritti dei consumatori), pubblicato sul sito Findlaw.cn (找发往, Zhaofawang) il 5 giugno 2010 e consultabile all’indirizzo http://china.findlaw.cn/info/xiaofeiquanyi/lunwen/119442.html (visto l’ultima volta il 6/12/2010). Per una sintesi, in lingua inglese, dell’attività di Wang Hai vedi anche Fu Hualing, op. cit., p. 4 e ss.; per un’analisi della stessa attività, vista nella pro- spettiva delle “Private Attorney General Litigation” (comunque estranea, come chia- risce lo stesso autore, alle intenzioni del legislatore cinese), vedi Donald Clarke, «The Private Attorney-General in China: Potential and Pitfalls», Washington Uni- versity Global Studies Law Review, vol. 8:241, 2009, p. 242. 51 Donald Clarke, op. cit., p. 242. 52 Vedi supra, capitolo terzo, nota 341. 53 Si tratta, com’è noto, del cosiddetto “movimento di pubblicizzazione del di- ritto” (普法运动, pufa yundong), che ha preso l’avvio nel novembre del 1985 con la decisione, sancita da una risoluzione del Comitato Permanente dell’Assemblea Na- zionale Popolare, di iniziare una nuova fase del cammino verso la Rule of Law, at- traverso “la diffusione, tra i cittadini, della conoscenza di base del diritto”. In par- ticolare, la risoluzione stabiliva che “nell’interesse dello sviluppo della democrazia socialista e per sviluppare il sistema giuridico socialista, è necessario che il diritto sia posto nelle mani delle masse dei cittadini, in modo che essi sappiano che cosa è la legge, obbediscano alla legge, acquisiscano la percezione della legalità e imparino a 142 Capitolo IV assistito a programmi televisivi e talk show miranti a diffondere, tra il grande pubblico, la conoscenza di tale norma e dei diritti ad essa collegati, essi avrebbero maturato la decisione di avanzare le proprie pretese in giudizio54. Per riprendere il discorso iniziato nel capitolo precedente, ricor- diamo che anche i contatti con i cooperatori stranieri hanno costi- tuito una importante fonte di ispirazione per gli attivisti cinesi, per quanto, nella maggioranza dei casi, di tipo indiretto55. Ad esempio, come nota Fu Hualing, è stato in seguito alla parte- cipazione alla Conferenza Mondiale delle Donne, tenutasi a Pechino nel 1995, che l’avvocato Guo Jianmei è venuta a conoscenza del con- cetto di “public interest law”, decidendo di lasciare l’impiego presso il Ministero della Giustizia per fondare il “Centro per i servizi giuridici e ricerca sulle leggi a favore delle donne dell’Università di Pechino”, e divenire la prima “public interest lawyer a tempo pieno” cinese56. Allo stesso modo, è assistendo a una conferenza organizzata, in quegli anni, dalla Ford Foundation che l’avvocato Huang Jinrong (al- lora studente di diritto) ha udito, per la prima volta, parlare di “re- sponsabilità del governo”, comprendendo che esisteva la possibilità di obbligare il governo a rispettare la legge, e che: “la tutela dell’interesse pubblico non doveva essere, per forza, esclu- sivo appannaggio dello Stato”57. utilizzare il diritto come un’arma, contro tutti gli atti compiuti in violazione della Costituzione, e delle leggi”. Da 1985 al 2010 sono stati lanciati 5 piani quinquen- nali sulla “diffusione della conoscenza giuridica”, sulla base di altrettante decisioni del Comitato Permanente, e a partire dal 2001 il 4 dicembre è stato festeggiato come “il giorno della propaganda giuridica nazionale” (全国普法日, quanguo pufa ri). Ciò ha portato alla nascita di molti quotidiani specializzati in notizie giuridiche, mentre si è calcolato che, nel 2008, più di 300 emittenti televisive, a livello provinciale e mu- nicipale, trasmettessero programmi su temi collegati al diritto. Ovviamente, negli ul- timi anni, anche internet ha avuto un importante ruolo nella “pubblicizzazione della legge”, e il diritto è divenuto materia di studio a partire dalla scuola primaria. Sul- l’argomento, vedi Mary E. Gallagher, “Mobilizing the Law in China: “Enformed disenchantment” and the Development of Legal Consciousness”, 40 Law & Soc’y Rev. 783, December 2006, pp. 793-794; Alber Chen, “Legal Thought and Legal Development in the People’s Republic of China 1949-2008”, (March 28, 2009), di- sponibile all’indirizzo http://ssrn.com/abstract=1369782, p. 31 e ss. Sull’argomento, vedi anche Huang Jinrong, “Pursuing Public Interest Through Legal Aid: An Ob- servation on Law Advocacy Movement in China”, citato. 54 Fu Hualing e Richard Cullen, op. cit., p. 5. 55 Anche se non sempre: ricordiamo il già citato caso di Wang Exiang, parteci- pante al progetto CLEEC, e fondatore del primo centro di legal aid cinese. Sull’ar- gomento, vedi supra, capitolo terzo, paragrafi 2.2 e 2.3.1. 56 Fu Hualing e Richard Cullen, op. cit., p. 6. 57 Vedi intervista a Huang Jinrong, Pechino, marzo 2009. Le prime “azioni nel pubblico interesse” 143

Huang Jinrong attualmente opera all’interno dello “Studio legale Dongfang per l’interesse pubblico e il legal aid”; come lui, molti sono i gongyi lüshi, oggi famosi, che hanno cominciato a svolgere la loro attività in difesa del pubblico interesse a metà degli anni Novanta58. Fino all’inizio del nuovo secolo, tuttavia, la partecipazione degli esperti del diritto (avvocati, ma anche professori, o dottori di ricerca in giurisprudenza) resta piuttosto sporadica, e affidata al caso; la mag- gioranza delle gongyi susong viene, invece, portata avanti da comuni cittadini. Cittadini come Ge Rui, contadino dello Henan, che nel 1998 cita la Stazione Ferroviaria di Zhengzhou per aver imposto il pagamento di 0.30 yuan per l’accesso ai servizi igienici interni alla stessa sta- zione59; o come Wang Rizhong, operaio, che sempre nel 1998 cita l’Amministrazione Fiscale di Hangzhou per non avere dato seguito alla denuncia da lui presentata, 4 anni prima, contro l’impresa di cui era dipendente, a suo dire colpevole di aver frodato il fisco60; o, an-

58 Tra questi, ricordiamo l’avvocato Zhou Litai, che ha iniziato la sua attività in difesa dei diritti dei lavoratori nel 1996, a Longgang (Shenzhen) e l’avvocato Tong Lihua, fondatore del Centro di ricerca e legal aid per i fanciulli di Pechino (北京青少年法律援助与研究心 Beijing qingshaonian falü yuanzhu yu yanjiu zhongxin), e dell’Ufficio di legal aid per lavoratori migranti di Pechino (北京市农工 法律援助工作站, Beijingshi nongmingong falüyuanzhu gongzuozhan), impegnato nella difesa del pubblico interesse a partire da quegli stessi anni. Sull’argomento, vedi Fu Hualing e Richard Cullen, op. cit., p. 6. Per maggiori dettagli sull’attività dell’Ufficio di legal aid per lavoratori migranti, vedi infra, capitolo quinto, paragrafo 3.2; su Zhou Litai, vedi infra, capitolo quinto. 59 La norma invocata in questo caso era un Regolamento emanato dal Ministero delle Finanze e dalla Commissione statale per la pianificazione dello sviluppo nel 1993, che prevedeva l’abolizione di tutte le tariffe inutili. Sulla base di esso, Ge Rui chiedeva il rimborso della tariffa pagata, e le scuse da parte della convenuta. Il tri- bunale di primo grado rigettò la sua richiesta, che venne, invece, accolta in secondo grado. La vittoria ottenuta dal signor Ge, comunque, andò ben oltre la restituzione dei 30 centesimi versati; in seguito alla decisione di questo caso, infatti, molte sta- zioni decisero di abolire le tariffe di accesso ai servizi igienici. Per maggiori dettagli su questo caso, vedi 齐树洁 –郑贤宇, “我国公益诉讼的困境与出路”, 国商法律网, 2005年9月8日 Qi Shujie, Zheng Xianyu, “Woguo Gongyi susong de kunjing yu chulu”, pubblicato sul sito CCCL, l’8 settembre 2005 e disponibile all’indirizzo http://www.civillaw.com.cn/article/default.asp?id=21842#m5 (visto l’ultima volta il 10/12/2010); 周泽, “公益诉讼”且慢” 法制日报, 2001年6月2日, Zhou Ze, “”Gongyi suosong” qieman hecai”, Fazhi ribao, 2 giugno 2001. Sull’argomento, vedi anche, in lingua inglese: Fu Hualing e Richard Cullen, op. cit., p. 5; China La- bor Boullettin, op. cit., p. 5. 60 Wang Rizhong, proprio in seguito a tale denuncia, era stato infatti accusato di essere un “fomentatore”. Egli, sulla base della Legge sulle controversie amministra- tive, chiedeva pertanto al giudice di obbligare la convenuta a: 1) adempiere al suo dovere, dando seguito alla denuncia; 2) risarcirlo per le perdite subite a causa del- l’accusa ingiusta; 3) conferirgli una ricompensa, per aver informato l’Amministra- 144 Capitolo IV cora, come i trecento abitanti di Qingdao, che citano, nel 2000, l’Am- ministrazione per la pianificazione della stessa città, responsabile di aver approvato la costruzione di un complesso residenziale, la cui edificazione avrebbe leso il loro diritto a godere del panorama61. Difficilmente, comunque – soprattutto in questa fase – le “azioni nel pubblico interesse” erano destinate ad avere successo, e a rag- giungere gli obiettivi di protezione del “bene comune” per le quali erano state intentate62. Per limitare la nostra analisi ai casi citati, notiamo che i cittadini di Qingdao hanno perso la causa in primo grado63, mentre il tribu- nale ha rigettato le richieste di Wang Rizhong, ritenendo che l’attore mancasse di interesse diretto nella controversia64. Più complicata, in- vece, è la questione riguardo a Ge Rui: il signor Ge, alla fine, ha ot- tenuto la vittoria in giudizio e la restituzione del denaro speso, ma dopo poco tempo la stazione di Zhengzhou ha ripreso a pretendere il versamento di denaro per l’accesso alle toilette65. Si tratta di fallimenti che dipendono, per la maggior parte, dalle caratteristiche del sistema giuridico cinese; un sistema – come abbiamo già avuto modo di notare66, e come l’esito dei processi sopra sintetiz- zati dimostra – che oppone all’attecchimento del modello di public in- terest litigation “classico” tutta una serie di ostacoli squisitamente tec- nici, oltre, ovviamente, alle scontate resistenze di tipo politico. Proprio all’analisi di tali ostacoli, e delle ragioni per le quali, an- cora oggi – e nonostante la progressiva “professionalizzazione” delle zione stessa dell’evasione fiscale. Il caso fu rifiutato dalla corte, per mancanza di in- teresse diretto nella causa (e quindi di diritto di azione, ai sensi dell’articolo 108 della Legge di procedura civile) da parte del signor Wang. Sull’argomento, vedi China Labor Bullettin, op. cit., p. 8, e infra nel testo. 61 China Labor Bullettin, op. cit., p. 8. 62 齐树洁 –郑贤宇, Qi Shujie e Zheng Xianyu, op. cit. È interessante, comun- que, notare, come il signor Ge non si sia perso d’animo: una volta preso atto della reiterazione del comportamento illegittimo, egli ha denunciato la stazione all’Am- ministrazione per i prezzi della Municipalità di Zhengzhou, chiedendo alla stessa di prendere provvedimenti in proposito e, davanti al suo rifiuto, l’ha citata per ina- zione. Alla fine, la questione si è risolta per via amministrativa: la Commissione per la Pianificazione e lo sviluppo dello Henan ha, infatti, ordinato all’Amministrazione municipale di agire, e inflitto alla stazione di Zhengzhou una pena pecuniaria di 1.740.000 yuan (pari alla cifra guadagnata dalla stazione attraverso la riscossione della tariffa illegittima, imposta per l’uso dei servizi). Vedi China Labor Bullettin, op. cit., p. 5. 63 China Labor Bullettin, op. cit., p. 8. 64 China Labor Bullettin, op. cit., p. 8. 65 树洁 –郑贤宇, Qi Shujie e Zheng Xianyu, op. cit., ibid; sull’argomento, vedi anche supra, nota 554. 66 Vedi supra, capitolo primo, paragrafo 1. Le prime “azioni nel pubblico interesse” 145 gongyi susong – è piuttosto difficile, per un avvocato nel pubblico interesse cinese, riportare una vittoria in corte, saranno dedicate le re- stanti pagine di questo capitolo. Prima, però, di esaminare i limiti strutturali alle public interest li- tigation, e di vedere in che modo gli avvocati per il pubblico inte- resse cinesi – una volta preso il posto dei determinati, ma giuridica- mente poco esperti, attivisti – abbiano cercato di aggirarli, ci pare op- portuno spendere qualche parola su un altro dei soggetti coinvolti nel processo di sviluppo delle gongyi susong: la Procura del Popolo (检察院, Renmin jianchayuan). È, infatti, proprio dalle azioni in difesa del pubblico interesse in- tentate da alcune procure a partire dai primi anni Novanta che, se- condo la maggioranza degli autori, i gongyi lüshi avrebbero tratto ispirazione67.

2.2. “Azioni nel pubblico interesse” civili e Procure del Popolo La possibilità, per le Procure del Popolo, di intentare cause civili, o di partecipare alle stesse, quando sia in gioco l’interesse nazionale, o un rilevante interesse sociale, è una questione dibattuta dalla dot- trina e dai pratici del diritto cinese fin dalla seconda metà degli anni ’8068, ma è a partire dal 1991 che alcune procure locali hanno ini- ziato – anche se in via sperimentale – a promuovere vere e proprie azioni nel pubblico interesse civili69. Per quanto riguarda gli ambiti di azione, tale strumento è stato, in particolare, utilizzato per porre rimedio a episodi di inquinamento ambientale, spoglio di beni di proprietà statale, concorrenza sleale, abuso di posizione dominante e – più in generale – in presenza di gravi violazioni dei diritti e degli interessi dello Stato e dei cittadini nel loro complesso (tipico è il caso di vilipendio alla bandiera)70. Tra

67 Sull’argomento, vedi Titi Liu, op. cit., p. 286; 张艳蕊: “事公益诉讼制度研究 – 兼论诉讼机能的扩大”, 北京, 北京大学出版社, 2007年, Zhang Yanrui, “Min- shi gongyi susong zhidu yanjiu – Jian lun minshi susong jineng de kuoda” (Ricerca sul sistema di azioni nel pubblico interesse civili – Contemporaneamente sull’am- pliamento delle funzioni delle controversie civili), Beijing, Beijing daxue chubanshe, 2007, p. 4 e ss., e, della stessa autrice, “事公益诉讼与公共利益保护”, “Minshi gongyi susong yu gonggongliyi baohu” (Azioni nel pubblico interesse civili e pro- tezione del pubblico interesse), citato, p. 79. 68 厚省 – 郭宗才: “论我国检察机关提起公益事诉讼”, 法学2006 年第1 期, Duan Housheng e Guo Zongcai, “Lun woguo jiancha jiguan tiqi gongyi minshi susong” (Sulle controversie civili nell’interesse pubblico intentate, in Cina, dagli uf- fici della Procura), Faxue, n. 1, 2006, p. 941. 69 肖建国, Xiao Jianguo, op. cit., p. 241 e ss. 70 Ibid. Per una sintesi del famoso caso di vilipendio alla bandiera occorso nello 146 Capitolo IV le province più attive, in questo senso, spiccano quelle dello Hei- lonjiang, e dello Henan71. Non a caso, è una controversia in tema di sperpero di proprietà statale intentata da una procura dello Henan, nel 199772, a costituire, dal punto di vista formale e processuale, il modello di minshi gongyi susong (lett.: azione civile nel pubblico interesse) più seguito dalle Procure del Popolo della Repubblica Popolare Cinese73. Si tratta dell’azione con la quale, il 1° luglio 1997, la Procura della contea di Fangcheng ha citato in giudizio il Dipartimento per l’in- dustria e il commercio locale, chiedendo che il tribunale dichiarasse nullo il contratto con cui il dipartimento aveva venduto – illecita- mente, e a un prezzo inferiore a quello di mercato – un immobile a un certo Tang Weidong74. Tale azione faceva seguito alle indagini in tema di sperpero di pro- prietà statali (国有资产流失, guoyou zichan liushi) condotte, nel corso dell’anno precedente, dagli organi della Procura del Popolo di Fang- cheng, e costituiva il frutto di una lunga serie di consultazioni (in- terne ed esterne all’apparato giudiziario), oltre che di attente ricerche in ambito giuridico75.

Xingjiang nel 2001, vedi 张艳蕊: “事公益诉讼制度研究 - 兼论诉讼机能的扩大”, 北京, 北京大学出版社, 2007年, Zhang Yanrui, “Minshi gongyi susong zhidu yanjiu – Jian lun minshi susong jineng de kuoda” (Ricerca sul sistema di azioni nel pub- blico interesse civili – Contemporaneamente sull’ampliamento delle funzioni delle controversie civili), citato, p. 6. 71 段厚省 - 郭宗才, Duan Housheng e Guo Zongcai, op. cit., p. 941. Si noti che, secondo la statistica degli organi della Procura della Provincia dello Henan, in quella sola provincia tra il 1997 e il 2007 sarebbero state intentate, nel complesso, 1572 azioni nel pubblico interesse, 242 delle quali direttamente presentate dalle pro- cure locali. Sull’argomento, vedi l’articolo pubblicato da Caijing il 15 ottobre 2008, 叶逗逗: 已出现不少公以个名义提起的“公益诉讼”, 但由于无法可依, 法院往往以提起公益诉讼的主体不适格拒绝受理, Ye Doudou, “Yi chuxian bu shao gongmin yi ge ren mingyi tiqi de “gongyi susong”, dang youyu wufa keyi, fayuan wangwan yi tiqi gongyi susong de zhuti bushi ge jujue shouli” (molti cittadini hanno già presentato “gongyi susong”, tuttavia, poiché manca una base giuridica, i tribu- nali non accettano il caso per non aderenza allo standard dei soggetti che propon- gono l’azione) consultabile all’indirizzo: http://www.caijing.com.cn/2008-10- 15/110020480.html (visto l’ultima volta il 24/12/2010). 72 初字第192 号, Fan min qu zi n. 192 (1997). 73 肖建国, Xiao Jianguo, op. cit., ibid. 陈玲, Chen Ling, op. cit., p. 87. 74 Ibid. Per maggiori dettagli su questo caso, vedi anche http://www.hanji- lawyer.com.cn/luntang/luno27.htm (visto l’ultima volta il 23/12/2010). 汤维建, “论检察机关提起事公益诉讼”, 司法制度论坛, 2010 年,第1期, Tang Weijian, “Lun jiancha jiguan qiti minshi gongyi susong” (Sulle azioni nel pubblico interesse civili intentate dalla procura), Sifa zhidu luntan, n. 1, 2010, p. 19. 75 张艳蕊: “事公益诉讼制度研究 – 兼论诉讼机能的扩大”, Zhang Yanrui, “Minshi gongyi susong zhidu yanjiu – Jian lun minshi susong jineng de kuoda” (Ri- Le prime “azioni nel pubblico interesse” 147

Una volta, infatti, appurato che tale immobile e i diritti di uso sul terreno erano stati venduti dal dipartimento al signor Tang sottoco- sto76 e senza l’autorizzazione degli uffici preposti, la Procura di Fang- cheng si era trovata davanti a una delicata questione processuale: se, per ottenere la restituzione del bene, era necessario che il contratto fosse dichiarato nullo, come avrebbe potuto la Procura ottenere dal tribunale tale dichiarazione, senza essere accusata di interferire in un rapporto civile?77 Si decise, da ultimo, di attuare il seguente schema processuale: la Procura avrebbe intentato – in qualità di unità di lavoro, e con il ruolo di attore–persona giuridica – un’azione civile presso il tribu- nale, chiedendo la dichiarazione di nullità del contratto; il procura- tore capo avrebbe svolto la funzione di rappresentante legale dell’u- nità di lavoro, affiancato da due procuratori del dipartimento civile e amministrativo in veste di avvocati; il dipartimento per l’industria e il commercio e il signor Tang, infine, avrebbero costituito, rispet- tivamente, il primo e il secondo convenuto78. Il tribunale, il 3 dicembre 1997, accolse le richieste dell’attore; i convenuti non presentarono appello, e la sentenza divenne esecutiva79. Anticipiamo qui, per sviluppare meglio l’argomento tra poco, come non sia raro che – una volta accettati dal tribunale – i casi di “azione nel pubblico interesse” intentati dalla procura si concludano positi- vamente, e non vengano sottoposti a ulteriori gradi di giudizio: lo stretto legame tra Procura e Corte, e le fitte consultazioni tra questi organi che (di norma, e come accaduto a Fangcheng) precedono la richiesta di iscrizione al registro dell’azione, fanno sì che il risultato del processo sia, spesso, scontato fin dall’inizio del dibattimento80. cerca sul sistema di azioni nel pubblico interesse civili – Contemporaneamente sul- l’ampliamento delle funzioni delle controversie civili), citato, p. 4. 76 I beni erano stati venduti a 100.000 RMB, mentre il loro valore di mercato era stato, dalla Procura, stimato a 121.602,80 RMB. Per maggiori dettagli, vedi il re- port: “南阳方城县工商所转卖国有资产 – 检察院起”, Nanyang Fangcheng xian Gong- shangsuo zhuangmai guoyou zichang – Jinachayuan qi (Il dipartimento per l’indu- stria e il commercio di Fangcheng rivende beni di proprietà statale – La procura in- sorge), pubblicato su Baidu il 26 aprile 2008, e consultabile all’indirizzo: http://tieba.baidu.com/f?kz=364051106 (visto l’ultima volta il 23/12/2010). Sui limiti posti all’esercizio dell’azione civile da parte della Procura vedi infra, in questo pa- ragrafo. 77 张艳蕊, Zhang Yanrui, ibid. 78 Ibid. 79 Ibid. 80 A prova di questo si può citare quanto riportato da Zhang Yanrui, la quale – riferendosi, ancora, ai dati delle azioni nel pubblico interesse civili intentate dalle Procure dello Henan – nota come nessuno dei convenuti risultati perdenti in tali 148 Capitolo IV

Come dicevamo, il caso intentato dalla Procura di Fangcheng fu seguito con grande attenzione dal pubblico e dagli organi giurisdi- zionali cinesi, tanto da essere incluso, dalla Procura Suprema del Po- polo, tra gli “Otto più importanti casi del decennio” gestiti dalle Pro- cure del Popolo di tutta la Cina81. La stessa Procura Suprema del Popolo (最高检察院, Zuigao renmin jianchayuan) , del resto, in un documento emanato in quel periodo82, aveva sostenuto come lo svolgimento della funzione di pub- blica accusa civile costituisse un aspetto centrale del dovere di con- trollo e supervisione sugli affari civili da parte degli organi della Pro- cura, incoraggiando ed invitando le Procure locali: “a portare avanti progetti pilota per la costruzione di un sistema di pubblica accusa civile”83.

Sulla base di questa esortazione, e prendendo a modello le solu- zioni processuali sperimentate con successo dalla Procura di Fang- cheng, a partire dal 1997 molte Procure locali del popolo hanno co- minciato a rivendicare il pubblico interesse attraverso le cause civili, espandendo, via via, il proprio ambito operativo (in un primo tempo, controversie abbia mai presentato ricorso in appello. Sull’argomento, vedi ; 张艳蕊: “事公益诉讼制度研究 - 兼论诉讼机能的扩大”, Zhang Yanrui, “Minshi gongyi susong zhidu yanjiu – Jian lun minshi susong jineng de kuoda” (Ricerca sul sistema di azioni nel pubblico interesse civili – Contemporaneamente sull’ampliamento delle funzioni delle controversie civili), citato, p. 5. 81 肖建国, Xiao Jianguo, op. cit., p. 341. 82 Vedi infra, nota seguente. 83 肖建国, Xiao Jianguo, op. cit., pag 241. Purtroppo l’autore non fornisce mag- giori dettagli riguardo a questo documento, al quale, comunque, fanno riferimento numerosi studiosi, che considerano le attività di “avvocatura nel pubblico interesse” portate avanti dalle procure in quegli anni, come la concretizzazione dello “spirito indicato dalla Procura Suprema riguardo al rafforzamento della supervisione in ma- teria civile, e alla protezione della proprietà statale”. Sull’argomento, vedi anche 段厚省 - 郭宗才, Duan Housheng e Guo Zongcai, op. cit., p. 941, che notano come, sulla base di tale documento, molte procure locali avessero cominciato ad ema- nare regolamenti ad hoc. In particolare, in quegli anni la Procura di Shanghai do- veva emanare la circolare su “Alcuni suggerimenti (di prova) riguardo alla speri- mentazione di una procura civile e amministrativa per proteggere la proprietà sta- tale e intentare azioni civili” (“关于事行政检察保护国有资产试行提起事诉讼的若 干意见(试行)”, Guanyu minshi xingzheng jiancha baohu guoyou zichan sixing qiti minshi susong de ruogan yijian (shixing), chiedendo alle procure “di integrare, nella pratica, il lavoro di procuratore civile e amministrativo, e in modo vigoroso e pia- nificato porre in atto sperimentazioni riguardo alla protezione della proprietà sta- tale, intentare cause civili o dare l’appoggio a chi intenta cause civili e, sulla base del principio di legalità, esplorare la nuova dimensione di procure amministrative e ci- vili”. Vedi 段厚省 - 郭宗才, Duan Housheng e Guo Zongcai, ibid. Le prime “azioni nel pubblico interesse” 149 limitato alla sola protezione della proprietà statale84) fino ad arrogarsi il diritto di azione in numerosi casi di violazione di interessi diffusi, in particolare nel settore dell’inquinamento ambientale85. Ma perché la Procura di Fangcheng si era mostrata, in un primo tempo, tanto titubante a iniziare una causa civile? Se il diritto di azione della Procura in caso di lesione dell’interesse pubblico sociale era dato per scontato, per quale ragione si era reso necessario consultare gli organi superiori, e trovare un accordo (preventivo) con le corti? Il problema, come abbiamo sopra notato, era di tipo formale: no- nostante, infatti, già in quel periodo, esistesse un sostanziale accordo, in dottrina, sull’opportunità, per le Procure, di svolgere il ruolo di pubblica accusa in caso di gravi violazioni dei diritti dello Stato o dei cittadini, anche al di fuori dell’ambito penale86, nessuna norma giuri- dica cinese giustificava l’intervento di tale organo in veste di attore, quando non si trattasse di perseguire un reato87.

84 Un altro caso famoso, in tema di difesa della proprietà statale, è quello in- tentato, nel 2003, dalla Procura del Popolo della Contea di Pujian (Zhejiang) con- tro la “fattoria per la moltiplicazione di sementi agricole” (istituto statale) di quella contea per aver danneggiato l’interesse pubblico vendendo alcuni terreni. La procura chiedeva, dunque, al tribunale, di dichiarare nulla la vendita all’asta con la quale tali beni erano stati alienati; il tribunale della contea di Pujiian, dopo tre udienze, ac- colse le richieste dell’attore. Su questo caso, vedi più in dettaglio 张艳蕊: “事公益诉讼制度研究 - 兼论诉讼机能的扩大”, Zhang Yanrui, “Minshi gongyi susong zhidu yanjiu – Jian lun minshi susong jineng de kuoda” (Ricerca sul sistema di azioni nel pubblico interesse civili – Contemporaneamente sull’ampliamento delle funzioni delle controversie civili), citato, p. 4, e l’articolo pubblicato su Caijin, ci- tato supra, nota 71. Per un’analisi dettagliata delle ragioni per le quali la procura avrebbe il diritto di agire in giudizio nei casi di sperpero di proprietà statale, si veda: 李浩: “关于事公诉的若干思考” 法学家, 2006年, 第4期, Li Hao, “Guanyu min- shi susong de ruogan sikao” (Alcune riflessioni sui casi civili), Faxuejia, n. 4, 2006. 85 Tra questi, ricordiamo il caso, del 2003, con il quale la Procura del Popolo della città di Leling (Shandong) ha citato Fang Jinhe, cittadino di quella città, per l’inquinamento causato dalla sua fabbrica chimica, o quello, dello stesso anno, in- tentato dalla Procura del Popolo della città di Lanzhong (Sichuan) contro la fab- brica di farina di ossa “Qunfa”per lo stesso motivo. Per maggiori dettagli su questi casi – entrambi conclusisi con il pieno riconoscimento delle richieste dell’attore da parte del tribunale, e senza che il convenuto ricorresse in appello – si veda, ancora, 张艳蕊, Zhang Yanrui, op. cit. nota precedente, pp. 5 e 6. 86 E a dispetto degli indubbi vantaggi sociali ottenuti grazie alle azioni portate avanti, in via sperimentale, da altre procure negli anni precedenti. 段厚省 - 郭宗才, Duan Housheng e Guo Zongcai, op. cit., p. 941. 87 肖建国, Xiao Jianguo, op. cit., p. 241; sull’argomento, vedi anche 叶逗逗, Ye Doudou, op. cit. Sull’inesistenza, all’interno del diritto cinese, di una norma che preveda il diritto autonomo delle procure di agire in difesa del pubblico interesse in ambito civile, vedi 雷智仙: “论环境公益诉讼原告诉讼地位的构建”, 国商界, 2010年,第11期, Lei Zhixian, “Lun huanjing gongyi susong zhong yuangao su- song diwei de goujian”, n. 11, 2010; 陈虹宇, Chen Hongyu, op. cit., p. 12. 150 Capitolo IV

Il silenzio della legge su questo punto non rappresentava, tutta- via, una delle – allora ancora piuttosto frequenti – lacune del diritto: essa era il frutto di una precisa (e consapevole) scelta da parte del le- gislatore. Una scelta di rottura, rispetto al passato88, sancita dalle norme

88 Il diritto di azione in ambito civile è stato, infatti, riconosciuto, alla Procure, dalla legislazione cinese fin dalla introduzione di questo organo in Cina, avvenuta, com’è noto, su imitazione del modello franco-tedesco, in tarda epoca Qing. Senza scendere nei dettagli, notiamo come l’articolo 97 delle “Regole pilota per ogni grado di tribunale” (高等以下各级审判厅式办章程, Gaodeng yixia ge ji shenpanting shi- ban zhangcheng) del 1907, stabilisse il potere delle Procure di tutelare l’interesse pubblico nelle azioni civili, mentre l’articolo 111 della stessa legge specificava gli am- biti in cui il procuratore aveva facoltà di intervenire in azioni civili (tra gli altri ma- trimonio, filiazione, violazioni del diritto di disporre e gestire la proprietà, dichiara- zione di morte). Tali poteri e facoltà dovevano, poi, essere confermati dall’articolo 90 della “Legge sull’organizzazione giudiziaria” (法院编制法 Fayuan bianzhi fa) del 1909, secondo il quale la Procura, sulla base della norme di procedura civile e delle leggi collegate, poteva partecipare, in determinati casi, ai processi civili in qualità di parte o come rappresentante dell’interesse pubblico. È interessante notare come, in epoca repubblicana, disposizioni di tenore analogo siano state contenute sia nella le- gislazione nazionalista (si veda, in proposito, quanto previsto all’articolo 2 della “Or- dinanza provvisoria sulle competenze delle Procure e delle Corti Supreme di tutte le province” 各省高等法院检察官办事权限暂行条例, Gesheng gaodeng fayuan jian- chaguan banshi quanxian zanxing tiaoli, del 1927, e dall’articolo 2 dell’“Ordinanza provvisoria sulle competenze dei tribunali e delle procure locali” 地方法院检察官办事权 限暂行条例, Difang fayuan jianchaguan banshi quanxian zanxing tiaoli, dello stesso anno) sia in quelle delle basi rivoluzionarie (in particolare, ricordiamo l’“Ordinanza sull’organizzazione della corte suprema delle aree di confine di Shaanxi, Gansu e Liaoning”, 陕甘宁边区高等法院组织条例, Shan Gan Ning bianqu gaodeng fayuan zuzhi tiaoli del 1941, l’“Ordinanza sull’Organizzazione della corte suprema delle aree di confine Jin ji lu yu”, 晋冀鲁豫边区高等法院组织条例, Jin ji lu yu bianqu gaodeng fayuan zuzhi tiaoli, e le “Comunicazioni dei tribunali supremi della regione di Guandong” 关东地区高等法院通知 Guandong diqu gaodeng fayuan tongzhi, del 1947). Per quanto riguarda le leggi emanate nei primi anni dopo la fondazione della Repubblica Popolare Cinese, la possibilità, per la procura, di intentare causa o di partecipare a importanti cause civili che riguardassero l’interesse dello Stato, o della popolazione, già prevista dall’“Ordinanza sull’organizzazione provvisoria della Su- prema procura popolare del governo centrale” (央政府最高检察署试行组织 条例 Zhongyan remin zhengfu zuigao renmin jiancha shu shixing zuzhi tiaoli), dalla “Ordinananza sull’organizzazione provvisoria della Suprema procura popolare” (最高检察署暂行组织条例, Zuigao renmin jiancha shu shixing zuzhi tiaoli), e dall’“Ordinanza sull’organizzazione provvisoria di ogni grado di procura del popolo locale”, (各级地方检察署暂行组织条例, Geji difang renmin jiancha shu zhixing zushi tiaoli) del 1949, era destinata ad essere sancita, in modo definitivo, dalla “Legge sull’organizzazione giudiziaria della Repubblica Popolare Cinese” (共和国检察 院组织法, Zhonghua renmin gongheguo jianchayuan zuzhi fa) del 1954. Sull’argo- mento, vedi 徐卉, “同向社会正义之路。公益诉讼理论研究”, 北京,法律出版社, 2009年, Xu Hui, “Tongxiang shehui zhengyi zhi lu. Gongyisusonglilunyanjiu” (Verso una giustizia sociale. Studio teorico delle azioni nel pubblico interesse), Beijing, Falü chubanshe, 2009, p. 186 e ss; 段厚省 - 郭宗才, Duan Housheng e Guo Zongcai, Le prime “azioni nel pubblico interesse” 151 attraverso le quali, nel periodo della ricostruzione post-maoista, erano state ripristinate le Procure del Popolo e gli altri organi giurisdizio- nali89 smantellati durante la Rivoluzione culturale90, e che – sia no- op. cit., p. 841 (che citano le stesse leggi, e alcune altre, anche se in modo meno pre- ciso). Notiamo che è sulla base delle ultime norme citate che, come ricordano Duan e Guo: “[…] sotto la supervisione della Procura Suprema del popolo, negli anni ’50 del XX secolo le procure di ogni grado hanno partecipato e intentato con impegno cause civili” (ibid.). In particolare, nel solo anno 1956 le Procure del popolo della provincia dello Heilongjiang avrebbero agito direttamente in 55 cause civili e preso parte a 25, sostenendo nel complesso l’attore in 49 casi, il convenuto in 10, ricono- scendo parzialmente le ragioni di entrambe le parti in 18, e “ottenendo risultati so- ciali piuttosto buoni”. 徐卉, Xu Hui, op. cit., pp. 187-188; 汤维建, Tang Weijian, op. cit., p. 19. Sull’argomento vedi anche 柯汉主编, “事行政监察概论”, 北京,国检察出版社, 1993 年, Ke Hanmin (zhubian), “Minshi xingzheng jian- cha gailun” (Introduzione alla procura civile e amministrativa), Beijing, Zhongguo Jiancha chubanshe, 1993, p. 34; 李忠苏 - 王开河, “事检察学”, 北京, 国检察出版社 1996, Li Zhongsu e Wang Kaihe, “Minshi jianchaxue” (Scienza della procura ci- vile), Beijing, Zhongguo Jiancha chubanshe, 1996, pp. 49-51, e, più in generale: 王泽祥, “检察机关参加事诉讼之我见”, 云南法学, 1990年, 第1 期, Wang Zexiang, “Jiancha jiguan canjia minshi susong zhi wojian” (la mia opinione riguardo alla par- tecipazione degli organi della procura alle azioni civili), Yunnan Faxue, n. 1, 1990; 朱文斌, “试论检察机关参加事诉讼的方式、范围和法律地位”, 上海法学研究, 1988年, 第4 期, Zhu Wenbin, “Shilun Jiancha jiguan canjia minshi susong de fang- shi, fanwei he falü diwei” (Su metodi, ambiti e status giuridico della partecipazione delle Procure alle controversie civili), Shanghai Faxue yanjiu, n. 4, 1988. 89 In effetti, come nota Xu Hui, la bozza della “Legge provvisoria di procedura civile” (事诉讼法(试行), Minshi susong fa (shixing)), del 1978, redatta sulla base dell’esperienza legislativa degli anni ’50, attribuiva, alle procure, il potere di inten- tare e partecipare ad azioni civili per la tutela dell’interesse nazionale o di un rile- vante interesse della popolazione, stabilendo, inoltre, precise regole procedurali per l’esercizio di tale potere. Tuttavia, a causa dei pareri discordanti emersi all’interno delle stesse Procure, nel testo definitivo della legge rimase un solo articolo, di prin- cipio, dedicato al ruolo di tale organo nei procedimenti civili: l’articolo 12, secondo il quale: “La Procura del Popolo ha il diritto di esercitare la supervisione legislativa sul processo civile”. Sull’argomento, vedi 徐卉, Xu Hui, op. cit., p. 188. Si noti che la stessa previsione è poi stata inserita all’interno della “Legge di procedura civile della Repubblica Popolare Cinese” Cinese (共和国事诉讼法, Zhonghua renmingongheguo minshi susong fa), del 1991, all’articolo 14. Per maggiori dettagli su tale articolo, vedi infra, in questo paragrafo. Per un elenco delle ragioni che pos- sono aver spinto il legislatore ad operare questa scelta (tra le altre: errata tendenza ad attribuire un maggior peso alle questioni penali, mancanza di adeguate risorse fi- nanziarie e carenza di personale da parte delle procure, timore che attribuire il po- tere di pubblica accusa alle procure nei casi civili possa portare a una indebita in- terferenza di questi organi sui rapporti civili, ecc.), vedi ancora 徐卉, Xu Hui, op. cit., p. 188. Si noti che, secondo la dottrina, al contrario, sarebbe proprio la grande disponibilità di risorse e conoscenze da parte della procura a renderla l’attore ideale, nelle azioni nel pubblico interesse civili. Sull’argomento, vedi 陈玲 Chen Ling, op. cit., p. 87. 90 徐卉, Xu Hui, ibid. 152 Capitolo IV tato per inciso – doveva essere nuovamente confermata nel 2007, nel corso delle discussioni che hanno preceduto l’emendamento alla Legge di Procedura Civile91. Ancora oggi, infatti, l’unica disposizione (di livello nazionale) a menzionare il diritto di azione delle procure in ambito civile è l’ar- ticolo 19 della “Risoluzione del Consiglio di Stato, per la promo- zione dello sviluppo scientifico e la promozione dell’ambiente” n. 39/2005, con la quale il governo centrale cinese invita i governi locali: “ad effettuare studi per la creazione di un sistema di pubblica accusa ambientale civile e amministrativo, al fine di perfezionare i meccani- smi di legal aid per le vittime di inquinamento”92.

Si tratta, ovviamente, di una previsione di portata limitata, desti- nata a svolgere la sola funzione di “linea guida” per la redazione di regolamenti ad hoc, da emanare a livello periferico. Nondimeno, la sua collocazione all’interno di un documento go- vernativo rappresenta un’ulteriore dimostrazione dell’atteggiamento pragmatico con cui la leadership cinese ha (almeno in una certa fase) guardato alle “azioni nel pubblico interesse”, intese come strumento utile ad aumentare la partecipazione dei cittadini al buon funziona- mento dello Stato. Proprio nella stessa Risoluzione, del resto, all’articolo 27, viene utilizzata, per la prima volta in un testo normativo della Repubblica

91 Sull’argomento, vedi 叶逗逗 Ye Doudou, op. cit. Tra le proposte di “Emen- damento alla legge di procedura civile”, non approvate, ma che prevedevano l’in- troduzione dell’istituto delle “azioni nel pubblico interesse”, giova ricordare la la terza bozza, redatta dal Prof. Jiang Wei , che, all’articolo 396, capitolo 28 (“Azioni nel pubblico interesse”) stabiliva la possibilità per le procure od altri organi statali, in caso di inazione da parte del soggetto danneggiato, di agire civilmente in difesa dell’interesse pubblico, al fine di ottenere l’interruzione dell’attività dannosa o il ri- sarcimento del danno. Sull’argomento, vedi più in dettaglio 肖建国, Xiao Jianguo, op. cit., pag 541. Più recentemente, proposte in questo senso sono state avanzate dal Comitato Centrale del Comitato Rivoluzionario del Guomindang cinese (国国党革命委员会央 委员会, Zhongguo Guomindang Geming Weiyuanhui Zhongyang Weiyuanhui). Sull’argomento, vedi la notizia riportata su Caijing il 4 marzo 2009: “革央:建议检 察院介入垄断案件等事公益诉讼”, Minge zhongyang: “Jianyi jianchayuan jieru longduan anjian deng minshi gongyi susong” (Suggerimento per la partecipazione delle procure a casi di monopolio e altre azioni nel pubblico interesse civili), consultabile all’indirizzo: http://www.competitionlaw.cn/ show.aspx?id=4652&cid=14 (visto l’ultima volta il 7/04/2010). 92 Vedi articolo 19, Risoluzione “Risoluzione del Consiglio di Stato, per la pro- mozione dello sviluppo scientifico e la promozione dell’ambiente” n. 39/2005, con- sultabile sul sito del governo centrale cinese (央政府门户网站, Zhongyang zhengfu menhu wangzhan, http://www.gov.cn) all’indirizzo http://www.gov.cn/zwgk/2005- 12/13/content_125680.htm (visto l’ultima volta il 27/12/2010) Le prime “azioni nel pubblico interesse” 153

Popolare, l’espressione “huanjing gongyi susong” (环境公益诉讼, lett.: azioni ambientali nel pubblico interesse)93. Per tornare al diritto di azione civile da parte delle procure, no- tiamo come esso – secondo la tesi sostenuta, all’epoca, dalla maggio- ranza degli autori, e sposata dalla Procura di Fangcheng94 – dovesse derivare, essenzialmente, da quanto disposto dagli articoli 14 e 15 della Legge di procedura civile95. Tali norme stabiliscono, rispettivamente, che: “La Procura del Popolo ha il diritto di esercitare la supervisione giu- ridica sul processo civile”96, e che: “In caso di lesione dei diritti e degli interessi civili dello Stato, di una collettività o di un individuo, organi dello stato, organizzazioni so- ciale, imprese o istituzioni statali possono supportare (支持, zhichi) l’u- nità di lavoro o l’individuo danneggiati nell’intentare un’azione civile presso un tribunale del popolo”97.

93 Vedi articolo 27, Risoluzione citata. L’invito, da parte del governo centrale ai governi locali, è a “Sviluppare la funzione dei gruppi sociali, incoraggiare la circo- lazione di informazioni riguardo agli atti illeciti ambientali, promuovere le azioni nel pubblico interesse ambientali” (nel testo in lingua originale: 发挥社会团体的作用, 鼓励检举和揭发各种环境违法行为, 推动环境公益诉讼). 94 Anche da questo punto di vista, la Procura di Fangcheng fece scuola, e la sua interpretazione del diritto fu seguita, negli anni ’90, dalle altre Procure del popolo impegnate nelle gongyi susong. Sull’argomento, vedi 段厚省 - 郭宗才, Duan Hou- sheng e Guo Zongcai, op. cit., p. 841 e, in generale, le opere citate alla nota se- guente. Sulle altre scuole di pensiero riguardo al diritto, da parte della Procura, di intentare azioni nel pubblico interesse civili, o amministrative, vedi più in dettaglio 龚怀军 - 宋健: “行政公益诉讼原告资格探析”, 国商界, 2010年, 第8期, Gong huaijun e Song jian: “Xingzheng gongyi susong yuangao zige tansuo” (Analisi ri- guardo al ruolo di attore nelle azioni nel pubblico interesse amministrative), Zhong- guo Shangjie, n. 8, 2010, p. 304. 95 肖建国, Xiao Jianguo, op. cit., p. 241; 段厚省 - 郭宗才, Duan Housheng e Guo Zongcai, op. cit., ibid.; 王泽祥, “检察机关参加事诉讼之我见”, 云南法学,1990年, 第1 期, Wang Zexiang, “Jiancha jiguan canjia minshi susong zhi wojian” (la mia opinione riguardo alla partecipazione degli organi della procura alle azioni civili), Yunnan Faxue, n. 1, 1990; 朱文斌, “试论检察机关参加事诉讼 的方式、范围和法律地位”, 上海法学研究, 1988年,第4 期, Zhu Wenbin, “Shilun Jiancha jiguan canjia minshi susong de fangshi, fanwei he falü diwei” (Su metodi, ambiti e status giuridico della partecipazione delle Procure alle controversie civili), Shanghai Faxue yanjiu, n. 4, 1988. 96 Vedi articolo 14, Legge di procedura civile della Repubblica Popolare Cinese (共和国事诉讼法, Zhonghua renmin gongheguo minshi susong fa), del 1991 (emendata nel 2007), mia traduzione. Il testo originale dell’articolo è il seguente: 第十四条【法律监督】: 检察院有权对事审判活动实行法律监督。 97 Vedi articolo 15, Legge di procedura civile della Repubblica Popolare Cinese 154 Capitolo IV

Già da una superficiale lettura di tali articoli appare piuttosto evi- dente come, in realtà, nessuno di essi riconosca, alla Procura, un di- ritto autonomo ad agire per la difesa dell’interesse pubblico in ma- teria civile, del tipo di quello affermato invece, in ambito penale, dalla Legge Organica delle Procure, o dalla Legge di Procedura Penale98. In base all’articolo 15 della Legge di Procedura Civile, infatti, per- ché tale organo possa intervenire è necessario che l’azione sia già stata intentata da soggetti direttamente colpiti dall’evento dannoso, men- tre, come abbiamo visto, l’articolo 14 si limita a ribadire – estenden- dolo all’ambito processualcivilistico – il ruolo di “supervisione della legge” attribuito alle Procure dalla Costituzione99. Si tratta di un ruolo (e di una previsione costituzionale) costante- mente richiamati, dagli studiosi che difendono la legittimità delle cause in difesa del “gonggong liyi” intraprese dalle procure a partire dagli anni ’90100; un ruolo e una previsione dei quali, tuttavia, com’è stato evidenziato da alcuni autori, il diritto di azione nella cause civili non può essere considerato il naturale corollario. Per usare le parole utilizzate da Duan Housheng e Guo Zongcai: “Portare avanti la supervisione nel processo civile significa controllare la correttezza e la conformità, rispetto alla legge, degli atti compiuti

(共和国事诉讼法, Zhonghua renmin gongheguo minshi susong fa), del 1991 (emendata nel 2007), mia traduzione, Il testo originale dell’articolo è il seguente: 第十五条【支持起诉】 : 机关、社会团体、企业事业单位对损害国家、集体或者 个事权益的行为, 可以支持受损害的单位或者个向法院起诉。 98 Vedi Legge Organica delle Procure del Popolo della Repubblica Popolare Ci- nese (共和国检察院组织法, Zhongguo renmin gongheguo jianchayuan zuzhi fa), del 1983, articolo 5 punto (4), e Legge di Procedura Penale (“共和国刑事诉讼法”, Zhongguo renmin gongheguo xingshi susong fa), del 1996, art. 3 e ss. Si noti, inoltre, che l’articolo 77, comma 2, della Legge di proce- dura penale prevede la possibilità, per la Procura, di intentare azione civile inciden- tale all’interno di un processo penale già in corso, qualora l’imputato, nel compi- mento dell’atto criminale, abbia causato perdite alla proprietà statale, o a quella col- lettiva. Sull’argomento, vedi 李庆丰: “我国事公益诉讼制度的构建”, 国市场, 2010 年第39期 总(第598期), Li Qingfeng, “Woguo minshi gongyi susong zhidu de jie- gou” (la struttura del sistema di azioni nel pubblico interesse in Cina), Zhongguo shichang, n. 39, 2010 (n. tot. 598), p. 149. 99 Vedi Costituzione della Repubblica Popolare Cinese (共和国宪法, Zhongguo renmin gongheguo xianfa), art. 129, secondo il quale: “Le Procure del Popolo sono gli organi statali di supervisione della legalità” (mia traduzione). Il te- sto originale dell’articolo è il seguente: 第一百二十九条: 共和国检察院是 国家的法律监督机关. La stessa previsione, ripresa in termini letterali, è contenuta, ovviamente, nella Legge Organica delle Procure del Popolo della Repubblica Popo- lare Cinese, citata supra, all’art. 1. 100 Vedi supra, in questo paragrafo. Le prime “azioni nel pubblico interesse” 155

dalle corti nell’esercizio della funzione giudiziale, mentre intentare cause civili significa avvalersi del diritto di azione. Poiché avvalersi del diritto di azione (起诉, qisu) è cosa ben diversa dal presentare ri- corso contro un giudizio (抗诉, kangsu), intentare cause civili non può essere fatto rientrare nell’esercizio del ruolo di supervisione attribuito alle Procure del Popolo”101.

Proprio l’estrema debolezza delle basi giuridiche su cui si fondava l’intervento delle procure in ambito civile – unita, ovviamente, alle caratteristiche strutturali del sistema in cui tali organi erano (e sono) inseriti102 – doveva rendere necessarie le consultazioni preventive che, da Fangcheng in poi, avrebbero caratterizzato le “gongyi susong” pro- mosse da tali organi. In mancanza di una previsione legislativa esplicita, infatti – e an- che a causa dell’atteggiamento ambiguo in quegli anni adottato, in generale, dalla Corte Suprema del Popolo nei confronti delle “azioni nel pubblico interesse”103 – la valutazione sull’opportunità di accet- tare i casi presentati dalle procure era rimessa, pressoché totalmente, alla discrezionalità del tribunale competente; non stupisce, dunque, che tale valutazione divenisse oggetto di trattative ad hoc, atte a ve- rificare quale fosse la disposizione della corte adita – e degli organi, giudiziari e politici, ad essa (e alla procura) gerarchicamente sovraor- dinati104 – nei confronti della violazione dell’interesse generale a cui, di volta in volta, si intendeva porre rimedio. La situazione era, tuttavia, destinata a mutare a partire dal 2006,

101 厚省 - 郭宗才, Duan Housheng e Guo Zongcai, op. cit., p. 841. 102 Vedi infra, paragrafo 3.3. 103 肖建国, Xiao Jianguo, op. cit., p. 341. 104 Com’è noto, infatti, le Procure del Popolo cinesi sono inserite nello stesso si- stema di “doppia dipendenza” che caratterizza le Corti della Repubblica Popolare: esse dipendono, dunque, tanto dalle Procure del Popolo di grado superiore (cosid- detta “dipendenza verticale”), quanto dall’organo rappresentativo di pari livello (co- siddetta “dipendenza orizzontale”). Sull’argomento, vedi, brevemente: G. Ajani, A. Serafino e M. Timoteo, “Diritto dell’Asia Orientale”, citato, p. 440 e ss. È inte- ressante notare come, nel regolare tale aspetto, il legislatore cinese si sia, fin dalla fondazione della Repubblica Popolare, discostato dal modello preso a riferimento, la Prokuratura sovietica; tale organo, infatti – per espressa volontà dello stesso Le- nin, che aveva ritenuto, in questo modo, di garantirne maggiormente l’indipendenza – rispondeva, esclusivamente, al Soviet Supremo dell’URSS. Sulla struttura della Prokuratura sovietica, vedi, più in dettaglio, Gordon B. Smith, “The Soviet Pro- curacy and the Supervision of Administration”, Alphen aan den Rijn, Sijthoff and Noordhoff, 1978, p. 13 e ss; 仇超: “论检察机关提起事公益诉讼的理论基础”, 法制与社会 010 年8 月 (), Chou Chao: “Lun jiancha jiguan qiti minshi gongyi susong de lilun jichu” (Base teorica delle azioni nel pubblico interesse civili inten- tate dalla procura), Fazhi yu shehui, agosto 2010. 156 Capitolo IV con l’irrigidirsi delle posizioni del governo rispetto alle “azioni nel pubblico interesse”. Pochi mesi dopo il lancio della prima campagna “per una Rule of Law socialista105, la CSP doveva, infatti, finalmente chiarire la sua po- sizione riguardo alle gongyi susong, invitando le corti cinesi: “a considerare inaccettabili dal punto di vista giuridico le azioni civili presentate dalle Procure del popolo”106, mentre, nello stesso periodo, anche la Procura Suprema del Popolo ritornava sui suoi passi: “richiedendo a gran voce alle Procure del Popolo di interrompere gli esperimenti di pubblica accusa civile a livello locale”107.

Il venir meno dell’appoggio dei due supremi organi giudiziali (i cosiddetti “两高”, lianggao, lett.: “due vertici”) non poteva che por- tare a una sostanziale diminuzione delle “azioni nel pubblico inte- resse” intentate dalla Procura. Non stupisce, dunque, che, già nel corso dell’anno successivo, in un articolo mirante a identificare il modello di “azioni nel pubblico interesse” più adatto al sistema cinese, Liang Yuchao notasse che: “nell’attuale situazione del nostro Paese, la stragrande maggioranza degli organi della Procura non considera la protezione del pubblico

105 Sull’argomento, vedi supra, capitolo secondo, nota 175. 106 Si veda, in proposito, il discorso pronunciato, nel novembre 2006, dal vice presidente della Corte Suprema del Popolo, Su Zelin, al “Seminario sull’attività di giudizio e l’accettazione dei casi da parte dei tribunali di tutto il Paese”, e pubbli- cato sulla rivista delle corti cinesi: 苏泽林: “关于立案审判专业化的若干问题”, 法院报, 2006 年11 月30 日, Su Zelin, “Guanyu li’an shenpan zhuanyehua de ruogan wenti” (alcune questioni riguardanti la professionalizzazione dei giudizi e dell’accettazione dei casi), Renmin fayuanbao, 30 novembre 2006. È interessante no- tare come, al contrario, la stessa Corte Suprema, più o meno nello stesso periodo, abbia riconosciuto il diritto di intentare azioni nell’interesse pubblico ai governi lo- cali, attraverso la pubblicazione di un caso-modello: si tratta, nello specifico, della causa intentata dai governi locali di quattro villaggi, abitati da minoranze He, con- tro un centro commerciale di Pechino, colpevole di aver violato il diritto di autore relativo ad opere d’arte popolare. Il tribunale di secondo grado ha riconosciuto – sulla base dell’articolo 38 della “Legge sulle autonomie nazionali regionali” – il di- ritto di azione ai governi delle minoranze nei casi di violazione dei diritti e degli in- teressi della minoranza nel suo complesso che occorrano al di fuori del loro terri- torio di competenza. Sull’argomento, vedi più in dettaglio Xiao Jianguo, op. cit., p. 441. 107 肖建国, Xiao Jianguo, op. cit., p. 341. Le prime “azioni nel pubblico interesse” 157

interesse, e la promozione delle azioni nel pubblico interesse, tra i do- veri collegati al suo lavoro”108.

È bene, tuttavia, ricordare, che – a dispetto della loro rilevanza – gli sviluppi sopra descritti non hanno portato alla completa scom- parsa delle cosiddette “jianchayuan gongyi susong”, nè sono valsi a a modificarne l’esito. Non solo, infatti, ancora oggi, in particolar modo in ambito am- bientale (settore in cui, come abbiamo visto, la partecipazione delle procure alle azioni civili è auspicata, addirittura, da una risoluzione del governo centrale109) un ristretto numero di procure persevera: “coraggiosamente nel prendere l’iniziativa (lett.: essere il primo uomo a mangiare il granchio), portando avanti in modo pioneristico la pub- blica accusa civile”110;

108 梁玉超, “事公益诉讼模式的选择”, 法学2007 年, 第6 期, Liang Yuchao, “Minshi gongyi susong moshi de xuanze” (La scelta del modello delle azioni nel pubblico interesse civili), Faxue, n. 6, 2007, p. 401. È interessante esaminare le ra- gioni addotte, in questo articolo, dall’autore per giustificare la propria posizione, contraria al fatto che la tutela giudiziale del pubblico interesse sia lasciata, esclusi- vamente, nelle mani delle procure, e favorevole, invece, alle azioni nel pubblico in- teresse intentate dai cittadini. Liang, infatti, riconosce che, nel breve termine, le gongyi susong intentate dalla procura possano raggiungere l’obiettivo di tutelare l’interesse nazionale e quello pubblico sociale, facendo sì che la Procura adempia alla sua fun- zione di supervisione della legge; tuttavia, egli nota, tali azioni dal punto di vista dello stretto diritto, sono illegittime. Dal momento che la procura è un organo giu- diziale, ogni atto da essa compiuto deve essere espressamente previsto dalla legge; è opportuno, dunque, che – almeno fino a quando tali azioni non saranno discipli- nate legislativamente – le procure non intraprendano gongyi susong, e lascino que- sto onere ai cittadini, le azioni dei quali sono soggette a minori limiti e divieti. Sul- l’argomento, vedi più in dettaglio 梁玉超, Liang Yuchao, op. cit., ibid. 109 Vedi supra, in questo paragrafo. Si noti che il contenuto di tale risoluzione è stato recepito, a livello locale, da diversi regolamenti (tra questi il “Regolamento della città di Guiyang per la promozione della costruzione di una cultura ecologista” (贵阳市促进生态文明建设条例, Guiyang shi cujin shengtai wenming jianshe tiaoli), i “Suggerimenti attuativi riguardo alla promozione vigorosa di azioni nel pubblico interesse ambientali e alla spinta alla costruzione di una cultura ecologista” (“关于大力推进环境公益诉讼促进生态文明建设的实施意见”, Guanyu dali tuijin huanjing gongyi susong shi cujin shengtai wenming jianshe de shishi yijian), emanati dal Tribunale popolare intermedio della stessa città, e il “Regolamento provvisorio relativo alla gestione dei casi di azioni nel pubblico interesse ambientali” (“关于办理环境事公益诉讼案件的试行规定”, Guanyu banli huanjing gongyi su- song anjian de shixing guiding), emanato congiuntamente dal Tribunale popolare in- termedio e dalla Procura della città di Wuxi), i quali attribuiscono alle procure po- polari il diritto di agire in giudizio per la difesa del pubblico interesse, in caso di danno all’ambiente. Vedi 雷智仙, Lei Zhixian, op. cit., p. 322. 110 Ibid. 158 Capitolo IV ma le “jiancha gongyi susong” continuano a rappresentare, in Cina, le uniche (o quasi) azioni nel pubblico interesse vittoriose, dal punto di vista processuale111. Le ragioni di ciò sono evidenti: nulla vieta, infatti, che, per aggi- rare i nuovi ostacoli (politici) posti dal sistema alla rivendicazione giu- diziaria dell’interesse pubblico, e convincere le corti dell’utilità sociale del caso presentato, le procure si avvalgano degli stessi strumenti da esse utilizzati, in passato, per superare i limiti legislativi alla loro azione112. Alludiamo, in particolare, al meccanismo delle consultazioni/ri- chieste agli organi superiori/contatti informali entrato in gioco a Fang- cheng113; meccanismo che, com’è noto, costituisce la modalità tipica con cui le istituzioni della RPC si rapportano tra di loro114, e del quale le procure – non è neppure il caso di precisarlo – hanno po- tuto (e possono) approfittare, in qualità di membri dell’apparato sta- tale cinese. Se, dunque, negli ultimi anni, ottenere l’iscrizione di un caso al registro è divenuto, anche per questi organi, più difficoltoso, una volta superato tale scoglio l’esito del processo continua ad essere il mede- simo: il pieno riconoscimento, da parte del tribunale, delle richieste della Procura. Come evidenzia ancora Liang Yuchao, in presenza di “azioni nel pubblico interesse delle Procure”, ora come un tempo: “le corti, in definitiva, già accettando il caso emettono la sentenza”115.

Lo stesso discorso, com’è ovvio, non vale per le cause intentate dai comuni gongyi lüshi: anche nei (rari) casi in cui esse danno av- vio ad un processo, difficilmente, infatti, questo si conclude con una vittoria dell’attore. Basta pensare a quanto accaduto a Qiu Jiandong, l’operatore del diritto considerato il “fondatore delle azioni nel pubblico interesse

111 Gli autori e gli attivisti cinesi sono concordi, sul punto. Sull’argomento, vedi per tutti 张艳蕊, “事公益诉讼与公共利益保护”, Zhang Yanrui, “Minshi gongyi susong yu gonggongliyi baohu” (Azioni nel pubblico interesse civili e protezione del pubblico interesse), citato, p. 79. 112 Ibid. 113 Vedi supra, in questo paragrafo. 114 Sull’argomento, vedi più in dettaglio Huang Jinrong, “Pursuing Public In- terest Through Legal Aid: An Observation on Law Advocacy Movement in China”, paper presentato alla “International Conference on the Protection and Promotion of Human Rights Through Provision of Legal Servicces: Best Practice from Africa, Asia and Eastern Europe, tenutasi a Kiev (Ucraina), il 26-30 marzo 2007 (non pubblicata). 115 梁玉超, Liang Yuchao, op. cit., p. 401. Le prime “azioni nel pubblico interesse” 159 cinesi”116, per rendersene conto: delle ventidue “azioni nel pubblico interesse” da egli intentate in oltre dieci anni di attività, solo quattro hanno avuto successo, e posto termine agli abusi perpetrati da im- prese operanti in regime di monopolio117. Quello di Qiu non rappresenta, ovviamente, un caso isolato: se- condo uno studio condotto dall’Accademia di Scienze Sociali Cinese, la percentuale di successo delle gongyi susong giudicate dai tribunali della RPC nel periodo 2000-2006 non ha superato il 17,5 per cento, e ciò anche annoverando, tra gli esiti positivi, le cause terminate at- traverso mediazione, e quelle in cui le richieste dell’attore sono state solo parzialmente accolte dalla corte118. Un risultato modesto – in particolare considerato che, come di- cevamo poco sopra, la maggior parte delle gongyi susong proposte non arriva neppure ad essere istruita – e che dà la misura dell’osti- lità strutturale del sistema giuridico cinese all’affermazione del nostro istituto. Anche se, come vedremo, e come ama ripetere uno degli oggi più noti “avvocati nel pubblico interesse” cinesi, Hao Jinsong: “perdere una causa è una buona cosa”119, nel senso – riconosciuto da numerosi autori occidentali – che il va- lore di una public interest litigation non si misura tanto sulla base del successo in corte, quanto in relazione alla sua capacità di introdurre mutamenti sociali (il cosiddetto “systemic impact”)120 – la vittoria in

116 陈虹宇, Chen Hongyu, op. cit., p. 12. Su Qiu Jiandong, e su quella che viene considerata la prima gongyi susong, vedi supra, paragrafo 2.1. 117 梁玉超, Liang Yuchao, op. cit., p. 401. 118 黄金荣: “一场方兴未艾的法律运动 - 对当代国实践的观察与评论”, 载黄金荣 (执行主编), “公益诉讼 (第一辑)”, 北京, 国检察出版社, 2006年, Huang Jinrong, “Yi zhang fanxingwei’ai de falü yundong – Dui dangdai Zhongguo shijian de guan- cha yu pinglun” (Un movimento giuridico emergente – Analisi e commento della pratica di “Public Interest Law” in Cina), zai (in): Huang Jinrong (zhixing zhubian): “Gongyi susong (diyiji)” (Azioni nel pubblico interesse – terzo volume), Beijing, Zhongguo Jiancha Chubanshe, 2006, p. 148. 119 郝劲松: “败诉也是好事”, 国经济周刊, 2006 年, 第48 期. Hao Jinsong, “Baisu ye shi haoshi”, Zhongguo jingji zhoukan, n. 48, 2006. Riguardo a Hao Jin- song, e al suo stile di “avvocatura per la legalità” vedi, più in dettaglio, infra, capi- tolo seguente. 120 Siri Gloppen, “Public interest litigation, Social Rights and Social Policy”, Arusha Conference, “New Frontiers of Social Policy”, Dec. 12-15, 2005, disponi- bile su http://siteresources.wordbank.org/INTRANETSOCIALDEVELOPMENT/ Resources/Gloppen.rev.3.pdf (visto l’ultima volta il 31/03/2010). Si noti che, nella co- pia elettronica, le pagine non sono numerate; per tale ragione, i riferimenti a tale opera non recheranno il numero di pagina corrispondente. Sull’argomento, vedi an- 160 Capitolo IV giudizio resta, per gli attivisti cinesi, come per quelli di ogni altro Paese del mondo, un tema centrale, e il problema fondamentale con cui, ogni giorno, essi debbono confrontarsi. Ma per quale ragione è tanto difficile, per i gongyi lüshi, ottenere una vittoria in giudizio? In che cosa consistono, in concreto, gli osta- coli “strutturali” a cui abbiamo fatto ripetutamente cenno?

3. Gli ostacoli strutturali al successo in corte delle “azioni nel pub- blico interesse” Randal Peerenboom, nell’introduzione a una raccolta di saggi de- dicata all’indipendenza del potere giudiziario nella Repubblicana Po- polare, nota come esistano, all’interno dell’ordinamento cinese, un certo numero di leggi, regolamenti e prassi che limitano l’accesso alla giustizia, e rendono inefficienti i (seppur presenti) canali di legal aid121. Tra questi, egli annovera le norme che impongono alle parti, in determinati casi, di esaurire i rimedi amministrativi prima di rivol- gersi alle corti, a dispetto della regola generale che attribuisce, invece, ai cittadini, libera scelta tra le due opzioni122; il principio, stabilito dalla Legge sulle controversie amministrative, per cui non è consen- tito impugnare atti governativi astratti, ma solo atti o decisioni am- ministrative concrete123, che riguardino ambiti rigorosamente stabiliti dalla legge124; le restrizioni poste alla creazione di ONG125, e quelle relative alla concessione di permessi per dimostrazioni o cortei pub- che Lu Yiyi, “Public Interest and Political Activism in China”, International Cen- tre for Human Rights and Democratic Development, 2008, in http://www.dd- rd.ca/site/_PDF/publications/demDev/Litigations%20China%204.pdf (visto l’ultima volta il 2/04/2010), p. 15. 121 Randal Peerneboom, “Introduction”, in Randal Peerenboom (ed.), “Judi- cial Indipendence in China”, «Judicial Indipendence in China: Lessons for Global Rule of Law Promotion», New York, Cambridge University Press, 2010, p. 14 e ss. 122 Ibid. 123 Vedi articolo 2, Legge sulle controversie amministrative della Repubblica Po- polare Cinese (共和国行政诉讼法, Zhonghua renmin gongheguo xingzheng susong fa). Sull’argomento, vedi anche Kevin J. O’Brien e Li Lianjiang, “Suing the Local State: Administrative Litigation in Rural China”, in N.J. Diamant, S.B. Lubman e K.J. O’Brien, «Engaging the Law in China. State, Society and Possibi- lity for Justice», citato, p. 35. 124 Ibid. Vedi articolo 11, Legge sulle controversie amministrative della Repub- blica Popolare Cinese, che prevede 8 tipi di atti amministrativi per sindacare la li- ceità dei quali è possibile ricorrere in giudizio, e specifica che, al di fuori di questi casi (tutti relativi a diritti personali, o di proprietà), il ricorso ai tribunali è possi- bile, solo se specificamente previsto da una legge o da un regolamento. 125 Sull’argomento, vedi supra, capitolo terzo, nota 487. Le prime “azioni nel pubblico interesse” 161 blici126; le limitazioni dell’accesso a informazioni e documenti gover- nativi127, ancora presenti nonostante l’emanazione, nel 2008, del “Re- golamento sull’accesso pubblico alle informazioni governative della Repubblica Popolare Cinese” (共和国政府信息公开条例, Zhonghua renmin gongheguo zhengfu xinxi gongkai tiaolie)128; la man- canza di una Corte Costituzionale, o di un organo che abbia potere di “judicial review”129; la rigidità, infine, delle regole sul diritto di azione, e l’estrema riluttanza delle corti ad accettare azioni collettive130. Anche se molti degli elementi sopra menzionati hanno avuto una parte nel condizionare la recezione delle public interest litigation in Cina, impedendo – insieme, ovviamente, al differente ruolo attribuito alle corti in USA, e nella RPC – che in tale Paese si affermasse il modello classico di pil, è, soprattutto, alle ultime due caratteristiche citate che può essere ascritto, in modo diretto, il basso tasso di vit- torie in giudizio registrato dalle gongyi susong. Come mostra l’analisi empirica (e confermano, in modo unanime, accademici e pratici del diritto)131, infatti, nella Repubblica Popolare Cinese la sconfitta dell’attore, nelle controversie che coinvolgono il pubblico interesse: “non viene determinata tanto da problemi di diritto sostanziale, quanto da ragioni processuali”132.

Si tratta di un dato che non stupisce, e che si trova perfettamente in linea con i risultati delle ricerche condotte, sull’argomento, a li- vello internazionale. Studi realizzati in chiave comparatistica hanno infatti dimostrato come, per rendere efficace la promozione, attraverso i processi, dei

126 Ibid. 127 Ibid. 128 Vedi “Regolamento sull’accesso pubblico alle informazioni governative della Repubblica Popolare Cinese” (共和国政府信息公开条例, Zhonghua ren- min gongheguo zhengfu xinxi gongkai tiaolie), adottato dal Consiglio di Stato il 17 gennaio 2007, promulgato il 4 maggio dello stesso anno, ed entrato in vigore il 1° maggio 2008. 129 Randal Peerenboom, op. ult. cit., ibid. 130 Ibid. 131 Vedi infra, in questo paragrafo. 132 张艳蕊: “事公益诉讼与公共利益保护”, Zhang Yanrui, “Minshi gongyi susong yu gonggongliyi baohu” (Azioni nel pubblico interesse civili e protezione del pubblico interesse), citato, p. 79; sull’argomento, vedi anche, della stessa autrice, : “事公益诉讼制度研究 – 兼论诉讼机能的扩大”, “Minshi gongyi susong zhidu yanjiu – Jian lun minshi susong jineng de kuoda” (Ricerca sul sistema di azioni nel pubblico interesse civili – Contemporaneamente sull’ampliamento delle funzioni delle controversie civili), citato, p. 7; Kevin O’Brien, Li Lianjiang, op. cit., p. 35. 162 Capitolo IV diritti delle cittadini più deboli, e (soprattutto) per far sì che le cause intentate a questo scopo abbiano, in un dato sistema giuridico, esito positivo: “The legal basis for social rights in the country’s constitutional and le- gal framework is important, along with the status of public interest law. But what emerge from comparative evidence as the most im- portant for voicing of claims by marginalized group are certain aspects of legal procedure”133.

Secondo Siri Gloppen – autore dell’articolo da cui è tratto il brano citato, e nel quale, sia notato per inciso, l’esperienza cinese non viene presa in considerazione – il più importante di tali aspetti sarebbe rap- presentato proprio dai criteri in base ai quali viene attribuito il di- ritto di agire in giudizio. Non a caso, una delle caratteristiche prin- cipali dei sistemi giuridici in cui le corti hanno assunto un ruolo fon- damentale per lo sviluppo dei diritti sociali è proprio l’ampiezza con cui viene garantito il diritto di azione, e la previsione della possibi- lità di stare giudizio a nome di terzi concessa, in determinati casi, a gruppi o individui134. In particolare, è l’esperienza dell’India a mostrare come la modi- ficazione di alcune regole processuali possa riflettersi, in modo di- retto, sullo sviluppo delle public interest litigation. La creazione, da parte della Corte Suprema indiana, a partire dagli anni ’80, di un ca- nale di accesso diretto, semplice ed economico (la cosiddetta “episto- lary jurisdiction”) nei casi riguardanti gli interessi e i diritti delle classi più disagiate della popolazione, unita all’introduzione di procedure specifiche, di tipo non-accusatorio (in particolare per quanto riguarda il reperimento delle prove) e soprattutto – come dicevamo – l’allen- tamento delle rigide regole relative al diritto di azione hanno, infatti, portato in quel Paese a una crescita esponenziale delle azioni in nome dei gruppi emarginati135. Un altro aspetto processuale fondamentale, per il successo in corte delle “azioni nel pubblico interesse”, sarebbe poi, ancora secondo

133 Siri Gloppen, op. cit., mia sottolineatura. 134 Ibid. L’affermazione riportata nel testo è confermata anche dall’esperienza di Taiwan, dove la possibilità di intentare “azioni dei cittadini” in caso di danni al- l’ambiente – prevista a partire dagli ultimi anni, grazie agli emendamenti alle prin- cipali leggi in materia ambientale – ha portato alla crescita esponenziale delle “azioni nel pubblico interesse” amministrative. Vedi Chang Wen - Chen, op. cit., p. 153. 135 Ibid. Sul caso dell’India, e sulla disciplina del diritto di azione in Inghilterra, USA, Sud Africa, Canada e Australia vedi, più in dettaglio David Feldman, “Pu- blic Interest Litigation and Constitutional Theory in Comparative Perspective”, 55 The Modern Law Review 44, 1992, p. 51 e ss. Le prime “azioni nel pubblico interesse” 163

Gloppen, costituito dalla possibilità, prevista dal sistema, di intentare azioni di gruppo. Tale affermazione non sottintende, ovviamente, alcuna analogia tra public interest litigation e azioni collettive, nè implica che l’interesse generale debba per forza, e in ogni caso, coincidere con l’interesse di un determinato insieme di individui136; essa deriva, piuttosto, dalla constatazione del fatto che – come già notava Cappelletti, alla fine degli anni ’70 – il raggruppamento, all’interno di un’unica causa, delle pretese di più soggetti rappresenta, da sempre, il metodo più effi- ciente (oltre che il più efficace) di tutela degli interessi diffusi137. A dimostrazione di ciò può essere citato non solo il caso degli Stati Uniti – “patria” delle class action, oltre che delle pil, e Paese in cui molte public interest litigation hanno assunto tale forma138 – ma anche quello di sistemi in cui, fino a tempi piuttosto recenti, questo istituto era sconosciuto: Gargarella, Domingo e Roux evidenziano, infatti, come proprio l’introduzione delle class action abbia favorito, in particolare in America Latina: “the pursuit of social justice through the use of the court”139.

Gli elementi sopra citati costituiscono il cuore di quella che – nello schema utilizzato da Siri Gloppen per disaggregare il “litigation pro- cess”, alla ricerca dei fattori-chiave per il successo giudiziale delle azioni nel pubblico interesse – viene definita la “marginalized group voice”: l’insieme, cioè, dei fattori che consentono, ai gruppi emargi- nati, di trasformare le loro aspirazioni di giustizia in pretese giuridi- che, riconosciute dall’ordinamento.

136 Sulle differenze tra public interest litigation e azioni collettive vedi, in gene- rale: 杨严炎, “论公益诉讼与群体诉讼的关系”, 政治与法律 2010 年第9 期, Yang Yanyan, “Lun gongyi susong yu qunti susong de guanxi” , Zhenzhi yu falü, n. 9, 2010, e più in dettaglio: David Feldman, “Public Interest Litigation and Constitu- tional Theory in Comparative Perspective”, 55 The Modern Law Review 44, 1992, p. 55; Mauro Cappelletti, “Governmental and Private Advocates for the Public Interest in Civil Litigation: A Comparative Study”, in Mario Cappelletti e Bryant Garth (eds.), “Access to Justice”, Vol. II, Milano, Giuffrè, 1978, p. 832; 肖建国, Xiao Jianguo, op. cit., p. 131. 137 Mauro Cappelletti e Bryanth Garth, “Access to Justice: The Worldwide Movement to Make Rights Effective – A General Report”, in Mario Mauro Cap- pelletti e Bryanth Garth (eds.), «Access to Justice», vol. I, Milano, Giuffrè, 1978, p. 19. 138 Sull’argomento vedi più in dettaglio supra, capitolo secondo. 139 Roberto Gargarella, Pilar Domingo e Theunis Roux (eds.), “Courts and Social Transformation in New Democracies: An Institutional Voice for the Poor?”, Aldershot, Ashgate Publishing, 2006. 164 Capitolo IV

È questo, com’è evidente, uno degli aspetti di maggior peso, nella determinazione degli esiti giudiziali di una public interest litigation, perché capace di incidere, in modo decisivo, sulla possibilità che i tri- bunali accettino i casi relativi ai diritti sociali. Tuttavia, il fatto, che, nell’ordinamento di un determinato Paese, esistano basi giuridiche che consentono di agire in giudizio per la di- fesa del pubblico interesse non implica, tout-court, che le corti di quel Paese affermino la propria giurisdizione rispetto a tali casi, né – a maggior ragione – garantisce che esse, una volta istruito il processo, siano disposte ad accogliere le richieste dell’attore140. In effetti, a determinare la risposta dei tribunali alle istanze sociali presentate dagli “avvocati nel pubblico interesse” concorrono altri due aspetti, non più tecnico-processuali ma di sistema. Ci riferiamo, in particolare, all’interpretazione data dai giudici al proprio ruolo, e alla loro capacità di attribuire effettività giuridica alla pretese degli emar- ginati141. Si tratta di elementi a loro volta influenzati da numerosi fattori; tra questi, Gloppen considera di fondamentale importanza: a) la permeabilità del sistema giudiziario alle influenze esterne, in particolare a quelle politiche; b) la capacità professionale dei magistrati, la loro provenienza so- ciale, le risorse (infrastrutture, fondi, materiale giuridico) a cui hanno accesso, e la cultura giuridica in cui sono immersi; c) il valore attribuito ai precedenti, e alla giurisprudenza interna- zionale e comparata. La correttezza dell’analisi di Gloppen, e la sua applicabilità al contesto cinese, è confermata, come dicevamo, dagli studi dedicati alle gongyi susong. È proprio, infatti, ai problemi legati all’attribu- zione del diritto di azione, alle difficoltà nel proporre cause di gruppo e (più in generale) alle caratteristiche del sistema giudiziario della Repubblica Popolare che vengono imputati – tanto dalla dottrina (interna, e internazionale) quanto dagli avvocati142 – gli insuccessi,

140 A dimostrazione di ciò, si può citare, ancora una volta, l’esperienza dell’India, e quella, di segno opposto, del Malawi: nel primo caso, infatti, come abbiamo visto, il diritto dei cittadini di agire per la tutela dei diritti sociali, non esplicitamente pre- visto da alcuna norma, è stato ricavato dai giudici dall’interpretazione (estensiva) delle disposizioni costituzionali riguardanti il diritto alla vita e alla dignità; nel secondo, in- vece, proprio l’interpretazione restrittiva, da parte dei giudici, di norme costituzionali e legislative che, in teoria, avrebbero legittimato la presentazione di public interest li- tigation, ha portato al rifiuti o all’insuccesso giudiziale sistematico di tali azioni. Siri Gloppen, op. cit. Sull’esperienza indiana, vedi supra, p.52, testo e note relative. 141 Siri Gloppen, op. cit. 142 Sull’argomento, vedi, tra gli altri: Lauren Carasik, «Think Glocal, Act Glo- Le prime “azioni nel pubblico interesse” 165 dal punto di vista processuale, delle azioni a tutela del pubblico in- teresse. È, pertanto, alla luce dello schema sopra sinteticamente descritto che, nei prossimi paragrafi, procederemo all’analisi dell’ordinamento cinese, per comprendere in cosa, concretamente, consistano gli osta- coli citati, e in che modo essi abbiano influenzato lo sviluppo delle azioni nel pubblico interesse in questo Paese. Ciò ci consentirà, inol- tre, di introdurre alcune delle strategie elaborate, in questi anni, dai gongyi lüshi, e di cui tratteremo più diffusamente nell’ultima parte di questo lavoro. Iniziamo dunque, la nostra indagine, a partire dal primo degli ele- menti che Gloppen considera fondamentali, per dare “voce” ai diritti dei cittadini più deboli: la disciplina del diritto di azione.

3.1. Il problema del diritto di azione Il problema dei criteri atti a stabilire chi, nel sistema giuridico ci- nese, sia legittimato a intentare una azione nel pubblico interesse civile o amministrativa, rappresenta, secondo la maggioranza degli autori, il “collo di bottiglia” (瓶颈, pingjin)143, l’impedimento principale all’in- gresso delle gongyi susong nel canale giudiziario144, e una delle que- stioni su cui più urgentemente il legislatore è chiamato ad esprimersi, al fine di garantire una protezione effettiva al pubblico interesse145. cal: the Praxis of Social Justice Lawyering in the Global Era», 15 Clinical L. Rev. 55 (2008), pp. 82- 83; China Labour Bullettin, «Public Interest Litigation in China: a New Force for Social Justice», Research Reports, 10 October 2007, punto 9, in www.clb.org.hk (visto l’ultima volta il 19/03/2010); Titi Liu, op. cit., pp. 286- 287; Donal Clarke, ultima op. cit., p. 245 e ss.; Huang Jinrong, op. cit. A que- sto elenco vanno aggiunti, ovviamente, gli autori indicati alle note relative dei para- grafi seguenti. 143 陈虹宇: “事公益诉讼原告资格问题探讨”, 黔西南族师范高等专科学校学报, 第1 期, 2010 年3 月, Chen Hongyu, “Minshi gongyi susong yuangao zige wenti tantao” (Analisi del problema del ruolo di attore nelle public interest litigation ci- vili), Qianxi nan minzu schifa gaodeng zhuanke xuexiao xuebao, n. 1, marzo 2010, p. 11; 朱有彬 - 曾国栋: “论律师参与公益诉讼, 法学, 2006 年, 第1 期, Zhu You- bin e Ceng Guodong, “Lun falü canyu gongyi susong” (Sulla partecipazione de- gli avvocati alle azioni nel pubblico interesse), Faxue, n. 1, 2006. 144 陈虹宇, Chen Hongyu, ibid. Sull’argomento, con particolare riferimento alle azioni nel pubblico interesse amministrative, vedi: 龚怀军 –宋健: “行政公益诉讼原告 资格探析”, 国商界, 2010年,第8期, Gong Huaijun e Song Jian, “Xingzheng gongyi susong yuangao zige tansuo” (Analisi riguardo al ruolo di attore nelle azioni nel pubblico interesse amministrative), Zhongguo Shangjie, n. 8, 2010, p. 303. 145 陈玲, “事公益诉讼原告资格研究”, 法治, 2010/08/, 总第299期, Chen Ling, “Minshi gongyi susong yuangao zige yanjiu” (studio sul ruolo di attore nelle azioni nel pubblico interesse civili”, Fazhi, n. tot. 299, agosto 2010, p. 86; 李庆丰: 166 Capitolo IV

Molti studiosi evidenziano infatti che – nonostante la Costituzione e le leggi cinesi ribadiscano, in più punti, il dovere, in capo agli or- gani dello Stato e ai cittadini, di tutelare (o di non danneggiare) l’in- teresse generale146, non esiste alcuna norma processuale, in vigore nella Repubblica Popolare, che preveda le modalità attraverso cui realiz- zare tale tutela147. La mancanza, all’interno del sistema giuridico cinese, di una di- sciplina specifica per le gongyi susong fa sì che, a regolare cause aventi come obiettivo, per definizione, la difesa dell’interesse pubblico ven- gano chiamate disposizioni pensate, invece, per garantire la tutela de- gli interessi individuali: ci riferiamo, in particolare, alle disposizioni contenute nella Legge di Procedura Civile e nella Legge sulle con- troversie amministrative. Per quanto riguarda, nello specifico, il diritto di azione, tali leggi stabiliscono, rispettivamente, che: “L’attore deve essere un cittadino, una persona giuridica o un’orga- nizzazione avente interesse diretto (直接利害关系, zhijie lihai guanxi) nella causa”148 e che: “L’attore deve essere un cittadino, una persona giuridica o qualsiasi

“我国事公益诉讼制度的构建”, 国市场, 2010 年第39 期 (第598期), Li Qingfeng, “Woguo minshi gongyi susong zhidu de jiegou“ (la struttura del sistema di azioni nel pubblico interesse in Cina), Zhongguo shichang, n. 39, 2010 (n. tot. 598), p. 150. 146 È interessante notare come, nonostante il richiamo all’interesse pubblico sia frequentissimo all’interno delle leggi cinesi (come in quelle di ogni altro ordina- mento), le norme che, abitualmente, vengono citate ad esempio in questi casi siano quelle che disciplinano gli ambiti in cui più spesso gli “avvocati nel pubblico inte- resse” si trovano ad agire, come la Legge per la protezione e gli interessi dei con- sumatori (消费者权益保护法, Xiaofeizhe quanyi baohu fa, art. 6), la Legge contro la concorrenza sleale (反不正当竞争法, Fan bu zhengdang jingzheng fa, art. 4), la Legge per la protezione dell’ambiente (环境保护法, Huanjing baohu fa, art. 6), o – addirittura – i Principi Generali del diritto civile (法通则, Minfa tongze, art. 7). Sull’argomento, vedi più in dettaglio 张记磊: 论完善我国公益诉讼原告资格, 云南大学学报法学版, 2010年9月, 第23卷, 第5期, Zhang Jilei, “Lun wanshan wo- guo gongyi susong yuangao zige”, Yunnan daxue xuebao faxueban, vol. 23, n. 5, sett. 2010. 147 陈虹宇, Chen Hongyu, pp. 11-12; Chen Lin, 陈玲, op. cit., p. 86. 148 Art. 108, punto (1), Legge di procedura Civile della Repubblica Popolare Ci- nese. Sulla disciplina della fase introduttiva del processo (presentazione della do- manda, e accettazione da parte della corte) vedi nel dettaglio 张卫平, 事诉讼法 北京法律出版社, 2007年, Zhang Weiping, “Minshi susongfa” (Procedura Civile), Beijing, Falü chubanshe, 2007, p. 270 e ss. Le prime “azioni nel pubblico interesse” 167

altra organizzazione che ritenga che un atto amministrativo concreto abbia violato un suo diritto o interesse legittimo”149.

L’attribuzione della legittimazione ad agire soltanto a coloro i quali si affermano titolari del diritto che fanno valere (gli “Hohfeldian plain- tiffs”, secondo la nota definizione di Louis Jaffe150) non rappresenta, certo, una peculiarità cinese. Tale orientamento è , infatti, tradizionalmente presente, nella legi- slazione processuale dei Paesi moderni, ed obbedisce ad un fonda- mentale criterio di politica legislativa: “l’attribuzione ai singoli della disponibilità esclusiva dei loro diritti, e conseguentemente della disponibilità esclusiva della loro tutela giuri- sdizionale”151.

Ma se l’impiego del cosiddetto criterio della “coincidenza sogget- tiva attiva”152 appare ragionevole quando sia in gioco la protezione degli interessi individuali, esso mostra tutti i suoi limiti nel momento in cui si tratti di difendere diritti di titolarità incerta, quali sono, ad esempio, gli interessi diffusi153. Per tale ragione, come abbiamo già evidenziato154, non solo negli Stati Uniti, o in India, ma anche in ordinamenti che, come quello italiano, appartengono alla tradizione di Civil Law, sono stati intro- dotti, negli ultimi anni, temperamenti al criterio in esame, prevedendo – in determinati casi, rigorosamente stabiliti dalla legge – la possibi- lità, in capo ad alcuni soggetti, di far valere in nome proprio diritti altrui155. L’ordinamento cinese, al contrario, è rimasto, fino ad oggi, prati-

149 Art. 41, punto (1), Legge sulle controversie amministrative della Repubblica Popolare Cinese. 150 Cioè un soggetto il quale, attraverso un’azione, “is seeking a determination that he has a right, a privilege, an immunity or a power”. Louis L.-Jaffe, «The Ci- tizen as Litigant in Public Actions: The Non-Hohfeldian or Ideological Plaitiff», 116 U. Pa. L. Rev. 1033, April 1968, p. 1033. 151 Crisanto Mandrioli, Diritto Processuale Civile. I: Nozioni introduttive e disposizioni generali, Torino, Giappichelli Editore, 2002, pp. 53-54. 152 Su questa nozione, vedi Crisanto Mandrioli, op. cit., p. 53. 153 Sugli problema della tutela degli interessi diffusi vedi supra, capitolo secondo, paragrafo 1, e infra, nel testo. 154 Vedi supra, capitolo secondo, paragrafo 1. 155 Sui casi di legittimazione staordinaria previsti dall’ordinamento italiano vedi Crisanto Mandrioli, op. cit., p. 55. Per una (sintetica) analisi sulla introduzione, nel sistema giuridico italiano, di un istituto simile alla class action, vedi: Laura Frata, “Class actions” e “azioni collettive risarcitorie”: un primo confronto”, Danno e re- sponsabilità, n. 5/2008. 168 Capitolo IV camente insensibile a questi sviluppi: oltre, infatti, al già citato arti- colo 15 della “Legge di procedura civile” – spesso utilizzato dalle Procure per assistere in giudizio, con azioni cosiddette “adesive” (支持起诉, zhichi qisu)156 consumatori, lavoratori licenziati ingiusta- mente e minggong157, ma che comunque, è bene ricordare, non sta- bilisce alcuna legittimazione straordinaria all’azione158 – ben poche norme consentono il ricorso al tribunale da parte di soggetti diversi dal titolare del diritto violato. Si tratta, in particolare, de: 1) l’articolo 7 dell’Interpretazione n° 1 su alcune questioni ri- guardanti l’applicazione della “Legge sul Matrimonio della Re- pubblica Popolare Cinese” della Suprema Corte del Popolo (最高法院关于适用共和国婚姻法若干问题的解释, Zuigao renmin fayuan guanyu shiyong Zhonghua renmin gon- gheguo hunyinfa de jieshi), del 2001, che legittima ad agire, per richiedere la dichiarazione di invalidità di un matrimonio, ol- tre agli sposi, anche gli stretti congiunti159 e (ma solo in caso di bigamia) le “organizzazioni di base” (基层组织, jiceng zuzhi)160; 2) l’articolo 20, comma 4 della Legge sul sindacato (工会法, Gon- ghui fa) del 2001161, e l’articolo 56, della Legge sul contratto di lavoro (共和国劳动合同法, Zhonghua renmin gon- gheguo laodong hetong fa) del 2007162, che attribuiscono al sin- dacato, qualora il datore di lavoro violi i diritti e gli interessi dei lavoratori previsti dal contratto di lavoro, il diritto di ini-

156 Per un’analisi (critica) di questo istituto, vedi 王琦, “事诉讼法基本原则若干问 题的思考”, 海南大学学报2003年, 第 2期, Wang Qi, “Minshi susong fa jiben yuanze ruogan wenti de sikao” (analisi di alcuni problemi relativi ai principi fondamentali della Legge di procedura civile), Hainan daxue xuebao, n. 2, 2003, p. 131. 157 Sull’argomento, vedi Donald Clarke, op. cit., p. 247. 158 Vedi supra, in questo capitolo, paragrafo 2.2. 159 Vedi articolo Articolo 7, punti (1) - (4) dell’“Interpretazione n° 1 su alcune questioni riguardanti l’applicazione della “Legge sul Matrimonio della Rebubblica Popolare Cinese” della Suprema Corte del Popolo (最高法院关于适用共 和国婚姻法若干问题的解释, Zuigao renmin fayuan guanyu shiyong Zhonghua ren- min gongheguo hunyinfa de jieshi), adottata il 24 dicembre 2001, ed entrata in vi- gore il 27 dicembre dello stesso anno. 160 Vedi articolo Articolo 7, punto (1) della stessa’ “Interpretazione”. Sull’argo- mento, vedi anche Donald Clarke, ultima op. cit., p. 246. 161 Approvata dal Comitato Permanente dell’Assemblea Nazionale Popolare il 27 ottobre 2001, ed in vigore dallo stesso giorno. Una copia elettronica di questa legge è disponibile all’indirizzo http://www.gov.cn/banshi/2005-08/05/content_20697_2.htm (visitato l’ultima volta il 15 gennaio 2011). 162 Approvata dal Comitato Permanente dell’Assemblea Nazionale Popolare il 29 giugno 2007, ed entrata in vigore il 1° gennaio 2008. Le prime “azioni nel pubblico interesse” 169

ziare un arbitrato o intentare causa presso i tribunali del po- polo163, in rappresentanza dei lavoratori stessi164; 3) alcuni articoli di regolamenti locali in tema di gestione immo- biliare – come l’articolo 22, comma 10, del “Regolamento sulla gestione immobiliare della città di Chongqing” (重庆市物业管理 条例, Chongqing shi wuye guanli tiaoli) del 2002165, o l’arti- colo 4 del “Regolamento sulla gestione immobiliare dei distretti residenziali della città di Wuhan” (武汉市住宅区物业管理条例, Wuhan shi zhuzhaiqu wuye guanli tiaoli) del 2004 – emanati sulla base del “Regolamento sulla gestione immobiliare” (物业管理条例, Wuye guanli tiaoli), del Consiglio di Stato166, e che attribuiscono ai “comitati dei proprietari” (业主委员会, yezhu weiyuanhui) il diritto di agire in giudizio in casi che ri- guardino, appunto, la gestione della proprietà167. Al di fuori delle ipotesi sopra elencate resta, dunque, valida la re- gola “classica” di attribuzione del diritto di stare in giudizio. Le corti cinesi hanno, pertanto, buon gioco a respingere cause in tema di in- teressi diffusi (interessi dei consumatori, dei contribuenti, dei piccoli investitori o – anche se in questo settore si stanno registrando alcune aperture168 – dell’ambiente) sulla base del fatto che la titolarità del di- ritto contro la cui violazione si richiede tutela è troppo “estesa” per costituire il fondamento di un’azione169. È questa la ragione per la quale, come abbiamo visto, è stata re- spinta la causa presentata da Wang Zhirong contro l’Amministrazione fiscale di Hangzhou170; ed è, ancora, con la stessa motivazione, che a

163 Si noti che, mentre la Legge sul contratto di lavoro attribuisce al sindacato la scelta – una volta fallito il tentativo di conciliazione – tra agire in giudizio o sotto- porre la questione ad arbitrato, la Legge sui sindacati dà la priorità a quest’ultimo, e solo in caso di non accettazione, da parte dell’organo arbitrale, del caso, o nell’e- ventualità che la controparte rifiuti di eseguire il lodo consente al sindacato di ac- cedere al canale giudiziario. 164 肖建国, Xiao Jianguo, op. cit., p. 731. 165 Anteriore al Regolamento nazionale. 166 Emanato dal Consiglio di Stato l’8 giugno 2003, ed emendato il 26 agosto 2007. 167 肖建国, Xiao Jianguo, op. cit., pp. 731-831. Sull’argomento, vedi anche Do- nald Clarke, ultima opera citata, pp. 246-247. Si noti che tale diritto – non esplici- tato all’interno del regolamento nazionale – è stato confermato, nel 2003, da un pifu (批复) della Corte Suprema del Popolo, e da alcune opinioni emanate da Corti Su- preme locali, tra cui l’Alta corte di Pechino (2003) e l’Alta corte di Chongqing (2004). Sull’argomento, vedi 肖建国, Xiao Jianguo, op. cit., nota 831, note 38 e 39. 168 Sull’argomento, vedi supra, paragrafo 2.2. 169 肖建国, Xiao Jianguo, op. cit., 831. Sull’argomento, vedi anche Donal Clarke, op. cit., p. 246. 170 Capitolo IV un gran numero di cause intentate nel pubblico interesse viene im- pedito, quotidianamente, l’accesso al canale giudiziario. Per porre rimedio a questa situazione, nella quale, come nota Chen Hongyu: “un gran numero di atti che danneggiano l’interesse pubblico non pos- sono ottenere correzione e giustizia ed essere riportati a moralità, men- tre fatica a manifestarsi, e viene indebolita, la funzione di autorego- lazione della società”171, le soluzioni de iure condendo proposte dalla dottrina sono molte, e vanno da quelle più estreme (come l’introduzione di “azioni dei cit- tadini”, sul modello USA, o delle “azioni di massa” giapponesi) a quelle più “soft” – e, secondo la maggioranza degli autori, più adatte all’attuale contesto cinese – che vedono la (ri)attribuzione alle Pro- cure del popolo172 (e/o ad organi governativi) del diritto di azione, nei casi civili e amministrativi che coinvolgano l’interesse dello Stato, o un rilevante interesse pubblico sociale173. Non è questa la sede per esprimere un giudizio su questi sugge- rimenti, che mostrano, in generale – al di là dell’immancabile riferi- mento agli Stati Uniti – un forte debito nei confronti delle esperienze dei Paesi che, fin dalla tarda epoca Qing, hanno costituito il princi- pale riferimento giuridico per i riformatori cinesi: segnatamente, il Giappone e la Germania174. Tali proposte, del resto, non cambiano, per i gongyi lüshi, la so- stanza del problema: è, infatti, sulla base delle regole attualmente in vigore nell’ordinamento della Repubblica Popolare (e non di quelle che, eventualmente, il legislatore potrebbe scegliere di adottare) che le corti cinesi decidono, in concreto, se accettare (o respingere) le azioni da essi presentate. In che modo, dunque, gli avvocati per il pubblico interesse cinesi possono far sì che le cause di cui si occupano accedano al canale giu- diziario?

170 Vedi supra, paragrafo 2.1. 171 陈虹宇, Cheng Hongyu, op. cit., p. 12. 172 Sulla legittimità, da parte delle Procure del Popolo, ad agire e partecipare alle azioni civili e amministrative vedi più diffusamente supra, paragrafo 2.2. 173 Sull’argomento vedi, tra gli altri: 肖建国, Xiao Jianguo, op. cit., pp. 441-661; 陈虹宇, Cheng Hongyu, op. cit., p. 梁玉超, Liang Yuchao, pp. 301-601; 仇超, Chou Chao, op. cit., p. 96; 汤维建, Tang Weijian, op. cit., p. 18 e ss.; 张记磊, Zhang Jilei, op. cit., p. 15; 龚怀军, 宋健, Gong Huaijun e Wei Jian, op. cit., p. 304; 陈玲, Chen Ling, op. cit., p. 87; 李庆丰, Li Qingfeng, op. cit., p. 150; 雷智仙, Lei Zhixian, pp. 322-323. 174 Vedi nota precedente. Le prime “azioni nel pubblico interesse” 171

Non certo seguendo l’esempio delle Procure. Se, infatti, l’inesi- stenza di una norma che autorizzi ad agire nell’interesse pubblico sembra porre, in linea di principio, sullo stesso piano procure del po- polo e “avvocati nel pubblico interesse”, le differenze tra i due sog- getti emergono in tutta la loro portata, quando dal livello teorico si passa a quello pratico. Ai gongyi lüshi, com’è naturale, è del tutto impedito l’accesso a quei canali preferenziali che, come abbiamo vi- sto175, consentono alle procure di aggirare la rigidità del sistema, e di assicurarsi non solo il riconoscimento del diritto di azione, ma an- che la vittoria in giudizio. L’unica possibilità, perché i tribunali non rifiutino (o, almeno, per- ché abbiano più difficoltà a rifiutare), sulla base del difetto di azione, l’iscrizione al registro delle cause proposte dagli “avvocati nel pub- blico interesse” resta dunque quella di fare in modo che l’attore ri- sponda ai requisiti richiesti dall’ordinamento: che abbia, cioè, un in- teresse diretto nel caso. Per questo, come vedremo meglio nel prossimo capitolo, i gongyi lüshi dedicano tanta cura alla selezione dei loro clienti – scelti sem- pre tra i soggetti più direttamente danneggiati dall’atto che si pre- sume lesivo dell’interesse pubblico – quando, addirittura, non deci- dono di rappresentare se stessi, dopo essersi messi nelle condizioni di veder leso (appunto dall’atto commesso ai danni dell’interesse ge- nerale) un proprio interesse individuale tutelato dalla legge. Si tratta di una strategia adottata, in Cina, fin dagli albori delle gongyi susong, e che fa sì che gli avvocati (o gli attivisti) si trovino, a seconda della violazione dell’interesse pubblico che intendono col- pire, ad acquistare, ad esempio, beni di cui conoscono la non confor- mità allo standard qualitativo dichiarato (come Wang Hai)176, o a ser- virsi di un telefono pubblico che, come ogni altro, nella contea, non applica lo sconto dovuto (come Qiu Jiandong)177, o ancora – per in- trodurre alcuni dei casi di cui ci occuperemo tra poco – ad utilizzare servizi offerti a pagamento, consapevoli del fatto che chi li fornisce non emetterà lo scontrino fiscale (come Hao Jinsong)178, o a com- prare biglietti ferroviari la cui tariffa, è noto, risulta maggiorata dal premio di un’assicurazione non conforme alla disciplina vigente (come Huang Jinrong)179; una strategia che, talvolta, risulta vincente, e per-

175 Vedi supra, in questo capitolo, paragrafo 2.2. 176 Vedi supra, in questo capitolo, paragrafo 2.1. 177 Ibid. 178 Vedi infra, capitolo quinto, paragrafo 3.3. 179 Vedi infra, capitolo quinto, paragrafo 3.1. 172 Capitolo IV mette alle azioni nel pubblico interesse di arrivare (almeno) alla fase processuale. Tuttavia, anche se, in questo modo, gli “avvocati nel pubblico in- teresse” riuscissero a porre i loro casi al riparo dal diniego dell’azione da parte delle corti, resterebbe ancora da superare il secondo dei pro- blemi a cui accennava Gloppen: quello legato al fatto che – come ab- biamo già avuto modo di notare, e come mostra l’esperienza degli altri Paesi – al fine di tutelare in modo efficace gli interessi diffusi, impedire la reiterazione degli atti dannosi e (soprattutto, per quanto qui ci interessa) assicurare la vittoria in giudizio, la forza del singolo, da sola, spesso non basta. Per citare, ancora una volta, le parole di Cappelletti: “even the most liberal granting of standing to individuals would be an insufficient solution to the problem of asserting diffuse rights if the “private attorney general” were not allowed to associate and fight as an organized group”180.

Ma esiste, nell’ordinamento della Repubblica Popolare, la possibi- lità di intentare cause con attori multipli? E se esiste, perché, gli “av- vocati nel pubblico interesse” sono tanto restii a proporre azioni col- lettive? Quali sono gli ostacoli posti dal sistema all’impiego di tale istituto?

3.2. Le limitazioni alle azioni di gruppo La risposta alla prima delle domande con cui abbiamo chiuso il paragrafo precedente, è già stata fornita da Benjamin Liebman in un famoso articolo pubblicato nel 1998, e nel quale, appunto, egli no- tava che: “China has one of the few legal system outside the United States that permits class action”181.

Se, infatti, si intende la nozione di “class action” in senso ampio182

180 Mauro Cappelletti, “Vindicating the Public Interest Through the Courts: A Comparativst’s Contribution”, in Mauro Cappelletti, Bryant Garth (eds), “Ac- cess to Justice. Vol. III: Emerging Issues and Perspective”, p. 549. 181 Benjamin Liebman, «Class Action Litigation in China», 111 Harv. L. Rev. 1523 (1998), p. 1523. 182 Sulla differenza tra nozione ampia e ristretta di class action (in cinese: 集团诉讼, jituan susong) vedi, più in dettaglio: 黎雅琴, “从 “三鹿事件” 看我国消费者集团诉讼 制度的完善”, 金卡工程·经济与法, 2010 年1 期, Li Yaqin, “Cong “Sanlu shijian” Le prime “azioni nel pubblico interesse” 173

– in un senso, cioè, che comprende, senza distinzioni, tutte le con- troversie che presentino aspetti “collettivi”, e va, pertanto, al di là del significato, tecnico, assunto dall’espressione negli USA – tale affer- mazione può essere ritenuta corretta. Sia la Legge sulle controversie amministrative, del 1989, che la Legge di procedura civile del 1991 prevedono, in effetti, fin dalla loro emanazione, diversi tipi di “azioni comunitarie” (公同诉讼, gongtong susong), azioni, cioè, in cui diffe- renti soggetti possono riunire pretese simili in una sola causa183. In particolare, per limitare la nostra analisi all’ambito civile, no- tiamo come la Legge di procedura civile disciplini tre tipologie di “azioni di gruppo”: 1) le “azioni di gruppo non-rappresentative” (indicate, abitual- mente, dalla dottrina con la stessa espressione che il legislatore riferisce, invece, genericamente, all’insieme delle azioni comu- nitarie: 公同诉讼, gongtong susong), regolate dall’articolo 53; 2) le azioni di gruppo rappresentative, in cui il numero di parte- cipanti, al momento in cui la causa viene intentata, è definito (数确定的代表诉讼, renshu queding de daibiaoren susong), regolate dall’art. 54; 3) le azioni di gruppo rappresentative, in cui il numero di parte- cipanti, , al momento in cui la causa viente intentata, non è de- finito (数不确定的代表诉讼, renshu bu queding de dai- biaoren susong), regolate dall’articolo 55. Un esame approfondito degli istituti sopra menzionati necessite- rebbe uno spazio eccessivo, e ci condurrebbe troppo lontano dal- l’oggetto del nostro lavoro; per essa si rimanda pertanto ai numerosi lavori pubblicati, in cinese e inglese, sull’argomento184. In questa sede ci limitiamo solo a ricordare brevemente come, se- condo alcuni autori, il modello seguito dal legislatore cinese per di- sciplinare le azioni di cui al punto 3) sarebbe stato (pur con sostan- ziali variazioni) quello delle class action statunitensi185, mentre, per kan woguo xiaofeizhe hutyab susong zhidu de wanshan”, Jinka gongcheng – Jingji yu fa, n. 1, 2010, p. 127. 183 Vedi, rispettivamente, Legge sulle controversie amministrative, citata, artt. 26- 27, e Legge di procedura civile della Repubblica Popolare Cinese, citata, artt. 53-55. Si noti che mentre la prima prevede, semplicemente, la possibilità di unire più cause, qualora le pretese degli attori rigurdino lo stesso atto amministrativo, o atti di na- tura simile, la seconda disciplina la materia più in dettaglio, anche se 184 Vedi, tra gli altri: Michael Palmer e Xi Chao, “Collective and Representa- tive Actions in China”, paper presentato al Convegno su “The Globalization of Class Action”, Oxford, 13-14 Dicembre 2007, e disponibile su http://www.law.stanford.edu/ca- lendar/details/1066/; 张卫平, “事诉讼法 北京法律出版社, 2007年, Zhang Wei- ping, “Minshi susongfa” (Procedura Civile), citato, p. 149 e ss. 185 La Legge cinese prevede, ad esempio, per i membri della classe che, al mo- 174 Capitolo IV quanto riguarda le azioni di cui al punto 2), egli si sarebbe ispirato alle “azioni dei rappresentanti” giapponesi186. I requisiti a cui una controversia deve rispondere, perché possa essere gestita come “azione di gruppo” sono, comunque, identici per tutte e tre le gongtong susong, e vengono stabiliti dall’articolo 53, comma 1, secondo il quale: “Qualora una parte o entrambe le parti siano costituite da due o più soggetti, e l’oggetto dell’azione sia identico, o appartenga alla mede- sima categoria, il tribunale del popolo può decidere, con il consenso delle parti, di unire insieme le azioni, dando origine ad una azione comunitaria (公同诉讼, gongtong susong)”187.

Nell’ordinamento cinese esiste, dunque, la possibilità di intentare azioni di gruppo, ma – ed è questo un dato fondamentale, ai sensi della nostra ricerca – la legge attribuisce piena discrezionalità al tri- bunale nel decidere quali azioni possano essere giudiciate come azioni collettive, e quali debbano, invece, essere gestite individualmente. Anche se, infatti, la pubblicazione, nel 1991, della “Interpretazione degli articoli della nuova Legge di procedura civile” (新事诉讼法条文 释义 Xin minshi susong fa tiaowen shiyi), a cura di alcuni dei più noti giudici della Corte Suprema del Popolo188, ha parzialmente li- mento in cui viene intentata l’azione, non sono ancora identificati, un sistema di “opt in” più simile a quello presente negli ordinamenti di altri Paesi di Civil Law che a quello USA, in cui, come noto, vige la regola dello “opt out”. Sull’argomento, vedi Michael Palmer e Xi Chao, op. cit., p. 4, ma contra 肖建国, Xiao Jianguo, op. cit. pp. 231-331, in cui l’autore specifica le ragioni (livello di garanzie procedurali basso, limitata capacità delle parti) per le quali il modello statunitense, e in partico- lare il sistema di opt-out, non sarebbero state giuridicate dal legislatore adatte alla situazione cinese. Sulle ragioni storiche, per le quali i sistemi di Civil Law in gene- rale (e quindi non solo la Cina) sarebbero più diffidenti, rispetto a quelli di Com- mon Law, rispetto alle azioni di gruppo, vedi Mauro Cappelletti, ultima op. cit., pp. 549-551. Sull’argomento vedi anche Richard B. Cappalli e Claudio Con- solo: “Class Action for Continental Europe? A Preliminary Inquiry”, 6 Temp. Int’l & Comp. L. J. 217, 1992, p. 233. Per una panoramica sulla regolamentazione delle azioni di gruppo nei principali Paesi, con particolare riferimento a quelli di Civil Law, vedi in generale gli atti del Convegno su “The Globalization of Class Action”, tenutosi a Oxford il 13-14 dicembre 2007, e consultabili all’indirizzo: http://www.law. stanford.edu/calendar/details/1066/ (visto l’ultima volta il 22/01/2011). 186 Sull’argomento, vedi Michael Palmer e Xi Chao, op. cit., p. 4; Benjamin Liebman, op. cit., pp. 1523-1525; 范愉,集团诉讼问题研究, 北京, 北京大学出版社, 2000, Fan Yu, “Jituan susong wenti yanjiu” (studio sui problemi delle azioni di gruppo), Beijing, Beijind daxue chubanshe, 2000, p. 275. 187 Vedi articolo 53, comma 1, “Legge di procedura civile della Repubblica Po- polare Cinese”, mia la traduzione dal cinese e la sottolineatura. 188 唐德, “新事诉讼法条文释义”, 北京, 法院出版社, 1991年, Tang Le prime “azioni nel pubblico interesse” 175 mitato la libertà delle corti in questo senso, introducendo – senza, peraltro, definirla – la differenziazione tra “azioni comunitarie indi- spensabili” (必要共同诉讼, biyao gongtong susong) e “azioni comu- nitarie facoltative” (普通共同诉讼, putong gongtong susong), il nu- mero estremamente esiguo delle ipotesi in cui il giudice sarebbe ob- bligato ad unire le cause (le “azioni comunitarie indispensabili”, ap- punto)189 fa sì che, nella maggioranza dei casi, la decisione spetti al singolo magistrato. Ed è proprio la scarsa propensione dei magistrati della Repubblica Popolare a volersi occupare di azioni collettive a essere considerato – tanto dagli autori cinesi, come da quelli occidentali – come uno dei principali ostacoli allo sviluppo delle gongtong susong, e al loro uso per dare forma alle public interest litigation190. Le ragioni di un tale atteggiamento sono numerose, e di varia natura. Alcuni studiosi notano, ad esempio, come spesso sia, molto pro- saicamente, il sistema di incentivi in cui i giudici cinesi sono inseriti a spingerli a rifiutare questo tipo di azioni191. Poiché uno dei para- metri sulla base dei quali viene valutato l’operato dei magistrati (e, in generale, quello delle corti) è costituito dal numero di casi da essi an- nualmente gestito192, è naturale che i giudici tendano a “separare” le cause simili, piuttosto che ad unirle, sperando in questo modo di al- terare artificiosamente l’ammontare dei casi giudicati, senza aumen- tare, possibilmente, il carico di lavoro193.

Dehua, “Xin minshi susong fa tiaowen shiyi” (interpretazione degli articoli della nuova Legge di procedura civile) Beijing, Renmin fayuan chubanshe, 1991. 189 In generale, la dottrina ritiene che esse debbano rigurdare controversie in tema di proprietà collettiva, obbligazioni solidali, responsabilità solidale per atto illecito; successioni della proprietà comune ecc. Sull’argomento, vedi più in dettaglio 张卫平, Zhang Weiping, op. cit., p. 150; Michael Palmer, Xi Chao, op. cit., p. 3. 190 Sull’argomento vedi 黎雅琴, Li Yaqin, op. cit., p. 128; Titi Liu, op. cit. p. 286; Donald Clarke, op. cit., p. 248; Benjamin Liebman, op. cit. p. 1534; Mi- chael Palmer e Chao Xi, op. cit., p. 8 e 18. 191 Michael Palmer e Chao Xi, op. cit., p. 9; Titi Liu, op. cit., p. 286; Benja- min Libman, p. 1533; Donald Clarke, p. 248. 192 Vedi autori indicati alla nota precedente, ibid.; Yang Su e Xin He: “Do have come out ahead in Shanghai Courts?” Paper presentato a conferenza su “China’s Judicial Landscapes, New Empirical Studies”, della China-EU School of Law (CESL), tenutasi a Beijing, 31 Ottobre - 1 Novembre 2010. 193 Notiamo brevemente come a rendere realizzabili entrambe queste aspirazioni abbia contribuito, negli ultimi anni, la creazione – ad opera, appunto, delle corti – di una nuova tipologia di azioni le cosiddette “azioni-test” (实验性诉讼, shiyanxing susong). Si tratta di una procedura che può essere avvicinata, concettualmente, ai “test-case” presenti in altri ordinamenti: in pratica, una corte che debba giudicare molti casi simili tra loro può scegliere, invece di unirli, di giudicarne uno, e appli- care poi a tutti gli altri la stessa sentenza. L’utilizzo di questa tecnica ha, oOvvia- 176 Capitolo IV

In altri casi sarebbe, invece, l’inadeguatezza professionale di alcune corti, e la loro incapacità nel gestire cause “comunitarie” (di norma più complesse, dal punto di vista processuale, di quelle individuali) a far sì che esse tendano a giudicare come “non adatte a essere tra- sformate in azioni di gruppo” controversie che, pure, condividono lo stesso oggetto194. Tutti gli aspetti sopra ricordati hanno certamente un peso, nel de- terminare la scarsa propensione dei tribunali ad accettare azioni col- lettive, ed affondano le proprie radici in alcune caratteristiche pecu- liari dell’ordinamento giudiziario cinese. Non stupisce, dunque, che anche quella che viene, unanimemente, considerata come la principale causa della diffidenza dei giudici ci- nesi nei confronti delle gongtong susong appartenga a questa catego- ria, e costituisca il frutto del legame molto speciale esistente, in Cina, tra apparato giudiziario e il potere politico195: alludiamo, nello speci- fico, alla paura che le azioni di gruppo, implicando l’aggregazione di molti individui, possano portare a instabilità sociale196. Nonostante infatti, studi recenti abbiano dimostrato come, tal- volta, proprio questo timore possa – in particolare nei casi che coin- volgano grandi masse di persone, quali, ad esempio, quelli che ri- guardano proteste di lavoratori per salari non pagati – spingere i giu- dici cinesi ad adottare atteggiamenti “proattivi” e, in definitiva, fa- vorevoli alla parte più debole197, più spesso la preoccupazione per le corti nei confronti di qualsiasi atteggiamento che possa minacciare l’edificazione di una “società armoniosa” porta, invece, i magistrati, ad “atomizzare” le controversie198, cercando di disincentivare il più mente, suscitato negli studiosi alcune perplessità, in particolare riguardo all’equità del processo, e ai criteri di rappresentatività utilizzati dalle corti per selezionare il caso che fungerà da modello. Nondimeno, essa permette un indubbio risparmio in ter- mini economici, senza presentare i rischi ravvisati, invece, nelle azioni di gruppo. Sull’argomento, vedi più in dettaglio: 肖建国, Xiao Jianguo, op. cit., p. 331 e ss.; 王福 “代表诉讼之替代改革”上海通大学学报, 2006年第05期, Wang Fuhua, “Daibiao susong zhi tidai gaige” (le riforme in sostituzione delle azioni di rappre- sentanza), Shanghai jiaotong daxue xuebao, n. 5, 2006, pp. 22-23. 194 Michael Palmer e Chao Xi, op. cit., p. 8; Benjamin Liebman, op. cit., p. 1533; 黎雅琴, Li Yaqin, op. cit., p. 127. Sulla scarsa preparazione giuridica che af- fligge, ancora oggi, una parte della magistratura cinese, vedi infra, paragrafo seguente. 195 Sull’argomento, vedi infra, paragrafo seguente. 196 Sull’argomento, vedi ancora: 黎雅琴, Li Yaqin, op. cit., p. 128; Titi Liu, op. cit., p. 286; Donald Clarke, op. cit., p. 248; Benjamin Liebman, op. cit., p. 1534; Michael Palmer e Chao Xi, op. cit., p. 8 e 18. 197 Sull’argomento, vedi Yang Su e Xin He, “Streets as Courtroom: State Ac- comodation of Labor Protests in South China”, p. 6 e ss., disponibile su http://pa- pers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=1447131 (visto l’ultima volta il 24/11/2010 198 L’espressione è utilizzata da Donal Clarke, in Donald Clarke, op. cit., p. 248. Le prime “azioni nel pubblico interesse” 177 possibile l’associazione degli individui, tanto in corte quanto (so- prattutto) nelle strade. In qualche caso, sono state le Alte Corti locali ad ordinare ai tri- bunali inferiori di non accettare, in generale, casi che coinvolgessero più di un attore199. In altri, è stata la stessa Corte Suprema a porre limitazioni, ad esempio escludendo l’applicazione di alcune tipologie di controversie collettive a determinati ambiti200, o imponendo che, in caso di presenza di attori o convenuti plurimi, le controversie fos- sero gestite dalle corti di base201; tutto ciò, nel tentativo, come sug- gerisce Donald Clarke, di impedire che gruppi ingenti di persone avessero – grazie alle procedure di appello – fisicamente accesso alle corti provinciali o a quelle delle capitale, e potessero dare origine a disordini, o insurrezioni popolari202. Ma l’ostilità del sistema verso le controversie collettive è tale, e la preoccupazione della leadership cinese per le loro implicazioni tanto grave, da manifestarsi anche al di fuori delle aule dei tribunali, e in fasi che precedono la presentazione della domanda in corte. Nel marzo del 2006, ad esempio, il Comitato Permanente del- l’Associazione di tutti gli avvocati cinesi (全国律师会委理事会 Zhonghua quanguo lüshi xiehui changwei lishihui) – organismo pa-

199 Ad esempio, l’Alta Corte del Guanxi ha emanato, nel 2003, la “Circolare del- l’Alta Corte del Guanxi sulla non accettazione temporanea di 13 categorie di casi” (关西族治区高级法院关于13暂不受理案件的通知, Guanxi zhuangzu zizhiqu gaoji renmin fayuan guanyu 13 lei zan bu shouli anjian de tongzhi), con la quale ordinava alle corti inferiori di non accettare, temporaneamente, casi che rien- trassero in ambiti in cui potessero essere coinvolti “numerosi attori che facilmente potessero lasciarsi andare alle emozioni” (tra questi: cause relative a vendite illecite, gravi ritardi nel pagamento di salari, manipolazione del mercato azionario, ecc.). Sul- l’argomento, vedi più in dettaglio Michael Palmer e Chao Xi, op. cit., p. 9. 200 Vedi, ad esempio, “Circolare della Corte Suprema del Popolo sull’accettazione di casi civili per il risarcimento del danno causato da interferenze sui titoli” 最高法院关于券事赔偿案件不予受理的通知, Zuigao renmin fayuan guanyu she zhengquan minshi peichang anjian zan bu shouli de tongzhi, del 21 settembre 2001; “Regolamento della Corte Suprema del Popolo relativa alla decisione di casi civili per il risarcimento del danno causato da raggiro riguardante il falso stato del mercato dei titoli” 最高法院关于审理券市场因虚假陈述引发的事赔偿案件的若干规定, Zuigao renmin fayuan guanyu shenli zhengquan shichang yin xujia chengshu yinfa de minshi peichang anjian de ruogan), del 9 gennaio 2003. Per maggiori dettagli sull’in- fluenza di questi documenti sulle decisioni in materia di azioni di gruppo, vedi Do- nald Clarke, op. cit., p. 249. 201 Vedi “Circolare della Corte Suprema del Popolo sui problemi riguardo al- l’accettazione, da parte dei Tribunali del popolo, di azioni comunitarie”, (最高法院 关于法院受理共同诉讼案件问题的通知, Zuigao renmin fayuan guanyu ren- minfayuan shouli gongtong susong anjian wenti de tongzhi), del 30 dicembre 2005, artt. 1-4. 202 Donald Clarke, op. cit., p. 249. 178 Capitolo IV rastatale che, come è noto, annovera, tra le proprie mansioni, quella di fungere, insieme al Ministero della giustizia e ai suoi omologhi lo- cali, “da supervisione e guida” per l’operato di coloro che esercitano la professione legale nella Repubblica Popolare203 – ha emanato le Opinioni Guida per gli avvocati nella gestione dei casi di massa” (全国律师会关于律师办理群体性案件指导意见, Zhonghua quanguo lüshi xiehui guanyu lüshi banli quntixing anjian zhidao yijian), con le quali ha imposto una serie di oneri supplementari agli avvocati che intendano rappresentare le parti in casi collettivi che coinvolgano più di dieci persone204. Tra tali oneri spiccano: l’introduzione di speciali requisiti, in as- senza dei quali non è possibile, per uno studio legale, assumere la rappresentanza in un “caso di massa”( 群体性案件, quntixing anjian)205; l’obbligo di accettare, nella gestione di questi casi, la supervisione e la guida delle autorità amministrative206; il dovere di dare immediata comunicazione della presa in carico del caso alla associazione locale di tutti gli avvocati, agli organi governativi, e a quelli giudiziari, te- nendoli costantemente informati su ogni questione in grado di radi- calizzare la controversia, in particolare qualora temano che i loro clienti intendano porre in essere azioni pericolose per la “stabilità so- ciale”207; il dovere di usare un’attenzione particolare nei rapporti con la stampa, di non fare emergere notizie tendenziose, e di usare ogni cautela nei confronti dei media e delle organizzazioni straniere208; l’ob- bligo, infine, di presentare un rapporto dettagliato sul caso alla asso- ciazione locale di tutti gli avvocati, una volta che la causa abbia avuto termine209. Si tratta, com’è evidente, di misure atte a scoraggiare il coinvolgi-

203 Sull’argomento, vedi più diffusamente infra, capitolo quinto, paragrafo 2. 204 Vedi articolo 1.1, “Opinioni Guida per gli avvocati nella gestione dei casi di massa”. Sulle ragioni alla base della emanazione di questo documento, e sul suo im- patto sull’attività degli “avvocati per i diritti” (维权律师, weiquan lüshi) – categoria di cui i gongyi lüshi rappresentano la parte più moderata – vedi, in generale, Hu- man Rights Watch, ““A Great Danger for Lawyers”. New Regulatory Curbs on Lawyers Representing Protesters”, vol. 18 n. 15 (c), Dec. 2006, disponibile su http://www.hrw.org/reports/2006/china1206/china1206webwcover.pdf (visto l’ultima volta il 22/05/09). Sull’impatto di questo documento sull’impiego, in generale, delle gongtong susong vedi Donald Clarke, op. cit., p. 250; Michael Palmer e Xi Chao, op. cit., p. 9 e ss. 205 Art. 3.2, e art. 3.3, “Opinioni Guida per gli avvocati nella gestione dei casi di massa”. 206 Vedi art. 1.3, “Opinioni Guida per gli avvocati nella gestione dei casi di massa”. 207 Artt. 2 e 3, “Opinioni Guida per gli avvocati nella gestione dei casi di massa”. 208 Art. 2, “Opinioni Guida per gli avvocati nella gestione dei casi di massa”. 209 Art. 3, “Opinioni Guida per gli avvocati nella gestione dei casi di massa”. Le prime “azioni nel pubblico interesse” 179 mento degli avvocati in questo genere di controversie, e alla luce delle quali risulta chiara la ragione per cui i gongyi lüshi preferiscono (quando possibile) non intentatare azioni di gruppo per svolgere la loro opera in difesa dell’interesse pubblico attraverso azioni indivi- duali. Azioni forse meno efficaci, sul piano dei risultati, ma capaci di garantire agli “avvocati nel pubblico interesse” cinesi una (relativa- mente) maggiore libertà di azione. A questo punto, non rimane che esaminare l’ultimo degli elementi indicati da Gloppen come rilevanti, ai fini della determinazione del successo processuale di una “public interest litigation”: la “ricettività” delle corti rispetto ai diritti sociali, intesa quale propensione dei giu- dici a decidere in favore dei gruppi emarginati, e loro capacità di tro- vare rimedi effettivi. Dal momento che, come abbiamo visto, tale elemento dipende, strettamente, dal livello professionale dei magistrati, e dal contesto giuridico-politico in cui essi si trovano ad operare, è a una (molto sintetica) analisi di questi due aspetti del problema che sarà dedicato il prossimo paragrafo.

3.3. Indipendenza del potere giudiziario e professionalità dei giudici Nel corso della trattazione abbiamo più volte notato come gli au- tori siano concordi nel considerare, quale principale causa dei falli- menti in giudizio delle gongyi susong e, più in generale, delle diffi- coltà nello sviluppo, in Cina, di un sistema completo di public inte- rest litigation, la mancanza di indipendenza delle corti, e lo scarso peso ad esse attribuito all’interno dell’apparato statale della RPC. Anche se, infatti, l’articolo 126 della Costituzione stabilisce che: “I tribunali del popolo esercitano la loro giurisdizione secondo le norme di legge, in modo indipendente e senza interferenze da parte di or- gani amministrativi, organizzazioni sociali o individui”210, i numerosi studi dedicati all’esame del sistema giudiziario della RPC211

210 Costituzione della Repubblica Popolare Cinese, Capitolo 4, Sezione 7, arti- colo 126. 211 Per un’analisi recente riguardo a tale sistema e ai problemi strutturali che ne minano l’indipendenza, con particolare riferimento ai diversi programmi di riforma promossi dalla Corte Suprema del Popolo negli ultimi anni vedi, tra gli altri, in ge- nerale: Randal Peerenboom, “Judicial Indipendence in China: Lessons for Global Rule of Law Promotion”, New York, Cambridge University Press, 2009; Benjamin Liebman, “China’s Court: Restricted Reform”, 21 Colum. J. Asian L. 1, 2007; per studi empirici sul funzionamento delle corti, vedi He Xin, Su Yang, “Do have come 180 Capitolo IV e l’esperienza quotidiana dei gongyi lüshi mostrano come, al contra- rio, tale indipendenza sia ben lungi dall’essere effettiva, e i giudici ci- nesi siano, costantemente, vittime di pressioni di tipo politico ed eco- nomico, quando non protagonisti di episodi di corruzione212, o cat- tiva amministrazione della giustizia213. Senza scendere nel dettaglio notiamo come a limitare l’autonomia dei Tribunali popolari contribuisca, in primo luogo, la struttura sta- tale in cui essi sono inseriti, e l’aderenza di tale struttura ai principi

out ahead in Shanghai Courts?” Paper presentato a conferenza su “China’s Judicial Landscapes, New Empirical Studies”, della China-EU School of Law (CESL), te- nutasi a Beijing, 31 Ottobre - 1 Novembre 2010; Stéphanie Balme: “Ordinary Ju- stice and Constitutionalism in China”, in Stéphanie Balme, Michael W. Dowdle (eds.): “Building Constitutionalism in China”, New York, Palgrave Macmillan, 2009; per una sintetica ed efficace descrizione del sistema giudiziario cinese, in lingua ita- liana, vedi Gabriele Crespi Reghizzi, “Arbitrato, conciliazione e giustizia ordina- ria in Cina”, in Gianmaria Ajani, Antonio Gambaro, Michele Graziadei, Ro- dolfo Sacco, Vincenzo Vigoriti e Michel Waelbroek, “Scritti in onore di Aldo Frignani. Nuovi orizzonti del diritto comparato europeo e transnazionale”, Napoli, Jovene, 2011, p. 203 e ss. 212 Sull’argomento, vedi tra gli altri: Keith Henderson, “The Rule of Law and Judicial Corruption in China: Half-way over the Great Wall”, in “Transparency In- ternational, Global Corruption Report 2007: Corruption and Judicial System”, Cam- bridge, Cambridge University Press, April 2007, p. 151 e ss. 213 È bene, tuttavia, precisare che queste situazioni di “interferenza”– per le ra- gioni che spieghiamo di seguito, nel testo – si riscontrano più facilmente in settori “sensibili”, dal punto di vista politico, mentre il governo cinese – come, del resto, quello di molti altri Paesi in cui vigono regimi autoritari – ha tutto l’interesse a ga- rantire indipendenza e autonomia della magistratura in altri ambiti (ad esempio, quello commerciale). Come nota Randal Peerenboom: “[in China] the courts handle more than 8 million cases a year. Judicial independence is not an issue in many cases, nor is the source, likelihood, or impact of interferences the same across cases”. Vedi Ran- dal Peerenboom, “Introduction”, citato, p. 4. Sull’argomento vedi anche Gerald Clark, “An Introduction to the Legal Profession in China in the Year 2008”, ci- tato, p. 846; Margaret Woo e Wang Yaxin, “Civil Justice in China: An Empiri- cal Study of Courts in Three Provinces”, 53 Am. J. Comp. L. 911, 2005, p. 937 e ss.. Sul ruolo delle corti nei regimi dittatoriali vedi, in generale, Tom Ginsburg, Ta- mir Moustafa (eds), “Rule by Law: The Politics of Courts in Authoritarian Regi- mes”, New York, Cambridge University Press, 2008. Un altro settore in cui si è re- gistrata una certa indipendenza, e il tentativo di sviluppare una “giurisprudenza dei diritti”, da parte delle corti, è quello delle controversie relative al diritto all’educa- zione. Sull’argomento vedi, in generale, Tom E. Kellogg, «Courageous Explorers»? Education Litigation and Judicial Innovation in China», 20 Harv. Hum. Rts. J. 141, 2007. Si tratta di sperimentazioni oggi quasi interrotte, in particolare a causa della decisione della Corte Suprema di invalidare, nel dicembre 2008, l’interpretazione da essa stessa resa sul più noto caso di diritto all’educazione, quello di Qi Yuling. Sul- l’argomento vedi, ancora di Tom Kellogg: «The Death of Constitutional Litigation in China?”, China Brief, Vo. 9, Issue 7, April 2, 2009. Le prime “azioni nel pubblico interesse” 181 costituzionali tipici della forma di Stato socialista: unità statale, cen- tralismo democratico214 e doppia dipendenza215. Appunto al principio della doppia dipendenza, in particolare nella sua accezione “orizzontale”, gli autori imputano, in massima parte, la responsabilità della mancanza di separazione tra i poteri della Re- pubblica Popolare. È, infatti, sulla base di esso che la nomina e la destituzione dei giudici dei tribunali di ogni grado è stata attribuita, dalla stessa Costituzione, all’ Assemblea popolare avente la medesima competenza territoriale216, mentre l’approvazione dei bilanci e la ge- stione economica delle corti è affidata ai governi locali e, ancora, l’As- semblea popolare può disporre ispezioni periodiche sull’attività giu- diziaria, da parte di commissioni ad hoc, da essa stessa costituite217. Si tratta di aspetti che – come si può intuire – contribuiscono a rendere i giudici cinesi più propensi di quelli di altri Paesi a far pro- prie le posizioni, e gli obiettivi, perseguiti dal potere esecutivo, in particolare a livello locale: tra questi, spiccano la necessità di mante- nere la stabilità sociale (社会稳定, shehui wending)218 e quella di dare sostegno alle imprese presenti sul territorio. Non stupisce, pertanto, che tali magistrati siano poco disposti ad accogliere le istanze presentate dagli avvocati nel pubblico interesse; istanze spesso dirette a porre termine, o chiedere risarcimento, per atti illeciti compiuti proprio dai governi locali, o da imprese ad essi afferenti, e che comunque, sempre, per i temi trattati, rappresentano una potenziale minaccia alla “armonia della società”. L’istituzionalizzazione della possibilità, per la politica (o meglio, per il PCC219) di influenzare l’operato delle corti non si limita, tut-

214 Sulla nozione vedi Gabriele Crespi Reghizzi, “Centralismo democratico”, in “Digesto delle discipline privatistiche”, Sez. civile, II, Torino, 1988. 215 G. Ajani, A. Serafino e M. Timoteo, op. cit., p. 451. 216 Vedi artt. 62, 63, 67, 101, 104, 128 Costituzione della Repubblica Popolare Cinese. 217 G. Ajani, A. Serafino e M. Timoteo, ibid.; 张艳蕊, “事公益诉讼与事诉 讼机能的扩张”, 河北法学, 第25 卷, 第5 期, 2007 年5月, Zhang Yanrui, “Minshi gongyi susong yu minshi susong jineng de kuozhang” (Azioni nel pubblico inte- resse e l’ampliamento funzionale dell’azione civile), Hebei Faxue, vol. 25, n. 5, mag- gio 2007, p. 116. Sul problema della doppia dipendenza, vedi in generale: 顾培东. 国司法改革的宏观思考, 法学研究, 2000 年, 第3 期 Gu Peidong, “Zhonguo sifa gaige de hongguan sikao” (Analisi ad ampio spettro della riforma giudiaria cinese”, Faxue yanjiu, n. 3, 2000. 218 Sull’argomento, vedi 张艳蕊, Zhang Yanrui, ibid. Sul ruolo svolto dalla corti a favore del mantenimento dell’ordine sociale, vedi Yang Su e Xin He, “Streets as Courtroom: State Accomodation of Labor Protests in South China”, disponibile su http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=1447131 (visto l’ultima volta il 24/11/2010), p. 17. 219 Sull’argomento, vedi Wei Ding, “The Reform of Grass Roots Tribunals and 182 Capitolo IV tavia, a questo. I giudici cinesi sono, infatti, sottoposti – oltre che al controllo orizzontale, cui abbiamo fatto cenno, e a quello verticale, ad opera delle corti superiori220 – anche alla supervisione da parte di un organo interno: la commissione giudiziaria (审判委员会, shenpan weiyuan hui)221. Tale commissione – di cui fanno tradizionalmente parte giudici provenienti dal Partito – può discrezionalmente avocare a sé le cause pendenti maggiormente controverse222, mentre al suo Presidente (审判长, shenpanzhang) spetta il compito di approvare le decisioni relative ai casi più importanti (重大, zhongda) e complessi (疑难, yinan)223. Casi importanti e complessi come, di norma, sono quelli presen- tati dagli “avvocati nel pubblico interesse”, per definizione relativi a rilevanti interessi delle masse; casi importanti e complessi dei quali, comunque, molti giudici cinesi non sarebbero, probabilmente, in grado di occuparsi. A impedire alle corti di svolgere un ruolo incisivo nella soluzione dei conflitti sociali, non è, infatti, solo la scarsa autonomia, o la ca- the Application of the Law in Rural China”, China Perspective, n. 61, 2005, di cui è disponibile copia elettronica all’indirizzo: http://chinaperspectives.revues.org/527, p. 11 e ss. 220 Tale potere si esplica in particolare in un “sistema di responsabilità per er- rori” (错案追究制, cuo’an zhuijiu zhi), in base al quale vengono puniti (con multe, o perdita di “benefit”) i giudici che abbiano emesso sentenze modificate in appello. Per questo, ad esempio, accade di frequente che il giudice di una corte, prima di emettere una sentenza, chieda il parere della corte superiore: si tratta della pratica detta “qingshi” (请示 chiedere pareri) o “shenpan huibao” (审判汇报 fare rapporto durante il giudizio), una pratica non prevista da alcuna norma giuridica, e che, tra l’altro, priva sostanzialmente le parti del diritto al doppio grado di giudizio. Sul- l’argomento, vedi più in dettaglio Donald Clarke, “Empirical Research Into the Chinese Judicial System”, in E. Jensen e T. Heller (eds), “Rule of Law: Legal and Judicial Reform in Developing and Transition Countries” , Stanford, Stanford Uni- versity Press, 2003, p. 178. Tale pratica viene comunque riconosciuta dalla Corte Su- prema; vedi punto 12 del Secondo Programma quinquennale di riforma dei Tribu- nali del Popolo della Corte Suprema del Popolo (2004-2008) 法院第二个五 年改革纲要 (2004 2008) Renminfayuan dierge wunian gaige gangyao, su http://www.law-lib.com/law/law_view.asp?id=120832. In rete è disponibile una una parziale traduzione in inglese del programma, a cura del CECC (Congressional Exe- cutive Commission on China), su http://www.cecc.gov/pages/virtualAcad/index. phpd?showsingle=38564. 221 Legge Organica dei Tribunali del Popolo (共和国法院组织法, Zhonghua renmin gongheguo renmin fayuan zuzhi fa), art. 11. 222 Ibid., comma 1. 223 Gianmaria Ajani, Andrea Serafino e Marina Timoteo, op. cit., p. 451. Per maggiori dettagli sul ruolo e il funzionamento di questo organo, vedi Frank Upham, «Who Will Find the Defendand If He Stays With His Sheep? Justice in Rural China», 114 Yale L. J. 1675, 2005, p. 1682 e ss. Le prime “azioni nel pubblico interesse” 183 renza di strumenti e risorse adeguate. Nella maggior parte dei casi, a far difetto è la stessa conoscenza del diritto da parte dei magistrati che compongono i tribunali, ancora oggi, com’è noto, molto spesso privi di una formazione giuridica specifica224. Come nota Huang Jinrong: “nell’assicurare l’unità del diritto in Cina […] così come nel garantire la protezione dei diritti dei cittadini, sulle corti non si può contare […]. Ciò, tuttavia, per ragioni differenti rispetto a quelle che spin- gono, ad esempio, il Comitato Permanente dell’Assemblea Nazionale Popolare a non esercitare i suoi poteri di revisione delle leggi. A man- care alle corti cinesi, sono, infatti – molto più semplicemente – le ca- pacità”225.

A tale proposito, notiamo che, proprio per porre rimedio alla man- canza di esperienza (e di competenza) delle corti in settori “nuovi” – quale, ad esempio, quello del risarcimento di danni in caso di di- scriminazione – i gongyi lüshi hanno iniziato, negli ultimi anni, a uti- lizzare in modo creativo le (poche) vittorie conseguite in precedenti giudizi226. Nonostante, infatti, in Cina, come in ogni altro Paese di Civil Law, i precedenti non abbiano, in linea di principio, alcun valore vin- colante227, “rammentarli” al giudice può far sì che egli divenga più

224 Solo a partire dal 2001, infatti, la laurea in giurisprudenza è divenuta uno dei requisiti fondamentali per accedere alla magistratura. Sull’argomento, vedi, più in det- taglio Ajani, Serafino e Timoteo, op. cit., p. 450; Donald Clarke, ultima opera ci- tata, p. 172 e ss.; Fu Hualing, “Putting China’s Judiciary into Perspective: Is It In- dipendent, Competent and Fair?”, in E. Jensen e T. Heller (eds), “Rule of Law: Legal and Judicial Reform in Developing and Transition Countries”, Stanford, Stanford University Press, 2003), p. 208 e ss. 225 Vedi Huang Jinrong, op. cit., paragrafo II. Si tratta di concetti che l’avvo- cato Huang, e i suoi colleghi hanno ribadito più volte durante le interviste; vedi in- fra, capitolo quinto, paragrafo 3.1. e ss. 226 È questo quanto affermato da Fu Hualing e Richard Cullen in Fu Hua- ling e Richard Cullen, op. cit., p. 14. 227 In realtà, nell’ultimo decennio si è assistito, in Cina, a un vasto dibattito sul valore da attribuire ai precedenti, e a sperimentazioni, a livello locale, di sistemi che sono stati definiti, dagli osservatori anglo-americani, “stare-decisis with Chinese cha- racteristics”. Si è trattato, in particolare, di pubblicazioni di casi-modello – come quelli selezionati dalla corte distrettuale di Zhongyuan – (Zhengzhou), nel 2002 – che dovevano fungere da riferimento per la decisione di casi simili, e limitare, in questo modo, la discrezionalità dei singoli giudici. Chris X. Lin, “A Quiet Revo- lution: An Overview of China’s Judicial Reform”, 4 Asian Pacific Law & Policy Journal 255, June 2003, p. 299 e ss. Tale sperimentazione deve aver avuto successo, se alla fine del 2010 la stessa Corte Suprema del Popolo ha annunciato l’imminente pubblicazione di casi-guida. Sull’argomento, vedi infra, nel testo, e note relative. 184 Capitolo IV disponibile ad accettare una causa simile a quelle sulle quali, in pas- sato, si sono pronunciati i suoi colleghi, persuadendolo – magari – ad emulare la decisione, in favore dell’attore, presa da questi ultimi. Del resto, è per “orientare” le corti nei casi complessi che, con ben altra rilevanza, la Corte Suprema del Popolo ha, nel novembre del 2010, emanato il “Regolamento sul lavoro dei casi–guida” (最高法院关于案例指导工作的规定, Zui gao renmin fayuan guanyu anlie zhidao gongzuo de guiding)228, l’articolo 7 del quale pre- vede che: “I Tribunali del Popolo di tutti i livelli, ogni qual volta si trovino a giudicare casi simili, devono far riferimento (参照, canjiao) ai casi- guida pubblicati dalla Corte Suprema del Popolo”229.

È troppo presto, ovviamente, per valutare l’impatto di questo nuovo meccanismo sul sistema giuridico cinese230; ricordiamo, co- munque, che esso non fa che aggiungersi all’insieme degli strumenti231 fino ad oggi utilizzati, dalla Corte Suprema, per rendere uniforme l’interpretazione del diritto su tutto il territorio nazionale, e istruire i tribunali sul “corretto” modo di gestire determinati casi232. Per chiudere questa parte dedicata alle corti, notiamo ancora ra- pidamente che, sempre all’interno del proprio ruolo di: “supervisione sul lavoro dei tribunali speciali, e di quelli locali di ogni grado”233, la Corte Suprema del Popolo ha varato, a partire dal 1999, tre “Piani

228 “Regolamento sul lavoro dei casi-guida” (最高法院关于案例指导工 作的规定, Zui gao renmin fayuan guanyu anli zhidao gongzuo de guiding), ema- nato dalla Corte Suprema del Popolo il 26 novembre 2010. 229 Vedi articolo 7, “Regolamento sul lavoro dei casi-guida”. Si noti che l’arti- colo 1 dello stesso Regolamento prevede che tali casi debbano essere selezionati e pubblicati a cura della CSP. 230 Sull’argomento, vedi, in generale: Marina Timoteo, “La difesa di marchi e brevetti in Cina. Percorsi normativi in un sistema in transizione”, Torino, Giappi- chelli, 2010, p. 109 e ss. 231 Ricordiamo: interpretazioni (解释 jieshi), regolamenti (规定 guiding), repliche (批复, pifu) e decisioni (决定, jueding). Sull’argomento, vedi Ajani, Serafino e Ti- moteo, op. cit., p. 448 e ss. Per un’analisi delle differenze tra questi documenti, vedi Wang Chenguang, «Law-making functions of the Chinese Courts: Judicial Acti- vism in a Country of Rapid Social Changes», Front. Law China (2006) 3, p. 15 e ss. 232 Ibid. 233 Vedi art. 30, comma 2, Legge Organica dei Tribunali del Popolo (共和国法院组织法, Zhonghua renmin gongheguo renmin fayuan zuzhi fa), mia la traduzione dal cinese. Le prime “azioni nel pubblico interesse” 185 quinquennali per la riforma dei Tribunali del popolo” (法院五年 改革纲要, Renmin fayuan wunian gaige gangyao)234. Si tratta, com’è noto, di documenti tecnici, che stabiliscono le tappe in cui, secondo la Corte, deve essere scandito il processo di raffor- zamento del sistema giudiziario nella RPC; vi abbiamo fatto tuttavia, cenno, perché essi rappresentano una ulteriore dimostrazione del cam- biamento di atteggiamento della leadership cinese nei confronti del diritto, a cui si è assistito a partire dal 2006235. Mentre, infatti, nel corso di questi tre lustri, gli obiettivi della riforma sono rimasti pressoché identici (e in particolare: professiona- lizzazione dei giudici, regolarità delle procedure adottate dalle corti, indipendenza dei magistrati da interferenze illecite), negli ultimi anni si è registrato un cambiamento radicale rispetto ai principi sulla base dei quali tale riforma dovrebbe essere edificata e, in particolar modo, riguardo al peso attribuito alla legge nell’attività quotidiana dei ma- gistrati. Se già il Piano Quinquennale 2004-2009 risultava più modesto ri- spetto a quello precedente, perché espresso in termini più vaghi, e destinato a non mutare, se non marginalmente, i rapporti di potere e l’influenza delle autorità (locali e centrali) sulle corti236, il Piano Quinquennale attualmente in vigore (2009-2014), come notava Jeremy Cohen a poche settimane dalla sua emanazione: “provides further confirmation of the Communist Party’s renewal of the “mass line” in political-legal affairs after a decade of judicial emphasis on professionalism”237.

Si tratta di una “conferma” che non stupisce, e appare perfetta-

234 Si tratta dei Piani quinquennali per i periodi: 1999-2004; 2004-2009; 2009- 2014. 235 Vedi supra, capitolo secondo, nota 175. 236 Benjamin Liebman, “China’s Court Restricted Reform”, citata, p. 11 e ss. Per una (breve) analisi riguardo al contenuto di tale Piano, vedi Randal Peerenboom, “Introduction”, citata, p. 21. Si noti che il report sulla riforma del sistema giudizia- rio cinese, presentato dal prof. Xu Xin, il 21 gennaio 2010, non si discosta da quanto osservato nel testo: al di là di qualche miglioramento, per quanto riguarda metodi e procedure, non si registrano riforme particolari, mentre viene confermata la tendenza a portare avanti riforme di stampo più conservatore e politico, rispetto al passato. Vedi 徐昕 黄艳好 卢荣荣, “国司法改革年度报告(2010)”, Xu Xin, Huang Yanhao, Lu Rongrong, “Zhongguo sifa gaige niandu baogao (2010)” (Report an- nuale sulla riforma del sistema giudiziario - 2010) consultabile su Caijing, all’indi- rizzo: http://www.caijing.com.cn/2011-01-21/110625361.html (visto l’ultima volta il 22/01/2011). 237 Jerome A. Cohen, “The Court of Mass Appeal”, South China Morning Post, April 4, 2009. 186 Capitolo IV mente in linea con la nomina, al vertice della Corte Suprema del Po- polo, di Wang Shengjun, nel marzo del 2008. Proprio al nuovo presidente della CSP, del resto – non a caso, a differenza del suo predecessore, Xiao Yang, dotato di una forma- zione, e proveniente da un percorso, più adatti a un quadro di par- tito, che a un giurista238 – si deve il lancio della campagna per la pro- mozione dei “Tre Supremi” (三个至上, Sangezhishang) all’interno dei Tribunali cinesi239; quegli stessi “Tre Supremi” – ricordiamo: sostegno alla causa del Partito, interesse del popolo, e (solo al terzo posto) Costituzione e leggi – ai quali, dalla primavera del 2009, anche gli avvocati della Repubblica Popolare sono chiamati ad ispirarsi, nello svolgimento delle loro attività240. Ma se, alla luce della situazione sopra descritta, è comprensibile che Huang Jinrong, interpretando il pensiero di tutti gli “avvocati nel pubblico interesse” cinesi, affermi che: “sulle corti non si può contare”; meno scontata appare, invece, la ragione per la quale gli avvocati per il pubblico interesse della RPC continuino ad insistere su questa strada, e a rivendicare i diritti sociali attraverso il canale giudiziario, pur nella consapevolezza che, nella migliore delle ipotesi, le azioni da essi intentate non arriveranno neppure ad essere iscritte al ruolo del tribunale241.

238 Sulle ragioni alla base di tale avvicendamento, vedi più in dettaglio Randal Peerenboom, “Introduction”, citata, p. 18 e ss. 239 Sull’argomento, vedi supra, capitolo secondo, nota 202. Sul cambiamento di orientamento della Corte Suprema avvenuto negli ultimi anni, vedi anche Tom E. Kellogg, “The Death of Constitutional Litigation in China?”, China Brief, Vo. 9, Issue 7, April 2, 2009. 240 Ciò, com’è noto, in seguito al lancio della campagna “operatori del diritto socialista tra gli avvocati”, ad opera del Ministero della Giustizia Cinese, il 24 aprile 2009. Vedi 共和国司法部: “关于在律师队伍开展“国特色社会主义法 律工作者”活动的意见”, Zhonghua renmin gonghe guo sifa bu: “Guanyu zai lüshi duiwu zhong kaizhang “Zhonguo tese shehui zhuyi gongzuozhe” huodong de yi jian” (Opinone sulla promozione all”interno dell’esercito degli avvocati cinesi della campagna” sui lavoratori del diritto socialista con caratteristiche cinesi»), 24 aprile 2009, disponibile sul sito del Ministero della Giustizia all’indirizzo http://www.moj. gov.cn/2008zwgg/2009-04/24/content_1082558.htm. Tale campagna, che doveva ter- minare l’anno successivo, è stata poi estesa a tutto il 2010. Sull’argomento, vedi Carl Minzner, ““Socialist Legal Workers” Campaign”, pubblicato sul blog dello stesso professore e disponibile all’indirizzo: http://sinolaw.typepad.com/chinese_law_and_po- litics_/2010/02/socialist-legal-workers-campaign.html (visto l’ultima volta il 24 gen- naio 2011). 241 È questo, del resto, ciò che si chiedono molti commentatori, che mettono in Le prime “azioni nel pubblico interesse” 187

Che cosa sperano di ottenere i gongyi lüshi, impegnandosi in cause che sanno essere perse in partenza? La risposta a queste domande non è univoca, ma varia (talvolta sensibilmente) secondo il significato attribuito dal singolo “avvocato nel pubblico interesse” al proprio ruolo, alla nozione di “avvocatura per i diritti” e, in definitiva, al concetto stesso di pubblico interesse. Nel prossimo capitolo vedremo quali siano tali interpretazioni, in che cosa si differenzino, e in che modo esse possano convivere, al- l’interno del medesimo movimento; lo faremo, attraverso le esperienze dirette di quattro “avvocati nel pubblico interesse” di Pechino.

evidenza come anche in caso di vittoria, l’impatto sul sistema di un caso non possa che essere limitato. Sull’argomento, vedi più in dettaglio Fu Hualing, “Climbing the Weiquan Ladder: A radicalizing Process for Weiquan Lawyers”, SSRN Working paper series, Sept. 2009, disponibile su http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?ab- stract_id=1487367 (visto l’ultima volta il 27/10/09), p. 19.

Capitolo V Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina: quattro gongyi lüshi a confronto

Sommario: 1. La professionalizzazione delle gongyi susong. – 2. La professione legale in Cina. – 3. La tutela del pubblico interesse in Cina: quattro gongyi lü- shi a confronto. - 3.1. “Ottenere il bene comune attraverso la protezione degli interessi individuali”: lo Studio legale Dongfang per il pubblico interesse e il le- gal aid di Pechino. - 3.2. L’Ufficio di legal aid di Pechino per lavoratori mi- granti. - 3.3. Il Centro per il fondo di diritto e pubblico interesse. - 3.4. Lo Stu- dio legale Yipai di Pechino.

1. La professionalizzazione delle gongyi susong Come abbiamo notato non esiste accordo, in dottrina, sulla pre- cisa definizione di gongyi susong, nè su quali siano gli elementi ne- cessari a identificare una “azione nel pubblico interesse”1. Si tratta di un dato che non stupisce: “interesse pubblico”(公益 gongyi), è, infatti, una nozione vaga, in cinese come in ogni altra lin- gua, ed è proprio l’ambiguità caratteristica di queste azioni, il loro essere a cavallo tra il diritto pubblico e il diritto privato, tra la poli- tica e il diritto, a renderne difficile la tipizzazione. Questo implica anche divergenze di opinioni, tra gli studiosi, ri- guardo a quale sia stata la capostipite delle azioni nel pubblico inte- resse cinesi. Nel capitolo precedente abbiamo illustrato come la quasi totalità degli autori faccia risalire la nascita delle gongyi susong alla seconda metà degli anni ’90 e, precisamente, alla “causa da 1,20 yuan” inten- tata da Qiu Jiandong nel 19962; qui riportiamo, invece, la posizione di Titi Liu, la quale, al contrario, ritiene che non si possa parlare di “azioni nel pubblico interesse” in Cina fino al 20013, anno in cui l’av-

1 Sull’argomento, vedi supra, capitolo secondo, paragrafo 2. 2 Vedi infra, capitolo quarto, paragrafo 2.1. 3 Vedi Titi Liu, op. cit. p. 284, dove l’autrice sostiene come questa sia la posi- zione condivisa dalla maggior parte degli esperti cinesi, senza però citare alcuna fonte. 190 Capitolo V vocato Qiao Zhanxiang cita il Ministero delle Ferrovie cinese, colpe- vole di aver aumentato il prezzo dei biglietti ferroviari senza tenere pubbliche consultazioni, come previsto dall’articolo 23 della Legge sul Prezzo della RPC (共和国价格法, Zhonggua renmin gongheguo jiage fa4). I fatti, in breve, si erano svolti come segue5. Il 21 dicembre 2000 il Ministero delle Ferrovie aveva emanato una circolare, attraverso la quale informava gli uffici ferroviari preposti che, nel periodo compreso tra i dieci giorni precedenti, e i ventitré giorni successivi alla data del Capodanno Cinese 2001 – periodo in cui, com’è noto, la domanda di trasporto in Cina cresce in modo vertiginoso, per l’abitudine di trascorrere la Festa di Primavera (春节, Chun jie) in famiglia – le tariffe ferroviarie avrebbero subito un au- mento del 20-30 per cento6. Proprio a causa di questo temporaneo aumento l’avvocato Qiao si era trovato a versare un sovrapprezzo di nove yuan sul totale della cifra pagata per due biglietti, acquistati il 17 e il 22 gennaio di quel- l’anno. Ritenendo, dunque, che la circolare emanata dal Ministero violasse i suoi interessi legittimi (così come quelli di tutti i cittadini cinesi), egli aveva richiesto a tale organo, attraverso il canale ammi- nistrativo, la revisione della circolare7. Il 19 marzo 2001 la richiesta di revisione era stata respinta; Qiao aveva, allora, citato il Ministero davanti alla Prima Corte Intermedia di Pechino, chiedendo al tribunale di ordinare l’annullamento della circolare, da lui ritenuta illegittima8. La corte di primo grado stabilì che la procedura seguita dal Mi- nistero era legittima, giudicando, pertanto, infondate le pretese del- l’attore. La sentenza fu in seguito confermata in appello9. Si tratta di una lite che – come si evince da quanto sopra sinteti- camente riportato – non si differenzia, nei suoi aspetti sostanziali, da

Sulla base di quanto finora emerso dalle mie ricerche, posso affermare che tale opi- nione non trova alcun riscontro in dottrina; essa tuttavia, risulta interessante, perché mette in luce il ruolo centrale rivestito dagli avvocati nello sviluppo delle azioni nel pubblico interesse in Cina. Sull’argomento, vedi infra, nel testo. 4 共和国价格法 Zhonggua renmin gongheguo jiage fa, approvata dal Comitato Permanente dell’Assemblea Nazionale Popolare il 29 dicembre 1997, ed entrata in vigore il 1° maggio 1998. 5 Per maggiori dettagli su questo caso, vedi Wen Xueguo, “Market Dominance by China’s Public Utility Enterprises, 5 Antitrust L. J. 151, n. 15 (2008), p. 157; Titi Liu, op. cit., p. 184. 6 Wen Xueguo, ibid. 7 Ibid. 8 Ibid, p. 157-158. 9 Titi Liu, op. cit., p. 184. Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 191 quella promossa da Qiu Jiandong nel 1996, ma non solo: per l’esi- guità del danno lamentato, la generalità degli interessi coinvolti, le ca- ratteristiche del convenuto, le finalità dell’azione e – non da ultimo – l’esito10, essa risulta, in definitiva, assimilabile alla maggior parte delle cause “nel pubblico interesse” da noi finora esaminate11. Che cosa rende, dunque, “Qiao Zhangxiang vs. Ministero delle Ferrovie” speciale al punto da essere considerata dalla Liu come la prima vera gongyi susong? È presto detto: il coinvolgimento – pianificato, e non casuale – di un avvocato in veste di attore. A differenza di quanto accaduto fino ad allora, infatti, la scelta da parte di Qiao di agire in giudizio per la difesa dell’’interesse pubblico non dipendeva da eventi fortuiti, ma era frutto di attente considera- zioni e approfondite ricerche giuridiche, e costituiva il prodotto di una strategia studiata a tavolino; una strategia mirante, in primo luogo, a mettere in luce l’esigenza di rendere “trasparenti” le decisioni am- ministrative, e che per essere elaborata – e risultare efficace – neces- sitava di tempo, risorse e determinazione, oltre che di una vasta co- noscenza del diritto. Gli ultimi aspetti citati rappresentano alcuni degli elementi che, a partire dal famoso articolo pubblicato da Marc Galanter nel 197412, gli autori considerano cruciali, al fine di permettere il conseguimento di obiettivi di “giustizia sociale” tramite la via giudiziaria13. Si tratta

10 Com’è noto, infatti, Qiao perse in giudizio, ma – anche grazie al grande ri- lievo dato al caso dai media – vinse, in sostanza, la sua causa: a partire dal Capo- danno Cinese seguente, l’aumento delle tariffe ferroviarie da parte del Ministero fu operato esclusivamente in conformità alla procedura prevista dalla Legge sul con- trollo dei prezzi. Vedi Titi Liu, op. cit., p. 284. 11 Vedi, in generale, supra, capitolo quarto, paragrafo 2.1. 12 Marc Galanter, “Why the Haves Come Out Ahead: Speculations on the Limits of Legal Change”, 9 Law and Society Review 95, 1974, di cui è disponibile copia elettronica all’indirizzo: http://marcgalanter.net/Documents/papers/WhytheHa- vesComeOutAhead.pdf (visto l’ultima volta il 5/02/2011). La numerazione delle pa- gine indicate nelle note seguenti si riferisce al documento elettronico. 13 Com’è noto, infatti, numerosi autori hanno utilizzato lo schema indicato da Galanter per analizzare i fattori sociologici cruciali nel determinare la vittoria o la sconfitta in corte; secondo Brian Glenn, tra il 1974 e il 2003 gli articoli pubblicati sull’argomento sulle più prestigiose riviste di settore americano avevano raggiunto quota 184. Sull’argomento, vedi in generale Brian Glenn, “The Varied and Abun- dant Progeny”, in Herbert M. Kritzel and Susan Silbey (eds), “In Litigation: Do the Haves Still Come Out Ahead?”, Stanford, Stanford University Press, 2003. Lo schema di Galanter è poi stato frequentemente applicato allo studio di sistemi giu- ridici diversi da quello americano. Sull’argomento, vedi ad esempio: Burton M. Atkins, “Party Capability Theory as an Explanation of Intervention Behavior in the English Court of Appeal.”, 35 American Journal of Political Science 881, 1991; Pe- 192 Capitolo V elementi di cui raramente i comuni cittadini ( i cosiddetti “one shot- ters”, gli “have-nots”14) hanno disponibilità, ma che sono posseduti, invece, in buona misura, da quelli che lo stesso Galanter definisce “repeat players”15: poteri forti (grandi società, imprese statali, enti go- vernativi ), procure e – appunto – avvocati16. In effetti, anche se la maggioranza degli studiosi non arriva a ri- conoscere, con la Liu, la qualifica di gongyi susong solo alle cause “nel pubblico interesse” intentate dopo l’inizio del sistematico coin- volgimento in questo settore degli avvocati, è stato proprio in seguito a questo coinvolgimento che tali azioni hanno conosciuto una cre- scita esponenziale, e che la nozione di “public interest litigation” è divenuta un concetto famigliare, tanto all’interno della comunità giu- ridica quanto tra la popolazione cinese. Come notano Fu Hualing e Richard Cullen: “The concept of PIL was foreign to China before lawyers took no- tice of the social activism […] and started to practice PIL”17.

ter McCormick, “Party Capability Theory and Appellate Success in the Supreme Court of Canada, 1949-1992”, 26 Canadian Journal of Political Science 523, 1993; Yoev Dotan, “Resource Inequalities in Ideological Courts: The Case of the Israeli High Courts of Justice”, in H. Kritzer and S. Silbey (eds), op. cit., 2003; Stacia L. Haynie, “Resource Inequalities and Litigation Outcomes in the Philippine Su- preme Court”, 56 Journal of Politics: 752, 1994; Kathryn Hendley, Peter Mur- rell, and Randi Ryterman, “Do Repeat Players Behave Differently in Russia?” in H. Kritzer and S. Silbey (eds), op. cit., 2003. È interessante notare come, recente- mente, tale schema sia stato applicato anche all’analisi del funzionamento del sistema giudiziario cinese. Sull’argomento, vedi il paper presentato da He Xin e Yang Su alla Conferenza su “China’s Judicial Landscapes, New Empirical Studies”, tenutasi a Pe- chino, prsso la China-EU School of Law (CESL), dal 31 ottobre al 1 novembre 2010, e intitolato: “Do The “Haves” Come Out Ahead in Shanghai Courts” (non pubblicato). 14 Si tratta, secondo la nota definizione di Marc Galanter, dei “claimants who have only occasional recourse to the courts”: tra questi, l’autore cita “the spouse in a divorce case, the autoinjury claimant, the criminal accused”. Ad essi si oppongono i “repeat players”, cioè i soggetti che hanno frequenti occasioni di essere coinvolti nello stesso tipo di controversie. Sull’argomento, vedi Marc Galanter, op. cit., p. 3 e ss., e infra, nel testo. 15 Vedi nota precedente. 16 Per una riflessione, da parte di autori cinesi (nello specifico: un avvocato, e un procuratore) su come gli avvocati, proprio per caratteristiche del loro status, pos- sano superare meglio dei comuni cittadini i problemi tipici delle pil, che riprende, senza citare Galanter, gli argomenti usati da questo autore, vedi 朱有彬曾国栋, Zhu Youbin e Ceng Guodong, op. cit., p. 150 e ss. 17 Fu Hualing e Richard Cullen, “The Development of Public Interest Li- tigation in China”, citato, p. 14. Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 193

A partire dai primi anni del XXI secolo si assiste, dunque, a quella che è stata definita la “professionalizzazione” delle azioni nel pub- blico interesse18. Avvocati, per lo più, ma anche professori di diritto, o semplici studenti di giurisprudenza si sostituiscono, progressiva- mente, agli attivisti, trasformandosi nei “portavoce” del pubblico in- teresse19 per cercare – sul modello dei loro colleghi statunitensi – di promuovere il cambiamento sociale attraverso i processi giudiziari, senza uscire da ciò che è giuridicamente ammissibile – e politicamente accettabile – nel contesto autoritario cinese. Gli ambiti di azione restano, con poche variazioni, gli stessi del passato: diritto dei consumatori, ambiente, lotta contro la discrimi- nazione, et cetera20. A cambiare decisamente è, invece, l’approccio; un approccio che – a mano a mano che i professionisti del diritto assu- mono la guida del “movimento per la legalità” (法律运动, falü yun- dong) – diviene sempre più raffinato, e sempre più basato sul diritto e sulle corti21, mentre le “azioni nel pubblico interesse” acquistano legittimità, grazie allo status di “esperti giuridici” proprio della cate- goria a cui appartengono i nuovi attori coinvolti22. Alla professionalizzazione delle gongyi susong segue, rapidamente,

18 L’espressione è di Fu Hualing e Richard Cullen, forse gli autori che, negli ul- timi anni, hanno dedicato maggiore impegno allo studio dell’avvocatura per i diritti cinese. Vedi Fu Hualing e Richard Cullen, “The Development of Public Inte- rest Litigation in China”, citato, p. 14. 19 Ibid. 20 Ibid. 21 Fu Hualing e Richard Cullen, “Climbing the Weiquan Ladder: A radica- lizing Process for Weiquan Lawyers», SSRN Working paper series, Sept. 2009, di- sponibile su http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=1487367 (visto l’ultima volta il 27/10/09), p. 19; sull’argomento vedi anche quanto affermato dagli stessi au- tori in «Weiquan (Rights Protection) Lawyering in an Authoritarian State», SSRN Working paper series, January 2008, disponibile su http://papers.ssrn.com/sol3/pa- pers.cfm?abstract_id=1083925 (visto l’ultima volta il 22/05/09), p. 2. Gli autori evi- denziano come il ruolo centrale attribuito alle corti dopo il coinvolgimento degli av- vocati – soprattutto di quelli appartenenti all’ala più “moderata” del “movimento per i diritti – sia stato oggetto di numerose critiche, che pongono l’accento sulla scarsa efficacia di tale tecnica, se applicata al contesto cinese, e sulla scarsa lungimi- ranza dei soggetti che continuano ad utilizzarla. Emblematico, da questo punto di vista, sarebbe l’esempio costituto da Zhang Sizhi, “avvocato per i diritti umani” ante- litteram, il quale, pur non vincendo un caso dal 1979, persevera (a più di 80 anni di età) nel tentativo di proteggere i diritti attraverso le cause. Sull’argomento, vedi più in dettaglio Liu Lu: “A Crown Made by Thorns – Reflection Related to Hu- man Rights Lawyers”, in Daijiyuan, 18 agosto 2005, disponibile all’indirizzo: http://epo- chtimes.com.au/b5/5/8/18/n1022266.htm, citato da Fu Hualing, Richard Cullen, “Clim- bing the Weiquan Ladder: A radicalizing Process for Weiquan Lawyers», citato, ibid. 22 Fu Hualing e Richard Cullen, “The Development of Public Interest Li- tigation in China”, citato, p. 14. 194 Capitolo V la loro “istituzionalizzazione”23: nel giro di pochi anni, alcuni “av- vocati per i diritti” (维权律师, weiquan lüshi) raggiungono la fama e il capitale socio-economico necessari a fondare un proprio studio le- gale24, altri creano organizzazioni non governative incentrate sulla di- fesa dei diritti (di determinate categorie di persone, o del pubblico in generale)25, e altri ancora si riuniscono, per dare origine a centri di legal aid all’interno di Università, o di istituti di ricerca26. In effetti, lavorare all’interno di una istituzione presenta, per i gongyi lüshi, numerosi vantaggi. Questa condizione, infatti, permette loro di godere del supporto degli altri membri dello staff di cui fanno parte, di formare alleanze con enti simili, di portare avanti progetti con organizzazioni nazionali e (in qualche caso) internazionali27, ren- dendo, allo stesso tempo, più agevole il reperimento dei fondi ne- cessari a sostenere le attività in cui sono coinvolti. Inoltre, essa for- nisce, entro certi limiti, protezione ai singoli avvocati, consentendo loro di agire “per conto” di un istituto, e quindi con maggiore li- bertà (e minor rischio di conseguenze) di quanta non ne avrebbero se si trovassero a prestare la loro opera a titolo individuale28.

23 Si tratta, ancora una volta, di una espressione coniata da Fu Hualing e Ri- chard Cullen. Vedi Fu Hualing e Richard Cullen, “The Development of Public Interest Litigation in China”, citato, p. 15. 24 Tra questi, Fu Hualing e Richard Cullen ricordano: Pu Zhiqiang, Mo Shaoping, Li Fangping e Zhou Litai. Vedi Fu Hualing e Richard Cullen, ultima opera citata, p. 9. In particolare, sugli avvocati Zhou Litai e Pu Zhiqiang, vedi in- fra, in questo capitolo, note 859 e 861. 25 Come la Yirenping, o la Gongmeng. Per maggiori dettagli sull’attività svolta dalla Yirenping, vedi Fu Hualing e Richard Cullen, op. cit., p. 16, e il sito della stessa ONG, all’indirizzo: www.yirenping.org (visto l’ultima volta il 1/03/2011). La Gongmeng, com’è noto, ha invece interrotto la sua attività nel luglio del 2009. Sul- l’argomento, vedi supra, capitolo terzo, paragrafo 2.3.1. 26 Come il “Centro per i servizi giuridici e ricerca sulle leggi a favore delle donne dell’Università di Pechino” (北京大学法学院妇女法律研究与服务心, Beijing Daxue faxueyuan funü falü yanjiu yu fuwu zhongxin), di cui abbiamo già parlato, o lo Stu- dio legale Dongfang per il pubblico interesse e il legal aid di Pechino (北京市东方公益法律援助律师事务所, Beijingshi Dongfang gongyi falüyuanzhu lü- shi shiwusuo), creato all’interno dell’Accademia cinese di Scienze Sociali (国社会科学院, Zhongguo shehui kexueyuan). Sul primo, vedi più in dettaglio su- pra, capitolo terzo, paragrafo 2.3.1; per quanto riguarda l’attività svolto dallo studio legale Dongfang, vedi infra, in questo capitolo, paragrafo 3.1. 27 Fu Hualing e Richard Cullen, ultima op. cit., p. 9. 28 Ibid. Sui vantaggi che lavorare all’interno di una struttura riserva, più in ge- nerale, agli avvocati cinesi, vedi più in dettaglio, Ethan Michelson, “Hooked, Unhooked, Still Hooked: Lawyers, Political Embeddeness and Institutional Conti- nuity in China’s Transition from Socialism», 9 May 2006, disponibile all’indirizzo: http://www.polsci.indiana.edu/china/papers/michelson.pdf (visitato l’ultima volta il 10/02/2011), p. 24. Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 195

Non stupisce, pertanto, che la maggior parte degli “avvocati nel pubblico interesse” cinesi – e, non a caso, la totalità di quelli di cui tratteremo tra breve – lavori, oggi, all’interno di una delle strutture sopra descritte; strutture formalmente indipendenti, ma comunque sempre, in qualche misura, legate (e quindi controllate) dal governo. Si tratta di un legame e di un controllo che sarebbe, tuttavia, li- mitativo leggere solo come ennesima manifestazione della ormai nota ambivalenza, caratteristica del rapporto tra gongyi lüshi e leadership cinese: gli “avvocati nel pubblico interesse” non sono, in realtà, molto più liberi (o più controllati) di quanto non siano i comuni avvocati della Repubblica Popolare. Se infatti, da una parte, è vero che, come abbiamo più volte evi- denziato, la separazione della professione legale dall’amministrazione diretta del governo ha giocato un ruolo cruciale nel favorire lo svi- luppo delle gongyi susong29, e che, oggi: “weiquan lawyering is possible in China because of the possibility of lawyering”30, non si può, dall’altra, negare, che molti dei problemi che affliggono gli “avvocati per i diritti” cinesi dipendano dal sistema in cui è inse- rita l’avvocatura nella RPC. Del resto, anche numerosi tratti caratteristici dello stile, e la stessa identità dei gonyi lüshi derivano, in larga misura, dalla peculiarità di quel sistema: si ricorda, ad esempio, che – a differenza di quanto ac- cade in altri Stati – non tutti gli “avvocati nel pubblico interesse” ci- nesi sono, formalmente, “avvocati”, cioè si trovano in possesso della licenza ad esercitare la professione. Alla luce di queste considerazioni, appare chiaro come, per com- prendere chi sono, veramente, i gongyi lüshi, e quali difficoltà ab- biano dovuto e debbano affrontare nel difendere il pubblico interesse nel loro Paese, sia necessario in primo luogo aver compreso chi sono, e da quale passato provengono, più in generale, gli avvocati cinesi. Per tale ragione, la descrizione dell’attività degli “avvocati nel pub- blico interesse” da me incontrati sarà preceduta da alcuni cenni sulla storia, e sulla regolamentazione, della professione legale nella RPC.

29 Ibid, p. 7. 30 Fu Hualing e Richard Cullen, “Weiquan (Rights Protection) Lawyering in an Authoritarian State”, SSRN Working paper series, January 2008, disponibile su http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=1083925 (visto l’ultima volta il 22/05/09), p. 5. 196 Capitolo V

2. La professione legale in Cina In un’opera pubblicata nel 1978 e intitolata, significativamente “Law Without Lawyers: a comparative view of law in China, and in the United States”31, Victor Li ipotizzava che i successori di Mao, grazie alle peculiarità della tradizione giuridica e culturale cinese32, sa- rebbero stati in grado di raggiungere l’obiettivo della modernizza- zione attraverso una nuova strada; una strada differente da quella se- guita dall’Unione Sovietica, e nella quale gli avvocati non avrebbero avuto che un ruolo marginale33. Com’è noto, le previsioni del professor Li erano destinate, pro- prio a partire da quell’anno, ad essere smentite dalla nuova dirigenza del PCC34. Se, infatti, la presa del potere di Deng Xiaoping doveva portare, dal punto di vista economico, all’abbandono del modello sovietico di sviluppo, dal punto di vista giuridico essa avrebbe condotto alla re- staurazione del sistema demolito durante la Rivoluzione Culturale e, con esso, al ritorno dell’istituto che, di quel sistema, rappresentava uno dei cardini fondamentali: l’“avvocatura socialista”35. A dispetto dell’enfasi posta da Deng sulla necessità di “aumentare il numero degli avvocati”, tuttavia, all’inizio degli anni ’80:

31 Victor H. Li, “Law Without Lawyers: A Comparative View of Law in China”, Stanford, Stanford University Press, 1978. 32 Per una (molto sintetica) analisi delle ragioni del mancato sviluppo della pro- fessione legale nella Cina tradizionale vedi Randall Peerenboom, “China’s Long March Towards the Rule of Law”, Cambridge, Cambridge University Press, 2002, p. 345. 33 Jerome A. Cohen, «Rough Justice. Mainland Rights Lawyers Are Risking Ca- reers, Liberty and Even Their Lives By Taking “Sensitive” Cases”, South China Mor- ning Post, July 9, 2009; sull’argomento cfr. anche, dello stesso autore: “China’s Hu- man Rights Lawyers: Current Challenges and Prospects”, in Stacy Mosher e Pa- trick Poon, “A Sword and A Shield. China’s Human Rights Lawyers”, Hong Kong, China Human Rights Lawyers Concern Group, 2009, p. 38, in cui il prof. Cohen, alla luce delle ultime, drammatiche vicende che hanno avuto come protagonisti gli avvocati in Cina, suggerisce il titolo per un ipotetico “sequel” del libro del prof. Li: “Lawlessness without Lawyers”. Vedi Jerome A. Cohen, ult. op. cit., p. 40. 34 Ibid. 35 Ibid. Com’è noto, tuttavia, anche in Unione Sovietica l’avvocatura ha cono- sciuto alterne fortune: soppressa, dopo la rivoluzione bolscevica, insieme ai tribunali e alle istituzioni giudiziarie zariste, essa doveva essere ricostituita nel 1922, e vivere una vita non facile durante il periodo stalinista; solo a partire dal 1960 la categoria degli avvocati vide crescere, in modo stabile, il proprio prestigio, anche grazie al- l’approvazione di una serie di Statuti Repubblicani che disciplinavano la professione forense. Sull’argomento vedi, più in dettaglio: Paolo Biscaretti di Ruffia e Ga- briele Crespi Reghizzi, “La Costituzione sovietica del 1977. Un sessantennio di evoluzione costituzionale dell’URSS”, Milano, Giuffrè, 1990, p. 246 e ss. Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 197

“few people were brave enough or desperate enough to enter the bar”36; un atteggiamento che non si fatica a comprendere, se si considerano le alterne fortune vissute dai professionisti del diritto fin dalla fon- dazione della Repubblica Popolare37. Non solo, infatti, tra il 1949 e il 1950 si era assistito alla elimina- zione (talvolta in senso letterale38) dei cosiddetti “avvocati neri” (黑律师, hei lüshi39), gli avvocati repubblicani, divenuti “superflui” in seguito all’abrogazione, nel settembre 1949, delle leggi del Guomindang e, insieme ad esse, del sistema di avvocatura sorto nel periodo della Re- pubblica40; nel giro di un lustro, la stessa sorte era toccata anche agli “operatori statali del diritto” (国家法律工作者, guojia falü gong-

36 Ethan Michelson, “Lawyers, Political Embeddeness and Institutional Con- tinuity in China’s Transition from Socialism», American Journal of Sociology, vol. 113, Issue 2 (2007), p. 364. 37 Per una sintesi sulla storia dell’avvocatura cinese, vedi 刘桂明, “国律师是什么?”, Liu Guiming, “Zhongguo lüshi shi shenme?” (che cosa sono gli avvocati cinesi?), pubblicato su Caijing (财新网) il 13/01/2011 e disponibile al- l’indirizzo: http://lawyer.fabao365.com/122408/article_79406 (visto l’ultima volta il 19/02/2011). 38 Secondo un’indagine pubblicata nel 1956, dei 308 avvocati registrati a Pechino negli ultimi anni della Repubblica, solo 102 sarebbero rimasti nella capitale dopo la presa del potere da parte dei comunisti; dei rimanenti, 36 erano sicuramente morti, 6 si trovavano in carcere, 13 avevano lasciato la città, mentre di ben 151 non si do- veva avere più alcuna notizia. Sull’argomento, vedi, ancora di Ethan Michelson, “Hooked, Unhooked, Still Hooked: Lawyers, Political Embeddeness and Institutio- nal Continuity in China’s Transition from Socialism», citato, p. 17. 39 Si noti che lo stesso appellativo è utilizzato oggi, talvolta, per indicare i co- siddetti “avvocati scalzi”, soggetti privi di una preparazione giuridica specifica, ma in grado di fornire assistenza legale alle parti di una controversia. Vedi Fu Hua- ling, “Access to Law in China: Potential, Limits and Alternative”, citato, p. 9. Su- gli “avvocati scalzi” vedi più in dettaglio infra, in questo paragrafo. 40 Com’è noto, il primo regolamento (provvisorio) sugli avvocati – basato sul modello giapponese, e destinato a stabilire (appunto per la prima volta nella storia della Cina) quali fossero le funzioni, la preparazione e i requisiti richiesti per l’ac- cesso all’avvocatura – fu emanato in Cina il 16 settembre 1912. Esso doveva poi es- sere sostituito, nel 1927, dal “Regolamento sugli avvocati” e, infine, dalla “Legge su- gli avvocati” del 1935, entrata in vigore nel 1941. Sull’argomento, vedi più in detta- glio Alison W. Conner, “Lawyers and the Legal Profession During the Republi- can Period”, in Kathryn Bernhardt e Philip C.C. Huang, “Civil Law in Qing and Republican China”, Stanford, Stanford University Press, 1994, p. 216 e ss.; Phi- lip Huang, “Code, Custom and Legal Practice in China”, Stanford, Stanford Uni- veristy Press, 2001, p. 43 e ss., e p. 39, in cui l’autore traccia anche una breve sto- ria del termine con cui fu scelto di indicare gli avvocati, “lüshi”, uno dei pochi non mutuati dalla lingua giapponese. Per una sintesi sulla storia dell’avvocatura in Cina, vedi anche Randall Peerenboom, “China’s Long March Towards the Rule of Law”, citato, pp. 345-346. 198 Capitolo V zuozhe), la categoria di professionisti legali introdotta, a metà degli anni ’5041, su imitazione del modello sovietico42. Com’è noto, i guojia falü gongzuozhe – considerati parte integrante dell’apparato statale, e in quanto tali obbligati ad anteporre, nell’atti- vità di difesa, gli interessi della società e dello Stato a quelli del pro- prio cliente43 – avevano avuto vita molto breve: per buona parte di essi, bollati come “revisionisti di destra” a causa del ruolo attivo gio- cato nel corso della Campagna dei Cento Fiori44, le epurazioni erano cominciate già nel 1957, a meno di due anni dalla loro istituzione45, mentre i superstiti dovevano, di lì a poco, seguire il fato del Mini- stero dal quale dipendevano, quello della Giustizia (司法部, Sifa bu)46, abolito nel 1959 per non essere ripristinato se non vent’anni più tardi.

41 Gli “operatori statali del diritto” furono introdotti, a livello sperimentale, nel 1954 in diverse città della Cina (tra queste: Pechino, Tianjin, Chongching e Shengyang), ma già a partire dall’anno seguente il nuovo sistema fu formalmente esteso a tutto il Paese. Sull’argomento, vedi più diffusamente Ethan Michelson, op. cit., p. 18. 42 Ibid. 43 Fu Hualing, “When Lawyers Are Prosecuted… The Struggle of a Profes- sion in Transition”, SSRN Working paper series, May 2006, disponibile su http://pa- pers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=956500 (visto l’ultima volta il 22/05/09). P. 3. 44 Molti avvocati avevano infatti simpatizzato con gli intellettuali, unendosi ad essi nel criticare le scelte del governo. Sull’argomento, vedi più in dettaglio: Stan- ley Lubman, “Bird in a Cage: Legal Reform in China after Mao”, Stanford, Stanford University Press, 1999, pp. 77-78. 45 Si noti che, in quell’anno, gli operatori statali del diritto avevano raggiunto le 2.800 unità (2500 avvocati a tempo pieno, e 300 part-time), operanti all’interno di 800 uffici legali sparsi su tutto il territorio cinese e posti sotto il diretto controllo del Ministero della giustizia o dei suoi omologhi locali. Sull’argomento, vedi Benja- min L. Liebman, “Legal Aid and Public Interest Law in China”, 34 Tex. Int’l. L. J. 211, p. 216. È interessante notare come notare come la dipendenza degli avvocati dal Ministero della Giustizia non costituisca una innovazione totalmente comunista; già durante il periodo repubblicano, infatti, le “associazioni degli avvocati cinesi” erano poste sotto la diretta supervisione della Procura e, tramite essa, del Ministero della Giustizia. Ricordiamo, ad esempio, che alla procura spettava l’approvazione dei regolamenti emanati dalle associazioni, che dovevano informare tale organo riguardo ad elezioni, programmazione di incontri, e decisioni prese. Non solo: il procuratore capo aveva il potere di prendere parte agli incontri delle associazioni sotto la sua giurisdizione, e di sospendere qualsiasi membro che giudicasse aver violato leggi o regolamenti, mentre solo la procura poteva comminare azioni disciplinari, a dispetto del fatto che la responsabilità per il rispetto della deontologia fosse in capo all’as- sociazione. Sull’argomento vedi, più in dettaglio: Alison W. Conner, “Legal Pro- fession in the Republic”, in Kathryn Bernhardt e Philip C.C. Huang, “Civil Law in Qing and Republican China”, Stanford, Stanford University Press, 1994, p. 227e ss. Per revisione storica di sviluppo di avvocatura in Cina vedi: Albert H.Y. Chen: An Introduction to the Legal System of the Public Republic of China, Hong Kong, Lexis Nexis, 2004. 46 Sull’argomento, vedi supra, nota precedente. Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 199

La situazione degli avvocati cinesi era, poi, peggiorata ulterior- mente con l’avvento della Rivoluzione Culturale47: come ricorda Benja- min Liebman, dal 1966 al 1976, essi – alla stregua degli altri giuristi e, più in generale, di chiunque potesse essere definito ”intellettuale” – “played virtually no role in China […] except as target of criticism and persecution”48.

Alla luce di tutto ciò, come dicevamo, appare naturale che l’in- vito a ritornare al lavoro fosse accolto con freddezza, da parte dei (pochi) lüshi rimasti, all’alba delle riforme. Secondo Ethan Michelson sarebbe stato proprio per vincere tale reticenza – e garantire, ai professionisti del diritto, protezione contro eventuali vessazioni da parte degli ufficiali governativi, rassicurandoli, allo stesso tempo, rispetto al più che giustificato timore di persecu- zioni politiche – che la leadership cinese avrebbe scelto di (ri)attri- buire agli avvocati il ruolo di dipendenti pubblici, inquadrandoli al- l’interno dell’amministrazione statale49. Si tratta di una tesi interessante50, di fronte alla quale, tuttavia, non si può fare a meno di domandarsi come potessero gli avvocati della Repubblica Popolare Cinese sentirsi confortati dal fatto di rientrare a far parte del sistema, dal momento che quello stesso status – unito, addirittura, all’identico appellativo: “lavoratori statali del diritto” – non era stato in grado di evitare, ai loro colleghi degli anni ’50, an- gherie e abusi. Tant’è; quali che fossero le motivazioni di tale scelta, quando la leadership cinese decise di ripristinare la professione forense, lo fece “vincolandola” nuovamente al potere costituito.

47 Ibid. 48 Benjamin L. Liebman, ult. op. cit., ibid. 49 Ethan Michelson, “Lawyers, Political Embeddeness and Institutional Con- tinuity in China’s Transition from Socialism», citato, p. 364. 50 A sostegno di essa, l’autore cita l’opionione di numerosi studiosi cinesi. Tra queste, particolarmente degna di nota ci pare l’opinione di Y. Guo, secondo il quale tale inquadramento avrebbe permesso agli avvocati di esercitare la loro professione senza essere accusati di essere complici dei sospetti, mettendoli, inoltre, (quasi) sullo stesso piano di giudici e procuratori. Sempre secondo tale autore, l’esigenza di far sì che gli avvocati sembrassero rappresentanti del potere costituito era tanto forte, da far sì che il governo arrivasse addirittura a creare per essi un’uniforme simile a quella indossata dalla polizia. Sull’argomento, vedi Y. Guo, “The Chinese Legal Pro- fession”, in A.J. Roo e R.W. Jagtenberg (eds), “Yearbook Law & Legal Practice in East Asia”, The Hague and Boston, Kluwer Law International, 2000, p. 210, ci- tato da Ethan Michelson, “Lawyers, Political Embeddeness and Institutional Con- tinuity in China’s Transition from Socialism», citato, p. 365. 200 Capitolo V

Nel 1980 fu emanato il “Regolamento Provvisorio sull’avvocatura della Repubblica Popolare Cinese (共和国律师暂行条例, Zhonghua renmin gonghe guo falü zanxing tiaoli)51 che, all’articolo 1, definiva gli “avvocati” (律师, lüshi) come “operatori statali del diritto (国家法律工作者, guojia falü gongzuozhe), con il compito di fornire assistenza giuridica agli organi dello Stato, a imprese, istituzioni, organizzazioni pubbliche, comuni popolari e cit- tadini, al fine di assicurare la corretta applicazione della legge e pro- teggere gli interessi dello stato e della collettività, così come i diritti e gli interessi legittimi dei cittadini”52.

Gli articoli 2 e 3 di quel testo illustravano i doveri a cui sareb- bero stati chiamati gli “operatori statali del diritto” – tra gli altri: “pubblicizzare” (宣传, xuanchuan) il sistema giuridico socialista53, e “servire la causa del socialismo e gli interessi del popolo”54 – mentre l’articolo 8 elencava i requisiti necessari per l’accesso alla professione. In particolare, tale norma stabiliva che potesse divenire avvocato, dopo aver superato un esame, chiunque: 1) avesse conseguito un diploma di istruzione superiore55, e avesse almeno due anni di esperienza di lavoro, insegnamento o ri- cerca nel campo del diritto; 2) avesse ricevuto un addestramento professionale in ambito giu- ridico, e avesse lavorato come giudice in un Tribunale del Po- polo, o come procuratore in una Procura del Popolo; 3) avesse ricevuto una educazione superiore56, e avesse un espe- rienza professionale almeno triennale in campo economico, scientifico o tecnologico; 4) fosse in possesso dello stesso livello di professionalità giuridica richiesto alle persone di cui ai punti 1 e 2, e di un livello di

51 共和国律师暂行条例, Zhonghua renmin gonghe guo falü zanxing tiaoli, approvata dal Comitato Permanente dell’Assemblea Nazionale Popolare il 26 agosto 1980, e in vigore dal 1° gennaio 1982). 52 Articolo 1, “Regolamento provvisorio sull’avvocatura”, citato, mia traduzione. 53 Articolo 2, comma 2, “Regolamento provvisorio sull’avvocatura”, citato. 54 Articolo 3, “Regolamento provvisorio sull’avvocatura”. 55 La legge usa l’espressione: “高等院校” (gaodeng yuanxiao), che risulta – date le differenze tra l’ordinamento scolastico cinese, e quello italiano – particolarmente difficile da tradurre. Si tratta di un livello di istruzione che si trova a metà tra una scuola superiore e una laurea, paragonabile, per certi versi, a un diploma di college americano, o a una laurea breve italiana. 56 Ancora: 高等教育 (gaodeng yuanyu). Vedi nota precedente. Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 201

preparazione paragonabile a quello conseguito attraverso un corso di studi superiore57. Abbiamo riportato quasi integralmente il contenuto dell’articolo 8 per notare come, analogamente a quanto accaduto durante il periodo Repubblicano58, anche in questa fase delle Riforme l’accesso all’av- vocatura fosse consentito non solo a soggetti privi di una cultura giu- ridica specifica, ma addirittura a soggetti privi di un titolo di studio superiore59. Si dovranno, infatti, attendendere più di 20 anni, e l’e- mendamento della Legge sugli avvocati, perché il conseguimento di un diploma di istruzione superiore (anche non in materie giuridiche) divenga un requisito fondamentale per esercitare la professione legale, mentre solo nel 2002 sarà istituito un esame di Stato uniforme, il su- peramento del quale è oggi considerato indispensabile per ottenere la qualifica di avvocato60. All’inizio degli anni ’80, del resto, i giuristi erano merce molto rara, in Cina61; anche per tale ragione, nei primi tempi il ruolo di av- vocato/operatore statale del diritto (così, come abbiamo visto, quello di magistrato)62 fu rivestito, in larga misura, da soggetti precedente- mente impiegati in agenzie governative, organizzazioni pubbliche e talvolta, addirittura, da militari in congedo63.

57 Vedi, più in dettaglio, articolo 8, “Regolamento provvisorio sull’avvocatura”, citato, mia traduzione 58 Ethan Michelson, op. cit., p. 366, nota 8. 59 Vedi “Legge sull’avvocatura della Repubblica Popolare Cinese”, articolo 8, come emendato nel 2001. Nella versione originale della Legge, l’articolo 6, comma 1 equiparava – come in passato – l’esperienza sul campo alla preparazione teorica, prevedendo che: “la qualifica di avvocato è attribuito dall’amministrazione giudizia- ria a chi abbia compiuto almeno tre anni di studi giuridici, o in un altro settore, presso un istituto di educazione superiore, o abbia conseguito un livello professio- nale equivalente, e abbia passato l’esame di abilitazione all’avvocatura”. Vedi articolo 6, comma 1, “Legge sugli avvocati” del 1996. Si noti che, anche in questo caso, ab- biamo usato “istruzione superiore” per tradurre “高等院校” (gaodeng yuanxiao). 60 Sull’argomento, vedi Randall Peerenboom, “China’s Long March Towards the Rule of Law”, p. 365 e ss. 61 Com’è noto, infatti, durante il periodo della Rivoluzione Culturale le scuole di diritto erano state chiuse, e nel 1979 ne esistevano solo due, in tutta la Repub- blica Popolare Cinese. Sull’argomento, vedi più in dettaglio Gerard J. Clark, op. cit. p. 840 e ss. 62 Sull’argomento, vedi supra, capitolo quarto, paragrafo 3.3. 63 Agli avvocati provenienti dalla cosiddetta gongjianfa (公检法, diminutivo per indicare, insieme, l’apparato statale composto da polizia, procura e corti) – più “pro- tetti” dei loro colleghi, perché con più connessioni (关系, guanxi) all’interno del si- stema, grazie all’ambiente frequentato prima di intraprendere la professione forense- fu attribuito, a partire dal 1984, la denominazione di “teyao lüshi” (特邀律师, av- vocato di nomina speciale), mentre a Pechino, nello stesso anno, furono fondati i primi studi legali formati da avvocati di nomina speciale. Nel 1990 i “teyao lüshi” 202 Capitolo V

Nonostante questi apporti, e l’estrema ampiezza dei requisiti ne- cessari per l’accesso all’avvocatura, il problema dello scarso numero degli avvocati restava, tuttavia, serio, ed era destinato ad aggravarsi con il procedere delle riforme. Nel 1981, gli avvocati a tempo pieno (专职律师, zhuanzhi lüshi) presenti sul territorio cinese erano poco più di 6.200, concentrati pre- valentemente in città medio-grandi64: un numero esiguo, se parago- nato alla popolazione, e del tutto insufficiente a soddisfare la cre- scente domanda di tutela legale, soprattutto nelle aree rurali. Per porre rimedio a tale situazione il governo cinese doveva in- traprendere due strade: quella di consentire, secondo uno schema già sperimentato durante il periodo Repubblicano65, a soggetti privi della qualifica di avvocato di assistere le parti del processo, da un lato, e quella di introdurre figure alternative agli avvocati a tempo pieno, dall’altro. Fu così che venne inserita, nella Legge di Procedura Civile66, nella Legge di procedura Penale67 e nella Legge sulle controversie ammi- nistrative68, la possibilità per le parti di essere rappresentate in giudi- zio, a titolo gratuito, da soggetti che, pur non essendo tecnici del di- ritto, fossero legati ai contendenti da determinati rapporti69, mentre, allo stesso tempo, facevano la loro comparsa, sul territorio della RPC, rappresentavano il 23% degli avvocati presenti sul territorio cinese, ma nel 1997 la percentuale era scesa al 12%. Nel 2001, con l’istituzione dell’esame di stato per l’in- gresso all’avvocatura, fu richiesto loro di sostenere l’esame, o abbandonare la pro- fessione; già a partire dal 2000, comunque, la voce “avvocati di nomina speciale” non era più inclusa nelle statistiche ufficiali. Sull’argomento, vedi ancora Ethan Mi- chelson, op. cit., p. 365 e ss. 64 Il dato è riportato da Fu Hualing in Fu Hualing «Access to Law in China: Potential, Limits and Alternative”, citato, p. 9, in cui l’autore si riferisce alle stati- stiche riportate in 朱景文 (主编), “国法律发展报告—数据库和指标体系”, 北京, 国大学出版社, 2007 , Zhu Jingwen (ed.), “Zhongguo falü fazhan baogao – shujuku he zhibiao tixi” (report sullo sviluppo del diritto cinese – Database e indi- catori), Beijing, Zhongguo Renmin daxue chubanshe, 2007, p. 330. 65 Vedi art. 29, Codice di Procedura Penale della Repubblica di Cina (1935), e artt. 68 e ss. Codice di Procedura Civile della Repubblica di Cina (1935), citati da Alison Conner, in Alison Conner, op. cit. p. 217. 66 Vedi art. 58, Legge di Procedura Civile della Repubblica Popolare Cinese (1991). 67 Vedi art. 32, Legge di Procedura Penale della Repubblica Popolare Cinese (1996). 68 Vedi art. 29, Legge sulle Controversie Amministrative della Repubblica Po- polare Cinese (1989). 69 In generale, e fatte salve alcune lievi differenze tra le disposizioni, si tratta di: organizzazioni pubbliche, stretti congiunti della parte, persone delegate dall’unità di lavoro a cui appartiene la parte o chiunque ottenga l’autorizzazione della Corte. Per maggiori dettagli, cfr. gli articoli citati nelle note precedenti. Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 203 nuove tipologie di “professionisti del diritto”: gli “avvocati a tempo parziale” (兼职律师, jianzhi lüshi), gli “assistenti giudiziari” (司法助理员 sifa zhiliyuan) – altrimenti detti “avvocati scalzi” (赤脚律师, chijiao lüshi) – e gli “operatori giuridici di base” (jiceng falü gongzhuozhe). Si tratta, com’è noto, di tipologie professionali profondamente di- verse, per formazione, competenze, e ambiti di attività70, ma che ab- biamo voluto comprendere all’interno dello stesso elenco perché de- stinate, tutte, a giocare un ruolo fondamentale, nello sviluppo della “weiquan lawyering”. Ricordiamo, infatti, che non solo l’avvocato ci- nese per i diritti forse più conosciuto (Chen Guangcheng)71 e quello che è considerato il pioniere delle azioni nel pubblico interesse in Cina (Qiu Jiandong)72 hanno svolto, per buona parte della loro vita, le mansioni rispettivamente di “assistente giudiziario” e quelle di “ope- ratore giuridico di base”, ma la maggioranza degli “avvocati nel pub- blico interesse” cinesi, oggi, appartengono alle file degli “avvocati a tempo parziale”. Vale la pena, dunque, dedicare qualche riga in particolare a que- st’ultima categoria, costituita (a differenza delle altre due citate)73 da

70 Per una descrizione delle differenze tra avvocati, avvocati scalzi e operatori giuridici di base, vedi, più in dettaglio: Fu Hualing e Richard Cullen, “Access to Justice in China: Potentials, Limits and Alternatives”, citato, p. 10 e ss. Sulla fi- gura degli operatori giuridici vedi anche le opere citate supra, capitolo quarto, nota 40. Sul ruolo assunto, negli ultimi anni, da avvocati scalzi e operatori giuridici di base, in particolare per quanto riguarda la difesa dei diritti dei minggong, vedi, in generale: 傅郁林, “农村基层法律服务研究”, 北京, 国政法大学 出版社, 2006, Fu Yulin, “Nongcun jiceng falü fuwu yanjiu” (Ricerca sui servizi giuridici di base nelle aree rurali), Beijing, Zhonguo Zhengfa Daxue, 2006. 71 Per un sintetico profilo di Chen Guangcheng, e della complessa vicenda giu- diziaria in cui è stato coinvolto, vedi Human Rights Watch; “Walking on Thin Ice”, citato, p. 36 e ss.; Stacy Mosher e Patrick Poon (eds.), “A Sword and a Shield: China’s Human Rights Lawyers”, citato, p. 14 e ss. 72 Vedi supra, capitolo quarto, paragrafo 2.2. 73 Come notato supra nel testo, infatti, nè gli avvocati scalzi nè gli operatori di base del diritto possiedono la licenza per l’esercizio dell’avvocatura. Questo, tra l’al- tro, implica che ad essi si applichino regole differenti rispetto a quelle che discipli- nano l’attività degli avvocati, in particolare per quanto riguarda il livello di prepara- zione richiesto. Ad esempio, mentre oggi, per divenire avvocato, è necessario avere almeno conseguito un titolo di studio paragonabile alla nostra laurea breve, per fre- giarsi del titolo di “operatori di base del diritto” è sufficiente essere in possesso del solo diploma di scuola superiore, o – addirittura – di scuola media, e aver svolto una pratica di 6 mesi. Ancora meno rigorosi sono i requisiti richiesti agli avvocati scalzi: si tratta, spesso, di giudici in pensione, di soggetti ben introdotti nel sistema perché possono vantare “conoscenze” (关系,guanxi), o – in particolare nelle aree rurali – di persone che, avendo acquisito “sul campo” una qualche conoscenza giu- ridica (il caso tipico è quello di lavoratori migranti che hanno imparato il diritto perché, in passato, a loro volta coinvolti in controversie giuridiche) decidono di met- 204 Capitolo V soggetti che sono “avvocati” a tutti gli effetti, ma per i quali – come suggerisce il nome – l’esercizio della professione forense non rap- presenta che una parte dell’attività quotidianamente svolta74. Si tratta, in genere (a partire dal 1989: obbligatoriamente)75 di pro- fessori e ricercatori impiegati presso scuole di diritto o altri istituti di ricerca, che tipicamente lavorano come avvocati in studi legali creati all’interno di queste stesse organizzazioni76 e pertanto, formalmente, rimangono dipendenti dalla struttura in cui svolgono l’occupazione “altra” rispetto all’avvocatura77. Vedremo tra poco, trattando dello Studio legale Dongfang per il pubblico interesse e il legal aid di Pechino (北京市东方公益法律援助律 师事务所, Beijingshi Dongfang gongyi falüyuanzhu lüshi shiwusuo) quali vantaggi offra, nello specifico, a un public interest lawyer lo sta- tus di avvocato part-time78; qui, notiamo solo come i jianzhi lüshi, fin dalla loro creazione, abbiano potuto – grazie soprattutto al pre- stigio derivante dall’istituzione a cui sono affiliati – godere di una maggior tutela e indipendenza rispetto ai loro colleghi “a tempo tersi al servizio dei propri concittadini. Sull’argomento, vedi piu in dettaglio Fu Hua- ling e Richard Cullen, “Accesse to Justice in China: Potentials, Limits and Al- ternatives”, citato, p. 9 e ss; Randall Peerenboom, “Economic Development and the Development of the Legal Profession in China” (February 13, 2009), disponi- bile su SSRN all’indirizzo: http://ssrn.com/abstract=1342287 (visto l’ultima volta il 18 febbraio 2011), p. 11. Si ricorda che proprio il diverso livello di difficoltà di ac- cesso a queste carriere ha causato non pochi attriti tra i membri di essi, in partico- lare dopo l’entrata in vigore della legge sugli avvocati, nel 1996. Sui contrasti e le differenze tra avvocati “cittadini” e avvocati di base vedi 刘思达: “国法律服务市场的 生态分析”, 上海, 上海三联书店, 2011年, Liu Sida, “Zhongguo falü fuwu shichang de shengtai fenxi“ (Analisi ambientale del mercato dei servizi giuridici in Cina), Shan- ghai, Shanghai sanlian shudian, 2011, p. 70 e ss. Sull’argomento, vedi ancora Fu Hua- ling, Richard Cullen, “Accesse to Justice in China: Potentials, Limits and Al- ternatives”, citato, p. 14 e ss., e Randall Peerenboom, “Economic Development and the Development of the Legal Profession in China”, citato, p. 12 e ss. La fi- gura degli avvocati a tempo parziale viene, oggi, regolata dagli articoli 6 e 12 della “Legge sugli avvocati”. 74 Ethan Michelson, «Lawyers, Political Embeddeness and Institutional Con- tinuity in China’s Transition from Socialism», American Journal of Sociology, vol. 113, Issue 2 (2007), p. 370. 75 Ibid. Tale obbligo è oggi imposto dall’articolo 12, “Legge sugli avvocati”. 76 Tra questi, Ethan Michelson ricorda lo “studio legale part-time” sorto nel 1984 presso la l’Università cinese di Scienze Politiche e diritto di Pechino (国政法大学 Zhongguo Zhengfa daxue), lo studio legale “Kehua” (科律师事务所, Kehua lüshi shiwusuo) stabilito presso l’Accademia cinese di scienze sociali (国社会科学院, Zhongguo shehui kexueyuan), e lo studio legale Dishi (地石律师事务所, Dishi lüshi shiwusuo) fondato presso l’Università del popolo cinese (国大学 Zhongguo Renmin daxue). Sull’argormento, vedi Ethan Michelson, ult. op. cit., p. 22. 77 Ethan Michelson, ult. op. cit., ibid. 78 Vedi infra, in questo capitolo, paragrafo 3.1. Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 205 pieno”, pur rimanendo, tuttavia, vincolati al governo, in quanto mem- bri dell’accademia cinese79. Tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90, comunque, il legame tra gli avvocati e lo Stato doveva progressivamente allentarsi, di pari passo con la crescita dell’impegno da parte della leadership cinese per dotare la Cina di un sistema giuridico moderno, e aumentare la pro- fessionalità e l’indipendenza del sistema giudiziario e dell’avvocatura. Nel 1988 il Ministero della Giustizia autorizzò la creazione dei primi “studi legali cooperativi” (合作律师事务所, hezuo lüshi shiwu- suo80), finanziariamente indipendenti dal governo81, mentre, nel 1993 – grazie alla emanazione, da parte dello stesso ministero, del “Piano riguardante l’approfondimento della riforma del lavoro degli avvo- cati” (司法部关于深化律师工作改革的方案, Sifabu guayu shenhua lüshi gongzuo gaige de fang’an)82 – gli avvocati cessarono formal- mente di essere dipendenti pubblici, divenendo liberi di operare sul mercato, e di fondare studi legali associati (联合律师事务所, lianhe lüshi shiwusuo, oggi più comunemente indicati come: 合伙律师事务所, hehuo lüshi shiwusuo)83. Nonostante questi sviluppi, tuttavia, molte questioni restavano an-

79 Ethan Michelson, op. cit., p. 22-23. 80 Lawyer’s Committee for Human Rights, “Lawyers in China: Obstacle to Indipendence and the Defence of Rights”, New York: Lawyers Committee for Hu- man Rights, 1998, p. 34; William P. Alford, “Tasseled Loafers for Barefoot Lawyers: Transformation and Tension in the World of Chinese Legal Workers”, 141 China Quarterly 22, 1995, p. 31-32. Benjamin Liebman, op. cit., p. 219. 81 Ibid. A differenza di studi legali statali, gli “studi legali cooperativi”, infatti, erano autonomi dal punto di vista economico, e potevano assumere o licenziare li- beramente avvocati, che non rientravano nel novero dei dipendenti pubblici. In ogni caso, gli studi cooperativi restavano, formalmente, “di proprietà” dello Stato, e tutti i profitti da essi ottenuti (in linea di principio) toccavano allo Stato. Ethan Michel- son nota come essi non costituissero, in pratica, che gli omologhi funzionali delle “imprese collettive”, cioè fossero “privati” per quanto riguardava la gestione quoti- diana e molti aspetti pratici, ma mantessero le “caratteristiche socialiste” dal punto di vista dei diritti di proprietà. Sull’argomento, vedi Ehan Michelson, “Hooked, Unhooked, Still Hooked: Lawyers, Political Embeddeness and Institutional Conti- nuity in China’s Transition from Socialism”, citato, p. 25 e ss.” 82 Sull’argomento, vedi più in dettaglio “Piano riguardante l’approfondimento della riforma del lavoro degli avvocati” (司法部关于深化律师工作改革的方案, Sifabu guayu shenhua lüshi gongzuo gaige de fang’an), del 26 dicembre 1993, di cui è disponibile copia elettronica all’indirizzo: http://china.findlaw.cn/fagui/xz/27/163643.html (visto l’ultima volta il 23/02/2011). 83 Vedi “Piano riguardante l’approfondimento della riforma del lavoro degli av- vocati”, citato, articolo 2, punto (5); sull’argomento, vedi anche Lawyers Commit- tee for Human Rights, “Lawyers in China: Obstacle to Indipendence and the De- fence of Rights”, New York, Lawyers Committee for Human of Rights”, 1998, p. 35. 206 Capitolo V cora aperte: ci si domandava, ad esempio, in che modo alcune atti- vità (tra le altre: la fornitura di servizi giuridici alle imprese straniere presenti in Cina) potessero conciliarsi con lo status, rimasto invariato, di “operatore del diritto socialista” attribuito agli avvocati84. In breve, risultò evidente come, per sfruttare appieno le poten- zialità della categoria, e fare sì che gli avvocati potessero contribuire, contemporaneamente, allo sviluppo economico dello RPC e al raffor- zamento del potere centrale – soddisfacendo da una parte i bisogni del crescente settore privato, e trasformando, dall’altra, le crescenti tensioni sociali in controversie giudiziali – fosse necessario intra- prendere una riforma ancora più radicale, che andasse a modificare la definizione stessa di “avvocatura”, e “svincolasse”, in modo ancora più netto, la professione forense dall’amministrazione statale. Fu per raggiungere tali obiettivi che, nel 1996, il Comitato per- manente dell’Assemblea Nazionale Popolare emanò la “Legge sul- l’Avvocatura della Repubblica Popolare Cinese”. Grazie ad essa, com’è noto, gli avvocati dovevano cessare, per la prima volta dalla fondazione della Repubblica Popolare, di essere con- siderati “operatori statali del diritto” per divenire: “professionisti che hanno ottenuto, secondo la legge, la licenza a pra- ticare l’avvocatura, e forniscono servizi giuridici alla società”85, obbligati, nell’esercizio della professione, ad osservare solo: “la Costituzione e le leggi, e a rispettare l’etica professionale e le re- gole deontologiche dell’avvocatura”86, nella certezza che: “l’attività legittima da essi svolta è protetta dalla legge”87.

Ricordiamo che la lettera degli articoli sopra citati è stata modifi- cata nel 2007, attraverso emendamenti che, se da una parte hanno ag- giunto ulteriori garanzie all’esercizio della professione forense, dal- l’altra hanno nuovamente trasformato lo status giuridico degli avvocati. In particolare, nella versione della Legge attualmente in vigore, la

84 刘桂明, Liu Guiming, ibid. 85 Art. 2, “Legge sull’avvocatura della Repubblica Popolare Cinese” (1996). 86 Art. 3, comma 1, “Legge sull’avvocatura della Repubblica Popolare Cinese”, citata, mia traduzione. 87 Art. 3, comma 4, “Legge sull’Avvocatura della Repubblica Popolare Cinese” (1996). Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 207 tutela offerta dall’ordinamento alla professione forense è rafforzata dal fatto che: “nessuna organizzazione o individuo può violare i diritti e gli inte- ressi legittimi degli avvocati”88, mentre i servizi forniti dai “professionisti legalmente abilitati a eser- citare l’avvocatura” non sono più diretti alla società, ma (più sem- plicemente) alle “parti”89 (当事, dangshiren); un cambiamento che è stato letto da molti come espressione della volontà, da parte della leadership cinese, di negare riconoscimento a qualsiasi ruolo sociale svolto dall’avvocatura90, in linea con il più volte menzionato irrigidi- mento nei confronti degli “avvocati per i diritti” registratosi in Cina a partire dal 200591.

88 Art. 3, comma 4, “Legge sull’Avvocatura della Repubblica Popolare Cinese” (2007). 89 Vedi art. 2, “Legge sull’Avvocatura della Repubblica Popolare Cinese” (2007). 90 刘桂明, Liu Guiming, ibid. Per un’analisi sulle ragioni delle modifiche alla definizione di “avvocato” sposata dalla legge vedi anche Ong Yew-kim, “What is the Role of China’s Lawyers?”, in Stacy Mosher, Patrick Poon, “A Sword and A Shield. China’s Human Rights Lawyers”, Hong Kong, China Human Rights Lawyers Concern Group, 2009, p. 47 e ss. È interessante notare come le valutazioni riguardo ai significati e al valore di tale definizione cambino a seconda della prove- nienza degli autori, e del momento storico in cui sono state espresse. Mentre, ad esempio, Liu Guiming, nel 2011, considera la definizione del 2007 un passo indie- tro, e – in definitiva – una sminuizione del ruolo svolto dagli avvocati, Randall Pee- renboom, nel commentare, nel 2002, la definizione di avvocato contenuta nella legge del 1996, notava come essa non fosse che prodotto dell’ambiente socio-politico in cui tale legge era maturata: un ambiente, secondo lo studioso, ancora statalista-so- cialista, e quindi portato ad attribuire all’interesse del cliente meno valore rispetto a quello attribuito alla società. Sull’argomento, vedi Randall Peerenboom, op. cit., p. 373 e ss. 91 Si noti che la revisione del 2007 – in teoria destinata a rafforzare i poteri de- gli avvocati all’interno dei procedimenti giudiziari, e pubblicizzata dalla leadership cinese come una norma che “avrebbe reso la vita degli avvocati più facile” – è stata, fin dalla sua entrata in vigore, oggetto di vivaci critiche da parte degli stessi avvo- cati. In particolare, ad essa viene rimproverato il fatto di aver confermato il con- trollo del Ministero della Giustizia sull’avvocatura, senza aumentare se non margi- nalmente le garanzie a tutela dei professionisti. Ricordiamo che, non a caso, a due giorni dalla promulgazione della Legge, il vice ministro della giustizia Zhao Dazheng doveva pronunciare un importante discorso, in cui richiamava le associazioni degli avvocati e gli organi amministrativi giudiziari ad esercitare un controllo più stretto sugli avvocati, in particolare in casi che riguardassero confische, requisizioni e am- biente, per far sì che essi “armonizzassero i risultati giuridici, e quelli sociali”, e non dessero origine a disordini. Sugli obiettivi dichiarati dal governo, vedi l’articolo pub- blicato da Xinhua il 28 ottobre 2007, e intitolato, appunto: “China Amends Law to Make Life Easier for Lawyers”, disponibile all’indirizzo: http://www.chinadaily.com.cn/ china/2007-10/28/content_6211922.htm (visto l’ultima volta il 23/02/2011); contra, 208 Capitolo V

Per tornare ai contenuti della Lüshi fa, notiamo come a confer- mare, ampliandola, l’indipendenza raggiunta dagli avvocati, e a con- solidare il loro status, contribuissero – oltre alla già citata ri-defini- zione del concetto di “lüshi” – anche una serie di disposizioni, tra le quali spiccano quelle destinate a codificare le modifiche, a livello di struttura organizzativa, degli studi legali, e il loro ingresso sul mer- cato92; quelle miranti a incoraggiare lo sviluppo e la diffusione capil- lare delle “associazioni degli avvocati” (律师会, lüshi xiehui)93; quelle che stabilivano i poteri degli avvocati all’interno del processo, e il pa- rallelo dovere dei membri dell’apparato giudiziario di collaborare con essi94; quelle, infine (e soprattutto), che riducevano la dipendenza dei legali dal Ministero della Giustizia, trasferendo alle “associazioni di tutti gli avvocati” una parte dei poteri fino ad allora attribuiti allo stesso Ministero95. Nonostante il grande passo verso l’autonomia costituito da que- sta legge, i nuovi “professionisti del diritto” sono tuttora ben lungi dall’essere completamente “svincolati” dallo Stato96. vedi in generale: Human Rights Watch, “Walking on Thin Ice. Control, Intimida- tion and Harassment of Lawyers in China», citato, in cui il discorso di Zho Dazheng è citato alle pagine 28-29. Per una critica agli emendamenti alla Legge da parte di tre “avvocati per i diritti umani” (Teng Biao, Li Heping e Zhang Jiankang), vedi Human Rights Lawyers Concern Group, “Translation: Three Mainland Human Ri- ghts Lawyers on the Amended PRC Law on Lawyers”, May 2008, disponibile al- l’indirizzo: http://www.chrlcg-hk.org/?p=292 (visto l’ultima volta il 24/02/2011). 92 La Legge rappresentava, in questo senso, la ratificazione della riforma strut- turale degli studi legali avvenuta tra la metà degli anni ’80 e i primi anni ’90, rico- noscendo esplicitamente tre tipi di studi legali: gli studi legali di proprietà statale, quelli cooperativi, e quelli associati. Vedi, rispettivamente, gli artt. 16, 17 e 18 della, Legge sugli avvocati del 1996. Si noti che tali articoli sono stati emendati, nel 2001 e nel 2007, e oggi la legge contempla solo due tipi di studi legali: quelli associati, e quelli composti da un solo avvocato. Sui tre tipi di studi ammessi nel 1996, vedi su- pra, nel testo, e – più diffusamente – Randall Peerenboom, op. cit. p. 353. 93 Vedi art. 37 e ss., “Legge sugli avvocati” del 1996. Com’è noto, si tratta del- l’associazione che riunisce tutti gli avvocati cinesi, prevista dall’articolo 19 del “Re- golamento Provvisorio sull’Avvocatura” del 1980, stabilita a livello provinciale nel corso degli anni successivi, e solo nel 1986 istituita a livello nazionale, per poi es- sere diffusa a partire dal 1993 nelle principali città della RPC. Sull’argomento, vedi Randal Peerenboom, op. cit., p. 354, e – più in generale – il sito dell’Associazione di tutti gli avvocati cinesi (全国律师会, Zhonghua quanguo lüshi xiehui), al- l’indirizzo: http://www.acla.org.cn/pages/index.html. 94 Vedi art. 30, “Legge sugli avvocati” del 1996 (art. 33 e ss. Legge 2007). Sul- l’argomento vedi più diffusamente Randal Peerenboom, op. cit. p. 350-351. 95 Vedi art. 40, “Legge sugli avvocati” del 1996 (art. 46 Legge 2007). Sull’argo- mento, vedi più in dettaglio Randall Peerenboom, op. cit., p. 350-351. Sulle “as- sociazioni degli avvocati” vedi infra, testo e note relative. 96 A tale proposito, Peerenboom ricorda come i redattori della legge abbiano Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 209

Se, infatti, come abbiamo poco sopra notato, la nuova norma pri- vava, da una parte, il Ministero della Giustizia del potere di “ammi- nistrazione” (管理, guanli) sull’avvocatura97, dall’altra conferiva ad esso la funzione di “supervisione e guida” (“监督, 指导” “jiandu, zhi- dao”)98 nei confronti non solo dei singoli avvocati, ma anche degli studi legali e delle “associazioni degli avvocati”99; organizzazioni, que- ste ultime, alla quale i professionisti dovevano iscriversi per ottenere (e mantenere) l’autorizzazione alla pratica forense100, e a cui la Legge demandava il cosiddetto “micro-controllo”sui legali101. In realtà, come nota Randall Peerenboom, nonostante il cambia- mento di linguaggio, l’egemonia dello Sifa bu sulla professione era rimasta pressoché invariata102. Non solo, infatti, al Ministero della Giustizia continuavano a fare capo la gestione dell’esame di Stato, il conferimento del titolo di “lü-

esplicitamente rifiutato la definizione di avvocati quali “professionisti liberi” (由执业者, ziyou ziyezhe), o “professionisti liberi e indipendenti” (由独立执业者 ziyou duli zhiyezhe) , adottata in alcuni Paesi, preferendo evidenziare che gli avvo- cati non sono dipendenti dello Stato, ma piuttosto soggetti in possesso di una qual- che autonomia istituzionale, dotati di proprie responsabilità e doveri nei confronti del cliente. Sull’argomento, vedi Randal Peerenboom, op. cit., p. 351. 97 Randall Peerenboom, op. cit., p. 353. 98 Vedi art. 4, “Legge sugli avvocati”. 99 Ibid. 100 Vedi art. 45, “Legge sugli avvocati”. 101 In pratica, la legge istituiva quella che è stata definita come “amministrazione congiunta” (两个结合, liangge jiehe) dell’avvocatura, da parte di Ministero della Giu- stizia (e suoi omologhi locali) e Associazione degli avvocati: alle amministrazioni giu- diziarie locali spettavano i poteri di macro-controllo (come vedremo più oltre nel testo: ammissione, amministrazione, e coordinamento), mentre le associazioni eser- citavano il controllo su struttura, obblighi professionali, affari quotidiani, formazione e preparazione. Sull’argomento, vedi più in dettaglio: 叶青, 顾跃进(主编), 国律师制度研究, 上海, 上海社会科学出版社, 2005, Ye Qing e Gu Yuejin (ed.), Zhongguo lüshi zhidu yanjiu” (studio del sistema cinese di avvocatura), Shanghai, Shanghai shehui kexue chubanshe, 2005, p. 98; Randal Peerenboom, op. cit., p. 353 e ss.; Human Rights Watch, “Walking on Thin Ice. Control, Intimidation and Harassment of Lawyers in China», citato, p. 14. 102 Vedi Randall Peerenboom, op. cit., p. 355, in cui l’autore riporta, tra le al- tre, anche l’opinione dell’ex Presidente della Corte Suprema del Popolo Xiao Yang, secondo il quale: “la guida e supervisione è gestione”, e la legge non avrebbe dimi- nuito in alcun modo i poteri di controllo del Ministero della Giustizia sull’avvoca- tura, ma anzi ne avrebbe imposti di nuovi e più stringenti. Vedi Randall Peeren- boom, ibid. Un’opinione simile, anche se diversamente articolata, è quella espressa dal Prof. Alford in William P. Alford, “Of Lawyers Lost and Found: Searching for Legal Professionalism in the People’s Republic of China”, in William P. Alford (ed): «Raising the Bar: The Emerging Legal Profession in East Asia», Cambridge, Harvard University Press, 2007, p. 294. 210 Capitolo V shi”103, i controlli disciplinari104, l’emanazione delle licenze per l’eser- cizio dell’avvocatura e per la costituzione degli studi legali105, e (non da ultimo) la responsabilità per il rinnovo annuale delle suddette li- cenze106; di fatto, il Ministero manteneva il controllo anche sull’atti- vità quotidiana degli avvocati, attraverso il rapporto di dipendenza istituzionale che legava ad esso le “lüshi xiehui”, sia a livello nazio- nale che locale107. Vedremo tra poco come questi aspetti – i quali, com’è evidente, rendono la posizione degli avvocati della Repubblica Popolare Ci- nese in generale (e dei gongyi lüshi in particolare) più “fragile”, e meno garantita di fronte al potere costituito, di quanto non sia quella dei loro colleghi stranieri108 – abbiano condizionato (e condizionino) profondamente lo stile e le tecniche utilizzate dagli “avvocati nel pub- blico interesse” cinesi. Per il momento, ci limitiamo a notare come la portata di tali attribuzioni non risultasse così evidente – e, in ogni

103 Vedi art. 6, “Legge sugli avvocati”. 104 Vedi art. 9 e art. 47 e ss., “Legge sugli avvocati”. 105 Vedi, rispettivamente, art. 6 e artt. 18 e 21, “Legge sugli avvocati”. 106 Vedi art. 12, Misure per la gestione delle licenze per la pratica di avvocati e studi legali (律师和律师事务所执业书管理办法, Lüshi he lüshi shiwusuo zhiye zhengshu guanli banfa), promulgato dal Ministero della Giustizia il 21 settembre 2009. 107 Vedi articolo 4, “Legge sugli avvocati”. Si ricorda che le “associazioni degli avvocati” – come del resto si evince dalle norme ad esse relative presenti nella Lü- shi fa – non sono, nella Repubblica Popolare organizzazioni indipendenti, ma bensì parastatali, al pari delle “associazioni dei lavoratori” (工联合会, gongren lianhehui), delle “associazioni delle donne” 女联合会 (nüren lianhehui) etc., e che la dipen- denza delle “associazioni degli avvocati” dall’amministrazione burocratica della giu- stizia è rafforzata dal fatto che, in genere, i loro presidenti e segretari vengono scelti tra i dipendenti dell’Ufficio giudiziario (司法局, Sifa ju) competente territorialmente. Sull’argomento, vedi Human Rights Watch, “Walking on Thin Ice”, citato, p. 14. Sul tentativo (fallito) da parte degli avvocati di Pechino di eleggere liberamente i ver- tici della loro associazione vedi: Stacy Mosher, “Background to the Beijing Lawyers Association Election Controversy”, in Stacy Mosher e Patrick Poon, “A Sword and A Shield. China’s Human Rights Lawyers”, citato. 108 Anche di quelli operanti all’interno di culture giuridiche affini (per non dire identiche) a quella della RPC. Per un confronto tra le garanzie offerte agli avvocati dal sistema taiwanese dopo la fine della legge marziale, nel 1987, e quelle di cui go- dono i professionisti operanti nella Cina continentale vedi Wei Chien-Feng: “A Comparison of the Professional Safety of Lawyers in Taiwan and China”, in Stacy Mosher e Patrick Poon, “A Sword and A Shield. China’s Human Rights Lawyers”, Hong Kong, China Human Rights Lawyers Concern Group, 2009. Per una sintesi sull’attività svolta dagli avvocati per i diritti a Taiwan, vedi, all’interno della stessa opera, Wellington Koo Li-Hsiung e Lucas Wang, “Taiwan’s Road to Rights Defence”. Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 211 caso, non apparisse così drammatica – nel periodo in cui la Legge fu emanata. Se, infatti, a partire dal 2006, la preoccupazione della leadership cinese per il mantenimento dello status quo (e la conseguente prio- rità attribuita alla “costruzione di una società armoniosa” a discapito della “trasformazione della Cina in uno Stato di diritto”) ha fatto sì che il Ministero cominciasse ad approfittare pesantemente delle pro- prie prerogative, servendosi degli strumenti di controllo già presenti nella legislazione (in particolare del potere di concessione, revoca e rinnovo annuale della licenza109) per allontanare dal foro, riducendo al silenzio, chiunque fosse sospettato di esercitare la professione in modo difforme dalle linee guida del partito, il contesto in cui si muo- vevano gli avvocati nei primi tempi dopo l’entrata in vigore della nuova legge risultava totalmente differente. In quel momento storico, erano al contrario concetti come “autonomia” e “professionalità” a costituire le parole d’ordine delle politiche nei confronti dei giuristi, e poco spazio veniva lasciato all’applicazione di norme come quelle sopra citate110. L’obiettivo del governo era del resto – come abbiamo già notato – quello di manovrare gli esiti della privatizzazione della professione legale per utilizzarla come contrafforte alle sue posizioni111, nella con- vinzione che un’avvocatura più indipendente e preparata avrebbe po- tuto rafforzare il controllo del centro sulla periferia, fungendo allo stesso tempo da motore per lo sviluppo economico; in tale direzione, pertanto, dovevano essere convogliati tutti gli sforzi dell’apparato statale. Gli esiti della riforma, dal punto di vista quantitativo e qualita- tivo, non tardarono a manifestarsi: nel giro di pochi anni, la nuova (ancorché limitata) autonomia e l’ampliamento delle prospettive di guadagno112 avrebbe, infatti, portato a una crescita esponenziale del

109 In particolare, come abbiamo già notato, ciò è avvenuto a partire dal 2009, a ridosso del ventennale dai fatti di Tian’anmen. Sull’argomento, vedi supra, capitolo terzo, paragrafo 2.3.1.; vedi anche Stacy Mosher (trad.), “Large-scale Crackdown on the Eve of June 4th Prevents Nearly 20 Lawyers from Practicing their Profes- sion. A Statement by Mainland Lawyers”, in Stacy Mosher e Patrick Poon, “A Sword and A Shield. China’s Human Rights Lawyers”, citato. 110 Tanto da far sì che lo stesso Randall Peerenboom, nel 2002, notasse come: “[…] there do not appear to be any reported case of lawyers having their license re- voked for political activities”. Vedi Randall Peerenboom, “China’s Long March Towards the Rule of Law”, citato, p. 356. La situazione, come si ricordava supra nel testo, sarebbe mutata radicalmente, di lì a pochi anni. 111 Fu Hualing, “Weiquan Lawyers in an Authoritarian State: Towards a Cri- tical Lawyering”, citato, p. 1. 112 Si noti che fino al 1996 gli avvocati non solo ricevevano uno stipendio dallo 212 Capitolo V numero degli avvocati113, mentre, di pari passo, aumentavano le com- petenze giuridiche di ciascuno di essi114, grazie ai sempre più strin- genti requisiti richiesti per l’accesso alla professione115, e alla sempre maggiore disponibilità di corsi di diritto116.

Stato, ma a quest’ultimo apparteneva, in linea di principio, anche ogni profitto da essi ottenuto nell’esercizio della professione. Sull’argomento, vedi più in dettaglio: Fu Hualing: “When Lawyers are prosecuted…The Struggle of a Profession in Tran- sition”, p. 3. 113 Basti pensare che nel 1986 in Cina si contavano 21.500 avvocati, che sareb- bero diventati 45.000 nel 1992 (anno in cui fu fondato il primo studio di avvocati “privato), 130.000 nel 2004, e ben 143.000 nel 2008. Sull’argomento, cfr. i dati (rife- riti ad anni differenti, ma piuttosto coerenti dal punto di visto numerico) riportati su: Human Rights Watch, “Walking on Thin Ice”, citato, p. 12; Benjamin Liebman, “Prepared Statement at Rountable on Access to Justice in China” (July 12, 2004), di- sponibile all’indirizzo: http://www.cecc.gov/pages/roundtables/071204/liebman.php (vi- sto l’ultima volta il 3/12/2010), e dello stesso autore, «Legal Aid and Public Interest Law in China», citato, pp. 219-234; Randall Peerenboom, op. cit., p. 352; Fu Hua- ling, «Access to Law in China: Potential, Limits and Alternative», citato, p. 9. Se- condo Sida Liu, gli avvocati operanti in Cina nel 2010 sarebbero stati circa 170.000. Sull’argomento, si veda l’intervento di Sida Liu su “The Changing Role of Chinese Lawyers” alla conferenza intitolata “Legal Reform in China” tenutasi presso la Wa- shington University - St. Louis School of Law il 25 Febbraio 2010, e visualizzabile on-line all’indirizzo: http://mediasite.law.wustl.edu/Mediasite/Viewer/?peid=633ff 8611790430dafec57419d60b706 (visto l’ultima volta il’8/03/2010) e, dello stesso au- tore, 刘思达: “国法律服务市场的生态分析”, Liu Sida: “Zhongguo falü fuwu shi- chang de shengtai fenxi“ (Analisi ambientale del mercato dei servizi giuridici in Cina), citato. 刘思达: “国法律服务市场的生态分析”, 上海, 上海三联书店, 2011年. 114 Nel 1997, solo il 33% degli avvocati aveva, infatti, un diploma di istituto su- periore, o una laurea. Nel 2004, tale quota aveva, invece, superato il 70%, il 44% dei quali possedeva un certificato di studio in materie giuridiche. Vedi 朱景文 (主编): “国法律发展报告 (1979-2004): 数据库和指标体系”, 北京, 国大学出版社, 2007年, Zhu Jingwen (zhu bian): “Zhongguo falü fazhan baogao (1979-2004): shujuku he zhibiao tixi” (Report sullo sviluppo giuridico in Cina – Database e indicatori), Beijing, Zhonguo Renmin daxue chubanshe, 2007, p. 37. Dopo il 2001, con l’intro- duzione del requisito minimo, per l’accesso alla avvocatura, del diploma di istituto superiore le percentuali si sono, ovviamente, innalzate; Randall Peerenboom nota in- fatti come, nel 2006, il 95% degli iscritti all’esame da avvocato possedesse una lau- rea, o un titolo di studi superiore. Sull’argomento, vedi più in dettaglio Randall Peerenboom, “Economic Development and the Development of the Legal Profes- sion in China” (February 13, 2009), disponibile su SSRN all’indirizzo: http://ssrn.com/abstract=1342287 (visto l’ultima volta il 18 febbraio 2011), pp. 4-5. 115 Sull’argomento, vedi più in dettaglio Randall Peerenboom, “China’s Long March Towards the Rule of Law”, citata, p. 364 e ss. 116 Secondo Randall Peerenboom, le scuole di diritto, che nel 1976 erano solo 8 in tutta la Cina, sarebbero divenute 62 nel 1989, 183 nel 1999, 389 nel 2003, e 559 nel 2005. Vedi Randall Peerenboom, “Economic Development and the Develop- ment of the Legal Profession in China” (February 13, 2009), citato, p. 4, che si ri- ferisce ai dati riportati da Zhu Jingwen in: 朱景文 (主编): Zhu Jingwen (zhu bian), op. cit. , ibid. Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 213

A fare da traino a tale espansione fu in massima parte, come di- cevamo, la ricerca di maggiori profitti da parte degli avvocati. Proprio per aumentare il proprio giro di affari (e godere di una più sicura tutela nei confronti di corruzione e abusi117) molti profes- sionisti sarebbero, di lì a poco, tornati ad intessere stretti rapporti con il Ministero, sostituendo l’antica dipendenza istituzionale con re- lazioni di tipo clientelare118, fino a concludere quello che William Alford definisce: “a Faustian bargain with the party/state, willingly accepting a good life materially and in terms of prestige and security in return for fo- regoing certain of the attributes (most notably, a considerable mea- sure of indipendence from the state) generally associated with legal professionalism in liberal democratic states, and for acquiescing in the role of the CCP has accorded itself in Chinese political and legal life”119.

Si tratta di una scelta per molti versi comprensibile, ma che – com’è evidente, dato l’argomento del nostro lavoro – non era desti- nata ad essere condivisa dalla categoria nel suo complesso: un limi- tato numero di avvocati preferì, infatti, al contrario, conservare gelo- samente la libertà appena acquistata, interpretando il cambiamento istituzionale introdotto dalla Legge come il primo passo verso la crea- zione di un’avvocatura separata e radicata nella società civile120. Que- sto segmento della professione prese a guardare con sempre maggiore interesse alle cause con implicazioni sociali che, proprio in quegli anni, cominciavano ad essere intentate121. È questo il processo che abbiamo descritto all’inizio del presente capitolo: se, infatti, fino alla entrata in vigore della Lüshi fa, rara- mente gli avvocati avevano patrocinato “azioni nel pubblico inte- resse”, con la “privatizzazione” della professione essi iniziano a uti- lizzare i concetti, i modelli e (in qualche caso) le risorse straniere per

117 Randall Peerenboom, China’s long march, p. 356 e ss. 118 Ibid., p. 356. 119 William P. Alford, “Of Lawyers Lost and Found: Searching for Legal Pro- fessionalism in the People’s Republic of China”, citato, p. 295. Sull’argomento cfr. anche quanto affermato da Randall Peerenboom in Randall Peerenboom, ultima opera citata, p. 378, dove l’autore nota come “At least in the short term, the legal profession and certain lawyers and law firms may be inclined to serve the interest of the state in exchange for continued access to economic benefit”. 120 Fu Hualing e Richard Cullen, “The Development of Public Interest Li- tigation in China”, citato, p. 13. 121 Titi Liu, op. citata, p. 292. 214 Capitolo V promuovere interessi pubblici, al di là di quelli del proprio cliente122, e per difendere il “bene pubblico” anche quando quest’ultimo si pone in contrasto con gli interessi dello Stato. Il coinvolgimento degli avvocati nelle gongyi susong, dapprima quasi casuale, diviene, con il passare del tempo, sempre più consa- pevole123, e a partire dall’inizio del XXI secolo sono sempre di più i professionisti che operano ai confini del lecito, in particolare a livello locale, sfidando chiunque abusi, in qualsiasi forma, del proprio potere124. La spinta ad operare in tal senso, per alcuni gongyi lüshi, è eco- nomica, oltre che ideologica125, mentre (lo ribadiamo ancora una volta) il loro sforzo per rendere il sistema giuridico cinese più efficace viene,

122 Titi Liu, op. cit., p. 274. 123 Fu Hualing e Richard Cullen citano, a questo proposito, l’esempio del- l’avvocato Zhou Litai, che nel 1996 accettò di difendere i famigliari di una coppia di lavoratori migranti, deceduti in un incidente stradale a Shenzhen. L’avvocato riu- scì a trasformare l’incidente stradale in una richiesta di danni per incidente sul la- voro, ottenendo un grosso successo in corte, e – a causa della grande popolarità ac- quisita attraverso questo caso, e alle crescenti opportunità (anche di guadagno) of- ferte dal settore – decise di continuare a esercitare la professione in ambito giusla- voristico. Sull’argomento, vedi Fu Hualing e Richard Cullen, “The Develop- ment of Public Interest Litigation in China”, citato, p. 14 e ss. Per maggiori detta- gli sull’attività di Zhou Litai, si veda il report del discorso tenuto dallo stesso av- vocato Zhou il 24/11/2007, e riportato in 周立太: “从挣扎最终走过来的周立太”, Zhou Litai, “Cong zhengzha zuizhong zouguo lai de Zhou Litai” all’indirizzo: http://news.aweb.com.cn/ 2007/11/24/117200711241636340.html (visto l’ultima volta il 26/02/2011); sull’argomento, vedi anche infra, nota 857. 124 Benjamin Liebman, «Lawyers, Legal Aid and Legitimacy in China,», in Wil- liam P. Alford (ed): «Raising the Bar: The Emerging Legal Profession in East Asia», Cambridge, Harvard University Press, 2007, p. 347. 125 Ibid. A tale proposito si può citare, ancora una volta, il caso di Zhou Litai che, insieme a Pu Zhiqiang, si è distinto per la capacità di scegliere controversie in difesa di diritti civili che, allo stesso tempo, presentassero buoni margini di guada- gno. Sull’argomento vedi più in dettaglio Fu Hualing e Richarda Cullen, “Wei- quan (Rights Protection) Lawyering in an Authoritarian State”, citato, p. 5. Si noti, tuttavia che si tratta di eccezioni e, in linea generale, i gongyi lüshi non guadagnano nulla, o molto poco, dai casi da essi portati in corte, e che l’avvocato Zhou Litai è famoso, in Cina, anche per applicare sovente “patti quota lite” alle controversie di cui si prende carico, e per aver citato numerosi suoi clienti, colpevoli di essersi ri- fiutati di pagarlo, una volta vinta la causa e ricevuto il risarcimento dovuto. Sull’ar- gomento, vedi più in dettaglio Fu Hualing e Richard Cullen, ultima opera ci- tata, ibid., e Ethan Michelson, «The Practice of Law as an Obstacle to Justice: Chinese Lawyers at Work», citato, p. 18 e ss. A proposito dei “patti di quota lite” (contingency fee) ricordiamo che, a partire dal 2006, essi sono ammessi dalla legisla- zione cinese, ma solo fino al 30% del valore della causa, e non in casi che riguar- dino determinate materie, quali salari non pagati, eredità, matrimonio e nelle con- troversie di gruppo. Sull’argomento, vedi Donald Clarke, «The Private Attorney- General in China: Potential and Pitfalls», citato, p. 254; Benjamin Liebman, «Lawyers, Legal Aid and Legitimacy in China», citato, p. 342. Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 215 entro certi limiti, apprezzato anche dal PCC, che grazie ad essi si trova – non del tutto inaspettatamente126 – a disporre di un nuovo (e disinteressato) mezzo di controllo sui funzionari locali, avendo, allo stesso tempo, l’occasione di mostrare agli osservatori stranieri che la Cina è – questa volta davvero – in cammino verso la costruzione di un “Paese di Rule of Law”. Si noti che la situazione sopra descritta è rimasta, ad oggi, pres- soché immutata, e ciò, nonostante il progressivo ridursi dello spazio (e della tolleranza) concesso alla “avvocatura per i diritti” nel conte- sto cinese127. A tale proposito, giova precisare che gli “avvocati nel pubblico in- teresse” sono in genere considerati fare parte dell’ala più moderata della cosiddetta “weiquan lawyering”128, e che i casi di cui si occu- pano difficilmente riguardano ambiti considerati “sensibili” dal punto di visto politico. In effetti, è possibile affermare – senza, sia notato per inciso, con questo voler sminuire in alcun modo il valore poli- tico dell’ opera portata avanti dai gonyi lüshi129 – che gli obiettivi da essi perseguiti hanno una portata piuttosto limitata, soprattutto se pa- ragonati a quelli dei loro colleghi “radicali” o “critici”130, essendo ri- feriti, per lo più, a trasparenza e responsabilità governativa. Per raggiungere tali finalità, per molti versi condivise anche dal potere centrale, gli “avvocati nel pubblico interesse” cinesi – come abbiamo già notato131, e come vedremo meglio tra poco – selezio- nano attentamente le liti di cui farsi carico, che devono rispondere a un duplice requisito: quello di avere un impatto diretto sulla vita dei

126 Ibid, p. 348. Sull’argomento, confronta anche supra, in questo paragrafo, nel testo. 127 Sull’argomento, vedi tra gli altri: Fu Hualing e Richard Cullen, “Clim- bing the Weiquan ladder: a radicalazing process for weiquan lawyers”, citato, p. 11 e ss. 128 La rappresentazione dell’”avvocatura per i diritti” cinese come una piramide, con gli avvocati “moderati” a costituirne la base, quelli “critici” il mezzo, e i radi- cali l’estremità, è stata, com’è noto, per la prima volta introdotta da Fu Hualing e Richard Cullen in Fu Hualing e Richard Cullen p. 6 e ss., e da allora ripresa da tutti gli studiosi che si sono occupati dell’argomento. Vedi, ad esempio, Randall Peerenboom, “Searching for Political Liberalism in all the Wrong Places: The Le- gal Profession in China as the Leading Edge of Political Reform?” (September 8, 2008). La Trobe Law School Legal Studies Research Paper No. 2008/7. Disponibile su SSRN: http://ssrn.com/abstract=1265080 (visto l’ultima volta il 18 febbraio 2011), p. 9 e ss. 129 E da essi stessi, del resto, per ragioni di opportunità, spesso espressamente negato. Sull’argomento, cfr., infra, intervista a Huang Jinrong. 130 Vedi supra, nota 864. 131 Vedi supra, capitolo terzo, paragrafo 1. 216 Capitolo V comuni cittadini, da un lato, e quello di non costituire una (troppo grave) minaccia all’armonia sociale, dall’altro. Ma per quale ragione è necessario mediare tra queste opposte esi- genze? In che modo ottemperare a tali criteri può portare a una più efficace tutela del pubblico interesse? E come si realizza, in concreto, in Cina, la difese del bene comune? Proviamo a capirlo, attraverso l’esperienza diretta di quattro gongyi lüshi.

3. La tutela del pubblico interesse in Cina: quattro gongyi lüshi a confronto Abbiamo terminato il capitolo quarto notando che non esiste un’u- nica risposta alla domanda su chi siano gli “avvocati nel pubblico in- teresse” cinesi, o su cosa essi si propongano di ottenere, attraverso le “azioni nel pubblico interesse”. Qui riprendiamo tale assunto, per precisare come l’ambiguità ca- ratteristica dell’espressione non si limiti a determinare incertezze sul piano teorico132 ma abbia, al contrario, importanti conseguenze an- che dal punto di vista pratico: la vaghezza della nozione di “pub- blico interesse” riverbera, infatti, anche sul (non sempre univoco) si- gnificato attribuito da ogni singolo gongyi lüshi alla propria missione, e fa sì che oggi, nella Rpc, vengano riconosciuti come “nel pubblico interesse” un grande numero di casi, riguardanti ambiti che vanno da quelli ormai noti (protezione dei diritti dei consumatori, lotta con- tro la discriminazione, diritto all’istruzione, ambiente) a settori più “neutrali” dal punto di vista politico (tutela di donne, minori e la- voratori migranti, ad esempio) fino ad arrivare ai temi che maggior- mente preoccupano il Partito (e di cui, peraltro, lo ricordiamo133, gli “avvocati nel pubblico interesse” sono più restii ad occuparsi) quali la libertà di religione, la corruzione, le espropriazioni illegittime o gli abusi nell’attuazione della politica demografica. Alla varietà degli argomenti trattati corrisponde l’eterogeneità dei soggetti coinvolti in prima persona in queste azioni. Come abbiamo già notato134, a fregiarsi del titolo di gongyi lüshi

132 Quali le evidenziate differenze tra le definizioni dottrinali di “gongyi susong”, e la conseguente mancanza di accordo, tra gli studiosi, su quale sia stata la prima “azione nel pubblico interesse” cinese. Sull’argomento vedi, rispettivamente: capitolo secondo, paragrafo 2.2, e capitolo quinto, paragrafo 1. 133 Vedi supra, paragrafo precedente, in fine. 134 Vedi supra, in questo capitolo, paragrafo 1. Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 217 non sono, infatti, solo avvocati, ma anche “giuristi” in senso lato (professori di diritto, o persone con laurea/master in giurisprudenza) e – sempre più raramente – privati cittadini; soggetti non collegati tra loro da alcuna rete formale, e spesso in disaccordo sulle strategie da utilizzare, ma uniti nell’intento di portare alla luce i problemi e le carenze che affliggono il sistema, per renderlo più giusto e realizzare, in questo modo, la propria personale percezione del bene comune. Nelle pagine che seguono esamineremo l’attività svolta da alcuni studi legali di Pechino in cui operano gongyi lüshi. Tale analisi si baserà sul materiale da me raccolto durante una se- rie di interviste ad avvocati ed attivisti cinesi realizzate nel corso del 2009, e verterà, in particolare, su quattro studi, selezionati tra quelli visitati sulla base di un doppio criterio di rappresentatività: rappre- sentatività in termini assoluti, e rappresentatività in termini relativi. Per quanto riguarda la prima, ho scelto di trattare degli studi che, a mio avviso, maggiormente dessero conto delle peculiarità dell’“av- vocatura nel pubblico interesse” cinese, sia dal punto di vista della composizione del team di lavoro che da quello delle tecniche utiliz- zate e della tipologia dei casi affrontati. Per quanto attiene, invece, alla seconda, ho voluto presentare strut- ture che, considerate individualmente, fossero “emblematiche” di un certo stile operativo, per far sì che, dal confronto tra di esse, potes- sero emergere alcune delle diverse (in qualche caso: opposte) moda- lità in cui l’istituto oggetto di questo lavoro viene, nella Repubblica Popolare, interpretato. Le organizzazioni a cui sono dedicati i prossimi paragrafi rispon- dono a entrambi questi requisiti; è, dunque, a partire dalle testimo- nianze degli avvocati che vi lavorano che cercheremo di tracciare il quadro dello stato della difesa del pubblico interesse in Cina, e di comprendere fino a che punto, e in quali forme, un “nuovo concetto di pubblico”135 si stia radicando, in seno alla società cinese.

3.1. “Ottenere il bene comune attraverso la protezione degli interessi individuali”: lo Studio legale Dongfang per il pubblico interesse e il legal aid di Pechino La nostra indagine sul funzionamento concreto delle gongyi su- song – mirante a mettere il luce le molteplici anime del “movimento per la legalità” cinese, e le diverse tecniche (giuridiche e non) utiliz- zate per rendere effettiva la tutela dei diritti dei cittadini della Rpc –

135 Vedi supra, capitolo primo, paragrafo 1. 218 Capitolo V non poteva non partire dallo “Studio legale Dongfang per il pubblico interesse e il legal aid di Pechino” (北京市东方公益法律援助律师事 务所, Beijingshi Dongfang gongyi falüyuanzhu lüshi shiwusuo), primo studio di avvocati no-profit in Cina a contenere “interesse pubblico” nella propria denominazione. Fondata, con l’approvazione dell’Ufficio per la Giustizia della Mu- nicipalità di Pechino (北京市司法局, Beijing Sifa Ju136), da alcuni stu- diosi dell’Istituto giuridico dell’Accademia Cinese di Scienze Sociali (国社会科学院, Zhongguo shehui kexueyuan, più nota in Occi- dente con l’acronimo inglese: CASS) nel 2003137, la Dongfang è sita in un luogo già di per sé evocativo: il complesso di edifici in cui un tempo aveva sede l’Università di Pechino, a pochi passi dal luogo in cui ha avuto origine il Movimento del 4 maggio 1919. Si tratta di una ONG138 particolarmente interessante ai fini del no- stro discorso, perché presenta alcuni aspetti “tipici” degli studi di av- vocati che, in Cina, si occupano di questo tipo di azioni. In primo luogo la struttura: la Dongfang è infatti una piccola realtà indipendente, presso cui prestano la loro opera, a titolo gratuito139, circa otto avvocati, tutti ricercatori presso la stessa Accademia140. La maggior parte dei gongyi lüshi cinesi oggi opera all’interno di organizzazioni di questo tipo: esse, infatti, consentono una maggiore autonomia nella scelta dei casi rispetto, ad esempio, ai centri di legal aid controllati dallo Stato, mentre, d’altra parte – se si pensa all’im- pegno degli attivisti cinesi a favore di ambiente e diritti dei consu- matori – appare evidente la ragione per cui pochi grandi studi com- merciali annoverino “avvocati nel pubblico interesse” tra i loro col- laboratori. Anche la scarsa (o nulla) remunerazione per i casi seguiti, e il col- legamento con la ricerca rappresentano elementi comuni a molti dei soggetti che agiscono in difesa del pubblico interesse. Le gongyi susong risultano, in effetti, quasi sempre antieconomi-

136 L’Ufficio amministrativo che, nella città di Pechino, esercita le funzioni su scala nazionale attribuite al Ministero della Giustizia, e al quale, dunque, compe- tono, tra gli altri, i poteri di concessione, revoca e rinnovo annuale della licenza a praticare l’avvocatura. Sull’argomento, e sui poteri di controllo sulla avvocatura at- tribuiti al Ministero, vedi supra, paragrafo precedente. 137 Sulla nascita della Dongfang, vedi più in dettaglio: 颜运秋: “公益诉讼法律制度 研究”, Yan Yunqiu “Gongyi susong falü zhidu yanjiu”, citato, p. 5. 138 Per un’analisi riguardo alle principali forme assunte dalle organizzazioni non governative in Cina e, alle problematiche relative, vedi supra, capitolo terzo, para- grafo 2.3.1. 139 In qualità di “avvocati a tempo parziale” (兼职律师, jianzhi lüshi). Sull’argo- mento, vedi supra, paragrafo precedente. 140 Intervista a Huang Jinrong, Pechino, 28 marzo 2009. Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 219 che. Le scarse risorse dei clienti (quando di clienti si può parlare)141, la non operatività, nel diritto cinese, della regola di imputazione delle spese processuali alla parte soccombente142 e – anche nei pochi casi in cui la legge prevede una deroga espressa sui costi della soccom- benza143 – l’esiguità del danno contestato e le scarse possibilità di vit- toria fanno sì che la maggior parte dei costi di un’azione di questo tipo debba essere sopportata dall’avvocato stesso; avvocato che, so- vente, è lo stesso attore della controversia144 e che, altrettanto spesso, si trova a dover conciliare l’impegno sociale con attività più remu- nerative. Tra le attività “parallele” svolte prevalgono di gran lunga quelle collegate con il mondo della ricerca: dato il ruolo cruciale attribuito ai “dotti” nelle riforme giuridiche, la (relativa) autonomia politica ed economica di cui godono gli accademici in Cina, il grado del loro coinvolgimento nella determinazione delle politiche pubbliche145 e – non da ultimo, come abbiamo visto – la possibilità concessa dalla legge di svolgere “in parallelo” attività di ricerca e professione, in

141 Molto spesso, infatti, sono gli stessi avvocati ad agire in veste di attore. Sul- l’argomento, vedi infra, in questa pagina. 142 Vedi Legge di procedura civile (共和国事诉讼法, Zhonghua ren- min gongheguo minshi susong fa), art. 107. 143 Come, ad esempio, nei casi di concorrenza sleale (art. 20, Legge sulla con- correnza sleale, 共和国反不正当竞争, Zhonghua renmin gongheguo fan buzhengdang jingzheng fa). Eccezioni alla regola in altri ambiti (controversie che riguardano problemi di marchio o copyright, ad esempio) sono esplicitamente ac- cordate da alcune “interpretazioni” (解释, jieshi) della Corte Suprema del Popolo, mentre nei casi che coinvolgono i consumatori si registra, in generale, la tendenza delle corti ad accollare le spese processuali al perdente, almeno nei casi in cui, ad avere la meglio, sia stato, appunto, il consumatore. Sull’argomento vedi, più in det- taglio Donald Clarke, “The Private Attorney-General in China: Potential and Pitfalls”, Washington University Global Studies Law Review, vol. 8:241, 2009, p. 253 e ss. 144 Le ragioni per cui, spesso, gli avvocati cinesi decidono di intentare causa in veste di attore sono molteplici, e vanno dalle motivazioni di tipo economico elen- cate infra nel testo, a quelle che riguardano la difficoltà di reperire soggetti disposti ad “andare fino in fondo”, in cause che in qualche caso potrebbero metterli in cat- tiva luce di fronte alle autorità. Titi Liu, a questo proposito, cita il caso dell’avvo- cato Liu Qiulin che, dopo aver invano cercato di rintracciare un suo cliente, Jiang Shilin, resosi irreperibile dopo aver accettato di citare in giudizio, per abuso di po- tere, il governo della città da cui dipendeva il villaggio di cui era sindaco, ha deciso di non assumere più la rappresentanza di alcun cliente, e di agire direttamente in ve- ste di attore. Sull’argomento, vedi Titi Liu, op. cit., p. 287. 145 Sull’argomento, vedi più in dettaglio Fu Hualing e Richard Cullen, “Wei- quan (Rights Protection) Lawyering in an Authoritarian State: Toward Critical Lawye- ring”, SRN Working paper series, January 2008, disponibile su http://papers.ssrn.com/ sol3/papers.cfm?abstract_id=1083925 (visto l’ultima volta il 22/05/09) p. 4. 220 Capitolo V qualità di “avvocati a tempo parziale”146, non stupisce che molti de- gli “avvocati nel pubblico interesse” cinesi siano professori o ricer- catori universitari. È questo il caso di Huang Jinrong (黄金荣), avvocato di spicco della Dongfang e ricercatore presso l’Accademia Cinese di Scienze Sociali (CASS), il quale, durante la nostra intervista (marzo 2009), ci ha spiegato come proprio il legame, suo e dei suoi colleghi, con la CASS abbia reso loro possibile la fondazione di una ONG in un settore osservato con tanta attenzione dalla leadership cinese. Il fatto che la CASS sia un istituto statale, e quindi collegato in qualche modo con il governo, non significa, comunque, che la Dong- fang non goda di una certa indipendenza. Come nota lo stesso dott. Huang: “Ogni tanto è necessario scendere a compromessi, ma il governo ci- nese non è un monolite, esistono diversi livelli, diverse amministra- zioni, diverse idee di ciò che è giusto. Noi sfruttiamo queste aper- ture, senza superare la linea che separa ciò che è lecito da ciò che non lo è”147.

Per “sfruttare queste aperture” – e spostare la linea di confine un po’ più in là – la Dongfang si impegna su più fronti, utilizzando vari strumenti (public interest litigation, ma anche petizioni, e organizza- zione di seminari), e si avvale della collaborazione scientifica e del fi- nanziamento di alcune fondazioni straniere, in particolare americane e inglesi. Ma in che modo opera, concretamente, questo studio, al fine di ottenere, come recita il suo motto: “il bene comune attraverso la pro- tezione degli interessi individuali” (积万众之私成天下之公, ji wanzhong zhi si cheng tianxia zhi gong)? In primo luogo, attraverso un’attenta selezione dei casi da portare (o, meglio, cercare di portare) davanti alle corti; selezione in parte resa necessaria dalla carenza di personale e mezzi, ma soprattutto det- tata dell’esigenza di risvegliare l’attenzione dell’opinione pubblica ri- spetto ai problemi che, di volta in volta, paiono più pressanti agli oc- chi degli avvocati che qui lavorano. Non sempre si tratta di casi proposti da clienti “veri”; più spesso, si identifica la questione di cui ci si vuole occupare, per poi trovare

146 Vedi artt. 6 e 12, “Legge sugli avvocati”; sull’argomento, vedi più in dettaglio supra, in questo capitolo, paragrafo 5.2. 147 Intervista a Huang Jinrong, Pechino, 28 marzo 2009. Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 221 un attore “di comodo” o, come ricordavamo poco sopra, agire in prima persona. Ad esempio, per evidenziare l’inazione degli organi preposti al- l’annullamento di regolamenti dell’esecutivo resi obsoleti e contrari alla legislazione vigente, lo stesso Huang Jinrong, nel 2005, ha intentato un’azione civile contro l’Amministrazione Ferroviaria di Pechino. La norma che, in questo caso, si intendeva colpire era un regola- mento nazionale, il “Regolamento sull’assicurazione obbligatoria per danni accidentali a passeggeri ferroviari” (铁路旅客意外伤害强制保 险条例 Tielu lüke yiwai Shanghai qiangzhibaoxian tiaoli) del 1951, nella parte in cui prevede che sia la stessa amministrazione ferrovia- ria, e non una compagnia di assicurazioni (come stabilito dalla Legge sulle Assicurazioni del 1995148), a incassare il premio assicurativo ob- bligatorio per ogni passeggero compreso nel prezzo del biglietto. Dal momento che, sui biglietti, non viene esplicitata la frazione del prezzo corrispondente al premio (e ammontante a circa il 2% del totale), Huang Jinrong ha citato, come dicevamo, l’Amministrazione Ferroviaria di Pechino (北京铁路局 Beijing Tieluju), accusandola di aver leso il suo diritto di informazione, tutelato dagli artt. 8 e 19 della “Legge per la protezione degli interessi e dei diritti dei consumatori”. Con questa azione, egli domandava l’adempimento dei doveri di infor- mazione, oltre alla restituzione del premio pagato per l’assicurazione obbligatoria che era indebitamente riscosso dall’Amministrazione stessa, in violazione della Legge sulle Assicurazioni149. La corte adita ha negato la violazione del dovere di informazione, ritenendo che, essendo il Regolamento del 1951 stato pubblicato, le sue disposizioni – comprese quelle riferite all’inclusione del premio assicurativo nel prezzo del biglietto – dovessero essere considerate come note al momento dell’acquisto del biglietto, mentre ha dichia- rato le altre pretese dell’attore al di fuori della propria competenza. Su queste basi, ha rigettato le richieste di Huang Jinrong. Non è, comunque, la vittoria in giudizio quella che gli “avvocati nel pubblico interesse” cinesi in generale (e gli avvocati della Dong- fang in particolare), mirano ad ottenere, e questo non solo perché, lo ricordiamo150, i precedenti giudiziari non hanno, in Cina, valore vin-

148 Legge sulle Assicurazioni (保险法, Baoxianfa) del 1995, art. 5. Si noti che il Comitato Permanente dell’Assemblea Nazionale Popolare della Repubblica Popolare Cinese ha, nel gennaio 2009, approvato una nuova Legge sull’assicurazione, che è entrata in vigore il 1°ottobre 2009. 149 Per maggiori dettagli su questo caso, vedi http://www.dfpilaw.org/show_news.asp? id=877&classid=5&boardid=5 (visitato l’ultima volta il 17/12/2009). 150 Vedi supra, capitolo quarto, paragrafo 3.3. 222 Capitolo V colante, e una sentenza favorevole avrebbe, dunque, effetti solo tra le parti151. Come sostenuto nel capitolo quarto152, è lo stesso sistema in cui sono inserite le corti cinesi a far sì che su di esse “non si possa contare”153. In questa situazione, non stupisce che buona parte delle cause in- tentate dagli “avvocati nel pubblico interesse” non solo non ottenga un verdetto favorevole, ma addirittura, spesso, venga giudicata inam- missibile, oppure – semplicemente – ignorata. Ciò accade, in particolare, quando ci si discosta da temi “politi- camente corretti” (come la protezione dei diritti dei consumatori) per occuparsi di problemi che toccano più da vicino l’operato dell’ese- cutivo; emblematico, a questo proposito, è il caso sotto riportato, in cui la Dongfang ha citato otto agenzie governative a quattro diffe- renti livelli, nel tentativo di dare visibilità al problema degli studenti frequentanti istituti privati nelle aree rurali, aree – com’è noto – ge- neralmente molto povere e con bassa scolarizzazione, afflitte da una cronica carenza di strutture. La “Circolare sull’intensificazione della riforma del sistema di as- sicurazione dei fondi per l’istruzione obbligatoria nelle aree rurali” (国务院关于深化农村义务教育经费保障机制改革的通知, Guowuyuan guanyu shenhua nongcun yiwujiaoyu jingfei baozhang jizhi gaige de tongzhi) – circolare emanata dal Consiglio di Stato nel 2005 per dare attuazione alle nuove politiche di scolarizzazione obbligatoria, anche nelle zone più disagiate, inaugurate dal partito a partire dal XVI Con- gresso Nazionale – prevede il rimborso, agli studenti meno abbienti residenti nelle aree rurali, delle spese sostenute per l’istruzione ob- bligatoria, senza specificare se esso debba essere concesso anche agli studenti delle scuole private. Alcuni governi locali interpretano questa clausola in senso restrit- tivo, impedendo pertanto a un grande numero di giovani – sovente costretti a frequentare scuole private per la mancanza di scuole pub- bliche – di godere del rimborso previsto. Huang Jinrong e il suo collega He Hairen hanno, pertanto, ac- cettato di rappresentare in giudizio uno studente del primo anno della scuola media Yiqiao della Contea di Nanhe (Hebei) nell’azione con- tro il Ministero dell’Educazione, il Ministero delle Finanze e le Am-

151 Sull’argomento, con particolare riferimento all’uso dei precedenti da parte de- gli avvocati cinesi, e al recente regolamento in tema di “casi guida” da parte degli “avvocati nel pubblico interesse” cinesi, vedi supra, capitolo quarto, paragrafo 3.3., testo e note. 152 Sull’argomento, vedi più diffusamente supra, capitolo quarto, paragrafo 153 Intervista a Huang Jinrong, Pechino, 28 marzo 2009. Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 223 mistrazioni per l’Educazione e quelle per le Finanze a livello pro- vinciale (Hebei), municipale (città di Xingtai) e di contea (Nanhe), colpevoli di non aver applicato la Circolare nei confronti dell’attore, violandone i diritti tutelati dalla Costituzione e dalla legge. Alla corte veniva chiesto di confermare il diritto dell’attore a godere del rim- borso delle spese scolastiche, per un totale di 235 RMB. La Corte Intermedia n. 1 di Pechino ha accettato il materiale for- nito a sostegno dell’azione ma, a due mesi dall’atto di citazione, ha restituito alle parti i documenti consegnati, mostrando, con i fatti, di non volersi occupare del caso. Non avendo la corte emesso un giudizio sull’ammissibilità del caso entro il termine legale, gli avvocati hanno quindi presentato reclamo presso l’Alta Corte di Pechino, anche questa volta senza ottenere al- cun riscontro154. Si tratta di un esito piuttosto comune, che mostra una delle dif- ficoltà più frequentemente incontrate dai gongyi lüshi: quella costi- tuita dal rifiuto “informale”, da parte delle corti, dei casi da essi pre- sentati. Un rifiuto che risulta tanto più grave, in quanto – oltre a im- pedire, com’è evidente, l’iscrizione al ruolo della causa – non essendo espresso attraverso un atto esplicito priva, di fatto, gli avvocati del diritto di ricorrere in appello contro la decisione del tribunale. È dunque alla luce di questo e altri simili risultati che ho posto a Huang Jinrong la domanda con cui ho terminato il capitolo pre- cedente: per quale ragione insistere con la difesa giudiziaria del pub- blico interesse, se si sa che, comunque, gli sforzi intrapresi non avranno che un minimo ritorno? La risposta del dott. Huang e dei suoi colleghi della Dongfang è stata disarmante, nella sua semplicità: la via giuridica alla riforma del sistema è, al momento, nella Repubblica Popolare Cinese, l’unica pra- ticabile155. Consci del valore più simbolico che effettivo delle maggior parte delle loro battaglie, gli avvocati nel pubblico interesse della RPC mi- rano infatti, soprattutto a “risvegliare” l’opinione pubblica, a sensibi- lizzarla rispetto a determinati problemi, per far comprendere ai cit-

154 Per maggiori dettagli su questo caso, vedi http://www.dfpilaw.org/en/show_news. asp?id=757&classid=12&boardid=12 (visitato l’ultima volta il 17/12/2009). 155 Il fenomeno della “giuridicizzazione” della politica nei regimi autoritari è, del resto, un fenomeno riconosciuto, e al quale negli ultimi anni sono stati dedicati nu- merosi studi. Sull’argomento, vedi in generale Tom Ginsburg e Tamir Moustafa: “Rule by Law: The politics of Court in Authoritarian State”, New York, Cambridge University Press, 2008 e, ancora di Tom Ginsburg: “Judicial Review in New De- mocracies: Constitutional Courts in Asian Case”, Cambridge, Cambridge Univer- sity Press, 2003. 224 Capitolo V tadini cinesi che è possibile ribellarsi agli abusi, e che, in ciò, il di- ritto può essere un potente alleato156. L’appoggio dei media, a questi fini, diviene cruciale. È (anche) per ottenere tale appoggio che i gongyi lüshi scelgono con tanta cura i temi da trattare; ed è anche in questo che si nota lo sforzo degli attivisti della Repubblica Popolare per adattare il mo- dello (statunitense ) di public interest litigation al contesto cinese. A tale proposito, ricordiamo come una delle caratteristiche per al- cuni versi più sorprendente delle gongyi susong – e che pare stridere con l’intento di rappresentare il pubblico interesse – sta nel fatto di essere azioni (nella stragrande maggioranza dei casi) individuali, scelte appositamente da un singolo attore per porre rimedio a violazioni che interessano una grande parte della popolazione, con l’intento di spingere altri soggetti a fare altrettanto, creando il maggior numero possibile di (singoli) “casi fotocopia”, al fine di accrescere l’interesse del pubblico riguardo al problema in questione, aggirando, nel con- tempo, gli ostacoli – come abbiamo visto: processuali e non157 – po- sti dal sistema alle azioni di gruppo. Casi, dunque, che per riuscire ad avere il massimo risalto media- tico – e quindi il massimo impatto sociale – devono sottostare a due ulteriori vincoli. Il primo di essi, come abbiamo già avuto modo di notare, riguarda i temi da trattare, che non possono – almeno nella interpretazione data da Huang Jinrong all’ “avvocatura per l’interesse pubblico” – ri- guardare argomenti troppo sensibili dal punto di vista politico. Se si pensa all’attuale situazione cinese, in particolare in relazione alla libertà di informazione, la ragione di ciò diviene evidente: solo se soddisfano questo requisito le controversie seguite dagli “avvocati nel pubblico interesse” potranno, infatti, essere adeguatamente pub- blicizzate dai media cinesi; solo così, esse avranno qualche possibilità di influenzare la pubblica opinione e, di conseguenza, l’azione del go- verno. Giornali, televisione e internet rappresentano una cassa di riso- nanza fondamentale, talvolta decisiva nel determinare l’impatto rifor- matore di un caso158, ed è proprio su questo terreno che, il più delle

156 Intervista a Huang Jinrong, Pechino, 28 marzo 2009. 157 Vedi supra, capitolo quarto, paragrafo 3.2. 158 Sul ruolo rivestito dai media all’interno del sistema giuridico cinese, vedi Benjamin L. Liebman, “Watchdog or Demagogue? The Media in the Chinese Le- gal System”, in Com. L. Rev. 1, January 2005; sul rapporto tra giudici e media vedi, dello stesso autore, “China’s Network Justice”, in Chi. J. Int’l L. 257, Summer 2007; sul concetto di “supervisione della pubblica opinione” (舆论监督, yulun jiandu) e Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 225 volte, si decide l’efficacia o meno dell’azione dei gongyi lüshi; gongyi lüshi che spesso – proprio per aumentare la pubblicità data alla con- troversia, e rassicurare, al contempo, il governo sulla “legittimità” delle loro pretese – organizzano seminari e workshop sul tema og- getto del contendere, invitando i più noti giuristi del Paese a pren- dervi parte159. Neppure una dittatura democratica del popolo – se si propone di “costruire una società armoniosa” – può permettersi di ignorare l’o- pinione pubblica. Molte delle cause intentate dagli “avvocati nel pub- blico interesse” cinesi hanno, in questi anni, trovato soluzione – ma- gari dopo essere state rifiutate dalle corti – una volta che la stampa interna ha preso ad interessarsene160, portando all’attenzione della so- cietà problemi fino ad allora ritenuti marginali e obbligando, così, il governo a farsene carico.

sul difficile rapporto tra pubblico, media e Stato vedi Anne S.Y. Cheung, “Public Opinion Supervision: A Case Study of Media Freedom in China”, 20 Colum. J. Asian L. 357, Spring 2007. Per una recente analisi, in lingua italiana, sul rapporto tra censura e giornalismo free-lance, da un lato, e sui nuovi spazi partecipativi aperti in Cina, dallo sviluppo del web, dall’altro, vedi rispettivamente, Emma Lupano, “La stampa in Cina tra controllo e apertura: il fenomeno dei giornalisti free lance”, e Gianluigi Negro, “Il “popolo della rete” e la vicenda della “Diga verde”, in Renzo Cavalieri e Ivan Franceschini, “Germogli di società civile in Cina, Milano, Fran- cesco Brioschi Editore, 2010. 159 Huang Jinrong, nel corso dell’intervista, ha notato come, in genere, questa tattica venga utilizzata in via residuale, quando il rilievo dato dalla stampa al caso non è sufficiente, o – a maggior ragione – quando non si riesca a trovare alcun gior- nale disposto a trattare l’argomento. L’esempio più recente è costituito dal semina- rio organizzato dalla Dongfang per discutere sulle conseguenze dell’emanazione della “Legge contro il monopolio” (共和国反垄断法, Zhonghua renmin gon- gheguo fan longduan fa, 2007 sul monopolio statale sul sale da cucina: le petizioni per l’abrogazione delle “Misure sul monopolio sul sale da tavola” del Consiglio di Stato, presentate dalla Dongfang al Comitato Permanente dell’Assemblea Nazionale Popolare perché esercitasse il potere ad esso conferito dall’articolo 88, punto (2) della “Legge sulle leggi” (共和国立法法, Zhonghua renmin gongheguo lifa fa, 2001) non sono, inizialmente, state pubblicizzate dalla stampa, e solo in seguito al seminario, e alla pubblicazione di studi riguardanti le conseguenze negative per la salute di una dieta troppo ricca di sale iodato, i giornali hanno preso a interessarsi della vicenda. Vedi intervista a Huang Jinrong, Torino, 6 ottobre 2009. Sull’orga- nizzazione di conferenze come “strategia di appoggio” alla lotta per i diritti portata avanti dai gongyi lüshi vedi anche Fu Hualing e Richard Cullen, “The Deve- lopmente of Public Interest Litigation in China” citato, p. 16, in cui gli autori so- stengono che gli avvocati arriverebbero a pagare gli esperti perché esprimano pareri favorevoli alla loro posizione, e i giornalisti perché le riportino. 160 Tra queste, ricordiamo la famosa “causa da 1,20 yuan”, e quella intentata da Qiao Zhanxiang contro il Ministero delle Ferrovie cinese. Sull’argomento, vedi su- pra, rispettivamente: capitolo quarto, paragrafo 2.1, e capitolo quinto, paragrafo 1. 226 Capitolo V

Huang Jinrong ricorda il caso delle scuole private frequentate dai figli di lavoratori migranti (工 mingong161) a Pechino: “A Pechino esistono circa 200 scuole private per i figli dei mingong, scuole prive di una licenza governativa ma che rappresentano l’unica possibilità, per questi bambini, di avere accesso all’istruzione. Nel 2003 è stato pubblicato un rapporto delle Nazioni Unite che, sul punto, cri- ticava duramente il governo cinese162. Le scuole “abusive” hanno quindi chiesto di ottenere la licenza governativa, ma è stata loro negata. Noi abbiamo assistito una di queste scuole, citando, nel 2004, il Comitato per l’educazione del distretto di Fengtai (Pechino). Il Comitato ini- zialmente si è difeso, sostenendo che i mingong, per definizione, non sono cittadini di Pechino, e quindi i loro problemi non sarebbero di competenza della Municipalità. Ma si tratta di un problema grave, che non può ricadere sui mingong o sui loro figli; i mingong sono cit- tadini cinesi, spetta al governo trovare una soluzione. Il caso non è stato accettato dalla corte, ma il Comitato alla fine ha concesso la li- cenza alla scuola, in seguito alle pressioni da parte della società ci- vile”163.

Le “pressioni da parte della società civile” non devono però, mai – sul punto Huang Jinrong è lapidario – uscire dal terreno della le- galità, dando origine a manifestazioni o disordini. È questa l’unico impegno che la Dongfang chiede ai suoi clienti, quando decide di accettarne il mandato: essi debbono astenersi da qualsiasi iniziativa personale, in particolare da proteste di piazza164. Si tratta del secondo vincolo all’azione degli “avvocati nel pub- blico interesse”, vincolo che distingue la loro opera da quella degli attivisti più radicali: rispetto a quella portata avanti da questi ultimi – sempre più spesso, in Cina, vittime di intimidazioni e arresti165 –

161 Sui lavoratori migranti, vedi infra, paragrafo 3.2. 162 Si tratta del rapporto redatto dallo Special Rapporteur on the Right to Edu- cation Katarina Tomasevski nel settembre 2003, e pubblicato nel novembre dello stesso anno. Vedi E/CN.4/2004/45/Add.1, November 21, 2003, ai punti 27 e 28. Il documento è disponibile su http://daccess-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/G03/ 170/38/PDF/G0317038.pdf?OpenElement. 163 Per una (molto schematica) descrizione di questo caso, vedi http://www.df- pilaw.org/show_news.asp?id=829&classid=5&boardid=5 (visitato l’ultima volta il 17/12/2009). 164 Intervista a Huang Jinrong, Pechino, 28 marzo 2009. 165 La situazione, già drammatica, degli “avvocati per i diritti” cinesi, è peggio- rata ulteriormente a partire dalle ultime settimane del febbraio 2011, quando – in particolare attraverso social network, come twitter – sono stati lanciati appelli ai cit- tadini cinesi perché si unissero al “vento di democrazia” proveniente dal Medio Oriente, dando origine a un movimento a cui, molto evocativamente, è stato dato il nome di “Rivoluzione dei Gelsomini” (茉莉花革命, Molihua geming). In realtà, Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 227 l’attività dei gongyi lüshi si caratterizza infatti per un più rigido ri- spetto delle regole giuridiche, e per un atteggiamento meno critico nei confronti del sistema, che si intende migliorare senza metterne in discussione le basi. Lo stesso Huang Jinrong insiste nel definire il movimento di cui fa parte come “movimento per la legalità” (法律运动, Falü yundong) – preferendo questa espressione a quella, con maggiori implicazioni ideologiche, di “movimento per i diritti” – e ribadisce che l’impegno della Dongfang è di tipo giuridico, non politico166. Come ricorda Huang: Ci sono stati troppi movimenti politici nell’ultimo secolo in Cina, mo- vimenti che, spesso, hanno avuto come unico risultato il caos. L’espe- rienza di Tian’anmen è stata significativa, a questo proposito: solo una lenta, ma costante trasformazione della cultura e delle istituzioni può portare a un cambiamento durevole. Per questo, l’approccio moderato è da preferire: bisogna lavorare con gli strumenti offerti dal diritto per migliorare la situazione, ma senza mai arrivare allo scontro di- retto con il governo”167.

La leadership cinse, del resto, segue con interesse il lavoro della Dongfang e dei suoi “avvocati nel pubblico interesse”, tenendo in grande considerazione il loro parere168. Nonostante quanto sopra riportato, comunque, risulta difficile non vedere le implicazioni politiche della difesa dell’interesse pubblico por- tata avanti dalla Dongfang e dai suoi avvocati. Di diverso segno, e più aderente a un’interpretazione delle “azioni la mobilitazione attesa non si è mai realizzata; in compenso, ciò ha fornito al go- verno cinese l’occasione (e la scusa) per un ulteriore giro di vite, e a partire dal 20 di febbraio 2011 si è assistito a una nuova ondata di arresti e intimidazioni ai danni di attivisti dei diritti civile e, soprattutto, dei “weiquan lüshi”. Sull’argomento, vedi più in dettaglio: Stanley Lubman, “Deepening Shadows Over Chinese Law”, in The Wall Street Journal, February 25, 2011. Sulla (mancata) Rivoluzione dei Gelso- mini, vedi più in dettaglio: C. Custer, The Revolution That Wasn’t”, in “China Geek. Translation and Analysis of Modern China”, February 22, 2001, disponibile all’indirizzo: http://chinageeks.org/2011/02/the-revolution-that-wasnt/ (visto l’ultima volta il 27/02/2011); Andrew Jacobs e Jonathan Ansfield, “Well-Oiled Security Apparatus in China Stifles Calls for Change”, in New York Times, February 28, 2001, disponibile all’indirizzo http://www.nytimes.com/2011/03/01/world/asia/01china. html?_r=2&emc=tnt&tntemail1=y (visto l’ultima volta il 1/03/2011). 166 Intervista a Huang Jinrong, Pechino, 28 marzo 2009. 167 Intervista a Huang Jinrong, Pechino, 28 marzo 2009 168 Lo stesso avvocato Huang, nella settimana in cui è avvenuta l’intervista, era stato convocato dal Comitato Permanente dell’Assemblea Nazionale Popolare per presentare suggerimenti. Intervista a Huang Jinrong, Pechino, 28 marzo 2009. 228 Capitolo V nel pubblico interesse” come azioni miranti a tutelare l’interesse dei soggetti più deboli ed emarginati, piuttosto che come strumento per il cambiamento sociale, è l’attività condotta dall’”Ufficio di legal aid per i lavoratori migranti di Pechino”, di cui tratteremo nel prossimo paragrafo.

3.2. L’Ufficio di legal aid di Pechino per lavoratori migranti Com’è noto, la migrazione interna è, in Cina, un fenomeno in- gente: nonostante, infatti, il permanere di una politica di controllo degli spostamenti della forza lavoro particolarmente rigorosa da parte del governo, secondo le statistiche sarebbero oggi circa 150 milioni i cittadini cinesi che cercano impiego in luoghi diversi da quello del quale possiedono il documento di registrazione permanente (hukou 户口)169. È proprio il sistema dello hukou a rendere la posizione dei min- gong cinesi tanto precaria, e per alcuni versi molto simile a quella dei nostri immigrati clandestini: non essendo originari (e quindi registrati come cittadini) del luogo in cui si trovano a prestare la loro opera, essi non solo non hanno accesso a una serie di servizi collegati con il possesso dello hukou (scuole170 così come alloggi, e forniture di beni quali gas, elettricità, acqua) ma sono anche più facilmente vit- time di sfruttamento e abusi. Si tratta di un tema complesso, e non è questa la sede per af- frontarlo171.

169 Margaret Y.K. Woo, Christopher Day e Joel Hugenberger: “Migrant Access to Civil Justice in Beijing”, Lodola University Chicago Internaional Law Re- view, vo. 4, Issue 2 (2007), p. 101. Gli avvocati da me intervistati riferiscono una ci- fra invece sensibilmente più alta, intorno ai 200 milioni, 4 milioni dei quali lavore- rebbero nella sola Pechino. 170 Vedi supra, paragrafo precedente. 171 Per approfondimenti, vedi, tra gli altri: Hein Vallee, “Migration, Hukou and Resistance in Riform China”, in Elizabeth J. Perry e Mark Selden eds, “Chinese Society: Change, Conflict and Resistance”, New York , Routledge, 2003. Wang Fee- ling, “Organizing through Division and Exclusion: China’s Hukou System”, Stanford, Stanford University Press, 2005; Dorothy Solinger, “Contesting Citizenship in Urban China: Peasant Migrants, the State, and the Logic of the Market”, Berkeley and Los Angeles, University of California Press, 1999; Chris King Chi-Chan e Pun Ngai: “The Making of a New Working Class? A Study of Collective Actions of Migrant Workers in South China”, The China Quarterly 198, June 2009. Sulle discriminazioni e gli abusi di cui sono, spesso, vittime i mingong vedi, in partico- lare, Human Rights in China: “The Tenuous Legal Status of Internal Migrants in China’s Major Cities, 6th November 2002, disponibile su http://hrichina.org/pu- blic/PDFs/Reports/HRIC-Migrants.pdf (consultato l’ultima volta il 28/07/09) e Xin Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 229

Qui ci limitiamo a notare che è anche grazie al lavoro degli “av- vocati nel pubblico interesse”, e alla loro capacità di mobilitare l’o- pinione pubblica attraverso l’uso sapiente dei media, che negli ultimi anni si sono raggiunti obiettivi importanti nella tutela dei diritti dei lavoratori migranti: alludiamo, in particolare, all’abrogazione delle “Misure di custodia e rimpatrio di vagabondi e mendicanti” (城市流浪 乞讨员收容遣送办法, Chengshi liulan qitao renyuan shourong qian- song banfa)172 – abrogate dal Consiglio di Stato nel 2003, in seguito al clamore destato dal caso di un mingong arrestato perché privo di regolare permesso di soggiorno, e deceduto per le percosse subite al- l’interno del centro di detenzione173 – e al riconoscimento, da parte del “Regolamento sul Legal Aid” adottato dal Consiglio di Stato nello stesso anno174, del diritto di usufruire dei servizi di legal aid per tutti i cittadini cinesi in possesso di determinati requisiti, indipendente- mente dallo hukou d’origine175; un riconoscimento importante, se si pensa che, fino ad allora, le norme sul legal aid erano state interpre- tate dagli amministratori locali come riferite ai soli residenti, impe- dendo così, di fatto, ai mingong l’accesso alle corti176.

Frank He, “Regulating Rural-Urban Migrants in Beijing: Institutional Conflict and Ineffective Campaigns”, 39 Stan. J. Int’l L. 177, 184 (2003). 172 Vedi la “Comunicazione del Ministero di Pubblica Sicurezza riguardo all’a- brogazione dei regolamenti relativi a custodia e rimpatrio di abolizione” emanata dal Ministero di Pubblica Sicurezza l’11/07/2003, “公安部关于废止有关收容遣送的规范 性文件的通知”, Gong’anbu guanyu feizhi youguan shourong qiansong de guifanxing wenjian de tongzhi, 2003 7 11 . 173 Si tratta del caso noto come “incidente di Sun Zhigang”. Su di esso, vedi, più in dettaglio: Keith J. Hand: “Using Law for Righteous pur pose: The Sun Zhigang Incident and Evolving Forms of Citizen Action in the People’s Republic of China”, 45 Colum. J. Transnat.’l L. 114, 2007; Zhu Lijiang, “The Hukou System and the People’s Republic of China: A Critical Appraisal under International Standards of Internal Movement and Residence“, 2 Chinese J. Int’l L. 519, (2003). 174 Regolamento sul legal aid (法律援助条例, Falü yuanzhu tiaoli), approvato dal Consiglio di Stato il 16 luglio 2003, ed in vigore dal 1° settembre dello stesso anno. Per approfondimenti sull’argomento, vedi, tra gli altri: Angela Carpi: «Il legal-aid nella Cina contemporanea», Rivista Trimestrale di Diritto e Procedura Civile, n. 1 2007, pp. 177-191; Benjamin L. Liebman: «Lawyers, Legal Aid and Legitimacy in China,», in William Alford, W.P. (ed): «Raising the Bar: The Emerging Legal Pro- fession in East Asia», citato, che riprende, purtroppo senza aggiornarlo sostanzial- mente, quanto contenuto nell’articolo dello stesso autore, pubblicato nel 1999: «Le- gal Aid and Public Interest Law in China», 34 Tex. Int.l L. J. 211, Spring 1999. 175 Regolamento sul Legal Aid (法律援助条例, Falü yuanzhu tiaoli) del 21 lu- glio 2003, art. 2. 176 Margaret Y.K. Woo, Christopher Day e Joel Hugenberger: “Migrant Ac- cess to Civil Justice in Beijing”, Lodola University Chicago Internaional Law Re- view, vo. 4, Issue 2 (2007), p. 115. 230 Capitolo V

Proprio sulla base dell’articolo 8 dello stesso Regolamento177, a partire dal 2003 è stato possibile affiancare, ai Centri di legal aid ge- stiti dal governo (e formalmente dipendenti dalla Amministrazioni per la giustizia locali), strutture quali l’Ufficio di legal aid per i la- voratori migranti di Pechino (北京市农工法律援助工作站, Beijing- shi nongmingong falüyuanzhu gongzuozhan). L’Ufficio ha sede nel distretto di Fengtai, area industriale della zona sud di Pechino. Affiliato al “Centro di legal aid e ricerca per i minori di Pechino” (北京请稍法律援助与研究心, Beijing qingshao falü yuanzhu yu yanjiu zhongxin, centro di legal aid indipendente, fondato nel 1999 e dal 2003 impegnato anche in attività di legal aid a favore dei min- gong) esso ha ottenuto, nel settembre del 2005, il riconoscimento del- l’Amministrazione per la giustizia della città178, divenendo la prima ONG cinese ad occuparsi a tempo pieno della protezione dei diritti dei lavoratori migranti. La differenza tra l’opera svolta da questo Ufficio e quella con- dotta dai centri di legal aid controllati dal governo risiede, in primo luogo, nella diversa preparazione dei professionisti che, nella pratica, erogano il servizio ai mingong. Mentre, infatti, i centri di legal aid statali non dispongono di per- sonale permanente, e si limitano pertanto a distribuire il lavoro tra gli avvocati che esercitano la professione nella zona di loro compe- tenza – obbligati, come tutti gli avvocati cinesi, dall’articolo 42 della “Legge sull’avvocatura” a seguire un certo numero di casi pro bono l’anno179 – l’Ufficio di legal aid di Pechino può contare su di un gruppo di dieci avvocati impiegati a tempo pieno e specializzati nel campo. Questo ha ripercussioni sulla qualità delle prestazioni fornite, ma non solo; in effetti, obiettivo dell’Ufficio non è semplicemente ga- rantire un’adeguata assistenza legale ai mingong, ma contribuire al miglioramento generale delle loro condizioni di vita e lavoro. Gli avvocati che qui lavorano, pertanto, non si limitano a fornire servizi legali a titolo gratuito, o ad organizzare corsi – spesso tenuti direttamente nei luoghi in cui i mingong prestano la loro opera – per

177 “Lo stato incoraggia organizzazioni sociali, quali corpi sociali e istituzioni pubbliche a fornire, con risorse proprie, servizi di legal aid ai cittadini che si tro- vino in difficoltà economiche” (mia traduzione). 178 Ma non la registrazione come ONG, almeno secondo quanto affermato da Wang Fang. Sulla difficoltà incontrate dalle ONG cinesi vedi più in dettaglio supra, capitolo terzo, paragrafo 2.3.1. 179 Vedi “Legge sull’avvocatura” (共和国律师法, Zhonghua renmin gon- gheguo lüshifa), del 28 ottobre 2007, art. 42. Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 231 rendere i lavoratori migranti più consapevoli dei loro diritti. A tali attività essi affiancano anche – come già visto per la Dongfang – l’im- pegno nel settore della ricerca, al fine di ottenere dati da sottoporre al legislatore, e in questo modo influenzare le sue scelte. L’esperienza acquisita sul campo fa sì che i rappresentanti degli organi legislativi si trovino a chiedere la loro collaborazione, in sede di riforme legislative su temi che riguardano il mondo del lavoro. Wang Fang (王芳), giovane avvocato impiegata presso l’Ufficio dal 2005, può elencare con orgoglio le leggi alla redazione o all’emenda- mento delle quali ha partecipato lo studio per il quale lavora: tra le altre, la “Legge sulla mediazione e l’arbitrato nelle controversie di la- voro” (2008)180, “La legge sul contratto di lavoro” (2008)181 e la “Legge sull’assicurazione sociale” (al momento dell’intervista in corso di re- dazione, approvata il 28 ottobre 2010)182. È anche grazie ai suggerimenti del team di cui Wang Fang fa parte che, ad esempio, la bozza della “Legge sulla mediazione e arbitrato nelle controversie di lavoro” è stata modificata, per inserire una norma che prevedesse la gratuità di tali procedure stragiudiziali nelle con- troversie di lavoro, e le rendesse, quindi, più accessibili ai mingong183; più recentemente, nell’esprimere il loro parere sulla bozza della “Legge sull’assicurazione sociale”, gli avvocati dell’Ufficio hanno avanzato la proposta di istituire un apposito fondo governativo per il pagamento degli infortuni sul lavoro subiti da lavoratori non assicurati184. Come spiega Wang Fang: “Attualmente, il lavoratore infortunato non coperto da assicurazione deve chiedere il risarcimento al datore di lavoro. Il 90% dei lavora- tori migranti non hanno una polizza, e sovente lavorano per imprese molto piccole, dalle quali è difficile ottenere un risarcimento. La no-

180 Vedi “Legge sulla mediazione e l’arbitrato nelle controversie di lavoro” (共和国劳动争议调解仲裁法, Zhonghua renmin gongheguo laodong zhengyi tiaojie zhongcai fa), approvata dal Comitato Permanente dell’Assemblea Nazionale Popolare il 29 dicembre 2007, ed entrata in vigore il 1° maggio 2008. 181 Vedi “Legge sul contratto di lavoro”, (共和国劳动合同法, Zhonghua renmin gongheguo laodong hetong fa), approvata dal Comitato Permanente dell’As- semblea Nazionale Popolare il 29 giugno 2007 ed entrata in vigore il 1° gennaio 2008. 182 Vedi “Legge sull’assicurazione sociale” (共和国社会保险法, Zhon- gua renmingongheguo shehui baoxian fa), approvata dal Comitato Permanente del- l’Assemblea Nazionale Popolare il 28 ottobre 2010, e che entrerà in vigore il 1° lu- glio 2011). 183 Intervista a Wang Fang, 31/03/2009. Vedi “Legge sulla mediazione e l’arbi- trato nelle controversie di lavoro” (共和国劳动争议调解仲裁法, Zhonghua renmin gongheguo laodong zhengyi tiaojie zhongcai fa), art. 53. 184 Intervista a Wang Fang, 31/03/2009. 232 Capitolo V

stra proposta è di far sì che sia il governo ad anticipare il risarcimento, per poi rivalersi sul datore di lavoro. Nella bozza è stata aggiunta una disposizione che prevede che il governo si faccia carico delle sole spese mediche. Se venisse approvata in questi termini lo considere- remmo già un successo. Ma dubito che accadrà, si tratta di una solu- zione troppo costosa per il Paese”185.

Notiamo che la pessimistica previsione qui sopra riportata è stata recentemente smentita dal legislatore, il quale, al contrario, ha rece- pito pienamente i suggerimenti avanzati dall’Ufficio, inserendoli nel- l’articolo 41 della “Legge sull’assicurazione statale” approvata alla fine del 2010186. Il riferimento, da parte dell’avvocato Wang, alla difficoltà di at- tuare politiche troppo onerose non si può, tuttavia, considerare casuale. In effetti il problema più pressante, per l’Ufficio, è la carenza di risorse: dieci avvocati sono pochi, a fronte di più di 3.000 consulenze e circa 1.000 tra giudizi e arbitrati affrontati in un anno. Del resto, i fondi (provenienti anche da organizzazioni straniere) sono appena sufficienti a pagare il personale, mentre il rimborso forfettario da parte del Centro di legal aid di Pechino (circa 800 RMB), teoricamente previsto per ogni caso trattato – e a cui gli avvocati dell’Ufficio avreb- bero diritto, come ogni avvocato impegnato in attività di legal aid in Cina – in realtà viene concesso molto raramente, dal momento che pochi dei casi da esso gestiti sono giudicati conformi ai rigidi para- metri dei Centri di legal aid statali. “Il fatto è che “loro” accettano solo i casi per cui esiste la copertura finanziaria”, chiarisce Wang Fang, “mentre noi cerchiamo di accet- tare qualsiasi caso ci venga portato, purché soddisfi tre requisiti: si deve trattare di una controversia di lavoro, l’attore deve essere un mingong (ovvero possedere lo hukou di un’area rurale) e devono sussistere prove della violazione dei diritti del lavoratore”187.

185 Intervista a Wang Fang, 31/03/2009 186 L’articolo 41 della recentissima “Legge sull’assicurazione sociale” stabilisce in- fatti che: “Nel caso in cui un lavoratore sia stato vittima di un incidente sul lavoro, e il suo datore di lavoro non abbia pagato il premio assicurativo per gli infortuni sul lavoro come previsto dalla presente norma, il datore di lavoro dovrà pagare il risar- cimento previsto dall’assicurazione sugli infortuni sul lavoro. Se il datore di lavoro si rifiuta di adempiere a tale obbligazione, il risarcimento previsto sarà anticipato dal fondo di assicurazione per gli infortuni sul lavoro. Nel caso in cui il datore di lavoro non provveda alla restituzione della cifra anticipata, l’agenzia di assicurazione sociale recupererà tale somma, sulla base dell’articolo 63 della presente legge”. Vedi art. 41, “Legge sull’assicurazione sociale”, mia traduzione. 187 Intervista a Wang Fang, 31/03/2009. Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 233

Le controversie gestite dall’Ufficio riguardano, principalmente, infortuni sul lavoro, mancato pagamento di salari o ore di straordi- nario e licenziamenti senza indennizzo. La prova della violazione, in queste situazioni, è fondamentale, e costituisce – come sopra ricordato da Wang Fang, e riportato, a let- tere cubitali, sul cartellone posto all’ingresso dell’Ufficio stesso- uno dei criteri sulla base dei quali gli avvocati dell’Ufficio selezionano i casi da seguire. Si tratta di criteri, comunque, non così rigidamente applicati, se è vero, come dice Wang Fang, che è proprio la ricerca delle prove a costituire il grosso del lavoro, suo e dei suoi colleghi: “La maggior parte dei mingong che arriva qui non ha mai sottoscritto un regolare contratto. Talvolta si presentano con un pezzo di carta in cui il datore di lavoro dichiara di non aver pagato una certa somma, ma molto spesso non hanno neppure questo. Allora noi contattiamo il loro datore di lavoro, ci rechiamo nei siti in cui i mingong prestano la loro opera, e cerchiamo di negoziare, di trovare un accordo”188.

Comporre la controversia in modo informale risulta essere, il più delle volte, la migliore soluzione per il cliente, che così non deve at- tendere i tempi lunghi della giustizia: “I mingong preferiscono ottenere rapidamente il denaro, per tornare nel luogo d’origine, o trovare altrove un’occupazione più redditizia”, ci dice Wang Fang, “ e noi facciamo del nostro meglio per aiutarli”189.

È proprio questo atteggiamento, e l’enfasi maggiore posta da Wang Fang e dai suoi colleghi sulla necessità di risolvere il caso particolare, piuttosto che sui benefici che la comunità può trarne, a differenziare l’interpretazione di “azione nel pubblico interesse” dell’Ufficio ri- spetto a quella che abbiamo visto essere propria della Dongfang. Ciò non significa che la Dongfang non tuteli gli interessi dei pro- pri clienti, o che l’Ufficio – che nel logo contiene la scritta “gongyi lüshi” – non condivida, con gli altri “avvocati nel pubblico interesse”, l’obiettivo di proteggere l’interesse pubblico attraverso azioni di di- ritto privato. Si tratta solo una dimostrazione pratica di quanto ampia sia la ca- tegoria delle azioni nel pubblico interesse (in Cina, ma non solo), e di come i soggetti che se ne occupano – spesso, dai loro detrattori, accusati di proporre azioni che costituiscono un’impropria “giuridi-

188 Intervista a Wang Fang, 31/03/2009. 189 Intervista a Wang Fang, 31/03/2009. 234 Capitolo V cizzazione di temi politici” o “politicizzazione di temi giuridici”190 – a seconda degli ambiti in cui si muovono e delle proprie inclinazioni, siano portati a lasciar prevalere ora l’aspetto giuridico, ora quello po- litico delle gongyi susong. Il minore impatto politico dell’azione degli avvocati dell’Ufficio ha ripercussioni anche sull’atteggiamento delle corti nei loro confronti. Le corti, infatti, come dice Wang Fang: “sanno che agiamo solo per aiutare i mingong ad avere giustizia, e si fidano di noi”.

Si fidano, al punto da indirizzare all’Ufficio i mingong in diffi- coltà, ed arrivare, talvolta, addirittura a chiedere ad esso consiglio, quando si trovano a decidere controversie che coinvolgono lavora- tori migranti191. Si tratta, però – per ammissione della stessa Wang Fang – di un atteggiamento non costante, e destinato a mutare drasticamente in particolare quando, nei panni del convenuto, si trovi un’impresa par- ticolarmente potente. È proprio in questi casi – così come in quelli in cui non è pos- sibile trovare prove o la mediazione risulta inutile – che gli avvocati dell’Ufficio si trovano a dover utilizzare le tecniche di cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente, e che caratterizzano l’azione degli “avvocati nel pubblico interesse” cinesi: non potendo contare su di un riconoscimento da parte delle corti, anch’essi infatti ricorrono al- l’uso dei media per mobilitare l’opinione pubblica, e costringere l’av- versario a cercare, suo malgrado, l’accordo. A questo proposito Wang Fang ricorda il caso più noto finora ge- stito dall’Ufficio: quello in cui Xu Yange, lavoratore migrante pro- veniente dallo Shandong, ha citato la catena di fast-food Kentucky Fried Chicken per averlo licenziato senza indennizzo192. Si trattava di una questione complessa: nonostante, infatti, Xu Yange avesse effettivamente prestato la propria opera presso la KFC per più di dieci anni, egli – come molti altri mingong nella sua stessa situazione – risultava assunto da un’impresa molto più piccola, la Era Labor Service Consulting. La KFC aveva quindi avuto facile gioco

190 Sull’argomento, vedi più in dettaglio Lu Yiyi, “Public Interest Litigation and Political Activism in China”, citato, p. 26. 191 Intervista a Wang Fang, 31/03/2009. 192 Per maggiori dettagli su questo caso, vedi il sito (in inglese) dell’Ufficio di Legal aid di Pechino per lavoratori migranti all’indirizzo: http://sites.google.com/a/chi- napilaw.org/blaomw/the-kfc-labor-dispute-case (visitato l’ultima volta il 17/12/2009. Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 235 nel dichiarare che nulla, da parte sua, era dovuto a Xu, e su queste basi, in effetti, sia la corte arbitrale che le corti di primo grado e ap- pello avevano respinto le richieste del lavoratore. Vista l’impossibilità di ottenere un giudizio favorevole a Xu Yange, l’ufficio ha scelto di pubblicizzare il caso attraverso i media, met- tendo in luce come la KFC attuasse una politica occupazionale ai li- miti della legalità. L’opinione pubblica, colpita dall’ingiustizia di quanto accaduto a Xu, si è schierata immediatamente dalla sua parte, e il danno all’im- magine della KFC è stato tale da costringere il general manager della società a contattare Tong Lihua [direttore del Centro di legal aid e ricerca per i minori, e fondatore dell’Ufficio di legal aid per il lavo- ratori migranti] per porre termine alla campagna ai danni dell’impresa. “Xu Yange, alla fine, non ha ottenuto l’indennizzo richiesto, ma tutta la società ha tratto beneficio da questa controversia: da allora la po- litica occupazionale della KFC è cambiata radicalmente”193, ricorda Wang Fang, senza nascondere la sua soddisfazione. Il confronto tra l’esperienza della Dongfang e quella dell’Ufficio ci ha permesso di mettere in luce due delle principali modalità in cui viene declinata l’avvocatura per il pubblico interesse, in Cina: più “propositiva” (e – con buona pace dell’avvocato Huang – ci per- mettiamo di notare: più politica) la prima, per la quale controversie rappresentano, in primo luogo, uno strumento di cambiamento so- ciale, e che proprio al fine di modificare (seppure a piccoli passi) il sistema non solo seleziona, ma – più spesso – “crea” casi che pos- sano giustificare il ricorso alle corti, e dare, attraverso di essi, visibi- lità alle questioni di volta in volta ritenute di importanza strategica; più tesa a ottenere giustizia nel caso concreto, soddisfacendo le pre- tese del cliente/minggong e, dunque, come dicevamo, più legata una visione di “interesse pubblico” quale “interesse dei gruppi emargi- nati” la seconda, che adotta un atteggiamento, al contrario, quasi “pas- sivo” riguardo alle cause da seguire, ma non esita – qualora se ne presenti l’occasione – a mettere in campo le tecniche affinate dai col- leghi, e a portare avanti il discorso sui diritti in termini decisamente aggressivi, se questo può contribuire a migliorare le condizioni delle fasce più deboli della popolazione. Ugualmente contrastanti, ma in un senso differente da quello so- pra evidenziato, sono gli stili degli studi (e dei “gongyi lüshi”) di cui

193 Intervista a Wang Fang, Pechino, 31/03/2009. 236 Capitolo V tratteremo nei prossimi paragrafi: il Centro per il fondo di diritto e pubblico interesse, e lo Studio legale Yipai.

3.3. Il Centro per il fondo di diritto e pubblico interesse Anche se la sua fama di individuo eccentrico non lo avesse pre- ceduto, il fatto che il fondatore del “Centro per il diritto e il pub- blico interesse” (法律公益基金心), Hao Jinsong, fosse un perso- naggio singolare mi sarebbe apparso chiaro fin dai primi istanti della nostra conoscenza. Unico, tra i gongyi lüshi da me intervistati, a non ricevermi presso il suo studio, giunge al luogo fissato per l’appuntamento (un risto- rante dietro Piazza Tian’anmen, nel pieno centro di Pechino) abba- stanza in ritardo perché i sorveglianti di guardia alla porta mi notino, e comincino a considerarmi con attenzione. Quando finalmente ar- riva mi rivolge la parola senza presentarsi, intabarrato in un giub- botto scuro con il bavero rialzato, e – dopo avermi domandato chi io stia aspettando – mi fa cenno di seguirlo dentro. Non faccio in tempo a pensare che, forse, non è quello il modo migliore per pas- sare inosservati: sono troppo occupata a non perderlo di vista men- tre mi fa strada – zigzagando nel labirinto di corridoi del ristorante, in cui tutti sembrano conoscerlo – verso la saletta che ha riservato per noi. Solo dopo aver preso posto, ordinato il cibo (anche per me), congedato la cameriera ed estratto dallo zaino un giornale mi rivolge la parola, ma è esclusivamente per chiedermi se, per caso, conosco il quotidiano italiano del quale ha con sé una copia: si tratta de “Il Giornale”, e il numero che mi mostra, risalente all’agosto 2008, con- tiene un articolo dedicato a lui194. “Leggi, e poi ne parliamo”, mi dice. Non lascerò quella stanza prima di avergli tradotto (integralmente) l’articolo in cinese. È iniziato così, in modo piuttosto inusuale, il mio primo incon- tro con l’uomo che rappresenta il lato più controverso – ma anche quello più “mediatico” – dell’avvocatura nel pubblico interesse nella RPC. Hao Jinsong è, infatti, molto noto, in Cina come all’estero, e non è infrequente trovare sue interviste, o pezzi che narrano le sue gesta, tanto su riviste, quotidiani e blog stranieri195 quanto sui principali –

194 Vedi Stenio Solinas, “Hao, il maratoneta della giustizia: “Batto il governo sul suo campo””, “Il Giornale”, 20 agosto 2008, (quasi integralmente) disponibile online all’indirizzo: http://www.ilgiornale.it/interni/hao_maratoneta_giustizia_batto_go- verno_suo_campo/20-08-2008/articolo-id=284338-page=0-comments=1 195 Vedi. Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 237 e, vale la pena rilevare, più vicini al Partito – organi di stampa della Repubblica Popolare, dal Renmin ribao (日报, lett.: quotidiano del popolo) al Jiancha ribao (检察日报, lett.: quotidiano della Pro- cure), passando per il Fazhi ribao (法制日报, lett.: quotidiano del si- stema giuridico), il Zhongguo qingnian ribao (国青年报, lett: quo- tidiano della gioventù cinese) o il Nanfang zhoumo (南方周末, lett.: fine settimana del Sud), solo per citarne alcuni196.

196 Per quanto riguarda le testate internazionali, vedi, tra gli altri – oltre all’arti- colo de “Il Giornale” citato – anche: Lu Yiyi, “New Breed of Activist is Changing China”, International Herald Tribune, 2006-03-30; Peter Ford, “How One Man in China Strenghtens the Rule of Law, The Christian Science Monitor, February 22, 2008, consultabile online all’indirizzo: http://www.csmonitor.com/World/Asia-South- Central/2008/0222/p01s04-wosc.html (visto l’ultima volta il 5/03/2011); Zheng Chu, “Citizen Hao Verses the Tiger”, The Economic Observer, 2008-06-27, consultabile online all’indirizzo: http://eeo.com.cn/ens/biz_commentary/2008/06/27/104522.html (visto l’ultima volta il 5/03/2011); Paul Mooney, “Legal Activist Fosters Public In- terest in China Courts”, in The National, Sept. 30, 2008, consultabile online all’in- dirizzo: http://www.thenational.ae/news/worldwide/asia-pacific/legal-activist-fosters- public-interest-in-china-courts (visto l’ultima volta il 5/03/2011). Si noti che un’in- tervista a Hao Jinsong è stata pubblicata, in italiano, da Ivan Franceschini sul blog Cineresie. Vedi Ivan Franceschini, “Hao Jinsong: il combattente del diritto”, al- l’indirizzo: http://www.cineresie.info/hao-jingsong-il-combattente-del-diritto-2/. Per quanto riguarda le testate cinesi, tra gli articoli più significativi segnalo: 石国胜, “郝劲松: 我不是“刁””, 日报, 2005年04月13日, Shi Guosheng, “Hao Jin- song: wo bu shi “diao min” (Hao Jinsong: io non sono un “disobbediente”), Ren- minn ribao, 13 aprile 2005; 玉, “从郝劲松看理性维权”, 日报, (2005年04月13日, Zhong Yu, “Cong Hao Jinsong kan lixing weiquan” (A partire da Hao Jinsong esaminare la difesa razionale dei diritti), Renmin Ribao, 13 aprile 2005; 编者按: 公郝劲松的力量, 法制日报, 2005 05 09 , Bianzhe an, “Gongmin Hao Jinsong de lilian” (la forza del cittadino Hao Jinsong), Fazhi ribao, 9 maggio 2005; 石国胜, “郝劲松: 益诉讼将成为国主法治的重要力量”, 日报, 2006年6月20日, Shi Guosheng, “Hao Jinsong: gongyi susong jiang chengwei Zhonguo minzhu fazhi de zhongyao lilian” (Hao Jinsong: le gongyi susong diventeranno la principale forza dello stato di diritto e della democrazia cinese), Renmin ribao, 20 giugno 2006; 编者按: “郝劲松:让法律开口说话”, 日报, 2006年08月09日, Bianzhe an (nota editoriale): “Hao Jinsong: ran falü kai kou shuo hua” (Hao Jinsong: lasciate che la legge apra la bocca e parli), Renmin ribao, 9 agosto 2006, di cui è disponibile una traduzione in inglese, dal titolo: “Hao Jinsong, Law and Justice”, sul sito di Hao Jinsong, all’indirizzo: http://theory.people.com.cn/GB/49150/49153/4681365.html (vi- sto l’ultima volta il 5/03/2011); Li Li, “Come See Come See, Come Sue. “Legal Warrior” Hao Jinsong Tries to Show People How to Make Life Better by Chal- lenging Authority Througt the Law”, Beijing Review, 2006-12-20, di cui è disponi- bile una copia elettronica all’indirizzo: http://www.bjreview.com.cn/nation/txt/2006- 12/20/content_51375.htm (visto l’ultima volta il 5/03/2011); Jia Hepeng, “On the Right Track”, China Daily, 2007-01-31, consultabile online all’indirizzo: http://www.chi- nadaily.com.cn/cndy/2007-01/31/content_796932.htm (visto l’ultima volta il 5/03/2011); “Hao Jinsong’s Long Arm of Litigation”, in China Daily, 2007-01-31, consultabile online all’indirizzo: http://www.chinadaily.com.cn/cndy/2007-01/31/content_796930.htm (visto l’ultima volta il 5/03/2011); “郝劲松致铁道部部长的公开信”, 检察日报, 238 Capitolo V

A tanta popolarità hanno certo contribuito anche i numerosi premi e le onorificenze di cui è stato insignito fin dagli esordi come “gongyi lüshi”: considerato una delle “Dieci persone degne di rispetto per aver costruito un’economia armoniosa nel 2004”197, inserito come “com- battente per i diritti” (维权战士, weiquan zhanshi) nel “Libro blu della Rule of Law in Cina”198 negli anni 2005 e 2006, e – addirittura – votato, nel 2008, dai lettori di una nota rivista come “Personaggio di fascino cinese – il fascino della giustizia”199, può vantare l’inseri- mento di ben due delle (otto) cause da lui intentate contro il Mini- stero delle ferrovie nella classifica dei “Dieci maggiori casi del del 2005” stilata da Fayuan wang (法院网), il sito delle corti cinesi pa- trocinato dalla Corte Suprema del Popolo200, mentre un’altra delle cause proposte contro lo stesso Ministero è stata, nel 2007, annove- rata dal Zhongguo xiaofeizhe bao (國消費者報, lett.: giornale dei

2007年1月8日, “Hao Jinsong zhi tiedao bu buzhang de gongkaixin” (lettera aperta inviata da Hao Jinsong al Ministro delle ferrovie), Jiancha ribao, 8 gennaio 2007, di cui Hao Jinsong ha pubblicato una traduzione sul suo sito, all’indirizzo: http://www. haojinsong.com/enxin.asp; 孙春龙, “南虎迷雾的理性之光, 瞭望东方周刊, 2008年1月15日, Sun Chunlong, “Huananhu miwu zhong de lixing zhi guang” (la luce nella fitta nebbia della tigre della Cina meridionale), Liaowang dongfang zhoukan, 15 dicembre 2008; 乐昊: “郝劲松以公的名义”, 日报海外版, 2009年11月25日, Kuai Donghao, “Hao Jinsong yi gongmin de mingyi” (Hao Jinsong: in nome dei cittadini”, Renmini ribao haiwaiban, 25 novembre 2009, consultabile online all’indi- rizzo: http://paper.people.com.cn/rmrbhwb/html/2009-11/25/content_390754.htm (vi- sto l’ultima volta il 5/03/2011). Sul sito di Hao Jinsong, all’indirizzo: http://www.haojin- song.com/, è possibile trovare una selezione degli articoli citati, cinesi e stranieri. 197 Classifica stilata congiuntamente dal sito finanziario sina.com, e dalla rivista economica “环球财经” (Huanqiu Caijin, lett.: Economia e finanza globale). Per mag- giori dettagli, vedi “2004 构建经济和谐十大受尊崇物评选”, “2004 nian goujian jingji hexie shi da shou zunchong renwu pinxuan” (elezione pubblica delle dieci per- sone degne di rispetto per aver costruito un’economia armoniosa nel 2004), pubbli- cata sul sito sina.com all’indirizzo: http://finance.sina.com.cn/leadership/crz/20041216/ 17561230602.html 198 Si tratta del 国法治蓝皮书, Zhongguo fazhi lanpishu, report sullo stato della Rule of Law nella Repubblica Popolare pubblicato, a partire dal 2003, con cadenza annuale dall’Accademia Cinese di Scienze Sociali. La notizia della pubblicazione del Libro Blu 2011 (il n° 9) è stata data da Xinhuanet il 24 febbraio 2011, all’indirizzo: http://news.xinhuanet.com/legal/2011-02/24/c_121119155.htm. 199 Vedi: “国魅力物-公义之魅”, 南方物周刊, 2008年12月19日, “Zhongguo meili renwu – gongyi zhi mei” (Personaggio di fascino cinese – il fascino della giu- stizia), Nangfang Renwu Zhouli, 19 dicembre 2008, disponibile online all’indirizzo: http://news.qq.com/a/20081219/001286.htm (visto l’ultima volta il 3/03/2011). 200 Vedi: “2005 年国十大案件”, “2005 Nian Zhongguo shi da anjian” (I dieci maggiori casi del 2005), disponibile sul sito Fayuanwang (chinacourt.org) all’indi- rizzo: (http://www.chinacourt.org/html/article/200512/27/190452.shtml (visto l’ultima volta il 3/03/2011). Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 239 consumatori cinesi) tra le “Otto grandi battaglie per la difesa dei di- ritti dei consumatori che meritano di essere ricordate”201. Ma in che modo Hao Jinsong si è guadagnato una tale celebrità? In primo luogo – verrebbe da dire leggendone la biografia, e sen- tendolo parlare – grazie ad una formidabile ostinazione, espressa pro- prio a partire dalla tecnica utilizzata per portare avanti la sua batta- glia a vantaggio del pubblico interesse. Hao Jinsong è, infatti, uno dei principali teorizzatori della strate- gia della “causa doppia”, o dei “casi fotocopia” (复式诉讼, fushi su- song), tecnica che, come abbiamo visto, mira ad amplificare l’effetto di un caso sul sistema attraverso due strade: la proposizione, da parte di uno stesso attore, di più azioni successive aventi il medesimo og- getto, o la contemporanea proposizione, da parte di diversi attori, di più azioni aventi il medesimo oggetto202. È in particolare alla prima delle categorie citate che appartengono le cause finora intentate da Hao Jinsong. La prima di esse risale al settembre del 2004, quando egli ha ci- tato, davanti alla Corte del distretto di Xicheng (Pechino) la Società Metropolitana della stessa città (北京地铁运营公司, Beijing ditie yunying gongsi), colpevole di non emettere lo scontrino fiscale per l’uso dei servizi igienici a pagamento. Hao è riuscito ad ottenere un verdetto favorevole dalla corte, che ha ordinato alla Società Metro- politana di Pechino di fornire all’attore i due scontrini richiesti, per una cifra totale di 1 RMB (0,11 euro). È, tuttavia, soprattutto per le cause contro il Ministero delle Fer- rovie (铁道部, Tiedao bu) e i suoi corrispondenti locali (le Ammini- strazioni ferroviarie, 铁路局, Tielu ju) che Hao Jinsong è divenuto famoso. Tra il settembre e il dicembre 2004 egli ha infatti citato – con tre azioni differenti, tutte presentate al Tribunale Ferroviario Intermedio di Pechino – le Amministrazioni ferroviarie di Pechino, Shijiazhuang e Taiyuan per non avere emesso lo scontrino fiscale per i beni da lui

201 Vedi “3•15 年度報告:值得回味的八大消費維權鋒”, 3.15 Niandu baogao: zhide huiwei de ba da xiaofeizhe weiquan jiaofeng , (3.15 Report annuale: le otto grandi battaglie per la difesa dei diritti dei consumatori che meritano di essere ri- cordate), inizialmente pubblicato sul 國消費者報 (Zhongguo xiaofeizhe bao, lett.: quotidiano dei consumatori cinesi), e disponibile online all’indirizzo: http://big5.xinhua- net.com/gate/big5/news.xinhuanet.com/fortune/2007-03/14/content_5846204_2.htm. (visto l’ultima volta il 3/03/2011). I caratteri sono riportati in forma non semplifi- cata, come nell’originale. 202 Sull’argomento, vedi più in dettaglio: Lu Yiyi, op. cit., p. 21 e ss.; Fu Hua- ling e Richard Cullen, “The Developmento of Public Interest Litigation in China”, citato, p. 23. 240 Capitolo V acquistati su tre diversi treni, percorrenti le tratte da/verso le sud- dette città. Hao è risultato soccombente in entrambi i gradi di giudizio della causa contro l’amministrazione di Pechino203, mentre le altre due cause non sono state accettate dalla corte, in quanto considerate al di fuori della propria giurisdizione204. L’insuccesso, tuttavia, non è valso a scoraggiarlo. Nel febbraio 2006, non avendo ricevuto lo scontrino fiscale per il cibo acquistato su un treno diretto verso la sua città natale, Taiyuan (Shanxi), egli ha citato nuovamente l’amministrazione Ferroviaria di Pechino e, que- sta volta, la sua ostinazione è stata premiata: nel giugno del 2006 il Tribunale ha, infatti, accolto le richieste di Hao, e ordinato all’Am- ministrazione di consegnare la ricevuta fiscale dovuta. Insieme alla notorietà – e agli apprezzamenti espressi dalla lea- dership cinese per la sua attività “a favore della creazione di una so- cietà armoniosa, equa e giusta”205 – sono però arrivate anche le cri- tiche. In particolare, qualcuno si è domandato quale vantaggio si possa ricavare da simili controversie, prive di valore se non dal punto di vista simbolico; altri hanno evidenziato il rischio che l’esempio di Hao possa portare alla paralisi del sistema giudiziario, sommerso da un numero infinito di casi intentati per questioni irrilevanti; altri an- cora sono arrivati a chiedersi se Hao Jinsong non sia, alla fine, che un “attaccabrighe”, mosso semplicemente dal desiderio di farsi pub- blicità206. Hao Jinsong, davanti a questi rilievi, sorride: “Forse sono un attaccabrighe, ma io preferisco definirmi un guerriero, un difensore della legalità. La legge esiste, è l’applicazione che manca, e, senza applicazione, la legge non serve a nulla. L’unico modo per non la-

203 Per maggiori dettagli su questa causa, vedi 石国胜: “郝劲松:我不是“刁””, Shi Guosheng, “Hao Jinsong: wo bu shi “diaomin” (Hao Jinsong: io non sono un “disobbediente”), citato. 204 Sull’argomento, vedi “Hao Jinsong’s Long Arm of Litigation”, in China Daily, 2007-01-31, consultabile online all’indirizzo: http://www.chinadaily.com.cn/cndy/2007- 01/31/content_796930.htm. 205 Vedi 编者按: “郝劲松:让法律开口说话”, Bianzhe an: “Bianzhe an (nota edi- toriale): “Hao Jinsong: ran falü kai kou shuo hua” (Hao Jinsong: lasciate che la legge apra la bocca e parli), citato. 206 Si tratta delle critiche che più frequentemente vengono riportate negli articoli che riguardano Hao Jinsong. Vedi, per tutti: 石国胜, Shi Guopeng, op. cit., e Li Li, “Come See, Come Sue. “Legal Warrior” Hao Jinsong Tries to Show People How to Make Life Better by Challenging Authority Througt the Law”, Beijing Review, 2006-12-20, di cui è disponibile una copia elettronica all’indirizzo: http://www.bjre- view.com.cn/nation/txt/2006-12/20/content_51375.htm (visto l’ultima volta il 5/03/2011). Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 241

sciare la legge sola, per renderla forte e non, semplicemente, “bella e inu- tile”, è andare in giudizio, far sentire al governo o a chi per lui che lo si sta tenendo d’occhio, che non può fare tutto quello che vuole. È per reagire alle ingiustizie che vedevo intorno a me che ho lasciato il mio impiego, sono venuto a Pechino, e ho cominciato a studiare il diritto”.

È questa un’altra delle critiche che vengono mosse a Hao Jinsong, e uno degli elementi che lo differenziano dagli altri gongyi lüshi di cui abbiamo trattato e tratteremo in questo lavoro: la formazione giu- ridica “incompleta”. Diversamente da Huang Jinrong (laureato e dottore di ricerca in giurisprudenza), da Wang Fang (anche lei laureata in giurisprudenza, e con esperienza presso una “clinica del diritto” – 法律诊所, falü zhensuo – universitaria) o da Wang Zhenyu, di cui parleremo tra poco (laureato in giurisprudenza, con un master in diritto costituzionale, e vicedirettore del centro di ricerca sulle politiche pubbliche della Zhengfa Daxue), Hao Jinsong ha cominciato tardi a interessarsi alla legge: laureato in chimica, solo dopo otto anni di lavoro in una banca ha deciso – come ama ripetere in ogni intervista – di dare una svolta alla sua vita, e di impegnarsi per il bene della collettività. Renden- dosi, però, conto del fatto che: “l’unica via, per contribuire al cambiamento sociale e porre fine ad abusi e corruzione, al momento, è quella giudiziaria”207 nel 2003 si è iscritto a un master in giurisprudenza presso la Zhengfa Daxue, dove si è diplomato nel 2007. Non è, tuttavia, solo il curriculum accademico poco “brillante” a rendere Hao Jinsong diverso dai suoi colleghi; ciò che realmente lo separa da loro – e frequentemente gli viene rimproverato – è la man- canza del titolo di avvocato. Sebbene egli non abbia mai millantato il fatto di essere un “lüshi” – questione, tra l’altro, da lui stesso più volte chiarita nel corso della nostra intervista, e non solo208 – sempre più spesso, negli ultimi anni, i giornalisti (soprattutto stranieri, ma anche cinesi) hanno preso a ri- ferirsi a lui come all’”avvocato Hao”, suscitando l’indignazione di qualche professionista “vero”209.

207 Intervista a Hao Jinsong, Pechino, 31 marzo 2009. 208 Sull’argomento, Hao Jinsong ha infatto rilasciato dichiarazioni piuttosto chiare anche alla stampa cinese. Vedi, per tutte, le affermazioni riportate alla voce “Hao Jinsong” del sito Baidu (nella scheda della quale, peraltro, gli viene attribuita la qua- lifica di avvocato), all’indirizzo: http://baike.baidu.com/view/772019.htm. 209 Vedi nota precedente. 242 Capitolo V

Perché allora, gli domando, dato che la laurea in giurisprudenza non costituisce (ancora) un requisito indispensabile per sostenere l’e- same di Stato210, non prova a conseguire il titolo da avvocato, met- tendo così a tacere, almeno in parte, i suoi detrattori? “Per due ragioni:” – mi spiega – “la prima è che gli avvocati sono controllati, in Cina, e io non sopporto nessun genere di costrizione. La seconda è che così la mia azione può avere un impatto ancora mag- giore sulla società. Vedendo che Hao Jinsong, una persona come loro, non un tecnico del diritto, riesce a sconfiggere un apparato potente come il Ministero delle Ferrovie, e per di più davanti alle corti da esso stesso controllate, i miei concittadini possono rendersi meglio conto della forza della legge. Da questo punto di vista, anche perdere in giudi- zio ha un valore educativo: mostra che, per ottenere giustizia, è ne- cessaria determinazione, perseveranza e coraggio. Ma è possibile far- cela, e chiunque di loro può fare come me”211.

Per rendere più efficace la sua azione, a partire dal 2007 egli ha fondato, insieme ad altri tre “avvocati”, il “Centro per il fondo di diritto e pubblico interesse”, istituto che si propone di coniugare ri- cerca e attività di consulenza giuridica, a vantaggio delle persone in difficoltà. L’assistenza offerta dal centro ai propri clienti è gratuita, come quella fornita dalla Dongfang, o dall’Ufficio per i lavoratori migranti: neanche per Hao Jinsong – che si guadagna da vivere lavorando come consulente per conto di tre imprese – la difesa del pubblico interesse costituisce, dunque, una fonte di reddito. La condizione posta da Hao e dai suoi soci per prendersi carico di un caso è però diversa da quelle abbiamo visto essere richieste ai propri clienti dagli istituti sopra menzionati, e (almeno in apparenza) decisamente meno razionale: chi si rivolge al Centro deve, infatti, im- pegnarsi a non ritirare mai, per nessun motivo, l’istanza presentata al tribunale212. Del resto, come già notato, Hao è un combattente, e per lui la lotta contro l’ingiustizia rappresenta una battaglia, nel senso più let- terale del termine: “Vengo da una famiglia di militari, mio padre era un veterano, e io, fin da piccolo, mi sono appassionato alla studio della storia e delle stra- tegie belliche. Ho letto le biografie dei grandi generali, tra i quali am- miro soprattutto Napoleone, un grande stratega, che non ricorreva a

210 Sull’argomento, vedi supra, in questo capitolo, paragrafo 5.2. 211 Intervista ad Hao Jinsong, Pechino, 31 marzo 2009. 212 Intervista ad Hao Jinsong, Pechino, 31 marzo 2009. Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 243

sotterfugi, ma a una tattica chiara, lineare. Nella storia esistono nu- merosi esempi di battaglie in cui un uomo solo, servendosi della sua limitata forza individuale, è riuscito ad opporsi all’avanzata delle truppe nemiche, cambiando il corso degli eventi. È quello che proviamo a fare qui: concentrare le nostre forze per ottenere grandi cambiamenti, a partire dalle piccole cose. Chiunque può farlo. Io, ad esempio, viag- gio molto in treno; ed è partendo dalle piccole ingiustizie con cui mi scontro ogni giorno che ho deciso di cominciare a cambiare la so- cietà”213.

In effetti, le “battaglie contro le piccole ingiustizie quotidiane” da lui ingaggiate hanno, in qualche caso, prodotto risultati eclatanti. Non solo, infatti, la vittoria conseguita da Hao Jinsong nel 2006214, ha fatto sì che il Ministero delle ferrovie emanasse la “Comunica- zione riguardo all’obbligo di emettere la ricevuta fiscale nei confronti dei passeggeri a cui si servano pasti o vendano beni nelle stazioni fer- roviarie o sui treni” (“关于在铁路站车向旅客供餐及销售商品必须开 具发票的通知”, Guanyu zai tielu zhan che xiang lüke gongcan ji xiaoshou changpin bixu kaiju fapiao de tongzhi), ponendo così ter- mine alle continue (e dannose per il fisco) omissioni in questo senso da parte delle amministrazioni locali215, ma anche lo stesso Ministero, nel gennaio del 2007, è stato costretto a soccombere all’ostinazione di Hao, e a rinunciare a una delle sue politiche più odiose: quella dell’aumento dei prezzi durante il Capodanno Cinese. Si tratta della stessa questione di cui si era occupato Qiao Zhanxiang, agli albori del coinvolgimento degli avvocati nelle azioni nel pubblico interesse: il problema dell’aumento dei prezzi nel periodo di Chunjie, illecito in quanto il più delle volte stabilito senza aver tenuto le pub- bliche consultazioni previste dalla normativa216. L’avvocato Qiao, come si ricorderà, nel 2001 aveva perso in giu- dizio, ma era riuscito a modificare la prassi del Ministero: l’anno suc- cessivo (in realtà: solo per quell’anno) gli aumenti erano stati fissati seguendo la corretta procedura217. È interessante notare come in questo caso Hao Jinsong, pur se- guendo, quanto all’oggetto, l’esempio dell’avvocato Qiao, sia andato, per quanto riguarda l’esito, ben oltre il traguardo raggiunto da que-

213 Intervista ad Hao Jinsong, Pechino, 31 marzo 2009. 214 Vedi supra, in questo paragrafo. 215 Questa informazione, fornitami da Hao durante l’intervista, è inserita anche nella pagina di Baidu a lui dedicata (http://baike.baidu.com/view/772019.htm), ma non è confermata da ulteriori fonti. 216 Vedi supra, in questo capitolo, paragrafo 1. 217 Ibid. 244 Capitolo V st’ultimo, grazie alla sua personale strategia giudiziale e ad un ocu- lato uso dei media e del “popolo della rete” (网, wangmin). Non solo, infatti, nel giro dei soli sei mesi che vanno dal 27 aprile al 27 dicembre 2006, egli è riuscito a: intentare la causa in primo grado, impugnare la decisione della corte di non accettare il caso, vin- cere il ricorso, ri-presentare la causa presso il tribunale di primo grado e appellare la sentenza a lui contraria; nelle more del giudizio di se- condo grado Hao ha anche – attraverso una lettera aperta al Mini- stro delle ferrovie pubblicata, ancora una volta, sul Jiancha ribao, il “Quotidiano delle procure” – pubblicamente dato conto delle pro- prie ragioni, mentre, in parallelo, istruiva e organizzava circa 120 vo- lontari, disposti a presentare analoghi atti di citazione contro il Mi- nistero in diverse città, e presso diversi tribunali. Il risultato degli sforzi di Hao doveva superare le sue stesse aspet- tative: il 10 gennaio del 2007 il Ministero ha annunciato l’abolizione, dopo 14 anni, dell’aumento delle tariffe ferroviarie durante il Capo- danno218. “Il portavoce del Ministero ha dichiarato più volte, nei giorni imme- diatamente precedenti all’annuncio dell’abolizione e anche in seguito, che la decisione del Ministero delle Ferrovie non aveva nulla a che fare con me. Ma il legame tra i fatti è risultato immediatamente chiaro a tutti”219, commenta Hao Jinsong.

Sempre al periodo 2007/2008 risale il caso più famoso, contro- verso e (probabilmente anche) pittoresco di cui Hao Jinsong si sia occupato fino al momento della nostra intervista: quello della tigre dello Shaanxi. Si tratta di una vicenda singolare, di cui cerchiamo, qui di seguito, di riassumere i fatti principali. Il 12 ottobre 2007 il Dipartimento provinciale forestale dello Shaanxi (陕西林业厅, Shanxi linye ting) pubblica alcune fotografie, in cui com- pare un esemplare di una specie di tigre fino ad allora creduta estinta, la “tigre della Cina meridionale”, avvistato e immortalato (sempre se- condo il dipartimento) poche settimane prima da un contadino, Zhou Zhenglong, sulle montagne della contea di Zhenping. La notizia su- scita molto scalpore, anche per la scarsa qualità dell’immagine, e qual- cuno ben presto comincia a insinuare che si tratti di un fotomon- taggio, realizzato dallo stesso Dipartimento al fine di ottenere dal go-

218 Per maggiori dettagli, vedi alla voce “Hao Jinsong” del sito Baidu, all’indi- rizzo: http://baike.baidu.com/view/772019.htm; una sintesi in lingua inglese dello stesso caso è contenuta anche in Jia Hepeng, “On the Right Track”, citato; op. cit. 219 Intervista ad Hao Jinsong, Pechino, 31 marzo 2009. Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 245 verno i fondi necessari per la costituzione del Parco Naturale di Zhen- ping. Come ricorda Hao Jinsong: “Per capire che quelle fotografie erano false non era necessario essere degli esperti; bastava guardarle. Nessuno, però, ha pensato di ribel- larsi. Io, invece, credo che sia “interesse pubblico” non essere presi in giro, e ho deciso di fare qualcosa”220.

Il 7 novembre 2007 Hao cita dunque il contadino Zhou davanti alla Corte Popolare di Dingxiang, chiedendo il risarcimento di uno yuan per danni emozionali. Il caso viene rifiutato dalla corte di primo grado, e il ricorso con- tro il rifiuto, presentato alla Corte Intermedia, respinto. Esaurito il canale giudiziario, Hao Jinsong continua la sua “battaglia contro la tigre” attraverso quello amministrativo, presentando ricorso presso l’Amministrazione statale forestale (国家林业局, Guojia linyeju), e ac- cusando il Dipartimento forestale provinciale dello Shaanxi di aver falsificato le fotografie. Le testate nazionali prendono a seguire con sempre più interesse questa strana vicenda, mentre anche il ricorso amministrativo e la causa amministrativa successivamente intentata da Hao contro l’Amministrazione forestale statale vengono respinte. A quel punto, però, Hao Jinsong ha un nuovo asso nella manica: il “Regolamento per l’apertura delle informazioni governative”, en- trato in vigore il 1° maggio 2008. L’11 maggio Hao invia dunque al- cune “richieste di apertura di informazioni” (信息公开申请, xinxi gongkai shenqing) alla Amministrazione Statale delle foreste e al Di- partimento forestale dello Shaanxi, organi ai quali domanda, rispetti- vamente: 1) dettagli sullo stato delle indagini riguardo all’esistenza della ti- gre e sull’ammontare della cifra spesa per tali accertamenti: 2) notizie in merito alla richiesta, da parte della Contea di Zhen- ping, di stabilire un parco naturale. Le richieste incontrano diversi ostacoli burocratici, ma le pressioni di Hao Jinsong, alla fine, producono i loro risultati: il 29 giugno 2008 il governo dello Shaanxi indice una conferenza stampa in cui dichiara di aver scoperto che le immagini della tigre sono frutto di un foto- montaggio, e che si stanno compiendo accertamenti su quattordici ufficiali governativi. Cinque mesi dopo, al contadino Zhou viene in- flitta una pena detentiva221.

220 Intervista ad Hao Jinsong, Pechino, 31 marzo 2009. 221 Per maggiori dettagli su questo caso, vedi Zhen Chu, op. cit., e la voce “Hao Jinsong” del sito Baidu, all’indirizzo: http://baike.baidu.com/view/772019.htm. 246 Capitolo V

Hao Jinsong è stato molto criticato per questo caso, anche da al- cuni esponenti dell“avvocatura per il pubblico interesse” cinese; in particolare, qualche suo collega ha considerato eccessivo – quando non, addirittura, lesivo per la stessa l’immagine dei gongyi lüshi – l’ accanimento da lui dimostrato su una vicenda di così scarso peso, e con un impatto quantomeno relativo sulla vita dei comuni cittadini. Hao, nonostante ciò, continua a difendere le sue scelte: “A qualcuno le cause di cui mi occupo possono sembrare sciocchezze, ma non è così. Se non ci si lamenta mai, se non si alza mai la testa, non si può sperare di cambiare le cose. Bisogna spiegare alla società che proteggere i diritti attraverso la legge è possibile, ed è dovere di ciascuno di noi. Se non ci si cura dei diritti, se non li si reclama, se non li si protegge, insomma: se non si dà loro la giusta attenzione, si rischia di perderli. Oggi non ti danno una ricevuta per cinque mao, e tu non te ne curi, perché è una sciocchezza. Domani cercano di farti credere che una tigre finta è vera, e lasci perdere, perché non ti im- porta. Ma se ogni volta che la legge viene violata, che i tuoi diritti vengono calpestati, tu non ti ribelli, come puoi essere sicuro che un giorno non ti porteranno via la casa, la terra, o addirittura la li- bertà?”222.

In chiusura, notiamo come Hao Jinsong – nonostante il suo aspetto “occidentale”, i modi da cospiratore, il linguaggio colorito, e l’atteg- giamento fortemente critico nei confronti dei difetti del sistema (in particolare: corruzione e autoritarismo) – si collochi, in realtà, in per- fetta linea con quelle che abbiamo visto essere le aspirazioni del go- verno, riuscendo, attraverso un’attività a prima vista “sovversiva”, a coniugare senza contrasti due dei principali obiettivi perseguiti dalla leadership cinese in questi anni: Rule of Law e società armoniosa. Non è, forse, un caso, che le principali testate cinesi gli dedichino tanto spazio.

3.4. Lo Studio legale Yipai di Pechino Agli antipodi rispetto al “modello” di avvocatura nel pubblico in- teresse proposto nel paragrafo precedente si colloca lo stile dello Stu- dio legale Yipai di Pechino (北京市义派律师事务所, Beijing shi Yi- pai lüshi shiwusuo). Sito al settimo piano di un grande e moderno edificio nel centra- lissimo quartiere di Dongcheng, lo studio Yipai rivela già dal nome, all’osservatore attento, quale sia l’interpretazione data dai suoi fon-

222 Intervista ad Hao Jinsong, Pechino, 31 marzo 2009. Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 247 datori al concetto di “azione nel pubblico interesse”: “Yipai” è, in- fatti, la traduzione fonetica del termine inglese “impact”, ed è pro- prio di “impact litigation” (影响性诉讼,yingxiangxing susong), cioè di azioni che hanno un impatto significativo sul sistema giuridico, che questo studio (nel consiglio di amministrazione del quale, sia no- tato per inciso, siede addirittura Zhang Sizhi, avvocato per i diritti umani ante-litteram)223 intende occuparsi. Non sono, tuttavia, i caratteri del logo a colpire la mia attenzione, entrando nella sede della Yipai al termine di due settimane di inter- viste. A farmi pensare che si tratti di uno studio “differente” da quelli in cui sono stata finora sono elementi decisamente più tangibili: in primo luogo l’estrema pulizia, e poi il senso di ordine, che sembra regnare ovunque posi lo sguardo. La luminosa e linda sala di attesa in cui vengo fatta accomodare insieme a due giovani e una anziana signora di cui solo più tardi scoprirò l’identità, non potrebbe, infatti, essere più diversa dal fatiscente e polveroso edificio in cui si trovano i locali dell’“Ufficio di legal aid per i lavoratori migranti”, mentre il sobrio ed elegante studio in cui mi riceve Wang Zhenyu (王振宇) – direttore della Yipai, e gongyi lüshi di lungo corso – è lontano anni luce dalla stanze ricche di storia, ma gelide e bisognose di restauri, in cui lavorano gli avvocati della Dongfang. Ma non è per discutere di arredamento che Wang Zhenyu ha ac- cettato di vedermi: sono la prima italiana che incontra, mi dice, la prima a interessarsi al loro lavoro, e innanzi tutto ci tiene a spiegarmi perché, alla Yipai, preferiscano parlare di “azioni di impatto”, piut- tosto che di “azioni nel pubblico interesse”. “In teoria – mi dice – le due espressioni dovrebbero indicare lo stesso istituto: le “azioni di impatto” sono, infatti, “azioni nel pubblico in- teresse”. Queste ultime, però, devono essere intese in modo corretto, come cause dirette a promuovere un sistema sociale “ideale”, cioè ca- pace, da un lato, di realizzare libertà economica, stato di diritto e de- mocrazia, e dall’altro di dare nuovo impulso alla cultura tradizionale”. “Purtroppo, invece, del concetto di gongyi susong, in particolare negli ultimi anni, si è fatto un uso improprio, e oggi non è infrequente che questa espressione venga impiegata per indicare, in generale, i casi di assistenza gratuita ai bisognosi, anche quando essi non riguardano un rilevante interesse sociale; recentemente, poi, alcuni avvocati hanno anche preso ad usare l’egida delle public interest litigation per pub- blicizzare, attraverso i media, il loro personale modo di vedere, con grande danno per il movimento ”224.

223 Su Zhang Sizhi, a partire dal 1980 impegnato a difendere cause a tutela dei diritti umani, vedi supra, in questo capitolo, nota 21. 224 Intervista a Wang Zhenyu, Pechino, 3/04/2009. 248 Capitolo V

Davanti a una simile affermazione, non posso fare a meno di do- mandarmi (e di domandargli) se non si riferisca ad Hao Jinsong. “Hai incontrato Hao Jinsong?” – mi chiede lui di rimando – “Ecco, quello è un esempio. Non si può dire che occuparsi della foto di una tigre sia “nel pubblico interesse”. Questo non dà un’impressione seria, positiva del movimento, fa pensare al pubblico che le gongyi susong siano solo un mezzo per diventare famosi, e a lungo andare può al- lontanare le masse dalle “vere” gongyi susong. Per questo, per distin- guerci noi preferiamo parlare di “azioni di impatto”. Ma siccome in- serire la parola “impatto” (影响,yingxiang) nella denominazione del nostro studio poteva preoccupare il governo, invece di usare una “tra- duzione di significato” (意译词,yinyici) abbiamo optato per una “tra- duzione di suono” (音译词, yiyici)225, ed ecco qui: Yipai”226.

Una scelta vincente, se è vero, come sostiene Wang, che la Yipai detiene due primati: quello di essere l’unico studio legale ad avere ot- tenuto, finora, la registrazione come Ong227, e quello di essere il solo studio “nel pubblico interesse”, in Cina, a non dipendere in alcun modo dallo Stato. Ma se lo Stato non finanzia neppure parzialmente la Yipai, dove trovano Wang Zhenyu e i suoi quattro associati i fondi necessari a mantenere i loro begli uffici e (soprattutto) a sostenere la loro attività? In effetti, anche per quanto riguarda il reperimento delle risorse economiche, la Yipai si distingue dalle strutture fin qui esaminate. Non solo, infatti, lo status di ONG consente ad essa di disporre direttamente del denaro eventualmente inviato da benefattori stranieri (nel caso specifico: fondazioni statunitensi e olandesi), senza dover passare attraverso il filtro di altre organizzazioni statali; in quanto studio legale indipendente, la Yipai può diversificare il suo impegno, e accettare di patrocinare casi “commerciali”, (auto)finanziando l’at- tività a favore del pubblico interesse. “È buffo – spiega l’avvocato Wang – qualcuno accusa gli “avvocati nel pubblico interesse” di usare le gongyi susong per acquisire visibi- lità, e promuovere così la loro attività commerciale. Ma noi ogni giorno, nel difendere i soggetti più deboli, urtiamo la suscettibilità di qualche

225 Si tratta delle due principali modalità utilizzate per tradurre i termini stranieri in cinese. Sull’argomento, vedi supra, capitolo primo, nota 17. 226 Dal punto di vista semantico, i caratteri di Yipai (义派) significano, rispetti- vamente: “giustizia” e “fazione”. Il significato di “Yipai” potrebbe essere, dunque, approssimativamente: “fazione della giustizia”, “dalla parte della giustizia”. 227 Sulla questione della registrazione delle Ong, in Cina, vedi supra, capitolo terzo, paragrafo 3.2.3.1. Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 249

gruppo di interesse, scontentiamo qualcuno di importante. È dunque piuttosto difficile che un’impresa, vedendo quello che facciamo per tu- telare il pubblico interesse, sia incentivata a rivolgersi a noi. Per quanto ci riguarda è più facile che succeda il contrario: la maggior parte dei costi delle gongyi susong da noi intentate è sostenuto, infatti, grazie ai profitti ottenuti con il lavoro “commerciale””228.

Anche per la Yipai, dunque, come per tutte le organizzazioni di cui abbiamo trattato, il patrocinio “a tutela del pubblico interesse” deve essere esercitato a titolo gratuito, e anche la Yipai seleziona con attenzione i casi da seguire. In particolare, sono due i criteri sulla base dei quali gli avvocati che qui lavorano decidono se accettare una controversia: 1) rilevanza, dal punto di vista sociale, del “tipo” di diritto vio- lato; 2) attinenza della questione alle mancanze del sistema di cui, in quella fase, il team della Yipai ha deciso di occuparsi. Come spiega Wang: “Abbiamo risorse limitate, e riteniamo sia più efficiente concentrare le nostre forze. Per questo, ogni anno stabiliamo quali saranno gli am- biti di cui ci occuperemo nell’anno successivo, e accettiamo esclusiva- mente casi che riguardino l’ambito prescelto. Non solo: non accettiamo mai due casi sulla stessa questione. Occuparsi di un caso per noi non vuol dire solo tutelare gli interessi del nostro cliente nel processo, ma comporta anche l’organizzazione di seminari, la conduzione di ap- profondite ricerche, e la preparazione di proposte da sottoporre al le- gislatore. Non possiamo permetterci di disperdere le energie”229.

Talvolta si tratta di controversie “reali”, di situazioni cioè in cui alcuni soggetti, vittime di un’ingiustizia, si rivolgono alla Yipai per- ché li aiuti a ottenere un rimedio. È ciò che hanno fatto, mi spiega Wang Zhenyu, i signori che ho incontrato nella sala di attesa: sono i parenti di Li Guofu, morto in carcere dopo aver denunciato lo scandalo della “Casa Bianca” (白宫, baigong) di Fuyang, e attendono la fine della mia intervista per rice- vere informazioni sul caso che li riguarda. I fatti da cui trae origine questo caso – uno dei più importanti di cui si sia occupata la Yipai, anche per lo scalpore suscitato tra il pub- blico – risalgono al 2007, quando sui quotidiani cinesi cominciano ad apparire i primi articoli dedicati al nuovo edificio in cui ha sede il

228 Intervista a Wang Zhenyu, Pechino, 3/04/2009. 229 Intervista a Wang Zhenyu, Pechino, 3/04/2009. 250 Capitolo V governo della città di Fuyang (Anhui), soprannominato “Casa Bianca” per la evidente somiglianza architettonica con la residenza del presi- dente statunitense. La costruzione, costata all’erario 30 milioni di yuan, è giudicata eccessiva, in particolare per una zona economica- mente depressa come quella in cui sorge la città, e l’attenzione dei media si sposta, in breve, sul funzionario che ne ha ordinato la rea- lizzazione, Zhang Zhi’an, vicepresidente della contea di Yingquan e segretario del Partito di un distretto di Fuyang. La campagna denigratoria che ne segue esaspera Zhang, che so- spetta Li Guofu, funzionario locale con cui da qualche anno si trova in attrito, di essere autore delle lettere anonime da cui ha preso av- vio l’indagine. Li a causa di ciò perde il lavoro, e si reca a Pechino, per denunciare alle autorità centrali i numerosi reati e gli svariati abusi di potere di cui si sarebbe macchiato Zhang nel corso della sua car- riera. Zhang, però, lo precede, e per vendicarsi convince il procura- tore capo del distretto, Wang Cheng, a perseguire Li per corruzione. Al suo ritorno dalla capitale, il 26 agosto 2007, Li è dunque arre- stato, e tradotto nel carcere di Fuyang; morirà nell’ospedale della pri- gione, ufficialmente suicida, 5 mesi dopo, il 13 marzo 2008230. “I famigliari di Li Guofu non hanno creduto alla versione data dalla procura, e si sono rivolti a noi. Troppi elementi non sono compatibili con il suicidio. Noi li stiamo seguendo, e li aiute- remo a dimostrare la verità”231, afferma l’avvocato Wang.

Notiamo, incidentalmente, che i famigliari di Li Guofu, assisti dalla Yipai, hanno avuto, infine, giustizia: l’8 settembre 2010 la Corte In-

230 Per maggiori dettagli su questo caso, vedi: 安徽阜阳市颇有争议的“白宫”主张 治安, “Anhui Fuyangshi boyou jingyi de “baigong” zhuren Zhang Zhi’an” (Il con- troverso signore della Casa Bianca di Fuyang, Anhui: Zhang Zhi’an), pubblicato su xinhuanet il 22 aprile 2008, e disponibile all’indirizzo: http://www.sc.xinhuanet.com/con- tent/2008-04/22/content_13048314.htm (visto l’ultima volta il 13/05/2011); 李润文, 李菁莹: “阜阳“白宫”举报案:李国福与张治安的十年恩怨”, 国青年报, 2008年04月22日, Li Runwen e Li Jingying, “Fuyang “baigong” jubao’an: Li Guofu yu Zhang Zhi’an de shinian enyuan” (il report alle autorità riguardo alla “casa bianca” di Fuyang: i dieci anni di rivalità tra Li Guofu e Zhang Zhi’an), Zhonguo qin- gnianbao, 22 aprile 2008, consultabile online all’indirizzo: http://politics.people.com.cn/ GB/14562/7147496.html (visto l’ultima volta il 13/05/2011); Lan Tian, “Death Sen- tence for “White House Boss”, China Daily, 09/02/2010, consultabile online all’in- dirizzo: http://www.chinadaily.com.cn/china/2010-02/09/content_9447216.htm (visto l’ultima volta il 13/05/2011); “Darkness in the “White House”, Qilu Evening News, April 23, 2008, consultabile online all’indirizzo: http://www.danwei. org/front_page_of_ the_day/Fuyang_white_house.php (visto l’ultima volta il 13/05/2011). Una sintesi del caso è poi disponibile sul sito della Yipai, all’indirizzo: http//www.bjimpact.org. 231 Intervista a Wang Zhenyu, Pechino, 3/04/2009. Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 251 termedia di Wuhu ha infatti condannato Zhang Zhi’an e Wang Cheng rispettivamente alla pena capitale e a 6 anni di reclusione, per corru- zione, abuso di potere e creazione di prove false ai danni di un in- nocente232. Di pari rilevanza, e ancora a tutela di un diritto costituzionalmente garantito (nella fattispecie: il diritto di eguaglianza), è un altro dei casi seguiti dalla Yipai nel 2008: quello in cui Gao Jun233, cittadino di Shanghai trasferitosi a Pechino perché assunto da una nota società di telecomunicazioni, ha citato la stessa società per aver rifiutato di per- fezionare il contratto di assunzione, una volta scoperto – attraverso i controlli medici preliminari – la sua condizione di portatore di Epa- tite B. Il problema delle discriminazioni ai danni dei portatori di HBV è piuttosto grave, in Cina, in primo luogo per l’evato numero dei soggetti afflitti da questa patologia (secondo una recente stima: circa il 10% della popolazione totale della RPC); individui che, pur non avendo sviluppato il virus, e non costituendo un pericolo per chi si trova loro accanto, sono sistematicamente esclusi dalla pubblica am- ministrazione, e vittime di pregiudizi a tutti i livelli234. Si tratta di una questione di cui i gongyi lüshi si sono occupati fin dagli albori del movimento235, tanto che oggi esistono vere e pro- prie ONG specializzate nella lotta contro la discriminazione, alcune delle quali dedite, quasi esclusivamente, alla tutela dei diritti dei por- tatori sani di HVB236. La Yipai ha un’impostazione decisamente più “generalista” rispetto a queste ultime, e il suo impegno tocca ambiti talvolta molto diversi l’uno dall’altro; un problema di tale rilevanza sociale non poteva, tut-

232 Sull’argomento, vedi, sul sito della Yipai: 义派, “安徽阜阳白宫举报案—— 官员利用公权力报复举报”, 2010-11-23, Yipai, “Anhui Fuyang baigong jubaoren an – Guanyuan liyong gongquanli baofu jubaoren”, (Il caso dell’uomo che ha de- nunciato la “Casa Bianca” di Fuyang, Anhui – L’ufficiale ha usato la propria auto- rità per vendicarsi), all’indirizzo: http://www.bjimpact.org/Article.asp?ArticleID=1045 (visto l’ultima volta il 13/05/2011). 233 Nome fittizio, attribuitogli per ragioni di privacy. 234 Sull’argomento, vedi Huang Jinrong, op. cit.; Fu Hualing e Richard Cul- len, “The Development of Public Interest Litigation in China”, citato, p. 20. 235 Il primo caso di discriminazione ai danni di un portatore sano di epatite B risale al 2003, quando Zhang Xianzhu, vincitore del concorso indetto per l’assegna- zione di un pubblico impiego, citò l’Amministrazione del personale di Wuhu (Anhui), colpevole di essersi rifiutata di assumerlo dopo aver scoperto, durante la visita pre- leminare all’assunzione, la patologia di cui era affetto. Su questo caso, e, più in ge- nerale, sull’argomento, vedi Huang Jinrong, ibid. e Yiyi Lu, op. cit. p. 10. 236 Tra queste, spicca la già citata Yirenping. Sull’argomento, vedi supra, capitolo IV, nota 20. 252 Capitolo V tavia, lasciare indifferenti Wang Zhenyu e il suo team, che hanno ac- cettato di assistere il signor Gao in giudizio. La Corte ha ritenuto che il comportamento della convenuta avesse generato in Gao una ragionevole aspettativa di assunzione e che, per- tanto, il rifiuto della società di perfezionare il contratto costituisse una violazione del diritto di uguale impiego; su queste basi, ha con- dannato la società a risarcire Gao del danno emozionale, oltre che delle perdite dovute al mancato profitto, imponendole inoltre di pre- sentare all’attore scuse formali237. “I casi di questo genere, in Cina, sono molti, ma pochi arrivano da- vanti al giudice, di solito le parti si accordano tra di loro in privato. Grazie a questo caso, e alla rilevanza che è stata ad esso attribuita, noi siamo riusciti a dare un segnale forte agli altri lavoratori malati, dimostrando loro che hanno dei diritti, e che il nostro sistema giuri- dico li protegge”238, mi dice Wang Zhenyu.

Non sempre, tuttavia, Wang Zhenyu e i suoi associati aspettano che siano i clienti a portare loro un caso. Qualche volta, come ab- biamo visto per la Dongfang, è lo stesso studio a “creare” una con- troversia, decidendo preventivamente la questione di cui intende oc- cuparsi, per poi trovare un attore di comodo, e intentare, a suo nome, causa. A tale categoria appartiene l’ultima “azione di impatto” patroci- nata dalla Yipai di cui ci occuperemo in questo lavoro: il cosiddetto caso “Lussuria – seduzione e tradimento” (“色戒” 案, ““Si – Jie” An”), del 2007. La causa deve la sua singolare denominazione al noto film di Ang Lee, vincitore del Leone d’Oro a Venezia nel 2007, appunto; e pro- prio questo film, proiettato nelle sale cinematografiche cinesi in ver- sione ridotta, perché privato delle scene ritenute troppo “piccanti”, ha dato alla Yipai lo spunto per portare all’attenzione del pubblico il problema della censura sulle opere artistiche nella RPC, e la scusa per affrontare (seppur marginalmente) quello assai più delicato della libertà di espressione. A prestarsi come attore, in questa controversia, è stato un dotto- rando di ricerca della Zhengfa Daxue, Dong Yanbin, che, dopo aver

237 Per maggiori dettagli su questo caso, vedi, sul sito della Yipai: 义派, “北京乙肝歧视胜诉案——一个群体首获司法反歧视呼应”, Yipai, “Beijing yigan qi- shi shengsu an – yi ge qunti shou huo sifa fan qishi huying” (Il caso vinto di di- scriminazione per HVB di Pechino), 2010-11-23, consultabile online all’indirizzo: http://www.bjimpact.org/Article.asp?ArticleID=1051 (visto l’ultima volta il 13/05/2011). 238 Intervista a Wang Zhenyu, Pechino, 3/04/2009. Le “azioni nel pubblico interesse” in Cina 253 assistito alla proiezione della pellicola in questione in un cinema del distretto di Haidian, a Pechino, ha citato – prima davanti al Tribu- nale del distretto di Xicheng, e poi, essendosi questo rifiutato di iscri- vere il caso al ruolo, innanzi a quello del distretto di Haidian – lo stesso cinema di Pechino (il Beijing Huaxing Guoji Yingcheng, 北京星国际影城) e l’Ufficio Nazionale centrale per la radio, la te- levisione e il cinema (国家广播电影电视总局, Guojia guangbo dianying dianshe zongju), per aver violato i suoi diritti di consumatore e il pubblico interesse, non avendogli consentito di apprezzare il film in versione integrale, e non avendolo informato del fatto che alla copia proiettata mancassero delle parti239. Entrambe le corti hanno ritenuto che, per iscrivere il caso al re- gistro, Dong Yanping dovesse produrre della documentazione sup- plementare: nella fattispecie, una copia del film in versione integrale. “In questo, i giudici hanno dimostrato di essere molto scaltri. Le co- pie originali del film, quelle che hanno avuto l’autorizzazione alla di- stribuzione, sono ovviamente prive delle parti censurate, ma le ban- carelle pullulano di copie integrali di quella pellicola. I giudici sape- vano, però, che non ci saremmo azzardati a fornire una copia pirata di “Lussuria” alla corte. Così è stato: non abbiamo prodotto la prova richiesta, e il tribunale ha rifiutato il caso. Comunque, noi abbiamo raggiunto l’obiettivo: di questa questione si è parlato a lungo”240, com- menta Wang Zhenyu, sorridendo.

Il fatto che, talvolta, le battaglie ingaggiate dalla Yipai possano di- spiacere ad alcuni dipartimenti governativi (come nel caso di Lussu- ria) non deve tuttavia far pensare che le azioni nel pubblico interesse in generale, e le “azioni di impatto” della Yipai in particolare, siano “contro” il governo. Secondo Wang Zhenyu, al contrario, le gongyi susong possono es- sere per il governo un valido aiuto:

239 Sulle richieste avanzate da Dong Yanbin vedi, più in dettaglio, sul blog di Wang Zhenyu: 王振宇, “董彦斌诉星国际影城《色戒》案事起诉状”, Wang Zhenyu, “Dong Yanbin su Huaxing Guoji yingcheng “Si Jie” an minshi qisuzhuan” (Atto di citazione del caso “Lussuria – seduzione e tradimento”, Dong Yinbin con- tro Huaxing Guoji yingcheng, inserito il 30 settembre 2008 all’indirizzo: http://blog.sina.com.cn/s/blog_5b8fe0490100azme.html (visto l’ultima volta il 13/05/2011). Per una sintesi del caso, vedi, sul sito della Yipai: 义派, “ 董彦斌《色•戒》案—— 探讨表达由的事诉讼第一案”, 2010-11-23, Yipai, “Dong Yanbin “Si Jie” an – tantao biaoda ziyou de minshisusong diyi’an (Don Il caso “Lussuria – seduzione e tradimento di Dong Yanbin – discussione sulla prima causa civile riguardante il di- ritto di espressione), all’indirizzio: http://www.bjimpact.org/Article.asp?ArticleID=1055 (visto l’ultima volta il 13/05/2011). 240 Intervista a Wang Zhenyu, Pechino, 3/04/2009. 254 Capitolo V

“L’obiettivo delle gongyi susong è quello di riformare un sistema ir- razionale. In questo senso, gli avvocati nel pubblico interesse costitui- scono il ponte, il collegamento, tra i cittadini e lo Stato. Noi diciamo al governo dove ha sbagliato, siamo una via razionale alla risoluzione dei problemi, e possiamo evitare che essi sfocino in conflitti sociali”241.

Non tutti gli avvocati, però, hanno le capacità necessarie. Secondo Wang Zhenyu, è questo il principale ostacolo allo sviluppo delle gongyi susong: “Ti avranno detto che è colpa del sistema se le public interest litiga- tion in Cina hanno poco successo. Non è così. Il problema è la scarsa competenza degli avvocati. I casi nel pubblico interesse toccano que- stioni delicate, e le corti non li accettano volentieri; proprio per que- sto è necessario che gli avvocati trovino ottimi argomenti, che riescano a dare inattaccabili fondamenti giuridici al caso. L’ora della riforma è arrivata, non possiamo attendere, aspettare che vengano ampliati i criteri per l’attribuzione del diritto di azione, o che sia modificata qualche altra regola processuale. Un bravo avvocato deve essere in grado di portare avanti la tutela del pubblico interesse nel sistema esi- stente. È questo che viene richiesto a un vero gongyi lüshi; solo i mi- gliori avvocati possono essere “avvocati nel pubblico interesse”242.

241 Intervista a Wang Zhenyu, Pechino, 3/04/2009. 242 Intervista a Wang Zhenyu, Pechino, 3/04/2009. Conclusioni

Il presente studio prende l’avvio, e dà risposta, ad alcuni quesiti fondamentali per valutare l’impatto della modernizzazione del diritto sul sistema giuridico-sociale della Repubblica popolare, e in particolare: 1) fino a che punto il riconoscimento di nuovi diritti e l’enfasi sulla “Rule of Law” abbiano modificato il rapporto tra gli in- dividui e lo Stato, e quali effetti abbia avuto, dal punto di vi- sta della pratica giuridica, l’emergere del nuovo assetto di in- teressi portato dalle riforme; 2) se, e in che modo, i cittadini cinesi – in particolare i profes- sionisti del diritto – abbiano contribuito allo sviluppo dell’or- dinamento del loro Paese, giocando un ruolo attivo nella rece- zione di determinati instituti, e quali siano gli strumenti da essi eventualmente impiegati per influenzare le scelte che li coin- volgono. La ricerca si è sviluppata intorno ad uno dei fenomeni giuridici più interessanti degli ultimi anni: le “azioni nel pubblico interesse” (公益诉讼, gongyi susong), analizzate seguendo due distinti percorsi, l’uno diacronico, e l’altro sincronico. Dal punto di vista diacronico si è proceduto, in primo luogo, alla “disaggregazione” l’espressione “gongyi susong” nelle sue parti fon- damentali, per ricostruire i significati e i valori connessi alle nozioni di “pubblico” e di “interesse” nella Cina classica e in quella maoista, e comprendere – anche alla luce dell’etimologia dei caratteri con cui tali concetti sono resi in mandarino – fino a che punto i cambiamenti sociali, economici e giuridici introdotti con le riforme, e il nuovo ac- cento posto, grazie ad esse, sulla “funzione sociale” dell’interesse pri- vato, abbiano modificato i rapporti tra gli interessi all’interno della RPC, favorendo l’affermazione di un interesse pubblico “pluralista”, svincolato dall’identificazione, durata secoli, con l’interesse dello Stato, e sottratto al monopolio di quest’ultimo anche dal punto di vista della tutela. A partire dal confronto tra le definizioni occidentali di public in- 256 Conclusioni terest litigation” e quelle di gongyi susong elaborate, negli ultimi anni, dalla dottrina cinese, si è poi passati ad analizzare le caratteristiche del modello “classico” di public interest litigation, e il processo di evoluzione e diffusione che ha portato tale istituto a divenire, a par- tire dagli anni ’80 del XX secolo, un fenomeno comune alla maggior parte dei Paesi, non solo in Via di Sviluppo. Questa parte della ri- cerca ha consentito di mettere in luce alcuni aspetti originali dell’e- sperienza di avvocatura nel pubblico interesse cinese, ed esaminare il complesso gioco di interessi sotteso all’introduzione delle “azioni nel pubblico interesse” nella Repubblica Popolare, con particolare riferi- mento alle modalità attraverso cui sono stati attuati i progetti di coo- perazione giuridica internazionale, e alle politiche poste in essere dal governo per favorire (in modo più o meno esplicito, e attraverso un percorso non sempre lineare) una maggiore partecipazione dei citta- dini alla gestione pubblica. A tale analisi è seguita la descrizione, ancora in prospettiva dia- cronica, della nascita e dello sviluppo delle gongyi susong, dalle prime azioni intentate, intorno alla metà degli anni Novanta del XX secolo, da cittadini comuni (frutto delle campagne di “pubblicizzazione della legge” promosse dalla leadership cinese, e ispirate dai contatti con i cooperatori occidentali), alle cause, praticamente coeve, portate avanti dalle Procure del Popolo (più raffinate dal punto di vista giuridico, ma ancora legate a una visione dell’interesse pubblico quale appan- naggio del potere costituito), fino al coinvolgimento in questo settore degli avvocati, e alla cosiddetta “professionalizzazione” del movimento. La lettura dei primi casi “nel pubblico interesse” è stata inoltre inte- grata, e approfondita, da un esame degli ostacoli strutturali posti dal sistema giuridico-politico cinese all’attecchimento del modello “clas- sico” di public interest litigation, e da brevi cenni relativi alla storia, e alla regolamentazione, della professione legale nella RPC. Dal punto di vista sincronico sono stati, invece, analizzati, alcuni dei significati assunti dall’espressione “gongyi susong” nella pratica giuridica attuale della RPC, ricostruiti alla luce del materiale raccolti nel corso di una serie di interviste ad avvocati ed attivisti cinesi rea- lizzate nel corso del 2009. Questa parte della ricerca ha riguardato, in particolare, l’attività svolta all’interno di quattro tra i più noti studi legali di Pechino impegnati nella difesa del pubblico interesse (lo Stu- dio legale Dongfang per il pubblico interesse e il legal aid di Pechino, L’Ufficio di legal aid di Pechino per lavoratori migranti, il Centro per il fondo di diritto e pubblico interesse, e lo Studio legale Yipai di Pechino), esaminata sulla base delle affermazioni rilasciate da al- trettanti gongyi lüshi, al fine di chiarire alcuni aspetti pratici dell’av- vocatura per i diritti cinese, quali la tipologia delle strutture in cui Conclusioni 257 viene esercitata, le modalità di organizzazione interna, i criteri utiliz- zati per la selezione dei casi, il livello di indipendenza, e le fonti di finanziamento. Il racconto delle esperienze di avvocatura nel pubblico interesse vissute da Huang Jinrong, Wang Fang, Hao Jinsong e Wang Zhenyu ci ha consentito di osservare, da un punto di vista privilegiato, alcuni aspetti della “law in action” della RPC, e di vedere in quale modo, e attraverso quali tecniche, la società civile stia oggi cercando di af- fermare il proprio ruolo nel contesto cinese. Come abbiamo più volte notato nel corso della trattazione, infatti, le gongyi susong non costituiscono, per la Repubblica Popolare, solo una audace innovazione processuale; esse rappresentano anche un punto di svolta, uno snodo fondamentale del passaggio dal “governo degli ufficiali” al “governo dei cittadini” (官治走向治,guanzhi zouxiang minzhi), e uno dei pochi canali di partecipazione politica ammessi, nella presente situazione. Non è, tuttavia, sul valore politico del loro impegno che i gongyi lüshi tendono a mettere l’accento. Anche se, negli ultimi anni, il desiderio di incidere in modo di- retto sulle scelte legislative ha portato alcuni “avvocati per il pubblico interesse” a proporsi, addirittura, quali candidati indipendenti alla ele- zioni locali – ricordiamo, a titolo di esempio, il caso di Hao Jinsong, presentatosi (senza successo) nel 2006 alle elezioni per l’Assemblea Popolare del distretto di Haidian (Pechino), o quello di Tong Lihua, direttore dell’Ufficio di legal aid di Pechino per i lavoratori migranti, che nel 2008 è divenuto membro dell’Assemblea Popolare della Mu- nicipalità di Pechino – è in termini strettamente (e rigorosamente) giuridici che essi continuano a descrivere gli obiettivi del movimento di cui fanno parte. Tanto nelle dichiarazioni degli attivisti, quanto nelle definizioni di “gongyi susong” elaborate dalla dottrina, sono infatti, “legge” (法律, falü) e “interesse pubblico” (公益, gongyi) le espressioni che ricor- rono più frequentemente, ed è appunto sulla base della legge, ser- vendosi di strumenti e canali “legittimi”, che gli “avvocati nel pub- blico interesse” intendono tutelare il “bene comune”, attraverso azioni che – pur non sfidando, in alcun modo, il potere costituito, perché incentrate (sempre) su temi politicamente poco sensibili – costringono il governo ad adempiere ai propri obblighi, e a rendere effettive le garanzie dei diritti previste dall’ordinamento, pena la perdita di le- gittimazione, e di credibilità. Proprio nel complesso rapporto che lega gli avvocati per il pub- blico interesse alla leadership cinese risiede, a mio avviso, l’aspetto più interessante delle gongyi susong: una relazione – come abbiamo 258 Conclusioni visto – ricca di insidie, ma necessaria e potenzialmente fruttuosa per entrambe le parti, al mantenimento della quale i gongyi lüshi dedi- cano ogni cura, sforzandosi in ogni modo di non rompere i delicati equilibri faticosamente raggiunti e “camminando sul ghiaccio sottile”, pur di promuovere la democratizzazione della RPC in forme com- patibili con lo status quo. Da questo punto di vista, anche i singolari richiami della dottrina cinese al diritto romano, piuttosto che a quello statunitense, per spie- gare l’origine dell’espressione “gongyi susong” possono risultare utili: il riferimento a un modello prestigioso e lontano nel tempo, quasi un “paradigma” avulso da ogni contesto sociale, allontana, infatti, da queste azioni la critica di essere inadatte alla situazione cinese, tran- quillizzando (almeno in teoria) il governo sul fatto che – se non al- tro, in questo caso – non si trova in presenza di uno dei tanto te- muti frutti della “cospirazione messa in atto dalle forze nemiche oc- cidentali”. Si tratta di una rassicurazione che può far sorridere, visto il ruolo giocato dalla cooperazione internazionale nello sviluppo del sistema giuridico cinese, in particolare negli ultimi trent’anni, ma che con- tiene, in fondo, un barlume di verità. Del resto, come abbiamo visto, l’introduzione delle public interest litigation in Cina è avvenuta attraverso modalità differenti, rispetto a quelle che hanno segnato la recezione degli altri istituti afferenti alla Public Interest Law: diversamente da quanto accaduto per il legal aid, o la clinical legal education, le “azioni nel pubblico interesse” sono infatti nate come cause “spontanee”, portate avanti (in partico- lare nella prima fase del loro sviluppo ma, per molti versi, ancora oggi) da attori non appartenenti alla élite giuridico-politica, e sono solo indirettamente ispirate al modello da cui traggono il nome, fil- trato però, e adattato dagli stessi attivisti cinesi in modo da renderlo funzionale al contesto politico e giuridico locale. In questo senso, le gongyi susong possono realmente essere con- siderate una “conseguenza inattesa” della modernizzazione, e un se- gnale dell’impatto positivo avuto dalle riforme sulla società cinese, ol- tre che la (ennesima) dimostrazione della estrema varietà e impreve- dibilità dei risultati a cui può portare il trapianto di un istituto giu- ridico, in un sistema differente da quello in cui ha avuto origine. In chiusura, mi sia consentita qualche riflessione, alla luce degli avvenimenti occorsi in Cina durante la stesura di questo lavoro, e che hanno avuto come protagonisti noti avvocati impegnati nella di- fesa dei diritti civili. Le notizie di sparizioni, intimidazioni e arresti diffusamente ri- portate dalla stampa internazionale, in particolare in queste ultime Conclusioni 259 settimane (marzo 2011) rappresentano, infatti un chiaro segno della crescente preoccupazione della leadership cinese per la stabilità so- ciale, e del desiderio, da parte di essa, di eliminare qualsiasi elemento possa, anche solo lontanamente, rendere meno saldo il suo controllo sullo Stato. In quest’ottica, l’attività degli “avvocati nel pubblico interesse” ac- quista nuovo valore. Nel corso della trattazione abbiamo infatti evidenziato come, ad accomunare le esperienze di soggetti diversi – per inclinazioni, pre- parazione ed obiettivi – e a far sì che possano essere considerati mem- bri di uno stesso movimento, sia la (nuova) percezione della neces- sità di tutelare l’interesse pubblico, attraverso azioni giuridiche che abbiano, anche, la capacità di influenzare il cambiamento sociale; un cambiamento sociale perseguito però, a piccoli passi, a ridosso del confine che separa, in Cina, le battaglie lecite da quelle che non lo sono, e che fa, talvolta, apparire le violazioni dei diritti a cui si op- pongono i gongyi lüshi di poco conto, rispetto ai ben più gravi pro- blemi che, com’è noto, affliggono il sistema giuridico cinese. Quanto sta accadendo dimostra come, al contrario, tale approccio rappresenti – nella situazione cinese, oggi più che mai – l’unica strada percorribile, l’unico modo per ricordare al governo cosa significhi “essere un Paese di Rule of Law” senza interrompere il dialogo con esso ma, anzi, utilizzando gli strumenti da esso stesso forniti e con- trollati per aumentare la partecipazione dei cittadini alle scelte che li coinvolgono. In questo senso, l’impiego strumentale della legge da parte degli “avvocati nel pubblico interesse” si colloca perfettamente all’interno della tradizione giuridica cinese, imperiale e socialista. A rappresen- tare una novità è però la diversa funzione attribuita al diritto: un di- ritto non più visto come esclusivo appannaggio del potere costituito, ma che diviene mezzo alla portata di ogni singolo cittadino, che lo può impiegare per la difesa dei suoi interessi particolari tutelando, at- traverso essi, quelli di tutta la società. “Ottenere il bene comune attraverso la protezione degli interessi individuali” non è, infatti, solo il motto di uno degli studi di avvo- cati citati: esso esprime, in qualche modo, l’obiettivo di tutto il mo- vimento degli “avvocati nel pubblico interesse” cinesi. Un movimento – a dispetto dei numerosi ostacoli, politici e giu- ridici analizzati – estremamente vitale, che mostra come, in seno alla società (civile?) cinese, stia effettivamente nascendo un “nuovo con- cetto di pubblico” (新的公共性, xinde gonggongxing), che comincia a dare i primi frutti. Se – e in quale misura – essa potrà, davvero, contribuire a tra- 260 Conclusioni sformare la RPC in un Paese di Rule of Law dipenderà, in gran parte, dalla capacità della leadership cinese di riconoscere, nel rinnovato im- pegno dei cittadini a favore dell’interesse pubblico, una risorsa, e non una minaccia. I segnali, da questo punto di vista, non sembrano, al momento, incoraggianti. Bibliografia

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1. Valori e principii del diritto romano. Atti della Giornata di studi per i 100 anni di Silvio Romano Maestro di Istituzioni (Torino, 12 ottobre 2007), a cura di Andrea Trisciuoglio, 2009. 2. La dimensione tacita del diritto, a cura di Raffaele Caterina, 2009. 3. L’identità plurale della filosofia del diritto. Atti del XXVI Con- gresso della Società Italiana di Filosofia del Diritto (Torino, 16-18 settembre 2008), a cura di Patrick Nerhot, 2009. 4. Convenzione europea sui diritti dell’uomo: processo penale e ga- ranzie, a cura di Rosanna Gambini e Margherita Salvadori, 2009. 5. La funzione giurisprudenziale nell’ordinamento internazionale e nell’ordinamento comunitario. Atti dell’Incontro di studio tra gio- vani cultori delle materie internazionalistiche - VII Edizione, To- rino 9-10 ottobre 2009, a cura di Alberto Oddenino, Elisa Ruozzi, Annamaria Viterbo, Lorenza Mola, Francesco Costamagna e Lu- dovica Poli, 2010. 6. Magistratura e democrazia italiana: problemi e prospettive, a cura di Stefano Sicardi, 2010. 7. I diritti sociali come diritti della personalità, a cura di Roberto Cavallo Perin, Leonardo Lenti, Gabriella M. Racca e Alessandra Rossi, 2010. 8. Gianluca Ruggiero, Gli elementi soggettivi della tipicità. Inda- gine sugli elementi normativi soggettivamente pregnanti della fat- tispecie penale, 2011. 9. La lezione di Leopoldo Elia, a cura di Mario Dogliani, 2011. 10. Sergio Dellavalle, Dalla comunità particolare all’ordine uni- versale, vol. I, I paradigmi storici, 2011. 11. Le autonomie territoriali e funzionali nella provincia di Cuneo in prospettiva transfrontaliera (alla luce del principio di sussidiarietà), in corso di stampa. 12. Giorgio Lombardi, Scritti scelti, 2011. 13. Geo Magri, La circolazione dei beni culturali nel diritto euro- peo: limiti e obblighi di restituzione, 2011. 14. Ludovica Poli, La responsabilità di proteggere e il ruolo delle organizzazioni internazionali regionali. Nuove prospettive dal con- tinente africano, 2011. 15. Partecipazione, accesso e giustizia nel diritto ambientale, a cura di Adolfo Angeletti, 2011. 16. Francesco Costamagna, I servizi socio-sanitari nel mercato in- terno europeo. L’applicazione delle norme dell’Unione europea in materia di concorrenza, aiuti di Stato e libera circolazione dei ser- vizi, 2011. 17. Maria Borrello, Sul giudizio. Verità storica e verità giudizia- ria, 2011. LA BUONA STAMPA

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