L'opera Seria Italiana (1800-1813)

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L'opera Seria Italiana (1800-1813) PRIMA PARTE: INTRODUZIONE I. ROSSINI SENZA ROSSINI. IL TOPOS DELLA TRANSIZIONE Opinioni degli antichi e dei moderni Se non che tra il comun dubitarsi delle antiche dottrine e della nuova riforma, e tra il vano garrire sulle più doviziose armonie, che al sentire di taluni riuscivano inopportune e fastidiose al buon effetto delle parole; e a giudizio di tali altri mirabilmente servivano a riparare la vecchia semplicità, già per troppo uso fattasi scurrile e vile, né più bastevole ad agitar cuori da lunghe guerre e fortune adusati a veementi commozioni; ecco spuntare1… Nel declinare dell’anno 1812 […] il grande riformatore Rossini, la di cui fama già ingigantiva, era stato preceduto da uomini sommi, quali erano un Paisiello, un Cimarosa, un [Pietro Alessandro] Guglielmi ec., ec., e quindi da un Mayer, da un Paër, da un Generali, da un Morlacchi, da uno Spontini, da un Cherubini, da Coccia, da Fioravanti, da Pavesi, da Melara, da Farinelli, da Niccolini, Paini, Orlandi, Marinelli, Mosca, i quali tutti tenevano in quell’epoca lo scettro melodrammatico2… Après Cimarosa, et lorsque Paisiello eut cessé de travailler, la musique languit en Italie jusqu’à ce qu’il parût un génie original. Je devrais dire le plaisir musical languit; il y avait bien toujours des transports et de l’admiration folle dans les salles de spectacle, mais c’est comme il y a des larmes dans de beaux yeux de dix-huit ans, même en lisant les romans de Ducray-Duminil, ou des mouchoirs agités et des vivat pour la joyeuse entrée même des plus mauvais souverains. Rossini a écrit avant 1812; mais ce n’est qu’en cette année-là qu’il obtint la faveur de composer pour le grand théâtre de Milan3. L’atteggiamento dell’uomo davanti al tempo e la necessità di introdurre degli iati nel continuum temporale per categorizzare e riflettere sulla storia sono al centro delle riflessioni di Philippe Ariès in un libro pubblicato più di cinquant’anni fa. Secondo lo storico francese esiste un «alone» che «particolarizza un momento del tempo» (per cui la differenza tra due epoche è «di natura estetica»); e solo prendere coscienza dell’alone che caratterizza un periodo rispetto a un altro «dà alle cose e agli esseri il loro vero spessore4». Passando alla storia della musica il discorso non muta: le epoche rossiniana e prerossiniana (all’interno della «media durata5» della storia 1 PIETRO BRIGHENTI, Della musica rossiniana e del suo autore, in Rossiniana. Antologia della critica nella prima metà dell’Ottocento, a c. di Carlida Steffan, Pordenone, Studio Tesi, 1992, 184. 2 GIOVANNI PACINI, Le mie memorie artistiche. Autobiografia riscontrata sugli autografi e pubblicata da Ferdinando Magnani, Firenze, Le Monnier, 18752, rist. an. Bologna, Forni, 1978, 5. 3 STENDHAL, Vie de Rossini. Édition présentée, établie et annotée par Pierre Brunel, Paris, Gallimard, 1992, 51. 4 PHILIPPE ARIÈS, Il tempo della storia (tit. or. Le temps de l’histoire, Monaco, Rocher, 1954), Bari, Laterza, 1987, 193-4. 5 Il riferimento è alla «pluralità del tempo storico», e alle differenti “durate” che debbono essere prese in considerazione: cfr. FERNAND BRAUDEL, Scritti sulla storia (tit. or.: Écrits sur l’histoire, Paris, Flammarion, 1969 e Écrits sur l’histoire II, 3 dell’opera italiana tra 1790 e 1830) furono da subito distinte l’una dall’altra. Possiamo cercare – e tenteremo – di accumulare fatti che, dall’una e dall’altra parte della barricata del 1812/1813, mettano in luce le differenze o le similitudini del prodotto operistico prima e dopo. Ma non dovremo tenere in scarsa considerazione l’aura che l’una e l’altra epoca recano con sé, agli occhi nostri e agli occhi degli uomini che vissero in quel torno di tempo. Il titolo recato dal terzo sottocapitolo dell’introduzione della Vie de Rossini è proprio «Storia dell’interregno dopo Cimarosa e prima di Rossini, dal 1800 al 18126». Noi dovremo forzatamente confrontarci con questo pregiudizio della “transizione”, non limitato a Stendhal, creato non per definire lo stile degli uomini cui poi è stato riferito, i Paer e i Mayr, ma per situare meglio il compositore che li seguì nel cammino della gloria, ossia Rossini. Il periodo prima della comparsa di Rossini, quasi fosse una “infanzia” dell’opera italiana, fu rapidamente rimosso; e dalle biografie che in anni successivi si presero l’onere (parrebbe controvoglia, in molti casi, come diremo più avanti) di ricordare in breve la vita degli uomini dell’interregno traluce una convinzione: questi maestri furono solo degli epigoni senza valore. Ma Pacini e Stendhal (più il secondo che il primo: ma Pacini era figlio di un grande cantante), da cui abbiamo preso le mosse, avevano assistito di persona agli anni in cui gli «uomini sommi» avevano lasciato il campo e il sommo fra tutti stava per arrivare. Pacini non aveva che parole di elogio per i predecessori di Rossini; soprattutto per alcuni: Questi quattro grandi uomini [Mayr, Cherubini, Generali, Paer] furono l’anello fra il passato e il presente secolo, non che delle due Scuole italiana e tedesca7. (le parole di Pacini, notoriamente facile all’encomio, vanno prese cum grano salis, se pensiamo all’entusiasmo che gli prende la penna quando parla di Rossini). Stendhal la pensava come Pacini almeno sul fatto che Mayr, Paer, e i loro imitatori, avessero cercato di adattare il «genere tedesco» al gusto italiano, ma questo fu da lui imputato a disdoro e Paris, Arthaud, 1990), Milano, Bompiani, 2003, in ispecie 22-3, 42-3, 112. Ma in tutta la produzione di Braudel (oltre al famoso saggio sulla «longue durée», parimenti incluso nel volume) affiorano temi che appariranno in filigrana in questo capitolo, come quello della discontinuità del tempo storico, e dei «cicli», «intercicli», «semi-intercicli» (termini mutuati dalla teoria economica) che caratterizzano la storia sociale. 6 STENDHAL, Rossini, 51-60. È nota l’ossessione di Stendhal per i numeri e in particolare per le date precise (e spesso inventate), che egli utilizza sia come proiezione “straniante” che come “storia del mai avvenuto”, oppure per dare più corpo alla sua rievocazione; citiamo solo dalle prime pagine: «Si Rossini n’avait paru qu’en 1820» (53), «La Rosa bianca e la Rosa rossa […] eut un grand succès en 1812» (54, in realtà 1813), «Vers 1803, les triomphes de Mozart à Munich et à Vienne vinrent importuner les dilettanti d’Italie» (62). Stendhal si preoccupa in questo sottocapitolo di dare solo qualche cenno generale, e parla distesamente solo di Mayr e Paer. Gli altri compositori sono relegati in nota, in ordine alfabetico e con qualche confusione cronologica: «Anfossi, Coccia, Farinelli, [Vincenzo?] Federici, [Valentino] Fioravanti, Generali, les deux Guglielmo père et fils, Manfroce, Martini, Mosca, Nazolini, Nicolini, Orgitano, Orlandi, Pavesi, Portogallo, Salieri, Sarti, Tarchi, Trento, Weigl, Winter, Zingarelli, etc., etc.» (60). Possiamo supporre che «Martini» designi il padre Giovanni Battista Martini; che sarebbe dunque uno degli “intrusi” della lista insieme ad Anfossi, a Salieri e in parte a Guglielmi padre. Si noti altresì la sfumatura di disprezzo della formula «etc.etc.». L’unione, in questo caso, non fa la forza! 7 PACINI, Memorie, 63. E non a pregio8. Una sfumatura negativa anche in questa definizione: «[Mayr] est le compositeur le plus correct, Rossini est le grand artiste9». Il giudizio su Paer e Mayr è comunque soffuso di una certa ammirazione: Stendhal riconosce loro, se non il genio, almeno «beaucoup de talent», la loro sciagura è che «Rossini soit venu dix ans plus tôt10». Ritroviamo il concetto di interregno anche nel giudizio lapidario di Fétis su Mayr: Celui-ci n’avait été qu’un homme de transition, son jeune rival était destiné à faire une transformation de l’art. Fétis non è generoso con nessuno dei contemporanei di Mayr. Nelle sue biografie come da quelle di Florimo, parallelamente a quelli già esistenti di «transizione» e «interregno», vediamo formarsi uno schema narrativo, prevedibile quanto quello di un romanzo greco: i compositori si formano all’ombra delle vecchie glorie (Cimarosa e Paisiello11), hanno successo grazie alla mancanza di un vero “faro”, e con l’arrivo di Rossini sulle scene la loro sorte è segnata12. Come è d’uopo che una vecchia favorita regale si ritiri in un chiostro, così i musicisti negletti si mettono, terminata la carriera teatrale, a dar lezioni di canto o a scrivere musica sacra. I dotti dell’epoca avrebbero potuto notare che, per un’ironia del destino la biografia di Rossini non è molto dissimile da quella dei suoi predecessori: la produzione frenetica per alcuni anni, poi una lenta diradazione in conseguenza del raggiungimento di uno status più sicuro, infine il ritiro dalle scene (e la musica sacra!); la vita del compositore d’opera era particolarmente faticosa e non particolarmente redditizia, in un regime che non prevedeva il diritto d’autore13. Solo con Rossini – però – questo si è posto come un problema da dibattere in chiave psicologica. 8 STENDHAL, Rossini, 67. 9 Ivi, 57. 10 «Les maîtres italiens quittaient le facile et le simple pour le composé et le savant. MM. Mayer et Paër osant faire en grand, avec hardiesse, avec une science profonde, ce que tous les autres maestri essayaient timidement,et en commettant à chaque instant des fautes contre la grammaire de la langue, ces messieurs eurent un faux air de génie; ce qui acheva l’illusion, c’est qu’ils avaient réellement beaucoup de talent. Leur malheur a été que Rossini soit venu dix ans trop tôt. La vie d’une musique d’opéra devant, à ce qu’il paraît, se borner à trente ans, ces maîtres ont à se plaindre au sort de ce qu’il ne les a pas tranquillement laissés achever leur temps. Si Rossini n’avait paru qu’en 1820, MM.
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