5/6/2018 Stampa Articolo

CRONACA 5/6/2018

L’allarme Da Casamassima a dove la fogna resta un miraggio C’è anche Taviano nella lista nera della Commissione europea La guerra nei paesi, le rivalità e i tentativi dell’Aqp per trovare soluzioni

CENZIO DI ZANNI

Uno è in provincia di Bari, due in quella di . Compresa una regina dell’estate made in Puglia come Porto Cesareo. Sui quaranta comuni italiani non (ancora) in regola con la direttiva europea in materia di fogna nera e depurazione delle acque reflue — che alle casse dello Stato sono già costati una multa da 25 milioni di euro, più altri 30 per ogni semestre di ritardo nei lavori — ci sono tre i comuni pugliesi: Casamassima (Bari), da un lato, e dall’altro Taviano e Porto Cesareo, appunto. Tutti e tre finiti sotto la lente d’ingrandimento della Commissione europea, prima, e della Corte di giustizia UE, poi. Che il 31 maggio scorso ha condannato l’Italia alla maxi multa a sei zeri. Perché tutti e tre gli enti non hanno una rete fognaria o un depuratore conformi a una direttiva dell’UE che risale al 1991. E, invece, avrebbero dovuto averli a norma al più tardi entro il 2005. Cioè almeno 13 anni fa, troppi per i giudici di Lussemburgo. All’indomani della batosta, gli enti coinvolti premono sull’acceleratore. «La questione si è sbloccata completamente e ormai siamo al 50 per cento dei lavori», assicura il sindaco di Porto Cesareo, Salvatore Albano. Tre i fronti aperti. Ci sono le condotte della fogna nera da completare, come il collegamento alla rete già esistente di Nardò. Poi c’è il depuratore da terminare. E, ancora, il trattamento e lo scarico finale dei suoi reflui. Un punto, anzi, il punto, che aveva creato un’impasse nei lavori a fine 2016. Il primo cittadino di Porto Cesareo lo ricorda così: «Secondo il primo protocollo siglato con Regione, Acquedotto pugliese e Autorità idrica, lo sbocco finale era una condotta sottomarina che si spingeva fino a circa un chilometro e mezzo al largo della costa». Ma nel 2016 arriva lo stop da parte dell’allora neo sindaco di Nardò, Pippi Mellone. Quella condotta non sa da fare e rivedere il progetto è stato il suo mantra. A partire dalla modifica del Piano di tutela delle acque. Tanto che, quando la modifica arriva dalla Regione, a fine dicembre, il sindaco, in una nota, la benedice come «un’importantissima tappa di un percorso lungo e complicato che, innanzitutto, ci ha consentito di sventare la grande truffa della condotta. Era un’idea torbida che certi ambienti politici hanno perversamente inseguito». Oggi l’impasse può dirsi superata, come confermano da Aqp. Ed è proprio via Cognetti a precisare che nel caso di Nardò «il recapito dei reflui» — lo scarico — vedrà il parziale riutilizzo delle acque in agricoltura e un altro accorgimento: gli «ecofiltri», ovvero «bacini di raccolta delle acque e ulteriore trattamento biologico delle acque». «Progetto scarico zero», l’hanno chiamato dal salentino, come ricordano dallo staff di Mellone. Insomma, dopo l’aggiudicazione dei lavori nel 2015 da parte di Acquedotto pugliese spa, e due anni di modifiche e negoziati, gli impianti salentini dovrebbero essere messi a punto nel giro di un anno. «Entro il 2018 il depuratore sarà pronto», sottolineano da Aqp. «Entro il primo semestre del 2019 tutto il servizio potrà andare a regime», precisa il primo cittadino di Porto Cesareo. A circa 50 chilometri più a sud c’è Taviano. È l’altro comune finito nella lista nera della Corte di Giustizia dell’Ue. Anche qui i lavori per mettere in regola fogna e depuratore sarebbero pronti al 90 per cento, secondo Aqp. C’è la rete di fogna nera nell’abitato di , costata circa 8milioni di euro. E pure la rete di distribuzione idrica nel centro abitato di Torre Suda, per oltre 3milioni, è a posto. Stessa situazione per il collegamento delle reti fognarie di Racale e — che non hanno un proprio depuratore — a quello di Taviano. Quello che manca ancora all’appello sarebbe l’impianto per il sollevamento delle acque, insieme con la costruzione della fogna nera a Torre Suda. E quando arriveranno dipenderà anche dal dissequestro del depuratore da parte della magistratura leccese. Perché, nel caso di Taviano, sono stati i sigilli della procura e il ricorso al Tar di Lecce da parte di un cittadino a frenare i lavori. «Il sequestro è arrivato nel 2015: alcune vasche erano fuori dal perimetro del cantiere, in un terreno demaniale», ricorda il sindaco della cittadina, Giuseppe Tanisi. Ma il dissequestro non è mai stato chiesto dal Comune. «Lo chiederemo al più presto», assicura il sindaco. Che, d’altro canto, fa http://quotidiano.repubblica.it/edizionerepubblica/pw/flipperweb/print.php 1/2 5/6/2018 Stampa Articolo sapere come anche il ricorso di un suo concittadino ai giudici amministrativi — «questione di distanze fra l’impianto e la sua abitazione» — sarebbe ormai in via di definizione. «Sembra che il Tar abbia dato l’ok all’impianto e la decisione si attende a giorni». Resta Casamassima, alle prese con le elezioni amministrative del 10 giugno. Nelle carte del commissario straordinario per la depurazione, Enrico Rolle, si legge di una «costante interposizione nell’area di cantiere da parte di un cospicuo numero di manifestanti, che si oppone sistematicamente alla realizzazione delle opere». Quello che non digerivano era lo scarico nella Lama San Giorgio, soluzione poi superata con gli ecofiltri e il parziale riutilizzo delle acque in agricoltura. Ora il tempo è scaduto. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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