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é diventato un luogo comune. Ugo La Malfa che si autodistrugge per la scissione non di inaugurò questa vulgata nel fascicolo della una minoranza, bensì della stessa maggio- “Voce repubblicana” del 5-6 marzo 1966, al- ranza). Capiamo che questa tesi può apparire l’indomani della scomparsa del “Mondo”. Il bislacca, soprattutto ai liberali-azionisti che leader del Pri annoverò tra i meriti maggiori difficilmente abbandoneranno mai quella virtù di Pannunzio quello di aver ÇfusoÈ Çuomini di “distinguere sempre” che però, portata al- così diversi e distanti quali e l’eccesso, si trasforma in grave vizio. Ma la Gaetano SalveminiÈ. E da allora molti non si storia del nostro paese ha troppo sofferto e sono discostati. Ma come la bottiglia “mezza troppo soffre per l’assenza d’una forza poli- vuota” può essere definita “mezza piena”, tica consistente di sinistra democratico-libe- perché non proviamo a rovesciare totalmente rale per non provare almeno a sacrificare tutti il giudizio? Come mai poté riuscire a un gior- un po’ delle proprie convinzioni a favore d’una nalista Ð anche se di enorme talento come larga piattaforma liberaldemocratica e laica, Pannunzio Ð una tale ÇfusioneÈ? Perché non apertamente sostenitrice del valore della li- provare allora a verificare la tesi opposta, che bertà. Una “libertà” non solo formale, e forse non è così incolmabile la distanza tra il quindi produttrice di uguaglianza sostanziale. liberalismo à la Croce e tutte quelle versioni Per questo, gli autentici liberali non dovreb- di pensiero liberaldemocratico, liberalsocia- bero battere ciglio se accanto alla parola “li- lista, democratico radicale, socialista liberale, beralismo” venisse posto il termine “socia- azionista che hanno avuto come punti di rife- lismo” depurato da tutte le incrostazioni tota- rimento Salvemini, Gobetti, Rosselli, Calo- litarie e liberticide che ha accumulato su di sé gero? E che ugualmente non ci corre un nell’ultimo secolo. E qui ci imbattiamo in un abisso, ma che anzi il liberalismo che si iden- bel paradosso: nel ’900 i liberali italiani, che tifica col pensiero moderno, critico e raziona- eppure sono stati all’avanguardia nel com- lista, e quindi conflittuale, antifedeistico, laico, prendere quale versione del liberalismo fosse “inglese” per intenderci, è competitivo (ma la più adatta alla costruzione d’uno Stato e di nella stessa “barca” di sinistra) con tutti quei una società moderna e più giusta, non hanno tentativi “revisionisti” della socialdemocrazia mai contato nulla perché o hanno ripiegato in europea che hanno raggiunto i massimi risul- un gretto moderatismo subalterno alla Dc o tati pratici solo facendo proprie le teorie e le sono stati velleitari e rissosi fino all’autodi- politiche pubbliche di liberali come Keynes e struzione. La piattaforma liberaldemocratica o Beveridge? liberalsocialista (chiamatela come volete) de- Negli anni ’50, far confluire sullo scritta sopra fu quella del “Mondo“ di Pan- stesso foglio Croce, Einaudi e Salvemini po- nunzio, fu costruita all’interno della sinistra teva apparire un’impresa disperata e vellei- italiana per tenere accesa almeno una testi- taria, e quindi il merito di Pannunzio fu gran- monianza attiva d’una visione del mondo in- dissimo, e fu grandissimo proprio perché egli comparabilmente più “moderna” e civile delle non si fece fermare dai caratteri impervi e ideologie imperanti all’epoca a destra e a si- anche dalle differenze che eppure esistevano nistra. (e le vedremo) ma si aggrappò alle affinità, Il “Mondo” viene dopo il primo dei seppe avere una visione più ampia, impose una topoi che riteniamo significativi per una rivi- prospettiva più moderna, meno condizionata sitazione a volo d’uccello della storia del li- dalla politica spicciola, più attenta alle diret- beralismo italiano. Si tratta della sventurata trici di fondo e ai vasti movimenti storici. vicenda del governo Parri. Vi sollecitiamo a Aveva ragione lui, giacché oggi i dissidi di al- leggere con grande attenzione il grosso volume lora appaiono esagerati e quel che è vivo della edito dall’Archivio centrale dello Stato a cura tradizione classica italiana che può identifi- di Aldo Ricci, che raccoglie i verbali delle riu- carsi in Croce ed Einaudi non è affatto di- nioni del Consiglio dei ministri presieduto da stante, anzi è un tutt’uno con le idee-forza del- Parri. Questa lettura ribalta completamente il l’azionismo (senza stare troppo a sottilizzare, frettoloso giudizio su un Parri indeciso, pa- dato che gli azionismi furono parecchi, ma qui sticcione, inerme. Vorremmo vedere gli attuali tendiamo a cercare le somiglianze non le dif- uomini politici avere a che fare con sedizioni ferenze, perché vogliamo trascurare le scara- continue, dichiarazioni di guerra, secessio- mucce politiche per privilegiare le idee. Ma- nismi veri (non quelli burletta alla Bossi), ban- gari i protagonisti di questi filoni di pensiero ditismo, fame e disordini. E senza alcuna rap- politico avessero teso più a unire che a divi- presentanza politica “vera”. Certo, durò po- dere! Invece siamo arrivati al paradosso senza chissimo. I liberali del Pli scelsero proprio al- precedenti di un partito come quello azionista lora, e per sempre, il loro ruolo di ascari della

126 ¥ critica liberale pannunzio e “il mondo” democrazia cristiana e i comunisti di Togliatti metà del secolo e non ha difficoltà a registrare liquidarono l’unica esperienza che avrebbe puntualmente le debolezze e le ambiguità dei potuto dare fastidio alla futura egemonia del “liberali” più rappresentativi, egli nota come Pci sull’intera sinistra. Sul piano politico, permangano le differenze di giudizio sul pe- questo regolamento dei conti riuscì perfetta- riodo prefascista, soprattutto su Giolitti (vedi mente. Meno sul piano della cultura politica la polemica tra Croce e Parri, infelice per en- (nonostante l’operazione di Togliatti di assi- trambi), ma in definitiva inchioda Croce e tutto milare Gobetti e di occultare Rosselli): il il “liberalismo” nostrano di derivazione cro- “Mondo”, il “Ponte”, l’“Astrolabio” e “Nord ciana quando rileva che Çgli uomini hanno e Sud” innalzarono la bandiera di “un’altra rivendicato sempre la libertà come garanzia sinistra” per “un’altra Italia”, furono ghettiz- delle loro libertà, economiche, religiose, intel- zati, ma non si arresero mai. E ora anche i lettuali, politiche e così via. Di una libertà di- post-comunisti dovrebbero riconoscere che nel sossata, sterilizzata, eterea, angelicata, svuo- fatto che nessuna forza politica sia riuscita a tata di ogni contenuto, non hanno mai saputo trasformarsi in braccio politico di quella piat- che farseneÈ. Salvemini avrebbe potuto ag- taforma autenticamente liberale sta la man- giungere a quel rosario di attributi un altro cata modernizzazione del nostro paese. Tutte grano: incoerente. Perché la vera malattia se- le aggregazioni laiche fallirono; il Pri fu nile dei “liberali” è stata la costante incoe- sempre opportunista e ipocrita, sempre osses- renza tra i principi professati e la pratica po- sionato dal potere; il Psi, dopo il suicidio della litica. E i valori non agiti, prima, si trasfor- politica nenniana dell’immediato dopoguerra, mano in retorica; poi, diventano inattendibili, con Craxi ebbe l’occasione, ma non la colse, persino ridicoli. Non riscaldano più i cuori a di trasformarsi in un partito rosselliano, curò nessuno. Quindi, come dare torto a Salvemini? di Socialismo liberale anche un’edizione in Il solco che egli traccia è profondo. Incolma- russo ma non fu in grado di tradurlo in mila- bile? Secondo Pannunzio evidentemente no, se nese. Prendiamo atto di tutti questi errori e mattone dopo mattone si ostinò a far convi- cerchiamo di non ripeterli. vere il prof. con Croce, di cui ebbe una vera Il secondo topos risale al 1946. In venerazione (non è un caso che l’ultimo nu- quella data, in un volume collettivo (subito mero del “Mondo” ostenta proprio la foto del marchiato da Croce come ÇlibercoloÈ) Salve- filosofo napoletano), perché sapeva che il mini produsse la più meditata analisi sul libe- punto di raccordo c’era, ed era proprio il va- ralismo italiano dal titolo Che cosa è un “li- lore della libertà. berale” italiano nel 1946. Soltanto l’insipienza Aveva ragione Salvemini a stabilire al- dell’editoria italiana occulta questo scritto e l’incirca verso il 1830 il momento di separa- tutta la polemica che innescò con Croce. Il zione tra un liberalismo che si riduceva alla saggio è molto lungo, però le virgolette poste conservazione dei privilegi ottenuti e una si- alla parola liberale nel titolo dicono già tutto. nistra democratica e progressiva. E il 1946, a Ma arriviamo al contenuto. Salvemini, anzi il poche settimane dall’affossamento proprio da prof. Salvemini, come si ostina a chiamarlo parte dei liberali del governo Parri, non è cer- Croce, con grande chiarezza stabilisce le di- tamente il momento più adatto per riunire ciò stanze. Le rintraccia nella Çstrana contraddi- che da tempo è diviso. Anche se una maggiore zione tra il “liberalismo” dei paesi che par- lungimiranza degli uomini dell’epoca avrebbe lano inglese e il “liberalismo” dell’Italia e, in forse risparmiato all’Italia tanti guai. La via generale, dell’Europa continentale. In Italia, è quella liberalsocialista indicata da Calogero in Francia, in Germania, il “liberalismo” era fin dal gennaio del ’45. La fa sua anche Sal- diventato francamente conservatore. In Inghil- vemini quando la rievoca per esaltare la di- terra continuò a chiamarsi “liberale” sola- stanza tra Croce e Hobhouse. Distanza abis- mente chi militava in quel partito che si op- sale proprio non diremmo se non sono certa- poneva al partito conservatoreÈ. E in Italia il mente pochi i discepoli di Croce (Omodeo e partito liberale fu conservatore per vari mo- de Ruggiero tra tutti) che non trovano alcuna tivi: Salvemini privilegia l’immagine di un’I- contraddizione a cavalcare l’“ircocervo”, in- talia Çpaese povero, piagato da una piccola seguiti dai fulmini crociani ma senza grandi borghesia intellettuale sovrabbondante, fame- problemi. Ernesto Rossi, uno dei liberali più licaÈ cui la dominante filosofia di Croce fu rigorosi e coerenti di tutto il secolo, può es- congeniale perché divideva «in compartimenti sere per tutta la vita Ð e in gran parte proprio stagni la politica e la moraleÈ. L’attacco di sul “Mondo” – sicuramente anti-conservatore Salvemini è pesante, oggi si conferma vieppiù dopo aver succhiato il liberalismo in ugual mi- giusto. Il prof. ripercorre la storia della prima sura da Salvemini e da Einaudi. Evidente-

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mente E. Rossi ha percepito nel conflittua- di socialismo che non ebbero una visione so- lismo, nell’adesione alle teorie di Stuart Mill lidale tra le libertà, provocando sciagure a non e nell’elogio della lotta, cui rimane sempre fe- finire. E per questo motivo Ð con buona pace dele Einaudi, dei princípi saldissimi che fanno del prof. Bedeschi Ð fu proprio Rosselli a ri- dell’economista piemontese un liberale auten- cordare come fosse stato Gramsci a ricono- ticamente progressivo. scere che Gobetti Çnon sarebbe mai stato co- Arriviamo al terzo topos. Salvemini munistaÈ. (E qui ci piace ricordare che Go- scrisse di non aver pubblicato nemmeno una betti & Rosselli sono riuniti anche nei giudizi riga su “Rivoluzione liberale” di Gobetti estremamente negativi espressi contro di loro perché era stato d’accordo assolutamente su – «in perfetto stile fascista», risponderà Ros- tutto ciò che lì sopra appariva e di non aver selli Ð da Togliatti e da Giorgio Amendola, che voluto fare la figura del “padre nobile”, bene avevano visto nel liberalsocialismo e nel giacché Gobetti non ne aveva bisogno. Ma Go- gobettismo il loro vero avversario a sinistra). betti ugualmente ebbe sempre in Salvemini un Rosselli, dopo aver scritto Socialismo liberale, punto di riferimento, e siamo convinti che, nel 1932 tessé su “Quaderni di Giustizia e Li- adesso che finalmente esce dalle catacombe bertà” un elogio definitivo del liberalismo. l’epistolario di Gobetti, verrà confermata Non stiamo qui a citare, perché bisognerebbe un’interpretazione come la nostra di un autore ricopiarlo tutto. Si intitola Liberalismo rivolu- rigorosamente, coerentemente, consapevol- zionario. Basti riportare una definizione assai mente liberale. E basta. Anche Gobetti, come chiara: ÇLiberalismo e socialismo, ben lungi E. Rossi, fu salveminiano ed einaudiano. La dall’opporsi, sono ormai legati da un rapporto sua rivisitazione in chiave “movimentista” e teorico-pratico: il liberalismo è la forza ideale democratica della teoria delle élites di Mosca ispiratrice, il socialismo la forza pratica rea- è un ineludibile contributo al liberalismo ita- lizzatrice». Non c’è confusione, non c’è “ir- liano, il suo antifascismo intransigente riscatta cocervo”. L’idea è liberale, il valore è la li- le ambiguità dei liberali à la Croce, l’aver ri- bertà, la spinta propulsiva è il liberalismo. Un velato un Einaudi milliano e conflittuale erige liberalismo non contaminato da alcunché. L’e- un bastione liberale anti-moderato. Ma so- saltazione del liberalismo scritto da Rosselli prattutto su “Rivoluzione liberale” apparve ha lo stesso afflato di quella crociana. E as- quello che si può definire l’incunabolo di So- somiglia molto al rifiuto, proprio di Croce, di cialismo liberale di Carlo Rosselli. Oggi è immeschinire il liberalismo legandolo (come scontata l’interpretazione di un Rosselli revi- fanno i reazionari) esclusivamente a una sionista del socialismo, ma Rosselli fu un re- teoria economica o ad un’ingegneristica co- visionista del liberalismo. E lo fu in modo con- stituzionale. Il liberalismo è una concezione sapevole. Basterebbe leggere appunto Libera- del mondo. Una “mentalità”, diciamo noi. È lismo socialista, in cui sbeffeggia il liberalismo un’affermazione di valori. Poi, però, in ogni conservatore: ÇL’Italia è il paese delle eti- fase storica della modernità, il liberalismo si chette; e come si spaccia il “Chianti” di Pon- realizza con soggetti e pratiche sempre nuove. tassieve, si spaccia il “liberalismo” di Sa- Rosselli era convinto giustamente che in quello landraÈ. (Ma che dovremmo dire noi oggi: scorcio del Novecento la pratica socialista siamo arrivati al punto che si spacciano per fosse la più acconcia a realizzare i princípi li- “liberali” persino monopolisti e avventurieri berali. Oggi forse avrebbe qualche dubbio corruttori di giudici, avallati da “liberali della sulla parola socialista così usurata, e avrebbe cattedra” che svendono i loro princípi acce- alle spalle l’esperienza keynesiana. Chissà. cati come sono dal solito opportunismo intel- Torniamo a Pannunzio. Il direttore lettual-piccolo borghese così ben dipinto pro- del “Mondo” tutto ciò lo sapeva benissimo e prio da Salvemini). Non mancano le spiega- per questo fece colloquiare sulle sue pagine zioni storiche di questo continuo paradosso cani e gatti, che avevano però in comune una sulle “etichette”. Sul “Chianti” liberale, ma passione assai grande per la libertà. E questo quello buono, né Rosselli né Gobetti hanno bastava. Ma non bastò a un’Italia imbastar- dubbi. Gobetti proprio in una postilla al Li- dita dalla cultura di massa e dalla volgarità beralismo socialista ch’egli ospita sulle sue pa- melensa dei peppone e dei don camillo. Adesso gine è chiaro: ÇAnche il nostro liberalismo è stiamo pagando in moneta contante i ritardi socialista… Basta che si accetti il principio accumulati. Il riformismo concreto del che tutte le libertà sono solidali». Poche pa- “Mondo” parlò al deserto. Avrebbe meritato role che nel 1924 sono pietre. Il messaggio an- una sinistra meno troglodita e una destra titotalitario è definitivo e traccia un solco in- meno criminale. valicabile tra il liberalismo e tutte quelle forme [enzo marzo]

128 ¥ critica liberale pannunzio e “il mondo” pannunzio e la passione della libertà paolo bonetti

’è un breve saggio di Mario Pan- gressivamente, una costruzione storica che ri- Cnunzio dedicato a Narciso o dello chiede partecipazione appassionata, ma anche scrittore. Comparve nel marzo del 1932 sul cautela e metodo: ÇIl rinnovamento di una “Saggiatore”, una rivista creata nel 1930 da cultura è dovuto a lenti interiori e complesse un gruppo di studenti universitari amici. Lo esigenze, che non s’improvvisano in una sta- si può leggere, oggi, assieme ai non molti ar- gione né con un ordine del giorno. Nascono ticoli, recensioni e brevi saggi che il direttore per germinazione spontanea da uomini che del “Mondo” ci ha lasciato, nel volume cu- sentono comunemente o anche individual- rato dieci anni fa da Cesare De Michelis e mente il disagio di vecchi atteggiamenti e di pubblicato da Marsilio, L’estremista mode- stantie convenzioni». C’è in lui un bisogno di rato. La letteratura, il cinema, la politica. Nel chiarezza concettuale e morale che si scontra prendere in esame la letteratura contempo- con il confuso vitalismo di molti coetanei. ranea, Pannunzio si dichiara scoraggiato, Quando il “Saggiatore” raccoglie in fascicolo perché scorge in essa Çuna confusa e alogica le risposte di cinquantasette giovani a un Con- intuizione della vita e delle sue manifesta- tributo per una nuova cultura (novembre zioni», l’incapacità di ritrovare o dare un 1933), Pannunzio nota che questi giovani po- qualche senso alla realtà. Ed ecco allora il ri- trebbero, a ragione, definirsi pragmatisti, re- fugio nel narcisismo, l’attenzione spasmodica lativisti, irrazionalisti, vitalisti, attivisti, vo- per il proprio io, Çultimo idoloÈ a cui ci si lontaristi, anche se rifiutano di usare questi possa rivolgere nella perdita di ogni coordi- termini e si rifugiano all’ombra di un “rea- nata razionale. Il narcisismo nasce dalla Çne- lismo” e di un “umanesimo” dal significato gazione della vita per incapacità a compren- alquanto ambiguo, più un’immersione vio- derla e sistemarla; ogni giorno si accresce la lenta e quasi mistica nella realtà che un fermo schiera amorfa e preoccupante degli incapaci possesso della stessa. Ci sono evidenti echi alla vita, tristi eroi di un tormento che dilaga crociani nelle sue parole (Croce resterà per e sommerge nella sua terribile domanda a cui lui il maestro di ogni stagione) e c’è già, non si sa dare risposta, che valore abbia oggi forse, l’incontro con Tocqueville, l’autore in la nostra esistenzaÈ. Chi fa queste riflessioni, cui si è riconosciuto umanamente, psicologi- di un moralismo severo ma senza pedanteria, camente, prima ancora che concettualmente. è un giovane di ventidue anni, di estrazione In uno scritto del febbraio 1934, Senso borghese e di buona educazione letteraria, si- della personalità, crocianamente riconduce la curamente con qualche solida lettura filoso- crisi politica ed economica del mondo con- fica, non antifascista ma spiritualmente temporaneo ad una più radicale crisi morale estraneo alla retorica vitalista del fascismo. e religiosa, ad «una malattia insomma ben più Qualche anno prima un altro giovane, che di vasta e profonda, che determina tutte le forme Pannunzio diventerà amico, Alberto Moravia, di incertezza, di decadimento, di confusione, aveva lucidamente descritto l’inerzia morale di debolezzaÈ. La ragione del male non sta degli indifferenti; ora il ragazzo venuto dalla soltanto, e principalmente, in una crisi degli civile provincia lucchese getta il suo scanda- ordinamenti giuridici liberali o delle strutture glio su alcuni scrittori e sui loro personaggi economiche capitaliste, ma Çnella mancanza (da Valéry a Borgese, da Huxley a Lawrence) di un principio ordinatore, di una fede, nella per coglierne il cerebralismo che si nutre di sfiducia sulle possibilità dell’uomo, nell’in- sensazioni e la sostanziale impartecipazione certezza sempre più grave sui suoi destini e alla vita, lo sguardo freddo e distante di chi sulla sua necessità e ragione di esistenza». Si tutto comprende senza però riuscire ad amare va spegnendo la fede nella libertà e dilaga il nulla. mito ingenuo della felicità, fatta magari con- Per Pannunzio, invece, L’intelligenza sistere «nell’appagamento materiale di tutti i ha una funzione dinamica e costruttiva (così bisogni praticiÈ. Nella Russia sovietica, suona il titolo di un articolo dell’ottobre «dove le condizioni infelici di una civiltà ar- 1933), ed è una forza che si sviluppa pro- retrata hanno portato al desiderio esasperato

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di un miglioramento, questa ricerca è stata gimento liberale” a “Il Mondo”, dei suoi posta alla base di ogni sforzo. L’organizza- troppi e talora contrastanti interessi, spinti al zione di quello Stato non ha infatti ragion di limite di un dilettantismo affascinante ma po- essere se non asservita allo scopo predomi- tenzialmente paralizzante. Nel giornalismo nante di assicurare alla comunità un benes- può finalmente realizzarsi, dopo l’apprendi- sere elevato collettivo». Si è prodotta, così, stato giovanile con Leo Longanesi e il soda- una Çvera e propria religione del benessereÈ, lizio con Arrigo Benedetti, la sua nascosta ma una «mistica dell’azione utilitaria». Ma nep- seria e profonda vocazione politica, nell’u- pure il capitalismo liberale è esente da questa nico modo davvero confacente al suo tempe- mistica del benessere, ne è anzi il modello su ramento (un temperamento, appunto, alla scala universale, un paradigma che riproduce, Tocqueville), fatto di riflessione e di discre- ovunque, una corsa affannosa verso soddisfa- zione, di naturale carisma nella guida morale zioni che si sfibrano nel momento stesso in e intellettuale degli uomini, ma anche di fa- cui si realizzano. La filosofia della storia del stidio per le luci troppo accese e violente del giovane Pannunzio sembra ora piegarsi a un quotidiano palcoscenico politico, in cui si pessimismo che dimentica Croce per Spen- perde ogni pacatezza e lungimiranza della ri- gler, e scorge i segni dell’inevitabile deca- flessione. Anche Pannunzio, seppure non si denza di ogni civiltà che abbia raggiunto lo sia mai dedicato alla ricerca storica, è stato, stadio della piena maturità. Quella rappresen- come il grande scrittore francese, un politico- tata dall’uomo Babbit, il protagonista dell’o- storico, un uomo che guarda dall’alto e scorge monimo romanzo di Sinclair Lewis, un au- panorami invisibili agli occhi del politico tore di grande fama anche europea negli anni puro. Il suo modo di fare storia e, al tempo Trenta, non è solo una tragedia individuale, stesso, politica, è stata la sua pratica di gior- ma «sembra essere la tragedia di tutta l’A- nalista-direttore, formatore di coscienze e merica e la tragedia di gran parte dei popoli, promotore di élites civilmente impegnate in i quali, raggiunto uno stadio elevato di civiltà, una democrazia di massa. pare siano destinati ad ammollirsi e decadere. Il segreto di Pannunzio, di questo é la tragedia di Atene, di Roma, delle città uomo non facile da decifrare e tantomeno da italiane della Rinascita, forse della Francia e definire anche per coloro che l’hanno cono- dell’Inghilterra moderne, chiuse in un dolo- sciuto, può ben essere accostato al segreto di roso conservatorismo; vicino ad esse popoli Tocqueville, di cui egli stesso ha così acuta- giovani, in un certo senso negletti dalla storia, mente parlato: ÇCi attrae di lui soprattutto la cercano di rivendicare la propria disgrazia, si tensione dell’animo, il sentimento appassio- vengono risvegliando guidati da una giova- nato delle parole, la natura stessa di un ca- nile esuberante forza di volontà». Questo ac- rattere insieme sincero ed enigmatico. Il fatto cenno a una teoria ciclica della storia, che è che le passioni di Tocqueville, se è possi- sembra incrinare la crociana fede nella libertà, bile, ci attraggono almeno quanto le sue idee. sottolinea comunque che la permanenza della Parlare di passioni, nei riguardi di Tocque- libertà è incompatibile con un pigro e timo- ville, non deve sembrare inopportuno. Pas- roso conservatorismo, che essa non si man- sione è uno dei termini che lo scrittore più tiene con egoistici atteggiamenti di difesa di adopera. Le passioni per lui importano quanto antichi privilegi, che bisogna incessantemente le idee. Mette forse il conto, perciò, di dise- rinnovarne le istituzioni, alimentandole con gnare un ritratto di Tocqueville, dove appunto una passione che sia adeguata alle sfide dei quelle passioni, così profonde e infiammate, nuovi tempi e dei nuovi problemi. non siano dimenticate dietro lo splendore Quando nell’agosto del 1943, nel delle idee. Forse sono quelle passioni che pieno di una crisi storica che scuote dalle fon- hanno determinato quelle idee, o perlomeno damenta le coscienze individuali non meno di l’impegno e il disinteresse nel difenderle. Or- quella nazionale, un Pannunzio ormai piena- goglio, ambizione, amore della libertà, ecco mente consapevole di se stesso, dei suoi do- le passioni dominanti di Tocqueville. Altre veri e della sua vocazione, scrive Le passioni forse ne ebbe, circondate tuttora di un inde- di Tocqueville, egli è in grado di risolvere cifrabile misteroÈ. ogni ambiguità psicologica, ogni timidezza, Non è forse opportuno calcare troppo ogni morbida introversione (che pure hanno la mano su questo ritratto fino a farlo diven- accompagnato, fino a quel momento, il suo tare un autoritratto: il delicato senso storico lucido e sobrio moralismo) in un lavoro gior- di Pannunzio non lo consente, ma certo nel nalistico che saprà fare la sintesi, da “Risor- pudore e nell’apparente distacco di Tocque-

130 ¥ critica liberale pannunzio e “il mondo” ville si rispecchia anche il suo modo di con- intellettuali della politica, la maledizione di cepire l’impegno politico; anch’egli, come il chi non può essere né puro uomo di scienza nobile francese, partecipò alla vita politica né uomo che risolve nella prassi, senza troppe Çcon contenuta passione, con orgogliosa ri- mediazioni intellettuali, la propria passione. luttanza», anch’egli, pur consapevole delle Anche per lui, come per Tocqueville e Ma- esigenze e dei costumi della politica demo- chiavelli, il distacco dell’analista «nasconde a cratica, ebbe Çun sentimento infuocato della fatica una passione straordinaria. Il giudizio propria dignità e responsabilità» e la convin- infatti è sempre quello del moralista, pene- zione saldissima che «una società d’uomini li- trante, austero, scontento delle cose presenti beri non può non difendere ed esaltare la e ansioso delle futureÈ. Ma in questo mora- piena autonomia degli individui, coi loro ca- lista c’è anche, come nel suo maestro d’ol- ratteri e i loro idealiÈ. Come Tocqueville, Pan- tralpe, il sentimento profondo delle forze sto- nunzio, che pure fu anche uomo di partito e riche che stanno dietro le costruzioni giuri- trascorse la seconda parte della sua vita fra diche e i congegni istituzionali, la consape- accese polemiche di partito, scissioni, riunifi- volezza della storicità del diritto e della forza cazioni e nuove fondazioni, comprese ben delle passioni che ne sono il fondamento. presto che la sua vera vocazione non era Nessun cedimento alla morbida e confusa quella, acre ed astuta, della politica politicante emotività della politica romantica, nessun e manovriera, ma quella della riflessione ap- compiacimento per l’estetismo della rivolu- passionata e tuttavia disinteressata, appartata zione e dell’utopia, ma neppure l’ignoranza sebbene partecipe, di chi è troppo orgoglioso accademica delle illusioni, delle angosce e dei o troppo lucido o, forse, troppo fragile, per furori che attraversano incessantemente la vita immergersi pienamente nel tumulto della lotta delle società come quella degli individui, sot- e uscirne vittorioso. Ma, proprio come Toc- traendola alle ridicole previsioni della futuro- queville, nonostante la lucida e probabilmente logia tecnocratica. Anche per Pannunzio, dolorosa consapevolezza di certe sue incapa- come per Tocqueville, Çgli uomini possono cità pratiche, Pannunzio non fu mai, neppure conoscere razionalmente le loro passioni, ma quando dovette arrendersi alla forza sover- continuare nello stesso tempo ad esserne vit- chiante dei tempi, Çuomo che rinunciaÈ. time». Ogni progettualità illuministica trova Sempre si affaticò, come il suo grande mo- qui il suo invalicabile limite, che non deve dello e ispiratore francese, Çintorno agli stessi però condurre alla paralisi dell’azione rifor- temi, che sono poi quelli della vita sociale e matrice. Se lo sviluppo della democrazia e la niente altro che quelliÈ. Se Tocqueville aveva spinta inarrestabile verso l’eguaglianza pos- indossato Çabiti severi e dottoraliÈ per appa- sono condurre al dispotismo, occorre prepa- rire quell’uomo risoluto che dubitava di es- rare gli argini, mettere in campo le con- sere, anche il borghese di Lucca, a lungo in- troforze che possono impedire questo esito certo fra letteratura, pittura, cinema e giorna- luttuoso. é quello che il liberal-radicale Pan- lismo, troverà il suo punto d’appoggio nel se- nunzio si sforzò di fare, con la sua azione cul- vero doppiopetto grigio di un giornalismo éli- turale educatrice delle élites, negli anni in cui tario, eppure sorprendentemente aperto a tutte l’Italia si veniva radicalmente trasformando le inquietudini e a tutti i rivolgimenti delle nella confusione di una crescita economica nuove democrazie industriali. A sorreggere che sovvertiva un’antropologia millenaria. È entrambi, negli smarrimenti e nelle delusioni facile oggi, come lo fu allora, fare dell’ironia inevitabili, c’è una fede che è culturalmente sui “visi pallidi” del radicalismo liberale, ma ragionata ma sorge, innanzitutto, da un radi- forse sarebbe più giusto chiedersi se c’è un cato istinto morale, Çuna fede che ha tutti gli qualche legame fra la decenza civile che viene aspetti della passione: la passione della li- adesso invocata da molteplici e contrastanti bertà, la più pura e più nobile che un uomo parti politiche, e quell’esperienza estrema- possa provare, ma che non contraddice, anzi mente minoritaria, eppure ancora di tanto in trova impulso nelle altre passioni». Per l’au- tanto ricordata come un debito che la società tore della Democrazia in America e per il di- italiana non ha mai pagato, pensando che sa- rettore del “Mondo”, davvero «l’amore della rebbe bastata, all’infinito, una vitalità econo- libertà coincide con l’orgoglio e l’ambizione mica che si può anche spegnere per troppa della libertà». mancanza di eticità e di senso del diritto. Senza voler fare paragoni indebiti e Negli anni durissimi in cui dirige “Ri- che lo avrebbero fatto sorridere, bisogna dire sorgimento liberale”, Pannunzio non ha ti- che Pannunzio condivide, con alcuni grandi more di attaccare i nuovi potenti, la loro ipo- giugno-luglio 2003 ¥ 131 bonetti crisia e la loro demagogia. A Togliatti chiede zonte culturale e istituzionale europeo. conto di parole che, nella loro ostentata mo- Fu dunque, anch’egli, un utopista? Po- derazione, alimentano più gravi timori sul- tremmo affermarlo soltanto se ci limitassimo l’affidabilità democratica dei comunisti; nep- a guardare l’odierna realtà italiana, con il suo pure la demagogia dei vecchi notabili del pre- populismo scomposto e il suo “liberalismo” fascismo trova grazia presso di lui, quei no- nemico delle istituzioni, senza considerare la tabili che vendettero la libertà «per non so forza irreversibile del nostro aggancio all’Eu- quale smania di ordineÈ e ora ricompaiono a ropa. Non saremmo buoni eredi di Pannunzio, Çreclamare disumane vendetteÈ. La sua sim- se ci facessimo prendere dallo sconforto e dal patia va ai giovani che si sono educati alla li- gusto amaro di una facile apocalisse; come bertà attraverso la tragica esperienza della dit- Vittorio De Caprariis, di cui egli parlò con tatura e ora chiedono una libertà che non può tanto affetto nella prefazione alle Garanzie essere quella stessa dei genitori, «così poco della libertà, anche il direttore del “Mondo” amata e difesa, ma bensì quella più pura e più fu sempre Çrefrattario alle filosofie moderne profonda di chi l’ha conosciuta magari sol- dell’angoscia e dell’informale» e non si esaltò tanto con l’immaginazione, o in qualche libro mai Çalle cose buie e complicateÈ, ma volle sfuggito alla censura, quando la vita di tutti sempre credere, anche nei momenti di scon- pareva per sempre doversi racchiudere nei si- fitta e ripiegamento, «nella realtà e nella so- nistri comandamenti di un sol uomo, e ogni lidità delle categorie spirituali». Per questo cosa era arbitrio, violenza, ipocrisia, fana- non ci immalinconisce, riletto oggi, il suo sa- tismoÈ. A chi chiede che il partito liberale si luto ai lettori del “Mondo”, in quel lontano faccia conservatore per difendere i privilegi marzo del 1966. Chi scrive queste righe ha di particolari ceti sociali, risponde che Çai li- per lunghi anni sognato di ritrovare in edicola berali ripugna l’ordine degli anelanti a ditta- il settimanale di Pannunzio, col suo logo, il ture militari, la legalità dei costituzionalisti suo formato, le sue fotografie, quel partico- pavidi, la sicurezza di chi tutto possiede e lare colore della carta, quelle rubriche e quelle nulla vuol dareÈ. I veri conservatori sono, per idee, sempre libere e varie. Ma se resta vero tanti aspetti, i marxisti, con la loro Çdecrepita che, oggi più di allora, è difficile e talvolta ideologia piena di grinze sotto giovanili bel- disperata l’attività dei gruppi veramente auto- lettiÈ. Il conservatorismo dei comunisti sta nomi e delle attività autenticamente disinte- non solo in una «smisurata devozione all’au- ressate, è altrettanto indubitabile, come è torità dello Stato» e nella «sottomissione delle scritto in quel congedo, che ora come allora moltitudini a una gerarchia di pochi sacer- è «urgente il bisogno della partecipazione at- dotiÈ, ma soprattutto nella Çmistica, perfetta tiva alla vita pubblica e alla civiltà morale del esaltazione di qualcosa che è al di fuori e al paese, di uomini appassionati, indipendenti, di sopra della ragione e che soltanto gli ini- intransigenti e risolutiÈ. In fondo, come Pan- ziati si vantano di poter interpretareÈ. Solo il nunzio si augurava, non si è spezzato del tutto metodo liberale permette di sottrarsi al Çvuoto il cerchio di amici legato al suo giornale e c’è delle ideologie: essendo il metodo della di- ancora chi si sforza, fra i troppi che si dicono scussione, della critica della gara individuale liberali, di mantenere vivo il gusto di una in- e della libera iniziativaÈ. Con questo metodo, dispensabile dissidenza. ogni riforma è possibile, anche la più ardita, ❏ purché studiata e realizzata nella concretezza di una particolare situazione storica, e non imposta per un semplice schematismo ideo- fondazione logico. Al qualunquismo, Çfragorosa parodia critica liberale del liberalismoÈ oggi tornata, in nuove forme, pericolosamente di moda, Pannunzio vuole PRESIDENTE ONORARIO: rispondere con il Çrigoroso, moderno, spie- NORBERTO BOBBIO tato ragionare dei nostri maestri ed amiciÈ. Insomma, fra il conservatorismo della destra, COMITATO DI PRESIDENZA ONORARIA: qualunquista o statalista, e quello della sini- VITTORIO FOA, ALESSANDRO GALANTE stra, ideologica o demagogica, egli sceglie GARRONE, GIANCARLO LUNATI, la terza via della rivoluzione liberale, non ITALO MEREU, FEDERICO ORLANDO, quella di Gobetti, s’intende, ma quella di una CLAUDIO PAVONE, ALESSANDRO PIZZORUSSO, borghesia moderna, laica e civile, seriamente GENNARO SASSO, PAOLO SYLOS LABINI. intenzionata ad integrare l’Italia in un oriz-

132 ¥ critica liberale pannunzio e “il mondo” così andava il mondo giovanni russo

enché siano trascorsi trentacinque svolta da un uomo libero. Questa identità tra Banni dalla sua prematura morte, pensiero e azione, fra scrivere e operare alla ancora si sente il vuoto che Mario Pannunzio quale ci eravamo educati sui libri antifascisti e “Il Mondo”, il settimanale da lui fondato di Omodeo, di de Ruggiero e naturalmente di nel marzo del 1949, hanno lasciato. Croce, di De Santis e di Salvemini era in Pan- Portai il mio primo articolo al nunzio perfettamente realizzata e non venne “Mondo” nell’aprile del 1949, una descri- mai meno. zione della vita dei pescatori di Terracina. Mario Pannunzio non era uomo su- Non conoscevo Pannunzio e lo consegnai al- perbo né sussiegoso anche se dava sogge- l’usciere, Nestoni, che aveva un’aria solenne, zione; era un uomo piuttosto timido che ge- aristocratica. Dopo 10 giorni la segretaria di stiva il giornale, i rapporti con i collaboratori redazione Bice Munao mi telefonò per co- con molta umanità. municarmi che l’articolo sarebbe stato pub- Appassionato di letteratura e di ci- blicato. Da allora ho frequentato quasi ogni nema apparteneva a una generazione che era giorno, fino alla sua chiusura, le stanze de “Il cresciuta facendo la fronda al fascismo. Con Mondo”. Cominciavo a scrivere nei giornali Arrigo Benedetti, nato come lui a Lucca e che e pensavo (come penso e credo tuttora) che fu un altro dei protagonisti del giornalismo il giornalismo non è un mestiere. La parola italiano, aveva partecipato alle esperienze più “mestiere” mi ha dato sempre fastidio non brillanti di rinnovamento della stampa ita- certo per il significato nobile che essa ha ma liana, dal settimanale “Omnibus” fondato da per il significato ignobile che talvolta assume Longanesi fino alla direzione di “Oggi” sop- nell’attività giornalistica nel nostro Paese. In presso poi da Mussolini durante la guerra. nome del mestiere si sono commesse e si Dopo aver diretto “Risorgimento libe- commettono molte meschinerie, molti com- rale”, il quotidiano del Pli durante il periodo promessi morali e politici. Incontrare Pan- clandestino, Pannunzio fondò “Il Mondo” nunzio è stato quindi per me la conferma del- agli inizi del 1949 quando, dopo le elezioni l’ipocrisia di questa concezione del giorna- del 18 aprile del 1948, si profilava il dominio lismo che tanto male ha fatto e avrebbe po- della maggioranza assoluta democristiana che tuto ancora più fare se Pannunzio non fosse rappresentava un grave pericolo per la man- esistito e non avesse avuto il peso che ha canza di ogni alternativa di vera opposizione, avuto nella formazione del giornalismo ita- poiché il partito comunista, pur con i meriti liano, in una società come la nostra che non che aveva guadagnato nella Resistenza, bloc- ha abbondanza di uomini liberi, indipendenti, cava, a causa dei profondi legami che To- coerenti con le loro idee e che non scrivono gliatti manteneva con l’Unione sovietica, le una cosa e ne pensano un’altra. prospettive di un’opposizione che garantisse Pannunzio era tutto il contrario del insieme giustizia sociale e libertà. giornalista così come viene comunemente La creazione di un’alternativa capace considerato. Eppure era un giornalista vero, di svincolarsi dal ricatto costituito dalla con- il migliore che abbia conosciuto. Aveva una trapposizione senza via d’uscita tra le due grande sensibilità per la notizia, una grande “chiese”, quella cattolica e quella comunista, curiosità per i meccanismi della vita politica, fu lo scopo essenziale a cui Pannunzio dedicò una grande fiducia nella forza della verità, un i suoi sforzi con “Il Mondo” e con le altre vero rispetto per le idee degli altri anche se iniziative da lui ispirate, dai convegni degli diverse dalle sue purché non fossero negatrici “Amici del Mondo”, fino alla fondazione del di quel fondamentale principio a cui aveva Partito radicale di democrazia liberale nel votato la sua vita e la sua opera, il principio 1956; sforzi che lasceranno una traccia della libertà. Era quindi la conferma per un profonda anche se allora non riuscirono a mo- giovane che arrivava dalla provincia nella dificare il sistema che come Pannunzio e il Roma del dopoguerra che il giornalismo è gruppo che si riunì intorno a lui prevedeva una missione e un’attività degna di essere era destinato a degenerare.

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Quando nacque “Il Mondo”, la cultura parso nel “Mondo” il 17 maggio ’52, che per laica italiana era quindi debole e divisa. Il Pci caldeggiare l’Unione Europea, Pannunzio, in- faceva prigionieri gli intellettuali nella con- sieme con Ferruccio Parri, Ernesto Rossi, cezione gramsciana del rapporto tra partito e Aldo Garosci e Adriano Olivetti, ottenne un cultura. Egli raccolse attorno al settimanale incontro nella sede dell’Unione Federalista in l’azione di intellettuali non organici ma im- via del Corso, con il generale Eisenhower che pegnati in una battaglia civile, politica e cul- era venuto a Roma per congedarsi dalle au- turale che doveva durare ben 18 anni. torità italiane lasciando il Comando della Si deve alla sua personalità oltre che Nato. Eisenhower, riferisce Spinelli, si chie- alle sue capacità di organizzatore culturale se deva: ÇCome potrebbero le attuali divise eco- potè fare incontrare sulle stesse pagine per- nomie europee competere sui mercati mon- sonalità così diverse di idee e temperamento diali con le possenti economie degli Stati come Benedetto Croce e , Uniti e dell’URSS?» e sosteneva che l’Unità Luigi Einaudi e Giuseppe Saragat, Ernesto Europea non era un problema militare ma es- Rossi e , Mario Paggi e Ales- senzialmente un problema politico e che Çera sandro Galante Garrone, Panfilo Gentile e una necessità permanente in vista di un lungo Ignazio Silone, Ugo La Malfa, che veniva periodo di pace e non una esigenza momen- quasi ogni sera a trovarlo, Aldo Garosci e Leo tanea dettata dal pericolo di guerraÈ e che Valiani, Nicolò Carandini, Nicola Chiaro- «altrimenti non c’era per l’Europa nessuna monte e Arrigo Cajumi, Achille Battaglia, seria prospettiva di sicurezza e di paceÈ. Mario Ferrara, Guido Calogero, Carlo An- Scorrendo le pagine de “Il Mondo” toni, Enzo Tagliacozzo, Ferdinando Santi, ci si rende conto che la denunzia dei rischi Riccardo Lombardi, in una fusione (che non di Tangentopoli era stata lucidamente pre- era mai confusione) di liberali, crociani, sal- vista sia nel settore politico che in quello eco- veminiani, ex azionisti e rappresentanti della nomico. Mario Pannunzio insieme con Er- migliore tradizione socialista, cioè tutta la nesto Rossi ha avuto un ruolo predominante cultura laica che contava. Aggiungiamo an- nella polemica contro il “sottogoverno” e il cora i nomi di Vittorio De Caprariis, Fran- “malcostume”. Il termine sottogoverno in cui cesco Compagna, , Arturo affonda le radici la peste della corruzione dei Carlo Jemolo, Massimo Salvadori, Eugenio partiti che ancora oggi sembra avvolgerli fu Scalfari, Mario Vinciguerra, Giovanni Spa- coniato da Panfilo Gentile nella sua rubrica dolini e famosi giornalisti come Paolo Mo- firmata Averroè. Ernesto Rossi fu nel nelli, Vittorio Gorresio, Riccardo Aragno, “Mondo” il protagonista di una campagna Gian Gaspare Napolitano, Sandro De Feo, moralizzatrice in nome di una economia li- Ercole Patti, Leopoldo Piccardi con cui ebbe bera sia dai condizionamenti degli interessi poi la frattura irreparabile che spezzò l’unità privati che dai controlli di uno Stato falsa- tra gli amici del “Mondo” tra l’ottobre ’61 e mente pianificatore, idee ispirate dall’inse- il marzo ’62. gnamento di Einaudi e dall’impegno civile di Rileggendo questi scritti ci si accorge Salvemini. che essi sono legati da una profonda coerenza Sulla situazione politica e sociale del che non deriva da un programma ideologico Paese il “Mondo” pubblicò inchieste impor- ma da un atteggiamento etico che ha le sue tanti che davano un ritratto della realtà ita- radici nella grande tradizione liberale eu- liana, un genere di inchiesta che purtroppo ropea e che può riassumersi nella frase di Sal- negli ultimi anni sono state messe da parte vemini: «La libertà non è solo la libertà pro- dai giornali e che indicavano anche le pro- pria ma soprattutto quella degli altriÈ. é spettive politiche e culturali per risolvere questa la ragione che consente di affermare quei problemi. oggi l’attualità e la vivezza dell’insegna- Un’altra delle iniziative del “Mondo” mento di Pannunzio. di cui Pannunzio fu animatore furono “I con- Sull’Unione Europea e l’importanza vegni degli amici del Mondo” che ebbero dell’ingresso dell’Italia nell’Euro, “Il luogo a partire dal 1955 e affrontarono nodi Mondo” era stato un grande anticipatore. della società italiana che ancora oggi ap- Pannunzio fu, fin dall’inizio, fautore dell’U- paiono irrisolti. nità Europea dando ospitalità al principale I convegni che affiancarono la vita del esponente del Federalismo Europeo, Altiero settimanale per oltre 10 anni trattarono il Spinelli, che scrisse numerosi articoli. Rac- tema della programmazione, la lotta alla spe- conta proprio Spinelli in un articolo com- culazione edilizia, la questione dell’energia,

134 • critica liberale pannunzio e “il mondo” la libertà di stampa, la riforma della scuola, Egli era legato da intensa amicizia con Ennio il finanziamento dei partiti, i rapporti fra Flaiano, la cui personalità non può essere Stato e Chiesa, la lotta ai monopoli, i mer- completamente compresa se non si tiene cati generali. conto del suo rapporto con Pannunzio. Di- Tutte le campagne de “Il Mondo” ceva Flaiano: ÇIo e Pannunzio siamo nati lo sono la prova che il settimanale aveva indi- stesso giorno, abbiamo la stessa età, l’unica cato con molto anticipo i problemi venuti ora differenza è che lui era nato direttore e io a maturazione: la necessità di una seria legge no». Flaiano era stato il redattore capo de “Il antitrust, la riforma dello Stato e della Pub- Mondo” nei primi quattro anni e con le sue blica Amministrazione. battute e con le sue trovate rendeva questi po- Il “Mondo” esercitò un ruolo fonda- meriggi redazionali molto piacevoli. mentale per il problema ambientale della tu- Ogni sera aveva il suo colore predo- tela del paesaggio su cui c’era allora una dif- minante. Ma ci sono state delle sere in cui il fusa insensibilità. Famosa la battaglia di An- tono poteva mutare di ora in ora. Lo sfondo tonio Cederna per la salvezza della via Appia era quello che per certi avversari (i fascisti, a Roma che ebbe momenti difficili ma che i monarchici, la destra codina o i laici con- poi ha rappresentato il simbolo di un nuovo vertiti al clericalismo, i preti faccendieri, gli rapporto tra politica, pubblica amministra- aristocratici comunisti, i maneggioni politici, zione, abusivismo e ambiente nel nostro quelli più toccati nella carne viva dalle in- Paese. chieste e dai “Taccuini” del “Mondo”) era Il “Mondo” e Pannunzio hanno avuto l’aspetto più appariscente del gruppo per cui un ruolo importante anche per quello che è stato userei il titolo di un libro di Elena Croce Sno- il problema centrale del rapporto nel nostro bismo liberale. Paese tra democrazia e ideologia comunista. Ancora alle sei del pomeriggio l’aria Il “Mondo” ha tenuto ferma la oppo- era calma e, sia a Campo Marzio sia alla Co- sizione ad ogni cedimento nei confronti del lonna Antonina dove la redazione del comunismo, pur riconoscendo il ruolo che i “Mondo” si era trasferita, le abitudini più in- comunisti avevano avuto durante la Resi- crollabili erano quelle di Mario Pannunzio, stenza, sottolineando il fatto che bisognava puntuale nell’arrivare, nel leggere i giornali, che il Partito Comunista rompesse con l’U- nello scegliere gli articoli, nello studiare i nione Sovietica e soprattutto con lo stali- temi dei “Taccuini” e dell’articolo di fondo, nismo. In questa battaglia il “Mondo” e Pan- unico momento suo segreto e intimo, tavolta nunzio ebbero accanto La Malfa e Saragat. riservato a colloqui con i collaboratori, mai Era una posizione difficile da tenere in quel troppo faticosi. Poi, quando veniva nello momento in quanto c’era dall’altra parte il stanzone di Via Campo Marzio e nelle sale potere monopolistico democristiano contro dal lucido parquet di via Colonna Antonina cui il “Mondo” svolgeva le sua campagne e per cominciare a impaginare, cominciavano le sue battaglie sia sul piano civile che sul anche a arrivare collaboratori e visitatori che piano della cultura politica. subito impiantavano discussioni o conversa- Dopo la caduta del muro di Berlino, zioni. Ho sempre considerato un miracolo se si è arrivati a una trasformazione dei rap- come Pannunzio sia riuscito a far tutto e tutti porti che il Partito Comunista aveva con una riuscissero a lavorare, chiacchierando con gli storia da cui non riusciva ad allontanarsi, lo amici e puntualmente alle nove fosse pronto si deve molto anche alla luce che teneva ac- il “fuori sacco” da inviare in tipografia, con cesa Pannunzio in nome della libertà ma le pagine per la composizione. anche della speranza di un rinnovamento L’amicizia che si creava nel “Mondo” della vita politica italiana. non concedeva spazio alla condiscendenza o Pannunzio era anche un grande per- all’accomodamento sui princìpi ideali. Così è sonaggio dal punto di vista umano, che sa- accaduto che si è materializzato ogni sera peva ispirare senza prosopopea e senza su- nelle stanze del “Mondo”, nell’incontro di perbia, il senso di una fedeltà a un dovere letterati, giornalisti, artisti, uomini politici, morale. Aveva una grande sensibilità per i quella concezione dell’unità dell’intellet- giovani, un grande desiderio di aiutarli, un tuale, unità morale che si rifletteva nelle sue grande desiderio di farli emergere. é stato un pagine, dai racconti all’articolo politico. Il maestro per molti di noi. Amava molto l’u- “Mondo” è stato, quindi, l’unico grande, vero morismo: ecco perchè sul “Mondo” ebbero circolo di idee e di vita politica e letteraria spazio le vignette di Maccari e di Bartoli. che ha avuto l’Italia in questi anni. Tutti

giugno-luglio 2003 ¥ 135 russo questi momenti, cui ho appena accennato, gnamento: egli aveva indicato la strada che sono stati momenti di alto impegno civile. bisogna tornare a imboccare per risalire la Tutti coloro che avevano amore per la libertà china. Egli stesso del resto congedandosi dai e la democrazia e disinteresse personale, lettori del “Mondo” non credeva che il suo anche chi si è separato per dissensi succes- compito fosse finito. Come diceva Nicola sivi, hanno creato l’aria che si respirava nel- Chiaromonte: ÇUn intellettuale non rappre- l’ambiente del “Mondo”. senta nulla se non mantiene a qualunque Pannunzio e gli intellettuali del costo il principio stesso dell’individualità, il “Mondo” furono politicamente sconfitti. rifiuto delle menzogne utili, il diritto al L’idea di una terza forza non si realizzò ve- dubbio e alla criticaÈ . ramente mai e il centro-sinistra in cui tante ÇSe oggi consideriamo Ð scriveva speranze erano state riposte non assolse il suo Pannunzio nel suo ultimo articolo Ð conclusa compito e deluse profondamente. Il “Mondo” la nostra giornata non è per rassegnazione né doveva cessare le sue pubblicazioni nel 1966 perché consideriamo che il nostro compito sia sia per difficoltà economiche e fuga di colla- esaurito. Vorremmo dire al contrario che mai boratori come ha scritto in una sua lettera come ora abbiamo sentito urgente il bisogno Pannunzio, sia perché sembrava nel cambia- della partecipazione attiva alla vita pubblica mento dei tempi che non ci fosse più una spe- e alla civiltà morale del Paese, di uomini ap- ranza di opposizione per Çil conformismo passionati, indipendenti, intransigenti e riso- delle forze di sinistraÈ. lutiÈ. Pannunzio con il Partito Radicale, con é il messaggio che ci lascia Pan- la terza forza, con le delusioni del centro-si- nunzio e che è sempre valido, un invito che nistra può considerarsi un uomo sconfitto. vorremmo raccogliessero tutti coloro che Due anni dopo la chiusura del “Mondo” credono nei valori della libertà e della de- l’uomo che ne era stato l’animatore morì. mocrazia. Oggi ci resta qualcosa di più del suo inse- ❏

heri dicebamus

RAGIONE E RIGORE INTELLETTUALE. Nei suoi diciotto anni di vita il “Mondo” fu innanzi tutto un richiamo all’esigenza del rigore intellettuale nella cultura politica, della serietà nel proprio lavoro contro le facilonerie della pigrizia e le suggestioni del successo a buon mercato, in ter- mini di moneta o di vanità che fosse. Fu insomma – possono sembrare parole grosse, ma sono le sole adatte – un richiamo al valore primario della dignità personale e dell’indipendenza di giudizio. E quanto più tutto ciò appariva a molti ed era da essi denunciato con goffa suffi- cienza come sterile moralismo, tanto più incisivamente si rivelava in realtà quanto fosse ne- cessaria quella lezione. Così come la costante accusa di astrattezza che da parti contrapposte veniva rivolta agli uomini del “Mondo” non faceva altro che mettere a nudo l’incapacità con- genita, in chi la muoveva, di concepire forme di vita associata, metodi di lotta politica, che non fossero esclusivamente basati su gretti calcoli di potere e su meschini interessi di parte, sull’arrivismo più grossolano degli individui e sugli egoismi pertinaci dei gruppi. Implicito in tutta l’azione politica e culturale svolta dal “Mondo” era il monito a rispettare i diritti della ragione; ma era questa non una ragione astratta, geometrizzante, sorda a tutto ciò che nell’uomo e quindi nella vita delle società è pura razionalità, ma una ragione storica, sempre vigile nell’avvertire la eterogenea complessità delle motivazioni umane, nel riconoscere il ruolo che negli individui come nella collettività spetta immancabilmente alle tradizioni, alle passioni, alle ventate stesse di irrazionalità, come pure nel riproporsi di comprendere, in ogni situazione concreta, la distinzione tra il possibile e l’impossibile, tra il probabile e l’improbabile, tra il facile e l’arduo. Era un monito che, pur nell’accettazione dei limiti della ragione, non deviava mai dalla riaffermazione che non vi è politica e non vi è morale degna dell’uomo, e consona all’uomo, che non abbia nella ragione il suo fondamento, integratore e riequilibratore di tutte le altre componenti dello spirito umano e della sua storia.

[Alberto Aquarone, da Le molteplici voci dialettiche della cultura laica italiana, in I diciotto anni de “Il Mondo”, Edizioni della Voce, 1966].

136 ¥ critica liberale pannunzio e “il mondo” caro calogero, caro pannunzio guido calogero Ð mario pannunzio

Roma, 9 dicembre 1952 rali. E ci sono così soluzioni nostre per la po- o litica monetaria, per la riforma agraria, per la Caro Calogero, riforma fiscale, per la riforma della burocrazia, La ringrazio del Suo cordiale pensiero per la disoccupazione, per gli enti statati e pa- di inviarmi il testo della sua lettura alla B.B.C.. rastatali, per le industrie monopolistiche, ecc. Può immaginare con quale interesse l’abbia In parole povere, mi era sembrato di correg- letto, come sia stato lieto del Suo apprezza- gere il fondamentale storicismo crociano, e mento del mio giornale e con quale attenzione post-crociano, della nostra impostazione con un abbia seguito la Sua analisi nel confronto tra il soffio di problemismo salveminiano… Ma il Mondo e l’Observer. Ho fatto leggere anche torto è mio se, nonostante queste intenzioni, agli amici che lavorano con me la Sua lettura, dirò così, “illuministiche”, il giudizio che Ella il che ci ha dato occasione di una amichevole ne ricava è diverso, per non dire opposto. discussione che in fin dei conti, almeno per Mi sarebbe piaciuto pubblicare il testo quel che mi riguarda, sollecitava un vero e pro- della Sua lettura sul Mondo. Ma mi sono preoc- prio esame di coscienza. cupato di questo: di dover appunto difendere il Le dirò che accetto la Sua constatazione giornale e quindi rappresentarlo come ben dell’anti-programmaticità della nostra cultura, orientato, privo di errori, ecc.. Il che è proprio e quindi in particolare del nostro giornalismo, contro la verità e contro la mia natura. E una e non Le nascondo che ho spesso avvertito le discussione pubblica sull’argomento potrebbe insufficienze di un certo storicismo che, sceso far pensare che io voglia (Dio me ne guardi!) dalla filosofia, ha permeato di sé la nostra po- cercare sostegni alla mia tesi. Mi sembra me- litica, la nostra arte, la nostra vita morale. D’ac- glio farle una proposta: perché non scrive un cordo con lei, dunque, nel guardare alla cultura articolo dove, indipendentemente dal Mondo, anglosassone come ad un correttivo e nel rico- l’argomento sia trattato per disteso e sia messo noscere agli inglesi quella fondamentale capa- a confronto lo spirito inglese con quello ita- cità di concretezza, di volontà pragmatica e liano, dandoci qualche ragguaglio sulle Sue programmatica che rende insostituibile la loro esperienze, e sollecitando gli italiani a scen- esperienza. dere, per così dire, dalle nuvole e a mettere i Sarebbe un discorso interessante per me piedi per terra? riscontrare quel che lei condanna, non soltanto Mi sappia dire cosa ne pensa di questa nel campo delle università, degli istituti scien- proposta. tifici, ecc., ma proprio nel campo a me più vi- Le invio intanto i miei più cordiali saluti cino, della letteratura e del giornalismo; osser- Suo vare per es. come la grande stampa sia per lo Mario Pannunzio più interessata a pochi temi, sempre gli stessi, come le terze pagine siano improntate ad un P.S. La fotografia di Croce che Le avevamo vecchio superficiale umanismo, e così via. inviato è un omaggio del nostro giornale. Ma lei indica proprio nel Mondo un rap- presentante tipico di questa cultura. Questa Sua *** impressione mi colpisce un po’, non lo na- 5 ottobre 1956 scondo, proprio perché nel compilare il nostro o giornale, io ed i miei amici, ci siamo sempre Caro Calogero, proposti l’obiettivo contrario: di presentare ai la morte di Calamandrei è stata improv- lettori una serie di problemi concreti, con so- visa e inaspettata. Doveva farsi un’operazione luzioni concrete, in tutti i settori. Potrei ricor- che non sembrava grave e contavamo di averlo, darLe le campagne che abbiamo fatto in questi guarito, relatore del convegno su Stato e Chiesa quattro anni, che hanno toccato, si può dire, degli Amici del Mondo. é entrato in clinica con tutte le questioni vive, ad una ad una esami- grande tranquillità e niente faceva pensare alla nate, non soltanto sotto l’angolo visuale della sventura. é una gravissima perdita per tutti e, corretta amministrazione, dell’onestà, ecc., ma in particolare, per gli antifascisti e il mondo con proposte di vere e proprie riforme struttu- sempre più ristretto delle persone disinteressate

giugno-luglio 2003 ¥ 137 calogero-pannunzio e combattive. Sul Mondo che è uscito oggi, ab- Terzo convegno, da tenere dentro l’anno biamo pubblicato, su Calamandrei, un articolo prossimo, quello della riforma tributaria. Come di Achille battaglia e un altro di Arnaldo Bo- vedi, il programma è abbastanza ampio. celli. Siamo tutti afflitti e preoccupati anche per Per quel che riguarda le prospettive più la sorte del “Ponte”. Direttore sarà Enriques strettamente politiche, mentre radicali e repub- Agnoletti. Ci auguriamo che abbia lo stesso blicani sono favorevoli all’unificazione socia- polso e la stessa liberale fermezza di Cala- lista, non mi sembra prospettabile l’eventualità mandrei. di ingresso dei due partiti nel nuovo grande Grazie dell’ottimo primo articolo che partito socialista. Si parla della prospettiva di pubblicherò nel numero in corso. Aspetto ora un fronte repubblicano che dovrebbe compren- gli altri, possibilmente ogni 15 giorni. Vedi tu dere nenniani, saragattiani, radicali e repubbli- per la lunghezza. L’articolo testè ricevuto cor- cani; ma la cosa è ancora lontana. risponde a 380 righe (circa 3 colonne); ogni pa- Ti mando, caro Calogero, i miei più af- gina del tuo dattiloscritto corrisponde a circa fettuosi saluti, con la speranza mia e di tutti gli una nostra mezza colonna: così puoi regolarti. amici di rivederti presto per riprendere il no- La lunghezza non dovrebbe mai superare le 500 stro lavoro comune. - 520 righe nostre. Tuo Noi giorni scorsi si è perfezionato un ac- Pannunzio cordo tra un gruppo di amici del Mondo e Maz- *** zocchi, per lo sganciamento della proprietà. Ab- biamo costituito una nuova società di amici fe- Roma, 31 dicembre 1959 deli che conta di dare un maggiore sviluppo al giornale e di riportarlo prestissimo (forse ai o primi di novembre) alle 16 pagine di una volta. Caro Pannunzio, Naturalmente contiamo su di te e sulla tua pre- facendo seguito alla nostra ultima con- ziosa regolare collaborazione. versazione telefonica, ti espongo quale sarebbe Ti invieremo, come ci hai scritto, il il mio piano per una più continuata collabora- Mondo per posta aerea. Saranno pure messe da zione al Mondo, nella forma di ciò che gli an- parte le tre copie dei numeri dove pubbliche- glosassoni chiamano una column. Te lo remo i tuoi articoli. Anche per il versamento ci espongo per iscritto, perché tu abbia maggiore occuperemo di fartelo intestare presso il c/c comodità di pensarci un momento sopra. della Banca Commerciale. Si tratterebbe, di fatto, di non più (o di Ora dovrei parlarti a lungo della situa- poco più) di una colonna settimanale, che pro- zione politica e in particolare del partito radi- porrei apparisse, come “finestra”, divisa in cale. Ma la situazione è molto fluida e direi che quattro quarti di colonna, in fondo e al centro cambia di giorno in giorno. L’unificazione so- dell’ultima pagina di ogni numero. Così si af- cialista procede a stento. Sembra che non sia fiancherebbe, senza disturbarla, alla sola ru- da mettere in dubbio la fusione finale. Ma gli brica che mi pare resti fissa nell’ultima pagina, ostacoli sono gravissimi e le forze contrarie cre- e cioè a “I giorni dell’‘Invitato’”. Potremmo in- scono di giorno in giorno. In questo quadro che, titolarla “La finestra di Diogene”, oppure “Fa- in breve, potrei completarti con la previsione nale di coda”, oppure, più semplicemente, “Po- quasi certa della “chiusura a sinistra” da parte stille”. Del titolo (e anche del luogo) potremmo della D.C. nel prossimo congresso di Trento, la comunque discutere: forse tu ne troveresti uno posizione del partito radicale ha tutt’ora una sua migliore. ragione e un suo significato non effimero. Lo scopo, come ti ho detto, sarebbe I pericoli di un pasticcio socialdemocri- quello di fornire ai lettori una settimanale pil- stiano sono presenti agli occhi di tutti. I motivi lola filosofica, di farli pensare, insomma, nel del laicismo e delle concrete riforme di strut- modo più rapido e semplice possibile, su un tura sono rappresentati attivamente soltanto dal determinato problema “di fondo”, in modo da nostro partito. Abbiamo perciò in programma eccitare la loro riflessione critica. é quello che non soltanto un convegno degli Amici del fece per tanti anni Alain coi suoi Propos per la Mondo su Stato e Chiesa, ma un secondo con- Francia radicale, e Croce in Italia con le note vegno che dovrà tenersi dentro gennaio, im- della Critica. Non mi giudicare troppo ambi- portantissimo, sull’energia atomica. Tutti gli zioso se mi appello a precedenti così illustri: “atomici”, Amaldi ecc. si sono rivolti a noi per anche gli umili hanno il diritto di scegliersi no- un convegno sulla nuova legislazione in corso. bili esempi. D’altronde, chi sta facendo, oggi, Vorremmo abbinare la questione dell’energia un lavoro simile in Italia, per quella che pos- atomica a quella elettrica. siamo chiamare la nostra corrente di idee?

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Verso di esso si orientava molto bene il nostro Tu sai quanto io voglia bene a La Malfa caro Antoni, con le note che aveva cominciato e come apprezzi quel che ha fatto e fa con tanta a pubblicare prima su Criterio e poi su Tempo passione; nelle ultime elezioni amministrative presente (dove ora a un’esigenza simile ri- votai per lui; questa volta però non potrò farlo sponde anche Silone con l’Agenda): ma pur- qui a Roma. Il mio voto andrebbe a Pacciardi troppo Antoni non è più con noi. E io stesso e a Camangi. La Malfa, infatti, non si presenta avevo cercato di svolgere in tal senso la mia a Roma ma a Ravenna, Torino e Palermo. collaborazione alla Stampa: ma tale funzione L’aver mantenuto nel partito e nelle liste uo- su quel giornale è ogni giorno più presa da Je- mini come Pacciardi impedirà a molti nostri molo, il quale, del resto, dal punto di vista del amici di votare per il partito repubblicano. Pac- suo cattolicesimo liberale, lo assolve in modo ciardi non rappresenta una minoranza respon- che non può non far piacere anche a noi. sabile ma una corrente politica pericolosa e dis- Perché tu abbia un’idea più precisa di sennata. Con un po’ di coraggio, quando Pac- ciò a cui penso, ti accludo la prime quatto Po- ciardi parlò all’Angelicum, il partito avrebbe stille che ho scritte, nell’ordine in cui potreb- dovuto espellerlo. Forse oggi i repubblicani bero essere pubblicate. Le due prime, come avrebbero nel nostro ambiente quelle simpatie vedi, sono più o meno di attualità, e quindi an- che solo La Malfa riesce ancora a mantenere. drebbero pubblicate subito: le altre sono meno Mi dispiace, caro Calogero, come puoi legate a cose accadute di recente. Io cercherei immaginare, di non poter accogliere la tua pro- sempre di farti avere “Postille” il più possibile posta. Tutti siamo piuttosto imbarazzati nella impiantate su un commento a un fatto del scelta del voto per queste elezioni, ma ognuno giorno: ma tu ne avresti anche sempre un certo è bene che si comporti scegliendo la propria numero di riserva, in modo da esser sempre si- lista come si presenta là dove vota, valutando curo della continuità della rubrica, anche se per non solo i partiti ma gli uomini che si presen- qualche settimana la mia collaborazione do- tano. vesse interrompersi. Un saluto affettuoso, tuo Ora devi dirmi tu se credi che la cosa Mario Pannunzio vada bene per il Mondo, o se pensi che sia me- glio che la proponga all’Espresso (il quale ha *** già due rubriche affini, quella di Buzzati-Tra- verso per il pensiero scientifico e quella di Ga- Roma, 4 marzo 1966 rosci per il pensiero storico-politico). Co- o munque, è con te per primo che vorrei parlare Caro Pannunzio, di questo piano. Se la cosa ti interessa, telefo- con molta tristezza ho letto il tuo edi- nami e parliamone subito, perché potremmo toriale; e poco conforto ti darà il fatto che io cominciare fin dal prossimo numero. ti dica che l’hai scritto benissimo. Forse un Credimi, coi più affettuosi auguri per il po’ più ti avrà confortato il fatto che tutta la nuovo anno, per te e per la Signora, anche da stampa abbia dedicato tanto rilievo alla chiu- parte di Maria, il tuo sura delle pubblicazioni del “Mondo”. Direi Guido Calogero che tutti hanno sentito, più o meno, l’ingiu- stizia civile di questo fatto, ancora superstite *** nelle nostre imperfette civiltà, che per soste- 18 marzo 1963 nere buone idee occorrono anzitutto buoni soldi. o Mi ha confortato l’accenno, contenuto Caro Calogero, nel tuo articolo, secondo cui l’opera che cessa la tua proposta di scrivere un articolo a sul “Mondo” continuerà altrove. Anche a favore della campagna di La Malfa non mi questo proposito insisterei nella mia richiesta sembra opportuna. Il “Mondo” non ha mai in- che ci vedessimo, e considerassimo insieme dicato partiti o uomini da votare per le elezioni; la situazione. Cerca di trovare una sera dopo non lo abbiamo fatto in nessun modo nemmeno cena, in cui possiamo parlare un po’. per il partito radicale. In nessun caso poi ab- Coi più affettuosi saluti credimi il tuo biamo indicato questo o quel candidato. Il Guido Calogero “Mondo” si rivolge a tutto un settore di de- ❏ mocrazia laica, dai repubblicani ai socialisti, ed a lettori al di fuori di quei partiti. Possiamo * Per la pubblicazione di queste lettere inedite di tutt’al più genericamente indirizzare verso Calogero e di Pannunzio ringraziamo l’Archivio queste forze il nostro uditorio, ma nulla di più. centrale dello Stato e la famiglia Calogero.

giugno-luglio 2003 ¥ 139 sasso la critica d’ogni revisionismo gennaro sasso

ominciai a leggere “Il Mondo” Come lettore assiduo de “La Nuova Europa”, Cfin dal primo numero. Era il feb- inoltre, molto avevo imparato da Luigi Sal- braio 1949, e io, ventunenne studente del- vatorelli, che l’aveva fondata e la dirigeva, l’Università di Roma, non ero del tutto privo da Guido de Ruggiero, da Angelandrea Zot- di esperienza politica perché, nel 1944, pochi toli, e persino da Arrigo Cajumi, un perso- mesi dopo la liberazione di Roma, mi ero naggio singolare, fortemente detestato dai iscritto al Partito d’Azione, anzi alla Gio- crociani, che ricambiava di pari ostilità. Ma ventù d’Azione, come si chiamava la Fede- il Partito d’Azione era stato anche Lussu e razione giovanile di quel partito. Politica- Riccardo Lombardi, e molti altri che nella mente ero quindi, già allora, quel che poi diaspora andarono a occupare posizione di sempre mi sono sentito: il reduce da un nau- più netta sinistra, entrando perciò, attraverso fragio, un precoce sopravvissuto. Per coloro il Partito socialista di Nenni e Pertini, in più che, anche se giovani o giovanissimi, la vis- stretto contatto con il Pci. Era stato dunque sero e la patirono, la fine del Partito d’A- il partito in cui forte era, accanto a quella li- zione non costituì un trauma di poco conto. beraldemocratica, la componente socialista. Quello era stato il partito della speranza, del Era il partito nel quale era confluito il mo- vero e profondo rinnovamento delle co- vimento liberalsocialista. E liberalsocialista scienze, il partito, come Luigi Salvatorelli e significava, in primo luogo, Guido Calogero, Leo Valiani l’avevano definito, della demo- ossia il filosofo che, avendone teorizzati i crazia. E la sua fine fu vissuta come la fine principi, aveva suscitata l’aspra polemica di di tutte queste cose, come un fallimento non Croce, per il quale era inconcepibile che un facilmente superabile. concetto puro (la libertà) potesse stare in- Si aggiunga che da quando, nel 1946, sieme, in condizioni di parità con un con- avevo stretto con Giovanni Ferrara la fra- cetto empirico (la giustizia). Era il filosofo terna amicizia che indissolubilmente ci lega, al quale, a parte il rispetto per la figura mo- quella mia provenienza azionistica fu agli rale, gli uomini del “Mondo” guardavano inizi cagione di qualche vivace scontro; che, con sospetto e diffidenza. Croce, per loro, non potendosi svolgere sul piano politico, era Croce: un’autorità indiscussa e indiscu- perché dal 1947 il mio partito aveva cessato tibile. E Calogero, che dal maestro napole- di esistere, si trasferiva spesso su quello cul- tano era stato più volte scomunicato, signi- turale: ossia, su un terreno più che minato. ficava anche, sullo sfondo, Gentile: un filo- Figlio di Mario Ferrara, Giovanni proveniva sofo del quale in quegli anni era quasi vie- da una famiglia intransigentemente antifa- tato pronunziare il nome, e che io invece scista; e in se stesso aveva persino reso più avevo cominciato a leggere fin dagli anni del profondo il vincolo che lo legava a Bene- liceo, mettendo nella lettura un’ostilità poli- detto Croce che, come si sa, del Partito d’A- tica tanto più forte quanto più, su un altro zione e della pretesa che gli era stata propria piano, dovessi constatare che il “nemico” di di considerare sullo stesso piano la libertà e Croce era però sul serio un filosofo. la giustizia era stato critico durissimo. In- La diffidenza che, nei confronti di somma, lui era liberale, io un ex azionista. Gentile e, quindi anche di Guido Calogero, E diversi, perciò anche per quel che riguarda dovevo quasi quotidianamente constatare in i maestri, erano allora i nostri punti di rife- Giovanni Ferrara, anche in Pannunzio l’a- rimento. Attraverso suo padre Giovanni vevo colta. E fu quando, su “Il Risorgimento guardava agli uomini che, a cominciare da Liberale”, che allora dirigeva, lessi un suo Mario Pannunzio, avrebbero dato vita a “Il articolo nel quale la diade della giustizia e Mondo”. Come ex azionista, io guardavo in della libertà era criticata in termini schietta- primo luogo a due personaggi, con i quali, mente crociani come frutto di eclettismo e di finché vissero, mantenni un rapporto confusione, e la condanna era eseguita con profondo, Leo Valiani e Ugo La Malfa. tale nettezza che Calogero dovette interve-

140 • critica liberale pannunzio e “il mondo” nire a sua volta con un breve scritto poi rac- tenne insieme liberali e azionisti, giovani e colto nella Difesa del liberalsocialismo, meno giovani. Li unì nel nome di un lai- Roma 1945. cismo rigoroso, e così maturo che, nel suo La rievocazione di queste dispute, e ambito ideale, Ernesto Rossi, Guido Calo- delle passioni da cui nascevano e che, a loro gero e, maestro di molti, Gaetano Salvemini, volta, alimentavano, restituiscono il volto, poterono trovare posto insieme a Arturo ma anche lo stile, di un mondo remoto, che Carlo Jemolo. E il suo paradosso fu che, es- non sopravvive ormai se non nella memoria sendo opera di uomini di elitaria intransi- di coloro che allora erano giovani e ora, da genza, a prevalervi fu tuttavia lo spirito, non molto tempo, non lo sono più. Non erano per tanto delle dispute astratte e delle contrap- altro quelle dispute la cosa più importante di posizioni in partibus, si potrebbe dire, fide- quegli anni lontani. A prevalere furono gli lium, ma delle cose da fare. In quel clima eventi drammatici che tutti conoscono e dai nacquero i famosi Convegni del “Mondo” quali, per mezzo secolo, è derivato il nostro che, fortemente voluti da Pannunzio, rappre- destino politico. Alludo naturalmente alla di- sentarono allora, non solo un episodio cul- visione del mondo in due blocchi contrap- turale e politico di indiscutibile valore, ma posti, ai quali presto si aggiunse quello co- anche il momento rituale di questa unità dei stituito dai paesi non allineati. Alludo alla diversi che, nel suo insieme, quel giornale guerra fredda che, non solo instaurò un clima realizzò. E credo che sia giusto, a questo ri- di cupa mediocrità, se non di barbarie, fatto guardo, ricordare l’opera che vi spese Eu- di contrapposizioni rozze e violente, alle genio Scalfari; che nell’organizzarli e nel quali anche le migliori intelligenze talvolta contribuirvi dette prova delle sua qualità in- si adattarono, rischiando di cedervi; ma, qui tellettuali e delle sue competenze, e, in con- da noi si abbatté come un tornado sulla fra- creto, rese più forte la convergenza dei libe- gile diga della solidarietà antifascista e in rali e degli eretici azionisti. pochi anni, per colpa di tutti, disperse un pa- Non ho mai scritto su “Il Mondo” di trimonio che si era lentamente costituito nel Pannunzio, sebbene, in un paio almeno di oc- tempo e che, al di là degli inevitabili con- casioni, Carlo Antoni mi avesse proposto di trasti politici, avrebbe dovuto essere difeso tradurre in un articolo qualcosa che gli avevo come un valore comune. dato da leggere. Per varie ragioni, che non Se ripenso a quegli anni, così amari riguardavano beninteso la linea politica del e mediocri, e in quelli cerco di collocare “Il giornale, preferii lasciar cadere il suo invito. Mondo” di Mario Pannunzio e di compren- E con Pannunzio, nei confronti del quale derne il significato, a emergere è soprattutto provavo ammirazione e simpatia, non parlai questa considerazione. Che si può formulare se non, molto in breve, una volta, quando dicendo che, nelle sue parti migliori e attra- andai a riferirgli (mi pare di ricordare) qual- verso la penna dei suoi collaboratori più no- cosa da parte di Antoni. Timido, come da tevoli, “Il Mondo” elaborò una sorta di cri- giovane ero in modo particolare, non seppi tica preventiva di ogni revisionismo storio- vincere, nel fargli la mia breve ambasciata, grafico e politico. Non ammainò la bandiera un senso imbarazzante di disagio, provocato dell’antifascismo, ma la tenne bene in vista anche da ciò che, oltre quel che avevo da co- sia, ed è ovvio, nei confronti dei fascisti municargli, da dirgli non avevo altro, eppure espliciti e nascosti, sia nei confronti dei co- avrei dovuto perché la lunga familiarità sta- munisti, che pretendevano essi di essere l’an- bilita con il giornale esigeva che almeno tifascismo, e non ne erano invece se non una qualche frase di circostanza la formulassi. parte. Quella considerazione può ulterior- Ebbi anche l’impressione che un qualche im- mente formularsi dicendo che ai naufraghi barazzo, forse persino un po’ di timidezza, dell’azionismo e, naturalmente, del Partito fossero anche in lui che, forse, di me aveva Liberale, il settimanale di Pannunzio offrì un sentito dire qualcosa da Antoni, oppure da luogo in cui ritrovarsi, discutere di idee e di Renato Giordano, da Vittorio de Caprariis, cose concrete, riconoscersi in uno stile, che da Francesco Compagna, che erano miei era in alcuni anche snobistico, ma era tut- amici, e, pensando alla parola che avrebbe tavia uno stile (e qui come potrebbe non pen- dovuto dirmi, tuttavia, bene a ragione, non sarsi a Ennio Flaiano, ai disegni di Bartoli e la trovava e non sapeva quale dovesse es- di Maccari?). Una volta tanto produsse, non sere. rotture, lacerazioni, scissioni, ma unità. Anni dopo, quando Pannunzio non Senza averlo scritto nel suo programma, era più il direttore del “Mondo”, che aveva

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per allora cessato di esistere, e io ero pro- la nota politica, oltre quella esistenziale, che fessore nell’Università di Roma, dove avevo certo non ero io a poter interrompere. Ma un cominciato a prendere contatto con le vi- giorno, tuttavia, all’improvviso, dinanzi a cende del Sessantotto, capitò che più volte una delle bancherelle di libri di Fontanella ci incontrassimo per le vie del centro di Borghese, dopo averlo salutato, presi co- Roma, presso certi negozi di libri usati, che raggio e gli dissi: ÇDottor Pannunzio, che allora vi si trovavano ancora in buon nu- grave perdita è stata per noi la fine del mero. Ci salutavamo, in quelle circostanze, “Mondo”». Ci stringemmo la mano, e ci in- cordialmente; ma, non so perché, con un per- camminammo in direzioni opposte. Non lo sistente senso di imbarazzo, al quale non era incontrai più. E un giorno, non molto tempo estranea la nota della malinconia. In quelle dopo quell’incontro, ebbi la notizia, molto sue passeggiate serali, Pannunzio era sempre triste e dolorosa, della sua morte. solo. Era facile cogliere in quella solitudine ❏

heri dicebamus

IL COMMIATO DI PANNUNZIO. Questo che oggi diamo alle stampe è l’ultimo numero de “Il Mondo”. Esso non differisce dal primo apparso diciotto anni orsono: la stessa veste, lo stesso impegno politico e culturale hanno conservato costante il suo indirizzo nel corso di una lunga e attiva esistenza. Non sta a noi giudicare il segno lasciato dalla nostra presenza nel dibattito che ha accompagnato il risorgere di un ordine democratico nel nostro paese. Un giornale liberale, un giornale laico e antifascista, un giornale indipendente, doveva im- pegnarsi sui problemi della libertà e del costume civile, e non vi è stata questione di edu- cazione del cittadino, di rinsaldamento dello stato e delle istituzioni parlamentari, di effi- cienza di governo e di moralità pubblica, di politica interna e internazionale, di economia sociale e di conflitto fra l’interesse privato e quello collettivo, di fronte alla quale il gior- nale non abbia detto quel che gli è sembrato di dover dire, anche se le sue parole sono ap- parse spesso verità scomode e qualche volta dure. (…) In un paese di recente ricostruzione democratica, la spinta ideale delle forze politiche si trova davanti potenti concentrazioni di interessi e di bisogni, abitudini mentali e tradizioni culturali in continuo allarme verso tutto quello che appare nuovo e problematico. Le opinioni dei partiti, dei gruppi, degli uomini disinteressati sembrano una specie di inutile giuoco di gente irrequieta. Contano i problemi del benessere, della uniformità sociale e del consenso perpetuo. Non accade soltanto in Italia, e lo si sa bene; ma in Italia il disinteresse per la cosa pubblica e per i dibattiti mo- rali e culturali trova sempre un terreno di rifugio e di fuga. Il nostro paese legge meno degli altri paesi e i mezzi d’informazione sono più che altrove dominati dal conformismo e dall’ossequio. Domina soprattutto in Italia, la presenza di un potere radicato e penetrante, di un governo segreto, morbido e sacerdotale che conquista amici e avversari e tende a snervare ogni iniziativa e ogni resistenza. Abbiamo sempre sostenuto il dovere delle mi- noranze, dei partiti, dei gruppi e degli individui di rompere questo clima, di opporsi, di criticare, di protestare, di lavorare insieme. (…) Abbiamo denunziato, nel nostro giornale e nei nostri convegni, l’invadenza clericale, il sottogoverno delle maggioranze, i connubi tra mondo politico e mondo economico. Abbiamo deplorato con ostinazione la chiusura ir- rimediabile del mondo comunista alle sollecitazioni della libertà. (…) Tante volte in questi lunghi anni, quando le cose sembravano più buie e aggrovigliate, ci siamo domandati: come mai correnti di ispirazione liberale e democratica, fedeli ad una tradizione di pensiero e di grande nobiltà, che trae le sue origini dal sorgere dell’Italia moderna e che ha avuto mae- stri come Cavour, Mazzini, Benedetto Croce, Gaetano Salvemini, Giovanni Amendola, hanno trovato e trovano così poca udienza nel nostro paese e insieme una così unanime agguerrita ostilità da renderle simili a pattuglie isolate di frontiera, quasi separate dal tes- suto vitale della nazione? La pressione di enormi masse che votano per i cattolici, per i comunisti e perfino per i monarchici e i fascisti impone con la forza del numero ideali e concezioni politiche, culturali e morali, lontane, bisogna pur dirlo, dal mondo moderno.

[Mario Pannunzio, Ai lettori, “Il Mondo”, 8-3-1966].

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