Critica Liberale

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Critica Liberale e. marzo È diventato un luogo comune. Ugo La Malfa che si autodistrugge per la scissione non di inaugurò questa vulgata nel fascicolo della una minoranza, bensì della stessa maggio- “Voce repubblicana” del 5-6 marzo 1966, al- ranza). Capiamo che questa tesi può apparire l’indomani della scomparsa del “Mondo”. Il bislacca, soprattutto ai liberali-azionisti che leader del Pri annoverò tra i meriti maggiori difficilmente abbandoneranno mai quella virtù di Pannunzio quello di aver «fuso» «uomini di “distinguere sempre” che però, portata al- così diversi e distanti quali Benedetto Croce e l’eccesso, si trasforma in grave vizio. Ma la Gaetano Salvemini». E da allora molti non si storia del nostro paese ha troppo sofferto e sono discostati. Ma come la bottiglia “mezza troppo soffre per l’assenza d’una forza poli- vuota” può essere definita “mezza piena”, tica consistente di sinistra democratico-libe- perché non proviamo a rovesciare totalmente rale per non provare almeno a sacrificare tutti il giudizio? Come mai poté riuscire a un gior- un po’ delle proprie convinzioni a favore d’una nalista – anche se di enorme talento come larga piattaforma liberaldemocratica e laica, Pannunzio – una tale «fusione»? Perché non apertamente sostenitrice del valore della li- provare allora a verificare la tesi opposta, che bertà. Una “libertà” non solo formale, e forse non è così incolmabile la distanza tra il quindi produttrice di uguaglianza sostanziale. liberalismo à la Croce e tutte quelle versioni Per questo, gli autentici liberali non dovreb- di pensiero liberaldemocratico, liberalsocia- bero battere ciglio se accanto alla parola “li- lista, democratico radicale, socialista liberale, beralismo” venisse posto il termine “socia- azionista che hanno avuto come punti di rife- lismo” depurato da tutte le incrostazioni tota- rimento Salvemini, Gobetti, Rosselli, Calo- litarie e liberticide che ha accumulato su di sé gero? E che ugualmente non ci corre un nell’ultimo secolo. E qui ci imbattiamo in un abisso, ma che anzi il liberalismo che si iden- bel paradosso: nel ’900 i liberali italiani, che tifica col pensiero moderno, critico e raziona- eppure sono stati all’avanguardia nel com- lista, e quindi conflittuale, antifedeistico, laico, prendere quale versione del liberalismo fosse “inglese” per intenderci, è competitivo (ma la più adatta alla costruzione d’uno Stato e di nella stessa “barca” di sinistra) con tutti quei una società moderna e più giusta, non hanno tentativi “revisionisti” della socialdemocrazia mai contato nulla perché o hanno ripiegato in europea che hanno raggiunto i massimi risul- un gretto moderatismo subalterno alla Dc o tati pratici solo facendo proprie le teorie e le sono stati velleitari e rissosi fino all’autodi- politiche pubbliche di liberali come Keynes e struzione. La piattaforma liberaldemocratica o Beveridge? liberalsocialista (chiamatela come volete) de- Negli anni ’50, far confluire sullo scritta sopra fu quella del “Mondo“ di Pan- stesso foglio Croce, Einaudi e Salvemini po- nunzio, fu costruita all’interno della sinistra teva apparire un’impresa disperata e vellei- italiana per tenere accesa almeno una testi- taria, e quindi il merito di Pannunzio fu gran- monianza attiva d’una visione del mondo in- dissimo, e fu grandissimo proprio perché egli comparabilmente più “moderna” e civile delle non si fece fermare dai caratteri impervi e ideologie imperanti all’epoca a destra e a si- anche dalle differenze che eppure esistevano nistra. (e le vedremo) ma si aggrappò alle affinità, Il “Mondo” viene dopo il primo dei seppe avere una visione più ampia, impose una topoi che riteniamo significativi per una rivi- prospettiva più moderna, meno condizionata sitazione a volo d’uccello della storia del li- dalla politica spicciola, più attenta alle diret- beralismo italiano. Si tratta della sventurata trici di fondo e ai vasti movimenti storici. vicenda del governo Parri. Vi sollecitiamo a Aveva ragione lui, giacché oggi i dissidi di al- leggere con grande attenzione il grosso volume lora appaiono esagerati e quel che è vivo della edito dall’Archivio centrale dello Stato a cura tradizione classica italiana che può identifi- di Aldo Ricci, che raccoglie i verbali delle riu- carsi in Croce ed Einaudi non è affatto di- nioni del Consiglio dei ministri presieduto da stante, anzi è un tutt’uno con le idee-forza del- Parri. Questa lettura ribalta completamente il l’azionismo (senza stare troppo a sottilizzare, frettoloso giudizio su un Parri indeciso, pa- dato che gli azionismi furono parecchi, ma qui sticcione, inerme. Vorremmo vedere gli attuali tendiamo a cercare le somiglianze non le dif- uomini politici avere a che fare con sedizioni ferenze, perché vogliamo trascurare le scara- continue, dichiarazioni di guerra, secessio- mucce politiche per privilegiare le idee. Ma- nismi veri (non quelli burletta alla Bossi), ban- gari i protagonisti di questi filoni di pensiero ditismo, fame e disordini. E senza alcuna rap- politico avessero teso più a unire che a divi- presentanza politica “vera”. Certo, durò po- dere! Invece siamo arrivati al paradosso senza chissimo. I liberali del Pli scelsero proprio al- precedenti di un partito come quello azionista lora, e per sempre, il loro ruolo di ascari della 126 • critica liberale pannunzio e “il mondo” democrazia cristiana e i comunisti di Togliatti metà del secolo e non ha difficoltà a registrare liquidarono l’unica esperienza che avrebbe puntualmente le debolezze e le ambiguità dei potuto dare fastidio alla futura egemonia del “liberali” più rappresentativi, egli nota come Pci sull’intera sinistra. Sul piano politico, permangano le differenze di giudizio sul pe- questo regolamento dei conti riuscì perfetta- riodo prefascista, soprattutto su Giolitti (vedi mente. Meno sul piano della cultura politica la polemica tra Croce e Parri, infelice per en- (nonostante l’operazione di Togliatti di assi- trambi), ma in definitiva inchioda Croce e tutto milare Gobetti e di occultare Rosselli): il il “liberalismo” nostrano di derivazione cro- “Mondo”, il “Ponte”, l’“Astrolabio” e “Nord ciana quando rileva che «gli uomini hanno e Sud” innalzarono la bandiera di “un’altra rivendicato sempre la libertà come garanzia sinistra” per “un’altra Italia”, furono ghettiz- delle loro libertà, economiche, religiose, intel- zati, ma non si arresero mai. E ora anche i lettuali, politiche e così via. Di una libertà di- post-comunisti dovrebbero riconoscere che nel sossata, sterilizzata, eterea, angelicata, svuo- fatto che nessuna forza politica sia riuscita a tata di ogni contenuto, non hanno mai saputo trasformarsi in braccio politico di quella piat- che farsene». Salvemini avrebbe potuto ag- taforma autenticamente liberale sta la man- giungere a quel rosario di attributi un altro cata modernizzazione del nostro paese. Tutte grano: incoerente. Perché la vera malattia se- le aggregazioni laiche fallirono; il Pri fu nile dei “liberali” è stata la costante incoe- sempre opportunista e ipocrita, sempre osses- renza tra i principi professati e la pratica po- sionato dal potere; il Psi, dopo il suicidio della litica. E i valori non agiti, prima, si trasfor- politica nenniana dell’immediato dopoguerra, mano in retorica; poi, diventano inattendibili, con Craxi ebbe l’occasione, ma non la colse, persino ridicoli. Non riscaldano più i cuori a di trasformarsi in un partito rosselliano, curò nessuno. Quindi, come dare torto a Salvemini? di Socialismo liberale anche un’edizione in Il solco che egli traccia è profondo. Incolma- russo ma non fu in grado di tradurlo in mila- bile? Secondo Pannunzio evidentemente no, se nese. Prendiamo atto di tutti questi errori e mattone dopo mattone si ostinò a far convi- cerchiamo di non ripeterli. vere il prof. con Croce, di cui ebbe una vera Il secondo topos risale al 1946. In venerazione (non è un caso che l’ultimo nu- quella data, in un volume collettivo (subito mero del “Mondo” ostenta proprio la foto del marchiato da Croce come «libercolo») Salve- filosofo napoletano), perché sapeva che il mini produsse la più meditata analisi sul libe- punto di raccordo c’era, ed era proprio il va- ralismo italiano dal titolo Che cosa è un “li- lore della libertà. berale” italiano nel 1946. Soltanto l’insipienza Aveva ragione Salvemini a stabilire al- dell’editoria italiana occulta questo scritto e l’incirca verso il 1830 il momento di separa- tutta la polemica che innescò con Croce. Il zione tra un liberalismo che si riduceva alla saggio è molto lungo, però le virgolette poste conservazione dei privilegi ottenuti e una si- alla parola liberale nel titolo dicono già tutto. nistra democratica e progressiva. E il 1946, a Ma arriviamo al contenuto. Salvemini, anzi il poche settimane dall’affossamento proprio da prof. Salvemini, come si ostina a chiamarlo parte dei liberali del governo Parri, non è cer- Croce, con grande chiarezza stabilisce le di- tamente il momento più adatto per riunire ciò stanze. Le rintraccia nella «strana contraddi- che da tempo è diviso. Anche se una maggiore zione tra il “liberalismo” dei paesi che par- lungimiranza degli uomini dell’epoca avrebbe lano inglese e il “liberalismo” dell’Italia e, in forse risparmiato all’Italia tanti guai. La via generale, dell’Europa continentale. In Italia, è quella liberalsocialista indicata da Calogero in Francia, in Germania, il “liberalismo” era fin dal gennaio del ’45. La fa sua anche Sal- diventato francamente conservatore. In Inghil- vemini quando la rievoca per esaltare la di- terra continuò a chiamarsi “liberale” sola- stanza tra Croce e Hobhouse. Distanza abis- mente chi militava in quel partito che si op- sale proprio non diremmo se non sono certa- poneva al partito conservatore». E in Italia il mente pochi i discepoli di Croce (Omodeo e partito liberale fu conservatore per vari mo- de Ruggiero tra tutti) che non trovano alcuna tivi: Salvemini privilegia l’immagine di un’I- contraddizione a cavalcare l’“ircocervo”, in- talia «paese povero, piagato da una piccola seguiti dai fulmini crociani ma senza grandi borghesia intellettuale sovrabbondante, fame- problemi.
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