Elementi di cultura popolare nei di Valentina Leoni

La cultura popolare giapponese, nella quale si è soliti comprendere i manga e le serie animate prodotte per la televisione, affonda le sue radici in una tradizione ricca e complessa, i cui riferimenti possono sfuggire al fruitore occidentale, mentre risultano di solito evidenti per il giapponese che con quel passato ha familiarità. Tali riferimenti, a volte vere e proprie citazioni, ricorrono molto spesso nei fumetti e nei cartoni, coinvolgendo molti degli aspetti della tradizione, dal cibo ai giochi, dalla religione ai personaggi celebri della storia nipponica. Per portare degli esempi, si può iniziare valutando l'enorme peso che hanno avuto, e ancora oggi hanno, la mitologia e lo Shintoismo. In uno dei fumetti più noti anche in occidente, “Lamù la ragazza dello spazio” (Uruseyatsura, 1978, pubblicato in Italia da Star Comics), la protagonista è un'aliena che indossa un bikini tigrato e sfoggia un paio di piccole corna, attributi comuni anche ad altri personaggi di quello stesso fumetto: sono caratteristiche tipiche degli oni, esseri mitologici paragonabili ai nostri demoni. In generale, tutta l'opera in questione abbonda di riferimenti alla mitologia e alle leggende popolari, tra le quali ritroviamo quella della principessa Kaguya, la piccola protagonista del Taketori (“Storia di un tagliabambù”, secolo) e dei karasu-tengu, creature magiche dall'aspetto di corvo; ma perfino la dea Amaterasu, divinità del sole e progenitrice della famiglia imperiale, diventa la protagonista di gustose parodie all'interno della vicenda principale. Gli oni, creature spaventose dotate di corna, denti aguzzi, avvolti in pelli di tigre e dotati di enormi mazze ferrate chiamate kanabo, presenti in origine nel pantheon buddhista e poi incorporati nella religiosità popolare, sono presenti anche in altri manga, oltre a quello già citato: in questa veste essi sono rappresentati, ad esempio, da in Shutendōji (1976, pubblicato in Italia da D/Visual), adattamento a fumetti di una delle avventure di Minamoto no Yorimitsu (948-1021) e dei suoi compari (v. n. ...). Rumiko Takahashi, una delle autrici più conosciute anche a livello internazionale, ha proseguito nella sua rivisitazione in chiave umoristica degli elementi della mitologia in un altro manga, Inuyasha, nel quale uno dei protagonisti, Shippo, è una kitsune, ovvero una volpe in grado di prendere aspetto umano (v. n. ...). A una simile figura di volpe capace di celare le sue sembianze animali sotto spoglie umane si rifanno sia Naruto, protagonista dell'omonimo manga di (Naruto, 1999, pubblicato in Italia da Panini Comics) sia i personaggi di Ushio e Tora, (Ushio to Tora, 1990, pubblicato in Italia da Granata Press e Star Comics) manga in cui agiscono un demone dall'aspetto di tigre e un antagonista capace di trasformarsi nella volpe a nove code. La figura del demone kitsune ha affascinato anche un celebre autore occidentale, Neil Gaiman, che si ispirò proprio alle leggende giapponesi per scrivere “Cacciatori di Sogni” (Dream Hunters, 1999, pubblicato in Italia da Magic Press), una delle storie del suo Sandman, illustrato poi da Yoshitaka 1

Amano, uno degli artisti giapponesi più eminenti e già character designer di celebri serie animate. Non è però solo dal substrato mitologico e shintoista che i manga e gli traggono spesso ispirazione: molto forte è l'influenza della storia, dalla più antica alle vicende più recenti. Nonostante gli autori abbiano guardato soprattutto ai giorni di splendore del periodo Momoyama e Edo e all'epopea dei samurai, non mancano i riferimenti alla storia più antica del Giappone, come nel manga “Jeeg robot d'acciaio” (Kōtetsu Jeeg, 1975, pubblicato in Italia da JPOP), di Go Nagai e Tatsuya Yasuda, versione cartacea dell'omonima serie televisiva, nella quale l'antagonista, la regina Himika dell'Impero Yamatai, è ispirata a Himiko, regina del regno di Yamato (ubicato nell'isola di Honshu) nel II-III secolo d. C.. Tra i manga dall'ambientazione storica maggiormente curata meritano una citazione “L'Immortale” (Mugen no Jūnin, 1994, edizione italiana di Panini Comics) di Hiroaki Samura; “Kenshin Samurai Vagabondo”, ispirato alla figura di Gensai Kawakami, rivoluzionario del secolo XIX “Vagabond” (1999, pubblicato in Italia da panini Comics), di Takehiko Inoue. Quest'ultimo titolo riprende in larga parte la trama del romanzo Musashi di Eiji Yoshikawa (1892- 1962) e racconta le gesta di Miyamoto Musashi (1584-1645), che fu uno straordinario guerriero e venerato scrittore; la figura di Musashi è citata anche in altri manga, tra cui non può mancare la parodia offerta nel già ricordato Lamù. Inoltre, nei fumetti si fa spesso riferimento al leggendario monaco guerriero Benkei (v. n. ...). Benkei è presente nel manga “Ken il Guerriero” (Hokuto no Ken, 1983, pubblicato in Italia da D/Visual) di Buron Son e Tetsuo Hara, nella figura di un monaco malvagio intenzionato a uccidere chi voglia attraversare un ponte: è un ovvio riferimento all'episodio del ponte Gojō di Kyoto, nel quale Mainamoto no Yoshitsune (v. n. ...) sconfisse per la prima volta Benkei che da allora l'avrebbe per sempre accompagnato e servito. Il forte senso dell'onore è la caratteristica principale della classe militare giapponese. Ispirata in parte dalle dottrine del Buddhismo Zen, essa si diede un codice etico basato sulla disciplina: le storie che vedono protagonisti i samurai, quindi, assumono anche nei manga un tono eroico e tragico, con personaggi caratterizzati in modo enfatico, come Kagemaru, protagonista di “Kagemaru Den – La leggenda di un ninja”, (Ninja Bugeichou Kagemaruden, 1959, pubblicato in Italia da Hazard Edizioni), di Sampei Shirato, in cui un ninja guida una rivolta contro i soprusi e le violenze subite dai poveri da parte degli sgherri di Oda Nobunaga (1534-1582) che fu un grande condottiero della storia giapponese: le qualità morali, il coraggio e lo spirito di sacrificio di Kagemaru piacquero a tal punto ai lettori giapponesi da farne un simbolo dei movimenti studenteschi degli anni '60. L'enfasi e il codice d'onore dei samurai sono alla base anche di molte serie di ambientazione fantascientifica e “robotica”, come i manga di Go Nagai, creatore di Mazinga Z (Majingā Z, 1972, pubblicato in Italia da JPOP), il primo robot gigante della storia pilotato dall'interno da un essere umano: se l'ispirazione per la sua creazione venne al suo autore quando, bloccato nel traffico, immaginò di trasformare la propria auto in un gigantesco automa capace di scavalcare l'ingorgo, il design del robot, seppur tozzo e tondeggiante, richiama inevitabilmente alcuni elementi tipici delle armature dei samurai. Tali elementi sono riscontrabili in quasi tutte le serie di argomento robotico, sia a fumetti che televisive degli anni '70 e '80 (leggi il saggio di Fabrizio Modina in questo catalogo). Spirito di abnegazione, rigore morale e enfasi tragica non sono però caratteristiche dei soli manga di argomento storico o fantascientifico: esse sono riscontrabili anche in altri fumetti, come “Fantaman” (Ōgon Bat, 1966, pubblicato in Italia da Star Comics) di Koji Kata e Daiji Kazumine, che si segnala per essere anche la trasposizione fumettistica di uno spettacolo di kamishibai, una sorta di teatrino ambulante introdotto dai monaci buddhisti nel XII secolo, molto popolare in Giappone fino all'avvento del cinematografo e della televisione. In “Fantaman”, che racconta la storia di un supereroe dalle sembianze di scheletro impegnato a combattere il male, sono inoltre presenti diversi elementi tratti dai kaidan eiga, i racconti di fantasmi dell'antico Giappone. Anche i ninja, che sono tra le figure della cultura giapponese più note anche all'estero, sono spesso protagonisti di manga e serie televisive di successo: i ninja dei fumetti sono spesso personaggi dagli 2 incredibili poteri impegnati in scontri mortali tra diverse fazioni, come in Basilisk, opera di Masaki Segawa, tratto dal romanzo Kōga Ninpōchō di Futaro Yamada, e nel più popolare Naruto. Come già notato, molti manga traggono ispirazione da opere letterarie antiche o moderne: dai racconti di fantasmi di epoca medievale ai grandi romanzi del secolo XX, senza contare l'influenza di molti romanzi occidentali. Tra i titoli più citati vi è senza dubbio il Saiyūki (“Viaggio in Occidente”, in cinese Xiyou Ji) (v. n. ...), romanzo classico cinese del XVI secolo che racconta del viaggio verso l'India di un monaco partito alla ricerca di due sūtra (testi sacri del Buddhismo), accompagnato da una scimmia, un maiale e uno spirito fluviale: si ispira a questo romanzo il manga “Dragon Ball”, di Toriyama (Dragon Ball, 1984, pubblicato in Italia da Star Comcs), in cui la parte del saggio monaco è affidata a Bulma mentre Goku, il protagonista, è rappresentato con la coda della scimmia; allo stesso romanzo si ispirano anche Saiyūki (1997, edito in Italia da Dynit), manga di Kazuya Minekura, nonché diverse serie animate, tra le quali The Monkey di e Starzinger di . Passando a testi più recenti, “Ai tempi di Bocchan” (Bocchan no Jidai, 1987, pubblicato in Italia da Coconino Press), manga di Jirō Taniguchi e Natsuo Sekikawa, è una biografia romanzata dello scrittore Natsume Soseki (1867-1916), considerato uno dei padri della letteratura giapponese moderna: l'opera di Taniguchi e Sekikawa costituisce anche uno splendido e realistico affresco del Periodo Meiji in cui è ambientata la vicenda. Tra i che cercano la propria ispirazione nella letteratura occidentale c'è invece, il già citato Go Nagai, che in Mazinga Z fa continui riferimenti alla cultura greca e in Mao Dante realizza una cruda storia di demoni ispirandosi a una versione giapponese della Divina Commedia di Dante Alighieri: lo stesso punto di partenza e una trama più definita e complessa saranno alla base di uno dei capolavori di Nagai, (1972, pubblicato in Italia da D/Visual). Infine, una menzione merita Lady Oscar (Versailles no , 1972, pubblicato in Italia da Planet Manga) manga di Riyoko Ikeda ambientato durante la Rivoluzione Francese che ha conosciuto un clamoroso successo in tutto il mondo e in Giappone ha fornito lo spunto per un celebre adattamento teatrale del Takarazuka, particolare forma teatrale riservata a sole attrici, ennesimo esempio di reciproco scambio tra i diversi ambiti dell'arte popolare.

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