COLLANA STORICA DELLA BANCA D'ITALIA LA BANCA D'ITALIA IN AFRICA ERCOLE TUCCIMEI

EDITORI LATERZA Nella «Collana Storie~ della Banca d'Italia» i materiali originali, i dati e le interpretazioni critiche per una storia monetaria dell'Italia moderna.

L'espansione coloniale italiana si svi­ luppò lungo un arco temporale com­ preso tra gli ultimi decenni del­ l'Ottocento e il1936. n volume affronta un tema poco stu­ diato: il ruolo svolto dalla Banca d'I­ talia a sostegno della politica colo­ niale del governo dall'età crispina al­ la fine della seconda guerra mondia­ le. L'Istituto - quando ancora si chiamava Banca N azionale nel Regno d'Italia- operò dapprima co­ me agente finanziario del governo; successivamente operò direttamen­ te nelle colonie con proprie filiali. Mentre inizialmente Bankitalia a­ gendo come banca universale do­ vette sostenere gran parte dell'atti­ vità creditizia, dopo la costituzione dell'impero operò in concorrenza con le principali banche che recla­ mavano il suo ridimensionamento alle funzioni istituzionali di istituto di emissione e gestore della tesoreria statale. Durante l'occupazione allea­ ta, alcune filiali coloniali poterono continuare a svolgere una limitata at­ tività sotto la vigilanza delle autorità britanniche di controllo.

In sovraccoperta: Prospetto della facciata poste­ riore della filiale della Banca d'Italia a Tripoli.

COLLANA STORICA DELLA BANCA D'ITALIA CONTRIBUTI COLLANA STORICA DELLA BANCA D'ITALIA

COMITATO SCIENTIFICO Antonio Fazio (presidente) Tancredi Bianchi Pierluigi Ciocca Carlo M. Cipolla Franco Cotula Marcello De Cecco Luigi De Rosa Cosma O. Gelsomino Alberto Monticone Guido M. Rey Paolo Sylos Labini Gianni Toniolo SERIE CONTRIBUTI RICERCHE PER LA STORIA DELLA BANCA D'ITALIA VOLUME VIli

ERCOLE TUCCIMEI

INTRODUZIONE ALL'ATTIVITÀ DELL'ISTITUTO DI EMISSIONE NELLE COLONIE DALL'ETÀ CRISPINA ALLA SECONDA GUERRA MONDIALE

EDITORI LATERZA 1999 © 1998, Gius. Laterza & Figli

Proprietà letteraria riservata Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari

Finito di stampare nel dicembre 1998 Poligrafico Dehoniano - Stabilimento di Bari per conto della Gius. Laterza & Figli Spa CL 20-5686-0 ISBN 88-420-5686-3 a mia moglie

ABBREVIAZIONI PRINCIPALI

ACS Archivio Centrale dello Stato ASBI Archivio Storico della Banca d'Italia ASMAE Archivio Storico del ministero degli Affari Esteri BMA British Military Authority CBE Controller of Banking and Exchange CBF Controller of Banking and Finance CEP Custodian of Enemy Property DCB Deputy Custodian of Banking DCBF Deputy Custodian of Banking and Finance D.G. Decreto Governatoriale D.V. Decreto Vicereale FLE Fondazione Luigi Einaudi- Torino OETA Occupied Enemy Territory Administration RD. Regio Decreto R. D.L. Regio Decreto Legge SIAO Società Italiana per l'Africa Orientale usc Ufficio Speciale di Coordinamento (in Bankitalia) b. busta c. cartella f. fascicolo ftg. fotogramma n.r. numero rosso p. posizione

L'abbreviazione «B.I., Adunanza per il... » sta per «Banca d'Italia, Adunanza generale ordinaria degli azionisti [dei partecipantt1, Tip. della Banca d'Italia, Roma ... ». (N .B.: L'anno indicato nell'abbreviazione è quello dell'esercizio al quale si riferisce l'assemblea, e cioè l'anno precedente la data di pub­ blicazione).

PRESENTAZIONE

n libro raccoglie e compendia i risultati di un'interessante ricerca, condotta da Ercole Tuccimei, che ha avuto per oggetto l'opera della Banca d'Italia in Africa e nel Dodecanneso. L'in­ dagine, come precisa l'Autore nell'Introduzione al volume, ha trovato principale fondamento nelle carte dell'Archivio Storico della Banca, ma anche altre, non meno importanti, fonti, di base e specifiche, puntualmente elencate nella vasta e accurata biblio­ grafia, sono state consultate ad integrazione della documentazio­ ne attinta dal citato prezioso nucleo archivistico. La diversificazione delle fonti bibliografiche è peraltro pie­ namente funzionale alla opportuna scèlta metodologica fatta da Tuccimei nell'impostare il lavoro di ricerca. Da un lato, infatti, egli procede nell'attenta e ragionata disamina seguendo una via analitica, mettendo a fuoco in ordine temporale le vicende che videro coinvolta la Banca d'Italia, le problematiche affrontate e le decisioni prese dai vertici di Via Nazionale e dai responsabili delle filiali d'oltremare, sulla base di documenti interni (studi, memorie e lettere) e di documenti ufficiali (relazioni in occasione delle assemblee annuali degli azionisti, bilanci, discorsi, pubbli­ cazioni, leggi e regolamenti). Dall'altro lato, l'Autore si preoccu­ pa di valutare e interpretare correttamente i singoli eventi ana­ lizzati inquadrandoli non solo nelle debite cornici istituzionali, ma anche nei mutevoli e complessi scenari politici ed economici che si sono susseguiti nel tempo sia a livello nazionale che a li­ vello internazionale. Egli si è avvalso all'uopo di una copiosa sag­ gistica riferita a tematiche storiche, economiche, politiche e so­ dali inerenti all'arco di tempo considerato. n periodo storico preso in esame dallo studio corrisponde allo spazio intercorrente fra gli anni che, nella seconda metà del XIX secolo, videro i primi insediamenti italiani sulle sponde oc- x Presentazione cidentali del Mar Rosso e gli anni del secondo dopoguerra, quando il trattato di pace, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, sancì la dissoluzione dell'impero coloniale italiano, necessaria premessa alla riconquista dell'indipendenza da parte dell'Etiopia e alla nascita dei nuovi Stati di Libia e di Somalia. L', assegnata all'Etiopia a seguito della delibera del 2 dicembre 1950 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, avrebbe raggiunto invece l'ambito traguardo dell'indipendenza con mezzo secolo di ritardo. La presente monografia si colloca nella «Collana storica» del­ la Banca d'Italia e si inserisce a proposito nel contesto del vasto programma di ricerche storiche sul sistema finanziario italiano avviato dall'Istituto in occasione del proprio centenario, celebra­ to alla fine del 1993. Essa rappresenta infatti un importante tas­ sello nella fedele ricostruzione storica della multiforme attività svolta della Banca d'Italia al servizio del paese e del processo evolutivo di trasformazione della medesima da istituto di emis­ sione a banca centrale che si è manifestato in un ampio arco temporale a cavallo fra due secoli. Si possono individuare tre fasi della storia coloniale italiana che si sono succedute nell'arco temporale preso in considerazio­ ne dall'Autore: quella successiva all'indipendenza, nella quale le velleitarie ambizioni emulative dei grandi imperi coloniali si con­ frontano con le legittime aspirazioni all'unità nazionale, obiettivo in buona parte raggiunto per effetto della partecipazione italiana al primo conflitto mondiale, quella del regime totalitario, con­ trassegnata da una politica coloniale anacronistica artefice di un effimero impero, e infine quella del secondo dopoguerra nella quale l'Italia, a seguito della sconfitta, si sbarazza del fascismo e riguadagna la democrazia parlamentare, ma deve rinunciare alle colonie e ai possedimenti d'oltremare e subire la dolorosa am­ putazione di parte dello stesso territorio nazionale. La prima parte del volume, intitolata al «colonialismo indi­ retto», espone le vicende anteriori al1913 e comprende anche la storia dei primi, seppur indiretti, interventi in terra d'Africa della Banca d'Italia nella sua veste di agente finanziario dello Stato. La seconda parte è dedicata all'insediamento delle prime filiali della Banca nei vari possedimenti italiani in Africa (Eritrea, Cirenaica, Tripolitania e Somalia) e nell'Egeo (Dodecanneso) acquisiti pri- Presentazione XI ma dell'avvento della dittatura fascista; complessivamente furono nove le dipendenze aperte nell'intervallo 1913-27. La terza parte illustra l'attività svolta dalla Banca nel periodo della massima espansione coloniale italiana a seguito della vitto­ riosa campagna d'Etiopia e della proclamazione dell'impero. In questo periodo la Banca doveva affrontare, con riferimento al­ l'Mrica orientale italiana, seri problemi sia di indole monetaria sia riguardo al regime creditizio della colonia, che non manca­ vano di suscitare dissensi con il governo di Roma e con le auto­ rità coloniali. I primi traevano origine dalla circolazione parallela della lira italiana e del tallero argenteo di Maria Teresa, una mo­ neta-merce di provenienza straniera. Questo pericoloso intruso del medio circolante etiopico, che era al centro di un intenso traffico di contrabbando, risultava di difficile eliminazione dal momento che godeva di esclusivo gradimento da parte della po­ polazione indigena. Anche la fase di transizione da un assetto creditizio provvisorio, nato all'indomani della conquista dell'E­ tiopia, a un assetto definitivo, imponeva improcrastinabili scelte chiave con riferimento agli aspetti istituzionali e funzionali del­ l'attività bancaria. La quarta parte del volume, dal titolo La Banca d'Italia nel periodo postbellico, riguarda infine il ritiro della Banca dai terri­ tori extraeuropei sottratti al controllo dell'Italia dalla aisfatta mi­ litare e narra le amare vicende connesse allo smantellamento del­ la rete di dipendenze d'oltremare. Da queste pagine emergono in primo luogo i difficili rapporti con le autorità militari britanni­ che di occupazione, rapporti che paradossalmente si inasprirono in Africa a partire dal 1944, quando l'Italia, avendo acquisito lo status di cobelligeranza, sembrava candidarsi per la riassegnazio­ ne dei possedimenti coloniali preesistenti all'avvento del fasci­ smo e secondariamente le innumerevoli difficoltà incontrate dal­ le filiali africane della Banca nella difesa degli interessi della co­ munità italiana, nella gestione autonoma transitoria e nella fase di liquidazione. Dalla lettura della pregevole monografia di Tuccimei trapela una disponibilità della Banca d'Italia a partecipare alle iniziative africane del governo temperata da un atteggiamento ispirato alla prudenza e alla ponderatezza assunto in tutte le circostanze dif­ ficili e nei momenti critici in cui si dovevano prendere decisioni importanti. È sufficiente ricordare al riguardo che l'apertura del- XII Presentazione la filiale di Asmara, la prima nel Corno d'Africa, ebbe luogo a otto anni di distanza dalla richiesta formale formulata dalle au­ torità coloniali e a sette anni dalla delibera, favorevole all'inizia­ tiva, dell'Assemblea generale degli azionisti della Banca. Un mu­ tamento del regime operativo delle filiali aveva consentito nel frattempo l'istituzione di una dipendenza a Tripoli. Nel periodo successivo alla conquista dell'Etiopia, contrasse­ gnato dall'apogeo del regime fascista, la Banca continuò ad ope­ rare con competenza e cautela raffreddando gli entusiasmi di al­ tri istituti, cercando di frenare la corsa allo sportello e adope­ randosi per conferire efficienza e solidità all'intero apparato cre­ ditizio coloniale. L'offerta di adeguati servizi finanziari all'ammi­ nistrazione coloniale e ai coloni italiani fu un obiettivo persegui­ to costantemente dalla Banca d'Italia, la quale tuttavia si sforzò, entro i limiti di autonomia previsti dall'art. 59 dello statuto del 1936, di venire incontro anche alle esigenze della popolazione indigena. Un'ultima doverosa riflessione riguarda il comportamento del personale della Banca d'Italia distaccato nelle filiali africane. Sin dal momento dello sbarco, i dipendenti della Banca si dedi­ carono con impegno a gettare le basi del sistema bancario colo­ niale operando in condizioni spesso difficili mentre nei momenti drammatici dei combattimenti e dell'occupazione affrontarono situazioni di emergenza con coraggio e abnegazione. Infine, durante le fasi di gestione provvisoria e di liquidazio­ ne delle filiali, essi mostrarono dignità, correttezza e competenza guadagnando la stima e il rispetto delle autorità militari britan­ niche.

Arnaldo Mauri LA BANCA D'ITALIA IN AFRICA Introduzione all'attività dell'Istituto di emissione nelle colonie dall'età crispina alla seconda guerra mondiale

INTRODUZIONE* l. Oggetto e limiti della ricerca

Questo studio si propone di ricostruire l'attività della Banca d'Italia nel continente africano. ll sottotitolo ne delimita la por­ tata e i limiti cronologici. Non è una trattazione sistematica ed esaustiva quella che viene presentata, ma solo un'indagine preli­ minare («introduzione») sull'operato della Banca nelle colonie e nel possedimento del Dodecanneso condotta sulle carte dell'AI­ chivio Storico dell'Istituto. Anche i riferimenti cronologici, per quella dose di arbitra­ rietà che è insita in ogni periodizzazione, richiedono una preci­ sazione. Il termine iniziale coincide con l'«età crispina», al cui interno si situa il tentativo di Giacomo Grillo, direttore generale della Banca Nazionale, di costituire la SIAO, una società incari­ cata dello sfruttamento delle risorse del Benadir (Somalia meri­ dionale). L'intervento della principale banca di circolazione ita­ liana serviva a dare credibilità nei milieux finanziari a una ini­ ziativa, patrocinata dallo statista siciliano, che era inconsueta per i capitalisti italiani che consideravano arrischiate le imprese che dovevano svolgersi in paesi lontani e sconosciuti ai più. Più arbitraria e indefinita la scelta del dies ad quem. La guer­ ra in Africa si concluse tra il27 novembre 1941 (caduta di Gon­ dar) e il 23 gennaio 1943 (occupazione di Tripoli). La fine del­ l'impero non significò la fine della presenza di Bankitalia le cui

* Desidero ringraziare Sergio Cardarelli e i ricercatori-archivisti dell' ASBI per la preziosa assistenza che mi hanno fornito, con competenza e simpatia, nella ricerca dei documenti. Sono inoltre profondamente grato a Franco Cotula e ai professori Luigi De Rosa e Arnaldo Mauri per l'incoraggiamento e per i commenti formulati al testo. Resto io solo, naturalmente, responsabile per tutti gli eventuali errori e per le omissioni. 4 La Banca d'Italia in Africa VIII filiali continuarono a svolgere un'attività assai limitata sotto l'oc­ chiuta vigilanza delle autorità britanniche d'occupazione. Nella prima parte, dopo aver richiamato i termini del dibat­ tito sugli obiettivi economici della politica coloniale1, viene rico­ struita l'esperienza del «colonialismo indiretto», espressione che comprende sia l'amministrazione del Benadir da parte di società di capitalisti privati (capitolo II), che i principali interventi com­ piuti dalla Banca nella sua qualità di agente finanziario del go­ verno (capitolo III)2. Nonostante l'impegno personale di Grillo­ la progettazione della SIAO, la sponsorizzazione di Filonardi ne­ gli ambienti finanziari - i tentativi di indirect rule fallirono in parte per la natura intrinsecamente ambigua di una formula che affidava poteri propri dello Stato a società private che operavano per fini di lucro, in parte per la politica speculativa dei conces­ sionari che - invece di effettuare gli investimenti necessari per lo sfruttamento dei territori amministrati - si limitavano, per dirla con Aquarone, a «scremare passivamente quei lucri che erano garantiti in modo automatico dalla monopolistica posizione di privilegio goduta»3.

Tab. l. Filiali della Banca d'Italia preesistenti l'impero (1912-1935)

Data di Località Regione Occupazione Istituzione Apertura

T ripoli T ripolitania 1911 1912 5.5.1913 Bengasi » 1911 1912 1.10.1913 Asmara Eritrea 1889 1913 1 2.2.1914

1 Viene, in particolare, evidenziata l'atipicità del colonialismo italiano ri­ spetto al modello classico applicabile ai principali paesi europei. 2 «La Banca d'Italia non ha velleità d'espansioni, non ama e non brama di varcare i confini che, più delle leggi, le sono assegnati dal suo ufficio di Istituto di emissione; ma non nega e non negherà mai il suo ausilio e il suo efficace interessamento per quelle iniziative di carattere veramente nazionale, le quali possono determinare un movimento più gagliardo di schietta attività italiana sul mercato mondiale». B.I., Adunanza per il 1905, p. 18. Questa valutazione di Stringher, relativa alla partecipazione italiana al capitale della Banca di Abissi­ nia, può essere applicata alle altre iniziative descritte nel capitolo III. 3 A. Aquarone, La ricerca di una politica coloniale dopo Adua. Speranze e delusioni fra politica ed economia, in Dopo Adua: politica e amministrazione co­ loniale, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, pubblicazioni degli Archivi di Stato, saggi 14,. Istituto poligrafico dello Stato, Roma 1989, p. 65. Introduzione 5

Massaua » 1885 1913 15.4.1914 Cheren » 1889 1917 16.8.19172 Adi Caieh » 1889 1918 15.7.19203 Mogadiscio Somalia 1892 1917 5.11.1920 Chisimaio » 1924 1924 2.11.1925 Rodi Dodecanneso 1912 1925 4.4.1927

1 La decisione di massima risale al15.2.1906. 2 L'agenzia venne chiusa 1'1.4.1933. 3 L'agenzia venne chiusa il 30.6.1930.

La presenza di Bankitalia in colonia, secondo il «calendario ufficiale», iniziò il3 maggio 1913, giorno dell'inaugurazione del­ la filiale di Tripoli, e si concluse trent'anni più tardi con l'occu­ pazione di quella città da parte degli alleati. Le fasi della pre­ senza di Bankitalia nelle colonie e nel possedimento dell'Egeo sono sintetizzate nella tabella l, che consente anche di confron­ tare la data di inizio dell'attività della filiale con quella dell' oc­ cupazione dei territori da parte italiana. Con l'eccezione della Libia e di Chisimaio, si nota che tra questi due eventi corre un lungo intervallo di tempo che va dai 15 anni dell'agenzia di Rodi ai 31 anni di quella di Adi Caieh. Questi tempi lunghi si spie­ gano con varie ragioni: la preoccupazione di intraprendere atti­ vità nuove in territori lontani e poco sviluppati e privi di una pur embrionale struttura creditizia4; la difficile situazione monetaria caratterizzata dalla preminenza di una moneta-merce, il tallero di Maria Teresa, principale mezzo di pagamento nell'area del Mar Rosso e dell' Mrica orientale; la scarsa conoscenza della geografia e delle risorse economiche di quei territori anche per l'ignoranza delle lingue e dei dialetti locali; l'atteggiamento demagogico de­ gli africanisti che consideravano i territori coloniali come altret­ tanti Eldorado5; il timore che il costo della filiale superasse i be-

4 Le colonie libiche e il possedimento dell'Egeo rappresentavano un'ecce· zione in quanto avevano una presenza bancaria ridondante rispetto alle esigenze locali. In compenso, a differenza delle colonie dell'Africa orientale, non avevano problemi rilevanti di circolazione monetaria. 5 Ancora nel 1936 il quotidiano economico «Il Sole» lamentava che «in as­ senza di statistiche economiche, la letteratura coloniale - anche quella più seria e controllata - parla di oro, di platino, di gemme, di combustibili liquidi, di caffè [ ... ] come delle più cospicue ricchezze dell'Etiopia ma, naturalmente, gli autori ne parlano per sentito dire, o per aver visto a distanza, o per induzione 6 La Banca d'Italia in Africa VIII nefici prodotti dal servizio di tesoreria incidendo sul conto eco­ nomico della Banca. In senso contrario giuocava la preoccupa­ zione che altri istituti potessero precedere Bankitalia nell' aper­ tura di filiali danneggiandone il prestigio. ll capitolo IV documenta una falsa partenza in Eritrea do­ vuta alla acclarata impossibilità di operare applicando la norma­ tiva delle filiali metropolitane in un ambiente primitivo dove do­ minavano il baratto e l'usura. Solo dopo l'occupazione di Tripoli il legislatore si rese conto che le banche avrebbero potuto ope­ rare proficuamente in colonia solo se fossero state liberate dalla «ingessatura>> statutaria e avessero potuto compiere anche ope­ razioni diverse più adatte all'economia locale. Nei capitoli suc­ cessivi (dal V al IX) viene ricostruito l'insediamento (e l'attività) delle filiali della Banca nella colonia nord-africana, in Eritrea, nel Como d'Mrica e nel Dodecanneso. Chiude questa sezione la trattazione dei problemi monetari dell'Eritrea e della Somalia (capitolo X). Nel1935 Mussolini decise di conquistare l'Etiopia, un'opera­ zione con la quale sperava di risolvere una serie di problemi po­ litici, economici e storici. «La guerra- ha osservato Sergio Roma­ no - avrebbe cancellato il ricordo di Adua, dato nuovi sbocchi all'emigrazione italiana, creato uno spazio economico entro il qua­ le l'Italia avrebbe potuto risolvere le contraddizioni del suo svi­ luppo [. .. ]. L ungi dal risolvere i problemi dello sviluppo econo­ mico italiano, la guerra d'Etiopia creò false prospettive ed ebbe funeste conseguenze», ma dette nel breve periodo al regime un alto margine di consenso popolare6 . Nei capitoli XI e XII vengono richiamate le «false prospet­ tive e le funeste conseguenze» dell'impresa etiopica, per descri­ vere il contesto all'interno del quale operavano le filiali di Banki­ talia. L'impresa etiopica era stata preparata solo sul piano mili­ tare senza una conoscenza completa del territorio e delle sue ri­ sorse. Una vulgata diffusa dalla stampa di regime e amplificata dalla radio aveva creato - per dirla con Monticone - un alone di scientifica, non per esperienza economica direttamente e personalmente com· piuta». Alla base del metodo: la ricognizione corporativa, articolo a firma L.B. pubblicato il 14 giugno, che era il <<210° giorno dell'assedio economico». 6 S. Romano, Storia d'Italia dal risorgimento ai nostri giorni, Mondadori, Milano 1977, p. 222. Introduzione 7 fittizia grandezza che alimentava miti fantasiosi7. La mancanza di seri progetti di sfruttamento delle risorse, più in generale, l' as­ senza di una politica economica coloniale, rendeva ardua la scel­ ta del sistema economico più adatto a realizzare la «costruzione dell'impero», come allora si diceva. In questo quadro nebuloso il solo dato certo era rappresentato dall'enorme flusso di capitali, monetari e reali, che dall'Italia si dirigeva in Africa orientale, «una trasfusione di beni e di ricchezze che la madre patria faceva con una generosità da gran signora», secondo l'amaro commento di Guarneris. Deposto il disinteresse col quale avevano seguìto le preceden­ ti esperienze coloniali, le principali aziende di credito italiane fu­ rono tra i primi a intuire le golose occasioni di guadagno che l'im­ pero offriva9 • Temendo che la presenza di Bankitalia - che in colonia operava come banca universale - potesse ostacolare i loro progetti espansivi, adottarono nei suoi confronti una politica di contenimento basata su un duplice ordine di iniziative: chiesero l'autorizzazione ad aprire filiali direttamente a Mussolini o al mi­ nistro delle Finanze e, contemporaneamente, iniziarono, attraver­ so i loro referenti politici, un'azione lobbistica volta a ridimensio­ nare il ruolo della Banca d'Italia riportandola alla sua funzio­ ne tradizionale di istituto di emissione e di gestore della tesoreria statale. Per neutralizzare queste iniziative, Azzolini intervenne presso gli organi governativi per sostenere le sue ragioni e ricordare i me­ riti acquisiti: «tu sai quali cospicui interessi abbia in giuoco la Ban­ ca d'Italia in Africa Orientale - ricordava a Paolo Grassi, diretto-

7 A. Monticone, Il fascismo al microfono. Radio e politica in Italia (1924- 1945), Studium, Roma 1978, p. 125. 8 F. Guameri, Battaglie economiche fra le due guerre, a cura di L. Zani, Il Mulino, Bologna 1953, p. 789. Guarneri, all'epoca sottosegretario agli Scambi e alle Valute, era una delle poche voci fuori dal coro a segnalare i pericoli della politica di grandeur verso le colonie. Cambiò opinione quando diventò presi­ dente del Banco di Roma. 9 Il Banco di Roma - il «pupillo del regime» - aveva chiesto il monopolio del credito ordinario nelle. colonie presenti e future; la BNL, presieduta da Ar­ turo Osio, uomo di Farinacci; il Banco di Napoli di Giuseppe Frignani, il più autorevole «gerarca dell'intero sistema bancario», rimosso dagli alleati nel1943, erano gli istituti più attivi sul fronte coloniale. Con riferimento a Frignani si veda A.M. Kamarck, Politica finanziaria degli alleati in Italia (luglio 1943, feb­ braio 1947), Carecas, Roma 1977, pp. 66-7. 8 La Banca d'Italia in Africa VIII re generale del Tesoro - dove da oltre un ventennio ha dedicato tutta la propria attività nell'intento di favorire con ogni mezzo le più svariate iniziative [. . .] sostenendo in alcuni momenti sacrifici che senza tema di smentite posso definire veramente gravi»10• n sistema bancario «provvisorio» - in realtà l'unico a essere applicato nella breve esperienza dell'impero - risultò squilibrato: esuberante nel settore del credito ordinario, carente in quello a medio e a lungo termine (capitolo XIII). Le banche non sosten­ nero adeguatamente le attività economiche perché - come ha os­ servato Gabriele De Rosa - «non capitalizzavano in loco il rispar­ mio, preoccupandosi piuttosto di rastrellarlo per trasferirlo in Italia»11 • A differenza di quanto era accaduto nella prima fase, in Etio­ pia la Banca d'Italia operò al seguito delle truppe, perché l'Isti­ tuto non poteva restare estraneo a

10 Lettera del2.7.1938, ASBI, Filiali coloniali, copialettere n. 734, pp. 332-6 (per la citazione, pp. 334-5). 11 G. De Rosa, Storia del Banco di Roma, Roma 1982, vol. III, p. 111. In materia resta fondamentale il volume di A. Mauri, Il mercato del credito in Etio­ pia, Giuffrè, Milano 1967. Introduzione 9 costringeva ciascuna dipendenza a muoversi in modo non coor­ dinato rispetto alle consorelle in base alle direttive emanate da Via Nazionale che, normalmente, non erano adeguatamente in­ formate delle peculiarità e delle condizioni di ciascuna piazza. Nonostante questo handicap, Bankitalia seppe operare a vantag­ gio dell'economia coloniale erogando credito, sotto forma di sconti e di anticipazioni, per un ammontare di 2.775 milioni nel periodo 1936-40 (tab. 10), a differenza delle altre banche preoc­ cupate a trasferire in Italia parte del risparmio raccolto in loco e comunque attente a stringere i cordoni del credito a ogni avvi­ saglia di crisi. I dati relativi all'attività delle filiali di Bankitalia (quelli delle altre banche non sono stati pubblicati) sono forniti dal capitolo XV che, per consentire una migliore lettura, presen­ ta una serie di elementi informativi tratti dalle relazioni dei di­ rettori. li capitolo XVI conclude la terza parte con la disamina dei problemi monetari dell'impero caratterizzati da una crescente speculazione sulla lira. Bankitalia aveva individuato uno strumen­ to che avrebbe potuto risolvere il fenomeno alla radice: la crea­ zione di biglietti di serie speciale circolanti esclusivamente nell'im­ pero. L'operazione, approvata da Mussolini, non poté essere attuata per l'opposizione di una «mafia» di speculatori con forti agganci nella burocrazia coloniale, alla quale il duce non volle (o non seppe) opporsi e che ebbe un'illustre vittima in Enrico Cuc­ cia, rappresentante del ministero degli Scambi e delle Valute nella capitale etiopica. Dopo l'occupazione, le autorità britanniche autorizzarono la ripresa dell'attività soltanto alle banche che possedevano suffi­ cienti scorte di numerario, in genere per brevi periodi e nella previsione della loro liquidazione. Furono autorizzate a riaprire gli sportelli soltanto alcune filiali dell' Mrica orientale e quella di Rodi dopo l'occupazione tedesca. Gli altri stabilimenti si dedi­ carono al recupero dei crediti e allo svolgimento di attività di ca­ rattere interno (ricostruzione della contabilità, sistemazione degli archivi). Richiamati la situazione della comunità italiana e i rapporti con le autorità di occupazione - situazione e rapporti molto di­ versificati nei vari territori - (capitolo XVII), viene esaminata l'azione svolta da Bankitalia in favore dei propri dipendenti (in servizio, occupati fittiziamente, internati nei campi di concentra- lO La Banca d'Italia in Africa VIII mento) e della popolazione italiana. L'attività bancaria propria­ mente detta, disciplinata dai controllori britannici, venne svolta in «gestione autonoma», in piena autonomia patrimoniale e ope­ rativa da Via Nazionale. Questo particolare regime ostacolò negli anni successivi il recupero dei propri risparmi da parte dei de­ positanti rientrati in Italia (capitoli XVIII-XX). Successivamente viene esaminata la difficile situazione monetaria (capitolo XXI). Alla scarsità del circolante, in conseguenza dell'interruzione dei rifornimenti dall'Italia, si aggiungeva la contemporanea circola­ zione, accanto alla lira, delle monete d'occupazione (lo scellino East Mrica, la sterlina egiziana, la sterlina BMA, la Military Au­ thority Lira) e dell'«eterno» tallero di Maria Teresa. Si accenna infine alla difficile attività di recupero dei crediti di Bankitalia preesistenti all'occupazione e alla mobilizzazione dei depositi fi­ duciari accesi presso le filiali coloniali (capitolo XX).

2. Nota sulle fonti12

2.1. Un argomento poco studiato L'esperienza coloniale della Banca d'Italia, protrattasi per un lungo periodo di tempo e con un rilevante impiego di mezzi uma­ ni e finanziari, non ha costituito l'oggetto di studi approfonditi13 . La stessa Banca ha fornito nelle Relazioni annuali scarne informa­ zioni di carattere generale sull'attività delle filiali coloniali. Nel

12 Un panorama esaustivo sulle fonti archivistiche e storiografiche del co­ lonialismo italiano è fornito nei due volumi pubblicati dal ministero per i Beni Culturali e Ambientali-Ufficio centrale per i beni archivistici, Fonti e problemi della politica coloniale italiana. Atti del convegno Taormina-Messina, 23-29 giu­ gno 1989, pubblicazioni degli Archivi di Stato, saggi 38, Istituto poligrafico del­ lo Stato, Roma 1996. La sezione sulle fonti si trova alle pp. 57-378. Per uno sguardo d'insieme si vedano i saggi di P. Pastorelli, Gli studi sulla politica co­ loniale italiana dalle origini alla decolonizzazione (pp. 31-44) e E. Lodolini, Le fonti sulla politica coloniale italiana negli Archivi di Stato italiani (pp. 57-76). 13 Oltre al Mercato del credito in Etiopia (di cui esiste una versione ridotta in lingua francese e limitata alla sola Eritrea, pubblicata dalla «Revue Interna­ donale d'Histoire de la Banque», nn. 20-21, 1985, pp. 170-98, col titolo Le cré­ dit dans la colonie italienne d'Erytrée (1882-1935)), il professor Mauri ha pub­ blicato con C. Caselli un volume, dal titolo Moneta e banca in Etiopia, Finafrica­ Cariplo, Giuffrè, Milano 1986. Recentemente, nella «Mrican Review of Money, Banking and Finance» (1997, nn. 1-2), è stato pubblicato uno studio di Mauri dal titolo The rise of Bankìng in Ethiopia (pp. 39-56). Introduzione 11

1925 Bonaldo Stringher, basandosi su materiali pubblicati, ela­ borò una breve memoria dal titolo Notizie riguardanti l'opera del­ la Banca d'Italia nelle Colonie 14 • Nel1940, in occasione della mostra napoletana dedicata alle terre italiane d'oltremare, venne pubblicato presso l'Istituto po­ ligrafico dello Stato un opuscolo su La Banca d'Italia nelle terre italiane d' oltremarel5. Considerazioni analoghe valgono per l'attività coloniale in senso lato svolta da Bankitalia a sostegno della politica del go­ verno; alcuni episodi ricostruiti in questo studio sono pratica­ mente sconosciuti. Anche nella «Collana storica» i riferimenti all'esperienza co­ loniale sono molto scarsil6: fanno eccezione un'informativa di ca­ rattere generale nel volume: La Banca d'Italia, 100 anni17 e, so­ prattutto, la relazione ai fondi coloniali contenuta nella Guida all'archivio storicois.

2.2. Le fonti consultate Come annunciato nel paragrafo precedente, questo studio fornisce una prima ricostruzione della «politica coloniale» di

14 La memoria è stata recentemente ripubblicata insieme ad altri scritti in un volume della collana «Scrittori italiani della moneta e della banca» dell'Utet: B. Stringher, Memorie riguardanti la drcolazione e il mercato monetario, a cura di B.L. Mazzei, Utet libreria- Edizioni di banche e banchieri, Torino 1993, pp. 97-103. La memoria contiene i dati aggregati di alcune operazioni compiute dal­ le filiali coloniali nel periodo 1922-24. 15 L'estensore di questa pubblicazione fu G. Mancini, funzionario del Ser­ vizio Studi (cfr. lettera dell'Ufficio Affari Coloniali al governatore, del5.6.1940, ASBI, Filiali coloniali, 259/1/147). L'opuscolo contiene anche l'indice dei prov­ vedimenti legislativi emanati fino al 193 9 riguardanti l'attività di Bankitalia nelle terre d'oltremare. Altri articoli di tono «informativo-celebrativo» vennero pre­ disposti dallo stesso ufficio per la «La Rassegna Italiana», la «Rassegna d'oltre­ mare», «L'Illustrazione italiana», «Costruire». 16 Qualche accenno si trova in A.M. Contessa, A. De Mattia, L'evoluzione dei compiti e dell'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947, in Collana sto­ rica della Banca d'Italia - Contributi, Ricerche per la storia della Banca d'Italia, Laterza, Roma-Bari 1993, vol. IV, pp. 3-228. 17 [Banca d'Italia], La Banca d'Italia, 100 anni 1893-1993, Edizioni dell'Ele­ fante, Roma 1993, pp. 91-5. 18 Banca d'Italia, Guida all'archivio storico, Centro stampa della Banca d'Italia, Roma 1993, pp. 383-499. La relazione sui fondi coloniali è stata redatta da A. Battilocchi e A.R. Rigano. 12 La Banca d'Italia in Africa VIII

Bankitalia facendo un largo uso di citazioni tratte dai documenti più rilevanti e di richiami alle fonti statistiche. La ricerca è stata condotta prevalentemente presso l'Archivio Storico della Banca d'Italia (ASBI); sono state anche consultate le carte dell'Archivio Storico del ministero dell'Africa italiana (ora presso l'ASMAE) 19 e i fondi Martini e Luzzatti dell'Archivio Centrale dello Stato (ACS). Alcuni documenti conservati nel fondo Thaon di Revel sono stati cortesemente forniti dalla Fondazione Luigi Einaudi di Torino (FLE). Nell' ASBI i «fondi coloniali» - A/fari coloniali e Filiali colo­ niali e dalmate- rappresentano il più vasto corpus d'informazione sull'attività delle filiali extrametropolitane della Banca20• La con­ figurazione attuale «non corrisponde a criteri validi ed è da con­ siderarsi provvisoria perché scaturita semplicemente dai diversi tempi di versamento all'Archivio storico». In particolare, il fondo Filiali coloniali e dalmate «ha una numerazione provvisoria, con ampi salti e senza distinzioni tra le diverse serie (pratiche, copia­ lettere e registri)». Soltanto quando sarà ultimata l'inventariazio­ ne analitica, la documentazione avrà un assetto definitivo e sarà pienamente fruibile2 1• Le vicende coloniali del periodo della se­ conda guerra mondiale e degli anni successivi sono ampiamente documentate nel fondo Ufficio speciale di coordinamento (USC). Sono stati consultati anche i documenti conservati nei fondi: Direttorio (Grillo, Stringher, Introna, Azzolini, Azzolini-Moltra­ sio); Segretariato (e, in particolare, i verbali delle riunioni del Consiglio superiore); Studi; Rapporti con l'interno- OO.FF.; Rap­ porti con l'estero; Ispettorato generale; Ispettorato del credito; In­ trana-ispettore. Tra i fondi aggregati sono state esaminate le carte Stringher, Beneduce e De Stefani. Per l'identificazione dei documenti microfilmati si è usato un

19 Sulle fonti coloniali e il difficile accesso per gli studiosi sino ad anni non lontani, si rinvia alle considerazioni di A. Del Boca, Il mancato dibattito sul co­ lonialismo, in L'Africa nella coscienza degli italiani. Miti, memorie, errori, scon­ fitte, Laterza, Roma-Bari 1992, pp. 115-20. 20 La consistenza complessiva dei fondi coloniali, suscettibile di variazioni in quanto non è stato ancora fatto un ordinamento materiale, è di 2.511 copia­ lettere, 2.300 buste e 1.125 registri, oltre a numeroso altro materiale (1.600 pezzi circa) proveniente da altri fondi. Guida all'archivio storico cit., p. 383. 21 Ibid. Il termine «dalmate» si riferisce alle dipendenze di Zara, Fiume, Pola e dei territori occupati dall'Italia nel corso della seconda guerra mondiale (i cosiddetti «nuovi territori»). Introduzione 13 criterio numerico costituito da tre gruppi di cifre che indicano, rispettivamente, fondo, cartella e fotogramma (normalmente cor­ rispondente a una pagina). Ad esempio, l'indicazione «Filiali co­ loniali, 5528/1/124», relativa a una lettera del direttore della filia­ le di Asmara al governatore del 10 febbraio 1936, sta a indicare che il documento si trova nella cartella n. 5528, fascicolo l e fo­ togramma 124 corrispondente all'inizio del documento. La ricerca documentaria è stata integrata con l'analisi della letteratura, soprattutto coeva, indicata nelle Opere citate.

Parte prima

IL COLONIALISMO «INDIRETTO»

I

IL DIBATTITO SUGLI OBIETTIVI ECONOMICI DELLA POLITICA COLONIALE

Liberato dalle incrostazioni retoriche e dalle tradizionali in­ terpretazioni del colonialismo come espressione della missione civilizzatrice romana e cristiana; come rivendicazione di un'ere­ dità imperiale che bisognava rinverdire; come ricerca del «posto al sole» per l'esuberante popolazione altrimenti condannata al­ l' emigrazione; il colonialismo italiano presenta rispetto al model­ lo classico, applicabile ai principali paesi, una marcata atipicità 1• Arrivata in ritardo nell'agone coloniale, dopo aver raggiunto da poco l'indipendenza, con una fragile struttura politico-istitu­ zionale e povera di mezzi finanziari, l'Italia tentava la carta del co­ lonialismo, anche per motivi di politica interna, senza avere un progetto definito da perseguire e quasi costretta a imitare le gran­ di potenze2.

1 L'Italia «giunse troppo tardi per ottenere il posto che sarebbe dovuto spettarle, nella gara che deve condurre alla spartizione dell'Africa, il cui incivi­ limento è l'ultimo e supremo compito assegnato all'Occidente», corsivo aggiunto. L'Etiopia, territorio in cui «soprawive la barbarie di un regime anacronistico, che sta tra l'anarchia feudale e la tirannide schiavista», possedeva risorse «che si profferiscono come l'estremo mezzo di sussistenza e di avvenire alle masse ita­ liane». Questi «classici» riferimenti retorici sono tratti da un discorso di Feder­ zoni del 12.10.1925, pubblicato da A. Monticone, Il fascismo al microfono. Ra­ dio e politica in Italia (1924-1945), Studium, Roma 1978. 2 L'incapacità dell'Italia a sostenere una politica d'espansione coloniale ven­ ne sostenuta da De Pietri T anelli che, riferendosi ai paesi che ancora non aveva­ no raggiunto lo stadio di economia industriale capitalistica, osservò: «la coloniz­ zazione è uno sforzo superiore alle loro capacità e può paralizzarli [ ... ]. Ne cavano gran danno quei paesi che, trovandosi in condizioni favorevoli all'emigrazione, ascoltarono le voci fameliche e impazienti dei fornitori e delle cricche militaresche, piuttosto che porgere orecchio agli ammaestramenti economici e vollero spingersi in awenture coloniali necessariamente disastrose>>. A. De Pietri Tonelli, Econo- 18 La Banca d'Italia in Africa VIII

Essere arrivati per ultimi significò anche doversi accontentare delle regioni più povere, di «una collezione di deserti», per dirla con Mussolini, la cui valorizzazione avrebbe richiesto tempi lun­ ghi, politiche coerenti sostenute da larghe maggioranze3 , investi­ menti ingenti che il capitalismo italiano, pubblico e privato, non era in grado di fare. L'atipicità italiana consistette- come ha puntualizzato Rochat - nel fatto che non ci fu trasferimento di ricchezza dai paesi afri­ cani verso l'Italia, ma «soprattutto un ampliamento quantitativo del mercato nazionale della spesa pubblica. I costi dell' espansio­ ne vennero infatti sostenuti in gran parte dallo stato ed i guadagni connessi ripartiti essenzialmente tra i gruppi economici nazionali e gli ambienti direttamente coinvolti nella conquista (dalla buro­ crazia militare agli affaristi d'ogni tipo)»4. Prima di richiamare i termini generali del dibattito - che, sebbene riguardasse l'Eritrea, ha una portata generale - è op­ portuno ricordare l'opinione di quanti negavano la validità del principio delle «colonie per le colonie>Y, sostenendo la necessità mia e politica. Scritti vari, Cedam, Padova 1963, p. 793. Lo scritto venne pubbli­ cato a Lugano ill5.2.1907 su «Pagine libere». ll corsivo è aggiunto. 3 Periodicamente gli antiafricanisti chiedevano l'abbandono dell'Eritrea, ma abbandonare la colonia avrebbe significato vanificare la spesa di 400 milioni e la perdita di numerose vite umane. Inoltre, si chiedeva Martini (già governatore dell'Eritrea) intervenendo alla Camera, «come sarebbe affluito nell'Eritrea il ca­ pitale italiano, molto timido, se periodicamente se ne prospettava l'abbando­ no?». Risposta a un ordine del giorno, citazione da L'Africa italiana davanti al parlamento nazionale, 1882-1905, Ministero degli Affari Esteri, Unione coope­ rativa editoriale, Roma 1907, pp. 670-5. 4 G. Rochat, Colonialismo, in Il mondo contemporaneo, Storia d'Italia l, a cura di F. Levri, U. Levra, N. Tranfaglia, La Nuova Italia, Firenze 1978, p. 112. G. Maione ha così analizzato i costi delle guerre coloniali: «la classe politica italiana ha cercato di esercitare una sorta di 'rimozione contabile' che però è stata tutt'altro che inconsapevole. Si può dimostrare al contrario che i Governi, allo scopo di nascondere all'opinione pubblica l'esatto onere delle spedizioni africane, obbligarono gli uffici tecnici centrali [ ... ], a minimizzare, occultare, dif­ ferire le spese per l'occupazione e il mantenimento delle colonie». G. Maione, I costi delle imprese coloniali, in A. Del Boca (a cura di), Le guerre coloniali del fascismo, Laterza, Roma-Bari 1991, pp. 400-20 (per la citazione, p. 400). 5 «Non bisogna lasciarsi predominare dalle fantasie del grande e delle av­ venture eroiche - ammoniva Luzzatti - anche cose modeste, ben ponderate e suscettibili di sicure esplicazioni, possono appagare il nostro legittimo orgoglio e più che all'orgoglio, possono rispondere alle cure dei nostri interessi [. .. ]. Escludiamo fin d'ora la dottrina delle colonie per le colonie. Le colonie per l'Italia, adatte all'Italia, rinforzanti e non indebolenti il paese: ecco la nostra I. Il dibattito sugli obiettivi economici della politica coloniale 19 di destinare le magre risorse del bilancio allo sviluppo delle re­ gioni meridionali. I termini del confronto sono ben sintetizzati da Aquarone: «terra di popolamento in grado di accogliere sotto la protezione della bandiera e delle leggi italiane, una parte almeno della cre­ scente emigrazione di massa (specie meridionale e contadina)», e «colonia di sfruttamento, fornitrice di materie prime industriali e di metalli preziosi come l'oro, e mercato di sbocco suscettibile di espansione per una serie di prodotti nazionali»6. Questi due approcci furono impersonati, rispettivamente, da Leopoldo Franchetti, meridionalista e sostenitore della piccola proprietà contadina sull'altipiano eritreo, e da Ferdinando Marti­ ni, esponente zanardelliano, antiafricanista poi convertito, nomi­ nato alla fine del 1897 «governatore» della colonia primogenita. I tentativi di «colonialismo demografico» di Franchetti falli­ rono per ragioni naturali e politiche. Una testimonianza delle av­ verse condizioni naturali è fornita dall'ispettore della Banca d'Ita­ lia, Niccolò Introna, inviato nel 1906 in colonia per esaminare le condizioni economiche e ambientali in vista dell'apertura di una filiale.

ll colono bianco, il quale venisse in Eritrea esclusivamente coll'idea di dedicarsi all'agricoltura, dovrebbe essere preparato a superare un cu­ mulo di avversità tra cui nebbie, deficienza e talvolta eccessività di piog­ ge, venti karnsìm, termiti, cavallette, animali distruttori [. .. ], difficoltà di collocamento di prodotti, deficienza di mezzi di comunicazione, forti spese di trasporto, concorrenza con l'indigeno che può vivere con tren­ ta centesimi al giorno, ecc ... 7.

politica coloniale. Meglio nessuna velleità che la colonia per pompa, per parere qualcosa senza esserlo». L. Luzzatti, Memorie tratte dal carteggio e altri documen­ ti, vol. ll, 1876-1900, Zanichelli, Bologna 1935, pp. 427-8. Corsivo aggiunto. 6 A. Aquarone, La ricerca di una politica coloniale dopo Adua. Speranze e delusioni /ra politica ed economia, in Dopo Adua: politica e amministrazione co­ loniale, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, pubblicazioni degli Archivi dì Stato, saggi 14, Istituto poligrafico dello Stato, Roma 1989, p. 44. La tesi dell'emigrazione di massa era sostenuta in particolare dagli uomini politici me­ ridionali; in patticolare, Antonio di San Giuliano vedeva nel programma di co­ lonizzazione agricola dell'Eritrea una valvola di sfogo per l'emigrazione conta­ dina. F. Cataluccio, Antonio di San Giuliano e la politica estera italiana dal1900 al1914, Le Monnier, Firenze 1935, pp. 11 sgg. 7 «Relazione sulla Colonia eritrea e sull'impianto dì una agenzia della Banca d'Italia in Asmara» del 15.8.1906 di N. lntrona- futuro commissario straordi- 20 La Banca d'Italia in Africa VIII

Tra le avversità politiche rientrava l'ostilità «sorda e tenace» dei militari che governarono la colonia per i primi dodici anni e che - come rilevarono Errera e Alamanni - nella scelta delle terre op­ tarono per quelli che «offrivano maggiori garanzie di sicurezza, an­ ziché [per] quelle che presentavano migliori qualità geologiche»8 . Inoltre, come riferì Martini, «la maggior parte dei coloni non ri­ spose alle speranze in essi riposte e non si curò della concessione ottenuta se non per farne un illecito lucro». Oltre ad angariare gli indigeni in vario modo, «quasi tutti [i concessionari], contravve­ nendo poi ai patti stabiliti [ ... ] adottarono i primitivi sistemi di col­ tura degli indigeni perché meno costosi, [e] non apportarono mi­ glioramenti di sorta al terreno concesso, né si curarono almeno di migliorare la produzione, selezionando le sementi»9. In generale, guardando alla complessiva esperienza coloniale, si può concludere che raramente i coloni italiani si comportaro­ no da pionieri: «più che avamposti di una nuova 'frontiera' ita­ liana - ha scritto Romano con riferimento all'esperienza libica - divennero gli impiegati d'una vasta macchina assistenziale da cui era lecito spremere ogni possibile vantaggio»10• La tesi della valorizzazione economica fu sostenuta da Ferdi­ nando Martinil1• Sin dall'inizio della sua attività di governatore (il termine burocratico era commissario civile straordinario), Marti- nario, quindi direttore generale di Bank:italia - conservata in ASBI, Segretariato, c. 193, p. 22. 8 G. Errera, E. Alamanni, Studi coloniali. La Compagnia Commerciale per l'Eritrea, Loescher, Torino 1897, p. 33. 9 Il brano è pubblicato da L. Goglia, F. Grassi, Il colonialismo italiano da Adua all'impero, Laterza, Roma-Bari 1981, pp. 123-9 (per la citazione, pp. 125-6). 10 S. Romano, La quarta sponda. La guerra di Libia 191111912, Bompiani, Milano 1977, p. 262. Il comportamento dei coloni fu, almeno in parte, conse­ guenza delle aspettative create dalla diffusione di notizie errate, talora grotte­ sche, sulla fertilità della terra. In questa campagna di disinformazione si distinse l'inviato speciale della «Stampa» G. Bevione: a titolo d'esempio, si veda la cor­ rispondenza da Tripoli della primavera 1911, riprodotta da G. Rochat, Il colo­ nialismo italiano, Loescher, Torino 1973, pp. 70-3. 11 Per una valutazione positiva di F. Martini si veda L. Federzoni, Il passato e l'avvenire dell'Eritrea, in A. O. <

12 Mattini tentò lo sviluppo capitalistico dell'agricoltura del bassopiano at­ traverso l'introduzione di colture industriali. Oltre a varie iniziative minori, nel 1905 venne costituita a Milano la Società per la coltivazione del cotone in Eri­ trea, con la partecipazione di noti industriali tessili lombardi (Cantoni, Borghi, Mylius, Crespi, De Angeli). Il cotone eritreo risultò di qualità inferiore a quello egiziano, inoltre, la società non utilizzò sistemi di produzione avanzati, affidan­ do la coltivazione a indigeni. Relativamente al guano, Martini annotò nel diario il6.2.1900 d'avere concluso un compromesso con la ditta Donegani di Livorno: «se il guano c'è, nella quantità che si dice, il bilancio della Colonia avrà per esso un risorsa di 2 o 3 milioni all'anno». Mattini, Il diario eritreo cit., vol. II, p. 61. n Il 6 febbraio 1900 il governatore annotò nel diario: «S'è, dopo lunghe trattative, sottoscritto il compromesso con il sig. Beniamino A. Nathan il quale s'impegna a costituire entro quattro mesi una società anglo-italiana per ricerche minerarie ed esercizio di miniere nella Colonia. Cauzione 100.000 lire. Un mi­ lione e mezzo da spendersi, a fondo perduto, nelle ricerche durante un periodo di 4 anni. Queste e le altre condizioni sono tali, che il contratto è giudicato ottimo, per il governo coloniale, dai più competenti». Ibid. 14 lvi, p. 193. 15 La Società italiana per il commercio con le colonie, con capitale di 2,6 milioni, derivava dalla trasformazione della casa Bienenfeld & C. Partecipavano al capitale, oltre a Bienenfeld (50%), il Credito Italiano e la Società Bancaria Italiana con quote del25% ciascuno. A. Confalonieri, Banca e industria in Italia 1894-1906, vol. II, Il sistema bancario tra due crisi, Banca Commerciale Italiana, Milano 1975, p. 316. 16 «Ormai la fortuna dell'Eritrea è indissolubilmente legata con quella della 22 La Banca d'Italia in Africa VIII

Alla società era stato concesso per un trentennio il diritto di esplorare tre appezzamenti di terreno di 10 mila ettari ciascuno nella regione dell'Hamasien. Allo Stato era riservato un diritto del 5 per cento sull'oro depurato. «ll contratto, data la condi­ zione e il tempo in cui era stato stipulato, cioè quando l'esistenza dell'oro remunerativo rappresentava una mal certa possibilità, era - per il sottosegretario agli Esteri Fusinato - quanto di me­ glio si poteva ottenere»17 • Nel diario eritreo di Mattini ci sono frequenti annotazioni sulla qualità dei filonil 8 • I risultati non furono tali da remunerare il capitale investito che, del resto, risultò insufficiente a finanzia­ re l'esplorazione e l'estrazione del metallo. Nel 1906 il capitale della Società Eritrea venne svalutato della metà; la ricostituzione fu solo parziale per il disimpegno del Credito Italiano19• Dopo qualche anno la società sospese definitivamente l'attività e venne messa in liquidazione2°.

Società». Martini, Il diario eritreo ci t., vol. II, p. 231. Oltre all'attività mineraria la società poteva compiere qualsiasi intrapresa industriale e commerciale com­ presa la costruzione di ferrovie. Per quest'ultime vennero effettuati gli studi di fattibilità. In occasione della costruzione della tratta Ghinda-Asmara, Martini venne accusato d'avere scelto questo percorso per favorire la Società Eritrea, le cui concessioni si trovavano nei dintorni della capitale. A. Aquarone, Politica estera e organizzazione del consenso nell'età giolittiana: il Congresso dell'Asmara e la fondazione dell'Istituto coloniale italiano, in Dopo Adua cit., pp. 255-410 (per il riferimento, p. 323). 17 Risposta a una interrogazione parlamentare dell'on. Filippo Abbignente sulle ricerche minerarie in Eritrea, del 16.12.1900, in L'Africa italiana davanti al parlamento nazionale cit., p. 633. 18 Sono annotazioni contrastanti: il 13 gennaio 1901 Mattini scrive: >. Dichiarazioni del vicepresidente Pirelli, citate da Confalonieri, Il sistema bancario tra due crisi cit., p. 316. 20 «La liquidazione fu compiuta in modo rovinoso. S'intende che nulla ri- I. Il dibattito sugli obiettivi economici della politica coloniale 23

Il problema dell'oro tornò alla ribalta successivamente, ma sempre con risultati deludenti. Durante la breve esperienza del­ l'impero, per accaparrare la maggior quantità possibile del metal­ lo giallo, si arrivò a pagare, con modalità diverse, un prezzo poli­ tico, dato che quello che Bankitalia poteva corrispondere- il prez­ zo ufficiale - era notevolmente inferiore a quello di mercato21 . Da quanto esposto in questo capitolo si possono trarre le conclusioni seguenti: a) la contrapposizione dei due obiettivi di una politica colo­ niale ondivaga: popolamento o sfruttamento delle risorse, appare troppo schematica in quanto si tratta di due approcci non alter­ nativi ma complementari qualora si fossero verificate le condi­ zioni indicate sub b)22; b) venne sottovalutata la vocazione commerciale dell'Eritrea. «Crediamo che a puro scopo commerciale l'Italia poteva e do­ veva cercare di istituire sulle coste del Mar Rosso uno o più scali - scriveva 'L'Economista' di Firenze nel 1896 - [. ..] che servis­ se[ro] ad agevolare le relazioni commerciali fra l'interno del­ l'Mrica e il nostro paese>~ 3 • Mancarono i porti, scarseggiarono le linee di navigazione e le strade e anche il regime doganale non fu favorevole in quanto mirato ad agevolare le esportazioni italiane (soggette solo a un diritto di statistica dell'l per cento) ma non quelle dell'Eritrea; c) la povertà della colonia avrebbe richiesto la realizzazione di massicci investimenti, soprattutto in opere pubbliche, che la finanza italiana non era in grado di sostenere e che rappresen­ tavano la condicio sine qua non perché ci fossero investimenti da mase agli azionisti». Così Stringher rispose al direttore della sede di Milano A. Giacomini che aveva chiesto notizie sulla società. ASBI, Studi, copialettere n. 186, pp. 137-8. 21 n sistema più singolare consisteva nel cedere ai venditori di oro buoni per l'acquisto del sale a prezzo ridotto per far recuperare (e guadagnare) la differenza tra prezzo libero del metallo e quello ufficiale (lire 21,3 3 al grammo di fino). 22 n riferimento alla colonia di popolamento era «un motivo pretestuoso per rendere meglio accette le scelte del governo>>, un espediente che faceva «presa immediata sulle regioni del Sud, non ancora industrializzate, e su una classe media che si vergognava dell'impressione suscitata all'estero dalle migra­ zioni di massa>>. R.A. Webster, L'imperialismo industriale italiano 1908-1915. Studio sul pre/ascismo, Einaudi, Torino 1974, p. 17. 23 Citazione tratta dall'articolo La questione sociale, del 21.2.1896. 24 La Banca d'Italia in Africa VIII parte del settore privato che, invece, scarseggiavano non solo per la cronica carenza di capitali nell'economia italiana nel suo com­ plesso24, ma anche per la forte componente affaristica del capi­ talismo nostrano e per la radicata tendenza a privatizzare i pro­ fitti e a socializzare le perdite. In conclusione, si può ricordare quanto dichiarò alla Camera il ministro degli Esteri Guicciardini:

24 La scarsità di capitali era una forma di debolezza strutturale che si ma­ nifestava con caratteri eli maggiore gravità in un territorio coloniale che era ben !ungi da offrire, anche nei casi migliori, una remunerazione del capitale investito adeguata, sicura e a scadenza sufficientemente ravvicinata. Aquarone, La ricerca di una politica cit., p. 61. 25 Ibid. Corsivo aggiunto. Analoghe conclusioni si possono trarre dall'espe­ rienza del Benaclir esaminata nel capitolo seguente. II

LA GESTIONE COLONIALE INDIRETTA l. Introduzione

Nel Benadir era stata tentata la gestione coloniale indiretta mediante la concessione a una società commerciale dei diritti di sfruttamento ottenuti dal sultano di Zanzibar dietro pagamento di un canone. Questa formula riscosse vasti consensi, soprattutto dopo Adua, perché - come ha osservato Aquarone - sollevava lo Stato «da quasi ogni onere diretto in quel lontano e ancora poco conosciuto territorio, senza che ciò implicasse una rinuncia com­ pleta o dovesse pregiudicare per l'avvenire l'eventuale assunzio­ ne da parte dello Stato di più dirette responsabilità»1• In questo capitolo vengono esaminate le tre tappe in cui si articolò la gestione del Benadir: a) la Società italiana per l'Mrica orientale (SIAO); b) l'esperienza triennale della Società Filonar­ di; c) la «Società del Benadir», espressione del capitalismo tessile lombardo. Queste iniziative si svilupparono in un momento di grave cri­ si politica ed economica che colpì l'Italia nel decennio 1887-96, un periodo racchiuso tra i due sfortunati episodi militari di Do­ gali e di Adua2.

1 A. Aquarone, La ricerca di una politica coloniale dopo Adua. Speranze e delusioni /ra politica ed economia, in Dopo Adua: politica e amministrazione co­ loniale, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, pubblicazioni degli Archivi di Stato, saggi 14, Istituto poligrafico dello Stato, Roma 1989, p. 64. 2 Questi eventi, come ha osservato Toniolo, «simboleggiano in qualche mi­ sura i tratti salienti della politica del periodo: l'autoritarismo all'interno e irre­ quieta baldanza all'esterno». G. Toniolo, Storia economica dell'Italia liberale 1850-1918, TI Mulino, Bologna 1980, pp. 139-40. 26 La Banca d'Italia in Africa VIII

Si rinvia ai volumi della «Collana storica» per un approfon­ dimento dei vari aspetti di queste problematiche. L'insuccesso dell'indirect rule, oltre che dalle difficili condi­ zioni economiche e politiche, dipese dagli errori del governo e dei concessionari anche perché i rispettivi ruoli non erano ben definiti da una formula intrinsecamente ambigua che affidava compiti propri dello Stato a una società privata che attendeva a realizzare il proprio tornaconto.

2. La Società italiana per l'Africa orientale (SIA0)3

Ottenuti i diritti di sfruttamento del territorio e dei porti del Benadir in virtù dell'accordo italo-inglese del 3 agosto 18894, Crispi decise di affidarne lo sfruttamento a una società commer­ ciale. Consapevole della difficoltà di realizzare una simile inizia­ tiva, date le condizioni del momento, chiese al direttore generale della «Nazionale» Giacomo Grillo di studiare «i modi e le par­ ticolarità» della costituzione della SIAO predisponendone lo sta­ tuto, un programma operativo di massima, quindi di «sponso­ rizzare» l'iniziativa negli ambienti finanziari. Grillo si accinse a svolgere questo compito - reso arduo an­ che per la novità del tema5 - convinto della necessità di dover «allettare i capitalisti italiani ad imprese alle quali lo spirito pub­ blico non è ancora assuefatto e che devono svolgersi in paesi lontani e sconosciuti ai più e perciò si presentano come arrischia­ ti». Per vincere questa riluttanza era necessario assicurare ai sot­ toscrittori del capitale l'allettamento di un «benefizio più largo

3 Questo episodio è stato trascurato in sede storica. Solo L. De Rosa - a quanto mi consta - ne fa menzione: «Crispi aveva cercato di promuovere, sul­ l'esempio tedesco e inglese, con l'aiuto del direttore generale della Banca Na­ zionale, Grillo, la costituzione di una grande 'Compagnia italiana dell' Mrica'». L. De Rosa, Storia del Banco di Roma, Roma 1982, vol. I, p. 116. 4 TI testo dell'accordo nell'originale inglese e nella traduzione italiana è con­ servato in ASBI, Studi, c. 125. Per le trattative itala-inglesi sul Benadir, si rinvia a G. Mondaini, Manuale di storia e legislazione coloniale del Regno d'Italia, vol. I, Storia coloniale, Sampaolesi, Roma 1927, pp. 70-89. 5 Nella corrispondenza col sottosegretario agli Esteri Damiani, Grillo fa ri­ ferimento alla novità dell'argomento trattato, che lo ha indotto a informarsi «su quanto si è fatto o proposto da altri nei rispetti di un'area coloniale all'esterno» e alle «molte e varie cure che mi sono sopravvenut$'! e che ancora non mi danno tregua». Lettera del28.11.1889, in ASBI, Studi, copialettere n. 181, p. l. II. La gestione coloniale indiretta 27 di quello che possono ottenere in altro modo senza rischi o con rischi assai minori»6. Inoltre, bisognava offrire ai potenziali azio­ nisti precise informazioni sugli impegni che avrebbero dovuto assumere7• Ottenuto l'assenso del governo - che avrebbe gradito un «al­ lettamento» meno oneroso8 - Grillo presentò il progetto della SIAO al Consiglio superiore della «Nazionale» che lo approvò e decise di partecipare all'iniziativa sottoscrivendo «una parte con­ sistente del capitale». Il comitato promotore venne costituito solo nell'estate a cau­ sa della «gravità della crisi economica attraversata» che - come scrisse a Crispi il21 giugno 1890- non aveva reso possibile «pri­ ma d'ora, nonostante ogni migliore volontà» il perseguimento dello scopo con «fondata possibilità di riuscita»9• Il comitato promotore - comprendente i nomi più prestigiosi della finanza italiana10 - si riunì per la prima volta domenica 11

6 Lettera di Grillo a Damiani del5.2.1890, in ivi, pp. 3-5. Corsivo aggiunto. «Nel1887, anche in conseguenza del ritiro dei capitali esteri, il paese è dunque in piena crisi edilizia, commerciale e bancaria: crisi che è resa più acuta dall'in­ troduzione delle tariffe di rappresaglia da parte della Francia (27 gennaio 1888) e dalla conseguente guerra commerciale, che determina la crisi vitivinicola di Puglia, l'aggravamento di quella agraria in tutto il paese, e lo sconvolgimento delle nostre correnti di commercio internazionale, con grave scapito delle nostre importazioni». A. Confalonieri, Banca e industria in Italia 1894-1906, vol. I, Le premesse: dall'abolizione del corso forzoso alla caduta del Credito Mobiliare, ll Mulino, Bologna 1979, p. 50. 7 L'impegno degli azionisti era limitato nel primo quinquennio al versamen­ to dei tre decimi del capitale sottoscritto. s Damiani chiese a Grillo di rivedere la misura dell'interesse garantito fis­ sandolo a un tasso «non superiore a quello che produce al presente il Conso­ lidato Italiano» e di riservare al governo una parte degli utili «in compenso dell'onere assunto». Lettera del 19.12.1889, in ASMAE, pos. 66/1, f. 6. 9 La lettera è conservata in ASBI, Studi, copialettere n. 182, pp. 14-6 (per la citazione, pp. 14-5). 10 In ASBI è conservata una nutrita corrispondenza con i rappresentanti del «Gotha finanziario»: Giacomo Doria, Boncompagni, Corsini, Pallavicini, Luigi Cattaneo Adorno, Sambuy, Parodi, Ricco Vigoni, Nobili-Vitelleschi, Casati, Fio­ rio, Lazzaroni, Solari, Pirelli, Maurogardato, Bassi per citarne solo alcuni. T al uni interlocutori di Grillo vollero separare la figura del promotore da quella dell' azio­ nista: così il marchese Doria che, designato a presiedere il comitato promotore, in data 17.11.1890 scrisse: «sarò fortunato se potrò mettere a disposizione della società quella poca esperienza che ho acquistato nei miei lunghi viaggi ai tropici>>, aggiungendo però subito dopo: «desidero perciò dichiarare francamente che se si trattasse di prendere parte fra cospicui capitalisti, dovrei declinare, perché quel modesto censo di cui posso disporre, è tutto dedito allo sviluppo delle numerose 28 La Banca d'Italia in Africa VIII gennaio 1891. Venti giorni più tardi cadeva il governo Grispi. Il progetto venne archiviato definitivamente. È tuttavia interessante esaminarlo, seguendo la relazione del­ lo stesso Grillo al Consiglio superiore, perché - nonostante al­ cune carenze e ingenuità proprie della cultura dell'epoca - rap­ presenta il progetto più «serio» e completo, ancora praticamente sconosciuto, che sia stato elaborato in Italia in vista della gestio­ ne indiretta del Benadir. Nella tornata del Consiglio superiore del 5 febbraio 189011 , Grillo persentò il progetto nei termini seguenti:

n Direttore Generale espone essergli stato espresso da S.E. il Presi­ dente del Consiglio e da S.E. il Sottosegretario di Stato per gli affari este­ ri di occuparsi dello studio intorno alla formazione di una Società italia­ na per l' Mrica orientale alla quale il Governo cederebbe le concessioni e i diritti risultantigli da una convenzione fatta coll'Imperiale Società Bri­ tannica per l'Mrica Orientale e coi Sultani aventi dominio lungo le coste dei Somali. La Società Britannica ha ceduto al Governo italiano parte delle concessioni avute dal Sultano di Zanzibar e precisamente quelle ri­ guardanti i territori a nord ed ovest di Kisimayo che diverrebbe il punto di contatto di interessi e di occupazione comune della Società italiana colla Società Britannica. Da questo punto a quello estremo del protetto­ rato italiano si ha un'estensione di 660 miglia marine. n riferente osservò subito al Presidente del Consiglio che in ogni tempo, ma specialmente nelle critiche circostanze presenti, sarebbe va­ no lo sperare di riuscire a formare in Italia una società d'importanza corrispondente ai molteplici scopi ai quali questa dovrebbe essere di­ retta, se il Governo non garantisse un interesse al capitale. Questo in­ teresse venne da lui proposto al 6% ritenuto che la concessione della Società non potrebbe avere una durata inferiore di cinquanta anni eguale a quello della convenzione colla Società britannica, e che perciò nell'interesse garantito doveva trovarsi anche l'ammortizzazione del ca­ pitale date tutte le eventualità sfavorevoli. [. ..] il riferente compilò un progetto di Statuti della costituenda So­ cietà Italiana nel quale propose che il capitale fosse fissato in 20 milioni di lire, quello della Società britannica essendo di 25 milioni, e che dei 20 milioni fossero versati i tre decimi a termine del vigente codice di commercio, ossiano [sic] 6 milioni. E a 6 milioni è calcolato dal Fun- pubblicazioni intraprese e allo sviluppo dello stabilimento scientifico che ebbi l'onore di fondare e che da oltre venti anni dirigo». ASBI, Studi, c. 129. u ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1890, pp. 140-5. II. La gestione coloniale indiretta 29 zionario governativo che si occupò delle trattative colla Società Britan­ nica e coi Sultani Africani, il fabbisogno delle spese da farsi nei primi cinque anni d'esercizio della Società italiana per creare una propria na­ vigazione marittima e fluviale, per impianto di stazioni ed altro 12 • Così i futuri azionisti potrebbero essere assicurati di non dover fare altri ver­ samenti oltre i tre decimi, se non dopo cinque anni. [. .. ] Ora viene espresso il desiderio che la Banca Nazionale assuma la iniziativa della formazione di questa Società italiana. Ne ebbe l'invito di una lettera ufficiale del Sortosegretariato di Stato per gli affari esteri e verbalmente dal Presidente del Consiglio, e tutti e due esprimendo la ferma fiducia che col concorso, anche materiale, della Banca, la Società verrà formata e il Governo nostro sarà posto in grado da essa di man­ tenere gli impegni assunti coi trattati stipulati13 •

Per pubblicizzare l'iniziativa venne stampato un programma di massima inviato alle persone più ragguardevoli, per posizione sociale, censo e cultura, per farle partecipare al comitato promo­ tore dell'istituenda società14. n «programma» è un interessante documento della cultura dell'epoca che unisce all'enunciazione di vaghi obiettivi economici, richiami alla missione civilizzatrice dell'uomo bianco, soprattutto italiano15•

12 L'indicazione analitica delle spese, contenuta nel programma della società costituenda, è custodita in ASBI, Studi, c. 128. Nella versione manoscritta c'è il dettaglio annuale. In quella a stampa il costo relativo all'intero quinquennio. u ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore cit., p. 142. Corsivo aggiunto. Grillo aggiungeva che «ad evitare immobilizzazioni di capitale e ad allargare la cerchia delle persone che potrebbero applicare allo acquisto di azio­ ni della nuova Società», aveva proposto al governo di accettare queste azioni garantite dallo Stato in tutti i depositi cauzionali richiesti dalla legge. ll Consi­ glio superiore, accogliendo la richiesta del governo, deliberò di assumere una partecipazione nella SIAO per un importo non superiore al quinto del capitale, quindi 4 milioni, a condizione che fosse garantito un interesse del 6% sul ca­ pitale versato per una durata non minore di cinquant'anni. 14 «Programma per la costituzione di una società italiana per l'Africa Orien­ tale», in ASBI, Studi, c. 129. 15 Gli obiettivi economici sono così delineati: «L'opera della Società potreb­ be svolgersi ampiamente nel dissodamento dei terreni, nella costruzione di porti, strade, canali e ferrovie, nell'impianto e mantenimento di una speciale flottiglia marittima e fluviale, nella creazione di compagnie industriali, minerarie e foresta­ li, infine di ogni interesse e traffico che promettesse un vero vantaggio» (ivi, pp. 3-4). Relativamente alle «finalità etiche» il documento affermava: «V'è da pro­ muovere l'incremento della civiltà e a questo intento risponde innanzi tutto la soppressione del commercio degli schiavi e d'ogni servitù domestica. V'è da espandere l'influenza del nome, della lingua e della bandiera d'Italia e a questo effetto può essere diretta con vantaggio a quei paesi una parte della nostra emi- 30 La Banca d'Italia in Africa VIII

Per rendere operativo questo programma era previsto un pe­ riodo preparatorio di cinque anni. «

3. La Società Filonardi18

Protagonista della seconda fase dell' ammministrazione del Benadir fu il Filonardi. Titolare di una società commerciale co­ stituita nel1884 sotto gli auspici del Banco di Roma per eserci­ tare attività commerciale nell'isola di Zanzibar19, Vincenzo Filo- grazione [ ... ]. Ma questa spontanea idealità espansiva e assimilatrice, propria d'ogni popolo di civiltà matura, non va disgiunta dalla riflessione di un vantaggio reale, sperato dall'allargamento del campo produttivo dell'umanità» (ivi, p. 2). 16 Nel programma era previsto che 3,3 milioni sarebbero stati impiegati nel quinquennio per il commercio in 13 stazioni. 17 «Non è colpa nostra se altre idee che non mi appartiene di discutere sono subentrate nei nuovi nostri reggitori le quali hanno portato la completa sospen­ sione del progetto - commentò Grillo scrivendo a uno dei promotori della so­ cietà - forse essa potrà rivivere in un awenire non lontano e i nostri studi po­ tranno essere di qualche utilità a chi sia chiamato ad occuparsi dell'arduo problema». Lettera di Grillo all'aw. G. Navone del 4.2.1891, in ASBI, Studi, copialettere n. 182, p. 174. 18 Sull'esperimento Filonardi cfr. G. Finazzo, L'Italia nel Benadir. L'azione di Vincenzo Ftlonardi 1884-1896, Edizioni dell'Ateneo, Roma 1966; L. De Cour­ ten, L'amministrazione coloniale italiana del Benadir. Dalle compagnie commer­ dali alla gestione statale (1889-1914), in «Storia contemporanea», IX, 1978, pp. 115-54 e 303-33; A. Del Boca, Gli italiani in Africa Orientale. Dall'Unità alla marda su Roma, Mondadori, Milano 1992, pp. 567-74. 19 TI Banco di Roma in base alla fideiussione diretta offerta dai promotori aveva concesso alla società un credito che poteva raggiungere l'ammontare del capitale (60 mila lire aumentato a 100 mila nel 1887). L. De Rosa, Storia del Banco di Roma cit., vol. I, pp. 88-91. F. Grassi definisce la compagnia Filonardi «un nome di comodo del Banco di Roma» che però si tirò indietro !asciandolo allo sbaraglio quando si ebbe la sensazione che Crispi potesse farsi promotore di una nuova società per lo sfruttamento del Benadir e afferma che il Banco «as­ sume lucidamente (come principale creditore di Filonardi oltre che socio acco­ mandatario della società), la stessa posizione che terrà più tardi nei confronti del fallimento della 'politica di penetrazione pacifica' della Libia; quest'ultimo aveva aperto la via al colonialismo italiano in Somalia, si era reso strumento dell' ac- II. La gestione coloniale indiretta 31

nardi era stato nominato due anni più tardi console italiano presso il sultano zanzibarita e nel 1899 aveva concluso e sottoscritto per conto del governo le convenzioni di protettorato con i sultani del­ la Somalia del nord2o. Volendo espandere la propria attività e per questo motivo alla ricerca di capitali, Filonardi si rivolse a Grillo che volentieri si dichiarò disposto a «sponsorizzarlo» presentando negli am­ bienti finanziari una società che poteva segnare l'inizio di quella «attività coloniale che è ormai entrata nei desideri della Nazione e che deve recarle prosperità e decoro». Convinto che «l'impresa sia utile e opportuna», Grillo informò il suo interlocutore, il se­ natore Allievi della Banca Generale, «ho aderito a patrocinarla e per dare il buon esempio ho offerto di prendere una caratura di l O mila lire»;n. Non risulta, sulla base della documentazione esaminata, che Filonardi sia riuscito a realizzare il desiderato aumento di capi­ tale: il 12 aprile Grillo gli comunicò d'aver ricevuto proposte di

quisizione di una nuova colonia nell'Oceano Indiano, stava ora al Governo ita­ liano di risolvere il problema>>. F. Grassi, Le origini dell'imperialismo italiano: il «caso » (1896-1915), Milella, Lecce 1980, p. 12. 20 «Uomo di Crispi con il quale doveva intendersi perfettamente», lo ha definito G. Finazzo: «Crispi voleva l'Italia in Mrica e trovò in Filonardi un uo­ mo dei medesimi intendimenti». Finazzo, L'Italia nel Benadir cit., p. 161. Nel momento in cui Filonardi era pesantemente indebitato verso il Banco, Crispi non fece mancare il suo sostegno politico dichiarando che la ditta aveva reso al governo «importanti servigi» in quanto «cooperò poi ed efficacemente a rendere rispettato il nome italiano alle popolazioni del litorale dell'Africa orientale: in ogni occasione, con tutti i suoi mezzi, coadiuvando l'azione del Governo, essa agevolò i compiti che questo si prefiggeva». Citazione da L. De Rosa, Storia del Banco di Roma cit., vol. I, p. 91. 21 Lettera al sen. Allievi del4.4.1887, in ASBI, Studi, copialettere n. 10, pp. 8-11 (per la citazione, p. 10). Nel presentare la società ai potenziali investitori Grillo dichiarò: «La Società in accomandita semplice V. Filonardi e & [si è costituita] nell'aprile 1884 collo scopo di esercitare i commerci sulla costa orien­ tale dell'Africa e con sede a Zanzibar. Gli accomandatari appartengono per la maggior parte al patriziato romano [Tra questi, i principi: Ladislao Odescalchi, G. Battista Borghese, Camillo Rospigliosi, Sigismondo Giustiniani Bandini]: il capitale della Società consta di L. 180.000, delle quali 60.000 versate e 120.000 rappresentano la parte garantita; ne è gerente l'ing. V. Filonardi, persona degna sotto ogni aspetto [ ... ]. Al presente la Società, volendo dare maggiore estensione ai suoi traffici, è venuta nella determinazione di portare il proprio capitale ad un milione di lire con tre decimi di versato e rimanendo il resto a garanzia. Questo capitale sarebbe costituito in parte dai soci gerenti, in parte da altri che verreb­ bero ad aggiungervisi, e in parte da questi Istituti di credito che desiderassero di sottoscrivervi». Lettera al sen. Allievi cit., pp. 9-10. 32 La Banca d'Italia in Africa VIII sottoscrizione soltanto dalla Banca Generale (5 carature per 50 mila lire) e dalla Società di Credito Mobiliare (per un importo doppio). Avendo successivamente manifestato l'intenzione di prendere in appalto le dogane del Benadir22, Filonardi venne in­ vitato dal ministro degli Esteri Brin, in data 4 luglio 1892, ad assumerne la gestione in quanto, per questo esperimento diretto, «è ben evidente che non potendo il R. Governo assumere l' am­ ministrazione di questi quattro porti, sia perché nel primo stadio di esperimento è mestieri che il Governo del Re si tenga in un certo riserbo e sia soprattutto perché, sarebbe quanto mai pre­ maturo, allo stato delle cose, la creazione del Benadir di un vero e proprio organismo governativo»23 . Rivolgendosi al commendator Frascara del Credito Mobiliare perché provvedesse con Filonardi alla costituzione di una società incaricata di amministrare la colonia, Brin precisò i termini fi­ nanziari dell'impresa affermando che «da questi calcoli appros­ simativi la S.V. vedrà come l'intrapresa non presenti responsabi­ lità o pericoli che possano allarmare i nostri capitalisti: e l'azione della Compagnia - aggiungeva il ministro e la sottolineatura è importante per la comprensione della politica coloniale del go­ verno - potendo limitarsi nei primi anni all'indispensabile, e rin­ viando le grosse operazioni commerciali [ .. .]. Basterebbe anche per il momento di costituire un gruppo di persone solide e serie, col capitale puramente necessario all'esercizio delle dogane, ri­ mettendo a tempi migliori l'emissione delle azioni e l'aumento conseguente del capitale»24 . ll 24 gennaio Filonardi presentò al governo una proposta di convenzione venticinquennale. La durata dell'accordo preoccu-

22 n ministro degli Esteri di Rudinì il 28.4.1892 comunicò al dirigente il consolato di Zanzibar, Cottoni, che «un gruppo solido e serio di capitalisti, del quale fa parte pure il cav. , avendo espresso il desiderio di assumere in appalto le dogane del Benadir, con l'aiuto di una sovvenzione del R. Governo, mi rivolgo alla S.V. perché voglia iniziare con codesto residente Bri­ tannico sig. Portai e con il Sultano le trattative per una cessione dei quattro porti di Brava, Merca, Mogadiscio e Uarsceic». Citazione da De Courten, L'am­ ministrazione coloniale cit., p. 120. n trattato venne sottoscritto da Portai e da Cottoni il 12 agosto dello stesso anno. 2> De Courten, L'amministrazione coloniale cit., pp. 120-1. 24 Lettera di B. Brin a G. Frascara del 16.1.1893, pubblicata da Finazzo, L'Italia nel Benadir cit., pp. 387-9. Corsivi aggiunti. II. La gestione coloniale indiretta 33

pò l'esecutivo. Seguiamone le vicende attraverso il racconto di Filonardi.

Sorsero titubanze da parte dell'ex Ministro Brin mentre dovevasi presentare il contratto all'approvazione del Parlamento, dubitando di poterlo ottenere; si venne più tardi nella decisione di non presentarlo per il momento. A non perdere però il lavoro di più di un decennio, nacque l'idea di accettare un contratto per un triennio (periodo per il qua­ le non occorreva l'approvazione della Camera) e riservandosi facoltà il Governo di poter continuare il contratto stesso per tutti i 25 anni. Si domandò a V. Filonardi di rilevare il Governo solo per detto triennio da tutti gli obblighi assunti e si convenne di concedergli la sovvenzione annua di L. 300.000. Con questo dovevasi pagare al Sultano il canone convenuto di rupie 160.000, e, con i proventi delle dogane nei porti del Benadir, dovevasi sopperire a tutte le spese di armati, impiegati civili, amministrazione della giustizia ecc. 25.

Filonardi accettò questo contratto «in pessime condizioni»26 e iniziò a operare avendo a disposizione solo un'apertura di cre­ dito da parte del Banco di Roma27. Ben presto dovette accorgersi della differenza che correva tra la conduzione di una impresa com­ rnmerciale e l'amministrazione di un territorio sprovvisto della ben­ ché minima organizzazione sociale e politica di tipo europeo28• Al

25 Lettera di Filonardi e Bovi Negri (procuratore della società) a Crispi del 5.2.1894, pubblicata da Finazzo, L'Italia nel Benadir cit., pp. 392-5 (per la cita­ zione, p. 392). L'importo di 300 mila lire era stato ritenuto congruo da Silvestrelli (funzionario del ministero degli Esteri) che, basandosi sulle informazioni del com­ missario straordinario Sorrentino, aveva calcolato in 275 mila lire il costo com­ plessivo dell'amministrazione del Benadir. Ovviamente non venivano considerate le spese d'investimento necessarie per la valorizzazione del territorio. . 26 n contratto triennale, sottoscritto 1'11.5.1893, entrò in vigore il15 luglio. Alla scadenza, la temporanea amministrazione del Benadir venne affidata al commissario straordinario . 27 L'apertura di un conto corrente di 216 mila lire prevedeva l'estinzione con rate semestrali di 270 mila lire ogni due anni con cessione al Banco di Roma del credito verso lo Stato a garanzia dell'operazione. L. De Rosa, Storia del Ban­ co di Roma cit., vol. I, p. 117. 28 A causa del deprezzamento del tallero M. T. rispetto alla rupia indiana­ la moneta più diffusa lungo la costa dei somali - Filonardi emise il 15.6.1893 buoni da 5 rupie (l tallero = 2 rupie). In base all'ordinanza del 2.5.1894, la compagnia Filonardi disponeva che «tutte le imposte e tasse verranno percette in rupie indiane e in buoni della Compagnia» (art. 2). La descrizione dei buoni in rupie e notizie sulla loro emissione sono fornite da G. Crapanzano (a cura di), 34 La Banca d'Italia in Africa VIII fallimento dell'iniziativa29 contribuì il disinteresse degli industria­ li e dei capitalisti ma, soprattutto, i tentennamenti e le contraddi­ zioni del governo che non seppe affrontare il giudizio del Parla­ mento e, di conseguenza, permise la conclusione di un contratto dai contenuti vaghi, con una società oggettivamente inidonea a soddisfare le esigenze amministrative, difensive ed economiche di una popolazione (e di un territorio) praticamente sconosciuti30.

4. La società del Benadir

Conclusa la vicenda Filonardi, Antonio Cecchi - nominato commissario straordinario per il Benadir- si fece promotore del­ la costituzione di una società dotata di adeguati capitali «pun­ tando soprattutto sulle proprie conoscenze e parentele nel mon­ do dell'industria lombarda»31• Suo nipote Giorgio Mylius, ban­ chiere e industriale cotoniero, si recò nel gennaio 1889 nel Be­ nadir per accertare se sussistevano condizioni favorevoli per la coltivazione del cotone. L'esito del sopralluogo fu positivo. T or-

I soldi d'Italia. Un secolo di cartamoneta, Fondazione Cassa di Risparmio di Par­ ma e Monte di Credito su Pegno di Busseto, Parma 1996, pp. 195-8. 29 Pagato il canone al sultano, «ciò che rimaneva insieme con i diritti do­ ganali, non superava, quando le cose andavano regolarmente, le 120-35 mila lire». Essendo aumentate le spese, Filonardi si finanziò emettendo tratte da Lon­ dra. Richiese, vanamente, l'aiuto del governo. A fine anno riuscì a onorare gli impegni assunti. L. De Rosa, Storia del Banco di Roma cit., vol. I, pp. 117-8. TI Banco poté uscire dagli affari del Benadir senza perdite, diversamente da quanto accadrà successivamente in Libia. 30 «Se da un lato la decisione del governo di non assumere, in Somalia, oneri finanziari e militari poteva apparire sensata, dall'altro rivelava una buona dose di irresponsabilità, in quanto la Società Filonardi non aveva i capitali necessari, né l'esperienza e l'organizzazione per amministrare una colonia che [. .. ] versava nel caos e nella miseria, dove buona parte dei territori restava da esplorare, il com­ mercio degli schiavi era esercitato su vasta scala e la giustizia era amministrata da cadì corrotti». De Courten, L'amministrazione coloniale cit., p. 121. 31 Del Boca, Gli italiani in Africa Orientale. Dall'Unità alla marcia su Roma cit., p. 571. Cecchi sperava in un più deciso intervento del governo Crispi ma la situazione dell'Italia non lo consentiva. Del Boca ricorda che «le acque erano as­ sai agitate: mentre Crispi, dinanzi al costituirsi dei vari gruppi di sinistra, si orientò verso una politica di stato d'assedio, di tribunali eccezionali, di domicili coatti, di condanne, Giolitti e Cavallotti riesumano, in funzione anticrispina, lo scandalo della Banca Romana. Nel corso dell'anno, a conferma della crisi, la Ca­ mera resta aperta undici giorni. Alle leggi venivano preferiti i decreti» (p. 570). II. La gestione coloniale indiretta 35 nato in Italia Mylius preparò una relazione nella quale auspica­ va la creazione di una «colonia puramente civile e commerciale>>, favorendo l'industria privata, concedendo terreni per piantagioni e «culture [sic] intensive a condizioni assai favorevoli per i co­ loni»32. La nascita della nuova società venne ostacolata dall'atteggia­ mento tiepido degli ambienti finanziari, nonostante l'intervento di Crispi attraverso il prefetto di Milano Winspeare: i capitalisti lombardi «promuovendo la nobile iniziativa farebbero opera non che utile a sé ed al Paese, graditissima al governo, che ne sarebbe riconoscente e che s'impegna ad accordare ogni maggiore facili­ tazione possibile»33. li 26 giugno 1896 venne così costituita, con un capitale di un milione di lire, di cui solo 300 mila versate, la Società anonima commerciale italiana per il Benadir i cui promotori - Benigno Crespi, Angelo Carminati e Giorgio Mylius - avevano già con­ cluso una convenzione preliminare col governo34 . Anche questa volta i compiti della società furono indicati in modo assai vago: «provvedere all'incremento civile e commercia­ le della colonia [. .. ], promuovere nei modi più opportuni la vita economica dei paesi concessile, eseguendo a tal uopo tutte le· opere che crederà necessarie». Gli obblighi della concessionaria prevedevano, fra l'altro, il mantenimento di almeno 600 guardie per la sicurezza interna, l'amministrazione della giustizia, l' eser­ cizio del servizio postale35. Per arrivare all'accordo definitivo accorsero tempi lunghi: il 25 gennaio 1898la convenzione venne presentata per l'approva­ zione alla Camera: modificata dalla commissione, si predispose una seconda convenzione il28 maggio, ma la fine della legislatura impedì la ratifica che avvenne soltanto con la legge 24.12.1899, n. 466.

32 Grassi, Le origini dell'imperialismo italiano cit., p. 17. )3 lvi, p. 19. 34 Aquarone, La ricerca di una politica cit., p. 63. ll 14.6.1897 l'on. Imbriani presentò un'interpellanza in cui si affermava: «La Camera, decisa a non per­ mettere che per appagare la speculazione di alcuni privilegiati si spenda denaro e si comprometta sangue e onore italiano, invita il governo a troncare ogni re­ lazione con la Compagnia lombarda del Benadir>>. L'Africa italiana davanti al parlamento nazionale cit., pp. 574-5. 35 Art. l della convenzione del25.2.1898 tra il governo e la società del Be­ nadir, in G.B. Naitza, Il colonialismo nella storia d'Italia (1882-1949), La Nuova Italia, Firenze 1975, pp. 75-81. 36 La Banca d'Italia in Africa \!III

La relazione ministeriale consente un'esemplificazione dello spirito del dopo Adua. Premesso che la convenzione non com­ portava <

36 L'Africa italiana davanti al parlamento nazionale cit., p. 585. 37 Molto bene Aquarone ne sintetizza il comportamento: «Ancora una vol­ ta, gli interessi meramente speculativi non tardarono a prevalere nei programmi di valorizzazione economica della regione su basi produttive [ ... ]. Gli azionisti erano ben lontani dal voler effettivamente destinare alla colonia capitali, energie e mezzi tecnici, paghi piuttosto di scremare passivamente quei lucn; che erano garantiti in modo automatico dalla monopolistica posizione di privilegio goduta dalla società in virtù dei patti di concessione: primi fra tutti quelli derivanti dai dazi doganali e dalla sovvenzione governativa di 400.000 lire oro». Aquarone, La ricerca di una politica cit., p. 65. Corsivo aggiunto. Con questa valutazione con­ cordavano anche osservatori di parte filogovernativa: oltre ai giudizi riportati da Aquarone, si vedano quelli riferiti da Martini nel Diario eritreo cit. In data 5.8.1903 riferisce questo giudizio del Robecchi Brichetti (autore della relazione della commissione d'inchiesta sulla schiavitù nella colonia): «la Società non farà mai niente, perché il contratto fatto col Governo non la obbliga a nulla [ ... ]. Pessimi amministratori i caporioni Crespi, Mylius, Cartninati, o a dir meglio ottimi per se stessi, ma il male sta nell'aver il Governo fatto questi patti» (p. 244). Nel diario è anche riportato uno stralcio di un articolo del «Giornale d'Italia» del3.7.1905 nel quale s'afferma che la società <

38 «Ho esaminato ponderatamente il promemoria che mi trasmetti - scrisse il26.7.1904 al collega Tittoni -la mia attenzione ha dovuto fermarsi sulle con­ seguenze che nei rispetti del nostro paese avrebbe la divisata trasformazione di un possesso precario, per semplice titolo di affitto, in possesso definitivo, per una vera e propria cessione di sovranità; trasformazione indiscutibilmente grave, come quella che, mentre potrebbe accollare nuovi e più ardui doveri, anche di carattere internazionale, resterebbe all'Italia, divenuta padrona assoluta di quei territori, ben più malagevole l'abbandonarli quando l'avvenire e i fatti attestas­ sero non conveniente il conservarli [. .. ]. Osservo soltanto che un possesso de­ finitivo e sovrano [ .. .] ci avvierebbe a nuove spese, le quali, data la vastità del paese e l'indole dei suoi abitanti, non potrebbero non essere veramente sensibili specialmente se il Governo dovesse assumersi la gestione diretta della colonia su di che l'Eritrea ci dà seri ammonimenti». ACS, carte Luzzatti, b. 2, f. 3. 39 Del Boca, Gli italiani in Africa Orientale. Dall'Unità alla marcia su Roma cit., p. 801. 40 Citazione in ivi, p. 802. Corsivo aggiunto.

III

L'ATTIVITÀ DELLA BANCA D'ITALIA A FAVORE DELLA POLITICA COLONIALE DEL GOVERNO

l. Introduzione

La sconfitta di Adua provocò, com'era prevedibile, un ripen­ samento della politica coloniale che aveva prodotto risultati de­ ludenti sia in Eritrea (amministrazione diretta) che nel Benadir (amministrazione indiretta). Accanto alla richiesta estrema di co­ loro che reclamavano l'abbandono tout court dei territori colo­ niali1, e alla più realistica posizione di quanti affermavano la ne­ cessità di mantenere la colonia, ma con il minimo onere per 2 l'erario , prese consistenza la tesi che la vera colonizzazione do­ vesse consistere - anche o soprattutto a seconda delle sottolinea­ tute - nelle correnti migratorie verso il continente americano. A parere di Einaudi, l'emigrazione nelle province agricole dell' Ar­ gentina - dove «una modesta agiatezza corona sicuramente gli

1 Il ministro dei Lavori Pubblici Saracco il 13.2.1889 scrisse a Crispi che l'abbandono di Massaua avrebbe comportato «manifesti vantaggi di ordine fi­ nanziario, morale e financo militare. Nelle condizioni presenti, un risparmio di 20 milioni, poco su o poco giù, non è piccola cosa, e non è minore guadagno quello di sentirsi liberati dall'incubo di nuove sorprese, che costassero al paese sangue e denaro». La lettera è pubblicata in F. Crispi, La prima guerra d'Africa, Treves, Milano 1914, pp. 128-30 (per la citazione, p. 128). 2 Luzzatti, ad esempio, consigliava di conservare Massaua come merce di scambio per una base commerciale più importante e più vicina (ad es. Cipro). L. Luzzatti, Memorie tratte dal carteggio e da altri documenti, Zanichelli, Bologna 1935, pp. 494 sgg. A. Aquarone, La politica coloniale italiana dopo Adua: Fer­ dinando Martini governatore in Eritrea, in Dopo Adua: politica e amministrazione coloniale, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, pubblicazioni degli Ar­ chivi di Stato, saggi 14, Roma 1989, p. 100. 40 La Banca d'Italia in Africa VIII sforzi di coloro che sanno lavorare» - rappresentava «un raggio di sole che spunta nelle tenebre»3 . La Banca d'Italia e, precedentemente, la Banca Nazionale nel Regno, sostenne il governo per una serie di iniziative coloniali lungo un arco temporale che va dal1887 al1909: oltre agli in­ terventi in favore dello sfruttamento del Benadir dei quali si è discorso nelle pagine precedenti, queste iniziative riguardarono:

3 L. Einaudi, I fondatori della grande Italia transatlantico («La Stampa» del 9.6.1901), in Cronache economiche e politiche di un trentennio, Einaudi, Torino (vari anni), vol. I, p. 373. La tesi della colonizzazione transatlantica venne svi­ luppata in un lavoro giovanile: Il principe mercante. Studio sulla espansione co­ loniale italiana, Bocca, Torino 1899. «La più grande Italia, già così sanguinosa­ mente e inutilmente cercata in Africa - ha osservato Aquarone (L'Italia giolittiana (1896-1915), vol. I, Le premesse politiche ed economiche, ll Mulino, Bologna 1981, p. 100) - esisteva in embrione oltreoceano, specialmente nelle grandi nazioni delle zone temperate dell'America Latina». Per sostenere questa strategia espansionistica il governo chiese alla Banca Nazionale di allacciare rap­ porti di collaborazione con primarie banche dei paesi che ospitavano colonie dì italiani. Esclusa, per i vincoli statutari e per ragioni di opportunità, l'apertura di una fùiale della «Nazionale», Grillo sottopose al Consiglio superiore, che l'ap­ provò, la proposta di: «offrire ad alcune Banche e case Bancarie dì primo ordine [ ... ] di collegarsi alle piazze italiane mediante aperture di un Conto Corrente presso la Banca ed ha concretato un progetto secondo il quale l'Istituto o la Casa Bancaria corrispondente dovrebbe fare un deposito, per garanzia, nelle casse della Banca, di rendita ed altri titoli garantiti dallo Stato, da valutarsi non oltre i due terzi del loro corso di Borsa. Contro questo deposito l'Istituto o il Banchiere potrebbe emettere assegni sulla Banca pagabili a vista, o tratte a 90 giorni di vista o di data oppure farsi rimettere vaglia cambiari gratuiti dalla Ban­ ca [ ... ]. Per contro il corrispondente potrebbe rimettere in rimborso carta sopra Italia o sulle piazze estere con le quali la Banca è in relazione d'affari ed il cui importo gli sarebbe accreditato dalla Banca dopo incasso». ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1888, pp. 79-84 (per la citazione, pp. 80-1}. Questa iniziativa dette risultati modesti in quanto entrarono in rapporto con la Banca, accettandone con qualche riserva le proposte, il Nuovo Banco Italiano di Buenos Ayres e il Banco Italiano dell'Uruguay di Montevideo. Forse sarebbe stato possibile ìncrementarli in quanto «dalla corrispondenza già scambiata con quelle piazze ha constatato [il riferimento è al direttore generale] che là si nutre il desiderio che questi assumano una maggiore estensione ed anche nuove for­ me», anche se, aggiungeva Grillo, «per ~oddisfare questi desideri occorrerebbe oltrepassare i limiti dei vigenti Statuti. E necessario dunque rimettere all' avve­ nire l'esame dei nuovi progetti». ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio su­ periore, 1888, pp. 912-5. La crisi degli anni successivi impedì di sviluppare que­ sta e altre iniziative dì più stretti legami con i paesi sudamericanì: l'istituto ìtalo• argentino proposto dall' on. Berio e i vari progetti di costituzione di una banca coloniale. Nel fondo Studi, il copialettere n. 81 contiene varia documentazione sul credito coloniale. III. L'attività della Banca d'Italia 41 a) l'organizzazione di sindacati bancari per la partecipazione del capitale italiano a istituti di credito internazionali (Banca di Abissinia e Banca del Marocco); b) la concessione di prestiti.

2. La Banca di Abissinia

n primo intervento della Banca d'Italia diretto ad assecon­ dare il desiderio del governo di tenere in piedi una politica afri­ cana riguardò il concorso del capitale italiano nella costituzione della banca di emissione abissina. Succeduto nel 1899 a ras Giovanni, Menelik4, il nuovo «re dei re», aveva mirato a modernizzare il paese con l'introduzione di un sistema monetario nazionale, istituendo quindi, con l'aiuto tecnico e finanziario dell'estero, una banca d'emissione>. A tal fine aveva preso contatto - singolarmente ma simultaneamente - con i rappresentanti di diversi paesi (Francia, Inghilterra, Italia e Russia). n rappresentante diplomatico italiano ad Addis Abeba, Federico Ciccodicola, conosciuta la proposta, informò tempesti­ vamente il governo sottolineandone l'importanza e facendo pre­ sente che, per ragioni di opportunità politica, era preferibile che l'iniziativa provenisse da un sindacato bancario piuttosto che dal governo. n 23 settembre 1902 giunse la prima notizia:

Menilic [sic] mi ha fatto sapere essere infatti nelle sue intenzioni eli conseguire quì al più presto l'impianto di una organizzazione bancaria. Ha aggiunto che [. .. ] ha offerte di capitale da parte di sindacati inglesi e russi per una compartecipazione col governo etiopico alla fondazione dell'accennata banca [. .. ]. In via privata il negus ha fatto sapere al conte Scheibler che desiderava avere quì una persona delegata alla trattazione dell'affare e che non s'impegnerà con Sindacati di altri paesi prima di aver trattato col Sindacato italiano.

4 <

Ciccodicola sottolineava in particolare l'interesse politico del governo italiano per questa iniziativa che poteva offrire un potente mezzo di dominio e d'influenza che sarebbe bene non lasciar cadere in mano di stranieri. La questione del denaro va as­ sumendo in Etiopia un'importanza di primo ordine e l'essere in modo indiretto predominanti nell'organismo in questione, può avere nei suoi effetti una portata assai grande; può, cioè, equivalere ad essere creditori dello Stato Etiopico per somma prestata direttamente dal nostro Go­ verno. Senza contare che la forma mediata d'intervento con una garan­ zia ad un Sindacato privato toglie ogni sospetto d'ingerenza politica e rende quindi più attendibile la cosa6 .

In assenza di notizie, 1'8 ottobre Ciccodicola sollecitò una de­ cisione ribadendo la necessità di approfittare dell'offerta di Me­ nelik: «Banca può essere strumento di influenza e predominio, mi­ gliore di ogni trattato, potendo prendere concessioni di garanzia e impegnare riserve impero fra cui dogane, organizzandole»7. li ministro degli Esteri prese contatto col sistema bancario che dimostrò uno scarso interesse per l'impresa considerando prevalenti i rischi della costituzione di una banca in un paese arretrato e privo della benché minima organizzazione monetaria e finanziaria8. Rispose positivamente solo Scheibler che il21 no­ vembre, a nome della Società Bancaria Milanese, propose al go­ verno di assumere l'iniziativa alle seguenti condizioni: - inviare a proprie spese un suo rappresentante in Etiopia per trattare la costituzione di una banca con un capitale di due milioni di lire sottoscritte pariteticamente dal gruppo italiano e dal negus; - sottoscrivere la quota italiana vincolandola per tutta la du­ rata della banca (prevista in venticinque anni) per assicurare al­ l'Italia la maggioranza assembleare. In cambio il governo avrebbe dovuto corrispondere un contri-

6 Promemoria dell'ufficio coloniale del ministero degli Esteri del2.1.1903, in ASBI, Rapporti con l'interno, c. 66, f. l, pp. 1-3. 7 lvi, p. 4, corsivo aggiunto. 8 Agli inizi del XX secolo l'Etiopia non possedeva un'organizzazione ban­ caria; una certa attività creditizia veniva svolta da alcuni monasteri che custo­ divano i depositi e talora concedevano credito a tassi di usura. III. L'attività della Banca d'Italia 43 buto annuo di 60 mila lire del quale non si sarebbe dovuto /are men­ zione nell'atto costitutivo e nello statuto della banca etiopica9. n progetto naufragò nello scoglio del contributo statale. n ministro del T esaro Luzzatti si dichiarò disposto ad appoggiare l'iniziativa purché l'onere finanziario gravasse sul bilancio del­ l'Eritrea10. Interrogato al riguardo Mattini rispose negativamente e avanzò una controproposta che, se accettata, non avrebbe avu­ to riflessi sul bilancio11 • Per uscire dall'impasse, il governo incaricò Stringher di costi­ tuire un sindacato bancario che partecipasse alla costituzione del­ la Banca d' Abissinia12• L'interesse per l'Etiopia era stato nel frat­ tempo ridestato dalla pubblicazione del rapporto Skinner, dal nome del console degli Stati Uniti a Marsiglia che aveva concluso con Menelik, per conto del suo paese, un trattato di amicizia e di

9 Promemoria dell'ufficio coloniale, cit. n contributo richiesto si ragguaglia­ va al3% sull'intero capitale (2 milioni) per un periodo non inferiore a 25 anni. 10 La lettera di Luzzatti a Tittoni del 12.12.1903 è conservata in ASMAE, pos. 50/1. 11 n governatore annotò nel diario: <

Si sarebbero dovuti delegare competenti persone per indagare la situazione delle condizioni di fatto dell'economia generale dell'Impero etiopico, onde accertarsi della consistenza di elementi capaci di alimen­ tare il vero commercio bancario. Ma esplorazioni di tal genere doveva­ no essere già state fatte dai sudditi britannici interessati nell'alta Banca dell'Egitto, imperocché nel passato inverno si seppe che quella Banca Nazionale aveva mandato un suo rappresentante ad Addis Abeba, e sta­ va studiando là una organizzazione d'una banca d'emissione per l'Im­ pero Etiopico14• TI Direttore Generale della Banca d'Italia che, di concerto col Mi­ nistero degli Esteri aveva fatto aperture prima presso la Banca Com­ merciale Italiana e poi presso il Credito Italiano, allo scopo di sapere se i due Istituti avessero voluto partecipare a una intrapresa di credito co­ me quella di cui si discorre, credette necessario rompere gli indugi e di mandare al Cairo un suo delegato, il cav. Arrigo Rossi15 per indagare

13 «Non esiste verun istituto bancario in Etiopia, né nella colonia francese della costa. L'istituzione di una banca è naturalmente desiderabile per lo sviluppo del commercio. Attualmente sarebbe richiesto un capitale piccolissimo. Stabilendo tale istituto, si renderebbe fermo il variabile tasso del cambio; i prestiti potreb­ bero farsi a condizioni molto remunerative, perché l'attuale tasso di interesse in Etiopia varia dal dieci al quaranta per cento al mese. Una compagnia bancaria ben organizzata per soddisfare i bisogni locali, potrebbe controllare l'acquisto dell'oro la cui produzione è considerevole». Le conclusioni del rapporto Skin­ ner furono comunicate a Stringher il 15.6.1904 dal sottosegretario agli Esteri, Fusinato (ASBI, Interni, c. 62, f. 22). «È manifesta l'importanza nelle dichiara­ zioni fatte dal sig. Skinner, io ne scrivo a te [Stringher] nella fiducia che sia ripresa la trattativa per la costituzione di una banca in Etiopia». 14 La National Bank of Egypt era un istituto privato, sotto il controllo bri­ tannico, diretta da sir E. Palmer. Il funzionario inviato in Etiopia era D. Mac Gillivray con una delega piena a trattare. Mauri, Il mercato del credito in Etiopia cit., p. 23. 15 Nato a Torino nel 1857, Arrigo Rossi era capo servizio presso l'ammini­ strazione centrale. III. L'attività della Banca d'Italia 45 personalmente presso la Sede della Banca Nazionale d'Egitto la situa­ zione reale delle cose [ .. .]. [Inoltre Stringher] fece pratiche sollecite perché gli Istituti italiani sovraccennati mandassero a loro volta un loro rappresentante [. .. ]. Trovavasi allora, nel mese di febbraio, al Cairo il Comm. Enrico Rava uno dei Direttori centrali del Credito Italiano; fu lui anche per incarico del Comm. Joel, Direttore Centrale della Banca Commerciale16, designato a rappresentare l'Alta Banca italiana nelle ne­ goziazioni col Governatore della Banca Nazionale d'Egitto per la par­ tecipazione del capitale nostro nella costituenda Banca Abissina. I due delegati italiani al Cairo trovarono che la Banca Nazionale d'Egitto aveva già munito il suo inviato presso Menelik dei poteri neces­ sari per contrarre essa l'impegno della fondazione e della organizzazione della Banca Imperiale Etiopica. Non si trattava quindi più per l'Italia di negoziare direttamente col Negus la partecipazione nell'Istituto che il Ne­ gus medesimo desiderava, non si poteva che associarsi alla Banca Nazio­ nale d'Egitto nell'impresa che in essa aveva prevenuto tutti gli altrz17. Trattandosi di una cosa di valore politico più che di valore econo­ mico, i delegati italiani al Cairo furono spalleggiati dal Regio Agente Diplomatico [Salvago-Raggi], e le loro negoziazioni portarono a con­ cludere che il gruppo italiano, sotto gli auspici della Banca d'Italia, avrebbe avuto la partecipazione di un quarto del capitale dell'Istituto costituendo, un altro quarto essendo assegnato alla Banca francese, avendo assunto per suo conto e per un gruppo britannico la metà del capitale la Banca Nazionale d'Egittois.

Le trattative presero una piega diversa da quella inizialmente sperata, che si trattasse cioè d'una iniziativa italo-abissina, in

16 Stringher aveva chiesto a Joel d'inviare al Cairo il funzionario della sede romana della Comit, George Page. Essendo questi indisponibile, si decise per la soluzione indicata nel testo. Lettera del 27.1.1902, ASBI, carte Stringher, 19.211. 17 Lord Cromer, rappresentante britannico al Cairo, aveva rassicurato il col­ lega italiano Sal vago-Raggi che «nulla aveva da temere il Governo italiano dai negoziati che quell'agente della Banca Nazionale d'Egitto stava per iniziare, giacché nulla sarebbe stato concluso contro gli interessi dell'Italia e della Fran­ cia>>. Salvago-Raggi ricorda che il suo interlocutore aveva affermato: «ora [nel 1905] la situazione è la seguente: in Abissinia vi sono tre Potenze interessate, la Francia, l'Italia e l'Inghilterra: questa è convinta che nel suo interesse, come in quello delle altre due Potenze, deve procedere lealmente di piena intesa con esse. Ciò essa farà e per la stessa lealtà e franchezza che vuoi serbare verso la Francia deve esserci la garanzia a noi che agirà con uguale franchezza e lealtà verso l'Italia>>. La lettera di Salvago-Raggi a Tittoni del 24.1.1905 è in ASBI, Interni, c. 66, f. 2. 18 ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1905, pp. 403-8 (per la citazione, pp. 404-6). 46 La Banca d'Italia in Africa VIII quanto il negus aveva «giocato su più tavoli». Furono infatti gli inglesi a fare la parte del leone non solo attraverso il possesso della metà del capitale, ma anche col controllo del consiglio di amministrazione. Al ritorno dall'Etiopia, dove aveva trattato con Menelik per conto della Banca Nazionale d'Egitto e conclusa positivamente una convenzione con la quale il sovrano autorizzava l'istituzione di una banca d'emissione, Mac Gillivray istituì la Bank of Abys­ sinia, il cui statuto venne approvato con decreto kediviale del 20 maggio 19• L'accordo stabiliva che la Banca, la cui durata era prevista in cinquant'anni, avrebbe avuto un capitale di mezzo milione di sterline di cui 100 mila sottoscritte e versate all'atto della costi­ tuzione; le altre azioni sarebbero state offerte in sottoscrizione nei principali mercati finanziari allo scopo di sottolineare il ca­ rattere internazionale della banca. In base ai privilegi concessile dall'imperatore, la Bank of Abyssinia aveva il monopolio del­ l'esercizio dell'attività bancaria e dell'emissione dei biglietti e monete. Inoltre, come ha sintetizzato Mauri:

Alla banca erano pure concessi il servizio di tesoreria per conto dello Stato, una clausola preferenziale nelle operazioni d'indebitamente del Tesoro etiopico, l'autorizzazione ad allestire magazzini generali, la concessione gratuita dei terreni per fabbricati destinati alla sede cen­ trale, alle succursali ed ai predetti magazzini della banca, l'applicazione delle tariffe preferenziali riservate allo Stato nei trasporti di monete a mezzo ferrovia2o.

Relativamente alla distribuzione degli utili, l'art. 3 dello sta­ tuto prevedeva l'accantonamento a riserva del 10 per cento, il pagamento di un dividendo fino al 7 per cento, la distribuzione all'imperatore del 25 per cento dell'importo residuo come com­ penso per la concessione del monopolio bancario nel paese.

Noi avremmo desiderato -lamentò Stringher - che in relazione alla partecipazione di un quarto nella formazione del capitale, anche la par-

19 L'atto di concessione e il decreto kediviale sono pubblicati da C. Ros­ setti, Storia diplomatica dell'Etiopia durante il regno di Menelik II, S. T.E.N., To­ rino 1910, pp. 297-300. 20 Mauri, Il mercato del credito in Etiopia cit., p. 26. III. L'attività della Banca d'Italia 47 tecipazione nell'amministrazione dell'Istituto fosse corrispondente ad un quarto e cioè a dire che nel Consiglio di amministrazione della Ban­ ca Abissina gli italiani fossero uguali ai francesi e agli altri insieme in un numero non minore alla metà dell'intero Consiglio di Amm.ne [sic] escluso il Presidente. Ma né l'Italia né la Francia poterono ottenere sod­ disfazione rispetto a questo desiderio, giacché nel Consiglio di Ammne doveva farsi posto a due rappresentanti del Negus e la Banca Nazionale d'Egitto, promotrice dell'affare, aveva voluto ritenere per sé tre posti d'amministratori oltre agli uffici di Presidente e di Vice Presidente. Co­ sicché tanto all'Italia che alla Francia fu assegnato un posto per ciascu­ no, e un posto venne lasciato libero per l'eventuale designazione di un amministratore tedesco in rappresentanza delle azioni che verranno sot­ toscritte in Germania. Ad ogni modo - osservò Stringher a mo' di con­ solazione - il gruppo italiano può ritenere d'avere un certo compenso calcolando sull'azione amichevole di un autorevole suddito italiano di­ morante al Cairo, che la Banca Nazionale d'Egitto ha scelto tra quelli di sua designazione nel Consiglio della Banca Etiopica21 .

La conoscenza di questa norma provocò le rimostranze degli italiani e dei francesi risultate però senza esito. n 12 giugno 1905 Tittoni scrisse a Salvago-Raggi incaricandolo di esprimere «i sen­ timenti di meraviglia e di rincrescimento del governo italiano» e aggiunse, a titolo strettamente personale, «il carattere politico che noi attribuivamo all'istituenda Banca [. . .] si è completamente di­ leguato e la partecipazione italiana si ridurrà ad un affare più o meno vantaggioso per alcuni nostri Istituti di credito: il che offre a noi, come Governo Italiano, un mediocre interesse a confronto di quello che ci proponevamo»22• n gruppo italiano, presieduto da Bankitalia, comprendeva la Comit e il Credito Italiano con quote di un terzo ciascuno; il Ban­ co di Roma e la Società Bancaria Italiana con un sesto ciascuno. Al Gruppo spettavano 25 mila azioni di cui 1.250 da vincolare presso l'Istituto di emissione e 200 presso la National Bank of Egypt dal consigliere italiano, incarico affidato al consigliere su­ periore di Bankitalia, Francesco V arvaro Pojero23 •

21 ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1905, p. 406. ll cit­ tadino italiano era Raffaello Suarez. Lettera di A. Rossi a Stringher del9.2.1905, in ASBI, Interni, loc. cit. 22 Copia della lettera è in ASBI, fondo e loc. cit. (per la citazione, p. 5). Corsivo aggiunto. 23 F. Varvaro Pojero era dal 1889 consigliere superiore in rappresentanza della sede di Palermo. 48 La Banca d'Italia in A/n'ca VIII

La Bank of Abyssinia iniziò l'attività il 15 febbraio 1906 in un ambiente non favorevole sia per le difficoltà frapposte da Me­ nelik, che aveva sottovalutato la supremazia britannica nell'istitu­ to, che per la scarsa dimestichezza della popolazione etiopica col mercato del credito24• Non rientra nelle finalità di questo studio l'esame dell'attività della Bank of Abyssinia - ben documentato da Mauri - le cui vicende sono strettamente intrecciate con quelle della dinastia, tanto più che, salito al trono il nuovo imperatore Hailé Selassié nel 1930, la banca venne liquidata per dar vita a un istituto di emissione nazionale: la Banca di Etiopia25. In conclusione è interessante sottolineare le ragioni che ave­ vano indotto Stringher a secondare la richiesta del governo di patrocinare la partecipazione dell'alta banca italiana al capitale della Bank of Abyssinia. Ragioni politiche in un duplice senso. Anzitutto, la valorizzazione della colonia eritrea26. In secondo luogo, riaffermare il ruolo centrale di Bankitalia nella vita italiana.

L'azione del Direttore Generale è stata esclusivamente direttiva e d'indole morale, nessuna responsabilità di fatto può cadere sull'Istituto

24 «La Banca etiopica fondò le sue speranze in una ipotesi che non si è veri­ ficata né poteva verificarsi- annotò Martini (Il diario eritreo cit., vol. IV, p. 545) - sperò che i ras avrebbero depositato alla Banca i propri averi. Ma i ras i quali non riescono a salvare i propri averi dalla rapacità di Menelik non depositeranno mai i denari alla Banca perché ciò farebbe conoscere a Menelik quanto posseg­ gono e la sua rapacità diverrebbe così più facile ad esercitarsi». Mauri, Il mercato del credito in Etiopia cit., pp. 53-62. Mauri osserva che nel fare un consuntivo dei vantaggi tratti dalle banche italiane si nota che mentre fu un insuccesso sul piano politico, sotto il profilo economico, se si tiene conto sia dei dividendi che di quan­ to venne distribuito in sede di liquidazione, «si può concludere che la partecipa­ zione al capitale della Banca non risultò in definitiva un cattivo affare» (ivi, p. 79). Le vicende della banca sono trattate in modo sintetico anche nel volume di A. Mauri, C. Caselli, Moneta e banca in Etiopia, Giuffrè, Milano 1986. 25 La Banca di Etiopia, fondata con decreto imperiale del29.8.1931, aveva un capitale di 750 mila sterline di cui 471.925 sottoscritte e 235.962 versate. Dopo la conquista italiana la Banca venne posta in liquidazione. 26 «il Direttore Generale - si legge nella citata relazione al Consiglio supe­ riore - ripete che l'azione sua personale è stata ispirata unicamente dal desiderio di secondare il giusto desiderio del Governo di non trascurare un fatto econo­ mico di molta importanza per l'Abissinia che non mancherà di una notevole riverberazione politica che non può essere trascurata nelle condizioni dell'Italia nel continente africano». Tornata del Consiglio superiore n. 183 cit., e B.I., Adu­ nanza per il 1906, pp. 16-8. III. L'attività del/4 Banca d'Italia 49 e se qualche conseguenza si può trarre dall'intervento della Banca d'Italia in un affare che non la tocca dal punto di vista degli interessi, si è quella che essa ha nuovamente affermato, anche all'estero di essere il centro al quale convergono tutte le forze finanziarie del paese27•

3. La Banca del Marocco

Dal16 al17 aprile 1906 si svolse ad Algedras (Spagna) una conferenza internazionale chiamata a risolvere la crisi marocchi­ na28. In quell'occasione, tra le varie misure tendenti a realizzare la pacificazione politica e lo sviluppo economico del paese, fu prevista l'istituzione di una banca di Stato col privilegio del­ l'emissione. I vari paesi partecipanti alla conferenza- rappresen­ tante italiano era Enrico Visconti Venosta, già ministro degli Esteri in precedenti governi- furono invitati a dichiarare se in­ tendevano concorrere alla costituzione della banca. «Il governo credette opportuno che l'Italia vi partecipasse, ed espresse il de­ siderio che il nostro Istituto, il quale per le disposizioni che lo reggono, non poteva concorrere alla formazione del capitale, promuovesse e dirigesse il gruppo italiano». Nel comunicare agli azionisti di avere accettato l'incarico, Stringher precisò che, in base all'Atto generale della conferenza, il gruppo dovesse essere rappresentato da un istituto bancario cui spettava designare anche un suo rappresentante nel consi­ glio di amministrazione: «in seguito a dò la Banca d'Italia costi­ tuì il nucleo italiano chiamandovi a partecipare i principali Isti-

27 Tornata del Consiglio superiore cit., p. 408. Corsivo aggiunto. Nella stessa riunione i consiglieri plaudirono l'operato di Stringher «perché tutte le beneme­ renze del Direttore Generale si riflettono sulla Banca d'Italia ed il prestigio di chi la governa contribuisce ad accrescere la considerazione nel Paese e all'Estero». 28 «La conferenza si concluse con la riaffermazione dell'indipendenza e del­ l'integrità territoriale del Marocco, nonché della porta aperta al commercio in­ ternazionale; ma al tempo stesso stabilì che il sultano attuasse una politica di riforme e che la polizia fosse affidata alla Francia e alla Spagna». G. Candeloro, La crisi di fine secolo e l'età giolittiana, volume 7° della Storia dell'Italia moderna, Feltrinelli, Milano 1991, p. 287. Si veda anche quanto scrive Sonnino il 9.3.1906: «Barrére [ambasciatore francese a Roma] insiste perché [ .. .] gli si dia assicurazione che il delegato italiano favorirà la Francia. Luzzatti già assicuro ilo che il delegato sarà /umionario della Banca d'Italia e che avrà sempre missione conciliatrice». S. Sonnino, Diario, vol. I, 1866-1912, a cura di B.F. Brown, La­ terza, Bari 1972, p. 147. Corsivo aggiunto. 50 La Banca d'Italia in Africa VIII tuti bancari e un gruppo di capitalisti amici, come fece per la Banca Etiopica»29. TI gruppo italiano comprendeva la Comit e il Credito Italiano con quote di 150 mila lire ciascuno; il Banco di Roma e la So­ cietà Bancaria Italiana con quote di 100 mila lire. I «capitalisti amici» erano G. Balduino (150 mila lire), L. Rocca, F. Ceriana, T. Bertarelli, E. Maraini, L. Medici del Vascello (ciascuno con una quota di 100 mila lire). Costoro s'impegnavano a mantenere le azioni vincolate presso Bankitalia per un periodo di sei anni a partire dal l o agosto 190730. Tito Canovai, capo del Segretariato generale della Banca, ven­ ne incaricato di rappresentare il gruppo italiano nella commissio­ ne incaricata di preparare lo statuto della Banca del Marocco: suc­ cessivamente fu consigliere di amministrazione della banca stes­ sa31. La posizione italiana non era facile in quanto, da un lato il governo di Berlino richiedeva il suo appoggio (sebbene la questio­ ne marocchina non fosse contemplata dal trattato della «Tripli­ ce»), dall'altro, con l'accordo del 1902 l'Italia aveva riconosciuto al governo francese mano libera sul Marocco32. Questa complessa situazione diplomatica indusse Stringher, d'accordo col ministero degli Esteri, a dare a Canovai un mandato vincolante33 :

Data la speciale situazione dell'Italia, non spetta a noi il farci parte diligente né anche nella parte tecnica degli imminenti lavori del Comi­ tato. Converrà anzi di prendere e mantenere una posizione soltanto su­ bordinata, seguendo, per quanto possibile, con molto tatto, l'indirizzo

29 B.I., Adunanza per il 1906, pp. 9-10. 30 Scheda intestata alla Banca del Marocco nel fascicolo <

La Banca del Marocco era una società di diritto francese con sede sociale a T angeri, ma con sede operativa a Parigi, costituita il 7 aprile 1906 per un periodo di 40 anni. n capitale di 15,4 milioni di franchi era diviso in 14 parti corrispondenti agli Stati partecipanti alla conferenza di Algeciras e al Marocco35• Le principali operazioni che il nuovo istituto era autorizzato a compiere -nella sintesi del quotidiano romano «La Tribuna» - erano le seguenti:

Emettere dei biglietti al portatore; scontare degli effetti di commer­ cio; incassare i redditi dello Stato e delle dogane; fare al Governo ma­ tocchino degli anticipi o aperture di credito; essere l'agente finanziario di questo Governo all'esclusione di qualsiasi altro stabilimento di credi­ to e operare per proprio conto il pagamento dei tagliandi del debito in­ terno ed esterno marocchino come pure dei buoni del tesoro; assicurare il pagamento degli interessi e degli ammortamenti del debito interno ed esterno come pure il servizio prestiti; risanare la situazione monetaria al Marocco e finalmente occuparsi di tutte le operazioni di credito.

La Banca iniziò a operare il 25 febbraio 1907.

4. Concessione di prestiti

4.1. Mutuo all'Etiopia L'art. 5 della convenzione addizionale al trattato di U cci alli, prevedeva la concessione di un prestito di 4 milioni di lire (pari a

34 «Nei casi dubbi puramente tecnici, per l'interesse che vi potessero avere i partecipanti italiani, Ella domanderà l'awiso di questa Direzione Generale, che avrà cura di sentire occorrendo l'onor. Ministro del Tesoro. Ma Ella dovrà mantenere costantemente il contatto con S.E. il nostro Am­ basciatore a Parigi, per avere da Lui la linea direttiva nei rapporti d'indole più delicata, e per attingere da Lui quei consigli che potrebbero esserLe necessari, e che Ella seguirà sicuramente con scrupolosa cura, ma agendo come se l'azione di Lei fosse indipendente ed inspirata soltanto dai suoi doveri di rappresentante dei partecipanti italiani» (corsivo aggiunto). La minuta della lettera di Stringher a Canovai in data 1.11.1906, è conservata in ASBI, fondo cit., 391/4/184. 35 Successivamente il capitale della banca venne portato, in più riprese, a 46,2 milioni di franchi. 52 La Banca d'Italia in Africa VIII un milione di talleri) da parte di una banca italiana con la garan­ zia dello Stato; il governo etiopico garantiva il buon fine dell'ope­ razione con gli introiti della dogana di Harar. Ai sensi dell'art. 7, metà della somma sarebbe stata consegnata in monete d'argento, mentre «l'altra metà rimarrà depositata nelle casse dello Stato ita­ liano per servire agli acquisti che l'Imperatore d'Etiopia intende fare in Italia»36. n prestito venne concluso il 26 ottobre. Bankitalia concesse un mutuo ventennale, al 6 per cento, erogabile in due tranches: la prima alla firma del contratto, la seconda entro il l O novembre 189037 • n governo etiopico rilasciò 20 obbligazioni dell'importo di 192.178,20 lire ciascuna38• n peggioramento delle relazioni italo-etiopiche indusse il ne­ gus a richiedere il rimborso anticipato del prestito che avvenne, dopo varie peripezie, nel maggio 1897.

4.2. I prestiti ferroviari L'art. 11 della legge 24 maggio 1903, n. 130 dava facoltà alla colonia eritrea «di contrarre mutui ed accendere debiti per prov­ vedere alle spese di costruzione della ferrovia SAATI-ASMARA, dei suoi eventuali prolungamenti e per altre opere di utilità pub­ blica concernenti sia la viabilità, sia la raccolta delle acque a sco­ po agricolo»39.

36 In base al dìsposto dell'art. 6, l'Etiopia avrebbe potuto chiedere entro un anno un secondo mutuo dì 2 milioni di lire alle stesse condizioni. La conven­ zione è pubblicata nel volume documentario di Rossetti, Storia diplomatica del­ l'Etiopia cit., pp. 45-7. 37 ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1891, pp. 112-5. 38 Per correggere un errore cui si era incorsi nel preparare il piano d'ammor­ tamento, alle condizioni del prestito venne aggiunto il seguente articolo: «il pa­ gamento dell'annualità del prestito etiopico di L. 192.178,20 ciascuna, viene pro­ rogato dì un anno e la scadenza della prima dì esse avrà quindì luogo il l o luglio 1892». ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1891, pp. 1913-4. 39 TI governatore Mattini, che aveva ottenuto l'inserimento dell'art. 11 nella legge organica, fu oggetto dì vivaci critiche. «TI Secolo» dell'8-9.1.1903 scrisse che la legge n. 130 costituiva il degno «coronamento dell'opera con molta pa­ zienza ed abilità compiuta dal governatore civile in questi cinque anni, trasfor­ mando la Colonia da campo dì esperimenti ed esercitazioni militari qual' era pri­ ma, in un campo di esperimenti ed esercitazioni speculative, industriali e finan­ ziarie sotto la garanzia del Governo italiano». Citazione da A. Aquarone, Politica estera e organizzazione del consenso nell'età giolittiana: il Congresso dell'Asmara III. L'attività della Banca d'Italia 53

Poiché la raccolta di capitali aveva incontrato seri ostacoli40, si rese necessario il ricorso alla Banca d'Italia in base a una con­ venzione col governo in data 20 luglio, approvata con R.D. 26.8.1906, n. 531. Bankitalia s'impegnò a fornire alla colonia, dietro rilascio di speciali certificati nominativi di debito, consi­ derati a tutti gli effetti titoli di Stato, la somma di lire 3.250.000 per finanziare la costruzione del tronco Digta-Ghinda. Successi­ vamente furono autorizzati altri due mutui per la costruzione del tronco Digta-Asmara: 4 milioni nel 1908 (R.D. n. 755 del 6 di­ cembre); 9.750.000 l'anno successivo (R.D. n. 847 del30 dicem­ bre). e la fondazione dell'Istituto coloniale italiano, in Dopo Adua cit., p. 321, corsivo aggiunto. 40 Ricorda Aquarone che Luzzatti aveva fatto fallire un primo progetto per l'importo di 20 milioni perché le condizioni erano giudicate troppo favorevoli per i capitalisti.

Parte seconda LA BANCA D'ITALIA NELLE COLONIE PREFASCISTE

IV

L'ERITREA: UNA FALSA PARTENZA

il 15 febbraio 1906 il Consiglio superiore di Bankitalia adottò la decisione di massima di aprire una filiale nella colonia eritrea, decisione confermata dagli azionisti nell'assemblea del26 marzo1• Sedici anni erano già trascorsi dall'istituzione della colonia e ancora altri sette sarebbero dovuti passare prima che la filiale di Asmara diventasse operativa. Questi tempi lunghi sono indicativi della prudenza con cui la Banca affrontava un'iniziativa nuova, in territori lontani ed eco­ nomicamente arretrati, soprattutto in un momento in cui «il pro­ blema coloniale era scarsamente sentito nel Paese, ancora de­ presso dalle avverse sorti della prima campagna d' Mrica e da assillanti contingenze interne»2 • Oltre che dal motivo prudenzia­ le, i tempi lunghi dipesero dalla stessa arretratezza economica dell'Eritrea che inizialmente non aveva fatto sentire l'urgenza di avere una, seppure modesta, organizzazione creditizia, in quanto

1 In quell'occasione venne votato il seguente ordine del giorno: «L'Assem­ blea approva la deliberata istituzione di uno stabilimento della Banca d'Italia nella Colonia Eritrea, che attesta il vivo interessamento dell'Amministrazione per l'incremento economico della Colonia e dà all'Amministrazione stessa voto di piena fiducia, per tutto quanto riguarda le norme speciali dalle quali l'Agen­ zia medesima dovrà essere governata». 2 «La decisione della Banca sembrò forse un atto di audacia, tanto più che non vi era esempio anche in paesi i quali potevano vantare il possesso di vasti imperi coloniali, di una diretta presenza dell'Istituto di emissione negli imperi medesimi». Testo scritto nel1936 che rappresenta la prima stesura dell'opusco­ lo pubblicato tre anni più tardi col titolo La Banca d'Italia nelle terre italiane d'oltremare, Libreria dello Stato, Roma 1939, conservato in ASBI, Filiali colo­ niali, 9196/1/205. 58 La Banca d'Italia in Africa VIII le esigenze dei militari erano soddisfatte dai servizi a denaro del­ le Poste e della tesoreria statale3. Con l'incremento dell'attività economica e il trapasso del­ l' amministrazione dai militari ai civili si avvertì la necessità di colmare questa lacuna: nel Congresso coloniale italiano svoltosi ad Asmara dal 25 settembre al14 ottobre 1905, venne avanzata la richiesta dell'istituzione di una banca che, si auspicava, fosse dotata del privilegio dell'emissione, costituita sotto forma di so­ cietà anonima con un capitale iniziale di 4 milioni sottoscritto tanto nella madre patria che nella colonia. La costituenda banca doveva essere l'emanazione di un'importante istituzione crediti­ zia italiana4. Emanazione, si precisava, non succursale, in quanto la banca in colonia avrebbe dovuto disporre di una libertà maggiore di quella consentita alle banche operanti nel territorio nazionale ed essere abilitata a compiere attività creditizia (a breve, medio e lun­ go termine) e assicurativa (in particolare, contro la mortalità del bestiame e il flagello «biblico» delle cavallette), ma con esclusione di qualsiasi attività commerciale>. Poiché il Congresso d'Asmara aveva fatto da cassa di risonanza alle ternatiche coloniali richia­ mando su di esse l'attenzione della pubblica opinione, il ministro degli Esteri, d'accordo col collega del T esaro, prese contatto col direttore generale di Bankitalia invitandolo a istituire una dipen­ denza nella colonia6.

3 Per i servizi a denaro dell'amministrazione postale, presente in Eritrea sin da11886 svolgendo anche una serie di funzioni creditizie, si rinvia al volume di A. Mauri, Il mercato del credito in Etiopia, Giuffrè, Milano 1967, pp. 152-8. 4 In argomento cfr. A. Aquarone, Politica estera e organizzazione del con­ senso nell'età giolittiana: il Congresso dell'Asmara e la fondazione dell'Istituto coloniale italiano, in Dopo Adua: politica e amministrazione coloniale, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, pubblicazioni degli Archivi di Stato, saggi 14, Roma 1989, pp. 257-410, in particolare, pp. 308-14. 5 «Un istituto di credito potrà essere di potente aiuto non commerciando es­ so stesso - che mi parrebbe cosa non conforme alla sua natura e ai suoi scopi e di troppo difficile attuazione- ma promuovendo e sostenendo il commercio in tut­ te le sue manifestazioni». Relazione di E. Cagnassi dal titolo La fondazione di un Istituto di credito per l'Africa italiana e lo sviluppo economico della Colonia Eri­ trea, in Atti del Congresso coloniale italiano in Asmara (settembre-ottobre 1905), a cura di C. Rossetti, Roma 1906, vol. I, pp. 51-103 (per la citazione, p. 91). 6 L'apertura di una filiale di Bankitalia si giustificava non solo per ragioni economiche (lo sviluppo del territorio), ma anche politiche, in quanto essendo il servizio bancario già organizzato nel Sudan e, entro breve periodo in Etiopia, IV. L'Eritrea: una falsa partenza 59

«Dopo lungo e maturo esame», Stringher si convinse della «convenienza di secondare gli intendimenti di chi s'interessa del­ la prosperità della Colonia Eritrea [in quanto] i frequenti e cre­ scenti rapporti tra essa e la madre Patria e le occorrenze dello Stato, fanno ritenere opportuno e utile che il nostro primo Isti­ tuto di emissione del Regno rechi alla Colonia il contributo della sua opera»7 • Riferendo al Consiglio superiore nella seduta del 19 febbraio 1906, Stringher presentò favorevolmente la richiesta governativa, ma usò prudenza. Fornite alcune sintetiche (e generiche) infor­ mazioni sulla situazione geo-economica dell'Eritrea, il direttore generale affermò:

Tutto induce a credere che le condizioni della Colonia andranno progredendo, specialmente se il credito vi sarà, con prudente accorgi­ mento diffuso per modo da agevolare lo svolgimento delle attività eco­ nomiche e dare valore e movimento alle ricchezze latenti del paese. n Direttore Generale - proseguiva la relazione - riconosciuta in massima la convenienza della istituzione di uno stabilimento della Banca nella Colonia Eritrea, crede che codesta istituzione debba essere, per necessità di cose, subordinata alla assegnazione allo stabilimento del servizio di Te­ soreria8.

Proseguiva la relazione affermando che la Banca non poteva esercitare, come richiesto dal ministero degli Esteri, il credito agrario a ciò impedita dalla legislazione vigente; tuttavia, si sa­ rebbe adoperata ad «agevolare la creazione di un Istituto spe-

«nulla di più indicato per non rimanere in una condizione ingiustificabile di inferiorità che detto servizio si attui in Eritrea per opera del nostro massimo Istituto di emissione». Relazione pel Consiglio dei ministri, in data 22.2.1906, conservata in minuta in ASMAE nella pos. 22/1 che contiene anche una ricca corrispondenza sulle vicende relative all'apertura di una dipendenza bancaria. Per lo sportello di Bankitalia si veda lo scambio di corrispondenza tra Stringher, Mattini e i ministri degli Esteri e del Tesoro, ASBI, Studi, copialettere n. 80. 7 ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1906, p. 118. 8 lvi, p. 119. Corsivi aggiunti. ll ministro degli Esteri Guicciardini aveva riconosciuto che <

Per queste considerazioni è d'avviso che sia da preferire per intan­ to, la istituzione di una Agenzia ad Asmara, salvo poi a vedere se sia il caso di elevarla a Succursale, aggregandole una agenzia a Massaua, quando l'esperienza ne dimostrasse la convenienza. Ma avuto riguardo alla lontananza dalla madre Patria, osserva che l'Agenzia della Colonia Eritrea non potrebbe funzionare con le norme che regolano l'azione delle Agenzie della Banca d'Italia10.

Stringher chiese al Consiglio superiore, che approvò all'una­ nimità, «una deliberazione di massima: il modo del funzionamen­ to sarà stabilito dopo. Confida che il Consiglio accoglierà la pro­ posta: in tal modo oltre ad esaudire il desiderio del Governo, si eviterà che altri prenda il posto della Banca; ciò che indubbiamente avverrebbe>>11 • Per assumere più precise informazioni sulla colonia eritrea venne inviato in missione l'ispettore Niccolò Introna accompa­ gnato dal segretario Mario Mionil2 • L'esito del sopralluogo fu negativo.

Gli studi compiuti dal punto di vista economico [. .. ] - così Stringher riferì al ministro del Tesoro Majorana- forse porterebbero alla conclu-

9 Il ministro degli Esteri con la lettera citata nella nota precedente aveva lasciato libera la Banca di scegliere tra la modifica della normativa e la costitu­ zione di un organismo ad hoc. 10 Verbale della seduta cit., p. 120. Per questo motivo sarebbe stato neces­ sario conferire all'istituenda filiale «una maggiore libertà d'azione e una certa autonomia» soprattutto nello stabilire gli opportuni limiti per l'ammissione delle cambiali allo sconto. B.I., Adunanza per i/1905, p. 11. 11 Verbale cit., p. 124, corsivo aggiunto. Il pericolo paventato venne real­ mente corso in quanto nel 1909 - come si vedrà nelle pagine seguenti - essen­ dosi insabbiata l'iniziativa della Banca d'Italia, furono allacciate col Banco di Roma trattative che non ebbero seguito avendo il ministero del Tesoro negato al Banco di assumere il servizio di tesoreria. 12 Mattini registrò puntualmente sul diario sia l'arrivo (4 giugno) che la par­ tenza (26 agosto) di Introna, la cui relazione è conservata in ASBI, Segretariato, b. 193. IV L'Eritrea: una falsa partenza 61 sione che non fosse profittevole, per la Banca, la istituzione in Asmara di una propria Agenzia, la quale non solo non potrebbe ripromettersi alcun beneficio netto ma subirebbe una perdita annua e forse non lieve. Tut­ tavia, trattandosi di territorio appartenente allo Stato italiano, per quei sentimenti di nazionalità tradizionali nell'Istituto, confermo alla E. V. che l'Amministrazione sarebbe disposta a secondare i desideri del R. Gover­ no, quando all'Agenzia costituenda venisse affidato il servizio di Tesore­ ria e venissero accordate le necessarie agevolezze 13 •

Le «agevolezze» richieste riguardavano la concessione gratui­ ta dei locali per gli uffici e gli alloggi del personale14 , l'esenzione dal pagamento delle tasse e delle spese di trasporto in colonia. In ogni caso, precisava Stringher, l'impianto della filiale «dovreb­ be essere preceduto dalla promulgazione della legge bancaria, dovendo l'Agenzia limitare naturalmente la sua àzione entro i confini della legge oltre ad adattamenti tecnici minori della nor­ mativa»15. Le trattative incontrarono un duplice ordine di difficoltà: eco­ nomicamente il soddisfacimento delle richieste avrebbe compor­ tato un onere non lieve per la colonia data la modestia del suo bilancio; sul piano sostanziale, l'azione della Banca, anche dopo l'introduzione dei codici e della legge bancaria, sarebbe stata mol­ to limitta sul piano operativo essendo, per così dire, «ingessata» da rigidi vincoli statutari e regolamentari16.

13 La lettera dell6.10.1906 è in ASBI, Studi, copialettere n. 80, pp. 184-7. La stessa missiva venne inviata anche a Tittoni, ivi, pp. 188-90. 14 Annunciando a Guicciardini, 1'8.5.1906, l'invio di un ispettore in colonia, Stringher chiedeva di sapere fin d'ora come la «questione dei locali potrebbe trovarsi risolta da parte del Governo, e cioè se questo [li] può mettere a dispo­ sizione della Banca, a titolo gratuito, per un certo numero di anni, fino a che l'Agenzia dell'Eritrea non possa farvi fronte con propri profitti». Questa richie­ sta, precisava Stringher, è una condizione che la Banca pone ogniqualvolta è richiesta di aprire una agenzia. La lettera è in ASMAE, pos. 22/1. 15 La promulgazione dei codici, prevista per il 1907, nel 1913 non era an­ cora avvenuta. Nella prima relazione del direttore della filiale di Asmara del 16 settembre di quell'anno, viene annotato che i codici civile, penale, commerciale e della marina mercantile erano ancora lettera morta. ASBI, Filiali coloniali, 5528/1/774 (per la citazione, 5528/1/786). 16 L'agenzia di Asmara dipenderebbe amministrativamente dalla sede di Roma, ma sarebbe messa in grado di compiere, in genere, tutte le operazioni che compie una succursale, purché rispondenti nella sostanza e nella forma alle esi­ genze della legge bancaria che regola gli istituti di emissione. Stringher a Tittoni, [dicembre] 1906, ASBI, Studi, copialettere n. 80, pp. 205-7. 62 La Banca d'Italia in Africa VIII

Quasi «per mettere le mani avanti», il segretario generale de­ gli Esteri Malvano comunicò a Stringher che non era agevole tro­ vare in colonia un edificio atto a soddisfare le esigenze della Ban­ ca e che «ove si richiedesse la costruzione di nuove fabbriche, importanti una spesa grave, il bilancio della Colonia non potreb­ be sopportare un tale aggravio» 17• Per superare questa impasse il governo iniziò trattative col Banco di Roma che da poco aveva aperto una filiale a Tripoli. Era favorevole a questa iniziativa il governatore Salvago-Raggi che prevedeva un vantaggio reciproco per l'Eritrea e per il Ban­ co stesso:

Oltre alle operazioni bancarie sue proprie e a quelle inerenti al ser­ vizio di tesoreria che gli sarebbe affidato, avrebbe pure la possibilità, decidendosi subito, di assumere - direttamente o indirettamente - le linee di navigazione per l'Eritrea o per il Benadir regolandole in guisa da renderle il più possibile vantaggioso allo sviluppo dei traffici. Inoltre potrebbe in Assab riattivare il commercio ed aprirvi per mezzo di abili agenti e corrispondenti, la via al traffico con l'Etiopia centrale e meri­ dionale; potrebbe infine concorrere alle imprese cotoniere ed avviare tante altre correnti di traffico e di lavoro18•

Anche Stringher- volendo cogliere l'opportunità di liberarsi di un impegno che vedeva pieno d'insidie - rispose al ministro del T es oro T ed esco - che gli aveva chiesto se Bankitalia fosse disposta a riallacciare le trattative - che un istituto privato era più che adatto a soddisfare le necessità della colonia e «che a­ vrebbe visto assai volentieri la costituzione di un ente siffatto». Sostenne soprattutto che l'azione che avrebbe potuto svolgere un filiale della Banca d'Italia non sarebbe stata in armonia coi bisogni e le condizioni locali della Colonia ove non esistono istituti secondari. Le operazioni avrebbero dovuto ri­ spondere nella sostanza e nella forma alle esigenze della legge bancaria che regola gli Istituti di emissione, esigenze da cui non è consentito scostarsi. La Colonia avrebbe avuto invece bisogno di una forma di ere-

17 La lettera è pubblicata in estratto in una memoria, senza data, conservata in ASBI, Filiali coloniali, 5525/1/238. Le esigenze minime erano state quantifi­ care in 9 stanze per gli uffici e 7 per gli alloggi. Stringher a Tittoni, 7. 9.1908, in ASBI, Studi, loc. cit., pp. 321-3. 18 Lettera di Salvago-Raggi a Tittoni del 7.8.1908, in ASBI, loc. cit. IV. L'Eritrea: una falsa partenza 63 dito che potesse dedicarsi all'Agricoltura [. . .]. Questo mentre è vietato ad un Istituto di emissione, può essere praticato da una banca privata19.

Poiché questo istituto avrebbe potuto in avvenire aver biso­ gno di ricorrere al risconto o all'aiuto di un istituto di emissione, allora la questione della presenza della Banca in Eritrea sarebbe stata riesaminata20• Le trattative col Banco di Roma si arenarono per la questio­ ne della tesoreria: la concessione di questo servizio richiesta dal Banco come condizione irrinunciabile per l'apertura di una filia­ le, venne negata dal ministro del Tesoro che non intendeva con­ cedere questo importante servizio pubblico a un'istituzione pri­ vata. Con l'occupazione della Tripolitania e della Cirenaica la que­ stione della presenza di una banca nelle colonie venne avviata a soluzione2 1• Questo evento - scrisse molti anni più tardi Azzolini - ebbe l'effetto di riproporre all'opinione pubblica, in termini nuovi, il problema coloniale: «solo quando con l'occupazione del­ la Libia, cominciò a diffondersi tra noi una coscienza coloniale e maturarono gli eventi e gli uomini alle necessità dell'espansione, fu possibile tradurre in atto il proponimento dell' Amministrazio­ ne e recare il contributo dell'Istituto alla organizzazione e al po­ tenziamento economico dei territori conquistati»22• Avendo finalmente compreso che l'azione degli istituti di emissione sarebbe stata profittevole per le colonie solo se fosse

19 ASBI, Filiali coloniali, 5525/1/244. 20 Le trattative furono formalmente interrotte quando Stringher risponden­ do a una precisa richiesta del ministro del Tesoro (19 giugno) affermò: «poiché nell'interesse della Colonia Eritrea sarebbe opportuna l'istituzione di una banca privata che potesse liberamente svolgere la propria azione in favore della stessa, prendo atto dell'eventualità accennatami che a detta banca sia affidata la gestio­ ne del servizio di tesoreria di detta Colonia, rimanendo abbandonate le tratta­ tive che in proposito erano state fatte con questo Istituto». lvi, 5528/11245. 21 La costituzione di una banca in Eritrea e nel Benadir venne sollecitata da G.B. Boselli in occasione del secondo congresso degli italiani all'estero (11-20 giugno 1911) ma senza risultato. Cfr. Ministero degli Affari Esteri, Note della Direzione centrale degli affari coloniali sui voti espressi dalla Sezione ottava al secondo congresso degli italiani all'estero, Roma 1912, pp. 16-7. Il documento è conservato in ASMAE, pos. 17/2, f. 15. Sul congresso si veda Aquarone, Politica estera cit., pp. 391-410. 22 Prima versione de La Banca d'Italia nelle terre italiane d'oltremare, Li­ breria dello Stato, Roma 1939, 9196/1/206. 64 La Banca d'Italia in Africa VIII stato loro consentito di operare secondo regole che tenessero conto degli usi propri di territori economicamente depressi, il governo emanò il R.D. 10.12.1911, n. 1367 che consentiva alla Banca d'Italia e ai banchi meridionali di aprire filiali nella Libia e di introdurre nei rispettivi statuti le necessarie modificazioni. v

LA CONQUISTA DELLA LIBIA E LE PRIME FILIALI COLONIALI

1. L'apertura delle filiali di Tripoli e di Bengasi

Dopo l'occupazione della Tripolitania e della Cirenaica a Bank.italia venne richiesto di aprire una dipendenza nella colonia nordafricana. li 2 ottobre, su proposta di Stringher, il Consiglio superiore votò questo ordine del giorno:

ll Consiglio Superiore [...] approva il concetto che l'Istituto, il qua­ le, prima col nome di Banca Nazionale, poi con quello di Banca d'Italia, accompagnò il Regno in tutte le sue fortune, mentre si compie il cin­ quantennio, non debba e non possa tenersi estraneo a fatti d'una im­ portanza cospicua, per gli interessi materiali, morali e politici del paese.

Dopo questo esordio solenne, il documento proseguiva af­ fermando che il direttore generale, sentito il ministro del T esaro,

determini le provvidenze necessarie non solo perché venga esercitato dalla Banca d'Italia il Servizio di Tesoreria dello Stato nella nuova Co­ lonia [. .. ] ma anche perché non manchi il contributo e l'ausilio efficace della Banca a costituende imprese italiane, organizzate seriamente da cittadini italiani e con capitali italiani per fini ben determinati, i quali ridondino a sicuro vantaggio dell'economia nazionale1.

Nel febbraio 1912 Stringher inviò a Tripoli il direttore della succursale di Messina, Conforto Crea, accompagnato dall'ispet-

1 B.I., Adunanza per i/1911, pp. 12-3. 66 La Banca d'Italia in Africa VIII tore Giorgio Pastore, con l'incarico di accertare le condizioni del territorio in previsione dell'apertura di una filiale e di studiare le modificazioni da apportare allo statuto2 • L'esito della missione fu positivo. I due funzionari riferirono di aver riportato anzitutto l'impressione che l'azione della Banca potrà svolger­ si colà con vantaggio dell'economia di quelle regioni- così riferì Strin­ gher al Consiglio superiore - e che a prescindere dai servizi ordinari di Tesoreria e di Cassa, che pure vi avranno una grande importanza spe­ cialmente fino a che si svolgerà la fase dell'occupazione, anche i servizi di credito e di risparmio potranno trovarvi un apprezzabile sviluppo [...]. È opinione dei Delegati che possa intanto essere istituita a Tripoli una regolare succursale della Banca, con funzionamento quasi in tutto uguale a quello degli stabilimenti del Regno [. .. ] disimpegnando tutti i servizi già previsti dallo Statuto e Regolamenti vigenti, con lievi modi­ ficazioni che potranno essere contenute e determinate nelle modifica­ zioni statutarie già proposte ed approvate nell'ultima Assemblea. Credono i delegati - proseguiva la relazione - che la istituenda suc­ cursale di Tripoli possa convenientemente funzionare con una speciale dotazione di 4-5 milioni, e che potendosi fare assegnamento su una no­ tevole raccolta di capitali sia per l'automatica rotazione del movimento di Cassa, sia anche per i depositi a risparmio e in conto corrente, lo Stabilimento lavorerà, in parte, con il denaro già in circolazione3.

2 «Importa che Ella [ ... ] si metta in grado di farsi un concetto esatto della entità e della natura degli scambi da e per quel paese, con speciale riguardo agli usi e alle consuetudini commerciali del luogo - si legge nella lettera di incarico - affinché l'amministrazione della Banca abbia una idea del modo col quale la sua attività potrà essere svolta colà e degli specifici provvedimenti che dovranno essere presi per adattarla alle condizioni locali. Sarà da esaminare, in primo luogo, se quelle condizioni consentano la isti­ tuzione di vere e proprie succursali o se no sì dovrà piuttosto principiare con l'apertura di Agenzie, con facoltà e attribuzioni speciali, avuto riguardo alla di­ stanza dalla madre patria. Per quanto riguarda il servizio di Tesoreria dello Stato, sul quale ancora non sono state concretate le idee, Ella dovrà assumere notizie circa la impor­ tanza e la natura di esso affinché se ne possa tener conto qualora occorresse addivenire ad accordi col Governo». ASBI, Studi, copialettere n. 181, pp. 2-4. 3 ASBI, Segretarìato, Verbali del Consiglio superiore, 1912, pp. 158-61. «Al punto in cui è già arrivata la presente Relazione- scrivono a p. 61 Crea e Pa­ store - sì è già manifestata evidente la nostra convinzione, che cioè la Banca non possa fare a meno di venire anch'essa nelle nuove terre, istituendovi una Filiale». Questo passo era imposto dall'invito del decreto n. 1367 del1911, e «per non V. La conquista della Libia e le prime filiali coloniali 67

2. Le modifiche statutarie

Sulla base di questi riferimenti la Banca si accinse ad ade­ guare il proprio statuto in base al R.D.L. 10.12.1911, n. 1367 (convertito nella legge 23.5.1912, n. 511) che consentiva agli isti­ tuti di emissione di aprire filiali a Tripoli, Bengasi e nelle altre località per le quali ne fosse stato riconosciuto il bisogno dal mi­ nistro del Tesoro. ll 26 ottobre 1912 Stringher illustrò al Consiglio superiore la ratio che presiedeva alle proposte di modifica statutaria: l'attività della Banca doveva essere «un'azione bancaria, cioè non diretta­ mente industriale, agraria o commerciale, e non circoscritta nella cerchia delle funzioni proprie di un Istituto di emissione le quali non sarebbero adatte alla economia di una colonia nei suoi pri­ mordi»4. Inoltre, le filiali sarebbero state fornite di una speciale dotazione da prelevarsi dalla riserva patrimoniale straordinaria della Banca prevista dall'art. 67 dello statuto5. La riserva straordinaria è quella - precisa la relazione per il 1913 - «creata in seguito alla Convenzione del 28 novembre 1908 [. .. ] riserva che rappresenta una proprietà a parte degli azionisti, i quali, in occasione di quegli accordi rinunziarono al essere da meno di un altro istituto minore [il Banco di Roma] che ha già deciso l'impianto e cominciato a funzionare». Comunque, secondo i relatori, la Banca «dovrebbe venire in Libia nel suo stesso interesse, perché crediamo remissiva­ mente che col tempo e con accorto avviamento la sua azione possa quì riuscire convenientemente retributiva» (pp. 61-2). La relazione è in ASBI, Ispettorato generale, pratica M1, c. 53. Nel corso del sopralluogo emerse la questione pre­ giudiziale dei locali già incontrata in Eritrea; Stringher scrisse a Giolitti solleci­ tando il suo intervento presso le autorità militari. Lettera del 15.3.1912, in ASBI, Studi, copialettere n. 181, pp. 24-6. I locali furono poi presi in affitto da E. Labi, console del Belgio, per 5 anni ad un canone annuo di lire 8 mila. 4 ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1912, pp. 61-70 (per la citazione, p. 62). Corsivo aggiunto. Cfr. B.I., Adunanza per il1911, pp. 12-7. Fallita l'ipotesi di fare della Libia una colonia di sfruttamento, restava la pos­ sibilità di creare una colonia di popolamento (in parte realizzata dal regime fa­ scista); questa politica richiedeva cospicui investimenti e la presenza delle ban­ che nel settore agrario, fondiario e commerciale. C. Segrè, L'Italia in Libia. Dall'età giolittiana a Ghedda/i, Feltrinelli, Milano 1978. 5 «Per dotare le nuove filiali - precisò Stringher - si farà una avulsione dalle riserve patrimoniali dell'Istituto lasciando intatti i capitali destinati al Commer­ cio. Il quale nessun danno verrà a risentire perché le riserve cui si attingeranno i fondi per le nuove Filiali saranno impiegati in Titoli>>. ASBI, Segretariato, Ver­ bali del Consiglio superiore, 1912, pp. 61-70. 68 La Banca d'Italia in Africa VIII rimborso dei 30 milioni chiamati durante le distrette dei primi anni d'esercizio della Banca d'Italiaé. Si trattava pertanto di una riserva straordinaria distinta dalla massa di rispetto, «un fondo che [la Banca] potrà gestire ad libitum e a suo rischio e pericolo; come se disponesse di una sezione capace di operare come una banca di credito ordinario»7. In tal modo, quindi, non sarebbero state intaccate le somme destinate alle filiali metropolitane a fa­ vore del commercio e delle industrie italiane, mentre le filiali co­ loniali avrebbero operato col capitale proprio, col prodotto delle operazioni passive e, occorrendo, col risconto in Italia di parte del portafoglio. Sulla base di queste indicazioni furono introdotti nello sta­ tuto due nuovi articoli: il2 bis, che autorizzava l'amministrazione a istituire filiali in Tripolitania e in Cirenaica soggette a speciale regime da stabilirsi dal Consiglio superiore su proposta del di­ rettore generale; e l'art. 63 bis che, oltre a prevedere la costitu­ zione della speciale dotazione sopra ricordata, disponeva che le filiali libiche avrebbero compiuto «operazioni [statutarie] e quel­ le altre che saranno riconosciute meglio adatte all'economia di quelle contrade»s. La succursale di Tripoli e l'agenzia di Bengasi iniziarono l'at­ tività, rispettivamente, il 5 maggio9 e il l o ottobre 1913. A que­ st'ultima venne attribuito lo status di agenzia sui generis, dipen­ dente dalla direzione generale e operante con le stesse norme fissate per la filiale di Tripoli10. Alle due dipendenze venne as-

6 B.I., Adunanza per tl1913, pp. 18-9. 7 F. Bonelli (a cura di), La Banca d'Italia dal 1894 a/1913. Momenti della formazione di una banca centrale, Collana storica della Banca d'Italia, serie do­ cumenti, vol. IV, Laterza, Roma-Bari 1991, p. 29. Sulla convenzione del1908 si vedano i documenti 9, 11, 76, 77, 78. Per massa di rispetto si intende il fondo di riserva ordinaria e straordinaria accresciuto annualmente con l'accantonamento di parte degli utili. 8 Le modifiche statutarie furono approvate dall'assemblea straordinaria del 30.5.1912. Oltre agli articoli citati nel testo, l'art. 14 prevedeva l'aumento a 30 milioni della quota del capitale da impiegare per la costruzione o l'acquisto di edifici; l'art. 17 bis indicava le somme da impiegare a tal fine negli anni 1912-16. 9 Banca d'Italia (Segretariato generale), circolare n. 399 del 28.4.1913. La filiale era diretta da Paride Vantini. 10 Le <

11 Poiché il volume d'affari era modesto, nel 1914 la dotazione venne di­ mezzata. ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1914, pp. 7-8. 12 Il ministero venne istituito con L. 6.7.1912, n. 88. Sul ministero e, più in generale, sugli organi dell'amministrazione coloniale, si veda G. Mondaini, La legislazione coloniale italiana nel suo sviluppo storico e nel suo stato attu11le (1881-1940), Istituto per gli studi di politica internazionale, Milano 1941, vol. I, pp. 48-81, in particolare, pp. 55-8. u ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1913, p. 67. 14 I funzionari che avevano trattato al ministero i problemi tecnici connessi con l'istituzione del servizio di tesoreria in Libia, riferirono a Stringher il 7.2.1913 che le controparti governative «hanno poi dichiarato di assoluta ur­ genza che la Banca provveda per l'impianto di una succursale all'Asmara con le funzioni di R. Tesoreria [ ... ] giacché diversamente si andrebbe a stabilire al­ l'Asmara una banca inglese e quella nostra colonia diverrebbe tributaria del ca­ pitale straniero che ne sfrutterebbe le risorse». ASBI, Filiali coloniali, 206/6/9. A. Mauri (Il mercato del credito in Etiopia, Giuffrè, Milano 1967, p. 162) ritiene che la banca <

3. La situazione economica della Libia: iniziative per il suo sviluppo

La situazione economica della colonia era sfavorevole.

È un momento di transizione difficile per Tripoli- scrisse Varvaro Pojero nella relazione al Consiglio superiore- c'è molto spostamento d'interessi, c'è grande squilibrio che sconvolge l'ordinamento economi­ co del paese. La vita è diventata molto cara [. .. ]. ll commercio attual­ mente è molto depresso [ ... ]. Non possiamo sperare per ora gran che dal lavoro della nostra Suc­ cursale: né conviene essere impazienti e spinger/a a /are di più di quanto la prudenza consiglia. Il momento è difficile ed è bene di essere cauti16•

Le difficoltà dipendevano in larga misura dalla situazione mi­ litare in quanto, durante la guerra mondiale, il territorio fu quasi completamente sgombrato dai reparti militari, rimanendo occu­ pate solo alcune località costiere.

Colla ritirata dei nostri presidi e causa l'abbandono immediato im­ posto dalle Autorità Militari, ben altri e molti interessi furono troncati e rovinati a commercianti nostri, appaltatori di opere pubbliche e agricol­ tori i quali nei punti principali della zona costiera e in quelli congiunti dalla ferrovia e validamente presidiati, avevano fatto sorgere industrie, assunti appalti e imprese, costituiti depositi di merci e sviluppate con­ cessioni agricole e industriali di natura diversa17•

Terminato il conflitto mondiale la situazione rimase presso­ ché invariata sul piano militare: il territorio controllato era «ri­ dotto a una striscia di territorio litoraneo, che si estende da Zua­ ra ad Homs, di una lunghezza di Km. 200, con una profondità dalla costa che in alcuni punti, come a Homs, oltrepassa di poco la superficie della città». La situazione non era tale da incorag­ giare tentativi di valorizzazione agricola: «dalla nostra occupa-

16 Francesco Varvaro Pojero aveva partecipato il5.5.1913 all'inaugurazione della filiale di T ripoli insieme all'altro consigliere superiore Luigi Giachery e all'ispettore generale Introna. La relazione è in ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1913, pp. 201-7 (per la citazione, p. 204). Corsivo aggiunto. 17 «La colonia di Libia, per quanto riguarda la Tripolitania è oggi ridotta al paese di Homs e a Tripoli [ ... ]. Questo stato di cose ha eliminato del tutto il modesto traffico con i paesi dell'interno e di conseguenza il movimento com­ merciale langue ancor più di prima». Lettera di P. Vantini a Stringher del 12.5.1915, ASBI, Filiali coloniali, 5526/11551. V. La conquista della Libia e le prime filiali coloniali 71 zione ad ora - questa è la sintesi di Saporetti - non può dirsi, invero, che la colonia della Tripolitania abbia sensibilmente pro­ gredito sulla via dello sviluppo economico»18• La situazione non era migliore in Cirenaica.

La resistenza operata da quelle popolazioni tanto all'azione pacifica quanto a quella delle armi, trova[va] spiegazione- a parere dell'ispet­ tore Paladini - nelle abitudini d'indipendenza della popolazione e nel fanatismo che le anima e le sostiene nella lotta, ma anche in gran parte nella propaganda attiva e accorta che viene fatta dall'Egitto, vigile cu­ stode della sua influenza commerciale, e che dal prolungamento dello stato di guerra trae indiscutibili vantaggi economicil9 •

Paladini osservava come il governo coloniale non avesse ela­ borato un programma per la valorizzazione delle risorse locali:

È penoso constatare come la penetrazione commerciale dell'Italia nella Colonia sia stata sino ad oggi quasi insignificante; il poco fatto sin qui è dovuto unicamente a iniziative isolate (e non sempre indovinate) in assenza di un programma organico e concreto che avrebbe dovuto avere l'appoggio delle Camere di Commercio italiane e l'incoraggiamen­ to del Governozo.

Per questo mediocre risultato venne pagato un prezzo eleva­ to in vite umane (4.000 morti) e in termini finanziari (oltre 1,2 miliardi). More solito, il governo nascose l'onere effettivo con ar­ tifici contabili: le somme, una volta stanziate, venivano anticipate dalla tesoreria e iscritte in bilancio negli anni successivi2 1•

18 Relazione di Saporetti a Stringher del 20.11.1920, in ASBI, Ispettorato generale pratica A, c. 297. 19 Lettera di A. Paladini al direttore generale del21.9.1914, in ASBI, fondo e loc. cit. 20 lvi, p. 8. 21 G. Maione, I costi delle imprese coloniali, in A. Del Boca (a cura di), Le guerre coloniali, Laterza, Roma-Bari 1991, pp. 408-12. Per la Ragioneria gene­ rale la spesa autorizzata di 1.212 milioni venne ripartita negli esercizi dal1911- 1912 al1916-17. G. Rochat e G. Massobrio (Breve storia dell'esercito italiano dal 1861 al1943, Einaudi, Torino 1978, pp. 66-8) pubblicano la serie storica delle spese effettuate dai ministeri della Marina e della Guerra dal1861 al1913 av­ vertendo correttamente che le cifre vanno prese con cautela, come indicazione dell'evoluzione delle spese militari, dato che il loro ammontare può variare per l'inclusione o meno delle spese coloniali o di quelle per le pensioni civili o per l'assistenza fornita dalla Marina militare alla navigazione civile. 72 La Banca d'Italia in Africa VIII

Sul piano politico generale la Libia non trasse giovamento dal­ le riforme introdotte dal governo Nitti nel1919: piccole costitu­ zioni «octroyées», secondo la definizione di Sergio Romano, cbe prevedevano l'elezione di due parlamenti locali e particolari dirit­ ti per le popolazioni indigene22 . Mentre in Cirenaica l'accordo con la Senussia- patti di Acroma (aprile 1914) e di Regima (ottobre 1920)- garantì per qualche tempo un certo ordine, in Tripolita­ nia la lotta tra capi locali e il contrasto tra arabi e berberi «crea­ rono una situazione di confusione e di incertezza che stimolò e favorì in una certa misura la riconquista italiana»23 • La svolta avvenne con la nomina di Volpi a governatore della Tripolitania: iniziò la riconquista del territorio24 e contribuì allo sviluppo della colonia risolvendo l'annoso problema del demanio. Con il decreto n. 660 del 10 luglio 1922 introdusse il principio che tutte le terre incolte dovevano essere considerate demaniali eliminando d'un colpo tutte le infinite questioni dell' accertamen­ to della proprietà25• L'anno successivo emanò altre disposizioni che consentivano l'esproprio delle terre incolte e di quelle appar-

22 S. Romano, . Industria e finanza tra Giolitti e Mussolini, Bompiani, Milano 1979, p. 102. I capitoli 8 e 9 sono dedicati all'azione di Volpi «guerriero» e amministratore. 23 G. Candeloro, Il fascismo e le sue guerre, volume 9° della Storia dell'Italia moderna, Feltrinelli, Milano 1992, p. 178. Il governo fascista proseguì la ricon­ quista secondo il piano di Volpi approvato da G. Amendola. Su quest'ultimo personaggio cfr. R. De Felice, Giovanni Amendola ministro delle Colonie, in Giovanni Amendola nel cinquantenario della morte 1926-1976, Fondazione Luigi Einaudi per gli studi di politica ed economia, Roma 1976, pp. 161-75. 24 Ettore Conti aveva indirettamente suggerito la nomina di Volpi sostenen­ do col ministro delle Colonie l'opportunità di nominare a governatore coloniale «persone pratiche di affari, ed abituate a conoscere e ad utilizzare gli uomini». In un primo tempo, pensando ad un'autocandidatura, Rossi aveva suggerito a Giolitti il nome di Conti. E. Conti, Dal taccuino di un borghese, Il Mulino, Bo­ logna 1986, p. 249 (sotto la data marzo 1921). Sull'operato di Volpi si vedano le valutazioni di A. Del Boca, Gli italiani in Libia. Dal fascismo a Gheddafi (d'ora in poi citato come Dal fascismo a Ghedda/i), Laterza, Roma-Bari 1988, pp. 13-55. 25 In un'intervista rilasciata ad Alfio Russo, Volpi ricordò: «io ho espropria­ to, valendomi di un articolo del Corano, che considera abbandonata qualsiasi terra non coltivata per un certo periodo di tempo, tutte le terre incolte che sono così passate al demanio e per evitare rancori ho dato, quand'era necessario, un lieve indennizzo ai vecchi proprietari». Citazione da Del Boca, Dal fascismo a Gheddafi cit., p. 51. V. La conquista della Libia e le prime filiali coloniali 73 tenenti ai «ribelli». Le procedure contenziose poterono essere li­ quidate da parte del capo dell'ufficio fondiario26• La colonizzazione della Libia conobbe tappe successive qui riassunte utilizzando l'efficace sintesi di Rochat:

La scelta di Volpi di privilegiare gli investimenti del capitale privato dando vita a proprietà assai grandi, il tentativo di De Bono di creare una larga base di piccoli assegnatari che assumessero direttamente la conduzione del fondo con un'attiva partecipazione delle strutture sta­ tali, la promozione di investimenti di massa [i cosiddetti <

Dopo la riconquista e la riunione territoriale della Tripolita­ nia e della Cirenaica in un unico territorio (la Libia) sottoposto alle cure di un solo governatore, il programma statale di riorga­ nizzazione economica risultò ben avviato in Tripolitania e appena all'inizio per la Cirenaica. Inoltre, le condizioni del possesso ter­ ritoriale ostacolavano costantemente ogni attività così nel campo della produzione come in quello degli scambF8 . Nonostante le precarie condizioni economiche, nella colonia operavano quattro istituti di credito: il Banco di Roma - presen­ te sin dal 190629 - e i tre istituti di emissione3°. Una presenza

26 Segrè, L'Italia in Libia cit., pp. 61-7; Romano, Giuseppe Volpi cit., pp. 113-5. 27 G. Rochat, Prefazione al volume di Segrè, L'Italia in Libia cit., p. VIII. 28 B.I., Adunanza per il 1928, pp. 68-9. La relazione sottolineava che «la Cirenaica attende un ritmo di vita normale, per affrontare il problema di una grande trasformazione razionale dell'agricoltura, per attivare il commercio con l'interno, dare incremento a quello con la madre patria e stimolare la produ­ zione industriale» allora limitata alla pesca del tonno e delle spugne. 29 li Banco di Roma era diffuso in tutto il paese con sedi bancarie, agenzie commerciali e monti di prestito di pegno. Nel primo quadriennio di attività svolse attività commerciale (mulino per cereali, oleificio, industria del ghiaccio, tipografia), esercitò una linea di navigazione fra Tripoli e Alessandria d'Egitto, promosse studi sull'agricoltura e ricerche minerarie, fondò il settimanale l'«Eco di Tripoli». Sulle attività del Banco, oltre ai citati volumi di L. e G. De Rosa, si veda la relazione Crea-Pastore (ASBI, Ispettorato generale, pratica M1, c. 53), pp. 41-51. 30 Il Banco di Sicilia aprì la filiale di T ripoli nell'aprile 1912, il Banco di Napoli nel dicembre successivo. Il primo istituto inizialmente limitò l'attività «agli affari di commissione, alla raccolta di depositi in conto corrente, alla spe­ ciale cura del movimento dei fondi e delle riserve tra la colonia e l'Italia e tra la colonia e l'estero». Dal 1913 l'attività venne estesa agli sconti e al credito agra- 74 La Banca d'Italia in Africa VIII

«sovrabbondante ai bisogni», come osservò Stringher, e causa di una dannosa concorrenza, anche in relazione alle caratteristiche del commercio esercitato da un numero elevato di operatori - intermediari, speculatori, figure atipiche di commercianti ban­ chieri- che utilizzavano in larga misura la cambiale31• Nel1920 Saporetti informava Stringher che «a Tripoli ognu­ no vuol trafficare su tutto e sempre con cambiali. Accade così che la merce non giunge al consumatore se non attraverso un lungo giro d'intermediari, veri speculatori fin quì favoriti dal progressivo aumento dei generi>~ 2 . Ancora nel 1929 Arturo Pa­ ladini parlava di un eccesso di operatori che trafficando in proprio o quali intermediari danno vita ad un giro di cambiali sospette delle quali è estremamente difficile giudicare quanta parte sia da attribuirsi a vere transazioni com­ merciali e quanta possa avere origine da combinazioni artificiose. Intan­ to le contrattazioni per contanti si vanno facendo sempre più eccezionali [. . .]. A tale situazione che già ha dato origine a qualche dissesto e intanto genera un senso di perplessità e di sfiducia hanno contribuito le stesse banche locali (troppo numerose) largheggiando nei fidi e incoraggiando elementi che col pretesto del commercio esercitano più larga attività co­ me banchieri privati e scontisti a saggio naturalmente elevato33•

Nonostante la concorrenza nel settore del credito ordinario, Bankitalia, gli istituti meridionali e il Banco di Roma collabora­ rono a varie iniziative miranti allo sviluppo agricolo e commer­ ciale della colonia nordafricana. rio. TI Banco di Napoli ebbe inizialmente «risultati piuttosto esigui»: le opera­ zioni compiute «dimostrano la prevalenza delle operazioni di impiego dei capi­ tali rispetto a quelle di raccolta». Aumento <

3.1. Credito agrario

Lo sviluppo dell'agricoltura - la principale risorsa della Li­ bia34 - richiedeva investimenti cospicui che, come sempre, scar­ seggiavano. Se «il mondo degli affari tollerava le avventure di politica estera di Mussolini in grazia alla politica interna del du­ ce» - per dirla con Carocci - il capitalismo restava assente; «pi­ gro e infingardo, ancora pantofolaio e neghittoso» secondo l'opi­ nione del periodico colonialista «L'Oltremare»35. n credito agrario era esercitato da privati che concedevano anticipazioni sui raccolti e sul bestiame a tassi usurai36, finché nel 1901 venne aperta a Tripoli una succursale della Banca Agricola Ottomana che erogava prestiti al 6 per cento garantiti da ipoteca o da fideiussioni: il vantaggio rappresentato dal costo non eleva­ to era di fatto annullato dalle formalità e dai tempi lunghi ne­ cessari per il perfezionamento delle operazioni. Dopo la chiusura della Banca Ottomana, il ministro delle Co­ lonie invitò Bankitalia e il Banco di Sicilia a costituire un istituto di credito sollevando le autorità militari da un compito per loro non congeniale: le filiali tripoline dei due istituti furono autoriz­ zate da R.D.L. 3.3.1913, n. 262 a compiere, in via provvisoria, operazioni di credito agrario impiegando capitali propri.

34 «La valorizzazione di questa colonia italiana deve ritenersi esclusivamente imperniata sull'agricoltura». G. Battistella, Il credito agrario in Tripolitania e in Cirenaica, estratto dagli Atti del II congresso di studi coloniali (Napoli, ottobre 1934), ASBI, fondo cit., 62/14/24 (per la citazione, 62/14/26). Sulle potenzialità agricole e, più in generale, economiche della Libia, cfr. Banca Commerciale Ita­ liana, Movimento economico dell'Italia, Milano 1930, pp. 758-69 e 777-86. 35 Le citazioni sono tratte da Segrè, L'Italia in Libia cit., p. 79. «Nel 1919 nell'ambito di una commissione governativa d'inchiesta era stata sostenuta la ne­ cessità di disporre di istituzioni creditizie appropriate: a) la costituzione di una Banca della Libia, da promuoversi con un accordo tra i maggiori istituti bancari e finanziari, incaricata di svolgere il servizio di tesoreria statale e il credito ordina­ rio e speciale; b) la creazione con un fondo anticipato senza interessi dallo stato, cogli utili delle Casse di risparmio coloniali, colle somme eventualmente recupe­ rabili dall'antica Banca Agricola Ottomana; c) d'un Istituto libico di credito agra­ rio, diviso in due sezioni autonome per le due colonie e funzionante di regola per mezzo e sotto la responsabilità solidale di organi intermediari del credito, rappre­ sentati da associazioni agrarie, mutue locali europee ed indigene». G. Mondaini, Manuale di storia e legislazione coloniale del Regno d'Italia, vol. I, Storia coloniale, Sampaolesi, Roma 1927, pp. 517-8. Corsivi aggiunti. 36 I tassi raggiungevano il 100% trimestrale. Relazione Crea-Pastore cit., p. 39. 76 La Banca d'Italia in Africa VIII

Gli accordi prevedevano che ciascun istituto avrebbe impie­ gato 250 mila lire per la concessione- negli anni 1913 e 1914- di mutui agrari al tasso del 5 per cento: il servizio dei prestiti sarebbe stato svolto dalla succursale del Banco anche per conto di Bankitalia; il ministero delle Colonie avrebbe garantito il ca­ pitale impiegato dai due istituti. Con lo stesso decreto questi as­ sumevano congiuntamente la liquidazione della Banca Agricola Ottomana e la gestione dei mutui concessi dall'amministrazione militare37• Compiti analoghi vennero svolti da Bankitalia in Ci­ renaica per conto del Banco di Sicilia. Poiché gli interventi dei due istituti non risultavano adeguati alle necessità, per iniziativa del governatore Volpi venne istituita la Cassa di Risparmio per la Tripolitania (CRT) con D.G. 12.7.1923, n. 681. Dotata di un patrimonio iniziale di circa due milioni, la Cassa aveva lo scopo di compiere operazioni di cre­ dito fondiario e agrario destinate a favorire la messa in coltiva­ zione dei terreni e, più in generale, la valorizzazione fondiaria della colonia38. Con R.D.L. 26.2.1928, n. 614 la CRT venne au­ torizzata a emettere, entro cinque anni, speciali obbligazioni al 5 per cento, garantite dallo Stato, per un ammontare massimo di 40 milioni destinato al finanziamento delle opere di colonizza­ zione. li collocamento dei titoli venne affidato a un consorzio di banche presieduto da Bankitalia39• La costituzione della CRT fece decadere il progetto di dare vita a un istituto di credito agrario operante nelle due colonie. In sua vece venne proposta al ministero delle Colonie, che l'accettò, la creazione di una cassa di risparmio a Bengasi con un capitale

' 7 Banca d'Italia, La Banca d'Italia nelle terre italiane d'oltremare, Libreria dello Stato, Roma 1939, pp. 14-7. ' 8 ll patrimonio della CRT era costituito dal fondo di dotazione (2,7 milio­ ni); dai «beni immobili confiscati ai ribelli» fino a concorrenza di 4,5 milioni assegnatile da un decreto dell'ottobre 1924. La Cassa disponeva anche di un mutuo di 10 milioni concesso da un decreto del1925 per essere impiegato fino a 4,5 milioni in operazioni di credito agrario e fondiario. Mondaini, Manuale di storia e legislazione coloniale cit., pp. 518-20; cfr. anche Battistella, Il credito agrario cit., pp. 492-4. ' 9 B.I., Adunanza per il 1928, p. 69. Al consorzio parteciparono 31 istituti (banche e altri enti finanziari) che assunsero alla pari le obbligazioni per l'importo di 43 milioni con l'impegno di non cederle fino a quando non fossero stati espres­ samente autorizzati. La quota di Bankitalia fu di 2,5 milioni. Promemoria di Banki­ talia per il governatore della Libia Badoglio, a seguito di un colloquio che questi ebbe con Stringher al Quirinale il2.1.1929. ASBI, Filiali coloniali, 5528/1/180. V. La conquista della Libia e le prime filiali coloniali 77 di 500 milioni di lire versate dai tre istituti di emissione nelle seguenti proporzioni: 75 per cento Bankitalia; 20 per cento Ban­ co di Napoli e 5 per cento Banco di Sicilia4°. Costituita con D.G. 21.3.1925, n. 1149, la Cassa di Risparmio per la Cirenaica (CRC) iniziò a operare il 14 maggio successivo. Dopo un avvio lento cominciò a espandersi dal 1927 effettuan­ do, accanto a operazioni di portafoglio e di anticipazione, mutui ipotecari ed edilizi e operazioni di credito agrario per le quali disponeva di una somma di 6,3 milioni41 . Nel1932le due casse si fusero nella Cassa di Risparmio della Libia (CRL) (R.D. n. 1138 del16 aprile). L'istituto aveva lo sco­ po di «favorire la previdenza, raccogliendo depositi a titolo di risparmio e trovando a essi conveniente collocamento» (art. 3 dello statuto) e di esercitare il credito agrario42. Al 31 dicembre 1942 la CRL aveva effettuato 38.665 operazioni di credito agra­ rio per un ammontare di 300,4 milioni43 .

3 .2. Credito edilizio L'intervento degli istituti di emissione si rese necessario nel settore del credito edilizio per regolarizzare una situazione di cri­ si dovuta all'abnorme attività nel campo delle costruzioni edilizie che, proprio per la mancanza di un istituto specializzato, s'era dovuto rivolgere al credito di privati finanziatori concesso a tassi usurai e in misura insufficiente. Un intervento aggiuntivo da par­ te degli istituti d'emissione avrebbe permesso di mobilizzare par­ te del credito restituendo capitale circolante al commercio e alle industrie e facilitando il completamento degli edifici in costru-

40 Un primo progetto presentato al Parlamento nel 1921 decadde per la crisi governativa. Un secondo progetto venne proposto alla fine del 1923 dal nuovo ministero che invitò gli istituti di emissione a costituire un consorzio per l'esercizio del credito agrario. La creazione della CRT indusse Stringher a farsi promotore della costituzione di una cassa di risparmio anche per la Cirenaica. 41 Cfr. le schede illustrative sulla CRT e CRC in Sillani (a cura di), La Libia in venti anni di occupazione cit., pp. 226-9. La CRC aveva filiali a Derna, Barce, T obruk, Cirene, Apollonia, Porto Bar dia. 42 La CRT aveva sedi a T ripoli e a Bengasi; succursali a Derna e a Misurata; filiali e agenzie a Agebadia, Apollonia, Barce, Porto Bardia, Tobruk, Homs, Ga­ rian, Sliten, Zavia e Zuara. 43 Relazione sulle banche italiane in T ripoli, spedita dalla British Military Authority (BMA) di Tripoli al Quartier generale del Cairo, senza data. ASBI, Filiali coloniali, 9196/1/49 (per la citazione, 9196/1/54). 78 La Banca d'Italia in Africa VIII zione44• I rappresentanti di Bankitalia e degli istituti meridionali convennero di formare uno speciale consorzio con una dotazione di 30 milioni che sarebbero stati gestiti dalla CRT. Successiva­ mente i due Banchi confermarono la loro partecipazione con quote di 5 milioni ciascuno, ma fecero presente che la costituzione di uno speciale consorzio sarebbe [stata] necessaria sol­ tanto nel caso che si volessero raccogliere i fondi mediante l'emissione di cartelle, mentre trattandosi di fare operazioni esclusivamente in con­ tanti, e con mezzi propri, non vedono la ragione di sottrarre le opera­ zioni stesse all'attività delle loro filiali esistenti in Tripoli45•

Si giunse in fine a un accordo fra i tre istituti e la CRT «per compiere, mediante un'azione comune, operazioni di credito edi­ lizio con una disponibilità di 20 milioni di lire fornite in parti uguali, dai quattro istituti»46• Alla scadenza la convenzione venne rinnovata per un secondo quadriennio. Complessivamente, nel periodo ottobre 1929-31 dicembre 1939 vennero deliberati 257 mutui per un ammontare di oltre 21 milioni; di questi ne furono assegnati a Bankitalia 75 per un ammontare di 7.248.500 lire47• Analoghe misure furono prese per la Cirenaica. Nel marzo 1934 Bankitalia, il Banco di Roma e la CRT conclusero una con­ venzione con la quale mettevano in comune 2 milioni ciascuno per effettuare nell'arco di un quadriennio operazioni di credito edilizio sotto forma di mutui ipotecari per un ammontare non superiore al 50 per cento del valore dell'immobile48• A fronte di

44 Nel1929 gli investimenti dell'edilizia di Tripoli furono stimati in 70 mi­ lioni assorbendo il capitale circolante e favorendo l'usura. Banca d'Italia, La Ban­ ca d'Italia nelle terre italiane d'oltremare cit., p. 17. Nel1911 T ripoli aveva 29.761 abitanti, nel1938, 88.444 di cui 25.684 italiani; Bengasi nel1933 aveva 43.531 abitanti di cui 13.875 italiani. E. De Leone, La colonizzazione dell'Africa del nord (Algeria, Tunisia, Marocco e Libia), Cedam, Padova 1960, vol. II, p. 354. 45 Lettera di Stringher a P. Badoglio del 6.5.1929. ASBI, Filiali coloniali, copialettere n. 7 42, p. 11. 46 B.I., Adunanza per il1929, pp. 60-1. Non venne accettata una proposta di Bankitalia di mettere in comune 30 milioni secondo queste proporzioni: Bankitalia e CRT 5 milioni; banchi meridionali 10 milioni. Lettera di Stringher a De Bono (sottosegretario alle Colonie) del29.6.1929. ASBI, fondo e loc. cit., pp. 30-4. 47 Lettera del direttore della filiale di T ripoli al governatore, in data 10.4.1940. ASBI, fondo cit., 260/2/9. 48 Lettera di Azzolini al governatore della Libia del 7.10.1938. ASBI, fondo e Ioc. cit. V. La conquista della Libia e le prime filiali coloniali 79

71 domande per un ammontare di 6,3 milioni, furono deliberati nel periodo marzo 1934 (data di stipula della convenzione)-di­ cembre 1939 44 operazioni di mutuo per un ammontare di 4,1 milioni49•

3.3. Magazzini generali Sin da quando era stata presa la decisione di aprire una filiale a Tripoli, Bankitalia aveva considerato l'opportunità di istituire in quella città i magazzini generali come strumento di sviluppo commercialem. D'accordo coi banchi meridionali, la Banca presentò al mi­ nistro delle Colonie, il 17 marzo 1913, la richiesta di concessione di un'area sulla quale costruire i magazzini. Si adottò il principio prudenziale di procedere per gradi nella costruzione commisu­ rando le attrezzature alle effettive esigenze del movimento com­ merciale del porto5I. L'Ente Magazzini Generali di Tripoli venne costituito con di­ sciplinare approvato con D.G. 7.6.1924, n. 591 che ne stabiliva la durata in 90 anni52. L'azienda era amministrata da: a) il comitato superiore, con

49 I mutui vennero assegnati nelle seguenti proporzioni: CRL 17 operazioni per lire 1,4 milioni; Banco di Roma 14 operazioni per 1,5 milioni; Bankitalia 13 operazioni per 1,1 milioni. Dati fomiti dalla filiale di Bengasi con nota dell'l1.3.1940. ASBI, Filiali coloniali, 260/3/2. 50 Nelle istruzioni impartite a Crea, Stringher aveva affermato: «richiamo la Sua attenzione sulla necessità di opportune indagini per stabilire l'importanza attuale e lo sviluppo che possono prendere nelle nuove province italiane, le an­ ticipazioni su derrate e le garanzie con le quali, secondo le consuetudini e gli usi locali, tali operazioni possono essere compiute. Sarà pertanto da indagare se esistono e se si intende di istituire a T ripoli magazzini di deposito di derrate o sarà altrimenti da vedere se sia il caso per la Banca di costruirne per proprio con­ to». Stringher a Crea, lettera del20.2.1912, in ASBI, Studi, copialettere n. 191, pp. 12-3. Corsivo aggiunto. 51 ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1921, pp. 528-30. 52 TI disciplinare stabiliva che «i locali destinati ad uso Magazzini Generali dovranno essere fabbricati e adattati a tutte spese della Banca d'Italia» (art. 2); la gestione dei magazzirii verrà sostenuta per metà da Bankitalia e per un quarto ciascuno dal Banco di Napoli e dal Banco di Sicilia (art. 8). Bankitalia assunse per intero l'onere della costruzione per evitare gli inconvenienti della compro­ prietà, facendo ricorso alla speciale riserva di proprietà degli azionisti. Attraver­ so il reparto imbarchi e sbarchi i magazzini provvedevano alle operazioni por­ tuali legate al movimento delle merci. 80 La Banca d'Italia in Africa VIII sede presso l'amministrazione centrale di Bankitalia; b) il comi­ tato locale sedente presso la filiale tripolina della Banca; c) il di­ rettore. I magazzini avevano lo scopo di prowedere al deposito delle merci sottraendole fino al momento della loro introduzione sul mercato al pagamento dei diritti doganali53 • Accanto alle operazioni di credito ordinario54 l'azienda svolse in diverse occasioni anche prestazioni di carattere personale qua­ le il «salvataggio dei piroscafi incagliati in prossimità della costa e [ .. .], aiuti, gratuitamente offerti, a barche e a marinai in peri­ colo durante alcuni fortunali fuori delle acque del porto>~5 • Nel prospetto che segue sono riportati i risultati delle ope­ razioni di credito compiute dall'Ente Magazzini Generali56: 1925 (dal 6/5) lire 2.097.010 1933 lire 72.000 1926 » 1.388.070 1934 » 71.000 1927 » 928.690 1935 » 1928 » 916.665 1936 » 34.200 1929 » 2.212.725 1937 » 71.000 1930 » 2.549.965 1938 » 139.000 1931 » 1939 » 18.000 1932 » 557.600 Questa attività venne svolta in regime di monopolio di fatto fino a quando nel1937 il ministero dell'Mrica italiana consentì alla ditta I. Messina di Genova di eseguire direttamente, presso sue strutture, lo sbarco delle merci dai propri piroscafi. Imme­ diata fu la protesta di Azzolini che denunciò al capo del governo la violazione di impegni assunti dal governo nazionale e da quel­ lo locale5 7 •

53 «ll deposito delle merci nei magazzini generali - recitava una pubblica­ zione informativa - facilita gli scambi e consente le contrattazioni e il credito ai depositanti, avendo i magazzini stessi la facoltà di emettere titoli rappresentativi della merce ricevuta in custodia e note di pegno». Scheda illustrativa in Sillani (a cura di), La Libia in venti anni di occupazione cit., pp. 237-41 (per la cita­ zione, p. 238). 54 Magazzinaggio, operazioni di credito su fedi di deposito e note di pegno, magazzini generali di ordinaria custodia, impresa di imbarco e di sbarco di pri­ ma categoria. 55 Banca d'Italia, La Banca d'Italia nelle terre italiane d'oltremare cit., p. 22. 56 Le cifre fornite dai Magazzini Generali divergono in parte da quelle rica­ vate dalle relazioni annuali dei magazzini stessi. ASBI, Filiali coloniali, 260/2/6-7. 57 Lettera di Azzolini a Mussolini del 7.1.1938. ASBI, fondo cit., copialet­ tere n. 743, pp. 65-6. Nella missiva il governatore precisò d'avere speso circa 8 milioni nella costruzione dei magazzini e di averne stanziati 3 per l'ampliamento V. La conquista della Libia e le prime filiali coloniali 81

4. Alcuni risultati dell'attività creditizia

La tabella 2 fornisce la serie storica di alcune operazioni compiute dalle filiali di T ripoli e di Bengasi nel periodo 1913-39. Questi dati consentono d'avere una visione d'assieme dell'attività svolta dalle dipendenze libiche di Bankitalia, ma non di misurare l'impatto dei finanziamenti concessi sull'economia della colonia nordafricana58.

Tab. 2. Operazioni della Banca d'Italia in Libia (1913-1939) (importi in migliaia di lire)

Operazioni Movimento delle casse Anùci- Vaglia cambiari Utili Sconti Totale pazioni Anni Entrate Uscite Emessi Pagati netti Bengasi

1913 47.927 41.889 82 82 8.000 1.832 -25 1914 222.653 225.052 2.656 87 2.743 28.087 12.527 33 1915 211.086 212.755 2.423 169 2.592 24.786 12.171 -5 1916 179.364 178.367 1.276 195 1.471 19.304 10.360 -3 1917 151.615 149.905 2.254 73 2.327 21.476 15.637 1918 228.737 219.606 5.827 361 6.188 38.238 34.676 44 1919 239.067 243.760 4.171 497 4.668 56.311 35.796 18 1920 291.558 290.281 17.854 1.545 19.399 62.382 47.171 126 1921 369.380 369.980 16.333 825 17.158 65.020 34.047 122 1922 414.364 413.934 27.980 925 28.905 60.148 33.256 243 1923 557.227 554.739 31.763 1.283 33.046 89.567 58.887 243 1924 738.297 738.067 34.362 1.108 35.470 126.260 98.068 273 1925 1.061.715 1.062.493 49.392 5.885 52.277 199.357 130.055 460 1926 1.143.851 1.134.481 54.921 5.633 60.554 202.677 145.988 803 1927 1.158.926 1.161.120 43.649 2.960 46.609 219.002 149.768 738 1928 1.233.246 1.246.324 36.719 2.362 39.081 224.511 133.864 417 1929 1.042.157 1.037.479 25.917 2.217 28.134 162.964 56.553 141 1930 905.419 910.296 23.152 16.586 39.738 146.647 65.874 38 1931 1.048.917 1.046.093 22.501 12.320 34.821 210.254 87.656 15

dei locali, l'aumento dei natanti, l'acquisto di mezzi meccanici di trasporto e di sollevamento. 58 Fino al1934 si tratta di dati ufficiali, successivamente sono state utilizzate le indicazioni fomite dai direttori nelle relazioni annuali. Nella tabella A2 sono fomite indicazioni sulla distribuzione del credito erogato a cinque settori di at­ tività economica, limitatamente al periodo 1925-39. 82 La Banca d'Italia in Africa VIII

Operazioni Movimento delle casse Antici­ Vaglia cambiari Utili Totale ------Sconti pazioni netti Anni Entrate Uscite Emessi Pagati

1932 1.067.951 1.058.563 20.655 19.862 40.517 218.178 81.055 50 1933 902.101 913.937 31.173 10.388 41.561 158.553 78.927 50 1934 1.039.304 1.037.504 48.388 3.810 52.198 153.166 91.142 68 1935 853.235 848.885 63.482 28.142 91.624 158.150 101.563 550 1936 1.176.294 1.171.586 88.239 8.870 97.109 379.875 297.238 516 1937 699.649 700.792 88.476 26.831 109.307 187.153 150.114 352 1938 966.734 978.634 128.128 62.350 190.478 208.722 194.659 489 T ripoli 1913 131.865 116.608 2.267 223 2.490 14.702 6.185 -35 1914 200.129 202.735 5.453 531 5.984 22.358 12.712 -124 1915 201.244 202.971 5.249 392 5.641 27.326 12.115 -7 1916 198.272 197.817 4.905 1.269 6.174 21.196 6.591 -33 1917 157.215 156.690 13.812 1.651 15.463 13.377 7.064 35 1918 266.448 262.229 47.550 2.361 49.911 23.893 23.841 235 1919 398.111 378.155 22.376 2.096 24.472 35.893 29.813 102 1920 367.100 377.860 35.467 3.021 38.448 45.078 35.659 213 1921 399.931 410.586 43.077 3.089 46.166 61.270 42.410 341 1922 614.911 608.939 42.586 2.729 45.315 97.366 70.292 403 1923 686.462 670.100 55.712 2.654 58.366 76.287 55.068 593 1924 981.905 994.558 56.456 3.318 59.774 89.078 63.869 413 1925 878.262 869.319 17.694 15.283 32.977 80.559 70.849 995 1926 903.921 907.877 50.081 14.929 65.010 77.469 68.407 417 1927 991.790 994.665 43.790 16.624 58.414 82.422 70.126 402 1928 1.188.341 1.191.840 42.571 2.886 45.457 101.895 81.563 148 1929 1.237.779 1.235.756 42.818 15.178 57.996 107.685 80.771 35 1930 1.148.733 1.130.346 51.543 9.592 61.135 146.085 100.340 166 1931 1.100.622 1.105.921 51.970 5.675 57.645 134.768 101.065 118 1932 968.482 942.310 40.582 4.522 45.104 112.645 96.175 69 1933 952.175 955.479 38.632 3.143 41.775 115.237 97.804 47 1934 1.035.928 1.070.593 32.757 5.226 37.983 137.164 106.877 -459 1935 1.432.831 1.433.347 11.592 14.246 26.838 129.150 104.987 -889 1936 2.592.623 2.751.742 20.009 12.492 32.501 187.298 155.445 -332 1937 2.320.004 2.353.836 25.248 46.433 71.681 137.824 127.038 18 1938 3.452.395 3.445.309 52.717 101.442 154.159 306.792 245.899 378 1939 4.342.819 4.221.172 68.707 131.206 199.913 366.621 281.738 769

Per una migliore lettura dei dati occorre tenere presenti al­ cune circostanze in parte già richiamate nelle pagine precedenti: a) il controllo effettivo del territorio - nel 1919 limitato a una V. La conquista della Libia e le prime filiali coloniali 8.3 ristretta fascia costiera- realizzato solo nel19.39; b) lo stato de­ presso dell'economia che stentava a decollare per la mancanza di una incisiva politica di valorizzazione delle risorse; c) una pre­ senza bancaria sovrabbondante che concedeva un credito «esa­ geratamente largo, fittizio e non proporzionato alle reali neces­ sità e alle esigenze del commercio locale>~ 9 , pratica da cui non erano esenti le filiali di Bankitalia6°. Nelle relazioni annuali della Banca sono frequenti i richiami alla situazione della Libia e alla modesta performance delle filiali in parte dovuta alla concorrenza del Banco di Roma e dei banchi meridionali. Nel 1919 Stringher osservò che la situazione internazionale non aveva «consentito alla nostra Colonia dell'Mrica mediterra­ nea di uscire dalla stasi nella quale la sua vita economica fu co­ stretta durante la guerra europea»61; nella relazione sul 1927 - anno della riunione territoriale della Tripolitania con la Cirenai­ ca - il governatore affermò che il lavoro delle filiali «è indice di un periodo di incertezza e di stasié2; negli anni successivi, quan­ do si avvertono maggiormente le ripercussioni della crisi mon­ diale sull'economia delle colonie, Azzolini sottolineò il graduale progresso della Cirenaica «che si avvia verso una fase di sicuro sviluppo in una atmosfera di assoluta tranquillitàé3 , a differenza di Tripoli che, come ricordato, nel 19.34 conobbe una crisi cre­ ditizia a causa di una serie di dissesti e che incise negativamente sul bilancio della filiale.

59 ll primo semestre 1934 la piazza di T ripoli era stata colpita da «due cla­ morosi dissesti fraudolenti (banchiere Nahum e avv. Ugo Ravasini) che coinvol­ sero parecchi altri commercianti [e che] suscitarono momenti di panico e di depressione di un certo rilievo». La relazione di V. Manto è in ASBI, Filiali coloniali, 5526/1/256. 60 Da una lettera di Azzolini all'ispettore Boetti si apprende che a Bengasi «talune imprese costruttrici poggiavano il loro lavoro unicamente sul fido che, con troppa liberalità, ottenevano dal nostro Istituto, mentre talune somme ve­ nivano poi distratte per essere destinate a scopi personali e diversi da quelli dell'esecuzione dei lavori da noi finanziati». Lettera del20.9.1937. ASBI, Diret­ torio-Azzolini, 43/1/37. 61 B.l., Adunanza per il1919, p. 56, corsivo aggiunto. 62 B.l., Adunanza per il1927, p. 74, corsivo aggiunto. 6> B.I., Adunanza per i/1932, p. 54. 84 La Banca d'Italia in Africa VIII

Tab. 3. Operazioni bancarie in Tripolitania (1931-1935)

Operazioni/anni 1931 1932 1933 1934 1935

Movimento delle casse 3.853 3.336 3.357 3.642 4.827 Conti correnti 838 781 788 801 887 Vaglia e assegni 379 341 364 455 444 Depositi a risparmio 59 60 68 79 106 Effetti scontati 204 188 167 146 141 Numero 60.551 61.237 65.392 63.922 58.415 - importo medio 3.367 3.075 2.559 2.289 2.424 - effetti all'incasso 141 131 125 114 129 Numero 75.227 73.165 76.066 89.749 98.883 - importo medio 1.875 1.787 1.645 1.274 1.305 Fonte: A.M. Morganrini, LL1 Libia occidentale nei suoi principali aspetti economico-statistici nel quinquennio 1931-1935, Tripoli 1938. I dati riguardano Bankitalia, Banco di Roma, Banco di Napoli, Banco di Sicilia, Cassa di Risparmio di T ripoli, Banca di Tripoli. Importi in migliaia di lire; gli importi medi sono in lire.

Limitatamente alla T ripolitania e al periodo 1931-3 5 si cono­ scono i dati riguardanti tutte le banche operanti nella colonia (tab. 3), rilevati da A.M. Morgantini e pubblicati dal professar G. De Rosa nella Storia del Banco di Roma. Il periodo considerato è ca­ ratterizzato da una fase di depressione: la caduta dei prezzi, in particolare, di quelli agricoli64 , si ripercosse negativamente in ogni settore di attività. In quegli anni la colonia venne sostenuta pre­ valentemente coi trasferimenti effettuati dallo Stato sotto forma di stipendi e di finanziamento dei lavori pubblici. La depressione si avviò a conclusione nel1934, come appare dalla dinamica degli effetti scontati e da quelli inviati alle banche per l'incasso: il mag­ gior frazionamento degli sconti fu, a parere di Morgantini, «con­ seguenza dell'adeguamento dei fidi ai caratteri della congiuntura, che esercitò influenza anche sulle altre forme di credito rappre­ sentate dagli effetti rimessi alle banche per l'incasso»65 •

64 Gli indici dei prezzi alimentari raffrontati con l'indice generale ebbero il seguente andamento: indice generale alimentari vegetali alimentari animali gennaio 1929 536 646 526 dicembre 1934 299 325 333 G. De Rosa, Storia del Banco di Roma, Roma 1982, vol. III, p. 165. 65 lvi, p. 166. V. La conquista della Libia e le prime filiali coloniali 85

Le filiali libiche di Bankitalia dopo un primo quadriennio (1913-16) chiuso con i «bilanci in rosso», svilupparono gradata­ mente le operazioni di sconto e di anticipazione sino a raggiun­ gere il massimo sviluppo nel 1926 (rispettivamente 65 e 60 mi­ lioni a Tripoli e a Bengasi). Dopo il sessennio di depressione 1929-34, la situazione cominciò a migliorare per una serie di dr­ costanze: a) la presenza nella colonia di grossi contingenti di truppe66; b) la costruzione di grandi opere pubbliche, in primo luogo la strada litoranea che si estendeva dal confine libico a quello egiziano, arteria di grande importanza strategica, commer­ ciale e turistica67; c) la colonizzazione demografica (esaminata nel paragrafo successivo)68• Soprattutto la Cirenaica fu avvantaggiata dall'intenso programma di opere pubbliche e la filiale di Bengasi sviluppò notevolmente la propria attività: nel triennio 1934-37 i suoi impieghi crebbero da 52 a 109 milioni. Se si considera l'intero periodo, l'attività della dipendenza di T ripoli risulta notevolmente più intensa della consorella della Ci­ renaica: il movimento delle casse, che è indice significativo, an­ corché grossolano, dell'attività complessiva della filiale, fece re­ gistrare l'importo di 58,3 milioni rispetto ai 35,9 della filiale di Bengasi; gli impieghi si ragguagliarono, rispettivamente, a 1.346 e 1.078 milioni; il movimento complessivo dei vaglia fu pari a 4,8 miliardi a Tripoli e a 5,5 a Bengasi. La prevalenza dei titoli emes­ si su quelli pagati è indicativa di un deflusso di capitali dalla colonia.

66 Durante la guerra etiopica la colonia venne presidiata da un forte con­ tingente di truppe; negli ultimi mesi del 1937 ne arrivò un secondo «con carat­ tere, però, stabile e non provvisorio, e con sede in Bengasi dei Comandi (un Corpo d'Armata) e relativi servizi». Relazione del 20.1.1938, in ASBI, Filiali coloniali, 5526/2/37 (per la citazione, 5526/2/39). Nella relazione della filiale di Tripoli per lo stesso 1937 si afferma che <

5. La colonizzazione demografica

ll 1938 fu un anno importante per la Libia. Sul piano poli­ tico-amministrativo le sue quattro province (Tripoli, Misurata, Bengasi e Derna) vennero aggregate al territorio nazionale69• Sul piano economico, il R.D.L. 17.5.1938, n. 701 varò il piano di Balbo per la colonizzazione demografica. «il piano a lungo ter­ mine- nella sintesi di Segrè- prevedeva l'insediamento di ven­ timila coloni all'anno per un periodo di cinque anni come primo passo verso il raggiungimento, a metà del secolo, di una popo­ lazione di cinquecentomila italiani nella colonia»70• Al governo coloniale fu demandata la preparazione di un programma straordinario provvedendo a tutte le operazioni re­ lative alla formazione di centri rurali, metropolitani e musulma­ ni, e ai connessi lavori idrici, «affidando all'Ente per la coloniz­ zazione della Libia e all'Istituto fascista per la previdenza sociale il compito di provvedere alla lottizzazione dei terreni e all' ap­ poderamento»71. I fondi occorrenti - proseguiva la relazione di Azzolini agli azionisti - erano stati procurati mediante lo stan­ ziamento nello stato di previsione della spesa del ministero del­ l'Africa italiana di una somma complessiva di 850 milioni, ripar­ titi in quattro annualità per gli esercizi dal 1937-38 al 1940- 194172. I lavori procedettero con alacrità e a fine ottobre erano pronti gli alloggi e i poderi per 1.800 famiglie con 20 mila componenti che partirono da Genova con 9 navi il 28 ottobre (sedicesimo anniversario della <

69 RD.L. 9.1.1939, n. 70. Precedentemente la Tripolitania e la Cirenaica erano state unificate nella Libia. La regione meridionale del Fezzan rimase ter­ ritorio militare. La Banca d'Italia esaminò la possibilità di aprire filiali nelle nuo­ ve province: per Derna decise di soprassedere per la presenza di tre filiali della CRL (Dema, Tobruk, Apollonia); relativamente a Misurata il Consiglio supe­ riore il28.6.1939 decise l'istituzione di uno stabilimento, ma l'andamento delle vicende belliche ne impedì l'apertura. 70 Segrè, L'Italia in Libia cit., p. 123. Segrè dedica alla colonizzazione dei <>, le pp. 122-33. Si vedano anche De Leone, La colonizzazione del­ l'Africa del nord cit., vol. II, pp. 563-6 e I. Balbo, Coloni in Libia, in «Nuova Antologia», 1938, pp. 3-13. 71 B.I., Adunanza per il 1938, p. 79. n Ibid. V. La conquista della Libia e le prime filiali coloniali 87 su 6 navi. Fu un trionfo per Balbo, un motivo di irritazione per MussolinF3 • Una seconda spedizione di coloni ebbe luogo nel1939: 1.600 famiglie rurali con 12 mila componenti arrivarono nel mese di ottobre. «Conseguentemente, ai 70 mila ettari di terreno da tra­ sformare, assegnati per l'anno 1938, ne sono stati aggiunti altri 60 mila per l'anno 1939»74 . Per accogliere i nuovi coloni, riferì il direttore della filiale di Tripoli, furono creati nella sola Libia oc­ cidentale 6 comprensori e in data 28 ottobre erano pronte in Tripolitania 1.035 nuove case coloniche75.

Attraverso tutte le fasi in cui è passato l'avvaloramento agricolo del­ la Tripolitania- ha osservato De Leone- alla fine del1940 cioè dopo alcuni mesi dall'inizio dell'ultimo conflitto mondiale, nel giro di poco più di tre lustri, il terreno concesso per scopi agricoli ammontava a 231.089 ettari, 100.363 appartamenti ed aziende private, la superficie avvalorata era di 148.115 ettari di cui 80.366 di pertinenza di privati.

In Cirenaica l'attività colonizzatrice iniziò praticamente nel 1932 con la formula della piccola proprietà coltivatrice a favore di famiglie di lavoratori agricoli: «nel giro di appena otto anni sorsero 249 aziende per un complesso di 79.831 ettari nei quali furono immesse 2.206 famiglie»76. L'entrata in guerra dell'Italia troncò la colonizzazione demo­ grafica della «quarta sponda» senza raggiungere - nonostante la spesa sostenuta77 - gli obiettivi economici e sociali che Balbo si

73 Segrè, L'Italia in Libia cit., pp. 126-9. 74 B.I., Adunanza per il1939, p. 99. La legge 15.5.1939, n. 776 autorizzò la CRL a utilizzare fino a 10 milioni in operazioni di credito agrario d'esercizio tratti dal ricavo delle obbligazioni che era autorizzata a emettere fino a concor­ renza di 400 milioni (40 milioni annui per un decennio) dal R.D.L. 13.12.1939, n. 284. 75 Relazioni del direttore della filiale di Tripoli per il 1939. ASBI, Filiali coloniali, 5526/1/171. 76 De Leone, La colonizzazione nell'Africa del nord cit., p. 564. Sulla colo­ nizzazione della Cirenaica si veda la relazione del direttore di Bengasi del 18.1.1939, in ASBI, fondo cit., 5526/1152. 77 «Secondo le stime ufficiali, soltanto Io Stato investì qualcosa come l ,8 miliardi (pari a 150 milioni di dollari anteguerra) nello sviluppo delle infrastrut­ ture libiche tra il 1913 e il 1942. Di questi, la somma devoluta direttamente all'agricoltura e alla bonifica ammontò a 654,5 milioni». Segrè, L'Italia in Libia cit., p. 213. 88 La Banca d'Italia in Africa VIII era prefissato78. Inoltre, la sospensione dei lavori pubblici colle­ gati al piano di colonizzazione, lavori che avevano dato impulso alle costruzioni edili e al variegato settore dell'indotto, tolsero ossigeno alla Libia, dando vita a «una depressione economica molto sensibile» mentre la colonia divenne «quotidiano obiettivo dell'offesa nemica»79.

78 L'obiettivo numerico era di 100 mila coloni nei primi cinque anni, cifra corrispondente appena a un quarto dell'incremento medio annuo della popola­ zione metropolitana. Tra gli obiettivi completamente mancati figura la produ­ zione di petrolio. Riferisce D. Mack Smith (Storia d'Italia 1861-1969, Laterza, Roma-Bari 1979, pp. 149-51) che compagnie straniere «certissime che in Libia ci fosse il petrolio, erano pronte a fornire le tecniche e le attrezzature di cui l'Italia mancava». I fascisti rifiutarono perché «non potevano rischiare di per­ dere la faccia facendo credere alla gente che soltanto le compagnie straniere erano in grado di superare l'ostacolo. In conclusione volevano bensì i profirti, ma senza pagare il necessario costo per investimenti» (ivi, p. 150). L'ente statale per gli idrocarburi AGIP, preferì acquistare e commercializzare il petrolio pro­ veniente dalla Romania, dall'Iraq e dalla Russia piuttosto che ricercare fonti di approvvigionamento. Sul mancato ritrovamento di petrolio si rinvia anche a C. Zaghi, L'Africa nella coscienza europea e l'imperialismo italiano, Guida, Napoli 1973, pp. 543-9 e A. Villa, Il petrolio nel Nord Africa, in Armali dell'A/rtea Ita­ liana, Mondadori, Milano 1941, pp. 859-68. 79 B.I., Adunanza per i/1941, p. 129. VI

LA BANCA D'ITALIA NELLA COLONIA PRIMOGENITA l. L'apertura delle filiali di Asmara e Massaua

In un capitolo precedente sono state esaminate le difficoltà di ordine economico e giuridico che avevano consigliato di rin­ viare l'apertura di una filiale in Eritrea. Eliminati quasi tutti gli ostacolil e rispondendo positivamente alle sollecitazioni del mi­ nistro Bettolini, Stringher propose al Consiglio superiore, atte­ nendone l'assenso, che venisse istituita nel capoluogo eritreo una dipendenza provvista delle stesse facoltà attribuite alle filiali libiche2. Alla succursale di Asmara (nella delibera del 1906 si era par­ lato di un'agenzia) venne preposto Luciano Cristoforis, già di­ rettore della filiale di Novara, al quale Stringher inviò una lettera di istruzioni che è interessante riportare perché in essa sono for­ mulati alcuni dei principi ispiratori della «politica coloniale» del­ la Banca3.

1 Nel 1913, come ricordato, non erano strati promulgati i codici la cui in­ troduzione era prevista sin dal 1907. 2 ll direttore generale riaffermÒ il ptincipio che: «Secondo il SUO concetto, l'azione della Banca nell'interesse del Paese e del Governo, deve essere diretta a far diventare gradatamente e successivamente le filiali della Colonia, delle vere Banche Colonialt; autonome, senza di che non si potrebbe esercitare una azione né economica né utile, come accadrebbe se si volesse lavorare in quelle contrade con le norme con le quali si opera in Italia». ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1913, p. 69. Corsivo aggiunto. 3 La lettera è riprodotta nel verbale della tornata n. 297 del21.7.1913, pp. 281-90. 90 La Banca d'Italia in Africa VIII

Premesso che alla filiale sarebbero state applicate le norme previste per la succursale di Tripoli, modillcabili in base alle ne­ cessità della colonia4, il direttore generale affermò:

Manca nell'Eritrea qualsiasi organizzazione del credito: questo viene esercitato disordinatamente e con scarsa efficacia da poche società di commercio e da privati speculatori. La Banca ha pertanto dinanzi a sé il problema di avviare nella Colonia Eritrea l'esercizio del credito, in forme e modi che possano corrispondere alle esigenze della presente vita economica e politica di quel paese, per quanto il nostro ordinamento lo consenta. Dobbiamo interessarci a tutte le manifestazioni di attività economi­ ca che meritino di essere appoggiate, procurare di mettere in valore anche piccole forze con la potente leva del credito, a prezzo onesto. E ciò sarà titolo d'onore per la Banca d'Italia là dove mancano altri or­ ganismi che a tale lavoro possono dedicarsi (pp. 283-4).

Richiamata l'attenzione di Cristoforis sulla necessità di aprire una dipendenza a Massaua come longa manus della filiale di Asmara e, comunque, di non perdere di vista la tutela degli in­ teressi della Banca, Stringher impartì le seguenti direttive: a) intrattenere <>.

4 Le norme per la filiale di Asmara, redatte in base ai principi enunciati nella lettera di istruzioni, furono approvate dal Consiglio superiore nella tornata dell7.11.1943. Data la difficoltà di costituire la commissione di sconto furono conferite al direttore speciali facoltà. ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1913, pp. 466-9. 5 Cristoforis era stato invitato a corrispondere a una richiesta di notabile - il degiac Gerasellassié - di avere un impiegato italiano per la banca che inten­ deva aprire ad Adua: «Sarà bene questo fosse scelto nel personale straordinario che Ella avrà alle sue dipendenze, e opportunamente preparato». lvi, p. 286. VI. La Banca d'Italia nella colonia primogenita 91

La lettera di Stringher proseguiva ricordando che per dare ri­ lievo anche formale alla succursale di Asmara, «tenuto conto del­ la mentalità dell'elemento indigeno e del prestigio col quale con­ viene si presenti nei rapporti con gli Istituti economici d'oltre confine», questa si sarebbe chiamata semplicemente <

È mio intendimento di fare, in seguito, della filiale di Asmara un organismo coloniale a sé, con dotazione speciale indipendente dal pa­ trimonio dell'Istituto. A ciò si potrà forse provvedere nell'anno prossi­ mo. Frattanto essa avrà una assegnazione sui fondi ordinari dell'Istituto, in misura tale da consentire tutte le operazioni che per le speciali fa­ coltà le saranno permesse (pp. 287 -8).

Da questa citazione emerge con chiarezza il ruolo che Banki­ talia avrebbe dovuto svolgere in un paese arretrato, senza la mi­ nima organizzazione creditizia e dove allignava la mala pianta dell'usura: promuovere con il credito lo sviluppo economico del­ l'Eritrea e con l'inserimento di persone di fiducia nelle società commerciali dei paesi confinanti con le quali allacciare proficue relazioni d'affari. Alla filiale di Asmara, aperta al pubblico il2 febbraio 1914- alla quale dal16 marzo viene affidato il servizio di tesoreria sta­ tale - seguì il 15 aprile l'agenzia di Massaua6• Inizialmente l'at­ tività delle due dipendenze, pur svolgendosi in un contesto reso difficile oltre che dalle cause già indicate anche dal disordine monetario, produsse risultati favorevoli. Nella relazione per il 1915 Stringher poté annunciare agli azionisti che

6 Diretta da Silvio Pacetti. Banca d'Italia, Segretariato generale, circolare n. 412 del7.4.1914. Data la difficile situazione degli alloggi, il governatore Salvago­ Raggi suggerì a Stringher di prendere in affitto i locali della ditta Bamishus, scegliendo quindi un'area per costruire lo stabile della filiale che il governatore si impegnava a cedere «a prezzo ridottissirno». La lettera del 30.9.1913 a Cri­ stoforis è in ASBI, Filiali coloniali n.r. (= numero rosso) l. 7 B.I., Adunanza per il 1915, p. 44, corsivo aggiunto. 92 La Banca d'Italia in Africa VIII perativa Popolare Eritrea, sorta sotto gli auspici di Bankitalia per sovvenire il piccolo commercio, avrebbe consentito all'istituto di emissione «di poter estendere il campo dé suoi affari, mercè l'istituzione di agenzie in qualche altro centro economicamente e politicamente importante, dando buon impulso al commercio lo­ cale»8. Nella prima relazione Cristoforis fornì un quadro delle condi­ zioni «non floride» della colonia che non si discostava di molto da quello formulato da Introna nel19069 • Restava dominante il problema del costo del denaro: i tassi usurai strangolavano gli operatori economici, conseguentemente risultavano paralizzati l'attività industriale; il commercio che risentiva della mancanza di un adeguato sistema di comunicazioni; l'agricoltura che pativa le conseguenze delle avverse condizioni economico-ambientali (già descritte da Introna e mai eliminate) e dalla insoddisfacente situa­ zione fondiaria, una costante del colonialismo italiano10• La necessità di sviluppare la vocazione commerciale dell'Eri­ trea 11 fu sostenuta da Cristoforis e ribadita, quasi come un leit motiv, dai suoi successori ad Asmara12•

8 Ibzd. 9 La relazione del 12.7.1913 è in ASBI, fondo cit., 55281ln74. Riferendosi all'usura, Cristoforis parla di «strozzinaggio, che meglio chiamerei furto». lvi, 5528/1/800. 10 Durante l'amministrazione militare dell'Eritrea venne attuata «una poli­ tica di appropriazione indiscriminata del suolo, frutto più di un arrogante e istintivo atteggiamento di vincitori in terra di conquista e di sfruttamento, che di un programma coerente, anche se discutibile nei suoi metodi di valorizzazione economica>>. Durante l'amministrazione Martini «non solo fu dato un colpo di freno alle indemaniazioni [. . .] ma molte terre furono assegnate in coltivazione agli indigeni che già ne avevano usufruito in passato». Questa politica equiva­ leva a una restituzione di fatto nella speranza di stabilire migliori rapporti con gli indigeni, ma al contempo rifletteva «lo scetticismo di Martini e dello stesso governo di Roma circa le effettive possibilità di fare dell'Eritrea una colonia di popolamento, in grado di assorbire tma quota consistente dell'emigrazione na­ zionale». A. Aquarone, La ricerca di una politica coloniale dopo Adua, in Dopo Adua: politica e amministrazione coloniale, Ministero per i Beni Culturali e Am­ bientali, pubblicazioni degli Archivi di Stato, saggi 14, Roma 1989, p. 47. 11 L'Eritrea «è un territorio a funzione prevalentemente commerciale» per la sua posizione geografica che la rende

Accanto a queste richieste il direttore di Asmara sosteneva l'opportunità di incrementare il numero delle agenzie governative di carattere politico-commerciale in aggiunta a quelle già aperte a Dessié, Adua e Gondar; chiedeva alla Banca d'Italia di ampliare la rete delle sue dipendenze attraverso l'istituzione di speciali agenzie con mansioni limitate a operazioni su merci, acquisto e vendita di talleri, emissione di speciali assegni sullo stabilimento capo e con personale ridotto a un solo impiegato di ruolo e a qual­ che indigeno. Questo tipo di dipendenza, a suo parere, era soprat­ tutto adatto alle esigenze delle regioni minori dove, per la ristret­ tezza del giro d'affari, sarebbe stata onerosa la presenza di agenzie tradizionali 13 • Altri suggerimenti riguardavano le operazioni che le filiali eritree avrebbero dovuto compiere per sviluppare il lavoro com­ merciale, in particolare, a) l'apertura di conti correnti attivi, ana­ logamente a quanto praticato dalle banche di Aden e di altri pae­ si del Mar Rosso; b) le anticipazioni su pegno in misura non superiore al 60 per cento del loro valore per «non incoraggiare la speculazione che potrebbe creare un commercio fittizio»; c) lo sconto di effetti con scadenza fino a sei mesi «in considerazione degli usi locali che tendono a far coincidere le scadenze con le epoche dei raccolti»14• Queste proposte furono accettate dal Consiglio superiore nella tornata del17 novembre 1913 ad ecce­ zione di quelle relative ai conti correnti attivi considerati un' ope­ razione rischiosa e vietata agli istituti di emissione15•

scambi con l'Abissinia, nel traffico con la prospiciente costa araba, nelle espor­ tazioni e importazioni con le Indie, la Madre Patria e le vicine colonie inglesi e francesi, la sua ragion d'essere e la sua maggiore attività. Per ottenere questo e poter dare una razionale, definitiva sistemazione a questa Colonia, sistemazione che attende pazientemente da 30 anni, occorre l'esecuzione di un programma sollecito e razionale di lavori stradali, ferrovie, porti e linee di navigazione». La relazione, del20.2.1919, è in ASBI, fondo cit., 5528/1/574. Corsivo aggiunto. 13 Lettera del direttore di Asmara a Stringher del31.12.1919, in ASBI, fon­ do cit., 5528/1/534. Venne suggerito d'intervenire presso il governo etiopico e la Bank of Abyssinia per ottenere I' autorizzazione a istituire agenzie a Macallé, Adua, Socota e Goggiam. 14 Relazione Cristoforis del 1913 cit., 5528/1/820-23. 15 ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1913, pp. 466-9. 94 La Banca d'Italia in Africa VIII

2. Le attività in favore dell'economia eritrea

Per sostenere le iniziative di valorizzazione commerciale della colonia, sviluppatasi in modo abnorme durante la guerra mon­ diale, la Banca istituì il16 agosto 1917 un'agenzia a Cheren16 e, su richiesta del ministro Colosimo, decise l'apertura delle dipen­ denze di Adi Caieh e Assab, nonché l'assunzione della gestione del deposito franco di Massaua. L'evoluzione economica dell'Eritrea conobbe alterne vicende così sintetizzate da Stringher nella relazione del 31 marzo 1925:

Già promettenti si erano presentati i due primi esercizi della filiale di Asmara, quando sopravvenne l'entrata dell'Italia nel grande conflitto europeo. Larghissimo fu l'appoggio che la Banca, negli anni di guerra, diede al movimento commerciale dell'Eritrea, stimolato dalla richiesta della Madre-Patria di merci che la Colonia poteva esportare, valendosi della produzione propria e di quella del retro-terra. L'armistizio colpì il commercio di uscita dall'Eritrea in un momento in cui questo - preve­ dendosi larghi bisogni - aveva assunto posizioni cospicue. Con il suo valido aiuto, la Banca d'Italia le sostenne, ma l'opera sua intesa a una soluzione lenta, che risparmiasse dissesti e cadute, non riuscì17.

Nel1921 fu la volta di due gravi calamità «una violenta crisi commerciale quale mai erasi [sic] veduta in Colonia e che la col­ se impreparata persino nell'organizzazione giudiziaria, e da una serie pressoché ininterrotta di scosse di terremoti che, incomin­ ciata a gennaio, produsse danni considerevoli specialmente in Agosto e Settembre abbattendo la città di Massaua e rendendo inabitabili i fabbricati europei di Taulud e d'altre località del bassopiano»18•

16 La filiale era diretta da Luigi Bernasconi. Banca d'Italia, Segretariato ge­ nerale, circolare n. 457 del 7.8.1917. L'istituzione di un'agenzia a Cheren era giustificata dal fatto che la piazza aveva un movimento di circa un milione di talleri (su un valore di 6 milioni di tutti i mercati eritrei), collocandosi al quarto posto in ordine di importanza. La sua apertura rientrava «nelle linee del pro­ gramma che l'Amministrazione dell'Istituto si propone di svolgere nella Colo­ nia». ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1914, pp. 111-3 (per la citazione, p. 112). 17 B.I., Adunanza per il 1924, p. 62. 18 Relazione sull'attività della filiale di Asmara nel 1921, in ASBI, Filiali coloniali, 5528/1/487. Taulud era un quartiere di Massaua costruito sull'isola VI. La Banca d'Italia nella colonia primogenita 95

Alle avversità proprie della colonia si aggiungevano gli effetti della crisi mondiale in atto da alcuni anni: il declino del com­ mercio, il deprezzamento dell'argento dal quale dipendeva il va­ lore del tallero, l'abbandono della parità aurea della sterlina con il conseguente tracollo delle valute dei paesi coloniali soggetti all'Inghilterra. Particolarmente colpito il commercio carovaniero poiché i prezzi dei prodotti di più largo consumo (pelli, grana­ glie, cotone, semi oleosi) erano scesi a livelli inferiori a quelli dell'anteguerra, «tali da non compensare più i disagi e le spese delle lunghe carovane che attraverso regioni aspre, povere ed im­ pervie, dovevano rimanere in cammino lunghissimi giorni»19• Bankitalia riuscì a superare la crisi senza particolari inconve­ nienti, ma dovette ridimensionare la rete degli sportelli. Nel giu­ gno 1929 fu decisa la chiusura dell'agenzia di Adi Caieh la cui attività era di fatto esaurita (tab. 4 )20•

omonima. Consociazione Turistica Italiana-CTI, Guida dell'Africa Orientale Ita­ liana, Milano 1938, p. 182. 19 Relazione del 20.1.1932, ASBI, fondo cit., 5528/1/210 (per la citazione, 5528/1/211). 20 La ragione di questo insuccesso era imputabile a un cambiamento della politica del governo coloniale. L'agenzia «sorse sotto i migliori auspici» - ricor­ dava polemicamente la relazione del governatore al Consiglio superiore - perché l'azione del governo, volta a convogliare su quella piazza il commercio carova­ niero e la progettata costruzione di una camionabile con Massaua, «dava a spe­ rare che Adi Caieh [ ... ] sarebbe diventata uno dei centri più importanti della Colonia (ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1929, pp. 253-5. La chiusura effettiva ebbe luogo il 30.6.1930). Successivamente la decisione di spostare il movimento carovaniero verso Asmara aveva distrutto l'importanza commerciale della piazza rendendo passiva la gestione dell'agenzia. n governa­ tore informò il ministro del Tesoro Mosconi della chiusura affermando che <

Tab. 4. Alcune operazioni delle agenzie di Cheren e di Adi Caieh (im- porti in migliaia di lire)

Effetù Vaglia cambiari Anni Sconti Anùcipazioni di terzi emessi pagati Cheren 1917 463 11 987 420 1918 2.915 1.619 244 4.135 1.973 1919 2.318 158 426 7.271 2.588 1920 6.198 383 1.360 10.570 7.521 1921 5.897 2.604 974 9.069 4.603 1922 1.183 1.050 326 8.326 3.988 1923 659 63 783 9.385 3.743 1924 1.794 200 1.598 11.176 3.710 1925 3.057 75 817 16.605 5.807 1926 683 120 697 17.302 3.929 1928 757 16.682 4.190 1929 2.976 91 363 11.607 3.204 1930 2.859 497 984 8.677 3.266 1931 2.376 826 1.509 8.039 3.798 1932 1.431 518 474 4.262 2.187 1933 833 1.451 261 5.247 2.706 1934 483 542 250 5.162 3.488

Adi Caìeh 1920 1.942 143 112 2.364 1.588 1921 4.039 229 140 3.104 2.307 1922 5.961 22 27 3.466 992 1923 2.536 9 11 4.393 1.075 1924 644 3 42 4.356 901 1925 759 26 55 7.254 2.028 1926 708 4 56 5.048 1.013 1928 404 41 5.460 1.725 1929 425 47 181 5.620 2.414 1930 156 22 121 2.137 2.025 Fonte: Relazioni dei direttori della filiale di Asmara. Per il 1927 non sono fornite infor- m azioni. VI. La Banca d'Italia nella colonia primogenita 97

In considerazione dell'accresciuto movimento commerciale seguito alla nascita dell'impero, venne riesaminata la possibilità di riaprire l'agenzia anche allo scopo di ridurre il lavoro della filiale di Asmara; il Consiglio superiore concesse un' autorizzazio­ ne di massima, ma gli eventi successivi sconsigliarono l' attuazio­ ne del provvedimento. Analoga sorte toccò nel1935 all'agenzia di Cheren non essen­ dosi realizzate le aspettative iniziali del ceto commerciale «quan­ do si riteneva che quel territorio potesse offrire larghe possibilità di sviluppo per varie colture e per l'allevamento del bestiame»21 .

2.1. Il Deposito /ranco di Massaua e i Magazzini generali

Il 7 agosto 1925 Bankitalia concluse una convenzione per la gestione del Deposito franco di Massaua per un periodo di ven­ ticinque anni iniziando l'attività nel dicembre successivo22• Que­ sta attività - «desiderata e voluta dal Governo della Colonia d'accordo col Ministro» - ebbe vita stentata per la concorren­ za dei numerosi magazzini privati che le autorità politiche, no­ nostante gli impegni presi, non erano in condizione di rimuo­ vere. Per superare questa difficoltà furono avviate trattative col ministro delle Colonie e col governatore dell'Eritrea per miglio­ rare le condizioni dell'esercizio, aggiungendo, alla concessione del Porto franco, la gestione dei Magazzini generali23 •

21 B.I., Adunanza per il 1934, p. 63. 22 Sull'istituzione di un deposito franco si parlava da tempo. Il 29.1.1919 Paladini riferì a Stringher di un incontro col direttore della dogana di Massaua su questo argomento, e suggerì di istituire una contabilità speciale che sarebbe stata gestita dalla filiale di Asmara, mentre il servizio di cassa sarebbe stato svol­ to dalla consorella di Massaua. ASBI, Ispettorato generale, pratica A, c. 287. 23 <

Ottenuta l'autorizzazione del Consiglio superiore vennero ri­ prese le trattative con gli organi competenti che si trascinarono a lungo perché, nel frattempo, era mutata la posizione del governo coloniale24. Questa esperienza si concluse il1 o marzo 1935 quando fu isti­ tuita un'azienda denominata Magazzini generali di ordinaria custo­ dia e Deposito /ranco di Massaua25• L'inizio dell'attività coincise con la crescita notevolissima del traffico per la preparazione del­ l'invasione dell'Etiopia, che rese necessari lavori di ampliamento. Nella relazione sul 1936, Azzolini annunciò che «l'Azienda dei Magazzini di ordinaria custodia, che ha chiuso il proprio bilancio con buoni risultati, può dirsi ormai entrata nella fase di una nor­ male e regolare gestione»26• In seguito all'accresciuta attività della piazza, l'agenzia di Massaua venne trasformata in filiale autono­ ma: ottimisticamente il Consiglio superiore condivise l'opinione di Azzolini che l'incremento dell'attività della filiale sarebbe stato irreversibile27.

rità per ottenere la chiusura dei magazzini privati «più volte promessa» o, in alternativa, il nulla osta per la chiusura definitiva del deposito che «nelle attuali condizioni di funzionamento, non può essere di alcuna utilità per il commercio locale, mentre presenta per la Banca una perdita costante di quasi centomila lire annue». ASBI, Filiali coloniali, 5525/2/210. Corsivo aggiunto. 24 n governo non «ravvisava l'opportunità di detta trasformazione in quanto il Deposito Franco, così com'è attualmente regolato, funziona in pratica come un Magazzino Generale - mentre dato che la detta gestione si svolge ormai in modo abbastanza soddisfacente - non sembrava opportuno sopprimere una isti­ tuzione che può avere effetti nei riguardi del commercio della Colonia». ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1933, p. 30. 25 B.I., Adunanza per i/1935, p. 78. Con la convenzione del15.12.1934, «Si convenne che la Banca avrebbe rilevato i capannoni doganali esistenti, impe­ gnandosi a provvedere ai necessari adattamenti e a eseguire la recinzione della zona doganale mentre da parte sua il Governo coloniale si impegnò ad eliminare gradatamente i magazzini doganali privati». Banca d'Italia, La Banca d'Italia nel­ le terre italiane d'oltremare, Libreria dello Stato, Roma 1939, p. 34. 26 B.I., Adunanza per i/1936, p. 87. 27 «Non può pensarsi che il lavoro della detta Agenzia abbia a subire in prosieguo di tempo, una qualche diminuzione, in quanto il porto di Massaua, il più importante e il meglio attrezzato del Mar Rosso, rappresenta l'unico sbocco per il vasto retroterra etiopico che attende di essere adeguatamente valorizzato». ASBI, Verbali del Consiglio superiore, 1936, p. 216. VI. La Banca d'Italia nella colonia primogenita 99

2.2. Il credito agrario

L'arretratezza dell'agricoltura eritrea28, oltre che da cause na­ turali e ambientali dipendeva dalla mancanza di un istituto di credito agrario29. n primo vero intervento legislativo si ebbe con la legge 1046 del24 luglio 1922 che previde la concessione di mutui in favore delle aziende agricole in Eritrea e in Somalia per un ammontare di 35 milioni per un triennio. Erano escluse dal beneficio le me­ die e piccole aziende avendo fissato un'estensione media di 3 mila ettari. Poiché queste e ulteriori disposizioni non avevano prodotto effetti risolutivi, con R.D. 22.2.1932, n. 287 fu istituita presso la filiale di Asmara una sezione di credito agrario che co­ minciò a operare a giugno scontando gli effetti emessi dal Con­ sorzio agrario eritreo, e concedendo prestiti diretti agli agricol­ tori garantiti dal Consorzio3°. n Consorzio agrario eritreo, autorizzato dal D.G. 17.5.1932, n. 6084 a compiere operazioni di credito agrario d'esercizio ai sensi del decreto n. 287, assumeva la funzione di ente interme­ diario tra la sezione della Banca e gli agricoltori, mentre la se­ zione affiancava e appoggiava finanziariamente il Consorzio con il risconto ed eventuali sovvenzioni dirette3 1•

28 Alla fine del 1934 esistevano in Eritrea 127 aziende agricole «in proprietà o in concessione a metropolitani» con una superficie di 32.750 ettari dei quali solo 7.687 coltivati, annotava l'ispettore Quattrone nel «rapporto sugli affari» della filiale di Asmara. Quattrone ricordava inoltre il fallimento della bonifica di Zula (Società Imprese Coloniali Caramelli e C.) e l'esperimento di Tenessei dove «opere costose per eseguire gli impianti per la irrigazione dei terreni destinati allo sviluppo della coltivazione del cotone del tipo Sakellaridis non potrono es­ sere interamente ultimate per mancanza dei mezzi occorrenti». ASBI, Ispetto­ rato generale, 384/2/244 (per la citazione, 384/2/250). 29 «il colono italiano qui si trova nell'impossibilità di migliorare le proprie colture e di trasformarle - osservò il direttore di Asmara - perché manca di denaro liquido, né per contro può ricorrere al credito ordinario perché non corrispondente ai propri bisogni che richiedono sovvenzioni a lunga scadenza; finisce pertanto col cadere nelle mani degli strozzini, che gli assorbono la quasi totalità dei redditi della concessione». Lo stesso per gli indigeni che «si appog­ giano quando ne sono obbligati, ai ricchi indigeni pagando dei tassi d'interesse che vanno dal60 al 70% l'anno». Relazione della filiale di Asmara sul1928 cit., 5528/1/539. 30 B.I., Adunanza per i/1932, p. 53. 31 I criteri operativi adottati dall'ufficio coloniale di Bankitalia a uso dei direttori delle sezioni di Asmara e di Mogadiscio (quest'ultima operante dal 100 La Banca d'Italia in Africa VIII

L'attività della sezione fu modesta, in parte per la crisi del settore agricolo, in parte per l'atteggiamento troppo prudente di Bankitalia che provocò - come ha osservato Mauri - «un certo disappunto tra gli agricoltori»32, e tra i rappresentanti del potere politico soprattutto in Somalia. Da un appunto dell'ufficio colo­ niale emerge un certo malfunzionamento delle sezioni di credito agrario che, anziché operare attraverso i consorzi, preferivano concedere prestiti diretti senza avvalersi dei tecnici agricoli: «non esercitare il dovuto e severo controllo sull'impiego dei prestiti [. . .] potrebbe, in prosieguo di tempo, esporre le Sezioni a maggiori ri­ schi quantunque le cambiali agrarie, rilasciate dagli agricoltori al­ le Sezioni stesse, siano avallate dai rispettivi Consorzi»33 • Constatata l'inidoneità della Banca a esercitare in maniera ef­ ficace questa forma di credito34, con RD. 29.12.1939, n. 2052, venne istituita una Cassa di credito agrario che iniziò a operare nel 1935 con un capitale di un milione di lire. L'aggravamento della situazione politica e l'avvio delle operazioni militari consi­ gliò di sospendere questa iniziativa.

2.3. L 1attività assicurativa Analogamente a quanto già fatto in Libia, Bankitalia assunse la rappresentanza per l'Eritrea dell'Istituto Nazionale delle Assi­ curazioni UNA) con la qualifica di agenzia generale provvisoria. La scarsa popolazione bianca e la mentalità degli indigeni insen­ sibile alle forme di assistenza assicurativa resero particolarmente arduo lo svolgimento di questa attività, come appare dal pro­ spetto seguente nel quale sono indicati il numero degli assicurati

1930), prevedevano, tra l'altro, un controllo costante e diretto sull'impiego delle somme; la ininterrotta ed effettiva disponibilità delle garanzie reali sui beni del beneficiario del credito; il ricorso preferenziale al credito indiretto attraverso i consorsi agrari. Memoria dell'ufficio coloniale dal titolo «credito agrario di eser­ cizio in Somalia e in Eritrea», del 23.12.1932, in ASBI, Direttorio-Azzolini, 62nl4. 32 A. Mauri, Il mercato del credito in Etiopia, Giuffrè, Milano 1967, p. 182. 33 Memoria cit., 62n /8. 74 Le operazioni di credito agrario nel1933 furono 92 per un ammontare di 266.150 lire e l'anno successivo scesero a 35 operazioni per 89.200 lire. Rela­ zione sull'attività della filiale di Asmara nel 1934 in ASBI, Filiali coloniali, 5528/1/131 (per la citazione, 5528/1/166). VI. La Banca d'Italia nella colonia primogenita 101

- quasi esclusivamente bianchi - e il capitale assicurato (gli im­ porti sono in migliaia di lire)35.

1914 75 assicurati per L. 1.120 1919 19 assicurati per L. 373 1915 17 » » 320 1920 18 » » 460 1916 8 » » 155 1921 6 » » 183 1917 17 » » 288 1922 14 » >> 466 1918 9 » >> 80 1923 22 >> >> 745

Inoltre nel periodo bellico 1915-18 la Banca assunse, per conto delle Assicurazioni Generali di Venezia, la copertura dei rischi marittimi e di guerra delle merci viaggianti: nel 1917 fu­ rono assicurati 17 piroscafi per un valore di 6,4 milioni36; l'anno successivo 28 piroscafi per un valore di 27,1 milionP7• Questa attività «opportunamente collegata al lavoro bancario, offrì la possibilità di assistere efficacemente il commercio di esportazio­ ne verso la Madre patria»3s.

Tab. 5. Operazioni della Banca d'Italia in Eritrea (1914-1935) (importi in migliaia di lire)

Opera- Movimento delle casse Antici- V agli a cambiari Utili zioni Sconti Totale p azioni netti Anni Entrate Uscite Emessi Pagati

1914 131.433 120.899 5.016 572 5.588 23.162 14.876 80 1915 159.689 166.434 16.381 122 16.503 27.367 19.796 158 1916 199.869 202.054 23.978 326 24.304 32.298 27.256 1917 273.387 274.645 36.384 3.912 40.296 46.450 32.619 5 1918 669.093 664.503 146.270 22.754 169.024 110.766 108.652 -2 1919 446.516 449.252 67.684 21.768 89.452 85.363 71.239 33 1920 636.648 631.667 113.258 29.122 142.380 146.432 140.454 111 1921 594.330 596.401 133.858 22.769 156.627 107.553 102.968 92 1922 500.311 497.832 96.230 16.372 112.602 83.234 67.370 232 1923 454.959 449.928 61.818 11.901 73.719 82.399 68.443 318 1924 497.453 496.943 82.836 12.558 95.394 86.571 74.071 360

35 Lettera dell'INA a Moccia, direttore della filiale di Asmara, del 13.1.1924, in ASBI, Filiali coloniali, 5528/1/411. 36 Relazione sull'attività della filiale di Asmara per il 1917, in ASBI, fondo cit., 5523/1/614. 37 Relazione sull'attività della filiale di Asmara nel1918, in ASBI, fondo cit., 5528/4/574 (per la citazione, 5528/4/610). 38 Banca d'Italia, La Banca d'Italia nelle tm·e italiane d'oltremare cit., p. 29. 102 La Banca d'Italia in Africa VIII

Opera- Movimento delle casse Antici- Vaglia cambiari Utili zioni Sconti Totale p azioni netti Anni Entrate Uscite Emessi Pagati

1925 674.880 666.426 164.292 28.856 193.148 128.728 107.623 405 1926 666.275 660.010 127.775 36.710 164.485 122.987 102.534 527 1927 623.440 625.441 67.333 30.273 97.606 114.585 93.385 649 1928 559.764 553.843 66.226 33.173 99.399 109.769 92.191 399 1929 536.605 523.361 71.675 31.915 103.590 98.796 79.577 849 1930 512.630 512.452 90.116 32.027 122.143 88.691 68.213 797 1931 471.793 477.827 93.812 21.873 115.685 82.091 69.200 235 1932 439.535 438.450 95.907 17.514 113.421 76.873 62.093 -4.320 1933 388.673 405.977 72.181 8.592 80.773 86.995 63.057 -1.809 1934 453.225 452.172 57.347 5.960 63.307 116.031 81.133 -95 1935 4.289.350 4.215.701 68.746 4.405 73.151 723.923 549.165 2.800

3. Risultati operativi

Nella tabella 5 sono presentati i risultati delle principali ope­ razioni compiute dalle dipendenze dell'Eritrea nel periodo 1914- 1935. Questo ultimo anno va considerato a parte poiché coincide con la fase di preparazione dell'invasione dell'Etiopia che signi­ ficò per le filiali di Bankitalia un periodo di grande attività re­ gistrato dal movimento delle casse superiore di oltre nove volte all'ammontare dell'anno precedente. Complessivamente la tabel­ la presenta un andamento fluttuante in linea con l'evoluzione dell'economia eritrea: gli effetti della crisi commerciale seguita al boom del periodo della guerra europea, cumulandosi con le al­ terne vicende della produzione agricola e con la difficile situa­ zione monetaria, si protrassero per molti anni, com'è testimonia­ to dai frequenti e preoccupati riferimenti che si trovano nelle relazioni annuali della Banca d'Italia. Nel 1928 Stringher accennò alle «avversità incontrate dalla produzione agraria» e al movimento commerciale che «si è svolto tra difficoltà non lievi, per scarsa capacità di acquisto delle popo­ lazioni interne per ristrettezze di disponibilità di capitali liquidi dei commercianti locali, per le rapide oscillazioni dei prezzi su quei sensibili mercati»39; nella relazione letta il28 marzo 1931 si osservò che «l'anno 1930 ha sensibilmente aggravato la depressio-

39 B.I., Adunanza per il 1928, pp. 70-1. VI. La Banca d'Italia nella colonia primogenita 103 ne dell'economia della colonia Eritrea sulla quale, sin dallo scor­ cio del 1927 pesa il flagello delle cavallette ripetutosi negli anni successivi»40; l'anno seguente Azzolini individuò le cause della cri­ si della colonia primogenita nella mancanza di raccolti per quat­ tro anni, nella cessazione del movimento carovaniero, nella «sen­ sibile discesa del corso del tallero di Maria Teresa, rimasto di fatto, l'unità di misura delle transazioni commerciali interne»41• ll disagio economico non poteva non incidere sulla politica degli impieghi: nel periodo 1919-34 le sofferenze registrate nel conto economico delle dipendenze eritree superarono i 9,5 mi­ liardi di lire42 e produssero nel triennio perdite nette per 6,2 mi­ lioni. Nel corso di una visiva ispettiva, analizzando gli impieghi in essere al20 giugno 1934, Rocco Quattrone riscontrò che i due terzi circa degli sconti concessi da Asmara erano rappresentati da cambiali di comodo, mentre l'agenzia di Massaua aveva forni­ to un «apprezzabile contributo quantitativo e soprattutto qualita­ tivo [. ..] all'attività svolta dalla Banca in Eritrea»43• «Uno sguardo d'insieme dato al lavoro compiuto dalla filiale di Asmara in ven­ tuno anni d'esercizio [. ..] conduce a risultamenti piuttosto scon­ fortanti in quantoché a fronte di una massa di utili lordi di L.

40 B.I., Adunanza per zl 1930, p. 63. 41 B.L, Adunanza per il1931, p. 52. 42 Serie delle sofferenze ricavate dalle relazioni dei direttori: 1919 23 milioni 1927 248 milioni 1920 7 » 1928 » 1921 1.464 » 1929 » 1922 1.421 » 1930 334 » 1923 567 » 1931 152 » 1924 15 » 1932 1.962 » 1925 601 » 1933 1.051 » 1926 1.427 » 1934 231 » La tavola relativa ai benefici e alle passività delle filiali per l'anno 1928 non risultò essere stata pubblicata. 43 Rapporto sugli affari, ASBI, Filiali coloniali, 384/2/244 (per la citazione, 384/2/259). La classificazione dei rischi era per Quattrone la seguente (cifre in migliaia di lire): Asmara Massaua Cheren foglio commerciale 260 3.649 sovvenzioni al commercio 478 83 » all'agricoltura 200 » all'industria 1.011 carta di comodo 4.685 l 19 6.634 3.650 102 104 La Banca d'Italia in Africa VIII

31.358.050,87, quelli netti si ridussero a soli L. 3.059.669,68 una media annua, quindi, di utili netti di lire di 145/mila»44• A parere dell'ispettore, concorreva a formare questo risultato poco brillante, il comportamento troppo prudente dei direttori: se una politica di raccoglimento è necessaria nei periodi di crisi commerciale, questa non deve diventare una norma di compor­ tamento generale, quasi che l'obiettivo fosse quello di diminuire il volume di tutti gli impieghi.

La graduale e continua contrazione dei rischi può fare buona im­ pressione a chi vede e giudica da lontano, ma tale impressione non può condividere appieno chi ha il compito di vagliare le cose molto da vi­ cino. Allorquando la contrazione verificatasi negli impieghi è dovuta più alle operazioni a decorso regolare o quasi, anzi che a quelle che rappresentavano crediti congelati e di difficile realizzo, viene da chie­ dersi se la Banca di Asmara debba liquidare completamente i propri impieghi cambiari o quelli garantiti da depositi di merci e se sia proprio necessario usare larga condiscendenza con i singoli coobbligati per la liquidazione di talune pesanti posizioni. L'azione svolta dalla nostra fi­ liale in questi ultimi anni è stata può dirs~ rivolta unicamente a dimi­ nuire, in genere il volume degli impieghi; azione comunque manchevole in quanto se non può parlarsi di sviamento della buona clientela per mancanza sulla piazza di altre aziende di credito non può disconoscersi che le buone ditte metropolitane e indigene si sono trovate nelle con­ dizioni di lavorare soltanto con i propri mezzi senza poter attingere al 45 credito •

La relazione concludeva sottolineando le buone possibilità di lavoro che si schiudevano per la Banca in Africa orientale e se­ gnatamente in Eritrea: «se l'azione della nostra filiale sarà, con la prudenza del caso rivolta ad accompagnare le energie sane [. ..] potremo conseguire buoni risultati col risanamento di vecchie posizioni e col miglioramento di quelle in essere»46• L'auspicio si realizzò nell'esercizio 1935 solo parzialmente. li lavoro delle filiali di Asmara e di Massaua conobbe un notevole incremento nel settore delle contrattazioni in valuta, dei vaglia e degli ordini di accreditamento e di pagamento che produssero

44 lvi, 384/2/261-2. 45 lvi, 384/2/262-3. Corsivo aggiunto. 46 lvi, 384/2/264. VI. La Banca d'Italia nella colonia primogenita 105 apprezzabili utili (2,8 milioni rispetto a un passivo di 95 mila lire), ma non nel settore degli impieghi - cresciuto solo di 10 milioni - perché vennero seguiti criteri di «estrema prudenza», una prudenza che il direttore Forte riteneva necessaria <

4. Le altre banche operanti in Eritrea

Si è detto che nel 1915 venne costituita ad Asmara, sotto gli auspici della Banca d'Italia, la Banca Popolare Cooperativa Eritrea (BPC), un istituto locale destinato a sovvenire i piccoli impren­ ditori. Questo ruolo di complementarietà con Bankitalia ben presto si modificò: la BPC, «fornita di larghi depositi, per i tassi dell'interesse elevato che corrisponde, si va man mano emanci­ pando- osservava a fine 1919 il direttore della filiale di Asmara - e fra non molto potrà vivere di vita propria o verrà assorbita da qualche altro Istituto»4s. Pure se con difficoltà la BPC riuscì a superare la grave crisi che colpì la colonia nel 1921 49• Successivamente la situazione si appesantì sempre di più finché nel 1931 si rese necessaria una

47 Relazione del 10.2.1936, in ASBI, fondo cit., 5528/1/104 (per la citazio­ ne, 5528/1/127). Parere nettamente contrario venne espresso da S. De Ambrosis che, nell'inviare a Roma i dati relativi ai finanziamenti concessi nel periodo 1927-39, osservò che nel1936la filiale di Asmara aveva «segnato un notevolis­ simo regresso» nelle sue operazioni quale non si è mai verificato negli anni pre­ cedenti. Lettera del 4.3.1940, in ASBI, fondo cit., 260/5/1. 48 La BPC «era nei voti di tutti e rispondeva perfettamente ai bisogni locali», come necessario completamento di Bankitalia. «Mi occupai quindi con vera pas­ sione alla costituzione di una siffatta Banca», dichiarò il direttore V an tini nella relazione per il1915. ASBI, fondo cit., 5528/1/682 (per la citazione, 5528/1/713). Sulle banche operanti nella colonia si rinvia a Mauri, Il mercato del credito in Etio­ pia cit., pp. 168-75, dal quale sono state tratte le informazioni fattuali. 49 lvi, p. 173. A causa della crisi sia la BPC che la Banca per l'Africa orien­ tale aumentarono i tassi in maniera spropositata (il direttore parlò di «altezza 106 La Banca d'Italia in Africa VIII svalutazione del capitale del 75 per cento a causa di crediti caduti in sofferenza e per i quali non erano stati effettuati i neces­ sari accantonamenti. Nell'ottobre successivo la banca si trasformò in società cooperativa e assunse la denominazione di Banca del Lit­ torio. ll cambiamento non le giovò, anche per le condizioni eco­ nomiche generali sempre più depresse; l'assemblea straordinaria del30 marzo 1933 ne deliberò la liquidazione. Nel settembre 1917, per iniziativa della Banca Italiana di Sconto (BIS), venne costituita a Roma, sotto forma di società anonima, la Banca per l'Africa Orientale (BAO) che iniziò l'atti­ vità nell'aprile successivo a Massaua (sede principale) e a Moga­ discio, con un capitale di un milione di lire5°. Operando come banca mista la BAO curava soprattutto il fi­ nanziamento del commercio internazionale conseguendo buoni risultati nei momenti di congiuntura favorevole; palesò invece nel­ le situazioni meno fortunate una «estrema vulnerabilità» a causa della «insufficienza dei mezzi di proprietà a fronte di un'attività d'investimento certamente non improntata a criteri di prudenza ed immemore delle esigenze di liquidità>Y1• La BAO risentì delle conseguenze della crisi eritrea oltre che della caduta della BIS: il 5 febbraio 1932 l'assemblea degli azionisti ne decretò lo sciogli­ mento. Commentando le voci per le quali oltre alla BAO anche la Comit e il Credito Italiano si preparavano ad aprire dipendenze in Eritrea, il direttore della filiale di Asmara richiamò l'attenzio­ ne del governatore sui pericoli di un'eccessiva presenza bancaria nella colonia:

In un ambiente ristretto come quello dell'Eritrea, con un movimen­ to commerciale di circa 50 milioni, vedremo tra non molto altri quattro Istituti bancari, che moltiplicando Agenzie e sub-Agenzie, faranno la caccia all'affare denigrandosi a vicenda ed in concorrenza accanita fra di rovinosa>>). La prima portò il tasso di sconto all2% applicando sulle rinnova­ zioni una commissione che portava il costo al13,5%; il secondo istituto applicò «il15% in via normale» e saggi ancora più elevati per operazioni speciali. Re­ lazione del 25.1.1922 in ASBI, fondo cit., 5528/11487 (per la citazione, 5528/1/497-8). 50 ll capitale, diviso tra pochi industriali, venne assorbito dalla BIS: rad­ doppiato nel 1919, fu portato a 4 milioni nel 1921. 51 Mauri, Il mercato del credito in Etiopia cit., p. 171. VI. La Banca d'Italia nella colonia primogenita 107 loro stessi, con conseguente danno del commercio [. .. ]. Io non so perché non sia possibile l'istituzione in Italia di una grande Banca coloniale, organismo agile e vitale, alla formazione del quale dovrebbero propor­ zionalmente concorrere oltre gli Istituti di emissione tutte le grandi banche italiane52.

Non ebbe miglior sorte la Banca Coloniale di Credito (BCC), costituita nel dicembre 1922 sulle spoglie della BAO, di cui adottò il modello operativo53. Con un capitale iniziale di un mi­ lione di lire, sottoscritto per i nove decimi dalla Banca Nazionale di Credito succeduta alla BIS54, la BCC aveva la sede centrale ad Asmara e una filiale a Massaua: operava prevalentemente nel set­ tore delle transazioni commerciali con l'estero fornendo anche servizi assicurativi, di spedizione e di magazzinaggio55. ll Credito Italiano, succeduto a sua volta alla Banca Nazionale di Credito, mise in liquidazione la BCC nel 1932. «È un quadro veramente desolante» la situazione del credito in Eritrea alla vigilia del conflitto etiopico, ha osservato Mauri56. L'unica sopravvissuta era la Banca d'Italia, che pure aveva do­ vuto chiudere le due agenzie di Cheren e di Adi Caieh. L' avven­ tura etiopica richiamò nella colonia il Banco di Napoli (che ri­ levò lo sportello della Cassa di Risparmio di Torino), la Banca Nazionale del Lavoro e il Banco di Roma. Ancora una volta For­ te richiamò l'attenzione sull'errore del governo di avere consen-

52 Relazione sull'attività della filiale di Asmara nel1919 in ASBI, fondo cit., 5528/1/551-2. Corsivo aggiunto. 53 Relazione del direttore di Asmara del 30.1.1923, in ASBI, fondo cit., 5528/1/447. «Si dice che la Banca Coloniale di Credito possa contare su larghe disponibilità e conti di svolgere un lavoro estero». lvi, 5528/1/464. 54 La Banca Nazionale di Credito curò la liquidazione della «Sconto» e del­ la Ansaldo s.a. Su queste vicende cfr. G. Toniolo, Il profilo economico, in G. Guarino, G. Toniolo (a cura di), La Banca d'Italia e il sistema bancario 1919- 1936, Collana storica della Banca d'Italia, serie documenti, vol. VIII, Laterza, Roma-Bari 1993, pp. 19-27. 55 Nel1929 l'Ufficio coloniale di Bankitalia proponeva di negoziare con la Banca Nazionale di Credito la chiusura della «Coloniale» che, data la modesta entità degli affari dell'Eritrea, non aveva «campo sufficiente per esplicare azione utile a sé e alla Colonia». Un'annotazione manoscritta a margine del memorandum chiariva che la Banca Nazionale di Credito si era dichiarata disposta a ritirarsi dalla colonia ma che, successivamente, avrebbe ceduto alle richieste del governatore della Somalia Corni di insediarsi nella colonia stessa per sostenere i produttori di cotone. La richiesta non ebbe seguito. ASBI, fondo cit., 5525/1/211. 56 Mauri, Il mercato del credito in Etiopia cit., p. 175. 108 La Banca d'Italia in Africa VIII tito una presenza bancaria nella colonia sproporzionata alle at­ tuali necessità e, a maggior ragione, a quelle future57• Questa denuncia era motivata dalla considerazione di carat­ tere generale della ridondanza degli sportelli bancari rispetto ai bisogni locali, ma anche dalla preoccupazione che potesse venire ostacolata l'azione di Bankitalia volta al risanamento del porta­ foglio e al recupero delle partite in sofferenza.

57 «È stato dawero un errore l'insediamento di tante Banche qui in quanto, a tempo opportuno e cioè allorquando ritornerà la normalità, sarà assai difficile delimitare le attività, l'influenza e la competenza di ognuna, e forse sarà impos­ sibile eliminare il superfluo - se dovesse attuarsi il programma già altre volte ventilato della costituzione di un Istituto Coloniale - a cagione della resistenza che si troverà da parte di quegli Istituti che hanno immobilizzato qualche mi­ lione nell'acquisto di stabili». Relazione di Forte dell0.2.1936, ASBI, fondo cit., 5528/1/104 (per la citazione, 5528/11128). VII

LA BANCA D'ITALIA IN SOMALIA l. Il ritardato avvio della filiale di Mogadiscio

Quando nel marzo 1905 l'Italia assunse l'amministrazione di­ retta del Benadir dopo un ventennio di indirect rule, si trovò di fronte a un paese lontanissimo, largamente inesplorato, politica­ mente e militarmente insicuro, dove la schiavitù era ancora pra­ ticata su larga scala1• Queste caratteristiche spiegano la risposta interlocutoria data da Stringher al ministro delle Colonie Colo­ simo che aveva chiesto l'apertura di una filiale di Bankitalia a Mogadiscio2 •

1 Sapelli, il primo e «il più rozzo dei governatori giolittiani, e che soffre di continuo di nostalgie crispine» - come lo ha definito Del Boca - riteneva che la schiavitù «non aveva mai avuto carattere di crudeltà» e che fosse difficile eli­ minare questo stato di servitù senza dare adito a gravi difficoltà; Cadetti, altro governatore, riteneva che quelle popolazioni, per l'innata inferiorità intellettuale, erano <

n ministro Colosimo tornò alla carica nel marzo 1917: «circa la costituzione di una filiale della Banca nella Somalia Italiana, convengo con la S. V Ill.ma che la cosa non si presenta agevole nelle difficili contingenze del momento [. ..] mi permetto d'insi­ stere [. .. ] affinché si compiaccia di non lasciar cadere senz' altro la importantissima questione, e di avvisare ai modi di avviarla ad una pronta e soddisfacente soluzione»3 • n 27 ottobre Stringher, «riconosciuta la convenienza di non negare allo sviluppo delle più lontane terre soggette all'Italia il concorso della nostra Banca», informò il Consiglio superiore del­ la richiesta anche se, aggiunse, «avrebbe preferito di attendere tempi più propizi». Tuttavia, aveva dovuto pur convenire con l'on. ministro delle Colonie sulla opportunità di «non ritardare ancora un provvedimento che presenta ora qualche carattere d'ur­ genza, anche per evitare che altre iniziative vadano a dare alle pri­ me forme regolari di credito nella Somalia Italiana quell'indirizzo che il R. Governo desidera sia dato dalla Banca d'Italia»4 .

È questo un desiderio che, una volta presa la determinazione di por­ tare la nostra azione nella lontana Colonia, coincide col nostro interesse, perché la Banca d'Italia lasciando posto alle libere iniziative ovunque abbia proprie filiali nelle Colonie, deve assumere la posizione di diri­ gente le funzioni del credito nelle Colonie medesime, come avviene in Libia e nell'Eritrea. Queste funzioni sono da creare nella Somalia Ita­ liana, e il compito è delicato, poiché la vita sociale e giuridica ha ivi una costituzione speciale5.

A causa dell'urgenza e della particolare situazione occorreva studiare sul posto gli adattamenti da apportare alla normativa delle filiali coloniali. Al momento si poteva ritenere che «lo sta­ bilimento di Mogadiscio dovrebbe, pertanto, sorgere con una struttura modesta. Non potendosi legarlo con la Banca d'Italia in due terzi dei quali rappresentati da generi alimentari e beni di consumo per i residenti europei e da «spese derivanti dalla politica di conquista e di repres­ sione, perciò non produttive». Del Boca, Dall'Unità alla marcia su Roma cit., pp. 828-9. 3 La lettera del 13.3.1917 è in ASBI, Filiali coloniali, 913 2/113 7 4 (per la citazione, 9132/1/375). Corsivo aggiunto. 4 ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1917, pp. 366-76 (per la citazione, p. 367). 5 Ibid. Corsivo aggiunto. VII. La Banca d'Italia in Somalia 111

Asmara, a cagione della distanza, potrà denominarsi semplice­ mente Filiale della Banca d'Italia in Mogadiscio; ma la sua forma dovrebbe essere quella dell'Agenzia di Bengasi»6 . Da parte sua il governo, per dare a Bankitalia «una base si­ cura ed ampia» per le sue decisioni di massima, aveva provve­ duto con il R.D.L. 23.8.1917, n. 1820, a conferirle le facoltà di: a) istituire una filiale in Somalia che avrebbe assunto anche il servizio di tesoreria dello Stato; b) estendere alle dipendenze nel­ l'Eritrea e nella Somalia l'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 63 bis dello statuto. Su proposta del direttore generale, il Consiglio superiore deliberò l'istituzione di una dipendenza a Mogadiscio «che sarà governata con le norme che lo stesso Di­ rettore Generale presenterà a deliberazione del Consiglio stesso in altra adunanza»7. All'ispettore Paladini, coadiuvato dal capo di agenzia Picuc­ ci, fu dato l'incarico di recarsi a Mogadiscio per procedere al­ l'impianto dello stabilimento e al suo primo funzionamento. Nelle istruzioni che ho impartito al cav. Paladini - riferì Stringher al Consiglio superiore nella tornata del 28 ottobre 1928- ho senz' altro autorizzato le operazioni di sconto e di anticipazione, nel­ le forme ora consentite per l'Eritrea, a favore dei commercianti europei, e di quelli indigeni che regolarmente esercitino commerci; la concessio­ ne di fidi agli imprenditori di lavori pubblici, proporzionati alla entità delle opere da essi assunte, mediante sconto degli effetti appoggiati alla garanzia della cessione in pegno dei crediti verso il Governo nascenti dai contratti di appalto; ho raccomandato che con speciale cura e con premura sia studiata l'organizzazione del credito sotto forma di antici­ pazioni garantite da deposito di merci, essendo questa la forma che me­ glio risponde al concetto di spiegare un'azione proficua per la Banca la quale aiuti e sviluppi le correnti del traffico tra la Somalia e la Madre­ patria. Le accennate istruzioni hanno per oggetto anche la linea di con­ dotta della istituenda Filiale nei riguardi delle operazioni passive a mez­ zo delle quali è necessario di stimolare il risparmio locale, e toccano alcuni problemi di notevole interesse per la vita economica della Soma-

6 lvi, p. 370. Corsivo aggiunto. 7 lvi, p. 374. 112 La Banca d'Italia in Africa VIII lia, e per la posizione che la Banca d'Italia deve prendere nella lontana Colonia [. .. ]. La Filiale di Mogadiscio assumerà il servizio di R. Teso­ reria [ ... ]. il nostro Istituto così rende compiuta la sua funzione di Te­ soriere dello Stato nelle Colonie. Ma più che per questa funzione, essa intende di rendersi utile al Governo nelle lontane terre soggette all'Italia, dirigendo l'azione banca­ ria, che le è propria, in giusta relazione coll'ampio programma di politica economica coloniale che lo Stato si accinge a svolgere mentre si schiudono al Paese più larghi orizzonti8 •

Nella prima relazione a Stringher Paladini descrisse lo stato primitivo della colonia: non appena ci si allontana da Mogadiscio - dove c'è un principio di vita commerciale e civile «per quanto embrionale» - ci si rende conto che «nella Somalia Italiana vi è ancora tutto da fare e tutto da creare [ ... ] che non si vede alcuna traccia della nostra azione colonizzatrice all'infuori delle semplici manz/estazioni di presa di possesso con la presenza di Uffici e Fun­ zionari di Governo»9• Nelle ispezioni del territorio, Paladini in­ dividuò le potenzialità di Merca e Brava: in quest'ultima località era prevista la costruzione di un porto, ipotesi successivamente abbandonata perché il governo coloniale preferì orientare il cen­ tro dello sviluppo su Mogadiscio «che si pensa di fornire di un piccolo porto da far sorgere in un'ampia rada a circa tre chilo­ metri a nord della città, porto la costruzione del quale richie­ dendo parecchi milioni viene rimandata a più tardi»10.

8 ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1918, pp. 429-30. Corsivo aggiunto. Nella lettera di istruzioni a Paladini del 12.10.1918 a questo riguardo si legge: «noi dobbiamo aiutare il programma che s'impone allo Stato per l'avvaloramento economico della lontana Colonia, nel momento in cui i mercati mondiali si preparano a nuove orientazioni e i problemi della produ­ zione e dello scambio si affacciano nel prossimo avvenire inquadrati in assai più ampie linee di quelle onde erano per noi circoscritti nell'epoca chiusa della guerra. n valore potenziale dei possessi coloniali si presenta oggi come uno dei più potenti elementi per raggiungere un equilibrio che risponda ai nuovi bisogni del popolo italiano». lvi, p. 3. 9 n rapporto del 15.5.1919 è in ASBl, Ispettorato generale, c. 302, p. 4. Corsivo aggiunto. 10 lvi, p. 8. Per la costruzione di un pontile e per i primi lavori venne speso un milione e mezzo di lire. n cambiamento di politica penalizzò lo sviluppo dell'oltre Giuba. VII. La Banca d'Italia in Somalia 113

Il lavoro preparatorio di Paladini e Picucci era a buon pun­ to11, quando le crescenti difficoltà della circolazione monetaria consigliarono di rinviare l'apertura della filialetz. La causa prima della difficile situazione economico-moneta­ ria era rappresentata dall'eccesso «delle importazioni sulle espor­ tazioni, che è costante e non trova ancora elementi compensatori [e che] potrà essere rimossa o attenuata soltanto dalla provvida opera dello Stato, coordinata a larghe iniziative private, intese a mettere in valore le risorse naturali della Colonia [ ... ]. Ma, pre­ sentandosi la necessità di un rimedio pronto, sia pure parziale», governo e Bankitalia decisero di «fornire la Colonia, a mezzo della Banca stessa, di una circolazione interna, capace di fron­ teggiare gli attuali più urgenti bisogni»13 • A tal fine il R.D. 13.5.1920, n. 600 autorizzò la Banca d'Italia a emettere- attra­ verso la filiale di Mogadiscio, aperta al pubblico il 5 novembre - buoni di cassa in rupie, rappresentativi di rupie d'argento im­ mobilizzate presso la Banca stessa, a corso legale in Somalia. Il risultato fu largamente positivo e consentì di superare la fase più acuta di una crisi che comunque restava sullo sfondo a causa del permanere del difettoso sistema monetario che scomparve nel 1925 quando a luglio venne introdotto il sistema italiano. L'azione che la filiale di Mogadiscio si accingeva a compiere era particolarmente ardua perché, a differenza dell'Eritrea, la So-

11 «All'Ispettore rappresentante della Banca d'Italia, già fa capo il ceto com­ merciale di Mogadiscio per consiglio e appoggio nello svolgimento di taluni rap­ porti di scambi, segnatamente col di fuori della Colonia». B.I., Adunama per il 1919, p. 59. È interessante notare che per tranquillizzare gli azionisti perplessi circa l'apertura della filiale somala, Stringher chiude l'argomento dichiarando che l'amministrazione della Banca «tiene a riaffermare che la sua azione nel campo coloniale, ispirata costantemente e meditatamente alle direttive dello Sta­ to, concilia con queste gli interessi dell'Istituto, mantenendo le funzioni del cre­ dito in equilibrio con le condizioni di produttività e con le potenzialità degli scam­ bi con le Colonie>> (ivi, p. 61). Corsivo aggiunto. 12 n sistema monetario della colonia, che verrà esaminato in dettaglio in altro capitolo, era basato sulla rupia italiana d'argento legata da un rapporto fisso alla sterlina britannica (15 rupie = l sterlina). n prezzo dell'argento- pas­ sato da 26,7 pence per oncia nel gennaio 1917 a un massimo di 85 nel febbraio 1920- aveva più che raddoppiato il valore intrinseco della rupia che giunse fino a 5 lire, mentre veniva emessa al cambio fisso di 1,68 lire determinando la sua scomparsa dalla circolazione perché tesaurizzata, demonetizzata o contrabban­ data. u B.I., Adunanza per il 1919, p. 60. 114 La Banca d'Italia in Africa VIII malia non aveva beneficiato del boom verificatosi negli anni della guerra mondiale, ma era rimasta - come osservò il direttore Pi­ cucci - in uno «stato di letargo» causato principalmente dalla lontananza dall'Italia e, più in generale, dai mercati europei14 . Le difficoltà del sistema monetario locale; «la terribile care­ stia del 1920-22 provocata dalla mancanza di due raccolti; e fi­ nalmente nell'anno che volge [il 1924] l'abbondanza della piog­ gia che ha danneggiato di circa il 50% il raccolto della passata stagione e oggi sembra vada compromettendo quello in corso»15 , sono altrettante cause che giustificano la definizione di «cene­ rentola delle colonie» data alla Somalia ed evidenziano quanto fosse delicato il compito di Bankitalia e di quanti altri intende­ vano promuoverne lo sviluppo economico.

2. La filiale di Chisimaio

Ne11926 il territorio della Somalia raddoppiò per l'aggiunta al nord degli ex sultanati di Obbia, Alula e Nogal già sotto il protettorato dell'Italia, e al sud con l'acquisizione del territorio dell'oltre Giuba. Complessivamente la colonia «parte dal 4 9° meridiano nel golfo di Aden e giunge fino al porto di Dumford nell'Oceano Indiano con uno sviluppo costiero di oltre 2.300 chilometri, con una superficie di oltre 600 mila chilometri qua­ drati e con una popolazione di circa l milione di indigeni e di

14 La Somalia «è rimasta tagliata fuori completamente da ogni comunica­ zione con l'Europa, beneficiando, come spesso avvenuto, di un solo piroscafo, di provenienza dall'Italia, ogni cinque, sei, e qualche volta sette mesi. Di con­ seguenza la ripresa degli affari e degli scambi, al riattivarsi delle normali comu­ nicazioni, ha trovato questa Colonia quasi in uno stato di letargo dal quale solo lentamente si è venuta scuotendo. L'azione della Banca quindi doveva svolgersi con circospezione, onde evitare che un troppo improvviso movimento non si risolvesse in un danno piuttosto che in un bene della locale economia». Rela­ zione sull'esercizio 1923 in ASBI, Filiali coloniali, 5529/11571 (per la citazione, 5529/1/571-2). Valutazioni analoghe sono fornite da Del Boca che aggiunge un ulteriore elemento: «a complicare le cose, il già modesto sviluppo economico del Benadir viene rallentato per lo sforzo bellico della madre patria, e in questo frangente ciò che emerge, soprattutto, è che la colonia è ben !ungi dall'essere autosufficiente, che i fallimenti sono più numerosi dei successi>>. Del Boca, Dal­ l'Unità alla marcia su Roma cit., p. 858. 15 Relazione sull'esercizio 1923 cit., 5528/11571. VII. La Banca d'Italia in Somalia 115 oltre 1000 italiani»16• Questa crescita territoriale aggravava le condizioni della colonia per la mancanza degli strumenti (finan­ ziamenti e manodopera) necessari per il suo sfruttamento. Dopo la conclusione della convenzione di Londra del 15 lu­ glio 1924 che sanciva la cessione all'Italia dell'oltre Giuba, il go­ verno chiese a Bankitalia di impiantare dal l o gennaio successivo una propria dipendenza a Chisimaio. «È necessario infatti che il nuovo territorio - scriveva il mi­ nistro delle Colonie- non soltanto come dipendenza politica17 , ma anche come dipendenza economica, divenga quanto più pre­ sto possibile italiano». Il territorio appena acquistato «è attual­ mente più ricco di risorse potenzialì che non di risorse concrete ed attive». L'Alto commissario avrebbe provveduto a formtùare, en­ tro breve termine, un progranuna organico per il suo graduale sfruttamento. Non ci può essere dubbio «sull'immancabile svi­ luppo economico - proseguiva il ministro - poiché si avranno colà disponibili grandi estensioni di terreni fertilissinu, suscetti­ bili di essere irrigati, mediante opportune opere, colle acque del Giuba, che per otto mesi all'anno ha un'ingentissima portata di acqua»18. A sostegno di queste rosee previsioni il ministro riferiva del­ l'interessamento dimostrato dagli industriali cotonieri, e l'impe­ gno del governo di realizzare importanti lavori pubblici e «tutta un'azione diretta all'incremento della popolazione, dei rapporti

16 Relazione del direttore Moccia del 10.12.1926, ASBI, fondo cit., 5529/1/420. Sulle operazioni militari nella Somalia settentrionale, si rinvia al volume di C.M. De Vecchi, Orizzonti d'impero. Cinque anni in Somalia, Mon­ dadori, Milano 1935. «In Africa si diede ad occupare con la forza territori che erano già nostri e compié crudeli quanto inutili stragi>>. Così Ciano annotava nel Diario (G. Ciano, Diario 1937-1943, a cura eli R De Felice, Rizzoli, Milano 1990, p. 309) questa gaffe di De Vecchi ricordata dal duce al 12 giugno 1939. Sulle critiche mosse al «governatore fascista>>, come De Vecchi amava definirsi, dal capo di stato maggiore Badoglio, cfr. C.M. De Vecchi, Il quadrumviro sco­ modo. Il vero Mussolini nelle memorie del pizì monarchico dei fascisti, a cura di L. Romersa, Mursia, Milano 1983, pp. 106-18. 17 Inizialmente l'oltre Giuba costituì una colonia a sé retta da un Alto com­ missario (). Nel luglio 1926 il territorio venne aggregato alla So­ malia. 18 «Tali terre sono adattissime alle culture tropicali pizì ricche, quali il cotone e Ùz canna da zucchero, ed è unanime il giudizio dei tecnici sugli alti redditi da esse derivabili>>. La nota del ministro è riprodotta nel verbale delle riunioni del Con­ siglio superiore del27.10.1924, in ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio su­ periore, 1924, pp. 449-50, corsivo aggiunto. 116 La Banca d'Italia in Africa VIII commerciali con le regioni finitime, onde fare di Chisimaio un centro di affari e uno sbocco marittimo di notevole importan­ za»19. Valutazioni positive furono espresse anche dal diettore della filiale di Mogadiscio e, relativamente alla coltivazione del cotone, dal consigliere superiore Mylius. n ministro si dichiarava certo che la Banca «Vorrà apprezzare il complesso delle ragioni prima esposte e, disponendo l'istitu­ zione di una Agenzia della Banca a Chisimaio, cooperare effica­ cemente alla grandiosa opera che apre all'Italia quel nuovo sboc­ co economico, al quale sono ormai giustamente rivolte le più ferventi aspettative delle nostre migliori energie nazionali>yZ0 . Nel presentare al Consiglio superiore la richiesta del ministro per ottenere un'autorizzazione di massima, Stringher sottolineò il carattere politico della sua nuova iniziativa: agiva «non già in base ad una valutazione, sia pure largamente approssimativa, dell'uti­ lità materiale che l'Istituto possa trarre dall'impianto di una Fi­ liale nell'oltre Giuba, sibbene, col pensiero rivolto alla posizione che la Banca d'Italia ha nelle Colonie Italiane di diretto dominio. Può ben dirsi orma~ che le Filiali di essa nelle Colonie, costitui­ scono l'organismo bancario italiano coloniale»21 • Per queste ragioni la Banca dava il suo appoggio allo svilup­ po del nuovo territorio «ma col proposito di evitare eccessive alee e di fare del suo meglio perché la sua azione nell'interesse del paese riesca di vantaggio anche ad essa»22• Sfortunatamente le promesse del governo - che rappresenta­ vano la conditio sin e qua non per il progresso dell'oltre Giuba - non si realizzarono sia per la cronica mancanza di adeguati stan­ ziamenti di bilancio, sia per una scelta esplicita del governo co­ loniale che, come sarà meglio precisato nelle pagine seguenti, aveva puntato su Mogadiscio come centro politico ed economico della colonia. La filiale di Chisimaio iniziò a operare il2 novemBre 192523 :

19 lvi, p. 446. 20 Ibid. 21 lvi, p. 448. Corsivo aggiunto. 22 lvi, pp. 448-9. 23 Diretta da Antonio Perrino, la dipendenza aveva il rango di agenzia sui generis e dipendeva direttamente dal direttore generale. Per ragioni organizza­ tive non fu possibile rispettare la data del l o gennaio richiesta dal governo. ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1924, pp. 491-2. VII. La Banca d'Italia in Somalia 117 poiché il ministero delle Finanze non aveva ritenuto necessaria l'istituzione di una sezione di tesoreria, la dipendenza venne in­ caricata di compiere il servizio di cassa per conto della sezione di Mogadiscio24• L'attività svolta era modesta. «La regione risentiva della lun­ ga dominazione inglese, che aveva esercitato in questo lontano territorio un'azione esclusivamente politico-militare- si legge in una valutazione retrospettiva del titolare della filiale gli indi­ geni, poi, non avevano la minima conoscenza della finalità e del funzionamento di un organismo bancario»25. Inoltre le autorità di governo non promossero adeguatamente lo sviluppo della re­ gione: la politica di valorizzazione procedette <

24 La convenzione conclusa col governo prevedeva che Bankitalia avrebbe svolto il servizio di tesoreria sino al 31.12.1930 (termine automaticamente pro­ rogabile); la dipendenza avrebbe avuto una dotazione di un milione e mezzo di lire «nella quale somma sono comprese le valute metalliche, oro e argento, che possono essere incassate a Chisimaio». ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1925, pp. 273-5 (per la citazione, p. 274). 25 Relazione del direttore di Chisimaio del 3.3.1937, in ASBI, Filiali colo­ niali, 5530/4n2. 26 Relazione sull'attività della filiale di Chisimaio nel1932, ASBI, Filiali co­ loniali, 5530/4/132 (per la citazione, 5530/4/133). Questa valutazione venne ri­ petuta in diverse occasioni dal direttore Giorcelli a conferma dello scarso lavoro della filiale. Sino alla vigilia dell'impresa etiopica, il volume dei pagamenti ef­ fettuati per conto della sezione di tesoreria di Mogadiscio rimase inferiore a due milioni di lire. 27 Relazione sull'attività di Chisimaio nel1935, ASBI, fondo cit., 5530/4/89 (per la citazione, 5530/4/90). Corsivo aggiunto. 118 La Banca d'Italia in Africa VIII rente per una vasta pianura alluvionale fertilissima che in tempo di piena, proprio nel periodo di maggiore siccità della regione, perde in utilizzata al mare una massa d'acqua da 300 a oltre 700 metri cubi al secondo»2s.

3. Le misure a favore dell'agricoltura e del commercio

Sin dagli inizi dell'occupazione italiana si puntò alla valoriz­ zazione agricola della Somalia nonostante alcuni insuccessi ini­ ziali29. La più importante realizzazione fu quella intrapresa da Luigi di Savoia, duca degli Abruzzi: la SAIS - Società agricola ita­ lo-somala, fondata nel 1929, che gestiva una grande azienda nei pressi del villaggio di Giohar, lungo il medio corso dell'Uebi Scebeli, avvalendosi della direzione tecnica del prof. Scassellati­ Sforzolini dell'Istituto tecnico coloniale di Firenze. La scelta del­ la località era dipesa, oltre che dalle condizioni naturali, dalla presenza di una cabila di liberti numerosa e già dedita all'agri­ coltura30. Scassellati-Sforzolini condivideva le idee di Romolo Onor, l'agronomo che aveva studiato a fondo le caratteristiche agricole della Somalia, secondo cui era preferibile affidare agli indigeni la conduzione delle aziende agricole. La SAIS svolgeva un'attività multiforme: secondo il bilancio al 30 giugno 1933, la superficie coltivata era di 5.811,35 ettari

28 Ibid. Anche Rodolfo Cilento, nel riferire sugli esiti della visita ispettiva alla filiale di Chisimaio, metteva in rilievo che lo scarso sviluppo agricolo del territorio era imputabile alla politica del governo coloniale che «mentre è gran­ demente prodigo per tutte le concessioni situate nel comprensorio di , è altrettanto avaro per quelle distendentesi sulle rive del Giuba». La lettera del 16.6.1936 è in ASBI, Ispettorato generale, 385/5/2 (per la citazione, 385/5/6). 29 Furono assegnate a 15 concessionari 46.800 ettari a condizioni di favore. Nell'ottobre 1910 il governatore De Martino informava il governo che su 11 concessioni messe a coltura, 7 erano state abbandonate. «il fallimento è dovuto soprattutto ai modesti investimenti operati dai concessionari, ma anche allo scarso appoggio tecnico del governo e alla totale assenza di esperimenti prepa­ rati in campo agricolo». Del Boca, Dall'Unità alla marcia su Roma cit., p. 829. lo L'ispettore Paladini aveva riferito al governtore che la SAIS aveva risolto il problema, altrove insolubile, della manodopera creando attorno al villaggio Duca degli Abruzzi «un centro indigeno di circa diecimila abitanti con dimora stabile, legati alla terra con contratti di mezzadria che sono stati più efficaci della coercizione e delle violenze messe in opera in altre località». n riferimento è ai metodi di De Vecchi. La lettera del 15.12.1929 è in ASBI, Ispettorato ge­ nerale, pratica A, c. 298. VII. La Banca d'Italia in Somalia 119

(dei quali 1.690 a cotone e 1.418 a cereali); la società inoltre di­ sponeva di uno zuccherificio, di un oleificio e di una distilleria per l' alcool31 • Altro importante insediamento agricolo era quello di Cenale nel retroterra di Merca - «terra di paradiso» nell'idioma locale - dove su un territorio di circa 23 mila ettari si svolgeva l'attività agricola promossa dal governatore Cesare Maria De V ecchP2, anche se il punto debole era rappresentato dalla scarsa attitudine dei somali al lavoro agricolo33 • Altre aree di colonizzazione erano state impiantate ad Hawai (zona di Merca), A/goi (zona di Mogadiscio) e lungo la sponda sinistra del Giuba. Quest'ultimo comprensorio, sebbene fosse il più fertile, era svantaggiato dalla sua posizione periferica: «la Compagnia esportatrice di banane non va molto volentieri fino a Chisimaio per prelevare il contingentamento assegnato a quella zona, anche perché il trasporto della produzione dalle aziende al porto di Chisimaio è spesso molto faticoso, dovendo, per alcune, fare un tragitto di oltre 100 km di strade spesso impraticabili per le frequenti piogge»34. Nonostante le indiscusse potenzialità, l'agricoltura stentava a svilupparsi per la mancanza di investimenti in infrastrutture, pro­ messi e non mantenuti, e per la mancanza di manodopera, so­ prattutto quella indigena, data l'atavica avversione dei somali a lavorare la terra. Non sono disposti ad abbandonare la pastorizia - aveva notato il direttore di Mogadiscio - perché questa con-

31 Il capitale della SAIS, inizialmente di 24 milioni, venne portato a 35 nel 1923. 32 De Vecchi, Orizzonti d'impero cit., pp. 314-29. 33 «La quistione della manodopera non si risolve in un tratto, né volontà di Governanti può improvvisarla - commentava De Ambrosis nella relazione del 10 gennaio 1925 - essa va formata ed abituata lentamente al lavoro occorrendo vincere dapprima quella indolenza che è insita nella natura dell'indigeno e poi creare delle nuove necessità di vita che sono stimolo al lavoro. S.E. il Governatore, invece, di questo non si preoccupa e, facendo affida­ mento sulla quantità numerica delle persone atte al lavoro, concede un po' trop­ po rapida ed affrettata attuazione dell'accennato suo programma agricolo». Re­ lazione del 10.1.1925, in ASBI, Filiali coloniali, 5229/1/500 (per la citazione, 5529/1/501-2). 34 Relazione del 15.11.1934, in ASBI, fondo cit., 5529/11110 (per la cita­ zione, 5529/11122). Questo documento dedica ampio spazio all'agricoltura so­ mala e ai suoi problemi. 120 La Banca d'Italia in Africa VIII sente loro «di non piegare la fronte neanche verso terra»35• n territorio dell'oltre Giuba per il momento non poteva essere sfruttato «perché difettano i fondi e, quel che è peggio, la ma­ nodopera. Mezzo miliardo e 500.000 indigeni- che, secondo i competenti, occorrono per valorizzare convenientemente le due sponde del Giuba - costituiscono sempre un ostacolo pressoché insormontabile»36. n 1929 fu un anno importante per la Somalia in quanto fu­ rono completate alcune opere pubbliche importanti: un pontile e una diga frangiflutti a Mogadiscio, nuovi edifici e un impianto per la sgranatura del cotone a Genale37 • Nel capoluogo furono costruiti i magazzini generali e venne istituito il consorzio agra­ rio>8. A queste ultime iniziative partecipò anche la Banca d'Italia.

Sul principio del corrente anno - si legge nella relazione di Strin­ gher al Consiglio superiore nella tornata del 27 maggio - S.E. Corni, Governatore della Somalia, si rivolse al Governatore della Banca per ottenere che questa si assuma l'impianto e l'esercizio dei Magazzini Ge­ nerali, e il servizio di imbarco e sbarco delle merci in partenza e in arrivo nello scalo di Mogadiscio. [. .. ] Si rispose che la proposta avrebbe formato oggetto di attento studio con il concorso di un Ispettore, che sarebbe stato incaricato di recarsi sul luogo. T aie incarico fu dato all'Ispettore Superiore Cav. Pa­ ladini che trovavasi in Asmara. In seguito a diligenti studi si sarebbe tratto il convincimento della possibilità per la Banca di accedere all'idea

"Relazione della filiale di Mogadiscio per il 1937-38, ASBI, fondo cit., 5529/1/229 (per la citazione, 5529/1/232). 36 Relazione sull'attività di Mogadiscio per l'anno 1927, ASBI, Filiali colo­ niali, 5529/1/612. n Sulla costruzione di un grande porto a Mogadiscio esistevano pareri con­ trastanti: Cobolli-Gigli, ad esempio, esaltava

Poiché anche il Duca degli Abruzzi aveva sostenuto la richie­ sta, e dai calcoli effettuati era risultato che «i proventi della ge­ stione dei tre servizi sarebbero sufficienti, anche nei primi eser­ cizi, a coprire le spese, comprese le quote d'ammortizzazione degli impianti», Stringher domandò al Consiglio l'autorizzazione di massima a proseguire le trattative impegnandosi a chiedere l'autorizzazione definitiva dopo aver «acquisito il convincimento, sulla base delle condizioni medesime, che l'esercizio di detti Ma­ gazzini non esponga l'Istituto ad alee»4°. More solito, la Banca si riservò la facoltà di recesso «qualora non si raggiungesse l'accordo con il Governo sulle condizioni di esercizio e sulla misura delle tariffe. Una condizione già fissata è quella della esclusività»41. Bankitalia intervenne anche nel settore del credito agrario ri­ spondendo positivamente all'invito del governo. Con R.D. 15.8.1930, n. 1349 l'Istituto di emissione fu autorizzato a eser­ citare il credito agrario d'esercizio e iniziò a operare dopo la costituzione del Consorzio agrario cooperativo somalo (D.G. 23.12.1930). L'attività risultò inadeguata alle necessità degli agri­ coltori in quanto Bankitalia, a detta dei critici, non realizzò quel­ la «premurosa valutazione» dei loro bisogni che si era impegnata a compiere42• Il ministro delle Colonie De Bono protestò vivacemente con Azzolini per questo comportamento accusando il direttore della filiale di Mogadiscio: «mio parere personale è che l'attuale di­ rettore sia gretto di mente e non sappia vedere al di fuori del proprio portafoglio». Ribadì anche la tesi, cara al potere politico, che «la Banca d'Italia è un Istituto statale che della politica del Regime deve essere finanziariamente l'interprete. Difesa del pro-

; 9 ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1929, pp. 214-5. 40 lvi, p. 214. 41 B.I., Adunanza per il 1929, p. 59. 42 B.I., Adunanza per il1930, p. 66. Come ricordato a proposito del credito agrario in Eritrea (supra, pp. 97-8). 122 La Banca d'Italia in Africa VIII

prio denaro sì, ma non cecità per ciò che è intimamente colle­ gato con l'avvenire della Nazione»43 • Le spiegazioni fornite dal governatore non soddisfecero il ministro e la polemica andò avanti per qualche tempo44• L'atteg­ giamento prudente di Bankitalia, oltre che appartenere al suo «patrimonio genetico», dipendeva dal fatto che «sotto forma del­ la domanda di credito agrario si nascondevano assai spesso ne­ cessità di credito diverse, come a scopi del tutto opposti tende­ vano le presentazioni allo sconto di effetti simulanti rapporti commerciali»45• Nel prospetto che segue sono indicate le operazioni compiu­ te dalla sezione di credito agrario di Mogadiscio dal 1931 al 1940 (gli in1porti sono in migliaia di lire):

1931 n. 44 effetti per L. 559 1936 n. 220 effetti per L. 3.183 1932 n. 199 » » 6.203 1937 n. 142 » >> 2.444 1933 n. 456 » » 10.747 1938 n. 286 » » 7.988 1934 n. 486 » » 9.974 1939 n. 368 » » 12.806 1935 n. 369 » » 6.421 1940 n. 452 » » 16.249

Nel commentare questi dati Bankitalia osservò che «il note­ vole incremento che si riscontra nelle operazioni effettuate negli ultimi anni deve essere posto in relazione alle provvidenze attua­ te dal Governo [. .. ] ed in particolare di quelle che si dedicano alla coltivazione delle banane esportate, com'è noto, su vasta sca­ la dall'organizzazione della R. Azienda monopoli banane»46•

43 Annotazione apposta dal ministro De Bono in calce alla lettera del 26.6.1931, in ASBI, Direttorio-Azzolini, 62/7/1 (per la citazione, 62/7 /2). 44 In una lettera del24.2.1932 Azzolini ribadì al ministro la tesi secondo cui l'attività della Banca «è regolata da speciali positive norme, le quali si prestano bensì, eccezionalmente, ad una certa elasticità di applicazione nel territorio della nostra Colonia; ma non fino al punto di poter prescindere da determinate fon­ damentali forme di garanzia connesse alla natura degli istituti e dei negozi giu­ ridici per i quali la sovvenzione viene domandata». I vi, 62/7/10 (per la citazione, 62/7/12). 45 Relazione sull'attività della filiale di Mogadiscio del31.12.1935, in ASBI, Filiali coloniali, 5529/11172 (per la citazione, 5529/11173 ). 46 Banca d'Italia, La Banca d'Italia nelle terre italiane d'oltremare, Libreria dello Stato, Roma 1939, pp. 40-1. La RAME-Regia azienda monopolio banane fu costituita col R.D.L. 2.12.1935, n. 2085 col compito di provvedere al tra­ sporto marittimo delle banane e alloro commercio e lavorazione industriale. Se forniva una redditività sicura alle piantagioni somale, il monopolio obbligava il consumatore italiano a pagare il frutto a un prezzo più elevato di quello prati- VII. La Banca d'Italia in Somalia 123

Per fronteggiare le esigenze dell'agricoltura somala venne aperta a Mogadiscio una dipendenza della Cassa di Risparmio di Torino (D.M. 30.5.1932) autorizzata anche a compiere operazio­ ni di credito agrario di miglioramento. li suo contributo non fu rilevante perché la Cassa mancava di snellezza organizzativa do­ vendo per ogni operazione ottenere il benestare della sede pie­ montese. Nel1938 lo sportello venne rilevato dal Banco diNa­ poli (D.M. 30.5.1938). Le misure di rilancio dell'economia somala avevano richia­ mato l'attenzione della Banca Nazionale di Credito che decise di aprire una filiale della consociata Banca Coloniale di Credito, già operante in Eritrea, rafforzandola patrimonialmente col raddop­ pio del capitale sociale di 2 milioni di lire47• All'operazione era interessato anche il Banco di Sicilia che, prima di concludere le trattative con la Banca Nazionale di Cre­ dito, aveva chiesto a Bankitalia di dare «affidamento di assecon­ dare le funzioni della Banca Coloniale di Credito in Eritrea e in Somalia, lasciandole, senza contrasti, libere nel campo bancario per un più facile allacciamento dei rapporti con la clientela e le aziende delle due Colonie», restringendo la sua attività all'ambi­ to istituzionale proprio dell'Istituto di emissione e di esercente il servizio di tesoreria. Ved endo in questa iniziativa un attacco alla posizione che Bankitalia si era conquistata in colonia con molti sacrifici, Strin­ gher reagì con fermezza ricordando ai politici le benemerenze acquisite e facendo presente che ridurne, come richiesto, le fun­ zioni «significherebbe deliberatamente gravare il bilancio della Banca stessa di una perdita sicura per il mantenimento delle sue Filiali nelle due Colonie»48• Bankitalia cato sugli altri mercati. Cfr. A. Teruzzi, Realtà costruttiva di impero, in Annali dell'Africa Italiana, anno secondo, vol. III, Mondadori, Milano 1939, pp. 244-6. Sulle vicende della produzione e commercializzazione delle banane si rinvia alla relazione del direttore della filiale di Mogadiscio dell5.11.1934, in ASBI, fondo cit., 5529/1/110. 47 il capitale, aumentato nell925 da l a 2 milioni, era posseduto per i nove decimi dalla Banca Nazionale di Credito. A. Mauri, Il mercato del credito in Etiopia, Giuffrè, Milano 1967, p. 174. 48 Lettera di Stringher al ministro delle Finanze del19.5.1929 in ASBI, Stu­ di, copialettere n. 742, pp. 18-20. 124 La Banca d'Italia in Africa VIII portò, per i fini di Stato, l'azione sua in Eritrea quando ivi l'esercizio del credito non era affidato ad alcun organo regolare, ha dato con lar­ ghezza allo svolgimento dell'economia di quella Colonia il suo concorso in ogni momento [. ..] con il fermo intendimento di sostenere le energie del paese lungo il travaglio di profonde crisi commerciali, le quali dal­ l' armistizio presero principio. E per la Somalia, senza esitazioni, quando la Colonia dibattevasi nelle più gravi angustie di una situazione mone­ taria che il governo non riusciva a regolare, essa affrontò senza riguardo a spese e ad alee di perdita, e con pieno successo, la soluzione del pro­ blema, fornendo la Colonia medesima di una circolazione capace di ri­ stabilire l' ordine49. [Qualora] i dirigenti della Banca Nazionale di Credito e del Banco di Sicilia ritenessero non conveniente di recare in Somalia l'attività dei loro Istituti - concludeva il governatore - in tal caso non sarei alieno dal provvedere oculatamente in guisa che la Filiale di questo Istituto a Mogadiscio potesse dedicarsi anche a operazioni di credito agrario di esercizio per l'incremento di quella produzione cotoniera, previ neces­ sari accordi col Governo della Colonia per quanto riguarda le speciali garanzie e la misura dell'interessem.

4. Il bilancio delle filiali somale

La tabella 6 presenta la serie storica di alcune operazioni compiute dalle dipendenze di Mogadiscio e di Chisimaio dalla costituzione al1935. Analogamente a quanto osservato per l'Eri­ trea, va notato che il forte incremento registrato in quest'ultimo anno è riconducibile alla preparazione della guerra etiopica:

Un insolito fervore di opere - ricordava il direttore Secondino De Ambrosis - [...] che ha sviluppato e sviluppa una notevole attività in­ teressante tutte le classi sociali le quali, per le forti disponibilità affluite al bilancio della Colonia, hanno potuto accelerare il ritmo dei loro af­ fari, ritrarre buoni guadagni e migliorare quindi, o addirittura risanare completamente le loro condizioni economicheH.

49 lvi, p. 19. 50 I vi, p. 20. 51 Relazione sul 1935, ASBI, Filiali coloniali, 5529/11172. II movimento del­ la tesoreria che neii'esercizio 1932-33 superava di poco i 360 milioni, nei due esercizi successivi passò, rispettivamente, a 926 e 2.075 milioni. VII. La Banca d'Italia in Somalia 125

Tab. 6. Operazioni della Banca d'Italia in Somalia (1921-1935) (impotti in migliaia di lire)

Opera- Movimento delle casse Anùci- Vaglia cambiari Utili zio n i Sconti Totale p azioni netti Anni Entrate Uscite Emessi Pagati

Mogadiscio 1921 131.648 125.431 6.537 9.863 16.400 6.038 1.452 66 1922 122.207 124.116 5.296 11.210 16.506 6.453 2.492 187 1923 117.204 115.216 7.844 10.987 18.831 8.146 1.813 270 1924 129.618 127.070 7.646 13.690 21.336 10.262 2.612 487 1925 267.500 263.012 52.930 8.301 61.231 15.913 7.473 452 1926 492.200 492.013 52.542 1.763 54.305 29.751 17.343 417 1927 572.243 575.441 55.614 14.091 69.705 32.299 21.890 958 1928 380.050 381.264 62.943 10.859 73.802 32.605 24.841 813 1929 429.226 425.529 69.311 6.336 75.647 35.406 26.020 770 1930 391.584 395.174 63.796 15.741 79.537 45.445 30.367 116 1931 340.256 339.779 50.132 5.108 55.240 41.600 28.950 -664 1932 339.182 339.961 50.446 8.075 58.521 43.496 26.547 628 1933 373.621 373.351 45.710 6.369 52.079 45.250 31.929 -754 1934 369.993 371.401 33.248 2.048 35.296 47.161 27.405 263 1935 3.015.886 32.592 14.551 47.143 226.642 167.948

Chisimaio 1927 16.351 15.327 2.606 12.115 14.717 4.049 1.663 -58 1928 14.511 12.805 3.090 32 3.122 3.646 1.441 -52 1929 16.989 15.302 6.410 276 6.686 4.187 934 -39 1930 19.750 19.662 9.959 1.180 11.139 4.248 890 -6 1931 20.665 20.076 9.724 772 10.496 3.752 862 21 1932 21.373 21.267 12.028 858 12.886 3.986 1.142 63 1933 21.957 21.533 11.733 774 12.507 3.079 1.263 19 1934 20.605 21.742 10.563 565 11.128 3.410 546 -163 1935 36.391 35.194 9.966 210 10.176 11.137 8.626 -40

Il bilancio della filiale di Mogadiscio rispecchiava questa si- tuazione: il movimento delle casse si quadruplicò rispetto al1934; le anticipazioni passarono da 2 a 14,5 milioni; il movimento dei vaglia cambiari crebbe da 74,5 a 394 milioni; in leggero decremen- to le operazioni di sconto. Fu soltanto un effetto temporaneo. 126 La Banca d'Italia in Africa VIII

Vi è tendenza quì ad abbandonare le abituali primitive ocupazioni per partecipare al nuovo traffico della piazza, che prospetta più larghe, allettanti e facili fonti di guadagno senza peraltro correre l'alea di per­ dite, o quanto meno, di non avere adeguato compenso all'impiego dei capitali e dd lavoro52•

Gli impieghi della filiale del capoluogo registrarono un in­ cremento costante raggiungendo nel 1930 l'ammontare di 79,5 milioni rappresentati per i quattro quinti da operazioni di scon­ to, negli anni successivi ebbero un andamento decrescente che nel 1934 raggiunse il livello minimo di 35,3 milioni. Questa per­ formance era in parte collegata alla contrazione del commercio mondiale: ne risentirono in particolare le vendite di pelli - uno dei punti di forza dell'export so malo - sia per la caduta dei prez­ zi che per un ordinamento doganale punitivo53 • Questa situazione di crisi fu in parte compensata dal buon an­ damento dell'agricoltura. La valorizzazione economica della So­ malia è in costante incremento, si legge nella relazione di Banki­ talia per il 1934, «e ciò devesi particolarmente al sensibile e costante sviluppo dato all'agricoltura e alle industrie relative»54. La filiale di Chisimaio svolse un'attività assai modesta che ti­ specchiava la situazione di quei lontani territori dove la presenza della Banca era giustificata da motivi essenzialmente politici. Il primo utile netto venne realizzato nel 1931 quando la consorella di Mogadiscio chiuse l'esercizio in perdita per il passaggio a sof­ ferenze di alcuni crediti55. Nel periodo considerato, i segni ne­ gativi furono prevalenti rispetto a quelli positivi.

52 Relazione sul 1935 cit. (per la citazione, 5529/1/172). 5' In colonia vigeva un sistema di dazi ad valorem con apposite tabelle che non venivano adeguate periodicamente ai prezzi (decrescenti) di mercato per il timore che la riduzione delle entrate indebolisse il modesto bilancio coloniale. 54 B.I., Adunanza per il 1934, p. 62. 55 In realtà, il risultato dell'esercizio precedente poteva considerarsi attivo perché la perdita di 6.109 lire era ampiamente compensata dalla somma di 48.585,65 lire accreditate a Via Nazionale a titolo d'interessi sull'anticipazione passiva alla quale Chisimaio doveva ricorrere essendo l'unica filiale a non di­ sporre di un fondo di dotazione pe il servizio di tesoreria. Relazione del- 1'11.12.1930 in ASBI, fondo cit., 5530/4/164. Per superare l'impasse, la Banca dispose che le eventuali necessità di Chisimaio sarebbero state finanziate da Mo­ gadiscio che avrebbe somministrato il «fabbisogno domandato prelevandolo dal supero costituito dalla differenza tra gli impieghi e le proprie disponibilità». La lettera di Introna, del 19.8.1930 è in ASBI, fondo cit., 9134/1/38. VIII

LA BANCA D'ITALIA NEL POSSEDIMENTO DELL'EGEO l. Un possedimento d'interesse strategico

Soltanto nel 1925 venne considerata l'opportunità di una pre­ senza della Banca d'Italia nel possedimento dell'Egeo occupato dalle truppe italiane nell912 durante la guerra italo-turca. Dal6 agosto 1924, in virtù del trattato di Losanna, l'occupazione venne trasformata in diritto di possesso1•

La posizione geografica dell'isola di Rodi e delle altre isole minori [. .. ] conferisce al nuovo possedimento importanza politica e strategica notevolissima. Infatti la presenza materiale dell'Italia nell'Oriente me­ diterraneo, oggetto di molte brame e di sempre rinnovate competizioni, costituisce la diretta e più efficace vigilanza degli interessi italiani [ ... ]. Un reale valore economico devesi inoltre attribuire al possedimento non fosse che per l'attività dei traffici e degli scambi che è possibile irradiare da Rodi e dalle altre isole italiane verso la vicinissima costa d'Anatolia e il prossimo Egitto2 .

L'economia rodiota si fondava sull'agricoltura (olio, vino, ta­ bacco) e sul commercio delle spugne pescate nelle acque egizia­ ne e bengasine. A differenza delle colonie dell'Africa orientale,

1 In quella data con decreto reale venne estesa la sovranità italiana su tutte le isole occupate nel 1912 (Rodi, Coo, Lero, Calimno, Calchi, Caso, Scarpanto, Stampalia, Nisiro, Patmo, Piscopi, Sili) e sull'isola di Castelrosso ceduta all'Italia successivamente. Di notevole interesse è la relazione del direttore generale dei servizi commerciali del governo rodiota del 18.2.1925, dal titolo: «Appunti per l'istituzione di una filiale della Banca d'Italia a Rodi>>, ASBI, Filiali coloniali, 9132/1/229. 2 Relazione dell'ispettore Paladini a Stringher del4.5.1926, in ASBI, fondo cit., 9132/1/187. Corsivo aggiunto. 128 La Banca d'Italia in Africa VIII

Rodi era dotata di una discreta organizzazione bancaria dedita soprattutto al credito commerciale, mentre il credito edilizio e agrario erano esercitati con metodi usurai da pochi capitalisti. Data questa situazione si spiega la richiesta di fondare un istituto di credito fondiario avanzata dal governatore che invitò Bankitalia a curarne l'organizzazione e assumerne la gestione. Il progetto decadde in quanto si ritenne preferibile avere in loco una filiale della Banca d'Italia. Stringher informò il Consiglio superiore che il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri gli avevano raccomandato l'istituzione di una filiale della Banca a Rodi la quale oltre ad essere uno degli strumenti che si riterrebbero indispensabili per il reale sviluppo dell'italianità dell'isola, e un ottimo mezzo di penetra­ zione tra l'elemento indigeno, potrebbe assai utilmente svolgere la sua attività specie per quanto concerne operazioni di credito, attualmente nelle mani di piccoli banchieri per la maggior parte greci o levantinP.

Dato tanto sponsor, la risposta non poté che essere positiva. Nella tornata del 27 luglio 1925 il Consiglio superiore approvò «l'istituzione nell'isola di Rodi di una Filiale dell'Istituto alla quale sarebbe stato affidato il servizio di R. T esoreria»4 • L'apertura della filiale venne predisposta dall'ispettore Pala­ clini che già aveva provveduto all'impianto della dipendenza di Mogadiscio. Nella relazione a Stringher del 4 maggio 1926, Pa­ ladini fornì il quadro della situazione economico-finanziaria del possedimento e in particolare il quadro delle banche locali e cioè la Banca Alhadeff, la Banca Notrica e Ménasché, la Banca Fils Bension Ménasché ed in più una mezza dozzina di cambiavalute, i quali vivono abbastanza comodamente.

3 ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1925, pp. 275-7 (per la citazione, pp. 276-7). Già nel1915 il gen. G. Croce, comandante del corpo di spedizione italiano, aveva richiesto l'istituzione di un istituto di credito italiano «specialmente per le rimesse di numerario all'estero e in Italia». Copia del rap­ porto Croce del 15.2.1915 è in ASBI, Filiali coloniali, 5532/1/65. La richiesta era stata trasmessa a Stringher dal ministro degli Esteri Sonnino con lettera del 18.10.1915 (ASBI, fondo cit., 9130/11228). 4 lvi, 9132/1/202. Le banche rodie avevano la rappresentanza di numerose aziende di credito italiane (Comit, Credito Italiano, Banca d'America e d'Italia). In argomento si rinvia alla relazione sul 1930, in ASBI, Ispettorato generale, pratica M1, c. 49, p. 6. VIII. La Banca d'Italia nel possedimento dell'Egeo 129

Era tuttavia auspicato «l'intervento di un organo maggiore ricco di mezzi e di prestigio che intervenga a disciplinare il con­ gegno bancario [. .. ] e a regolare meglio la ftmzione del credito integrando l'azione degli organi preesistenti [. .. ]. Offrendo alle banche locali il modo di riscontare il portafoglio si imprimerà più rapida circolazione al capitale e s'influirà con azione di cal­ miere sul costo del denaro>~. L'importanza del lavoro delle banche locali, particolarmente per quanto attiene al servizio di cassa (che si faceva contro-do­ cumenti), ai trasferimenti di fondi (specialmente telegrafici), alla raccolta del risparmio, si può desumere - non avendo Paladini ritenuto opportuno chiedere direttamente alle banche stesse - del > L. 83 » L. 115 La relazione proseguiva affermando:

Se peraltro la funzione bancaria è preparata alle esigenze del Com­ mercio - meno gli inconvenienti accennati per la distribuzione del cre­ dito - è assente quasi completamente nelle occorrenze dell'agricoltura e della proprietà privata alle quali occorrenze nessuna delle Banche locali può provvedere in modo adeguato e costante. Proprietari e agricoltori sono quindi in balia dei capitalisti privati, che in verità non mancano ma fanno pagare tassi eccessivi d'interessé.

Relativamente alla tesoreria, proseguiva Paladini, «il servizio per conto dello Stato è affidato allocale ufficio delle Poste il quale lo ha sin quì disimpegnato attraverso il controllo della Delega­ zione del Tesoro di Lecce con formalità che per talune opera­ zioni riescono gravose pel pubblico»7. Il servizio di tesoreria del Governo delle isole Egee veniva svolto «da un apposito Tesoriere il quale ha due impiegati alle sue dipendenze [ .. .]. Ma l'opera

5 lvi, 9132/11188. 6 lvi, 9132/11205. Corsivo aggiunto. 7 Ibid. Corsivo aggiunto. 130 La Banca d'Italia in Africa VIII della Tesoreria non si limitò alle operazioni di stretta competen­ za, sicché per provvedere alla meglio ai bisogni della piazza finì per assumere funzioni e compiti della Tesoreria dello Stato ed altre di competenza di un istituto bancario» (cambio dei biglietti, pagamenti di vaglia postali e della Banca d'Italia)8. Questa situazione di correntezza, se poteva essere accettata durante la fase dell'occupazione temporanea, non era più accet­ tabile con l'assetto definitivo del possedimento. Non era tollera­ bile che i titoli nominativi di Bankitalia fossero costretti a «pa­ gare un pedaggio» per circolare nelle isole italiane dell'Egeo. Concludendo la relazione l'ispettore affermò che la presenza di una filiale, oltre che «moralmente conveniente», avrebbe potuto rappresentare un vantaggio materiale in quanto- aggiungeva ot­ timisticamente - «tenendosi calcolo delle potenzialità del paese si può credere che la filiale istituenda abbia sicura la possibilità di lavoro immediato da permetterle di bilanciare le spese occor­ renti al suo funzionamento»9 • La dipendenza avrebbe avuto un ordinamento analogo a quello già sperimentato a Mogadiscio, salvo le eventuali modificazioni da introdurre successivamente per tenere conto delle specificità del luogo. Data la persistenza della legge ottomana per la quale la cam­ biale non era titolo esecutivo10, la filiale non avrebbe potuto pra­ ticare il risconto, strumento indispensabile per «assaggiare la piaz­ za». In un primo tempo sarebbe stato necessario sviluppare le operazioni più gradite al ceto commerciale: conti correnti a inte­ resse, depositi a risparmio e operando direttamente con le princi­ pali piazze estere. Rispetto al problema centrale, mai risolto, del credito agrario, suggeriva l'istituzione di una Cassa di risparmio cui affidare il fondo ad hoc gestito dal governo11 .

8 lvi, 9132/1/205-6. Corsivo aggiunto. 9 lvi, 9132/1/207. 10 L'ordinamento cambiario italiano venne introdotto con D.G. 23.6.1927. Stringher nell'informare il Consiglio superiore nella sessione del 30 luglio 1927, dichiarò che l'esercizio dello sconto da parte della filiale costituiva «un elemento moralizzatore dell'ambiente, ove persistono tuttora i metodi usurai praticati in Oriente, ed essere di aiuto a tutte le iniziative buone e meritevoli d'incoraggia­ mento». La Commissione di sconto non venne istituita. ASBI, Segretariato, Ver­ bali del Consiglio superiore, 1927, pp. 285-6. u Il fondo aveva in quel momento una consistenza di un milione di lire formato dai residui attivi della liquidazione della Banca Imperiale Ottomana e dai proventi di una soprattassa applicata sui dazi doganali. lvi, 9132/11208. VIII. La Banca d'Italia nel possedimento dell'Egeo 131

La succursale di Rodi iniziò a operare il 4 aprile 1927, sotto la direzione di Vincenzo Manto, limitatamente al ramo banca12• In attesa dell'assegnazione del servizio di tesoreria statale - che le verrà affidato soltanto nel luglio 1936 -la filiale esercitò, a titolo gratuito, il servizio di cassa per conto del governo rodiota13 .

2. La difficile attività della filiale di Rodi

li Dodecanneso, nelle attuali condizioni, non può considerarsi un ter­ ritorio che offra possibilità di larga espansione commerciale o di imme­ diato sfruttamento economico; esso deve considerarsi piuttosto una im­ portantissima posizione politica e strategica della nostra Italia nel Mediter­ raneo, suscettibile, previ urgenti, accorti ed adeguati provvedimenti di go­ verno, di poter conseguire gradualmente un possibile sviluppo agricolo14 .

L'azione del governo coloniale, specialmente a Rodi e nel­ l'isola di Coo era - secondo Manto - «incerta e debolissima»: «si sono costruiti più palazzi che poderi», mentre era urgente e in­ dispensabile l'istituzione di un ente per l'esercizio del credito agrario15 • L'attività della filiale di Rodi venne danneggiata dall'apertura di una dipendenza del Banco di Sicilia. «

12 La circolare n. 681 del 20 aprile 1927 elencò le operazioni che la filiale era autorizzata a compiere: «l) emissione e pagamento dei vaglia cambiari; 2) ordini telegrafici di pagamento; 3) conti correnti a interesse; 4) anticipazioni contro deposito di titoli; 5) incasso di effetti semplici e documentati per conto di terzi; 6) deposito di titoli per custodia liberi apetti, chiusi ed in cassette me­ talliche di sicurezza; 7) acquisto e vendita valori per conto terzi; 8) acquisto e vendita e divise estere». Restavano momentaneamente escluse le operazioni di sconto, risconto, e i depositi a risparmio. Le prime due forme furono autorizzate dopo l'introduzione, con decreto governatoriale n. 91 del23 giugno 1927, del­ l'istituto cambiario nelle isole egee. L'ispettore Paladini, in quel momento reg­ gente della sede di Venezia, richiesto di un parere, aveva suggerito di introdurre le due operazioni simultaneamente. Limitarsi al solo risconto «sarebbe impoli­ tico e costituirebbe poi un incoraggiamento a persistere nei metodi usurai pra­ ticati in Oriente e largamente applicati nelle nostre isole». La lettera di Paladini a Stringher del24.7.1927 è in ASBI, Filiali coloniali, 9132/1/160. 13 Stringher al direttore di Rodi, lettera del 19.3 .1927, in ASBI, Ispettorato generale, pratica Ml, c. 49. 14 Relazione del 20.1.1928, in ivi. Corsivo aggiunto. 15 lvi, p. 2. 132 La Banca d'Italia in Africa VIII

commerciali con particolare attenzione ai servizi con l'estero sui quali s'impernia tutto il commercio locale»I6. Inoltre la Banca risultava limitata sul piano operativo dai vin­ coli statutari nei confronti delle concorrenti, in particolare del Banco di Sicilia, «i cui ordinamenti, meglio che non i nostri, pos­ sono secondare le consuetudini, tendenze e preferenze dei com­ mercianti locali»17 • Più in generale

gli abili commercianti locali [. .. ] come pure alcune banche che qui ope­ rano, pur di accaparrarsi i limitati affari che offre la piazza, agevolano come meglio possono i commercianti locali, i quali abituati a facili aper­ ture di credito, spesso allo scoperto, sono in genere riluttanti a servirsi della cambiale, orgogliosi di poter ottenere credito con la sola propria /irma, anche se costretti a corrispondere interessi elevatissimi18•

Per facilitare il lavoro della filiale, Stringher le accordò quella «maggiore latitudine di azione» consentita dall'art. 66 dello sta­ tuto, estendendo, sia per l'ordinamento che per le operazioni, le norme stabilite per le filiali dell'Africa orientale; inoltre le fu as­ segnato un fondo di dotazione di un milione di lire prelevato dalla riserva speciale di proprietà degli azionisti19. Nonostante queste misure l'attività rimase modesta perché restarono ii-risolti i problemi strutturali dell'economia rodiota (fi­ nanziamento dell'agricoltura, disciplina del sistema bancario) i cui effetti erano amplificati dalla crisi mondiale che penalizzava il commercio, e dalla debolezza della sterlina20. La tabella 7 riporta i dati relativi alle principali operazioni compiute dalla filiale di Rodi dal1927 al1940. Gli impieghi nel periodo 1927-35 crebbero di circa 8 volte passando da 2,8 a 21,5

16 Lettera di Paladini a Stringher del 6.12.1929, in ASBI, Filiali coloniali, 914111/158 (per la citazione, 9141111163). 17 Il Banco di Sicilia godeva di agevolazioni che si trasformavano in danno, materiale e di prestigio, per Bankitalia (utilizzo delle fedi di deposito in luogo dei vaglia, versamento giornaliero degli introiti della finanza e della dogana). Relazione del 13.2.1929, in ASBI, Ispettorato generale, pratica MI, c. 49, p. 4. 18 Ibid. Corsivo aggiunto. I banchieri locali esercitavano il credito attraverso «l'apertura di credito allo scoperto, ma ad interesse onerosissimo» e <

Tab. 7. Operazioni della Banca d'Italia nel Dodecanneso (1927-1940) (importi in migliaia di lire)

Opera- Movimento delle casse An ti ci- V agli a cambiari Utili zioni Sconti Totale pazioni netti Anni Entrate Uscite Emessi Pagati

1927 135.123 125.053 1.238 1.569 2.807 20.167 17.912 -229 1928 151.862 154.104 8.053 3.598 11.651 23.661 24.440 -45 1929 130.408 130.793 4.696 13.039 17.735 21.476 29.423 -13 1930 135.355 127.632 6.963 10.658 17.621 20.346 26.679 -28 1931 151.657 156.025 6.951 16.631 23.852 21.590 26.799 26 1932 226.098 217.448 5.769 12.069 17.838 32.803 32.200 -390 1933 230.916 238.744 4.780 10.302 15.082 30.528 35.399 -193 1934 297.423 300.595 5.020 15.702 20.722 35.222 43.045 -273 1935 230.916 238.744 5.271 16.287 21.558 39.566 53.135 -193 1936 279.716 279.589 4.037 21.480 25.517 55.301 72.344 -110 1937 328.441 325.790 5.723 .39.463 45.186 70.498 78.984 -103 1938 415.252 415.893 11.011 49.553 60.564 113.689 106.966 43 1939 875.732 787.289 16.738 104.291 121.029 167.168 133.638 275 1940 1.045.0.39 1.070.737 10.721 110.143 120.864 265.555 198.256 290

Come precedentemente ricordato, la filiale esercitava il ser­ vizio di cassa per conto del governo locale a titolo gratuito: que­ sto servizio influiva negativamente sul conto economico perché il costo sostenuto da Bankitalia non era compensato dalla conces­ sione gratuita dei locali provvisori nel palazzo del governo21 , un beneficio che comunque cessò quando la filiale venne trasferita nel1935 nella sede definitiva22• Un certo miglioramento si notò nella seconda parte degli anni Trenta in conseguenza dei mag­ giori lavori pubblici di carattere militare e di un'accresciuta pre­ senza di militari e di turisti.

21 L'onere sostenuto dalla Banca era di circa 50 mila lire all'anno, mentre al Banco di Sicilia, per l'esercizio del credito agrario, era corrisposta un'indennità di 120 mila lire annue per un ventennio, importo aumentato a 150 mila quando venne aperta l'agenzia di Coo. 22 La Banca rinnovò la richiesta di ricevere almeno 50 mila lire all'anno per compensare la spesa pel servizio di cassa calcolata in 80 mila lire. Lettera di Azzolini al governatore del Dodecanneso, Lago, in data 11.9.1933, ASBI, Filiali coloniali, 206/5/53. 134 La Banca d'Italia in Africa VIII

Il movimento generale delle casse nel periodo 1936-40 creb­ be da 559 a 2.116 milioni; le operazioni di impiego passarono da 25,5 a 120,8 milioni. Per favorire le anticipazioni su merci Banki­ talia concluse una convenzione col governo rodi o per l' assunzio­ ne in esclusiva per 10 anni dei magazzini fiduciarz23 , con l'intesa che allo spirare del termine la Banca avrebbe potuto provvedere, d'accordo con il governo, alla loro trasformazione in magazzini generali. Un particolare sviluppo ebbero le operazioni in valuta, come appare dal prospetto che segue, relativo al movimento delle di­ vise estere nel periodo 1936-40 raffrontato con i dati del 1935:

(importi in migliaia di lire) 1935 L. 4.631 1938 L. 29.204 1936 L. 19.564 1939 L. 19.692 1937 L. 32.174 1940 L. 14.602

3. Una polemica tra Azzolini e il governatore De Vecchi

Già governatore della Somalia - dov'era entrato in polemica col direttore della filiale di Mogadiscio per l'introduzione nella colonia della moneta italiana - il quadrumviro C.M. De Vecchi24 di Val Cismon divenne governatore del possedimento dell'Egeo

23 B.I., Adunanza per il 1940, p. 102. Gli eventi bellici impedirono ai ma­ gazzini d'iniziare l'attività. 24 Gli interventi polemici di De Vecchi, il tono delle critiche di De Bono al direttore di Mogadiscio («uomo gretto che non sapeva vedere al di là del pro­ prio portafoglio») ma, soprattutto, l'asprezza formale di Teruzzi, sono illumi­ nanti dei non facili rapporti tra la Banca d'Italia e il potere politico e mostrano quanto fosse difficile per l'Istituto di Via Nazionale operare in autonomia quan­ tunque il governo «con una serie di atti inequivocabili e con chiaro impegno» avesse costantemente affennato «che i compiti e le funzioni, così delicati e spe­ ciali, spettanti all'Istituto di emissione es(gono che siano separate in modo netto e preciso le sue attribuzioni e responsabilità da quelle dell'autorità statale e politica [. .. ]. Proprio in forza della sua autonomia ed indipendenza formali, è possibile alla Banca Centrale di servire nel modo più efficace il Paese e di dare allo Stato il contributo di una collaborazione piena, aperta e devota». Il corsivo è aggiun­ to. Lettera di Azzolini al ministro Jung, pubblicata come documento n. 169 da G. Guarino e G. Toniolo (a cura di), La Banca d'Italia e il sistema bancario 1919-1936, Collana storica della Banca d'Italia, serie documenti, vol. VIII, La­ terza, Roma-Bari 1993, pp. 886-8. Alle pp. 96-7 c'è il commento di Toniolo su questo importante documento. Ciano annota nel Diario (Diario 1937-1943, a cura di R. De Felice, Rizzoli, VIII. La Banca d'Italia nel possedimento dell'Egeo 135 in sostituzione di Mario Lago, ritiratosi per limiti di età25. Anche in questa sede De Vecchi si scontrò col rappresentante di Banki­ talia: ancora una volta oggetto del contrasto furono i rapporti tra potere politico e banca centrale. Nella sua qualità di capo dell'Ispettorato del credito Azzolini era intervenuto nel1938 presso De Vecchi per sollecitare l'esten­ sione al Dodecanneso della legislazione bancaria nazionale al fine di debellare definitivamente la piaga dell'usura e dell'esercizio dell'attività bancaria da parte dei privati. La richiesta incontrò l'opposizione del governatore che accusò Bankitalia di svolgere un'attività illegittima e certamente inopportuna. De Vecchi affermò di non condividere le considerazioni di Azzolini in quanto, per eliminare gli inconvenienti appena enun­ ciati sarebbe stata sufficiente la costituzione di una Cassa di Ri­ sparmio. Solo allora sarebbe stato possibile introdurre la legge bancaria nel possedimento26. Con la creazione della Cassa si sa­ rebbero evitate «le attività fuori luogo della Banca d)Italia e le troppo frequenti intrusioni dei suoi organi locali in /accende che non la riguardano, e che sono in ogni caso commesse al senno e alla esperienza politica del Governatore che solo ha la respon­ sabilità della vita sociale, morale, politica, economica e finanzia­ ria verso gli organi centrali dello Stato»27•

Milano 1990) pesantissimi giudizi di Mussolini su De Vecchi che però doveva sopportare perché uomo vicino alla monarchia. Il 10 ottobre 1938 riporta que­ sta affermazione: «Il De Vecchi ha sempre creato una massa di guai ovunque lo abbia messo. Non ha mai saputo far niente. Ora a Rodi va malissimo» (p. 194). Il 12 giugno 1939: «Il Duce [ ... ] dice che sono diciotto anni che porto sulle spalle il peso di un così ingombrante individuo. [. . .] In conclusione lo giudica un 'intrepido buffone'» (p. 309). 25 «Misi come condizione che governo civile e governo militare venissero riuniti giacché, a mio parere, data la loro posizione geografica, le isole dell'Egeo avevano un'importanza strategica particolare». C.M. De Vecchi, Il quadrumviro scomodo. Il vero Mussolini nelle memorie del più monarchico dei fascisti, a cura di L. Romersa, Mursia, Milano 1935, p. 233. 26 «Le piccole attività mercantili ed artigiane, nonché i privati, gli impiegati ed i professionisti non trovano credito perché le Banche, nonostante gli apporti che questo Governo loro conferisce, sotto forma di depositi di cospicua dispo­ nibilità, o di privilegi di varia natura, preferiscono esportare disponibilità verso altre Regioni, ed impiegarle in affari di loro maggiore gradimento, ciò che è di danno ancora peggiore che non l'usura». Lettera cit., 9196/1162. Il telespresso del4.5.1938, firmato «Di Val Cismon», è in ASBI, fondo cit., 9196/1/62 (per la citazione, 9196/1163-4). 27 Ibid., corsivo aggiunto. 136 La Banca d'Italia in Africa VIII

«L'attività svolta in Egeo dalla Banca d'Italia ha due principa­ li ordini di difetti: l'uno più o meno legittimo, l'altro fuori legge e fuori opportunità» dichiarò De Vecchi ad Azzolini che, «profon­ damente sorpreso», aveva richiesto chiarimenti. In sostanza i due difetti erano per De Vecchi la conseguenza dell'abuso delle par­ ticolari facoltà concesse dalla legge alle filiali di Bank:italia e che, nel caso del Dodecanneso, portavano il direttore a staccarsi dal­ l'indirizzo economico-finanziario fissato dal governatore fino ad ergersi a giudice quando non addirittura ad antagonista. «Non c'è che da deplorare questo svincolamento [sic] che ho già segnalato in sede politica - concludeva in tono minaccioso il governatore - sul quale, se le cose non cambiano presto, mi ri­ servo di ritornare»2s. Data la natura e il tono della polemica, Azzolini pmtò la que­ relle sul tavolo di Mussolini. Sul piano tecnico la controversia riguardava la materia valutaria. In seguito all'estensione nel pos­ sedimento della normativa valutaria, era stata istituita a Rodi la commissione per il controllo delle importazioni che aveva il com­ pito precipuo di rilasciare i permessi d'importazione in base ai quali gli interessati potevano chiedere le divise necessarie alla fi­ liale di Bankitalia cui spettava in via esclusiva la concessione. I contrasti nacquero perché il governo locale riteneva che l'applicazione della normativa fosse troppo rigida. In particolare il contrasto verteva su due circostanze di fatto: l) il rifiuto opposto dal direttore della filiale ad alcune asse­ gnazioni di valuta che riteneva ingiustificate; 2) alcune autorizzazioni concesse dalla commissione «malgra­ do le riserve del Direttore della Banca d'Italia in qualità di mem­ bro della Commissione, alla importazione di merci da/t estero sen­ za la corrispondente assegnazione di valuta». Il sottosegretario agli Scambi e alle Valute, informato dalla Banca, aveva pienamente approvato il suo operato29. Di questo conflitto si ha una indiretta conferma nella rela­ zione del direttore di Rodi per il 1936 che, dopo aver ricordato

28 De Vecchi ad Azzolini, lettera del 18.5.1938 in ASBI, fondo cit., 9196/1/75. La richiesta di chiarimenti, inviata da Azzolini il14 maggio, si trova nello stesso fondo, sub 9196/1/77. 29 «Promemoria per S.E. il Capo del Governo», senza data, in ASBI, fondo cit., 9196/1/65 (per la citazione, 9196/1167). n corsivo è nell'originale. VIII. La Banca d'Italia nel possedimento dell'Egeo 137 la difficoltà di gestire i cambi in autonomia, «data la locale se­ colare abitudine alla più completa libertà», riferiva ad Azzolini che le nuove attribuzioni erano state svolte «con fermezza e con tatto anche nei riguardi delle Autorità locali e con un risultato che ha riscosso il benevolo compiacimento della S.V. Ill.ma e delle Autorità Governative del centro»30•

30 Relazione in data 18.2.1934, in ASBI, fondo cit., 5532/11184 (per la ci­ tazione, 5532/11189). Corsivo aggiunto.

IX

IL PROBLEMA MONETARIO NELLE COLONIE PREFASCISTE l. Introduzione

Nelle economie prunltlve dell'Africa orientale, fondate sul baratto, il pricipale strumento di regolazione degli scambi era il tal/ero di Maria Teresa (M. T.), tma moneta austriaca che non ave­ va più corso legale dal 1857. Come moneta divisionale, dato che il tallero non aveva né multipli né sottomultipli, si utilizzavano, al momento dell'occupazione italiana, le cartucce e i cubetti di sale, quest'ultimi ancora in uso in Dancalia1• La coniazione del tallero risaliva alla convenzione monetaria, conclusa il 21 settembre 1753 tra l'imperatrice d'Austria Maria Teresa e il principe elettore Massimiliano Giuseppe di Baviera, che costituì la base del sistema monetario austriaco sino al18572 • Le ragioni del successo di questa moneta d'argento, con ti­ tolo 833,3/1000, il cui valore veniva determinato in base al prez-

1 «Il sale minerale [è] considerato essenzialmente come moneta per gli scam­ bi tra le merci e i prodotti del bassopiano e quelli dell'altopiano». Relazione del direttore della filiale di Dessié del10.1.1940 in ASBI, Filiali coloniali, 5531/1/29 (per la citazione, 5531/1/3 3). 2 Successivamente l'Austria mantenne il diritto esclusivo di coniare questa moneta merce in base all'art. 4 della convenzione del 24 gennaio 1857 con gli Stati appartenenti all'Unione doganale germanica, esercitandolo sino al1936. Le richieste di talleri venivano rivolte alla Regia Imperiale Zecca o all'Imperiale Ufficio del Funzione di Trieste. Per ulteriori informazioni sulla storia del tallero e sulla sua coniazione dal1777 al 1935,si rinvia alla memoria della Cancelleria federale austriaca dal titolo Informazioni sul diritto esclusivo dell'Austria alla co­ mazione dei talleri di Maria Teresa, inviata al ministro degli Esteri Ciano dalla legazione italiana a Vienna in data 25.10.1937, in ASBI, Rapporti con l'estero, 352/2/51. 140 La Banca d'Italia in Africa VIII zo di mercato del metallo3, sono descritte in modo efficace nella relazione presentata nel 1905 dall'avvocato Cagnassi al Congres­ so coloniale di Asmara:

Per gli indigeni il biglietto di banca ben poco entra nei loro usi, rara eccezion fatta per i commercianti di primissimo ordine. La carta moneta, facile a perdersi, a logorarsi, a lacerarsi, senza alcuna apparen­ za di valore intrinseco, non può essere apprezzata da essi, né ispirare fiducia alcuna. L'accettano allorché non possono farne a meno, affret­ tandosi però a cambiarla al più presto in talleri Maria Teresa. I quali, pur non essendo riconosciuti come vera moneta, hanno tuttavia un cor­ so corrente in varie ed estese regioni, servono per tutte le operazioni commerciali, non si deteriorano nei nascondigli sotterranei, abituali casse­ /orti degli indigeni, e si possono facilmente trasformare, con tenui perdite, in gioielli d'argento, che è pure un modo per conservare le ricchezze famigliari e di rispettare le consuetudini in occasione del matrimonio4 .

Il tallero si diffuse dalla fine del XVIII secolo nel Levante, nel­ l'Africa orientale e nei paesi rivieraschi dell'Oceano Indiano, di­ ventando il principale mezzo di pagamento dell'intera area, men­ tre le monete coniate per le singole colonie avevano un potere libera torio limitato ai rispettivi territori5• Data questa situazione, le autorità italiane avrebbero dovuto conservare l'esistente limitandosi a introdurre gradualmente la li­ ra e mantenendo la doppia circolazione fino alla completa accli­ matazione della nostra moneta. Al contrario, ignorando gli usi e i costumi locali, il governo volle introdurre sia in Eritrea che in So­ malia un sistema monetario autonomo basato, rispettivamente, sul tallero eritreo e sulla rupia d'argento italiana. In Etiopia fu intro-

3 I talleri M.T. -detti anche teresiani o levantini- avevano un peso oscil­ lante tra 27,7694 e 28,1350 gr e un diametro variante tra 39,5 e 40,5 mrn. 4 La relazione dal titolo La fondazione di un Istituto di credito per l'Afrt'ca italiana e lo sviluppo economico della Colonia Eritrea, è pubblicata nel primo volume degli Atti del Congresso coloniale italiano in Asmara (settembre-ottobre 1905), a cura di G. Rossetti, Roma 1906, pp. 51-103 (per la citazione, p. 57). Corsivo aggiunto. 5 Secondo il governo austriaco, «l'Inghilterra, durante la campagna contro l'Abissinia, non poté pagare le spese di guerra con monete proprie, ma dovette ricorrere ai talleri di Maria Teresa [ ... ]. Una cosa simile dovrebbe essere awe­ nuta anche negli anni 1896 e 1897 in occasione della guerra italiana contro il Negus Menelilo>. Memoria austriaca dt., in ASBI, Rapporti con l'estero, 355/2/55. IX. Il problema monetario nelle colonie pre/asciste 141 dotto sin dall'inizio il sistema monetario italiano mantenendo la circolazione del tallero teresiano al quale vennero imposti tassi di conversione irrealistici. I risultati furono ovunque negativi. Soltanto in Libia il regime di assimilazione monetaria non dette luogo a difficoltà. Nella relazione Pastore-Crea nel1912 si legge: «non abbiamo bisogno d'intrattenerci sul sistema mone­ tario locale, essendo ormai stati introdottz; con larga applicazione e universalmente accetti al pubblico, le monete e i biglietti italiani, bancari e di Stato»6.

2. La situazione monetaria in Eritrea

Nella colonia eritrea la maggioranza delle transazioni veniva effettuata in talleri teresiani, ma nelle zone costiere circolavano rupie indiane e piastre egiziane (soprattutto a Massaua). La mo­ neta italiana cominciò a diffondersi dopo il 1885 tra i residenti italiani e i commercianti indigeni che avevano con loro rapporti d'affari. Soltanto i pezzi divisionari da 5 e 10 centesin1i incon­ trarono il favore degli indigeni per le minute contrattazioni dato che non esistevano monete sussidiarie del tallero7• Inizialmente le autorità militari mantennero lo status qua con-

6 Rapporto Pastore-Crea, in ASBI, Ispettorato generale, pratica Ml, c. 53, 552611195. ll sistema monetario vigente in Tripolitania e in Cirenaica sotto il regime turco era ufficialmente quello ottomano di pezzi d'oro da l lira turca (pari a 22,78lire), di 100 piastre e di mezze lire. «La divisa aurea turca, appunto perché molto ricercata, fu il medio circolante che più scarseggiò, e in sua vece affluirono delle monete tunisine, egiziane e anche talleri M.T. oltre a monete auree di vari stati. Tali valute straniere in oro venivano sottoposte ad una tosa­ tura fraudolenta e quindi minorate, per difetto di peso, nel loro valore intrin­ seco». Con i provvedimenti monetari del1911-12 si realizzò «la sparizione della moneta abusiva, mentre quella turca ritirata veniva man mano accantonata nelle casse. Da quell'epoca nella Libia ebbe corso esclusivamente la valuta italiana, tanto metallica che cartacea». «Regime monetario della Libia», appunto, senza data, dell'Ufficio coloniale, ASBI, Filiali coloniali, 9196/1/302. 7 Accanto alla moneta metallica sin dal 1896 ci fu una circolazione dei bi­ glietti della Banca Nazionale nel Regno d'Italia. A una prima spedizione di 70 mila lire effettuata nel dicembre 1895, segui, tre anni più tardi, una seconda, di 600 mila lire, comprendente per un terzo anche banconote del Banco di Napoli inserite in seguito alle rirnostranze del Banco che si riteneva discriminato rispet­ to alla «Nazionale». Le autorità militari non misero in circolazione i biglietti napoletani temendo che la contemporanea presenza di banconote diverse avreb­ be creato confusione in un ambiente poco avvezzo alla circolazione cartacea. A. Mauri, Il mercato del credito in Etiopia, Giuffrè, Milano 1967, pp. 144-5. 142 La Banca d'Italia in Africa VIII sentendo la contemporanea circolazione dei talleri M.T. -di cui si approvvigionavano presso le zecche austriache - e della lira; nel 1890 il R.D. n. 7049 dellO agosto introdusse nella colonia primo­ genita un sistema monetario autonomo basato sul tallero eritreo8 . Questa moneta argentea, con un titolo di 800/1000, inferiore a quello del tallero M.T. (833/1000), aveva come sottomultipli monete d'argento (nelle pezzature da 4/10, 2/10 e 1/10 di talle­ ro) e di bronzo (da 2/10 e 11100 di tallero). I pezzi di bronzo non furono mai messi in circolazione data la diffusione degli spezzati italiani di piccolo taglio9. Per collegare il sistema mone­ tario eritreo a quello italiano il governo introdusse il principio nominalistico - un gravissimo errore essendo questo principio estraneo alla cultura degli indigeni - stabilendo che un tallero eritreo valeva 5 lire. Siffatto provvedimento venne sentito dagli eritrei come una vera e propria truffa perché si era voluto attri­ buire a una moneta con un titolo inferiore a quello del tallero teresiano un valore fittizio quasi doppio10• La situazione si complicò quando l'Austria, con l'inizio della guerra mondiale, sospese la coniazione dei talleri 11 •

8 L'art. 4 capoverso della convenzione addizionale al trattato di Uccialli dell'1.10.1887 prevedeva che «l'imperatore di Etiopia potrà far coniare pei suoi Stati una moneta speciale di un peso e di un valore da stabilirsi di comune accordo. Essa sarà coniata nelle zecche del Re d'Italia ed avrà corso legale anche nei territori africani posseduti dall'Italia. Se il Re d'Italia conierà una moneta pei suoi possedimenti africani, essa avrà corso legale in tutti i Regni dell'Imperatore d'Etiopia». Il testo dell'accordo è pubblicato da C. Rossetti, Storia diplomatica dell'Etiopia durante il regno di Menelik II, S.T.E.N., Torino 1910, pp. 297-9. La moneta etiopica non venne coniata in Italia perché nel frattempo era stata co­ stituita la Bank of Abyssinia. 9 Le monete divisionarie del tallero da 4/10, 2/10 e 1/10 valevano, rispet­ tivamente, 2,1, e 0,50 lire. 10 Ricorda Mauri (Il mercato del credito in Etiopia cit., p. 139) che l'Italia par­ tecipava all'Unione Monetaria Latina, istituita nel 1865, che aveva adottato il bi­ metallismo. A seguito della libera coniazione dell'argento (1871), le monete di questo metallo continuavano a circolare, mutando la loro natura monetaria non essendoci più corrispondenza tra valore nominale e valore dell'argento. «Il talle­ ro eritreo assunse le caratteristiche di moneta fiduciaria, avente valore nominale approssimativamente doppio di quello effettivo[ .. .]. Ad una tipica moneta merce come il tallero teresiano, si opponeva una moneta segno il tallero eritreo». Sulle vicende dell'Unione Latina si rinvia a M. De Cecco (a cura di), L'Italia e il siste­ ma finanziario internazionale 1861-1914, Collana storica della Banca d'Italia, serie documenti, vol. I, Laterza, Roma-Bari 1993, pp. 5-22 e i documenti ivi citati. 11 Ecco come la situazione venne descritta da Cristoforis, direttore della filiale di Asmara: «[la circolazione dei talleri] è molto notevole se si considera IX. Il problema monetario nelle colonie pre/asciste 143

Il governo locale adottò misure tendenti a limitare la circo­ lazione del tallero M. T. a vantaggio della moneta eritrea: divieto di accettazione nelle casse dello Stato e imposizione di un dazio d'entrata sui talleri provenienti via mare. Il risultato fu deluden­ te. Come ha rilevato Mondaini:

La prima [misura] otteneva proprio l'effetto opposto al desiderato, quello cioè di riportare nelle casse della colonia proprio quelle monete di cui si voleva diffondere la circolazione, costringendo per di più la popolazione - all'atto del pagamento dei tributi - a cadere sotto le for­ che caudine di cambiavalute poco scrupolosi; la seconda risultava ben poco efficace, sia perché troppo facile ne riusciva il contrabbando, sia perché poteva introdursene dall'Etiopia per via di terra qualsiasi quan­ titativo, nessun dazio colpendo le merci all'entrata o all'uscita dal con­ fine terrestre verso l'Etiopia12,

Dopo la guerra il governo coloniale affidò a Bankitalia l'in­ carico «non lieve» della gestione dei talleri M. T. (convenzione del27 agosto 1919), per sopperire alla rarefazione della moneta austriaca13• Operando a mezzo delle proprie filiali e della rete degli uffici postali, la Banca provvedeva a «tutte le operazioni di acquisto, vendita, incassi, pagamenti e cambi dei talleri d'Italia e di quelli di Maria Teresa per conto del Governo dell'Eritrea» (art. 1), uti­ lizzando come fondo operativo tutti i talleri giacenti presso i commissariati regionali, gli agenti contabili e gli uffici postali, nonché degli stanziamenti disposti dal governo coloniale14• Invano il governo chiese all'Austria di poter coniare i talleri che annualmente - almeno fino allo scoppio della guerra europea che ne ha sospeso l'esportazione- quì si è importato da Trieste per una media di tre mi­ lioni e mezzo dì argento monetato, oltre a quello che viene da Aden, dalla vi­ cinissima Abissinia ed oltre s'intende a quelle forti giacenze che qui sono state tesaurizzate, e delle quali in questi mesi sì è potuto avere una idea, essendo state queste popolazioni indigene costrette a riversare sui mercati le notevoli quantità di talleri che nel corso degli anni erano venute sottraendo alla circolazione». Lettera di Cristoforis a Stringher del 5.2.1915, in ASBI, Ispettorato generale, pratica M1, c. 50, pp. 4-5. 12 G. Mondaìni, Manuale di storia e legislazione coloniale del Regno d'Italia, vol. I, Storia coloniale, Sampaolesi, Roma 1927, p. 546 (d'ora in avanti citato come Storia coloniale). 13 B.I., Adunanza per il 1924, p. 63. 14 La convenzione, sottoscritta il 27.8.1919, tra il reggente del governo De Camillis e il direttore Millner dalla filiale di Asmara è conservata in ASMAE, 144 La Banca d'Italia in Africa VIII utilizzando i conii usati in passato dalla zecca austriaca di Mi­ lano15. Nel1918 col R.D. n. 856 del31 maggio venne introdotta una nuova moneta d'argento, denominata tallero d'Italia, che posse­ deva tutte le caratteristiche della moneta teresiana «ivi compresa quella di essere una moneta metallica effettiva completamente indipendente dal sistema monetario italiano»16. n peso e il teno­ re d'argento erano superiori a quelli della moneta austriaca17 . Il tallero M.T. circolava parallelamente alla nuova moneta - che poteva essere coniata dalla Zecca di Roma anche per conto dei privati - senza che ci fosse un rapporto fisso. Pur essendo ac­ compagnata dai più idonei requisiti (maggior valore, grande so­ miglianza al tallero austriaco), il tallero d'Italia non fu accolto favorevolmente. Tra le ragioni di questa accoglienza, l'avversione degli indigeni per le novità imposte dagli stranieri, l'impossibilità di usarlo nelle transazioni con i paesi finitimi, nonché l'elevato tenore dell'argento che favoriva la demonetizzazione. Visto l'insuccesso di questi esperimenti monetari, il governo non ritenne di compiere altri tentativi anche perché negli anni successivi si consolidò progressivamente la circolazione della mo­ neta italiana, cartacea e metallica18. pos. 36/18. Con ordinanza del 28.8.1919 venne disposto uno stanziamento di 150 mila lire a favore della «gestione talleri». 15 L'insuccesso del tallero «fornì lo spunto per interessanti studi dedicati alla ricerca delle cause specifiche del summenzionato fallimento» - ha osservato Mauri che riferisce su alcuni progetti di riforma monetaria avanzati da V.G. Carboneri, E. Petazzi e C. Rossetti. Mentre il primo studioso riproponeva un nuovo tallero italiano simile a quello teresiano, ma con un valore nominale dato (lire 2,50), gli altri due suggerivano una «circolazione parallela di due sistemi monetari, quello nazionale e quello del nuovo tallero, completamente sganciati tra loro». La nuova moneta avrebbe assunto le caratteristiche di moneta merce del tallero M.T. La soluzione adottata dalle autorità si ispirò a queste idee. Mauri, Il mercato del credito in Etiopi11 cit., pp. 141-2 (per la citazione, p. 142). 16 lvi, p. 413. 17 TI tallero d'Italia aveva un peso di gr 88,0668, un titolo di 835/1000 (con una tolleranza di +/-2,5 mm), un diametro di 40 mm; mentre il tallero M. T. era caratterizzato da tm peso oscillante tra 27,7694 e 28,1350 gr, un titolo di 833/1000 e un diametro variante tra 39,5 e 40,5 mm. La moneta italiana pre­ sentava sul recto un'immagine femminile raffigurante l'Italia e sul verso l'aquila sabauda in analogia con l'aquila asburgica. 18 Secondo i dati raccolti da Petazzi e riferiti da Mauri (Il mercato del cre­ dito in Etiopi11 cit., p. 144), alla fine del 1921 il medio circolante in Eritrea era composto da mezzo milione di talleri M.T. e di monete italiane per un valore IX. Il problema monetario nelle colonie pre/asciste 145

3. La situazione monetaria in Somalia

Prima della dominazione italiana in Somalia, e più esatta­ mente, nei mercati situati sulla fascia costiera, circolavano il tal­ lero M.T., la rupia indiana e le bese (di Mascate, Mombasa e Zanzibar). Le prime due erano una moneta merce d'argento, la besa una moneta di bronzo legata al tallero da un rapporto fisso (l tallero = 150 bese)I9. Passata sotto la dominazione italiana, per la Somalia si volle adottare un sistema monetario autonomo - definito da Mondaini «uno dei capitoli più tormentosi» della storia giuridico-economi­ ca della colonia - nel tentativo di conciliare obiettivi tra loro con­ fliggenti: l'autonomia della colonia, la subordinazione alla madre patria, le esigenze economiche del territorio e dei suoi rapporti commerciali con i partner tradizionali20. La legge 5.4.1908, n. 161 istitutiva della colonia, assegnò al governo metropolitano il potere di regolare il sistema e la circo­ lazione monetaria della Somalia (art. 4f) ma attribuì al governa­ tore la competenza di regolare il cambio della moneta (art. 9b). Nel1909 venne introdotta la besa italiana (nelle pezzature da 1,2 e 4 bese) in sostituzione di quella di Mascate (R.D. n. 95 del 28 gennaio). L'anno successivo, il R.D. 8.12.1910, n. 887 istituì la rupia italiana d'argento (nei tagli da l, 1/2, 114 di rupia) stabi­ lendone il valore nella misura fissa di 15 rupie per una sterlina e di 100 bese per una rupia21. teorico (escluse quindi quelle fuse, esportate e tesaurizzate) di 33,5 milioni, di cui 29,3 milioni in biglietti di banca e di Stato, 3 milioni in talleri e 600 mila lire in monete argentee divisionarie e altrettante in spezzati di bronzo e di nichel. 19 «Uno strano fenomeno» ha definito Caroselli quello di una moneta mer­ ce suddivisa in monete divisionali a circolazione fiduciaria: il fenomeno si spie­ gava avendo presente il carattere di moneta merce del tallero e la circostanza che l'economia primitiva del paese richiedeva per le minute contrattazioni un mezzo di pagamento di valore più modesto di quello del tallero, ma legato a questo, convenzionalmente, da un rapporto fisso. In buona sostanza, «una mo­ neta d'appunto, sorte per questa necessità [alla quale] non si richiedeva nessun particolare valore intrinseco». F .S. Caroselli, Il sistema monetario in rupie nella economia e nella finanza della Somalia italiana, in «Giornale degli Economisti», 1922, pp. 364-80 (per la citazione pp. 366-7). 20 G. Mondaini, La legislazione coloniale italiana nel suo sviluppo storico e nel suo stato attuale (1881-1940), Istituto di studi di politica internazionale, Mi­ lano 1941. 21 lvi, pp. 322-7. Le monete d'appunto ebbero corso legale il lo luglio; il31 146 La Banca d'Italia ùt Africa VIII

Le monete da l e 1/2 rupia avevano valore legale e potere li­ beratorio illimitato all'interno della colonia; per quelle di minor valore (114 di rupia e le bese) il potere liberatorio era determinato con provvedimento del governatore. Il tallero non aveva valore le­ gale ma poteva circolare sulla base del suo prezzo di mercato22. L'abolizione del tallero e l'introduzione della rupia rispon­ devano a motivazioni razionali: nel primo caso si trattava di eli­ minare una moneta non controllabile dalle autorità in quanto il suo valore dipendeva dalla valutazione dei mercati internazionali (in particolare Aden) e la sua circolazione era influenzata da va­ riabili esogene (la quantità di moneta coniata in uno Stato estero, la demonetizzazione, l'ampiezza del tesoreggiamento). La scelta della rupia rispondeva alla corretta considerazione che si trattava della moneta dominante nell'area dell'Oceano Indiano. Proprio per questo status sarebbe stato necessario che alla rupia italiana, «in corrispondenza alla sua inferiorità di valore intrinseco [fosse stata assicurata] uguaglianza di valore legale con le altre rupie circolanti nei possedimenti stranieri che facevano parte dello stesso ambito economico». Furono intraprese a tale scopo trat­ tative col governo inglese per realizzare una «convenzione mo­ netaria che formasse una specie di 'Unione dell'Oceano Indiano' a somiglianza dell'Unione Latina», ma senza esito positivo per la contrarietà del governo britannico23. Da parte italiana si sperò che la rupia si sarebbe imposta sui mercati indiani in modo autonomo, indipendentemente dalla protezione di una convenzione internazionale; in base a questo convincimento le venne attribuito - come ricordato - un colle­ gamento fisso con la sterlina in base al rapporto l: 15 valido solo per la Somalia. È stato considerato un grave errore «negare la realtà delle oscillazioni del cambio fra lira e sterlina [. .. ] una de­ lusione [che] ci lasciò soltanto la pesante catena che legava il sistema monetario di una nostra Colonia alla valuta aurea stra- agosto terminò il corso legale delle rupie straniere e il 31 dicembre quello dei talleri (D.G. 16.6.1911, n. 690). 22 Il ragguaglio fisso di l 00 bese per tallero, stabilito nel decreto del 1909, sarebbe rimasto valido «Sempreché le oscillazioni del corso del tallero non ren­ dano tale rapporto incompatibile con l'altro stabilito dal presente decreto sulla base di 100 bese per una rupia» (art. 6). 23 Caroselli, Il sistema monetario in rupie cit., pp. 367-8. IX. Il problema monetario nelle colonie pre/asciste 147 niera», con danni per la madre patria e per la colonia stessa chè si trovava ai primordi del suo sviluppo24• ll D.G. 16.6.1911, n. 690 stabilì queste equivalenze: l sterlina britannica = 25,20 lire; l rupia = 1,68 lire; l besa = 0,00168 lire25. Errore ancora più grande fu il mancato adeguamento dell'or­ dinamento e della gestione finanziaria della colonia al sistema mo­ netario in rupie. Il bilancio della Somalia continuava a essere stila­ to in lire (pagamento degli stipendi, contabilità dei depositi presso gli uffici postali) mentre le operazioni di cassa della tesoreria colo­ niale, i pagamenti e gli introiti realizzati in colonia, venivano effet­ tuati in rupie. Questa situazione di equilibrio instabile non resse alle conseguenze della crisi insorta durante e dopo la prima guer­ ra mondiale che portò alla rarefazione del circolante con gravi danni per la fragile economia coloniale e con imbarazzi maggiori per lo Stato che doveva provvedere al servizio di cassa26. La scarsità mondiale dell'argento aveva determinato un rile­ vante aumento del prezzo del metallo «SÌ che, preso per base il valore oro, il precedente rapporto tra esso e l'argento si spostò in favore di quest'ultimo». Inoltre il deprezzamento della lira ri­ spetto alla sterlina rese «assolutamente fallace l'altro ragguaglio fisso stabilito tra il valore della rupia e quello della nostra lira»27• Infatti il governo nel mettere in circolazione le rupie d'argento,

24 Ibid. 25 Per la rupia venne introdotto il sistema decimale, mentre in Kenia una rupia valeva 64 bese. 26 Di norma i pagamenti in rupie eccedevano gli incassi nella stessa valuta. Per approvvigionarsi di rupie il governo aveva solo due fonti: i versamenti per l'emissione di vaglia internazionali e le rupi e depositate presso gli uffici postali. 27 Caroselli, Il sistema monetario in rupie cit., pp. 372-3. L'argento crebbe di prezzo soprattutto nel corso del 1919 raggiungendo a febbraio dell'anno se­ guente la quotazione record di 85,005 pence per oncia. In B.I., Adunanza per il 1920, sono riportati (a p. 77) i prezzi mensili dell'argento sul mercato di Londra per il periodo gennaio 1917-dicembre 1920. La scomparsa del circolante dipen­ deva da circostanze proprie di una economia primitiva come quella della So­ malia (mancanza di un'organizzazione creditizia, lentezza della circolazione ag­ gravata dalla difficile situazione delle comunicazioni con l'Italia) e da ragioni mercantili. La richiesta di prodotti somali durante la guerra aveva fatto aumen­ tare le esportazioni, mentre l'aumento dei prezzi causato dalla rarefazione dei prodotti europei aveva ridotto le importazioni, incrementando le rupie nelle ma­ ni degli indigeni. 148 La Banca d'Italia in Africa VIII

«dava per un quindicesimo di sterlina una moneta che giunse a valere poco più di un decimo e per una lira e sessantotto cen­ tesimi quella che valeva tra quattro e cinque lire»28. Naturalmen­ te le rupie uscite dalle casse coloniali sparivano dalla circolazione perché tesaurizzate, demonetizzate o esportate attraverso i vaglia internazionali29. Per risolvere il problema e rimediare alla diminuzione effet­ tiva delle entrate corrispondenti alla differenza di bilancio, il go­ verno dovette stanziare un contributo straordinario a favore del bilancio coloniale «per sopperire al maggior onere derivante al bilancio di essa dal mutato ragguaglio della rupia indiana alla lira»30• Solo nel1919 venne rescisso il legame tra la lira e la rupia: «il valore di ragguaglio [. . .]-stabilì l'art. l del D.G. n. 2329 del19 settembre - cessa di essere costante ma dovrà essere calcolato in base al rapporto fisso di 1/15 del valore della sterlina convertito in lire in dipendenza del cambio». Un provvedimento «zoppo» lo definì Caroselli, che, se eliminava una delle cause della rare­ fazione del circolante (il rapporto tra lira e sterlina), non pren­ deva in considerazione l'altro elemento di sottovalutazione della rupia: l'accresciuto valore dell'argento rispetto all'oro. Infatti nell'applicazione del decreto, anziché prendere per base la quo­ tazione della sterlina-oro sui mercati indiani, si utilizzò il cambio tra sterlina-cheque e la lira secondo le quotazioni ufficiali del Tesoro. La situazione monetaria diventava ogni giorno «sempre più grave ed allarmante - così Paladini riferiva a Stringher il 29 feb­ braio 1920 - perché gli espedienti a cui il Governo si trova ad ogni quindicina costretto a ricorrere vanno esaurendosi e danno risultati sempre più meschini». A ciò si aggiungeva l'incompren­ sione dei problemi monetari della colonia da parte del governo

28 Caroselli, Il sistema monetario in rupie cit., p. 373. 29 Si inviava dall'Italia in Somalia un vaglia di lire 1.680 e si incassavano 1.000 rupie; queste rupie venivano spedite in Inghilterra sotto forma di sterline e cambiate in 66,6 sterline (L Lst = 15 rupie). Ricambiando le sterline in lire, si ottenevano 3 .3 3 3 lire. 30 Mondaini, Storia coloniale cit., p. 586. Nel bilancio preventivo 1924-25 il contributo straordinario ammontò a 9,5 milioni, superiore a quello ordinario della colonia (8.949.000). IX. Il problema monetario nelle colonie prefasciste 149 centrale che persisteva nel suggerire l'adozione del sistema mo­ netario nazionale3 1.

4. L'intervento della Banca d'Italia

Nel novembre 1920 venne disposta la creazione da parte di Bankitalia dei buoni di cassa in rupie (R.D.L. 13.5.1920, n. 600). Ricostruiamo la genesi del provvedimento in base alla relazione di Stringher al Consiglio superiore nella tornata del 24 maggio. Richiamati gli estremi del problema il direttore generale ricordò che, dietro sollecitazione del ministro delle Colonie, aveva for­ mulato le seguenti proposte:

Fermo restando il sistema monetario della Somalia [. . .] la Banca d'Italia potrà provvedere a una emissione di Buoni di Cassa in rupie, rappresentativi di rupie d'argento immobilizzate presso la Filiale della Banca d'Italia a Mogadiscio. La Banca potrà far coniare a sue spese dalla Regia Zecca la quantità di rupie necessaria per tale immobilizzazione, mediante demonetizza­ zione eli scudi di sua proprietà. E poiché per la coniazione e pel tra­ sporto delle monete da Roma a Mogadiscio occorrono vari mesi, si po­ trà provvisoriamente dare ai Buoni di Cassa la piena copertura, con l'immobilizzazione nelle casse della Banca in Mogadiscio di una quan­ tità eli valute d'oro pel valore reale delle rupie d'argento che dovreb­ bero stare a fronte dei Buoni in circolazione. Considerata l'elevatezza del prezzo dell'argento, per cui ogni rupia ha un valore intrinseco assai superiore a quello legale, i Buoni di Cassa dovranno essere dichiarati inconvertibili32 •

31 La lettera è in ASBI, Filiali coloniali, copialettere n. 860, pp. 9-12. Il governatore della Colonia aveva respinto l'offerta del ministro del Tesoro d'in­ viare in Somalia monete di nichelio da 50 centesimi, che già nel1905 era stato necessario ritirare dalla circolazione perché non gradite. «Ha egli [il governa­ tore] nuovamente ed energicamente insistito nelle Sue proposte che risalgono fino a tre anni addietro e che consistono sempre nella esclusione per il momento della possibilità di introdurre qui il sistema monetario del regno e di dare corso invece alla coniazione di un certo quantitativo d'argento e della contemporanea emissione della carta monetata in rupie». 32 ASBI, Segretariato1 Verbali del Consiglio superiore, 1920, pp. 221-8 (per la citazione, pp. 222-3 ). E inclusa la descrizione delle caratteristiche dei buoni da l rupia; quella del buono da 10 rupie è nel verbale relativo all'anno succes­ sivo, alle pp. 319-23. 150 La Banca d'Italia in Africa VIII

La relazione proseguiva ricordando che i ministri competenti accolsero la proposta della Banca esprimendo però l'avviso che nel provvedimento di autorizzazione venisse dichiarata la con­ vertibilità dei buoni di cassa, «sospendendola tuttavia fino a nuo­ va disposizione». Il decreto n. 600 del 13 maggio 1920 limitò l'emissione dei buoni all'importo di 2 milioni di rupie nei tagli da l, 5, 10, 20 e 5033, attribuendo loro in Somalia lo stesso potere liberatorio del­ le rupie nel pagamento dei debiti verso lo Stato. «Le spese per l'emissione dei Buoni e per la formazione del fondo metallico di garanzia, sono a carico della Banca, la quale troverà compenso nell'alto prestigio che l'emissione medesima le conferisce»34. L'emissione iniziò nel novembre 1920 contestualmente al­ l' apertura della filiale di Mogadiscio. L'operazione ebbe successo e i buoni incontrarono ovunque buona accoglienza35. Al 20 giugno 1921 la circolazione dei buoni ammontava a 919.272 contro rupie d'argento 1.150.000 circa esistenti in cassa. Cifre eloquenti, osservò Paladini, se si mettono in confronto con la situazione di cassa del 16.11.1920 (77 mila e 5 mila rupie di cui disponevano, rispettivamente, la Banca e la Tesoreria) e se si tiene conto che le rupie d'argento erano praticamente scompar­ se dalla circolazione. «È evidente quindi che ÙJ soli sette mesi si è felicemente raggiunto e l'assetto definitivo della circolazione monetaria della Colonia, e il completo successo dei buoni di cas­ sa in rupie»36. Il tetto di 2 milioni di rupie non venne mai raggiunto in quanto la circolazione massima, il30 aprile 1924, si ragguagliò a 1,9 milioni. Al miglioramento progressivo della circolazione si accompa­ gnò la diffusione della lira che consentì, tra qualche contrasto, l'introduzione del sistema monetario italiano (R.D. 18.6.1925, n.

33 B.I., Adunanza per il 1920, pp. 75-8. 34 Verbale del Cosiglio superiore cit., p. 224. 35 A evitare la speculazione, la filiale introdusse una speciale commissione per il cambio rupie, pari all'l%, il cui gettito venne accreditato dal1923 in un fondo rivalutazione rupie e investito in BTO. La consistenza del fondo, pari ini­ zialmente a 171.949 lire, salì a 763.467 il 31.10.1928. 36 Lettera a Stringher del 23.6.1921, in ASBI, Filiali coloniali, copialettere n. 360, pp. 452-5 (per la citazione, p. 453). IX. Il problema monetario nelle colonie prefasciste 151

1143 )37. Questo provvedimento, che era stato proposto da anni ma che era stato rinviato a un momento migliore per suggeri­ mento di Bankitalia, venne imposto dal governatore De Vecchi che, scrivendo in terza persona, così rievocò l'episodio:

Come ricordato, l'adozione di questo provvedimento era sta­ ta fonte di discussione col direttore della filiale di Mogadiscio. Nella relazione del 10 gennaio 1925 De Ambrosis aveva infatti sostenuto che

37 Poiché l'introduzione del sistema italiano avrebbe potuto procurare alla Banca una perdita rappresentata dalla differenza tra prezzo d'acquisto delle m­ pie e il loro valore come moneta merce, Stringher propose al Consiglio supe­ riore di coprire questa eventuale perdita col fondo rivalutazione rupie. ASBI, Segretariato, Verbale del Consiglio superiore, 1925, pp. 372-4. 38 C.M. De Vecchi, Orizzonti d'impero. Cinque anni in Somalia, Mondadori, Milano 1935, pp. 297-8. 19 ASBI, Filiali coloniali, 5529/1/500 (per la citazione, 5529/1/508-9). La circolazione monetaria aveva avuto nel corso del 1924 un andamento normale ad eccezione di una temporanea carenza di spezzati di bronzo (le bese) che intralciava il commercio al minuto. Relazione del 1924 cit., ASBI, fondo cit., 5528/11506-7. La circolazione dei buoni di cassa in rupie, dopo aver raggiunto il massimo il30.4.1925 (1.868.730 rupie), a seguito del cambiamento del sistema monetario cominciò a ridursi sino a raggiungere il 31 ottobre le 640.279 rupie. Relazione del 15.11.1926, in ASBI, fondo cit., 5529/1/449 (per la citazione, 5529/1/453 ). 152 La Banca d'Italia in Africa VIII d'impero: «il direttore assicurava di ritenere fermamente che non bastasse affermare con l'aria di chi ha tecnica e cultura in mate­ ria finanziaria e con la gravità vuota e solenne celante spesso il vuoto di uno spirito, che quel problema era molto complicato e che bisognava tener conto di molti fattori»40. In termini più espliciti, De Vecchi in una lettera ad Azzolini del 18 maggio 1938, riferendosi a una nuova e più pesante polemica con Banki­ talia per la sua attività nel Dodecanneso, ricordò la «discussione» di Mogadiscio affermando che la Banca, «per consiglio del suo quanto meno inesperto direttore», era «giunta all'assurdo di op­ porsi recisamente all'introduzione della moneta italiana in quella colonia preconizzando chi sa quali disastri ipotetici e reconditi per la applicazione di un provvedimento di economia e più an­ cora di dignità»4t. n ritiro delle rupie e dei buoni di cassa contro biglietti di banca e di Stato venne effettuato al tasso di otto lire per rupia (D.G. 20.9.1925)42. Trascorso il periodo di due anni- durante il quale Bankitalia era obbligata al cambio e il governo coloniale ad accettare i pa­ gamenti in rupie -le rupie d'argento rimasero in circolazione sul mercato come moneta merce43 .

40 De Vecchi, Orizzonti d'impero cit., pp. 297-8. Corsivo aggiunto. 41 lvi, p. 298. 42 La lettera è in ASBI, fondo cit., 9196/1n5. 43 La circolazione dei buoni di cassa a fme esercizio ebbe questo andamento: 31.10.1920 rupie 212.500 31.10.1924 rupie 1.483.135 31.10.1921 » 942.295 31.10.1925 » 640.279 31.10.1922 » 1.111.810 31.10.1926 » 47.565 31.10.1923 » 1.388.006 30.9.1927 » 15.526 Banca d'Italia, La Banca d'Italia nelle terre italiane d'oltremare, Libreria del­ lo Stato, Roma 1939, p. 37. Parte terza LA BANCA D'ITALIA NELL'IMPERO

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LA CONQUISTA DELL'IMPERO l. La guerra per avere un impero

Nel 1934, approfittando della favorevole situazione interna­ zionale, Mussolini decise di conquistare l'Etiopia, un obiettivo fallito dallo Stato liberale1• Ragioni di politica interna - econo­ miche e sociali - e il bisogno di conseguire un successo di pre­ stigio, furono alla base della decisione del duce che si configura, quindi, come una classica manovra usata dai dittatori per stor­ nare l'attenzione dell'opinione pubblica dai problemi internF. Nelle guidelines indirizzate ai vertici militari il 30 dicembre 1934, Mussolini affermò la necessità di agire senza indugio.

1 La mancata conquista dell'Etiopia, conservando solo le teste di ponte del­ l'Eritrea e della Somalia, equivaleva ad assumere oneri enormi senza realizzare alcun vantaggio. «Questo di aver scelto il peggiore obiettivo è il più grave errore commesso dai governi liberali [ .. .] al di là della constatazione che aggredendo un popolo libero, l'Italia tradiva gli ideali del Risorgimento». A. Del Boca, Gli italiani in Africa Orientale. Dall'Unità alla marcia su Roma, Mondadori, Milano 1992, p. 878. Una sintesi completa delle relazioni italo-etiopiche è fornita da G.W. Baer, La guerra italo-etiopica e la crisi dell'equilibrio europeo, Laterza, Bari 1970, pp. 1-32. 2 Secondo G. Bocca la crisi del capitalismo determinò la svolta della politica coloniale italiana. Nel 1930 «nmore l'età dello pseudoliberismo, del concerto europeo, delle colonie, mercati preferenziali ma inseriti nel libero commercio mondiale, e inizia la fase restrizionistica, delle colonie integrate nelle grandi zo­ ne autarchiche, negli spazi vitali difesi dalle barriere doganali e dagli eserciti. La crisi dell'imperialismo offre a Mussolini l'occasione di recuperare il tempo per­ duto, di fare il salto dalle colonie di prestigio alla zona autarchica [. .. ] gli basta intuire che l'itnpresa etiopica è possibile perché rientra nella psicosi restrizioni­ stica delle grandi potenze, nella loro volontà di conservare ciò che possiedono anche a costo di concedere qualcosa agli ultimi e più famelici arrivati». G. Boc­ ca, Storia d'Italia nella guerra fascista 1940-1943, Mondadori, Milano 1996, p. 166. 156 La Banca d'Italia in Africa VIII

n problema dei rapporti italo-abissini si è spostato in questi ultimi tempi su un piano diverso: da problema diplomatico è diventato un problema di forza: un problema «storico» che bisogna risolvere con l'unico mezzo col quale tali problemi furono sempre risolti: coll'impie­ go della forza.

Fatta questa premessa Mussolini proseguiva indicando l'ur­ genza di agire: «bisogna risolvere il problema più presto possibili>, non appena cioè i nostri apprestamenti militari diano la sicurezza della vittoria [. .. ]. Per una guerra rapida e definitiva, ma che sarà sempre dura, si devono predisporre grandi mezzi»4• Due elementi alla base della decisione di Mussolini meritano di essere sottolineati: a) l'apertura di credito illimitato ai respon­ sabili della preparazione bellica5; b) l'intuizione che le sanzioni della Società delle Nazioni (SdN) non avrebbero avuto effetti de­ vastanti sull'economia italiana. Sul piano delle relazioni internazionali, Mussolini si sentiva tranquillo: «dal punto di vista diplomatico - scrisse nel memo­ riale del 20 dicembre - [Francia e Inghilterra] sono le uniche nazioni che hanno preso accordi con noi circa l'Etiopia6. Imba­ razzi da parte della SdN non ne verranno o saranno tali da non impedire di condurre a fondo l'impresa». Infatti, quando pochi giorni dopo l'invasione, la SdN condannò l'Italia come aggres­ sore camminandole sanzioni economiche e finanziarie, il prov-

3 <<È di evidenza luminosa - scrisse Mussolini sul 'Popolo d'Italia' del 31.7.1935 - che la situazione strategica delle nostre colonie, precaria in tempi normali, diventerebbe irresistibile in tempi eccezionali qualora l'Italia fosse im­ pegnata nello scacchiere europeo». Citazione da A. T amaro, Venti anni di storia italiana, Tiber, Roma 1953, vol. III, pp. 145-6. 4 Il memorandum dal titolo Direttive e piano d'azione per risolvere la questio­ ne abissina è pubblicato da G.B. Naitza, Il colonialismo nella storia d'Italia (1882- 1949), La Nuova Italia, Firenze 1975, pp. 94-8. I corsivi sono nell'originale. 5 D. Mack Smith, Le guerre del duce, Mondadori, Milano 1993, pp. 81-2. Castronovo ricorda che anche <

7 Nel periodo novembre 1935-luglio 1936 (cessazione delle sanzioni) le esportazioni italiane verso i paesi sanzionìsti scesero a 190 milioni rispetto ai 1.564 del periodo novembre 1934-luglio 1935 (-88%). Nello stesso periodo le importazioni passarono da 2.610 a 1.270 milioni (-51%). Banca d'Italia, L'eco­ nonu'a italt'ana nel sessennio 1931-1936, Istituto poligrafico dello Stato, Roma 1938, vol. I, pp. 244-5. 8 «Subito dopo, a partire dalla svolta filonazìsta e militarista del1937-38- ha osservato Monticone - cominciarono a comparire i primi segni di incrinatura del patto sociale con il regime». A. Monticone, L'Italia da/1936 a/1948: istituzioni e società, in Banca d'Italia, Presentazione della Collana storica della Banca d'Italia, Atti del convegno svoltosi a Roma il9 e 10 dicembre 1993, Roma 1994, p. 119. 9 «L'attuale situazione politico-finanziaria- affermò Azzolini nella relazione di Bankitalia per il 1935 - ha imposto assoluta e inderogabile la necessità dì realizzare il pareggio del bilancio statale, onde evitare inflazioni [sic] e riper­ cussioni sulla solidità della valuta [. .. ]. Il pareggio del bilancio, cui il Governo fascista mira pel prossimo esercizio, va riferito alla gestione finanziaria normale, ad esclusione, quindi, delle necessità che derivano dagli avvenimenti che si stan­ no svolgendo in Mrica Orientale e per le quali si è provveduto con misure di carattere straordinario». B.I., Adunanza per il 1935, pp. 23-4. Grazie a questo maquillage contabile l'esercizio 1936-37 chiuse con un avanzo di 1.289 milioni nella gestione ordinaria e con un deficit di 17.519 milioni in quella straordinaria. Il disavanzo effettivo fu di 16.230 milioni, ridotto a 10.653,5 tenendo conto del movimento di capitali (5.567,5). 158 La Banca d'Italia in Africa VIII

Per gli esercizi 1934-35 e 1935-36 le assegnazioni a questo titolo furono, rispettivamente, di 975 e 11.136 milioni10. L'onere crebbe notevolmente negli anni successivi ragguagliandosi, in ba­ se alle risultanze di bilancio, a circa 213 miliardi. Prima d'intraprendere l'esame della (breve) esperienza impe­ riale italiana, con particolare riferimento alle tematiche finanzia­ rie e al ruolo svolto dalla Banca d'Italia, è opportuno esaminare sinteticamente, onde avere una valutazione più realistica di que­ sta esperienza, le condizioni economiche dell'Italia nel momento in cui affrontava l'avventura etiopica, rinviando per gli appro­ fondimenti ai volumi della «Collana storica»11 •

2. Il contesto economico alla vigilia della gttetra a) Il riallineamento della lira. È stato autorevolmente sostenuto che quando si accinse a invadere l'Etiopia, il paese stava ancora pagando le conseguenze dell'ostinata volontà del governo di mantenere la parità aurea della lira stabilita nel 1927, anche do­ po che Stati Uniti e Gran Bretagna l'avevano abbandonata, ob­ bligando le autorità monetarie <

10 Il dettaglio delle assegnazioni speciali per il 1935-36 è riprodotto in B.I., Adunanza per il 1935, p. 41. 11 Nell'immediato la guerra esercitò un effetto positivo sulla domanda in­ terna e sull'occupazione stimolando la ripresa economica. «Fu questo- ha os­ servato Toniolo- il principale effetto economico del tardo imperialismo italia­ no». G. Toniolo, L'economia dell'Italia fascista, Laterza, Roma-Bari 1980, p. 330. 12 F. Cottùa, L. Spaventa (a cura di), La politica monetaria fra le due guerre 1919-1935, Collana storica della Banca d'Italia, serie documenti, vol. VIII, La­ terza, Roma-Bari 1993, p. 4, corsivo aggiunto. 13 Le riserve auree erano passate da 5.297 milioni nel1930 a 3.027 nel1935; le valute equiparate da 4.327 a 368 milioni. Il grado di copertura della circola­ zione e degli impegni a vista scese dal53,2% nel1930 al41,2% nel1934. A fine 1935la copertura si era ridotta al19,5%. Banca d'Italia, L'economia italiana nel sessennio cit., vol. I, p. 121. X. La conquista dell'impero 159

Agli inizi del 1935 Jung venne sostituito da Thaon di Revel che ricoprì ininterrottamente la carica di ministro delle Finanze sino al febbraio 1943 14: in tal modo - notò il «Financial News» - «l'elemento ortodosso nel presente governo non è rappresen­ tato come nel passato»15 . A luglio venne sospeso l'obbligo per la Banca di tenere una riserva minima pari al 40 per cento della circolazione e degli impegni a vista. In quell'occasione Einaudi scrisse a Mussolini auspicando che non si trattasse di una so­ spensione temporanea bensì della sua definitiva abrogazione16. La formale svalutazione, per motivi di opportunità, venne dichia­ rata solo a guerra finita. Data la prossimità dell'entrata in guerra - ha scritto Thaon di Revel - «non si ritenne conveniente di anticipare l'allineamento della lira a prima della guerra. Era da prevedere che questa a­ vrebbe posto in difficoltà la nostra moneta ed era perciò oppor­ tuno rinviare la svalutazione a guerra finita e cioè dopo che la lira avrebbe scontato gli effetti di questa»17 •

14 «Il suo arduo compito - ha scritto Baffi - fu quello di formtÙare una politica capace di contenere la pressione inflazionistica generata dalle imprese militari in una economia strutturalmente debole, che era stata già messa a dura prova dalla scelta del 1927, e dal mantenimento, fra il 1928 e il 1936, di una parità di cambio che sopravalutava la lira [ ... ]. Da un lato egli tentò di prevenire la formazione di un eccesso di domanda [. .. ] dall'altro egli cercò di contenere la pressione esercitata dalla domanda eccedente sulle risorse disponibili, valutate ai prezzi vigenti, con una varietà di provvedimenti»: razionamenti e misure intese a favorire le spese di consumo e di investimento. P. Baffi. L'evoluzione mone­ tarùl in Italia dall'economia di guerra alla convertibilità (19 35-19 58), in Studi sul­ la moneta, Giuffrè, Milano 1965, p. 226. 15 La citazione è tratta da G. Maione, I costi delle imprese coloniali, in A. Del Boca (a cura di), Le guerre coloniali, Laterza, Roma-Bari 1991, p. 156. Ha osservato Baffi (L'evoluzione monetaria cit., p. 228) che nel perseguire la politica del «circuito dei capitali», il governo, più esattamente il ministro delle Finanze, «non seppe osservare una linea di ortodossia finanziaria, ossia di mantenere i pro­ pri impegni entro i limiti dell'entrata fiscale e dell'indebitarnento a lungo ter­ mine del settore privato». Corsivo aggiunto. 16 Un'ampia sintesi del documento, conservato al St. Anthony's College di Oxford, è riportata da Toniolo nel volume L'economia dell'Italia fascista cit., pp. 290-1. Toniolo definisce il testo einaudiano una lucida espressione della teoria quantitativa della moneta cartacea sottoscrivibile con poche qualificazioni da un giovane economista di Chicago. 17 F. Thaon di Revel, Motivi che inducono l'Italia a provvedere all'allinea­ mento della lira con le monete dei Paesi che hanno già trovato il proprio equilibrio economico (dollaro e sterlina), memoria del 15.9.1936, pubblicata come doc. n. 159 da Cotula, Spaventa (a cura di), La politica monetaria tra le due guerre cit., pp. 802-10 (per la citazione, pp. 804-5). 160 La Banca d'Italia in Africa VIII

Ho trascritto in corsivo il termine svalutazione, del resto\usato in un documento non destinato alla pubblicazione, in quanto uf­ ficialmente si parlò di «allineamento», «adeguamento», «riduzio­ ne del ragguaglio aureo». Ha osservato in proposito Caracciolo che la svalutazione rischiava di «deludere e spaventare un' opinio­ ne pubblica abituata ad ascoltare l'adagio mussoliniano di Pesaro, secondo cui la forza stessa di una nazione si trova rispecchiata nel­ l'alto livello della sua valuta internazionale»18• n decreto n. 1745 portò il contenuto aureo della lira da 0,007919 grammi di fino a 0,004677 grammi con una riduzione pari al 40,94 per cento. Il cambio col dollaro, sulla base della parità aurea, ritornò alla ra­ gione di lire 19 stabilita nel192719• b) La politica autarchica. Parlando alla seconda assemblea nazio­ nale delle cooperazioni, Mussolini presentò l'obiettivo di «realiz­ zare nel più breve tempo possibile il massimo di autonomia della vita economica della nazione». La giustificazione politica di quel­ lo che, impropriamente, venne definito «il piano regolatore del­ l' economia», poggiava sulla ineluttabilità della guerra in conse­ guenza della «politica di colossali armamenti inaugurata da tutte le nazioni>~ 0 • Per l'attuazione della politica autarchica 1' esperienza della Germania rappresentava un «precedente» da tener presente, ma

18 A. Caracciolo (a cura di), La Banca d'Italia tra l'autarchia e la guerra. 1936-1945, Collana storica della Banca d'Italia, serie documenti, vol. IX, Later­ za, Roma-Bari 1992, p. 15. il riferimento a Pesaro è relativo al discorso pro­ nunciato dal duce in quella città il 18.8.1926, nel quale annunciò quella che venne definita la «battaglia della lira». Cfr. P. Baffi, La rivalutazione de/1926-7, gli interventi sul mercato e l'opinione pubblica, in Nuovi studi sulla moneta, Giuf­ frè, Milano 1973, pp. 101-22. 19 Le plusvalenze derivanti dalla rivalutazione delle riserve esistenti al 30.6.1936 furono accreditate al Tesoro. 20 De Felice, Mussolini il duce, vol. I, cit., riporta alle pp. 699-700 ampli stralci del discorso del capo del governo. La presentazione di Azzolini è in B.I., Adunanza per il 1936, pp. 20-2. «L'autarchia non è solo la miseria cronica - scrisse Carlo Rosselli su 'Giustizia e Libertà' del21.5.1937 -è la guerra in po­ tenza, la preparazione precisa, sistematica, ad un nuovo colossale conflitto al quale Mussolini ha già condannato l'Italia. La conquista dell'Abissinia che era stata giustificata come il mezzo per liberare l'Italia dalla sua soggezione con l'estero in fatto di materie prime, è diventata la ragione fondamentale della corsa all'armamento». X. La conquista dell'impero 161 non da seguire pedissequamente. In varie occasioni Azzolini ne dimostrò l'inapplicabilità al caso italiano. La Germania aveva po­ tuto finanziare attraverso il credito il primo piano quinquennale perché ricorrevano quelle condizioni che Einaudi definì «l'ipotesi Bresciani», l'esistenza nel Reich di fattori di produzione inutiliz­ zati. In questo caso l'impiego di mezzi monetari era produttivo di effetti senza aumentare l'inflazione2 1.

Per realizzare la nostra autarchia - dichiarò Azzolini nel 1938 alla Corporazione della previdenza e del credito - è ancora necessario co­ struire nuovi impianti ed ampliare quelli esistenti; occorrono cioè capi­ tali per investimenti a lungo termine. Per la Germania all'inizio del pri­ mo piano quinquennale, quando fu impostato il grandioso esperimento di ricorso al credito, questa necessità ancora non c'era (p. 6). [ .. .]. Non sembra superfluo riaffermare qui che se non si vuole in­ correre nei pericoli che la politica del Regime ha sempre voluto tener lontani dalla nostra economia, è necessario che i capitali da investire siano forniti esclusivamente dal risparmio del nostro popolo. Tale ri­ sparmio assistito da opportune garanzie, è la sola fonte di finanziamen­ to per le nuove iniziative (p. 15)22•

Nella seconda metà degli anni Trenta l'Italia fu coinvolta qua­ si ininterrottamente in avventure militari: il quadro macroecono­ mico assunse i connotati dell'economia di guerra. «li peggiora­ mento della situazione dei pagamenti esteri, causato dallo stato generale dell'economia mondiale, da avversi movimenti di capita­ li [. .. ] e dalle spese per gli approvvigionamenti esteri disposti in vista dell'attacco all'Etiopia»23 , rese necessaria l'introduzione a fi-

21 In un manoscritto del 1948, ma pubblicato nel 1991, Einaudi interve­ nendo polemicamente sull'uso del «fondo lire», destinato ad amministrare gli aiuti dell'ERP (European Recovery Program}, ricordava che nell'Italia del se­ condo dopo guerra non sussistevano le condizioni previste nell'«ipotesi Brescia­ ni». L. Einaudi, Uno scritto inedito. Sul cosidetto fondo lire, a cura di P. Ciocca ed E. Tuccimei, in Annali della Fondazione Luigi Einaudi, Torino 1991, vol. XXV, pp. 473-516. 22 V. Azzolini, Il finanziamento dei piani autarchici, Banca d'Italia, Roma 1938. Una copia è in ASBI, Direttorio-Azzolini, 9/11/2. Analoghi concetti fu­ rono sviluppati in un articolo scritto dal governatore per il «Giornale d'Italia», ma non pubblicato, riprodotto come doc. n. 9 da Caracciolo (a cura di}, La Banca d'Italia cit., pp. 186-90. 23 Baffi, L'evoluzione monetaria cit., p. 225. 162 La Banca d'Italia in Africa VIII ne 1934 del controllo dei cambi, quindi, di una serie di provvedi­ menti che avvilupparono l'economia in una rete di controlli rive­ latisi insufficienti24, che furono smantellati solo al termine della seconda guerra mondiale.

24 In argomento si rinvia allo studio di C. O. Gelsomino, La politica mone­ taria italiana tra il 19 36 e la /in e della seconda guerra mondiale, in Caracciolo (a cura di), La Banca d'Italia cit., pp. 103-40. XI

LA COSTRUZIONE DELL'IMPERO l. Introduzìone

È impresa ardua tracciare un quadro realistico dell'avventura etiopica sotto il profilo economico perché si tratta di un'inizia­ tiva decisa in base a valutazioni politiche, con un dispendio di risorse che l'economia italiana, indebolita da lunghi anni di una politica «duramente e stolidamente deflazionistica», non era in grado di sostenere e che fatalmente portò a un ridimensionamen­ to degli investimenti pubblici (in corso d'opera o già progettati) che penalizzarono soprattutto le regioni periferiche (in partico­ lare, la Somalia). Impresa ardua anche perché l'impero era un «oggetto miste­ rioso», sia per la non conoscenza del territorio, che impedì l'in­ ventariazione e, quindi, lo sfruttamento delle risorse, sia per l' em­ bargo sulle informazioni statistiche - motivato da valide ragioni strategiche - ma certamente utile per nasconaere all'opinione pubblica una realtà diversa da quella magnificata dalla macchina propagandistica del regime. Impresa ardua infine perché l'avventura durò soltanto un quinquennio, un periodo troppo breve per la formulazione di una seria valutazione di un'impresa -lo sviluppo dell'economia colo­ niale- che richiede tempi lunghi, misurabili in generazioni di co­ loni, soprattutto perché il paese non era mai stato completamente domato sul piano militare; perché la massiccia presenza di uomini e mezzi aveva prodotto una fase, breve ma intensa, dì sviluppo dro­ gato che provocò lo sconvolgimento dei valori tradizionali, sociali ed economici, in Etiopia e nelle vecchie colonie confluite nel­ l' Africa Orientale Italiana (A.O.I.). 164 La Banca d'Italia in Africa VIII

Questo triplice cavea t intende richiamare l'attenzione sulla cir­ costanza che siamo di fronte a un'impresa incompiuta per il pre­ cipitare degli avvenimenti bellici e che, nel formulare una valuta­ zione, non si può prescindere da questo dato di provvisorietà. Prima di entrare in argomento è opportuno ricordare l'orga­ nizzazione politico-amministrativa dell'impero. La legge organica 1.6.1936, n. 1019 unificò i territori dell'Etiopia, dell'Eritrea e della Somalia nell'A.O.I., un organismo politico-militare retto da un governatore generale, col titolo di Viceré1, suddiviso, in base a un discutibile criterio2 , in cinque regioni: governo dell'Eritrea capoluogo Asmara » della Somalia » Mogadiscio » dell'Barar » Barar » dell'Amara » Gondar » dei Galla e Sidama » Gimma » dello Scioa » Addis Abeba Il viceré era assistito da due organi consultivi: il Consiglio Generale con funzioni tecniche e legislative, e la Consulta per l'A.O.I., organo politico che si occupava di «programmi di ca­ rattere economico e culturale che concernono in particolare i sudditi dell'A.O.I. e i provvedimenti che abbiano comunque re­ lazione con la situazione sociale ed etnica delle popolazioni»3. Una normativa macchinosa e formulata in modo ambiguo rendeva difficile l'amministrazione coloniale, in particolare i rap­ porti tra il viceré e il ministro dell'Africa italiana.

1 Per la descrizione dell'ordinamento dell'A.O.I. si rimanda a G. Mondaini, La legislazione coloniale italiana nel suo sviluppo storico e nel suo stato attuale (1881-1940), Istituto di studi di politica internazionale, Milano 1941, pp. 417- 432. Si veda anche R. Ciasca, Storia coloniale dell'Italia contemporanea, Hoepli, Milano 1938, pp. 540-1. 2 «L'impero etiopico venne smembrato, ricomposto su basi etniche, reso irriconoscibile». Furono adottati criteri punitivi nei confronti degli etiopici: lo Scioa, la cui popolazione aveva dato uno speciale contributo all'impero di Me­ nelik e Hailé Selassié, venne addirittura cancellato. Al suo posto venne costituito il governatorato di Addis Abeba. Solo con R.D.L. 11.11.1938, n. 1875 fu isti­ tuito il governo dello Scioa. A. Del Boca, Gli italiani in Africa Orientale. La caduta dell'Impero, Mondadori, Milano 1992, pp. 139-42 (per la citazione, p. 140) (d'ora in avanti La caduta dell'Impero cit.). 3 lvi, p. 141. XI. La costruzione dell'impero 165

Ogni piccola decisione doveva essere presa a Roma anche se già approvata dal viceré. Questa situazione provocò una profon­ da spaccatura tra due istituzioni che avrebbero dovuto collabo­ rare strettamente proprio quando l'impero richiedeva una forte unità di comando4.

2. La politica per l'impero, ovvero il rischio dell'insolvenza

Il titolo di questo paragrafo riprende una valutazione dei possibili esiti di una politica dissennata di valorizzazione dell'im­ pero formulata in un memorandum per il capo del governo da Felice Guarneri, sottosegretario agli Scambi e alle Valute5• Il fa­ raonico programma di opere pubbliche è da questi efficacemente descritto:

La costruzione di grandi strade asfaltate intersecanti in ogni dire­ zione quell'in1menso territorio, con uno sviluppo di circa 4.000 chilo­ metri; la trasformazione di miseri centri abitati, sulla scorta di piani re­ golatori studiati con la visione di fare di Addis Abeba una grande città imperialé, e di Barar, Gimma, Gondar, Dessié, Dire Daua, ecc. centri cittadini, quali sedi di govemi locali in tutto degni di Roma; la costru­ zione di case, di alberghi, di ospedali, di scuole, ecc. Tutta una politica grandiosa la quale, impegnando masse di mano d'opera italiana e indi­ gena [ .. .] e insieme ingegneri e tecnici e burocrati, macchinari e mezzi di trasporto e materiali d'opera d'ogni specie, e mezzi di sussistenza, determinò immissione di mezzi monetari e un'altrettanto violenta rottura dell'equilibrio tra la domanda e l'offerta di beni e di servizi, e un sovver-

4 «

il cuore di questo programma d'opere pubbliche era rappre­ sentato dalla rete stradale8 per la cui costruzione vennero stan­ ziati 7.730 milioni pari ad oltre il 64 per cento della spesa com­ plessiva di 11.995 milioni del piano sessennale per l'A.O.I. va­ rato dal consiglio dei ministri il 21 giugno 19379. La realizzazione di queste opere pubbliche comportò costi astronomici per la manodopera ( 120 mila operai italiani, etiopici, somali, yemeniti e sudanesi) e per il trasporto dei materiali, quasi tutti fatti venire dall'Italia e del trasporto in autocarro da Mas­ saua. Ad esempio, un quintale di cemento, una volta giunto in cantiere, costava 50 volte il suo prezzo in Italia10• Per smorzare la crescita dei salari e mettere ordine nelle at­ tività industriali e commerciali, il regime preferì affidare lo sfrut­ tamento delle risorse dell'impero a grandi imprese a base socie­ taria, denominate «compagnie», sorte per iniziativa degli indu-

7 Guameri, Battaglie economiche cit., p. 747, corsivo aggiunto. Guarneri de­ dica a «l'impero e le sue tare» le pp. 747-83. 8 Un primo tronco di lavori (5 arterie di importanza primaria per 2.850 chilometri) fu annunciato il19.5.1936. Entro il1942 si sarebbe dovuto costruire un complesso di «strade imperiali» per 7 mila chilometri oltre a viabilità secon­ daria per altri 18 mila. Del Boca, La caduta dell'Impero cit., pp. 159-60. 9 n piano prevedeva i seguenti finanziamenti: opere stradali 7.730 milioni » idrauliche e idroelettriche 300 » >> marittime 670 >> » igieniche 550 >> >> minerarie l 00 >> >> edilizie 1.892 >> >> di colonizzazione, agrarie, ecc. 200 >> >> telegrafiche e telefoniche 60 >> >> militari 493 >> La copertura finanziaria venne assicurata dal R.D.L. 15.11.1937, n. 2299 che stabilì un'assegnazione straordinaria di 12 miliardi ripartiti in vari esercizi a partire da quello del 1936-37. 10 Del Boca, La caduta dell'Impero cit., p. 162. L'alto costo della manodo­ pera nazionale determinò un ricorso crescente a quella indigena. «l loro salari, che vanno da un minimo di 7 lire al giorno per i manovali ad un massimo. di 15 per gli autisti e gli operai qualificati, sono indubbiamente inferiori a quelli cor­ risposti agli italiani, ma sono comunque quattro volte superiori ai salari pagati durante il regime negussita>> (ivi, p. 186). Corsivo aggiunto. XI. La costruzione dell'impero 167 striali. Secondo i dati riferiti da Mauri, nel 1939 operavano 15 compagnie con un capitale di 265,5 milioni11 . Le valutazioni di Guarneri sull'impatto violento della spesa per opere pubbliche sulle strutture tradizionali della società etio­ pica, trovano una conferma puntuale nelle relazioni dei direttori delle filiali di Bankitalia che sottolineano come questa politica di grandeur avesse richiamato in Africa orientale gente di ogni ri­ sma. Mario Marini, direttore a Dire Daua, fornisce una colorita descrizione di questa situazione da «basso impero».

Trovammo Addis Abeba già affollata da sollecitatori di monopoli, dagli accaparratori di concessioni di ogni specie 12, dai suggeritori delle molteplici commissioni, avidi di comando, di onori e posizioni; dai pa­ droni dell'Impero (non pochi falliti commercialmente e moralmente nelle vecchie colonie), come osai chiamarli fin dal prin10 momento, per­ ché davano l'impressione che l'Impero, invece di essere nella primissima fase della sua attività costruttiva, avesse compiuto il suo ciclo ed iniziasse la sua parabola discendente, in cui i sazi si sbarazzano delle loro ric­ chezze immobili per correre agli ozi e alle mollezze. Si dava l'impressione che l'Impero fosse già accaparrato e lo si po­ tesse vendere a fetteD.

Secondo i dati del primo censimento generale delle aziende industriali e commerciali private operanti nell'A. O .I., compiuto nell939, operavano complessivamente 8.792 ditte con un capi­ tale investito di 3.839 milioni ripartiti nel modo indicato nel pro­ spetto seguente:

11 A. Mauri, Il mercato del credito in Etiopia, Giuffrè, Milano 1967, p. 224. Mauri ricorda che lo scopo della compagnia era quello di evitare i contrapposti pericoli del monopolio e dell'eccessivo frazionamento di iniziative finanziaria­ mente fragili e incapaci di beneficiare delle economie di scala. Di fatto, in alcuni casi - trasporti automobilistici, rete alberghiera - le compagnie operavano in pieno regime di monopolio. 12 Relazione del 21.4.1937, ASBI, Filiali coloniali, 5530/1153. Marini riferì di aver sentito dire dal rappresentante di una grande azienda di avere «ottenuto il 'monopolio delle lane', mentre non esiste da Gibuti ad Addis Abeba una sola pecora alla quale si possa tagliare una sola fibbra lanosa». lvi, 5530/1/57. 13 Questa impressione «sgradevole>> di una realtà assai diversa da quella operosa di Dire Daua, <

Industrie Commercio Governi numero capitale versato numero capitale versato (importi in migliaia di lire) Eritrea 2.198 2.198.100 2.600 486.380 Somalia 584 75.430 659 22.000 Scio a 561 305.000 634 498.000 Harar 223 60.145 166 33.850 Amara 163 21.640 510 33.012 Galla e Sidama 278 71.813 126 33.460 Totali 4.007 2.732.128 4.785 1.106.702

ll territorio che ospitava il maggior numero di aziende indu­ striali era l'Eritrea, seguita dallo Scioa. Nell'ambito industriale i settori più affollati erano quelli degli autotrasporti e delle costru­ zioni (costruzioni e materiale da costruzione), rispettivamente, 1.262 aziende (con un capitale di 1.602 milioni) e 1.182 aziende (con 808 milioni di capitale) 14. A questi investimenti privati si aggiungevano quelli pubblici che - secondo una valutazione uf­ ficiale15- assommarono nel periodo 1936-41 a 6.810 milioni. Conquistata l'Etiopia, «una volta che il valore propagandisti­ co dell'imperialismo fu spremuto fino in fondo - ha osservato Mack Smith - e cominciarono ad affiorare difficoltà serie, l'inte­ resse di Mussolini si esaurì»16, ma non al punto di ignorare gli ap­ pelli sempre più allarmati di Guameri. Col rapporto del 9 luglio 1937 il sottosegretario agli Scambi e alle Valute richiese l'adozio­ ne di una politica di drastica riduzione della spesa pubblica:

14 I dati del censimento sono pubblicati da L. Villari, Il capitalismo italiano del Novecento, Laterza, Roma-Bari 1975, vol. ll, pp. 405-6. 15 Si tratta del Memorandum on the Economie and Financial Situation of Italian Territories in Africa, citato da Del Boca, La caduta dell'Impero cit., p. 190. 16 D. Mack Smith, Storia d'Italia 1861-1969, Laterza, Roma-Bari 1979, p. 147. XL La costruzione dell'impero 169 ultime riserve auree che con sforzi e sacrifici ammirevoli il paese è riuscito a salvare dalla guerra e dalle sanzioni»17 • Non essendo ammissibile che la politica dell'impero portasse il paese all'insolvenza, Guarneri proponeva di stabilire «una cifra forfettaria semestrale in valuta da mettere a disposizione del Go­ verno generale e che deve servire, assieme alle valute prodotte dall'impero, a tutte le necessità. Il Governo generale dovrà assu­ mere di fronte al Capo del Governo la responsabilità di contenere l'erogazione di valuta per qualunque titolo, militare e civile, nel limite che sarà fissato e che non potrà andare oltre il venticinque per cento di quello attuale>>1s. n messaggio venne accolto. n giorno stesso Mussolini auto­ rizzò Guarneri a diminuire di un miliardo il totale delle impor­ tazioni. Furono impartite istruzioni in tal senso a tutti i ministeri. A Lessona, titolare dell' Mrica italiana, venne imposto un limite di 6 milioni per le erogazioni in valuta19.

17 Guameri, Battaglie economiche cit., p. 759. Le riserve auree di Bankitalia, pari a 5.811 milioni a fine 1934, ebbero il seguente andamento: 1935 3.027 milioni 1939 2.738 milioni 1936 3.959 » 1940 2.282 » 1937 3.996 » 1941 2.348 » 1938 3.074 » I valori sono calcolati in base alle parità auree vigenti alla fine di ciascun anno. Un'indagine svolta da Thaon di Revel in occasione della preparazione del bilancio 1937-38 presso i governi regionali aveva indicato un fabbisogno di 19,1 miliardi, superiore all'ammontare complessivo della spesa di bilancio (18,6 mi­ liardi). R. Saliola, La Banca Nazionale del Lavoro in Africa Orientale Italiana 1936-1941, in «Storia contemporanea», giugno 1989, pp. 447-504 (per la cita­ zione, p. 450). 18 Guarneri, Battaglie economiche cit., p. 759. Corsivo aggiunto. 19 lvi, p. 764.

XII

L'ORGANIZZAZIONE DEL CREDITO

l. Introduzione

Tra i problemi da affrontare prioritariamente all'indomani della proclamazione dell'impero figurava l'organizzazione del si­ stema bancario. Sotto il regime negussita operavano la Bank o/ Ethiopia, banca di Stato col privilegio dell'emissione, messa in liquidazione dalle autorità italiane e la Société Nationale d'Ethio­ pie, un istituto privato controllato dai francesi che accanto al cre­ dito ordinario svolgeva attività commerciale e gestiva i magazzini della dogana di Addis Abeba1. Problema non facile, in quanto la scelta del sistema creditizio era necessariamente collegata al modello di politica economica che il governo intendeva applicare nell'impero. n modello man­ cava perché, come ricordato, la decisione di conquistare l'Etio­ pia, motivata da ragioni di prestigio, non era stata preceduta da un'adeguata preparazione finanziaria, né era utilizzabile l'espe­ rienza maturata nelle prime colonie in quanto l'attività creditizia era stata svolta soprattutto dalle filiali di Bankitalia operanti con «speciale regime», l'assenza delle altre banche dipendendo dal loro scarsissimo interesse per le colonie e non dal malvolere delle autorità.

1 La Bank of Ethiopia era nata nel 1930 in seguito alla liquidazione della Bank of Abyssinia; la Société Nationale d'Ethiopie, fondata nel 1908 con capi­ tali abissini, poi acquistata venti anni dopo dai francesi, passò, dopo l'occupa­ zione, sotto il controllo italiano. Mantenne il «carattere composito della propria gestione occupandosi del commercio interno e internazionale, di immagazzinag­ gio e custodia di merci, di attività industriali (materiali per l'edilizia, lavorazione del caffè) e minerarie ed infine dedicandosi anche al credito ordinario>>. A. Mau­ ri, Il mercato del credito in Etiopia, Giuffrè, Milano 1967, p. 232. 172 La Banca d'Italia in Africa VIII

La situazione si modificò radicalmente in occasione della preparazione della guerra etiopica. Attratte dalla prospettiva di lauti e facili guadagni, alcune banche aprirono filiali in Eritrea e in Somalia, quindi chiesero di poter estendere la propria attività a tutto il territorio dell'impero. Si è già avuta occasione di registrare il grido d'allarme lan­ ciato da Forte per una presenza di banche in Eritrea «spropor­ zionata alle attuali necessità della Colonia ed a maggior ragione a quelle prossime future». Rispondendo a un quesito del gover­ natore Guzzoni, anch'egli preoccupato da questa presenza mas­ siccia di aziende di credito2, il direttore della filiale di Asmara osservò che si era in presenza di un'euforia limitata ad alcuni settori soltanto dell'economia, quali il commercio d'importazione al minuto, l'industria degli autotrasporti e delle imprese di costruzioni stradali. Il campo dell'attività bancaria quindi non è molto vasto, come po­ trebbe sembrare, giacché non opera che limitatamente nei settori suin­ dicati (le grandi imprese di costruzioni e di trasporto sono in genere finanziate nel Regno) [. .. ]. Conseguentemente, la esistente organizzazio­ ne bancaria, mentre è sproporzionata alle necessità contingenti risultereb­ be insufficiente a stimolare attività che ancora non esistono e certamente non idonee allo sviluppo minerario e agricolo.

Per queste ragioni, concludeva Forte, sarebbe utile e neces­ sario «infrenare e disciplinare la tendenza espansionista manife­ stata dagli Istituti di credito locali [. ..] per evitare il verificarsi comunque di quella concorrenza che è antieconomica, anticor­ porativa e non ammissibile in un paese ben ordinato come il no­ stro>;-3. Teoricamente due erano le soluzioni del problema: quella monopolistica, di affidare a un solo istituto l'esercizio del credito e quella basata su una pluralità di banche in concorrenza tra lo­ ro4. In questa formulazione estrema le due tesi erano inaccetta­ bili. La prima, sostenuta dal Banco di Roma, perché cozzava col

2 Lettera eli A. Guzzoni dell'1.5.1936, ASBI, Ispettorato del credito, b. 26, ftg. 389. La risposta di Forte è del 4 maggio. lvi, ftgg . .387-8. Guzzoni fu go­ vernatore dell'Eritrea dall'l.6.1936 all'l.4.1937. 3 Ivì, ftg. 387. Corsivo aggiunto. 4 Per una rassegna dei vari problemi creditizi dell'impero, cfr. Mauri, Il mercato del credito in Etiopia cit., pp. 192-7. XII. L'organizzazione del credito 173 principio dell'equità e mirava ad azzerare i meriti acquisiti da Bankitalia nella sua ventennale esperienza in Africa; la seconda perché era praticamente impossibile accertare il numero degli sportelli necessario per lo sviluppo dell'impero, non solo nella breve fase iniziale caratterizzata da un'eccezionale attività, ma an­ che nel periodo successivo di «normalità», per la incompleta co­ noscenza del paese e delle sue risorse. La mancanza di un sicuro quadro di riferimento e la neces­ sità di dotare l'impero di una, seppure provvisoria, organizzazio­ ne bancaria, indussero il Comitato dei ministri ad adottare la so­ luzione più praticabile: a) furono autorizzate a operare solo le banche già presenti in Africa orientale; b) venne bloccato l'in­ gresso di nuove banche fino al varo del sistema definitivo.

2. Il regime «provvisorio»

Nonostante gli inviti alla prudenza- ripetuti da Bankitalia in varie occasioni5 - da parte di alcune grandi banche si scatenò la corsa allo sportello. Il Banco di Roma, forte della sua esperienza di lavoro in Africa, ma ancor più dei suoi appoggi politici ad altissimo livello - non a caso era stato definito da Mussolini il «pupillo del regime»6 - richiese ad Azzolini, nella sua veste di capo dell'Ispettorato del credito, per bocca dell'amministratore delegato P.G. Veroi, «che così come aveva fatto l'Inghilterra con la Bardays Bank, fosse affidata ad un solo istituto l'organizza­ zione del credito ordinario in Africa Orientale e questo istituto

5 Saputo che alcuni funzionari del Banco di Napoli erano giunti ad Addis Abeba per aprire una filiale senza aver ricevuto l'autorizzazione, Azzolini mise in guardia l'Ispettorato del credito (è uno dei casi in cui Azzolini scriveva a se stesso) dall'autorizzare nuovi insediamenti essendo «prematuro, inopportuno e forse anche pericoloso» estendere l'organizzazione bancaria prima che si mani­ festassero nuove necessità. Lettera del27.7.1936, ASBI, Ispettorato del credito, b. 26, ftg. 474. Altro esempio, riguardante la richiesta del Banco di Roma d'apri­ re un'agenzia a Merca, è nella lettera del5.10.1936, stessi mittente e destinata­ rio, ivi, ftg. 43 9. 6 «Il Banco di Roma è quello che ha fatto meglio di tutti gli altri istituti bancari. Esso è il pupillo del regime, perché, a parte l'intervento del regime, esso sta a Roma e porta il nome di Roma». Citazione tratta da G. De Rosa, Storia del Banco di Roma, Roma 1982, vol. III, p. 202. Corsivo aggiunto. 174 La Banca d'Italia in Africa VIII doveva essere il Banco di Roma»7 • La richiesta venne reiterata nel giugno 1940 quando Veroi chiese al duce l'esclusività del credito ordinario «dal Bosforo all' Atlantico»8 . n Banco non ebbe l'esclusiva ma ottenne egualmente un trat­ tamento privilegiato perché ricevette l'autorizzazione ad aprire dipendenze ad Addis Abeba, Harar, Dessié, Lekempti, Gondar, Gimma, Gore e Dembi Dollo9• n trattamento preferenziale riservato al Banco di Roma 10 provocò il risentimento degli esclusi, in particolare del Credito Italiano che - avendo già richiesto di potersi insediare in nume­ rose località11 - reagì duramente e chiese ad Azzolini di riequi­ librare la situazione12•

7 lvi, p. 141, corsivo aggiunto. 8 Rapporto del Banco di Roma al duce, presentato dal presidente Guarneri e dall'amministratore delegato Veroi, ASBI, Direttorio-Azzolini, 84/6/10. 9 La corrispondenza relativa alle filiali bancarie in A.O.I. è conservata in ASBI, Ispettorato del credito: Banco di Roma (b. 26), Comit (b. 22), BNL (b. 112), Banco di Napoli (b. 10). Commenta G. De Rosa (Storia del Banco di Roma cit., p. 142): <> e a incorpo­ rarla. Chiese inoltre di poter istituire dipendenze ad Addis Abeba, Mogadiscio, Dessié, Harare Dire Daua. Richieste dell'8.5.1936, ASBI, fondo cit., b. 24, ftgg. 1328 e 1334. 12 «Limitare l'attività in Italia della Banca privilegiata in Mrica Orientale, attraverso una riduzione di sportelli, arrivando eventualmente alla chiusura to­ tale in quelle regioni, ove, per tradizione e per vastità d'interessi, agiscono le altre due Banche di Diritto Pubblico>>. Lettera del Credit ad Azzolini del 10.6.1936 (ivi, ftgg. 1337-8), reiterata il 24 agosto (ivi, ftgg. 1344-5). Nella ri­ sposta il governatore affermò che in sede della distribuzione territoriale degli sportelli si sarebbe tenuto conto della posizione del Banco in A.O.I. Lettera del 9.9.1936, ivi, ftgg. 1348-9. Il R.D.L. 17.7.1937, n. 1400 modificò la denomina­ zione di banca di diritto pubblico in banca di interesse nazionale. XII. L'organizzazione del credito 175

Effettuati questi interventi d'urgenza, l'Ispettorato propose al Comitato dei ministri, ottenendone l'approvazione, uno schema di decreto nel quale è affermato il principio che l'esercizio del credito nell'Africa Orientale Italiana è disimpegnato dalla Banca d'Italia e da quelle altre banche che sono state o saranno a ciò autorizzaten. Conseguentemente il Comitato dispose di «non permettere fino al30 giugno 1938la creazione di filiali di istituti bancari che non operino già nel territorio dell'Africa Orientale Italiana»14 • La sospensiva venne prorogata una prima volta al 30 giugno 1939 estendendo il divieto anche nei confronti delle aziende già operanti nei territori dell'impero (Comitato dei ministri del 7 febbraio 1938); la seconda volta fino al giugno 1940 (Comitato dei ministri del 20 luglio 1939), «consentendo solo, in via del tutto eccezionale, per aderire alle sollecitazioni del Ministero del­ l' Africa Italiana, che il Banco di Roma istituisse un proprio spor­ tello presso il Mercato Indigeno di Addis Abeba»; infine, nel no­ vembre 1941, il Comitato decise di prorogare la sospensiva sine die («fino al ristabilimento di una situazione di normalità»). Nonostante questi divieti, proseguirono i tentativi di alcune grandi banche per essere presenti in A. O .I. o per ampliare la rete degli sportellil5• Particolarmente attivo il Banco di Roma, che nel 1938 cercò di avere nuove autorizzazioni; non essendo riuscito nel suo intento, chiese una proroga di alcuni anni della sospen­ siva allo scopo di poter consolidare la propria organizzazione co­ loniale al riparo dalla concorrenza di nuove banche.

13 Relazione di Azzolini alla sessione di febbraio 1937 della Corporazione della previdenza e del credito, pubblicata tra le «note complementari>> in B.I., Adunanza per il 1936, pp. 123-50 (per la citazione, p. 139). 14 Ibtd. 15 li Banco di Sicilia, già presente in Libia e nel Dodecanneso, chiese al­ l'Ispettorato in data 17.6.1936 di aprire filiali ad Asmara, Harar, Mogadiscio; agenzie a Adua, Massaua, Assab. ASBI, Ispettorato del credito, b. 17, ftgg. 2293-4. Nel novembre 1938, Comit e Credit avevano chiesto di potere aprire un ufficio di rappresentanza in A.O.I. dove operavano indirettamente appoggiando le operazioni sulle filiali di Bankitalia. La proposta non venne accolta. Cfr. il promemoria di Bankitalia del2.12.1938 nel quale si esprime parere negativo in quanto le due banche sarebbero state in una posizione di vero favore rispetto agli istituti già esistenti, in quanto si darebbe loro modo «di sviluppare a tutto loro favore rapporti di affari senza il peso di una organizzazione locale costo­ sissima e irta di difficoltà d'ogni genere». ASBI, Filiali coloniali, 9196/2/416 (per la citazione, 9196/2/417). 176 La Banca d'Italia in Africa VIII

Il 18 febbraio V eroi si rivolse direttamente a Mussolini chie­ dendo di potersi insediare a Dire Daua, Asba Littoria, Adama, Neghelli e Merca che rappresentavano soltanto la prima franche di un gruppo di undici località sulle quali il Banco aveva messo gli occhil6. La richiesta non venne accolta - tranne che per Dire Daua - anche per la contrarietà di Bankitalia che, ancora una volta, fece presente la necessità di «prevenire i pericoli derivanti da un esagerato impianto di Filiali, le quali, pur di sviluppare il proprio lavoro, sarebbero portate a incoraggiare iniziative di ca­ rattere puramente momentaneo e forse in contrasto col definiti­ vo assetto economico delle varie località»17 • Ritenendo non ulteriormente percorribile la strada dell' am­ pliamento territoriale, il Banco mutò strategia. Pubblicò in agosto una «relazione sui servizi bancari nell'Impero» nella quale presen­ tò il quadro dell'attrezzatura bancaria esistente articolato su tre istituti (Bankitalia, Banco di Roma, Società Nazionale Etiopica) e sulla rete dei 72 sportelli postali, come «più che sufficiente a fron­ teggiare le esigenze di questo periodo embrionale dell'Impero»18, e chiese di poter usufruire di un «periodo di tranquillità» («un minimo da tre a cinque anni») per consolidare la propria organiz­ zazione19. Contestualmente rinnovò la richiesta di aprire nuove dipendenze «in quei maggiori centri in formazione, per cui ha già ricevuto sollecitazioni dal Governo Vicereale». Azzolini20 ripeté la nota tesi sulla inopportunità e pericolosità di una «superstruttura creditizia, per non correre il rischio di aumentare, attraverso un'organizzazione pletorica di Istituti di Credito, i costi bancari con grave danno sia per la clientela, sia

16 Lettera di V eroi a Mussolini del 18.2.1938, ASBI, Direttorio-Azzolini, 84/3/2. 17 Promemoria del 5.3.1938, ASBI, Filiali coloniali, 9196/1/228 (per la ci­ tazione, 9191/1/229). Accanto alla motivazione di carattere generale c'era anche quella pro domo sua avendo la Banca dipendenze a Merca e a Dire Daua. Que­ st'ultima località era particolarmente appetita essendo collegata ad Assab da una camionabile. 18 La relazione è pubblicata nella <> derivanti dall'in­ gresso della Banca del Lavoro nell'unica piazza dell'impero che consentiva una gestione bancaria attiva.

Le filiali dell'Ovest [che] sono condannate a vivere in quasi com­ pleto isolamento durante la stagione delle piogge [. .. ] mentre rendono inestimabili servizi a favore delle nuove attività economiche nazionali, concludono la loro attività con risultati tutt'altro che redditizi. Risultati del pari passivi si hanno per le filiali del bassopiano23•

Mussolini rassicurò il vertice del Banco affermando - come ricorda G. De Rosa - che la concorrenza di altri istituti non si sarebbe giustificata dal momento che «l'economia etiopica, libe­ rata da ogni eccesso, (doveva) rientrare nei giusti limiti e tendeva innanzi tutto alla valorizzazione delle possibilità locali>>24•

21 «ln ogni modo una qualsiasi disciplina creditizia in A.O.I. dovrebbe te­ nere nel massimo conto la funzione svolta in quei territori dalla Banca d'Italia, alla quale dovrebbe essere mantenuta la più completa libertà d'azione sia nel campo delle attività che le spettano come Istituto di Emissione, sia nel settore delle normali operazioni di Banca. Tu sai bene quali cospicui interessi abbia in giuoco la Banca d'Italia in Africa Orientale, dove, da oltre un ventennio ha dedicato tutta la propria attività nell'intento di favorire con ogni mezzo le più svariate iniziative nel campo com­ merciale, agricolo e industriale, sostenendo in alcuni momenti sacrifici che senza tema di smentita posso defmire veramente gravi». illustrate le varie iniziative a favore dell'economia coloniale, il governatore concludeva: «è mio vivo desiderio che, nell'interesse generale e in quello particolare, non meno importante della Banca d'Italia, sia tenuta presente, in occasione dell'esame della questione dell'or­ dinamento creditizio dell'A. O.!., la necessità e l'importanza di mantenere integre le facoltà speciali ad essa riservate nel campo dell'attività coloniale>>. lvi, pp. 334 e 336. 22 Lettera di Pesenti e Veroi al gen. Teruzzi del 19.10.1938, in ASBI, Di­ rettorio-Azzolini, 84/4/9. 23 lvi, 84/4/14. 24 G. De Rosa, Storia del Banco di Roma cit., vol. III, p. 164. 178 La Banca d'Italia in Africa VIII

Da parte sua la BNL insisteva25 sulla «necessità assoluta» di disporre di una propria filiale in Etiopia a stretto contatto con le autorità civili e militari cui facevano riferimento gran parte delle operazioni finanziarie commissionate dal governo centrale.

Si trattava di coordinare, d'intesa con il Commissariato per le emi­ grazioni interne e con l'Istituto per la previdenza sociale, le varie prov­ videnze disposte da tali enti organizzando i mezzi finanziari dell' assisten­ za malattie e le rimesse in patria dei risparmi, sia affiancando l' organiz­ zazione cooperativa promossa dall'Ente nazionale per la cooperazione26.

La querelle venne infine risolta consentendo al Banco di Ro­ ma di insediarsi a Dire Daua e alla BNL di aprire una filiale nella capitale dell'impero. Per la banca diretta da Osio si trattava di un premio per il forte lavoro di penetrazione nell'A.O.I. che, in buona misura, compensava i non facili rappo1ti della direzione dell'istituto con AzzolinF7. ll Banco di Napoli ottenne d'insediarsi a Mogadiscio previo assorbimento della locale dipendenza della Cassa di Risparmio di Torino; nel 1941 trasformò in agenzia l'ufficio aperto ad Addis Abeba per l'esercizio del credito edilizio, autorizzato dal Comi­ tato dei ministri due anni prima2s. Dallo scontro il Banco dì Roma uscì sconfitto, non certo do-

25 Nel giugno 1936 il Comitato dei ministri aveva respinto, «per non costi­ tuire precedenti invocabili da altre aziende», la richiesta di aprire altre due filiali motivandola «col fatto che il Governo dell'Eritrea ha affidato ad essa il compito di raccogliere i risparmi obbligatori degli operai in A.O.», incarico che aveva pro­ vocato le proteste del Banco di Roma. Verbale delle riunioni n. 4, cit., pp. 7-8. 26 V. Castronovo, Storia di una banca. La Banca Nazionale del Lavoro e lo sviluppo economico italiano, Einaudi, Torino 1983, pp. 168-9. 27 «Non era un mistero»- ha scritto Castronovo (Storia di una banca cit.) - che «fra Azzolini e Osio [direttore generale della BNL] non corresse buon san­ gue» (p. 170). «l due personaggi non erano fatti per comprendersi: tanto ir­ ruente e aggressivo era l'atteggiamento del primo quanto riservato e circospetto il contegno dell'altro e non soltanto per comprensibili ragioni di ufficio» (p. 177). «Catapultato sulla scena finanziaria dal potere politico», Osio voleva sup­ plire col dinamismo alla mancanza d'esperienza; dava l'impressione di voler bru­ ciare le tappe ad ogni costo rivolgendosi direttamente a Thaon di Revel o a Mussolini, anziché all'Ispettorato del credito. 28 Anche in questo caso prevalsero i motivi politici: «il Comitato ha preso atto di una richiesta dell'Altezza il Viceré d'Etiopia, con il parere favorevole del Ministero dell'Africa Italiana, e a seguito di espressa approvazione del Duce». Verbale delle riunioni n. 19, p. 43. XII. L'organizzazione del credito 179 mato. n 6 giugno 1940, alla vigilia della scadenza della sospen­ siva, Guarneri, nuovo presidente, e Veroi chiesero a Mussolini - come ricordato - l'esclusiva del credito per tutto il bacino del Mediterraneo29•

Noi domandiamo pertanto che il MEDITERRANEO diventi il campo di azione naturale del Banco di Roma non solo nei paesi nei quali il Banco ha già in certo qual modo precostituito il diritto storico di preferenza, ma anche in quegli altri che stanno per passare direttamente o indiret­ tamente nell'orbita dell'Impero di Roma, così da creare dal BosFORO all'ATLANTICO uno strumento saldissirno di politica bancaria che porti, fra le genti musulmane e le altre, col nome di Roma e da Roma il senso della potenza economica del nostro Impero30•

3. L'inadeguatezza dell'organizzazione bancaria dell'impero

L'organizzazione bancaria dell'A.O.I.- la cui genesi è stata descritta con dovizia di particolari nelle pagine precedenti per evidenziare il carattere marcatamente politico delle scelte opera­ te - era palesemente inadeguata alle esigenze dell'economia co­ loniale. Il quadro che emerge dalla tabella 8 mostra chiaramente una situazione squilibrata: esuberante il settore del credito ordi­ nario, soprattutto in Eritrea3 1, carente quello del credito a medio e lungo termine.

29 ASBI, Direttorio-Azzolini, 84/6/1. >o In termini più concreti, il Banco chiedeva che gli venisse riservato: «a) l'esercizio del credito ordinario (il che lascia aperta la strada per l'esercizio dei crediti specializzati); b) l'irradiazione capillare dell'Istituto in tutti i nuovi am­ bienti economici che vanno sorgendo in base alle direttive del Ministero del­ l'Africa Italiana (nei piccoli centri ogni concorrenza riuscirebbe deleteria); c) l'ir­ radiazione della sua attività fra l'elemento indigeno per continuare quel pro­ gramma di penetrazione che il Banco, fin dai primi giorni, ha felicemente ini­ ziato e condotto con proficui risultati (in questa azione non ci possono essere concorrenze che nuocerebbero gravemente al prestigio della razza; solo il Banco di Roma può efficacemente condurla sviluppando/a nei più disparati punti della sua sfera d'influenza anche fuori Impero»). lvi, 84/6/10. Corsivi aggiunti. In questo delirio di potenza si perdeva il senso della realtà. Giustamente G. De Rosa ha osservato che «l'idea di diventare la grande banca dell'impero fascista e di poter mettere le mani nell'area della sterlina e del franco faceva chiudere gli occhi su tutto il resto». G. De Rosa, Storia del Banco di Roma, cit., vol. III, p. 204. ' 1 ll caso limite era rappresentato da Massaua, servita da 4 sportelli nono­ stante la sua importanza commerciale fosse minacciata da Assab, dove era in costruzione il porto. 180 La Banca d'Italia in Africa VIII

n maggior difetto della politica seguita dalle banche operanti nell'impero era quello di non averne sostenuto adeguatamente lo sviluppo economico, preoccupandosi soprattutto di trasferire in Italia il risparmio prodotto nella colonia. Riferendosi al Banco di Roma, G. De Rosa ha affermato che il disegno di espansione del Banco, la sua «mediterraneità», era intrinsecamente debole sia per il sostegno, «di facciata», del regime che per il modesto peso specifico dell'istituto romano.

Tab. 8. Aziende di credito operanti nell'A.O.I.*

Banca d'Italia Banco di Roma Banco di Napoli BNL

Massaua Massaua Massaua Massaua Asmara Asmara Asmara Asmara Assab Assab Decamerè Decamerè Addis Abeba Addis Abeba Addis Abeba Gondar Gondar Harar H arar Gimma Gimma Dire Daua Dire Daua Dessié Dessié Combolcià Giggica Lekempti Saio Gambe! a Gore Mogadiscio Mogadiscio Mogadiscio Merca Chisimaio * Il prospetto non comprende la Società Nazionale d'Etiopia operante solo nella capitale dell'impero.

Il grande disegno imperiale di Mussolini, di cui il Banco avrebbe dovuto essere l'agente finanziario privilegiato, mancava di un'autentica sostanza capitalistica propulsiva: le promesse di Mussolini a Veroi e a Guarneri erano letteratura. TI Banco non avrebbe mai potuto superare il livello di una modesta organizzazione di assistenza finanziaria per i bi­ sogni delle truppe di occupazione32•

32 G. De Rosa, Storia del Banco di Roma cit., vol. III, p. 212. Corsivo ag­ giunto. XII. L'organizzazione del credito 181

Le carenze dell'organizzazione bancaria nel settore del credito ordinario sono chiaramente evidenziate in uno studio di Bankita­ lia elaborato nella primavera del1939:

a) eccessiva differenziazione dei criteri distributivi del credito con spiccata tendenza speculativa, con bruschi passaggi da criteri di lar­ ghezza a criteri di assoluta restrizione nella erogazione del credito a seconda del prevalere delle possibilità di guadagno e dell'elemento «ri­ schio»; b) rilevante trasmigrazione di capitali raccolti in A.O.I. verso il Re­ gno ove, se pure vengono impiegati in operazioni di andamento più tranquillo, restano, ciò nondimeno, sottratte alla valorizzazione e al so­ stegno delle molteplici iniziative sorgenti nei territori dell'Impero; c) applicazione di tassi eccessivi alle operazioni attive; d) elevato costo delle operazioni bancarie in genere e mancanza di ogni disciplina nella applicazione delle tariffe che, da minimi trascura­ bili determinati dalla concorrenza su alcune piazze, salgono a massimi esosi su quelle piazze ove la concorrenza non esiste; e) accaparramento della clientela con ogni mezzo e a prezzo della più sfrenata concorrenza; f) eccessivo frazionamento di sportelli, rilevanti spese e gestioni passive, che hanno determinato una situazione di pesantezza per alcuni degli Istituti di Credito Ordinario operanti in A.O.I.33 •

4. I risultati operativi di alcune banche

A conclusione di questa disamina sull'organizzazione credi­ tizia dell'impero e prima di delineare, nel paragrafo successivo, sulla base della documentazione esaminata, i tratti salienti che avrebbe dovuto assumere l'ordinamento definitivo, mai varato, si forniscono alcune informazioni e dati sull'attività delle banche operanti nell'A.OJ.34. li principale contributo da queste fornito - a parere di Mau­ ri - fu inizialmente quello di curare, in concorrenza con l'am­ ministrazione postale, il trasferimento di fondi da e verso l'Ita­ lia (soprattutto rimesse dei militari e degli operai); successiva-

33 [Banca d'Italia], Ufficio Affari Coloniali, «Studio sul nuovo ordinamento creditizio dell'Africa Orientale Italiana», ASBI, Direttorio-Introna, 2111110 (per la citazione, 2111/14). 34 Per l'attività delle filiali di Bankitalia, cfr., in/ra, cap. XIV. 182 La Banca d'Italia in Africa VIII

mente il finanziamento del commercio con la madrepatria e con l'estero 35• Nella tabella 9 sono riportati i dati delle operazioni compiute dalle banche operanti nell'impero nel triennio 1936-38 (sez. A); seguono i dati del Banco di Roma (sez. B), della BNL (sez. C). Particolarmente rilevante il trasferimento in Italia delle rimesse dei militari e degli operai. In particolare, si ragguagliò a 699 mi­ lioni nel 1936 (63 per cento), 1.798 nel 1937 (73 per cento) e 1.145 nel1938 (74 per cento)36• La sez. B riguarda il Banco di Roma che, oltre a possedere la più ampia rete di sportelli, si avvaleva di «servizi volanti» presso i vari cantieri di lavoro, nei giorni di paga37 • Riferendosi all'atti­ vità del Banco - che, come risulta dalle molte lamentele, sovente agiva alla «garibaldina»38 - ma esprimendo una valutazione va­ lida anche per le altre banche, G. De Rosa ha affermato che il sistema creditizio italiano «fu più legato alle commesse edilizie e autostradali e alle rimesse dei nostri lavoratori, che non ai pro­ grammi veri e propri d'investimento: non capitalizzava in loco il risparmio ma lo rastrellava per tras/erirlo in Italia»39•

35 «Le autorità competenti e le medesime banche operanti nell'impero del­ l'Mrica orientale non vollero rendere palese l'esiguità dei flussi creditizi erogati dalle filiali coloniali, forse nel timore che l'esatta nozione del fenomeno in pa­ rola potesse ingenerare erronee interpretazioni, soprattutto all'estero, ed addur­ re ad una sottovalutazione dello sforzo veramente immane che l'Italia stava so­ stenendo per l'avvaloramento dei suoi possedimenti in Africa orientale». Mauri, Il mercato del credito in Etiopia cit., pp. 221-3, 225. 36 Gli uffici postali nel triennio 1936-38 effettuarono rimesse per 1.465 mi­ lioni. A differenza di quelle bancarie, le rimesse postali furono caratterizzate da un importo medio più basso ma sostanzialmente stabile nel tempo. I dati ana­ litici sono pubblicati da Mauri, Il mercato del credito in Etiopia cit., p. 198 e p. 222. n Sui servizi volanti si rinvia alla lettera di Guameri ad Azzolini del 12.9.1940, in ASBI, Direttorio-Azzolini, 25/4/16. 38 Un esempio, in una lettera dell'1.4.1937 a V eroi, il governatore rinnova al Banco l'accusa di accaparramento della clientela fuori della sfera territoriale di competenza: «questa abusiva attività [ ... ] non solo non è cessata, ma ha mani­ festato una recrudescenza, assumendo, in qualche caso, delle forme che non esito a definire, oltre che illegali, non confacenti ad una azienda di credito». ASBI, fondo cit., 39/4/140. 39 G. De Rosa, Storia del Banco di Roma cit., vol. III, pp. 144-5, corsivo aggiunto. XII. L'organizzazione del credito 183

Tab. 9. Operazioni compiute dalle banche italiane nell'A. O. L (1936- 1938) (milioni di lire)

A) Le quattro principali banche" 1936 1937 1938 effetti ricevuti per l'incasso 501.683 1.114.448 1.164.122 rimesse di operai e militari 699.000 1.798.000 1.145.000 emissione di vaglia e assegni eire. 4.680.627 6.927.382 6.069.147 movimento generale delle casse 43.086.347 84.646.637 95.493.184

B) Banco di Roma 1936 1937 1938 effetti ricevuti per l'incasso 308.515 681.032 712.642 rimesse di operai e militari 284.678 1.153.863 778.453 emissione di assegni eire. 301.785 1.079.991 1.039.773 movimento generale delle casse 3.639.195 13.258.590 15.697.736

C) Banca Nazionale del Lavoro 1936 1937 1938 effetti ricevuti per l'incasso 89.597 231.067 244.866 rimesse di operai e militari 127.266 232.048 173.066 emissione di assegni eire. 214.514 337.912 258.201 movimento generale delle casse 4.230.318 7.057.436 4.475.880 ' Banca d'Italia, Banco dì Roma, Banca Nazionale del Lavoro e Banco dì Napoli. Fonte: Mauri, Il mercato del credito in Etiopia cit., tavv. 27, 29 e 30.

Agendo in questo modo il Banco aggravava gli squilibri del­ l'impero. Il Banco di Roma- a parere dell'ispettore Ferrini- ha solo curato, meticolosamente e intensamente, la raccolta dei depositi fiduciari per crearsi larghe disponibilità che continuamente convoglia in Italia per le esigenze di quelle proprie consorelle. E poiché l'afflusso del risparmio è molto diminuito, in questi ultimi tempi, il Banco ha elevato sensibilmente la misura dell'interesse. Ora, specie in una colonia di nuova formazione, com'è l'Etiopia, in cui le esigenze del credito sono altissime, mentre il risparmio è allo stato ini­ ziale e in via di formazione, sottrarre i depositi fiduciari alle necessità dell'impero, significa turbare economicamente una situazione nella quale già esiste lo squilibrio accennato4°.

40 Lettera di Ferrini al governatore del 15.1.1940, ASBI, Filiali coloniali, 9132/115 (per la citazione, 9132/1/16). Corsivo aggiunto. 184 La Banca d'Italia in Africa VIII

La sez. C esamina l'attività della Banca Nazionale del Lavoro che applicò nell'impero lo stesso schema operativo adottato con successo in Italia: «l'assistenza economica e sociale dei lavoratori in A.O.I.: dal risparmio obbligatorio ai servizi d'incasso dei con­ tributi assicurativi, all'imposta di ricchezza mobile»4 1• Oltre a questi servizi svolti in regime di monopolio, la Bancoper - come ha osservato Saliola - «seppe inserirsi in alcune iniziative gover­ native di particolare importanza e delicatezza, quali l'esercizio del credito edilizio e fondiario in A.O.I. o la partecipazione al­ l'Ente per la costruzione di acquedotti in A.O., ancora la parte­ cipazione alla CIAAO [Compagnia immobiliare alberghi in Mri­ ca Orientale] e l'esercizio del credito peschereccio»42 .

5. Un obiettivo non realizzato: l'ordinamento creditizio dell'impero

Gli eventi bellici non consentirono alla Commissione Azzolini di completare i suoi lavori; rimase pertanto in vigore sino alla ca­ duta dell'impero il regime provvisorio che era fortemente squili­ brato a favore del Banco di Roma. Nell'intento di perpetuare que­ sta situazione di privilegio, il Banco aveva presentato un progetto di assetto definitivo che formalmente riguardava la costituzione di un «grande istituto di credito fondiario per l' A.O.L», ma di fat­ to mirava a ridisegnare l'intero ordinamento creditizio43 , riducen­ do drasticamente il ruolo di Bankitalia. Nella sintesi del Banco il progetto prevedeva i seguenti sog­ getti: a) Istituto di credito fondiario per l'A. O. I. per l'erogazione del credito a medio e a lungo termine; b) Banco di Roma per l'erogazione del credito a breve termi­ ne e per la collaborazione con l'Istituto di credito fondiario;

41 Saliola, La Banca Nazionale del Lavoro cit., p. 501. Per trovare uno spazio operativo la Banco per - che nel 1925 s'era trovata vicina alla lìquidazione - «dovette necessariamente cercare delle vie che non fossero le solìte battute dalla concorrenza [ ... ], inserirsi nell'arco del parastato, della mutualità sociale, assu­ mere i servizi di cassa delle associazioni sindacali fasciste». 42 lvi, p. 503. 43 Studio per la formazione di un grande Istituto di Credito Fondiario per l'A.O.I., del gennaio 1938. ASBI, Direttorio-Azzolini, 62/2/1. XII. L'organizzazione del credito 185

c) Banca d'Italia, per le operazioni di tesoreria nei capoluoghi di governo e per la collaborazione all'erogazione del credito a medio e a lungo termine; d) Banco di Napoli e BNL «assieme agli altri Istituti chiamati a far parte dell'Istituto di Credito Fondiario per l'A.O.L», per la partecipazione nella concessione del credito a medio e lungo ter­ mine44. Questo progetto, se mirava a eliminare gli inconvenienti di una dannosa concorrenza, introduceva una struttura bancaria mo­ nopolistica a tutto vantaggio del Banco che affermò essere suo obiettivo esplicito «facilitare e non reprimere l'opera di penetra­ zione intrapresa con successo dal Banco di Roma»45• Tra le carte d'archivio sono conservati alcuni documenti che consentono, almeno in via congetturale, di delineare i caratteri che l'ordinamento definitivo avrebbe dovuto assumere secondo la visione di Bankitalia46• L'obiettivo di questo progetto (come di quello del Banco di Roma) era l'eliminazione degli inconvenienti del sistema vigente e «l'adeguamento perfetto, pronto e continuo alle direttive di carattere generale in tutti i settori dell'attività creditizia» e, mediante un'unicità d'indirizzo la realizzazione del principio dell' «impiego totalitario del risparmio raccolto nell'im­ pero in operazioni di credito da compiersi a vantaggio della va­ lorizzazione e dell'incremento dell'Impero». In particolare, nel settore del credito speciale sarebbe stato costituito un istituto ad hoc espressione del sistema finanziario italiano: nelle intenzioni di Bankitalia questo ente poteva essere l'Istituto di credito fon­ diario per l'Africa orientale la cui costituzione era stata previ-

44 lvi, 62/2/4. 45 Ibid. 46 Studio del nuovo ordinamento cit. Nella relazione inviata da Ferrini al direttore generale Introna il 26.3.1945, facendo riferimento a una giacenza di monete d'argento da 5 lire per un ammontare di 50 milioni presso la filiale di Addis Abeba, si legge: <>. ASBI, Ispettorato ge­ nerale, pratica Ml, c. 7, p. 4. Corsivo aggiunto. 186 La Banca d'Italia in Africa VIII sta dal Comitato dei ministri nella sessione del 16 febbraio 192747• Relativamente al credito ordinario lo studio di Bankitalia pre­ vedeva la «creazione di un Istituto di Credito Ordinario che, ol­ tre all'Istituto di emissione fosse destinato ad operare senza li­ mitazioni e soltanto nei territori dell'A.O.L». Costituito sotto l'egida della Banca d'Italia il nuovo organismo - denominato Banca dell'Africa Italiana -, dotato di un capitale sottoscritto dal sistema bancario, avrebbe rilevato le dipendenze delle banche presenti nell'impero, si sarebbe finanziato col risparmio raccolto sul posto e con il risconto presso le filiali coloniali di Bankitalia «alle quali farebbe capo per ogni altra occorrenza». L'organiz­ zazione sarebbe consistita nella sede centrale di Roma, la dire­ zione centrale ad Addis Abeba e nei capoluoghi di governo e nelle altre località ove si fosse resa necessaria la presenza di una banca48• In questo progetto Bankitalia avrebbe mantenuto il ruolo centrale acquisito nel periodo transitorio (ad eccezione del cre­ dito speciale che sarebbe passato all'istituto ad hoc): «con l' azio­ ne diretta e mediante il risconto effettuato all'Istituto coesistente, la Banca d'Italia potrà avere effettivamente in pugno il governo della circolazione e l'alto controllo della politica creditizia svolta nell'impero»49• Questa affermazione fu ulteriormente chiarita da Bankitalia in un altro documento di critica al progetto del Banco di Roma, affermando che la completa estromissione in A.O.I. della Banca d'Italia dal settore del credito ordinario e la limitazione delle proprie filiali ai soli capiluogo di Governo, menomerebbe sensibilmente le particolari funzioni riservate al­ la Banca d'Italia nelle Colonie e in particolar modo nell'A. Q.I. quale Isti-

47 L'istituto avrebbe avuto un capitale sottoscritto da: gli istituti di credito di diritto pubblico, gli istituti di assicurazione, gli istituti di credito a medio e a lungo termine, le casse di risparmio; si sarebbe finanziato emettendo cartelle e obbligazioni fondiarie, e avrebbe avuto la sede sociale in Italia; quella ammini­ strativa ad Addis Abeba e filiali nei capoluoghi di governo (ma in un secondo momento). Si vedano i rilievi formulati nel documento di Bankitalia dal titolo Osservazioni allo studio per la formazione di un grande Istituto ... , del29.3.1939, in ASBI, Direttorio-Azzolini, 62/2/132. 48 lvi, 21/1/25-6. 49 lvi, 21/1/27. XII. L'organizzazione del credito 187

tuto di Emissione. Tali funzioni fra le quali, importantissime quelle re­ lative alla disciplina della circolazione e alla delicata materia valutaria, mal potrebbero essere esplicate quando la Banca d'Italia non potesse esercitare tutte quelle operazioni (ivi comprese anche quelle di credito ordinario) attraverso le quali è appunto più agevolmente consentito di svolgere la più efficace azione disciplinatrice della circolazione e del controllo valutario5o.

50 Osservazioni cit., 62/2/138-9. Corsivo aggiunto.

XIII

LE FILIALI ETIOPICHE DELLA BANCA D'ITALIA

l. L'iStituzione delle filiali

Fin da quando cominciò a delinearsi, con la travolgente avanzata del­ le nostre truppe, l'epilogo glorioso delle operazioni militari, l'Ammini­ strazione predispose studi e attrezzature [. . .] [per] mettere i propri ser­ vizi a disposizione delle truppe ancora operanti e della nascente organiz­ 1 zazione civile appena cinque giorni dopo la proclamazione dell'Impero •

Con questa stentorea dichiarazione, che inevitabilmente ri­ sentiva della retorica «imperiale>~, il governatore Azzolini comu­ nicò all'assemblea dei partecipanti l'avvenuta apertura delle pri­ me filiali in territorio etiopico. A questo appuntamento la Banca si era preparata da tempo perché - come Azzolini affermò nella relazione al Consiglio su­ periore nella tornata del 30 maggio - «non poteva mantenersi estranea a fatti di importanza cospicua per gli interessi morali e politici del Paese: il suo immediato intervento, là dove fino a ieri ha operato la Banca di Etiopia, non poteva non avere un valore altamente politico»3 • La sua azione si svolgeva sia come tesoriere

1 B.I., Adunanza per z11936, p. 88. 2 Un esempio di questo stile è dato dall'indpit di una lettera uniforme con la quale si annunciavano provvedimenti di clemenza per il personale: «oggi in cui, pur stretto da lungo e iniquo assedio, il nostro Paese corona con l'occupa­ zione della capitale etiopica la vittoria delle anni e della sua civiltà, dando una prova altissima di potenza'militare e di sapienza politica, il Personale della Banca può partecipare alla letizia generale ... ». Banca d'Italia (Personale), lettera del 5.5.1936, n. 762 (unico), corsivo aggiunto. 'ASBI, Segretariato, Verliali del Consiglio superiore, 1936, pp. 212-5 (per la citazione, p. 213). Corsivo aggiunto. 190 La Banca d'Italia in Africa VIII coloniale, «sia come istituto autorizzato a compiere ogni opera­ zione nel campo bancario e finanziario»4• Questa precisazione era necessaria per riaffermare il ruolo primario svolto da Bankitalia nelle colonie e che ora veniva posto in discussione dalle grandi banche che, appoggiandosi ai loro re­ ferenti politici, intendevano ricondurla al suo ruolo istituzionale. Il 2 maggio 1936, nel rassicurare Mussolini - che in quel mo­ mento aveva l'interim del ministero delle Colonie- sulla prossima apertura delle filiali di Addis Abeba e di Dire Daua, il governato­ re aveva affermato: <

4 lvi, p. 214. 5 Lettera al ministero delle Colonie, in ASBI, Filiali coloniali, 9132/1/732 (per la citazione, 9132/1/733). Corsivo aggiunto. 6 «In particolare - si legge in un articolo preparato per 'La Rassegna Ita­ liana' -la Banca d'Italia, oltre ad accentrare presso le proprie filiali dell'Eritrea e della Somalia tutto quanto poteva presumersi necessario per far fronte alle previste esigenze derivanti dalla Campagna etiopica [ .. .] dispose una revisione dei propri servizi nelle Colonie, al fine di renderli il più possibile aderenti alle delicate esigenze del momento. Presso gli Uffici Centrali, intanto, veniva compiuto un esauriente studio circa la possibilità di prowedere tempestivan1ente alla apertura di nuove filiali e predisposto quanto poteva occorrere- dal personale direttivo a quello d'ordine, dai biglietti di banca e di Stato, alle monete [ ... ], dalle casseforti agli stampati­ perché la Banca potesse iniziare nel più breve tempo possibile, la sua attività nelle nuove terre soggette al dominio di Roma». Articolo predisposto dall'Uf­ ficio coloniale, «su richiesta di T ommaso Sillani, per 'La Rassegna Italiana' da lui diretta>>, senza data. ASBI, fondo cit., 261/3/22 (per la citazione, 261/3/40). XIII. Le filiali etiopiche della Banca d'Italia 191

n 14 maggio - dopo 9 giorni dall'ingresso delle truppe e 5 dalla proclamazione dell'impero - giunse nella capitale etiopica Vittorio Forte, direttore della filiale di Asmara, seguito da alcuni impiegati che, dopo la sommaria organizzazione di un ufficio nei locali della ex Banca di Etiopia, iniziò a operare come «delega­ zione» della filiale di Asmara, limitatamente alle più necessarie operazioni di cassa7 • Successivamente, il 15 maggio, era partito da Napoli un nucleo di funzionari per provvedere alla «organiz­ zazione della Filiale di Addis Abeba - nonché di quelle di Dire Daua e di Harar già in programma - e per lo studio dei problemi connessi. La missione giungeva ad Addis Abeba il l o giugno e iniziava il proprio lavoro con gli organi del Governo Generale»8 . n 24 giugno veniva aperta la filiale di Dire Daua, seguita il l o dicembre da quella di Harar. Le filiali operanti in località sede di governo esercitavano il servizio di tesoreria9 , regolato a partire dall'esercizio 193 7, dal

7 Forte riferì con un telegramma che le autorità premevano perché avessero inizio le operazioni di cassa e chiese l'invio di un primo fondo di cassa di 5 milioni e due impiegati da Asmara. Sconsigliò di iniziare il cambio del tallero M.T. per la difficoltà di determinare il tasso di conversione. Un'annotazione è indicativa delle precarie condizioni nelle quali si operava: «prego avvisare mis­ sione viaggiante qui diretta fornirsi Porto Said lettini da campo e accessori es­ sendo impossibile trovare alloggio e detti oggetti». ASBI, Direttorio-Azzolini, 21/11/98. 8 Articolo per «La Rassegna Italiana» cit., 261/3/41. Il gmppo era compo­ sto da F. De Chiara (ispettore superiore), D. Picucci, A. Rossi Espargnet, A. Auletta, L. Topi, F. Bedendo (ispettori), M. Marini (capo di agenzia). L'ing. V. Munari si trovava già sul posto per studiare il sistema migliore di costruzioni da destinare a sede di uffici e ad abitazioni per gli impiegati. 9 Il governatorato di Addis Abeba aveva invitato Bankitalia ad assumere il servizio di tesoreria del governatorato in quanto la Società Nazionale d'Etiopia, concessionaria del servizio, «non poteva essere ritenuta in grado di continuare la gestione soprattutto perché, in dipendenza dell'attuazione del piano regolatore di Addis Abeba, il servizio onde trattasi comporterà per il gestore l'esborso di somme considerevoli da anticipare [ ... ] a titolo d'indennizzo ai proprietari espropriati». Il ministro Thaon di Revel aveva già espresso il suo assenso, quan­ do Raffaele Riccardi, presidente della Società Nazionale d'Etiopia, comunicò ad Azzolini che la sua istituzione non aveva alcuna intenzione di cedere il servizio. Il governatore informò il sottosegretario all'Africa italiana, Temzzi- personag­ gio quanto meno «scorbutico» con Bankitalia - sulle varie fasi della vicenda per chiarire che l'iniziativa non era partita dalla Banca la quale «è aliena dallo svol­ gere qualsiasi azione che potesse apparire come una concorrenza ai danni di altri Enti». La lettera di Azzolini, del 13.9.1938, si trova in ASBI, Filiali colo­ niali, 206/8/35. 192 La Banca d'Italia in Africa VIII nuovo ordinamento contabile dell'A.O.I. (R.D.L. 1.6.1936, n. 1019). Le entrate- distinte in entrate correnti e contributi dello Sta­ to - venivano imputate ad un unico stato di previsione. Nelle sezioni di tesoreria di Asmara, Gimma, Gondar, Harare Moga­ discio era istituita una contabilità speciale funzionante solo per l'entrata, intestata al governo centrale, e destinata a raccogliere i versamenti degli agenti della riscossione e dei debitori diretti (entrate proprie). Relativamente alle spese il governo generale assegnava a cia­ scun governo regionale i fondi occorrenti per le spese in gestione allo stesso, che venivano presi in carico dalla sezione di tesoreria in una contabilità speciale! o. Nel maggio 1937 venne istituita la filiale di Gondar, l'anno successivo fu la volta di Gimma, Assab e Merca. ll l o maggio 1939 fu aperta una dipendenza nel centro commerciale di Addis Abeba11 . Non riaprirono, nonostante l'insistenza del direttore di Massaua, le agenzie di Cheren e di Adi Caieh 12 • Nel1939 fu la volta della filiale di Dessié, istituita con l'obiet­ tivo precipuo di «facilitare la diffusione della moneta nazionale fra il cospicuo elemento indigeno della zona, e quindi per eserci­ tare la tanto necessaria azione di controllo sulla circolazione, on­ de cercare altresì di infrenare con tutti i mezzi possibili il contrab­ bando valutario ora svolto con la vicina Somalia francese» 13 • L'apertura di questa dipendenza provocò la risentita reazione del

10 Banca d'Italia, circolare n. 93 TP (tesoreria provinciale) del 19.6.1937. L'ordinamento economico-fmanziario dell'impero è descritto da G. Mondaini, La legislazione coloniale italiana nel suo sviluppo storico e nel suo stato attuale (1881- 1940), Istituto di studi di politica internazionale, Milano 1941, pp. 469-551. 11 I risultati dell'attività di questo sportello sono riprodotti nella relazione sul 1938-39 cit., p. 49. Le filiali etiopiche operavano in condizioni precarie: il 24.4.1937 Azzolini informò il ministero delle Finanze che a Gimma e a Gondar «per la mancanza di facili comunicazioni e di adatti locali non si ha neppure quel minimo di guarentigia che è indispensabile al funzionamento di uno sta­ bilimento della Banca d'Italia». Non essendo possibile trovare un edificio in muratura per la conservazione dei valori, era stato necessario impiantare le filiali in baraccamenti. ASBI, fondo cit., 9131/1/124. 12 Relazione sul1936, ASBI, fondo cit., 5527/1/129. De Ambrosis criticò la politica della Banca che non aveva seguito da vicino la preparazione e lo svi­ luppo delle operazioni militari e del movimento dei lavoratori sin dall'inizio del conflitto. 13 ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1939, pp. 56-7. XIII. Le filiali etiopiche della Banca d'Italia 193 sottosegretario T eruzzi che ne reclamò la chiusura avendo, a suo parere, la Banca agito in violazione della disposizione che conge­ lava al30 giugno 1940 la situazione creditizia dell'impero14• L'in­ cidente fornì ad Azzolini l'occasione per chiarire il quadro nor­ mativa: la legge bancaria sottoponeva al controllo dell'Ispettorato tutte le aziende, non certo la Banca d'Italia il cui governatore era a capo dell'Ispettorato stesso. Bankitalia, in virtù del suo statuto e della legge sugli istituti di emissione, era soggetta esclusivamen­ te alla vigilanza del ministero delle Finanze15 • Relativamente alla questione di merito, il governatore ricordò che la richiesta di aprire una filiale a Dessié era stata avanzata dal governo generale con l'esplicito placet del viceré e aveva ottenuto il nulla osta da parte del ministero delle Finanze. In occasione della «guerra parallela» nello scacchiere est di fronte alla costa francese dei somali e al Somaliland, la Banca venne richiesta di predisporre l'apertura di proprie dipendenze nei centri principali16• li primo obiettivo era Gibuti, conquistata senza combattere, e dove in base all'armistizio del27 luglio l'Ita­ lia aveva acquistato «pieno e costante diritto di usufruire del porto e della ferrovia Gibuti-Addis Abeba nel tratto francese, per i trasporti di qualsiasi specie»17•

14 Lettera dì Teruzzi ad Azzolini dell8.8.1939, ASBI, Direttorio-Azzolini, 62/4/1. 15 La risposta del governatore è del 24 agosto, ivi, 62/4/2. Con lettera dì pari data, l'Ispettorato confermò al ministero dell'Africa italiana la propria com­ petenza con la conseguente motivazione:

Con l'apertura della dipendenza di Gibuti si sarebbe dovuto affrontare il problema della circolazione monetaria. In un primo tempo si era pensato alla stampigliatura dei biglietti della Banca di Francia e della Banca dell'Indocina, ma nel timore che la stam­ pigliatura compiuta prima dell'annessione del territorio non aves­ se valore giuridico, «in quanto la convenzione d'armistizio con la Francia non ha contemplato alcuna occupazione del territorio francese» 18, si optò per il sistema della doppia circolazione del franco e della lirat9. Il 25 settembre 1940 Ferrini informò Azzolini che il governo generale stava per formare una commissione incaricata di trasfe­ rirsi a Gibuti e che, per il momento, era rimandata la partenza dei funzionari incaricati di aprire lo sportello bancario. Dopo l'occupazione di Argeisha il gen. Nasi chiese al diret­ tore della filiale di Harar, Dotti, di istituire uno sportello in quel­ la località per effettuare il cambio delle rupie e assumere il ser­ vizio di cassa per conto del locale Ufficio politico20•

18 Lettera del ministero dell' Mrica italiana a quello delle Finanze, del 6.9.1940, ASBI, fondo cit., 9133/1/57. 19 Lettera del ministro delle Finanze al titolare dell'Africa italiana, agosto 1940, conservata in copia in ASBI, Direttorio-Azzolini, 10/1/1196. Nell'euforica quanto vana aspettativa di ulteriori successi militari, era stata messa allo studio l'apertura di nuove dipendenze. Relativamente alla Corsica e alla Tunisia, il mi­ nistro delle Finanze scrisse ad Azzolini: <

Successivamente, il 28 settembre Azzolini informò il Consi­ glio superiore che il gen. Nasi aveva prospettato a Dotti l'oppor­ tunità «ai fini politici» della presenza della Banca a Berbera dopo la sua occupazione. Ritenendo valido e conveniente il suggerimen­ to, il governatore ottenne il benestare dei ministeri delle Finanze e dell'Africa italiana per istituire il servizio di sportello «salvo, ad annessione avvenuta, ad istituire in detta località una vera e pro­ pria Agenzia della Banca». Le successive vicende militari impedi­ rono l'espansione della Banca d'Italia nel Corno d' Africa21 • A partire da questo momento le filiali coloniali cominciarono a patire le ingiurie della guerra testimoniate dalle asettiche an­ notazioni dei verbali del Consiglio superiore22.

2. Le modi/icazioni statutarie e organizzative

Sin dalla costituzione delle prime filiali coloniali la Banca-da­ ta l'arretratezza economica dei territori in cui erano insediare - non poté assoggettarle allo stesso ordinamento delle filiali metro­ politane ma adottò nei loro confronti, come ricordato, uno spe­ ciale regime in base al quale potevano compiere, oltre alle opera­ zioni previste dallo statuto, anche «quelle altre che saranno rico­ nosciute meglio adatte all'economia di quelle contrade» (art. 63 bis dello statuto del 1911), e istituì per le stesse una speciale do­ tazione prelevata delle riserve patrimoniali. Questi principi furono confermati dalla riforma del 1921 che stabilì il principio in base al quale lo speciale regime sarebbe stato informato «a prudenti criteri di autonomia» (art. 2 bis) 23 , ulteriormente precisati nello statuto del 1928 in cui si previde la

21 ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1940, pp. 160-1. 22 Dall'autunno 1940 i verbali registrarono i bombardamenti di Assab, Ben­ gasi, Dire Daua, Massaua e Tripoli (seduta del 29 settembre, p. 205) il ripiega­ mento delle filiali di Bengasi e Chisimaio, rispettivamente, su Tripoli e Moga­ discio (seduta del 27.2.1941, p. 37); il bombardamento aereo-navale di Tripoli del 27 aprile che fece vittime tra il personale (seduta del 29 aprile, p. 81); i bombardamenti su Gondar del l o e 14 agosto (seduta del 30 settembre, pp. 172-3 ); le liste mensili dei dipendenti caduti, dispersi o fatti prigionieri. 2' Nella relazione letta il 31.3.1921 il governatore precisò a proposito del fondo di dotazione che questo era «costituito con riserve patrimoniali degli azio­ nisti, formanti quasi un capitale a sé, distinto dal patrimonio vero e proprio dell'Istituto>> e aggiunse «non sarà inopportuno, o prima o poi, di considerare se all'Amministrazione non convenga di studiare per le Colonie, l'applicazione di 196 La Banca d'Italia in Africa VIII possibilità per la Banca, qualora se ne fosse presentata l' occasio­ ne, di rendere completa l'autonomia delle filiali dando vita a un ente coloniale autonomo nel quale le filiali avrebbero apportato attività e passività (art. 2) 24• Applicando il consueto, prudenziale criterio del learning by doing25, la Banca fece ulteriori concessioni in materia di autono­ mia finanziaria delle filiali coloniali senza mai arrivare alla piena indipendenza26• In occasione della riforma statutaria del 1928 Stringher di­ chiarò agli azionisti che in previsione dell'istituzione dell'ente co­ loniale autonomo era opportuno far risaltare statutariamente che gli speciali fondi onde sono dotate le Filiali nelle Colonie e negli altri possedimenti italiani - poi che esse possono compiere anche operazioni non contemplate nello Statuto - debbono essere attinti, sino a dieci milioni di lire, alla riserva di esclu­ siva proprietà degli azionisti. In tal modo si rende più evidente il con­ cetto dell'autonomia [. .. ] e si rende più libera agli effetti di possibili bisogni dell'Istituto, nella sua gestione ordinaria, la propria riserva pa­ trimoniale27.

Un altro passo avanti venne compiuto nel 1935 quando la Banca volle dare maggior contenuto all'autonomia delle filiali co­ loniali. Nella seduta del Consiglio superiore del 28 dicembre, il governatore tracciò un rapido consuntivo dell'azione compiuta dall'Istituto in favore delle colonie affermando che un regime complessivamente informato a criteri di prudente autonomia». B.I.. Adunanza per il 1920, pp. 49-55 (per la citazione, pp. 51-2). 24 Principio riconfermato dall'art. 60 dello statuto approvato con R.D. 11.6.1936, n. 1067. 25 Sin dalla decisione di massima di aprire una filiale ad Asmara era stato affermato il principio per cui <> (62/12/l). 27 B.I., Adunanza straordinaria del 18.6.1928, pp. 37-8. XIII. Le filiali etiopiche della Banca d'Italia 197 la Banca d'Italia [. ..] segue con vigile interessamento il progressivo svi­ luppo delle Colonie italiane e gli accresciuti bisogni delle popolazioni civili e degli organi militari. È per questo che l'Amministrazione centrale ha provveduto a dare una migliore e più efficiente attrezzatura alle Filiali Eritree e Somale per rispondere adeguatamente alle odierne necessità, assumendo altresì i Servizi di magazzini doganali e di ordinaria custodia a Massaua [. . .]. Si ravvisa ora opportuno di conferire, in conseguenza, una più com­ piuta ed efficiente organizzazione al centro, all'apposito Ufficio Colo­ niale di questa Amministrazione Centrale, e di /are un passo innanzi nel conferire alle filiali coloniali, trasformabili, al bisogno, nell'Ente colo­ niale autonomo [. .. ] la impronta di aziende autonome che la Banca, con l'assenso del R. Governo, ha voluto imprimere ad esse fin dalla loro istituzione con l'assegnare un patrimonio separato28, formato dalla speciale dotazione ex art. 66 dello statuto e di se­ parate riserve alimentate da parte degli utili prodotti dalle filiali stesse. ll bilancio della Banca veniva doppiamente colpito dalle per­ dite d'esercizio delle filiali coloniali: oltre alla falcidia dei propri utili annuali, doveva corrispondere all'erario l'imposta di ric­ chezza mobile (al tasso del 20 per cento) sulla cifra corrispon­ dente alla perdita complessiva. Per evitare questo duplice danno era necessario far sì che le filiali provvedessero con i propri mez­ zi a sanare le eventuali perdite. Questa misura costituiva «una remora morale e un incitamento ad operare con maggiore ocu­ latezza», ma indubbiamente accentuava la naturale, talora ecces­ siva, prudenza dei direttori nella concessione del credito29• A tal fine Azzolini sottopose al Consiglio superiore, riceven­ done l'approvazione, le seguenti misure: a) la revisione delle valutazioni date ai titoli in cui veniva in­ vestita la riserva speciale; b) l'accollo alle filiali coloniali delle spese che sin ora avevano gravato l'amministrazione centrale come, ad esempio, quelle re­ lative al movimento del personale;

28 ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1935, pp. 361-2, cor­ sivo aggiunto. 29 Sugli aspetti tecnici della proposta adottata dal Consiglio superiore si ve­ dano le memorie per il Direttorio dell'ispettore Brandolini del 14 e 22 novem­ bre 1935, in ASBI, fondo cit., rispettivamente sub) 5540/1/232 e 5540/11235. 198 La Banca d'Italia in Africa VIII

c) l'accollo alle stesse degli interessi sui conti correnti e sui depositi a risparmio; d) l'accollo, «in quanto del caso e fin dove è possibile, delle eventuali perdite d' esercizio»30• A fronte di questi oneri a carico delle filiali venne disposto che: l) sarebbe stato loro attribuito il 25 per cento degli utili in luogo dell'attuale 10 per cento; 2) un ulteriore 25 per cento sarebbe stato accantonato in un «fondo oscillazione valori>> per tutelare la riserva da eventuali perdite da svalutazione; 3) il restante 50 per cento degli utili sarebbe stato accanto­ nato per fronteggiare eventuali spese non coperte con le riserve speciali e per le spese generali d'impianto di nuove filiali nelle colonie e nei possedimenti31• La riorganizzazione dell' «ufficio coloniale» era necessaria per restituirgli la funzione originaria di organismo coordinatore delle varie attività della Banca, nelle colonie e al centro, e di raccordo tra le iniziative di Via Nazionale e quelle del governo. Istituito nel 1913 come Ufficio speciale per gli a/fari coloniali presso la direzione generale, con l'incarico di seguire i «rapporti con le Filiali della Libia e dell'Eritrea, con le Amministrazioni del­ lo Stato e con i terzi, per tutti gli affari generali» (ordine di servi­ zio n. 135), nel1928 venne sdoppiato negli uffici A/fari generali e Servizi speciali. Questa operazione venne effettuata - come rileva­ rono gli ispettori De Chiara e Quattrone - «più che per necessità di lavoro, per quella ventata di malinteso modernismo che portò

30 ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1935, pp. 361-3 (per la citazione, p. 362). 31 lvi, p. 363. Commentando la portata di questo provvedimento che scor­ porava dal conto economico della Banca quello delle filiali coloniali, la relazione dell'Ufficio affari coloniali precisò che a fonte del carico degli interessi sui conti correnti e sui depositi a risparmio, ammontanti nell'esercizio 1936 a 2.860.000 lire, le filiali beneficiavano dei frutti dell'impiego delle eccedenze dei depositi pari a 3.360.000 lire. «Per effetto dell'apporto di tali nuovi utili, per la maggiore attività delle Filiali in dipendenza delle operazioni in A.O.I. e per l'avvenuta assegnazione del fondo di dotazione delle nuove dipendenze della Banca stabi­ lite nell'Impero, il patrimonio delle Filiali coloniali [ .. .] è aumentato, alla fine dell'esercizio 1936 di L. 8.310.000 raggiungendo l'importante somma di L. 32.350.000». La relazione si trova in ASBI, Filiali coloniali, 5525/1/1 (per la citazione, 5525/1/2-3 ). XIII. Le filiali etiopiche della Banca d'Italia 199 l'Amministrazione a moltiplicare gli Uffici»32• Anziché assumere proporzioni e funzioni adeguate al progressivo sviluppo degli in­ teressi nazionali della Banca nelle Colonie e nei possedimenti, il settore coloniale, nonostante questo apparente potenziamento a­ veva conosciuto una «continua decadenza» in conseguenza del frazionamento delle sue competenze tra i vari servizi centrali ri­ ducendosi da ultimo all'attuale incarico di una «modestissima se­ greteria» dell'azienda dei Magazzini generali di Tripoli. Inoltre i servizi centrali di Via Nazionale, mancando di competenza spe­ cifica, trattavano la materia coloniale alla medesima stregua delle varie altre attività metropolitane quando non la trascuravano del tutto. L'ispettore Brandolini propose di attribuire nuovi compiti in modo che l'ufficio potesse «concentrare tutto il lavoro delle Fi­ liali delle Colonie ad essere l'unico tramite fra di esse e il Diret­ torio dell'Istituto»33 . Nonostante queste proposte, adottate con l'ordine di servizio n. 245 del25 ottobre 1935, l'Ufficio coloniale non riuscì a decollare perché la sua attrezzatura, specialmente nell'elemento umano, non venne adeguata allo sviluppo dell'at­ tività coloniale34. Le vicende politico-militari non consentirono l'istituzione del­ l'Ente coloniale autonomo né, più in generale, di fare delle filiali

>z Questa osservazione risale al luglio 1940 e venne formulata nell'ambito di uno studio sull'organizzazione della Banca (p. 191), conservato in ASBI, Segre­ tariato, c. 468. Relativamente all'Ufficio affari generali, gli ispettori rilevarono che svolgeva compiti propri di un ufficio stampa oltre ad «arzigogolare e stu­ diare chimerici problemi di sviluppo del commercio e dei traffici [ .. .]. Insomma si perde intorno a cose e argomenti astratti e ideologici poco o nulla interessanti la Banca, compatibili se mai, in un Ufficio del Ministero delle Colonie». Ibid. n ASBI, fondo cit., 5540/11226. I corsivi sono nell'originale. La proposta di Brandolini prevedeva la trasformazione dei due uffici in altrettanti reparti di un nuovo Ufficio coloniale posto alle dirette dipendenze del segretario generale della Banca. Per altre informazioni sull'evoluzione dell'ufficio, cfr. la relazione di A. Battilocchi e A.R. Rigano, in Banca d'Italia, Guida all'archivio storico, Ban­ ca d'Italia, Roma 1993, pp. 383-449. ' 4 Da un'annotazione autografa al margine di p. 196 del rapporto di De Chiara e Quattrone, il governatore osservò: <<Ìn questo caso [di modifica del modus operandz] agli Uffici Coloniali dovrebbero essere adibiti elementi di si­ cura competenza della vita funzionale delle nostre Filiali, elementi che non ha mai avuto». Sul piano quantitativo a fronte di un'attività crescente (se misurata sulla base della corrispondenza ricevuta e spedita) l'organico dell'ufficio non venne adeguato. In argomento si veda l'appunto di M. Conti per il Servizio personale del 7.3.1939, ASBI, fondo cit., 9164/11263. 200 La Banca d'Italia in Africa VIII africane delle vere banche coloniali autonome. Al contrario, que­ ste continuarono a operare ciascuna in modo indipendente dalle altre, in basse alle direttive di Via Nazionale, non sempre rispet­ tose delle peculiarità delle diverse piazze. Questa deficienza organizzativa venne rilevata in particolare dal direttore Raffaldi della filiale di Massaua che sin dalla rela­ zione sul 193 7 sostenne la necessità di costituire - così come ave­ vano fatto le altre banche - un centro di raccolta delle informa­ zioni sulle rispettive piazze per essere in grado di fornire dati precisi sulla situazione economica dei vari mercati e sui singoli operatori principali onde mettere in grado i direttori delle filiali di vigilare situazioni e clienti conferendo una maggiore sicurezza gli impieghi della Banca35 • La richiesta venne parzialmente ac­ colta da Azzolini che volle conoscere preventivamente il parere della filiale di Addis Abeba: «per evitare fin da principio qual­ siasi interpretazione che dovesse attribuirsi al provvedimento in parola». Precisò inoltre - in linea con la tradizionale concezione verticistica dell'Istituto - che l'ufficio istituendo sarebbe servito unicamente da organo collettore delle notizie e distributore delle stesse «esclusa qualsiasi mansione che possa avere carattere di con­ trollo e comunque di ingerenza negli a/fari delle altre Filiali», trat­ tandosi di prerogative di cui l'amministrazione non intendeva spossessarsi36• Non si conosce la risposta di De Chiara, certo è che non venne adottato alcun provvedimento. Successivamente Ferrini reiterò (nella relazione sul 1938-39) la richiesta di attribuire alla filiale di Addis Abeba quel ruolo di primazia sulle altre filiali che, di fatto, già esercitava>7 , ma il vicedirettore generale Introna espresse parere negativo. «L'Amm.ne non può entrare nell'ordi­ ne di idee di delegare funzioni ispettive a una filiale sulle altre né di menomare la responsabilità dei capi [. .. ] mettendoli alle di­ pendenze di un loro collega>r3 8 •

35 ASBI, fondo cit., 553111/177 (per la citazione, 5531/1/199-200). 36 La lettera di Azzolini a F. De Chiara del maggio 1938 si trova in ASBI, fondo cit., 5531/1/173 (per la citazione, 5531/1/174). Corsivo aggiunto. 37 Relazione della filiale di Addis Abeba 1938/39, ASBI, fondo cit., 552712n2 (per la citazione, 5527/2/123). >8 L'annotazione è apposta in margine a una lettera dell'ispettore Ferrini al governatore in data 15.1.1940. ASBI, fondo cit., 9132/1/115 (per la citazione, 9132/1/118). XIII. Le filiali etiopiche della Banca d'Italia 201

Anche il governo generale era intervenuto presso la Banca chiedendo la costituzione di un organo centrale per seguire e coordinare l'azione delle singole dipendenze e per informarle tempestivamente sulle direttive del governo coloniale in materia creditizia39• La risposta negativa di Azzolini venne giustificata con riferi­ mento allo statuto di Bankitalia che dispone che tutte le filiali con rango di sedi e di succursali agiscono alle dipendenze dirette di Via Nazionale per la «assoluta necessità di ben delimitare le rispettive responsabilità degli organi periferici e del centro». Tuttavia, ben consapevole della necessità di un migliore coordi­ namento dell'attività delle filiali coloniali, la Banca aveva adot­ tato una serie di provvedimenti in tal senso. In particolare il governatore ricordava che l'Istituto ha impartito in epoche diverse ben precise disposizioni tendenti a dare alle rispettive Filiali quella sufficiente autonomia di azione che ha sin qui corrisposto alle varie esigenze manifestatesi nei menzionati territori e a quelle particolari di ciascun centro. Inoltre, tutte le Filiali [ .. .] sono state da tempo invitate a trasmettere periodicamente, almeno una volta al mese, una dettagliata relazione alla Filiale di Addis Abeba e a questa Amministrazione Centrale sulle principali questioni di carattere econo­ mico e bancario interessanti le rispettive zone di azione, così da porre in grado la Filiale predetta di intrattenere a sua volta il Governo Ge­ nerale sulle questioni prospettate e di fare, quindi, le comunicazioni del caso alle proprie consorelle nell'ambito dei criteri impartiti, caso per caso, dal predetto Governo Generale40•

Forniti questi chiarimenti, il governatore assicurò il ministro che il problema era stato esaminato e che era stato interessato il podestà di Addis Abeba «nel senso di poter disporre di una co­ struzione a parte da quella della Filiale, per allogarvi un ufficio

>9 A differenza degli altri istituti bancari, Bankitalia aveva mantenuto in Afri­ ca la vecchia organizzazione che, a parere del ministero dell'Africa italiana, non era «pienamente rispondente all'unicità di indirizzo che è stata imposta ad ogni attività dell'impero». La lettera del 12.1.1941 è in ASBI, fondo cit., 9132/1/6. Mentre il Banco di Napoli e la BNL svolgevano un'attività territorialmente limi­ tata, il Banco di Roma, operante in tutto l'impero, aveva istituito ad Addis Abeba uno speciale ufficio di coordinamento denominato UCAI (Ufficio di coordina­ mento Africa italiana). 40 Lettera del 23.1.1941 al ministero dell'Africa italiana, ASBI, fondo cit., 9132/119. 202 La Banca d'Italia in Africa VIII speciale coordinatore e di rappresentanza di questa Amministrazio­ ne Centrale, nettamente separato e distinto dalla Filiale stessa. Ufficio atto a sovraintendere a tutte le dipendenze dell'A.O.I., compresa quella di Addis Abeba» non appena le vicende belliche lo avessero consentito41 . Il precipitare degli eventi impedì la rea­ lizzazione di questo provvedimento tardivo.

41 lvi, 9132/1/11. Corsivo aggiunto. XN

L'ATTIVITÀ DELLE FILIALI DELLA BANCA D'ITALIA NELL'IMPERO l. Considerazioni generali

Prima di esaminare l'attività delle filiali di Bankitalia in A.O.I. è opportuno riassumere, ai fini di una corretta valutazio­ ne, la difficile situazione in cui operavano. Nel breve arco di un quinquennio l'economia di quelle regioni, le abitudini e i ritmi di vita delle popolazioni erano stati sconvolti. Prima la fase del be­ nessere fittizio, collegata alla preparazione della guerra e alla ese­ cuzione dei grandi lavori pubblici che determinò l'abbandono delle attività tradizionali per altri lavori più remunerativi -·si pensi al boom degli autotrasportatori - e un travaso di manodo­ pera indigena dall'agricoltura ai lavori stradali e all'edilizia. Suc­ cessivamente, la fase recessiva indotta dalla riduzione delle spese pubbliche quando ci si accorse che «l'impero stava ingoiando l'Italia»1• Infine, la guerra che, con l'interruzione dei collegamenti con l'Italia aveva condannato le colonie all'isolamento, reso ancora più pesante dal generale insuccesso della politica autarchica che scontava la mancanza delle infrastrutture necessarie la cui costru-

1 «La politica economica dell'Impero, ispirata in un primo tempo, a una concezione, simile a quella inglese, e cioè che l'Etiopia dovesse costituire una riserva di materie prime necessaria alla Madre Patria e un sicuro mercato di assorbimento dei manufatti italiani - osservò Ferrini nella relazione della filiale di Addis Abeba per il1939- si va invece orientando, in base ai risultati di una esperienza quasi quadriennale, e di una più approfondita valutazione delle pos­ sibilità di sfruttamento dei territori occupati, verso un certo criterio autarchico». Relazione sull'attività della filiale di Addis Abeba, 1938-39, in ASBI, Filiali co­ loniali, 5527/2/72 (per la citazione, 5527/2173). 204 La Banca d'Italia in Africa VIII zione era stata interrotta dal blocco degli investimenti pubblici non aventi carattere militare2. Il governo generale non seppe af­ frontare con tempestività e vigore il problema degli approvvigio­ namenti aggravato dalla mancanza di un'idonea rete di magazzini generali e dall'esaurimento delle scorte di combustibili con gli immaginabili effetti sulla conservazione e distribuzione dei pro­ dotti locali3. Va inoltre tenuto presente che le attività economiche dell'im­ pero non beneficiavano in misura adeguata del sostegno delle banche soprattutto preoccupate a trasferire in Italia il risparmio raccolto in loco. Da parte sua la Banca d'Italia continuò a soste­ nere, seppure con la tradizionale prudenza, la propria clientela, sebbene dovesse operare secondo un modello organizzativo che la penalizzava rispetto ai più agili sistemi operativi delle altre banche coloniali; le filiali di Bankitalia agivano, come ricordato, secondo le direttive di Via Nazionale senza potere coordinare la loro attività con gli indirizzi del governo generale. In secondo luogo esisteva uno scollamento tra filiali coloniali e metropolita­ ne che era causa di inconvenienti4 •

2 Nel 1940 con decreto vicereale n. 1809 del 20 dicembre venne istituito l'Alto Commissario per l'economia di guerra, con l'incarico di indirizzare le for­ ze produttive alla migliore soluzione dei problemi economici attinenti lo stato di guerra. L'eccessivo ritardo con qui quest'organo venne istituito- sei mesi dopo la dichiarazione di guerra e due prima dell'offensiva britannica- impedì il con­ seguimento di risultati pratici. 3 Con decreto del ministro per l'Mrica italiana del 30 novembre 1938 venne costituito il Consorzio dei Magazzini generali dell'Africa italiana, formato dalla Banca d'Italia (che Io presiedeva) e dai Banchi di Napoli e di Sicilia con quote di partecipazione di un milione ciascuno, con Io scopo di impiantare e gestire magazzini generali nel territorio dell'impero. Il consorzio, la cui durata era de­ cennale, salvo proroga, aveva sede a Roma presso Bankitalia; il consiglio di am­ ministrazione era composto dal presidente (il governatore o altro membro del direttorio) e da cinque consiglieri: di cui, tre espressione degli istituti consor­ ziati, un rappresentante del ministero dell'Mrica italiana e un rappresentante della confederazione fascista dei commercianti. Lettera di Ferrini al governatore del 25.10.1940, in ASBI, fondo cit., 552712144. Contestualmente venne posta in liquidazione la SAMGE (Società Anonima dei Magazzini Generali Etiopici), presieduta dal sen. Fernando Nunziante di San Ferdinando (presidente della napoletana Sodetà Magazzini Generali, Sylos e Frigoriferi Meridionali). 4 «l clienti delle nostre Filiali nel Regno a seguito delle nuove disposizioni legislative [il divieto di concedere Io sconto ai privati] per le loro necessità di fido hanno dovuto ricorrere ad altre Banche, le quali, s'intende, appoggiano il lavoro alle filiazioni qui esistenti e ai loro propri corrispondenti. In certi mo­ menti il nostro Istituto aveva assunto in Colonia il carattere di Banca locale senza XIV. L'attività delle filiali della Banca d'Italia nell'impero 205

Per limitare questo inconveniente, Azzolini cercò di pubbliciz­ zare la gamma dei servizi offerti dalle filiali coloniali (cfr. in appen­ dice Le norme per la filìale di Tripoli) sia attraverso la stampa5 che mediante un'opera di sensibilizzazione capillare della clientela svolta dai direttori delle dipendenze in Italia.

Da alcune filiali dell' A.O.L è stato lamentato il fatto che fra tante Società e Ditte che si trasferiscono dall'Italia in questi territori, è raro il caso che qualcuna di esse venga appoggiata alla nostra Banca da qual­ che Filiale nel Regno. Questo lavoro di accaparramento della clientela viene invece svolto attivamente dalle altre Banche operanti nell'Impero, le quali curano as­ siduamente il collegamento tra le proprie Filiali nel Regno e quelle nelle Terre d'Oltremare.

Questa collaborazione era necessaria anche all'interno di Bankitalia perché le sue filiali coloniali «sono costrette a lavorare in regime di concorrenza con le altre Banche le quali non tra­ scurano nessun mezzo per accaparrarsi la clientela migliore». Per queste ragioni- concludeva Introna rivolgendosi ai direttori del­ le filiali metropolitane - <

Importi in migliaia di ~re

A) Operazioni eseguite in tutte le colonie e nel Dodecanneso trasferimento di fondi 311.903 ordini eli pagamento 70.326 effetti all'incasso 125.496 assegni pagati 67.312 aperture di credito 460 575.497 giacenza media: 40.653

B) Operazioni eseguite in A.O.I. Eritrea 166.238 giacenza media 11.13 7 Somalia 30.117 » » 5.050 Etiopia 355.979 >> >> 9.836 552.334

2. Risultati operativi

La tabella 10 fornisce un quadro di sintesi, in valori assoluti e percentuali, delle principali operazioni compiute dalle filiali di Bankitalia nell'impero su base regionale. (ll dettaglio per le sin­ gole dipendenze è fornito nella tabella A6 dell'Appendice stati­ stica).

7 Gli accordi riguardavano - tra le banche - il Credito Italiano, la Comit, la BNL, il Banco eli Napoli, il Banco eli Sicilia, il Banco di Roma, la Cassa di Risparmio della Libia. Tra le società ed enti: Gondrand, Feltrinelli, Alfa Romeo, Fiat, Puricelli, Cotoniere Meridionali, Cotonificio Veneziano, Manifattura Tosi, Azienda annonaria libica. Le prime due banche fornivano il37% del movimen­ to complessivo. I dati sono tratti da un appunto dell'Ufficio coloniale dal titolo: <

T ab. 10. Operazioni della Banca d'Italia in A.O.I. Dati regionali e totale (1936-1940) (importi in milioni di lire)

Movimento Movimento Governi Anno Impieghi delle casse dei vaglia Eritrea 1936 24.419 64 4.926 1937 34.396 189 3.839 1938 16.000 262 2.668 1939 16.031 311 2.515 1940 19.398 263 2.136

Somalia 1936 7.174 64 1.118 1937 8.765 41 1.434 1938 6.746 50 822 1939 3.511 122 723 1940 4.128 155 724

Amara 1937 1.112 253 1938 4.063 29 679 1939 4.599 26 687 1940 3.974 79 870

H arar 1936 133 61 1937 2.714 30 736 1938 4.025 112 740 1939 2.893 76 567 1940 3.176 75 570

Galla e Sidama 1938 3.344 37 418 1939 3.431 69 541 1940 2.651 89 521

Scioa 1936 609 2 212 1937 18.755 63 3.359 1938 40.208 131 2.956 1939 36.884 216 2.710 1940 43.303 214 2.397

A. O .I. 1936 32.276 131 6.318 1937 66.283 323 9.621 1938 74.388 623 8.284 1939 67.330 821 7.731 1940 76.630 877 7.210 208 La Banca d'Italia in Africa VIII

La maggior parte del lavoro venne svolto dalle «antiche» co­ lonie che erogarono il 98 per cento delle operazioni di sconto e di anticipazione nel 1936, il 71 per cento nell'anno successivo. Nella media del periodo 1936-40 la percentuale degli impieghi effettuati dall'Eritrea e dalla Somalia si ragguagliò al 55 per cen­ to del totale con una netta prevalenza delle operazioni compiute nella colonia primogenita. Tra le filiali etiopiche era prevalente l'attività svolta da Addis Abeba nel cui territorio, oltre al governo generale, risiedevano i principali enti militari e le direzioni delle maggiori società ope­ ranti nell'impero. Complessivamente, nel periodo 1936-40 il mo­ vimento delle casse delle filiali dell'A.O.I.- che è un indice, per quanto grossolano, dell'attività complessiva - crebbe da 32,2 a 7 6,6 miliardi. Per una migliore lettura dei dati si forniscono alcuni elementi di valutazione tratti dalle relazioni dei direttori.

2.1. Eritrea n bilancio delle filiali eritree - ma il discorso ha una portata generale - rispecchia abbastanza fedelmente l'evoluzione econo­ mica della regione. La colonia primogenita dovette confrontarsi in un breve giro di anni, per ben due volte, con l'economia di guerra, ma con effetti opposti. Mentre in occasione della guerra etiopica, industrie e commerci si svilupparono in modo abnor­ me, nel1940 si registrò una brusca riduzione di tutte le attività8• L'Eritrea era considerata la base di partenza per la penetrazio­ ne economica verso l'impero etiopico e punto d'appoggio militare: «in entrambi i casi i coloni d'Eritrea erano scartati da una visione di politica di potenza che teneva in così poco conto i tentativi di fare di essa una colonia di sviluppo agricolo dominante»9.

8 Relazione del 15.1.1941 sull'attività della filiale di Asmara, ASBI, fondo cit., 5527/1/8. 9 I. Taddia, La memoria dell'Impero. Autobiografie d'Africa Orientale, La­ caita, Manduria-Bari-Roma 1988, p. 4. Attraverso una serie di biografie sinteti­ che, Taddia documenta l'esperienza di quanti emigrarono in colonia in cerca di fortuna. «La vita del colono era più affidata al caso, che a un piano prestabilito di insediamento e di valorizzazione [ ... ]. Dalle interviste appare ridimensionato il ruolo del colonialismo italiano che appare molto più inefficiente e contrad­ dittorio, se visto nei risvolti del quotidiano». XIV L'attività delle filiali della Banca d'Italia nell'impero 209

La colonia fu il principale centro da cui mosse l'invasione dell'Etiopia: uomini e mezzi affluirono a Massaua, porto inadatto a sopportare quella mole di traffico 10• L'eccezionalità della situazione è rispecchiata nel bilancio di Asmara dai dati del biennio 1936-37 confrontati con quelli, pure rilevanti del 1935, l'anno di preparazione della guerra11, soprat­ tutto nelle voci relative al movimento delle casse e ai vaglia cam­ biari tra i quali prevalevano, per numero e importo, i titoli emes­ si su quelli pagati. Superata la fase della conquista e delle grandi opere pubbli­ che, si verificò uno spostamento di corpi militari e di grandi im­ prese appaltatrici di opere pubbliche verso il centro dell'impero, inoltre numerosi soldati vennero rimpatriati. Queste circostanze - e si tratta di un dato ricorrente nelle varie regioni - influirono negativamente sull'attività economica delle colonie, quindi della filiale, come appare dai dati relativi al biennio 1938-39. La di­ minuzione dei depositi e dei conti correnti rispetto al picco del 1937 dipese anche dalle più favorevoli condizioni applicate dalle altre banche12• La riduzione dei titoli nominativi trovò un par­ ziale compenso negli assegni bancari liberi circolanti dopo l'isti­ tuzione di un corrispondente incaricato della riscossione delle cambiali nei centri di Cheren e di Agordat resi piazze bancabili.

IO fl portO era male attrezzato, «priVO di banchine di attraCCO per piroscafi che giungevano giornalmente a più decine, privo di natanti e dei più necessari mezzi meccanici [ ... ] nonché di magazzini capaci di contenere quanto in arrivo, ma soprattutto mancante di organizzazione e direttiva, requisiti essenziali, per regolare e disciplinare un così complesso movimento in difficilissime condizioni di ambiente e di clima>>. Questa situazione caotica, descritta da Raffaldi, durò fortunatamente pochi mesi, ma provocò «parecchie decine di milioni di perdite all'economia del paese con la dispersione ed avarie di grandi quantità di mate­ riali>>. Relazione del direttore di Massaua del 7.3.1937, cit., 5531111315-6. 11 Nel 1935 il movimento complessivo delle casse risultò quasi decuplicato rispetto all'anno precedente. 12 Per incrementare i depositi, oltre a un ritocco dei tassi, fu suggerita l'isti­ tuzione di libretti di deposito circolare (analogamente a quanto praticato dal Banco di Roma) e l'accreditamento sul c/c di Bankitalia delle somme prove­ nienti a vario titolo dalla Tesoreria. Relazione del27.1.1940, ASBI, fondo cit., 5528/1149. In merito al libretto circolare, la relazione Raffaldi sull'esercizio 1937 (che contiene la richiesta di semplificare le pratiche amministrative relative ai depositi), precisa che «detto libretto porta un tagliando di controllo con l'indi­ cazione del saldo, più interessi maturati alla data dell'ultima operazione. Questo tagliando (chéque) autorizza ciascuna Filiale ad eseguire immediati pagamenti sino alla concorrenza della somma indicata>>. lvi, 5531/11227. 210 La Banca d'Italia in Africa VIII n movimento di questi titoli è evidenziato nel prospetto seguente (cifre in migliaia di lire):

1937 emessi n. 2.496 per L. 8.025 pagati n. 2.026 per L. 9.706 1938 >> n. 4.276 10.888 » n. 3.359 >> 11.859 1939 >> n. 5.079 » 9.910 » n. 4.416 >> 9.633 n bilancio del 1940 registrò una riduzione delle operazioni accentuatasi nel secondo semestre. È un bilancio tipico da eco­ nomia di guerra: riduzione degli impieghi, aumento dei vaglia per rimesse di fondi in Italia, assorbimento di biglietti di banca e di Stato che poté essere controllato attraverso «un più largo uso dei vaglia cambiari e taglio fisso [e] una sensibile riduzione nell'annullamento dei biglietti»13. L'economia di Massaua era legata al movimento del porto che, dopo il periodo «torbido e caotico» del 1936, era tornata a una relativa normalità senza raggiungere il «tonnellaggio delle merci destinate oltremare, che si verificarono ante operazioni, pur con­ siderando che ai fini dell'autarchia vengono avviate verso il Regno enormi partite di /erro e altri metalli, bottiglie vuote e copertoni di pneumatici fuori US0»14 . n movimento delle merci alimentava i Magazzini di ordinaria custodia e Deposito Franco, gestiti da Bankitalia, che non riuscivano a decollare in quanto la metà delle merci sbarcate veniva consegnata direttamente in banchina15 . I problemi dello scalo di Massaua- che si avvantaggiava del­ la temporanea chiusura dello scalo di Gibuti, ma che temeva la concorrenza di Assab una volta costruite le istallazioni portuali e completata la strada Assab-Dessié - sono ampiamente trattati nelle relazioni di Raffaldi alle quali si rinvia. Tenendo presenti le osservazioni generali fatte nei riguardi di Asmara, si nota che gli impieghi della filiale di Massaua nel pe­ riodo 1936-40 passarono da 6,6 a 179,3 milioni. Gli sconti ri-

n Relazione del15.1.1941, ASBI, fondo cit., 5527/1129. 14 Le spese per la gestione dei magazzini erano anticipate dalla filiale di Massaua: le somme erogate nel triennio 1937-39 ammontarono a circa 29 mi­ lioni e fruttarono un interesse di 81 O mila lire circa. 15 «Un 30% è di pertinenza delle Autorità Militari e Governative che in genere provvedono al ritiro sotto bordo con i propri mezzi [ ... ] il restante 20% viene ritirato allo stesso modo da privati che ne vengono autorizzati dalle Au­ torità Doganali>>. Relazione sull938, ASBI, fondo cit., 553111/49 (per la cita­ zione, 553111193 ). XIV. L'attività delle filiali della Banca d'Italia nell'impero 211 guardavano quasi esclusivamente la carta commerciale; le antici­ pazioni ebbero uno sviluppo notevole che avrebbe potuto essere maggiore qualora fossero stati disponibili magazzini più capienti. Le operazioni con garanzia cambiaria riguardavano le aziende appaltatrici di lavori edili owero ditte di autotrasporti sulle com­ messe eseguite per conto della CITA016• Oltre che dagli effetti cambiari quelle operazioni erano garantite dalla cessione dei cre­ diti e delle fatture già accettate dalla CITAO. Limitate le antici­ pazioni su titoli di Stato dato il carattere mercantile della piazza che induceva gli operatori a investire le proprie disponibilità in merci e altri beni reali. Complessivamente, le anticipazioni rap­ presentavano quasi i sette decimi degli impieghi passando da 40 milioni nel 1938 a 110,2 nel 1940. ll carattere mercantile della piazza spiega anche lo scarso sviluppo dei conti correnti e dei depositi a risparmio saliti, nel periodo considerato, da 29,2 a 45,2 milioni. I vaglia cambiari beneficiavano dell'istituzione del titolo a ta­ glio fisso e del nuovo tipo, di formato ridotto, trasferibile per posta aerea. La flessione registrata nel 1940 rispetto agli anni precedenti è riconducibile alla riduzione degli affari e alla dimi­ nuzione della popolazione residente. Considerata la città dell' awenire, preconizzata a diventare il primo centro commerciale dell'Eritrea, Assab non riuscì a decol­ lare perché gli eventi bellici non consentirono il completamento delle opere- porto e strada «imperiale» Assab-Dessié- che co­ stituivano i presupposti del suo sviluppo. L'ispettore De Chiara ha lasciato una bella descrizione della località:

Paese situato in un seno di mare, ampio e tranquillo, quasi peren­ nemente ottenebrato da foschia, per effetto di un sole cocente e abba­ gliante. Una sterminata pietraia la circonda da tre lati; non un filo d'er­ ba, non un albero; qualche gruppo di palme dattilifere, contorte e polverose, sitibonde di pioggia17.

La particolare natura dell'entroterra non consentiva la più modesta attività agricola e industriale. La sola iniziativa indu-

16 CITAO è l'acronimo della Compagnia Italiana Trasporti Africa Orientale. 17 La lettera di De Chiara ad Azzolini del 3.7.1938 è in ASBI, Ispettorato generale, 384/4/3. 212 La Banca d'Italia in Africa VIII striale ebbe luogo nel 1936 con l'istallazione di una società per l'estrazione del sale, che veniva venduto soprattutto in Giappo­ ne. n bilancio della filiale risentiva naturalmente di questa situa­ zione, né poteva trarre beneficio dall'attività delle imprese con­ cessionarie di lavori pubblici perché queste dipendevano quasi tutte dalle loro sedi in Italia per le loro occorrenze finanziarie18. Ciononostante era riuscita a superare il concorrente Banco di Roma, l'unico istituto di credito operante sulla piazza, la cui at­ tività principale consisteva nella raccolta dei depositi, effettuata per lo più attraverso un servizio volante con automezzi che si recavano sui posti di lavoro il giorno di paga, e al loro trasferi­ mento in Italia19. La principale attività della filiale di Bankitalia consisteva nel cambio in talleri e rupie dei risparmi in lire degli operai stranieri, circa ventimila, ingaggiati dalle ditte operanti in Dancalia, avva­ lendosi di un fondo in valuta concesso dal delegato del ministero degli Scambi e delle Valute presso il governo di Asmara20• Questo servizio - che mirava a contenere il diffusissimo fe­ nomeno del contrabbando21 - risultò molto remunerativo per la filiale rappresentando una quota cospicua dei profitti e le con­ sentì di chiudere il bilancio in attivo22•

18 La SICAM, che costruiva il porto, faceva capo alla Comit; l'ìmpresa Va­ selli operava col Banco dì Roma, la dìtta Ceratto, ìmpegnata nella costruzione di un tratto della Assab-Dessié, si serviva della filiale di Bankitalia. Relazione del 23.2.1938 cit., ASBI, fondo cit., 5530/3/20. 19 Marcello Zanasi nella prima relazione annuale dìchiarò che «avvalendosi dei vantaggi che ci vengono dal servizio di Tesoreria e dal monopolio della cir­ colazione, questa Filiale ha avuto la soddisfazione dì constatare che [. .. ] negli ultimi mesi dell'esercizio in esame, la nostra Banca si è interamente ìmposta quì, tanto che sono certo di essere nel vero nell'affermare che oltre i due terzi delle necessità bancarie della piazza sono svolte da questa Filiale». Relazione del 10.1.1939, ASBI, Filiali coloniali, 5530/3/70 (per la citazione, 5530/3/70-1). 20 TI dìrettore Zanasi aveva ottenuto questo incarico in esclusiva «neutraliz­ zando in pieno i tentativi dell'Istituto concorrente» grazie all'interessamento del delegato che, «provenendo dalla nostra Banca, non ha mai mancato di favorire questa Filiale fin dove gli era possibile». lvi, 5530/3/74. 21 Le misure coercitive applicate dalle autorità doganali che sequestravano la somma eccedente la misura consentita, produssero dannose conseguenze per­ ché gli indìgeni «non seguivano la via regolare per tornare in patria, preferendo raggiungere Gibuti attraverso la frontiera incustodita, portando all'estero ingen­ ti quantitativi dei nostri biglietti». lvi, 5530/3/73. 22 Nel biennio 1938-39 i profitti delle operazioni in divisa ammontarono a 494.933 lire. XIV. L'attività delle filiali della Banca d'Italia nell'impero 213

L'attività della filiale risultò nel complesso molto modesta operando in una piazza dove, per dirla con il direttore Zanasi, dominava una «inattività coranica». Nel 1940 Assab fu sottopo­ sta a continue incursioni aeree che ridussero ulteriormente l'at­ tività. Grazie alle operazioni compiute nel primo semestre, fu possibile chiudere l'esercizio in attivo sia pure con la modesta somma di 1.128,5 lire23.

2.2. Somalia

La Somalia sarà destinata a diventare il centro più importante del­ l'Impero, dato che per forza di cose .e per la sua speciale posizione geografica dovrà convogliare ed accentrare il movimento commerciale dei limitrofi due governatorati dei Galla-Sidamo e dell'Harar24•

La previsione del direttore Rossi-Espargnet non si realizzò; al contrario, le condizioni di questa colonia periferica peggiorarono perché la crisi di assestamento fu più forte che altrove e la ridu­ zione degli investimenti decisa a Roma rinviò sine die la costru­ zione di importanti strade e di un porto sull'Oceano Indiano. Una delle prime conferme la dette la relazione sull'esercizio 1937 nella quale il direttore De Ambrosis affermò che la filiale di Mogadiscio si era trovata di fronte a serie difficoltà, principale tra queste «l'esame qualitativo del credito che veniva insistentemente richiesto [ ... ] a mano a mano che si andavano esaurendo le dispo­ nibilità inaridite dalla quasi cessazione dei pagamenti da parte del­ l'Amministrazione Coloniale»25.

23 Relazione sul 1940, ASBI, fondo dt., 5530/3/38 (per la citazione, 5530/3/40). 24 Relazione del 10.12.1936, ASBI, fondo dt., 5529/1/197. Questa relazione offre esempi di prosa che non sfigurerebbero in un'antologia sulla retorica del regime. Compare il soldato agricoltore, «con le armi al piede e il badile in ma­ no» che feconda con le proprie braccia «l'immenso impero»; ovvero, riecheg­ giando il .bollettino della vittoria del maresciallo Diaz, si parla di «tutta una massa di popolo, che risale le valli e si dirige verso zone sempre più ubertose e meno impervie [ ... ] nuova forza imperiale d'Italia, che ritrovando il vigore della Stirpe, ricalca quelle terre che, in tempi remoti, furono attraversate da una pic­ cola ma gloriosa schiera di colonizzatori e di pionieri». 25 Relazione sul 1937, ASBI, fondo cit., 5525/11283 (per la citazione, 5525/1/300). <

I dati di bilancio indicano che dopo un esercizio- il1936- nel quale tutte le voci erano sensibilmente migliorate rispetto al­ l'anno precedente, nel 1937 le operazioni d'impiego subirono una flessione (-15,8 milioni negli sconti e -4,4 nelle anticipazio­ ni). Anche la raccolta diminuì per l'atonia del mercato e il rim­ patrio di numerosi operai. A queste ragioni si aggiungeva la con­ correnza delle altre banche, soprattutto del Banco di Roma26. L'andamento negativo della filiale si verificava in un momen­ to difficile per la Somalia che fra le regioni dell'impero era tor­ nata più presto alla normalità. Gli uomini preposti alla direzione di Mogadiscio riuscirono faticosamente a restaurare la fiducia che parte della clientela aveva perduto. Nella relazione sul1938, Conforti poté affermare che attrezzata la Filiale, vinta ormai, con correttezza e con stile, la concor­ renza spesso sleale, che s'era data di far svolgere agli altri istituti, s'è ridata la sensazione che la nostra Banca è sempre presente ed operante ovunque possa salvaguardare e conciliare i propri interessi con le ben intese necessità e con i beni intesi interessi generali27 • Un lavoro arduo in quanto era difficile studiare le mutevoli esigenze della piazza per ac- lecitudine sia a causa dell'insufficienza numerica del personale [ ... ] e sia anche all'arrivo disordinato delle merci che il più delle volte venivano, per ragioni di contingenza, sbarcate in altri porti». Ibid. 26 «Si è trattato di una aperta concorrenza resa maggiormente possibile dal­ la snellezza dei suoi servizi e della sua migliore attrezzatura, e favorita in un certo qual modo dalla stanchezza che ha pervaso la nostra Filiale dopo l'intenso e sfi­ brante lavoro del periodo preparatorio delle ostilità e della guerra». lvi, 5525/1/301. Corsivo aggiunto. La sottolineatura sta ad indicare che la modesta performance della filiale, oltre che dipendere dalla «disinvolta» concorrenza del Banco, era la conseguenza di un'errata conduzione, come fu successivamente accertato dall'ispettore Cilento, che aveva provocato «dannose conseguenze sul buon nome della Banca e sul bilancio economico della Filiale». L'ispettore riferì ad Azzolini in merito ai «gravissimi errori>> compiuti dai due ultimi direttori. De Ambrosis, «il quale era quì nell'epoca del conflitto italo­ etiopico, nella falsa credenza di recare disturbo all'Amm.ne, non ha chiesto gli aiuti necessari ed ha quindi sfruttato gli impiegati all'inverosimile». n personale, «reso nervoso dall'eccessivo lavoro, trattava male i clienti, i quali poco a poco si sono allontanati da noi per far capo al Banco di Roma». Rossi-Espargnet aveva impresso agli affari un indirizzo particolare, «rifiutando cioè quasi tutte le ope­ razioni che gli si proponevano e consigliando gli interessati a rivolgersi al Banco di Roma». Lettera diR Cilento ad Azzolini del4.6.1938, ASBI, Ispettorato ge­ nerale, 385/6/5 (per la citazione, 385/6/6). 27 Relazione sull'attività del1938, ASBI, Filiali coloniali, 5528/1/229 (per la citazione, 5528/1/261). XIV. L'attività delle filiali della Banca d'Italia nell'impero 215 certame i bisogni e intuire il più delle volte, i fini perseguìti dal Go­ verno ed armonizzarli, nei limiti del possibile alla nostra azione; secon­ dare, in una parola, lo sforzo che compie tuttora questa economia per adeguarsi alle effettive possibilità della Colonia28•

I dati di bilancio confermano questa ripresa dell'attività della filiale in un contesto generale depresso, aggravatosi per l'entrata in guerra dell'Italia29. In questa difficile situazione - anche per l'insufficiente ini­ ziativa del governo locale30 - la filiale operò positivamente con­ seguendo risultati considerati «soddisfacenti» dal direttore.

La nostra Filiale, sormontando le ultime fasi della concorrenza de­ gli altri due Istituti bancari, ha sempre più saputo imporsi intervenendo prontamente in ogni settore dell'attività economica della Colonia, che in certi momenti presentavano aspetti di particolare delicatezza. La clientela vi è accorsa sempre più numerosa e [. ..] i risultati ottenuti dalla Filiale sono notevoli dimostrando l'assoluta padronanza raggiunta nel campo economico e bancario della città3 1.

Le operazioni di sconto passarono da 29, l milioni nel 193 7 - anno di maggiore depressione a 89,7 nel1940. Un contributo notevole venne dal portafoglio agrario dell'agenzia di Merca che sin dai primi mesi di attività aveva accentrato tutto il credito agrario d'esercizio. Nello stesso periodo 193 7-40 le anticipazioni

zs Ibid. ll corsivo è nell'originale. 29 «Il rallentamento dell'attività economica, già avvertito nel periodo ante­ riore al nostro intervento- affermò Azzolini nella relazione sul 1940- si è ac­ centuato con l'inizio delle ostilità. La cessazione degli scambi con la Madre Pa­ tria e con l'estero e le difficoltà dei trasporti, che impedivano un adeguato rifornimento sugli altri mercati dell'Impero, hanno notevolmente influito sui commerci. Per contro, l'agricoltura, favorita da abbondanti piogge, ha fornito buoni raccolti [. .. ] ma, non essendosi potuto esportare il prodotto ed essendo piuttosto limitate le possibilità di collocamento sul mercato interno, pure queste molto promettenti iniziative hanno incontrato difficoltà». B.L, Adunanza per il 1940, p. 85. 10 <

Si calcola, infatti che il numero dei nativi sia aumentato di oltre 10.000 per l'afflusso delle popolazioni situate lungo il confine. La popolazione europea, che nei primi mesi del1939 ammontava a circa 350 individui, è salita, dopo lo scoppio della guerra a 1.70032•

Tutti i servizi bancari registrarono un notevole incremento rispetto al 1939 (che pure aveva segnato un miglioramento ri­ spetto agli esercizi precedenti): !imitandoci ai valori più signifi­ cativi, il movimento delle casse passò da 87,9 a 178 milioni e gli impieghi che raddoppiarono (da 70 a 140 milioni).

2.3. Etiopia Poco dopo essersi insediata nella capitale e disponendo quin­ di di un'organizzazione provvisoria, alla Banca d'Italia furono af­ fidati due incarichi particolarmente impegnativi: la liquidazione della Bank of Ethiopia, disposta con ordinanza vicereale n. 41 del 20 giugno, e il cambio in lire della moneta divisionale del tallero e dei biglietti in. talleri della banca etiopica. Relativamente alla liquidazione - le cui fasi sono minuziosa­ mente descritte nelle relazioni dei direttori di Addis Abeba alle quali si rinvia - l'operazione risultò tecnicamente complessa in quanto «la contabilità era tenuta secondo sistemi inglesi, a noi poco intellegibili, con la suddivisione dei conti nelle principali valute straniere e con tante distinte contabilità quante erano le filiali della Banca»; si rese pertanto necessario trasformare questo sistema contabile adottando quello più familiare della partita dop­ pia; altre difficoltà derivavano dalla non perfetta forma giuridica

32 Relazione sul 1939-40 cit., 5530/4/2. XIV. L'attività delle filiali della Banca d'Italia nell'impero 217 del provvedimento di messa in liquidazione33 e dei rapporti con i corrispondenti esteri che inizialmente avevano bloccato i saldi at­ tivi dei conti intestati alla banca etiopica. L'operazione si.conclu­ se favorevolmente. «Raramente la liquidazione è in grado .di offri­ re, come la presente - affermò con orgoglio di liquidatore il direttore Picucci - pur attraverso vicende tragiche un pagamento ai creditori al cento per cento»34. L'operazione del cambio, compiuta dalle filiali di Bankitalia e dalle casse pubbliche, richiese un grande impegno organizzativo. Al termine dell'operazione furono cambiate complessivamente: - moneta divisionali: n. 4.950.530 pari a 1.330.109,05 talleri M. T.; -banconote: n. 23.493 pari a 540.775 talleri M.T. La filiale di Addis Abeba effettuò il cambio di n. 3.865.27 4 monete divisionali (pari a 1.140.863,90 talleri teresiani) e n. 17.332 biglietti (pari a 445.647 talleri), oltre alle altre operazioni collegate alla cessione dei talleri M.T. che l'ordinanza vicereale n. 158 del 25 settembre 1937 consentiva senza formalità sino a un massimo di 50 talleri a persona. Anche la filiale di Addis Abeba aveva potuto beneficiare della fase di benessere fittizio che caratterizzò il biennio 1936-37, in­ serendosi nella «corrente di affari stabilitasi fra la Madre Patria e l'Impero per rifornimento di molti generi di prima necessità di cui la Colonia era quai completamente sprovvista». n bilancio relativo al periodo l o novembre 1936-30 ottobre 1937 (il primo esercizio completo) mostra la notevole attività svolta nel settore degli ordini di pagamento e di accreditamento e, soprattutto, in quello dei vaglia cambiari: 121.908 titoli emessi e pagati per un controvalore di 3.359 milioni, un importo superiore a quello rag­ giunto da qualsiasi altra filiale coloniale35 . n bilancio evidenzia

33 Relazione sull'esercizio 1937, ASBI, fondo cit., 5527/2/278 (perla cita­ zione, 5527/2/294). La liquidazione della banca etiopica è trattata alle pp. 16- 24, mentre nella relazione su11938 (ivi, 5527/2/220) è alle pp. 27-47. (Si usa per comodità la numerazione delle pagine della relazione.) Inizialmente il liquida­ tore fu L. Castagnaro, coadiuvato da un c;omitato di vigilanza composto da D. Pic:ucci e W. Liguori di Bankitalia e dall'ispettore del Tesoro N. Bottari. Suc­ c:essivamente curarono la liquidazione Liguori e Ferrini. 34 Relazione su11938 cit., pp. 48-9. Corsivo aggiunto. 35 In particolare 2.113 ordini di pagamento emessi per 180,8 milioni di lire e n. 379 incassati per 22,4 milioni. Gli effetti pervenuti per l'incasso erano pari al controvalore di 31 milioni. Come per le altre filiali coloniali, si osserva una 218 La Banca d'Italia in Africa VIII anche una sproporzione fra operazioni attive e passive che mal si conciliava con lo sviluppo degli affari e il fervore delle iniziative commerciali e industriali. La spiegazione fornita dall'ispettore Boetti è quella tradizionale:

Non è concepibile una espansione creditizia che prenda le mosse dall'artificiosa floridezza dell'economia attuale. Possibilità di scontare della buona carta a nominativi notoriamente solubili non esistono. La Filiale potrebbe, invece, spaziare a volontà nelle operazioni di anticipa­ zioni bancarie o di sconti di accettazioni [. .. ] ma anche in questo campo è necessario agire con molta prudenza, evitando di esporsi oltre ai nor­ mali limiti del rischio bancario36.

La politica creditizia ispirata alla cautela - che venne osser­ vata per tutto il periodo come risulta dal raffronto tra l' anda­ mento dei depositi e quello degli impieghP7 - risentiva anche dello scollamento che esisteva tra filiali metropolitane e coloniali che non consentiva a Bankitalia <

prevalenza dei titoli emessi su quelli pagati. Relazione per il 1937 cit., 5527/2/280. 36 lvi, 5527/2/282. Le caratteristiche del bilancio della ftliale: disparità tra andamento dei depositi e quello degli impieghi, notevole attività nel settore dei mezzi di pagamento (assegni bancari, ordini di pagamento e di accreditamento, vaglia) si ripetono nei vari esercizi. Nei vaglia si osserva una flessione nel 193 9 tanto nei titoli emessi che in quelli pagati, in quanto dal l o luglio il servizio di tesoreria degli enti militari veniva eseguito attraverso una contabilità speciale del governo generale che effettuava i pagamenti mediante ordinativi diretti. lvi, 5527/2/113. 37 A conclusione della relazione sul 1938 si osserva che se l'importo degli impieghi non appare proporzionato ai depositi, «è perché la filiale, pur non mancando di essere presente in ogni campo di attività, ha ritenuto opportuno d'intervenire soltanto per operaztoni serie, assistite da ineccepibili garanzie». lvi, 5527/2/128. 38 lvi, 552712n8. Una parziale eliminazione di questo inconveniente poteva avvenire attraverso le rappresentanze della Cassa di Sovvenzioni e Risparmio fra il personale della Banca d'Italia (CSR) coesistenti con le ftliali dell'istituto di emissione che, «potendo consentire operazioni attive e corrispondere un remu­ nerativo saggio di interesse sui depositi a risparmio e sui conti correnti, sareb­ bero in grado di compiere un apprezzabile affiancamento a quello svolto dalle Filiali della Banca d'Italia in Africa». Ivi, 552712n9. XIV. L'attività delle filiali della Banca d'Italia nell'impero 219

L'importanza del lavoro svolto dalla filiale è documentata dal cospicuo movimento delle casse passato da 609 milioni nel1939 (anno di attività limitata) a 43,3 miliardi nel 1940. Questa cifra comprendeva dal 1939 anche gli introiti e i pagamenti eseguiti dalla dipendenza di città. La situazione economico-finanziaria peggiorò nel 1939, in specie nel settore commerciale dove molte aziende furono co­ strette a ridurre, talora a sospendere l'attività a causa del richia­ mo alle armi dei titolari. La situazione era aggravata dal com­ portamento delle banche che avevano ridotto i finanziamenti innescando dissesti, protesti e fallimenti3 9• Da parte sua Bankitalia aveva continuato a finanziare le sane attività commerciali: «tutte le Consorelle operanti nell'Impero hanno concesso fidi in misura molto superiore ai depositi da cia­ scuna raccolti»4o.

Proprio a questo fine la Banca d'Italia di Addis Abeba ha largheg­ giato nei finanziamenti, venendo incontro alle necessità della clientela, in questo particolare momento in cui occorreva sorreggere le sane at­ tività e ciò a differenza di quanto operato dalle altre Banche le quali - puntualizzava Ferrini - per le ragioni sopra esposte vengono meno alla propria funzione proprio nel momento in cui maggiore se ne presenta la necessità.

Concludeva osservando che essendo le banche «organi trop­ po delicati e sensibili per poter essere, specie in questo momen­ to, disciplinate da norme da emanarsi dal Governo Generale» in materia di fidi e di ritiro di depositi fiduciari, bisogna «affidarsi al criterio prudenziale, ma equanime di ciascun direttore»41 •

39 La politica restrittiva («da parte del Banco di Roma e della Banca del Lavoro per la piazza di Addis Abeba e forse di altri istituti operanti in altri centri dell'Impero») dipendeva- a parere dell'ispettore Ferrini- dalla partico­ lare organizzazione data alle banche dalle rispettive direzioni generali: «secondo la quale esse possono erogare, in prestiti, solamente una quota parte delle somme raccolte sotto forma di depositi fiduciari, con l'obbligo di mantenere un sensibile scarto fra queste ultime e le erogazioni sopra accennate». TI Banco di Roma, ad esempio, era dovuto ricorre~e al risconto per fronteggiare i continui ritiri di depositi. Lettera di Ferrini al gen. Nasi del 30.5.1940, ASBI, fondo cit., 5527/2/44. Corsivo aggiunto. 4o lvi, 5527/2/45. 41 Ibid. 220 La Banca d'Italia in Africa VIII

Questo orientamento trova conferma in una lettera di fine ottobre, quarto mese di guerra, nella quale Ferrini informa il go­ vernatore Azzolini sullo stato di salute di Addis Abeba:

Nei rigurdi degli impieghi, pur non mancando di adeguare l'azione dello stabilimento a quelle che sono le condizioni correnti [. ..] anziché adattare l'opera della filiale a una forma di assenteismo che avrebbe sempre maggiormente reso difficile questa vita economica [. .. ] ho rite­ nuto miglior avviso di facilitare le imprese locali con ponderati finan­ ziamenti42.

Le altre filiali etiopiche risentivano delle conseguenze di una serie di fattori esterni, non controllabili, come gli spostamenti di ingenti masse di militari e operai all'interno dell'impero; l'incer­ tezza sui tempi di esecuzione di alcune fondamentali opere pub­ bliche; la contraddittorietà degli indirizzi di politica economica provenienti dai diversi centri di potere (centrale e periferici)43. Questa situazione di incertezza era talora amplificata dalle scarse capacità manageriali dei direttori che, nonostante i richiami e le sollecitazioni provenienti da Via Nazionale, avevano difficoltà a intrattenere proficui rapporti di lavoro col ceto commerciale e industriale44. Un esempio per tutti di questo andamento altalenante è for­ nito dalla filiale di Dire Daua - «vero centro commerciale del­ l'impero» secondo il primo direttore Marini45 - che «deve la sua esistenza alla ubicazione per cui fu scelta quale capolinea della strada ferrata con Gibuti della quale è rimasta la stazione prin­ cipale anche dopo il proseguimento della ferrovia fino ad Addis

42 Ibid. 43 Lettera del 28.10.1940 cit., 5527/2/138. 44 «È assolutamente necessario proseguire nell'opera di penetrazione tra la massa della clientela - ricordava Troise al direttore della filiale di Gondar - procurando con ogni sforzo di rendere i nostri servizi accetti al pubblico che in molte altre località dell'Africa Orientale Italiana, ha mostrato una viva e spiccata preferenza per i nostri sportelli». Lettera del direttore generale del 3.4.1939, ASBI, fondo cit., 5527/4/63. In altre occasioni l'Amministrazione centrale aveva stigmatizzato la sommarietà delle informazioni fomite che non consentivano d'avere un quadro generale della potenzialità della piazza e, quindi, della con­ duzione della filiale. 45 Lettera di M. Marini al governatore del 21.4.1937 cit., 5530/1/54. Le aziende commerciali, che erano 30 nel1936, erano diventate 150 due anni più tardi. XIV. L'attività delle ftliali della Banca d'Italia nell'impero 221

Abeba»46• Iniziò a operare il 22 giugno 1936 in un contesto di guerra guerreggiata e con un governo, «in incipiente organizza­ zione, [che] era egli stesso all'oscuro di tutte le disposizioni ema­ nate dal Governo Generale in merito alle esportazioni e impor­ tazioni di valuta e di merci, denunzie di crediti e titoli all'este­ ro»47. Nel corso del1937- primo esercizio di attività piena -la filiale, pur conseguendo risultati definiti «veramente soddisfa­ centi>> da Azzolini48, aveva operato in un contesto reso difficile dalla politica contraddittoria del governo le cui disposizioni si erano «accavallate, sovrapposte e annullate dando luogo a pro­ fondi scoramenti, alternati con vive speranze, come pure a pe­ riodi di stasi frammentati ad ingorghi»49• Le principali difficoltà risiedevano nel settore delle comuni­ cazioni: l'incertezza circa le strade e le piste carovaniere da uti­ lizzare, l'incapacità della ferrovia a fronteggiare le necessità com­ merciali della piazza. li direttore Marini era intervenuto con il governo dell'Harar per realizzare un migliore utilizzo del treno, ma le ragioni dei militari erano state prevalenti50• La filiale si era comunque inserita nel settore commerciale sia con le operazioni bancarie che mediante i magazzini fiduciari molto apprezzati dal­ la clientela: «per alcune Ditte ha rappresentato una provviden­ ziale valvola di sicurezza in momenti difficili come l'attuale>~ 1• Mentre l'esercizio 193 8 fece registrare risultati di rilievo52 -le operazioni d'impiego crebbero di quasi quattro volte rispet­ to al 193 7 - nell'anno successivo l'attività della filiale si ridusse notevolmente a causa della politica economica del governo che aveva ridotto gli stanziamenti per le opere pubbliche limitate a quelle di interesse militare, alla minor presenza di militari e ope­ rai, al ridotto traffico della Gibuti-Addis Abeba.

46 Relazione sul 1938, ASBI, fondo cit., 5530/1/19 (per la citazione, 5530/1120). 47 Lettera del 21.4.1937, stessi mittente e destinatario cit., 5520/1/68. 48 Lettera di Azzolini a Marini del 21.3.1938 cit., 5530/1/51. 49 Relazione sui 1936-37 del 21.1.1938, ASBI, fondo cit., 5530/1/35. 50 lvi, 5530/1136. Si era sperato nell'apertura della strada Gibuti-Dire Daua e nei trasporti organizzati dalla Gondrand, ma invano: «par certo che l'Inten­ denza Militare si è riservata l'utilizzo dei 150 autocarri che la predetta Società intende di porre in movimento, importandoli da Aden». Lettera di Marini del 21.4.1937 cit., 5530/1180. 51 Relazione sul 1936-37 cit., 5530/1147. 52 In particolare, gli sconti passarono da 2 a 8,8 milioni e le anticipazioni da 222 La Banca d'Italia in Africa VIII

In particolare, si registrarono queste variazioni53: movimento truppe nazionali 1938 n. 875.200 1939 n. 4,0.890 (giornate di presenza) movimento di operai nazionali » n. 950.000 » n. 350.000 (giornate di presenza) merci trasportate per ferrovia » » (in tonnellate) - importazioni 40.649 17.000 - esportazioni 390 130 Le operazioni d'impiego risultarono di conseguenza quasi di­ mezzate passando da 86,6 a 47,4 milioni. La situazione non subì variazioni di rilievo nell'esercizio chiuso al 30 ottobre 1940.

20,4 a 77,8 milioni. La riduzione verificatasi nel movimento generale delle casse da 988 a 894 milioni dipese dal trasferimento (o dalla soppressione) di enti mi­ litari che per il servizio di cassa si avvalevano della filiale. 53 Relazione sul 1939 del 29.1.1940, ASBI, fondo cit., 5530/1/1. xv

LA CIRCOLAZIONE MONETARIA IN ETIOPIA

l. Introduzione

I problemi di natura monetaria che l'Italia dovette affrontare in Etiopia furono più complessi di quelli incontrati in Eritrea e in Somalia 1 in quanto su una situazione di partenza analoga - prevalenza del tallero M.T., scarsa circolazione dei biglietti di banca fuori dei principali centri abitati, non conoscenza del prin­ cipio nominalistico - s'innestò una speculazione crescente nei confronti dei biglietti di banca italiani alimentata da un errato rapporto lira-tallero2. In base all'esperienza precedente e tenuto conto che neppure il negus Menelik era riuscito a detronizzare il tallero teresiano3, la sola soluzione logica era rappresentata dalla doppia circola-

1 Sui problemi della circolazione monetaria in queste colonie, cfr., supra, cap. IX. 2 La speculazione era manovrata- secondo il funzionario ministeriale Bot­ rari - dai francesi Besse, Herald e Puig e dall'austriaco Abel, ma - aggiungeva, e la cosa appare inverosimile - «posso affermare nel modo più esplicito che la borsa nera ad Addis Abeba è morta e seppellita da un pezzo». Lettera di N. Bottari al direttore generale del Tesoro, Grassi, dell'8.9.1936, in FLE, archivio Thaon di Revel, 24, 83. Besse era forse un prestanome della Banque de l'Indo­ cine che aveva chiesto a «la Monnaie» di Parigi di coniare per suo conto 600 mila talleri. Lettera di Azzolini a Thaon di Revel del6.9.1937, ASBI, Filiali co­ loniali, 1084/3n8. 3 Questa moneta pesava circa 28 grammi, «non se ne conosceva il titolo né la tolleranza. È sempre accettata quando l'effigie di Menelik e quella del 'leone di Giuda' sono ben nitide». Il tallero aveva monete divisionali denominate alad (1/2 tallero), rub (114), hulet tamun (1/18), tamun (1/16), saka o besa (11100). Appunto, senza data, redatto dal ministero degli Esteri, in ASMAE, pos. 50/1. 224 La Banca d'Italia in Africa VIII

zione4 e in tal senso si era espresso Vittorio Forte, giunto ~ella capitale etiopica per organizzare l'apertura della filiale. Questa tesi era giustificata dalla spiccata preferenza dei nativi per la moneta merce e

per la convenienza di avere la copertura argentea anzi che aurea dei biglietti che verranno messi in circolazione nel nuovo Impero. In secondo luogo per l'opportunità di preparare sin da ora, data la tendenza al ribasso di tutte le monete a base argentea, una discesa dei prezzi dei generi di esportazione e specialmente dei servizi, i quali ul­ timi subiranno, com'è presumibile, un forte aumento per effetto di im­ portanti lavori pubblici, che dovranno essere effettuati in Etiopia, ana­ logamente a quanto si è verificato in Eritrea5 .

Quanto alla determinazione del tasso di conversioneb, Forte - ritenendo insufficiente il riferimento al prezzo dell'argento su una piazza determinata - suggeriva di tener conto anche delle quotazioni del tallero sulle principali piazze dell'impero e dei mercati esteri viciniori (Gibuti, Aden)7. Ispirandosi a valutazioni di opportunità politica, ma di scarso realismo, il Banco di Roma, in uno studio sull'organizzazione monetaria e creditizia dell'impero, indirizzato al capo del Gover­ no, sostenne l'adozione immediata della lira come moneta uffi­ ciale e il ritiro del tallero «per fame lire o a scopo di riserva» .. Tenuto conto della diffidenza dell'elemento indigeno per qual-

4 «La soluzione delle abitudini monetarie abissine non può che consistere ndla graduale persuasione ad abbandonare il tipo argenteo»; espressione che significava «disabituare a pensare in peso e finezza dcll' argento metallico ed abituare invece a pensare in una unità monetaria definita lontana dalle vicende di un metallo, che dopo ill875 ha progressivamente perso la stabilità monetaria dato il suo 'eccesso' di produzione». M. Mazzucchdli, Il sistema monetario im­ periale, in «Rivista bancaria», 1937, pp.. 277-92 (per la citazione, p. 289). 5 Lettera di Forte ad Azzolini dd 4.6.1936- «da bordo dd piroscafo Quar­ naro», ASBI, Direttorio-Introna, 21/11164 (per la citazione, 21/1/168). 6 ll ministro ddle Finanze Thaon di Revd - basandosi s.ul corso ddl' argen­ to a Londra - aveva suggerito il c.ambìo di 4 lire per tallero. Altri conteggi effettuati in base ai prezzi di New Yorik e di Zurigo, davano, rispettivamente, 4,385 e 3,08. Lettera dd ministro Thaon di Revd ad Azzolini del25.5.1936, in ASBI, fondo cit., 21/11160. 7 Forte ricordò che la Bank of Ethiopia fissava giornalmente il cambio del tallero tenendo conto dei corsi ddl'argento e ddla rupia a Londra e del corso locale ddla rupia. Inoltre la Banca interveniva direttamente sui mercati ricavan­ do buoni utili. Lettera del 4.6.1936, cit., 21/1/167. XV. La circolazione monetaria in Etiopia 225

siasi moneta diversa dal tallero teresiano, il Banco propose, per una prima fase, dimenticando l'esperienza fallimentare del «ta1- lero eritreo» e del tallero di Menelik - la circolazione .di monete d'argento: «quindi lira carta e lira argento, quest'u1tima nei suoi mu1tipli di cinque, dieci e venti lire, con preferenza alla moneta da venti perché più si avvicina, quanto a dimensione, al tallero»8• Era importante creare un'area della lira «cercando di cancellare al più presto il ricordo del Tallero di Maria Teresa»9 • n governo adottò una soluzione di compromesso. Introdusse il sistema monetario italiano, «anche per evidenti ragioni di pre­ stigio», in sostituzione di quello vigente10• Ma, «pur convenendo sulla opportunità di procedere al più presto alla intrc::lduzione del­ la lira, si ritenne conveniente .di attuare per gradi la riforma, nel­ l'intento di alleviare le .conseguenze di perturbamenti che., senza 11 dubbio, si sarebbero manifestati nell'ambiente .economico» • Con questa frase anodina la Banca d'Italia liquidava -;in una pubblicazione celebrativa predisposta a fine 1939- un problema a due facce, mai risolto, assai difficile da gestire per le continue interferenze del potere politico nelle decisioni di p()litica mone-

8 «Nota sull'organizzazione .monetaria e creditizia nei territori conquistati» senza data, in ASBI, fondo dt., 21/1/2 (per la citazione, 21/1/2-3). Un'annota­ zione manoscritta [di Introna] precisa che si tratta di una memoria del Banco di Roma inviata il 27 .aprile e che sarà esaminata dal Comitato dei ministri il 16 maggio. Nel primo anniversario di fondazione dell'impero, vennero emesse le nuove monete <>: d'oro (nelle pezzature da 100 e 50 lire), coniate in quantità limitata •non essendo destinate alla circolazione; d'argento (nei tagli da 20, 10 e 5 lire), .di nichelio (2, l, 0,50 e 0,20 lire), di bronzo .(lO.e 5 centesimi). 9 «Non solo l'autarchia .economica nazionale risentirà il benefizio della im­ mediata immissione della lira nelle nuove terre, ova sarà obbligatorio il regola­ mento di ogni transazione commerciale mediante la moneta nazionale, ma si arriverà in tempo ad arginare eventuali tentativi.di affermazioni di influenze mo­ netarie straniere». n Banco aveva presente il rischio che la diffusione della lira poteva innescare fenomeni speculativi, ma confida'la «che ad arginare o ad at­ tenuare il più possibile una siffatta conseguenza concorrano efficacemente le misure di rigorosa vigilanza che la saggia Amministrazione delle Autorità .go­ vernanti saprà istituire nei centri di mercato e nei posti confinari allo sbocço di linee carovaniere». lvi, 211114-5. IO «La moneta è l'emblema più palese, più visibile e nell'istesso tempo più sostanziale, più persuadente [ ... ] della sovranità e .dell'autorità. Essa è anzi la prova più provata e più pro:vante, del potere, del dominio, dell'appartenenza ad uno Stato metropolitano e della dipendenza da ~o Stato». Mazzucchelli, Il sistema monetario cit., p. 278. 11 Banca d'Italia, La Banca d'Italia nelle terre italiane d'oltremare, .Libreria dello Stato, Roma 1939, p. 44. n corsivo è aggiunto. 226 La Banca d'Italia in Africa VIII taria: l'acclimatazione della lira e la formazione di un realistico tasso di cambio lira-tallero. Ancora nel1940 il direttore della filiale di Gondar segnalava che nella città la lira è ormai ben accettata dalla popolazione indigena che ha imparato a conoscere il valore, e perciò viene quasi sempre preferita al Tallero; ma man mano che ci si allontana dalla città, andando verso l'interno [. ..], la preferenza viene data al Tallero, che, nelle più lontane zone, è tuttora l'unica moneta-merce accettata, perché, oltre ad essere utilizzata negli scambi con il Sudan, viene adoperata per fame braccialetti, monili ed altri oggetti di adomamento12•

Con R.D.L. 2 luglio 1936, n. 1371 la lira venne dichiarata moneta a corso legale nell'A.O.I.: alla Banca d'Italia (e alle casse pubbliche delegate) fu affidato il cambio in lire dei talleri M.T., delle monete divisionali del tallero e dei biglietti in talleri della Bank of Ethiopia. Mentre per i biglietti e le monete divisionali venne fissato un termine oltre il quale erano considerati fuori cor­ so13, il tallero rimase in circolazione e Bankitalia fu autorizzata a cambiarlo, senza formalità fino a un ammontare predeterminato (50 talleri a persona); su richiesta documentata per importi supe­ riori. Per procedere al cambio dei talleri e per soddisfare una do­ manda crescente, il governo aveva concluso il9luglio 1935 un ac­ cordo col governo austriaco per la cessione del diritto di coniare e mettere in circolazione, per un periodo di 25 anni, talleri teresia­ nil4. Contestualmente il governo austriaco rescisse il contratto concluso tre anni prima con la ditta londinese Johnson Matthey per la fornitura di 9 milioni di talleri nell'arco di un decennio15 •

12 Relazione in data 4.3.1940, ASBI, Filiali coloniali, 5527/4/30 (per la ci­ tazione, 5527/4/36-7). Corsivo aggiunto. 13 n cambio venne consentito sino al31.10.1938. Fu ritirato un importo di monete di nichelio superiore a quello che figurava in circolazione secondo la Bank of Ethiopia, segno evidente che esistevano zecche clandestine o una cir­ colazione non coperta da un deposito di talleri. Lettera di Azzolini a Thaon di Revel del 4.10.1936, in ASBI, Studi, copialettere n. 742, pp. 171-2. 14 n testo francese dell'accordo è in ASBI, Filiali coloniali, 1084/3nl. n governo di Vienna si riservò la facoltà di coniare per le proprie esigenze fino a l O mila talleri l'anno. 15 n contratto poteva essere disdetto da parte austriaca in ogni momento XV. La drcolazione monetaria in Etiopia 227

2. I di/etti del sistema e la speculazione sulla lira

TI sistema monetario dell'A.O.I. presentava l'inconveniente di non controllare l'offerta dei talleri che, in numero rilevante, ve­ nivano coniati presso zecche europee e perché non prevedeva un meccanismo efficace per la determinazione del prezzo del tallero in lire. I termini del problema sono efficacemente descritti da Az­ zolini in questa lettera a Mussolini del 4 dicembre 1937. Dopo aver ricordato che le monete e i biglietti di banca etiopici erano stati messi fuori corso senza particolari difficoltà, il governatore affermò:

Per il tallero di Maria Teresa è risultato un regime tutt'affatto di­ verso, giacché non solo ne fu lasciata libera la circolazione, ma si prov­ vide addirittura a nuove larghe somministrazioni dall'Italia, e, per in­ coraggiare gli indigeni a cederli (ed anche in vista dell'utile che si poteva trarre dalla vendita dei pezzi coniati dall'Italia) 16 fu fissato per tale mo­ neta un cambio in lire italiane di molto superiore al suo contenuto in­ trinseco di metallo nobile, anche considerate le spese di coniazione, di spedizione e di assicurazione. Sono noti all'E.V. i gravi inconvenienti cui ha dato luogo tale pro­ cedimento. Speculatori esteri hanno dato incarico a numerose zecche - principalmente quelle di Londra, Parigi e Bruxelles17 - di coniare talleri per loro conto, che rivenduti sui mercati etiopici, assicuravano loro lar­ ghi margini di utile. Margini tanto larghi che per essi, pur tenendo con­ to delle spese accessorie, sussisteva forte la convenienza di vendere i biglietti di banca italiani, ottenuti con la cessione dei talleri sui vari con preavviso di 3 mesi se la quota minima in talleri non fosse stata ritirata. Dopo 3 anni ciascuna parte poteva recedere dal contratto. Memoria austriaca, in ASBI, Rapporti con l'estero, 355/2/62. 16 n R.D.L. n. 1884 del 15.10.1936 in base al quale le filiali di Bankitalia e le casse pubbliche autorizzate potevano vendere talleri ai prezzi stabiliti dalle autorità, «ebbe l'evidente scopo di procurare all'erario il guadagno rappresen­ tato dalla differenza tra il prezzo di mercato del tallero e il suo costo». Lettera di P. Formentini, del 3.11.1955, direttore generale di Bankitalia al ministero degli Esteri con la quale si risponde alla richiesta di parere circa l'anticipata decadenza dell'accordo di coniazione dei talleri richiesta dal governo di Vienna. ASBI, Filiali coloniali, 1084/3/53. 17 n tallero era coniato anche dalle zecche di Praga e di Budapest. Lettera di Azzolini a Thaon di Revel del 17.8.1937, ASBI, Filiali coloniali, 1084/3/80. 228 La Banca d'Italia in Africa VIII mercati esteri della lira - specialmente a Parigi - pure ai bassi corsi ivi vigentil8 .

n testo appena citato merita una precisazione. La coniazione di talleri da parte di alcuni paesi avveniva nonostante le proteste del governo austriaco che reclamava il proprio diritto esclusivo, internazionalmente riconosciuto e sussistente anche dopo la ces­ sione temporanea del diritto stesso all'Italia. I paesi interessati ribattevano che proprio l'accordo con l'Italia aveva fatto perdere all'Austria l'esclusiva del conio e della messa in circolazione dei talleri teresianil9. n fenomeno aveva assunto aspetti quantitativamente rilevan­ ti. La relazione del «Royal Mint» riferiva che nel1936la zecca di Londra aveva coniato 150.125 talleri M.T. per un controvalore di oltre 11 milioni di sterline2°. Inoltre, rielaborando dati pub­ blicati dall'«Economist», il delegato della Banca d'Italia a Lon­ dra, Giuseppe, <

18 Lettera del 4.12.1937, in ASBI, Direttorio-Azzolini, 4/9/179. ll corsivo è aggiunto. 19 Lettera di Azzolini a Thaon di Revel del 10.11.1937, ASBI, fondo cit., 5/1/616 e lettera di Nathan a Casardi (funzionario dell'ambasciata italiana a Londra) del 2.11.1937, ASBI, Rapporti con l'estero, 355/2/38. Questo fondo contiene una nutrita corrispondenza sull'argomento. 20 Il controllo del mercato dei talleri a Londra era esercitato dalla Johnson Matthey. Gli operatori inglesi, oltre che alla zecca londinese, si rivolgevano a «la Monnaie» di Parigi e all'analogo stabilimento di Bruxelles. Secondo Nathan, il titolare della J ohnson Matthey aveva preso contatti con la delegazione di Banki­ talia in vista di un accordo per la coniazione di talleri anche da parte della zecca di Roma. Lettera di Nathan al governatore del 3.2.1937, ASBI, fondo cit., 355/2/87. 21 Lettera di Azzolini a Thaon di Revel dell'll.3.1938, ASBI, Direttorio­ Azzolini, 9/11/21. Nel diario di Einaudi si trova questa annotazione su Nathan: «favorito di B. Stringher, che era molto amico del padre [ ... ] intelligentissimo, persona di valore, colto, è stato per lunghi anni (fino al 1935) a Londra>>. L. Einaudi, Diario 1945-1947, a cura di P. Soddu-FLE, Torino, Collana storica della Banca d'Italia, serie documenti, vol. XII, Laterza, Roma-Bari 1993, p. 147. 22 Fissando il corso del tallero al di sotto del suo valore in argento, le au- XV. La circolazione monetaria in Etiopia 229

prezzo era stato successivamente portato a 10,50 (febbraio 1937), quindi a 13,50 (giugno dello stesso anno). L'obiettivo di indurre gli indigeni a cedere i talleri in loro possesso in cambio di lire non venne raggiunto. Al contrario, venne eccitata la spe­ culazione23. L'elevato differenziale tra il costo dei talleri «esteri» e il prez­ zo dei talleri in lire consentiva agli speculatori di ottenere la va­ luta italiana, soprattutto biglìettì di banca, a un prezzo pari alla metà circa del prezzo ufficiale; la valuta così ottenuta veniva suc­ cessivamente ceduta sui mercati europei a prezzi inferiori a quelli della lira turistica24. Per frenare questo fenomeno in sede governativa vennero messi allo studio alcuni provvedimenti così sintetizzati da Azzo­ lini in un'informativa alle filialì dell' A.O.I.:

Si sarebbe ravvisata l'opportunità di stabilire che il prezzo [ufficiale dd tallero M.T.] debba seguire la realtà della valutazione immediata nelle contrattazioni private e quindi non stabilizzarsi, ma variare anche di giorno in giorno, ogni qualvolta ciò sia ritenuto necessario. È stata, peraltro, ravvisata la opportunità di stabilire che il Tallero di coniazione estera non venga valutato al tasso ufficiale, ma accettato - in prosieguo di tempo - dalle Casse autorizzate al Cambio in relazio­ ne alla sola valutazione dell'argento in esso contenuto25 .

torità italiane- a parere della «Frankfurter Zeitung>> del 16.1.1938 - avevano sottovalutato le «difficoltà che l'arretrata popolazione avrebbe opposto al nuovo sistema monetario». Nel novembre 1936 il corso venne portato a 8,50 in Eritrea e nell'Amara e 9lire. Nel febbraio 1937 il prezzo venne unificato (10,50 lire) in tutto l'impero. 23 I dati relativi al movimento di talleri gestiti da Bankitalia per conto del Tesoro indicano che al31 dicembre 1937 a fronte di circa 14,5 milioni di talleri ricevuti dalla zecca (per 13,7 milioni) o ritirati dal mercato, ne erano stati ceduti 11,5 milioni per un controvalore di 108,4 milioni. I quattro quinti delle cessioni erano avvenute attraverso la filiale di Addis Abeba. Lettera alla direzione gene­ rale del Tesoro del 2.3.1938, ASBI, Studi, copialettere n. 743, pp. 150-8. 24 Istituita col R. D.L. 20.3 .1936, n. 410, la lira turistica aveva lo scopo di favorire la ripresa del turismo danneggiato dall'elevato livello dei prezzi interni. La differenza tra prezzo di emissione della lira turistica e la quotazione ufficiale era a carico del Tesoro. Questa facilitazione si applicava a tutti gli strumenti di promozione turistica: assegni, lettere di credito, buoni albergo, buoni benzina, ecc. A. Guarneri, Battaglie economiche fra le due guerre, a cura di L. Zani, Il Mulino, Bologna 1953, pp. 624-31. 25 Lettera del 16.9.1937, ASBI, Filiali coloniali, 208/2/14. 230 La Banca d'Italia in Africa VIII

Allo scopo di favorire la circolazione delle monete italiane era stata ravvisata l'opportunità di renderne obbligatorio l'uso: «l) nella vendita da chiunque ed ovunque eseguita; 2) nei paga­ menti da effettuarsi all'Amministrazione Coloniale; 3) nei paga­ menti a qualunque titolo effettuati a favore degli indigeni»26• Per sbloccare la situazione, vista l'inefficacia delle misure am­ ministrative, col D.M. 5 gennaio 1938 venne rescisso il legame tra lira e tallero che, di conseguenza, venne a perdere il privilegio del rapporto fisso che lo faceva considerare una seconda moneta legale27• n governo generale dispose che dal16 aprile non sareb­ bero state più effettuate cessioni di talleri a privati a valere sulle partite giacenti nelle filiali di Bankitalia di pertinenza del Tesoro. Le cessioni alle autorità governative e militari, nonché le opera­ zioni tra privati sarebbero avvenute al cambio del giorno stabi­ lito dai locali direttori di Bankitalia e del Banco di Roma d' ac­ cordo col delegato del ministero degli Scambi e delle Valute. Bankitalia si venne a trovare in una posizione di inferiorità rispetto al Banco di Roma che era stato autorizzato a coniare «una certa quantità» di talleri con argento acquistato all'estero e che poteva cedere ai privati pel pagamento di merci destinate all'esportazione, mentre a Bankitalia questa possibilità era inibita dal provvedimento del 5 gennaio. Protestando contro questa si­ tuazione iniqua - che sul piano generale ritardava, attraverso l'immissione di talleri, l'assestamento monetario e che, di fatto, sanciva una situazione a favore del Banco - Azzolini chiese al governo di ripristinare la par condicio tra le due istituzioni28 .

26 lvi, 208/2/15. Azzolini informò di avere richiesto a Parigi, Londra e Bru­ xelles alcuni esemplari di talleri colà coniati perché la zecca di Roma potesse rilevame le caratteristiche e mettere in condizione gli uffici di cassa di poterli distinguere da quelli coniati a Roma e a Vienna. I talleri coniati all'estero veni­ vano accettati tenendo conto del valore dell'argento fissato convenzionalmente a lire 6,50. 27 A. Mauri, Il mercato del credito in Etiopia, Giuffrè, Milano 1975, p. 206. T emendo che il provvedimento potesse aumentare la tesaurizzazione, Azzolini suggerì al ministero dell' Mrica italiana di lasciare i talleri depositati per conto del Tesoro presso le filiali di Bankitalia a disposizione del governo generale co­ me massa di manovra. La lettera del10.2.1938 è in ASBI, Studi, copialettere n. 743, pp. 109-11. 28 Lettera di Azzolini al ministro delle Finanze del 9.5.1938, ASBI, fondo cit., 208/5/9. XV. La circolazione monetaria in Etiopia 231

«Le misure adottate dalle Autorità per il controllo valutario sono invero imperfette - osservò Raffaldi nella relazione della filiale di Massaua sul 1938 - talora draconiane, talora blande e ridicole». A sostegno di questo giudizio, ricordava:

Viene fatto sbarcare il passeggero che in buona fede sale a bordo con 1.050 lire anziché con le 1.00 come prescritto, e sfugge colui che porta seco una buona scorta di vaglia e assegni circolari che spenderà facilmente in Egitto [ ... ]. Si infierisce contro il povero e onesto lavora­ tore yemenita che torna al suo paese con qualche migliaio di lire rea­ lizzate con aspro e duro lavoro nella nostra Colonia e sfugge il ricco «haniano» che rientra in India con le proprie donne adorne di perle e brillanti, acquistati al fine di tesaurizzare29•

L'esportazione di valuta era particolarmente accentuata ad Assab. Gli operai stranieri (yemeniti, sudanesi), poiché non era loro consentito convertire i risparmi in valuta straniera, «sconfi­ nando nella vicinissima colonia francese o imbarcandosi alla spicciolata sui sambuchi diretti in Arabia», riuscivano a esporta­ re lire senza alcuna difficoltà. n forte margine di deprezzamento col quale gli operai indigeni cedono i biglietti esportati, contri­ buiva a rendere più elevate le paghe in lire degli operai stessi.

3. Una riforma non attuata: i biglietti della serie speciale

Un provvedimento radicale che avrebbe potuto risolvere alla radice il problema della speculazione sulla lira nell'impero, con­ sisteva nell'emissione di una serie speciale di biglietti destinati a circolare unicamente nell'A. O. I. Differenziando il sistema monetario delle colonie (con l'esclu­ sione della Libia e del Dodecanneso) rispetto a quello naziona­ le, mediante l'uso di biglietti speciali, sarebbe stato possibile co­ noscere esattamente l'ammontare della circolazione nei territori dell'impero. Una misura siffatta, analogamente a quanto già pra­ ticato dalla Francia, era stata studiata dalla Banca d'Italia nel 1936. Preoccupato che in conseguenza dell'intensificarsi del traf­ fico e delle transazioni commerciali si verificasse «un rilevante

29 Relazione cit., p. 48 (553111197). 232 La Banca d'Italia in Africa VIII

~sito di biglietti di Banca i quali finiscono per affuire nelle casse delle banche egiziane e successivamente in quelle di Istituti di ;çredito di altre nazioni», Azzolini aveva proposto al Consiglio ~mperiore, nella tornata del 30 marzo, di emettere .una serie spe­ dale di biglietti da l 00 e da 50 lire «che dovranno avere corso aegale nei Possedimenti e nelle Colonie>0°, in totale .sostituzione :dei biglietti aventi circolazione nel regno. «Detti biglietti [. .. ] sono uguali, nella rispettiva composizione grafica, ai biglietti da L. 100 di nuovo tipo ed a quelli da L. 50 ;.di secondo nuovo tipo e solo di/feriscono da questi nella tinta, la ;quale è in tutti i due tagli di colore verde chiar0>0 1• Essi saranno compresi nel computo della circolazione com­ jPlessiva della Banca ed avranno, per quanto riguarda l'emissione ~ l'annullamento, lo stesso trattamento già stabilito per gli altri ibiglietti32 • La proposta era stata approvata da Mussolini che aveva per­ :Sonalmente scelto la colorazione dei biglietti fra i vari modelli presenta tigli dal governatore. Era già iniziata la fabbricazione dei [biglietti quando la Banca, per l'opposizione del ministro del­ ff' Africa italiana, venne invitata a sospendere la produzione. Nell938, nel tentativo di frenare il crescente contrabband0, wenne ripresa la fabbricazione dei biglietti della serie speciale ;çompresi questa volta i tagli da 1.000 e 500 lire. L'ambito terri­ ;toriale della circolazione fu circoscritto all'A.O.l.33 •

I biglietti da L. 1.000, 500, 100 e 50 attualmente in circolazione nèi Jerrìtori dell'Africa italiana, verranno man mano sostituiti, a cura delle filiali della Banca, con quelli della serie speciale accennati che, a loro

30 Erano esclusi i biglietti da 1.000 e da 500 lire perché la loro circolazione ~ra già stata vietata fuori del territoriomazionale. ASBI, Segretariato, Verbali. del :Consiglio superiore, 1936, pp. 104-6. Corsivo aggiunto. La descrizione dei bi­ glietti è riportata alle pp. 136-43. 31 Nella stessa tornata, il Consiglio superiore decise l'emissione di 4 milioni :di biglietti da 100 lire e 8 milioni di biglietti da 50 lire .per complessivi 800 ,milioni (pp. 106-7). 32 ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1936, p. 105. 33 lvi, 1938, pp. 32-3. La delimitazione dell'ambito territoriale avvenne per gradi: nella decisione del Consiglio si parla dei territori dell'Africa italiana con esclusione dei possedimenti (isole egee); neLD.M. 1:8.8.1938- recante modifiche e integrazioni all'istituzione della serie speciale disposta col decreto del 18 mar­ zo - si sostituì alla dizione «territori dell'Africa Italiana», quella di «territori dell'Africa Orientale Italiana» escludendo in tal modo la Libia. XV La circolazione monetaria in Etiopia 233 volta, saranno cambiati presso le Filiali dei porti d'imbarco africani\ contro vaglia della Banca d'Italia, oppure a bordo delle navi in arrivo nei porti del Regno, a cura delle Filiali site nelle località dei porti di sbarco, con biglieu.'i circolanti nel Regno, ai presentatori che dovranno rimpatriare-34 .

Quando fu completata la produzione di un primo contingen­ te di biglietti per l'ammontare di 800 milioni,

' 4 ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1938, pp. 32-3. La descrizione dei quattro biglietti è alle pp. 50-60. ll Consiglio superiore autorizzò la- fabbricazione di banconote per un ammontare complessivo di 1.800 milioni. >5 La memoria, redatta nell'ottobre 1941, è conservata in ASBI, Direttorio­ Azzolini, 53/1/46. }6 lvi, 53/1146-7. ll 6.10.1938 Thaon di Revel informò Azzolini che «l'an­ ticipata pubblicazione del decreto ministeriale 28 marzo 1938 e la mancata tem­ pestiva emissione dei biglietti di serie speciale [ ... ] avrebbero creato grandi squi­ libri nel commercio dell'Impero, nel senso che vari commercianti di sudditanza estera (come arabi, greci, indiani ed ebbrei) si sarebbero affrettati a svendere la merce in deposito, anche a prezzo sottocosto, e ciò allo scopo di ricevere più moneta italiana possibile per contrabbandarla all'estero». La lettera è in ASBJ, Filiali coloniali, 9145/11165. 234 La Banca d'Italia in Africa VIII nel provvedimento un grosso colpo contro il loro ricco commer­ cio di contrabbando delle lire»37. n prematuro annuncio dell'emissione della «lira verde» fornì un'ulteriore, formidabile spinta all'esportazione dei biglietti con­ fermata da un rapporto al governo generale del console italiano a GibutPS.

[li Viceré] in un Suo successivo viaggio in Italia - prosegue la me­ moria di Bankitalia - ricevette nuovamente il Governatore al Quirinale e dopo una lunga conversazione si convinse pienamente dell' opportu­ nità, anzi della necessità, di effettuare senz'altro la sostituzione nell'Im­ pero dei biglietti metropolitani con biglietti di serie speciale e prese accordi perché si facesse il concentramento in attesa che Egli indicasse la data nella quale avrebbe potuto avere inizio la prima spedizione39•

Ultimata agli inizi del1939 la stampa dell'intero quantitativo dei biglietti in parola40, «il Ministro per gli Scambi e per le Valute, informato dalla Banca dell'imminente spedizione di essi nelle Fi­ liali dell'Impero, riferendosi alla precedente sospensiva, invitò la

37 Guarneri, Battaglie economiche cit., p. 830. Per gli avversari della «lira imperiale» (altra denominazione dei biglietti della serie speciale), la sua intro­ duzione avrebbe comportato fenomeni speculativi, rincaro del costo della vita, complicazione e confusione nei cambi. «Per convincerVi di quanto sopra- scri­ veva T eruzzi in un telegramma a Musso lini - basti sapere che la speculazione è già in atto e che nei contratti a scadenza sono già stati contemplati pagamenti in lire imperiali con lo sconto del 20%». Il telegramma del 27.1.1939 è in copia nel fondo Direttorio-Azzolini, 6/27/8. >8 «Indubbiamente in questi ultimi tempi si è accentuato il contrabbando della nostra valuta attraverso la frontiera franco-italiana dell' A.O.I. La causa principale è costituita certamente dalla prevista emissione dei biglietti di banca con circolazione limitata ai territori dell'Impero. Il desiderio di avere quì delle somme da poter sicuramente permutare in franchi in caso di necessità induce specialmente i piccoli commercianti ad intensificare oggi l'importazione di quei biglietti che potranno in prosieguo di tempo trovare un mercato internazionale. Tutte le richieste d'importazione senza cessione di valuta nascondono infatti una esportazione di biglietti già avvenuta o futura [. . .]. Una forma apparente e le­ galmente non perseguibile di esportazione di capitali è data dai compensi privati coi quali persone che hanno disponibilità in lire nell'A.O.I., le cedono ad altre che hanno invece franchi a Gibuti. Queste operazioni avvengono generalmente a mezzo di assegni bancari ad un corso più basso di quello dei biglietti di ban­ ca». Citazione tratta da G. De Rosa, Storia del Banco di Roma, vol. III, Roma 1982, pp. 160-1. 39 ASBI, Direttorio-Azzolini, 53/1/46. 4°Furono emesse banconote per un importo complessivo di 2.2985 milioni a fronte di un importo autorizzato di 2.300 milioni. XV La circolazione monetaria in Etiopia 235

Banca a soprassedere, in attesa che si addivenisse alla definitiva soluzione del problema»41. Fallì ingloriosamente un provvedimento - come osservò iro­ nicamente Guarneri - effettivamente diretto a colpire interessi contrastanti con quelli del paese che, al contrario, <

41 ASBI, Segretariato, Memoria cit., corsivo aggiunto. Teruzzi telegrafò a Mussolini chiedendogli «di considerare se non sia il caso di rinunciare a questo provvedimento [. .. ] è mia opinione netta che esso riuscirà molto dannoso e che non verrà a compensare questo danno il vantaggio della minore uscita di valuta di contrabbando tanto più in vista di un regolamento prossimo, violento o pa­ cifico, della questione Gibuti». Telegramma cit., del27.1.1939 (per la citazione, 6/27/9). 42 Guarneri, Battaglie economiche cit., p. 830. 43 Accanto a «insistenti, fortissime richieste di biglietti» che avevano deter­ minato l'aumento più consistente della circolazione registrato dall'inizio dell'at­ tività di Bankitalia (23, 7 miliardi), si era verificato il mancato riflusso dei bi­ glietti nelle casse dell'Istituto. Tra i provvedimenti adottati per fronteggiare la crisi fu disposto l'utilizzo dei «biglietti verdi»: «grazie a questa scorta straordi­ naria, si è potuto fare un rifornimento cospicuo a molte Filiali della Banca e soprattutto a Milano, Torino e Genova». ASBI, Segretariato, Verbali del Con­ siglio superiore, 1942, p. 218 e B.I., Adunanza per tl1942, pp. 123-40. 236 La Banca d'Italia in Africa VIII tinaia di milioni di talleti esistenti in Etiopia, la raccolta n.e ha raggiunti appena 600 mila, mentre il prezzo, che prima si aggi­ rava sulle L. 10,50 è salito a L. 20 e, in alcune zone, perfino a L. 35 per tallero»44 . L'opposizione degli ambienti coloniali alla politica valutaria del governo centrale fece un'illustre vittima: Enrico Cuccia, uno dei protagonisti della vita finanziaria del dopoguerra. Per effetto del R.D.L. 8.6.1936, n. 113lle competenze del Sottosegretariato per gli Scambi e le Valute erano state estese all'A.O.I.45. Ogni trasferimento di divise o lire in favore dell'estero fu sottoposto alla preventiva autorizzazione di una delegazione speciale del Sottosegretariato. Ad Addis Abeba l'incarico venne affidato ad E. Cuccia e G. Ferlesch46 • La loro attività incontrò ostacoli non indifferenti, «non ulti­ ma l'ostilità degli uomini preposti al governo dell'Impero». Con termini più espliciti di quelli usati da Guameri47, Angelo Del Boca precisa che i due funzionari furono vittime dell'ostilità .del viceré Graziani che ne chiese il rimpatrio con questa motivazio-

44 Era stato inoltre necessario ottenere da Roma il permesso di fare asse­ gnamento sui tali eri del Tesoro depositati presso le filiali di Bankitalia per un quantitativo di circa 3 milioni. La lettera del 2.10.1940 è in ASBI, Filiali colo­ niali, 5527/2/129 (per la citazione, 5527/2/134). 45 Con decreto del maggio 1936 furono istituiti nei cinque governi dell'im­ pero delegazioni del ministero per gli Scambi e le Valute i cui compiti furono rosì sintetizzati dal direttore della filiale di Massaua: «a) infrenare la spendita di valuta estera limitando! a alle vere e proprie necessità; b) stimolare tutte le attività in qualunque modo potessero produrre divisa estera; c) assecondare .tutte le ini­ ziative commerciali e industriali nascenti che, se non immediatamente, a lungo andare potessero conquistare i mer.cati esteri; d) studiare e mettere in opera tutti i provvedimenti atti ad impedire la fuoriuscita di valuta estera e italiana». n giu­ dizio di Raffaldi è negativo: «si può affermare, senza tema di smentite, che dopo circa due anni di permanenza in A.O.I. dei Delegati, i risultati conseguiti sono pressoché contrari a quelli attesi». Relazione di Asmara sull937, cit., 5531/1/216. 46 Cuccia era stato alle dipendenze di Bankitalia «ed ebbe da questa inca­ richi anche presso le Rappresentanze a Londra e a Parigi della Banca e dell'Isti­ tuto dei Cambi». Successivamente passò alle dipendenze dell'IRI. G. Ferlesch, J;appresentante dell'ICE, si occupava delle esportazioni. 47 Guarneri, Battaglie economiche cit., p. 631. Picucci in una lettera ad Az­ zolini del 4 agosto fornì una versione diversa affermando che il comitato degli $cambi e delle Valute «operando sempre con criteri rigidi, nel senso però di una giusta ed obiettiva valut:

48 A. Del Boca, Gli italiani in Africa Orientale. La caduta dell'Impero, Mon­ dadori, Milano 1992, p. 183. Cuccia venne sostituito da Roberto Corvo.

Parte quarta

LA BANCA D'ITALIA NEL PERIODO POSTBELLICO

XVI

LE FILIALI COLONIALI NEL PERIODO POSTBELLICO l. Introduzione

L'offensiva italiana nell'estate del 1940, culminata con l'oc­ cupazione del Somaliland e con la conquista di Sidi el Barrani, fu di breve durata ed ebbe scarsa incidenza sull'andamento della guerra. La controffensiva britannica, iniziata nel gennaio successivo, si concluse in Africa orientale il 27 novembre con la caduta di Gondar; in Africa settentrionale le vicende belliche si protrassero, con alterne vicende, fino al23 gennaio 1943 con l'occupazione di T ripoli, che segnò la fine della presenza italiana in Africa 1• Durante questo periodo quali furono le condizioni nelle qua­ li operarono le filiali di Bankitalia e, questione ancora più rile­ vante, quali furono le condizioni di vita degli italiani? Le risposte date sul piano ufficiale sono carenti. La relazione della Banca d'Italia per il1941 (ma presentata il30 marzo succes­ sivo) si limita ad affermare che le filiali dell'A.O.I. «hanno conti­ nuato ad operare sino all'ultimo» e che il lavoro delle consorelle

1 Più esattamente l'ultima resistenza militare in Tunisia si concluse il 13 gennaio 1943: «la Prima Armata ha cessato stamani la resistenza per ordine del Duce» (bollettino di guerra n. 1038). La caduta della Libia produsse grande impressione. Ricorda Paolo Monelli:

Tab. 11. Le filiali della Banca d'Italia dopo l'occupazione britannica

Asmara Occupazione: 1.4.1941 Ripiegamento dei valori: Addis Abeba Ripiegamento della filiale: - Chiusura degli sportelli: 3 13.1941 Riapertura degli sportelli: 13.5.1941 Chiusura definitiva: 30.4.1958 Massaua Occupazione: 8.4.1941 Ripiegamento dei valori: Addis Abeba Ripiegamento della filiale: Ghinda, Asmara Chiusura degli sportellì: 8.4.1941 Riapertura degli sportelli: 22.9.1941 Chiusura definitiva: 1.1.1955 Assab Occupazione: 11.6.1941 Ripiegamento dei valori: Addis Abeba Ripiegamento della filiale: Assab piccolo Chiusura degli sportelli: 31.8.1941

2 B.I., Adunanza per il1941, pp. 128-9. > B.I., Adunanza per il 1942, pp. 113-4. Corsivo aggiunto. XVI. Le filiali coloniali nel periodo postbellico 243

Mogadiscio Occupazione: 25.1.1941 Ripiegamento dei valori: Addis Abeba Ripiegamento della filiale: - Chiusura degli sportelli: 25.1.1941 Riapertura degli sportelli: marzo 1941 Chiusura definitiva: 31.12.1944 Chisimaio Occupazione: 13.2.1941 Ripiegamento dei valori: Addis Abeba Ripiegamento della filiale: Mogadiscio Chiusura degli sportelli: 13.2.1941 Merca Occupazione: febbraio 1941 Ripiegamento dei valori: Addis Abeba Ripiegamento della filiale: Mogadiscio Chiusura degli sportelli: 13.2.1941 Addis Abeba1 Occupazione: 6.4.1941 Ripiegamento dei valori: Gimma Ripiegamento della filiale: Asmara Chiusura degli sportelli: 5.4.1941 Riapertura degli sportelli: 1.7.1941 Chiusura definitiva: 4.2.1942 Dire Daua Occupazione: 26.3.1941 Ripiegamento dei valori: Addis Abeba Ripiegamento della filiale: Harar, Addis Abeba, Asmara Chiusura degli sportelli: 26.3.1941 Riapertura degli sportelli: 8.4.1941 Chiusura defmitiva: 16.4.19412 Dessié Occupazione: 26.4.1941 Ripiegamento dei valori: Addis Abeba Ripiegamento della filiale: Addis Abeba, Asmara Chiusura degli sportelli: 26.4.1941 3 Gon dar Occupazione: 27.11.1941 Ripiegamento dei valori: Addis Abeba Ripiegamento della filiale: Asmara Chiusura definitiva: 27.11.1941 Gimma Occupazione: 21.6.1941 Ripiegamento dei valori: Addis Abeba Ripiegamento della filiale: Addis Abeba, Asmara Chiusura degli sportelli: 21.6.1941 Riapertura degli sportelli: 17.11.1941 Chiusura definitiva: 31.12.1941 Harar Occupazione: 26.3.1941 Ripiegamento dei valori: Addis Abeba Ripiegamento della filiale: Addis Abeba, Asmara Chiusura degli sportelli: 26.3.1941 Riapertura degli sportelli: 8.4.1941 Chiusura definitiva: 16.4.1941 244 La Banca d'Italia in Africa VIII

T ripoli Occupazione: 23.1.1943 Trasferimento dei valori: Italia Trasferimento della filiale: - Chiusura degli sportelli: 21.1.1943 Bengasi Occupazione: cfr. prospetto di p. 271 Ripiegamento dei valori: Tripoli Ripiegamento-della fùiale: Guarscia, Tripoli Chiusura della filiale: cfr. prospetto di p. 271 Rodi Occupazione: 9.3.19434 Ripiegamento dei valori: Potenza Ripiegamento della fùiale: ....5 Chiusura degli sportelli: 11.5.1945 1 La dipendenza di città venne chiusa 1'11.3.1941. 2 Da settembre a dicembre venne effettuato un servizio volante trisettimanale. Nel mese di dicembre la filiale non venne riaperta. 3 La filiale di Dessié non venne riaperta al pubblico perché il numero di italiani nel ter­ ritorio non superava le 500 unità. 4 L'isola venne occupata dalle forze anglo-americane 1'11 maggio 1945. 5 La filiale ebbe uno sportello staccato nella località di Campochiaro.

2. Africa orientale

Nelle ex colonie dell'Eritrea e della Somalia, dove gli inglesi sono i soli arbitri della situazione e dove il rapporto tra ex dominati ed ex dominatori è ancora buono, gli italiani riescono a conservare qualche strumento di difesa e di autogoverno, mentre in Etiopia dove i rapporti fra inglesi ed abissini presto si guastano per reciproci sospetti ed intol­ leranze, la comunità italiana si trova più esposta a pressioni, ricatti e strumentalizzazioni e [ ... ] sarà la prima ad essere radicalmente ridimen­ sionata con una serie massiccia di deportazioni4•

«L'angolo più tranquillo, per gli italiani, è la vecchia Eritrea, dove tra vincitori e vinti si stabiliscono subito nuovi rapporti», in quanto, come ha osservato Del Boca, gli inglesi non solo ascol­ tarono il parere degli alti funzionari italiani ma li lasciarono in carica. Sino al dicembre 1942, «1' amministrazione dei territori dell'Eritrea, pur sotto il controllo britannico resta affidata agli

4 A. Del Boca, Gli italiani in Africa Orientale. La caduta dell'Impero, Mon­ dadori, Milano 1992 (d'ora in avanti citato come La caduta dell'Impero), p. 534. Del Boca ha raccolto numerose testimonianze di residenti alcuni dei quali, al loro rientro in Italia, pubblicarono libri di ricordi (pp. 533-93). Corsivi aggiunti. XVI. Le filiali coloniali nel periodo postbellico 245

organi italiani, i quali continuano ad applicare le leggi di Roma, salvo le modifiche apportate dai bandi militari>:-5. In Somalia - superato lo sgomento iniziale e un senso di iso­ lamento diffuso tra gli italiani6 - il trapasso dei poteri avvenne senza gravi traumF. Peggiore - come ricordato - la situazione dei residenti in Etiopia. Duemila persone appartenenti ai ruoli dell'amministra­ zione (compresi i dipendenti di Bankitalia) e privati considerati indesiderabili furono deportate a Dire Daua e nel Kenya.

Oggi, 21 aprile, è arrivato ad Harar il figlio del Negus trionfante e vincitore. Ora sono i neri che comandano - annota nel diario Anna Maria Mòglie, consorte di Carlo impiegato di Bankitalia a Dire Daua - davanti alla casa ci sono le guardie del Negus che montano la sentinella [. .. ]. Quando si esce, bisogna per forza passare davanti a loro che ogni volta si mettono in posizione di sparo. Ormai siamo più in pericolo noi qui che al fronteS.

5 lvi, pp. 534-5. 6 «Né libri, né posta, né trasmissioni radio che non siano quelle addome­ sticate di Nairobi e di Londra [ ... ]. A volte quasi ci chiederemmo l'un l'altro se abbiamo conservato una patria. Quì, estranei all'Italia, ancora più estranei al­ l'Inghilterra, ci sentiamo dei bastardi, dei figli di nessuno». Testimonianza di A. Bullotta, ivi, p. 533. Nel1949la signora Bullotta ha pubblicato presso Garzanti, La Somalia sotto due bandiere. 7 Lo sgomento iniziale dipese anche dal fatto che l'occupazione di Moga­ discio aveva colto di sorpresa le autorità. Il 28 febbraio Ferrini telegrafò a Ro­ ma: «occupazione città da parte nemico est avvenuta fulmineamente a causa di sbarco di truppe inglesi che nostro comando militare non prevedeva cosl imme­ diato». In un dispaccio del5 marzo si precisava che l'occupazione era avvenuta «fulmineamente causando panico fra popolazione et autorità che ritennero ne­ mico non avanzasse così rapidamente [. .. ]. A Mogadiscio est rimasto questore polizia AOI cui autorità inglesi hanno affidato ordine quella città». I due tele­ grammi sono in ASBI, USC, c. 128. Il corsivo è aggiunto. 8 Del Boca, La caduta dell'Impero cit., p. 533. Corsivo aggiunto. La signora Mòglie è l'autrice di un diario (L'Africa come amore, Trevi, Roma 1948) citato ampiamente da Del Boca che lo considera documento che consente di «seguire l'ascesa della donna italiana in AOI» (p. 557). Una testimonianza raccolta dal direttore della sede di Milano al rientro della signora Mòglie in Italia è conser­ vata in ASBI, fondo cit., c. 83. In questo fondo sono conservate numerose te­ stimonianze di familiari di dipendenti che servono, in qualche misura, a com­ pensare la scarsità di informazioni dalle filiali coloniali a causa dell'embargo posto dalle autorità britanniche all'invio di scritti fuori della colonia. 246 La Banca d'Italia in Africa VIII

La situazione non migliorò nonostante il negus, a causa della ostilità britannica, avesse ricercato un accordo con gli italiani, quasi un preludio al loro ritorno in Etiopia9 • Mussolini riferì al Consiglio dei ministri in merito a questi contatti: «si prospetta la possibilità pel nostro ritorno nell'Impe­ ro per cui l'Italia darà certamente l milione di volontari; d'una formula che riconosca al Negus una specie di principato simbo­ lico, tipo sultanato del Marocco»10• Le trattative segrete tra emissari dell'imperatore e della co­ munità italiana di Addis Abeba - svoltesi tra la primavera e l'estate del1942- vennero interrotte a novembre quando si de­ lineò con chiarezza la vittoria degli alleati nel Nord Africa. Nel frattempo era stato concluso un trattato anglo-etiopico con il quale era sancita l'indipendenza dell'Etiopia ma non la norma­ lizzazione delle relazioni in quanto il trattato - come ha annotato uno storico britannico - «retained special privileges which con­ stituted in Ethiopians eyes an irritating slight on national sov­ ereignity»11.

9 La signora Clara Bozzo ricorda: «gli indigeni, residenri in città, si sono comportati nel complesso correttamente. Si dice anche, che, mentre nel primo momento accolsero gli inglesi con una certa simpatia, in seguito avrebbero cam­ biato opinione dimostrando di preferire gli italiani>>. Fondo dt., c. 128. Corsivo aggiunto. Dichiarazione rilasciata nel luglio 1942 dopo il suo rientro in Italia. L'attrito era determinato principalmente dal comportamento dei funzionari del­ l'OETA che stavano

3. Africa settentrionale

«La presenza della guerra, il continuo bombardamento dei porti di T ripoli e di Bengasi, il ripetuto e devastante passaggio de­ gli eserciti sulle regioni della Cirenaica, causano alla popolazione civile della Libia, italiana ed araba, danni incalcolabili e grandi sofferenze»12• n porto di T ripoli, dove affluiva la quasi totalità dei rifornimenti, divenne l'oggetto preferito delle incursioni nemiche: nel triennio 1940-42 si contano, in base alle segnalazioni delle fi­ liali, 173 incursioni13 • n più distruttivo fu il bombardamento ae­ reo-navale del21 aprile 1940 nel quale persero la vita il direttore della filiale Ernesto Pantaleoni e il cassiere Luigi Angelozzi con le rispettive famiglie, il segretario Corrado Saltelli e il direttore dei Magazzini generali Teodoro Teodorani14• Le autorità d'occupazione mantennero con la popolazione italiana un rapporto discontinuo con alti e bassi o, per dirla con Del Boca, «un rapporto difficile, caratterizzato dalla reciproca diffidenza e disistima»15• Un netto peggioramento si verificò nel giugno 1944 sebbene gli italiani fossero schierati da tempo a fianco degli alleati seppure nell'ambiguo rapporto detto di «co­ belligeranza>>.

Le relazioni fra forze di occupazione e popolazione civile - si legge in un documento riservato inviato al premier Bonomi - che ancora ver­ so la metà dell'anno erano abbastanza amichevoli, e avevano favorito una certa ripresa della vita tripolina, sono da allora peggiorate16• Dopo

12 A. Del Boca, Gli italiani in Libia. Dal fascismo a Gheddafi, Laterza, Ro­ ma-Bari 1988 (d'ora in avanti citato come Dal fascismo a Ghedda/t), p. 310. 13 Le «notizie mensili» sono conservate in ASBI, USC, c. 214. 14 ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1941, p. 81. Nel rie­ vocare questo bombardamento Roberto Nunez-Vais (Reminescenze tripoline, pp. 54-5) annota: «il rifugio sotterraneo della Banca d'Italia, che sembrava uno dei più sicuri della città, è stato centrato in pieno da un proiettile da 305 e tutti gli occupanti sono morti». Citazione da Del Boca, Dal fascismo a Gheddafi cit., p. 311. 15 lvi, p. 329. L'occupazione inglese, ha osservato Nunez-Vais, provocò «il capovolgimento di una realtà privilegiata e la fine di quei postulati d'orgoglio, di sicurezza e di benessere che gli italiani di Tripoli ritenevano di aver ormai ac­ quisito per tutti i tempi a venire» (p. 327). 16 lvi, pp. 331-2, corsivo aggiunto. Nel luglio 1947, riferendo sugli esiti di una missione in Libia, l'ispettore Mario Conti riferì che «la grande maggioranza degli italiani è rimasta con le idee del gennaio 1943»; per reazione al comporta- 248 La Banca d'Italia in Africa VIII il giugno 1944 le autorità britanniche hanno impartito agli ufficiali istru­ :doni di non fraternizzare con la popolazione italianal7 •

4. Le misure di sicurezza

Nel periodo precedente l'entrata in guerra, l'Ispettorato del credito- attraverso l'Ufficio speciale di coordinamento (USC) 18 - aveva predisposto una serie di misure per «porre la compagine creditizia nazionale in grado di risentire il meno possibile le ri­ percussioni del passaggio allo stato di guerra»19• Nei confronti delle filiali d'oltremare vennero emanate «istruzioni precauzio­ nali di massima» da attuare in stato di necessità. Al direttore del­ la filiale di Addis Abeba venne conferito il potere di diramare, senza dover interpellare preventivamente Via Nazionale, le istru- mento tenuto dalle forze britanniche, <>. Analogamente il «Daily Telegraph» (22 aprile) ricordava che la popolazione civile fu molto sorpresa che in seguito alla mutata situazione politica dell'Italia, «le autorità britanniche d'occupazione mantenessero le di­ sposizioni di non fraternizzazione, che furono invece in vigore fino a pochi mesi fa [. .. ] quando la non fraternizzazione fu abolita, era troppo tardi per sanare il risentimento della massa italiana». 18 L'USC era espressione di Bankitalia e dell'Ispettorato del credito alle di­ rette dipendenze del governatore-capo dell'Ispettorato. Memoria di Mario Pen­ nacchio, titolare designato dell'ufficio, ASBI, USC, c. 305. Le direttive per l'or­ ganizzazione delle aziende di credito in situazione d'emergenza furono emanate con lettera a stampa del 23 settembre e riguardavano: a) la sostituzione del per­ sonale richiamato alle armi; b) la concentrazione delle filiali site in territori li­ mitrofi; c) il trasferimento dei valori e dei documenti in località più sicure; dJ l'arretramento degli uffici in zone meno esposte; e) la predisposizione delle nor­ me per la ricostruzione della contabilità; f> la difesa antiaerea. 19 B.I., Adunanza per il 1940, p. 60. XVI. Le filiali coloniali nel periodo postbellico 249 zioni del governo generale e, in caso di temporanea occupazione di qualche piazza, di disporre che il direttore restasse sul posto con alcuni impiegati per tutelare gli interessi dell'Istituto. In tal modo si realizzava di fatto quella supremazia sulle consorelle dell' Mrica orientale più volte richiesta e mai formalizzata20• Queste istruzioni di massima - valide anche per le altre ban­ che italiane - riguardavano: a) la predisposizione e l'aggiornamento degli elenchi riepilo­ gativi dei valori di tesoreria e di banca; b) l'invito ai depositanti a ritirare i valori e, se irreperibili, a darne comunicazione all'ultimo domicilio noto dell'avvenuto tra­ sferimento; c) l'arretramento in località più sicure dei valori di tesoreria e delle merci in deposito dietro ordine scritto delle autorità e sotto la scorta di impiegati della Banca e di militari; d) il funzionamento della filiale fino all'ordine, eventuale, del ripiegamento; e) la salvaguardia del portafoglio, dei titoli di credito e dei do­ cumenti contabili: «qualora non si riuscisse di arretrarli, i titoli e i documenti in questione, sarebbero stati immessi nelle sacristie o nelle casseforti che verranno lasciate aperte, asportando le chiavi»; /) l'abbruciamento e la dispersione dei valori, delle merci in deposito e dell'archivio riservato qualora non sia possibile porli al riparo21.

20 <>, memoria senza data, ASBI, USC, c. 126. A conferma di que­ ste direttive Azzolini spedì ad Addis Abeba questo telegramma: «confermo et chiarisco che senza interpellarmi preventivamente restate autorizzato diramare altre filiali impero disposizioni accompagnate da relative istruzioni esecutive che codesto Governo generale A.O.L riterrà d'impartire d'accordo con voi aut da voi promosse in rapporto avvenimenti anche per aziende di credito». Dispaccio del 9 febbraio, ASBI, Filiali coloniali, 9144/1/323. 21 Queste disposizioni vennero comunicate riservatamente alle direzioni ge­ nerali della BNL, del Banco di Roma e del Banco di Napoli in quanto queste aziende avevano ordinato alle dipendenze dell'A.O.L di seguire le istruzioni di Bankitalia. All'amministratore delegato del Banco di Roma Veroi che aveva espresso perplessità su alcune disposizioni, Azzolini rispose che si trattava di indicazioni di massima da attuare soltanto sulla base di ordini scritti del governo generale o dei governi locali, la cui osservanza rappresentava un caso di forza maggiore che esonerava le banche da ogni responsabilità derivante dalla esatta esecuzione dei provvedimenti e forniva una prova precostituita per eventuali contestazioni. Lettera del 7.3.1941, ASBI, USC, copialettere n. l, pp. 249-51. 250 La Banca d'Italia in Africa VIII

n governo generale dichiarò «città aperte» tutti i principali centri dell'impero che dovessero essere occupati: conseguente­ mente «la vita civile ed economica dovrebbe continuare a svolger­ si normalmente per quanto consentito dalle circostanze»; Banki­ talia e le altre aziende di credito sarebbero rimaste sul posto per sopperire alle esigenze locali, sebbene la Commissione consultiva per il diritto di guerra22 avesse espresso parere negativo, tratte­ nendo quella parte dei valori corrispondenti al credito dei depo­ sitanti23. La dotazione, inizialmente stabilita in una quota di biglietti di banca pari al 25 per cento dei depositi e di biglietti di Stato pari al 5 per cento di detto importo24 , venne successivamente ridotta al 15 per cento, «stabilendosi che dovrà essere calcolata sul residuo dei depositi privati non trasferiti in Italia, con esclu­ sione cioè di quelli presso la Banca di pertinenza delle aziende di credito»25• Vennero anche impartite istruzioni alle filiali al fine di limi­ tare al massimo le nuove operazioni26 e di favorire il deflusso del

22 Lettera di Azzolini al ministero degli Esteri del 20.2.1941, fondo e loc. cit., pp. 212-3. 23 La Commissione aveva espresso «avviso contrario lasciare valori et titoli presso Banche per il loro funzionamento durante eventuale occupazione. Anche se occupante applicasse convenzione internazionale capitali, crediti esigibili, be­ ni immobili appartenenti pubblica amministrazione [ ... ] potrebbero passare pos­ sesso occupante stesso. Ciò implicherebbe gravissimo pericolo per valori et titoli detenuti nostra Banca et grave pericolo per aziende specie istituti diritto pub­ blico». Citazione dalla lettera di Speranza al direttore di Asmara del31.10.1941, ASBI, Filiali coloniali, 340/1/412. Speranza esprimeva parere negativo alla pro­ posta di chiedere alle autorità di controllo la restituzione delle somme versate al CEP (Custodian Enemy Property), oltre che per le ragioni indicate nel testo, anche perché nell'ipotesi della chiusura definitiva delle banche in Eritrea, in quel momento ritenuta prossima, queste «sarebbero state costrette a consegnare al CEP, in nome proprio, anziché in nome di privati, tutto il disponibile liquido in suo possesso al momento di detta chiusura». lvi, 344/1/413. n corsivo è nel­ l'originale. 24 Azzolini alla direzione generale del Tesoro, lettera del 25.2.1941, ASBI, USC, copialettere n. l, pp. 239-41. Ferrini aveva chiesto di limitare la scorta dei biglietti di banca al 10%, ferma restando la quota dei biglietti di Stato e delle monete. 25 Lettera del3.4.1941, stessi mittente e destinatario, ASBI, Filiali coloniali, 5534/1/6 (per la citazione, 5534/1/8). 26 «Filiali impero seguiranno criterio di massima [di] non accogliere richie­ ste inconsuete e comunque tendenti addossare nostra Banca rischio custodia valori. Potranno invece accogliere operazioni normali bisogni et per banche an- XVI. Le filiali coloniali nel periodo postbellico 251 risparmio attraverso una sorta di mora! suasion nei confronti dei depositanti riducendo gli interessi ed effettuando il trasferimento telegrafico senza spese27. In base a queste disposizioni i valori, i titoli e i documenti vennero inviati alla filiale capofila di Addis Abeba. Per l'ingente lavoro di verifica e di verbalizzazione degli stessi, e per «impri­ mere un ritmo più celere [alle] altre operazioni tendenti a faci­ litare affluenza risparmio in Italia», venne chiusa la dipendenza di città a decorrere dall' 11 marzo28 e fu richiesta l'assegnazione degli impiegati resi disponibili dalla chiusura dello sportello di Argeisha e dell'arretramento della filiale di Dire Daua presso la consorella di Harar29. Tra il l o marzo e il 3 aprile la sezione di Tesoreria effettuò pagamenti per l. l 00 milioni. I trasferimenti in Italia attraverso i giroconti ebbero il seguente andamento3°: febbraio 1941 n. 429 rimesse per 56,3 milioni marzo » » 1.391 » » 128,2 » aprile » (primi 4 giorni) » 254 » » 38,6 »

In prossimità dell'occupazione nemica in tutte le filiali si pro­ cedette alla distruzione dei valori. Particolarmente drammatica quella effettuata il27 novembre 1941 a Gondar già occupata dal- che per ritiri fondi da parte loro clientela». Azzolini a Ferrini, dispaccio del 21.2.1941, ASBI, USC, c. 128. 27 Telegramma del governatore a Ferrini del 3 marzo, fondo cit., c. 126. Un dispaccio del20 marzo informava i direttori che «scopo favorire depositanti», le filiali avrebbero potuto trasferire loro fondi presso Amministrazione centrale mantenendo le stesse condizioni: «avvertire interessati che somme trasferite po­ tranno essere utilizzate nel Regno aut ritrasferite anche parzialmente costì». ASBI, fondo cit., c. 132. Nel periodo 1/4-15/5 1941la filiale di Gimma eseguì 2.016 trasferimenti in Italia per un ammontare di 224,3 milioni. Cfr. <

Sin dal mattino lo stabile della Banca era stato mitragliato: «i piani inferiori, la sala del pubblico e gli uffici della Banca andavano riem­ piendosi di fuggiaschi cercanti riparo dalle bombe, dalle raffiche di mi­ traglia e per sfuggire ai ribelli che per primi occupano e saccheggiano la periferia». La stanza in cui avvenne la distruzione dei valori era al pri­ mo piano dello stabile ancora in costruzione: «tuttavia l'operazione di abbruciamento poté effettuarsi con il massimo scrupolo per il perfetto e coraggioso atteggiamento del Personale della Banca e degli assistenti all'operazione [ ... ]. A qualche ora dall'avvenuto ab bruciamento i carri armati inglesi avevano il controllo della Banca e la bandiera inglese ven­ ne issata in una delle torrette»31.

Complessivamente furono bruciati biglietti di banca e di Sta­ to e altri valori per un importo superiore al miliardo di lire32• Alla data di chiusura le filiali delle banche italiane possedevano in cassa «un ammontare totale di numerario pari a Lit. 130.997.100 a fronte di una consistenza complessiva di depositi in conto corrente pari a Lit. 847.535.100 suddiviso fra 144.660 conti di deposito>:-33. La materiale gestione dei valori, in particolare delle monete d'argento che avevano una consistenza di circa 93 quintali, si pre­ sentava molto onerosa. Ferrini ottenne l'autorizzazione a rimette­ re in circolazione le monete d'argento fuori corso, analogamente a quanto era già stato fatto per quelle di nichelio34. Furono anche

·31 «Rapporto esplicativo del verbale di abbruciamento» redatto dal consi­ gliere S. D'Angelo, inserito nella relazione del direttore della filiale di Gondar del 13.1.1946 (di seguito citata come Relazione di Gondar), ASBI, Ispettorato generale, pratica M l, c. 8, pp. 17-8. Anche a Gimma, dove in aprile erano stati inviati cospicui rifornimenti di valori («1420 colli per un valore complessivo di 300 milioni»), l'abbruciamento avvenne in condizioni drammatiche perché si dovevano anche consegnare alle autorità militari i valori (oro, valute estere, tal­ Ieri) che costituivano il «tesoro di guerra». Relazione di Gimma '42, cit., p. 2. 32 A. Giordano (capo ufficio ad Addis Abeba), relazione al governatore del 25.2.1943, ASBI, USC, c. 126. 33 A. Mauri, C. Caselli, Moneta e credito in Etiopia, Giuffrè, Milano 1986, p. 57. 34 «Ciò permetterebbe anche di sostituire, per un pari valore, la spendita di biglietti di stato i quali [ ... ] possono essere facilmente bruciati». In particolare, XVI. Le filiali coloniali nel periodo postbellico 253 distribuite a partire dal l o aprile banconote della serie speciale A.O.I. (D.V. 1.4.1941). Relativamente all'oro depositato in Banki­ talia, Ferrini avvertì Via Nazionale che il governo generale lo ave­ va posto a disposizione delle autorità militari, mentre si sarebbe proceduto alla fusione dell'oro non monetato «in lingotti [di] eguale peso lordo onde facilitarne la commerciabilità se necessa­ rio»35.

«in seguito arretramento valori di quasi tutte consorelle impero», giacevano presso la filiale monete da 20 lire per tm ammontare di L. 2.692.980 e da 10 lire per L. 6.591.210. Lettera di Azzolini alla direzione generale del Tesoro del 21.3.1941. ASBI, fondo cit., c. 128. 35 Nella Relazione di Gondar cit. (p. 4) viene riferito che il governo del­ l' Asmara richiese al governo generale (ripiegato a Gimma) un rifornimento di oro. Furono inviati gr. 67.338, al titolo di 900/1.000, che vennero trafilati e tagliati <

XVII

LE FILIALI DELL'AFRICA ORIENTALE l. L'occupazione britannica

La situazione militare cominciò a peggiorare agli inizi del 1941: a febbraio caddero Chisimaio, Merca e Mogadiscio; il 6 aprile fu la volta di Addis Abeba dove era ripiegato, con le fa­ miglie, il personale delle filiali di Dire Daua e di Harar1• Il 21 febbraio Ferrini telegrafò a Roma:

Situazione militare impero presentasi molto delicata. Consiglio di guerra [. .. ] sta esaminando opportunità allontanamento da Addis Abeba donne e bambini su città che non danno preoccupazioni nei riguardi elementi indigeni anche se esposte occupazione esercito nemico. Per Gondar è in corso evacuazione donne e bambine su Asmara. Circa So­ malia, Consiglio di guerra ha ricevuto notizie che prospettano situazio­ ne estremamente grave2.

La preoccupazione maggiore era rappresentata dalle scorrerie e dalla violenza da parte degli indigeni nel momento immediata­ mente successivo alla partenza delle truppe italiane. Il l o aprile, annunciando come imminente l'occupazione di Addis Abeba, Ferrini telegrafò:

1 ll 17.6.1940 A.M. Mòglie annotò nel diario: «dichiarano Dire Daua zona di guerra e di conseguenza le donne e i bambini devono partire [ ... ]. La Banca si interessa per trasferirli [ ... ] alla cosidetta 'Casa degli scapoli' di Harar». A.M. Mòglie, L'Africa come amore, Trevi, Roma 1948, p. 38. La casa degli scapoli era una palazzina dov'erano ospitati gli impiegati scapoli o senza famiglia al seguito. 2 Ferrini al governatore, ASBI, USC, c. 126. 256 La Banca d'Italia in Africa VIII

Momento critico, che si spera sia breve, sarà quello che passerà fra abbandono da parte di nostre truppe et entrata di truppe nemiche. È infatti da temere che elementi indigeni ribelli che urgono nelle vicinan­ ze della città in numero rilevante si abbandonino al saccheggio3•

Fortunatamente la situazione risultò meno tragica del previ­ sto e può essere sintetizzata da questa testimonianza della signo­ ra Bozzo, moglie di un segretario addetto alla filiale della capitale etiopica: «durante l'occupazione inglese, vita morale molto an­ gustiata, vita materiale discreta a prezzi però altissimi»4• La direzione della filiale si preoccupò di rendere meno pe­ santi le condizioni di vita del personale:

Poco prima che fosse occupata Addis Abeba - ricorda l'ispettore Ferrini - furono corrisposti otto mesi di stipendio, successivamente però recuperati [ ... ]. La filiale ebbe poi modo di erogare, a favore del personale, che già risentiva le conseguenze dell'aumentato costo della vita, una partita di talleri d'argento M.T., assegnati contro pagamento di Lit. 20 l'uno, dal Governo Generale dell'A.O.P.

Inoltre, quando la popolazione italiana venne obbligata a tra­ sferirsi dal centro della città in zone di sicurezza, «gli impiegati della filiale furono alloggiati in un palazzo di proprietà della Ban­ ca, quasi ultimato. In tal modo, oltre a conseguire una migliore loro protezione della vita, fu possibile utilizzare tutti convenien­ temente, per circa un anno, nei lavori di banca»6 .

3 ll bollettino di guerra n. 304 (7.4.1941) annunciò: «Addis Abeba è stata sgombrata per evitare vittime tra la popolazione civile. La popolazione bianca vigilata dalle nostre forze di polizia non ha subìto offese». 4 Dichiarazione raccolta nel luglio 1942 dal direttore della filiale di Pisa, ASBI, USC, c. 126. 5 Lettera di Ferrini a Einaudi dell9.6.1945, p. 5, ASBI, Ispettorato gene­ rale, pratica M1, c. 7. Quando le truppe italiane evacuarono la capitale, gli im­ piegati ricevettero una seconda assegnazione di valuta per mitigare i disagi de­ rivanti dalla introduzione della sterlina (EA). Anche nelle altre filiali furono effettuate cessioni di talleri alla popolazione civile. Il governo dei Galla e Sidama, ad esempio, fece distribuire dalla fùiale di Gimma n. 261.600 talleri al prezzo di 30 lire; inoltre un milione di talleri venne assegnato al locale co­ mitato di assistenza pubblica presieduto dal vicario apostolico mons. Santa. <

il 3 aprile un telegramma annunciò: «in questo momento Uf­ fici Governativi lasciano Addis Abeba per Gimma mentre nostro esercito est diretto località sconosciuta per operare resistenza fi­ no all' estremo»7.

2. L'organizzazione britannica di controllo

Tra le prime misure adottate dai comandi britannici dopo il loro arrivo nei vari centri dell'impero ci fu l'occupazione delle sedi delle banche italiane chiuse al pubblico. Successivamente le stesse furono sottoposte all'autorità della Occupied Enemy Territ­ ory Administration (OETA). Alle dipendenze del comando del­ l'East Mrica a Nairobi operava il Controller o/ Banking and Fin­ ance con giurisdizione sull'Etiopia e sulla Somalia; le banche del­ l'Eritrea erano invece amministrate dal Controller o/ Banking an d Exchange dipendente dal quartier generale del Cairo. I controllori operavano attraverso i DCB (Deputy Controllers o/ Banks), in ge­ nere ex funzionari e direttori di banca8 • Le filiali di Addis Abeba della Banca d'Italia e del Banco di Roma9 funzionavano da uffici principali per le loro filiali perife­ riche dove l'attività di controllo veniva esercitata, su delega del DCB, dal Custodian o/ Enemy Property (CEP). Le autorità britanniche, valutando che le banche disponeva- in una zona di sicurezza, «si provvide a farlo subito occupare dagli impiegati con famiglia i quali lo abitarono in un primo momento senza che vi fossero i pavimenti e le porte mentre le finestre venivano provvisoriamente chiuse con lamiere>> (p. 107). Nel palazzo venne anche istituita una mensa che «giovò agli impiegati perché col coprifuoco alle ore 17,30 essa rappresentò comodità oltre che economia di spesa» (p. 109). 7 Telegramma di Ferrini al governatore, ASBI, USC, c. 128. Il direttore da­ va assicurazione che i movimenti fondi speciali di talleri e oro, «scopo sottrarre confisca nemico», erano avvenuti con regolarità. 8 Il controllore di Nairobi, generale Renne! Rodd, era stato direttore centrale della Bank of England; i DCB per l'Eritrea, R. Stephenson (che vigilava su Banki­ talia) e R. Hibbord (che vigilava sulle altre banche italiane) erano ex direttori, rispettivamente, della British Overseas Bank di Londra, e della sede londinese della Banca Commerciale Italiana; il controllore delle banche e dei cambi in Eri­ trea, maggiore Hayes, era stato funzionario della Barclays Bank a Roma, mentre il suo vice, il DCB Mac Carty era un ex funzionario della ComitEgit al Cairo. 9 Il Banco di Napoli e la BNL operavano soltanto nella capitale. Alla filiale di Bankitalia faceva capo tutta l'organizzazione bancaria in Etiopia. Al suo direttore il DCB riconobbe la qualifica di senior manager. Relazione di Gimma '42 cit., p. 7 4. 258 La Banca d'Italia in Africa VIII no di sufficienti fondi liquidi, consentirono la riapertura di alcu­ ne filiali: ad Addis Abeba dal l o luglio, nelle altre località in date diverse. Gimma venne riaperta per ultima il 17 novembre. Le pesanti limitazioni imposte dal controllore snaturarono l'attività delle banche «trasformandole da intermediari finanziari in orga­ nismi dotati di semplici funzioni monetarie e di custodia»10• Alcune banche si posero il problema se riprendere l'attività non appena ne fossero state richieste, ovvero attendere una espli­ cita autorizzazione da parte delle rispettive direzioni generali. In particolare, sostenevano questa tesi i dirigenti della BNL e del Banco di Napoli, timorosi di assumere subito una iniziativa che era già stata espressamente prevista dal governo generale. Ferrini riuscì a vincere queste resistenze grazie anche al sostegno rice­ vuto dal capo della delegazione della Corte dei conti, Merlino, e dall'avvocato Veniero dell'avvocatura erariale, che in quel mo­ mento erano i funzionari statali di più alto grado presenti nella capitale etiopicall. li 26 giugno il DCB Stephenson pubblicò un documento in venti punti contenente le istruzioni operative per le banche: su richiesta di Ferrini venne accettato il principio della separazione dei conti della liquidazione (anteriori al 5 aprile) da quelli della nuova gestione12• Inoltre ciascuna banca venne considerata una entità separata sia dalle consorelle che dalla direzione generale dovendo operare in assoluta autonomia, espressione che - secon­ do Speranza - indicava un'attività «non prevista né autorizzata dalla Sede Centrale dell'Istituto, indipendente da questo e dal suo patrimonio»13•

10 A. Mauri, C. Caselli, Moneta e credito in Etiopia, Giuffrè, Milano 1986, p. 59. 11 La riunione ebbe luogo il 26 giugno nella sede di Bankitalia con la par­ tecipazione del podestà Tavazza. Cfr. la relazione inviata il16.10.1943 dal capo ufficio Carmine Speranza (d'ora in avanti citata come Relazione Speranza), ASBI, USC, c. 86, p. l. Speranza fu nominato da Ferrini, prima del suo inter­ namento da Decarneré, reggente la filiale di Addis Abeba in Asmara. Speranza ad Azzolini, lettera del21.11.1942, ivi. 12 ll termine liquidazione era scorretto per Ferrini e significava «regolamento definitivo dei conti, semplificazione di rapporti di dare e avere; avrebbe potuto significare anche pagamento dei debiti con la riscossione dei crediti ma l'esistenza della moratoria non permetteva tali operazioni». Relazione Ferrini cit., p. 95. 13 Le attività della gestione autonoma erano rappresentate dalle disponibi­ lità liquide realmente esistenti, esclusi i crediti verso terzi (impieghi), verso le altre filiali e la propria amministrazione centrale, escluse le riserve, i fondi di XVII. Le filiali dell'Africa orientale 259

Ogni filiale pertanto doveva chiudere il bilancio alla data del­ l'occupazione scindendolo in: gestione autonoma e gestione di li­ quidazione. Nella gestione autonoma erano compresi all'attivo «unicamente i conti di cassa (contante) e al passivo i conti dei de­ positi fiduciari, ma soltanto per quella parte che risultava coperta dalle disponibilità liquide della Filiale e che [. . .] era ammessa al rimborso secondo le decisioni delle Autorità Britanniche». La ge­ stione di liquidazione comprendeva «tutti gli altri conti patrimo­ niali, economici e d'ordine, nonché quella parte dei depositi fidu­ ciari non ammessa al rimborso o non coperta dai fondi liquidi di cassa»14. Impedendo la ripresa della normale attività bancaria, le au­ torità britanniche perseguivano il duplice obiettivo di iniziare la liquidazione delle banche italiane e di favorire la Barclays Bank di Addis Abeba che beneficiava di una posizione di monopolio sia nella concessione dei finanziamenti che nelle operazioni in cambil5 •

3. Le operazioni consentite a) Pagamenti su somme depositate. Sebbene le filiali avessero trattenuto fondi liquidi corrispondenti al 15 per cento dei depo­ siti fiduciari, importo ritenuto sufficiente a soddisfare le necessità più urgenti dei depositanti, i controllori britannici adottarono prevalentemente la formula «5.000+5%» che implicava il rimbor­ so totale dei depositi fino alla somma di lire 5 mila e percentuale (5 per cento) per gli importi superioril6. n prelievo dai conti fi- dotazione e tutti gli altri valori conservati in sacrestia. «Tali attività (contante) potevano venir diminuite per le confische ordinate dalle Autorità militari bri­ tanniche (fondi del Governo italiano e di altre pubbliche amministrazioni, con­ siderati come bottino di guerra) e potevano anche venire aumentati ma soltanto con eventuali recuperi di vecchi crediti (impieghi), cioè con versamenti effettuati da clienti debitori per operazioni di sconto o anticipazione consentite prima dell'occupazione». Come passività si consideravano solo i depositi fiduciari esclu­ si i depositi del Fondo di risparmio obbligatorio A.O.I., gli assegni, i vaglia cam­ biari e gli altri titoli di credito nominativi in circolazione e ogni altro conto di debito verso i terzi o verso l'amministrazione centrale e gli altri stabilimenti della stessa banca. Relazione di Gimma '42 cit., pp. 75-6. 14 lvi, p. 76. 15 Mauri, Caselli, Moneta e credito in Etiopia cit., p. 59. I6 In alcuni casi vennero applicate regole diverse: ad Assab, per esempio, ven­ ne consentito il prelievo dai depositi fiduciari di 500 lire più il7% del residuo. 260 La Banca d'Italia in Africa VIII dudari era consentito ai titolari dei conti stessi con esclusione di quelli di pertinenza del Partito nazionale fascista e degli enti pa­ rastatali. V enne in tal modo creata una distinzione tra conti «bloc­ cati» e conti «liberi>>: i primi facevano parte della gestione di li­ quidazione, i secondi della gestione autonoma. Nei conti bloccati furono inclusi i depositi a risparmio al portatore; il controllore fissò un termine perché questi conti fossero trasformati dai tito­ lari in nominativi; in caso contrario, i depositi sarebbero stati con­ siderati come appartenenti a persone «assenti» e passati sotto il controllo del CEP17. b) Accensione di nuovi depositi. Operando in regime di autono­ mia, per non fare assumere alle banche nuove responsabilità, i nuo­ vi conti potevano essere accettati soltanto come depositi a custodia di valore, formula che individuava un deposito di specie, non di genere, nel quale la responsabilità della banca era limitata all' ordi­ naria custodia18• Per questi depositi vigevano regole particolari19• c) Cambio dei biglietti. Questa operazione risultava particolar­ mente importante per sostenere la lira nei cui confronti erano

17 I titolari dei libretti al portatore ebbero a disposizione due periodi per tramutarli in nominativi: dall' 11 al26 agosto e dal l o al 30 novembre. Bankitalia ottenne che il passaggio dei conti sotto il controllo del CEP avvenisse mediante semplice annotazione a margine del conto stesso senza trasferimento di contan­ te. Relazione Speranza cit., p. 2. 18 Le norme che disciplinavano questi depositi erano state concertate con i rappresentanti della Corte dei conti Merlino e D'Angelo e con l'avvocato dello Stato Veniero. Con la dizione «depositi a custodia» si voleva sottolineare che la proprietà dei valori restava al depositante. Lettera della filiale di Addis Abeba alle consorelle dell'impero, ASBI, Ispettorato generale, pratica Ml, c. 7. «Ferrini si adoperò con ogni mezzo affinché dalle autorità britanniche venisse nella ma­ niera più esplicita assicurato che il denaro in cassa e quello proveniente dai recuperi di portafoglio dovesse essere, in ogni tempo, considerato di pertinenza di 'privati' e come tale assegnato ai conti 'vecchi'». Lettera di C. Speranza al direttore di Asmara, in data 31.10.1942 cit. 19 a) Le operazioni dovevano essere registrate su libretti nominativi che non potevano essere ceduti o trasferiti; b) le somme depositate erano liberamente trasferibili e non soggette a confisca, moratoria o altra liquidazione; c) i depositi erano infruttiferi e soggetti al pagamento di una commissione (l%) annua a titolo di rimborso spese; d) era esclusa la responsabilità della banca per cause di forza maggiore o di terzi. Qualora tali fatti si fossero verificati causando una perdita parziale, il danno sarebbe stato ripartito proporzionalmente fra tutti i depositanti; e) la banca non aveva difficoltà di utilizzare le somme depositate essendo obbligata al rimborso di genere e non di specie. XVII. Le filiali dell'Africa orientale 261 stati imposti tassi di cambio proibitivi con le monete introdotte dagli occupanti (lira egiziana, rupia, scellino EA) oltre al tallero M.T. Le operazioni di cambio erano consentite sino a un mas­ simo di 1.000 lire per ciascun cliente: questo divieto, quando fu possibile, venne eluso per non aggravare la situazione economi­ ca, già difficile, dei residenti italiani. Su richiesta della filiale di Addis Abeba si ottenne di poter ri­ cevere in deposito i biglietti della serie speciale A. Q.I. Tra le istru­ zioni emanate in occasione della riapertura delle banche venne ag­ giunto il comma seguente:

Tutti i biglietti [di] «serie speciale» ricevuti, saranno immessi in separati conti liberi al nome di chi ne ha effettuato il versamento. Ciò è richiesto da motivi speciali, ma ai clienti non si deve dare sentore di questo speciale trattamento riservato a tali biglietti, essendo inteso che per nessuna ragione si deve diminuire la fiducia in tale emissionr?-0 •

4. L'attività bancaria in Etiopia

La filiale di Bankitalia di Addis Abeba operò dal l o luglio 1941 al14 febbraio 1942 per le operazioni con i privati e sino al 7 marzo per quelle con le autorità britanniche. In questo periodo furono aperti 313 libretti ai privati con una punta massima di 25 milioni nel dicembre 1941; alla chiusura, i conti erano ridotti a 173 per complessivi 14,2 milioni.

L'attività della filiale va considerata non tanto nelle cifre suddette, sebbene notevoli, ma in quella particolare funzione di assistenza alla clientela di banca e ai creditori dei mandati di Tesoreria, i quali vennero così facilitati dalla negoziazione privata di documenti rappresentativi di denaro incassando somme da chi in quel momento aveva disponibilità liquide, anch'esso avvantaggiato per tale fatto da dette operazioni21 •

Nella tabella 12 sono riportati i dati del conto economico della filiale di Addis Abeba per il periodo 1.11.1940-30.6.1942 suddivisi in: gestione anteoccupazione; gestione postoccupazione

20 Relazione Ferrini cit., p. 21. Corsivo aggiunto. z1 lvi, p. 99. Corsivo aggiunto. 262 La Banca d'Italia in Africa VIII

(comprendente sia la contabilità di liquidazione che quella di ge­ stione autonoma); gestione speciale creata dalla filiale per le pro­ prie esigenze e che il controllore britannico non avrebbe consen­ tito (acconti e conguagli di stipendi, sussidi, spese per fare fronte a situazioni contingenti). Nel commentare l'entità degli utili pro­ dotti in 16 mesi, «notevoli» essendo stati realizzati «in una situa­ zione tanto tragica», Ferrini sottolineò «l'altissima funzione da es­ sa assunta mediante attiva assistenza prestata dal lato bancario, sociale, economico e monetario, a favore della popolazione nazio­ nale»22.

T ab. 12. Risultati economici della filiale di Addis Abeba

SPESE Gestione al 5 aprile 1941 spese di l 0 stabilimento L. 84.415,80 1 interessi sui depositi fiduciari >> 474.930,85 spese d' amministrazione2 » 1.718.529,19 tasse diverse » 44.395,30 spese magazzino merci » 750,00 ricchezza mobile pagata » 40.489,55 interessi titoli fondo dotazione >> 30.000,00 debitori diversi (spese l o stabil.) >> 17.302,50 Gestione ] 0 luglio 1941-30 giugno 1942 luglio-agosto 1941 >> 1.868.098,55 settembre-ottobre 1941 » 91.303,70 novembre-dicembre 1941 >> 243.326,25 gennaio-febbraio 1942 >> 694.631,20 marzo-maggio-giugno 1942 >> 339.393,69 Gestione speciale spese d'amministrazione >> 424.337,65 debitori diversi: stipendi >> 1.249.136,20 » » aumenti >> 1.428.772,50 » >> acconti » 219.500,00 spese di l o stabilimento » 20.800,00 utili netti » 3.619.230,54 TOTALE » 12.609.343,47

22 lvi, p. 115. XVII. Le filiali dell'Africa orientale 263

UTILI Gestione al 5 aprile 1941 interessi titoli fondo di dotazione L. 40.000,00 sconti >> 100.194,60 interessi anticipazioni (fino al 5.4 .1941) >> 1.248.582,20 benefici diversi » 224.058,50 interessi impiego eccedenze depositi' >> 4.410.064,90 » » (al 5.4.1941)4 >> 900.000,00 » >> (dopo il 5.4.1941f >> 1.850.000,00 interessi eccedenze disponibilità su impieghi >> 2.007.67 6,65 (sistema vigente)6 proventi magazzino merci » 16.795,50 ricchezza mobile trattenuta >> 243.602,65 proventi gestione talleri p.c. Governo gen. » 196.703,69 Gestione zo luglio 1941-30 giugno 1942 luglio-agosto 1941 » 97.916,55 settembre-ottobre 1941 >> 55.108,43 novembre-dicembre 1941 >> 150.121,20 gennaio-febbraio 1942 >> 245.892,70 marzo-aprile-maggio 1942 >> 155.209,40 Gestione speciale creditori diversi: stipendi prelevati dalla liquidazione >> 673.916,50 benefici diversi >> 2.500,000 TOTALE >> 12.609.343,47 1 Sono state conteggiate a tutto il5.4.1941 anche per le partite che, in previsione dell'oc­ cupazione di Addis Abeba, furono trasferite contabilrnente presso l'Amministrazione cen­ trale. 2 Sono compresi gli stipendi corrisposti al personale a tutto giugno 1942 nonché quelli doppi di giugno e dicembre oltre la percentuale accordata in dipendenza dell'aumento del costo della vita. ' Riguardano i Buoni del Tesoro ordinari presso l'Amministrazione centrale e compren­ dono interessi per circa L. 1.920 mila maturati dopo il 5.4.1941. 4 Sono quelli maturati a tutto il5.4.1941 sui Buoni del Consorzio su sovvenzioni industriali acquistati dall'amministrazione centrale. 5 Interessi maturati dopo il 5.4.1941 sui buoni di cui sub 4. 6 Riguardano interessi del 5% conteggiati decadariamente, col sistema ora vigente, sulla eccedenza delle disponibilità rispetto agli impieghi: essi continuano a decorrere essendo rimasti pressoché invariati la massa degli impieghi e il volume dei depositi fiduciari della filiale. Fonte: Rapporto Fertini cit., pp. 114-5.

Nel corso del primo trimestre del1942le filiali etiopiche fu­ rono trasferite ad Asmara dove non riaprirono gli sportelli, ma svolsero soltanto un lavoro interno. Le dipendenze somale ripie- 264 La Banca d'Italia in Africa VIII

garono sulla filiale di Mogadiscio23 che esplicò una modesta at­ tività (gestione di conti fiduciari, raccolta di depositi infruttiferi) fino al 31 dicembre 1944 quando tutte le banche italiane venne­ ro definitivamente chiuse24.

5. L'attività della filiale di Asmara

Quando le filiali etiopiche chiusero definitivamente, in alcuni casi i DCB non consentirono il trasferimento ad Asmara del per­ sonale che venne mandato nei campi di concentramento. Gli im­ piegati che poterono restare in servizio, una volta raggiunto il capoluogo eritreo furono costretti ad assumere occupazioni fitti­ zie, in genere presso clienti della Banca, per essere in regola con le disposizioni delle autorità ed evitare, se sottoposti a controllo, la prigionia25 • Particolare cura venne posta dal direttore della fi-

23 Venne esclusa l'ipotesi dell'arretramento della filiale di Merca a Vittorio d'Africa (lettera di Pelosi del20.8.1940, ASBI, USC, c. 139) e di Mogadiscio nei villaggi dell'interno per ragioni di sicurezza. Nei confronti del capoluogo, Con­ forti aveva comunicato a Roma il 28 maggio che <

5 .l. Le provvidenze a favore del personale Il controllo esercitato sul personale da parte delle autorità bri­ tanniche fu molto pesante soprattutto nei confronti dei dirigenti, alcuni dei quali (De Ambrosis, Guglielmina) vennero sospesi dal servizio, altri (Ferrini, Dotti, Pellegrini) internati. Nel tentativo di migliorare la situazione, i dirigenti presenti ad Asmara fecero pro­ pria e comunicarono al personale la proposta del controllore di lavorare, con incarichi civili, presso l'ufficio tasse. Nonostante i pareri favorevoli espressi da personalità italiane26 , soltanto pochi elementi risposero positivamente all'invito. Nei limiti delle possibilità venne prestata assistenza sia agli im­ piegati sospesi dal servizio che a numerosi connazionali che ver­ savano in precarie condizioni economiche27 fino al 31 dicembre 1946, quando terminarono i fondi ricevuti in prestito da imprese e da privati. Riprese in aprile allorché, su proposta di Bartolozzi, direttore di Dire Daua, venne istituita una gestione collegiale fra tutti i dirigenti presenti ad Asmara con i seguenti obiettivi: a) man­ tenere l'assistenza agli impiegati bisognosi con particolare riguar­ do ai prigionieri cui venivano inviati pacchi con generi di confor­ to e piccole somme; b) assicurare l'uniformità dei criteri nell'eser­ cizio dell'assistenza; c) «evitare la ricerca di fondi da parte di più dirigenti, con conseguente discredito della Banca, cura invece ora di notizie che pervengono da questi Centrali Uffici». La lettera di Raffaldi al governatore Einaudi, del 4.5.1946 è in ASBI, Filiali coloniali, 296/6/162. 26 Si espressero favorevolmente il gen. Iannuccelli, già presidente del tribu­ nale militare di Asmara, il giudice Fornero, ex presidente del tribunale civile di Gondar e l'aw. Ellena, legale della filiale di Asmara. Relazione del direttore della filiale di Gondar, dal titolo: «Note sul periodo di guerra, redatto il3.1.1946» (di seguito citato come <

5.2. L'attività bancaria Fra le regioni dell'Africa orientale l'Eritrea all'inizio delle ostilità presentava una situazione economica «feconda di inizia­ tive private nel campo commerciale e industriale», con una ele­ vata densità di sportelli bancari3°. Per questi motivi e anche per­ ché le banche disponevano di «cospicue giacenze in lire»31 , le autorità britanniche consentirono che riprendessero l'attività. Analogamente a quanto era accaduto in Etiopia, le banche aveva­ no un'operatività limitata e dovevano subire la concorrenza della Barclays Bank che svolgeva «le funzioni di Banca della Pubblica Amministrazione, di banca centrale e di organo di controllo valu­ tario», ma che era sottoposta al pari delle altre aziende di credito italiane alla vigilanza del Controller o/ Banking and Exchange32• La Barclays - che aveva filiali ad Asmara e a Massaua - po­ teva compiere tutte le operazioni bancarie: il credito concesso a un singolo affidato, sempre di breve durata, non poteva superare l'importo di 1.000 sterline e doveva essere assistito da garanzie reali. Per le operazioni di raccolta non era richiesto il versamento dei diritti di custodia33. Dopo la riapertura delle banche il controllore consentì il pa­ gamento di un'aliquota del 10 per cento ai titolari dei vari de­ positi fiduciari: nel maggio 1942 i titolari dei depositi presenti in Eritrea furono invitati a notificare la loro presenza e a quanti

28 Relazione di Gondar cit., p. 37. 29 Lettera di Bartolozzi al governatore del 7.8.1947, ASBI, Ispettorato ge­ nerale, pratica Ml, c. 9. 30 Mauri, Caselli, Moneta e credito in Etiopia cit., p. 61. 31 Rapporto sulle condizioni finanziarie in Tripolitania, Cirenaica ed Eritrea redatto dal col. E.P. Waters nel 1945 (di seguito citato come «Rapporto Wa­ ters»), ASBI, Filiali coloniali, 5540/1/132. 32 Mauri, Caselli, Moneta e credito in Etiopia cit., p. 6. 33 Ivi, p. 62. XVII. Le filiali dell'Africa orientale 267 risposero all'appello venne confermata l'assegnazione già accor­ data nella misura di 5.000 lire più il 10 per cento dell'eventuale residuo34• Quelli che non si presentarono furono considerati as­ senti e, per disposizione del DCB del 20 ottobre 1942, i relativi conti - per la parte libera35 - furono trasferiti al CEP nonostante le rimostranze dei rappresentanti delle banche italiane. Nella ta­ bella 13 è riepilogata la situazione dei deposìti fiduciari presso le filiali etiopiche ed eritree della Banca d'Italia con l'indicazione delle consistenze alla data dell'occupazione e in data più recente, oltre ai versamenti effettuati al Custode della proprietà nemica. Oltre alle operazioni di raccolta in lire e in scellini EA, le banche italiane - di fatto, Bankitalia e il Banco di Roma - ven­ nero autorizzate a fare operazioni d'impiego (sconti di effetti commerciali e anticipazioni cambiarie o su merci) mediante una riduzione dallOO al 50 per cento dell'aliquota di riserva obbli­ gatoria sui depositi vincolati di nuova gestione, in particolare, sui conti in scellini remunerati al tasso dello 0,50 per cento36. La situazione delle banche italiane con riferimento alla data del 30 aprile 1945 è riprodotta nella tabella 14 distinguendo tra la vecchia e la nuova gestione.

T ab. 13. Situazione dei depositi fiduciari delle filiali etiopiche ed eritree (importi in migliaia di lire)

Consistenza alla Filiale Consistenza a data più recente data d'occupazione Asmara 105.398,1 183.437,4 (31.5.1943)1 Massaua 20.945,8 39.489,0 (31.5.1943) Assab 8.562,0 14.367,5 (27.8.1942) Addis Abeba 55.633,0 68.314,5 (30.5.1943) Gondar 43.471,7 42.172,8 (30.6.1943) Gimma 61.550,6 55.166,1 (30.11.1942]2 Dessié 9.337,7 9.303,8 (30.6.1943)

34 Situazione dei depositi fiduciari nell'Africa orientale ci t. 35 Ai conti degli «assenti» (nella maggioranza dei casi, persone evacuate dal­ l'Etiopia e in campo di concentramento) venne assegnata una somma pari a lire 2.500 più il 5% del residuo e il relativo importo versato al CEP a debito dei rispettivi conti della vecchia gestione. ASBI, Filiali coloniali, 9196/1/176. 36 La riduzione al 50% della riserva obbligatoria era giustificata dalla ne­ cessità di aumentare l'offerta di credito nel momento in cui l'economia eritrea dava segni di ripresa. 268 La Banca d'Italia in Africa VIII

Dire Daua 10.386,0 26.395,9 (30.6.1943) H arar 9.746,7 21.899,7 (30.6.1943) 325.031.3 460.546,9 Depositi vecchia gestione 325.031,3 Depositi nuova gestione 135.515,6 1 Somme pagate al CEP nell'ottobre 1942: L. 4.803,1. 2 Somme pagate al CEP nell'ottobre 1942: L. 44.809,3. I dati parziali possono non coin­ cidere con i totali a causa dell'arrotondamento. Fonte: ASBI, Filiali coloniali, 9196/1/175 (per la citazione, 9196/11179).

Tab. 14. Situazione delle banche italiane in Eritrea al 30.4.1945 (Nuova gestione- in lire) PASSIVO

importo numero l) Custode dei beni nemici 2) Conti correnti a) clienti 46.387.203 1.962 b) banche (abissine) 10.903.417 14 c) militari britannici 4.855.468 3 d) depositi vincolati 18.952.944 626 3) Depositi a risparmio a) al portatore b) nominativi 196.000 5 4) Altre passività a) saldi clo amm. centrale e filiali 146.401 b) saldi presso altre banche c) debitori diversi 2.621.330 84.062.763 2.610 Conti d'ordine 782.599.693 T o tale generale 866.662.456 2.610

Amvo importo l) Cassa 70.406.836 (cassa p/c. banche etiopiche) 10.904.417 2) Prestiti clienti, aperture di credito, sconti 85.000 3) Altre partite a) saldi c/o amm. centrale e filiali 146.401 XVII. Le filiali dell'Africa orientale 269

b) saldi presso altre banche c) creditori diversi 2.521.109 84.062.763 Conti d'ordine 782.599.693 Totale generale 866.662.456

(Vecchia gestione· in lire) PASSIVO

importo numero l) Custode dei beni nemici 172.676.810 21.536 2) Conti correnti a) clienti 32.745.164 616 b) banche 33.920.810 12 3) Depositi a risparmio a) al portatore 13.232.046 950 b) nominativi 18.312.586 652 4) Saldo profitti e perdite 5.542.780 5) Altre passività a) saldo c/o amm. centrale e filiali 187.840.941 b) saldo presso altre banche 54.967 c) debitori diversi 99.002.573 23.766 563.328.680 23.766 6) Conti d'ordine 260.500.492 To tale generale 823.829.171

ATTIVO importo l) Cassa 1 19.488.430 2) Prestiti clienti, aperture di credito, sconti 124.592.846 3) Investimenti a) di possibile realizzo b) di improbabile realizzo 15.989.836 4) Saldo profitti e perdite 20.849.684 5) Altre passività a) saldi c/o amm.ne centrale e filiali 262.309.365 b) saldi presso altre banche 35.602.548 c) creditori diversi 82.444.768 d) assegni 2.051.202 563.328.680 6) Conti d'ordine 260.500.492 Totale generale 823.829.171 1 Scellini EA 150.070,66 x 24 lire italiane = Lit. 3.601.603,83 lire italiane 15.886.738,30 19.488.430,13 Fonte: Rapporto Waters cit. 270 La Banca d'Italia in Africa VIII

Nell'agosto 1946, in base alle istruzioni pervenute dal quar­ tiere generale britannico del Cairo, le banche italiane furono au­ torizzate a fornire alle proprie direzioni generali tutte le notizie concernenti i depositi fiduciari per il loro rimborso in Italia ed eseguire - previa autorizzazione del controllore - le opportune scritturazioni in dipendenza dei rimborsi effettuati in Italia. Con provvedimento del 29 ottobre le banche riacquistarono la libera amministrazione dei saldi dei vecchi conti intestati ad assenti che, in tal modo, uscivano definitivamente dal controllo del CEP37 . Il 29 gennaio 1948 il controllore capitano Patterson restituì al direttore della filiale di Asmara i locali utilizzati durante il pe­ riodo dell'occupazione, dichiarando che questo atto andava in­ terpretato come «un primo passo verso l'allentamento del con­ trollo sulle banche italiane»3s. I rappresentanti di Bankitalia in Eritrea - ispettori De Mar­ tino, Vecchia e Paoloni- ottennero un'autorizzazione di massi­ ma del controllore per la soppressione:

a) delle limitazioni fin quì frapposte alle utilizzazioni per gli impie­ ghi delle disponibilità rivenienti dai depositi fiduciari; b) del limite massimo fissato in Sh.E.A. 20.000 per ciascuna ope­ razione e dell'obbligo di effettuare tali operazioni solo se assistite da garanzie reali.

Il perfezionamento di tali intese venne subordinato al rilascio di una dichiarazione da parte delle direzioni generali delle ban­ che «di aver ripreso il pieno controllo delle loro filiali in Eritrea e di assumere conseguentemente verso i terzi ogni responsabilità per le operazioni attive e passive compiute dalle Filiali stesse»39•

H Schema delle questioni di massima interessanti le banche italiane da trat­ tare al Cairo con le autorità di controllo. ASBI, Filiali coloniali, 386/5/113 (per la citazione, 386/5/118). Questo documento fa parte di una serie di memoranda predisposti in vista delle riunioni per discutere l'eliminazione del controllo sulle attività bancarie nelle ex colonie italiane. 38 Lettera degli ispettori De Martino, Vecchia e Paoloni al governatore in data 29.1.1948, ASBI, Ispettorato generale, pratica Ml, c. 9. 39 Memorandum del12.11.1948 del Servizio liquidazioni: «Normalizzazione attività bancarie in Eritrea. Ripresa attività bancaria in Somalia», ASBI, Filiali coloniali, 353/1/106 (per la citazione, 306/1/107). XVTII

LE FILIALI DELL'AFRICA SETTENTRIONALE

Al momento dell'occupazione le autorità britanniche dispo­ sero la chiusura delle banche le cui sedi vennero occupate. Par­ ticolarmente difficile la situzione della Cirenaica in quanto il ter­ ritorio subì nel corso di un triennio tre offensive itala-tedesche e due controffensive britanniche. Il capoluogo Bengasi fu oggetto di 89 incursioni aereo-navali. Le vicissitudini della filiale sono riepilogate nel prospetto seguente:

1.2.1941 Ripiegamento su Tripoli dove la filiale continuò a operare. 4.4.1941 Riconquista della città da parte delle truppe italo-tede­ sche1. 12.4.1941 Riapertura della filiale sino al 20 dicembre2. 24.12.1941 Occupazione britannica della città fino al20 gennaio 1942. 30.3.1942 Apertura di un ufficio distaccato dopo la riconquista della città in febbraio da parte delle forze italo-tedesche. 17.8.1942 Riapertura della sezione di Tesoreria. 13.11.1942 Ripiegamento definitivo su Tripoli. 17.11.1942 Riapertura della filiale a Tripoli. 21.1.1943 Chiusura definitiva della filiale di T ripoli>. 23.1.1943 Occupazione definitiva di Tripoli da parte delle truppe britanniche.

1 Lettera del direttore A. D'Aversa ad Azzolini del6.2.1941, ASBI, USC, c. 130. 2 Lettera di E. Ambrosio ad Azzolini del 26.12.1941, fondo e loc. cit. L'ispettore propose di continuare a operare a Tripoli come ufficio stralcio av­ valendosi di quattro impiegati. 'Al momento dell'occupazione operavano a Tripoli quattro banche nazio­ nali (Bankitalia, Banco di Roma, i due banchi meridionali) e due banche locali (Cassa di Risparmio della Libia e Banca Popolare di Tripo[i). 272 La Banca d'Italia in Africa VIII

A differenza di quanto era accaduto in Africa orientale, il personale non venne internato nei campi di concentramento, ma trovò occupazione presso gli enti britannici (BMA e Bardays Bank) e privati4• Non venne consentita la riapertura delle banche perché risultarono praticamente prive di numerario5. L'attività creditizia venne svolta esclusivamente dalla Bar­ clays, istallatasi nel piano terreno del palazzo del Banco di Roma: la sua azione risultò del tutto inadeguata a soddisfare le esigenze creditizie della regione perché - come rilevò l'ispettore Conti - operava con «un criterio di provvisorietà che si traduce oltre tut­ to nell'esclusione assoluta dell'erogazione del credito a media e lunga scadenza e in una severissima limitazione delle operazioni di sconto ordinario»6. Con lettera del24 gennaio 1943 -tre giorni dopo l'occupa­ zione di T ripoli- il Deputy Controller o/ Banking and Exchange (DCBE) dispose che tutte le banche avrebbero dovuto: a) so­ spendere ogni attività ad eccezione del recupero dei crediti su piazza; b) consegnare la situazione dei conti chiusa alla sera del 21 gennaio 19437. La situazione della filiale di Tripoli era sconfortante, come

4 «TI personale della Filiale è sempre in soddisfacenti condizioni di salute. Gli elementi che lo compongono sono, nella quasi totalità, preoccupati per la sorte delle proprie famiglie che trovansi in Italia». Lettera di A. Lovari del 18.11.1944, ASBI, Filiali coloniali, 5540/1/402. 5 <

La Filiale non ha più uffici. Tutto il piano rialzato dello stabile, compresa l'abitazione del custode, è occupata da un ufficio dell'Auto­ rità Militare Britannica, come pure una parte dei sotterranei adiacenti alla sacristia. Da ufficio ha funzionato e funziona la mia abitazione in quei pochissimi vani rimasti appena abitabili.

Quanto al personale - occupato presso terzi «per procurarsi i mezzi necessari al proprio mantenimento»8 - il direttore ag­ giungeva: «sono il solo che può dedicare l'intera giornata ai la­ vori della Banca e, naturalmente, mi occupo della parte più im­ portante rappresentata ora dal recupero dei crediti»9. Poiché non disponevano più degli impianti di sicurezza, le banche furono invitate a depositare le proprie disponibilità li­ quide presso la Barclays Bank in un conto corrente infruttifero. L'utilizzo delle somme, assoggettato all'autorizzazione del con­ trollore, avveniva a mezzo di assegni emessi dal locale rappresen­ tante dell'istituto. il controllo delle Autorità militari alleate, allentatosi nel cor­ so degli anni, si sostanziava nelle seguenti prescrizioni: a) divieto di modificare la situazione contabile al21 gennaio 1943; b) divieto di liberare garanzie, personali e reali, sussidiarie alle operazioni avvenute prima dell'occupazione e regolate in Ita­ lia; c) esame della corrispondenza in partenza (quella in arrivo era soggetta alla censura militare ordinaria);

8 «Quei pochi elementi che sono rimasti senza lavoro e taluni che ritraggo­ no retribuzioni insufficienti sono da me aiutati con prestiti prelevati sui fondi della Banca il cui ammontare è contenuto nei limiti indispensabili per procurarsi il necessario per vivere». Lettera di Lovari del 30.11.1944 cit. Per procedere al riordino della contabilità e della documentazione, venne richiesto alle autorità di riassumere in servizio il capo ufficio Antonio Palisca e altri sei impiegati. Lettera di Introna (commissario straordinario di Bankitalia dal27 .9.1944 al5.1.1945) al gen. A.P. Graftey-Smith della Commissione alleata in data 19.2.1945, ASBI, Fi­ liali coloniali, 5540/1/49. 9 Lettera di Lovari del6.12.1945, ASBI, fondo cit., 5540/1/380. 274 La Banca d'Italia in Africa VIII

d) autorizzazione preventiva per tutte le spese e limitazione delle stesse a quelle strettamente necessarie o improrogabili; e) determinazione della composizione organica del personale e delle relative retribuzioni; /) consegna di un rendiconto mensile degli introiti e degli esiti; g) divieto d'inviare in Italia titoli di credito relativi a opera­ zioni anteoccupazione e regolate in patria10• Nell'agosto 1946, a seguito delle istruzioni del quartiere ge­ nerale del Cairo, le banche furono autorizzate a trasmettere alle proprie direzioni generali, su richiesta di queste ultime, le notizie relative ai depositi fiduciari al fine di curarne il rimborso in Ita­ lia. Restò fermo il divieto di aggiornare la situazione contabile: pertanto i rimborsi dei depositi, come qualsiasi altra operazione compiuta in Italia per conto delle filiali libiche, venivano sem­ plicemente annotati in ordine cronologico. Il recupero dei crediti era ostacolato: a) dalla difficile situa­ zione delle banche (organizzazione carente per mancanza di per­ sonale e di fondi liquidi; perdita dei contatti con la clientela; dif­ ficoltà di regolare in loco in quanto i titoli di depositi a garanzia erano stati trasferiti dal novembre 1942 presso la filiale di Po­ tenza); b) dalla confusa situazione giuridica che impediva alle banche di compiere atti esecutivi anche dopo la revoca della mo­ ratoria11; c) dalla instabile situazione politico-finanziaria e dal­ l'incertezza sul futuro della Libia. Nonostante queste difficoltà il risultato raggiunto dalle singole banche - con l'eccezione della Cassa di Risparmio che volutamente aveva trascurato questo ge­ nere di attività- fu soddisfacente. Nel prospetto che segue sono indicati i crediti in essere al 21 gennaio 1947 e i recuperi effet­ tuati sia a Tripoli che in Italia (gli importi sono in migliaia di lire):

10 Banche italiane a T ripoli cit., 360/2/65. 11 li proclama n. 68 dell'1.6.1944 che rievocava la moratoria, consentiva al debitore di chiedere all'autorità giudiziaria la sospensione della procedura ese­ cutiva. Contro questo provvedimento si poteva ricorrere al consigliere legale della BMA di Tripoli. XVIII. Le filiali dell'Africa settentrionale 275

Impieghi Recuperi effettuati Impieghi Banche al 21.1.1947 T ripoli Italia al 30.11.1947

Bankitalia T ripoli 77.000 6.000 34.000 37.000 Bengasi 11.000 7.000 4.000 Banco di Napoli 9.000 3.800 300 4.900 Banco di Sicilia 5.000 1.400 1.000 2.600 Banco Roma T ripoli 44.000 12.000 3.000 29.000 Bengasi 543 63 37 443 Casa di R. di Tripoli 391.000 21.000 60.000 310.000 Banca pop. dì Trìpoli 1.600 500 1.040 Totale 539.143 44.823 105.337 388.98212

Il grado di liquidità degli impieghi residui (388,9 milioni) ri­ sultava molto basso perché 200 milioni erano costituiti da crediti non ancora scaduti relativi a operazioni di credito agrario di mi­ glioramento e mutui fondiari erogati dalla Cassa di Risparmio del­ la Libia; la quota restante di 188 milioni appariva di difficile rea­ lizzazione nel breve periodo trattandosi di debitori rimpatriati e di partite da regolare in Italia (finanziamenti assistiti dalla conces­ sione di crediti per lavori e prestazioni in favore del governo, fi­ nanziamenti degli ammassi, ecc.).

12 Banche italiane a Tripoli cìt., 360/2n3.

XIX LA BANCA D'ITALIA NEL POSSEDIMENTO DELL'EGEO

Dopo l'occupazione tedesca nel settembre 1943 la filiale di Rodi della Banca d'Italia continuò a svolgere una modesta atti­ vità illustrata dai dati che seguono, tratti dalla relazione del di­ rettore Visetti del 31 gennaio 1944 raffrontati con quelli relativi all'esercizio precedente (importi in migliaia di lire) 1.

1943-44 1942-43 movimento delle casse 1.540.283 ,O 5.561.924,6 » clc fruttiferi 582.293,3 933.518,1 » depositi a risp. 122.481,0 59.883,3 sconti 1.165,0 6.062,3 anticipazioni 21.869,0 76.728,3 vaglia emessi 62.421,9 831.301,3 » pagati 121.119,9 663.611,3 utile netto 2.552,9 1.527,1

La filiale rimase in attività fino all'8 maggio 1945: tre giorni più tardi l'isola di Rodi venne occupata dalle truppe britanniche. Nel novembre 1945 il ministero degli Esteri fotografò nel modo seguente la situazione del Dodecanneso: gli istituti bancari italiani di Rodi sono stati chiusi fin dall'11 maggio scorso e non si sa quando potranno riaprirsi.

1 Relazione dell'l.10.1944, ASBI, Filiali coloniali, 5532/1/74. La sacristia venne chiusa e le chiavi consegnate all'ufficiale tesoriere della BMA (British Mo­ netary Authoriry) insediatasi nei locali di Bankitalia insieme alla Dodecanese Mission dell'UNRRA. 278 La Banca d'Italia in Africa VIII

n personale delle banche, tranne quei funzionari e impiegati che per essersi compromessi durante l'occupazione tedesca sono stati inter­ nati nei campi di concentramento, ricevono lo stipendio [. .. ]. Le riserve delle banche, comprese quelle della Banca d'Italia, tendono ad esaurirsi [. .. ] le autorità di occupazione non avrebbero però autorizzato i loro dirigenti ad avanzare a Roma la richiesta per i fondi occorrenti [ ... ]. Pare che il mese scorso, buona parte degli italiani che, all'epoca del­ l'occupazione tedesca, furono costretti a lasciare Rodi e si rifugiarono a Simi e a Cipro, avrebbero potuto, grazie all'interessamento delle auto­ rità inglesi, ritornare alle loro case2.

Le banche furono chiuse per ordine dell'Autorità militare al­ leata che richiese la compilazione di un bilancio redatto secondo un modello dalla stessa fornito: in base all'accertamento della si­ tuazione di liquidità, le autorità avrebbero deciso o meno la ria­ pertura degli sportelli\ n controllore capitano West dispose il congelamento dei conti intestati a organi governativi e invitò i correntisti a segnalare la propria presenza sull'isola4• n problema della riapertura delle banche venne ripreso nel luglio quando giunse a Rodi il colonnello Bishop del quartier generale britannico del Cairo. Questi si dichiarò disposto ad au­ torizzare la riapertura delle banche purché la Banca d'Italia ovviasse in qualche modo alla deficienza di circolante (12 milioni circa) in rapporto alla massa dei depositi (180 milioni circa). La Banca d'Italia suggerì le seguenti soluzionz; che vennero però tutte scartate dal predetto Ufficiale: a) ottenere un rifornimento di fondi dall'Amministrazione centrale; b) consentire alla filiale un anticipo, utilizzando le somme in lire che la B.M.A. riscuote dalla popolazione civile in ragione di 30-50 mi­ lioni al mese a titolo di pagamento delle forniture di generi alimentari; c) riaprire con i fondi disponibili, previo invito da parte della B.M.A. alla comunità greca a limitare le richieste di restituzione di de­ positi al minimo indispensabile e di adattarsi alle restrizioni applicate dalle banche-5.

2 Nota del 29.11.1945 trasmessa a Bankitalia dal ministero del Tesoro, ASBI, Filiali coloniali, 9138/1/340. 3 Lettera di Visetti a Einaudi dell'1.10.1945, ASBI, fondo cit., 9138/1/336. 4 Lettera del dicembre 1945, stessi mittente e destinatario, ASBI, fondo cit., 5532/1/60. 5 Lettera di Einaudi a Sidney Simmond, consigliere commerciale dell'am- XIX. La Banca d'Italia nel possedimento dell'Egeo 279

li colonnello Bishop propose a sua volta la <

basciata britannica di Roma del 19.2.1946, ASBI, fondo cit., 5540/1/332. Cor­ sivo aggiunto. 6 Ibid., corsivo aggiunto. 7 «Viene comunicato che la Filiale di Rodi, della quale nel giugno 1950 fu determinato il ripiegamento presso l'Amministrazione Centrale, ha cessato di funzionare il 26 luglio detto anno». ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1952, p. 139.

xx LA SITUAZIONE MONETARIA

Alle difficoltà connesse con la scarsità del circolante - sia per i ritardi nei rifornimenti, che per il forte incremento delle spese militari! - si aggiunsero dopo l'occupazione britannica quelle de­ rivanti dall'introduzione delle monete d'occupazione: lo scellino EA nell'Africa orientale; la sterlina egiziana in Cirenaica; la Mi­ litary Authority Lira (MAL) in Tripolitania, una moneta quest'ul­ tima senza valore negli scambi internazionali e senza copertura, che venne introdotta nel novembre 1943 in sostituzione della sterlina d'occupazione (o sterlina BMA). Anche nel Dodecanne­ so venne utilizzata la sterlina BMA che beneficiò di un rapporto di scambio (l sterlina = 400 lire) più favorevole di quello prati­ cato negli altri territori (l sterlina = 480 lire). I due problemi vanno esaminati separatamente. l. La scarsità di circolante

Per sopperire alla carenza di banconote furono adottate, co­ me ricordato, alcune misure (riutilizzo della moneta metallica e l'impiego dei biglietti della serie speciale A.O.I.) che non pro­ dussero miglioramenti degni di nota. In particolare le <

1 Le spese militari crebbero sia per l'incremento dei prezzi dei generi alimen­ tari che per le accresciute necessità delle truppe. I biglietti ordinari venivano uti­ lizzati prioritariamente per l'acquisto di carni e granaglie e per la paga delle trup­ pe indigene. Quanto alle difficoltà dei rifornimenti, il direttore di Gondar ricorda che giungevano dalla Cirenaica per via aerea. Gli aeroplani atterravano all'alba all'aeroporto di Azozò per sfuggire alla caccia nemica e ripartivano immediata­ mente per Gibuti dove si rifornivano di carburante per il viaggio di ritorno. Re­ lazione di Gondar, ASBI, Ispettorato generale, pratica MI, c. 8, p. 11. 282 La Banca d'Italia in Africa VIII verdi» non ottennero il gradimento del pubblico, in specie di quello di colore. Mentre a Gimma circolavano senza difficoltà - ricorda il direttore della filiale di Bankitalia - in Addis Abeba e negli altri centri dell'Etiopia, anche per l'atteggiamento negativo delle autorità di occupazione-2, la situazione era peggiore e si giunse al punto che tali banconote erano unanimemente rifiutate nei negozi, nei pubblici esercizi, nei mercati, ecc. e non era più possibile spenderli3 • Contravvenendo alle disposizioni del con­ trollore che limitavano, come ricordato, il cambio a 1.000 lire a persona e una tantum, le filiali vennero incontro alle esigenze dei connazionali cambiando gli importi richiesti con l'esclusione del­ le grosse partite che potevano venire da speculatori-incettatori che cambiavano i biglietti con uno scarto del 10-20 per cento.

Nelle località lontane dagli sportelli bancari e in alcune eccezionali circostanze (ad esempio, il cambio richiesto dai nostri prigionieri in transito), furono convertiti in altri biglietti italiani in ragione di 50 lire «buone» per ogni 100 di carta Serie Speciale4•

Secondo le valutazioni dell'ispettore Ferrini, su un ammon­ tare di circa 214 milioni di banconote verdi distribuite dalla fi­ liale di Bankitalia (105,5 Gimma, 87 Gondar e 21,5 Addis Abe­ ba) la circolazione effettiva fu pari a circa 116 milioni5• L'altro espediente utilizzato per fare fronte alla carenza di circolante fu l'emissione di vaglia cambiari al portatore. Ricorda il direttore di Asmara che il 31 marzo 1941, giorno precedente l'occupazione britannica, le somme trattenute in cassa che, se­ condo le previsioni, dovevano essere sufficienti per le operazioni

2 Le autorità britanniche «in ogni occasione e circostanza, ufficialmente e nei comuni rapporti d'affari privati, creavano ogni sorta di difficoltà [. .. ] e non mancarono mai di esprimere il loro dubbio circa la regolarità della emissione e la legale validità». Questo discredito abilmente sfruttato dagli speculatori e dagli indigeni, rese sempre più stentata la circolazione dei biglietti della serie speciale A.O.I. Relazione di Gondar cit., p. 9. Corsivo aggiunto. 3 «Esame della situazione e dei conti della filiale di Gimma (20 giugno 1941-30 giugno 1945)» (di seguito chiamata «Situazione di Gimma»), 5527/5/59. Anche il direttore della filiale di Harar dichiarò che il biglietto di serie speciale era «male accetto e spesso rifiutato dagli indigeni, che lo avevano subito svalutato del 20% circa nei confronti del biglietto di banca ordinario». Relazione di Gondar cit., p. 3. 4 Situazione di Gimma cit., 5527/5/59. 5 Relazione Ferrini, ASBI, Filiali coloniali, 391/1/1, p. 22. XX. La situazione monetaria 283 di un mese, risultarono pari a un terzo delle richieste avanzate dagli enti militari e governativi in quella sola giornata. Data que­ sta emergenza i responsabili delle banche del capoluogo eritreo decisero di mettere in circolazione vaglia e assegni in surroga­ zione delle banconote. Nella notte Bankitalia emise 6.179 vaglia per un ammontare di 27.116.320,45 lire6.

2. La circolazione di più monete

In Africa orientale, la situazione più complessa era quella del­ l'Eritrea, dove inizialmente circolavano accanto alla lira la sterli­ na EA, il tallero M.T. e le monete d'occupazione (la rupia in­ diana e la sterlina egiziana). I rapporti di cambio furono fissati dall'avviso legale n. l del5.4.1941 nella misura seguente: l sterlina EA = 480 lire l rupia indiana = 36 lire l sterlina egiziana = 4 96 lire l tallero M. T. = 45 lire La moneta egiziana venne ritirata dalla circolazione nel gen­ naio 1942: presso la Barclays Bank e gli uffici del Political Offi­ cer furono scambiate 300 mila sterline egiziane7 . La lira non ottenne lo status di moneta legale. «Si dovette tuttavia malvolentieri riconoscere la diffusione di questa unità monetaria», ha osservato Mauri, e consentirne l'impiego nelle transazioni private8 • Le limitazioni imposte dal controllore ri­ guardavano i pagamenti con le autorità d'occupazione e la cir­ colazione che era consentita solo alle monete metalliche e al bi­ glietto di taglio non superiore alle 10 lire. Questo prowedimento provocò un effetto certamente non previsto: la diffusione della lira come mezzo di pagamento in quanto <

6 Nota della filiale di Asmara dal titolo «informazioni riguardanti l'emissio­ ne di vaglia cambiari al portatore», senza data, ASBI, Filiali coloniali, n.r. 361. Nel periodo dal14 al23 aprile a Dessié furono emessi 2.286 titoli per 2.386.500 lire. Appunto del 30.1.1945, ASBI, fondo e loc. cit. 7 Avviso del brigadiere B.K. Cooke del14.1.1942. Sulla circolazione mone­ taria nelle colonie si veda lo studio dal titolo «Considerazioni preliminari ad un progetto di sistemazione monetaria della Somalia>>, redatto nel dicembre 1948 da G. Parravicini. ASBI, fondo cit., 353/2/143. 8 A. Mauri, C. Caselli, Moneta e credito in Etiopia, Giuffrè, Milano 1986, p. 57. 284 La Banca d'Italia in Africa VIII gale erano dotate di un valore unitario abbastanza elevato e man­ cavano (tallero teresiano) o scarseggiavano di sottomultipli. La gran massa di piccoli pagamenti era quindi effettuata in monete italiane di piccolo taglio»9 • La circolazione degli scellini EA nel dicembre 1944 ammon­ tava - secondo le valutazioni del colonnello Waters10 - a Lst. 2.688.000 la maggior parte delle quali messa in circolazione nel 1942-43. In Tripolitania inizialmente venne introdotta la sterlina d'oc­ cupazione (sterlina BMA), a corso legale ma con caratteristiche grafiche completamente diverse da quelle delle banconote me­ tropolitane11. n rapporto di cambio con la moneta italiana, che mantenne il corso legale, venne fissato a 480 lire. n 15 settembre 1943 la sterlina BMA fu ritirata dalla circolazione e sostituita con la Mi­ litary Authority Lira (MAL) 12. Dal l o dicembre la lira cessò di essere moneta legale, tuttavia mantennero tale status le monete metalliche e i biglietti di taglio non superiore a 5 lire13 • n cambio lira-MAL avvenne alla pari sino ai primi mesi del1946 quando, in conseguenza del rientro in Libia dei primi profughi italiani e maltesi, la lira venne scambiata a 0,50 mentre per le am-lire il cambio rimase alla paril4. I biglietti ritirati dalla circolazione e custoditi nei locali della Cassa di Risparmio furono utilizzati per il pagamento in Italia di forniture varie e per la cessione ai cambiavalute di Tripoli (circa 60 milioni dal settembre 1947 al gennaio 1948) per far fronte

9 lvi, p. 58. 10 «Rapporto sulle condizioni fmanziarie in Tripolitania, Cirenaica ed Eri­ trea» redatto dal colonnello E.P. Waters nel1945 (in seguito citato come <

Nel Dodecanneso la situazione monetaria era caratterizzata dalla scarsità di circolante sia per i forti prelievi effettuati dalle autorità tedesche che avevano occupato le isole dopo 1'8 settem­ bre 1943, che per l'impossibilità di ottenere rifornimenti di bi­ glietti dall'Italia17• Per ovviare, sia pure parzialmente, a questa situazione, la filiale di Bankitalia d'accordo col Banco di Roma e col Banco di Napoli, ridusse in un primo tempo la misura e la frequenza dei rimborsi sui depositi e su ogni pagamento in con­ tanti, «ottenendo lusinghieri risultati», rendendo così superfluo qualsiasi provvedimento legislativo e scongiurando l'introduzio­ ne dei marchi di occupazione18• Successivamente, vennero emes­ si vaglia cambiari e assegni girati in bianco, immettendo sul mer­ cato circolante per un ammontare di oltre 22 milioni. Con de­ creto del vicegovematore, Ugo Farelli, del 14 ottobre 1943, l'ac­ cettazione di questi titoli divenne obbligatorial9.

15 Notizie sulla circolazione cit., 360/1n3. 16 Vennero cambiati circa 400 milioni di lire, importo che comprendeva anche le banconote introdotte dalla Tripolitania dove il corso della lira faceva registrare uno scarto assai notevole rispetto alla sterlina egiziana. Rapporto Wa­ ters cit., 5540/1/135. 17 Fu possibile soltanto un rifornimento in quanto, al secondo tentativo, l'incaricato del movimento fondi non poté proseguire oltre Atene. Relazione della filiale di Rodi per il 1943, ASBI, Filiali coloniali, 5532/1136 (per la cita­ zione, 5532/1/43). 18 lvi, 5532/1/44. 19 Ibid. La filiale di Rodi nell'esercizio 1942-43 emise 38.917 vaglia per un ammontare di 831,3 milioni, _con un incremento del 43% rispetto all'esercizio precedente. 286 La Banca d'Italia in Africa VIII

Esaurite le scorte si ricorse a misure d'emergenza: con de­ creto del 20 aprile 1944 venne attribuito il corso legale a biglietti stampati su carta da bollo, nei tagli da 50 e 100 lire, garantiti da uno speciale deposito vincolato di pari importo presso la filiale di Rodi della Banca d'Italia20• Fu una circolazione di breve du­ rata in quanto le truppe britanniche, che occuparono il Dode­ canneso nel maggio 1945, introdussero la sterlina BMA.

20 I biglietti su carta da bollo furono stampati a Rodi. TI Banco di Roma utilizzò anche assegni che erano stati predisposti per la filiale di Frascati, op­ portunamente stampigliati. G. Crapanzano (a cura di), I soldi d'Italia. Un secolo di cartamoneta, Fondazione Cassa di Risparmio di Parma e Monte di Credito su Pegno di Busseto, Parma 1996, p. 260. XXI

LA LIQUIDAZIONE DELLE FILIALI COLONIALI

L'esperienza coloniale di Bankitalia si concluse con la siste­ mazione delle partite preesistenti l'occupazione britannica e la mobilitazione dei depositi fiduciari in essere presso le filiali co­ loniali.

A seguito delle intese intercorse con le autorità britanniche- si leg­ ge nella relazione per il1948 -l'attività delle filiali dell'Eritrea è andata avviandosi verso la liquidazione. Per le dipendenze della Libia e della Somalia, chiuse al pubblico, si è ottenuto che i depositi fiduciari po­ tessero essere rimborsati in Italia. La liquidazione della filiale di Rodi e di quelle etiopiche ha seguìto un più rapido corso1•

In questo capitolo finale esaminiamo separatamente le due principali pendenze. l. Recupero delle attività preesistenti l'occupazione

L'esposizione delle filiali coloniali per conti e anticipazioni cambiarie ammontava a 193 milioni di lire in linea capitale, così distribuita (importi in migliaia di lire):

Addis Abeba 16.842 Asmara 9.354 Dessié 3.664 Assab 882 Dire Daua 3.678 Massaua 51.630 Gimma 8.102 ERITREA 61.866

1 B.l., Adunanza per i/1948, p. 230. 288 La Banca d'Italia in Africa VIII

Gondar 327 Chisimaio 4.291 H arar 166 Mogadiscio 34.577 ETIOPIA 32.779 SOMALIA 38.868 Bengasi 800 Rodi 1.742 T ripoli 56.445 LIBIA 57.245 TOTALE 192.500

Gli ultimi dati ufficiali pubblicati nella relazione della Banca d'Italia per il 1950 mostrano che alla fine di quell'anno, «pur essendosi effettuati recuperi per 198 milioni, il residuo debito raggiungeva l'ammontare di 49 milioni»2 •

2. Rimborso di depositi fiduciari

Al momento del rientro in Italia, molti depositanti, che per le più svariate ragioni, non poterono ritirare i propri risparmi, si rivolsero a Via Nazionale, che non era nella condizione di acco­ gliere le richieste, trattandosi di operazioni compiute in regime di gestione autonoma e perché mancava la possibilità di accer­ tare presso le filiali stesse l'effettiva consistenza e disponibilità dei singoli depositi, parte dei quali era stata versata al CEP. Le principali situazioni vennero così sintetizzate da Einaudi in una lettera con la quale chiedeva al ministero degli Esteri di intervenire presso gli alleati - ai quali sin dal1943 si era rivolta senza successo la Banca d'Italia - per sbloccare finalmente que­ sta vertenza. l) Depositi a custodia di denaro presso le filiali di Addis Abe­ ba, Harar e Dire Daua in regime di gestione autonoma. I depositi erano costituiti sia da versamenti di denaro, dietro rilascio di li­ bretti nominativi che da giri di conto da altri depositi senza so­ stituzione del titolo rappresentativo del credito originario. Que­ sti depositi furono versati al CEP per il tramite della filiale di Asmara;

2 Si vedano, fra gli altri documenti, il promemoria del commissario Introna al capitano E. Tasca della Sottocommissione finanziaria della Commissione al­ leata di controllo (ASBI, Filiali coloniali, 5540/1/142), il «promemoria per il dr. Cigliana» del 7.2.1945 (ivi, 5540/1/53) nel quale è riassunta la precedente cor­ rispondenza con la Commissione alleata. XXI. La liquidazione delle filiali coloniali 289

2) versamenti in contanti presso la filiale di Gimma diretta­ mente nel conto corrente del CEP dietro rilascio di una semplice ricevuta; 3) somme versate negli ultimi mesi del 1941 presso le filiali di Asmara e Massaua dietro rilascio di semplice ricevuta3; 4) depositi liberi in/rutti/eri presso le filiali di Asmara, Mas­ saua e Mogadiscio effettuati dopo l'occupazione da residenti in parte rimpatriati; 5) versamento al CEP di una percentuale (dal5 al15 per cen­ to) dei saldi dei conti di deposito intestati a terzi; 6) vincolo di indisponibilità su talune categorie di conti presso la filiale di Mogadiscio4. La restituzione procedette lentamente: al 30 dicembre 1949 - l'ultima data per la quale Bankitalia ha pubblicato dati uffi­ ciali - l'ammontare dei depositi fiduciari, che al momento del­ l' occupazione era pari a 657,2 milioni, aveva ancora una con­ sistenza di 360,9 milioni5 .

.3 I cassieri raccolsero 4.468.815 lire versate presso la filiale di Asmara e successivamente prelevate dal Base Paymaster. Gli incaricati della Croce Rossa raccolsero 1.676.230 lire. Cfr. promemoria per i rappresentanti di Bankitalia che si recheranno al Cairo cit., 386/6/242 (per la citazione, 386/6/245). 4 Lettera del 30.10.1945, ASBI, fondo cit., 5540/1/325. 5 B.I., Adunanza per il 1949, p. 278. La relazione fornisce i seguenti dati parziali: - filiali etiopiche e Dodecanneso da 337,4 a 145,2 milioni - filiali libiche eritree e somale da 319,8 a 129,0 milioni.

APPENDICI

I APPENDICE STATISTICA

Azzolini iniziò nell914 la pubblicazione di informazioni sta­ tistiche riguardanti le singole filiali coloniali. A partire dal 1927 comparvero i dati aggregati relativi alle filiali complessivamente considerate1• La pubblicazione dei dati ufficiali s'interruppe nel 1935 quando venne introdotto l'embargo su tutte le informazioni di carattere economico (R.D.L. 28.12.1935, n. 1884)2. In varie occasioni Azzolini aveva cercato di attenuare la se­ gretezza suggerendo di divulgare i dati statistici quando fosse trascorso un certo periodo di tempo per la considerazione che

1 Stringher pubblicò nel 1925 una memoria dal titolo: «Notizie riguardanti l'opera della Banca d'Italia nelle colonie» (cfr. Nota sulle /ontt), contenente i dati relativi al triennio 1922-24. 2 TI governatore informò il Consiglio superiore dell'interruzione della pub­ blicazione della situazione della Banca d'Italia, «documento in sommo grado interessante per i dati che contiene, specialmente circa le riserve e la circolazio­ ne, dati che possono servire a chi è interessato a trarre indicazioni circa la pos­ sibilità e la durata delia resistenza del Paese all'assedio economico che è stato ad essa imposto». ASBI, Segretariato, Verbali del Consiglio superiore, 1935, p. 345. >Lettera di Azzolini al ministro delle Finanze Acerbo del 21.7.1943, pub­ blicata come doc. n. 33 da A. Caracciolo (a cura di), La Banca d'Italia tra l'au­ tarchia e la guerra. 1936-1945, Collana storica delia Banca d'Italia, serie docu­ menti, vol. IX, Laterza, Roma-Bari 1992, pp. 312-3. L'uso «politico» dei dati statistici è confermato da questo episodio narrato da Baffi: il vìcesegretario del Partito nazionale fascista Grandi «sosteneva essere i prezzi un 'fatto politico' da accertare statisticamente secondo la convenienza politica piuttosto che la realtà del mercato». P. Baffi, Intorno a due iniziative di studio nel 1936, in Testimo­ nianze e ricordi, a cura dell'Ufficio Ricerche Storiche della Banca d'Italia, Libri Scheiwiller, Milano 1990, pp. 56-7. 294 La Banca d'Italia in Africa VIII

I dati pubblicati da Bankitalia, secondo lo schema seguente, consentivano di avere una visione d'assieme dell'attività delle fi­ liali coloniali senza peraltro illustrarne completamente l'attività.

dati sulle singole filiali dati aggregati (1913-34) (1926-35) movimento generale delle casse (entra­ movimento generale delle casse (dato te, uscite, rimanenza) complessivo) titoli della Banca: vaglia e assegni ban­ titoli della Banca: vaglia e assegni ban­ cari liberi (titoli emessi ed estinti) cari liberi (titoli emessi ed estinti-dato complessivo) ordini telegrafici di pagamento (emes­ si e pagati) effetti, titoli e cedole scontati operazioni di sconto e anticipazione anticipazioni concesse utili netti (solo per alcuni anni) conto economico movimento dei depositi in c/c (dal conti correnti a interesse (introiti, esi­ 1931) - (introiti, esiti, rimanenza) ti, rimanenza) depositi a risparmio (introiti, esiti, ri­ manenza)

Per il periodo 1936-40 si dispone solo delle serie storiche pubblicate nel 1967 dal professar Mauri che ha utilizzato la do­ cumentazione allora disponibile in Banca d'Italia. Un'affrettata (e sciagurata) epurazione delle carte coloniali effettuata nel corso degli anni Settanta non consente la ricostruzione di quei dati sul­ la base del materiale sopravvissuto all'operazione di scarto; tut­ tavia, i numerosi riscontri effettuati sulle carte oggi consultabili (parte del materiale deve essere inventariato analiticamente), con­ fermano il buon grado di affidabilità di questi dati. La tabella Al contiene il riepilogo delle principali operazioni compiute dalle filiali coloniali nel periodo 1913-36, utilizzando i dati pubblicati nelle relazioni annuali di Bankitalia, che peraltro non hanno seguito sempre lo stesso schema; di qui i «buchi» esistenti per taluni anni in alcune voci (raccolta, ordini di paga­ mento, utili netti). In occasione della Mostra sulle terre italiane d'oltremare svoltasi a Napoli nel1940, le filiali coloniali effettuarono una in­ dagine ad hoc sulla distribuzione del credito erogato i cui risul­ tati sono pubblicati nelle tabelle da A2 ad A5. Si tratta di una I. Appendice statistica 295

rilevazione che è insoddisfacente per varie ragioni: anzitutto i da­ ti non sono omogenei con quelli di bilancio perché mentre questi ultimi riguardano tutte le operazioni di sconto e di anticipazione, nell'indagine «napoletana» sono considerati solo gli sconti di cambiali e le anticipazioni cambiarie concesse agli operatori della piazza; in secondo luogo l'indicazione dei destinatari dei finan­ ziamenti è limitata a soli cinque settori (quattro per l'industria e uno per il commercio); inoltre, a causa della precaria situazione degli archivi delle filiali, non fu possibile rinvenire gli elaborati contabili relativi ad alcuni anni4; infine, perché - con le eccezioni di Asmara e di Addis Abeba - non vengono fornite serie annuali, ma dati riguardanti l'intero periodo, un espediente che talora consentiva di nascondere risultati operativi modesti5. Nonostante questi limiti, la rilevazione è importante perché è l'unico documento che consente di avere un'idea, sia pure ap­ prossimativa, dei destinatari dei flussi creditizi. Né le autorità né le banche - come ha rilevato il professar Mauri (Il mercato del credito in Etiopia, p. 225)- hanno pubbli­ cato i dati riguardanti la consistenza del credito erogato e dei depositi: «ancor oggi è stato impossibile ricostruire la situazione cre­ ditizia nell'A. Q.I. nel periodo considerato. Furono invece pubbli­ cati dati relativi al movimento generale delle casse e dei conti, che erano gonfiati dal notevole sviluppo della funzione di intermedia­ zione nei pagamenti» (corsivo aggiunto).

4 ll direttore di Bengasi riferì che nell'impossibilità di reperire gli elaborati relativi ad alcuni anni, si era fatto ricorso alle relazioni che però in «alcuni anni, come nel1906, 1919 e nel1920 non vennero compilate». Lettera del25.1.1940, ASBI, Filiali coloniali, 260/3/6. 5 De Ambrosis richiamò «con un senso di sconforto» l'attenzione sulla me­ diocre performance del 1936 e chiese a Roma se non fosse il caso di dare cifre globali anziché annuali. Lettera del 4.3.1940, ASBI, fondo cit., 205/5/1. 296 La Banca d'Italia in Africa VIII

Tab. Al. Principali operazioni delle filiali della Banca d'Italia nelle colonie e nei possedimento del Dodecanneso (1913-1936?

Operazioni/Anni 1913 1914 1915 1916 1917 1918 movimento delle casse - entrate 47.927 354.095 572.020 379.233 582.217 1.164.277 >> esiti 41.889 345.951 576.160 578.688 580.535 1.143.388 sconti 2.748 13.125 24.053 25.254 52.450 199.647 anticipazioni 223 1.190 683 1.781 5.636 25.473 TOTALE 2.971 14.315 24.736 27.035 58.006 225.120 clc a interesse - introiti » esiti depositi a risparmio - introiti » esiti vaglia e assegni - emessi 7.999 73.607 79.479 72.798 81.303 172.897 » l'agati 8.016 48.120 44.082 44.207 55.321 167.170 ordini telegrafici di pagamento -emessi » » >> -pagati benefizi 375 417 587 733 2.663 passività 452 261 620 693 2.386 di cui: sofferenze 113 13 utili netti

Operazioni/Anni 1919 1920 1921 1922 1923 1924 movimento delle casse - entrate 1.078.694 1.295.306 1.495.290 1.652.793 1.805.815 2.338.724 » esiti 1.071.166 1.299.808 1.501.398 1.644.871 1.789.983 2.356.638 sconti 94.231 161.579 199.805 172.091 157.136 179.301 anticipazioni 24.360 33.689 36.576 31.236 26.825 30.674 TOTALE 118.591 195.448 236.381 203.327 183.961 209.979 clc a interesse - introiti » esiti depositi a risparmio - introiti » esiti vaglia e assegni - emessi 177.568 253.892 239.880 252.291 256.399 312.169 » J>agati 136.840 217.284 180.877 178.410 184.211 239.520 ordini telegrafici di pagamento -emessi » » » -pagati benefizi 2.266 2.320 3.781 4.244 4.815 4.196 passività 2.113 878 3.160 3.159 2.588 2.662 di cui: sofferenze 7 1.461 1.491 567 37 utili netti 628 1.065 789 1.533 I. Appendice statistica 297

(segue tabella Al)

Operazioni/Anni 1925 1926 1927 1928 1929 1930 movimento delle casse - entrate 2.886.356 3.251.930 3.497.974 3.527.774 3.393.156 3.113.470 >> esiti 2.861.249 3.242.772 3.497.046 3.540.180 3.365.220 3.095.562 sconti 284.308 288.492 214.229 219.604 220.827 245.529 anticipazioni 58.325 59.035 75.633 52.912 68.961 85.784 TOTALE 342.633 347.527 289.862 275.516 290.788 331.277 clc a interesse - introiti » esiti depositi a risparmio - introiti >> esiti vaglia e assegni - emessi 440.322 468.474 492.434 430.154 451.456 >> l'agati 344.070 354.744 359.341 273.258 291.363 ordini telegrafici èli pagamento -emessi >> >> >> -pagati benefizi 4.879 7.213 6.525 5.400 5.437 5.716 passività 4.013 4.731 4.066 3.719 3.762 4.631 di cui: sofferenze 601 1.454 774 250 83 559 utili netti 2.313 2.836 2.662 1.680 1.743 1.083

Operazioni/Anni 1931 1932 1933 1934 1935 1936

movimento delle casse - entrate 3.133.910 3.062.623 2.896.443 2.508.331 l 6.470 16.609 >> esiti 3.145.721 3.017.998 2.909.021 2.801.835 sconti 235.090 230.687 204.209 187.323 187 202 anticipazioni 62.382 62.900 39.568 33.812 33 87 TOTALE 294.472 293.587 243.777 221.135 220 289 clc a interesse - introiti 370 822 » esiti 376 756 depositi a risparmio - introiti 14 28 >> esiti 14 22 vaglia e assegni- emessi 490.054 487.980 352.640 492.154 499 1.295 >> l'agati 314.532 290.222 245.322 350.155 356 990 ordini telegrafici èli pagamento -emessi 337 >> >> >> -pagati 130 benefizi 5.067 4.850 4.662 4.257 passività 5.320 9.061 7.301 2.323 di cui: sofferenze 1.279 2.381 2.500 1.066 utili netti -252 -3.900 -2.690 770 1 Relazioni annuali della Banca d'Italia. Importi in migliaia di lire. I dati analitici relativi alle singole filiali si fermano al1934. Nel biennio 1935-36 furono pubblicati dati complessivi espressi in milioni di lire. 298 La Banca d'Italia in Africa VIII

T ab. A2. Distribuzione del credito erogato dalle filiali libiche per rami di attività economica (importi in migliaia di lire)

Industrie Commercio Anni Totale stradali edilizie trasporti varie e varie Bengasi 1925 49.385 49.385 1926 53.678 53.678 1927 800 42.849 43.649 1928 2.670 34.049 36.719 1929 2.500 2.500 20.919 25.919 1930 23.152 23.152 1931 2.000 20.501 22.501 1932 20.655 20.655 1933 2.035 750 100 27.763 30.648 1934 2.121 2.479 271 1.355 42.607 48.833 1935 3.027 4.692 1.120 570 54.072 63.481 1936 19.985 6.748 1.558 59.948 88.239 1937 3.591 475 78.885 82.951 1938 29.480 4.556 94.092 128.128 1939 12.000 7.150 139.999 159.149 Tripoli 1925 2.800 1.300 2.400 38.500 45.000 1926 2.200 1.400 2.500 38.900 45.000 1927 1.700 1.500 2.800 34.000 40.000 1928 1.800 1.400 2.100 34.700 40.000 1929 1.600 1.800 1.800 34.800 40.000 1930 2.100 2.200 2.200 39.500 46.000 1931 1.200 1.700 2.600 38.500 44.000 19.32 900 1.300 1.800 31.000 35.000 1933 1.100 900 1.900 30.100 34.000 1934 900 800 1.800 26.500 30.000 1935 700 700 1.700 22.900 26.000 1936 800 600 1.200 15.400 18.000 1937 1.800 1.100 1.800 21.300 26.000 1938 1.200 26.400 2.700 3.200 43.500 77.000 1939 2.700 29.700 3.300 4.600 59.700 100.000 Fonte: Bengasi, ASBI, Filiali coloniali, c. 260. Gli elaborati contabili relativi ad alcuni anni non sono stati rinvenuti 7e archivi della ffiiale. Ove possibile, i dati sono stati integrati con informazioni tratte d e relazioni annuali. I. Appendice statistica 299

T ab. A3. Distribuzione del credito erogato dalle filiali dell'Eritrea per ra- mi di attività economica (importi in migliaia di lire)

Industrie Commercio Anni Totale stradali edilizie trasporti varie e varie Asmara 1927 5.367 18.833 2.020 10.062 55.379 91.711 1928 9.311 19.557 1.987 8.994 52.749 92.598 1929 5.584 19.919 2.150 10.289 55.855 93.797 1930 6.506 24.670 2.703 12.374 66.225 112.478 1931 5.690 24.453 2.814 10.818 59.473 103.248 1932 5.795 24.976 2.877 9.972 59.472 103.092 1933 3.609 18.145 2.165 8.218 42.143 74.280 1934 2.867 14.337 1.720 5.750 32.688 57.362 1935 6.875 13.749 3.437 5.605 39.185 68.851 1936 6.784 10.870 2.174 1.304 22.609 43.741 1937 30.891 29.783 4.230 6.452 29.853 101.209 1938 25.142 26.903 3.680 8.380 35.996 100.101 1939 19.185 23.308 3.062 7.151 32.117 84.823 Massaua (1936-39) 12.343 22.481 57.208 5.255 65.000 162.287 Assab (1938-39) 250 500 1.200 700 3.500 6.150 Fonte: ASBI, Filiali coloniali, c. 260. 300 La Banca d'Italia in Africa VIII

Tab. A4. Distribuzione del credito erogato dalle filiali somale e di Rodi per rami di attività economica (importi in migliaia di lire)

Industrie Commercio Totale stradali edilizie trasporti varie e varie

Mogadiscio (1925-39) 171.300 205.918 75.223 72.918 204.112 729.471 Chisimaio (1925-39) 8.930 8.930 Assab (1938-39) 230 600 1.200 700 3.500 6.230 Rodi (1927-39) 93.308 37.554 2.191 107.341 104.316 344.710 Fonte: ASBI, Filiali coloniali, c. 260.

Tab. A5. Distribuzione del credito erogato dalle filiali dell'Etiopia per rami di attività economica (importi in migliaia di lire)

Industrie Commercio Anni Totale stradali edilizie trasporti varie e varie Addis Abeba 1936 6.784 10.870 2.174 1.304 22.609 43.741 1937 30.891 29.783 4.230 6.452 29.853 101.209 1938 25.142 26.903 3.680 8.380 35.996 100.101 1939 19.185 23.308 3.062 7.151 32.117 84.823 Dire Daua 1936-39 9.383 20.935 29.054 1.606 41.870 102.848 H arar 1937-39 38.425 6.340 785 390 1.215 47.155 Go n dar 1937-39 21.120 56.470 1.207 3.270 82.067 Gimma 1938-39 59.199 28.755 6.002 1.762 11.875 107.593

Dessié 1939 2.508 240 1.367 501 2.063 6.679 Fonte: ASBI, Filiali coloniali, c. 260. L Appendice statistica 301

Tab. A6. Attività delle filiali della Banca d'Italia nell'Africa orientale italiana (1936-1940) (importi in migliaia eli lire)

Movimento delle casse Vaglia cambiari Anno Sconti Anticipazioni Totale entrata uscita emessi pagati Addis Abeba 1936 327.470 282.015 696 1.362 2.058 121.582 90.668 1937 9.745.075 9.280.414 11.801 50.938 62.739 2.050.756 1.308.201 1938 20.048.814 20.159.660 14.211 116.738 130.949 2.029.638 926.746 1939 18.510.540 18.353.782 36.327 179.643 215.970 1.779.164 930.457 1940 21.971.951 21.330.652 33.392 180.546 213.938 1.445.467 951.342 Asmara 1936 12.011.950 11.966.920 43.479 14.114 57.593 2.769.738 1.991.603 1937 16.885.801 16.727.902 72.610 76.601 149.211 1.834.835 1.463.396 1938 7.157.246 7.330.531 67.612 122.004 189.616 1.078.493 992.412 1939 7.210.115 7.077.512 61.234 71.329 132.563 843.595 948.917 1940 9.106.750 8.606.567 33.701 43.110 76.811 687.526 784.930 Assab 1938 138.802 130.533 760 460 1.220 66.458 33.817 1939 161.079 160.605 1.597 5.189 6.786 64.787 47.204 1940 175.053 178.099 2.818 4.580 7.398 81.626 71.284 Chisimaio 1936 54.037 53.500 8.284 253 8.537 19.278 23.870 1937 29.651 26.536 5.391 130 5.521 11.764 5.376 1938 31.584 31.121 1.956 1.274 3.230 14.292 10.260 1939 43.094 44.814 4.860 2.188 7.048 18.363 11.856 1940 89.502 88.579 10.945 4.111 14.056 33.097 23.628 Dessié 1939 35.485 24.864 1.496 1.116 2.612 16.806 10.177 1940 347.015 338.021 5.340 42.028 47.368 123.585 99.763 Dire Daua 1936 71.420 61.786 180 53 233 16.917 44.248 1937 508.303 479.689 2.045 20.447 22.492 176.205 245.549 1938 451.115 443.009 8.843 77.781 86.624 186.402 122.481 1939 277.830 273.450 5.438 41.923 47.361 94.753 67.720 1940 299.025 290.868 5.189 52.930 58.119 99.119 73.207 302 La Banca d'Italia in Africa VIII

Movimento delle casse Vaglia cambiari Anno Sconti Anticipazioni Totale entrata uscita emessi pagati Gimma 1938 1.674.989 1.669.594 13.012 24.011 37.023 270.496 147.273 1939 1.720.319 1.711.026 21.756 47.383 69.139 335.135 205.440 1940 1.328.713 1.322.765 18.564 70.785 89.349 292.957 228.339 Go n dar 1937 561.263 550.731 443 443 142.047 110.955 1938 2.037.520 2.025.841 12.536 16.654 29.190 384.803 294.484 1939 2.261.937 2.276.854 13.115 10.724 23.839 424.571 235.110 1940 1.647.040 1.641.764 13.214 18.734 31.948 354.960 292.231 Harar 1937 885.447 840.898 25 7.961 7.986 174.911 139.557 1938 1.552.104 1.579.158 39 25.842 25.881 284.689 146.750 1939 1.615.145 1.177.124 5.569 27.421 28.990 246.186 158.598 1940 1.299.458 1.286.529 2.593 14.378 16.971 215.870 181.957 Massaua 1936 233.551 207.225 2.801 3.816 6.617 107.037 58.270 1937 674.196 647.989 8.575 31.083 39.658 379.584 161.203 1938 648.913 594.301 31.685 40.034 71.719 361.662 135.814 1939 710.611 710.667 50.051 121.555 171.606 439.528 170.588 1940 647.999 683.595 69.151 110.187 179.338 332.414 178.729 Mogadiscio 1936 3.511.014 3.495.473 44.865 10.828 55.693 650.441 424.141 1937 4.372.396 4.336.472 29.156 6.378 35.534 896.404 520.659 1938 3.340.559 3.421.811 31.816 15.489 47.305 528.379 269.125 1939 1.712.647 1.710.470 56.644 58.878 115.522 432.722 259.551 1940 1.966.563 1.983.546 89.724 51.467 141.191 377.022 290.713

Fonte: Mauri, op. cit., tavv. 24 e 25. II

LE NORME PER LA FILIALE DI TRIPOLI

La Banca poteva istituire, per deliberazione del Consiglio su­ periore su proposta del direttore generale, filiali nelle colonie e nei possedimenti da «amministrarsi con speciale regime». La ne­ cessità di dare vita a una struttura particolare nasceva «dalla con­ siderazione che le condizioni e le consuetudini dei luoghi e la distanza dalla madre patria, rende[ vano] necessaria l'adozione di norme speciali atte a eliminare ostacoli e impedimenti al regolare e sollecito funzionamento dell'Istituto»1• Oltre alle operazioni previste dallo statuto, le filiali coloniali potevano compiere anche quelle «riconosciute meglio adatte al­ l'economia delle contrade nelle quali operano». Queste opera­ zioni furono disciplinate dal Consiglio superiore, su proposta del direttore generale e con l'approvazione del ministro del Tesoro2. Alle filiali coloniali era assegnata una speciale dotazione - quasi un capitale a sé, distinto dal patrimonio vero e proprio dell'Istituto- prelevata dalla riserva ex art. 67 dello statuto. L'as­ segnazione (prevista dal3° capoverso dell'art. 63 bis) era ispirata al principio di evitare che le somme assegnate a queste filiali ri­ ducessero le disponibilità destinate al finanziamento delle ope­ razioni sul territorio metropolitano3.

1 B.I., Adunanza per il1911, pp. 14-5. 2 Art. 63 bis (nelle edizioni del1911, 1921 e 1936); l'elenco completo delle operazioni che le filiali coloniali potevano effettuare è riprodotto più avanti (Ap­ pendice III). 3 «Occorreva che il carattere della funzione della Banca nelle colonie - an­ notò Strìngher - risultasse dal fatto stesso di una reale indipendenza di essa dalle disponibilità che sono comuni alle filiali del Regno per effetto della emissione dei biglietti». B. Strìngher, Notizie riguardanti l'opera della Banca d'Italia nelle colo­ nie, in Memorie riguardanti la circolazione e il mercato monetario, a cura di B.L. Mazzei, Utet Libri- Edizioni dì banche e banchieri, Torino 1933, p. 97. 304 La Banca d'Italia in Africa VIII

La prima filiale coloniale venne istituita a Tripoli con deci­ sione del Consiglio superiore del20 maggio 1912. Le norme re­ lative al suo funzionamento - successivamente estese, con gli op­ portuni adattamenti, alle altre dipendenze d'oltremare - furono approvate con R.D. 25 luglio 1912, n. 892 4• Nel prospetto sono riportate «le norme per la filiale di Tri­ poli» e, in nota, quelle previste per le altre filiali coloniali e suc­ cessivamente estese alle dipendenze libiche.

Operazioni d'impiego> La succursale può impegnare nelle operazioni tutte le somme provenienti da: a) dotazione speciale; b) operazioni passive (conti correnti, depositi a risparmio, buoni fruttiferi); c) riscon­ to di parte dd portafoglio (art. 7). Sconto Si applicano le norme vigenti per le filiali me­ tropolitane con quei temperamenti suggeriti da­ gli usi locali, approvati dalla direzione generale con l'assenso del ministro del Tesoro (art. 9). Possibilità di accettare cambiali con una sca­ denza fino a sei mesi. Non deve essere prevista espressamente la clau­ sola della rinnovazione; se però viene consenti­ ta, si deve applicare il tasso massimo (Consiglio superiore del 21.4.1915). ll tasso di sconto viene fissato dal Consiglio su­ periore in misura non inferiore a quella prati­ cata in Italia (art. 10)6.

4 Alla succursale di Tripoli venne assegnata una dotazione di 4 milioni - successivamente ridotta a 1,5 milioni a causa della ridotta attività della filiale - sulla quale doveva corrispondere un interesse del 3% per il1912, del 3,50 per il1913 e del3,75 per gli anni successivi. In via sperimentale, il Consiglio supe­ riore fissò un organico di 18 elementi. Cfr. anche Banca d'Italia, Modi/icazioni aggiunte allo Statuto della Banca d'Italia. Norme per il regime della succursale di Tripoli, Stabilimento tipografico Colombo, Roma 1913. 5 Dal 1927 le altre filiali coloniali potevano ottenere anticipazioni anche sui titoli impiegati per il reinvestimento della riserva speciale (Consiglio superiore del 30.3.1927). Nel febbraio 1937 venne consentito l'utilizzo delle eventuali ec­ cedenze delle disponibilità rispetto agli impieghi, per effettuare finanziamenti senza ricorrere al risconto o all'anticipazione, e corrispondendo a Via Nazionale un interesse dell'l%. 6 Nelle filiali coloniali è consentito l'uso di cambiali: a) con scadenza sino a sei mesi, in considerazione degli usi locali che tendono a fare coincidere la sca­ denza con l'epoca dei raccolti; b) cambiali appoggiate a regolari documenti di II. Le norme per la filiale di T ripoli 305

Risconto In caso di bisogno e previa autorizzazione del direttore generale, la filiale potrà riscontare par­ te del portafoglio presso la sede di Palermo. Su tali operazioni sarà applicato il saggio di favore in uso per gli Istituti di credito esistenti in Ita­ lia. Anticipazione Si applicano normalmente le norme vigenti in Italia. Potranno essere consentite: a) anticipazioni su titoli esteri, di assoluto ripo­ so, non compresi tra quelli «stanziabili», die­ tro autorizzazione della direzione generale, sentito il ministro del Tesoro, che stabilirà l'ammontare da mettere a disposizione del cliente (art. 11). b) anticipazioni su deposito di merci e di altre derrate esistenti nei magazzini generali legal­ mente costituiti, nei depositi franchi, nelle dogane e nei magazzini della Banca alle con­ dizioni e con le modalità stabilite dalla dire­ zione generale sentito il ministro del Tesoro. La misura degli interessi sulle anticipazioni con­ tro deposito di paste d'oro e d'argento, di mo­ nete estere, di titoli di merci e derrate, viene stabilita dal Consiglio superiore in misura non inferiore a quella praticata in Italia (art. 12). Le spese derivanti dalle anticipazioni su merci e derrate sono a carico del cliente (art. 13). Deposito I depositi in conto corrente sono regolati come in Italia; per quelli a risparmio valgono le dispo­ sizioni stabilite dal Consiglio superiore su pro­ posta del direttore generale, sentito il ministro del Tesoro. I tassi d'interesse sono stabiliti dal Consiglio su­ periore (art. 14).

carico (compresa la polizza di assicurazione delle merci spedite), o garantite da cessioni di credito verso le pubbliche aministrazioni (con relative delegazioni di pagamento regolarmente accettate), o corredate da anticipata dichiarazione di accettazione del trattario, anche se non munite della seconda firma; c) tratte sul­ l'Italia e sull'estero con una sola firma, quando traente e trattario siano una ditta di prim'ordine e diano affidamento di tutto riposo (Consiglio superiore del 17.11.1913). Il tasso viene stabilito con le stesse modalità previste per la filiale di Tripoli. Talora al direttore della filiale è concessa la facoltà di accordare una riduzione fino a raggiungere la misura massima praticata in Italia. 306 La Banca d'Italia in Africa VIII

Vaglia cambiari Sono emessi e pagati con le stesse norme vigen­ ti in Italia (art. 16). Buoni a scadenza /issa Possono essere emessi buoni a scadenza fissa di importo non inferiore a 500 lire, fruttiferi e a scadenza di 3 mesi, 6 mesi e l anno. Potranno essere pagati solo dalla succursale di Tripoli. La misura dell'interesse è stabilita dal Consiglio su­ periore.

In aggiunta alle operazioni indicate nelle note 5 e 6 delle pa­ gine 304-5, le filiali di Asmara e di Massaua furono autorizzate: a) a pagare lettere di credito circolari, accettate e non, emesse da banche estere. I corrispondenti esteri dovevano essere invitati a emettere preferibilmente lettere di credito con avviso regolare, anziché lettere di credito circolari (Consiglio superiore del 28.6.19 32); b) ad accettare da parte di banche nazionali aperture di credito confermate contro ritiro di documenti (ibid.). III

OPERAZIONI DELLA BANCA D'ITALIA NELLE COLONIE1

Depositi in conto corrente fruttifero Depositi a risparmio2 Sconto di: cambiali con scadenza non superiore a 9 mesi; cambiali documentate; assegni bancari; buoni del Tesoro, cedole e titoli emessi o garan­ titi dallo Stato; note di pegno emesse da magazzini generali legal­ mente riconosciuti; Anticipazioni in forma di conto corrente sopra: titoli emessi e garantiti dallo Stato; cartelle degli istituti di credito fondiario e di titoli equiparati; oro in verghe; fedi di deposito emesse dai depositi franchi e dai magazzini generali legalmente riconosciuti; deposito di cambiali all'ordine diretto di Banki­ talia; Accettazione e incasso di: effetti semplici o documentati in lire e in valuta; mandati emessi dai governi coloniali o altre pub­ bliche amministrazioni, fatture, note, ecc.

1 Banca d'Italia, Operazioni della Banca d'Italia nell'Impero etiopico, nelle colonie e nei possedimenti italiani, Stabilimento tipografico C. Colombo, Roma 1938. 2 Banca d'Italia, Norme per il servizio dei depositi a risparmio presso le filiali nelle colonie e nei possedimenti, Roma 1937. 308 La Banca d'Italia in Africa VIII

Estinzione di effetti e titoli per conto terzi Ordini di pagamento e di accreditamento Negoziazione delle lettere di credito emesse da banche e banchieri italiani ed esteri Emissione di vaglia cambiari Rimesse di operai e militari Pagamento di assegni e vaglia di altri istituti. Depositi per custodia volontari liberi aperti (di titoli mobiliari e di va­ lori in genere); vincolati per conto terzi; volontari liberi chiusi (valori e oggetti di qualsiasi specie); volontari liberi chiusi in cassette di sicurezza; di azioni per interventi nelle assemblee Depositi di merce (per semplice custodia, a garanzia di altre operazioni, per la consegna a terzi) Rilascio di lettere di garanzia Incarichi diversi su mercP: constatazione di avarie, verbali di perizie, riassi­ curazione di merci, introduzione nei magazzini generali o nei depositi franchi, svincolo e imma­ gazzinamento nei propri magazzini, rispedizione di merci abbondante ai porti di provenienza, ven­ dita delle merci rifiutate dai destinatari Operazioni varie acquisto e vendita di titoli e valori per conto terzi, acquisto e vendita di divise estere, oro in monete, verghe, lingotti e rottami.

3 Banca d'Italia, Regolamento dei magazzini generali di ordinaria custodia, Tip. A.A. e F. Cicero, Asmara 1935; Deposito /ranco di lvfassaua. Norme interne di servizio, Tipografia Francescana, Asmara 1926; Magazzini Generali di Tripoli, Disciplinare per la gestione dei Magazzini Generali di Tripoli (con altri documen­ ti), Tip. della Banca d'Italia, Roma 1925. IV

IL PROGETTO DI UNA BANCA COLONIALE

Nel 1931 venne studiata la costituzione di una banca colo­ niale. Le carte d'archivio non forniscono informazioni circa le ragioni che determinarono l'accantonamento di questo progetto del quale si conoscono varie stesure. Inizialmente fu esaminata l'ipotesi di costituire una sezione autonoma di Bankitalia, deno­ minata Banca d'Italia nelle colonie, «per l'esercizio del credito coloniale e per funzioni relative all'emissione di biglietti bancari nelle Colonie di diretto dominio», dotata di un capitale di 35 milioni costituito, per 7 milioni dalle riserve speciali delle filiali coloniali e per i restanti 28 dal conferimento delle riserve speciali di proprietà degli azionisti 1. n nuovo ente avrebbe assunto tutte le operazioni in essere presso le filiali coloniali di Bankitalia escluse, da quelle attive, le partite incagliate. La funzione relativa all'emissione dei biglietti sarebbe stata limitata al «baratto dei biglietti di un taglio in bi­ glietti di altri tagli, al ritiro e all'annullamento dei biglietti logori indrcolabili e al cambio di questi con biglietti nuovi». In un secondo momento venne prevista la partecipazione al capitale della banca coloniale dei banchi meridionali. n capitale del nuovo istituto - che manteneva la denominazione di Banca d'Italia nelle colonie - sarebbe stato di 50 milioni conferiti per otto decimi da Bankitalia e per un decimo ciascuno dal Banco di Napoli e dal Banco di Sicilia2 •

1 Memoria senza data, intitolata «Progetto schematico per la formazione di una sezione coloniale autonoma della Banca d'Italia», in ASBI, Direttorio-Az­ zolini, 62/9/1. 2 Memoria manoscritta del 4.5.1931 dal titolo «Progetto di base per la co­ stituzione di una Banca Coloniale», ASBI, fondo cit., 62/12/67. 310 La Banca d'Italia in Africa VIII

Questo progetto non soddisfece Azzolini che il 25 giugno 1931 comunicò a Lessona, sottosegretario al ministero delle Co­ lonie, «che il progetto per la costituzione di una banca coloniale, che aveva fatto preparare, non mi è parso tale da poterLe essere presentato in quanto vi erano lacune proprio in alcune parti più importanti» e soggiunse di avere affidato a un capo di agenzia, «vecchio coloniale» [Vittorio Forte], il compito di «preparare un nuovo più compiuto progetto che risponda meglio alle esigenze delle Colonie e sia intonato alle non facili condizioni attuali»3 • n nuovo testo prevedeva la partecipazione dell'intero sistema finanziario italiano al capitale del nuovo istituto la cui denomi­ nazione, per meglio rispecchiare il nuovo assetto proprietario, sa­ rebbe stata Banca Nazionale nelle Colonie. n capitale di 75 mi­ lioni sarebbe stato sottoscritto dalle principali banche e da pri­ marie società di assicurazione. Quest'ampia partecipazione - a parere di Forte - era giustificata da ragioni di carattere morale («per interessare al potenziamento delle nostre Colonie tutti i principali Istituti Finanziari del Regno») e da ragioni di carattere pratico («per evitare la concorrenza, dalla quale il nostro Istituto ha dovuto strenuamente difendersi, da parte di alcune Banche in altre località (Somalia), dove l'attività di un altro Istituto di cre­ dito comprometterebbe gravemente gli interessi della costituen­ da Banca e, contrariamente all'opinione poco meditata di incom­ petenti, anche gli interessi economici locali») 4 • Forte suggeriva di attribuire alla nuova banca il privilegio dell'emissione dei biglietti analogamente a quanto praticato dalle banche coloniali francesi5•

Il nostro Istituto si è acquistato indiscutibili ed altissime beneme­ renze nell'assicurare la circolazione fiduciaria e nel promuovere lo svi­ luppo economico di ciascuna colonia, ma avendo dovuto operare nella sfera limitata e circoscritta del proprio ordinamento d'Istituto di emis­ sione del Regno, non ha potuto con larghezza sovvenzionare istituzioni

3 Lettera di Forte ad Azzolini del27.6.1931, ASBI, fondo cit., 62/12/13. In una memoria senza data dal titolo «Provvedimenti complementari al progetto di uno statuto di banca coloniale» (62/12/30) è indicato un capitale di 60 milioni sottoscritto da Bankitalia (35 milioni), Banco di Napoli (10), Banco di Sicilia (5), istituti parastatali (10). 4 Lettera cit., 62/12/56-7. Il corsivo è nell'originale. 5 Lettera del 6.7.1931 ad Azzolini, in ASBI, fondo cit., 62/12/43. IV Il progetto di una Banca coloniale 311 ed operazioni che per lo speciale loro carattere richiedevano molti mez­ zi e presentavano molti rischi. La creazione, ora, di un nuovo Istituto sarebbe una buona occasio­ ne per l'applicazione anche nel nostro Paese del «monopolio esclusivo» dell'emissione ad una Banca Coloniale e sarebbe lecito prevedere che tale innovazione darebbe i vantaggi su menzionati ed un larghissimo valido aiuto a ciascuna delle nostre Colonie, che stanno attraversando il momento più difficile della formazione e dello sviuppo della propria economia6.

Questa proposta non venne accolta come risulta dal testo di una versione più recente del progetto di banca coloniale. In que­ sta più completa formulazione la banca, la cui denominazione è lasciata in bianco, viene definita «Società Anonima con sede in Roma. Essa ha lo scopo di esercitare il commercio bancario nelle Colonie Italiane e nei possedimenti di diretto dominio». A titolo d'informazione se ne indicano le principali caratte­ ristiche: capitale 100 milioni suddiviso in azioni nominative del valore nominale di 1.000 lire di cui 600 versate; organizzazione direzione generale a Roma; sede a Tripoli; succursali territoriale a Bengasi, Asmara, Mogadiscio, Rodi; agenzie a Mas­ saua e a Chisimaio; amministrazione i poteri della società sono ripartiti tra: a) assemblea generale degli azionisti; b) consiglìo di amministrazione; c) direttore e vice direttore generale; operazioni - sconto; - anticipazioni; emissione di assegni circolari; compravendita di titolì e divise estere; ricevere depositi (a custodia, in cauzione, o in altro modo vincolati); - ricevere somme in clc con o senza interessi; - provvedere per conto terzi all'incasso e alla coper- tura di effetti semplici o documentati;

6 Ivi, 62/12/44. TI suggerimento di Forte si fondava sull'esperienza francese per la quale in quasi tutti i possedimenti esisteva una banca d'emissione deno­ minata banca coloniale. Un ruolo a parte era quello delle banche centrali del Marocco e della Siria rette da leggi speciali conformi a particolari situazioni (Marocco) o a convenzioni internazionali (Siria). 312 La Banca d'Italia in Africa VIII

ricevere sottoscrizioni di titoli pubblici; - ricevere effetti a due firme garantiti da polizze di carico; - eseguire per conto terzi operazioni di borsa; - partecipare ai prestiti dello Stato italiano; - compiere ogni altra operazione bancaria7.

7 <

CRONOLOGIA DEI TITOLARI DEL MINISTERO DELLE COLONIE1, QUINDI DELL'AFRICA ITALIANA

Ministero Ministro Giolitti (30.3.1911-21.3.1914) Bertolini Pietro Salandra (21.3.-5.11.1914) Martini Ferdinando Salandra (5.11.1914-19.6.1916) Martini Ferdinando Boselli (19.6.1916-30.10.1917) Colosimo Gaspare Orlando (30.10.1917-23.6.1919) Colosimo Gaspare Nitti (23.6.1919-22.5.1920) Rossi LuigF Nitti (22.5-16.6.1920) Nitti Francesco Saverio3 Giolitti (16.6.1920-4.7.1921) Ruini Bartolomeo Bonomi (4.7.1921-26.2.1922) Rossi Luigi Facta (26.2.-1.8.1922) Girardini Giuseppe Facta (1.8-31.10.1922) Amendola Giovanni Mussolini (31.10.1922-25.7.1943) Amendola Giovanni Federzoni Luigi4 Mussolini Benito> Lanza di Trabia Pietro6 Federzoni LuigF

1 Istituito con R.D. 20.11.1914, n. 1205. Cambiò denominazione con R.D. 8.4.1937, n. 431. 2 Fino al13.3.1920. 3 Interim dal 14.3.1920. 4 Fino al17.6.1924. 5 Interim dal 17.6 all'1.7.1924. 6 Dall'1.7.1924 al 6.11.1926. 7 Dal 6.11.1926 al 18.12.1928. 314 La Banca d'Italia in Africa VIII

Mussolini Benito8 De Bono Emilio9 Mussolini Benito10 Lessona Alessandro11 Mussolini Benito12 T eruzzi Attilio D

8 Dal 18.12.1928 al 12.9.1929. 9 Dal 12.9.1929 all7.1.1935. 10 Dal17.1.1935 all'11.6.1936. 11 Dall'11.6.1936 al 20.11.1937. 12 Dal 20.11.1937 al 31.10.1939. u Dal 31.10.1939. OPERE CITA TE

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1882 10 marzo Lo Stato italiano acquista la proprietà della baia di Assab dalla Rubattino versando 416 mila lire. La legge n. 857 del 5 luglio sancisce la sovranità nazio­ nale su quel territorio. 20 maggio A Vienna viene firmato fra Austria, Germania e Ita­ lia il trattato istitutivo della Triplice Alleanza.

1885 1° gennaio «ll Diritto», giornale d'ispirazione governativa, an­ ticipa la decisione dell'Italia di iniziare una politica di sviluppo coloniale. 5 febbraio Un corpo di spedizione italiano occupa Massaua. Nei mesi successivi l'occupazione viene estesa alla zona costiera tra Massaua e Assab.

1887 7 agosto Francesco Crispi assume la presidenza del Consiglio in sostituzione di Agostino Depretis morto il 29 lu­ glio. Vincenzo Filonardi, titolare di una società per il commercio con Zanzibar, chiede l'assistenza del di­ rettore della Banca Nazionale nel Regno, Giacomo Grillo, nella ricerca dei capitali necessari per svilup­ pare la propria attività.

1888 Le truppe del gen. Baldisserra iniziano 1' occupazio­ ne delle zone interne dell'Eritrea. 326 La Banca d'Italia in Africa VIII

Il Consiglio superiore della Banca Nazionale appro­ va il progetto, sostenuto dal governo, di allacciare rapporti di corrispondenza con banche sud-ameri­ cane per favorire le colonie italiane d' oltreoceano.

1889 8 febbraio Costituzione del protettorato italiano sul sultanato degli Obbia (Somalia). 10 marzo Menelik assume il titolo di «re dei re» d'Etiopia in sostituzione del defunto negus Giovanni. 7 aprile Costituzione di un protettorato italiano sul sultana­ to della Migiurtinia. 2 maggio A Uccialli viene firmato un trattato di commercio e di amicizia tra l'Italia e l'Etiopia. 3 giugno Prosegue l'espansione coloniale in Eritrea con l'oc­ cupazione di Cheren. 3 agosto Occupazione di Asmara. 20 agosto A Napoli viene sottoscritta una convenzione addi­ zionale al trattato di Uccialli: l'Etiopia riconosce le conquiste territoriali italiane; l'Italia concede a Me­ nelik un prestito di 4 milioni. 26 ottobre La Banca Nazionale stipula col governo una con­ venzione per la concessione di un prestito di 2 mi­ lioni all'Etiopia. novembre Grillo viene incaricato dal governo di predisporre un progetto di statuto di una società commerciale per lo sfruttamento delle risorse del Benadir.

1890 5 gennaio I possedimenti italiani nel Mar Rosso vengono uni­ ficati nella Colonia Eritrea. 10 agosto Il decreto n. 7049 introduce nella colonia il tallero eritreo.

1891 11 gennaio Prima e unica riunione del comitato incaricato di promuovere la sottoscrizione delle azioni della SIAO, la società per lo sfruttamento del Benadir. Cronologia 327

6 maggio Viene rinnovato il trattato della Triplice Alleanza. 8 dicembre Per bilanciare i difficili rapporti con Menelik, viene concluso un accordo con Mangascià, ras del Tigré, che segna l'inizio della «politica tigrina» in opposi­ zione alla «politica scioana>> che privilegia i rapporti col negus.

1892 4 luglio Il ministro degli Esteri Brin invita Filonardi ad as­ sumere l'amministrazione del Benadir. 12 agosto L'Italia prende in affitto dal sultano di Zanzibar quattro porti somali (Brava, Merca, Mogadiscio, Uarsceic).

1893 16 gennaio Brin interessa il Credito Commerciale perché costi­ tuisca con Filonardi una società che amministri il Benadir. 24 gennaio Filonardi presenta una proposta di convenzione venticinquennale; il governo temendo la non appro­ vazione da parte del Parlamento, chiede a Filonardi di assumere la gestione per un triennio. febbraio Menelik denuncia il trattato di Uccialli. 11 maggio Filonardi assume la gestione degli scali del Benadir. 28 dicembre Giacomo Grillo viene eletto direttore generale della Banca d'Italia. Si dimetterà il 24 febbraio 1895.

1894 17 luglio Il generale Barattieri occupa Kassala (Sudan) che viene annessa alla colonia eritrea fino al 1897.

1895 Ripresa della politica espansionistica in Mrica, fonte di dissensi in seno al governo. Sonnino, ministro del Tesoro, è contrario all'aumento delle spese militari. ottobre Menelik interviene militarmente contro l'Italia. 3 dicembre Sconfitta italiana sull'Amba Alagi. 19 dicembre Nonostante l'opposizione di radicali e socialisti, la Camera approva la politica coloniale del governo e stanzia altri 20 milioni per le spese militari. 328 La Banca d'Italia in Africa VIII

1896 1° marzo La sconfitta di Adua segna la fine della politica espansionistica di Crispi che si dimette (5 marzo) ed è sostituito da Antonio di Rudinì. 6 maggio Rinnovo del trattato della Triplice Alleanza. 26 giugno Costituzione della Società anonima commerciale per il Benadir che subentra a Filonardi nella gestione della colonia. 26 ottobre Ad Addis Abeba viene firmato il trattato di pace fra Italia ed Etiopia. L'Italia riconosce la sovranità e l'indipendenza dell'Etiopia che riconosce a sua volta la colonia eritrea. Viene inoltre tracciato un confine provvisorio tra la colonia e l'Etiopia.

1897 Di Rudinì annuncia la restituzione di Kassala (che avverrà a dicembre). Inizia la «politica di raccogli­ mento».

1898 25 gennaio Viene presentata alla Camera la convenzione tra il governo e la Società del Benadir. La fine della legi­ slatura ne impedisce l'approvazione. 21 novembre La firma di un nuovo trattato di commercio segna il riavvicinamento dell'Italia alla Francia. 24 dicembre La legge n. 466 approva la convenzione con la So­ cietà del Benadir. La gestione quinquennale si con­ cluderà negativamente nel 1906.

1900 Viene tracciato il confine definitivo tra Eritrea ed Etiopia. 18 novembre Bonaldo Stringher (già sottosegretario al Tesoro) viene nominato direttore generale di Bankitalia.

1901 4 gennaio Attraverso uno scambio di lettere tra il ministro de­ gli Esteri Visconti Venosta e 1' ambasciatore a Roma Barrère, l'Italia ottiene dalla Francia la «mano libe­ ra» sulla Tripolitania e sulla Cirenaica nell'ipotesi di una espansione francese nel Marocco. Cronologia 329

1902 28 giugno Rinnovo del trattato della Triplice Alleanza. settembre n governo è informato del progetto di costituzione in Etiopia di una banca di emissione. n negus ha in­ teressato a quest'iniziativa vari paesi tra cui l'Italia.

1905 gennaio Dato lo scarso interesse dei banchieri italiani, il go­ verno incarica Stringher, direttore generale di Banki­ talia, di costituire un sindacato per la partecipazione del capitale italiano alla costituzione della banca etio­ pica. 10 marzo Menelik autorizza la National Bank of Egipt (con­ trollata dagli inglesi) a costituire la Banca di Abis­ sinia. n gruppo italiano partecipante al suo capitale è formato da: Banca Commerciale, Credito Italiano, Banco di Roma e Società Bancaria Italiana. Nel con­ siglio di amministrazione in rappresentanza del grup­ po siede Francesco Varvaro Pojero, consigliere supe­ riore di Bankitalia. 2 luglio La legge n. 319 ratifica la convenzione di Londra del 13 gennaio con la quale l'Italia acquista la piena sovranità sul Benadir versando al sultano di Zanzi­ bar 140 mila sterline. ottobre n Congresso coloniale italiano chiede l'istituzione in Eritrea di un istituto di credito dotato del privilegio di emissione.

1906 15 febbraio Inaugurazione della Bank of Abyssinia. li Consiglio superiore di Bankitalia delibera l' aper­ tura di una filiale in Eritrea se le verrà assegnato il servizio di tesoreria e le saranno concessi i locali in cui operare. aprile La conferenza di Algeciras, chiamata a risolvere la «questione marocchina», prevede l'istituzione di una banca di Stato con il privilegio d'emissione, al cui capitale partecipa anche un gruppo di banche italiane. Stringher viene incaricato di formare il gruppo italiano. 330 La Banca d'Italia in A/rz'ca VIII

1907 25 febbraio Inizia l'attività della Banca del Marocco. Tito Cano­ vai, capo della Segreteria generale di Bankitalia è nominato rappresentante del gruppo italiano nel consiglio di amministrazione.

1908 5 aprile Le regioni dell'Africa orientale soggette alla sovra­ nità italiana, poste tra il sultanato degli Obbia il fiu­ me Giuba, e tra l'Oceano Indiano, l'Etiopia e la So­ malia vengono riuniti dalla legge n. 161 nella colo­ nia denominata «Somalia Italiana». 7 agosto Salvago- Raggi, governatore della colonia eritrea, chiede al Banco di Roma di aprire una succursale: le trattative falliscono perché il governo non intende affidargli il servizio di tesoreria statale.

1909 28 gennaio Il decreto n. 95 introduce in Somalia una moneta di bronzo denominata besa legata da un rapporto fisso (l a 150) al tallero di M.T.

1910 8 dicembre Il decreto n. 887 autorizza l'emissione in Somalia di rupie italiane d'argento, legate da un rapporto fisso alla sterlina britannica (l a 15) e alla besa italiana (l a 100).

1911 16 giugno Il decreto governatoriale n. 690 stabilisce il raggua­ glio fisso fra la sterlina e le monete somale (rupia e besa). 14 settembre Dato l'insuccesso della politica di penetrazione pa­ cifica il ministro degli Esteri di San Giuliano e il premier Giolitti decidono di occupare militarmente la Tripolitania e la Cirenaica. 29 settembre L'Italia dichiara guerra alla Turchia. 5 novembre Il decreto n. 1287 pone la Tripolitania e la Cirenaica sotto la sovranità italiana. Cronologia 331

10 dicembre n decreto n. 1367 autorizza gli istituti di emissione ad aprire filiali in Tripolitania e in Cirenaica.

1912 febbraio Stringher invia una missione a Tripoli per accertare le condizioni economiche del territorio e studiare le innovazioni da apportare allo statuto di Bankitalia. aprile Viene aperto un secondo fronte sull'Egeo. Gli ita­ liani occupano Stampalia, Rodi (4 maggio) e altre isole Sporadi. 29 maggio n decreto n. 596 approva la convenzione tra la Ban­ ca e il governo per l'esercizio di detta tesoreria in colonia. 10 maggio L'assemblea straordinaria di Bankitalia approva le modifiche e le aggiunte allo statuto. 25 luglio n decreto n. 892 approva le norme per il funziona­ mento della filiale di Tripoli.

1913 9 gennaio n decreto n. 39 stabilisce l'ordinamento politico­ amministrativo della Libia divisa in due territori se­ parati: T ripolitania e Cirenaica retti ciascuno da un governatore. 9 marzo n decreto n. 262 autorizza la filiale di Tripoli del Banco di Sicilia a compiere, col concorso di Banki­ talia, operazioni di credito agrario in Tripolitania. 5 maggio Inizia l'attività della filiale di T ripoli. 15 agosto Il decreto n. 1111 autorizza l'istituzione di una fi­ liale di Bankitalia in Eritrea. l o ottobre Inizia a operare la filiale di Bengasi che ha lo status di agenzia sui generis. 6 novembre La filiale di Bengasi è autorizzata a esercitare il cre­ dito agrario in Cirenaica.

1914 29 gennaio Il decreto n. 77 approva la convenzione per l'eser­ cizio della tesoreria statale in Eritrea. 2 febbraio Inizia l'attività della filiale di Asmara. 332 La Banca d'Italia in Africa VIII

12 marzo Bankitalia assume la rappresentanza dell'INA per l'Eritrea. 15 aprile Inizia a operare l'agenzia di Massaua.

1917 16 agosto Viene aperta l'agenzia di Cheren in Eritrea. 23 agosto n D.L. n. 1820 autorizza l'istituzione di una filiale a Mogadiscio. La difficile situazione monetaria scon­ siglia l'apertura immediata della dipendenza. 27 ottobre n Consiglio superiore approva l'istituzione di una filiale in Somalia.

1918 31 maggio n decreto n. 856 introduce in Eritrea il tallero d'Ita­ lia. 22 luglio Il Consiglio superiore delibera l'istituzione di una agenzia ad Adi Caieh (Eritrea) operativa dal18 ago­ sto.

1919 18 gennaio Inizia a Parigi la conferenza per la pace. giugno Viene introdotta la legge fondamentale per la Tri­ politania (seguita in ottobre da quella per la Cire­ naica) che prevede l'elezione di parlamenti locali e particolari diritti per le popolazioni indigene. Non ebbe successo.

1920 13 maggio Il decreto n. 600 autorizza Bankitalia a emettere in Somalia buoni di cassa in rupie. 5 novembre Viene aperta la filiale di Mogadiscio.

1921 Il governatore Volpi inizia la riconquista della Tri­ politania dove il possesso italiano era rimasto limi­ tato alle zone costiere. Cronologia 333

1922 20 luglio n decreto n. 1131 estende formalmente alla Tripo­ litania e alla Cirenaica il sistema monetario italiano.

192.3 Volpi intraprende un programma di colonizzazione agricola di tipo capitalistico dopo aver risolto l'an­ noso problema del demanio.

1924 7 giugno n decreto governatoriale n. 591 approva l'atto co­ stitutivo dell'Ente Magazzini Generali di Tripoli alla cui gestione partecipano Bankitalia e i banchi meri­ dionali. 18 giugno In Somalia viene introdotto il sistema monetario ita­ liano dal n. 1143. 15 luglio Un accordo italo-inglese assegna all'Italia il territo­ rio dell'oltre Giuba. 27 ottobre n Consiglio superiore autorizza l'apertura di una fi­ liale a Chisimaio.

1925 27 luglio n Consiglio superiore approva la proposta di istitui­ re una filiale a Rodi. 7 agosto Il decreto governatoriale n. 431 istituisce a Massaua un deposito franco gestito da Bankitalia. 20 settembre Viene disposto il ritiro delle rupie e dei buoni di cassa al cambio di 8 lire per rupia. 15 ottobre Il decreto n. 2126 approva l'istituzione di una filiale di Bankitalia a Chisimaio. 19 ottobre Viene completata l'occupazione della Somalia set­ tentrionale già sottoposta a protettorato. 2 novembre Viene aperta la filiale di Chisimaio. Il servizio di te­ soreria per l'oltre Giuba viene svolto dalla filiale di Mogadiscio. 334 La Banca d'Italia in Africa VIII

1926 19 aprile In base a un accordo italo-inglese all'Italia viene ri­ conosciuto il diritto di penetrazione economica nel­ l'Etiopia occidentale e di costruire una ferrovia che congiunga Eritrea e Somalia attraversando l'Etiopia.

1927 4 aprile Inizia l'attività della filiale di Rodi. 21 dicembre Viene stabilito un cambio di 19 lire per dollaro e di 92,46 per la sterlina.

1928 28 giugno n nuovo statuto di Bankitalia introduce la figura del governatore, carica alla quale è chiamato Bonaldo Stringher. 2 agosto Italia ed Etiopia stipulano un trattato di amicizia ventennale.

1929 Istituzione della Società agricola italo-somala (SAIS) su iniziativa del duca degli Abruzzi. 27 maggio n Consiglio superiore è informato della richiesta del governatore Corni di fare assumere a Bankitalia la gestione dei Magazzini generali di Mogadiscio. 24 giugno n Consiglio superiore delibera la chiusura dell' agen­ zia di Adi Caieh.

1930 marzo n generale Graziani, governatore della Cirenaica, viene incaricato di debellare le tribù ribelli operanti nella colonia. 30 giugno Chiusura dell'agenzia di Adi Caieh. 15 agosto n decreto n. 1349 autorizza l'istituzione di una se­ zione di credito agrario presso la filiale di Mogadi­ scio di Bankitalia. Cronologia 335

1931 19 gennaio Le truppe italiane occupano l'oasi di Cufra, impor­ tante centro della resistenza senussita che sarà defi­ nitivamente sconfitta dopo la condanna a morte del suo capo Ornar al-Muktar. 29 agosto Viene istituita la Bank of Ethiopia in sostituzione della Bank of Abyssinia posta in liquidazione.

1932 22 febbraio n decreto n. 287 dispone la costituzione presso la filiale di Asmara di una sezione di credito agrario d'esercizio. 16 aprile n decreto n. 1138 autorizza la creazione della Cassa di Risparmio della Libia. 17 maggio Viene istituito il Consorzio agrario eritreo che assu­ me la funzione di ente intermediario fra la sezione di credito agrario e i concessionari. 29 dicembre n decreto n. 2052 prevede la costituzione di una Cassa di credito agricolo abilitata a compiere ope­ razioni di credito agrario (d'esercizio e di migliora­ mento) in Eritrea.

1933 l o aprile Viene chiusa l'agenzia di Cheren.

1934 5 febbraio Entra nella fase operativa l'ordinamento corporativo ordinato su 24 corporazioni. 3 dicembre n decreto n. 2012 unifica la Tripolitania e la Cire­ naica in una sola colonia denominata Libia. 5 dicembre Incidente ai pozzi di Ual-Ual, utilizzato come pre­ testo per l'invasione dell'Etiopia.

1935 9 luglio Il governo italiano ottiene da quello austriaco il di­ ritto di coniare e mettere in circolazione i talleri M.T. per 25 anni. 336 La Banca d'Italia in Africa VIII

21 luglio Bankitalia viene esonerata dall'obbligo di mantenere una riserva in oro e in divise a copertura del 40% della circolazione e dei suoi impegni a vista. 28 agosto n Consiglio dei ministri riunito a Bolzano assume una serie di provvedimenti economici nel quadro dei preparativi alla guerra contro l'Etiopia. 3 ottobre Ha inizio l'invasione dell'Etiopia. 7 ottobre n consiglio della SdN dichiara l'Italia «paese aggres­ sore» dell'Etiopia. 11 ottobre La SdN applica nei confronti dell'Italia una serie di sanzioni economiche che risulteranno scarsamente efficaci. 18 dicembre La «giornata della fede» si rivela un grande succes­ so, soprattutto sul piano della propaganda. 28 dicembre n decreto n. 1884 dispone la sospensione della pub­ blicazione di atti e documenti riguardanti la vita economica e finanziaria.

1936 1° maggio Approvazione della legge organica per l' A.O.I. 5 maggio Occupazione di Addis Abeba. L'Eritrea e la Soma­ lia formano con l'Etiopia un'entità istituzionale-ter­ ritoriale denominata A.O.I. 9 maggio Proclamazione dell'impero. Vittorio Emanuele ID è nominato imperatore d'Etiopia. 14 maggio Inizia a operare la filiale di Addis Abeba. 24 giugno Inizia a operare la filiale di Dire Daua. 29 giugno Con decreto vicereale n. 23 viene posta in liquida­ zione la Bank of Ethiopia. 2 luglio Il decreto n. 1371 stabilisce che la lira è l'unica mo­ neta a corso legale nell'A. O .I. e affida a Bankitalia il cambio dei talleri in lire. 4 luglio La SdN abroga le sanzioni economiche contro l'Ita­ lia. 5 ottobre Svalutazione della lira del 40,94%. Il dollaro torna al cambio di 19 lire stabilito nel 1927. 1° dicembre Inizia l'attività della filiale di Harar. Cronologia 337

28 dicembre Il Consiglio superiore vara una serie di misure volte a migliorare l'attrezzatura delle filiali coloniali e a potenziare al centro l'ufficio coloniale.

1937 19 febbraio In occasione di un grave attentato contro Graziani si scatena in Etiopia una violenta repressione contro gli indigeni. 19 aprile I rapporti tra italiani e indigeni in A.O.I. vengono improntati a una netta separazione in applicazione del principio della difesa della razza. 21 giugno Il consiglio dei ministri vara un piano sessennale per la costruzione di opere pubbliche nell'impero per un ammontare di 11 ,3 miliardi. 21 dicembre Amedeo di Savoia, duca d'Aosta, è nominato viceré in sostituzione di Graziani.

1938 1° gennaio Inizia l'attività della filiale di Gimma, capoluogo del governo dei Galla e Sidama. 15 gennaio Inizia a operare la filiale di Assab in Eritrea. 7 febbraio La sospensiva all'apertura di banche nell'impero, che scadeva il 30 giugno 1938, viene prorogata di un anno. 1° marzo Inizia l'attività della filiale di Merca in Somalia. 30 luglio Azzolini informa il Consiglio superiore che sono in corso trattative col Banco di Roma e il Banco diNa­ poli per la formazione di un consorzio per la gestio­ ne dei costituendi Magazzini generali d'Etiopia. 30 ottobre Parte da Genova la «flotta del lavoro» in applica­ zione del piano di colonizzazione demografica pre­ disposto da Balbo.

1939 gennaio Viene bloccato l'invio dei biglietti di serie speciale A.O.I. per l'opposizione degli ambienti politici ed economici di Addis Abeba. 338 La Banca d'Italia in Africa VIII

9 gennaio n decreto n. 70 dispone l'aggregazione al territorio nazionale delle quattro province libiche (T ripoli, Misurata, Bengasi e Derna). 1° marzo Inizia l'attività dello sportello staccato nel quartiere commerciale di Addis Beba. 28 aprile Vengono costituite le dieci consulte corporative per l'Africa italiana e il comitato corporativo per la Li­ bia. 20 luglio La sospensiva all'apertura di banche in A.O.I. viene prorogata al 30.6.1940. 1° agosto Inizia a operare la filiale di Dessié. l o settembre Inizia la seconda guerra mondiale. L'Italia dichiara la «non belligeranza».

1940 10 giugno L'Italia entra in guerra contro la Francia e il Regno Unito. 24 giugno Armistizio con la Francia. L'Italia occupa Mentone. 4 luglio Truppe italiane iniziano una campagna contro il Su­ clan e il Somaliland. n 5 agosto viene occupata Ar­ geisha e il 19 Berbera. 13 settembre Offensiva delle truppe dell'Asse in Africa settentrio­ nale lungo la strada litoranea. 28 settembre n Consiglio superiore approva l'apertura (mai rea­ lizzata) di uno sportello a Berbera. 11 novembre Offensiva britannica nell'oltre Giuba.

1941 25 gennaio Occupazione di Mogadiscio. 14 febbraio Occupazione di Chisimaio. 11 marzo Chiusura dello sportello staccato di Addis Abeba. 16 marzo Un contingente britannico riconquista Berbera. 21 marzo Harar viene dichiarata «città aperta». 26 marzo Occupazione di Harar. 27 marzo Termina, con la conquista della città, la battaglia di Cheren iniziata il 2 febbraio. Cronologia 339

marzo Riapertura delle banche a Mogadiscio. l o aprile Dichiarazione di moratoria per tutti i debiti ecce­ denti lire 1.000 (bando n. 3). 5 aprile Fissazione dei rapporti di cambio fra la lira e le altre monete circolanti in Eritrea (awiso legale n. 1). 8 aprile Le filiali di Dire Daua e di Harar operano in que­ st'ultima località fino al 16 luglio; successivamente vengono trasferite ad Addis Abeba. 5 maggio Haile Selassié rientra ad Addis Abeba. 19 maggio Le truppe del duca d'Aosta, sconfitte all'Amba Ala­ gi, ricevono l'onore delle armi. Lo stesso accadrà per le truppe del generale Gazzera sconfitte a Dem­ bi Dolio. 26 giugno Le autorità di controllo pubblicano le «istruzioni» per le banche. l o luglio Riapertura delle banche ad Addis Abeba. L'ultima filiale ad aprire i battenti è quella di Gimma il 17 novembre. 27 novembre Con l'occupazione di Gondar ha termine la guerra in Mrica orientale. 31 dicembre Chiusura delle banche in Etiopia ad eccezione di quelle operanti nella capitale.

1942 15 gennaio La lira egiziana viene ritirata dalla circolazione in Eritrea. 14 febbraio Chiusura al pubblico delle banche di Addis Abeba. Le operazioni con le autorità britanniche terminano il 7 marzo. marzo n personale in servizio viene trasferito (con le fami­ glie) ad Asmara. Gli impiegati non riammessi sono inviati nei campi di concentramento. 13 novembre Ripiegamento definitivo della filiale di Bengasi a T ripoli. 15 dicembre n proclama n. 9 - predisposto prima dell'occupa­ zione - introduce in Libia la moratoria dei paga­ menti inferiori a 500 lire. 340 La Banca d'Italia in Africa VIII

1943 21 gennaio Chiusura delle banche a Tripoli. Non sarà consen­ tita la loro riapertura. 23 gennaio Occupazione di Tripoli da parte delle truppe bri­ tanniche. 25 luglio Destituzione di Mussolini e sua sostituzione con . 15 settembre Emissione della Military Authority Lira (MAL) in sostituzione della sterlina BMA. settembre Occupazione tedesca di Rodi. 14 ottobre Con decreto del vicegovernatore viene resa obbliga­ toria nel Dodecanneso la circolazione dei vaglia cambiari girati in bianco.

1944 1° giugno Revoca della moratoria in Libia.

1946 agosto Le banche operanti in Eritrea e in Libia sono auto­ rizzate a fornire alle proprie direzioni generali infor­ mazioni sui depositi fiduciari. 31 dicembre Termina in Eritrea l'assistenza fornita da Bankitalia ai dipendenti in servizio e ai connazionali che ver­ sano in disagiate condizioni economiche.

1948 29 gennaio Le autorità britanniche restltutscono al direttore della filiale di Asmara i locali precedentemente oc­ cupati. INDICI

INDICE DEI NOMI*

Abel, 223n. Bassi, M., 27n. Abbignente, F., 22n. Battilocchi, A., lln, 199n. Acerbo, G., 293n. Battistella, G., 75n, 76n. Alamanni, E., 20 e n. Bedendo, E., 19ln. Allievi, A., 31 e n. Beneduce, A., 12. Arnbrosio, E., 271n. Berio, G., 40n. Amedeo di Savoia, duca di Aosta, Bemasconi, L., 94n. 165n. Bertarelli, T., 50. Arnendola, G., 72n. Bertolini, P., 69, 89. Angelozzi, L., 247. Besse, 223n. Aquarone, A., 4 e n, 19 e n, 20n, 22n, Bevione, G.A., 20n. 24n, 25 e n, 35n, 36n, 39n, 40n, 52n, Bishop, 278-79. 53n, 58n, 63n, 92n. Blakley, T.R., 284n. Auletta, A., 191n. Bocca, G., 155n. Azzolini, V., 7-8, 12, 63, 78n, 80 e n, Boetti, S., 83n, 218. 83 e n, 86, 98, 103, 121, 122n, 133n, Boncompagni, 27n. 134 e n, 135, 136 e n, 137, 152, Bonelli, F., 68n. I., 157n, 160n, 161 e n, 173 e n, 174 e Bonomi, 247. n, 175n, 176 e n, 177, 178 e n, 179n, Borghese, G.B., 31n. 182n, 184, 186n, 189-90, 191n, Borghi, P., 21n. 192n, 193 e n, 194 e n, 195, 196n, Boselli, G.B., 63n. 197, 200 e n, 201, 205 e n, 21ln, Bottai, G., 246n. 214n, 215n, 220, 221 e n, 223n, Bottari, N., 217n, 223n. 224n, 226n, 227 e n, 228n, 229, 230 Bovi Negri, G., 33n. e n, 232, 233n, 234n, 236n, 242, Bozzo, C., 246n, 256. 249n,250n,251n,253n,258n,271n, Brandolini, M., 197n, 199 e n, 205n. 293 e n, 310 e n. Bresciani, 161 e n. Brin, B., 32 e n, 33. Baer, G.W., 41n, 155n. Brown, B.F., 49n. Badoglio, P., 76n, 78n, 115n. Bullotta, A., 245n. Baffi, P., 159n, 160n, 16ln, 293n. Balbo, I., 73, 86 e n, 87. Candeloro, G., 49n, 50n, 72n, 156n. Balduino, G., 50. Canevari, E., 193n. Barrére, C., 49n. Cagnassi, E., 58n, 140. Bartolozzi, L., 265, 266 e n. Canovai, T., 50 e n, 51n.

*Non sono indicizzati i nomi dell'Appendice V, delle Opere citate e della Cronologia. 344 Indice dei nomi

Cantoni, E., 21n. Cristoforis, L., 89, 90 e n, 9ln, 92 e n, Caracciolo, A., 160 e n, 161n, 162n, 93n, 142n, 143n. 293n. Croce, G., 128n. Carboneri, V.G., 144n. Cromer, Lord, 45n. Cardarellì, S., 3n. Crowded, M., 246n. Carletti, T., 109n. Cuccia, E., 9, 236 e n, 237 e n. Carminati, A., 35, 36n. Carocci, 75. Darniani, 26n, 27n. Caroselli, F.S., 145n, 146n, 147n, 148 D'Angelo, S., 252n, 260n. e n. D'Aversa, A., 271n. Casardi, A., 228n. De Ambrosis, S., 105n, 119n, 124, Casati, G., 27n. 151n, 192n, 213, 214n, 265-66, Caselli, C., 10n, 48n, 252n, 258n, 295n. 259n, 266n, 283n. De Angeli, 2ln. Castagnaro, L., 217n. De Bono, E., 73, 78n, 121, 122n, Castronovo, V., 156n, 178n. 134n. Cataluccio, F., 19n. De Camillis, 143n. Cattaneo Adorno, L., 27n. De Cecco, M., 142n. Cavallotti, F., 34n. De Chiara, F., 19ln, 198, 199n, 200 e Cecchi, A., 34 e n. n, 211 e n. Ceriana, F., 50. De Courten, L., 30n, 32n, 34n. Ciano, G., 115n, 134n, 139n, 165n, De Felice, R., 72n, 115n, 134n, 156n, 246n. 160n, 165n, 246n. Ciasca, R., 164n. Del Boca, A., 12n, 18n, 30n, 34n, 36n, Ciccodicola, F., 41-42. 37n, 71n, 72n, 109n, llOn, 114n, 118n, 155n, 159n, 164n, 165n, 166n, Cigliana, G., 288n. 168n, 236n, 237n, 244 e n, 245n, Cilento, R., 118n, 214n. 246n, 247 e n. Ciocca, P., 161n. De Leone, E., 78n, 86n, 87 e n. Claphman, C, 246n. De Martino, G., 118n, 270 e n. Cobollì-Gigli, G., 120n. De Mattia, G., lln. Colonna di Cesarò, G., 69n. De Pietri Tonellì, A., 17n. Colosimo, G., 94, 109-10. De Rosa, G., 8 e n, 73n, 84 e n, 85n, Confalonieri, A., 21n, 22n, 27n. 173n, 174n, 177 e n, 179n, 180 e n, Conforti, L., 214, 264n. 182 e n, 234n. Contessa, A.M., lln. De Rosa, L., 3n, 26n, 30n, 31n, 33n, Conti, E., 72n. 34n, 73n. Conti, M., 199n, 247n, 248n, 272 e n, De Stefani, A., 12. 284n. De Vecchi di Val Cismon, C.M., Cooke, B.K., 283n. 109n, 115n, 118n, 119 e n, 134 e n, Corni, G., 107n, 120. 135 e n, 136 e n, 151 e n, 152 e n. Corsini, T., 27n. Di Rudinì, A., 32n. Cottoni, 32n. Di San Giuliano, A., 19n. Corvo, R., 237n. Diaz, A., 213n. Cotula, F., 3n, 158n, 159n. Doria, G., 27n. Crapanzano, G., 33n, 286n. Dotti, U., 194 e n, 195, 265. Crea, C., 65, 66n, 73n, 75n, 79n, 141 Duca degli Abruzzi, v. Luigi di Sa­ e n. voia. Crespi, S.B., 21n, 35, 36n. Crispi, F., 26 e n, 27-8, 30 e n, 31n, Einaudi, L., 39, 40n, 50n, 159, 161 e 33n, 34n, 35, 39n. n,228n, 256n, 265n, 278n,288. Indice dei nomi 345

Ellena, V., 265n. Guzzoni, A., 172 e n. Errera, G., 20 e n. Hailé Selassié, 48, 164n. Farelli, U., 285. Hayes, 257n. Farinacci, V., 7n. Herald, 223n. Federzoni, L., 17n, 20n. Hibbord, R, 257n. Ferlesch, G., 236 e n. Ferrini, A., 183 e n, 185n, 193n, 194, Iannuccelli, 265n. 200n, 203n, 204n, 217n, 219 e n, Imbriani, 35n. 220, 235, 245n, 250n, 251n, 252-53, Introna, N., 12, 19 e n, 60 e n, 70n, 255 e n, 256 e n, 257n, 258 e n, 92, 126n, 185n, 205n, 224n, 273 e n, 260n, 261n, 262-63, 265, 282 e n. 288n. Filonardi, V., 4, 30 e n, 31 e n, 32 e n, 33 e n, 34 e n. James, 22n. Finazzo, G., 30n, 31n, 32n, 33n. Joel, 0., 45 e n. Florio, F., 27n. Johannes, v. Giovanni. Florio, V., 27n. Jung, G., 134n, 159. Formenrini, P., 227n. Fomero, 265n. Kamarck, A.M., 7n. Forte, V., 105, 107, 108n, 172 e n, 191, 224 e n, 310 e n, 31ln. Labi, E., 67n. Franchetti, L., 19. Lago, M., 133n, 135. Frascara, G., 32 e n. Lazzaroni, A., 27n. Frignani, G., 7n. L.B., 6n. Fusinato, G., 22, 44n. Lessona, A., 169, 310. Levra, U., 18n. Gelsomino, C.O., 162n. Levri, F., 18n. Gerasellassié, degiac, 90n. Lodolini, E., 10n. Giachery, L., 70n. Liguori, W., 217n. Giacomini, A., 23n. Lovari, G., 272n, 273 e n. Gianfaldoni, B., 265n. Luigi di Savoia, duca degli Abruzzi, Giolitti, G., 34n, 36, 67n, 72n. 118, 121. Giorcelli, 117n. Lush, M.S., 284n. Giordano, A., 252n. Luzzatti, L., 12, 18n, 19n, 37 e n, 39n, Giovanni, ras, 41. 43 e n, 49n, 53n. Giustiniani Bandini, S., 31n. Goglia, L., 20n. Mac Carty, 257n. Grafftey-Smith, A.P., 273n. Mac Gillivray, D., 44n, 46. Grandi, D., 293n. Mack Smith, D., 88n, 156n, 168 e n. Grassi, F., 20n, 30n, 31n, 35n. Maione, G., 18n, 71n, 159n. Grassi, P., 7, 176n, 223n. Majorana di Catalbiano, D., 60. Graziani, R, 165n, 236-37. Mallarini, 196n. Grillo, G., 3-4, 12, 26 e n, 27 e n, 28, Malvano, G., 62. 29n, 30n, 31 e n, 40n. Maoli, 193n. Guarino, G., 107n, 134n. Mancini, G., lln. Guameri, F., 7 e n, 165 e n, 166n, Manto, V., 83n, 131, 132n. 167-68, 169 e n, 174n, 179- 80, Maraini, E., 50. 182n, 229n, 233, 234n, 235 e n, 236 Maria Teresa d'Austria, XI, 5, 10, 103, e n, 237. 139, 140 e n, 143, 225-27. Guglielmino, S., 251n, 265. Marini, M., 167 e n, 191n, 220 e n, Guicciardini, I., 24, 59n, 6ln. 221 e n. 346 Indice dei nomi

Martini, F., 12, 18n, 19, 20 e n, 21 e Nunziante di San Ferdinando, F., n, 22 e n, 36n, 43 e n, 48n, 52n, 59n, 204n. 60n, 92n. Massimiliano Giuseppe di Baviera, Odescalchi, L., 31n. 139. Onor, R., 118. Massobrio, G., 71n. Osio, A., 7n, 178 e n. Mauri, A., XII, 3n, 8n, 10n, 41n, 44n, 46 e n, 48 e n, 58n, 69n, 100 e n, Pacetti, S., 91n. 105n, 106n, 107 e n, 123n, 141n, Page, G., 45n. 142n, 144n, 167 e n, 171n, 172n, Paladini, A., 71 e n, 74 e n, 97n, 111, 181, 182n, 183, 230n, 252n, 258n, 112 e n, 113, 118n, 120, 127n, 128- 259n, 266n, 283 e n, 294- 95, .302. 29, 131n, 132n, 148, 150. Maurogardato, 27n. Palisca, E., 273n. Mazzei, B.L., lln, 303n. Pallavicini, 27n. Mazzucchelli, M., 224n, 225n. Palmer, E., 44n. Medici del Vascello, L., 50. Pantaleoni, E., 247. Menelik, 41 e n, 42-46, 48 e n, 140n, Paoloni, A., 270 e n. 164n, 223 e n, 225. Parodi, G.B., 27n. Menichella, D., 248n. Parravicini, G., 283n. Mercatelli, L., 36n. Pastore, G., 66 e n, 73n, 75n, 141 e n. Merlino, 258, 260n. Pastorelli, P., lOn. Mioni, M., 60. Patterson, 270. Millner, G., 143n. Pellegrini, 265. Moccia, 101n, 115n. Pelosi, D., 264n. Mòglie, A.M., 245 e n, 255n. Pennacchio, M., 248n. Mòglie, C., 245. Pesenti, 177n. Mondaini, G., 26n, 69n, 75n, 76n, 143 Ferrino, A., 116n. e n, 145 e n, 148n, 164n, 192n. Petazzi, E., 144n. Monelli, P., 241n. Petrelli, E., 50n. Montgomery, M.L., 284n. Piacentini, R., 246n. Monticone, A., 6, 7n, 17n, 157n. Picucci, D., 111, 113-14, 191n, 217n, Morgantini, A.M., 84. 236n. Mosconi, A., 95n. Pirelli, G.B., 22n, 27n. Munari, V., 191n. Porta!, G., 32n. Mussolini, B., 6-7, 9, 18, 75, 80n, 87, Puig, A., 223n. 135n, 136, 155 e n, 156 e n, 157-59, 160 e n, 169, 173, 176 e n, 177, Quattrone, R., 99n, 103 e n, 198, 178n, 179-80, 190, 227, 232, 234n, 199n. 235n, 246. Mylius, G., 21n, 34-35, 36n, 116. Raffaldi, I., 200, 209n, 210,231, 236n, 265n. Nahum, E., 83n. Rava, E., 45. Naitza, G.B., 35n, 156n. Rava, M., 120n. Nasi, G., 194-95, 219n, 235. Ravasini, U., 83n. Natham, B., 21 e n. Renne! Rodd, gen., 257n. Nathan, E., 21. Riccardi, R., 191n. Nathan, G., 228 e n. Ribboni, 22n. Navone, G., 30n. Ricco Vigoni, G., 27n. Nitti, F.S., 72. Rigano, A.R., lln, 199n. Nobili Vitelleschi, F., 27n. Robecchi Brichetti, L., 36n. Nunez-Vais, R., 247n. Rocca, L., 50. Indice dei nomi 347

Rochat, G., 18 e n, 20n, 7ln, 73 e n. Suarez, R, 47n. Romano, S., 6 e n, 20 e n, 72 e n, 73n. Romersa, L., 115n, 135n. Taddia, I., 208n. Rospigliosi, C., 3ln. Tamaro, A., 156n. Rosselli, C., 160n. Tasca, E., 288n. Rossetti, C., 46n, 52n, 58n, 142n, Tavazza, 258n. 144n. Tedesco, F., 62. Rossetti, G., 140n. Teodorani, T., 247. Rossi, A., 43n, 44 e n, 47n. Teruzzi, A., 123n, 134n, 177 e n, Rossi, L., 72n. 191n, 193 e n, 234n, 235n. Rossi-Espargnet, A., 191n, 213, 214n. Russo, A., 72n. Thaon di Revel, P., 12, 159 e n, 169n, 178n, 191n, 193n,223n,224n,226n, 227n, 228n, 233n. Saliola, R, 169n, 184 e n. Saltelli, C., 247. Tittoni, R., 37 e n, 43n, 45n, 47, 61n, Salvago-Raggi, G., 45 e n, 47, 62 e n, 62n. 9ln. Toniolo, G., 25n, 107n, 134n, 158n, Sambuy, E. de, 27n. 159n. Santa, mons., 256n. Topi, L., 191n. Sapelli, A., 109n. Tranfaglia, N., 18n. Saporetti, E., 71 e n, 74. Troise, P., 220n. Saracco, G., 39n. Tuccimei, E., IX, XI, 161n. Sbacchi, A., 165n. Scassellati-Sforzolini, G., 118. Valletta, V., 156n. Scheibler, F., 41-42, 43n. Vantini, P., 68n, 70n, 105n. Segrè, C.G., 67n, 73n, 75n, 86 e n, Varvaro Pojero, F., 47 e n, 70 e n. 87n. Vecchia, P., 270 e n. Sillani, T., 74n, 77n, 80n, 190n. Veniero, A., 258, 260n. Silvestrelli, G., 33n. Veroi, P.G., 173, 174 e n, 176 e n, Simmond, S., 278n. 177n, 179-80, 182n, 249n. Skinner, 43, 44n. Villa, A., 88n. Soddu, P., 228n. Solari, 27n. Villari, L., 168n. Sonnino, S., 49n, 128n. Visconti Venosta, E., 49, 50n. Sorrentino, G., 33n. Visetti, V., 277, 278n. Spaventa, L., 158n, 159n. Volpi di Misurata, G., 72 e n, 73, 76. Speranza, C., 258 e n, 260n. Stephenson, R., 257n, 258. Waters, E.P., 266n, 269, 272n, 284 e Sttingher, B., 4n, 8, 11 e n, 12, 23n, i'i, 285 e n. 43 e n, 44 e n, 45 e n, 46,47 e n, 48, Webster, RA., 23n. 49n, 50 e n, 51n, 59 e n, 60, 61 e n, West, 278. 62 e n, 63n, 65-6, 67 e n, 69 e n, Winspeare, prefetto, 35. 70n, 71n, 74 e n, 76n, 77n, 78n, 79n, 83, 89-90, 91 e n, 93n, 94, 97n, 102, 109-12, 113n, 116, 120-21, 123n, Zaghi, C., 88n. 127n, 128 e n, 130n, 13ln, 132 e n, Zanasi, M., 212n, 213. 143n, 148-49, 150n, 151n, 196, Zani, L., 7n, 165n, 229n. 228n, 293n, 303n. Zoli, C., 115n.

INDICE DEGLI ENTI, SOCIETÀ, ISTITUZIONI*

Agip, 88n. 272n,273n,277n,278n,279n,28ln, Ala Littoria, 85n. 282n,283n,284n,285n,288n,289n, Alfa Romeo, 206n. 293n, 295n, 298-300, 309n, 310n, Alto Commissario per l'economia di 312n. guerra, 115 e n, 204n. Archivio Storico del ministero degli Ansaldo, 107n. Affari esteri (ASMAE), 12, 27n, Archivio Centrale dello Stato (ACS), 43n, 59n, 63n, 143n. 12, 37n. Assicurazioni Generali di Venezia, Archivio Storico della Banca d'Italia 101. (ASBI), IX, 3n, 12, 19n, 23n, 26n, Autorità Militare Britannica, v. British 27n, 28n, 29n, 30n, 3ln, 40n, 42n, Military Authority. 43n, 44n, 45n, 47n, 50n, 5ln, 52n, Azienda Annonaria Libica, 206n. 57n, 59n, 60n, 61n, 62n, 63n, 66n, 67n, 69n, 70n, 71n, 73n, 74n, 75n, Bamishus, 91n. 76n, 77n, 78n, 79n, 80n, 83n, 85n, Banca Agricola Ottomana, 75 e n, 76. 87n, 89n, 90n, 91n, 92n, 93n, 94n, Banca Alhadeff, 128. 95n, 97n, 98n, 99n, lOOn, lOln, Banca Coloniale di Credito (BCC), 103n, 105n, 106n, 107n, 108n, 110n, 107 e n, 123, 174n. 112n, 114n, 115n, 116n, 117n, 118n, Banca Commerciale Italiana (Comit), 119n, 120n, 12ln, 122n, 123n, 124n, 21n, 44-5, 47, 50, 75n, 92n, 106, 126n, 127n, 128n, 130n, 131n, 132n, 128, 174n, 175n, 206n, 212n, 257n. 133n, 135n, 136n, 137n, 139n, 140n, Banca d'America e d'Italia, 128n. 141n, 143n, 149n, 150n, 15ln, 152n, Banca del Littorio, 106. 161n, 167n, 172n, 173n, 174n, 175n, 176n, 177n, 179n, 181n, 182n, 183n, Banca del Marocco, 41, 49,50 e n, 51. 184n, 185n, 186n, 189n, 190n, 19ln, Banca dell'Africa Italiana, 186. 192n, 193n, 194n, 195n, 196n, 197n, Banca della Libia, 75n. 198n, 199n,200n,201n,203n,204n, Banca dell'Indocina, 194, 223n. 205n,206n,208n,209n,210n,211n, Banca di Abissinia, 4n, 41, 43, 46, 48, 212n,213n,214n,215n,217n,219n, 69n, 90, 93n, 142n, 171n. 220n,221n,222n,223n,224n,225n, Banca di Etiopia, 8, 48 e n, 171 e n, 226n,227n,228n,229n,230n,232n, 189, 191, 216, 224n, 226 e n. 233n,234n,235n,236n,245n,247n, Banca di Francia, 50n, 51, 194. 248n,249n,250n,251n,252n,253n, Banca d'Italia nelle Colonie, 186, 309. 255n,256n,257n,258n,260n,264n, Banca di T ripoli-Cassa di piccolo pre- 265n, 266n, 267n, 268, 270n, 271n, stito, 74n, 84.

* Nell'indice non compare la voce Banca d'Italia; non sono indicizzati i nomi dell'Appendice V, delle Opere citate e della Cronologia. 350 Indice degli enti, società, istituzioni

Banca Fils Bension Ménasché, 128. 77n, 272, 274n, 277n, 281, 284 e n, Banca Generale, 31-32. 285-86. Banca Imperiale Ottomana, 130n. British Overseas Bank, 257n. Banca Italiana di Sconto (BIS), 106 e n, 107. Camera dei Deputati, 18n, 24, 33, Banca Nazionale d'Egitto, 44 e n, 45 e 34n, 35 e n. n, 46-47. Cassa di credito agrario, 100. Banca Nazionale del Lavoro (BNL), Cassa di Risparmio della Libia (CRL), 7n, 107, 174n, 177-78, 182-84, 201, 77, 79n, 86n, 87n, 206n,271n, 274- 206n, 219n, 249n, 257n, 258. 275. Banca Nazionale di Credito, 107 e n, Cassa di Risparmio di Milano, 36n. 123 e n, 124. Cassa di Risparmio di T orino, 107, Banca Nazionale nelle Colonie, 3, 123, 178. 26n, 29, 50, 65, 199, 309-10. Cassa di Risparmio per la Cirenaica Banca Nazionale nel Regno d'Italia (CRC), 77 e n. (Banca Nazionale), 3, 26n, 27n, 29n, Cassa di Risparmio per la Tripolitania 40 e n, 50n, 141n. (CRT), 76 e n, 77n, 78 e n, 84. Banca Notrica Ménasché, 128. Cassa di Sovvenzioni e Risparmio fra Banca per l'Africa Orientale (BA O), il personale della Banca d'Italia 105n, 106-7, 185. (CSR), 218n. Banca Popolare Cooperativa Eritrea Ceratto, 212n. (BPC), 105 e n. ComitEgit, 257n. Banca Popolare di Tripoli, 271, 275. Comitato dei ministri per la Difesa del Banca Romana, 34n. Risparmio e l'Esercizio del Credito Bank of Abyssinia, v. Banca di Abis- (Comitato dei ministri), 173, 174n, sinia. 175, 178 e n, 186, 225n. Bank of England, 257n. Commissione alleata di controllo, Bank of Ethiopia, v. Banca di Etiopia. 273n, 288n. Banco di Napoli, 7n, 73n, 74n, 77, Commissione consultiva per il diritto 79n,84, 107,123, 141n, 173n, 174n, di guerra, 250. 178, 180, 183, 185, 201n, 204n, Compagnia Commerciale per l'Eri­ 206n, 249n, 257n, 258, 272n, 275, trea, 20n. 285, 309, 310n. Compagnia immobiliare alberghi in Banco di Roma, 7n, 8, 30 e n, 33 e n, Africa Orientale (CIAAO), 184. 34n, 47, 50, 60n, 62-3, 67n, 73 e n, Compagnia Italiana Trasporti Africa 74, 78, 79n, 83-84, 85n, 107, 172, Orientale (CITAOl, 211 e n. 173 e n, 174 e n, 175-77, 178 e n, Consiglio dei Ministri (e presidente 179 e n, 180, 182-86, 201n, 206n, del), 28-29, 59n, 128, 166, 246. 209n, 212 e n, 214 e n, 219n, 224, Consiglio Generale, 164. 225n, 230, 249n, 257, 267, 271n, Consiglio Superiore della Banca d'Ita­ 272 e n, 275, 285, 286n. lia (e della Banca Nazionale nel Re­ Banco di Sicilia, 73n, 75-77, 79n, 84, gno d'Italia), 8, 12, 27-28, 29n, 40n, 123-24, 131, 132 e n, 133n, 175n, 44, 48n, 49n, 57, 59-60, 65-67, 68 e 204n, 206n, 275, 309, 310n. n,69n, 70,86n,89, 90n,93, 95n, 97 Banco Italiano dell'Uruguay, 40n. e n, 98, 110-11, 115n, 116, 120-21, Banque de l'Indocine, v. Banca del­ 128, 130n, 149, 151n, 165n, 189, l'Indocina. 195-96, 197 e n, 232 e n, 233n, Barclays Bank, 173, 257n, 259, 266, 293n, 303, 304 e n, 305 e n, 306. 272-73, 283. Consociazione Turistica Italiana Bienenfeld & C., 21n. (CTI), 95n. British Military Authority (BMA), 10, Consorzio agrario eritreo, 99. Indice degli enti, società, istituzioni 351

Consorzio agrario cooperarivo soma­ n, 233-35, 249 e n, 250, 253 e n, lo, 121. 256, 258. Consorzio dei Magazzini generali del­ l'Africa italiana, 204n. Imperiale Ufficio del Funzione, 139n. Consulta per l'A.O.I., 164. Ispettorato per la Difesa del Rispar­ Controller of Banking and Exchange mio e l'esercizio del Credito (Ispet­ (CBE), 257, 266. torato del Credito), 12, 135, 172n, Controller of Banking and Finance 173 e n, 174n, 175, 178n, 248 e n. (CBF), 257. Istituto di Credito Fondiario per Corporazione della previdenza e del l'AOI, 128, 184-85. credito, 161, 175n. Istituto Nazionale delle Assicurazioni Cotoniere Meridionali, 206n. (INA), 100. Cotonificio Veneziano, 206n. Istituto Nazionale Fascista per la Pre­ Credito Italiano, 21 e n, 22, 44-45,47, videnza Sociale (INFPS), 86, 178. 50, 106-107, 128n, 174, 206n. Istituto Poligrafico dello Stato, 11. Credito Mobiliare, 32. Croce Rossa, 289n. Johnson Matthey, 226, 228n. Custodian Enemy Property (CEP), 250n, 257, 260 e n, 267 e n, 268, Magazzini Fiduciari di Rodi, 134, 221. 270, 288-89. Magazzini generali di ordinaria custo­ dia e Deposito franco di Massaua, 97 e n, 98, 210. Deputy Controller of Banks (DCB), Magazzini Generali di Mogadiscio, 257-58, 267. 80n, 120, 247, 272n. Deputy Controller of Banking and Manifattura T osi, 206n. Exchange (DCBE), 272 e n. Messina I., 80. Direzione Generale del Tesoro (e di­ Ministero degli Affari Esteri (e mini­ rettore), 229n, 250n, 253n, 303, 305, stro), 18n, 24, 32 e n, 33n, 42 e n, 311. 44, 49-50, 58, 59 e n, 60n, 63n, 128 Donegani, 21n. e n, 139n, 223n, 227n, 236, 250n, 277, 288. Ente per la Colonizzazione della Libia Ministero degli Scambi e delle Valute (ECL), 86. (ex Sottosegretariato), 7n, 9, 29, Ente per la costruzione di acquedotti 212, 230, 234, 236 e n. in Africa Orientale, 184. Ministero per i Beni Culturali e Am­ Ente Magazzini Generali di Tripoli, bientali, 4n, 10n, 19n, 25n, 39n, 79-80, 199. 58n, 92n. European Recovery Program (ERP), Ministero dei Lavori Pubblici (e mini­ 161n. stro), 39n. Ministero del Tesoro (e ministro), 37, Feltrinelli, 206n. 43 e n, 50n, 51n, 58, 60 e n, 62, 63 Fiat, 206n. e n, 65, 69, 95n, 149n, 278n, 303- Florio F. e V., 27n. 305. Fondazione Luigi Einaudi-Torino Ministero dell'Africa Italiana (e mini­ (FLE), 12, 72n, 223n. stro), 12, 80, 86, 164, 165n, 169, 174n, 175, 178n, 179n, 193n, 194n, Garzanti, 245n. 195, 201n, 204n, 230n, 232-33. Gondrand, 206n, 221n. Ministero della Guerra, 71n. Governo Generale (e Viceré), 164, Ministero della Marina, 7ln. 165 e n, 169, 178n, 185n, 191-94, Ministero delle Colonie (e ministro), 201, 204, 208, 218n, 219, 221, 230 e 69n, 72n, 75-6, 79, 97, 109, 110, 352 Indice degli enti, società, istituzioni

115, 121, 149, 190 e n, 196n, 199n, Società delle Nazioni (SdN), 156. 310. Società Eritrea per le miniere d'oro, Ministero delle Finanze (e ministro), 21-2. 7, 117, 123n, 159 e n, 165n, 174n, Società Filonardi, 25, 30 e n, 31n, 192n, 193, 194n, 195n, 224n, 230n, 33n, 34n. 293. Società Imprese Coloniali Caramelli, Monnaie (la), 223n, 228n. 99n. Società Italiana per l'Africa Orientale National Bank of Egypt, v. Banca Na­ (SIAO), 3-4, 25-8, 29 e n, 30. zionale d'Egitto. Società Italiana per il Commercio con Nuovo Banco Italiano, 40n. le Colonie, 21n. Società Magazzini Generali e Frigori­ Occupied Enemy Territory Admini­ feri Meridionali, 204n. stration (OETA), 246n, 257. Société Nationale d'Ethiopie, v. So­ cietà Nazionale d'Etiopia. Parrito Nazionale Fascista, 260, 293n. Società Nazionale d'Etiopia, 171 e n, Politica! Officer, 283. 176, 180, 191n. Puricelli, 206n. Società per la Coltivazione del Cotone in Eritrea, 21n. Regia azienda monopolio banane (RAMB), 122n. Ufficio Coloniale (della Banca d'Ita­ Regia Imperiale Zecca, 139n. lia), 97n, 99n, 100 e n, 107n, 141n, Regia Zecca di Roma, 149, 230n. 190n, 197-98, 199 e n, 206n. Royal Mint, 228. Ufficio di Coordinamento Africa Ita­ liana (UCAI), 201n. SICAM, 212n. Ufficio Speciale di Coordinamento Società Agricola Italo-Somala (SAIS), (della Banca d'Italia) (USC), 12,248 118 e n, 119n. e n, 249n, 250n, 251n, 252n, 255n, Società Anonima Commerciale Italia­ 256n, 257n, 258n,264n, 271n. na per il Benadir (Società del Bena­ dir), 25, 34, 35 e n, 36 e n. Società Anonima dei Magazzini Gene- United Nations Relief and Rehabilita­ rali Etiopici (SAMGE), 204n. tion Administration (UNRRA), Società Antischiavista Italiana, 36n. 277n. Società Bancaria Italiana, 21n, 47, 50. Società Bancaria Milanese, 42, 43n. Vaselli, 212n. Società Coloniale Italiana, 95n. Viceré, v. Governo Generale. INDICE DELLE TABELLE

l. Filiali della Banca d'Italia preesistenti l'impero (1912-1935) 4 2. Operazioni della Banca d'Italia in Libia (1913-1939) 81 3. Operazioni bancarie in Tripolitania (1931-1935) 84 4. Alcune operazioni delle agenzie di Cheren e di Adi Caieh 96 5. Operazioni della Banca d'Italia in Eritrea (1914-1935) 101 6. Operazioni della Banca d'Italia in Somalia (1921-1935) 125 7. Operazioni della Banca d'Italia nel Dodecanneso (1927- 1940) 133 8. Aziende di credito operanti nell' A.O.I. 180 9. Operazioni compiute dalle banche italiane nell'A.O.I. (1936-1938) 183 10. Operazioni della Banca d'Italia in A.O.I. Dati regionali e totale (1936-1940) 207 11. Le filiali della Banca d'Italia dopo l'occupazione britannica 242 12. Risultati economici della filiale di Addis Abeba 262 13. Situazione dei depositi fiduciari delle filiali etiopiche ed eritree 267 14. Situazione delle banche italiane in Eritrea al30.4.1945 268 Al. Principali operazioni delle filiali della Banca d'Italia nel- le colonie e nel possedimento del Dodecanneso (1913- 1936) 296 A2. Distribuzione del credito erogato dalle filiali libiche per rami di attività economica 298 A3. Distribuzione del credito erogato dalle filiali dell'Eritrea per rami di attività economica 299 354 Indice delle tabelle

A4. Distribuzione del credito erogato dalle filiali somale e di Rodi per rami di attività economica 300 A5. Distribuzione del credito erogato dalle filiali dell'Etiopia per rami di attività economica 300 A6. Attività delle filiali della Banca d'Italia nell'Africa orien- tale italiana (1936-1940) 301 INDICE DEL VOLUME

Abbreviazioni principali VII

Presentazione di A. Mauri IX

Introduzione 3 l. Oggetto e limiti della ricerca, p. 3 - 2. Nota sulle fonti, p. 10 - 2.1. Un argomento poco studiato, p. 10 - 2.2. Le fonti con­ sultate, p. 11

Parte prima ll colonialismo «indiretto»

I. n dibattito sugli obiettivi economici della politica colo­ niale 17 II. La gestione coloniale indiretta 25 l. Introduzione, p. 25 - 2. La Società italiana per l'Africa orien­ tale (SIAO), p. 26- 3. La Società Filonardi, p. 30- 4. La società del Benadir, p. 34 III. L'attività della Banca d'Italia a favore della politica co­ loniale del governo 39 l. Introduzione, p. 39 - 2. La Banca di Abissinia, p. 41 - 3. La Banca del Marocco, p. 49 - 4. Concessione di prestiti, p. 51 - 4.1. Mutuo all'Etiopia, p. 51 - 4.2. I prestiti ferroviari, p. 52

Parte seconda La Banca d'Italia nelle colonie prefasciste

IV. L'Eritrea: una falsa partenza 57 v. La conquista della Libia e le prime filiali coloniali 65 l. L'apertura delle filiali di Tripoli e di Bengasi, p. 65 - 2. Le 356 Indice del volume

modifiche statutarie, p. 67 - 3. La situazione economica della Libia: iniziative per il suo sviluppo, p. 70 - 3.1. Credito agrario, p. 75 - 3.2. Credito edilizio, p. 77 - 3.3. Magazzini generali, p. 79 - 4. Alcuni risultati dell'attività creditizia, p. 81 - 5. La colonizzazione demografica, p. 86 VI. La Banca d'Italia nella colonia primogenita 89 l. L'apertura delle filiali di Asmara e Massaua, p. 89 - 2. Le attività in favore dell'economia eritrea, p. 94 - 2.1. n Deposito franco di Massaua e i Magazzini generali, p. 97 - 2.2. n credito agrario, p. 99 - 2.3. L'attività assicurativa, p. 100 - 3. Risultati operativi, p. 102 - 4. Le altre banche operanti in Eritrea, p. 105 VII. La Banca d'Italia in Somalia 109 l. Il ritardato avvio della filiale di Mogadiscio, p. 109 - 2. La filiale di Chisimaio, p. 114 - 3. Le misure a favore dell'agricol- tura e del commercio, p. 118 - 4. Il bilancio delle filiali somale, p. 124 VIII. La Banca d'Italia nel possedimento dell'Egeo 127 l. Un possedimento d'interesse strategico, p. 127 - 2. La diffi­ cile attività della filiale di Rodi, p. 131 - 3. Una polemica tra Azzolini e il governatore De Vecchi, p. 134 IX. n problema monetario nelle colonie prefasciste 139 l. Introduzione, p. 139- 2. La situazione monetaria in Eritrea, p. 141 - 3. La situazione monetaria in Somalia, p. 145 - 4. L'in­ tervento della Banca d'Italia, p. 149

Parte terza La Banca d'Italia nell'impero x. La conquista dell'impero 155 l. La guerra per avere un impero, p. 155 - 2. n contesto eco­ nomico alla vigilia della guerra, p. 158 XI. La costruzione dell'impero 163 l. Introduzione, p. 163 - 2. La politica per l'impero, ovvero il rischio dell'insolvenza, p. 165 XII. L'organizzazione del credito 171 l. Introduzione, p. 171- 2. Il regime «provvisorio», p. 173- 3. L'inadeguatezza dell'organizzazione bancaria dell'impero, p. 179- 4. I risultati operativi di alcune banche, p. 181 - 5. Un obiettivo non realizzato: l'ordinamento creditizio dell'impero, p. 184 XIII. Le filiali etiopiche della Banca d'Italia 189 l. L'istituzione delle filiali, p. 189 - 2. Le modificazioni statu­ tarie e organizzative, p. 195 Indice del volume 357

XIV. L'attività delle filiali della Banca d'Italia nell'impero 203 l. Considerazioni generali, p. 203 - 2. Risultati operativi, p. 206 - 2.1. Eritrea, p. 208- 2.2. Somalia, p. 213 - 2.3. Etiopia, p. 216 XV. La circolazione monetaria in Etiopia 223 l. Introduzione, p. 223 - 2. I difetti del sistema e la speculazio- ne sulla lira, p. 227 - 3. Una riforma non attuata: i biglietti della serie speciale, p. 231

Parte quarta La Banca d'Italia nel periodo postbellico

XVI. Le filiali coloniali nel periodo postbellico 241 l. Introduzione, p. 241 - 2. Mrica orientale, p. 244 - 3. Mrica settentrionale, p. 247 - 4. Le misure di sicurezza, p. 248 XVll. Le filiali dell' Mrica orientale 255 l. L'occupazione britannica, p. 255 - 2. L'organizzazione bri­ tannica di controllo, p. 257- 3. Le operazioni consentite, p. 259 - 4. L'attività bancaria in Etiopia, p. 261 - 5. L'attività della filiale di Asmara, p. 264 - 5.1. Le provvidenze a favore del per­ sonale, p. 265 - 5.2. L'attività bancaria, p. 266 XVIII. Le filiali dell' Mrica settentrionale 271 XIX. La Banca d'Italia nel possedimento dell'Egeo 277 XX. La situazione monetaria 281 l. La scarsità di circolante, p. 281 - 2. La circolazione di più monete, p. 283 XXI. La liquidazione delle filiali coloniali 287 l. Recupero delle attività preesistenti l'occupazione, p. 287 - 2. Rimborso di depositi fiduciari, p. 288 Appendici I. Appendice statistica 293 II. Le norme per la filiale di Tripoli 303 III. Operazioni della Banca d'Italia nelle colonie 307 IV. TI progetto di una banca coloniale 309 V. Cronologia dei titolari del ministero delle Colonie, quindi dell' Mrica italiana 313

Opere citate 315 358 Indice del volume

Cronologia 323

Indice dei nomi 343

Indice degli ent~ società, istituzioni 349

Indice delle tabelle 353

COLLANA STORICA DELLA BANCA D'ITALIA

Documenti

I L'Italia e il sistema finanziario internazionale 1861-1914, a cura di Marcello De Cecco. II Gli istituti di emissione in Italia. I tentativi di um/icazione 1843-1892, a cura di Renato De Mattia. III Giolitti e la nascita della Banca d'Italia nel1893, a cura di Guglielmo Negri. IV La Banca d'Italia dal 1894 al 1913. Momenti della forma­ zione di una banca centrale, a cura di Franco Bonelli. V La Banca d'Italia e l'economia di guerra 1914-1919, a cura di Gianni Toniolo. VI L'Italia e il sistema finanziario internazionale 1919-1936, a cura di Marcello De Cecco. VII La Banca d'Italia e il sistema bancario 1919-1936, a cura di Giuseppe Guarino e Gianni Toniolo. VIII La politica monetaria tra le due guerre 1919-1935, a cura di Franco Cotula e Luigi Spaventa. IX La Banca d'Italia tra l'autarchia e la guerra 1936-1945, a cura di Alberto Caracciolo. X La Banca d'Italia e il risanamento post-bellico 1945-1948, a cura di Sergio Ricossa ed Ercole Tuccimei. XI Luigi Einaudi, Diario 1945-1947, a cura di Paolo Soddu - Fondazione Luigi Einaudi, Torino. XII La normativa sulla Banca d'Italia dalle origini a oggi, a cura della Consulenza Legale della Banca d'Italia. XIII Donato Menichella. Stabilità e sviluppo dell'economia italia­ na 1946-1960, a cura di Franco Cotula, Cosma O. Gelso­ mino e Alfredo Gigliobianco. Statistiche

I.1 I conti economici dell'Italia. l. Una sintesi delle fonti uffi­ ciali 1890-1970, a cura di Guido M. Rey. L2 I conti economici dell'Italia. 2. Una stima del valore aggiun­ to per il 1911, a cura di Guido M. Rey. Scritti di Giovanni Federico, Stefano Fenoaltea, Mauro Marolla, Massimo Roccas, Ornello Vitali, Vera Zamagni. II I bilanci degli istituti di emissione 1894-1990, a cura di Mas­ similiano Caron e Luciano Di Cosmo del Servizio Ragio­ neria della Banca d'Italia, con la collaborazione del Banco di Napoli, del Banco di Sicilia e dell'Ufficio Italiano dei Cambi. III I bilanci delle aziende di credito 1890-1936, a cura di Franco Cotula, Tullio Raganelli, Valeria Sannucci, Stefania A­ lieri, Elio Cerrito dell'Ufficio Ricerche Storiche della Banca d'Italia, con la consulenza scientifica di Ornello Vitali.

Contributi

Ricerche per la storia della Banca d'Italia

I Rapporti monetari e finanziari internazionaH 1860-1914. Le banche di emissione in Italia fino all'inizio del Novecento. Statistiche storiche: il cambio della lira 1861-1979. Elementi di normativa sulle banche di emissione 1859-1918. Scritti di Sergio Cardarelli, Pierluigi Ciocca, Alfredo Gi­ gliobianco, Peter Hertner, Massimo Roccas, Valeria San­ nucci, Ercole Tuccimei, Adalberto Ulizzi. II Problemi di finanza pubblica tra le due guerre 1919-1939. Scritti di Alberto Baccini, Domenicantonio Fausto, Giu­ seppe Felicetti, Andrea Ripa di Meana, Giancarlo Salve­ mini, Vera Zamagni. III Finanza internazionale, vincolo esterno e cambi 1919-1939. · Scritti di Pier Francesco Asso, Andrea Santorelli, Marina Storaci, Giuseppe T attara. IV L'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947. La Banca d'Italia e la tesoreria dello Stato. Scritti di Alberto M. Contessa, Angelo De Mattia, Pasqua­ le Ferro, Giuseppe Mulone, Ercole Tuccimei. V Il mercato del credito e la Borsa. I sistemi di compensazione. Statistiche storiche: salari industriali e occupazione. Scritti di Stefano Baia Curioni, Rita Brizi, Giovanni Ferri, Paolo Garofalo, Cosma O. Gelsomino, Sandra Petricola, Vera Zamagni. VI La bilancia dei pagamenti italiana 1914-1931. I provvedi­ menti sui cambi in Italia 1919-1936. Istituzioni e società in Italia 1936-1948. Ascesa e declino della Banca di emissione 1694-1913. Scritti di Gian Carlo Falco, Gabriella Raitano, Alberto Monticone, Giorgio Fodor.

Ercole Tuccimei (Roma, 1936) in Banca d'Italia dal 1963 al 1993, ha fatto parte del Servizio Studi, del Servizio Cooperazione Economica Internazionale e dell'Ufficio Ricerche Storiche. È autore di alcuni studi pubblicati nella «Collana Storica>>. ISBN 88-420-5686-3

11111 Ili 9 788842 056867